Trento, 18 giugno 2015 prot. n. 701/2015 Egregio Signor Presidente della III Commissione Permanente Consiglio della Provincia Autonoma di Trento Egregio Assessore Carlo Daldoss Oggetto: Disegno di riforma della Legge Provinciale per il Governo del Territorio Riallacciandoci ai nostri precedenti contributi, avanzati durante tutto il processo di riforma della Legge Urbanistica Provinciale, che ci vede parte attiva al tavolo tecnico promosso dal competente Assessorato, abbiamo già avuto modo di esprimere apprezzamento per gli obiettivi generali della riforma in itinere. E’ il caso, a titolo esemplificativo, delle innovazioni legislative correlate alla limitazione nel consumo di suolo, alla riqualificazione dei paesaggi urbanizzati ed alla valorizzazione di quelli agricoli e naturali. Grazie all’istituzionalizzazione dell’Osservatorio del paesaggio ed all’istituzione di un Comitato provinciale per la cultura architettonica ed il paesaggio – una delle nostre prime istanze - professionisti di comprovata esperienza nella progettazione a scala territoriale, urbana ed architettonica potranno fornire un’importante supporto nelle fasi di formazione dei necessari titoli urbanisticoedilizi. Supporto specialistico, finalizzato al miglior inserimento delle progettualità – sia private che pubbliche - nei contesti paesaggistici ed urbani, per far sì che le opere diventino paesaggio, insieme di valori rappresentativi dei luoghi. Apprezziamo il recepimento in norma di altre istanze quali la razionalizzazione degli strumenti attuativi, assorbendo l’eterogenea gamma attuale di piani, la regolamentazione della perequazione, della compensazione e degli accordi urbanistici, l’imminente revisione della modulistica edilizia ed anche lo sforzo profuso dal legislatore per migliorare sintatticamente gli articolati del Codice che, grazie alle innovazioni apportate ed una miglior giustapposizione dei disposti, rendono più lineare la sua consultazione. Preme, in questa sede, rimarcare però anche alcuni elementi di preoccupazione e/o contrarietà in ordine alle seguenti tematiche: 1) Recupero, conservazione e valorizzazione del patrimonio edilizio esistente => In tema di recupero dei sottotetti a fini abitativi negli insediamenti storici, anche di carattere sparso (Art.103 DDL), alla luce delle possibili criticità ingenerabili dalla struttura dei titoli edilizi, si ritiene opportuno ancorare la sopraelevazione fino al limite massimo di 1 m, non allo strumento della deroga rispetto alle categorie di intervento sancite dai PRG, disapplicando i regolamenti locali, ma a specifiche analisi morfologiche pianificate ex ante. Fondamento concettuale è opportuno risieda nell’accurata analisi tipologico strutturale preventiva, nella valutazione storico–critica e sociale con definizione preventiva delle regole di conservazione/trasformazione. Una metodologia di indagine dei caratteri fisici identitari qualificanti, precise disposizioni planivolumetriche, tipologiche e formali ed un sistema di analisi qualitativa degli esiti fisici del progetto. Riconoscere e interpretare valori e differenti potenzialità degli insediamenti e delle città, che sono eterogenee e discontinue in molte loro parti, includendo, per contesti di matrice antica, nella lista delle opzioni anche la possibilità del non fare, attenendosi al concetto del risanamento conservativo (che non pregiudica le opportunità di consolidamento statico). Fermo il giusto contenimento dello sprawl urbano e la promozione di misure alternative per la sua efficacia, riteniamo quindi doverosa una appropriata tutela dei centri storici, da esercitarsi con gli strumenti della pianificazione comunale, anche per ovviare ai guasti determinabili dal tipico frazionamento della proprietà trentina. La città è un insieme di pesi, consolidatisi in lunghi cicli evolutivi, che possono essere compromessi in breve determinando perdite d’identità – sia funzionale che strutturale – purtroppo già sperimentate con le periferie; reputiamo quindi che la cosa meriti molta attenzione. 