vaccin Quaderni acp 2014; 21(5): 229-236 La scelta di vaccinare: uno sguardo dal ponte Leonardo Speri, Lara Simeoni, Mara Brunelli, Paola Campara, Massimo Valsecchi Dipartimento di Prevenzione ULSS 20, Verona Abbiamo deciso di dedicare questo numero speciale di “Vaccinacipì” alla ricerca di “GenitoriPiù” sui determinanti della scelta vaccinale. Si parla molto di vaccinazioni senza però analizzare con attenzione il perché si determinino comportamenti ostili da parte dei genitori e si dà spesso per scontato di aver capito tutto. La Regione Veneto ha decretato la sospensiva dell’obbligo vaccinale e si è spesa per formare gli operatori sanitari alle abilità comunicativo-relazionali muovendosi in un’ottica di empowerment. Per cambiare il paradigma tradizionale era necessario capire cosa i genitori sanno o pensano di sapere intorno ai vaccini e alle malattie collegate. Questa ricerca ci permette uno sguardo da un “ponte” gettato tra operatori e genitori, liberandoci da alcuni pregiudizi per costruire un rapporto medico-paziente sempre meno orientato al paternalismo. Abbiamo chiesto a una mamma, a un pediatra di famiglia (PdF) e counsellor e a un medico di Sanità Pubblica di commentarne i risultati, in modo di aiutarci a vedere il problema nella sua complessità e dai vari punti di vista. Al lettore spetta farsi una opinione critica su cosa si possa migliorare nel Sistema Sanitario per aiutare i genitori a scegliere il meglio per il loro figlio, sostenendoli senza ricorrere a pratiche terroristiche. Siamo certi che molti speculano sulle paure dei genitori ed è nostro compito accompagnare scelte mature e consapevoli partendo da un ascolto attivo senza preconcetti. Attendiamo i vostri commenti numerosi ([email protected]). Il Direttore, Michele Gangemi Premessa Quando all’inizio del 2009 la Regione Veneto assumeva la decisione di investire in una “Indagine sui determinanti del rifiuto vaccinale” nell’infanzia, affidandola al Dipartimento di Prevenzione dell’ULSS 20 di Verona, forte dell’esperienza di capofila del programma “GenitoriPiù”, l’opinione prevalente tra pediatri di famiglia (PdF) e assistenti sanitarie o medici del servizio vaccinale collocava la scelta dei genitori “rifiutanti” (1,5-2%) dentro un orizzonte ideologico poco scalfibile, confinando la possibilità di un dialogo a quei genitori che aderivano solo per alcune vaccinazioni (3%). Di contro non vi era particolare preoccupazione per i genitori che accettavano in toto l’offerta vaccinale (95%), per lo più bisognosi di qualche autorevole rassicurazione di fronte al timore fisiologico davanti a quello che rimane, in ogni caso, un intervento sanitario su un bambino sano. La scelta di sospendere l’obbligo vaccinale, disposta dalla Legge Regionale n. 7 del 23 marzo 2007, poggiava su diverse importanti motivazioni, tra cui quest’ultimo dato, espressione di un’adesione consolidata e di una soddisfacente efficienza del sistema. Nella fase culminante dell’indagine, all’inizio del 2011, non si registravano particolari flessioni nelle coperture vaccinali (dal 95,6% al 94,4% per l’esavalente nel primo triennio di applicazione); tuttavia alcune aziende sanitarie del territorio pedemontano erano particolarmente, e tradizionalmente, impegnate da un Per corrispondenza: Leonardo Speri e-mail: [email protected] significativo fenomeno di rifiuto attivo. La flessione, che peraltro è sembrata investire anche altre Regioni, si è tuttavia gradualmente estesa a territori limitrofi, fatti oggetto di un particolare fiorire di iniziative contrarie alle vaccinazioni, dove attualmente si segnala una difficoltà a mantenere alte coperture, che però vengono riguadagnate nel tempo, ma non senza un lavoro impegnativo. La fragilità dell’idea iniziale di poter contare su genitori vaccinatori “fidelizzati” e la tendenza a ritardare il momento delle vaccinazioni in realtà sono due tra i più importanti elementi anticipati dall’indagine, i