II pensiero illuministico e la riforma dello Stato nell'Italia del Settecento. Di Franco V a l s e c c h i . 1. Le crisi della grande politica europea, nella prima metä del Settecento, hanno impresso alla storia italiana un nuovo corso. La dove l'uniformitä dell'egemonia spagnola livellava la penisola, nuovi dominatori appaiono, sorgono nuovi Stati, si insediano nuove dinastie. Da Milano, la potenza asburgica si irradia verso il centro deUa penisola, ed ha il suo maggior satellite nella Toscana, dove gli Asburgo-Lorena hanno preso U posto dell'estinta dinastia medicea sul trono granducale. Dove erano gli antichi dominii spagnoli del Mezzogiorno, ^ ora ü regno di Napoli: legato alla Spagna dai vincoli dinastici deUa Casa di Borbone, ma costituito in stato indipendente, e avviato a sue proprie vie. Si spalancano aU'Europa le porte d'ItaUa, che il predominio spagnolo aveva chiuso colsuo monopolio; e si spalancano aU'Italiale porte d'Europa. La nuova vita europea ^ anche la vita d'Itaha, le esperienze europee sono anche le nostre esperienze. Si puö dire, sotto questo aspetto, sotto l'aspetto politico, che le esperienze itahane sono in rapporto di piena dipendenza dalle esperienze europee. L'iniziativa politica viene dal di fuori, non muove dal di dentro. Sono le nuove dinastie, le grandi dinastie europee insediate in Italia, gli Asburgo e i Borboni, che portano neUa penisola l'impulso ritormatore che anima l'Europa. Gli Stati nazionaU, gli Stati che si trovano sotto la guida deUe dinastie e delle aristocrazie locali, rimangono chiusi nella cerchia deUa tradizione: Venezia, Genova neUa loro rigida struttura oligarchica, Roma nella sua struttura teocratica. Non vi sono, qui, nuovi sovrani, che devono gettare nuovi fondamenti al loro potere; come non vi sono in Piemonte, dove la dinastia, ben salda in seUa, non sente la spinta ad aUontanarsi dalle vie del passato: che sono le vie deU'assolutismo classico, su cui lo Stato Sabaudo si h avviato sin dai tempi di Emanuele Piliberto, su cui ha proseguito con coerenza e continuitä senza pari. La ventata riformatrice tocca appena questi ,,vecchi" Stati. Chi prende risolutamente la via delle riforme, chi si prepara ad „abbattere la vecchia fabbrica per costruirne una nuova", secondo l'espressione del canceUiere Kaunitz, sono i principi „nuovi", i principi stranieri, che importano daU'Europa in Italia Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM II pensiero illuministico nell'Italia del Settecento 447 i criteri del nuovo assolutismo illuminato, Maria Teresa e Giuseppe II in Lombardia, Leopolde d'Asburgo in Toscana, Carlo e Ferdinando di Borbone a Napoli, Filippo di Borbone a Parma. Ma non fe soltanto riniziativa dei sovrani stranieri a dare l'avvio al moto riformatore in Italia. Le riforme non sono una mera imposizione dall'alto, passivamente subita dal paese che ne h l'oggetto: sono il risultato di una coUaborazione attiva fra dominatori e dominati. Ispiratrice e partecipe dell'opera del sovrano h tutta una schiera di pensatori e d'uomini d'azione, espressione del vigoroso rinnovamento interiore che si manifesta, col secolo, nella penisola. Poiche non e soltanto la politica italiana che subisce, col secolo, l'impulso della politica europea; anche lo spirito italiano esce dall'isolamento, riprende contatto con lo spirito europeo, rientra, per cosi dire, nella circolazione del sangue europeo, pulsa all'unisono con il polso europeo. E ne acquista una spinta dinamica, che vince la forza d'inerzia della tradizione, che ,,modemizza" l'Italia e l'avvia sul cammino dei tempi nuovi. Nasce un illuminismo italiano, che si inserisce nell'illuminismo europeo come una parte nel tutto: una parte ben individuata, con un proprio carattere, una propria fisionomia, ma, ad un tempo, indissolubilmente, organicamente legata al tutto cui appartiene. L'evoluzione si svolge man mano nel corso del secolo. Le grandi figure rappresentative del pensiero italiano che si presentano alle soglie del Settecento affondano ancora profondamente le radici nella tradizione. Ma giä, in loro, la tradizione e un punto di partenza, non d'arrivo; e giä chiaro, in loro, il presagio di un superamento delle posizioni del passato. Vh giä, in loro, un anelito piü o meno cosciente ad emanciparsi dalle strettoie della tradizione, ad uscire dai binari deUe idee tramandate. Ed k, si badi, una manifestazione spontanea che sorge da esigenze interiori, non da suggestioni esteriori. II pensiero di un Giannone, di un Muratori e del tutto ,,casalingo", esente da influssi stranieri. II contatto fra il pensiero italiano ed il pensiero europeo non si h ancora stabilito in tutta la sua feconditä. S'fe creato, inconsciamente, il contatto con l'atmosfera spirituale del tempo, che anche in Italia comincia a farsi sentire, in questa prima metä del secolo. Ma si fa sentire ancora indistinta, senza chiara coscienza di sh. Sara la spinta del pensiero europeo, a provocare il passaggio da questo inconscio moto degü animi, ad una piena consapevolezza dei tempi nuovi: l'irruzione in Italia del pensiero europeo, che si verifica nella seconda metä del secolo. Allora, veramente, si ha un mutamento di tono: allora, veramente, il pensiero italiano entra nelle nuove vie. Sono le vie deiriUuminismo: i „lumi" che rischiarano l'Europa riflettono anche in Italia la loro luce. Nasce un illuminismo italiano. Ed acquista, in breve, un vigoroso