In copertina: Oratorio di San Martino, Firenze.
Bottega di Domenico Ghirlandaio,
I Buonuomini liberano dal carcere gli imprigionati per debiti,
1480 circa, particolare.
Le foto riprodotte nelle pagine seguenti
sono dell’Archivio Caritas diocesana di Andria.
Con approvazione ecclesiastica
Diocesi di Andria – Caritas Diocesana
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Tel. 0883.590121 – 328.4517674
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e-mail: [email protected]
Diocesi di Andria
Caritas Diocesana
NÉ ARGENTO, NÉ ORO
Le opere di misericordia corporali nella Diocesi di Andria
a cura di Domenico Francavilla
Pubblicazione per il decennale del
Progetto Barnaba - dare credito alla speranza
PREFAZIONE
“Né argento, né oro”
S.E. Mons Raffaele Calabro
Ritengo che Don Domenico Francavilla, Direttore della Caritas diocesana, faccia bene a pubblicare la presente raccolta per il fine che si propone, e cioè sensibilizzare l’intera comunità cristiana e, più in generale, la
popolazione sulla situazione di disagio del mondo giovanile senza lavoro o con lavoro solo precario, allo scopo di incrementare il contributo economico alla loro occupazione.
Tale contributo potrebbe derivare in parte dall’istituzione ecclesiale
ed in parte da sottoscrittori pubblici, quale la Banca Popolare Etica o altri
Istituti di Credito.
L’interesse della pubblicazione deriva dal fatto che non si tratta di
mera utopia, in quanto si sta già operando in questa direzione, a incominciare dal Progetto Policoro (il nome della cittadina della Basilicata) sovvenzionato dalla CEI, fino al Progetto Barnaba - dare credito alla speranza, nato
dalla promozione nella nostra Diocesi, che si può considerare un ampliamento ed un consolidamento del Progetto Policoro.
Quanto programmato potrebbe sembrare, a prima vista, un’ingerenza
indebita della Chiesa in un settore che non le appartiene. Si tratta invece
di un interessamento della Chiesa in un ambito che ha profonde implicazioni sociali ed economiche, oltre che pastorali, come chiariscono varie
encicliche del Pontefice Benedetto XVI, quali “Deus Caritas est”, “Caritas
in veritate” e altri documenti.
Il Pontefice rivendica fortemente il diritto della Chiesa di occuparsi
della carità in favore dei poveri e delle sue istituzioni sociali, che non
esentano, ovviamente, i poteri pubblici di provvedere a tale scopo negli
ambiti più vasti di sua pertinenza.
Un secondo aspetto da sottolineare nell’insegnamento pontificio è che
il declino economico che si sta toccando con mano in maniera sempre più
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cruda e disumana è, alla sua radice, un problema etico-morale, e cioè, se
vogliamo esprimerci in termini filosofici, un epifenomeno del degrado
morale che emerge all’esterno nelle cifre spietate e quantificabili dei
senza lavoro, dei disabili abbandonati a se stessi, della povertà che si è
abbattuta e si abbatte nei ceti medi, che costituiscono i nuovi poveri.
Molti si stanno accorgendo tardivamente della “discesa agli inferi”,
senza fondo, di una massa di persone senza più fiducia o letteralmente
disperata.
Senza voler indulgere in vani trionfalismi di parte, ma mettendo in
evidenza la verità dei fatti, l’Episcopato italiano e quello meridionale già
dagli anni ’90, appunto con il Progetto Policoro, indicava con l’esempio la
strada della risalita.
Ci si rendeva conto che non bastava rivolgere ai giovani parole di
speranza e di ottimismo, occorrevano fatti concreti che li riassicurassero,
che la Chiesa stava accanto a loro e condivideva le loro pene e le loro
speranze.
Il faticoso cammino ben illustrato da Don Domenico Francavilla con
questa pubblicazione documenta l’impegno della nostra comunità diocesana per testimoniare a tutti, come dice San Pietro, le ragioni della nostra
speranza.
Andria, 13 febbraio 2013, Mercoledì delle Ceneri.
† Raffaele Calabro
Vescovo
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INTRODUZIONE
L’insegnamento di Gesù proteso a guardare al cielo e offrire il proprio
corpo per l’umanità, ha spinto da sempre la comunità cristiana a ricercare forme che, avendo radice nella propria fede, potessero testimoniare
con le opere la propria adesione a Cristo. Non per altro San Giacomo
nella sua lettera si sofferma sul rapporto tra fede e carità dichiarando “La
fede se non ha le opere è morta in se stessa” (Gc 2,17). La tensione che alimenta scelte pastorali dedite all’annuncio attraverso opere - segno, vuole
rispondere a questo richiamo del Nuovo Testamento, quasi con la voglia
di chiedersi “Cosa avrebbe fatto Gesù, oggi, se fosse vissuto tra di noi, di
fronte ai problemi dei nostri giorni, di fronte alla realtà presente segnata
da una crisi che non offre speranze e vie di uscita, di fronte al giovane
disoccupato, senza capacità di guardare al futuro, al padre che perde il
posto e non sa come rientrare nel mercato del lavoro, a una madre che
non sa di che sfamare i figli?”
Sarà stata anche questa la tensione che ha preso Pietro e Giovanni
recandosi al tempio, nell’episodio raccontato negli Atti degli Apostoli (3,
1 – 10), dove, appena ricolmi del dono dello Spirito Santo, che ha dato
loro il potere di annunciare la Parola, di parlare in tutte le lingue, di scacciare i demoni, di perdonare, si trovano davanti uno storpio, una persona che è lì da tempo, forse da anni, e chiede l’elemosina. Lo conoscevano
tutti, e magari tutti avevano dato a questo povero disabile qualche spicciolo. Ma lui continuava a sedere là, davanti alla porta detta “Bella”. Cosa
fare? Dopo le tante belle parole pronunciate e ascoltate con attenzione dai
fedeli di Gerusalemme, (convertiti tremila fedeli in un solo discorso!),
dopo le preghiere innalzate a Dio, dopo l’atto di fede nella Risurrezione
di Cristo, i primi discepoli, forse i migliori, i più in gamba tra i Dodici, si
trovano a fare i conti con la cruda realtà che attende da sempre ogni cri7
stiano fuori dalla porta della Chiesa, come potrebbe avvenire dopo la partecipazione a una solenne celebrazione, rinfrancati dal cibo eucaristico,
rinvigoriti dal rinnovo della propria fede, alimentati dalla buona novella.
La vita che ci attende fuori dalle porte delle nostre Chiese ci può sembrare dura, distante, non risolvibile. E tante volte questo stato d’animo coinvolge anche noi: cosa fare?
Ecco che allora ci vengono in soccorso le parole di Pietro. Innanzitutto
dopo che lo storpio chiede l’elemosina dice: “Volgi lo sguardo verso di noi”.
Una frase che non ha la presunzione di dire, “Ora te li risolviamo noi i
tuoi problemi”, tant’è che non offrono denaro. Ma piuttosto è da interpretare con le parole “voglio guardarti negli occhi”. E poi riprende “Non
possiedo né argento e né oro”. Non possiedo. Non ho nulla, non so fare
nulla, non ho la soluzione ai tuoi problemi, né posso prenderli in carica
da solo, solo io. Risolverli per me è impossibile. Ma Pietro vuole accendere una dinamica superiore al semplice donare qualche spicciolo. Vuole
capire quale è davvero la povertà di quello storpio, ovvero se il suo stato
di povertà può essere risolto con la semplice donazione di denaro o la sua
povertà vera non è quella economica. Per lo storpio della Porta Bella il
vero bisogno è un altro. È quello della salute. Da qui viene un altro insegnamento: quanto noi cristiani siamo in grado di leggere il bisogno dei
poveri? Schede, rilevazioni, programmi, progetti sull’ascolto. Ma riusciamo a vedere quello che all’apparenza non vediamo? Perché non sempre
quello che ci viene richiesto è il reale bisogno del nostro fratello. Pietro
comprende che il vero bisogno dello storpio non sono i soldi, ma è il suo
stato di infermità che lo costringe a non poter far niente, a non svolgere
nessun lavoro o attività che lo possa far emergere. Lo storpio può solo elemosinare per vivere.
È da questa consapevolezza che parte il secondo messaggio di Pietro,
che rappresenta quasi una lezione pedagogica della Carità: “.. ma quello
che ho te lo dono”. Cosa mai può avere una persona che ha seguito per
tre anni un predicatore, ed è stato rinchiuso per 50 giorni insieme ad altri
undici amici in una casa in attesa di una promessa? Cosa ha Pietro in quel
preciso momento che può donare, dopo essere stato nel tempio a predicare ad alcuni scettici, a predicare qualcosa di inaudito: la Resurrezione
nel corpo di un uomo che tutti avevano conosciuto e osannato qualche
settimana prima come il Messia? È da questa esperienza interiore di
annuncio che parte il terzo monito di Pietro, carico della ricchezza dello
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Spirito Santo appena ricevuto: “in nome di Gesù Cristo, il Nazareno,
cammina”.
Chissà quante volte Pietro avrà sentito quelle parole, “Alzati e cammina”, pronunciate dal suo Maestro. E non solo per guarire l’ammalato, ma
anche per perdonare un peccatore, per invitare alla conversione, per rialzare un povero.
“E presolo per la mano destra, lo sollevò”. Si passa dall’invocazione,
a tendere la mano, dall’annuncio all’azione, dalla fede alle opere.
Questa icona biblica scelta come guida da sedici anni dalla Chiesa
Italiana per il Progetto Policoro, riassume l’atteggiamento verso il problema della disoccupazione giovanile che le comunità cristiane sono chiamate ad affrontare con la forza dell’annuncio di speranza e con la capacità di leggere i segni dei tempi e porre dei gesti concreti, che possano far
alzare e camminare quanti apparentemente possono sembrare senza la
forza di camminare da soli.
Le tre dinamiche di Pietro, saper guardare con occhi diversi la realtà
che si ha di fronte, saper leggere la realtà, e dare una soluzione, non con
i mezzi più facili e immediati (“né argento, né oro”), ma con la forza
della fede in Gesù, con la forza del messaggio nuovo del Messia. Sono
queste le caratteristiche che distinguono il Progetto Policoro dai normali programmi di animazione per la creazione di impresa o agenzie per il
lavoro.
“Volgi lo sguardo verso di noi”. Guardare il Sud ed oggi l’intera nazione, con uno sguardo nuovo e rinnovato, significa vedere le potenzialità
inespresse del territorio, dell’ambiente, della storia, della tradizione e del
patrimonio culturale che le nostre terre offrono in abbondanza. Significa
leggere il grande capitale umano che si possiede, mettere a frutto “i talenti”, saper valorizzare le competenze dei giovani, e investire nel loro spirito di creatività e intraprendenza.
“Quello che ho te lo dono” significa fare una esperienza interiore di
valutazione di ciò che si possiede, si conosce, si è capaci di fare. Saper leggere la realtà per quella che è davvero, significa essere capaci di leggere
il proprio contesto, con attente analisi, fondate su dati veritieri. Significa
anche mettere insieme esperienze positive, relazioni buone, opportunità
presenti, per creare reti e sinergie tra coloro che credono e inseguono
obiettivi comuni, tra le istituzioni, gli enti pubblici, le organizzazioni tra
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privati, il terzo settore. “Quello che ho te lo dono” per la Chiesa significa
valorizzare ogni sua potenziale possibilità di creare opportunità lavorative o mettere a frutto le proprie risorse economiche utili all’annuncio della
speranza per i più giovani.
“In nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!”. Porre gesti concreti
significa alzarsi e iniziare a camminare con il sostegno di Gesù, della
comunità, quando si è consapevoli dei mezzi e delle capacità proprie. Il
gesto concreto traduce il percorso del giovane disoccupato che di fronte
a una povertà strutturale, si orienta verso la ricerca attiva del lavoro e
decide di scegliere un percorso mettendosi in gioco per primo, magari
insieme con altri suoi stessi coetanei.
Da queste convinzioni di base nasce e si alimenta il progetto di microcredito che la Chiesa di Andria propone da 10 anni, per offrire una soluzione reale al giovane che vuole camminare con le proprie gambe, ma che
il sistema economico tende a far rimanere seduto “sulla porta del tempio”, escludendo dal mercato del credito.
Si è partiti dalla consapevolezza che al dramma della disoccupazione
giovanile non si può porre riparo con una opera - segno, anche perchè
non è questo il ruolo della Chiesa. Il suo ruolo è l’annuncio di speranza.
E il Progetto Barnaba ha come slogan proprio “dare credito alla speranza”. Il microcredito di Barnaba non sarà “né argento, né oro”, ma sicuramente ha dato la possibilità di alzarsi e camminare a più di 60 giovani
della nostra comunità diocesana. Non sarà “l’argento e l’oro” che a volte
ci promettono le nostre vicine e lontane istituzioni per combattere il fenomeno della disoccupazione giovanile, sempre in grave aumento, ma è
stata sul nostro territorio una delle reali e misurabili soluzioni. Non sarà
stato “né l’argento e né l’oro” che forse qualcuno si aspettava, ma il
Progetto Barnaba è un’opera - segno che da sperimentale è diventata
sostenibile e replicabile, da innovativa è considerata buona prassi riconosciuta a livello nazionale dal mondo ecclesiale e non. Non è “né l’argento
e né l’oro” che ormai circola anche nella microfinanza e gli enti e fondazioni che sostengono il microcredito, ma resta legato a forme di economia
semplice che parte dalla solidarietà di comunità per aiutare i nostri giovani a creare lavoro.
Confrontandoci con la storia della Chiesa abbiamo trovato conforto
per la nostra pratica o opera – segno nella declinazione fatta, secondo le
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esigenze dei tempi, nelle opere di misericordia corporale. L’esempio più
opportuno lo troviamo nella Confraternita dei Buonomini di San Martino
(Firenze) fondata nel 1441 dall’Arcivescovo Sant’Antonino. Egli chiamò
dodici uomini a soccorrere le famiglie fiorentine che da “civile condizione”, erano cadute in disgrazia e che per pudore non chiedevano elemosina. Essa è rappresentata dalla liberazione dei carcerati per debiti (vedi
immagine di copertina), e oggi il Progetto Barnaba si pone come un’opera
di liberazione, di riscatto, di promozione. Una Chiesa che si mette accanto all’uomo per promuoverne la dignità attraverso l’esercizio del lavoro
secondo una visione cristiana. Una Chiesa che indica possibile la via della
solidarietà anche nei confronti di chi il sistema in una qualche misura
esclude (non – bancabili). Una Chiesa che predilige la sussidiarietà per
continuare ad essere incarnata nel tempo presente e mostrarsi quale
madre premurosa nei confronti di tutti.
In questa pubblicazione saranno approfonditi i vari aspetti che caratterizzano il Progetto Barnaba. In occasione del decennale abbiamo voluto rinsaldare e rinnovare i valori di fondo che giustificano questa scelta.
Abbiamo sviluppato un percorso e abbiamo chiesto la collaborazione di
amici che hanno guardato con simpatia al nostro progetto.
Nella prima sezione “Il progetto” abbiamo provato a raccontare la
storia che ha caratterizzato questi dieci anni, l’evolversi della idea progettuale, le persone che ci hanno accompagnato e con cui ci siamo confrontati, la crescita della microfinanza e più in generale di una economia civile (Storia di un progetto: dal Progetto Policoro al Progetto Barnaba, Del
Giudice – Francavilla); abbiamo provato a delineare il volto e la personalità dell’apostolo/icona biblica che ha dato il nome al progetto in modo
tale da accostarci anche noi ad una Parola che diventa vita, si incarna
(Profilo biblico di Barnaba e la Chiesa della solidarietà, Di Tria); abbiamo
voluto rimarcare alcuni principi della Dottrina Sociale della Chiesa per
comprendere più in profondità quale è il solco nel quale ci siamo mossi
(Il principio di sussidiarietà e il Progetto Barnaba, Renna).
Nella seconda sezione “Il microcredito” abbiamo voluto guardare
intorno a noi perché in questo cammino non siamo soli. Abbiamo attinto
l’idea da qualcosa che ci precedeva, e sicuramente, con la nostra esperienza abbiamo contribuito a renderla più matura. Abbiamo raccolto, dunque, le tappe significative di una evoluzione del microcredito in Italia
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(Breve storia del microcredito in Italia, Marrone) affiancandola ad una letteratura per dare scientificità a una proposta che sembrava non stare in
piedi e che in realtà ha coinvolto molti studiosi e non solo economisti
(Letteratura sul microcredito e sul Progetto Barnaba, Marrone). Abbiamo
voluto che non mancasse la voce della Chiesa, di quella Chiesa che lavora ai piani alti della storia. Ecco, dunque, la riflessione di due organismi
generatori a livello nazionale del microcredito, di Caritas Italiana (Una
difficile presa in carico della povertà. Risposte innovative della Chiesa
all’interno di uno scenario incoerente, Nanni) e dell’Ufficio nazionale di
Pastorale Sociale e del Lavoro (L’Ufficio di pastorale sociale e del lavoro
e il microcredito, Casile).
La terza sezione illustra “Le prospettive”, o meglio come il Progetto
Barnaba è visto, considerato da alcuni protagonisti che ci hanno conosciuto o accompagnato in questi dieci anni. Sono questi attori, locali o
nazionali, che offrono una testimonianza diretta sul progetto (Barnaba
visto da Banca Etica, Gravina - Barnaba visto dall’economia solidale,
Pagano - Barnaba visto dai mezzi di comunicazione, Meggiolaro Barnaba visto dalla società civile, Calandrino).
La quarta sezione ci aiuta a comprendere “L’intervento” che si è attuato. Abbiamo voluto che fosse aperto da un articolo di Caritas Italiana perché in questi anni ha creduto, e attraverso le sue risorse, ci ha sostenuto
(L’8xmille della Caritas, Caritas Italiana - Schede progetto 8xmille di
Andria riferiti al microcredito). Non volevamo tralasciare la lettura dei
dati raccolti in questi anni, il monitoraggio, che sicuramente, pur nella
esiguità del numero assoluto degli interventi, riesce ad esprimere l’efficacia di uno strumento quale il microcredito (Monitoraggio del progetto
Barnaba, Delfino - Monitoraggio dei casi, Inchingolo). Abbiamo accompagnato il monitoraggio del progetto Barnaba con la presentazione dei
dati riferiti al Fondo Fiducia e Solidarietà perché, nel frattempo (2009) la
crisi economico-finanziaria ha richiesto un intervento non più solo sui
giovani, ma sulle famiglie (Monitoraggio del Fondo Fiducia e Solidarietà,
Delfino). I numeri, che nascondono sempre dei volti o sono lo specchio
dei volti, hanno bisogno di essere tradotti e presentati come esperienza o
situazioni concrete (Storie di vita, Inchingolo).
La quinta sezione, infine, vuole presentare le “Nuove solidarietà”.
Questa sezione diventa propositiva, sempre a partire dalla lettura della
realtà e sempre coniugando lo strumento del microcredito alle nuove
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situazioni di vita. Abbiamo osservato la realtà (Mutamento nella povertà,
mutamento nelle risposte: dall’assistenza alla promozione, Pepe) e cercato di proporre nuove soluzioni che rappresentino però scelte di comunità (Tangaro).
Il testo si chiude con la Documentazione perché sia più facile e accessibile a tutti la conoscenza del progetto e la modalità per usufruirne.
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IL PROGETTO
Storia di un progetto:
dal Progetto Policoro al Progetto Barnaba
Domenico Francavilla1 – Luigi Del Giudice2
«La Chiesa non può rimanere insensibile a tutto ciò
che serve al vero bene dell’uomo, così come non può
rimanere indifferente a ciò che lo minaccia».
Giovanni Paolo II
La considerazione delle implicazioni personali e addirittura morali
che il tema della disoccupazione comporta nella vita sociale induce la
Chiesa ad additarla come una vera calamità sociale, particolarmente in
relazione alle giovani generazioni.
Nel mondo attuale, colmo di risorse e possibilità, una volta impensabili, di benessere, di programmazione del proprio futuro e di distribuzione della ricchezza, la disoccupazione è diventata una realtà talmente contraddittoria e irrazionale da suscitare inevitabilmente moltissimi interrogativi e riflessioni.
Se è vero che ciascun individuo ha il diritto di fare del lavoro il mezzo
per provvedere alla vita propria e dei propri figli, risulta altrettanto
necessario che ogni uomo, attraverso il perfezionamento e l’elevazione
personale, possa al meglio esplicare le proprie potenzialità in un contesto
sociale “elastico” che valorizzi le propensioni di ognuno nella continua
tutela della dignità inalienabile di ogni lavoratore. Tale azione è onnicomprensiva, si rivolge cioè a tutti ed ingloba tutto, anche sfumature di natura sociale, economica, politica e soprattutto etica.
1
2
Direttore della Caritas diocesana. Andria.
Animatore di Comunità. Andria.
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La morale, infatti, è costitutiva della vita economica, non è né oppositiva, né neutrale; se ispirata alla giustizia e alla solidarietà, costituisce un
fattore di efficienza sociale della stessa economia. Non è accettabile una
crescita economica ottenuta a discapito degli esseri umani, di interi popoli e gruppi sociali, condannati all’indigenza e all’esclusione, anzi.
Alla luce di questo assioma, già nel 1981 in un documento del
Consiglio Permanente della CEI “La chiesa italiana e le prospettive del paese”,
viene proiettata un’affermazione - «Il paese non crescerà, se non insieme» che poi sarà d’ispirazione per il documento dei Vescovi italiani del 18
ottobre 1989 (che ha posto ufficialmente l’embrione del Progetto Policoro
nel ventre della CEI), dal titolo “Sviluppo nella solidarietà, chiesa italiana e
Mezzogiorno”.
Questo appare come un richiamo alla responsabilità di tutti: scuola,
centri e organizzazioni sociali, stampa, televisione e radio.
Considerato che il Paese aveva e continua ad avere bisogno di riscoprire il senso pieno del diritto-dovere del lavoro e di organizzare lo stesso in termini di sicurezza, combattendo la disoccupazione, aprendo prospettive ai giovani e superando gli squilibri tra le popolazioni del Sud e
Nord Italia, la Chiesa sente la necessità di assicurare una propria nuova
presenza che deve essere nel mondo, per il mondo, ma non del mondo.
Il Progetto Policoro a livello nazionale e il Progetto Barnaba a livello
diocesano rispondono significativamente alla manifesta necessità di pensare, organizzare e strutturare iniziative metodicamente elaborate, non
basate sull’imprevedibile moto dell’entusiasmo, ma che, in senso continuo
e duraturo, offrano la possibilità di cogliere e sviluppare interazioni tra
Chiesa e laicato e che possano fornire, alla luce degli insegnamenti evangelici, non soltanto parole di speranza, ma anche e soprattutto gesti concreti che permettano ai giovani disoccupati di inserirsi credibilmente nel
mondo del lavoro o emergere da condizioni indegne di sfruttamento tacitamente accettato.
L’avvio del Progetto Barnaba può avere una data certa, e questa coincide con la nomina di don Mimmo a direttore della Caritas diocesana,
avvenuta il 29 settembre 2002.
Questa data si incrocia con un percorso già avviato alcuni mesi prima
in Diocesi, la creazione del Progetto Policoro e l’istituzione dello sportello “Polincontro” animato dal primo animatore di comunità, Luigi Del
Giudice.
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Il Progetto Policoro trova le proprie fondamenta nel 1995 quando la
Conferenza Episcopale Italiana, intendendo offrire ai giovani delle diocesi del Sud Italia uno strumento per far fronte al gravissimo disagio
della disoccupazione giovanile, decide di rileggere la travagliata “questione lavoro” e più specificatamente la mancanza di esso.
Il Progetto Policoro negli anni ha inteso formare, sicuramente riuscendoci, proprio “artigiani di unità” e “testimoni di speranza”.
Immaginato come luogo nel quale la dignità del lavoratore può trovare conforto, il Progetto Policoro ha voluto sviluppare l‘idea che la componente oggettiva del lavoro deve essere subordinata alla componente soggettiva.
Il punto centrale dell’azione del Progetto Policoro si traduce in una
formazione che aiuta il cambiamento di mentalità assistenzialista, pessimista e spesso troppo attendista che caratterizza le attuali giovani generazioni meridionali, attraverso la puntuale informazione e l’accompagnamento nella creazione di lavoro, ispirato ai valori umani e cristiani della
responsabilità personale, della solidarietà e della cooperazione.
Ed è proprio dalla cooperazione di persone che il Progetto Barnaba ha
tratto linfa vitale. Dal 2002, nella Diocesi di Andria, tempi e persone
hanno fatto germogliare e crescere una pianta che ora può considerarsi
nella fase in cui può reggersi da sola per il Know - how acquisito, per la
rete realizzata, per il fondo implementato, per il numero dei gesti finanziati, per i volontari e gli animatori coinvolti.
Ripercorrere il cammino non è solo un esercizio di memoria, quanto
la possibilità di rimettere in ordine i tasselli e i passaggi che portano a fare
del passato una storia generatrice di buone pratiche.
Sarebbe opportuno anche richiamare i cosiddetti segni anticipatori,
perché non è con il Progetto Barnaba che si inizia a parlare di finanza
etica e di microfinanza/microcredito nella nostra Diocesi.
Vogliamo richiamare almeno due fatti, entrambi legati alla vitalità del
Centro interparrocchiale di prima accoglienza Mamre, guidato in quegli
anni proprio da don Mimmo.
Fabio Salviato, che sarebbe diventato il primo presidente di Banca
Popolare Etica, è stato ospite ad Andria il 20 novembre 1996 per presentarci l’Associazione Verso la Banca Etica. Questo incontro è stato preceduto da altri incontri tenuti dalla prof.ssa Rita De Padova di Foggia, con la
quale abbiamo mantenuto sempre fecondi scambi e amicizia, come con
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tutti gli amici che dall’inizio degli anni ’90 promuovevano il Commercio
Equo e Solidale e la Finanza Etica e l’adesione alla Cooperativa
“Arcobaleno” con l’apertura di un libretto di risparmio, collegato alle
MAG, poi confluite in Banca Popolare Etica.
Le premesse e la sensibilità c’erano e nel momento in cui si è verificato l’incrocio, ci ha trovati pronti per osare, fare il salto di qualità.
Anche a livello nazionale qualcosa si stava muovendo. Proprio durante il 29° Convegno della Caritas Italiana ad Orosei (NU) dal 16 al 19 giugno 2003 fu presentata la convenzione tra la stessa Caritas Italiana e la
Banca Popolare Etica. Ormai i tempi erano maturi.
Ad Andria, in quegli anni, lo sportello Polincontro inizia già ad avere
dei contatti e seguire alcuni ragazzi volenterosi che desideravano avviare attività lavorative in proprio, ma che si scontravano con la realtà dei
fatti: nessuno è disposto a concedere credito senza garanzie. Questi giovani si scoprono “non bancabili”, non degni di fiducia. Se consideriamo
poi che l’alto tasso di disoccupazione, la presenza di sistemi di istruzione
obsoleti e di perduranti difficoltà nell’accesso alla formazione e al mercato del lavoro costituiscono, per molti giovani soprattutto, un forte ostacolo sulla strada della realizzazione umana e professionale, il valore del
Progetto Barnaba acquista a giusta ragione un altissimo valore. Chi è
disoccupato o sottoccupato, infatti, subisce le conseguenze profondamente negative che tale condizione determina sulla sua personalità e rischia
di essere posto ai margini della società, di diventare una vittima dell’esclusione sociale. È questo un dramma che colpisce, in genere, oltre ai
giovani, le donne, i lavoratori meno specializzati, i disabili, gli immigrati, gli ex-carcerati, gli analfabeti, tutti i soggetti che trovano maggiori difficoltà nella ricerca di una collocazione nel mondo del lavoro. Non di
rado accade infatti che i più deboli risultino maggiormente esposti alla
tentazione di disorientamento morale, o peggio, di aggregazione alla
delinquenza organizzata, che promette immediati e forti guadagni.
È partita così, da queste considerazioni, l’elaborazione del Progetto
che ha visto impegnati la Caritas Diocesana, l’Ufficio diocesano di
Pastorale Sociale e del Lavoro guidato da don Vito Miracapillo e il
Servizio diocesano di Pastorale Giovanile guidato prima da don Mimmo
Basile e in seguito da don Pasquale Gallucci.
Dal mese di ottobre 2002, avvio della progettazione, al mese di aprile
2004, data di finanziamento dei primi 4 gesti concreti, ci sono stati ben 10
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incontri ufficiali che hanno visto la partecipazione di “esperti” esterni,
soci e operatori della Banca Popolare Etica, come il prof. Domenico Viti,
il dott. Michele Gravina, la prof.ssa Rita De Padova, il dott. Aldo Lobello
e il coinvolgimento di altri “attori” locali, che hanno costituito in seguito
la Commissione del Progetto Barnaba, come il dott. Riccardo Vaccaro
(consulente del lavoro), la dott.ssa Maria Palumbo (dottore commercialista), la dott.ssa Antonella Zagara (psicologo del lavoro), il dott. Ezio
Pisani (dottore in scienze giuridiche), la dott.ssa Maristella Matera (bancaria), e gli animatori di comunità che negli anni hanno arricchito l’equipe: Mariangela Zingaro, Antonella d’Amore, Vito Chieppa, Rosa
Pellegrino, Francesco Delfino.
Sugli animatori una particolare nota. Essi rappresentano i nodi del
progetto.
Formati e sostenuti a livello nazionale grazie al Progetto Policoro,
declinano gli orientamenti generali del progetto alle singole realtà che
incontrano.
La loro figura interpreta la doppia veste dell’animatore, intesa come
evangelizzatore che annuncia la salvezza in ogni luogo e soprattutto del
laico fedele che anima e perfeziona l’ordine delle realtà temporali, secondo le proprie competenze.
Tali animatori hanno sperimentato negli anni differenti livelli di formazione per mezzo dei quali si è tentato di diffondere, in maniera omogenea, una differente consapevolezza del concetto lavoro. Attraverso
corsi di base per giovani e giovanissimi svolti nelle parrocchie e corsi residenziali specifici, volti all’acquisizione di competenze atte a porre i giovani in condizione di attivarsi, in modi diversi, per la ricerca e la creazione di lavoro hanno dimostrato negli anni che l’insegnamento sociale della
Chiesa, spesso considerato astorico perché basato su presupposti “metafisici”, altre volte immobile e contrastante con la realtà perché fondato
aprioristicamente su principi indimostrabili, in molti casi riesce a tradursi in gesti tangibili, concreti.
Gli animatori infine, grazie al lavoro di raccordo tra i richiedenti e la
Commissione diocesana, hanno partecipato a diversi incontri specifici
apportando le proprie competenze maturate a livello nazionale.
Non sono mancati, infatti, i passaggi all’interno della Commissione
diocesana della Caritas perché tutta la realtà fosse coinvolta e sentisse
proprio il progetto.
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Nei diversi incontri si è approfondita la conoscenza della finanza
etica, dello strumento del microcredito, del confronto con altre realtà
simili in Italia e all’estero, si è proceduto alla realizzazione della scheda
tecnica, alla firma della convenzione con Banca Popolare Etica, alla formulazione del Codice etico, alla creazione dei modelli di business plan e
di piano economico.
Da subito abbiamo voluto crearci un appuntamento annuale per
comunicare i risultati raggiunti, una specie di monitoraggio che consentisse di verificare “immediatamente” la bontà del progetto. Si trattava di
una sfida innanzitutto con noi stessi e non avevamo paura di metterci
in gioco fino in fondo, di dichiarare le tappe raggiunte, anzi, è stata questa volontà che da un lato ci ha fatto raccogliere i dati (in seguito riportati) e dall’altro lato di farci conoscere soprattutto all’esterno del nostro
contesto.
In occasione della festa patronale ad Andria, quasi a suggellare un
rapporto intenso con la vita della città e per dare una dimensione di solidarietà alla festa, abbiamo organizzato i primi appuntamenti annuali con
il coinvolgimento di rappresentanti di Banca Popolare Etica:
– 18 settembre 2003 con l’intervento di Rita de Padova e Michele
Gravina;
– 23 settembre 2004 con l’intervento di Irene Gatti;
– 19 settembre 2005 con l’intervento di Chiara Benvegnù e Mauro
Meggiolaro.
In seguito, questi incontri sono rientrati o nella programmazione dei
Convegni annuali delle Caritas parrocchiali o nei Corsi di formazione per
gli operatori pastorali sul microcredito, con il coinvolgimento di altri operatori di Banca Popolare Etica come Teresa Masciopinto e Pippo Bonifacio
Mimmo.
Altra peculiarità, propria del Progetto Policoro, è l’organizzazione dei
corsi di “Orientamento al lavoro e alla Cooperazione”, possibilità offerta
ai giovani per avvicinarsi al mondo del lavoro, ad una proposta evangelica, alla conoscenza della dottrina sociale della Chiesa e all’accompagnamento offerto dagli animatori di comunità per la formulazione dei progetti e relativi finanziamenti.
Man mano che procedeva il nostro impegno, cresceva anche l’interesse intorno al nostro progetto.
22
L’interesse si è manifestato con alcune visite effettuate presso la nostra
Caritas, conferenze e incontri in cui siamo stati invitati, attenzione dei
media locali e nazionali.
Nel mese di luglio 2007, ad esempio, una piccola delegazione portoghese ci ha fatto visita confrontandosi con il nostro progetto e conoscendo da vicino i gesti concreti finanziati.
Anche una delegazione della Caritas di Benevento è stata nostra ospite nell’aprile 2008.
Non sono mancate le conferenze e gli incontri che hanno visto la
nostra presenza. In verità, dopo tanto tempo è anche un po’ difficile raccogliere tutti i dati. Ne vogliamo indicare alcuni:
– Andria, 12 novembre 2003, invitati dal Laboratorio di Cultura Politica
sulla economia solidale;
– Bari, 27 novembre 2006, invitati dall’assessore alle Politiche sociali
della regione Puglia, Elena Gentile, per l’avvio del progetto ASIA;
– San Vito dei Normanni, 1 marzo 2008, invitati da Retinopera su
“Microcredito e imprenditoria giovanile: dare credito alla speranza”;
– Bisceglie, 26 luglio 2008, invitati da Meetup group su “Verso un’economia sostenibile: l’esperienza di Banca Etica nel Mezzogiorno”;
– Matera, 16 marzo 2009 invitati dalla Caritas diocesana per la presentazione del Progetto di microcredito Lidia;
– Oria, 24 marzo 2009, invitati dalla Caritas diocesana;
– Oria, 17 maggio 2009, invitati dall’Ufficio di pastorale della Famiglia
alla festa diocesana della famiglia;
– Sulmona, 22 maggio 2009, invitati dal Progetto Policoro per la
Settimana Sociale Diocesana su “Il Microcredito: un’opportunità per
il territorio e le persone”;
– Bari, 10 dicembre 2010, invitati dall’ISFOL su Progetto “Microcredito
come fattore di stabilizzazione e come strumento di nuove opportunità”;
– Altamura, 15 maggio 2012, invitati da Il Grillaio e il Circolo delle formiche su “Fuori i soldi, ridare credito in tempi di crisi”;
– Bari, 25 maggio 2012, invitati da Facoltà di Economia e Commercio e
Eticanonmente su “Social Economy e Finanza Etica”.
– Numerosi sono stati gli incontri in Diocesi come anche in occasioni
particolari quali il Congresso eucaristico nazionale a Bari nel 2005, la
Giornata diocesana della Gioventù il 10 maggio 2008, la Giornata
della Concordia ad Andria il 30 aprile 2012.
23
Tappe importanti sono state anche gli interventi al seminario di Vibo
Valenzia il 20 maggio 2005 e a Bari in occasione dell’assemblea dei soci di
Banca Popolare Etica 27 maggio 2006.
A questi incontri ne sono seguiti altri come il 33° Convegno della
Caritas Italiana dal 22 al 25 giugno 2009 a Torino, dove abbiamo potuto
presentare il nostro progetto durante l’assemblea tematica “Benedetta
economia: bene comune, scelte e stili di vita” coordinata dall’economista
Luigino Bruni e l’invito dell’Ente Nazionale per il Microcredito, presieduto dall’on. Baccini, a Bari il 15 dicembre 2011, a Lecce l’11 ottobre 2012 e
ancora a Bari il 28 novembre 2012.
Anche alla Fiera delle buone pratiche di Terra futura a Firenze è stato
presentato il nostro progetto così come il 25 maggio 2008 in un seminario
organizzato dalla Banca Popolare Etica su “Microcredito uno strumento
per mettere la finanza globale al servizio del locale” e il 26 maggio 2012
in un seminario organizzato dalla Caritas Italiana con l’intervento di
Francesco Delfino.
Infine, l’invito a partecipare quale progetto significativo di economia
solidale al Laboratorio di ricerca-azione 2012, all’interno del progetto
FQTS (Formazione Quadri Terzo Settore), il 16 novembre 2012 a Oria.
Il progetto ha avuto anche una certa risonanza in alcune pubblicazioni, sulla stampa nazionale, oltre che locale (Gazzetta del Mezzogiorno e
foglio della Diocesi “Insieme”) e nelle trasmissioni televisive (diversi passaggi su Tele Dehon e Telesveva) e radiofoniche. Ne sono testimonianza,
solo per citare alcuni:
–
FRANCAVILLA DOMENICO, «San Barnaba» dice no al lavoro nero,
Avvenire 7 dicembre 2003;
–
LAMBRUSCHI PAOLO, Microcredito, un salvagente contro l’usura,
Avvenire 16 gennaio 2005;
–
Cominciamo bene - Rai3, Intervista a G. Rella e M. Gravina,
27 gennaio 2005;
–
GENEROSO SIMEONE, Dall’ascolto al credito, la vita cambia in “micro”,
Italia Caritas, n. 4/2005, pp. 16 - 17;
–
Controcorrente - Radio Inblu, 8 maggio 2005
–
BERTI LUISELLA, Sud, nel vuoto delle banche avanza l’etica,
Il Salvagente, n. 43/2005, pp. 34-36;
24
–
–
–
–
–
–
–
–
–
ZAPPA CHIARA, Giovani, col credito si vola, Avvenire, 19 agosto 2005;
VELADIANO MARIA PIA, Chi presta ai poveri - La Caritas e il microcredito,
Il Regno - Attualità, n. 14/2005, pp. 441 - 444;
INCHINGOLO SIMONA, L’accesso al credito ha un volto etico,
Avvenire 4 dicembre 2005;
“Questione di soldi” - RADIORAI, 10 marzo 2006;
Mosaico, Note di redazione e notizia del TG - Sat 2000, 16 marzo 2006;
GALATI MARINA (a cura), Microcredito, Banca etica capitale sociale e
Mezzogiorno, Ed. L’Ancora del Mediterraneo, maggio 2006;
17/01/2009 LA REPUBBLICA;
CARITAS ITALIANA - FONDAZIONE ZANCAN, Famiglie in salita,
Rapporto 2009, pag. 259;
FABIO SALVIATO - MAURO MEGGIOLARO, Ho sognato una banca,
Feltrinelli, 2010, pagg. 222 – 224.
