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6 6
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1 3 - 2 8
studi
IL MEMORIALE NEI
SACRIFICI D’ALLEANZA
G i o va n n i M a r i a T o m a s i
N
ella storia d’Israele molte realtà costituirono un memoriale
delle azioni di predilezione di Dio: abbiamo visto come
tutto il mondo dei segni, delle vesti liturgiche e dei suoni
ne è coinvolto, ma il più grande interesse è offerto dal carattere
evocativo degli atti di culto. Nella liturgia delle origini dell’ebraismo,
il segno più perfetto dell’adorazione sta nell’offerta di sacrifici all’unico Dio, e non più agli idoli. Sin dall’inizio questo stesso atto, ispirato da Dio, ha un rapporto con la figura del memoriale in genere.
L’uomo si ricorda di Dio, delle Sue meraviglie, lo invoca, gli chiede di perdonare le sue infedeltà, ed attende da Lui una risposta,
un segno di presenza. Il modo più logico, e forse più semplice, di
procedere sarà quello di analizzare le forme del sacrificio giudaico
antico, dove si costata la presenza della figura del memoriale, ma ci
soffermiamo prima sulla nozione stessa d’immolazione.
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13-28
La nozione di sacrificio
Oggi non si crede di poter delimitare una teoria generale
del sacrificio1, e non si può pensare che un’analisi del senso del
sacrificio in assoluto, o del sacrificio nelle diverse religioni, tantomeno l’esposizione del culto giudaico antico, possano esprimere
il perché dell’olocausto di Cristo, se non si riflette su quanto dice
la Scrittura a proposito della Sua persona divina e delle intenzioni della Sua anima creata. Dalla rivelazione nondimeno risulta
che il sacrificio del Signore comporta l’atto d’offerta interiore
ed il compimento visibile di quest’atteggiamento: la Croce in tal
guisa non è superflua nell’opera della redenzione.
Tornando alle immagini rappresentate dai sacrifici del
culto giudaico, le divisioni in olocausto, sacrificio di comunione, oblazione, sacrificio di riparazione, subirono un lento ma
progressivo cammino d’interiorizzazione e quindi d’unificazione, almeno per quell’atto di offerta di sé che in tutti è richiesto e
presupposto.
L’olocausto
È un antichissimo sacrificio, già presente all’epoca mosaica
(dall’ebraico ‘olah, la cui radice significa salire), ed era costituito
dall’intera distruzione dell’animale in onore di Dio.
Il senso primitivo e fondamentale di tale sacrificio è l’azione di grazie, che sale a Dio per unire Dio al suo fedele2. Tale
C. Grottanelli, Uccidere, donare, mangiare: problematiche attuali del sacrificio antico, in C. Grottanelli - N.F. Parise, Sacrificio e società nel mondo antico,
Laterza, Roma-Bari 1988, 3-53. Riprende tesi di Lévi-Strauss e J.-P. Vernant
e M. Detienne.
2
«Manoach prese dunque il capretto e l’oblazione e li offrì sulla pietra
al Signore, che è mirabile nell’operare. Intanto Manoach e sua moglie stavano osservando. E avvenne che mentre la fiamma saliva dall’altare verso il
1
14
IL MEMORIALE NEI SACRIFICI D’ALLEANZA
Giovanni Maria Tomasi
azione di grazie talvolta è portata dall’angelo che si fa mediatore
fra il fedele ed il suo Signore. In un periodo posteriore, l’olocausto acquisterà il carattere espiatorio3. Eccettuata la pelle, tutta la
carne era bruciata, mentre il sangue era spruzzato attorno all’altare. Tale sacrificio era offerto da privati e dalla collettività. Ogni
mattina ed ogni sera era sacrificato un agnello in olocausto per
tutto il popolo4. Il rito riparatorio, in cui aveva una parte notevolissima lo spargimento o spruzzamento del sangue5, è descritto minuziosamente in Lv 1, 1-17; 6, 8-13; Nm 15, 3-9. Sia il
cerimoniale praticato sia l’offerta degli agnelli in olocausto sono
un memoriale che rende presente il Signore: «Questo olocausto
sarà perpetuo, e sarà offerto per tutte le generazioni, all’ingresso della tenda del convegno, alla presenza del Signore, dove Io
vi darò convegno per parlare con voi»6. «Abiterò in mezzo agli
israeliti e sarò il loro Dio. Sapranno che Io sono il Signore, il loro
Dio, che li ho fatti uscire dal paese d’Egitto, per abitare in mezzo
a loro, Io il Signore, loro Dio»7.