sviluppo. L'intensitä, il tono, varia nelle diverse regioni della penisola. Le nuove correnti di pensiero convergono su alcuni centri di attrazione: MUano, Eirenze, Napoli, le capitali delle nuove dinastie, i centri propulsori delUnauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM 448 Franco V a 1 s e c c h i Tiniziativa politica, divengono le capitali del nuovo pensiero, i centri propulsori dell'iniziativa spirituale. Centri d'attrazione che richiamano a se gli uomini nuovi da ogni parte d'Italia, che assorbono, per cosi dire, le energie circostanti. Nei vecchi Stati, il nuovo pensiero non trova il terreno adatto a tradursi in azione. Qui, negli Stati nuovi, si verrfica quell'incontro fra impulso politico e impulso spirituale che da al riformismo Bettecentesco la sua peculiare impronta e la sua rigogUosa feconditä. Qui il movimento di pensiero trova l'ambiente adatto al suo sviluppo. L'iniziativa dei principi ha rotto l'inerzia in cui stagnava la vita pubblica; il contatto con il pensiero europeo ha suscitato deUe eütes inteUettuali, culturalmente aggiornate, e conscie dei problemi del paese. II mondo della cultura, il mondo delle accademie, delle dissertazioni erudite e dei düetti letterari, va mutando volto e figura. La tradizione umanistica deUa bella forma e dell'onda armoniosa del verso si fa piü curiosa del contenuto che e chiamata a rivestire. Ritorna nella poesia, accanto all'interesse estetico, l'interesse umano: la vita in tutti i suoi complessi motivi, muove aUa riconquista dell'arte. Ed e in tutti una curiositä piü ansiosa, un desiderio di esperienze piü vaste. Nelle Accademie tutti i problemi del giorno sono discussi, tutte le correnti di pensiero trovano la loro eco. Arte, erudizione, fUosofia, scienza, politica, economia, non piü isolate e separate nel campo degli specialisti, si fondono tanto che non e piü possibile disgiungerle, cosi tumultuosa e l'irruzione della vita. Si ascoltino le parole con cui le autoritä locali a Milano invocano dal principe di Kaunitz im'Accademia di scienze, lettere ed arti, che accogliendo gU uomini di valore e i giovani delle classi dirigenti, prepari i capi delle generazioni future. „Vorrä V. E. esser sollecita, perchfe questa Accademia si acquisti il vero spirito filosofico, cioe quella avventurosa facoltä ed abitudine di liberamente meditare sopra ogni cosa; quella forza d'ingegno che della sola evidenza si appaga, che niente piü ama che il santissimo Vero, che sa le cose tutte analizzare, che sa ogni oggetto liberare dal superfluo, dal picciolo, dallo scuro; che le scienze tutte e le cognizioni umane unisce e raggruppa, e la mutua loro feconditä, le reciproche relazioni e Ii scambievoli soccorsi ne discopre . . . Quäle immenso profitto al reale servigio e alla pubblica felicitä, da questa Accademia deriverebbe! Quanto mai luminose ne sarebbero le conseguenze! E quali eminenti soggetti potrebbero poi, da questa scuola esser distribuiti ne' tribunaU! Qual luce di vera giurisprudenza e di politica sapienza non porterebbero alcuni nel Senato! Qual uso de' politici calcoli, qual cognizione delle leggi di natura, qual perizia nelle piü savie e auguste provvidenze non porterebbero altri nel Magistrato e ne' pubblici impieghi! Qual cognizione del corpo umano e de' progressi della medicina deUa chirurgia e della chimica non dimostrerebbero altri nell'amministrazione dello spedale." E cosi via in una squiUante fanfara illuministica. La tradizione della ricerca scientifica, tramandata dal secolo precedente, si rinnova di nuovi metodi e di nuovi impulsi; accanto al diritto ed Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM II pensiero illuinmistico neU'Italia del Settecento 449 aU'economia, le scienze natural! ed esatte, allineano una feconda schiera di cultori: i Volta, gli Spallanzani, i Mascheroni, i Prisi, gli Scarpa, per non ricordare che l'Universitä di Pavia. La Scienza, la Tecnica occupano un posto sempre piü importante nella nuova vita spirituale. L'Italia fornisce il suo apporto alla rivoluzione scientifica che accompagna e prepara nel secolo l'incipiente rivoluzione industriale, la nascita della tecnica moderna. II contatto con la cultura europea ha sprigionato energie latenti. I germi delle nuove idee si sviluppano rigogliosi, in quanto trovano un terreno preparato ad accoglierli. II razionalismo illuministico da chiara, coerente, definita espressione ad una esigenza ancora indefinita e non ben cosciente di s^: l'esigenza ad emanciparsi dai vincoli della tradizione, ad interpretare l'intimo travaglio di rinnovamento che si moveva nel profondo deUa vita italiana. 