Non sono da sottovalutare anche le Tesi discusse in ambito accademico che hanno indagato e approfondito il microcredito anche attraverso il
Progetto Barnaba. Nel nostro percorso abbiamo potuto contare più di 10
tesi in altrettante facoltà della nostra Italia e all’estero.
Un po’ di orgoglio ci ha assalito quando abbiamo potuto partecipare
alla selezione dei migliori progetti di microcredito a livello europeo curato dalla Fondazione Giordano Dall’Amore.
Mentre si svolge il nostro cammino, cosa si muove intorno a noi?
C’è da sottolineare innanzitutto che, grazie alla suddetta animazione
territoriale, il Progetto Barnaba continua a contribuire alla moltiplicazione dei gesti concreti.
Essi appalesano l’impegno della Diocesi a sostenere, nelle forme più
diverse, l’avvio di nuove attività produttive da parte dei giovani.
La Chiesa non è chiamata a fare impresa in prima persona, ma ad
offrire appoggi e sostegni perché possano crescere quei segni di speranza
che testimoniano che la rassegnazione e lo scoraggiamento possono essere vinti.
Le iniziative che sono state prese sono molteplici e quasi tutte beneficiarie del microcredito ottenuto da Banca Popolare Etica.
C’è da considerare che se è vero che a livello nazionale il microcredito è aumentato nel 2010 rispetto al 2009 del 100% fino ad arrivare ad un
25
portafoglio di 21 milioni di euro, anche a livello locale ci sono stati dei
segnali.
Ad esempio il 31 maggio 2005 il Comune di Andria ha avviato il
Progetto Start up con una dotazione di 50.000,00 €.
A fine gennaio 2008 è stato siglato un protocollo di intesa tra
l’Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Andria e la Banca di
Andria per il microcredito ai giovani.
Il 3 giugno 2010 nelle Dichiarazioni relative alle Linee programmatiche l’avv. Nicola Giorgino affermava, davanti al Consiglio comunale, di
voler istituire un fondo di garanzia rotativo e microcredito.
Indicazioni positive. Ma quali le reali ed attuali ricadute sul tessuto
socio-economico locale? Questi mezzi sono riusciti realmente a contrastare la crisi economica e permettere ai giovani delle nostre comunità di progettare il proprio futuro?
Nel 2011 la Provincia di Barletta – Andria – Trani ha avviato un tavolo di lavoro per un progetto di microcredito con finanziamenti comunitari relativi al bando “Progress” per il quale è prevista una dotazione di
base quale cofinanziamento proprio di € 325.000, dei quali € 71.000 sono
stati messi a disposizione dalla Provincia BAT e € 254.000 dal partenariato locale, fatto da istituti di credito, cofidi, associazioni, a cui anche la
Caritas Diocesana ha offerto una disponibilità di partecipazione. Se il
progetto verrà accolto, il finanziamento della comunità europea dovrebbe dotare la Provincia di altri 975.000 euro per un fondo di garanzia totale di € 1.300.000. Ci auguriamo che questa iniziativa possa essere approvata e finanziata dalla Comunità Europea, e se qualora così non fosse,
inviteremo la Provincia Bat e gli enti partner a lavorare comunque con le
somme che ciascuno si è impegnato a devolvere per il fondo di garanzia,
perché la nostra esperienza ci insegna che non serve molto per fare grandi cose.
Sempre nel 2011 c’è stata una Deliberazione della Giunta Regionale
(22 dicembre 2011, n. 2934) per la Costituzione dello strumento di ingegneria finanziaria, il Fondo Microcredito d’Impresa tra la Regione Puglia
e Puglia Sviluppo SpA. Vogliamo a tal proposito ricordare che il nostro
fondo di garanzia iniziale è stato di solo 21.000 euro a fronte di più di 30
attività nate nella Diocesi di Andria che hanno usufruito della garanzia
stessa!
26
Sarebbe opportuno, avvantaggiandosi del momento propizio, che la
Chiesa, le Istituzioni, le Rappresentanze di categoria e, magari, privati
volenterosi riescano più che mai, attraverso nuovi “slanci” da concertare,
a sviluppare una coscienza e una consapevolezza sempre più lucida e
lungimirante perché non ci sia solo il facile entusiasmo del momento e si
proceda, invece, nel radicamento dello strumento-microcredito nelle
strutture ecclesiali e cittadine.
Il progetto di per sé non intende esaurire le possibilità del “mercato”,
anzi si pone come opera-segno, indicativo per quanti operano nel settore perché si dotino di strumenti più orientati alla fiducia e alla qualità
delle relazioni tra le persone. Per questo l’entità dei finanziamenti, che
può sembrare irrisoria, in realtà rivela il suo carattere complementare ad
altri finanziamenti. È un lavoro di rete che si viene a creare e che interessa tutti.
Una valutazione critica è da farsi sulla seconda parte del progetto,
relativa all’incremento del fondo.
Pochissime sono state “le partecipazioni” dirette ed indirette.
Questo andamento è sicuramente figlio, non tanto di una sfiducia
latente e generalizzata nei confronti dei giovani che Barnaba intende
favorire, quanto di una scarsa conoscenza delle potenzialità della finanza
eticamente intesa.
Essa rompe i classici schemi finanziari ormai cristallizzati nei retaggi
della nostra società e, non estendendosi in base a logiche di profitto
opportunistiche, non assumendo toni drasticamente filantropici, agisce
seguendo alcuni principi che si basano sul concetto di credito come diritto umano.
Secondo Amartya K. Sen, economista indiano, Premio Nobel per
l’economia nel 1998, «…molti degli antichi convincimenti delle differenti scuole di pensiero economico sono ora in discussione, confrontati con esperienze
empiriche contrastanti. Nell’accettare la sfida, la necessità di abbandonare la
camicia di forza della razionalità economica ristretta è un punto centrale. Vi è un
intero mondo di differenze nelle motivazioni al di fuori degli stretti confini della
razionalità economica. I compiti importanti che l’economia moderna affronta ci
invitano in quel vasto mondo. L’invito merita una risposta adeguata».
Un’economia moderna, quindi non può ipocritamente rimanere indifferente alla finanza etica.
27
Infatti le organizzazioni di finanza etica, vedi la Banca Popolare Etica
di Padova, partner del progetto Barnaba, stanno conoscendo un incremento di “popolarità” assolutamente non trascurabile.
Il loro punto di forza è rappresentato dal circolo virtuoso che hanno
posto a base del proprio lavoro.
Esse non effettuano discriminazioni tra i destinatari degli impieghi
sulla base del sesso, etnia o religione, e neanche sulla base del patrimonio; accettano che le garanzie sui crediti siano sia patrimoniali che personali, tanto da consentire l’accesso al credito anche alle fasce più deboli
della popolazione; operano garantendo massima trasparenza sull’origine
del denaro, offrendo la possibilità ai propri clienti di decidere verso quale
attività sociale indirizzare il proprio risparmio e soddisfano le richieste
d’informazione dei risparmiatori sulla destinazione del denaro stesso.
Infine non ritengono legittimo l’arricchimento basato solo sul possesso e scambio di denaro.
Probabilmente per il fatto che il 2005 sia stato dichiarato anno internazionale del microcredito, forse perché nel 2006 Mohammed Yunus,
inventore del microcredito moderno, ha ricevuto il premio Nobel per la
Pace, l’esperienza diocesana di microcredito, continua a fare scalpore.
Richieste di intervento sono giunte addirittura dall’India e sempre più
spesso l’attenzione generale si rivolge al progetto Barnaba.
Nonostante tutto, gli obiettivi originari non sono cambiati. L’offrire
solidarietà anche attraverso il dare strumenti e mezzi per lavorare rimane
l’elemento distintivo dell’azione in esame.
Non bastano, cioè, le parole e gli incoraggiamenti per avere e realizzare idee, servono anche i mezzi, le gambe su cui far camminare quelle
idee, quei progetti, quei sogni.
E il progetto Barnaba, appunto, ha come obiettivo proprio quello di
dare mezzi, di offrire gli strumenti per iniziare a far fiorire un’idea, di
dare un’occasione in più per l’occupazione.
Per il futuro sarebbe opportuno impegnarsi ad irrobustire maggiormente la consapevolezza che la solidarietà tra le generazioni, un uso corretto delle risorse locali e la ricerca di un interesse non individuale, ma
più alto per tutti possa davvero segnare positivamente ed in maniera
indelebile la nostra società.
28
Purtroppo la cultura in cui si è immersi, è marcata da uno smaccato
individualismo.
Il prevalere dell’avere sull’essere ha chiuso l’uomo nel cerchio del
proprio tornaconto incrinando ogni rapporto con gli altri che non abbia
per fine “il proprio interesse”.
Si legge nella Nota pastorale Chiesa e lavoratori nel cambiamento:
«Siamo eredi di una cultura che ha considerato il fatto sociale come accessorio
della vita privata, o come strumento dell’individuo. Stenta, ancora oggi, ad emergere, nonostante i decenni di vita democratica, una cultura del sociale, che
sospinga a realizzare un’interazione tra il singolo e il soggetto sociale; che evidenzi, per il singolo il senso del vivere insieme ad altri soggetti all’interno di una
storia particolare, di un territorio, di una struttura; che metta in risalto, per il
soggetto sociale, lo spessore della dignità irrinunciabile del singolo individuo,
dotato di libertà e di responsabilità. È ovviamente un problema culturale, prima
ancora che sociale e politico».
Iniziative come il progetto Barnaba costituiscono un’opportunità per
contribuire, nell’infinitesimale, al cambiamento della cultura economica
squisitamente individualista perché si fonda consciamente sull’applicazione concreta di principi astratti, ma permanenti come la solidarietà.
La solidarietà aggiunge particolare risalto all’ intrinseca socialità della
persona umana, all’uguaglianza di tutti in dignità e diritti.
La solidarietà nel progetto viene colta non come un sentimento di
vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane, ma al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di
ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti.
Il principio della solidarietà comporta che gli uomini del nostro
tempo coltivino maggiormente la consapevolezza del debito che hanno
nei confronti della società entro la quale sono inseriti ed eventualmente
offrano credito alla speranza, come recita testualmente l’intitolazione del
progetto Barnaba.
29
Profilo Biblico di Barnaba
e la Chiesa della solidarietà
Francesco Di Tria3
Chi era Barnaba
Barnaba era un giudeo della tribù di Levi, nato nell’isola di Cipro,
dove ricevette una cultura ellenica. Nella circoncisione gli fu imposto il
nome Giuseppe.
Trasferitosi a Gerusalemme, egli fece parte della prima comunità cristiana, riunita attorno agli Apostoli dopo la Pentecoste. Dopo il suo battesimo gli imposero il nome di Barnaba, che significa “figlio della consolazione” o “figlio dell’esortazione”, quasi ad indicare una sua qualità. (Atti 4, 36)
Divenne presto un capo molto ammirato e stimato in seno alla
comunità.
Lo unì una grande amicizia e collaborazione con Paolo. Infatti dopo la
conversione di quest’ultimo, sulla via di Damasco, e la fuga da quella
città a causa dell’odio dei giudei che volevano ucciderlo, Paolo aveva cercato di avvicinarsi alla comunità di Gerusalemme, ma il triste ricordo
della violenta persecuzione da lui fatta ai cristiani, lo rendeva sospetto
agli occhi di tutti. Barnaba comprese il suo disagio e divenne il suo garante presso i capi di Gerusalemme, dimostrando così di essere vero “figlio
della consolazione”.
Quando Paolo, per sfuggire ad un’altra congiura, dovette ritornare a
Tarso, Barnaba partì alla volta di Tarso, per cercarlo, e, trovatolo, lo condusse ad Antiochia, avviandolo alla missione. Infatti per un anno esercitarono insieme il ministero e catechizzarono una sì gran quantità di persone che in Antiochia i discepoli per la prima volta vennero chiamati cristiani.
3
Parroco di San Michele Arcangelo. Minervino Murge
31
Si dimostrò attento nel soccorrere la comunità di Gerusalemme colpita dalla carestia (cf. Atti 11, 27-30).
Partecipò, con Paolo e con Giovanni Marco, al primo viaggio missionario a Cipro, sua patria, in Licaonia e in Pisidia
A Perge, in Panfilia, Marco lasciò i suoi compagni per motivi non
conosciuti, ma tale gesto dispiacque a Paolo che successivamente non lo
volle più tra i suoi compagni di missione.
Ritroviamo di nuovo insieme Paolo e Barnaba intorno al ‘49 a
Gerusalemme per la disputa sulla circoncisione. Il “concilio degli apostoli” diede loro ragione sulla non necessità dell’osservanza della legge
mosaica per i neo-convertiti.
In occasione del secondo viaggio in Siria e Cilicia, Paolo e Barnaba si
separarono: Barnaba voleva portare con sé Marco che Paolo, memore
della precedente separazione, non gradiva (cf. Atti 15, 36-41)
Barnaba ritornò a Cipro dedicandosi all’annuncio del Vangelo e dove,
secondo la Tradizione, il suo corpo viene lapidato e bruciato.
Barnaba, l’uomo della fiducia
Barnaba ci viene presentato nel libro degli Atti come l’uomo della
fiducia.
Non aveva probabilmente conosciuto il Signore, ma è uno dei primi
a credere alla parola degli apostoli. In un momento in cui i primi discepoli erano un gruppo sparuto di uomini che potevano apparire fanatici,
egli ha avuto fiducia in Gesù e nella sua comunità e si è messo totalmente dalla parte di Cristo. Il suo entusiasmo nell’adesione alla nuova comunità dei discepoli di Gesù si rivela nella decisione di “vendere un campo
e di consegnare l’importo deponendolo ai piedi degli apostoli” (At 4,36)
a disposizione di chi ne avesse bisogno. Ha capito che la povertà insegnata da Gesù non va intesa come strettezza, ma come apertura a Dio e
ai fratelli, nella fiducia e nella generosità. Nella sua storia ha realizzato
le parole del vangelo: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente
date” (Mt 10,8).
Tale scelta concreta, fatta a partire dal vangelo annunciato, diventa
esortazione per tutta la comunità ecclesiale a saper trovare nuove vie per
rendere attuale il comandamento dell’amore.
32
La fiducia in Dio, manifestata nella vendita dei suoi beni, si accompagna in Barnaba alla fiducia negli altri. E così lo vediamo in missioni di
somma importanza.
Quando si tratta di verificare quello che sta succedendo ad Antiochia,
dove i primi pagani avevano accettato il vangelo senza passare attraverso l’ebraismo, da Gerusalemme gli apostoli inviano Barnaba. “Quando
questi giunse e vide la grazia del Signore si rallegrò e, da uomo virtuoso
qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, esortava tutti a perseverare
con cuore risoluto nel Signore. E una folla considerevole fu condotta al
Signore” (At 11,23-24).
Barnaba è un cristiano aperto, spiritualmente ricco di sapienza e di
ottimismo, capace di dare fiducia, di camminare con gli altri, perciò non
si comporta come un controllore diplomatico, ma per la comunità di
Antiochia è un animatore intelligente e coraggioso. Non spegne gli slanci altrui con preoccupazioni di osservanze minuziose, ma esorta tutti ad
aderire a Cristo.
Libero da pregiudizi e da paure, comprende che ad Antiochia sta operando lo Spirito. Intuisce che è iniziato un movimento epocale: questo
movimento lo trova, non lo crea, però lo accoglie subito, lo inquadra e
pone le condizioni perché possa venire accettato anche da Gerusalemme.
È capace di mediare: rassicura da un lato Gerusalemme e incoraggia dall’altro lato Antiochia, evitando le incomprensioni e le rotture. È perciò un
uomo prezioso per la comunità primitiva.
Anche per Paolo, Barnaba è stato d’importanza fondamentale: è stato
l’amico, il padre spirituale, quello che gli ha dato fiducia e poi lo ha introdotto nell’esperienza apostolica. Ammirevole è il gesto coraggioso e
magnanimo di Barnaba verso Paolo che fuggito da Damasco vive solo
perché tutti diffidano della sua conversione: “lo prese con sé, lo presentò
agli apostoli e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il
Signore che gli aveva parlato, e come in Damasco aveva predicato con
coraggio nel nome di Gesù” (At 9,27).
“Lo prese con sé”: il verbo greco è lo stesso che viene usato per Gesù che
prende per mano Pietro quando sta per affondare nel lago (cfr. Mt 14,31).
L’immagine che abbiamo davanti è quella di un Paolo smarrito a
Gerusalemme: mentre tutti gli chiudono la porta in faccia Barnaba va e gli
dice: “Vieni con me, ti accompagno, ti presento io”. Grazie al suo intervento la comunità incomincia a dare credito alla parola di Paolo (cf. At 9,28)
33
I cristiani: uomini e donne di comunione
La scelta di Barnaba di “vendere un campo e di consegnare l’importo deponendolo ai piedi degli apostoli” (At 4,36) non è un gesto isolato ed eroico, ma
è lo stile della comunità primitiva: coloro che hanno ricevuto il dono
dello Spirito santo (cf. Lc 24,49; At 2,1-13) sono generati a vita nuova e tale
novità si esprime concretamente nell’essere uomini e donne di comunione. Infatti «Nessuno diceva suo quello che gli apparteneva, ma tra loro tutto era
comune (At 4,32): i beni, poi, venivano distribuiti «secondo il bisogno di ciascuno» (At 2,45; Atti 4,35), con la logica conseguenza che «nessuno tra loro
era bisognoso» (At 4,34).
Solo la comunione che si fa condivisione dei beni materiali e spirituali consente di eliminare la povertà.
E poiché già nelle prime esperienze di chiesa non esisteva un modello unico di condivisione dei beni, da ripetersi o da imitare pedissequamente, spetta alle comunità cristiane, disseminate nel tempo e nello spazio, trovare le forme per tradurre adeguatamente in pratica l’esigenza
evangelica della koinonìa, tendendo a che nessuno rimanga in una situazione di bisogno, di indigenza.
«Questo è il comandamento che abbiamo da Cristo: chi ama Dio, ami anche
il suo fratello» (1Gv 4,21): la comunione con Dio non può essere vissuta
senza un’attenzione reale per la comunità degli uomini, senza divenire
comunione con i fratelli anche nei beni!
I tre direttori degli uffici pastorali diocesani coinvolti nel progetto Barnaba,
don Vito Miracapillo, don Mimmo Francavilla, don Pasquale Gallucci
34
Il principio di sussidiarietà e il Progetto Barnaba
Luigi Renna4
La sussidiarietà, per la società che porta l’impronta del dono
Nella mentalità comune la ricerca e l’attesa di un sussidio è divenuta
sinonimo di assistenzialismo, di quella deriva che è lo snaturamento del
welfare state. In effetti la stessa sussidiarietà, di primo acchito, con la sua
etimologia (il latino subsidium= aiuto), potrebbe trarre in inganno e far
pensare che quando ci si trova in una situazione di bisogno occorre chiedere una mano e aspettare quasi passivamente che i problemi passino. In
verità la sussidiarietà è ben altra cosa e costituisce uno dei pilastri della
Dottrina Sociale della Chiesa (DSC), mai da disgiungersi dagli altri princìpi della centralità della persona, del bene comune, della solidarietà.
L’etimologia latina fa riferimento alla vita militare dell’organizzatissimo esercito romano: le truppe sussidiarie (subsidiariae cohortes) erano la
retroguardia che interveniva a sostegno dei soldati che stavano in avanguardia, nei momenti critici della battaglia. Questa origine bellica della
parola ha avuto un senso e uno sviluppo altro nella prassi e nel pensiero
della tradizione cristiana, permettendo che fosse esaltata la dignità della
persona e che si mettesse in atto un meccanismo solidale che desse vita al
benessere. Pensiamo ad esempio alla predicazione dei francescani nel
secolo XIV, che incoraggiava il sorgere di monti di pietà e banchi che con
il loro prestito permettevano anche a chi non aveva grossi capitali di
poter crescere economicamente con audacia e laboriosità per sé e per l’intera società5. Nella società agricola erano i monti frumentari a fare opera
4
5
Docente di Teologia morale sociale presso la Facoltà Teologica Pugliese – Istituto
Teologico “Regina Apuliae”. Molfetta.
Cfr. SAN BERNARDINO DA SIENA, Antologia delle prediche volgari. Economia civile e cura
pastorale nei sermoni di San Bernardino da Siena (a cura di F. FELICE - M. FOCHESATO),
Cantagalli, Siena 2010.
35
di sussidiarietà prestando ai coltivatori la semente nel tempo della semina, anche quando la carestia si era abbattuta sui loro raccolti6.
Un concetto rivoluzionario,
nel lungo cammino della dottrina sociale della Chiesa.
Il suo fondamento biblico può essere trovato non in un particolare
brano della Scrittura, ma nel modo complessivo di agire di Dio “che
opera nei riguardi dell’uomo in via di “sussidiarietà”, suscitando e promovendo in lui la libertà vera, prevenendolo e accompagnandolo senza
mai tuttavia soppiantarlo”7. Prima di divenire una definizione di carattere teologico e magisteriale, la sussidiarietà è stata per secoli una prassi
dell’agire morale cristiano in ambito politico ed economico che poi dalla
Rerum novarum (RN) di Leone XIII (1891) fino ai nostri giorni, ha avuto un
costante sviluppo e approfondimento, declinandosi nelle varie questioni
sociali. Nel momento storico della fine del secolo XIX, in cui per il credente la dignità della persona e la sua centralità venivano ribadite in un contesto di lotta di classe e desiderio di riscatto del proletariato, si proponeva anche la nuova ottica della sussidiarietà; quando si esortava alla solidarietà e a dare il proprio contributo al bene comune, non si dimenticava
mai questo principio. Lungo il corso di poco più di un secolo troviamo tre
prospettive tra loro complementari, condizionate dai tempi, in cui la
DSC, nel suo compito di annuncio/denuncia, propone la sussidiarietà:
–
La sussidiarietà come principio di azione e di irriducibilità della persona e della società ad ogni forma di totalitarismo.
–
La sussidiarietà come proposta per la promozione della dignità della
persona per un umanesimo integrale.
–
La sussidiarietà come necessaria per lo sviluppo in una corretta visione del welfare state e del ruolo della società civile.
6
Sui Monti frumentari e sul ruolo sociale ed economico in Minervino si veda:
FRANCESCO DI PALO, “La vera mira al sollievo de poveri”. Confraternite, tutele sociali e
Monti frumentari a Minervino e Montemilone tra ‘500 e ‘700, in Campi solcati. Studi in
memoria di Lorenzo Palumbo, a cura di M. SPEDICATO, Galatina 2009, p. 197 – 220.
E. COMBI - E. MONTI, Fede e società. Introduzione all’etica sociale, Centro Ambrosiano,
Milano 2011, 138.
7
36
Non sono tre definizioni tra loro contraddittorie, ma complementari,
segno che la DSC, con il trascorrere del tempo, cresce in continuazione,
interpretando i segni dei tempi8.
La prima definizione di sussidiarietà nella DSC si affaccia con la RN,
quando si ribadisce che lo Stato non deve assorbire totalmente le competenze proprie del cittadino e della famiglia nel raggiungimento del benessere, ma deve lasciare loro una certa autonomia9. Sarà però nel clima disastroso dei totalitarismi che la voce della DSC, attraverso la Quadragesimo
anno di Pio XI, nel 1931, si leverà chiara a difesa della dignità dell’uomo
e di tutte le espressioni della società civile e religiosa contro il mostro divoratore dello stato totalitario di ogni colore, quello sovietico, quello nazista,
quello fascista. Pio XI affermerà: “Deve restare saldo questo principio
importantissimo nella filosofia sociale: come è illecito sottrarre agli individui ciò che essi possono compiere con le proprie forze e di loro iniziativa per trasferirlo alla comunità, così è ingiusto affidare a una maggiore
e più alta società quello che le minori e le inferiori comunità possono fare.
Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società, perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della
società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del
corpo sociale, non già distruggerle ed assorbirle”10. È da notare che
all’epoca i regimi totalitari sottraevano alla famiglia e alle Chiese di
diversa confessione la possibilità di educare, per avviare invece i giovani
ad una mentalità bellica e razzista; i regimi comunisti, d’altro canto, negavano la proprietà privata dei mezzi di produzione, con un controllo dell’economia che non offriva spazio alla libera iniziativa. La sussidiarietà
veniva perciò proposta come antidoto all’accentramento, alla massificazione, alla burocratizzazione, per difendere la persona e la società civile.
8
È quella fedeltà dinamica tra una tipologia della dottrina sociale della chiesa preconciliare e una postconciliare, che ci ricorda la Caritas in veritate di Benedetto XVI al n. 12.
Cfr. anche PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della dottrina
sociale della Chiesa, LEV, Città del Vaticano 2004, n. 9. D’ora in poi CDSC.
9 “Non è giusto, come abbiamo detto, che il cittadino e la famiglia siano assorbiti dallo
stato: è giusto invece che si lasci all’uno e all’altra tanta indipendenza di operare
quanto se ne può, salvo il bene comune e gli altrui diritti” (RN 123). L’ edizione e la
trad. è quella di Enchiridion delle encicliche, vol. 3, EDB, Bologna 1997, n. 911.
10 PIO XI, Quadragesimo anno, n. 80
37
La visione della sussidiarietà in questa prima fase è concepita in
maniera verticale: lo stato deve assicurare ambiti di libertà e di intervento agli organismi sociali che sono al suo interno, lasciando loro possibilità di esprimersi, riservando per sé e per il retto funzionamento
dell’ordine sociale, le funzioni di direzione, vigilanza, repressione
delle ingiustizie11.
In un momento storico a noi più vicino (a partire dagli anni ’60), non
privo delle tensioni proprie della guerra fredda e dei rischi connessi ad
un superamento solo parziale del colonialismo (finiva quello politico
delle grandi potenze, ma continuava quello economico), la DSC e l’insegnamento conciliare presentano una prospettiva più positiva della sussidiarietà. La Mater et Magistra di Giovanni XXIII indica cinque proposte di
azione dei poteri pubblici che devono ispirarsi al nostro principio: orientamento, stimolo, coordinamento, supplenza ed integrazione12.
Soprattutto le prime tre azioni responsabilizzano enormemente gli individui e ogni ambito della società civile e risultano di grande aiuto sia ad
un’autentica concezione dello stato, su cui ritorneremo, sia per il superamento di sacche di povertà caratterizzate dall’ancor più povera mentalità assistenzialista. Di solito, negli studi sulla sussidiarietà non viene mai
citata la grande enciclica sullo sviluppo dei popoli, la Populorum progressio di Paolo VI ( 1967), che invece, nel presentarci una visione completa
dello sviluppo, ci dà uno sguardo di ampio respiro, nel quale la sussidiarietà si coniuga con la solidarietà. La lettura sintetica dell’enciclica montiniana che fa Benedetto XVI è illuminante: “Paolo VI aveva una visione
articolata dello sviluppo. Con il termine “sviluppo” voleva indicare
l’obiettivo di far uscire i popoli anzitutto dalla fame, dalla miseria, dalle
malattie endemiche e dall’analfabetismo. Dal punto di vista economico,
ciò significava la loro partecipazione attiva e in condizioni di parità al
processo economico internazionale; dal punto di vista sociale, la loro
evoluzione verso società istruite e solidali; dal punto di vista politico, il
consolidamento di regimi democratici in grado di assicurare libertà e
pace”13. C’è un crescendo nella proposta di Paolo VI: il livello di sussisten-
11 Cfr. ivi, n. 81.
12 Cfr. GIOVANNI XXIII, Mater et Magistra, n. 40.
13 BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, n. 21.
38
za da cui si parte, quello del consolidamento economico, quello sociale,
quello politico; in questi ambiti viene chiamata in causa la responsabilità
personale: partecipazione attiva e in condizioni di parità, istruzione, solidarietà, democrazia. Nessuno di questi mezzi può essere acquisito senza
un coinvolgimento diretto dell’individuo e della società, pena l’inefficacia del processo e la situazione di tirannide: “ Dove manca l’iniziativa
personale dei singoli, vi è tirannide politica”14. Lo stato, in queste situazioni, esercita una funzione di supplenza, ma “alla luce del principio di
sussidiarietà, questa supplenza istituzionale non deve prolungarsi ed
estendersi oltre lo stretto necessario, dal momento che trova giustificazione soltanto nell’eccezionalità della situazione”15. Qui la solidarietà si articola con la sussidiarietà, perché i principi della DSC non vanno mai considerati separatamente ed unilateralmente, ma nella loro unitarietà, connessione e articolazione16: la solidarietà costituisce un volano che permette alla libera iniziativa della persona di rimettersi in piedi ed essere protagonista, ma poi si orienta su altre situazioni, permettendo così alla
società civile di “camminare con le proprie gambe” per quanto possibile.
In questo modo le persone si sentiranno veramente tali (ecco l’umanesimo plenario17) , e innescheranno quel circolo virtuoso che fa crescere la
società civile, l’economia, lo stato. Secondo questa seconda visione di
sussidiarietà, più articolata, l’ente pubblico trasferisce al settore privato, mediante un aiuto economico parziale, in vista di una migliore e più
efficiente gestione, alcune funzioni pubbliche, in cui lo stato e le
espressioni della società civile si troverebbero ad agire sullo stesso
piano, in modo orizzontale (ambito educativo, sanitario, culturale,
socio-assistenziale). A livello globale, ogni forma di aiuto e di solidarietà alle situazioni in via di sviluppo, sarebbe solo temporaneo e teso
ad una promozione delle proprie risorse culturali, economiche, sociali
e politiche, evitando di instaurare forme di dipendenza.
Oggi è più che mai necessario ribadire l’importanza della sussidiarietà a fronte del tracollo del welfare state, lo stato assistenziale, che nel
14
15
16
17
GIOVANNI XXIII, Mater et Magistra, n. 44.
CDSC n. 188.
Cfr. CDSC n. 162.
L’espressione è utilizzata nella Populorum progressio di Paolo VI (n. 14) e ripresa nella
Caritas in veritate (n. 18): “è l’umanesimo di ogni uomo e di tutto l’uomo”.
39
corso del XX secolo è divenuto prima protagonista della scena economica e poi il grande nemico da combattere per un’economia più efficiente.
In fondo il welfare non ha funzionato quando non ha saputo coniugare
solidarietà con sussidiarietà, offerta dei servizi con promozione della
società civile. In questo contesto socio-economico è emerso sempre più il
Terzo settore, terzo rispetto allo stato e al mercato, che ha un’identità
molto varia: soggetti economici che non hanno finalità di lucro, volontariato, cooperative sociali, organizzazioni non profit, fondazione, associazionismo. Con un’espressione che può sembrare una contraddizione in
termini è definito privato sociale, ed è “punto d’incontro tra solidarietà
(ad es. verso il disagio di ogni forma) e sussidiarietà (la sfera pubblica
è chiamata a riconoscere il primato di queste iniziative e promuoverle,
oltre a gestirle in proprio, quando necessario)18. La Caritas in veritate ha
rilanciato una prospettiva nuova, nella quale giustizia e gratuità non sono
semplicemente complementari, ma in cui la gratuità apre la strada alla
giustizia: “È dal reciproco confronto sul mercato che ci si può attendere
una ibridazione dei comportamenti d’impresa e dunque un’attenzione
sensibile alla civilizzazione dell’economia”19. Essenziale è il ruolo della
società civile, chiamata a rafforzarsi insieme allo stato (che orienta al bene
comune in un quadro normativo) e al mercato (tendente al profitto ma in
un quadro normativo e che vede protagonista la società civile in tutte le
sue componenti): “La vita economica ha senz’altro bisogno del contratto,
per regolare i rapporti di scambio tra valori equivalenti, ma altresì ha
bisogno di leggi giuste e di forme di ridistribuzione guidate dalla politica, che rechino impresso lo spirito del dono”20. Le forme di ridistribuzione guidate dalla politica, con il sigillo dello spirito di fraternità e del
dono, sono le protagoniste della società civile, per cui oggi la sussidiarietà si pone come un urgente protagonismo delle varie espressioni della
società per una vita economica e politica improntata alla fraternità e
all’umanità. Il concetto di dono e quello di carità non sono estrinseci a
quello di giustizia: il dono viene offerto perché permette all’altro di
crescere, di rispondere pienamente alla sua vocazione umana.
18 E. COMBI – E. MONTI, o. c., 329.
19 BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, n. 38.
20 Ivi, n.37.
40
Politica, visione economica e partecipazione
Il concetto di sussidiarietà rimarrebbe astratto o affidato solo alla
responsabilità personale se non entrasse anche nell’ordinamento giuridico. La Costituzione italiana contiene in sé le tracce di questo principio:
esse sono riscontrabili nell’affermazione della centralità della persona
negli artt. 2 - 3 e in quella della funzione delle associazioni ed istituzioni
all’interno della società (art. 18), nonché nella regolamentazione delle
autonomie locali (art. 5)21. I cosiddetti “corpi intermedi”, collocati tra la
persona e lo stato, permettono al cittadino di partecipare alla vita della
società e di realizzare la sua personalità. Il loro elenco è lungo: la possibilità di formare una famiglia (artt. 29 e 30 della Costituzione), la professione della fede (artt. 7-8), il volontariato associativo (art. 38), la vita dei sindacati (art. 39), quella dei partiti (art. 49). Il principio ispiratore fu dato da
Giorgio La Pira, che aveva profondamente assimilato l’antropologia della
sussidiarietà e i contenuti della Quadragesimo anno: il 2 ottobre 1946,
durante i lavori della I Sottocommissione alla Costituente, egli definì il
concetto di libertà in relazione alla solidarietà e al bene comune, affermando che in uno stato si poteva parlare di libertà solo se fosse stata assicurata la sussidiarietà22. Prendeva così forma una struttura statale nella
quale si lasciava spazio alle autonomie locali: “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurare l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, regioni e Stato, sulla
base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza” (art.
118 della Costituzione). È questa la sussidiarietà verticale, assicurata alla
pari di quella orizzontale, che vede protagonisti i cittadini sia singoli che
associati, grazie anche ad un movimento “dal basso” che è arrivato nel
secolo XXI, ad esempio, all’approvazione del 5 per mille, introdotto nella
Finanziaria del 2006, per assicurare un contributo pubblico alle imprese
con fini sociali. Il beneficio che riceve la pubblica amministrazione dall’intensa attività dei corpi intermedi è grande per i seguenti motivi: favorisce esperienze concrete, punta sul capitale umano, si basa sulla cultura
della valutazione e del risultato, ha introdotto nuove forme di manage-
21 Cfr. F. OCCHETTA, La sussidiarietà: da principio a prassi, in “La Civiltà Cattolica”, 2012 I
114-115.
22 Cfr. ivi, 117.
41
rialità pubblica basate sulla fiducia e sulla responsabilità23. Dal punto di
vista politico si realizza appieno la partecipazione democratica, non relegata al momento della consultazione elettorale, ma estesa al servizio
responsabile alla persona sul territorio. È sempre possibile questo tipo di
agire virtuoso in politica? Senza infingimenti bisogna dire che dove prevalgono logiche di clientelismo, dove non il risultato dell’intervento ma
le “amicizie” condizionano l’attribuzione di responsabilità, si ha la morte
della sussidiarietà e prima o poi della solidarietà e del bene comune. La
“malapolitica” ha paura della sussidiarietà, né la favorisce, anzi preferisce centralizzare e burocratizzare i suoi interventi, apertamente o meno.
Dal punto di vista economico ci sarebbe molto da dire, ma basti quanto segue. La ricerca di una terza via alternativa al collettivismo e al capitalismo ha guardato all’economia di mercato come ad una forma nella
quale si coniugasse la solidarietà con l’efficienza, così come dopo il crollo dei sistemi comunisti la DSC con la Centesimus Annus ha sentito di
dover indicare. Con espressioni che richiedono di essere bene interpretate, alla domanda se c’è una forma di capitalismo compatibile con la solidarietà e la sussidiarietà, la CA afferma: “Se con capitalismo si indica un
sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa,del mercato, della proprietà privata e delle conseguenti responsabilità per i mezzi di produzione , della libera creatività umana nel settore dell’economia, la risposta è certamente positiva”24. Non è un cedimento al liberismo economico, perché non chiede libertà dallo stato, ma
libertà per lo stato; non chiede di evitare le interferenze statali, ma che la
funzione dello stato coordini l’agire responsabile della società civile, lo
sostenga, lo promuova. Anche in paesi in cui il principio di sussidiarietà
non è stato sempre conclamato oggi c’è una sua riscoperta, tale che nel
mondo anglosassone, ad esempio, si è sostituito lo slogan “meno stato,
più mercato”, con quello “meno stato, più società”25.
Non si potrebbe completare il quadro della comprensione della sussidiarietà senza concretizzarla nella partecipazione: “Caratteristica conseguenza della sussidiarietà è la partecipazione, che si esprime, essenzial-
23 Cfr. G. VITTADINI – C. LAURO (edd.), Sussidiarietà e…Pubblica Amministrazione Locale.
Rapporto sulla sussidiarietà 2009, Milano, Mondadori Università 2010.