Questo riconoscere-ricordare il Signor Dio, nel momento
dell’olocausto, come colui che ha salvato il popolo dall’Egitto,
rivela la potenza anamnestica dell’offerta; potenza che giunge
a far abitare Dio in mezzo al popolo. Il popolo rivive ancora,
nel memoriale dell’olocausto, la salvezza ottenuta in Egitto, ed
è chiamato a parteciparvi con un atto interiore di abbandono e
di adorazione8.
cielo, anche l’angelo del Signore salì in mezzo alla fiamma dell’altare. A tale
vista Manoach e sua moglie caddero bocconi per terra»; Gdc 13,19-20.
3
Lv 1.
4
Es 29,38-42.
5
Lv 1,11; 17,14; Dt 12,23.
6
Es 29,42-43.
7
Es 29,45-46.
8
H. Cazelles, L’anaphore et l’Ancien Testament, in Eucharisties d’Orient et
d’Occident, du Cerf, Paris 1970, 11-21. Partendo dal Levitico, nota tra le forme
15
studi
13-28
Il sacrificio di comunione
Il secondo è il sacrificio di comunione, sacrificio pacifico.
Detto in ebraico zebah selamim, significa innanzitutto rendimento
di grazie e poi sacrificio pacifico, una sorta di pasto sacro consumato con Dio9.
Il sacrificio di comunione fa parte di tutte le feste, mette
in risalto la comunione e l’amicizia fra Dio e l’offerente. Così
ogni pasto giudaico festivo è al fondo un sacrificio conviviale. G.
Gese pensa che questa refezione sia all’origine dell’eucaristia10; si
dovrebbe piuttosto dire che il Cristo riassume, con le Sue parole
ed i Suoi gesti, tutta la realtà del culto giudaico, tutta la ricchezza della preghiera d’Israele, tutta la profezia, tutte le correnti
veterotestamentarie. Sin dal tempo predeuteronomico, in ogni
modo, questo pasto di festa presupponeva un sacrificio sull’altare. Il grasso era bruciato in onore di Dio; del rimanente, una
parte (il petto o la coscia) spettava di diritto al sacerdote, mentre
gli offerenti, – purché in stato di purità legale11 –, consumavano
nel santuario l’altra carne ormai sacra. Al banchetto potevano
essere invitati i parenti ed anche altre persone, particolarmente i
poveri12. Il suo carattere sacrificale aveva un duplice significato:
stabilire la pace con Dio e fra gli uomini.
Tra le tre forme di sacrificio di comunione: il sacrificio di
ringraziamento, il sacrificio votivo e quello volontario, la più
principali, l’olocausto, dove la vittima era interamente bruciata per Dio, e lo
selâmîm, o sacrificio di comunione, di cui lo zebah tôda (Lv 7,12-15 ) era una
forma particolare. Per H. Cazelles questa preghiera di lode, abbinata al sacrificio pacifico, costituisce una prefigurazione dell’eucaristia.
9
Dt 12,18; Lv 7,11-15.
10
G. Gese, Zur biblischen Theologie, München 1977, 117.
11
Lv 7,19ss.
12
Dt 12,12-18; 16,11ss.
16
IL MEMORIALE NEI SACRIFICI D’ALLEANZA
Giovanni Maria Tomasi
solenne è quella del sacrificio di ringraziamento13. Il sacrificio
con ringraziamento, pur facendo parte del selamim, se ne distingueva considerevolmente perché, accanto al sacrificio cruento
di carni sull’altare, di cui abbiamo parlato, comprendeva quello
incruento del pane, ed una processione attorno all’altare, una
libagione di vino dove l’offerente esprimeva la sua partecipazione al sacrificio ed, infine, il canto delle lodi del Signore: «Offri
a Dio un sacrificio di lode e sciogli all’Altissimo i tuoi voti; (...)
Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora, a chi cammina per
la retta via mostrerò la salvezza di Dio»14. Molti salmi sono stati
composti per questo sacrificio di ringraziamento. In essi leggiamo spesso che l’orante fa voto di offrir sacrifici; abbiamo pure
molti testi attestanti che queste offerte votive di riconoscenza
erano accompagnate da preghiere di intercessione e da canti di
ringraziamento15. Questi precedevano di regola il sacrificio, ma
potevano risuonare nel corso del banchetto a cui, dopo il sacrificio, prendevano parte gli invitati16.
Questa forma di pasto sacro aveva una parte preminente
ai tempi di Gesù, secondo quanto attesta la Misna.
Tali preghiere ed il sacrificio di ringraziamento stesso
erano chiamati tôda, e facevano parte dei selamim17. Dall’analisi
ulteriore di questi salmi-preghiere, soprattutto del salmo 22, si
scorge una vera e propria profezia del dramma della passione
e risurrezione del Signore nostro Gesù Cristo18. In modo parti-
Tôda = ringraziamento; zebah ha-tôda = sacrificio di ringraziamento.
Sal 50,14 e 23.
15
Sal 22,26; 54,8; 61,9; 116,17.18.
16
Sal 22,26.27; Sal 66.
17
Il carattere sacrificale di questo pasto ha un duplice aspetto: in esso
trovano ugualmente espressione la comunione con Dio e quella reciproca.
Tra i partecipanti domina la shalom, da cui il nome.
18
I salmi tôda possono essere: 69, 51, 40, ed il 22, il libretto del dramma
della passione di Cristo.
13
14
17
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colare il salmo 51 invita ad un’interiorizzazione del sacrificio:
«Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e
umiliato, Dio, tu non disprezzi»19. Con ciò non è abolita l’offerta, solo che questa nei salmi dei sacrifici di ringraziamento, viene
sempre più interiorizzata, sino ad identificarsi con la vita stessa
dell’offerente. In una religione sacrificale, qual è stata quell’israelitica, l’uso di attestare la propria gratitudine a Dio non con pure
e semplici parole, ma soprattutto presentandogli doni, sacrifici,
poté purtroppo scadere ad osservanza esteriore; perciò vi furono
voci che richiamarono alla partecipazione interiore ed all’offerta
del cuore20.
Un importante esempio di sacrificio di comunione e di
ringraziamento è quello descritto in Es 24, 11: «Mosé scrisse
tutte le parole del Signore, poi si alzò di buon mattino e costruì
un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù
di Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il
Signore. Mosé prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e
ne versò l’altra metà sull’altare. Quindi prese il libro dell’alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: Quanto il Signore
ha ordinato, noi lo faremo e lo eseguiremo! Allora Mosé prese
il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: Ecco il sangue dell’alleanza, che il Signore ha concluso con voi, sulla base di tutte
queste parole! Poi Mosé salì con Aronne, Nadab, Abiu e i settanta anziani d’Israele. Essi videro il Dio d’Israele: sotto i Suoi piedi
vi era come un pavimento in lastre di zaffiro, simile in purezza al
cielo stesso. Contro questi privilegiati tra gli israeliti non stese la
mano: essi videro Dio e tuttavia mangiarono e bevvero». Il frutto
di questo sacrificio di comunione è la visione di Dio. Al termine
del ringraziamento Dio si fa presente; ai Suoi piedi v’è come
19
20
18
Sal 51,19.
Sal 50,14.15; Sal 69,31-32; Sal 107,22; Sal 27,6 ed i Profeti.
IL MEMORIALE NEI SACRIFICI D’ALLEANZA
Giovanni Maria Tomasi
una lastra lavorata di zaffiro, simile in chiarezza al cielo stesso. Il
sacrificio di ringraziamento, memoriale delle meraviglie di Dio,
pone l’uomo stesso, in uno stato di offerta, dinanzi a Dio, ed alla
presenza di Lui, gusta ancora la salvezza.
