Dental Tribune Italian Edition - Giugno 2013
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Perché è necessario e opportuno
fare il preventivo?
Ce lo spiega l’avvocato Denise Falco
Il DL n. 1 del 24/1/2012 prevedeva
all’art. 9 comma 3 l’obbligo per il professionista di fornire al paziente che
ne facesse richiesta, alla definizione
della terapia, un preventivo scritto
dettagliato con le voci di costo per le
singole prestazioni.
Successivamente, la Legge 27/2012
sulle liberalizzazioni, recependo le
direttive della Fnomceo secondo cui
era “tecnicamente difficile quantificare in modo certo e compiuto tutti
gli oneri per le attività da svolgersi
già all’effettuazione della prestazione
professionale”, modificava la norma
prevedendo (art. 9 comma 4) che il
preventivo fosse solo “di massima”.
L’odontoiatra, quindi, sarà obbligato
a predisporlo solo quando il paziente ne faccia espressa richiesta e non
dovrà necessariamente indicare in
modo puntuale tutti gli interventi terapeutici con relativi costi.
Perché è necessario e opportuno fare
il preventivo? Fornendo al paziente
una previsione di spesa degli interventi ritenuti necessari, almeno a
seguito di un primo check, il medico
dimostrerebbe di voler instaurare
con il paziente un rapporto basato
su chiarezza e trasparenza, il quale
paziente potrebbe essere pertanto indotto a (af)fidarsi. Ignorando di norma la terminologia medica, egli non
riesce infatti a valutare la “bravura”
del professionista e, pertanto, effettuerà la scelta per lo più sulla base del
primo approccio. La predisposizione
di un preventivo, seppur di massima,
limiterebbe inoltre il sorgere di contestazioni sull’entità dell’onorario.
A fronte di un documento scritto e
firmato dal paziente, con descrizione
degli interventi da eseguire e relativa
tariffa, difficilmente (e, comunque,
con scarsi risultati) il paziente potrebbe opporre di non essere stato adeguatamente informato sul costo delle
singole prestazioni. Ultima considerazione, ma non certo meno importante, soprattutto in tempo di crisi.
Nelle denegata ipotesi in cui il paziente dopo aver fruito di tutte le
prestazioni del caso ometta di versare il corrispettivo, si tratti del saldo o
dell’intero importo dovuto, il preventivo scritto potrà agevolare l’odontoiatra nel recupero del credito. Medico
e odontoiatra, infatti, in quanto esercenti una libera professione possono
avvalersi della speciale procedura
esecutiva ex art. 633 del c.p.c., chiedendo al giudice un’ingiunzione di
pagamento verso l’inadempiente. Il
ricorso per il decreto ingiuntivo deve
essere accompagnato dalla parcella
del professionista, la quale a sua volta dovrebbe essere preventivamente
convalidata dall’Ordine di appartenenza, anche sulla base del preventivo scritto e firmato dal paziente.
Doveroso usare il condizionale per
quanto riguarda la necessità di corro-
borare il ricorso con il parere dell’associazione professionale, in quanto alla luce di un decreto emesso dal
Tribunale di Varese l’11 ottobre 2012, la situazione potrebbe subire delle modifiche.
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Dental Tribune Italian Edition - Giugno 2013
Per far fronte alla crisi una lezione
di imprenditorialità dalla Revello
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Si potrebbe, infatti, far largo la
tesi secondo cui il professionista
che agisca per recupero crediti
in sede monitoria, in particolare,
dovrebbe allegare alla domanda
non più la parcella, ma un documento scritto con efficacia probatoria secondo le regole del codice civile a riprova dell’incarico
ricevuto e dell’entità del compenso pattuito, come previsto
per ogni altro creditore dall’art.
633, n. 1, c.p.c.
In tal caso, quindi, il giudice,
(quantomeno ove sia applicabile il nuovo sistema parametri)
sarebbe l’unico soggetto in grado di surrogare con valutazione discrezionale, il contratto di
mandato o d’opera professionale,
prescindendo da interventi del
Consiglio dell’Ordine nel “determinare” i compensi, coerentemente con la filosofia di fondo
che mira a liberalizzare l’attività
libero professionale.
L’incontro dal titolo più che allettante
“Superare le difficoltà in odontoiatria”
ha avuto luogo alle ore 13 di giovedì
23 maggio in sala Castagnola (Amici
di Brugg) a cura della Revello, da oltre
mezzo secolo azienda distributrice
di prodotti dentali. Salvo De Costa,
responsabile marketing dell’azienda,
ha chiarito le finalità dell’incontro:
“Vogliamo fornire allo studio odontoiatrico degli spunti per poter capire
i possibili sviluppi dell’odontoiatria
esercitata con taglio imprenditoriale”.