24 GIOVANNI PAOLO II, Centesimus Annus, (1991), n. 42.
25 Cfr. OCCHETTA, o. c., 125.
42
mente, in una serie di attività mediante le quali il cittadino, come singolo
o in associazione con gli altri, direttamente o a mezzo di propri rappresentanti, contribuisce alla vita culturale, economica, sociale e politica
della comunità a cui appartiene”26. È partecipazione alla vita della comunità statale, che viene favorita da forme democratiche, ma anche partecipazione alla vita della società civile, in tutte le sue espressioni. La famosa espressione del cantante italiano Giorgio Gaber – “libertà è partecipazione”- ci fa intendere che questo connubio è un’aspirazione universale,
presente in tutte le visioni democratiche della vita socio-politica.
Sussidiarietà in atto: le caratteristiche dei progetti
Sarebbe lunghissimo l’elenco delle realtà che in tutta Italia e nel
mondo hanno permesso alla società civile, attraverso svariate forme, di
offrire servizi alla persona e allo stesso tempo di responsabilizzare i cittadini: ad altri questo compito. Si fa qui invece riferimento ad alcune parole che permettono di comprendere il senso di questa sussidiarietà-in-atto.
Il primo è progetto. La sussidiarietà non può essere qualcosa di estemporaneo, né la risposta, pur necessaria, al bisogno immediato che in un centro di ascolto si può dare. La progettualità richiede uno sguardo al futuro, che solo una grande fede e grandi ideali possono dare. L’altra parola
è formazione, per una cultura che sappia spaziare dalle esperienze lontane nello spazio come quella della Grameen Bank del premio Nobel
Yunus alle esperienze a noi più vicine di Banca Etica. Uno degli elementi che responsabilizza è la conoscenza: la lotta all’ignoranza è lotta al
superamento della passività, del clientelismo, di tutto ciò che mortifica le
espressioni della dignità dell’uomo. Nel documento della CEI Per un
Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno, si dice che il Progetto Policoro,
che ha l’intento di affrontare il problema della disoccupazione giovanile,
rappresenta uno spazio di evangelizzazione, formazione e promozione
umana27. La sussidiarietà richiede discernimento. Si tratta di fare delle
scelte che valutino necessità del territorio, qualità delle risorse umane,
quantità delle risorse economiche, obiettivi di breve o lunga durata.
26 Compendio, n. 189.
27 Cfr. CEI, Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno (2010), n. 12.
43
Infine la sussidiarietà richiede quella che è la cosa più ovvia per creare un
sistema di relazioni che sia verticale e orizzontale: la rete. La rete (ricordo che uno dei primi nomi della globalizzazione è stato retinità) non è
quella che si costruisce solo con gli amici, con il politico o l’amministrazione amica, con il giovane della parrocchia, ma con tutti, e al di là dei
nostri territori spesso poveri di queste esperienze. Nella rete ci stanno
tutti quelli che possono costruire la sussidiarietà orizzontale unita alla
solidarietà, per il bene comune: le amministrazioni di ogni ordine, la
comunità ecclesiale, la società civile con le sue espressioni di ogni colore,
le imprese, la scuola. E altri ancora. Purtroppo queste quattro parole, persino a persone ed istituzioni che dovrebbero essere abituate a questo linguaggio, suonano strane perché sono rivoluzionarie rispetto a modalità
assistenzialistiche e un po’ anarcoidi nella maniera di muoversi, forse
anche nel fare del bene. Progetto-formazione-discernimento-rete, permettono che la sussidiarietà si sviluppi in senso verticale e orizzontale.
Ad esempio, avere una rilevazione attenta ed una lettura chiara delle
situazioni di povertà, della loro origine, delle risposte che esse cercano, è
una maniera di informarsi-formarsi, che porta ad una chiara progettualità28. Dialogare con il territorio e con le amministrazioni locali, porta ad un
rapporto di riconoscimento e di reciproca stima29. La progettualità ha
anche una ricaduta notevole sulla società civile. Quando Giovanni Paolo
II nella Sollicitudo rei socialis al n. 41 dice che “l’insegnamento sociale e la
diffusione della dottrina sociale fanno parte della missione evangelizzatrice della Chiesa”30 e poi vediamo che nel codice etico del Progetto
Barnaba ci sono alcuni principi che sono coerenti con la DSC, allora ci
rendiamo conto che la testimonianza della carità è essa stessa evangelizzazione. Nel codice suddetto troviamo punti inderogabili come il rispetto della legalità, il favorire uno stile di vita improntato a solidarietà e sussidiarietà, il rispetto dell’ambiente, ed altri31, che sono volti a plasmare il
28 Cfr. Dossier sulle povertà nella Diocesi di Andria 2005. Raccogliere dati per Ascoltare –
Osservare - Discernere, in DIOCESI DI ANDRIA - CARITAS DIOCESANA (a cura di D.
FRANCAVILLA), Il cuore e le mani. Le opere di misericordia corporali nella Diocesi di Andria,
Grafiche Guglielmi, Andria 2006, 32 - 54.
29 Cfr. Giovanna RENNA, Il Centro Emmaus e il rapporto con la Città, in ivi, 83 - 86.
30 GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudo rei socialis (1987), n. 41.
31 Codice Etico Progetto Barnaba, in ivi, 128 - 129.
44
volto dell’economia e della società nella logica del lievito a cui Gesù
Cristo paragona il Regno dei cieli (cfr. Mt 13,33).
Per una cura della coscienza:
le virtù senza le quali non c’è sussidiarietà.
Nulla è duraturo e fruttuoso se non è inscritto profondamente nella
nostra coscienza. Di essa ogni uomo è chiamato a prendersi cura per essere più uomo. Ce lo ricorda Giovanni Paolo II nella Veritatis splendor, quando afferma: ”Nelle parole di Gesù sopra riferite (Mt 6, 22-23, n.d.r.) troviamo anche l’appello a formare la coscienza, a renderla oggetto di continua
conversione alla verità e al bene. (…) un grande aiuto per la formazione
della coscienza i cristiani l’hanno nella Chiesa e nel Magistero”32. Gli fa
eco il filosofo Emmanuel Mounier, quando definendo la persona umana,
scrive: “la persona mantiene la sussistenza del suo essere mediante la sua
adesione ad una gerarchia di valori liberamente letti, assimilati e vissuti
con un impegno responsabile e una costante conversione”. Il nostro essere persona e, allo stesso tempo, l’edificazione di una società autenticamente umana, è possibile grazie all’adesione e alla cura di determinati
valori nella nostra coscienza. Al termine di queste riflessioni siamo riportati nel nostro intimo, nella coscienza, che il Concilio Vaticano II definisce
“intimo sacrario dell’uomo”33, perché da lì nasce ogni bene per il singolo
e per l’universo. Lì coltiviamo le virtù, che la tradizione cristiana definisce come “disposizione permanente e costante a fare il bene”. Quali sono
le virtù che permettono di vivere la sussidiarietà? Proviamo a “declinarle” secondo quelle che ci tramanda la tradizione aristotelica e secondo le
tre teologali. Per mettere in atto la sussidiarietà occorre coltivare la virtù
della giustizia, dare a ciascuno ciò che è suo; una giustizia distributiva,
da parte dello stato, che permette a chi è nel bisogno di avere opportunità per “rimettersi in piedi” e una giustizia legale, che anche attraverso la
partecipazione che si esprime con il pagamento delle tasse, contribuisce
al bene comune. Lo sguardo che spinge a comprendere quali sono i problemi del momento è quello animato dalla giustizia sociale. La sussidiarietà ha bisogno del discernimento proprio della virtù della prudenza,
32 GIOVANNI PAOLO II, Veritatis splendor (1993), n. 64.
33 Gaudium et spes n. 16.
45
che sa individuare, in ogni specifica situazione, quale è il bene da compiere, quale la forma con cui partecipare. Occorre anche essere temperanti e animati dalla virtù della fortezza: moderare il proprio protagonismo
per saper collaborare, chiedere anche con tenacia di essere fatti partecipi
della vita pubblica, portare avanti con forza le proprie responsabilità. La
sussidiarietà è anche un grande atto di fede in un Dio che ha creato l’uomo a sua immagine, l’ha voluto libero, gli ha affidato la terra perché la
custodisse con responsabilità: è fede nel progetto di Dio, che diventa
impegno perché esso si realizzi, e perché “il retto esercizio della libertà
personale esige precise condizioni di ordine economico, sociale, giuridico, politico e culturale”34. Di fronte alle tante negazioni della dignità
umana la sussidiarietà risuona come una parola di speranza e di riscatto:
la speranza cristiana è una potente risorsa sociale35, certo sempre da considerarsi come una realtà ultima, perché il cristiano sa bene che: “…i beni
quali la dignità dell’uomo, la fraternità e la libertà, e cioè tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla
terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi
di nuovo, ma purificati da ogni macchia,, ma illuminati e trasfigurati
allorquando Dio rimetterà il regno eterno e universale al Padre”36.
La carità sociale e politica ci fa amare il bene comune, quel bene a cui
tende la sussidiarietà unita alla solidarietà37. Il prossimo da amare non è
solo il singolo, ma è la comunità sociale e politica, con cui collaborare per
il bene comune. Non sarà semplicemente l’adesione ad un apparato giuridico che potrà portare alla riuscita di un progetto solidale e allo stesso
tempo ordinato a sussidiarietà, ma la logica e l’impronta del dono, testimonianza di fraternità che nasce e viene coltivata nella nostra coscienza38.
34
35
36
37
38
46
Compendio, n. 137.
Cfr. BENEDETTO XVI, Spe salvi, n. 17.
Gaudium et spes n. 39
Cfr. Compendio, n. 208.
Cfr. Caritas in veritate, n. 34
47
48
IL MICROCREDITO
Breve storia del Microcredito in Italia
Clara Marrone39
Negli ultimi anni si è diffuso anche in Italia il termine e il concetto di
Microcredito. Alla diffusione e alla conoscenza di questa pratica ha contribuito senza dubbio la proclamazione da parte delle Nazioni Unite
dell’“Anno Internazionale del Microcredito” nel 2005 e subito dopo dell’assegnazione del Premio Nobel per la Pace all’economista bengalese
Muhammed Yunus, il maggiore promotore del microcredito moderno e
fondatore della Grameen Bank. Anche l’enciclica “Caritas in veritate” di
Benedetto XVI nel 2009 ha sottolineato l’importanza del microcredito nel
dare aiuto concreto ai ceti deboli della società e la necessità di incorporare valori etici all’attività economica.
L’attenzione dell’opinione pubblica anche italiana si è quindi risvegliata nei confronti di questo tema, la cui popolarità ha portato a riscoprire le origini del microcredito o di simili forme di prestito e risparmio
anche nel nostro Paese.
La storia del microcredito in Italia parte da lontano. Le sue radici si
possono far risalire ai Monti di Pietà sorti nel XV secolo per opera di istituzioni e ordini religiosi. Nei secoli successivi furono molte le esperienze
che si inserirono nel solco della tradizione dei Monti di Pietà, con varie
forme e modalità concedendo crediti ai più bisognosi per sostenerli nell’affrontare le emergenze della vita quotidiana e nello svolgimento di piccole attività autonome o imprenditoriali. È presente inoltre una lunga tradizione di microcredito imprenditoriale affidato alle Casse Rurali e alle
Banche di Credito Cooperativo molto diffuse in Italia. Con il XX secolo, e
in particolare con l’esperienza di Yunus, il “banchiere dei poveri” inizia a
39 Economista, esperta in Microfinanza. Milano.
51
prendere forma il microcredito moderno così come lo conosciamo.
L’approccio partecipativo, i micro interventi a favore della promozione
umana e sociale dell’individuo e soprattutto l’operare in prossimità e in
relazione con quest’ultimo sono tratti distintivi che possiamo ritrovare
anche nelle esperienze di microcredito e più in generale di finanza etica
che si sono sviluppate in Italia già dagli anni ’70 del secolo scorso. È di
questo periodo, ad esempio, la costituzione delle MAG (Mutue Auto
Gestione), che raccolgono risparmio dai soci per utilizzarlo a favore di
progetti nell’ambito dell’economia sociale e della cooperazione, o l’adozione da parte di numerose ONG del microcredito come strumento di
sviluppo.
Dall’esperienza di alcune MAG e dall’impegno di molte organizzazioni del terzo settore e della società civile, nel 1999 ha iniziato ad operare in Italia Banca Etica, la prima banca nata con l’obiettivo prioritario di
“dare credito al sociale”, ovvero di finanziare le attività più meritevoli e
con un impatto positivo dal punto di vista sociale e ambientale, e per
mostrare che il denaro non può essere considerato un fine ma deve essere un mezzo per raggiungere un maggior benessere della società. Insieme
al Consorzio Etimos di microfinanza, attivo in tutto il mondo, Banca Etica
e la relativa società di gestione del risparmio, Etica SGR, costituiscono un
importante centro di intervento nel campo del microcredito e della finanza etica.
Il microcredito nei paesi sviluppati ed in particolare in Italia presenta
alcune peculiarità che è bene tenere presenti per meglio comprendere
questo fenomeno: il microcredito è attivo soprattutto per rispondere non
tanto alle condizioni di povertà estrema, come nei paesi in via di sviluppo, quanto ad alcuni meccanismi di cattivo sviluppo che si configurano
sul nostro territorio. Ci riferiamo alla diffusa illegalità economica e finanziaria (in particolare per quanto riguarda il fenomeno dell’usura), all’arretratezza di alcuni territori, all’economia sommersa e alle difficoltà di
inserimento delle comunità migranti. Tutti questi fattori sono causa di
indebolimento del tessuto produttivo e sociale, e di situazioni di sovra
indebitamento. La microfinanza ha qui una funzione di rafforzamento
della crescita e di accesso degli esclusi dal settore formale del credito tramite strumenti finanziari ad hoc che contribuiscono all’inclusione sociale
in molte regioni.
52
Sono molteplici attualmente le istituzioni e organizzazioni che si
occupano di microfinanza sul nostro territorio: oltre alla già citata Banca
Etica e alle MAG, sono presenti molte iniziative in questo senso promosse da Caritas Italiana (come il Prestito della Speranza) e numerosi progetti di microcredito di Caritas diocesane. Altre attività di microfinanza vengono realizzate da organizzazioni ed istituzioni come la Fondazione San
Carlo, la Compagnia di San Paolo, PerMicro, Micro.bo, Cresud,
Microfinanza Srl, e molti altri.
Nel febbraio del 2008 si è costituita in Italia Ritmi (Rete italiana di
microfinanza), il primo network che riunisce i principali operatori di
microfinanza italiani. La rete risponde alle esigenze operative delle istituzioni del settore, e si impegna a dare maggiore visibilità politica, economica e sociale al microcredito e alla microfinanza nel nostro paese.
Secondo l’ultima rilevazione di Ritmi, tra il 2007 e il 2009 nel nostro Paese
si è registrata una crescita molto importante per il microcredito: in termini di numero di prestiti erogati, si è passati da poco meno di 400 prestiti
a oltre 2.000. In termini di risorse erogate, si è passati da poco più di 3,5
milioni di euro a circa 12 milioni di euro.
Ulteriori passi in avanti, soprattutto in senso normativo e istituzionale, sono stati recentemente compiuti.
Il primo grazie al decreto legge n. 2 del 10 gennaio 2006 e con la nascita del Comitato nazionale italiano permanente per il microcredito, che si
propone come obiettivi prioritari “la lotta alla povertà estrema ed
all’esclusione finanziaria, anche attraverso il sostegno e lo sviluppo di
microimprese”, in un’ottica parallela di cooperazione internazionale
orientata ai paesi in via di sviluppo e di interventi sul piano nazionale per
“una via italiana al microcredito”.
Nel 2010 è stata inoltre recepita la direttiva europea sul credito al consumo che ha previsto per la prima volta, con una modifica al T.U.B. (Testo
Unico Bancario), una specifica disciplina per il microcredito. A livello
europeo è infatti riconosciuta l’importanza del microcredito quale strumento indispensabile per la lotta alla povertà e per l’inclusione sociale,
nelle sue due accezioni di microcredito finalizzato all’ occupazione e
all’avvio di piccole imprese individuali, e quello socio – assistenziale per
far fronte alle difficoltà economiche delle fasce sociali deboli. In base a
tale normativa, che prevede venga istituito un apposito albo in cui deb53
bono iscriversi i soggetti finanziatori, il microcredito sociale non può
superare i 10mila euro per singola erogazione, mentre il microcredito
d’impresa non può superare i 25mila euro. Si opera anche una distinzione per modalità di prestito, distinguendo tra microcredito all’individuo e
microcredito al gruppo.
Queste novità rappresentano senz’altro un progresso verso l’uso sempre più estensivo di uno strumento che può essere molto efficace in un
paese, come l’Italia, che ha tra i più alti tassi di esclusione finanziaria in
Europa: il 25% della popolazione (secondo stime della Banca Mondiale).
Ulteriori progressi sono però necessari, soprattutto data la difficile
congiuntura economica dovuta alla crisi, per potenziare e facilitare gli
attori già operanti in questo contesto, per i quali l’ascolto delle persone in
difficoltà e la relazione fiduciaria con esse è il primo requisito per aiutarle ad uscire dalla crisi ed entrare in una condizione economica sostenibile e dignitosa.
54
Letteratura sul Microcredito
e sul Progetto Barnaba
Clara Marrone
La letteratura sul microcredito è senz’altro molto ampia, e parte di
essa si può ascrivere al più vasto tema della microfinanza e della finanza
etica. Molto è stato scritto su questo tema, in molte accezioni differenti,
che vanno dalle testimonianze ispiratrici di Yunus sulla storia della
Grameen Bank alle riflessioni sul filone dell’economia civile degli italiani
Zamagni, Bruni e Becchetti. Cercheremo qui di seguito di dare una panoramica della letteratura saliente sul microcredito, affinché possa servire
da riferimento e guida in questo mondo di cui parlano i libri, ma anche e
soprattutto le storie di successo di tante persone.
Senz’altro si può partire da un testo di Becchetti, Il microcredito (Farsi
un’idea, Il Mulino, 2008), che riporta la definizione di microcredito tout
court: “piccoli prestiti, finalizzati prevalentemente per l’investimento piuttosto
che per il consumo, a individui o microimprese, prevalentemente prive di garanzie patrimoniali verso le quali le istituzioni di microcredito si cautelano con
forme di garanzia alternative”. Questo testo è molto utile per capire i principi fondamentali e il fenomeno del microcredito in maniera generale.
Anche Microfinanza. Dare credito alle relazioni, di Andreoni e Pelligra (Il
Mulino, 2009) costituisce una valida guida che prende in esame anche
aspetti più tecnici e propone spunti di miglioramento in questo settore.
Invece i testi di Mohammad Yunus, Il banchiere dei poveri del 2003 e Un
mondo senza povertà del 2010 costituiscono una potente forma di ispirazione in quanto contengono la visione e la realizzazione di uno dei maggiori progetti di microcredito a livello mondiale.
Quando si parla di microcredito non si può però prescindere da uno
sguardo agli studi teorici alla base del filone dell’economia civile, una
visione dell’economia che include l’etica, dà valore alle relazioni e
soprattutto alla fiducia come principio fondante di un’economia delle e
57
per le persone. Aspetto che è infatti centrale nel microcredito e nella
microfinanza in generale. Un testo di riferimento in questo caso è senza
dubbio quello di Stefano Zamagni e Luigino Bruni, Economia Civile (Il
Mulino, Bologna, 2004). Sono molti e interessanti gli studi effettuati in
questo campo, per una dimensione più umana dell’economia – e della
finanza – e per attribuire il valore che è andato perduto ai beni relazionali, quelli fondativi non solo dell’economia ma dell’intera società.
Nell’opinione di questi studiosi infatti l’etica è un sistema di valori di
riferimento, è un insieme di principi guida: se applicata in ambito economico-finanziario, definisce dei criteri di scelta, caratterizza i modi di
operare. Prospettiva richiamata anche nell’enciclica Caritas in Veritate di
Benedetto XVI nel 2009, e nell’opuscolo di Caritas Italiana del 2011
Microazioni per Macrovalori. Per un maggior approfondimento su questi
temi è molto utile rifarsi alla letteratura specifica, in particolare:
Becchetti, L. Solferino, N., La rivoluzione silenziosa della responsabilità
sociale: ruolo e impatto dell’economia dal basso nel riequilibrio del rapporto tra
solidarietà e conflitto nel mercato (Etica ed Economia, V/2003, 1 e 2, 2003),
Bruni, L., Economia e felicità: per un migliore e più saggio uso del tempo,
(Città Nuova, Roma, 2004) e Reciprocità. Dinamiche di cooperazione, economia e società civile (Bruno Mondadori Ed., 2006), o anche Grasselli, P.,
Moschini, M., Economia e persona (V&P Ed., 2007) e Gui, B. , Più che scambi incontri. La teoria economica alle prese con i fenomeni relazionali (in Sacco
e Zamagni, 2002).
Secondo Becchetti e Paganetto in Finanza etica. Commercio equo e solidale, La rivoluzione silenziosa della responsabilità sociale (Saggine, Donzelli
Editore, 2005) “affinché il sistema dell’economia globale produca uno sviluppo
equo e sostenibile il terzo filone nascente di economia del benessere al quale […]
fanno riferimento finanza etica, consumo critico e commercio equo e solidale,
ritiene dunque fondamentale l’impulso dal basso dei cittadini-consumatori”.
La declinazione dell’economia etica in pratiche come la finanza etica,
il microcredito e il consumo critico è molto importante per calare nella
realtà degli imprenditori, dei consumatori, dei risparmiatori e in generale dei semplici cittadini quella che è la teoria dell’economia civile. Ci vengono qui in aiuto molti studi, anche empirici, che hanno approfondito le
dinamiche e le modalità in base alle quali come singoli o come comunità
possiamo scegliere e attuare un’economia più giusta, responsabile e partecipata.
58
Tenendo conto che molto spesso questi aspetti si sovrappongono, possiamo prendere come riferimento alcune esperienze sorprendenti e molto
solide come quella di Banca Etica, che Fabio Salviato, suo presidente, ci
racconta in Ho sognato una banca (Feltrinelli, 2010), e analizzata anche in
Viganò L., La banca etica. Esperienze in Italia e all’estero, strategie e innovazione nelle scelte operative (Bancaria Editrice, 2001), e in Milano R., La finanza e
la banca etica: economia e solidarietà (Ed. Paoline, 2001). La finanza etica è già
una realtà in molti paesi, compreso il nostro, e per una comprensione di
questo fenomeno anche “dal basso” possiamo far riferimento a testi come
quello di Becchetti, L., con Di Sisto M. e Zoratti A., Il voto nel portafoglio.
Cambiare consumo e risparmio per cambiare l’economia (Orizzonti, Il Margine
Ed., 2008), oltre che ovviamente al Manifesto della Finanza Etica.
Naturalmente, soprattutto quando si parla di microcredito è molto
importante avere presente il contesto di riferimento in cui ci si trova e la
grandezza del fenomeno. In questo senso, sono molto utili gli studi a
diversi livelli: a livello mondiale ed europeo il Microcredit Summit
Report e la Nantik Lum Foundation eseguono delle rilevazioni periodiche sulla quantità e sui destinatari dei programmi di microcredito, oltre
ad alcuni monitoraggi dell’European Microfinance Network e alle statistiche su povertà ed esclusione sociale della Banca Mondiale e
dell’Unione Europea. A livello italiano, è molto utile per capire la dimensione del fenomeno povertà ed esclusione sociale il rapporto annuale di
Caritas Italiana e Fondazione Zancan, la cui ultima edizione del 2011 si
intitola Poveri di diritti. Mentre per inquadrare il fenomeno del microcredito in Italia una guida ci viene fornita dagli studi della Fondazione
Giordano dell’Amore, di RITMI – Rete italiana della microfinanza, dai
dati di Banca Etica, e dalle riviste di economia etica come Valori (tutte
queste risorse sono disponibili ed aggiornate in rete). Ma soprattutto dal
Rapporto Borgomeo sul microcredito in Italia, arrivato nel 2010 alla sua
quinta edizione ed aggiornato quest’anno in Microcredito. Dimensioni e
prospettive del prestito sociale e imprenditoriale in Italia.
È molto vario e ampio il materiale che la Caritas diocesana di Andria
utilizza per informarsi e studiare al meglio questa tematica, in modo da
poter migliorare sempre più i suoi progetti sul territorio, quali il Progetto
Barnaba. Ma è importante rilevare che lo stesso Progetto Barnaba, ormai
al suo decimo anno di attività, è spesso inserito all’interno delle buone
pratiche di microcredito a livello nazionale in molti studi e pubblicazioni.
59
Si parla del Progetto Barnaba, di noi, come di un esempio di impegno
e prossimità da seguire, in un’ottica di promozione umana e dignità che
è propria dell’azione Caritas.
Ricordiamo ad esempio come il progetto sia sempre inserito nelle varie
edizioni del summenzionato Rapporto Borgomeo, che censisce le esperienze di microcredito in tutta Italia. Anche Banca Etica, partner del progetto, sia
nel volume di Salviato Ho sognato una banca che in altre sue fonti e di Etica
SGR, annovera il progetto diocesano tra quelli finanziati e di successo.
Così come il Primo rapporto nazionale sull’altra economia in Italia del
Centro Studi Obi One del 2009, le riviste Italia Caritas e Valori e numerosi altri articoli e approfondimenti sul tema, anche a livello locale, come i
seguenti: Anno internazionale del microcredito e l’esperienza nella Diocesi di
Andria: il Progetto Barnaba, Minervino Murge, 2005, i Report Annuali del
Progetto Barnaba, a cura di Don Mimmo Francavilla per la Caritas di
Andria, “Gesti concreti” del Progetto Policoro delle Diocesi della Puglia aggiornati all’ottobre 2009, a cura del Coordinamento regionale del Progetto
Policoro e degli Animatori di Comunità della Puglia, in Convegno regionale “Costruire il lavoro in tempo di crisi. Fund raising e progettazione”,
Brindisi, 11/10/2009.
È interessante notare come il Progetto Barnaba sia stato spesso oggetto di studio approfondito come case history di successo in occasione di
tesi di laurea o di master, in Italia e all’estero. Sono più di dieci le
Università dove si è discussa una tesi menzionando il Progetto Barnaba,
e molte di più le facoltà, da economia e commercio a giurisprudenza.
Presentazione del libro
“Ho sognato una banca”
svoltasi ad Andria
il 29.10.10
60
Una difficile presa in carico della povertà.
Risposte innovative della Chiesa
all’interno di uno scenario incoerente
Walter Nanni40
Per la quarta edizione consecutiva, la Caritas Italiana effettua un
monitoraggio sulle attività di contrasto della crisi economico-finanziaria
messe in atto dalla Chiesa Cattolica in Italia. Da tale monitoraggio derivano alcune riflessioni sulla situazione delle politiche pubbliche e sul
livello di sussidiarietà raggiunto da tali politiche.
Nello specifico, il monitoraggio permanente delle attività diocesane
contro la crisi economica, aggiornato al 18 maggio 2011, evidenziava la
presenza di 806 iniziative, attive presso 203 diocesi (su un totale di 220
diocesi italiane dove è presente la Caritas). È importante sottolineare che
tale dato non include tutte le prestazioni e le attività di sostegno economico delle diocesi: sono state infatti conteggiate nella rilevazione solamente le nuove progettualità, sorte negli ultimi tre anni, per sostenere in
modo specifico le famiglie e le piccole imprese colpite dalla crisi economica.
La precedente rilevazione (giugno 2010), aveva evidenziato la presenza di 577 iniziative, presso 190 diocesi. Spicca la forte crescita dell’impegno ecclesiale: nel corso di un anno, il numero di attività/progetti è
aumentato del 39,6%.
40 Sociologo, responsabile Ufficio Studi Caritas Italiana. Roma.
61
Nuovi progetti anti-crisi economica della diocesi
Categorie di progetti
Progetti (diocesi)
%
Aiuti fondo perduto
163
20,2
Microcredito famiglie
133
16,5
Fondi diocesani di emergenza
131
16,3
Orientamento Lavoro
120
14,9
Microcredito imprese
70
8,7
Orientamento Casa
55
6,8
Empori/botteghe solidali
45
5,6
Carte acquisti
37
4,6
Altre attività
52
6,5
Totale
806
100
Aggiornamento: maggio 2011
Approcci innovativi della Carità,
tra beneficenza spot e fidelizzazione dell’offerente
La nuova rilevazione 2012 è tuttora in corso. Mancano all’appello una
ventina di diocesi. È possibile tuttavia segnalare alcune linee di tendenza
Si nota anche per il 2012 una grande ricchezza di esperienze, soprattutto nel settore dei progetti innovativi.
Un numero crescente di Caritas si sta impegnando in attività non tradizionali di sostegno economico, molto spesso in collaborazione con enti
e soggetti del sistema profit (istituti di credito, catene di supermercati,
aziende di intermediazione finanziaria, società di finanziamento, ecc.). In
aumento anche le esperienze locali o su base di catene nazionali di franchising, di magazzini e mercatini destinati alla vendita di oggettistica
varia (mobilio, articoli vintage, libri, dischi, abbigliamento, ecc.), il cui
ricavato è destinato al finanziamento delle attività delle Caritas diocesane.
Significativi anche i nuovi modelli di beneficenza partecipata, che
presuppongono una partecipazione attiva e costante del cittadino, attraverso una forma rinnovata della tradizione della “decima”, attuata secondo i nuovi approcci del fund raising: meno offerte spot e più fidelizzazione nel tempo dell’offerente, anche mediante piccole offerte costanti ripetute nel corso dell’anno
62
Il doppio binario: microcredito e fondo perduto camminano insieme
In base ai dati finora disponibili, provenienti dall’aggiornamento del
monitoraggio, sembra essere confermato anche per il 2012 il fenomeno
del “doppio binario”: su133 diocesi che hanno istituito una forma di
microcredito socio-assistenziale per famiglie, il 76,7% di esse segnala
anche prassi di erogazione economica a fondo perduto presso Centri di
Ascolto e Caritas parrocchiali. L’esplosione del microcredito non ha quindi ridotto il ricorso all’erogazione a fondo perduto. Le due pratiche di
aiuto economico viaggiano insieme, per diversi motivi: da un lato, non
tutte le persone che si rivolgono alla Caritas sono in grado di restituire
con regolarità un eventuale prestito. Dall’altro lato, la forte consistenza
dei fenomeni povertà è tale da superare la capacità di presa in carico dei
progetti di microcredito, che presuppongono un forte sforzo organizzativo e di accompagnamento personalizzato. In base ai dati in corso di raccolta, per il 2012, si nota un ulteriore incremento del numero di diocesi in
cui è presente il fenomeno del “fondo perduto”. In altre parole, sono sempre più numerose le parrocchie che, a fronte di richieste urgenti, provenienti da una vasta gamma di soggetti, sono “costrette” a rispondere con
erogazioni economiche a fondo perduto, anche di piccola entità.
Alcune ombre nel sistema di contrasto Caritas
Il monitoraggio permanente delle attività di contrasto della crisi economica ha avuto carattere essenzialmente quantitativo, con lo scopo di
rilevare la presenza di determinate forme di assistenza economica presso
le diocesi italiane. Allo stesso tempo, grazie a tale attività di rilevazione,
è stato possibile individuare alcuni aspetti di criticità, di cui diamo nota
sintetica:
– il ricorso sistematico all’erogazione economica presso Centri di
Ascolto e Caritas parrocchiali rischia di enfatizzare l’aspetto assistenzialistico di tali realtà, che dovrebbero caratterizzarsi invece per una
forte capacità di accompagnamento progettuale delle persone in difficoltà;
– l’utilizzo del termine “microcredito”, associato ad attività di erogazione economica a fondo perduto, o in presenza di situazioni che oggettivamente non consentono la restituzione delle somme;
– l’utilizzo del termine “prestito”, anche in assenza di enti autorizzati
all’erogazione di prestiti (istituti di credito e società finanziarie);
63
–
la pubblicizzazione di attività di erogazione di somme di denaro “a
tutti i bisognosi” o “per beneficenza”, anche sui siti Internet delle diocesi: tale fenomeno rischia di produrre fenomeni di affollamento, oltre
che trasmettere un’immagine meramente erogativa ed assistenzialistica delle Caritas diocesane.
Inadeguatezza e scarsa efficacia delle misure istituzionali anti povertà
La presenza di un crescente impegno delle Chiese locali contro la crisi
economica è in parte riconducibile alla perdurante inadeguatezza delle
risorse istituzionali, che appaiono poco efficaci rispetto alle istanze provenienti dalle nuove forme di vulnerabilità e povertà economica.
Osservando il panorama dell’attuale modello di welfare, si nota come
vecchie e nuove misure si sovrappongono, al punto che appare molto difficile ricostruire la mappa delle opportunità nazionali e locali, disponibili per una famiglia in difficoltà. Si pensi che nel complesso, nel nostro
paese, esistono più di 30 misure di sostegno al reddito familiare, promosse quasi tutte da istituzioni pubbliche locali o nazionali. Tali misure sono
spesso poco conosciute, estremamente categoriali, e non sempre raggiungono i target di povertà estrema, oggetto di intervento della Caritas.
Significativa, a tale proposito, la risultanza di una rilevazione-blitz della
Caritas di Pescara, secondo la quale era stato possibile accertare come
nessuno degli utenti della mensa diocesana socio-assistenziale avesse
diritto, in base agli attuali criteri di accesso, al finanziamento concesso
dalla Social card.
Alla luce della scarsa efficacia delle attuali misure di lotta alla povertà, appare opportuno evitare trasferimenti economici standardizzati e
universalistici, di tipo burocratico, che non prevedono la responsabilizzazione dei diretti interessati. È invece auspicabile privilegiare misure
che prevedano accordi consensuali, basati su progetti personalizzati di
inserimento sociale. Sono inoltre necessarie strategie di welfare globali,
non basate su singole misure ma su un insieme progettuale di interventi: aiuti economici diretti, riduzione dei costi per l’accesso ai servizi locali, agevolazioni tariffarie, inclusione in programmi di inserimento lavorativo e sociale che presuppongono un impegno attivo da parte dell’interessato, ecc.
In coerenza con le tendenze di trasformazione federalistica dell’organizzazione statale, va inoltre sollecitata l’attuazione di piani regionali di
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Presentazione del Progetto Barnaba e Terra Futura, Firenze. 26.05.2012
contrasto della povertà economica, con forte collaborazione e centralità
delle amministrazioni comunali, più vicine alla dimensione dei bisogni
delle famiglie. Va lamentato tuttavia, a questo riguardo, il ritardo nella
definizione dei livelli essenziali di assistenza, compito dell’amministrazione centrale, e anche il progressivo taglio del fondo nazionale delle
politiche sociali, che determinerà nei prossimi anni un progressivo impoverimento di risorse degli enti locali.
65
L’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro e il Microcredito
Angelo Casile 41
A partire dalle numerose esperienze sbocciate in alcune Diocesi nel
campo del microcredito a sostegno delle imprese nate dal Progetto
Policoro (Andria, Benevento, Caltanissetta, Messina - Lipari - Santa Lucia
del Mela, Nicosia, San Marco Argentano - Scalea, Ugento - Santa Maria di
Leuca, ecc…) è maturata l’esigenza di approfondire tale strumento economico. Tale esigenza è stata esplicitata durante il 23° Corso di
Formazione Nazionale (Palermo, 9 - 14 maggio 2011) da parte dei direttori diocesani delle tre pastorali e degli animatori di comunità.
Nella prospettiva di “stare nella storia con amore” con occhi e cuore
attenti alle nuove possibilità che emergono all’orizzonte, si vorrebbe
giungere ad avviare e sostenere percorsi virtuosi di microcredito a servizio del Progetto Policoro nelle Diocesi che intendono attivamente favorire l’imprenditorialità giovanile, la cooperazione e il consolidamento dei
“gesti concreti”: imprese individuali, cooperative, consorzi, società, ecc. I
gesti concreti sono segni di speranza che dicono la possibilità di costruire un futuro migliore e di promuovere lo sviluppo personale, sociale e
comunitario dei nostri territori in un’ottica nazionale unitaria: “Il Paese
non crescerà se non insieme”. I gesti riaccendono la fiducia e la dignità nei
giovani e nelle comunità e promuovono il lavoro come vocazione, valorizzazione delle persone e delle risorse, relazione e cooperazione con gli
altri, reciprocità con le diverse realtà presenti sui territori.
Un valido punto di partenza per la costruzione di un percorso di
microcredito a livello nazionale, insieme al Progetto Barnaba della
Diocesi di Andria, è costituito dall’esperienza di altre realtà, tra le quali
una a livello nazionale la Fondazione “Don Mario Operti” e una locale la
41 Direttore dell’Ufficio Nazionale di Pastorale Sociale e del Lavoro. Roma.
67
Diocesi di Nicosia, che dimostrano con dati alla mano che il microcredito, correttamente applicato, favorisce la nascita e il consolidamento dei
gesti concreti.
La prima esperienza è legata al progetto “Dieci Talenti”, un’opportunità di microcredito che la Fondazione Operti promuove, ormai da anni
per la Diocesi di Torino e che ha avuto un ulteriore sviluppo interdiocesano, dopo la costituzione del “Fondo Regionale per il Microcredito”
nella Regione Piemonte, in cui la Fondazione Operti è ente capofila per
gestione.
La seconda “buona prassi” riguarda un’iniziativa di microcredito realizzata dalla Diocesi di Nicosia nell’ambito del Progetto Policoro e che ha
portato alla realizzazione di un fondo di Garanzia, attraverso una convenzione stipulata con la Banca di Credito Cooperativo locale, per il
finanziamento, a tasso agevolato, delle imprese suscitate dal Progetto
Policoro nel territorio diocesano.
Il percorso del microcredito valorizza le prospettive generali del
Progetto Policoro: evangelizzare i giovani al lavoro dignitoso; educare
alla vita buona, bella e vera del Vangelo; esprimere gesti concreti nella
solidarietà e nella reciprocità tra le Chiese. Appare quindi necessario
compiere dei passi specifici per approfondire e diffondere l’esperienza
del microcredito:
– formare e accompagnare a livello nazionale e regionale i direttori
delle pastorali coinvolte nel Progetto Policoro e gli animatori di comunità per la loro azione sul territorio;
– costituire un gruppo di riferimento nazionale per progettare, sostenere e coordinare le esperienze diocesane;
– effettuare un censimento dei percorsi di microcredito già attivi per
metterli in rete;
– istituire un fondo nazionale sussidiario ai progetti diocesani.