cui dati hanno messo in discussione una visione semplificata e stereotipata del comportamento dei genitori. La ricerca: obiettivi e metodo Un cambio di paradigma, improntato all’ascolto e al dialogo, e un approccio di counselling, applicato in modo innovativo a un “soggetto collettivo”, costringevano, quindi, a spostare l’obiettivo verso un’analisi della complessità delle scelte vaccinali di tutti i genitori, indipendentemente dalla loro adesione all’offerta vaccinale, totale o parziale o di rifiuto, e a cercare di focalizzare il sistema di relazioni tra genitori da un lato e operatori dei servizi vaccinali e PdF dall’altro. Scelto il territorio di riferimento, circoscritto a sei Aziende Sanitarie della Regione (14.953 nati, circa il 31% dei nati complessivi del 2010 nel Veneto) e identificato in base alle criticità nelle coperture della vaccinazione esavalente in cinque di queste, è stato condotto un paziente percorso preliminare: indagine bibliografica approfondita della letteratura internazionale, interviste semi-strutturate con testimoni privilegiati, nove in- contri di gruppo organizzati secondo la tecnica quali/quantitativa informatizzata Nominal Group Tecnique - NGT (tre incontri con un totale di 26 genitori non vaccinatori o vaccinatori parziali e sei incontri con 66 tra operatori vaccinali e PdF)1. Da questo lavoro preparatorio è stato “distillato” un questionario che, oltre ai dati di tipo socio-demografico, le esperienze rispetto alle vaccinazioni, le fonti di informazione e le relazioni con gli operatori, si è proposto di studiare le convinzioni dei genitori attraverso 21 affermazioni sul loro atteggiamento rispetto alle vaccinazioni. Per ciascun item è stato valutato, tramite una scala di Likert a 5 punti, il grado di accordo o disaccordo. Il questionario finale è stato messo a punto per essere proposto, indipendentemente dalla loro scelta vaccinale, a “tutti i genitori”, definiti successivamente in tre sottogruppi e tipizzati, come rappresentato nella figura 1. Il questionario è stato reso disponibile per l’autosomministrazione: – in forma cartacea presso i centri vaccinali e i PdF delle sei ULSS (2140 compilazioni valide, campione statisticamente rappresentativo della popolazione di riferimento dei genitori che vaccinano). In particolare, per raggiungere il maggior numero di genitori che non vaccinano o genitori che vaccinano solo parzialmente, ai PdF è stata chiesta la consegna mirata del questionario cartaceo con busta preaffrancata o la consegna del link per la compilazione via web; – via web con sistema Cawi (Computer Assisted Web Interviewing), diffondendolo attraverso molti canali, in particolare associazioni e blog2, ren229 FIGURA 1: DEFINIZIONE DELLE TIPOLOGIE DI GENITORI INTERVISTATI NELL’INDAGINE SUI DETERMINANTI DEL RIFIUTO DELL’OFFERTA VACCINALE TABELLA 2: I CONSIGLI DEGLI OPERATORI ! TABELLA 1: QUESTIONARI VALIDI COMPILATI PER LA SCELTA VACCINALE E FONTE TABELLA 3: CONOSCENZE DEGLI OPERATORI SULLE CONTROINDICAZIONI (IN VERDE LE RISPOSTE CORRETTE) FIGURA 2: INTENZIONE DI VACCINARE IN FUTURO IL FIGLIO FIGURA 4: IL PROFILO DEGLI OPERATORI TRA PROMOZIONE CONVINTA E NEUTRALITÀ FIGURA 3: INFORMAZIONI SULLE VACCINAZIONI E PEDIATRI vaccinacipì dendolo pertanto accessibile su scala nazionale (2148 compilazioni valide, 610 provenienti dal Veneto, delle quali 175 dal territorio delle sei ULSS partecipanti alla ricerca). Nei questionari raccolti via web, campione ovviamente non rappresentativo, si riscontra un alto numero di non vaccinatori (650/2148) con un conseguente (e interessante) bias di selezione. La risposta è stata al di sopra di ogni aspettativa (tabella 1). Quaderni acp 2014; 21(5) TABELLA 4: CONOSCENZA DI CANALE VERDE I risultati L’elaborazione dei 2315 questionari relativi alla medesima coorte delle sei ULSS di ricerca, rappresentativa della popolazione che vaccina, ma contenente anche un considerevole campione, sia pure