2. La critica del passato, che giä comiacia a trasparire negli scrittori deUa prima meta del secolo, riflette ora gli accenti della polemica, della negazione che caratterizzano il razionalismo iUuministico. E' un'aperta rivolta contro la tradizione, l'autoritä, in nome dei lumi e della scienza, dinnanzi a cui si dissolvono le tenebre di un mondo ormai superato. Cosa e stata la politica fino a ieri ? si domanda il Pilangieri. E risponde: „l'arte di uecidere gli uomini nel minor tempo possibile." Ora, non piü. II grido deUa ragione e della filosofia k salito fino ai troni, e ha fugato gli errori del fanatismo e dell'ignoranza. Cosa h stato il diritto fino a ieri ? si domanda 11 Beccaria.E risponde: „lo scolodei secoli piü barbari." Con ungesto di disdegno, neUe parole del proemio famoso al suo libro sui Delitti e le Pene, respinge i testi fino allora sacri della tradizione giuridica tramandata da Roma. ,,Alcuni avanzi di leggi di un antico popolo conquistatore, fatte compilare da un principe che dodici secoli fa regnava in Costantinopoli, frammischiate poscia con i riti longobardi, ed involte in farraginosi volumi di privati ed oscuri interpreti, formano quella tradizione di opinioni che in gran parte d'Europa ha tuttavia nome di leggi." II diritto romano, la compilazione giustinianea, la glossa sono coinvolti nella stessa sbrigativa condanna. Squilla neUe sue parole tutto il gioioso orgoglio della luce raggiunta, tutta la meraviglia per le tenebre in cui si era potuto vivere: come mai tanto buio, e si a lungo — pare che si domandi — e tanta luce ad un tratto ? Raramente perö, ü pensiero italiano aasume le posizioni radicali dell'astratto dottrinarismo francese; raramente la polemica con il passato raggiunge gli estremi dello schemo e della derisione volteriana. Non abbiamo avuto, in Italia, un Voltaire. II piü „volteriano" per temperamento ed ingegno, dei nostri ,,filosofi", il Galiani, si compiaceva piuttosto di mordere cogli strali del suo arguto scetticismo le facili illusioni e il dogmatico astrattismo d'Oltralpe. Anche quando piü viva e convinta appare la condanna del passato, permane pur sempre il senso realistico del limite, delrequilibrio, che reagisce ai rigidi schemi del razionalismo puro. Lo si vide Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM 450 Franco V a 1 s e c c h i in Lombardia, quando Giuseppe II tentö, con le sue riforme, di tradurre in atto lo „Stato razionale" concepito dalla filosofia. AUora la reazione, in nome non soltanto del buon senso, ma anche del senso storico, si manifestö aperta, immediata. Verri, il riformatore Verri, nel suo Dialogo fra Giuseppe II ed un filosofo, le diede voce eloquente. E la stessa reazione suscitera poi „l'antistoricismo" della rivoluzione nella maggior parte degli scrittori del tempo, dal Verri all'Altieri, dal Delfico al Cuoco. Quello che si propongono i fUosofi italiani non fe di costruire una cittä del sole illuministica; e di operare alla luce dei lumi del secolo, una sistematica ricostruzione dell'edificio politico ed economico, invecchiato e cadente. Esprime assai chiaramente questa aspirazione il Filangieri, nell'introduzione della sua Scienza della Legislazione. La funzione storica dell'assolutismo dinastico trova in lui pieno riconoscimento: il „despotismo regio" ha assolto il compito di superare lo stadio feudale, di aver tolto di mezzo, nel feudalesimo, l'ostacolo che bloccava la via alla riforma dello stato. Ma, per passare daUa fase negativa a queUa positiva, per dissipare gli errori del fanatismo e dell'ignoranza, occorreva che l'assolutismo dinastico si trasformasse in assolutismo illuminato, che ricorresse ai ,,8alutari soccorsi" della filosofia. Ai ,,pacifici filosofi, ministri della veritä", spetta il „sacro ministerio" di fomire ai sovrani „i mezzi propri per facilitare le utili intraprese". Non piü dunque, lo Stato affidato all'arbitrio del Sovrano. „Fu un linguaggio del despotismo e della tirannide il dire che la sola regola della legislazione e la volontä del legislatore." Lo Stato h al serviziodegliindividui che lo compongono. „La legislazione deve condurre gli uomini alla felicitä." Deve cioe assicurare il loro benessere, deve assicurare „la possibUitä di esistere, e di esistere con agio; libertä di accrescere, migliorare e conservare la proprietä; facilitä nell'acquisto dei generi necessari ed utili per il comodo della vita; confidenza negü altri cittadini; sicurezza di non poter esser turbato, operando secondo il dettame delle leggi. E ancora, nelle Lezioni di economia civile: ,,il primo fine dell'imperio civile ö la conservazione del corpo politico, il secondo la comodita, il terzo la felicitä naturale e civile." ,,Conservazione e tranquiUitä", ecco i fini dello Stato: garantire la sicurezza del cittadini e la loro libertä d'azione, in modo che la loro attivitä economica possa avere il suo pieno sviluppo. Lo scopo finale, dunque, il benessere economico; il mezzo una legislazione illuminata, che tuteli i diritti dei cittadini. Come venne giustamente osservato (SalvatoreUi), ,,riduzione della politica aU'economia". Lo Stato deve servire al benessere deUa comunitä, e non viceversa; e il benessere della comunitä, a sua volta, si concreta in queUo dei singoli componenti. II vero oriterio politico e ,,rutilitä dei popoli": la ,,piü invidiabile parte del potere sovrano" 6 di adoperare i mezzi , ,onde si diminuisce la miseria di un gran numero di uomini''. Sono, queste ultime, parole di quello che si puö considerare forse il maggior pensatore politico dell'epoca, Pietro Verri. Egli b, e si sente, prima di tutto un economista. L'economia — dice nelle sue Memorie storiche Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM II pensiero illuministico nell'Italia del Settecento 451 suU'economia pubblica dello Stato di Milano — h „la scienza certamente la piü utile e ferace di tutte per la prosperitä degü uomini". II suo pensiero politico h subordinato al suo pensiero economico. Quello che gli sta a cuore h l'attuazione delle vaste rif orme che sente indispensabili per la realizzazione del programma economico. Ma perche queste riforme possano essere attuate con successo, occorre una delegazione