Così se si volesse porre il problema del tipo di preghiera
o del pasto o del rito specifico dal quale poté scaturire l’eucaristia del Signore, eccezion fatta per il novum della sua istituzione,
un riferimento probabile potrebbe essere appunto la tôda, ossia
il sacrificio di ringraziamento21. Per questo motivo G. Gese, tra
tutte le varie e possibili origini dell’eucaristia: il pasto giudaico,
la pasqua, le refezioni qumraniche, i conviti di Gesù, il miracolo
della moltiplicazione del pane, i pasti del risorto, pone l’accento
sulla forma del pasto sacro della tôda, per tutti quegli elementi
che convergono nel sacrificio di Cristo, e che Egli stesso assume
e sublima nella Sua ultima cena.
L’oblazione
L’oblazione, designata dal termine ebraico mincha, secondo
la più probabile etimologia, significa dono. Consisteva nell’offerta dei frutti della terra, di alimenti, di bevande, di incenso e
di altre sostanze aromatiche. Nel fumo, che si innalzava dall’altare dell’incenso, si amava scorgere il simbolo della preghiera,
mentre le offerte dei commestibili, ben determinati dalla legge22,
esprimevano il ringraziamento per la provvidenza di Dio, dando
sempre la possibilità della comunione con la divinità. A tali offerte si possono collegare i pani d’oblazione, chiamati lehem happanim, pani della presenza. Secondo Lv 24,5-9, consistevano in
dodici focacce di fior di farina, disposte in due file su una tavola
allestita davanti al Santo dei santi, e venivano rinnovate ogni
21
22
G. Gese, Zur biblischen Theologie, op. cit., 107-127.
Nm 5,15; Lv 2,1 ss.
19
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13-28
sabato, quale pegno dell’alleanza delle dodici tribù con il Dio
d’Israele.
Una sola volta, in tutto il testo sacro, mincha, indica un
sacrificio cruento invece di quello vegetale e di incenso, ed è nel
sacrificio di Abele, figura del sacrificio di nostro Signore Gesù
Cristo.
Abele, uomo giusto23, offre a Dio i primogeniti del suo
gregge, gli agnelli più grassi24.
Ucciso dal fratello inaugura l’offerta del sangue per la
giustizia. In lui Adamo scopre la realtà della morte, ed esperimenta il dolore del padre a cui è sacrificato il figlio innocente.
Abele, immagine del sacerdote eterno, è immolato, ed a causa
della sua giustizia vince la morte. Il sacrificio della sua vita, è
indicato dal termine mincha, che indica, invece, sempre e soltanto
l’oblazione incruenta.
Questo perché si vuol sottolineare la sua offerta interiore, ed indicare un’altra prefigurazione della perenne offerta del
Cristo nell’oblazione pura del memoriale, a cui si unirà tutta la
Chiesa. Anche nel sacrificio delle offerte vegetali (mincha), una
parte veniva bruciata, il resto era per i sacerdoti. Tale sacrificio si
chiamava anche azkarah, dalla radice zkr, ricordare, forse a causa
delle prime parole della preghiera che accompagnava l’offerta
della parte bruciata sull’altare. Nel libro del Levitico25, è bene
descritta la modalità di questo stesso rito dell’oblazione: «Se qualcuno porterà al Signore un’oblazione, la sua offerta sarà di fior
Mt 23,35; Eb 11,4; 1Gv 3,12.
Gn 4,4.
25
Il senso del termine memoriale nel Levitico è sempre quello di una
proclamazione della presenza di Dio, della Sua opera in favore degli uomini,
ed anche un segno rivolto a Dio per annunciargli un’offerta e l’intenzione
dell’offerta. Dio presente, attraverso il memoriale, continua a far gustare la
Sua salvezza, già operata al tempo “dei nostri Padri”.