autoselezionato, di genitori che avevano rifiutato ogni vaccinazione (un terzo dei genitori che non vaccinano nella coorte interessata), ha fornito informazioni interessanti e in parte inattese, tracciando uno scenario molto variegato, frutto della combinazione di informazioni, percezioni e convinzioni diverse. Concentrando l’attenzione sui dati del territorio di ricerca, il profilo dei genitori che non vaccinano risulta: cittadino italiano, scolarità tendenzialmente elevata (in particolare la madre), maggiore età media, parità più alta, maggior presenza di madri impiegate in ambito sanitario. I dati sui cittadini stranieri che è stato possibile raggiungere con la ricerca, proposta solo in lingua italiana, confermano l’aneddotica sulla tendenza all’utilizzo completo dell’offerta vaccinale. La prima sorpresa nell’analisi dei dati riguarda l’intenzione dichiarata sulle future vaccinazioni (figura 2): contrariamente all’ipotesi di partenza, tra i rispondenti solo il 37% di chi non ha vaccinato risulta determinato a proseguire nella scelta; per il restante 63% ci sono margini di ripensamento. L’intenzione di non vaccinare scende al 12% tra i vaccinatori parziali (il 28% si dichiara disponibile a seguire il calendario completo) e oltre lo 0,5% tra chi ha fatto tutte le vaccinazioni (dato tuttavia di un certo peso in termini assoluti). Una seconda sorpresa tuttavia è il dato che più di altri dovrebbe interrogare operatori e decisori e che rimane invisibile per chi si limita alla superficie dei tassi di copertura: all’interno della popolazione che finora ha vaccinato è presente una quota molto rilevante di genitori “dubbiosi”. Nel campione – statisticamente rappresentativo – sono un preoccupante 15%. Questi genitori, anche se finora hanno vaccinato, presentano a un successivo approfondimento un profilo con evidenti similitudini con il gruppo dei vaccinatori parziali, soprattutto relativamente alla fiducia negli operatori e ai timori sui rischi da vaccinazione. Se risulta quindi di particolare importanza il fatto che nel gruppo di chi non vaccina ci siano ampie disponibilità al dialogo, d’altro canto l’adesione elevatissima all’offerta vaccinale della popolazione non è automatica e il patrimonio di fidelizzazione e di adesione “di default” è tutt’altro che scontato. Per quanto riguarda le fonti di informazione vi è una certa omogeneità tra i tre gruppi nell’accesso a fonti istituzionali. Indipendentemente dalla scelta fatta, il 72% dei genitori indica di aver avuto il PdF come fonte informativa. Non tutti i pediatri, secondo i genitori, avrebbero però consigliato l’intero percorso vaccinale. Il dato di chi ha dichiarato di aver ricevuto una proposta “ridotta” è pari al 15%, sia per chi non vaccina sia per chi vaccina parzialmente, e può essere motivato come mediazione o, in una prospettiva di counselling, come un “tenere aperta la porta” della relazione. C’è però un sottogruppo, pari al 4,5%, che, pur avendo scelto di fare tutte le vaccinazioni, dichiara di aver ricevuto un consiglio limitato solo ad alcune. Questo dato va tenuto presente alla luce di ulteriori informazioni raccolte dall’indagine e da ricerche successive sull’atteggiamento dei diversi operatori e dei PdF. Il “percepito” circa le informazioni sugli effetti collaterali fornite dal pediatra non è uniforme: dichiara di averle ricevute ben l’86% dei vaccinatori, ma meno di un terzo dei non vaccinatori (figura 3). Difficile dire se per effetto dell’atteggiamento di partenza del genitore, che ritiene che vi sia di più di quello che gli operatori sanno o raccontano, o dell’approccio impostato dal pediatra, in più di un caso dichiaratamente influenzato da percorsi formativi più di marketing sociale che di comunicazione, orientati a sottolineare pressoché unilateralmente gli aspetti positivi. C’è invece una netta differenza tra i genitori nell’accesso a fonti esterne al sistema vaccinale e al Servizio