Alla base del percorso del microcredito per il Progetto Policoro c’è, e
non può essere diversamente, la nostra fede, il Vangelo che salva e dona
fiducia e speranza, l’attenzione alla persona che viene prima del profitto,
l’etica a fondamento dell’economia, il rapporto fiduciario fondato sulla
gratuità e il dono di sé.
L’icona biblica che può accompagnare il percorso del microcredito è la
parabola dei talenti (Mt 25,14-30), che presenta il dono dei talenti da
68
parte di Dio a ogni persona, l’invito a far fruttare i talenti ricevuti intraprendendo con passione creativa, il raddoppio dei frutti riservato ai servi
buoni e fedeli quale segno di una relazione autentica basata sulla fiducia
e sulla carità. «E quel servo, se fu chiamato fedele, lo fu non tanto perché aveva
ricevuto dei talenti ma perché li spese bene e ne ricavò profitto» (Sant’Agostino,
Esposizione sul Salmo 115, 2).
Ognuno di noi riceve da Dio doni, qualità, talenti con cui possiamo e
dobbiamo servire il prossimo e Dio secondo il perenne comandamento
dell’amore. I nostri talenti sono l’amore, la verità, il servizio, la condivisione, il dono di sé. Tutti doni che fanno crescere noi stessi, la comunità e
che rivelano la presenza di Dio. Se vince la paura e non si usa il talento
ricevuto da Dio si perde tutto, l’amore scompare, la verità svanisce, il servizio si infiacchisce, la condivisione sparisce, il dono di sé muore. Dio,
invece, chiama ogni uomo alla vita e consegnandogli dei talenti gli affida
una missione da compiere.
A noi il compito di realizzare la missione ricevuta da Dio: mettere a
frutto i doni ricevuti! Il percorso del microcredito per il Progetto Policoro
ci aiuti a far fruttare almeno un talento ricevuto dal Signore: il suo amore.
Intervento alla celebrazione per il XV anniversario del Progetto Policoro. Policoro, 28 gennaio 2012
69
LE PROSPETTIVE
Progetto Barnaba e Banca Etica
Michele Gravina42
Ad ottobre di quest’anno compio dieci anni da dipendente in Banca
Popolare Etica e di tanto in tanto mi ritrovo a pensare alle persone incontrate e alle realtà visitate in giro per il Sud; tra queste porto sempre nel
cuore l’esperienza fatta con Don Mimmo e con la Caritas di Andria,
un’esperienza prima umana e poi professionale. Ricordo ancora oggi i
primi incontri fatti per definire gli elementi costitutivi della convenzione
tra la banca e la diocesi, ricordo molto bene anche l’incontro con il
Vescovo, che capito il senso profetico dell’iniziativa, diede il Suo assenso
e la Sua benedizione non scontata al progetto.
Mi colpì all’epoca la capacità di Don Mimmo e dell’equipe della
Caritas diocesana di coinvolgimento di tutto il territorio diocesano sul
progetto. Questo coinvolgimento non fu solo nella raccolta fondi, fatta nel
periodo dell’Avvento e della Quaresima, ma continuò successivamente
nella selezione e gestione dei beneficiari dell’iniziativa del microcredito.
Il Progetto Barnaba, a mio avviso, è stato costellato da una serie di
intuizioni, semplici ed efficaci, che ne hanno decretato subito il successo e
lo hanno reso longevo, ma oggi più attuale che mai. Al di là delle modalità tecniche e delle specificità di attuazione, i programmi di microcredito si
distinguono per i valori fondamentali sui quali il progetto si sviluppa:
– il forte radicamento territoriale dei soggetti attuatori;
– la priorità della relazione tra l’organizzazione di riferimento e il soggetto beneficiario;
– la correlazione forte e quanto più diretta possibile fra risparmiatore
consapevole (il cui denaro va a costituire il fondo di garanzia) e il
beneficiario del credito.
42 Direttore Area Sud di Banca Popolare Etica. Foggia.
73
Questi principi sono stati presenti nel progetto Barnaba sin dall’inizio,
con convinzione, in particolare il radicamento territoriale, ma anche il
riconoscimento che il territorio stesso ha dato al progetto, supportando in
tutti i modi possibili i neo-imprenditori destinatari del finanziamento.
Tra questi ho avuto modo di conoscere meglio Gianluca, tra i primi
beneficiari, con il quale ho condiviso anche una apparizione tv su Rai 3
per spiegare cosa fosse il microcredito. Gianluca non solo è stato capace
di avviare una bella attività da tappezziere e di restituire senza alcun
intoppo il prestito ricevuto, ma poi è stato il primo, a mio avviso, di tutta
Banca Etica, ad ottenere un ulteriore prestito senza l’ausilio della garanzia della Caritas di Andria. È cioè divenuto bancabile, visto che nel frattempo aveva acquisito una positività in Centrale Rischi Finanziari, la
famigerata CRIF, grazie al pagamento regolare delle rate del prestito precedente e in più aveva anche una dichiarazione dei redditi presentabile,
frutto del duro lavoro quotidiano.
Con il progetto di microcredio della Caritas di Andria abbiamo avuto
diversi casi del genere, segno di una buona capacità di selezione dei beneficiari, ma anche di un buon accompagnamento nel corso della vita del
progetto.
Questi risultati sono stati possibili anche grazie alla filosofia che
Banca Etica da sempre applica nel microcredito. Alla base dei programmi
di microcredito c’è un problema di esclusione, relativo all’emergere di un
fenomeno di negazione di un diritto particolare: il diritto di accesso al
credito. Tale diritto non è sancito ufficialmente in nessuna Carta dei
Diritti a livello internazionale, ciò nonostante è sempre più riconosciuto
come fondamentale da quanti sono impegnati nel garantire condizioni di
vita economicamente più dignitose ai soggetti emarginati e discriminati e
che vivono in condizioni di povertà (anche relativa).
Il microcredito, inoltre, viene sempre più estesamente considerato come
uno strumento atto a rafforzare i processi di sviluppo locale, in quanto può
contribuire al raggiungimento degli obiettivi delle politiche di welfare:
creazione di posti di lavoro, riduzione dell’esclusione sociale, rinnovamento delle economie locali e rinascita di aree economicamente depresse.
Banca Popolare Etica è una realtà unica nel panorama bancario italiano ed internazionale. È infatti la sola banca che – accanto alla trasparenza in tutti i processi – garantisce una destinazione dei finanziamenti mira74
ta esclusivamente ad ambiti di interesse collettivo: dalla cooperazione
sociale (in particolare quella legata ai servizi socio-assistenziali) alla
cooperazione internazionale, dalla tutela dell’ambiente alla promozione
della cultura, dalle energie rinnovabili all’agricoltura biologica. Nata nel
1999 Banca Etica opera oggi su tutto il territorio nazionale con filiali e una
rete di “banchieri ambulanti” e offre ai propri clienti un’ampia gamma di
prodotti e servizi che permettono una completa operatività bancaria.
L’attuale situazione socio-economica rende ancora più utile l’esistenza del Progetto Barnaba; quali quindi le sfide per l’immediato futuro? A
mio avviso la sfida più grande sta nel continuare a fare una buona
selezione e un buon accompagnamento.
Il progetto Barnaba è ancora utile oggi? A mio avviso, lo è ancora più
che in passato, vista l’attuale difficilissima situazione economica e sociale.
Per incidere ancora di più la Caritas di Andria, deve provare ad allargare
ad altri partner il progetto (ad esempio alle organizzazioni di categoria o
alla camera di commercio), ma non dovrà mai snaturare lo spirito che ha
portato sin qui il progetto. In particolare non dovrà mai perdersi la professionalità messa in campo, in assoluto spirito di servizio e di gratuità.
Con queste basi e questi presupposti io e Banca Popolare Etica saremo
sempre al vostro fianco.
Banca Etica per il microcredito
Importo in euro dei microcrediti a sostegno dell’avvio di microimprese deliberati 2005-2011
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Importo in euro dei microcrediti socio-assistenziali deliberati 2003-2011
Banca Etica è da anni attiva nell’erogazione di microcrediti socio-assistenziali per le persone in difficoltà o per l’avvio di micro-imprese.
I microcrediti – il cui tasso di insolvenza è comunque ridottissimo - sono
garantiti dalle reti sociali che collaborano con Banca Etica in questi progetti e da un Fondo di Garanzia in cui confluiscono l’1 per mille degli
investimenti affidati dai risparmiatori alla società di gestione del risparmio di Banca Etica, Etica sgr.
76
77
Le esperienze di Microcredito
e il Progetto Barnaba
Nunzio Pagano 43
Mi è stato chiesto da don Mimmo di confrontare l’esperienza del
progetto Barnaba con le altre iniziative simili avviate in Italia e di sviluppare sulla base di questa analisi una riflessione ed una valutazione
d’insieme.
Mi sono imbattuto nel progetto Barnaba sette anni fa, quando stavo
lavorando insieme ai colleghi della cborgomeo&Co alla redazione del testo
del 2^ rapporto sul microcredito44 in Italia. Eravamo alla fine del 2005 e
da poche settimane era stato pubblicato il 1^ rapporto45, che per la prima
volta tentava di ricostruire in un unico ragionamento le differenti esperienze “di microcredito” a quel tempo avviate.
Scrivo “di microcredito” perché a quel tempo non era sempre chiaro
ai promotori di quelle iniziative, o almeno a molti di essi, che il lavoro che
stavano facendo a beneficio delle comunità locali (“facciamo avere prestiti
bancari a chi non può andare in banca”) si doveva così classificare. Il progetto Barnaba, invece, puntava chiaramente ad obiettivi propri e specifici dei
“programmi di microcredito”, come abbiamo imparato a chiamare quelle esperienze.
Per fare mente locale sui primi contatti con l’iniziativa della Diocesi di
Andria sono andato a rileggere l’intervista che facemmo all’epoca a don
Mimmo. In quella intervista don Mimmo chiariva che il Progetto nasceva
43 Partner cborgomeo&co. Roma.
44 C.BORGOMEO&CO., 2° Rapporto sul microcredito in Italia, Rubbettino, 2006, Soveria
Mannelli.
45 C.BORGOMEO&CO., 1° Rapporto sul microcredito in Italia, Rubbettino, 2005, Soveria
Mannelli.
79
con l’obiettivo di favorire nuove attività imprenditoriali, facilitando l’accesso al credito di persone che pur avendo un’idea imprenditoriale “non
dispongono di risorse finanziarie sufficienti per poterla realizzare”. Inoltre il
Progetto “consente di creare un sistema alternativo di garanzie: la concessione
di un finanziamento, infatti, dipende esclusivamente dalla bontà del programma
presentato”. Don Mimmo sottolineava anche lo stretto contatto della
Caritas di Andria con i potenziali beneficiari, sostenendo che “una corretta valutazione dei progetti da finanziare, difatti, può essere fatta solo sulla base
di una radicata conoscenza del territorio, delle effettive esigenze dei residenti e
delle reali potenzialità dei richiedenti”. Per questi motivi, i compiti nel
Progetto sono ben distinti: la Caritas si occupa di valutare i progetti finanziabili in base ad una serie di criteri socio-ambientali, mentre il partner
dell’iniziativa - Banca Etica – svolge la “classica” istruttoria bancaria.
Il progetto Barnaba inoltre ha la peculiarità di favorire la nascita di
imprese che rispettino il territorio e puntino al recupero di tradizioni
locali. Non a caso le prime iniziative finanziate riguardavano l’apertura
di negozi di frutta e verdura (anche per la commercializzazione di prodotti coltivati in proprio), di una tappezzeria artigianale e di un laboratorio artigianale per il vetro.
Altro aspetto rilevante, sottolineato da don Mimmo nell’intervista,
riguardava il target dei beneficiari: “il loro credo religioso non costituisce una
discriminante per la scelta dei potenziali beneficiari. A prescindere dalla loro religiosità con i beneficiari esiste un rapporto di amicizia e fiducia; per la loro debolezza la Caritas di Andria li prende a carico e li accompagna in ciò che da soli non
potrebbero realizzare”. Ovviamente il microcredito, in questa come in tutte
le altre occasioni in cui viene utilizzato, non rappresenta una forma di elemosina: il concetto di solidarietà non coincide con quello di assistenzialismo. Il progetto Barnaba, in sostanza, ha consentito a chi aveva le capacità, ma non le possibilità, di avviare un’attività economica, eliminando il
rischio che venissero utilizzate altre fonti di sostegno, quali l’usura.
A distanza di tanti anni, come si deve valutare l’esperienza del progetto Barnaba? Innanzitutto, il Progetto rappresenta un esempio di quello che, secondo le disposizioni del nuovo Testo Unico Bancario, è da catalogarsi come microcredito “imprenditoriale”, anche se l’importo massimo finanziabile (5.000 € e fino a 10.000 € in alcuni casi) è ben lontano
dalla soglia ufficiale, stabilita in 25.000 €.
80
Altro aspetto interessante è dato dalla struttura del piano di ammortamento: la restituzione del prestito deve avvenire in 36/60 mesi, il tasso
d’interesse è pari al 3%46. Molti programmi di microcredito imprenditoriale prevedono tempi più lunghi e tassi più alti. Le spese di istruttoria,
altro aspetto non frequente, sono molto contenute (20 €).
A testimonianza della solidità dell’impianto va notato che sia il volume che il numero dei prestiti è cresciuto costantemente nel corso del
tempo, senza raggiungere tuttavia valori assoluti paragonabili a quelli
dei programmi di microcredito che possono contare su risorse molto più
consistenti.
Confrontando queste caratteristiche del Progetto Barnaba con quelle
delle altre esperienze di microcredito censite in Italia, si possono trarre
alcune considerazioni.
In primo luogo, il Progetto è uno dei 3 programmi di microcredito
imprenditoriale attivi in Italia al 2010 che ha come promotore una Diocesi
(o un Ente religioso). Il secondo è il progetto di microcredito Fondo SPES
(Sviluppo Pastorale Economia Solidale), promosso dal Cardinale Sepe a
Napoli, che è rivolto ai disoccupati che hanno un’idea imprenditoriale da
realizzare ma non dispongono delle risorse finanziarie. Partner del progetto sono il Fondo SPES (attraverso la Fondazione “In nome della vita”
Onlus), la banca Unicredit ed il Confidi PMI Campania. Il Fondo SPES si
occupa dell’istruttoria sociale ed economica dei beneficiari che fanno
richiesta dei finanziamenti e presenta le domande alla banca che, una
volta approvato il progetto, eroga fino al 20% delle spese di investimento
documentate dal beneficiario. Il Confidi rilascia una garanzia del 70% per
ogni finanziamento. La dimensione massima del prestito è pari a 20.000
€, da restituire in 5 anni (con 6 mesi di preammortamento) solo per la
quota capitale, in quanto la quota interessi è rimborsata direttamente dal
Fondo SPES al momento dell’erogazione del finanziamento. Tra le prime
attività finanziate: una web agency, un esercizio di grafica per imballaggi, un taxi, una pizzetteria, attività ambulanti di prodotti tipici.
Il terzo progetto è il Progetto Senapa, lanciato nel 2004, che aveva
l’obiettivo di sostenere i residenti nei comuni di Colletorto e Termoli
46 Con il rinnovo della Convenzione nel 2009 il tasso è dato dall’ISR 2 anni + 1,5%.
81
Larino colpiti dal sisma del 2002 e riabilitare le piccole attività imprenditoriali danneggiate dal terremoto. I prestiti sono garantiti al 100% dal
Fondo messo a disposizione dalla Diocesi di Termoli - Larino, i parroci
dei due comuni e la Caritas Ambrosiana. Ogni richiesta è accompagnata
dalla attestazione di un “garante morale” sull’affidabilità del richiedente.
Nel 2006, visto il successo dell’iniziativa, la Diocesi ha deciso di estendere la possibilità di accesso al microcredito ad altri 18 comuni del basso
Molise, selezionati in base alla gravità dei danni causati dal sisma del
2002 e dall’alluvione del 2003. È stato anche aumentato a 15.000 euro l’importo massimo finanziabile, da restituire in 84 mesi, con un tasso pari al
valore IRS a 5 anni + 1% di spread.
Guardando alle esperienze di microcredito in Puglia, va notato come
il progetto Barnaba sia in assoluto uno dei primi programmi di microcredito avviati nella regione ed il primo di tipo imprenditoriale. Nella regione Puglia erano attivi nel 2010 altri cinque programmi di microcredito, di
cui tre di tipo “imprenditoriale”:
– Diamo credito alle donne - microcredito della Provincia di Foggia
– Fondo Fiducia e solidarietà della Caritas di Andria (sociale)
– Credito al futuro del Comune di Molfetta
– Fondo per il Microcredito del Comune di Monopoli (sociale)
– Microcredito della Fondazione Banca del Monte “Domenico
Siniscalco Ceci”
82
Testimonianza di due “gesti concreti” al Seminario sul Microcredito
organizzato dall’Ente Nazionale per il Microcredito, Lecce 11.10.2012
Altri 3 programmi “pugliesi” sono stati accantonati nel corso del
tempo (un progetto di microcredito della provincia di Taranto; due progetti di microcredito della provincia di Lecce) e 3 erano in fase di progettazione o non ancora operativi al 2010 (il progetto Tobia della Diocesi
Ugento, il progetto di microcredito del comune di Manfredonia ed una
iniziativa di microcredito della Regione Puglia).
Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche del programma, il progetto Barnaba concede, come detto, prestiti di importo max pari a € 5.000,
anche se è ammissibile una deroga per arrivare fino a € 10.000. Gli altri
programmi di microcredito imprenditoriale avviati dalle diocesi prevedono, invece, prestiti fino a € 25.000. Indipendentemente dal promotore,
sono 11 i programmi imprenditoriali che prevedono prestiti fino a €
10.000 e solo il Microcredito di GAL MARSICA prevede un limite max di
€ 5.000 uguale a quello del Progetto Barnaba.
Il Progetto rappresenta una realtà innovativa e consolidata nel territorio pugliese. Lo scopo di aiutare le persone non bancabili ad avviare
un’attività economica non è frequente nelle iniziative promosse dalle
Diocesi (o, in generale, da enti religiosi) che prediligono, invece, iniziative di tipo “sociale”. Come messo in evidenza pocanzi, solo il progetto
Senapa e il Fondo SPES hanno queste stesse caratteristiche. Peraltro, tutte
e tre le iniziative sono state intraprese nel Mezzogiorno. La peculiarità del
progetto Barnaba rispetto alle altre iniziative di tipo imprenditoriale con83
siste nel più basso importo erogabile e nei tempi di restituzione, che sono
relativamente brevi.
In sostanza, l’esperienza avviata nel 2002 - 2003 dalla Diocesi di
Andria presenta caratteristiche distintive rispetto ad altre iniziative di
microcredito presenti nel panorama italiano e, nonostante i risultati che
possiamo oggettivamente considerare “piccoli” in termini quantitativi,
rappresenta una risposta qualitativamente “grande” per le persone che
hanno potuto avvalersi di questo strumento per creare una occasione di
riscatto attraverso il proprio lavoro.
Vorrei concludere tornando su don Mimmo: lo ho incontrato a dicembre scorso all’Università di Bari, in occasione di un convegno sul microcredito in cui era tra i relatori. Il suo intervento, a giudicare dall’attenzione che l’uditorio, composto per la maggior parte da studenti di economia,
gli ha dedicato, ha lasciato il segno: la passione con cui ha sostenuto “il
diritto al credito” ed anche la competenza dimostrata in alcuni passaggi
relativi a questioni strettamente tecniche (insolvenze, moltiplicatori) mi
portano a concludere che il progetto Barnaba, con le sue articolazioni
anche nel sociale, è in buone mani ed avrà vita lunga.
84
I ragazzi di Barnaba:
pionieri del vero microcredito
Mauro Meggiolaro47
Sono passati dieci anni da quando ho visitato per la prima volta
Minervino Murge, un bellissimo presepe di case bianche sulle colline
delle Murge. Allora lavoravo per Etica Sgr, società di Banca Etica che promuove fondi comuni di investimento etici. Cosa c’entra una società finanziaria con le Murge? Per darmi la risposta era venuto a prendermi in stazione a Bari don Mimmo Francavilla, responsabile della Caritas di
Andria. Don Mimmo mi aveva invitato a parlare di finanza etica e dei
rapporti tra finanza e microcredito. Con l’aiuto di un gruppo di giovani
attivi e di religiosi aveva dato vita a un progetto innovativo, pionieristico
per la promozione di progetti di microcredito nella Diocesi di Andria. Ero
curioso. Nonostante parlassi spesso di microcredito negli incontri di
Banca Etica e avessi letto i libri di Muhammad Yunus, non avevo mai
visto da vicino nessun vero microprestito. Ma il motivo per cui ero a
Minervino era anche un altro. A Milano, nella sede di Etica Sgr, avevamo
elaborato un meccanismo semplice per collegare gli investimenti in fondi
comuni etici al microcredito. Un meccanismo che ci aveva permesso di
unire, non solo simbolicamente, i mercati finanziari all’economia reale,
con una specie di piccola tassa che avevamo deciso di applicare agli investimenti. Nel 2002, quando erano partiti i fondi di Etica Sgr (che investono tuttora in azioni di imprese e titoli di stato selezionati in base a principi sociali e ambientali) avevamo previsto una piccola commissione dello
0,1%, che il cliente avrebbe potuto versare come «contributo a un fondo
di garanzia per progetti di microcredito in Italia». L’idea l’avevamo presa
dalla “Tobin Tax”, studiata dal premio nobel per l’economia James Tobin.
47 Fondazione Banca Etica - rivista Valori. Milano.
85
All’inizio degli anni settanta Tobin aveva proposto di applicare una piccola tassa (intorno allo 0,1%) alle transazioni sui mercati valutari per scoraggiare la speculazione finanziaria di brevissimo periodo che, secondo
le sue previsioni (che poi si sono avverate) avrebbe potuto avere effetti
disastrosi sulle economie di molti Paesi. In seguito, alcuni movimenti,
guidati dall’organizzazione “Attac”, fondata in Francia nel 1998, avevano
proposto di destinare le entrate di una eventuale “Tobin tax” alla lotta
contro la povertà. Nonostante se ne discuta da tempo in molti paesi, la
tassa Tobin in realtà non è mai stata applicata. Anche oggi, mentre continuiamo a vivere gli effetti disastrosi dell’ultima crisi finanziaria, sono
molti i politici dell’Unione Europea che si sono dichiarati favorevoli a una
tassa sulle transazioni finanziarie (dello 0,05%), ma fino a quando permarrà il veto della Gran Bretagna – che teme di mettere in pericolo il 10%
del prodotto interno lordo che il paese ricava puramente dalla finanza –
l’applicazione di una “tassa Tobin” continuerà ad essere molto difficile, se
non impossibile. Nel nostro piccolo, con i fondi di Etica Sgr avevamo
voluto dare un segnale: se volete investire in borsa, attraverso i nostri
fondi, potete scegliere di “tassarvi” e di destinare una piccolissima parte
dei vostri investimenti a progetti di sviluppo in Italia. La quasi totalità dei
clienti aderirono all’iniziativa e, nel giro di un paio di anni, trovammo
con un fondo da 500.000 euro a disposizione per garantire piccoli prestiti in tutto il paese.
I primi ad essere garantiti da questa piccola provvista furono proprio
i progetti di don Mimmo e dei ragazzi e le ragazze della Diocesi di
Andria. Una parte della garanzia era stata fornita dalla Caritas, che
aveva scelto di spendersi direttamente nell’iniziativa. Nei giorni in cui
mi fermai a Minervino, don Mimmo mi portò a conoscere alcuni dei giovani che avevano ottenuto i finanziamenti garantiti dai nostri fondi. I
finanziamenti erano studiati per sostenere piccole iniziative imprenditoriali nell’ambito del Progetto Barnaba. Conosco Rossana, una ragazza che
aveva dato vita con altri due soci a una cooperativa che offriva servizi
di educazione, animazione, musicoterapica e assistenza per gli anziani.
E poi Gianluca, che aveva rilanciato la sua tappezzeria, Francesco e
Rachele, che erano riusciti ad aprire un negozio di frutta e verdura e
infine i giovani animatori di comunità. Ragazzi e ragazze brillanti, pieni
di energia, di voglia di fare. Molto lontani dalla maggior parte dei miei
amici lamentosi, sempre leggermente depressi e fin troppo sazi.
86
L’energia di queste ragazze e ragazzi, spinti dalla forza e dalle idee di
don Mimmo, sono il primo motivo di successo di Barnaba. Ma ce ne
sono anche altri, più “tecnici”, da manuale del microcredito, che però
non potrebbero stare in piedi senza la linfa vitale della voglia di fare
qualcosa per la propria comunità, il desiderio fortissimo di inseguire
nuove idee e, in alcuni casi, riscattarsi da situazioni di disagio ed emarginazione.
Oltre a questa energia, che non si può imporre dall’alto, ma si deve
risvegliare nelle persone, ha giocato un ruolo importantissimo la rete di
soggetti che il progetto è riuscito a coinvolgere. Una rete che ha permesso di seguire costantemente i giovani finanziati e che è intervenuta, ancora prima del fondo di garanzia, per aiutare chi era in difficoltà nella restituzione dei prestiti. Senza la rete di supporto e controllo sociale il microcredito sarebbe come una cattedrale nel deserto: un monumento ai buoni
propositi. Il Progetto Barnaba è poi riuscito a trovare un equilibrio tra la
selezione dei progetti, svolta da un’apposita commissione costituita dalla
Caritas, le pratiche di concessione dei finanziamenti, gestite da Banca
Etica e le attività di formazione, accompagnamento, monitoraggio, assistenza che sono indispensabili per il successo di ogni iniziativa di questo
tipo. Tutti elementi che fanno di Barnaba un caso di scuola del microcredito in Italia e una delle prime vere iniziative di microcredito nel nostro
paese. La stessa commissione della Caritas è stata composta in modo
“inclusivo”, prevedendo la partecipazione di religiosi, giovani animatori
di comunità e professionisti: un avvocato, un consulente, una commercialista e una psicologa.
Ma l’aspetto veramente innovativo del progetto è legato al coraggio
di rivolgersi al finanziamento di piccole iniziative imprenditoriali, selezionate anche in base a un esame socio-ambientale, con criteri positivi di
selezione come sono la riduzione degli impatti ambientali, la tutela del
territorio, il recupero delle tradizioni, il consumo responsabile e l’accesso
al lavoro da parte di soggetti svantaggiati. Si tratta di un elemento innovativo, non solo perché la grande maggioranza dei progetti di microcredito in Italia è ancora di tipo assistenziale (anticipazione di spese a persone in difficoltà) e non incide quindi direttamente sulla creazione di posti
di lavoro e sul tessuto produttivo, ma anche perché, con la valutazione
socio-ambientale, si pensa agli impatti che il finanziamento dei progetti
può avere sul territorio, sull’ambiente e il tessuto sociale.
87
Giovani della Diocesi durante incontri di formazione su lavoro e microcredito
Ed è proprio su questa caratteristica, comune anche ai processi di selezione delle domande di credito di Banca Etica, che possiamo pensare di
costruire i progetti di microcredito del futuro, che potrebbero essere
orientati in modo sempre più chiaro all’economia verde, che ci prepara a
vivere in un mondo nel quale le risorse finanziarie e naturali saranno
sempre più scarse e saranno quindi sempre più importante muoversi in
anticipo per usarle al meglio, puntando sull’efficienza e sulla creatività. I
progetti finanziati da Barnaba sono tutto sommato (in buona parte) iniziative imprenditoriali classiche: una tappezzeria, un’agenzia immobiliare, una fondazione di servizi per anziani, un negozio di frutta e verdura.
Fantastico. Ora però dobbiamo guardare più avanti. Il microcredito può
continuare ad avere senso se stimolerà la presentazione di domande di
finanziamento da parte di giovani che vogliono lavorare come consulenti o operatori per la costruzione di case passive o a basso consumo energetico, la ristrutturazione efficiente di edifici, l’installazione di pannelli
solari o pale mini-eoliche, la creazione e coltivazione di orti urbani, l’agri88
coltura biologica, il turismo responsabile, il commercio di prodotti agricoli a filiera corta. È questa la sfida per ogni futuro progetto nell’ambito
del microcredito. Perché non basterà più utilizzare il credito come leva
per combattere il disagio o la disoccupazione: nei prossimi anni saremo
sempre più chiamati a metterci in gioco con idee nuove e funzionali a uno
sviluppo sostenibile grazie a un uso sempre più efficiente delle risorse
naturali, sociali e culturali che ci circondano e fanno parte integrante del
nostro vissuto.
89
Barnaba: segno di cambiamento nella società
Agnese Calandrino 48
Quando è iniziata la mia avventura nel sociale, il progetto Barnaba era
un’utopia, una bella utopia! Noi, invece, eravamo un gruppo di giovani
con tanti ideali e la voglia di portare il nostro impegno al di là delle mura
parrocchiali, forti della bontà delle nostre idee, consci di doverci rimboccare le maniche. Ci piaceva pensare di poter costruire una società giusta
a misura di uomo, attenta agli ultimi, aperta e solidale…
Sarebbe stato bello che qualcuno, in quel momento, avesse creduto in
noi, avesse dato credito al nostro impegno, ci avesse permesso di guardare al futuro con più serenità, avesse contribuito a custodire e far crescere
il seme della solidarietà che ha permesso, in seguito, la costituzione della
cooperativa di cui mi occupo, la cooperativa sociale Trifoglio.
Lo stimolo a cercare una via nuova, che valorizzasse le capacità troppo spesso inespresse dei giovani, fu offerto da tre associazioni di volontariato del territorio proprio come Barnaba fece con Paolo: il poco di tutti
veniva condiviso e diventava ricchezza per altri.
Era soprattutto la ricchezza di vite vissute, di esperienze messe a confronto che volevano e potevano dar vita a cambiamenti. Era un incrociarsi di storie da cui attingere per modificare esperienze e contesti. Era un
concentrarsi di rapporti che avevano come obbiettivo la scommessa di
poter cambiare qualcosa nelle proprie realtà di provenienza, certi di non
essere soli, ma legati da una rete di solidarietà che si stava costruendo e
ci avrebbe permesso di condividere strategie e impegno politico-civile.
L’impegno volontario era diventato insufficiente, subentrava pian piano
la consapevolezza che bisognava organizzarsi per richiedere servizi, essere
in grado di adoperarsi per delle progettazioni mirate alle vere esigenze degli
48 Presidente della Cooperativa Trifoglio. Andria.
91
ultimi e che nel contempo si potessero declinare tipologie di bisogni diversi: tradurre degli ideali in vie nuove, creare occupazione soprattutto tra le
giovani generazioni e prestare vigile attenzione al mondo del disagio. Da
qui nasce la sfida della cooperazione alla quale potevamo dare in qualità di
volontari sicuramente una connotazione positiva e un valore aggiunto: l’impegno per una società solidale, che pone l’individuo nella sua totalità al centro della propria azione, rispettando le identità e le diverse potenzialità di
ciascuno, valorizzando le risorse di cui ciascuno è dotato e intraprendendo
anche percorsi di formazione e d’azione che siano da stimolo alla collettività. Quasi inconsapevolmente ci siamo ritrovati a raccogliere l’invito di
Caritas Italiana “che chiama le nostre comunità ad uscire fuori dallo schema delle
emergenze per farsi carico anche delle povertà che accompagnano il quotidiano della
nostra vita, quali la carenza del lavoro soprattutto tra i giovani”.
Ora la cooperativa Trifoglio è cresciuta…
Ci piace pensare che quel seme gettato tredici anni fa abbia nel tempo
prodotto i suoi frutti: sono tutte le attività ed i servizi che hanno arricchito le esperienze del TRIFOGLIO. Ma al di là dei servizi, ci piace pensare
alle persone che sono dentro i servizi, agli incontri che le attività ci permettono di fare, alle storie di vita che accogliamo, ai percorsi che affrontiamo insieme.
Ci piace pensare che i nostri servizi siano le risposte a bisogni di chi
ha cercato, nel nostro modo di lavorare, professionalità, serietà, impegno,
competenze, ma soprattutto accoglienza.
Le storie di G…, di P…, di T… ed altri amici come loro, ci vengono
affidate ed entrano a far parte del nostro mondo: sta a noi appropriarcene, capirne i bisogni, individuare le capacità residue proprie, fornire stimoli innovativi. A volte sembra che non ci prefiggiamo grandi cose … ma
sono “grandi” le esperienze che costruiamo insieme, mettendo insieme i
piccoli risultati di tutti.
Queste esperienze di vita ci hanno permesso di continuare a crescere
e a voler moltiplicare i talenti e le opportunità lavorative. Grazie anche al
contributo della Caritas diocesana che ha creduto nel nostro impegno a
favore degli ultimi, è stato possibile dar vita alla Cooperativa Sociale
Gemma (di tipo B), un’ulteriore risorsa nel panorama cittadino che si
occupa di avviare percorsi di inclusione sociale e di inserimento lavorativo per persone che hanno difficoltà a posizionarsi nel mercato del lavoro,
perché appartenenti a categorie definite “svantaggiate”.
92
La Caritas Diocesana, la Cooperativa Sociale Trifoglio, le Associazioni
di Volontariato “Camminare Insieme”, “Gruppo Con” , “Una Famiglia in
più” hanno scommesso e dato fiducia a questa nuova realtà, divenendone soci e condividendone le finalità: offrire opportunità lavorative ai soggetti più deboli, famiglie svantaggiate, disabili, uomini e donne fuori dal
mercato del lavoro o con bassa scolarizzazione, valorizzando le risorse di
cui ciascuno è dotato.
L’impegno della Cooperativa è quello di intraprendere percorsi di
formazione e d’azione, riabilitanti per i soggetti frequentanti, che intravedono nel lavoro della Cooperativa una opportunità di crescita, ma che
allo stesso tempo fungono da stimolo per la collettività. Il progetto
Gemma è stato pensato e concretizzato per permettere sia a “quegli uomini e quelle donne” che ancora vogliono trovare una forma di riscatto
sociale di sperimentare strade alternative, sia a persone con disabilità di
poter scegliere di trovare un lavoro dove sentirsi utili e non abili.
Partendo dal presupposto che il benessere della “persona” è dato dall’intreccio di una molteplicità di eventi ed esperienze, l’intento della
Cooperativa sociale Gemma, grazie alle garanzie prestate dalla Caritas di
Andria per accedere al microcredito del Progetto Barnaba, è quello di
offrire attraverso il lavoro un’opportunità di riscatto e di ridefinizione
della propria storia personale.
Le numerose esperienze e testimonianze maturate in tal senso dimostrano che valide strategie di inclusione sociale garantiscono la possibilità di potersi sperimentare come soggetti attivi e capaci di contribuire alla
produzione di un bene fruibile dalla comunità.
Nel corso del triennio la stessa cooperativa Gemma ha avuto modo di
constatare miglioramenti nella qualità della vita delle persone che a vario
titolo hanno collaborato.
Infatti, si è registrato che:
– le famiglie si liberano dallo stato di dipendenza e di subordinazione
dai Servizi Sociali a scapito di una politica assistenzialistica: il lavoro
permette di acquisire una discreta autonomia economica;
– aumenta il livello di consapevolezza delle proprie capacità e risorse:
il lavoro offre la possibilità di realizzarsi come persona e restituisce la
sensazione di “valere” di fronte a se stesso e di fronte agli altri;
– è una occasione di riscatto sociale: scambiarsi idee, esperienze, relazioni, affetti, legami, ecc…
93
Gesto concreto:
Lavanderia
della Cooperativa Gemma
Allo stesso modo grazie a tali politiche di inclusione e integrazione
socio-lavorativa, anche la comunità trae numerosi vantaggi:
– riduzione o azzeramento della spesa assistenziale;
– riduzione dei sussidi per la disoccupazione o altri ammortizzatori
sociali;
– riduzione dei benefici sociali: buoni pasto, sostegno familiare, integrazioni di reddito, riduzione tariffe servizi pubblici.
Grazie al contributo dell’8xmille della Caritas si è potuto potenziare,
inoltre, l’incremento produttivo dei servizi erogati dalla cooperativa
Gemma attraverso l’acquisto di macchinari necessari a supportare le attività lavorative: una piccola lavanderia che ora stiamo trasformando in
lavanderia industriale. L’aumento del livello di produttività dell’azienda
garantirà una maggiore competitività sul mercato,maggiori acquisizioni
di commesse (anche da bed and breakfast locali e ristoranti) e di conseguenza maggiori possibilità di inserimento lavorativo rivolto a persone
in condizioni di svantaggio.
“Dare credito alla speranza”: una scelta concreta che ci ha permesso
di creare occupazione, creare situazioni di ben-essere perché l’ “accesso al
lavoro, permette l’accesso alla vita sociale, alla fruizione di strumenti o
servizi da parte di coloro che oggi il mercato esclude”.
Mi piace accentuare, a questo punto, proprio il nostro legame con il
territorio, un’occasione per affermare il concetto di TRIFOGLIO impresa sociale no profit e Gemma cooperativa sociale di tipo B, cioè soggetti economici che contribuiscono a migliorare la qualità della vita della
comunità in cui sono inserite con il tentativo di guardare in avanti allo
scopo di proiettarsi nel futuro e immaginare realisticamente verso cosa
andare e come far fruttare sempre al meglio le cose che sappiamo di aver
acquisito e che rendono “grandi” le esperienze.
94
L’INTERVENTO
La presa in carico delle situazioni di povertà
presenti sul territorio nazionale:
l’8xmille della Chiesa Cattolica
a cura di Caritas Italiana
La storia e il territorio sono la strada sulla quale la
Chiesa percorre il suo pellegrinaggio: non può eluderli
o sorvolarli.
Sono anche il luogo concreto in cui è chiamata a
proclamare la profezia ed a esprimere il suo servizio.