23
24
20
IL MEMORIALE NEI SACRIFICI D’ALLEANZA
Il sacrificio di riparazione
Giovanni Maria Tomasi
di farina, sulla quale verserà olio, porrà incenso»26, «La porterà
ai figli di Aronne, i sacerdoti; il sacerdote prenderà da essa una
manciata di fior di farina e d’olio con tutto l’incenso, e lo brucerà
sull’altare come memoriale (la parte che è memoriale)»27. L’oblazione del cibo era forse l’olocausto più umile, antichissimo, segno
di adorazione. Era il sacrificio abituale di Caino, per ricollegarci
a Gn 4; la sua offerta di frutti della terra però non fu gradita al
Signore, perché senza corrispondente stato di purezza interiore.
Altri tipi di sacrificio sono il sacrificio di riparazione asam,
ed il sacrificio per il peccato hattat28. Ad entrambi era connessa l’idea di una riconciliazione fra Dio e il peccatore. Il rito
comprendeva la confessione del peccato. L’offerente imponeva
le mani sulla testa dell’animale per simboleggiare il trasferimento della colpa, quindi si compiva il rito, regolato da norme più
categoriche del solito e diverse secondo la qualità dell’offerente29.
V’era poi il solenne giorno dell’espiazione o del gran perdono (Kippûr). Il 10° giorno del settimo mese (sett.-ottobre), cinque
giorni prima della festa delle Capanne: era il giorno solenne
dell’espiazione e confessione dei peccati30. Il giorno in cui Israele
si riconciliava con il suo Dio, può considerarsi il venerdì santo
dell’Antico Testamento.
Lv 2,1.
Lv 2,2.
28
Sul senso dei sacrifici: H. Cazelles, Il Levitico, nella Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna 1985, 10-14. E. Jacob, Théologie de l’Ancien Testament,
Neuchâtel-Paris 1955, 212-219. G. Nagel, Sacrifici, in Vocabolario biblico, a cura
di J.J. von Allmen, AVE, Roma 1969, 430-435. G. von Rad, Theologie des Alten
Testament, I, Kaiser Verlag, München 1957, 249.288-301.
29
Lv 4,1-6; 7,1-10; Nm l5,22ss.
30
Lv 16,1-34.
26
27
21
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Il solo sommo sacerdote, dopo aver ucciso un vitello, in sacrificio di ammenda, per i peccati suoi, della sua famiglia e dei sacerdoti, prendeva l’incensiere d’oro e penetrava nel Santissimo, dove
faceva bruciare l’incenso. Ritornato nell’atrio e preso il sangue
del vitello ucciso, entrava di nuovo nel Santissimo ed aspergeva il
coperchio dell’arca dell’alleanza e sette volte il suolo. Uscito fuori,
immolava uno dei due capri destinato al sacrificio di ammenda.
Dopo aver mescolato il sangue del vitello con quello del capro,
lambiva con esso i corni dell’altare dei profumi e per sette volte
aspergeva il resto dell’altare; fuori del santuario, nell’atrio, ripeteva
la stessa funzione per l’altare degli olocausti, versando infine su di
esso il resto del sangue. Quindi sull’altro capro confessava tutti i
peccati del popolo, trasferendoli simbolicamente sull’animale che
era allontanato nel deserto. Seguivano alcune letture sulla festa e
preghiere; il sommo sacerdote, dopo aver immolato altri due arieti
in olocausto, licenziava il popolo benedicendolo.
Questo sacrificio per il peccato, espiazione e sostituzione
simboleggia bene il sacrificio di Cristo sulla Croce, ma anche
tutte le altre forme troveranno il loro compimento con l’incarnazione del Figlio di Dio. Nella preghiera Supra quae del canone
romano si fa allusione ai sacrifici di Abele, Abramo e Melchisedek, indicando quanto l’offerta di Cristo riassuma tutti i caratteri
dei sacrifici dell’antica alleanza.