Con questo fine ha chiesto l’intervento di Andrea Grassi e Daniele Benedetti Forastieri, che si sono dilungati
a spiegare come il dentista deve “imprenditorializzarsi” senza dimenticare ovviamente di essere un medico,
soprattutto quando il paziente è sdraiato sulla poltrona. Cosa possibile anzi
necessaria visto che il 50% degli studi
in Italia è in difficoltà e che profitti e
clienti/pazienti stanno diminuendo
(in alcuni casi no). In sintesi tre sono
le chiavi del successo secondo Grassi e
Benedetti Forastieri:
1. “Un giusto” atteggiamento mentale
2. Una gestione “più imprenditoriale”
Dental<Tribune
Dimmi che arredo hai e ti dirò che
dentista sei
Denise<Falco, Avvocato in Torino
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Bond/Etch
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Tips & Syringes
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propri prodotti, sviluppati seguendo fedelmente la
strada di un’odontoiatria mini-invasiva.
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CEO – Ultradent Products Inc
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3. L’innovazione.
Non si tratta solo di presupposti teorici. Modificare l’atteggiamento vuol
dire assumere una posizione realistica verso le soluzioni senza piangersi
addosso, sempre e comunque. Perché
se alcuni studi funzionano, vuol dire
che si può “modellare ciò che funziona”. La gestione imprenditoriale
(secondo cambio d’atteggiamento)
spinge a cercare nuovi clienti/pazienti, e non solo attraverso la pubblicità,
e a ottimizzare quelli già acquisiti,
puntando sul cd. “posizionamento
distintivo”, ossia la specificità: se non
vi sono differenze tra uno e l’altro studio, l’unica differenza la fa il prezzo.
Terza condizione di successo, l’innovazione: nuove tecnologie, aumento
di redditività della prestazione, efficienza dei tempi di cura, aggiornamento, etc. Dopo la “teoria” è venuto
l’esempio pratico di Daniele Benedetti
Forastieri, odontoiatra, il quale ha descritto come applicando quei principi,
sia riuscito a dare una concreta svolta
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Alle 12 di sabato 25 maggio nella Sala
Martignoni presso il congresso Amici
di Brugg, Gianna Pamich, consigliera
dell’Unidi, ha presentato (come fa da
qualche anno, ormai) il workshop del
MAU (Mobilieri Associati Unidi). Due
parole per ricordare l’iniziativa che
vede alcuni mobilieri dell’Unidi uniti
nello sforzo di trasmettere al pubblico i vantaggi di un arredo moderno,
gradevole ed efficace, per cedere subito la parola ad Andrea Grassi, altrimenti denominato “the revenue maker” (realizzatore di profitti).
Grassi, fondatore dell’Accademia dello sviluppo imprenditoriale dello studio dentistico e autore di un efficace
libretto intitolato Il dente del giudizio,
non ha certo affrontato il tema direttamente, dal punto di vista tecnicocostruttivo, ossia di quali materiali e
colori debbano essere i mobili di uno
studio dentistico, ma è andato più a
monte, affermando che il vero problema è come lo studio (quindi non
solo i mobili) possa orientare favorevolmente la scelta del paziente.
Come riuscire, cioè, a fargli guardare
il proprio studio con il “suo” occhio,
sapendo che le sue scelte saranno
condizionate anche dall’allestimento? Dopo essersi soffermato sulla
psicologia dei pazienti (o meglio
clienti), efficacemente paragonati a
“uccelli migratori” non più stanziali
come una volta, Grassi afferma che
la scelta iniziale dello studio dipende semplicemente e solamente dalle
percezioni e sensazioni del paziente
(che sarà tale, attenzione, solo finché
si trova sulla poltrona, per diventare,
appena si alza, e senza mezzi termini,
un cliente). Se lo studio, quindi, non fa
nulla per trasmettergli un “qualcosa”,
è la sua percezione che ha della realtà/
studio a determinare la scelta, secondo il fenomeno che Grassi definisce
dell’“eguaglianza complessa”. Che significa? Che se lo studio è pulito, anche la prestazione che darà il dentista
sarà probabilmente all’altezza (così
almeno pensa il paziente/cliente). Per
questo stesso meccanismo, la valutazione/impressione dovrà risultare
positiva, non solo per la sala d’aspetto, che è un po’ il biglietto da visita del
professionista, ma anche per l’area
clinica che dovrà essere perlomeno
coerente con quella d’aspetto, perché
non avrebbe senso un “salto” d’immagine tra l’una e l’altra.
La seconda parte dell’intervento è
stata animata dall’architetto Alessandro Rossetti, il quale ha efficacemente completato l’intervento di Grassi,
illustrando tramite una sequenza
fotografica, da architetto, i vizi e le
virtù nell’allestimento di alcune sale
di aspetto, in alcuni casi decisamente poco attraenti, tali da provocare
disagio, se non impulsi di fuga nel
cliente. Perché, se usando arredi e
mobili poco adatti e di poco prezzo si
dimostra di dare scarsa attenzione al
paziente/cliente, questi non solo non
si sentirà al centro del mondo, com’è
sua aspirazione, ma riterrà anche di
dover pagare poco per aver avuto
poco. Grazie all’eguaglianza complessa di cui parla Grassi, la sensazione, quindi, di un lavoro ben fatto,
rischierà di passare in secondo piano
rispetto a questa seconda, sgradevole,
impressione.
Dental<Tribune
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