di pieni poteri a chi le deve compiere. Occorre una forza dittatoriale per sopraffare i „diversi despotismi intermediari fra il govemo ed i sudditi", i particolarismi che usurpano il potere statale, i privilegi che contrappongono gli interessi particolari a quelli della comunitä. „Dovunque sia fatta mutazione essenziale, dovunque con qualche rapiditä e felice successo si saranno srädicati gli antichi disordini, si vedra che questa f u l'opera di un solo, lottante contro molti privati interessi. . . Se in tutte le cose, le quali hanno per oggetto l'esecuzione delle leggi giä fatte, e utile, anzi indispensabile, il farne dipendere la decisione dall'opinione di piü uomini; per lo contrario, dove si tratta di organizzare sistemi, e dirigere il corso ad un determinato fine, sorpassando le ditficolta che si frappongono e che tutte non possono mai prevedersi, necessitä vuole che quest'impeto e questa direzione dipenda da un solo principale motore" (Meditazioni suU'economia poUtica). Verri si rende ben conto della forza rivoluzionaria insita nell'assolutismo. Pur che, si intende, questo assolutismo sia illuminato: abbia ciofe coscienza del compito affidatogli, e dei limiti che esso stesso deve imporsi. Non il cieco ed arbitrario dispotismo, basato sull'autoritä e suUa tradizione, ma il dispotismo della ragione. ,,Prevedo un tempo, e non h forse molto lontano, quello cioe in cui la ragione universale avrä dilatato ad un dato punto l'impero che ogni giorno piü va acquistandosi, malgrado gli inutili sforzi de' tenaci adoratori delle ereditarie costumanze." II dispotismo deUa ragione ha in s^ la sua garanzia, che non h l'arbitrio di un uomo, ma il govemo delle leggi. E ' in questo govemo delle leggi la sicurezza della libertä civile, la Ubertä di pensiero e di azione concessa all'individuo entro i confini impostigli dalla eonvivenza, dalla collaborazione sociale, che h la Vera produttrice di energie. Quando il problema politico si riduceva puramente nel tener soggetti i sudditi, „le tenebre del mistero coprivano tutti gU affari pubblici . . . quel malaugurato spirito di mistero che per secoli fu il padre dell'impune arbitrio e deUa sicura ignoranza". Ora che si tratta invece, di „spingere la nazione alla prosperitä", il mistero deve cadere: i cittadini sono i migliori giudici deU'operato deUo Stato. La legge dunque, deve essere l'interprete della volontä dei cittadini, espressa attraverso l'opinione pubblica. ,,Tutto fa l'opinione, e s s a ^ la direttrice della forza." La legge che contraddica l'opinione ,,pone una discordia fra il legislatore e la nazione"; ma la nazione finisce con l'avere necessariamente il sopravvento, „cessato lo stato di forza, sempre passeggero". E ' una concezione molto diffusa questa, fra i ,,filosofi" italiani. Cosi, per il Gorani, la legge del ,,vero despota" deve essere l'espressione della volontä generale, e comprende in sfe la libertä di pensiero e di espressione. Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM 452 Franco V a 1 s e c c h i La preferenza di Verri per l'assolutismo e piü che altro strumentale, al servizio dei fini della riforma e del progresso. II suo animo inclina a forme piü libere. II suo ideale si awicina a quello britannico: ,,il governo inglese sempre mi pare quello che si aecosta alla perfezione", scrive al fratello. L'esperienza deirintegralismo di Giuseppe I I provoca la crisi della sua convinzione assolutistica. Anch'egli aveva parteeipato al coro entusiasta che salutava nel figlio di Maria Teresa la maggiore speranza del secolo; anch'egli aveva sentito poi il disagio che l'irruente principe aveva creato intorno a se con il suo intransigente dottrinarismo, con la sua rigida consequenziaritä. Verri vede si, compiersi le riforme, ma non come vorrebbe. La sua orgogüosa individualitä si sente soffocata entro le strettoie di un dispotismo ülimitato. La sua libertä civile gli preme, e si sente portato a carcarne le garanzie nella libertä politica. „Una costituzione finalmente convien cercare, cioe una legge inviolabile anche nei tempi awenire, la quäle assicuri al sovrano la fedeltä dei sudditi, e assicuri ai cittadini un'inviolabile proprietä, essendo questo il fine unico di ogni governo." Quando a Giuseppe I I succede Leopoldo, e allenta la ferrea morsa assolutistica del fratello, Verri esprime, nei „Pensieri sullo Stato politico del Milanese nel 1790", un progetto di costituzione, che garantisca dagli attentati del dispotismo la proprietä dei sudditi, e con la proprietä le persone. Deve vegliare sulla costituzione un'assemblea, ,,composta di deputati di tutta la Lombardia, con facoltä di esaminare ogni nuova legge, di ricorrere direttamente all'Imperatore qualora la reputasse dannosa al paese; di decretare le spese generali". Non si saprebbe escludere la suggestione deU'esempio francese: come nell'Assemblea nazionale, lo spunto e preso dall'istituzione e dalle attribuzioni degli Stati Generali; come in Francia viene abbandonata quella distinzione di classe, che costituiva la caratteristica delle vecchie assemblee. E Verri adopera il linguaggio deU'illuminismo borghese, di pretta marca francese, esortando i nobUi a spogUarsi da ogni idea di ceto: „il ceto di ogni uomo dabbene e il genere umano, la felicitä pubblica sia la vostra mira; la ragione e la virtü vi guidino." II piano di Verri non fu applicato. Ma giustamente si h sottolineata l'importanza di