Adeguata conclusione dell’argomento possono essere ora
i versetti del Siracide o Ecclesiastico: «Chi serba riconoscenza
offre fior di farina, chi pratica l’elemosina fa sacrifici di lode (...);
L’offerta del giusto arricchisce (ingrassa) l’altare, il suo profumo
sale davanti all’Altissimo. Il sacrificio dell’uomo giusto è gradito,
il suo memoriale non sarà dimenticato»31. Il testo insiste sulla
Sir 35,2.5-6. Il libro dell’Ecclesiastico o Sapienza di Ben Sirah, è
tutto pervaso di contemplazione per la storia, la legge e il culto ebraico e vi
troviamo spesso la realtà del memoriale.
31
22
IL MEMORIALE NEI SACRIFICI D’ALLEANZA
Giovanni Maria Tomasi
necessità di essere giusti per offrire un sacrificio, ma non vuota il
sacrificio della sua oggettiva efficacia. C’è un perfetto equilibrio
fra l’esigenza morale e la disciplina liturgica, come bene esprime
il completo parallelismo dei due versetti 5b e 6b. Il profumo del
giusto e la sua offerta sono posti in relazione. Il sacrificio compiuto con tale rettitudine e purezza di cuore è gradito a Dio.
L’offerta interiore e quella esteriore coincidono: «L’offerta
del giusto arricchisce (ingrassa) l’altare»32; cioè tra l’olio del sacrificio e la santità e la perfezione del giusto deve esserci corrispondenza ontologica.
Il Cristo insegnerà la stessa cosa.
Alla maniera dei profeti, Egli non rifiuta il culto in quanto
tale. Se la riconciliazione fraterna deve precedere l’offerta rituale, non dispensa dal compimento del rito: «Ed allora verrai a
presentare la tua offerta»33.
Il sacrificio dell’Alleanza
Ultimo sacrificio da considerare è l’olocausto dei contratti
d’alleanza34. In tutta la storia dell’Antico Testamento l’espressione concludere un patto traduce le parole krt berit35, che letteralmente significano tagliare un’alleanza, riproducendo, nella plasticità del linguaggio semitico, il rito del sangue, da quello di Gn
Sir 35,5.
Mt 5,23-24.
34
A. Schenker, O.P., Les sacrifices d’Alliance, EX. XXIV, 3-8, dans leur
portée narrative et religieuse, in Revue Biblique 101-4 (1994) 481-494. Non tutte le
alleanze erano seguite da sacrifici: A. Schenker (herausgegeben von), Studien
zu Opfer und Kult im Alten Testament, mit einer Bibliographie 1969-1991 zum
Opfer in der Bibel, J.C.B. Mohr, Tübingen 1992, 1-14.
35
P. Buis, La notion d’alliance dans l’Ancien Testament, du Cerf, Paris 1976,
15-45. N. Lohfink, Il concetto di alleanza nella teologia biblica, in CC 3 (1991) 358.
Questo vocabolo ha il senso di impegno unilaterale o bilaterale e andrebbe
tradotto con patto, piuttosto che con alleanza o testamento (diathéke).
32
33
23
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13-28
15,9-21 a quello dell’Es 24,3-836. Il rito a cui si collega la formula
di giuramento consiste, presso le popolazioni più antiche, in uno
scambio di sangue tra i contraenti come segno di comunione di
vita e di impegno reciproco. A questo rito si sostituisce il sacrificio di alcuni animali offerti alla divinità, divisi in due parti tra
le quali passavano i due individui contraenti37, pronunciando i
termini dell’accordo e formule imprecatorie, il cui senso potrebbe essere espresso così: sia ridotto come le parti di questo animale colui
che verrà meno agli impegni del patto!
Avendo già esposto il senso del memoriale dell’olocausto,
sacrificio preferito nei contratti di alleanza, ci si sofferma sul rito
del sangue. Se l’effusione dello stesso è comune a tutti i sacrifici, l’aspersione con il sangue appare soltanto nella conclusione
dell’alleanza del Sinai38, mentre l’espressione sangue di alleanza
viene adoperata una sola volta nell’Antico Testamento, appunto
al Sinai, ed una sola volta nel Nuovo Testamento, nelle parole
dell’istituzione dell’eucaristia39, con riferimento al patto antico.