(Caritas Italiana, Carta pastorale, n. 23)
Cos’è l’8xmille della Chiesa Cattolica49
Dal 1990, eliminati i contributi diretti dello Stato, è entrata in vigore
quella modalità del nuovo sistema di sostegno economico alla Chiesa
Cattolica che ormai viene chiamata otto per mille, una forma di contribuzione definita attraverso le scelte dei cittadini. Ogni anno, infatti, l’8 per
mille del gettito complessivo dell’Irpef è destinato a scopi sociali, religiosi e umanitari: spetta proprio ai cittadini determinarne la destinazione,
scegliendo – nella dichiarazione dei redditi – tra Stato, Chiesa cattolica e
altre confessioni religiose.
Nei primi 20 anni di applicazione di questo strumento (1990-2010), lo
Stato, in base alle firme dei contribuenti, ha assegnato alla Chiesa cattolica circa 15 miliardi di euro. Ogni anno, durante l’Assemblea Generale
della Conferenza Episcopale Italiana, i vescovi stessi determinano la suddivisione dei fondi otto per mille destinati alla Chiesa cattolica per le tre
finalità previste dalla legge: il sostentamento del clero, le esigenze di culto e
49 Cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Servizio per la Promozione del sostegno economico alla Chiesa, “Otto per mille. Destinazione e impieghi 1990-2010” (cfr.
www.8xmille.it)
97
pastorale della popolazione, gli interventi caritativi in Italia e nei Paesi del
Terzo Mondo.
Nel 2011, a fronte di circa 1.120 milioni di euro di contributo complessivo, i vescovi hanno destinato circa 360 milioni di euro per il sostentamento del clero, circa 470 milioni di euro per le esigenze di culto e pastorale e 235
milioni di euro per gli interventi caritativi.
Relativamente a questi ultimi, attualmente la Chiesa cattolica interviene in Italia in due forme: trasferendo annualmente a ciascuna diocesi
delle quote50 da destinare ad attività caritative diocesane e destinando
direttamente risorse ad attività di rilievo nazionale. Proprio nella gestione
di queste ultime la Conferenza Episcopale Italiana ha voluto un ampio
coinvolgimento di Caritas Italiana.
Caritas Italiana e progettazione sociale
Nel 2001 la Presidenza della CEI ha infatti chiesto a Caritas Italiana in virtù della sua ampia operatività territoriale a servizio delle Chiese
locali e delle Caritas diocesane - di assumere il ruolo di riferimento nazionale per la promozione e la cura delle opere, progetti e servizi caritativi
delle Chiese locali (promosse da esse, sostenute dalla disponibilità
dell’8xmille Italia, attivate per fronteggiare le emergenze dovute alle calamità naturali in Italia). Questa richiesta è stata ribadita dal Consiglio
Permanente della CEI nel settembre 2006 quando, indicando per gli anni
a venire alcune prospettive di lavoro per Caritas Italiana e per le Caritas
diocesane, tra esse vi ha inserito anche l’impegno a “curare il rinnovamento della progettazione sociale delle Chiese locali”.
Caritas Italiana ha garantito fin da subito la propria disponibilità ritenendo che la cura di tutte le progettualità di carità in risposta ai vari bisogni - e quindi anche di quelle legate all’8xmille - potesse essere uno strumento utile a perseguire alcuni suoi fini statutari: la lettura dei bisogni, la
formazione e la promozione a sostegno delle Diocesi, la costruzione di
reti di opere che siano segno di un modo evangelico di accostare e servi-
50 Nel 2011 sono state assegnate alle Diocesi 105 milioni di euro, ripartiti con un criterio
che tiene conto della popolazione (cfr. www.8xmille.it)
98
re i poveri, l’animazione alla testimonianza comunitaria della carità attraverso le opere di carità nella Chiesa e nel territorio.
L’amore del prossimo radicato nell’amore di Dio è innanzitutto compito
per ogni fedele, ma anche compito dell’intera comunità ecclesiale, e questo a tutti i suoi livelli: dalla comunità locale alla Chiesa particolare fino
alla Chiesa universale. Anche la Chiesa in quanto comunità deve praticare l’amore. Conseguenza di ciò è che l’amore ha bisogno anche di organizzazione quale presupposto per un servizio comunitario ordinato
(Benedetto XVI, Deus caritas est, 20).
La Caritas, organismo pastorale di una Chiesa ‘esperta in umanità’ e
chiamata a “prendersi cura” del prossimo, soprattutto del povero e del
debole, è impegnata a ricercare sempre nuovi strumenti di azione appropriati ai luoghi e ai tempi. Benedetto XVI, nella stessa enciclica, delinea
con efficacia “la qualità” dell’agire cristiano: in particolare sottolinea che
“quando l’attività caritativa è assunta dalla Chiesa come iniziativa comunitaria”
assume un’importanza determinante “anche la programmazione, la previdenza, la collaborazione con altre istituzioni simili” (31,b), come a dire che per rispondere efficacemente ai bisogni in modo strutturato – è necessario avvalersi di capacità di programmazione e progettazione.
Coerentemente con tale indicazione del Magistero, Caritas Italiana ha
proposto alle Caritas diocesane un metodo di intervento fondato sull’ascolto, l’osservazione ed il discernimento e delle linee di progettazione
quale segno di risposta alle istanze degli ultimi e dei poveri, assumendo un
punto di vista relazionale, ponendo cioè la relazione come fondamento e
criterio sia di lettura della realtà sociale che della definizione del progetto: maggiore sarà infatti la capacità di conoscere e comprendere i bisogni
e i desideri dei destinatari, maggiore sarà la probabilità di fornire le giuste risposte e i modelli più idonei.
Alle Caritas Diocesane, nel processo progettuale, non viene comunque chiesto di diventare delle organizzazioni capaci di progettare efficacemente, quanto – secondo lo specifico della Caritas – strumento pastorale
capace di far emergere e rilevare i veri bisogni di un territorio e di animare la comunità alla testimonianza della carità, con una attenzione preferenziale verso i poveri e verso gli ultimi, i giovani, le famiglie… attraverso i “luoghi pastorali propri” che una Caritas Diocesana – di qualunque
dimensione essa sia ed in qualunque contesto si trovi ad operare –
99
dovrebbe possedere: centri di ascolto, osservatori delle povertà e delle
risorse, laboratori per la promozione e l’accompagnamento delle caritas
parrocchiali.
Oltre a quanto elaborato a livello locale, Caritas Italiana ha promosso
direttamente numerosi progetti a favore delle diocesi, relativi al sostegno
delle reti diocesane e regionali dei centri di ascolto ed alla elaborazione di
dossier sulle povertà, ai giovani (servizio civile nazionale, anno di volontariato sociale, forme diversificate di servizio), al volontariato, al mondo
del lavoro (progetto Policoro, progetto Equal “extreme”), alle periferie
(progetto aree metropolitane), ai migranti (progetto Odissea/Itaca,
Dossier Statistico Immigrazione), progetti in situazione di emergenza e a
favore della tutela ambientale…
Le “opere-segno”
In forza del suo metodo ed in coerenza con la sua “prevalente funzione
pedagogica”, che si fonda sulla “pedagogia dei fatti” cioè su opere e progetti con “un risvolto esemplare ed educativo”, Caritas Italiana ha rafforzato
quindi il proprio impegno sul territorio nazionale teso a implementare
“opere-segno” direttamente promosse o sostenute dalle Caritas diocesane
con un’attenzione unitaria e promozionale dei servizi agli ultimi e su
alcune aree di povertà (carcere, emarginazione giovanile, tratta, prostituzione, immigrazione, disagio mentale, rifugiati, richiedenti asilo…).
Ma cosa significa per Caritas Italiana, progettare e promuovere
“opere-segno”, opere che siano esemplari? Significa:
– divenire capaci di gestire l’animazione, la promozione e il coordinamento della testimonianza della carità in modo non emotivo ed occasionale;
– essere in grado di procedere sapendo individuare obiettivi reali di
cambiamento della realtà e, allo stesso tempo, itinerari efficaci e concreti per realizzare gli obiettivi medesimi attraverso una programmazione;
– essere capaci di coinvolgere l’intera comunità ecclesiale e prima ancora i poveri stessi come protagonisti del cambiamento;
– pensare insieme la carità come evento di progettazione ai fini di un
cambiamento, con un miglioramento effettivo delle situazioni di sofferenza e di disagio presenti sul territorio;
100
–
porre particolare attenzione anche agli strumenti amministrativi
necessari per una progettazione che sappia coniugare attenzione ai
poveri con la legalità, la trasparenza e – soprattutto – il rispetto della
giustizia; fondamentale a questo riguardo quanto indicato dalla
Conferenza Episcopale Italiana nelle “Norme in materia amministrativa” pubblicate negli scorsi anni.
Caritas Italiana e 8xmille
ll metodo di lavoro “per progetti”, che possiamo affermare essere
ormai patrimonio culturale di molte Caritas diocesane, ha trovato in questa forma di sostegno un ulteriore luogo in cui queste si sono sperimentate per proporre esperienze innovative che – nascendo da una attenta ed
appassionata conoscenza della comunità locale – hanno posto al centro
delle attenzioni quella dimensione educativa che costituisce lo specifico
della azione di testimonianza della carità tipica delle Caritas diocesane.
Caritas Italiana ha accompagnato, a partire dall’anno 2003, oltre due
terzi delle Caritas diocesane alla elaborazione di circa mille progetti in
quasi dieci anni con obiettivi chiari e definiti che:
– hanno visto come soggetti direttamente coinvolti gli ultimi, le categorie deboli, i “nuovi poveri”;
– si sono collocati nella prospettiva dell’animazione pedagogica, puntando all’effettivo coinvolgimento della comunità locale, delle varie
componenti ecclesiali e, se possibile, civili;
– hanno dato vita a “opere-segno”, richiamando al compito di animazione, promozione e testimonianza della carità tutta la comunità cristiana;
– hanno previsto – in base ad un piano di finanziamento completamente definito - la compartecipazione economica della Chiesa Locale;
– hanno privilegiato il coinvolgimento delle realtà già presenti ed attive
sul territorio (lavoro di rete), a partire da quelle ecclesiali riconosciute dal Vescovo diocesano.
Il costo complessivo di questi progetti ha superato ormai i 120 milioni di euro, a fronte del quale la Conferenza Episcopale Italiana ha riconosciuto, negli anni, contributi per oltre 60 milioni di euro.
101
In particolare, nel corso del 2011 sono state accompagnate cento
Caritas diocesane nella formulazione di 185 progetti relativi a vari ambiti di bisogno, per la realizzazione dei quali sono stati ottenuti dalla
Presidenza della CEI oltre 11 milioni di euro.
Destinatari di questi interventi sono stati prevalentemente famiglie in
difficoltà, minori, immigrati, detenuti ed ex detenuti, anziani, vittime di
violenza e tratta, malati terminali, senza dimora, richiedenti asilo.
Specifiche attenzioni sono state sviluppate per la prevenzione delle
dipendenze (da sostanze, farmaci, alcol, ecc.) e il sostegno a chi ne è affetto, per i problemi di occupazione, per usura, indebitamento, problemi
abitativi…
Da una ricerca condotta dallo Studio Cevas51 sulle progettualità finanziate alle Caritas diocesane dal 2005 al 2007 attraverso i fondi Cei 8xmille, è emerso con evidenza la propensione delle Caritas stesse verso forme
innovative di intervento sulle politiche di lotta alla povertà, svolgendo
una funzione di advocacy dando voce alle persone più deboli, soprattutto in relazione alla tutela dei diritti, in rete con il territorio.
Conclusione
Se le progettualità attivate dalle Caritas diocesane si esprimono attraverso le opere, esse sono chiamate ad educare. Le comunità infatti devono ritrovare ogni giorno, sul territorio dove abitano, non solo persone che
amano, ma un luogo dove imparare ad amare e contemporaneamente tradurre questa esperienza d’amore attraverso gesti di gratuità e di servizio.
In questo senso, l’opera – qualunque essa sia – non può essere un’isola
nella comunità, ma il cuore della comunità stessa.
Ed è per questo che Caritas Italiana continua a considerare questa
esperienza come occasione profetica per “promuovere [...] la testimonianza
della carità della comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della
pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica” (Statuto di Caritas Italiana, art. 1).
51 Studio CEVAS, Rapporto di valutazione dei progetti Caritas CEI 8xmille Italia, 2010 http://www.cevas.it/valutazione-8xmille-italia-cei-caritas-italiana.html
102
CEI 8xmille e le progettualità di Microcredito
della Caritas di Andria
1.
O.S.P.E.S.
Ospitare Sempre Per Esprimere Solidarietà (2006)
All’interno della progettazione Fondo CEI 8xmille Italia/2006 di
Caritas Italiana fu presentato il progetto “O.S.P.E.S. – Ospitare Sempre
Per Esprimere Solidarietà”52 che riguardava l’ambito della prossimità.
Il punto di partenza
La prossimità è una delle dimensioni fondamentali della Caritas
Diocesana che si trova molto spesso ad attivarsi in prima persona nei servizi, visto che opera in una piccola Diocesi. In questi anni abbiamo cercato di farci prossimi di diverse realtà: dagli immigrati ai giovani in cerca di
lavoro, dai minori al mondo dei diversamente abili.
Nella programmazione della Caritas si tiene conto del cammino ecclesiale sia a livello nazionale che diocesano. Per questo ambito ci si riferisce
alla traccia di riflessione in preparazione al Convegno Ecclesiale di
Verona dove al punto 15c si parla della accoglienza della fragilità.
In concreto si è cercato di dialogare con il presbiterio (in un incontro
annuale si presenta il rapporto della Caritas Diocesana e si approfondisce
la lettura dei bisogni - è nato così il progetto della Casa di ospitalità
Betania -), si è osservato il territorio e si sono raccolte le richieste delle
immigrate e le istanze della società civile (è nato così il “Progetto ORIZZONTI”), si sono riscoperte attenzioni antiche della Chiesa verso il
52 L’articolo è una estrapolazione dei punti più significativi delle progettualità che la
Caritas diocesana ha presentato a Caritas Italiana per la richiesta di finanziamento. I
formulari sono contenuti nell’archivio della Caritas diocesana.
105
mondo degli anziani (è nata così la collaborazione con la Casa di Riposo
“Bilanzuoli” attraverso il sostegno del microcredito alla cooperativa
“L’Albero”).
Le principali problematiche e analisi del disagio:
I disagi a cui si cerca di rispondere sono:
il fenomeno della tratta che coinvolge ormai da un decennio circa
anche i paesi della nostra Diocesi…;
– la condivisione di un momento segnato dal dolore e dalla sofferenza
per un parente ricoverato presso il locale nosocomio di persone che
provengono da fuori distretto sanitario e quindi non possono contare
su una rete di conoscenze sul territorio e devono rivolgersi ad un anonimo albergo …;
– la necessità di potenziare l’Ospizio “L. Bilanzuoli” con la creazione
della Casa protetta per anziani come risposta ad un contesto spersonalizzante e come recupero di finalità che da oltre un secolo la nostra
comunità ecclesiale vive sul territorio …
Infatti, il bacino di Canosa di Puglia, di Minervino Murge e di
Spinazzola, si rivela connotato da con un numero rilevante di anziani.
Il rapporto anziani/bambino che per la provincia di Bari è pari a 2,31,
per il Comune di Minervino sale a 3,28 (2,25 per Canosa e 3,47 per
Spinazzola).
Anche l’indice di vecchiaia che per la Puglia è pari a 95,23 e per la provincia di Bari scende a 87,26, subisce un’impennata a 126,53 per
Minervino (84,26 per Canosa e 118,07 per Spinazzola).
Su una popolazione residente pari a 10.213 abitanti (dati ISTAT 2001),
Minervino registra la presenza di 3.180 abitanti di età compresa tra i 55 e
gli oltre 85 anni, rappresentanti il 31,14% della popolazione residente. La
stessa classe di età a Canosa scende al 25,66% (8.069 anziani su un totale
di 31.445 abitanti), mentre per Spinazzola sale al 29,99% (2.208 abitanti su
una popolazione totale pari a 7.362 abitanti).
In particolare va sottolineato che gli ultrasessantacinquenni (da 65 ad
85 anni e più) rappresentano circa il 20% (19,90%) della popolazione di
Minervino, dato tanto più significativo se messo in relazione ai dati provinciali e regionali. Infatti la popolazione residente di età superiore ai 65
anni in Puglia rappresenta il 15,90%, mentre nella provincia di Bari il
14,94%. Se Spinazzola registra dati analoghi (20,06% della popolazione
–
106
compresa tra i 65 e gli oltre 85 anni), il Comune di Canosa continua a
dimostrare un tessuto sociale più giovane e vicino alle medie provinciale
e regionale (15,49% della popolazione di età compresa tra i 65 e gli oltre
85 anni).
L’animazione della comunità
L’animazione comunitaria vede i momenti più significativi in occasione dell’Avvento di fraternità e nella Quaresima di carità. Anche la presentazione dei rapporti annuali delle povertà rilevati dai Centri di ascolto e
dalla Casa della carità per gli immigrati sono occasioni per coinvolgere
gli individui e le comunità non solo sui temi ma anche per far maturare
atteggiamenti di vicinanza e condivisione e proporre nuove azioni. Negli
ultimi anni è aumentata la presenza di informazioni sul notiziario diocesano Insieme e, nei corsi di formazione per gli operatori dei Centri di
Ascolto, si è sempre cercato di inserire uno spazio per sviluppare una
consapevolezza sulle nuove attenzioni e ambiti di povertà scaturite precedentemente dall’ascolto e dall’osservazione delle persone incontrate.
Descrizione sintetica del progetto
Con il seguente progetto la Caritas diocesana vuole sperimentare
sempre più la dimensione della prossimità relativa agli ambiti della lotta
alla tratta, sia per le vittime che per i potenziali clienti, dell’accoglienza di
parenti di persone colte da un male che necessita un tempo di permanenza notevole e di anziani presso una Casa protetta per una riqualificazione della propria esistenza.
Negli ultimi dieci anni anche il territorio andriese è divenuto il luogo
di transito e di accoglienza per centinaia di immigrati, tra i quali numerose donne (soprattutto rumene e nigeriane) che, spesso clandestine e
quindi facilmente ricattabili, illuse ed adescate con false promesse di
lavoro, vengono costrette a prostituirsi con minacce e violenze. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno che continua ad espandersi e che si caratterizza dalla presenza, nel nostro territorio, di sfortunate donne dove, anziché realizzare i propri sogni e speranze, vengono tragicamente deluse,
private di ogni diritto fondamentale e ridotte, attraverso minacce e maltrattamenti, ad uno stato di estrema dipendenza dai loro aguzzini. La
Caritas Diocesana nell’ultimo anno si è fatta attenta al fenomeno “tratta”
ed in particolare modo alla vita affettiva, quale elemento fondamentale
107
per esprimere con maggior spontaneità il proprio desiderio di felicità
(primo ambito della traccia per Verona, numero 15a). Pertanto di fronte
all’intensificarsi del fenomeno, con questo progetto, la Caritas Diocesana
intende far crescere un impegno serio e concertato di lotta alla tratta ed
alla prostituzione ed offrire risposte concrete di accoglienza a giovani
donne vittime dello sfruttamento sessuale, un percorso di recupero, di
accompagnamento, di orientamento, riscatto e reinserimento sociale, un
sostegno medico-psicologico e giuridico-legale che consenta loro di riappropriarsi in pienezza della loro vita e della loro dignità.
Anche l’accoglienza di parenti di pazienti ricoverati presso i reparti
della lungodegenza del nosocomio andriese rappresenta una priorità
dopo che l’ospedale è divenuto polo all’interno della ASL BAT/1. Poter
offrire un alloggio a pochi passi dall’ospedale, favorire la permanenza in
un paese estraneo, ma soprattutto condividere il dolore diventa capacità
di solidarizzare e di farsi prossimo della nostra comunità cristiana.
Presso un Istituto che ormai ha celebrato i 100 anni di presenza nel
2003 ed è divenuta una delle istituzioni più stabili e significative del territorio, dal 1° dicembre 2005 è attiva la Casa protetta per anziani in risposta alle tante richieste non solo di servizio ma di qualità di servizio sempre attento alla persona. Ad affiancare in questa nuova avventura le suore
dell’ospizio una cooperativa di giovani nata grazie al sostegno del microcredito della Caritas diocesana.
L’accoglienza di persone non autosufficienti, non assistibili a domicilio, in cui si forniscono prestazioni assistenziali, sanitarie, di recupero
funzionale e di inserimento sociale, nonché di prevenzione dell’aggravamento del danno funzionale per patologie croniche le cui limitazioni fisiche e/o psichiche non consentono di condurre una vita autonoma e le cui
patologie non necessitano di ricovero in strutture di tipo ospedaliero o
nei centri di riabilitazione.
Gli interventi su problemi e bisogni specifici:
Nel contesto Diocesano, la prostituzione non è diffusa con le caratteristiche preminenti che il fenomeno riveste nelle grandi città italiane (giovani donne per lo più straniere agli angoli delle strade o lungo le vie di
comunicazione). Nel territorio andriese, viene praticata per lo più in
appartamenti presi in affitto o lungo la direttrice dell’ex statale 98.
Purtuttavia, il problema viene fortemente avvertito dalla popolazione
108
poiché la nostra è una zona di transito delle ragazze provenienti dai
Balcani o dalla Nigeria. Il progetto si propone di intervenire in merito a
diversi problemi:
– l’accoglienza di ragazze, che segnalate dalla cooperativa Oasi 2 San
Francesco trovano un alloggio;
– il sostegno psicologico - sanitario per queste donne sfruttate, private
della loro dignità ed estremamente provate anche a seguito delle violenze e dei maltrattamenti fisici subiti;
– il difficile ambientamento in un paese del tutto nuovo e diverso da
quello di provenienza (lingua, tradizioni, usi e costumi, normative e
regolamenti, ecc.);
– la formazione professionale e l’eventuale inserimento lavorativo con
il sostegno al lavoro autonomo e l’accesso al credito con il Progetto
Barnaba (microcredito);
– l’opportunità di attivare azioni di contrasto (interventi educativi sui
clienti) di fronte ad una forte richiesta di sesso a pagamento e soprattutto sui giovani e adolescenti per educarli correttamente all’affettività e alle relazioni. (..).
Il sostegno alla casa protetta diventa necessaria in questa nuova stagione per sopperire alle difficoltà economiche degli anziani. La maggior
parte di essi gode della pensione sociale, e le risorse a loro disposizione
non consentono di accedere ai servizi di cui hanno diritto.
Si tratta, dunque, di consentire di avviare un servizio specializzato su
un territorio ad alta incidenza di anziani e carente di strutture specifiche
a loro servizio. Tutto ciò si realizzerà attraverso il sostegno all’avvio al
lavoro di circa 12 unità lavorative.
Da cosa è scaturita l’idea progettuale
L’idea è nata da una valutazione fatta nella commissione diocesana
recuperando quanto già nello scorso anno pastorale si era progettato
(Casa di ospitalità Betania) o su ciò su cui si stava investendo (per la
Tratta: Corso per volontari organizzato dalla Prefettura e contatti con la
cooperativa Oasi 2 san Francesco di Trani, mentre per la Casa protetta con
la costituzione della Cooperativa sociale L’Albero attraverso il microcredito) per dare maggiore visibilità, azione e continuità alla vita dell’ente
che dalla lettura e considerazione della condizione degli anziani in casa
di riposo, e costretti a essere ‘scaricati’ in strutture dei paesi limitrofi nel
109
caso di inabilità e non autosufficienza, per mancanza di adeguata assistenza a Minervino. La Caritas diocesana negli ultimi anni ha assunto lo
stile di proporre un’opera – segno all’anno in modo tale da tenere costante l’attenzione della comunità alle varie forme di povertà.
Obiettivo generale:
Offrire concreta accoglienza a particolari situazioni di povertà e di
disagio:
– a giovani donne vittime della tratta per un loro recupero e inserimento;
– a parenti di ricoverati in ospedale per far avvertire la presenza di una
famiglia;
– ad anziani non autosufficienti soli per restituire dignità e valore alla
propria esperienza.
Il contributo 8xmille al netto per l’implementazione del fondo di
garanzia è stato di 10.000,00 €.
2.
FONDO FIDUCIA E SOLIDARIETÀ (2009)
All’interno della progettazione Fondo CEI 8xmille di Caritas
Italiana/2009 fu presentato il progetto “Fondo Fiducia e Solidarietà” con
destinatari le famiglie.
Descrizione del progetto
Il progetto mira alla creazione di uno Sportello di Aiuto per famiglie
in difficoltà allo scopo di evitare una perdita di dignità della persona e
nello specifico di ogni componente familiare, prevenire azioni illecite e
cadute nel mercato nero o nell’usura, promuovere il benessere psico-fisico di ogni componente al fine di ridurre possibili disagi sulla salute di
ognuno all’interno del nucleo familiare, favorire un’opportunità di emancipazione nella linea della promozione e non della mera assistenza. Lo
Sportello sarà dotato di un fondo per aiuti economici.
Descrizione del contesto in cui si sviluppa il problema/bisogno
La Caritas diocesana di Andria ha accolto nell’ultimo anno sempre
più richieste provenienti da famiglie anche dal ceto medio, che si rivolgono alle parrocchie o ai Centri di Ascolto Interparrocchiali in quanto non
110
riescono più a sostenere le minime spese familiari a causa della crisi economica. Il bisogno di aiutare queste famiglie nasce da una richiesta effettiva da parte delle parrocchie di rivolgere un’attenzione e un aiuto mirato ai loro bisogni e alle difficoltà, attraverso la costituzione di un’equipe
di specialisti e uno “Sportello” che possa accogliere, ascoltare, accompagnare la famiglia in un possibile percorso di emancipazione coadiuvato
da un fondo per aiuti economici. La riflessione iniziata nell’aprile 2008 ha
visto coinvolto l’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia.
Dati relativi al fenomeno
Ci limitiamo alla sola osservazione a carattere Diocesano attraverso il
rilevamento dei dati OsPo/3 riferiti a tre Centri per i quali possiamo fare
una comparazione tra il 2007 e il 2006, mentre per il 2008 si sta procedendo alla raccolta e alla lettura (i report sono tutti pubblicati sul sito della
Caritas diocesana):
– Centro Emmaus 32 (2007) vs 25 (2006)
– Centro Nazaret 49 (2007) vs 37 (2006)
– Casa di accoglienza “S. Maria Goretti” 107 (2007) vs 54 (2006)
con un incremento che va dal 25 al 100%!
Aspetti critici sui quali è necessario intervenire
Povertà improvvisa dovuta a perdita del lavoro, disoccupazione,
rischio di azioni illegali per mancanza di fondi economici, privazione
della dignità umana.
Obiettivo generale
Il progetto di intervento mira a migliorare quelle situazioni familiari
che non sono a rischio di estrema povertà ma potrebbero diventarlo, perciò si propone di ridurre questo rischio attraverso l’attivazione di uno
Sportelllo di Aiuto che ascolti, analizzi le richieste, valuti le idoneità a
beneficiare del prestito, laddòve ci siano i presupposti, le motivazioni e la
volontà di ogni componente a migliorare ed emanciparsi.
Animazione della comunità cristiana
La comunità già avverte gli effetti della crisi economica e inizia ad
interrogarsi sul futuro. Nel frattempo chiede alla Caritas di farsi interprete e di ricercare delle soluzioni. Nell’aprile 2008 si è avviata la riflessione che è già confluita in un incontro rivolto a tutti i referenti parroc111
chiali il 22 maggio 2008. Nel mese di settembre si è conclusa una fase consultiva in cui si chiedeva la collaborazione alle parrocchie di condividere
la costituzione di un fondo di microcredito, cosa che è avvenuta con la
colletta dell’”Avvento di fraternità”. Il 27 febbraio 2008 l’incontro dei
direttori degli Uffici pastorali era monotematico e guidato dal direttore
della Caritas proprio sulla crisi economica (“Essere Chiesa in tempo di
crisi”) che avrà un prosieguo con il Convegno diocesano delle Caritas
parrocchiali il 30 marzo 2008 con la presenza del vice direttore di Caritas
Italiana, il dott. Francesco Marsico. In seguito, attraverso il volantinaggio
e la presentazione del progetto alle singole realtà locali, si intensificherà
l’azione di coscientizzazione del problema e di come essere solidali in
questo frangente particolare.
Obiettivi specifici
1°
2°
3°
4°
Costruire uno Sportello di Aiuto per le Famiglie in difficoltà:
Accogliere le richieste di aiuto provenienti dalle famiglie in difficoltà;
Analisi delle domande di aiuto;
Valutazione finale per la concessione del prestito.
Il contributo 8xmille al netto per l’implementazione del fondo di
garanzia è stato di 9.000,00 €.
3.
CREDITO AL FUTURO (2011)
All’interno della progettazione Fondo CEI 8 per mille Italia – anno
2011 di Caritas Italiana fu presentato il progetto CREDITO AL FUTURO
Perché questo progetto?
Nel 2012-2013 la nostra Diocesi celebrerà il decennale del “Progetto
Barnaba – dare credito alla speranza”. Nel lontano 2002, quando lo strumento del microcredito era poco conosciuto e praticato in Italia, la nostra
Caritas diocesana ha adottato il modello del microcredito in convenzione
con la Banca Popolare Etica per rispondere alla necessità di accesso al credito di giovani disoccupati che intendevano costituire una attività lavorativa in proprio, secondo quella che è stata la riflessione prodotta nella
Chiesa Italiana con il Progetto Policoro. Più di 30 attività sono state finan112
ziate dal Progetto Barnaba nel territorio diocesano. Il bisogno dell’accesso al credito è aumentato con l’esplosione della crisi economica internazionale degli ultimi anni. Pertanto nel 2009 l’esperienza del microcredito
si estende al sostegno delle necessità familiari, e nasce il “Fondo Fiducia
e Solidarietà”, finanziato anche dall’8XMILLE attraverso Caritas Italiana.
In due anni sono stati erogati 10 prestiti a famiglie bisognose.
L’incremento delle richieste di microcredito nell’ultimo anno ha introdotto la necessità di aumentare le disponibilità del fondo di garanzia. Il
decennale dell’esperienza sarà un’occasione di riflessione sullo strumento del microcredito, rilanciare i due progetti, animare le comunità sui temi
del lavoro e del corretto utilizzo del bilancio familiare, incrementare il
fondo di garanzia per consentire maggiori interventi.
Descrizione del progetto:
In occasione del decennale del Progetto Barnaba vogliamo porre una
riflessione nella Chiesa Locale e nella comunità civile dei tre comuni della
Diocesi sul tema dell’accesso al credito sia di quanti intendono costituire
un’attività lavorativa propria, sia delle famiglie in stato di difficoltà a
causa della perdita temporanea di lavoro, o di altre cause improvvise, e
su quali risposte la comunità civile offre. Lo strumento del microcredito
avviato 10 anni fa con Barnaba ha offerto delle risposte concrete al bisogno, così come il Fondo Fiducia e Solidarietà.
Sarà pertanto necessario partire da un monitoraggio puntuale sullo
stato di fatto dei due progetti, andando ad analizzare le ricadute economiche degli investimenti realizzati dai beneficiari del microcredito (attività aperte, chiuse, numero di impiegati, nuovi posti di lavoro creati,
risorse impiegate, famiglie coinvolte, ecc.).
Partendo da questi dati andremo a sensibilizzare le comunità sia sul
tema del lavoro, attraverso seminari già sperimentati in passato, rivolti
essenzialmente ai giovani, con Corsi di primo livello di Orientamento al
Lavoro e Cooperazione, in partnership con gli animatori di comunità del
Progetto Policoro e Cenasca Cisl, sia sul tema dell’uso responsabile delle
risorse economiche familiari, finalizzata alla formazione delle famiglie
sull’uso responsabile dei bilanci familiari, l’individuazione delle priorità
di spesa in base ai reali bisogni, la sostenibilità economica delle operazioni di prestito, l’educazione dei figli all’uso responsabile del denaro, il
monitoraggio dei consumi, ecc.
113
Per tali azioni intendiamo proporre una formazione specifica per gli
animatori dei Centri d’Ascolto della Caritas Diocesana, per meglio intervenire in questi casi specifici di bisogno, ed accrescere il ruolo di accompagnamento pedagogico che il Centro d’Ascolto deve svolgere.
L’animazione della comunità, ci porterà alla celebrazione del decennale attraverso la pubblicazione dei risultati conseguiti in dieci anni di
microcredito e un momento congressuale di portata nazionale in cui
andremo a presentare quanto prodotto, e rilanciare in un’ottica pastorale
le esperienze maturate, confrontandole anche con le buone prassi maturate nella Chiesa Italiana, in particolar modo con il “Prestito della
Speranza”.
In occasione del decennale inviteremo la comunità, gli Enti Locali di
riferimento, la Diocesi stessa, Caritas Italiana ad incrementare il Fondo di
garanzia con uno specifico contributo a sostegno del reddito delle famiglie in difficoltà.
Analisi dei bisogni:
Il territorio della Diocesi di Andria è costituito dai Comuni di Andria
(100.121 ab.), Canosa di Puglia (31.121 ab.) e Minervino Murge (9.607)
facenti parte della neonata sesta Provincia pugliese di Barletta-AndriaTrani. La città di Andria secondo le ultime stime del “Il Sole 24 Ore” risulta essere, per reddito medio dichiarato, all’ultimo posto tra le città capoluogo in Italia, mentre Canosa e Minervino sono al di sotto del reddito
medio andriese. Lo stesso dicasi per i tassi di disoccupazione giovanile
che in Andria registra il 42,5%, oltre il 50% su Canosa e Minervino.
L’attuale crisi economica ha inciso parecchio sul sistema produttivo locale, in particolar modo nel settore agricolo e manifatturiero, settori trainanti dell’economia del territorio, aggravando la situazione di disagio
economico e perdita di lavoro.
Dati relativi al fenomeno:
Sono diventate sempre più frequenti le famiglie che si rivolgono ai
nostri Centri di Ascolto e Parrocchie che vivono la drammaticità della
perdita improvvisa del lavoro, della mancanza del reddito per far fronte
alle primarie necessità. Il target si è spostato su quelle famiglie monoreddito, che non avendo più l’unica fonte di sostentamento, gravano in condizioni di estrema necessità. Le richieste di microcredito al Fondo Fiducia
114
e Solidarietà dei soli primi cinque mesi del 2011 rispetto all’intero 2010 si
sono quadruplicate. Stesso fenomeno è avvenuto negli ultimi tre anni per
il microcredito di Barnaba.
Aspetti critici del bisogno/problema sui quali si ritiene necessario
intervenire:
La perdita improvvisa del lavoro, eventi particolari che portano la
famiglia nella crisi di sovvenire alle primarie necessità, aumento del costo
della vita e dei servizi, hanno introdotto nuove forme di povertà, che si
rappresentano in linea generale nella mancanza di reddito da parte delle
famiglie. Il bisogno maggiore è la ricerca di un forma di sussistenza stabile e duratura, che si deve esprimere in un posto di lavoro.
Attività già in atto in Diocesi in riferimento al bisogno/problema:
La Diocesi con i due progetti di microcredito “Progetto Barnaba – dare
credito alla speranza” e “Fondo Fiducia e Solidarietà” ha offerto delle
soluzioni sulle emergenze della disoccupazione e della mancanza di reddito nelle famiglie. Anche i Centri di Ascolto sono stati di supporto alle
tante situazioni di bisogno presentate. Il centro servizi Polincontro, operativo dal 2001, ha accolto tanti giovani, e li ha orientati verso forme di
auto impiego, di cooperazione, di orientamento alla ricerca attiva del
lavoro.
Obiettivo generale:
Favorire l’accesso al credito di famiglie, giovani e attività lavorative in
mancanza di possesso di garanzie economiche
Animazione della comunità cristiana:
–
Sensibilizzare la comunità sul tema dell’accesso al credito: il decennale del
Progetto Barnaba, sarà l’occasione per riflettere sulla credibilità ed
efficacia che lo strumento di microcredito, così come impostato dalla
Diocesi, è stato utile a rispondere al bisogno occupazionale che tanti
giovani vivono sul nostro territorio, e su come la Chiesa Italiana ha
inteso tale strumento, proponendolo in diverse esperienze locali e
nazionali, anche per far fronte alle necessità economiche delle famiglie o soggetti in stato di bisogno economico
115
–
Educare e formare gruppi di giovani ai temi legati al lavoro con particolare
riferimento alla cooperazione, secondo gli insegnamenti della
Dottrina Sociale della Chiesa, la riflessione maturata nel Progetto
Policoro, l’esperienza del microcredito del Progetto Barnaba e della
Chiesa Italiana in generale
–
Intervenire presso i gruppi famiglie delle comunità parrocchiali, interessando in modo particolare gli operatori della Pastorale della Famiglia e
gli animatori dei gruppi parrocchiali, per approfondire i temi legati
alla gestione delle risorse economiche nell’organizzazione famiglia,
come forma di sostentamento da una lato, ma anche come solidarietà
e corresponsabilità nella società civile dall’altra
–
Gli animatori dei Centri d’Ascolto presso le loro sedi di servizi dovranno essere le antenne di animazione e di riferimento per le modalità di
intervento ed accompagnamento pedagogico della famiglie o persone
in stato di difficoltà economica, e all’orientamento al lavoro, anche
secondo gli strumenti di microcredito.
–
Celebrazione del decennale del Progetto Barnaba, attraverso un seminario
di carattere nazionale in cui coinvolgere i partner dell’iniziativa,
Banca Popolare Etica, Caritas Italiana, Enti ed Istituzioni del territorio
per una riflessione comunitaria sul tema del microcredito e le sue incidenze sul territorio, con la pubblicazione dei dati raccolti dal monitoraggio dei 10 anni di esperienza.
Obiettivi specifici:
–
Sensibilizzare il territorio al tema dell’accesso al credito dei soggetti
privi di garanzie e sullo strumento del microcredito
–
Orientare i giovani alla ricerca attiva del lavoro, anche attraverso
forme di autoimpiego e cooperazione
–
Animare la comunità all’uso responsabile delle risorse economiche
–
Implementazione del Fondo di Garanzia.
Il contributo 8xmille al netto per l’implementazione del fondo di
garanzia è stato di 31.000,00 €.