questo tentativo fallito, poichfe rappresenta, alla conclusione del ciclo riformista, un annuncio deUe future correnti liberali. Nella concezione politica del Verri h sempre presente l'economia. E ' l'economista che detta il pensiero al politico: quel che a lui preme h la garanzia deUa proprietä e deU'attivitä individuale, come premessa necessaria ad ogni svüuppo economico. II suo contributo originale e quello dedicato alla scienza economica. Ma anche in questo campo, non e l'elaborazione dei grandi principii che conta nel suo pensiero. Si muove nel quadro deUe dottrine dell'epoca: nel quadro sopratutto della fisiocrazia, di cui accetta i postulati fondamentali. Precorre, in certi suoi atteggiamenti, il liberismo, ma nei rapporti interni, entro i confini dello Stato: per i rapporti esterni, fra i diversi Stati, rimane legato alla tradizione protezionistica. In fondo, sfugge ad una classificazione entro i limiti rigorosi di una scuola: se Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM II pensiero illuministico nell'Italia del Settecento 453 u n a c e r t a Originalita presenta, h nella s u a inclinazione aU'eclettismo. Non e qui, che bisogna cercare il significato della sua opera. E' nell'applicazione pratica che egli compie dei principi ai problemi. Dei lumi del secolo egü si serve per una revisione generale e sistematica della situazione esistente: applica i principii generali della mutata visione filosofica, trasportandoli nella realtä concreta. Solo cosi fe possibile uscire daU'empirismo che ha governato fino allora i rapporti economici: solo cosi reconomia puö divenire una scienza, un adeguato istrumento per un rinnovamento integrale. Questo h il suo metodo, il suo processo mentale: reconomia era abbandonata alla tradijzione, alla pratica piü miope: ora, che sono sopravvenuti i lumi della ragione, e tempo di servirsene, per spargere la luce su tanto buio. Ricordate le parole di Beccaria ? „Alcuni avanzi di leggi di unpopolo conquistatore . . .", con quel che segue. Con minor impeto oratorio, ma con evidente identitä di concetti, Verri: „In Milano non vi sono altri lumi che quelU della pratica curiale. La zecca, l'annona, le acque, le manifatture, i commerci, tutto h in mano dei dottori, i quali imbevuti delle dottrine di Bartolo, veramente o non hanno idea della economia poUtica, o ne hanno di tali che sarebbe meglio il non averne." Smantellare, dunque, il caotico e confuso edificio del passato, sostituirlo col razionale ed efficiente edificio del presente. Spezzare i vincoli che legano l'agricoltura, i vincoli corporativi che legano l'industria, i vincoli doganali che legano il commercio. II suo programma e legato alla lotta per la Ubertä economica, contro le restrizioni deU'antico regime. E' la stessa battaglia che combatte, con diversi atteggiamenti e diverse gradazioni, il Genovesi a Napoh, nelle sue Lezioni di commercio: abohzione dei privilegi e delle immunitä, un nuovo impulso alla agricoltura, alle Industrie, ai commerci; libertä di traffico airinterno. Come il Verri, egli non si lascia classificare nell'ambito di una scuola; come il Verri egli attinge materiale ovunque lo trova, per il compito che gli sta a cuore: la ricostruzione economica del paese. Non diversamente i riformatori toscani. Tutti questi ,,filosofi" italiani, non sono tali che nel senso generico che il secolo attribuisce alla parola. Sul piano speculativo il loro pensiero e puramente ricettivo. II loro contributo e un altro: fornire le direttive ed il disegno per il nuovo edificio da costruire al posto deU'antico. II problema economico porta con se il problema finanziario. Anzi, il problema finanziario viene visto in funzione del problema economico. Le prospettive tradizionaU vengono rovesciate. II mercantilismo era giunto ad ammettere che ricchezza del paese e ricchezza dell'erario stanno in rapporto diretto, che benessere dei sudditi significa benessere deU'erario: i governi rivolgevano le loro eure alla situazione economica per poter raggiungere un mighor reddito fiscale. I Verri, i Genovesi, i GaUani sono dominati dalla preoccupazione contraria: volgere le loro eure al sistema fiscale per migliorare la situazione economica. II loro fine non e di riempire le casse dello Stato: riconoscono che e necessario che i singoli sacrifichino Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM 454 Franco V a 1 s e c c h i parte delle loro sostanze alle esigenze della collettivita, ma studiano tutti gli espedienti affinche questa parte sia la minore possibile. I fini della riforma economica e di quella finanziaria coincidono. Mettere ordine lä dove era il disordine, introdurre la razionaütä dove regnava rempirismo. Livellare, squadrare razionalmente il sistema fiscale, togliere di mezzo il privilegio ehe non risponde alla ragione, che non risponde all'utilitä, che nuoce al benessere deUa comunitä gravando sulla vita economica, che impedisce aUo State di assolvere ai suoi compiti riducendone le risorse, che viola la giustizia, mantenendo in stato di inferioritä intere categorie di cittadini. Una piü equa distribuzione di tributi, una piü ordinata ed efficiente riscossione: una riforma, insomma, degli ordinamenti tributari, secondo ragione, utilitä e giustizia: non si puö piü procedere con organismi venuti su per cause accidentali, prodotto di epoche lontane e sorpassate, misere costruzioni empiriche. ,,Organizzare un corpo