Non deve sorprendere tale uso del sangue, se si ricorda di
cosa fosse simbolo per il popolo: segno di vita, del soffio di Dio,
forza che rende possibile l’esistere, dono sacro, e segno di morte
allorché versato. Il sangue era un’immagine potente, contenente
Nell’ultima cena, quando Gesù designò il proprio sangue come
sangue di alleanza, Egli suggerì implicitamente un rapporto con il sangue
della prima alleanza (Es 24,8), e quindi una interpretazione sacrificale della
Sua morte. Tale interpretazione accennata in diversi passi di S. Paolo (1Cor
5,7; 10,14-22; Rm 3,25; Ef 5,2) e di S. Pietro (1Pt 1,19: agnello immacolato),
è stata approfondita magistralmente dall’autore della Lettera agli Ebrei, il
quale ha condotto metodicamente un confronto tra il sangue di Cristo e il
sangue delle vittime del culto antico.
37
D.J. McCarthy, Treaty and Covenant. A Study in Form in the Ancient Oriental Documents and in the Old Testament, Analecta Biblica, 21, Biblical Institute
Press, Rome 1978, 94.
38
Es 24,8.
39
Mt 26,28; Mc 14,24.
36
24
IL MEMORIALE NEI SACRIFICI D’ALLEANZA
Giovanni Maria Tomasi
allo stesso tempo il senso della vita e la continua prospettiva della
morte.
Ritornando al racconto di Es 24, già citato, sebbene la
presenza degli animali uccisi e l’aspersione del sangue sui contraenti sia chiaro segno di morte per il trasgressore, l’impressione
che ne deriva è positiva, ossia quella di una relazione di vita,
nella misura stessa della fedeltà. Il versamento del sangue ha
valore espiatorio e contiene in sé una reciproca ed inseparabile
dimensione di morte e vita40. Così deve essere inteso il versetto
del Levitico che si occupa del rispetto dovuto al sangue: «Poiché
la vita della carne (l’animale) è nel sangue, perciò vi ho concesso
di porlo sull’altare in espiazione per le vostre vite; perché è il
sangue che, al posto della vita, espia»41. Nel tradurre si è reso
anima (nefes) con vita, e carne (basar) con animale vivente, ma
la differenza è grande se si rende l’abituale traduzione «perché
il sangue espia, in quanto è la vita» con «perché è il sangue che,
al posto della vita, espia». La traduzione «in quanto è la vita»
allude alla vita dell’animale sacrificato, l’altra, sostenuta da E.
Dhorme, H. Cazelles, Médebielle e C. Giraudo, fa allusione alla
persona, in favore della quale l’espiazione viene fatta. La versione «al posto della vita» è offerta dal testo masoretico bannefes,
dove la preposizione ebraica be significa «al posto di», e dai LXX,
dove il greco antí ha la stessa accezione: antí tès psichès, «al posto
della vita». Le antiche versioni hanno letto nel passo del Levitico
il senso della sostituzione vicaria. Nell’economia antica la vita
degli animali era sacrificata al posto della vita del popolo infedele, nella nuova economia sarà il Cristo, il vero Agnello pasquale,
B.S. Childs, Il libro dell’Esodo. Commentario critico-teologico, Piemme,
Casale Monferrato 1995, 505-510.
41
Lv 17,11.
40
25
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13-28
ad espiare al posto nostro: attraverso la morte viene donata la
vita42.
Il memoriale dell’AT, negli atti di culto, è legato alla realtà
del sacrificio, ma non rappresenta che un’ombra del sacrificio di
Cristo, il quale si caratterizza essenzialmente per l’atto della Sua
offerta interiore. Ma non è soltanto questo.
Si tratta di una Sua decisione chiara ed esplicita, portata
ad effettuazione, non di una forma che i critici possono descrivere secondo la categoria a priori dono-controdono, cercando, nel
simbolismo dello scambio dei doni, il rovesciamento del linguaggio del sacrificio43.