116
117
I risultati del Progetto Barnaba
Francesco Delfino 53
Le esperienze di microcredito necessitano di essere raccontate non
solo nel loro vissuto esperienziale, ma soprattutto nel loro valore economico e sociale. Quando abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci con
esperienze di microcredito simile alla nostra abbiamo riscontrato la difficoltà nel ricercare i risultati conseguiti. Infatti in molti casi, la fase di
impostazione del fondo di garanzia e della Convenzione Bancaria, non è
stata seguita dal funzionamento dello strumento di microfinanza, o
meglio non si è rappresentata con dati e risultati l’incidenza del microcredito nel contesto di riferimento. Riteniamo sia doveroso in ambito di progettazione sociale, dare conto non solo della programmazione e dell’idea
di fondo, ma anche fornire un rapporto sui risultati conseguiti, per valutare la capacità di determinate prassi, che in ogni contesto si coniugano
con il vissuto della comunità.
Il Progetto Barnaba ha sempre voluto misurare la sua incidenza sul
territorio, monitorando in diverse occasioni i gesti concreti (ovvero le attività produttive nate o sostenute con il microcredito) , osservando costantemente l’andamento del fondo di garanzia, aggiornando gli strumenti e
i regolamenti di funzionamento del progetto.
L’occasione del decennale e del progetto “Credito al Futuro” ci ha
dato l’opportunità di verificare quanto fatto, attraverso alcuni indicatori
che abbiamo costruito in maniera semplice e molto deduttiva, grazie
anche alla meticolosa raccolta di dati e notizie contenuti nell’archivio
della Caritas Diocesana.
53 Animatore di Comunità. Minervino Murge.
119
Cercheremo in questo capitolo di raccontare con i numeri l’esperienza del Progetto Barnaba, riportando analisi e riflessioni utili alla valutazione dei primi 10 anni di esperienza. Il monitoraggio è stato chiuso il 30
giugno 2012.
Innanzitutto quanti finanziamenti sono stati erogati?
Sono stati erogati 36 finanziamenti. I primi 4 finanziamenti sono partiti contemporaneamente nel marzo 2004 a poco più di un anno dell’inizio della raccolta delle offerte per la costituzione del Fondo di Garanzia
(Avvento 2002). L’anno 2003 è stato impiegato per completare la raccolta
dei contributi, costituire il Fondo, sottoscrivere la Convenzione con Banca
Etica, e iniziare l’informazione della comunità diocesana di questo nuovo
strumento di intervento per favorire l’occupazione giovanile.
Nell’autunno 2003 cominciano ad affacciarsi i primi giovani richiedenti,
che formulano la domanda ed ottengono il credito. Occorre ricordare che
in quel periodo il microcredito in Italia era da considerarsi una sperimentazione di un modello che fino a quel momento era stato utilizzato, secondo le moderne teorie, essenzialmente nei paesi del Sud del mondo. Anche
per la Caritas Diocesana questi primi progetti hanno costituito una vera
e propria novità nelle azioni di intervento assistenziale che di solito venivano messi in campo.
Nei successivi anni, anche grazie alla diffusione del progetto e alla
sensibilizzazione delle comunità, le domande aumentano e conseguentemente anche i finanziamenti, sino a toccare un picco nel 2006 con 7 progetti. Una valutazione di insieme dei dati ci fa osservare come in media
si riescono a finanziare 4 progetti ogni anno. Tale frequenza è data sia dal
numero di richieste che arrivano, e dunque dalla capacità dei giovani di
elaborare proposte di lavoro in proprio, sia dalla disponibilità del Fondo
di Garanzia, che con questi numeri riesce a garantire il credito ai richiedenti, senza ricorrere a particolari forme di intervento, come il ricorso al
moltiplicatore (di cui diremo a breve).
Quanti soldi sono stati garantiti?
Con il Progetto Barnaba è stato immesso nel circuito economico della
Diocesi un credito totale pari a € 205.000 investito per le idee di impresa
dei nostri giovani. Pochi o tanti che siano, crediamo che tale importo vada
letto alla luce della somma di partenza posta in garanzia nel 2003, che
120
ammontava a circa € 21.000. Grazie al sistema previsto dal microcredito,
e con il rientro dei finanziamenti, la comunità diocesana è stata in grado
di moltiplicare il proprio investimento iniziale per più di 9 volte, potremmo dire con un tasso di interesse del 100% per anno. Questo rappresenta
un importante risultato di successo per l’azione di micro finanza portata
avanti, se interpretato nell’ottica dell’azione comunitaria.
121
Dalla lettura di questi primi due grafici comprendiamo che non esiste un rapporto diretto tra credito erogato e progetti finanziati. Questo
perché non sempre viene chiesto l’importo massimo del finanziamento.
Inoltre, dal 2010 l’importo massimo finanziabile è stato innalzato da €
5.000 a € 10.000. Il 2006 rimane l’anno di maggiore utilizzo dello strumento, nel 2011 viene finanziata la stessa somma ma per 4 progetti. La
media dell’importo erogato per anno ammonta a € 21.875 che rappresenta l’ammontare iniziale del fondo di garanzia. Questo dato ci rappresenta come il Progetto Barnaba rispetta in pieno il principio etico della sostenibilità economica della microfinanza, ovvero non vengono prestate
somme di cui non si dispone, pur avendone la possibilità. Grazie al sistema del moltiplicatore, ad esempio, possono essere prestate somme fino a
3 volte l’importo del fondo di garanzia. Infatti al Progetto Barnaba la
Banca Popolare Etica ha assegnato il moltiplicatore 3, grazie alla solidità
e al corretto funzionamento del fondo. Per il momento non si è fatto quasi
mai ricorso a questo sistema, sia per una scelta di responsabilità, ma
anche per mancanza di necessità.
Oggi il Fondo di Garanzia è aumentato, toccando la soglia dei 70.000 €,
grazie alle varie raccolte che si sono succedute negli anni e ai contributi
dell’ “Otto per Mille”. Nel 2012 il Fondo di Garanzia sarà ulteriormente
rimpinguato grazie alle collette parrocchiali di Avvento e Quaresima che
ammontano a circa 27.000 €. Inoltre, con il contributo ottenuto dall’Otto
per Mille con il progetto “Credito al Futuro”, si punta ad avere un Fondo
di Garanzia di 100.000 €, e dunque si potranno offrire maggiori risposte
e disponibilità ai nostri giovani.
Chi sono coloro che chiedono il microcredito?
Sesso: Riscontriamo una prevalenza di maschi, ma non è da sottovalutare il 44% delle donne le quali di solito sono sempre in netta minoranza per l’accesso al credito e all’autoimprenditorialità. In Barnaba non si
riscontra un grave “spread” tra uomini e donne, anzi notiamo un protagonismo femminile soprattutto nelle organizzazioni di impresa più complesse (cooperative, società, associazioni).
Età: Il progetto è rivolto ai giovani dai 18 ai 35 anni. In alcuni casi il
richiedente superava la soglia dei 35 anni, ma si è considerato lo stesso il
progetto perché riportava le sue ricadute su destinatari compresi nel tar122
get. L’età media calcolata alla data di richiesta del finanziamento è di
30,63 e descrive un’età in cui si esce da una condizione di studio universitario, di prime esperienze di lavoro precario, e si assume maggiore consapevolezza e responsabilità di fronte al futuro e alla vita familiare.
Provenienza: Secondo i requisiti, i giovani richiedenti devono risiedere in una delle città della Diocesi. Le tre città delle Diocesi sono state tutte
coinvolte dal Progetto. I richiedenti che hanno ottenuto l’erogazione del
credito provengono 31 da Andria, 1 da Canosa e 4 da Minervino. Nelle
torte, rappresentiamo le percentuali per città e il credito erogato per singolo Comune.
123
Tra i richiedenti residenti in Andria, riscontriamo anche una donna
straniera, e dunque anche il requisito che prevede l’accesso agli immigrati è stato preso in considerazione.
Interessante è raffrontare la somma raccolta per il Fondo di Garanzia
nelle tre città e il credito erogato per le stesse. Notiamo come ad esempio
le parrocchie di Andria hanno contribuito al fondo per € 36.000, il 75%
del totale, e ricevuto in termini di finanziamenti per € 170.000, l’83% del
credito totale erogato. Risulta quindi in termini di differenza percentuale
tra contributi per il fondo e credito ricevuto, la città che è in deficit (- 8%),
A Canosa si rileva una raccolta inferiore rispetto a Minervino, ma anche
con poche risorse erogate. Minervino mantiene equilibrato il rapporto tra
raccolta del credito e investimento.
Le parrocchie di appartenenza dei soggetti destinatari, e dunque
comunità beneficiarie del microcredito, sono state 17, alle quali aggiungiamo la Caritas Diocesana, il Progetto Policoro e altre associazioni che si
124
sono sostituite al parroco per garantire moralmente i destinatari, dove vi
era una diretta esperienza nelle organizzazioni. In alcune comunità l’importo erogato è pari o superiore ai 20.000 €. La lettura della tabella
seguente ci impone una riflessione di carattere pastorale, relativa alla
responsabilità che queste comunità hanno nei confronti dei propri “Gesti
Concreti”, in termini di sostegno all’attività, sviluppo di relazioni umane
nuove, costruzione di rapporti di reciprocità, nell’obiettivo di far sentire
sempre vicino al soggetto beneficiario la presenza della Chiesa Locale che
si è fatta garante del suo prestito. A queste comunità è chiesto maggiormente l’impegno per sostenere il progetto Barnaba grazie al quale hanno
offerto risposte concrete ai propri membri, non attraverso una semplice
beneficenza, ma attraverso un investimento nei talenti del fratello più
prossimo.
CITTA’
PARROCCHIE
ANDRIA
SS. TRINITA’
5
3
€
25.000,00
SS. SACRAMENTO
5
5
€
25.000,00
S. CUORE
2
2
€
20.000,00
S. AGOSTINO
2
1
€
10.000,00
MADONNA DI POMPEI
2
1
€
10.000,00
S. RICCARDO
2
2
€
7.500,00
M. SS. ALTOMARE
2
2
€
7.500,00
S. ANGELO
1
1
€
5.000,00
S. ANDREA
1
1
€
5.000,00
S. MARIA VETERE
1
1
€
5.000,00
S. GIUSEPPE ART.
1
1
€
5.000,00
CUORE IMM. DI MARIA
1
1
€
5.000,00
CANOSA
MINERVINO
N.
PROGETTI
N.
ATTIVITÀ
CREDITO
EROGATO
S. NICOLA
1
1
€
5.000,00
GESÙ LIBERATORE
1
1
€
5.000,00
B. V. IMMACOLATA
2
2
€
20.000,00
S. MARIA ASSUNTA
1
1
€
5.000,00
S. MICHELE ARC.
1
1
€
5.000,00
5
4
€
35.000,00
36
31
€
205.000,00
CARITAS DIOCESANA
PROGETTO POLICORO
ALTRE ASSOCIAZIONI
totale
125
I soldi sono stati restituiti?
Uno degli indicatori per valutare lo stato di salute di un programma
di finanziamento è il grado di solvenza dei crediti erogati, ovvero la percentuale dei soldi prestati che vengono restituiti. Gli istituti di ricerca ci
riferiscono che nel sistema del microcredito a livello mondiale, nei maggiori istituti che erogano il microcredito, il grado di solvenza è superiore
al 90% (vedi L. Becchetti, Il Microcredito, Il Mulino, 2008) mentre la
Commissione Europea rileva che a livello comunitario la soglia scende al
63% . Fonti della Banca d’Italia elaborati dal CGIA di Mestre ci riferiscono invece che nel sistema bancario classico il grado di solvenza delle
grandi imprese a dicembre del 2011 è del 78,3% (in Puglia 75,1%).
E il nostro progetto Barnaba?
Dei 36 finanziamenti solo 4 sono stati escussi. Degli altri 32 finanziamenti, 20 hanno già restituito completamente il prestito, 11 sono in regolare corso di restituzione puntuale, 1 ha restituito in parte.
Secondo il numero di finanziamenti il grado di solvenza di Barnaba è
pari al 89%. Mentre secondo il credito erogato (come da definizione) il
tasso di rientro è del 90,2%.
126
Il risultato dunque è pari alla media internazionale e di gran lunga
superiore a quella europea. Ricordiamoci sempre che stiamo parlando
di soggetti considerati “non bancabili”, giovani, che non hanno una
solida esperienza dal punto di vista imprenditoriale, che non hanno
altre fonti di reddito nella maggior parte dei casi. Proprio nei casi di
escussione ci si è trovati di fronte a soggetti deboli, provenienti da contesti, da storie di vita segnate dalla fragilità, per cui confrontarsi con
uno strumento che richiede responsabilità e capacità di gestione economica è risultato difficile.
È anche utile considerare che per i soggetti destinatari, il microcredito rappresenta l’unica opportunità per essere finanziati. La fiducia
ottenuta della rete di relazioni positive che si sono create attorno, impegna ancora di più il giovane ad onorare l’investimento. Probabilmente
la prossimità della rete di conoscenze create nella parrocchia, nella
Caritas, nel Progetto Policoro, diventa per Barnaba una strategia determinante per raggiungere tali obiettivi in rapporto al grado di solvenza
del credito.
Quanto tempo occorre per avere il prestito?
L’erogazione del prestito avviene attraverso tre passaggi fondamentali: elaborazione del progetto e presentazione della domanda, approvazione della Commissione diocesana, approvazione finale ed erogazione da
parte di Banca Etica. Dalla data di presentazione della richiesta alla data
di accreditamento del finanziamento trascorrono da un minimo di 2 mesi
ad un massimo di 14 mesi. In alcuni casi infatti la domanda se corredata
da tutti i documenti occorrenti e se non necessita di particolari valutazioni perché completa di ogni informazione, viene subito valutata dalla
Commissione locale e presentata a Banca Etica che nel giro di tre mesi è
riuscita a erogare il contributo per più del 50% delle domande. Di solito
si superano i 4 mesi quando sopravvengono altri fattori e ritardi, di solito imputabili alla incompletezza della domande, alla non chiarezza del
progetto, a problemi di vario genere legate al soggetto richiedente. Sono
comunque tempi di gran lunga inferiori rispetto ai finanziamenti sia
degli istituti di credito privati che delle agenzie di credito di natura pubblica, per i quali si prevedono in media 6-7 mesi per il credito mirato allo
start-up.
127
Quante attività lavorative sono state create?
I gesti concreti finanziati con il microcredito di Barnaba sono 31. Essi
non corrispondono al numero dei finanziamenti perché in alcuni casi
sono stati richiesti più interventi per la stessa azienda. E non tutti sono
nati al momento della richiesta del microcredito. Infatti la scheda tecnica,
oltre alla possibilità di chiedere più finanziamenti per lo stesso richiedente, prevede anche che possono essere finanziate delle imprese già esistenti che attraverso il prestito di Barnaba intendano assumere dei giovani o
salvaguardare dei posti di lavoro. Per 27 di queste microimprese il prestito è servito per il cosiddetto “start-up”. Per le altre 4 il prestito ha dato la
possibilità di realizzare degli investimenti tesi a creare nuovi posti di
lavoro o a salvaguardare quelli esistenti.
Di queste 31 aziende nate o sostenute dal 2004 al 2012, solo 8 di esse
hanno chiuso l’attività, mentre le altre 23 restano in esercizio. Questo dato
va confrontato con quello fornito dalla Camera di Commercio di Bari: in
Andria le nuove attività aperte hanno una vita media pari a 5 anni. Non ci
inoltriamo nella lettura di questo fenomeno che può avere tante ragioni,
ma ci limitiamo a raffrontarlo con il nostro, dove molte di queste nuove
aziende costituite da giovani, lo ribadiamo “non bancabili”, hanno superato questa soglia e procedono in molti casi senza particolari difficoltà.
128
Che tipo di attività sono state finanziate?
Le attività finanziate spaziano nei vari settori economici. In particolare i giovani hanno privilegiato l’orientamento verso le attività di natura commerciale, soprattutto legate all’agroalimentare. Seguono le attività
artigianali e manifatturiere e di servizi alla persona. Scarsa rilevanza
hanno avuto gli investimenti in un settore storicamente trainante dell’economia dei tre comuni della Diocesi, ovvero quello dell’agricoltura.
Mettiamo in rilievo invece 5 gesti concreti che hanno realizzato il proprio
investimento in attività culturali e in formazione.
Di queste 31 microimprese giovanili, 3 sono cooperative, 4 sono associazioni culturali, 4 sono società. Il resto (20) sono essenzialmente ditte
individuali.
129
Riportiamo l’elenco di alcune delle attività finanziate in esercizio:
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
130
Agenzia Immobiliare DI NOIA, di Alessandro Di Noia (Andria)
ARTE&DECORI , di Campanile Vincenzo (Andria)
Ass. culturale “ARCO RIFLESSO” (Andria)
Associazione culturale “IL SOLSTIZIO” (Andria)
Associazione teatrale “TEATRO MINIMO”(Andria)
Associazone culturale ARCI “ARTIFICIO” (Andria)
Autolavaggio DLF, di Di Lernia Francesco (Andria)
Azienda Agricola NALLI (Minervino)
B&B POGGIO TAFURI, di Marco Selvarolo (Andria)
BAR DICA, di Michele e Giuseppe Di Canosa (Minervino)
Confezione BETTY, laboratorio confezione intimo, di Policastro
Benedetta (Andria)
Coop. soc. L’ALBERO (Minervino)
Coop. soc. GEMMA (Andria)
FRUTTA E VERDURA, di Brizzi Rachele (Minervino)
MACELLERIA di D’Amore Giuseppe (Andria)
SC FRESCO, distribuzione prodotti alimentari, di Simone Pierpaolo
(Andria)
SCUOLA DI MODA di D’Avanzo Angela (Andria)
SOLUZIONI ENERGIA, di Rustico e Petruzzelli (Andria)
TAPPEZZERIA GAR, di Rella Gianluca (Andria)
Vendita ambulante di Frutta e Verdura di Liso Vincenzo (Andria)
Studio di Diagnosi e riabilitazione psicologica, di Tota e Agresti
(Andria)
Baby Planet 2, ludoteca e nido (Andria)
Al 15 giugno 2012 dunque contiamo 36 finanziamenti realizzati, per
un totale di € 205.000 di credito erogato, 31 gesti concreti sostenuti, di cui
27 nella fase di start-up.
Quanti posti di lavoro sono nati?
Il più importante obiettivo del Progetto Barnaba è quello di creare
nuovi posti di lavoro per i giovani sul territorio. La ricerca di questo risultato è stata abbastanza complessa sia per la diversa natura delle imprese,
sia per le varie vicissitudini che queste hanno attraversato, sia per le
diverse tipologie contrattuali presenti. Diventa difficile valutare quanti
sono stati i nuovi posti di lavoro creati, perché in alcuni casi si è trattato
di salvaguardare delle posizioni lavorative già esistenti. In altri casi alcuni lavoratori in nero o precari, attraverso la nascita dell’attività hanno
regolarizzato la loro posizione lavorativa. In molti altri si è trattato di veri
e propri nuovi posti di lavoro, per cui abbiamo preferito aggregare il dato
per l’insieme delle 31 attività, sia che siano ancora in esercizio o che
hanno cessato, distinguendo i rapporti economici con l’organizzazione
finanziata in diverse classificazioni.
131
I SOCI - Innanzitutto coloro che risultano (o sono risultati) titolari o
soci delle imprese o delle associazioni dei 31 gesti concreti, sono in totale
76, e questi li possiamo definire i destinatari diretti del microcredito. Tra
questi alcuni sono lavoratori, soprattutto per le ditte individuali, altri collaborano, altri sono volontari nelle associazioni e cooperative, altri ancora sono semplici soci.
I LAVORATORI - Coloro che possono considerarsi lavoratori sono 63
: tra questi ci sono i titolari delle imprese individuali, i dipendenti di tutti
i 31 gesti concreti, i soci lavoratori delle cooperative sia in regime di lavoratore dipendente che di lavoratore autonomo.
I COLLABORATORI - Quanti prestano diversi servizi all’interno delle
organizzazioni ma non sono dipendenti (rappresentanti, consulenti,
addetti commerciali, collaboratori occasionali, ecc.), sono in tutto 50.
I VOLONTARI - Nelle cooperative e associazioni contiamo anche un
numero di 26 volontari.
Ovviamente occorre valutare anche i destinatari indiretti (che rimandiamo all’analisi qualitativa del prossimo capitolo) che individuiamo
soprattutto nei nuclei familiari dei destinatari diretti, in particolar modo
di coloro che hanno trovato un nuovo lavoro.
132
Il Progetto Barnaba
le storie delle imprese
Simona Inchingolo 54
Dopo le analisi numeriche del precedente capitolo sull’anagrafica
delle attività, passiamo ora ad analizzare, qui, le storie monitorate di
alcune delle imprese che il Progetto Barnaba ha sostenuto in questi anni,
sottolineandone alcuni aspetti qualitativi.
Per fare questo ci siamo avvalsi di un questionario che abbiamo consegnato ai “gesti concreti” beneficiari del microcredito, nel quale abbiamo
chiesto direttamente agli interessati quale tipo di ricaduta ha avuto il prestito di Barnaba nella sua attività di impresa, per la sua famiglia, per i
suoi dipendenti, e in generale nel contesto sociale in cui vive (relazioni,
clienti, rete).
1.
2.
3.
4.
L’analisi si è svolta su 4 macroaree di indagine :
I risultati economici dell’attività
L’incidenza del microcredito
I rapporti con l’ambiente e la comunità locale
Valutazione del Progetto Barnaba
Il questionario è stato compilato tra febbraio e maggio 2012 da 22
“gesti concreti”.
La rilevazione dunque non è stata svolta su tutto il campione, ma su
circa il 60% dei casi. Abbiamo escluso le ultime attività finanziate, per
ragioni temporali e di contemporaneità tra erogazione del finanziamento
e rilevazione, le attività estinte, per impossibilità a rilevare l’esperienza, e
quanti non hanno voluto partecipare.
Costruire degli indicatori per la valutazione del progetto, o comunque
riferirci ad una letteratura consolidata, è risultata impresa ardua. Gli stes-
54 Presidente Cooperativa Filomondo. Andria.
133
si ricercatori sul microcredito non hanno ancora elaborato strumenti validi e condivisi per questo lavoro. Nel nostro piccolo abbiamo elaborato in
maniera molto semplice alcuni schemi e tabelle che ci rappresentano
quanto più fedelmente la realtà, rimandando a una trattazione più scientificamente radicata l’indagine qualitativa del progetto. Per questo motivo la Caritas Diocesana di Andria, quale tra gli organismi intermedi pionieri del microcredito in Italia, ha già avviato una collaborazione con
l’Ente Nazionale per il Microcredito nell’individuare sempre migliori criteri di analisi e valutazione “ex ante” e “ex post” , che finora trovano corrispondenza con quanto presenteremo di seguito.
1. I risultati economici delle attività
Il valore aggiunto del microcredito è proprio il beneficio che questo
porta non solo al titolare dell’impresa – associazione – cooperativa, ma
alle persone che entrano nel mondo del lavoro, assieme al titolare, e in
ultima analisi, ma non meno importante, al nucleo familiare di riferimento che beneficia di un aumento di benessere complessivo. Il numero
di persone coinvolte nei 22 progetti monitorati ammonta a 52, ovvero i
componenti del nucleo familiare dei titolari di imprese. Un buon risultato se si considera che in 8 casi i rappresentanti legali delle varie imprese
dichiarano di essere single e di non abitare assieme al nucleo familiare di
origine.
134
Esaminiamo ora il numero dei componenti di ogni nucleo familiare
coinvolto nel progetto
Come detto, in 8 casi si tratta di giovani single, ma con la prospettiva
di creare famiglia, 2 coppie e ben 12 famiglie con figli.
Dopo questa prima panoramica, entriamo nello specifico dell’indagine qualitativa, prendendo in considerazione le storie dei giovani protagonisti e le loro motivazioni che li hanno portati a credere nel microcredito
come fonte di risoluzione delle proprie difficoltà.
Alla domanda: Racconta la tua storia, le vicende sono molteplici, ne
riportiamo le più significative:
realizzare un sogno: un’attività di prodotti freschi e alimentari e superare una fase di crisi economica e apertura di un punto vendita per frutta e
verdura, dopo l’esperienza precedente con una bancarella;
far nascere un laboratorio artigianale di tendaggi dopo anni di apprendistato, decidendo di mettersi in proprio;
far sorgere, in un’antica masseria di propria proprietà, un Bed and
Breakfast, ristrutturando alcune stanze utili per l’attività;
aprire una macelleria in proprio e lavorare in modo onesto;
dopo anni di lavoro sommerso, realizzare una ditta di confezionamento e
stiratura di biancheria intima;
attività ambulante di frutta e verdura in attesa di un rientro occupazionale;
135
vendita ambulante di frutta e verdura dopo problemi con la giustizia;
nascita di un contenitore culturale fatto di giovani artisti, per dare la possibilità all’arte di emergere in tutte le sue forme;
apertura di un autolavaggio dopo un licenziamento;
dopo la morte del marito e delle tasse inaspettate sulle proprietà, si cerca
di continuare a sostenere la stessa attività gestita dal figlio;
per poter sviluppare processi di integrazione sociale e comunitaria di
diversamente abili e donne svantaggiate si è promossa la nascita di una
lavanderia ecologica, stireria e piccola sartoria;
apertura di un bar nel proprio paese di origine dopo aver lavorato fuori;
ampliamento dell’attività familiare con l’apertura di un’altra attività per
allargare la propria offerta sul mercato nazionale.
Come si evince da queste battute, i sogni sono molteplici ma tutti indirizzati a poche ragioni: mettersi in proprio per non dipendere da altri,
mettere in atto le proprie competenze, emergere dal lavoro sommerso,
investire sulle risorse del territorio.
Alla domanda: “A cosa è servito il microcredito ?” , i nostri interlocutori quasi telegraficamente rispondono:
acquisto di un nuovo mezzo per la vendita e acquisto di strumenti finalizzati all’attivazione del servizio di lavanderia;
creazione del primo catalogo, del sito web, minimo stoccaggio dei prodotti per il magazzino;
a sostenere l’investimento iniziale di start – up per l’apertura dell’attività;
coprire parte del debito per il riscatto dell’azienda nei confronti dei vecchi soci;
ad allestire e restaurare la sede che avevamo;
ad acquistare un motocarro e ad effettuare un primo carico di merce e ad
acquistare un mezzo e pagarsi la licenza e l’apertura della partita iva;
a poter investire in anticipazione sui progetti man mano concepiti sul
piano produttivo, distributivo e di ospitalità per le programmazioni;
a sostenere l’attività che attraversava un periodo di crisi;
136
Da queste sintetiche frasi si deduce che il microcredito è stato utile per
poter effettuare il primo passo all’interno del mondo del lavoro: per alcuni, con la ristrutturazione e adeguamento della sede, per altri con l’acquisto di attrezzature specifiche, per altri ancora per rimettere in moto quell’attività che non era più fruttuosa nel mondo del lavoro; in alcuni casi è
servita a far nascere realtà associative dedite alla messa in opera delle loro
passioni e renderle anche fonte di reddito. La nota sottile che si coglie tra
tutte queste storie e, che solo in un’intervista emerge in maniera netta, è
la motivazione fiduciaria, che il microcredito ha come obiettivo primario:
la volontà di dare fiducia al prossimo (in queste storie i protagonisti sono
giovani), e di motivare gli stessi a credere nel proprio futuro e ad impegnarsi per renderlo sempre idoneo alle proprie aspettative.
Nel questionario rivolto ai nostri interlocutori è stato chiesto anche
quali sono stati i punti di forza e i punti di debolezza della propria attività, che ovviamente variano di settore in settore. Riassumerle in un unico
schema ci può dare la percezione di quello che per il nostro campione
sono stati i criteri per i quali sono state fatte determinate scelte di attività
piuttosto che altre, quali sono gli assetti sui quali costruire il proprio lavoro, l’idea di positivo o negativo che può segnare la storia di una azienda
nel nostro contesto.
PUNTI DI FORZA
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
idea innovativa e creativa,
lavoro familiare
l’ottima qualità del lavoro artigianale
abilità nella gestione delle vendite
la competitività dei prezzi
l’ubicazione dell’attività
diventare protagonisti dello sviluppo economico
la richiesta di lavoro nonostante la crisi
aver puntato su prodotti freschi
l’esperienza maturata fin da piccoli nel settore
l’originalità degli eventi organizzati
il contatto umano e la professionalità
la diminuzione dello svantaggio sociale
considerare il cliente non un numero bensì una persona
137
PUNTI DI DEBOLEZZA
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
–
lavoro legato alla fortuna della giornata
insolvenza di debiti
un regime fiscale pesante
mancanza di serietà professionale dei fornitori
i pochi soldi
popolazione giovanile in decrescita nel proprio paese
diminuzione di frequenze ai corsi organizzati
la saturazione del mercato del lavoro
il pagamento delle utenze
crisi nel settore immobiliare
dover essere sempre pionieri di una mentalità artistica
dover convincere sempre istituzioni e privati
ad investire su questo “nuovo” settore
concorrenza sleale di chi lavora in nero
Questi punti di debolezza sono chiaramente gravi e meno gravi a
seconda delle attività nelle quali si è investito, ma tale domanda aveva
anche l’obiettivo di capire come questi intoppi fossero stati superati dai
diretti interessati; infatti, alla domanda successiva n.3- “Come hai superato tali difficoltà?”, gli interlocutori hanno risposto in questo modo:
lavorando anche più del necessario con molto sacrificio,
i primi nostri clienti sono stati la forza per proseguire l’attività e pagare
le prime spese,
grazie all’aiuto dei miei genitori, della famiglia e di alcuni conoscenti,
della Chiesa e del microcredito,
con tenacia e passione e amore per il teatro,
facendo leva sulle mie capacità,
cercando sponsor,
umiltà di non conoscere tutto e di imparare sempre,
impegno costante.
È stato chiesto successivamente (n.4) se, dopo aver avviato lo start –
up dell’azienda, fossero stati realizzati altri importanti investimenti per
l’impresa.
138
È da notare che più della metà non ha effettuato altri investimenti per
la propria attività, quasi a significare che l’investimento principale è stato
fatto all’inizio, ma in ben 9 casi ciò è avvenuto (acquisto della casa o dei
locali per l’attività, attrezzature varie e mezzi per incrementare le proprie
attività), segnale di crescita per le imprese.
L’altra domanda è stata: n. 5 -“Complessivamente come giudichi
l’attività nata e sostenuta dal Progetto Barnaba?”
A questa domanda gli intervistati hanno optato per più risposte a loro
disposizione.
139
In complesso la maggior parte delle risposte sostiene che l’attività
nata grazie al Progetto Barnaba alterna fasi di alti e bassi; un’altra buona
parte sostiene che l’attività ha avuto un’appendice positiva ed ha avuto
successo; c’è anche però chi sostiene che la propria attività fatica ad emergere e che andrebbe ripensata e rinnovata. Notiamo anche una risposta
negativa rispetto alle altre; qui l’interlocutore sottolinea che questa esperienza è stata un fallimento. Nell’insieme possiamo sostenere che molte
attività, pur con fatica, riescono a sopravvivere. Questa situazione va letta
nel contesto sia temporale in cui è stato svolto il questionario, sia territoriale. Sappiamo ad esempio come sulla città di Andria la vita media delle
partite iva aperte dai giovani si attesta sui 5 anni.
2. Il microcredito
La seconda parte del questionario affronta il tema più ampio del
microcredito; è stato, quindi, chiesto agli intervistati nella domanda n. 6
cosa avessero realizzato grazie all’opportunità del microcredito, sintetizzando la domanda aperta della precedente sezione:
140
Notiamo dalle risposte date come il micro – credito (piccolo credito
appunto) sia servito per compiere micro – azioni iniziali, permettendo
l’avvio delle attività rispettive, dando la possibilità di acquistare mezzi e
attrezzature specifiche occorrenti, saldando debiti arretrati e avviando
lavori di ristrutturazione delle sedi delle proprie attività. Ricordiamo a tal
riguardo che possono usufruire del prestito anche imprese già esistenti.
7. Quali sono stati gli investimenti significativi dopo quelli realizzati con il
microcredito?
La domanda n.4 si riferiva all’investimento di start up, invece questa
è più diretta sul microcredito. Dal confronto delle due domande possiamo evincere che la somma prestata con il microcredito, spesso è coincisa
con quella dello start-up, e quindi è stata sufficiente a soddisfare le esigenze del richiedente. Per la maggior parte degli intervistati non ci sono
stati ulteriori investimenti a seguito del microcredito, notiamo che un
buon 30% degli stessi, invece, ha dichiarato di aver messo in circolo
l’esperienza del microcredito e di aver investito in acquisti vari, assunzione di personale e aver deciso di costruire una propria casa.
141
8. L’attività per la quale hai chiesto il microcredito riesce a soddisfare i bisogni
materiali/essenziali della tua famiglia?
Questa domanda appare importante per considerare il grado di dignità delle persone che hanno creduto nel microcredito e per analizzare se
davvero tali attività, con il passare del tempo, si sono rivelate vincenti e
stabili all’interno del mercato del lavoro. I beneficiari del microcredito
grazie all’attività avviata riescono a soddisfare i bisogni della propria
famiglia. Nella restante parte, in molti casi, stiamo parlando di cooperative e/o associazioni nelle quali l’intervistato è il rappresentante legale e
non percepisce reddito dalle attività.
Infatti successivamente veniva chiesto agli interlocutori (domanda
n.9) se fossero in possesso di altre fonti di reddito (altri lavori) oltre all’attività nata dal Progetto Barnaba.
Anche qui si evidenzia la maggioranza delle risposte negative, segno
che l’attività nata dal Progetto Barnaba, per quasi tutti gli intervistati,
resta la sola fonte di reddito e di attività. Nei “sì” occorre sempre considerare quanto detto precedentemente.
Si passa ora ad analizzare come i nostri interlocutori giudicano complessivamente l’attività nata o sostenuta dal Progetto Barnaba; anche qui
le risposte sono già predefinite e quindi gli intervistati hanno indicato la
risposta già formulata nella domanda 10:
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Complessivamente le varie attività hanno iniziato a muovere i primi
passi; questa risposta dà conferma a ciò che il microcredito del Progetto
Barnaba si prefigge: aiutare a partire!
Ci sono stati anche casi in cui, grazie a tale sostegno, si sono potuti
fare importanti investimenti o vitali investimenti: chi ha potuto risollevare la propria attività, chi ha migliorato il suo investimento. Non mancano
alcune risposte negative che ci offrono una panoramica completa e veritiera sul progetto.
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11. A seguito del microcredito, il reddito disponibile per te e la tua famiglia è:
Per il 60% il reddito disponibile della propria famiglia è aumentato,
dunque sono famiglie che possono godere in pieno dei benefici prodotti.
Gli altri non dichiarano che il reddito è diminuito, ma piuttosto le condizioni economiche sono rimaste uguali. Tra questi ci sono sempre coloro
che non hanno un beneficio diretto dell’azienda.
La domanda successiva chiedeva agli intervistati:
12. “Credi che la tua attività se non avesse ricevuto il Microcredito…”:
144
Notiamo con evidenza che la maggior parte delle risposte affermano
che senza il microcredito la loro realtà non sarebbe nata, addirittura in tre
interviste questa tesi viene a sua volta esplicitata; c’è chi invece, sostiene
che la propria attività sarebbe andata avanti lo stesso e che avrebbe ottenuto soldi anche da un altro istituto di credito; ancora, in tre casi, si
riscontra come, senza il microcredito, l’azienda non avrebbe avuto lo stesso rendimento. In questa risposta evidenziamo di aver raggiunto uno
degli scopi principali del microcredito: riconoscere il diritto al credito, ad
includere i soggetti definiti “non bancabili” nel mercato finanziario, a
dare cittadinanza piena a coloro che il sistema economico esclude. Questo
diritto è stato riconosciuto per il 72% dei nostri beneficiari.
L’ultima domanda (n.13) della sezione dedicata alla tematica del
microcredito chiede agli intervistati quanto ritengano che la loro attività
sia conforme con i seguenti valori contenuti nel Codice Etico del Progetto
Barnaba.
145
Molta importanza viene data al rapporto con il cliente, a mantenere
uno stile di fiducia e responsabilità verso di esso. È in fondo il principio
della nuova economia di mercato, tutta orientata alla soddisfazione dei
bisogni del cliente piuttosto che sul prodotto finale. Sorprende anche la
forte propensione a considerare prioritario tra i valori etici, quello del
rispetto dell’ambiente.
Non si è ancora compresa invece l’importanza del ruolo sociale delle
aziende quali sostenitrici della comunità in cui vivono, ovvero la capacità di considerare il proprio guadagno non esclusivamente in senso privato, ma collettivo.
3. Rapporti con l’ambiente e con la comunità locale
In questa sezione cercheremo di capire se gli intervistati hanno idee
progettuali di espansione della propria realtà e se questa è riuscita a creare rete nel quartiere dove è ubicata; inoltre, se ha avvertito l’attenzione
della comunità ecclesiale nel sostegno della sua attività.
La prima domanda chiede: 14 -“A seguito del microcredito la tua
attività ha inserito o è riuscita a far inserire nuovi lavoratori nella tua
azienda o nelle altre?”
146
Anche se 2/3 delle aziende sostengono di non aver assunto nuovi
lavoratori, in quanto la maggior parte sono state pensate come imprese individuali, dobbiamo notare che, invece, 1/3 degli intervistati ha
dichiarato di aver assunto altro personale (familiari in alcuni casi); in
un caso sono stati assunti 8 lavoratori; un’altra storia da segnalare è
quella delle realtà teatrali che pur non assumendo personale, riescono
però a mettere in rete e a far conoscere altri attori, comparse sconosciute e a inserirli nel contesto cittadino o nei contesti nei quali essi si esibiscono.
15. Nelle previsioni future di sviluppo dell’azienda pensi di poter assumere
nuovi dipendenti?
Più della metà degli intervistati sostiene di aver intenzione di aumentare il numero di lavoratori, segno che la solidarietà non esita a farsi presente qualora vi siano le condizioni per farlo; notiamo che quasi la metà
delle persone che hanno risposto negativamente, motiva la risposta sostenendo che si tratta di aziende individuali o di attività semplici che non
hanno bisogno di forza – lavoro.