di amministrazione del tributo — cosi formula Verri il suo programma, in un Piano per l'am ministrazione delle R. Finanze del 1771 — immaginarvi im'interna costitu zione, affinchfe non vi penetri l'arbitrio, n^ si pregiudichi alla celeritä degli affari, preservare l'interesse deU'erario e l'industria nazionale ad un tempo gettare i semi delle riforme da farsi nel tributo, parte la piü importante ed irritabile del corpo politico; suggerire il metodo col quäle piü rapidamente, ma nel medesimo tempo con passi piü fermi e sicuri si possa distribuire il tributo neUa forma piü innocua e adatta al bene deUa societä; diminuire al possibüe le spese di percezione; lasciare tutta la libertä aU'industria, componibile col tributo destinato a proteggerla; accelerare l'epoca in cui, rese le leggi della finanza chiare umane semplici, venga portata la luce sopra ogni parte deU'amministrazione, tale e la natura del quesito sul quäle scriverö come le mie deboli forze lo comportano." La riforma tributaria porta cosi con se la riforma amministrativa: sostituire al labirinto degli ordinamenti disordinati e contradditorii sorti dalla pratica empirica, un disegno organico e funzionale; dare nuova forma e figura aUa struttura dello Stato. Un'opera imponente di revisione, che investe tutti i settori. Come l'amministrazione, la giustizia. „I nostri codici — scrive ü Füangieri neUa Scienza della Legislazione — sono ancora quelli della nostra infanzia." AI pari di Beccaria, egli contesta le tavole sacre del diritto giustinianeo, del diritto canonico, delle legislazioni assolutistiche. Da buon üluminato, e animato dalla convinzione che la razionalizzazione del diritto coincida con l'instaurazione del regno del vero e del giusto. Con vent'anni d'anticipo sui legislatori francesi, interpreta l'aspirazione iUuministica ad una sistemazione razionale del patrimonio legislativo, rivendicando l'esigenza di una coditicazione obbediente a criteri sistematici. Si propone, nella sua Scienza della Legislazione, l'ambizioso disegno di trattare, secondo i nuovi criteri, delle leggi politiche ed economiche, del diritto e della procedura penale, deU'educazione, della religione, deUa patria potestä, del buon ordinamento della famiglia. II piano non fu condotto a termine, l'opera rimase incomUnauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM II pensiero illuministico nell'Italia del Settecento 455 piuta; ma anche come tale costituisce una significativa testimonianza del programma riformatore. Filangieri aveva ripreso anche il tema del diritto penale, trattato da Beccaria. Ma h al pensatore milanese che spetta il merito di aver impostato nei nuovi termini il problema. Come Verri neireconomia, cosi Beccaria si e proposto di applicare la formula illuministica nel campo giuridico. ,,Si sono conosciute le vere relazioni fra 11 Sovrano ed i sudditi, e fra le diverse nazioni; il commercio si e animato all'aspetto delle veritä filosofiche . . . Questi sono i frutti che si devono alla luce di questo secolo; ma pochissimi hanno esaminato la erudeltä delle pene, e l'irregolarita delle procedure criminali . . .; pochissimi rimontando a principii generali, annientarono gli errori accumulati da piü secoli, frenando almeno con quella sola forza che hanno le verita conosciute, ü troppo libero corso della mal diretta potenza." EGO fedele del tempo suo, Beccaria ne esalta i concetti, ne ripete la parola: luce, ragione, natura, ad ogni passö ritornano ad esaltare la gloria del secolo. E come a Parigi, suUe tracce di Rousseau, si invoca accanto alla ragione un'altra patetica alleata, la sensibilitä, anch'egli chiama questa in suo aiuto. „Me fortunato se saprö ottenere i ringraziamenti degli oscuri e pacifici seguaci della ragione, e se saprö ispirare quel dolce fremito con cui le anime sensibili rispondono a chi sostiene gli interessi deirumanitä." Non si saprebbe essere piü fedeli, persino nell'espressione, ai filosofi di Francia. Sotto queste due vigüi scorte, ragione e sensibilitä, egli si volge al passato. All'ereditä del passato, basata sull'autoritä e sulla pratica empirica, contrappone il nuovo diritto, basato sui dettami della nuova füosofia. Egli prende di peso le idee essenziali deirüluminismo e le pone come dogmi fondamentali alla base della sua costruzione giuridica; da questi „grandi principü", egli cerca di dedurre colla piü serrata argomentazione possibüe, un sistema penale che ne sia il riflesso. II suo metodo e deduttivo: fissato un punto di partenza, scende attraverso gli scalini della logica, dalle affermazioni astratte alla realta: nei principii illuministici ha trovato la sua leva per sollevare il mondo. II paziente lavoro del giurista, che analizza i singoli istituti, e dall'esame particolare ricerca l'essenza comune, non lo interessa. Suo compito e ,,indicare i principii piü generali e gli errori piü funesti e comuni"; sua ambizione, sciogliere i problemi giuridici con la ,,precisione geometrica" che solo la nuova luce del secolo permette. I n questa definizione della sua opera sono giä impüciti tutti gli elementi per definirne la portata. Beccaria applica, non suggerisce, soluzioni nuove: la sua gloria non h nella novitä del suo pensiero, ma nel suo modo di applicarlo. I suoi principü sono i luoghi comuni, le veritä acquisite del secolo dei lumi: Ii possiamo trovare in ogni filosofo, in ogni nazione: si respiravano, allora, con l'aria