2) Riqualificazione urbana ed edilizia => Principi concettualmente analoghi di cui al punto 1) riteniamo valgano per la riqualificazione anche di singoli edifici residenziali e ricettivi esistenti in aree insediate (Art.107) dove il DDL riconosce incrementi percentuali del volume urbanistico in misura del 15%, in aggiunta agli incrementi volumetrici previsti per l’adozione di tecniche di edilizia sostenibile. A maggior ragione stante il riconoscimento a titolo di credito edilizio esercitabile, anche in deroga agli indici di zona, superando al massimo del 30% la superficie utile lorda o il volume ammessi dagli strumenti urbanistici in vigore e da utilizzare anche per la sopraelevazione di un piano rispetto all’altezza massima fissata dai medesimi per la destinazione di zona dell’area di atterraggio. Risulta evidente che per compensare il contenimento dello sprawl urbano vanno ricercate e promosse tutte le alternative utili al successo di un’istanza che trova fondamento oltre che nello sviluppo sostenibile, nei disposti Comunitari. Non si vuole qui obiettare in maniera asettica le misure previste dal DDL, ma sottolineare l’importanza di ancorarle ad adeguati studi, in grado di identificare preventivamente le modalità di recupero, valorizzazione, conservazione e le condizioni di ammissibilità complessiva degli interventi, prendendo le distanza dagli istituti della deroga agli strumenti urbanistici. Opportuno l’assoggettamento previsto per tali interventi a permesso di costruire convenzionato; valuteremo nella fattualità le modalità di attuazione degli accordi urbanistici. Estendiamo tali considerazioni anche alla riqualificazione di insiemi di edifici o di aree urbane insediate di cui all’Art. 108 DDL, dove sono riconosciuti incrementi percentuali del volume urbanistico in misura del 20%. Come già rilevato, reputiamo sia da perfezionare l’impianto delle premialità volumetriche, in particolare per quanto riguarda gli edifici fuori indice e fuori scala. 3) Obiettivi, contenuti e struttura del Piano Territoriale della Comunità => Pare eccessiva l’eliminazione sia dell’accordo quadro che del documento preliminare; nelle recenti esperienze quest’ultimo ha dimostrato il suo significato. Nella legge attualmente in vigore, più che la presenza di questi due documenti, risulta “ridondante” l’eccessivo numero di passaggi formali nell’approvazione dei diversi documenti propedeutici al piano (Giunta della Comunità, Assemblea della Comunità, Conferenza dei Sindaci, Consigli Comunali…). La soluzione ottimale può essere, come spesso accade, una via di mezzo: ovvero tenere operativi sia il Documento preliminare che l’Accordo di programma Quadro, prevedendo, tuttavia, uno snellimento dell’iter autorizzativo. 4) Obiettivi, contenuti e struttura del Piano Regolatore Generale => Si invita ad una riflessione, fondata sul fatto che la metodologia di “piano procedura”, finalizzata più che altro alla verifica, all’adeguamento ed ad dimensionamento si trova da tempo in difficoltà. Dato per assodato il livello pianificatorio di area vasta dei P.T.C. (in corso di redazione), la riproposizione della struttura monolitica del P.R.G. pare condurre ad una flessibilità parziale il processo di rinnovamento (svecchiamento) del sistema pianificatorio. Se, nei fatti, il P.T.C., rappresenta un Piano Strutturale Associato (degli n. Comuni che compongono la Comunità di Valle), “Piano in prospettiva”, di lungo periodo, scenario strategico a grana “media” contenete la visione, le strategie, i principi, le perimetrazioni e le connessioni, le funzioni sovra comunali e le invarianti, per lo sviluppo alla scala territoriale di Comunità delle indicazioni del P.U.P., in un’ottica di progettazione integrata del territorio la parte operativa – il P.R.G. – potrebbe meritare maggior