Sanitario Nazionale (SSN): chi non vaccina si rivolge con maggiore frequenza alle associazioni contrarie alle vaccinazioni, a internet e al passaparola. Anche per le fonti di informazione il sottogruppo (15%) dei vaccinatori totali ma “dubbiosi” si mantiene su valori 231 vaccinacipì molto vicini a quelli dei vaccinatori parziali, ed è così anche relativamente alle esperienze dirette o indirette di eventi avversi. Quanto alle 21 affermazioni relative agli atteggiamenti i tre gruppi presentano affinità ma anche marcate differenze. Tutti i genitori dichiarano, per esempio, di temere le reazioni avverse subito dopo la vaccinazione, mentre è più variabile la percezione del rischio di effetti negativi a lungo termine, che sono la preoccupazione di chi non vaccina; è l’inverso per la pericolosità delle malattie prevenibili con la vaccinazione. Secondo l’insieme dei dati raccolti la scelta di vaccinare è il frutto di un difficile equilibrio nella valutazione di rischi e benefici. L’ansia per le reazioni avverse viene mitigata dalla consapevolezza della pericolosità delle malattie e del valore protettivo delle vaccinazioni. Su tutto questo però i genitori hanno informazioni e percezioni molto diverse, in particolare circa la supposta reticenza degli operatori riguardo alle reazioni avverse, e finiscono per fare scelte diverse. Le scelte vaccinali e la valutazione del rapporto rischi/benefici sono infatti fortemente influenzate proprio da questa percezione e dall’autorevolezza o fiducia nelle fonti informative scelte (chi non vaccina ritiene che gli operatori non siano preparati), mentre la sospensione dell’obbligo vaccinale viene ritenuta dai genitori sostanzialmente ininfluente sulle proprie scelte. Le motivazioni di chi non vaccina, come si è visto in parte condivise anche da chi finora ha vaccinato, sono in estrema sintesi le seguenti: “Le vaccinazioni vengono proposte su bambini troppo piccoli e in quantità eccessiva in un’unica soluzione. Gli effetti collaterali gravi, che possono presentarsi anche a distanza di tempo, considerato anche che si tratta di un business per le case farmaceutiche, vengono tenuti nascosti da parte di operatori che danno informazioni unilaterali sui benefici e non sui rischi, colpevolizzano chi non vaccina, e sono in odore di conflitto di interessi. Il tutto per affrontare malattie tutto sommato meno pericolose dei vaccini stessi”. Trovano qui conferma sia il dato citato all’inizio sul ritardo nelle vaccinazioni che i dubbi crescenti nei genitori, i quali impegnano sempre di più tutti gli opera232 Quaderni acp 2014; 21(5) tori, sia in termini di tempo che in qualità delle risposte. È la fotografia di un dibattito aperto, di una contiguità e influenza reciproca tra genitori che fanno scelte diverse, di appartenenze “sfumate” ai tre sottogruppi e di un ruolo ancora riconosciuto, ma tutt’altro che indiscusso, degli operatori e dell’istituzione. Cosa succede tra gli operatori? Il programma “GenitoriPiù” (www.genitoripiu.it), in collaborazione con la Fondazione Ca’ Foscari dell’Università di Venezia, conduce ricerche periodiche sugli otto determinanti di salute promossi, destinate sia ai genitori che agli operatori, approfondendo, dove possibile, i dati disponibili o funzionando da sistema di sorveglianza pilota su un’area, quella materno-infantile, ancora insufficiente oggetto di attenzione. La ricerca di “GenitoriPiù” del 2012 ha potuto tener conto quindi dei dati risultanti dall’indagine sui determinanti della scelta vaccinale e ha approfondito la situazione del Veneto in un campione rappresentativo dei genitori (n. 6246) e in un campione selezionato di operatori, risultato, nonostante alcuni bias, abbastanza numeroso (n. 1590) e in grado di indicare tendenze. Circa i genitori, cui è stato proposto un questionario autosomministrato in occasione della seconda seduta vaccinale, sono state indagate le intenzioni circa il proseguimento del