stessa. Non per nulla il suo Hbro venne ritenuto opera degli enciclopedisti; non per nulla a gara la scuola francese gli prodiga encomii, con l'aria protettrice di chi in altrui applaude le idee che ritiene di aver ispirato egU stesso. L'intonazione del suo libretto sui DeUtti e le Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM 456 Franco V a l s e c c h i Pene respira la piü pura ortodossia illuministica; lo spirito razionalistico pervade le sue pagine; le idee filantropiche in voga animano le sue requisitorie; persino il tono, quel tono declamatorio e dogmatico d'imitazione ginevrina, h del piü perfetto stile enciclopedico. Eppure, il nome di Beccaria segna una svolta decisiva, nello sviluppo della storia del diritto. Per la prima volta, laseiate da parte le antiche direttive, l'intero organismo giuridico viene esaminato secondo un nuovo angolo visuale: un'ispirazione uniforme lega con la sua soMa struttura razionale i fenomeni giuridici, della cui fondamentale unitä si era smarrito il senso. Beccaria apre ampie all'illuminismo le porte del diritto penale, opera in questo campo la revisione di tutti i valori. Invece di combattere questa o queUa piccola battaglia, invece di sostenere la riforma di questo o quell'istituto giuridico, egli affronta il problema nella sua integritä, adotta criteri sistematici. La scienza giuridica modema, in mille suoi sviluppi, in mille suoi problemi, data da lui. Perciö quel breve Ubretto appare tanto fecondo, e non soltanto per la eco immensa che suscitö al suo apparire nel cuore e nelle leggi degli uomini. 3. Le riforme che nella seconda metä del Settecento trasformano la struttura dello Stato e della Societä in Italia, non nascono dunque da un puro impulso politico venuto dall'alto, provocato dalle esigenze dinastiche: un imponente moto di spiriti e di idee le anima, un profondo rinnovamento interiore deUa vita italiana. Si e voluto accentuare la pecuüaritä, la singolaritä dell'illuminismo nostrano, sino ad affermare l'esistenza di un pensiero italiano indipendente, staccato, o addirittura contrapposto al general moto europeo. Ma in nessun paese la vita dello spirito puö considerarsi isolata e a s^ stante; e tanto meno nell'Italia del Settecento, che, attraverso la filosofia del secolo, trae dall'Europa la sua fisionomia spirituale. II pensiero italiano e in funzione del pensiero europeo: rilluminismo italiano „va a scuola", come giustamente fu detto, dairilluminismo di Francia e di Inghilterra, ne accetta i postulati, si muove nella sua stessa sfera spirituale. L'Italia riceve dal di fuori. Ma non h recezione passiva di elementi estranei. Nel pensiero europeo cui attinge, l'Italia ritrova l'eredita del Rinascimento, che nella nuova filosofia si continua e perpetua: attraverso l'Europa l'Italia ritrova se stessa, ritrova lo spirito della sua piü genuina tradizione. Di Ii, una profonda consentaneitä e, ad un tempo, una spiccata individualitä, nei confronti dell'evoluzione europea. L'illuminismo italiano non e semplicemente un riflesso, e un aspetto deU'illuminismo europeo: l'aspetto particolare di un fenomeno universale. Come tale, ne ritrae le universali caratteristiche, ma assume anche una sua pecuüare fisionomia, condizionata dai suoi peculiari caratteri e dalle sue peculiari esigenze. Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM II pensiero illuministico nell'Italia del Settecento 457 E ' un luogo comune ormai acquisito, che il pensiero italiano non arreca un apporto originale alla elaborazione dottrinaria delle teorie illuministiche. Sul terreno dei principii generali, gli illuministi italiani non imprimono una propria impronta: quando tentano la via delle speculazioni astratte, non escono dai binari tracciati. Ricevono assai piü che non diano. II loro contributo k un altro. E' un contributo, si puö dire, non di dottrina, ma di applicazione: applicazione dei principü generali, elaborati dalla filosofia europea, ai problemi concreti che la vita italiana presenta. Non sono dei filosofi: sono dei giuristi, degU economisti, dei „teenici" del1 'amministrazione. Si e parlato a questo proposito, di ,,buon senso", di senso della concretezza, deU'equilibrio, come caratteristica dello spirito nazionale, refrattario agli eccessi dell'astrattismo d'Oltralpe. E ' un argomento piuttosto insidioso, questo della psicologia dei popoli e deUe nazioni. Certo, l'abbiamo notato, nei nostri riformatori e un vivo, immediato contatto con la realtä; e una coscienza deUa continuitä storica, che ripugna alla sommaria condanna, di stampo dottrinario, del passato. L'impulso innovatore tende a conciliarsi da noi, non a contrapporsi rigidamente alla tradizione: h animato da un'ispirazione evoluzionistica, non rivoluzionaria. Ma ciö non 6 solo il frutto di un'inclinazione spirituale; e anche la conseguenza delle condizioni ambientali, U prodotto di una particolare situazione, che pone da noi particolari esigenze, che determina particolari prese di posizione. In Erancia, le premesse di cui il pensiero illuministico e l'interprete sono tutt'altre. I n Francia, la pressione contro l'antico regime sorge da una complessa evoluzione politica, economica, sociale, dalla spinta di nuove forze ormai in piena maturitä di sviluppo: tanto piü risoluta quindi, la contrapposizione, tanto piü violento l'urto. I n Italia questa evoluzione b ancora allo stadio iniziale. Manca, in Italia, una „base" adeguata al movimento innovatore, neUo stadio arretrato della nostra economia e deUa nostra struttura sociale; manca una borghesia, capace di far leva contro le classi detentrici del potere. Anche nelle regioni piü progredite, come la Lombardia, il passaggio dall'antica industria artigiana alla nuova capitalistica, non si verifica che in proporzioni ridotte; l'accumulazione del capitale attraverso le speculazioni, le forniture, gli appalti non h tale da influire suU'equUibrio sociale. L'impulso al rinnovamento e piü che altro intellettuale. Fino a che il Bonaparte con le sue legioni non porterä anche da noi l'impeto rivoluzionario, noi conosceremo la rivolta morale e filosofica, non la rivolta sociale. L'urto delle nuove idee con le antiche h, caso mai, urto di generazioni non di classi. I n Lombardia sono le nuove generazioni della classe dirigente a fornire i ranghi del moto riformatore. Non si tratta come altrove di ceti feudali, ma di un patriziato cittadino, in cui la tradizione feudale non ha messo radici. Sorge, e assume la guida, un'aristocrazia „borghese", come venne chiamata; borghese di elezione, di mentalitä, sensibile alle esigenze moderne, emancipata da un passato cui h scarsamente attaccata. 30 MIÖ&., Bd. 63. Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM 458 Franco V a l s e c c h i In Toscana e la nuova burocrazia sorta nel clima delle riforme leopoldine, educata dalle rinnovate Accademie e dalle Universita al metodo scientifico e alle studio dei problemi della realtä economica e sociale. Sono, nel Sud, i ceti professionisti, la „intellighentia" forense ed universitaria, aperta con meridionale sensibiUtä alle correnti del secolo, pronta ad assimilarle e ad elaborarle secondo le proprie attitudini; e con loro, un'avanguardia aristocratica che ha respirato, nelle aule universitarie 0 neUe missioni diplomatiche d'Oltralpe, l'atmosfera del secolo. Non h un'accolta di filosofi; e un'elite intellettuale, spiritualmente aggiornata alla piü moderna cultura. Ed e appunto dal contrasto fra questa „modernitä" interiore e il livello arretrato dell'ambiente che la circonda, che nasce il suo riformismo. Misurati col metro delle nuove idee, 1 rapporti della vita politica, economica sociale, si rivelano antiquati, superati, inadeguati al bisogno. Occorre quindi aggiornarli, portarli all'altezza dei tempi. Quello che i riformatori italiani chiedono alle dottrine della nuova filiosofia illuministica, e di fornire il materiale e gU strumenti ad una sistematica revisione dell'ordine costituito. Riforma, dunque, dello Stato e della Societä, in conformitä, ai „lumi del secolo": abbattere ü vecchio edificio per ricostruirne uno nuovo, per riprendere ancora una volta, la parola d'ordine di Kaunitz. GU üluministi italiani si sentono gli operai deUa nuova fabbrica. Liquidare l'ereditä del Medio Evo; portare il paese fuori dallo stadio feudale e cittadino che appartiene al passato; rivedere, con i criteri razionah della nuova scienza, il meccanismo disordinato e confuso dell'antico regime. Unproblema „tecnico" ancor piü che politico. Dal punto di vista politico, il loro riformismo, non mette in questione l'ordine vigente: accetta, anzi, la formula assolutistica, come la piü consentanea ai suoi scopi. Ma l'adatta a sua volta alle proprie esigenze, la riempie di un proprio contenuto: assolutismo si, ma assolutismo illuminato. I füoni „liberali" che affiorano nel pensiero riformatore si manifestano piü tardi, quando l'esperienza assolutistica h ormai alla fine del suo ciclo: porü, come 5 avvenuto da parte della storiografia di derivazione risorgimentistica, al centro dell'indagine storica, costituisce un'anticipazione, che rischia di sovrapporre all'esperimento riformistico una fisionomia che non ö la sua, ma appartiene piuttosto all'avvenire. L'opera del riformismo italiano e opera di aggiornamento, di „modernizzazione", di superamento del passato: un inventario deU'eredita da liquidare, un programma di ricostruzione secondo i principü della nuova dottrina, una rigorosa applicazione delle loro regole a tutti i settori della vita pubblica. E ' questo il posto che va assegnato al moto italiano nel quadro del general moto europeo. Se sul terreno speculativo l'apporto del pensiero italiano e secondario, la sua portata storica va cercata sul terreno „tecnico", come apporto alla costruzione del nuovo edificio, di cui il secolo getta le fondamenta. I Beccaria, i Verri, i Galiani, i Pilangieri, i Genovesi, forniscono nel campo dell'amministrazione e dell'economia, della giustizia e delle finanze, un contributo che Ii allinea in prima fila fra i costruttori Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM II pensiero illuministico nell'Italia del Settecento 459 dello Stato e della Societä moderna. Per questo il loro nome acquista una risonanza, che esce dalla cerchia nazionale per entrare in quella europea; per questo acquistano, giä agli occhi dei contemporanei, il diritto di cittadinanza nell'universal comunitä dell'üluminismo europeo. II pensiero italiano vibra cosi all'unisono col pensiero europeo, ne assorbe le irradiazioni, e irradia a sua volta, le proprie vibrazioni. L'Italia entra neUa circolazione deUo spirito europeo, da cui sembrava essersi appartata: e nella vita europea occupa un suo posto ben definito, dice una sua ben distinta parola. 30* Unauthenticated Download Date | 4/24/16 11:44 PM