L’oblazione di Cristo è essenzialmente interiore ma, per
quel mistero dell’incarnazione che lo vede legato al mondo dei
segni, si esplicita in un atto visibile esterno. «Nessuno ha maggior
amore di questo: che dia la sua vita per i suoi amici»44. «Il pane
che Io darò è la mia carne, per la vita del mondo»45.
Riprendendo le fila del discorso, notiamo che la figura del
memoriale, nata nel contesto dell’iniziativa di Dio che cerca l’uomo, è presente in modo privilegiato nei sacrifici dell’AT, ed in
particolare in quelli dell’alleanza. Il significato in genere delle
parole che accompagnano il memoriale è duplice: da una parte
il ricordo di Dio, dall’altra il ricordo dell’uomo. Nei LXX, eis
anámnesin, è usato, nel testo greco originale della Sapienza, a
indicare il ricordo da parte degli uomini dei comandamenti di
Nel comporre queste pagine ci si ispira al testo di C. Giraudo, Eucaristia per la Chiesa, Morcelliana - Gregorian University Press, Brescia - Roma
1989, 99-101.
43
Teoria elaborata da Mauss, criticata da J. Derrida in Donare il tempo.
La moneta falsa, Raffaello Cortina Editore, Milano 1996, 40-72, ma ripresa da
L.-M. Chauvet nel libro Simbolo e sacramento. Una rilettura sacramentale dell’esistenza cristiana, LDC, Torino 1990, 185-189; 192-197.
44
Gv 15,13.
45
Gv 6,51.
42
26
IL MEMORIALE NEI SACRIFICI D’ALLEANZA
Giovanni Maria Tomasi
Dio46, e, nel libro del Levitico, ha il significato di «affinché Dio si
ricordi con benevolenza»47. Nei casi in cui la locuzione significa
«affinché Dio si ricordi» si esprimono due pensieri: da una parte
qualcosa viene rappresentata davanti a Dio, dall’altra si attende
che Dio si ricordi, per concedere la grazia o punire, con un avvenimento efficace.
Così siamo in possesso dei seguenti elementi: 1) Il memoriale è presente anche negli atti di culto e nei sacrifici, ed obbedisce a precisi decreti di Dio. 2) L’atto di culto richiesto da Dio
si fonda su di una previa alleanza, o è la riattualizzazione della
stessa. 3) La memoria di Israele fa parte del patto dell’alleanza.
Il popolo ha fatto voto di non dimenticare le opere salvifiche di
Dio e di celebrarlo nella lode e nel culto. Nel significato generale
e nella locuzione eis anámnesin (lezikkaron), significa che qualcosa o
qualcuno viene ricordato a Dio, affinché Egli si faccia presente
ed intervenga. Questo è il punto più sicuro ed indubbio della
ricerca condotta sul memoriale, evidenziato da J. Reumann48.
4) Il ricordo delle promesse è contenuto de essentia nel memoriale. Ogni qualvolta si celebra l’israelita contempla il compimento
escatologico dell’accordo. 5) La celebrazione delle promesse o del
memoriale può assumere una ripresentazione cultuale o sacerdotale, oppure essere rievocata dalla memoria profetica, altrimenti
dalla preghiera della comunità, nelle forme di benedizione e di
lode, pronunciate in occasione dei pasti dai devoti seguaci della
legge. 6) Allo stesso tempo si è chiarito, anticipatamente, che il
sacrificio di Cristo non può essere equiparato sic et sempliciter agli
altri sacrifici, né il Suo memoriale incorporato tale e quale nel
memoriale antico, bensì li sublima entrambi in un’offerta perso-
Sap 16,6.
Lv 24,7.
48
J. Reumann, The Supper of the Lord, Fortress Press, Philadelphia 1985,
46
47
33.
27
studi
13-28
28
nale ed esistenziale, tutta pervasa dal sentimento della riconoscenza e della gratitudine. 7) Anche se l’immagine del memoriale
non è uniforme, nell’uso rituale conserva una struttura composta
di racconto, benedizione e prefigurazione dell’azione sacramentale. 8) Altro dato acquisito è la dimensione conviviale del memoriale
sacrificio.
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