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16. Come sei inserito nel quartiere di riferimento? (numero giornaliero di clienti, tipo di richieste dei clienti, rapporti con concorrenti, amicizie acquisite
grazie all’attività, rapporto con il quartiere/ città). Come lo giudichi?
Le risposte sono molteplici; alcuni punti in comune li riportiamo di
seguito:
è importante avere relazioni di amicizia e di fiducia, con clienti e fornitori. Esse hanno aiutato la mia attività;
le pubbliche amministrazioni hanno avuto molto interesse per la nostra
attività;
grazie al passaparola molti hanno conosciuto la mia attività;
è entrata in atto la generosità frutto dello stile del buon vicinato.
17. Hai avvertito l’attenzione della comunità ecclesiale nel sostegno della tua
attività?
Le risposte sono molteplici; passiamo da un buon numero di intervistati che sostengono di aver ricevuto molta, assidua e abbastanza attenzione da parte della comunità ecclesiale fino ad un altrettanto buon
numero di risposte che invece, considerano questa attenzione poca e
insufficiente. Questo dato ci deve far riflettere su come, molte volte il territorio nel quale un’attività è inserita non è molto conosciuto o esplorato
dalle comunità ecclesiali di appartenenza, a tal punto che non si conoscano affatto queste realtà e non si instauri quel rapporto di rete tra territorio e comunità ecclesiale di appartenenza, come anche si evince che la rete
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che si intende creare con la lettera di presentazione del parroco rimane
per lo più un atto formale.
18. Hai avvertito la vicinanza, il sostegno, l’accompagnamento del Progetto
Policoro nella figura degli animatori di comunità o dei sacerdoti responsabili?
Gli intervistati sostengono in maggioranza di aver avuto un grande
aiuto da parte degli animatori del Progetto Policoro e dei sacerdoti
responsabili; in un caso si sottolinea addirittura che l’aiuto è stato fondamentale. I pochi casi negativi interrogano l’equipe del Progetto su quali
altri azioni compiere per coinvolgere meglio i gesti concreti.
19. Hai partecipato ad iniziative che ti hanno proposto il Centro Polincontro o la
Caritas diocesana? Quali?
20. Hanno avuto un impatto positivo (pubblicità, esposizione, interessanti) o
negativo (perdita di tempo, inutile, cose che già sapevo) sulla condizione della
tua attività?
Anche se la maggior parte non ha partecipato a nessun incontro o iniziativa proposta dalla Caritas diocesana in seguito all’avvio dell’attività
(in molti casi non è stato nemmeno proposto), risulta molto positiva
l’esperienza per coloro i quali, invece, hanno avuto la possibilità e la
volontà di prendervi parte, in quanto dichiarano che la partecipazione ad
eventi di promozione di progetto come testimonial, o in esposizioni o altro
hanno contribuito a far conoscere la realtà realizzata e sponsorizzarla.
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Occorre pertanto coinvolgere sempre di più la varietà dei gesti concreti nelle iniziative create appositamente dal Progetto Policoro per la messa
in rete e gli scambi di reciprocità dei gesti.
4. Valutazione del Progetto Barnaba
In quest’ultima sezione del questionario viene chiesto agli intervistati un giudizio complessivo sull’esperienza del microcredito e del Progetto
Barnaba.
21. Hai chiesto un secondo finanziamento al Progetto Barnaba o direttamente a
Banca Etica? O saresti disposto, nel caso avessi necessità, a richiedere un
secondo Microcredito?
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Ben 13 intervistati sarebbero disposti a considerare l’eventualità di
ricorrere di nuovo al microcredito, segno che l’esperienza è stata positiva;
altri, invece, hanno già chiesto un secondo finanziamento e lo hanno ottenuto. Solo un caso pare in forte contrasto con l’idea comune, perché
sostiene Banca Etica e il progetto Barnaba uguale agli altri istituti di credito. 5 persone, invece, al momento non hanno intenzione di usufruire di
altri finanziamenti di microcredito.
22. Secondo te in cosa andrebbe rivisto e migliorato il Progetto Barnaba?
L’esigenza principale è quella dell’aumento dell’ammontare del credito e della maggiore divulgazione della proposta; seguono poi, l’esigenza
di accompagnamento all’azienda e la voglia di proporre maggiori iniziative per mettersi in rete e reciprocità. Considerando che l’ammontare del
prestito massimo concedibile dipende dalle disponibilità del fondo di
garanzia, possiamo affermare che per tutti gli altri requisiti tecnici vi è
una sostanziale approvazione da parte dei beneficiari.
23. Complessivamente come valuti l’esperienza del microcredito?
Per quasi tutti i gesti concreti l’esperienza è stata positiva e comunque
in nessun caso viene affermato che, aver partecipato a questo progetto di
151
microcredito, è stato negativo. Queste dichiarazioni non vanno messe in
relazione con la domanda n. 5 sul giudizio della propria attività, dove si
evidenziavano delle criticità, in quanto qui stiamo considerando esclusivamente la partecipazione al microcredito.
L’ultima domanda della sezione chiedeva agli intervistati se si fossero fatti promotori o sostenitori della catena di solidarietà innescata dal
Progetto Barnaba attraverso attività o iniziative particolari.
Coloro che hanno sostenuto il progetto Barnaba lo hanno fatto
soprattutto attraverso la testimonianza in Convegni e dibattiti sul tema
in cui si è promossa la raccolta fondi sul progetto e l’informazione delle
opportunità che esso riserva per i giovani. Altri invece si sono fatti loro
stessi protagonisti e promotori di iniziative, in particolare eventi teatrali
e di spettacolo. Altri ancora hanno sostenuto le botteghe del commercio
equo solidale acquistando i prodotti del sud del mondo. Ma per tutti
sono state importanti le relazioni di incontro diretto in cui hanno promosso l’idea del progetto presentando quanto avevano fatto, e quello
che si potrebbe fare innescando questo meccanismo di microeconomia
sul nostro territorio.
L’ultima parte del questionario dal titolo “Parole in libertà” è appunto uno spazio non definito nel quale gli intervistatori potevano aggiungere considerazioni, attenzioni, ringraziamenti, ecc.
152
Sono le parole dei diretti protagonisti, che utilizziamo come chiusura
di questa analisi qualitativa sul Progetto Barnaba, le quali riassumono
meglio di qualunque altra valutazione di impatto economico e sociologico, la validità di questa particolare esperienza decennale, che non esitiamo a definire “buona prassi”.
“Devo solo ringraziare, perché con Barnaba sono riuscito a reinserirmi
nella società e nel mondo del lavoro, altrimenti non sapevo come fare”.
“Penso che occorrerebbe dare più visibilità a questo progetto, poiché
molta gente non conoscendone l’esistenza non ne può usufruire. Sarebbe
anche auspicabile l’aumento del finanziamento concesso”.
“Penso che la Caritas, gli animatori di comunità come anche Banca Etica
stiano dando abbastanza a noi e al Progetto”.
“Maggiore organizzazione di rete finalizzata alla pubblicizzazione delle
attività promosse dal progetto Barnaba”.
“Voglio dire grazie a tutti perché ho potuto intravedere una soluzione
dopo 16 anni di una situazione particolare e difficile da affrontare che mi
pendeva sulla testa”.
“Ai giovani voglio dire che per iniziare un’attività o portare avanti un
lavoro al giorno d’oggi significa fare molti sacrifici, come lo era una volta.
Purtroppo girano pochi soldi e con quei pochi soldi bisogna vivere; certe
spese inutili o certi sfizi oggi non è più possibile affrontarli e quindi bisogna tornare indietro ad una vita più semplice. Mi auguro che le tasse nei
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confronti delle attività diminuiscano, ma anche per i consumatori, altrimenti tutti gli stipendi e tutti i guadagni vengono spesi solo per pagare
le tasse e non per fare economia”.
“Il progetto mi va bene così come è”.
“Nessun difetto, è un’ottima opportunità che a noi è servita come il
pane”.
“Grazie”.
“Fatevi conoscere maggiormente”.
“Attenti sempre, com’è attualmente, a mantenere la caratteristica umana
del percorso e dell’esperienza, consoliderei l’aspetto divulgativo con azioni ed iniziative pubbliche in numero maggiore e continuative, con una
certa programmazione”.
“Vorrei richiedere un altro finanziamento per investire nella mia azienda
e per poter incrementare il lavoro”.
Riportiamo alcune storie di vita dei soggetti beneficiari per comprendere come la situazione di partenza, segnata dal bisogno, grazie al microcredito, si è evoluta diventando un gesto concreto.
Confezione Betty
Dopo tanti anni di lavoro sommerso presso una ditta di confezionamento e stiratura di biancheria intima, la signora B. decide di aprire una
attività in proprio. Nel 2009, B. dà vita a questa nuova attività che ad
oggi, ci conferma, ha riscosso favore nel proprio ambiente con un incremento di lavoro. La sua è stata una scelta coraggiosa, che è nata grazie
anche alla conoscenza, chiaramente acquisita nel suo lavoro da dipendente, di persone che avrebbero potuto garantirle il prodotto non lavorato in
modo continuativo. B. decide di passare da dipendente ad imprenditrice
perché si rende conto che da sola con il proprio stipendio non riesce a
garantire la serenità familiare. La sua storia si carica di un valore aggiunto, poiché in questa attività ha incrementato lavoro per sé, per suo marito, che si trovava presso la Casa Circondariale e che quindi non produceva alcun reddito e anche per sua cognata e il suo marito, implementando
una situazione di benessere a livello familiare. La scelta di rivolgersi al
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Gesto concreto:
la Scuola di Moda
di Angela D’Avanzo
Progetto Barnaba è scaturita dal confronto con la sorella, poiché il progetto Barnaba aveva già sostenuto suo nipote nella realizzazione della propria professione e dal sostegno di Alba, una volontaria della Casa di
Accoglienza “S. Maria Goretti”, che le aveva illustrato il progetto. Questa
possibilità è stata colta al volo da B., perché poteva realizzare il suo sogno
di avviare una attività in proprio, impedita fino a quel momento dalla
mancanza di liquidità.
Lei crede molto nel suo lavoro, che negli anni, è aumentato e, ci comunica, che vorrebbe chiedere un ulteriore finanziamento perché ha bisogno
di adeguare la propria attrezzatura alle nuove esigenze lavorative.
Associazione culturale
“Il Solstizio, homo faber fortunae suae”
Precisi nel raccontare la loro cronistoria, i protagonisti
dell’Associazione comunicano che l’apertura della loro sede è avvenuta il
25 marzo del 2010. L’idea nasce da Luigi Del Giudice, che promuove
l’apertura di questo contenitore culturale fatto di giovani artisti e organizzatori che tentano di offrire alla città uno spazio culturale nel quale
dare la possibilità all’arte di emergere in tutte le sue forme.
155
Dal 2010 ad oggi l’Associazione ha intensificato le sue attività e moltissime sono state le iniziative e gli spettacoli teatrali promossi e prodotti. Elencano, con minuziosa attenzione, tutto il loro programma ricco di
incontri, spettacoli e manifestazioni che hanno riscontrato sempre il favore dei propri soci e spettatori, che annualmente aderiscono
all’Associazione con il tesseramento, raccogliendo circa 200 adesioni.
Grazie al Progetto Barnaba è stato possibile allestire una sede sociale
e operativa, che per un‘Associazione culturale è, sia il luogo di incontro
dei propri associati, ma anche uno spazio fisico dove svolgere e organizzare le attività sociali.
Inoltre, l’Associazione “Il Solstizio” fin da subito si è aperta anche ad
altre realtà associative cittadine, con le quali ha realizzato diverse manifestazioni di carattere culturale. L’Associazione ha anche ospitato presso
la propria sede alcuni spettacoli di artisti del nostro territorio, offrendo
loro la possibilità di un palco, perché ad un artista non si nega mai un
palco.
I progetti futuri sono rivolti alla crescita e allo sviluppo di quello che
sta alla base della loro associazione: “Homo faber naturae suae”, con progetti interessanti in cantiere anche per questo anno.
Sostanzialmente si considerano una realtà che cerca costantemente di
coltivare le passioni artistiche e culturali di tutti, anche fra le mille difficoltà ed una crisi economica che non giova a nessuno. Grazie al Progetto
Barnaba tutti i nostri sogni sono diventati realtà.
Gesto concreto:
la sede dell’Associazione
culturale “Il Solstizio”
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Studio di diagnosi e riabilitazione psicologica
Le due psicologhe, Marilena e Francesca, hanno aperto uno studio di
diagnosi e riabilitazione psicologica, investendo nella loro competenza
professionale, acquisita sia attraverso gli studi che con le esperienze di
tirocinio e delle prime collaborazioni post lauream. Sono state infatti collaboratrici del Consultorio Diocesano e dell’Ospedale Bonomo di Andria
nel reparto neurologico, per via di una collaborazione con l’Associazione
Italiana Alzaimher. Oggi si ritengono soddisfatte delle loro attività svolte
e in corso d’opera all’interno e non del loro ufficio. Sostengono che i
miglioramenti si percepiscono. Le due psicologhe, sono già state convocate dalla Asl Bat come relatrici per la valutazione e la diagnosi psicologica.
Il progetto Barnaba è servito per ristrutturare e rendere più confortevole la propria sede, che hanno ricevuto in comodato d’uso. Questo investimento ha dato loro la possibilità di rendersi indipendenti per la loro
attività professionale. Loro sostengono che la sede è ubicata in una strada molto riservata, e ciò risulta favorevole per gli utenti che vi si rivolgono. Ci riferiscono le due dottoresse che sono i clienti che usufruiscono
delle proprie prestazioni, ad essere i primi a promuovere la loro attività.
Al momento continuano ad essere in due, ma affermano che appena
possibile coinvolgeranno altri colleghi nelle loro attività e che partecipano e promuovono gli incontri promossi dall’ordine nazionale psicologi.
Gesto concreto:
Studio di diagnosi
e riabilitazione
psicologica
dott.sse Agresti Francesca
e Tota Marilena
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Le loro prospettive, all’apertura dello studio, erano quelle di offrire
alla cittadinanza un servizio non ancora presente sul territorio con
l’obiettivo di promuovere il benessere psico – sociale e migliorare la qualità della vita e ritengono di sentirsi soddisfatte delle attività svolte.
Attualmente si percepisce una certa positività dell’andamento di questa nuova attività, con una sede idonea e con un’autonomia economica
buona.
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Monitoraggio del fondo fiducia e solidarietà
Francesco Delfino
Come per il Progetto Barnaba, proviamo a dare una lettura con indicatori quantitativi del microcredito di carattere socio-assistenziale
messo in atto con il progetto Fondo Fiducia e Solidarietà. Il progetto è
figlio del progetto Barnaba sia in termini temporali (nasce dopo) sia per
le necessità contingenti. Erano molti i soggetti che chiedevano credito ai
Centri di Ascolto della Caritas, attraverso i parroci e gli operatori pastorali, con il prestito di Barnaba, per sostenere situazioni differenti dalla
creazione di impresa. Si ritorna all’origine del problema che genera il
concetto di micocredito: l’accesso al credito. Il fenomeno è stato alimentato soprattutto dalla situazione di crisi finanziaria internazionale partita nel 2008, che ha cominciato a far sentire le conseguenze anche dalle
nostre parti negli anni successivi. Ovviamente lo strumento rispetto al
Progetto Barnaba è rivisto nelle modalità di erogazione, destinatari,
entità delle somme finanziate. Il meccanismo di funzionamento rimane
simile.
Il Fondo Fiducia e Solidarietà parte con le collette di Avvento 2008 e il
contributo dell’8x1000 di Caritas Italiana che vanno a costituire il fondo
di garanzia. All’inizio del 2009 si struttura il progetto con la definizione
delle modalità di accesso, la costituzione della Commissione Diocesana
in collaborazione con l’Ufficio diocesano di Pastorale familiare, la
Convenzione con Banca Popolare Etica, la divulgazione dello strumento.
Nel marzo del 2009, dopo la presentazione ufficiale durante il Convegno
diocesano delle caritas parrocchiali, cominciano ad arrivare le prime
richieste. Il primo finanziamento viene erogato il mese successivo.
L’analisi dei dati ha dunque un asse temporale che parte dal marzo
2009 e si conclude con i dati acquisiti nel giungo 2012.
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Richieste e Finanziamenti
A differenza del Progetto Barnaba, abbiamo voluto analizzare la differenza tra le richieste pervenute e i prestiti effettivamente erogati.
Questo perché la complessità delle richieste e delle situazioni individuali dei richiedenti hanno avuto una valutazione più attenta, poiché se nel
Progetto Barnaba la finalità dell’investimento è chiara, nell’intervento in
campo socio-assistenziale le considerazioni da farsi sono più specifiche
(situazione economica, situazione familiare, capacità di restituzione, analisi dei debiti pregressi, storia di vita, ecc.)
In questo primo grafico in cui mettiamo a confronto le richieste e gli
interventi effettuati, vediamo l’andamento di richieste e finanziamenti
anno per anno, direttamente proporzionali, con una impennata nel 2011,
con richieste superiori a 6 volte rispetto all’anno precedente. Anche nel
2012 a metà anno rileviamo già 5 prestiti effettuati, e dunque prevediamo
un trend simile all’anno precedente. Negli ultimi due anni in cui i riflessi della crisi si stanno avvertendo maggiormente, la richiesta di credito
rimane praticamente costante.
Con il Fondo Fiducia e Solidarietà si sono realizzati 17 progetti di
sostegno al reddito con il microcredito in soli 4 anni. Il credito complessivamente erogato è di € 46.300, a fronte di una raccolta nelle comunità
parrocchiali di circa € 24.000.
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L’entità massima del prestito per singolo intervento è fissato a € 3.000
e quindi in alcuni casi ci sono stati soggetti che hanno chiesto un importo inferiore. In altri invece, la Caritas Diocesana ha dovuto integrare con
altre somme le richieste superiori al massimo consentito. Si calcola un
importo di finanziamento medio di € 2.700 per intervento.
161
Ritornando alle valutazioni delle richieste, in questo grafico ad anello
rappresentiamo l’esito delle 36 domande, e a che passaggio queste si sono
fermate.
Ricordiamo che l’iter prevede un primo ascolto da parte degli operatori del Consultorio diocesano o della Caritas Diocesana, successivamente viene svolta una analisi socio-ambientale da parte della commissione
della Caritas Diocesana preposta alla valutazione delle richieste al Fondo
Fiducia e Solidarietà; se questo parere è positivo, la richiesta viene inoltrata alla Banca Popolare Etica, per la decisione finale. In alcuni casi (22%)
sono stati gli stessi richiedenti a ritirare la domanda.
Chi è stato finanziato?
Sesso
Prevale una componente maschile dei soggetti finanziati (le percentuali rimangono le stesse se consideriamo tutti i richiedenti).
Normalmente è sempre il capo famiglia a richiedere il prestito. Le donne
richiedenti sono segnate da situazioni in cui hanno dovuto farsi carico
della problematica familiare in quanto non sostenute dalla figura
maschile.
Provenienza
Le tre città in maniera quasi proporzionale alla popolazione residente
hanno beneficiato dell’intervento. Tra i 17 beneficiari, vi è la presenza di
un immigrato, e dunque come per il Progetto Barnaba, è stato utilizzato
questo requisito.
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Stato civile
La stragrande maggioranza dei beneficiari è sposato con figli. Nelle
altre due situazioni comunque si rileva la presenza del nucleo familiare.
Quindi l’identikit dei destinatari del microcredito socio-assistenziali sono
le famiglie, con una storia alle spalle, che si sono trovate in una situazione di forte vulnerabilità e per le quali il prestito diventa una “boccata
d’ossigeno” per il bilancio familiare. Questa rilevazione impegna la
Chiesa locale ad educare le famiglie alla gestione economica sana dei propri beni.
Età
L’età media dei beneficiari richiedenti è di 44 anni. Se suddividiamo i
beneficiari in classi di età al momento della richiesta, l’incidenza maggiore la ritroviamo sempre nella stessa fascia. L’analisi che possiamo fare è
che la mancanza contingente di credito non colpisce le giovani famiglie, né
i soggetti con una età avanzata, magari già protetti da un sistema di welfare pubblico, quanto soprattutto coloro che raggiungono una certa maturità e definizione del proprio nucleo familiare, e che vedono incrementare
le spese relative al sostegno scolastico dei figli, a sostenere situazioni
improvvise di perdita di stabilità lavorativa ed economica, non abituati al
cambiamento repentino, alla precarietà. Ad incidere è anche la mancanza
di sostegni da parte delle famiglie di provenienza (genitori-nonni).
163
Nucleo familiare
Tutti coloro che hanno fatto riferimento a questo strumento, fanno
riferimento a un nucleo familiare da sostenere. La famiglia media è composta da 4 componenti. Solo in un caso il nucleo è composto dai soli
coniugi. Nel grafico rappresentiamo le famiglie assistite per numero di
componenti. Per il genere di intervento possiamo affermare che la somma
dei componenti dei nuclei familiari assistiti rappresentano i destinatari
diretti del Fondo Fiducia e Solidarietà, e questi sono 66 soggetti.
Situazione Lavorativa
Non sempre la condizione lavorativa dei richiedenti è precaria o in
stato di disoccupazione, o lavoro nero e sottopagato. In alcuni casi ci si è
164
trovati di fronte a lavoratori autonomi, con una propria attività, o dipendenti di lungo corso. Questo rileva come la condizione di vulnerabilità
può colpire anche coloro che normalmente sono considerati esclusi da
questo fenomeno secondo una lettura oggettiva del fenomeno. In realtà
spese improvvise, condizioni di salute, aumento dei costi della vita,
impossibilità di accesso al credito, indebitamenti, fanno rientrare nella
condizione di rischio anche coloro che riteniamo essere in una relativa
sicurezza.
L’identikit che possiamo costruire del soggetto beneficiario standard
del Fondo Fiducia e Solidarietà è il capo famiglia maschio, sposato, con un
nucleo familiare di 4 componenti, tra i 40-50 anni, con i figli che frequentano la scuola dell’obbligo e che hanno una situazione lavorativa molto
precaria e poco protetta. È su questa tipologia di destinatari che nei prossimi anni si dovrà concentrare l’azione di prossimità della Chiesa Locale,
non solo sotto la forma dell’assistenza, ma anche a livello educativo, ad
esempio attraverso l’orientamento verso nuovi stili di vita sostenibili.
Per quali esigenze è stato chiesto il finanziamento?
Dopo aver osservato la provenienza sociale dei beneficiari, ci soffermiamo ora nell’analizzare la tipologia di bisogni manifestati, o per
meglio dire la destinazione verso la quale i soggetti finanziati hanno utilizzato il proprio prestito.
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Come possiamo vedere dal grafico, sono molte le esigenze manifestate, che non corrispondono al numero dei finanziamenti poiché gli stessi
possono essere utilizzati per diverse utilità, che possiamo aggregare in 2
tipologie.
Innanzitutto le necessità relative alla casa: pagamenti di rate arretrate
di affitto, regolarizzazioni di pagamenti di bollette scadute (gas, acqua,
luce, telefono), e ristrutturazioni edilizie necessarie.
Il secondo raggruppamento lo individuiamo nelle spese per diverse
necessità: spese relative all’istruzione, alla salute, a debiti precedentemente contratti a causa di forniture da lavoro, sanzioni, credito al consumo.
In alcuni casi in realtà, al di là del bisogno evidenziato, il microcredito ha risollevato il bilancio familiare che non poteva più sostenere le normali esigenze della famiglia (alimenti, indumenti, bollette, scuola, ecc.)
rappresentando un notevole sollievo anche psicologico per i beneficiari,
che altrimenti non avrebbero avuto via di scampo alla povertà, e a bussare ai nostri Centri di Ascolto per avere la classica assistenza (pacco alimentare, ecc.).
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Quale è il grado di solvenza?
Come già detto per Barnaba, il grado di solvenza può misurare lo
stato di salute di un progetto di microcredito, in quanto non è tanto da
correlare alla capacità di restituzione dei debitori, ma soprattutto alla rete
sociale che il soggetto gestore del microcredito, definito “Ente
Intermedio” dalla giurisprudenza di settore (nel nostro caso la Caritas
diocesana) riesce a costruire intorno al beneficiario, che corrisponde
anche alla fiducia, alla relazione, alla prossimità che viene instaurata con
gli operatori.
Per i 17 progetti di finanziamento in corso non possiamo definire un
tasso di rientro consolidato per il Fondo Fiducia e Solidarietà.
Applicando la formula si determina un 94% di credito che non è in sofferenza e sta rientrando. Nel 2012 rientreranno completamente i primi prestiti e possiamo essere in grado di rilevare il credito restituito, quello in
stato regolare di restituzione, il credito in sofferenza, il credito escusso.
Nei primi 4 anni dei 17 prestiti solo uno è stato escusso, ovvero il Fondo
di Garanzia ha coperto quanto non restituito. Queste eventualità ci fanno
comprendere il corretto funzionamento dello strumento di microfinanza
messo in atto e richiamano alla responsabilità comune di alimentare il
fondo.
167
Anche per il Progetto Fondo Fiducia e Solidarietà possiamo sostenere
che al centro dell’esperienza dei soggetti finanziati vi è un percorso educativo: la consapevolezza della vulnerabilità economica, la ricerca di soluzioni più strutturali e non esaustive del bisogno rilevato al momento,
l’impegno di medio-lungo periodo alla restituzione, la volontà di rimettere in moto attraverso il microcredito un circuito di solidarietà per l’intera comunità.
168
NUOVE SOLIDARIETÀ
Povertà e vulnerabilità: la casa fattore di protezione.
I risultati di una indagine della Caritas Diocesana di Andria
Natale Pepe 55
Il tempo della crisi è un tempo in cui l’abbassamento dei livelli di vita,
la flessibilità e la precarizzazione crescente del lavoro, la disoccupazione,
la consunzione dei legami, determinano una crescita della sofferenza
sociale. Essa colpisce fasce della popolazione italiana finora incluse in un
sostanziale benessere. La crisi finanziaria ed economica mondiale ha conseguenze dirompenti nel nostro Paese: perdita di quote di mercato e di
competitività a livello internazionale e di conseguenza perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro con una particolare penalizzazione per i
soggetti più deboli, giovani e donne, precari e pertanto privi di qualunque ammortizzatore sociale. L’Italia è un paese in cui una parte consistente della popolazione si sta progressivamente impoverendo e pertanto
appare necessario comprendere le diverse forme che il fenomeno “povertà” assume per poter attivare adeguate strategie di risposta.
Partiamo dalla povertà assoluta. Questa è definita dall’ISTAT come una
condizione di privazione di beni e di risorse essenziali. Viene calcolata
sulla base di una soglia corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire il paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e
per una determinata famiglia, è considerato essenziale a uno standard di
vita minimamente accettabile (cfr. Volume Istat Metodi e Norme, “La
misura della povertà assoluta” del 22 Aprile 2009).
Una seconda macro categoria è quella della povertà relativa che viene
calcolata sulla base di una soglia di povertà definita di anno in anno in
base a variazione sia dei prezzi al consumo, sia della spesa per consumi
delle famiglie.
55 Sociologo. Andria.
171
Le categorie di povertà assoluta e relativa non sono però sufficienti a
comprendere pienamente le dinamiche di impoverimento della popolazione in Italia. È necessario introdurre un’ulteriore categoria, quella della
vulnerabilità. La vulnerabilità è un fenomeno contiguo ma anche distinto
da quello della povertà. Essa esprime la sofferenza sociale di persone e
gruppi inclusi ma a rischio rispetto al benessere raggiunto. Non si tratta
di sinonimi pur avendo, da un punto di vista strettamente economico,
delle parti sovrapponibili. Usarli come sinonimi crea il grave rischio di
non comprendere le differenti prospettive alle quali rimandano. Chi vive
una condizione di vulnerabilità spesso si trova a sperimentare forme di
povertà “intermittente”, ad attraversare per periodi più o meno lunghi
questa linea di confine. Sono persone che in molti casi dispongono di
risorse relazionali, di competenze, che possono essere utilizzate per rallentare o contrastare il passaggio alla povertà e che hanno la possibilità di
risalire oltre la soglia della povertà. La vulnerabilità rimanda ad una
esperienza improvvisa (perdita del lavoro, malattia, rottura dei vincoli
coniugali, ecc.) o intermittente durante la quale non vengono compromesse totalmente le risorse della persona, della sua famiglia, del contesto
sociale, tanto da consentire che esse offrano un sostegno per non sprofondare in una povertà cronica e non adattarsi a questa condizione. Dalla
povertà non si “risale” alla vulnerabilità come se questo fosse un passaggio migliorativo, una “risalita” a un livello di minor bisogno. Si tratta di
due categorie concettuali differenti, fotografano due condizioni diverse.
L’ultimo Rapporto ISTAT sulla Povertà in Italia fa il punto sulla situazione
relativamente al 2011 aiutandoci a comprendere come le tre diverse condizioni (povertà assoluta, povertà relativa e vulnerabilità) incidono sul tessuto vivo della società. Il Rapporto segnala che l’11,1% delle famiglie è risultato in condizione di povertà relativa (per un totale di 8.173.000) e il 5,2% lo è
in termini assoluti (3.415.000). La soglia di povertà relativa, per una famiglia
di due componenti, nel 2011 è stata pari a 1.011,03 euro. Significative le
variazioni percentuali tra il 2010 ed il 2011. L’incidenza della povertà relativa è aumentata dal 40,2% al 50,7% per le famiglie al cui interno non ci sono
persone occupate né ritirate dal lavoro e dall’8,3% al 9,6% per le famiglie con
tutti i componenti ritirati dal lavoro, essenzialmente anziani soli e in coppia.
Tra queste ultime aumenta anche l’incidenza di povertà assoluta (dal 4,5%
al 5,5%). L’incidenza della povertà assoluta cresce anche tra le famiglie con
a capo una persona con profili professionali e/o titoli di studio bassi: fami172
glie di operai (dal 6,4% al 7,5%), con licenza elementare (dall’8,3% al 9,4%)
o di scuola media inferiore (dal 5,1% al 6,2%). Peggiora la condizione delle
famiglie con un figlio minore, sia in termini di povertà relativa (dall’11,6%
al 13,5%), che di povertà assoluta (dal 3,9% al 5,7%). A fronte della stabilità
della povertà relativa al Nord e al Centro, nel Mezzogiorno si osserva un
aumento dell’intensità della povertà relativa: dal 21,5% al 22,3%. In questa
ripartizione la spesa media equivalente delle famiglie povere si attesta a
785,94 euro (contro gli 827,43 e 808,72 euro del Nord e del Centro). Tra le
famiglie non povere esistono gruppi a rischio di povertà; si tratta delle famiglie con spesa per consumi superiore, ma molto prossima, alla linea di
povertà (vulnerabili): nel 2011 risulta che il 3,8% delle famiglie presenta
valori di spesa superiori alla linea di povertà di non oltre il 10%, quota che
sale al 6,7% nel Mezzogiorno. Le famiglie “sicuramente” non povere, infine,
sono l’81,4% del totale, con percentuali che passano dal 90,2% del Nord,
all’87,9% del Centro e al 64,1% del Mezzogiorno.
Per meglio comprendere le dinamiche attraverso le quali si entra in
questa area di vulnerabilità appare esemplare la storia che Paolo Griseri
racconta in un suo articolo apparso su La Repubblica il 20 aprile 2012: “La
notizia brutta è che per papà Andrea, insegnante, gli stipendi non arrivano da otto
mesi. L’altra notizia brutta è che il figlio Michele, magazziniere, da dicembre ha
perso il lavoro. La notizia bella è che Luisa, la madre, ha trovato un impiego: sette
ore al giorno a compilare pratiche a 150 euro al mese. Ovvio che non bastano a
vivere in quattro. E Lucia, la figlia piccola 13 anni non può di certo andare a lavorare”. La famiglia è stata stritolata dal taglio dei trasferimenti che lo Stato
ha fatto alle Regioni. La Regione dimezza i pagamenti alle Province che
non sono in grado di pagare i fornitori. Tra i fornitori c’è l’azienda per la
quale papà Andrea lavora come formatore: “Non mi pagano da agosto. Sono
in credito di 10 mila euro. Ma con il credito non si mangia”. Fino al 2007 questa famiglia viveva nel benessere. Alloggio di proprietà, di cui pagava
mensilmente la rata del mutuo, e un reddito familiare di 2.700 euro mensili. Poi è arrivata la crisi: “Non ce l’abbiamo fatta più a pagare il mutuo, abbiamo venduto e il nuovo padrone ci ha affittato la nostra abitazione”. Ma questo
ancora non è stato sufficiente. Questa famiglia che vive nei dintorni di
Torino passa dagli aiuti dei genitori a quelli del Centro di Ascolto della
Caritas. Dall’inizio dell’anno le prime due bollette della luce sono state
pagate dalla Caritas. Questa è una famiglia che pur disponendo di risorse
culturali, relazionali e affettive non riesce a stare a “galla”.
173
La famiglia di Andrea è una delle decine di migliaia di famiglie sulla
cui “carne” le decisioni della politica economica, contenere il deficit e
ridurre lo spread, aprono ferite. Particolarmente significativo in questa
storia è il “problema casa”. Negli ultimi due anni le città ed i paesi si sono
riempiti di cartelli “vendesi”. Si vende casa perché non si è più in grado
di pagare il mutuo o per coprire i debiti accumulati spesso anche a causa
di crediti non riscossi. Perdere la casa non è solo una questione di riduzione della propria ricchezza ma è anche la materializzazione della condizione di vulnerabilità, di insicurezza che colpisce la vita delle persone.
È il segnale più evidente che si è oltrepassata una soglia.
Che la casa sia uno degli indicatori che segnala la condizione di
povertà, ovvero l’entrare in una fascia di vulnerabilità, ce lo confermano
i dati di una recente indagine realizzata dalla Caritas diocesana di
Andria. La ricerca, effettuata nel periodo gennaio – febbraio 2012, ha
visto coinvolte 674 persone che si sono rivolte ai Centri di Ascolto Caritas
per chiedere assistenza. Questa popolazione è così distribuita nei tre
Comuni della Diocesi: 458 ad Andria, 179 a Canosa di Puglia e 37 a
Minervino Murge.
L’indagine ha riguardato la condizione socio-demografica ed abitativa di coloro che gli intervistati hanno definito “capofamiglia”. I capofamiglia non sono necessariamente uomini, mariti e padri: ben 24,4% di
loro sono donne casalinghe.
174
Tra i capofamiglia la fascia d’età maggiormente rappresentata è quella tra i 35 ed i 44 anni con il 31,1%, seguita da quella 45-54 anni con il
24,4%. Insieme le due classi raggiungono poco più del 55% del totale.
Il livello d’istruzione è basso, il 53,4% non ha completato il percorso
scolastico dell’obbligo (il 42,2% ha solo la licenza di scuola elementare,
11,1% non ha alcun titolo di studio ed il 4,0% è analfabeta).
175
Al momento dell’intervista la quasi totalità (88,7%) dei capofamiglia
risultava non occupata e nel corso del 2011 ben il 59,2% di loro non aveva
lavorato neanche per un mese.
Per meglio comprendere questo dato è importante considerare la professione. Il 34,1% è in condizione non lavorativa: si tratta di casalinghe
(24,4%), di pensionati (3,5%) e di invalidi (3,5%). Tra coloro che sono in
condizione lavorativa il 30,2% è artigiano od operaio specializzato, il
15,2%, non ha una professionalità qualificata, il 3,7% opera nel settore del
commercio e dei servizi e l’ 1,3% è conducente di veicoli. Infine, esiste una
percentuale consistente di intervistati che non specifica la professione del
capofamiglia (14,9%).
L’indagine Caritas si è poi concentrata su tre indicatori relativi alla
condizione abitativa dei nuclei familiari da cui provengono gli intervistati. Il primo è il possesso dell’abitazione, il secondo la condizione di affittuario, il terzo lo sfratto subito .
Nel 2011 solo il 27,7% dei capofamiglia possedeva l’abitazione in cui
abitava. Di coloro che non ne erano in possesso (il 71,1% del totale pari a
481 nuclei familiari) la grande maggioranza viveva in una casa in fitto: si
trattava del 77,1% dei non possessori; il rimanente 22,2% viveva in una
176
abitazione messa a disposizione dal Comune (es. case popolari) e in minima parte in abitazioni messe a disposizione da amici o familiari in comodato d’uso.
Infine nel corso del 2011 tra coloro che non erano in possesso dell’abitazione sono stati realizzati 55 sfratti con un’incidenza dell’11,43% degli
affittuari.
I tre indicatori sulla condizione abitativa non si discostano in maniera significativa dai valori complessivi se non per il comune di Minervino
Murge. A Minervino, che è il più piccolo dei tre centri esaminati, con una
popolazione di 9.598 (ISTAT, Censimento 2011), sono risultati percentualmente di più i possessori di casa (43,24%) e di conseguenza minore è stata
la percentuale di chi vive in una casa in fitto (57,14%), mentre la percentuale degli sfratti (9,52%) avvenuti nel 2011 tra chi era in fitto è stata leggermente al di sotto del dato complessivo dei tre comuni.
Come dimostrato anche da questi ultimi dati l’impoverimento progressivo (vulnerabilità) o la condizione di povertà conclamata dei nuclei
familiari hanno nella condizione abitativa un indicatore fondamentale.
Una situazione, quella fotografata dalla ricerca nel territorio della Diocesi
di Andria, è caratterizzata da una forte esposizione al rischio di perdita
177
Gesto concreto: lo show room della Tappezzeria di Gianluca Rella
della casa da parte di quei nuclei familiari rivoltisi ai Centri di Ascolto
(oltre il 70% non è proprietario della casa in cui abita). Perdere la casa di
proprietà, uscire da quella in fitto con uno sfratto, può significare il passaggio di una soglia, di un confine, tra speranza e disperazione, tra possibilità di resistere e il disfacimento dei legami familiari e sociali. La casa
allora è un fondamentale fattore di protezione, una linea di difesa estrema della dignità umana, per non sprofondare in una povertà cronica e
non rassegnarsi a questa condizione.