concretezza attuativa, ispirata alle finalità ed ai principi dei Programmi Pluriennali di Attuazione, definendo concretamente gli interventi che la singola Amm.ne è in grado di mettere in atto nel periodo del proprio mandato. In grado veramente di sollecitare progetti, sintesi ragionata e celermente aggiornabile, priva del concetto di atemporalità delle previsioni. Positivi i risultati ottenibili in termini di maggior flessibilità dello strumento più prossimo alle criticità ed alla concretezza del vivere sociale, un piano ora troppo carico di contenuti spesso eteronomi. Si tratta di un nuovo rapporto tra ciò che del progetto di piano è destinato a resistere nel tempo e ciò che invece richiede costante implementazione, in un quadro di coerenza e flessibilità, proiettato al futuro e attento alle specifiche risorse del territorio che porta importanti benefici anche al problema dei vincoli preordinati all’esproprio. Il tutto dovrebbe concorrere a focalizzare maggiori attenzioni verso l’aspetto progettuale della pianificazione, fino ad oggi troppo spesso relegato in subordine in favore di un eccessivo peso dato all’aspetto normativo, alle procedure, fin troppo orientate alla regolazione autoritativa dei processi. Si condivide, laddove coerente con il quadro del Piano Urbanistico Provinciale, il superamento della rigida suddivisione del territorio comunale in zone a destinazione unitaria (“zonizzazione”), per lasciare il posto alla coesistenza, all’interno di una medesima area, di manufatti aventi destinazioni diverse tra loro compatibili, incentivandone, così, il recupero e il diverso riutilizzo funzionale. 5) Regolamentazione dell’attività edilizia => Manca riscontro sul tema sanzionatorio, che nelle slide di elencazione dei punti fondamentali della riforma provinciale erano state precedentemente annunciate, tramite una “maggiore specificazione delle lievi difformità rispetto alle difformità più gravi e corrispondente rimodulazione del trattamento sanzionatorio amministrativo”. Non pare così totalmente evitata la stratificazione della disciplina tra fonti diverse, risultando sopravvivere la L.P. n°1/2008 per gli articoli 57 (Disciplina degli alloggi destinati a residenza), gli articoli da 81 a 91 (Disposizioni in materia di edilizia sostenibile e libretto del fabbricato), articoli da 123 a 138 (Vigilanza sull’attività edilizia) e articolo 149 bis (Certificazione di sostenibilità ambientale degli edifici della Provincia e degli enti pubblici strumentali). E la precedente L.P. n°22/1991 per gli articoli 91 ter (Limiti alle concessioni, alle denunce di inizio attività e al rilascio del certificato di abitabilità per la mancata osservanza delle norme sulla sicurezza del lavoro, al fine di prevenire gli infortuni da caduta dall’alto nei successivi lavori di manutenzione sulle coperture), l’articolo 155 e l’articolo 156 bis (Disposizioni di coordinamento procedurale per la valutazione di impatto ambientale). Il DDL introduce, tra le altre innovazioni, l’obbligatorietà del titolo edilizio SCIA per una determinata serie di categorie d’intervento; riteniamo preferibile l’attuale possibilità residuale di alternatività della SCIA al permesso di costruire. Si conviene sull’obbligo per i Comuni di istituire una commissione edilizia unica nella gestione associata delle funzioni. Concludendo, evidenziamo, infine, sarebbe stato preferibile ed opportuno che il varo del nuovo DDL fosse contestualmente accompagnato dagli attrezzi indispensabili al suo funzionamento, quali il regolamento urbanistico - edilizio provinciale e la nuova modulistica edilizia, confidiamo possano concretizzarsi in tempi inferiori agli 8 mesi previsti dal DDL in parola. Persuasi che la partecipazione sia un elemento di qualificazione del sistema di pianificazione, manifestiamo fin d’ora la nostra disponibilità per concludere il processo in atto. Cordiali saluti. Arch. Alberto Winterle Presidente