178
“Come far Rinascere
una Città, il Territorio e la sua Economia”
Domenico Tangaro 56
Il Progetto dal titolo, “Come far Rinascere una Città, il suo Territorio
e la sua Economia”, è un’Idea/Progetto sviluppata in relazione alla difficile situazione economica che la Città di Andria vive in questo
momento storico da condividere con la Comunità, per poter sviluppare
un vero “Modello Base” per il Comune applicabile, in seguito, ad altre
realtà affini.
Esso nasce da un’attenta valutazione della Città di Andria (considerata città campione di studio) negli anni compresi tra il 1992 e il 2012, nel
rispetto degli indirizzi e delle norme di pianificazione urbana e territoriale prescritte dal Piano Regolatore Generale oggi in vigore, partendo dalla
valutazione della Città esistente, del suo Territorio, dalla Tutela e
Conservazione del Patrimonio Edilizio e Territoriale Privato, Storico,
Moderno e Contemporaneo, finalizzato a stimolare una “Rinascita della
Città, del suo Territorio e della sua Economia”.
Premessa:
La Popolazione Residente nella Città di Andria è composta di circa
100.499 Residenti: 49.603 uomini e 50.896 donne suddivisi per ordine di
età così come seguono: 7.411 tra 0 e 6 anni, 9.766 tra 7 e 14 anni, 4.975 tra
15 e 18 anni, 15.730 tra 19 e 30 anni, 42.979 tra 31 e 60 anni e 19.638 tra 61
e 105 anni.
Le Unità Immobiliari dichiarate al Catasto Fabbricati sono circa
90.000. Le Particelle Territoriali, dichiarate al Catasto Terreni, sono circa
80.000 (Territori urbani e sub-urbani rurali). I dati sopraindicati, forniti
56 Architetto. Andria.
179
dal Comune Andria nel 2012, evidenziano che il rapporto tra Residenti e
Unità Immobiliari in città è di 0,89 ossia un rapporto indicante che in
media, ogni residente possiede, in diritto di proprietà un immobile, circa.
La stessa valutazione può essere effettuata in relazione alle particelle
territoriali ad uso agricolo, ortofrutticolo, silvo-pastorale in quanto evidenziano che il rapporto tra Residenti e Particelle Territoriali in città è di
0,79 ossia un rapporto indicante che in media, ogni residente possiede, in
diritto di proprietà una Particella Territoriale circa, corrispondente ad
una superficie complessiva pari a 400 Kilometriquadrati. Dati che ci incoraggiano per la ricchezza sia del patrimonio immobiliare sia del patrimonio territoriale, ricchezza che, a mio avviso, è il volano vero per la Città
di Andria e i suoi Residenti.
Finalità del Progetto:
Il Progetto propone la promozione del Recupero del Patrimonio
Edilizio e Territoriale esistente per rilanciare, sotto l’aspetto economico,
collegato allo sviluppo del lavoro locale secondo gli indirizzi del P.R.G.,
il centro storico, la città contemporanea, la periferia urbana e il territorio
rurale, attraverso semplici autorizzazioni comunali quali la D.I.A., la
S.C.I.A e la C.I.L., che consentono: interventi di ristrutturazione edilizia,
di restauro edilizio, di manutenzione straordinaria, di manutenzione
ordinaria, di adeguamento per il superamento delle barriere architettoniche, di adeguamento per il risparmio energetico, di ristrutturazione agricola e silvo-pastorale. Un percorso, a mio avviso, che immetterebbe, subito, sviluppo e lavoro in tempi e modi immediati a tutela e conservazione
del patrimonio edilizio e territoriale esistente, impegnando direttamente
la popolazione residente.
Sviluppo e lavoro finalizzato alla “Riabilitazione, Rifunzionalizzazione, Cambio di destinazione d’uso e riuso” in modo da attuare il
Recupero del Patrimonio Edilizio e Territoriale esistente con la contestuale rivalutazione del lavoro artigianale locale e del lavoro agricolo,
ortofrutticolo e silvo-pastorale nei campi con l’ausilio delle tecniche artigianali antiche e moderne, con materiali tradizionali e innovativi con
l’inserimento delle nuove tecnologie e delle nuove tecniche.
180
Le motivazioni del Progetto:
Il Recupero del Patrimonio Edilizio e Territoriale esistente; centro
storico, città contemporanea, periferia urbana, territorio rurale, si fonda
su tre punti individuabili nella RINNOVABILITA’ della Città: la RINNOVABILITA’ della città e del suo territorio è sempre stato l’elemento
necessario alla vita economica della città e del suo territorio, la RINNOVABILITA’ non va scambiata necessariamente con la nuova costruzione,
la RINNOVABILITA’ del patrimonio edilizio e territoriale esistente è sempre stato effettuato dalle maestranze Artigiane, dagli Agricoltori e dagli
Allevatori locali.
Per cui è importante considerare una città, un centro storico, un edificio, una casa di campagna, un territorio rurale come un patrimonio da
salvaguardare, adeguandolo costantemente alla necessità degli abitanti e
dei luoghi di lavoro, rinnovando non demolendo, ma modificando, integrando e aggiungendo elementi, territori e edifici (ove necessario), ad un
corpo organico attraverso un processo di stratificazione storico-naturale.
È corretto, a mio avviso, considerare il problema del degrado e della
mancanza di economia come una opportunità di sviluppo e lavoro che
riguarda non solo i centri storici, i centri urbani o le periferie ma l’intero patrimonio edilizio e territoriale esistente, promuovendo la “manutenzione” ordinaria e straordinaria di tutto il patrimonio edilizio e territoriale, valutando la disponibilità e le potenzialità del patrimonio edilizio e territoriale vario ed esteso, orientando e diffondendo la Cultura
dell’abitare sia in città che nel territorio rurale attraverso, il presidio, la
conservazione, la gestione e l’uso del territorio, condividendo l’evoluzione e la capacità di convertirsi e modificarsi nel tempo degli edifici e
dei territori, qualità base di tutto il patrimonio edilizio e territoriale esistente.
È opportuno reinserire nei centri storici, negli edifici antichi, nei
quartieri degradati moderni e contemporanei, nelle case di campagna e
nel territorio rurale, il “CANTIERE CONVENZIONALE” da gestire in
economia e finanziare con il microcredito, laddove si tratti di manutenzione, adeguamento, pulitura delle superfetazioni, rifunzionalizzazione
degli edifici, messa a coltura di territori agricoli e silvo-pastorali per
nuove esigenze e nuove destinazioni d’uso, riportandoli alla vita, integrandoli nell’esistente e nella vita economica e contemporanea, riportan181
Gesto concreto: “Arte e Decori” di Campanile Vincenzo
do all’attenzione della Comunità la consapevolezza dell’importanza
economica, sociale e culturale di una estesa operazione di recupero e
riappropriazione da parte dei residenti/abitanti, supportata dalla
volontà, già manifestata in più occasioni, di voler intervenire direttamente, con l’ausilio della mano d’opera “personale” dei residenti, delle
maestranze artigiane, degli agricoltori e degli allevatori locali, per rimettere in moto l’economia della città, riproponendo il “cantiere di costruzione ri-costruzione e recupero” nel modello in “economia”, da quello
più modesto a quello più importante, considerandolo come realtà compresente nella vita urbana e rurale, strettamente legata allo sviluppo, alla
sua economia e alimentata da una forte presenza di artigiani, agricoltori
e allevatori (dall’apprendista al maestro), riacquistando e mantenendo
viva l’idea della “dignità abitativa” delle abitazioni, dei quartieri della
città e della “dignità lavorativa” dei territori agricoli e silvo-pastorali, in
modo che l’abitante ritorni ad essere protagonista della sua città e del
suo territorio.
182
Attuazione del Progetto:
Nel Comune di Andria (città campione di studio), a mio avviso, si può
intervenire diffondendo il progetto descritto, attraverso la promozione di
un Programma di Recupero Urbano e Territoriale finalizzato al Recupero
del Patrimonio Edilizio e Territoriale esistente supportato da un Piano
Economico fondato sul Microcredito indirizzato ai Privati e concordato
con il Fondo di Garanzia istituito dalla Caritas diocesana (acceso presso
l’Istituto di Credito BANCA POPOLARE ETICA) e implementato dal privato/pubblico, in modo da rilanciare l’economia della città attraverso i
Privati e il Recupero del Patrimonio Edilizio e Territoriale esistente, riannodando il rapporto casa - abitante – città - territorio – lavoro, sviluppando così un programma operativo di Recupero finalizzato e supportato da un Piano Economico fondato sul Microcredito (e/o Convenzioni
Speciali tra la BANCA ETICA e i Privati), promuovendo e diffondendo
nelle Famiglie e nei Luoghi di Lavoro l’Idea/Progetto facendo sentire gli
abitanti veri “attori” di tale processo economico.
183
Conclusione
Le riflessioni riportate in questo volume, raccontano una esperienza,
leggono dei dati, esaminano un fenomeno. Lasciare una traccia di quello
che si realizza a livello pastorale comporta una duplice riflessione.
La prima è che occorre avere la pazienza e cercare il tempo per ripercorrere i propri passi con la capacità di rileggere il passato per verificarlo
e valutarlo, recuperando le riflessioni, le storie, i segni lasciati nella comunità. Questo deve avvenire sempre con una maggiore puntualità, con
strumenti tecnici sempre più adeguati e con una matura capacità di analisi.
La seconda conseguenza è lo sguardo oltre la celebrazione di un anniversario. Crediamo che da tutti i contributi riportati in questo testo sono
state lanciate le sfide per il futuro, a cominciare dall’interrogativo principale: “con quali opere di misericordia la Chiesa può sfidare la mancanza
di lavoro?”.
“Può essere esaustivo un programma di microcredito, affiancato con
momenti di formazione e ascolto, a realizzare “gesti concreti” capaci di
auto sostenersi?”
Senza nessuna presunzione, riteniamo che il “Progetto Barnaba – dare
credito alla speranza” sia stato un segno profetico e di speranza per il
nostro popolo. Lo è stato per la Chiesa Italiana perché oggi in tutte le
Diocesi viene proposta attraverso il Progetto Policoro una Convenzione
proprio con Banca Etica per istituire un fondo di microcredito per sostenere le imprese giovanili. Lo è stato perché anche le istituzioni civili guardano al microcredito come una leva di sviluppo per la piccola e media
impresa costituita dai soggetti “non bancabili”, e tra questi in prevalenza
giovani. Aver percorso da tempo questa strada ed averla sperimentata,
con tutti i limiti che una innovazione immancabilmente porta, rende il
185
Progetto Barnaba pioniere di una progettualità di microfinanza misurabile e valutabile, con 36 finanziamenti realizzati per la costituzione di 31
attività produttive, che danno o hanno dato lavoro a più di 60 persone.
Se dopo dieci anni il progetto non solo esiste ancora, ma si è alimentato e sviluppato con nuovi apporti e competenze, oltre che di nuovi
fondi, è perchè si è reso sostenibile. Il tema della sostenibilità intesa non
solo nel senso ambientale, ma anche sociale ed economico, è la sfida per
il futuro in tempo di crisi. Per definizione un progetto di microcredito se
funziona e se rientrano i prestiti dovrebbe essere sostenibile. Questo principio viene ulteriormente garantito nel momento in cui a reggere il sistema non è un ente o un istituto bancario, ma è una comunità che si è resa
responsabile e garante. Una comunità che in diversi momenti è stata chiamata a contribuire ad alimentare il fondo, ed ha risposto secondo la propria coscienza. Di una Chiesa che non ha fatto mancare il suo sostegno
anche con i fondi dell’8 per Mille. E di Banca Popolare Etica, che ha concesso nel corso di questi 10 anni diverse premialità al progetto. Ma
soprattutto è stato sostenuto da quei ragazzi che con coraggio hanno
investito i “talenti” che gli sono stati offerti e che hanno saputo far fruttare nel loro lavoro. Sono loro i protagonisti di questo successo decennale
che da oggi possiamo raccontare in maniera analitica con questa pubblicazione e possiamo rilanciare per l’azione futura.
186
DOCUMENTAZIONE
Caritas Diocesana di Andria
in collaborazione con
il Progetto Policoro,
l’Ufficio per la Pastorale sociale e del lavoro
il Servizio diocesano per la Pastorale Giovanile
Scheda tecnica57 sul
Progetto Barnaba - dare credito alla speranza
microcredito e imprenditoria giovanile
Il Progetto Barnaba si prefigge di favorire l’accesso al microcredito alle
fasce più deboli della popolazione giovanile della Diocesi di Andria nell’ottica di contribuire alla creazione di occupazione e di generare reddito.
Il Progetto Barnaba si propone come motore dell’iniziativa grazie alla
conoscenza del territorio e delle necessità delle persone che vi vivono,
nonché garante, non solo patrimonialmente, ma soprattutto delle qualità
morali ed etiche dei soggetti individuati come beneficiari dell’operazione, ritenuti dal vigente sistema come “non bancabili”.
Il Progetto Barnaba prende il nome da Barnaba, amico dei viaggi apostolici di san Paolo ed evangelizzatore. La sua scelta concreta [“era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l’importo deponendolo ai piedi degli
apostoli” (Atti 4, 36-37)], fatta a partire dal vangelo annunciato, diventa
esortazione per tutta la comunità ecclesiale a saper trovare nuove vie per
rendere attuale il comandamento dell’amore.
Finalità: si accederà alla candidatura per i finanziamenti esclusivamente per le seguenti causali:
a) una imprenditorialità attenta alla crescita umana di coloro che lavorano nell’impresa, e dei fruitori dei prodotti che l’impresa produce;
b) l’accesso al lavoro, alla vita sociale, alla fruizione di strumenti o servizi da parte di coloro che oggi il mercato esclude;
57 La scheda tecnica è aggiornata al 27 febbraio 2013 in seguito al rinnovo della
Convenzione con Banca Popolare Etica.
189
c) la riduzione degli impatti ambientali, la tutela del territorio e la “rinnovabilità” delle risorse;
d) il recupero delle tradizioni e la custodia della memoria della nostra
terra;
e) la solidarietà tra i popoli e tra gli uomini per la costruzione di rapporti basati sulla nonviolenza, intesa come stile di vita e come metodo di
organizzazione della vita sociale, economica e politica.
–
–
–
Destinatari:
giovani italiani o immigrati, residenti nel territorio della Diocesi di
Andria (comprendente i comuni di Andria, Canosa di Puglia e
Minervino Murge);
associazioni, cooperative, cooperative sociali, micro imprese individuali o in forma associata, imprese che intendono assumere giovani,
che insistono sul territorio della Diocesi di Andria;
età dei candidati compresa tra 18 anni e 35 anni.
Documenti (per istituire la pratica socio – ambientale e avvio del’affidamento bancario):
– Lettera di presentazione del parroco o di presidente di Associazione
del mondo del volontariato;
– Business plan (descrizione del progetto di impresa o dell’investimento per cui viene richiesto il microcredito, corredato del piano economico finanziario per il triennio successivo);
– Bilancio preventivo di spesa e bilancio degli ultimi tre anni (se disponibile) o altra documentazione attestante il reddito d’impresa (in caso
di impresa già costituita e avviata);
– Documentazione: Partita IVA, Camera di Commercio, INAIL, autorizzazione sanitaria, Assicurazioni, libro matricola, visura camerale (nel
caso di impresa già costituita; nel caso di immigrati anche il permesso di soggiorno...);
– Scheda informativa sul richiedente;
– Sottoscrizione del Codice Etico della Caritas diocesana;
– Richiesta affidamento firmata;
– Documentazione di apertura conto corrente firmata;
– Documento privacy firmato;
– Indicazione del Garante morale. Il Garante morale è colui che presenta il candidato al finanziamento alla Caritas diocesana,
190
–
Indicazione del Garante economico. Il Garante economico è colui che
affianca il candidato per superare le difficoltà nel pagamento delle
rate.
› Tutta la documentazione sarà firmata alla presenza del Direttore
della Caritas diocesana.
Criteri: per assolvere alle finalità statutarie della Caritas, in modo particolare alla “funzione prevalentemente pedagogica”, si offrono i seguenti criteri:
– Disponibilità a farsi seguire nel corso del Progetto:
- per acquisire le nozioni base della Dottrina Sociale della Chiesa;
- per verificare l’andamento del business e la puntualità nella restituzione del finanziamento;
- consulenza per eliminare eventuali dubbi sull’applicazione del
Codice Etico da sottoscrivere;
- segnalazione di eventuali difficoltà.
– Capacità di condividere una logica di solidarietà, sussidiarietà e di
sostegno, lontana da una mentalità assistenzialistica;
– Non essere soggetto di usura o di pre-usura;
– Finanziamento parziale del Progetto;
– Non possibilità di accedere per conto terzi;
– Disponibilità a farsi promotore di una rete di solidarietà durante e
dopo il finanziamento.
Aspetti tecnici della Convenzione (da verificare al momento della sottoscrizione):
– Forma tecnica del microcredito: mutuo chirografario
– Importo finanziabile minimo € 5.000,00 (in base alla disponibilità del
fondo e comunque non superiore ai 10.000,00 €);
– Durata massima del finanziamento: 60 mesi, con rate di rimborso
mensili costanti posticipate (comprensivo di un eventuale periodo di
preammortamento - massimo un semestre - e con possibilità di rinegoziazione;
– Tasso di interesse fisso al 5%;
– Tasso di mora: tasso applicato al finanziamento maggiorato di un
punto percentuale;
– Spese di istruttoria: zero;
– Spese estinzione anticipata: zero.
191
–
–
Rimborso: addebito delle rate mensili costanti posticipate in conto
corrente aperto presso Banca Etica e intestato al beneficiario del finanziamento.
L’accredito della somma avviene al netto dell’imposta sostitutiva
dello 0,25% per i prestiti di durata superiore ai 18 mesi e delle eventuali spese di bollo.
Corsi di formazione: al fine di migliorare la progettazione dei singoli interventi e per qualificare i giovani che entrano nel mondo del lavoro,
soprattutto come imprenditori, si organizzeranno dei corsi di formazione
in collaborazione con alcuni Enti a ciò preposti attraverso lo sportello
Polincontro.
Fondo di garanzia: il fondo di garanzia della Caritas diocesana è stato
costituito presso Banca Popolare Etica.
Durata del fondo: il Fondo di garanzia è rotativo e non dovrebbe
esaurirsi, sia per il rientro dei finanziamenti concessi, sia anche per le
offerte che saranno devolute a tale scopo. Sarà impegno di tutta la comunità mantenerlo vivo in modo tale da soddisfare ai bisogni dei giovani
che si rivolgeranno ad esso.
–
–
Referenti:
don Domenico Francavilla, Direttore della Caritas Diocesana;
Francesco Delfino, animatore di comunità del Progetto Policoro.
Sede: Polincontro presso l’Opera diocesna “Giovanni Paolo II”,
via Bottego, 36 – Andria;
Orari: martedì ore 10.30 – 12.00; lunedì e venerdì ore 17.00 – 21.00
Tel.: Francesco 328.0868535; Vito 380.4618659.
web: http://www.caritasandria.com/progetto-barnaba-dare-creditoalla-speranza/
e-mail: [email protected]; [email protected] .
Si precisa che non è la Diocesi o la Caritas ad erogare il finanziamento, ma la Banca Popolare Etica con sede in Bari, via Ottavio Serena 30
(dove ci si dovrà recare per le firme). Di conseguenza i rapporti sono
quelli che intercorrono tra un normale istituto di credito e il beneficiario.
***
192
Scheda Anagrafica
Richiesta n° _________
Alla cortese attenzione di
don Domenico Francavilla, direttore Caritas diocesi di Andria
e p.c.
don Vito Miracapillo, dir. Pastorale del Lavoro diocesi di Andria
don Pasquale Gallucci, dir. Pastorale Giovanile diocesi di Andria
Vito Chieppa, responsabile diocesano Progetto Barnaba
OGGETTO: progetto Barnaba – richiesta contributo a Banca Popolare Etica
Io sottoscritto __________________________________ nato a ____________________________
prov. di ________________________________________________ il ____________________________
e residente a __________________________________ prov. di ____________________________
in ____________________________ n° __________________ cap ____________________________
stato civile __________________________________________ tel. ____________________________
cell. ____________________________ e-mail ______________________________________________
codice fiscale _________________________ titolo di studio ____________________________
parrocchia ____________________________, considerata la possibilità di accedere
al progetto della Diocesi di Andria denominato “PROGETTO BARNABA”, faccio istanza per ottenere da Banca Etica la concessione di un contributo pari ad € _________________, 00 (in lettere) ____________________________ /00
per la seguente attività: ____________________________ prendendo atto che il
finanziamento mi verrà concesso da Banca Popolare Etica e che, in caso
di mancato pagamento, la Banca in prima istanza si attiverà nei miei
confronti e solo secondariamente sul garante. Ne consegue che sin da
ora sono consapevole che la Caritas diocesana potrà a sua volta adire
per vie legali per la restituzione in conto fondo garanzia.
Firma ____________________________ ____________________________
Informativa ai sensi dell’art. 10 della legge 31.12.1996 n. 675
Ai sensi dell’art. 10 della L. 31.12.1996 n. 675 in materia di Tutela delle persone e di altri soggetti
rispetto al trattamento dei dati personali, La informiamo che i dati personali da Lei forniti a questo
Comitato saranno dallo stesso utilizzati nel rispetto della normativa vigente per il perseguimento
delle proprie finalità istituzionali. Il trattamento avverrà mediante strumenti idonei a garantirne la
sicurezza. Ai sensi dell’art. 13 L. 675/96, Lei potrà esercitare il diritto di rettificazione, aggiornamento, cancellazione dei dati forniti nonché l’obiezione al trattamento degli stessi. Il sottoscritto, preso
atto dell’informativa, autorizza il trattamento dei dati.
Firma per il consenso ____________________________ ____________________________
193
INFORMAZIONI SUL PROGETTO
Titolo del progetto (iniziativa) per cui si richiede il contributo:
________________________________________________________________________________________
Descrizione sintetica del progetto:
Obiettivi che intendete perseguire:
________________________________________________________________________________________
Strategia di intervento, strutture e strumenti impiegati:
________________________________________________________________________________________
Risultati attesi:
________________________________________________________________________________________
Localizzazione dell’intervento
COMUNE _________________________ ZONA _______________________ PROV. ________
Modalità di restituzione della somma richiesta:
CONTRIBUTO RICHIESTO ______________________________________________________
INTERESSE APPLICATO _________________________________________________________
SPESE DI ISTRUTTORIA _________________________________________________________
TOTALE DA RESTITUIRE ________________________________________________________
RATA DI RIMBORSO MENSILE DI _____________________________________________
N° RATE MENSILI (max 60) _____________________________________________________
Consento il trattamento dei miei dati personali ex L. 675/96 SI ___ NO __
Firma _________________________________________
194
Codice Etico
Progetto Barnaba
Con l’adozione del Codice Etico, la Caritas Diocesana di Andria vuole identificare un nucleo essenziale di valori che devono animare costantemente l’agire
quotidiano. Perciò è responsabilità di quanti lavorano, collaborano e dialogano con
essa, promuoverne la divulgazione ed essere esempio di concreta applicazione.
Si fa riferimento ai beneficiari del Progetto Barnaba, che gradualmente applicheranno il Codice Etico alla propria attività, ma anche a tutti coloro che entrano
in relazione con essi: comunità locale, collaboratori, dipendenti, clienti, fornitori.
L’inosservanza del Codice Etico da parte dei destinatari comporta come sanzione l’impossibilità di accedere a successivi finanziamenti.
1) Promozione: La Caritas Diocesana, quale organismo pastorale della
Chiesa che è in Andria, ha il compito di promuovere la testimonianza
della carità in forme consone ai tempi e ai bisogni in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace,con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica;
2) Rispetto della persona umana: Rispettare la libertà e la dignità dell’uomo e del lavoratore sia nella fornitura dei beni e servizi, sia nelle
relazioni con tutti i portatori di interesse e utenti, evitando l’utilizzo
di lavoro infantile o minorile, discriminazioni basate su opinioni politiche, religione, razza, sesso, nazionalità, età, orientamento sessuale,
stato di salute e in genere qualsiasi caratteristica intima della persona
umana; coinvolgere i propri dipendenti e/o collaboratori nei processi
decisionali dell’azienda per una piena valorizzazione delle capacità e
dei talenti di ognuno;
3) Rispetto della legalità: Garantire un inquadramento professionale ed
una retribuzione correlati alle capacità individuali e aziendali nel
rispetto delle norme di legge e dei contratti nazionali, eventualmente
ricorrendo ai principali strumenti di flessibilità del lavoro (part-time,
stage, contratti di inserimento,...), privilegiando però, ove la situazione economica aziendale lo consenta, il passaggio a forme contrattuali
di lavoro più stabili;
4) Favorire uno stile di vita improntato alla solidarietà e alla sussidiarietà: godere di aiuti che siano temporanei e adeguati ai bisogni
espressi, per favorire il sano protagonismo delle persone che, dopo
195
una prima fase, devono divenire autonomi e in grado di soddisfare da
se stessi i propri bisogni;
5) Missione: Fornire ai beneficiari prodotti di qualità, soluzioni innovative e tecnologicamente avanzate, in un contesto di responsabile
impegno etico, sociale e ambientale, per uno sviluppo sostenibile personale e comunitario;
6) Qualità e correttezza: Garantire prodotti e/o servizi di qualità nei
tempi e quantità concordate; condurre il business nel rispetto dei
principi di integrità morale e onestà, assoluta lealtà e correttezza, cortesia e reciproco rispetto;
7) Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: Creare ambienti di lavoro che
tutelino l’integrità psico-fisica della persona rispettando le norme e le
prassi relative alla sicurezza e alla salute e risolvendo il problema
delle barriere architettoniche;
8) Concorrenza leale: Rispettare i principi comuni in materia di concorrenza leale e mercato corretto senza accordi o collaborazioni con i concorrenti che vadano a violare le norme suddette;
9) Sostegno ad iniziative della comunità locale: Garantire nel tempo la
tenuta dei livelli occupazionali ed il reddito, il supporto alle associazioni locali, sponsorizzazioni ad iniziative locali (sport, cultura, arte,
solidarietà ...);
10) Rispetto dell’ambiente: Svolgere la propria attività valorizzando le
risorse naturali e preservando l’ambiente per le generazioni future
(ridurre al minimo le emissioni inquinanti; fare un uso corretto di:
acqua, energia, materie prime, magari ricorrendo a fonti di energia
rinnovabile; evitare di sottoporre al disagio provocato dal fumo passivo chiunque si trovi nei luoghi di lavoro dell’impresa …).
DICHIARAZIONE DI CONOSCENZA DEL CODICE ETICO
DEL PROGETTO BARNABA E DI IMPEGNO AD ADEGUARSI ALLE SUE NORME.
Il/La sottoscritto/a ..........................................................................................................................
Responsabile del progetto/finanziamento ...................................................................................
Per l’attività di ..................................................................................................................................
Dichiara di conoscere il Codice Etico del Progetto Barnaba e di impegnarsi a rispettarlo e a diffonderne la conoscenza presso i
propri collaboratori (interni o esterni all’attività) e presso tutti coloro con cui in qualche modo instaura relazioni.
Data e Firma
196
Business Plan
I. L’impresa
L’idea e la cronistoria aziendale
• la nascita dell’impresa;
• la sua forma e composizione societaria;
• l’iter della sua nascita;
• lo stato di avanzamento del progetto;
• le motivazioni all’imprenditorialità;
• i caratteri distintivi ed eventuali elementi di innovazione.
La Missione
La funzione e il ruolo dell’impresa nel mercato e la ragione della sua
esistenza.
La descrizione dell’imprenditore
• caratteristiche generali;
• esperienze passate affini al business e non;
• motivazioni;
• ruolo svolto nell’iniziativa.
L’organizzazione
Risorse Umane
• Soci: descrizione dei soci dell’impresa. Si deve spiegare l’apporto
che ogni socio darà alla società e le motivazioni strategiche che lo
portano ad intraprendere l’attività. Un eventuale curriculum vitae
di ciascun socio può essere allegato dove saranno indicati: dati anagrafici, titolo di studio, passate esperienze, conoscenze, motivazione all’intraprendere l’attività,...
• Ruoli e responsabilità: descrizione dei ruoli e delle responsabilità
all’interno dell’impresa.
Risorse tecnologiche: know-how, brevetti e licenze.
Ragione sociale e forma giuridica
Sede legale ed operativa
Varie: tenere presente inoltre:
• Assicurazioni
• Notaio per redigere lo statuto
• Commercialista per gli aspetti fiscali e contributivi
• Comune, ASL e Vigili del Fuoco per le autorizzazioni di rito
197
•
•
•
•
Sicurezza del posto di lavoro (leggi)
Normative varie (del lavoro, etc.)
Agevolazioni fiscali applicabili
Leggi per favorire l’imprenditoria
II. Il Business
Il prodotto/servizio
Descrizione: aspetto, dimensioni, colore, confezione, pericoli relativi a
cambi di mode, il prodotto può diventare obsoleto, è stato testato o
valutato.
Il Mercato
Ampiezza del mercato che si intende servire: locale, regionale, nazionale, internazionale.
I Fornitori: descrizione dei fornitori che pensiamo di utilizzare.
Definire eventuali problematiche di consegna che possono ripercuotersi sulla produzione del prodotto (quanti sono, sono legati ad aziende in competizione, dislocazione, tempi di consegna, modalità di
pagamento, sono raggiungibili facilmente).
Pubblicità: eventuali forme di pubblicità per aiutare il lancio del prodotto.
La Concorrenza
Descrizione dei concorrenti con cui ci scontreremo nel mercato con il
nostro prodotto: chi sono, andamento dei loro affari, sono aggressivi,
fanno pubblicità, offerte, promozioni, che servizi offrono, che garanzie danno, chi li rifornisce.
III. Il Marketing
Gli Obiettivi
Definire cosa si vuole ottenere. In base agli obiettivi la strategia di
marketing può essere diversa: per es., vendite, quote di mercato, ricavi, tempi, redditività, come, con quali strumenti, chi e con cosa.
L’Attuazione della strategia
Prodotto: definizione della linea (insieme di prodotti con caratteristiche merceologiche paragonabili). Definizione della gamma (assortimento di linee).
198
Prezzo: dovrà coprire tutti i costi della società e produrre un utile. È
utile determinare il prezzo minimo che corrisponde al punto di pareggio dato dalla copertura dei costi di produzione per i pezzi venduti.
Distribuzione: come far arrivare il prodotto al consumatore finale.
Comunicazione: come informare e convincere il mercato. Pubblicità,
propaganda, promozione. I mezzi: TV, giornali, volantini, radio,
mostre, fiere, sito internet.
Servizio: definizione di eventuali politiche accessorie che aiutino ad
aumentare il livello di soddisfazione del cliente. Formazione del personale; assistenza; numero verde.
La Vendita
Come vendere il prodotto, come presentarlo.
IV. Il Piano Economico-Finanziario
Bilancio di previsione
• Budget delle spese di costituzione e di avvio
V. Considerazioni finali
VI. Allegati
- Contratti affitto
- Offerte fornitori attrezzature
- Curricula promotori
- Ricerche di mercato
- Accordi strategici tra imprese, persone, strutture
199
200
Progetto di credito solidale
Fondo, Fiducia e Solidarietà
Prestiti a persone e famiglie in difficoltà economica
temporanea e straordinaria
Le motivazioni del progetto
La Caritas Diocesana di Andria, a partire dalla lettura dei dati realizzata attraverso: i Centri di Ascolto di Andria e Minervino Murge e di
alcuni Punti di Ascolto Parrocchiali, il confronto con l’Ufficio diocesano
per la Pastorale della Famiglia e altre realtà che operano a favore di persone in difficoltà, la mappatura degli strumenti di sostegno economico a
favore di persone /famiglie in difficoltà già in essere nel territorio della
Diocesi, l’esperienza del microcredito con il Progetto Barnaba – dare credito alla speranza, ha rilevato un significativo disagio sociale presso
fasce di persone e di famiglie impegnate a sostenere impegni finanziari
superiori alle proprie capacità economiche nel breve/medio periodo ed a
cui l’accesso al credito è reso difficile, sebbene abbiano le caratteristiche
necessarie per sostenere gli oneri connessi alla restituzione di prestiti di
importo contenuto.
La Caritas Diocesana quindi, per rispondere a questo bisogno emergente, promuove con finalità pedagogiche ed educative il “Fondo
Fiducia e Solidarietà”, quale “servizio” e “segno” per aiutare le persone
del territorio diocesano che si trovano in tale difficoltà.
Cosa è?
Il “Fondo Fiducia e Solidarietà” è rivolto a persone e famiglie in difficoltà economica temporanea e straordinaria e con difficoltà ad accedere
al sistema bancario, che, se in possesso di requisiti prestabiliti, possono
ottenere prestiti contenuti erogati dalla Banca Popolare Etica di Bari.
Operare nel Credito Solidale significa che le garanzie economiche e finan201
ziarie non sono le uniche che la persona possa offrire. Esso basa la sua
sostenibilità su una serie di “garanzie sociali” che aiutano a comprendere quanto una persona sia credibile, quanto ad una persona si possa dare
credito e fiducia.
Le garanzie sociali possono essere tradotte in:
• straordinarietà della situazione di difficoltà economica: le ragioni economiche che giustificano l’accesso al “Fondo Fiducia e Solidarietà”
non hanno il carattere dell’ordinarietà
• sostenibilità finanziaria: la persona deve fornire le minime garanzie
oggettive in termini reddituali per la restituzione del debito
• significato promozionale ed educativo dell’intervento: non si tratta di
una risposta emergenziale o tampone ma ha l’obiettivo di promuovere la persona.
Destinatari
Singoli o famiglie: residenti o domiciliati stabilmente nei Comuni
della Diocesi di Andria (Andria, Canosa di Puglia, Minervino Murge) con
una fonte di reddito certa.
È necessario farsi presentare da un garante morale. Il finanziamento
va sottoscritto da un garante economico.
Quanto?
I prestiti erogabili hanno un valore minimo di 1.000 euro fino ad un
massimo di 3.000 euro ad un tasso di interesse fissato dalla Banca.
L’erogazione dei prestiti è vincolata dal budget disponibile sul Fondo
di Garanzia.
Tipologie di spesa
•
•
•
•
202
Le spese finanziabili riguardano principalmente
4 categorie:
Salute
Famiglia
Casa
Istruzione
Dove?
Sono attivi tre sportelli gestiti da volontari che svolgeranno i colloqui
necessari per valutare se lo strumento del “Fondo Fiducia e Solidarietà”
rappresenti effettivamente la soluzione più idonea per aiutare il richiedente.
Come restituire
Il prestito viene restituito dal richiedente, entro 36 mesi, in rate mensili calibrate sulla sue effettive possibilità economiche-finanziarie e riscosse dalla Banca Popolare Etica.
La Diocesi di Andria/Caritas Diocesana, dopo l’animazione delle comunità
cristiane e la Colletta dell’Avvento di fraternità 2008, ha costituito un Fondo di
Garanzia grazie al quale possono essere concessi i prestiti. Tale fondo si potrà alimentare anche attraverso donazioni, le quali, insieme alla restituzione delle rate
da parte dei beneficiari, consentiranno di erogare ulteriori nuovi prestiti a favore dei richiedenti.
Le donazioni possono essere accreditate sul conto corrente postale n.
14948350 intestato a Banca Popolare Etica S.c.a.r.l. – Padova. Specificare
nella causale: “versamento su c/c 110685 intestato a Caritas Diocesi di
Andria”.
203
Indice
PREFAZIONE
“Né argento, né oro”
S.E. Mons Raffaele Calabro
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pag.
5
INTRODUZIONE
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7
IL PROGETTO
–
Storia di un progetto: dal Progetto Policoro al Progetto Barnaba
Domenico Francavilla – Luigi Del Giudice
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17
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31
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35
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51
Profilo Biblico di Barnaba e la Chiesa della solidarietà
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Francesco Di Tria
–
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Il principio di sussidiarietà e il Progetto Barnaba
Luigi Renna
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IL MICROCREDITO
–
Breve storia del Microcredito in Italia
Clara Marrone
–
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57
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61
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67
Una difficile presa in carico della povertà.
Risposte innovative della Chiesa
all’interno di uno scenario incoerente
Walter Nanni
–
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Letteratura sul Microcredito e sul Progetto Barnaba
Clara Marrone
–
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L’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro e il Microcredito
Angelo Casile
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205
LE PROSPETTIVE
–
Progetto Barnaba e Banca Etica
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Michele Gravina
–
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73
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79
I ragazzi di Barnaba: pionieri del vero microcredito
Mauro Meggiolaro
–
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Le esperienze di Microcredito e il Progetto Barnaba
Nunzio Pagano
–
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85
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91
Barnaba: segno di cambiamento nella società
Agnese Calandrino
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L’INTERVENTO
–
La presa in carico delle situazioni di povertà
presenti sul territorio nazionale: l’8xmille della Chiesa Cattolica
a cura di Caritas Italiana .
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97
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171
Il Progetto Barnaba le storie delle imprese
Simona Inchingolo
–
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I risultati del Progetto Barnaba
Francesco Delfino .
–
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CEI 8xmille e le progettualità di Microcredito
della Caritas di Andria
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Monitoraggio del fondo fiducia e solidarietà
Francesco Delfino .
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NUOVE SOLIDARIETÀ
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Povertà e vulnerabilità: la casa fattore di protezione.
I risultati di una indagine della Caritas Diocesana di Andria
Natale Pepe
–
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206
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“Come far Rinascere una Città, il Territorio e la sua Economia”
Domenico Tangaro
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179
Conclusione .
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185
DOCUMENTAZIONE
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Scheda tecnica sul Progetto Barnaba - dare credito alla speranza
microcredito e imprenditoria giovanile
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189
–
Scheda Anagrafica .
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193
–
Codice Etico - Progetto Barnaba
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195
–
Business Plan
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197
–
Progetto di credito solidale
Fondo, Fiducia e Solidarietà
Prestiti a persone e famiglie in difficoltà economica
temporanea e straordinaria
.
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201
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207
Finito di stampare
nelle Grafiche Guglielmi
Andria - Febbraio 2013
Scarica

Le opere di misericordia corporali nella Diocesi di Andria