calendario vaccinale per i loro figli, già esplorate nell’indagine citata. Rispetto a quest’ultima viene confermata la tendenza al dubbio tra chi vaccina, con un dato di circa il 10% di incertezza sul proseguimento delle vaccinazioni. Per le fonti informative i genitori confermano la tendenza, già riscontrata in una precedente ricerca del 20093 e anche nelle dichiarazioni degli operatori, circa un attivismo piuttosto debole dei servizi per l’accompagnamento alla nascita e di Punti Nascita ospedalieri. Il dato ribadisce quanto riscontrato dall’indagine: il pediatra scende ma mantiene tra gli operatori il ruolo di fonte informativa principale con il 62% delle scelte, mentre il dato delle informazioni ricevute nei gruppi pre-parto è sostanzialmente coincidente. Da più ricerche (i dati 2009 sono confermati nel 2012) risulta quindi evidente una difficoltà del sistema, non solo attraverso le dichiarazioni dei genitori ma per affermazione degli operatori stessi. Ricordiamo che se non si può parlare di rappresentatività statistica, possiamo pensare a una selezione per sensibilità, sottolineando comunque che ha risposto il 50% dei PdF della Regione. Vale la pena concentrarsi su questa debolezza e disomogeneità dell’attività informativa, dal momento che in questo campione le diverse categorie professionali mantengono la stessa differenziazione, come convinzioni, conoscenze, atteggiamenti e comportamenti conseguenti. Nella ricerca “GenitoriPiù” 2012 infatti la frequenza dei consigli autodichiarata dagli operatori è maggiore di quella rilevata dai genitori, comunque con molti operatori che non intervengono sulle vaccinazioni. Nei dati si mantiene la stessa forte differenza tra i pediatri di famiglia e centri vaccinali da un lato e chi lavora nei servizi per l’accompagnamento alla nascita e nei punti nascita ospedalieri dall’altro. A questo si aggiunge una proporzionale tendenza alla selettività verso le vaccinazioni, in molti casi consigliate “solo in parte” (tabella 2). Difficile non associare questo comportamento alle risposte, proporzionalmente differenziate tra i servizi, sulla conoscenza delle controindicazioni alla vaccinazione: nei servizi dove c’è meno propensione a dare consigli risulta una chiara sopravvalutazione del peso delle condizioni patologiche leggere e della prematurità (tabella 3). Il dato evoca una tendenza protettiva e rileva più una credenza che un sapere basato sull’evidenza. Viene da chiedersi se questa tendenza protettiva, che va al di là delle evidenze scientifiche, non sia il frutto di un clima generale circa la “pericolosità” delle vaccinazioni, che solo una rigorosa ricerca e un solida convinzione possono contraddire. A conferma di questa ipotesi è interessante vedere come per questi operatori più “protettivi”, queste convinzioni corrispondano a un atteggiamento di fondo rispetto all’offerta vaccinale. Sono stati estratti 6 item dai 21 utilizzati nell’“Indagine sui determinanti della scelta vaccinale” (paragrafo 1), identificati, con un procedimento statistico, come quelli che meglio discriminavano in tre gruppi i genitori tra “favorevoli”, vaccinacipì “neutrali” e “contrari” alle vaccinazioni (figura 4). Sottoposti questi item agli operatori, la distribuzione tra “favorevoli”, “neutrali” e “contrari” fa risultare ancora più evidente la diffusione di atteggiamenti quanto meno prudenti o incerti, soprattutto negli stessi servizi dove prevale un atteggiamento più “protettivo” nei confronti delle vaccinazioni, con la tendenza a un debole attivismo. È interessante notare come abbiano un peso importante le convinzioni circa le reazioni avverse, il numero di vaccini in un’unica soluzione, il rapporto rischi/benefici, rispecchiando le perplessità dei genitori. L’attenzione va rivolta allora a quali siano le basi su cui poggiano queste conoscenze, quale sia e da dove derivi questo debito informativo. I dati raccolti offrono una prima suggestione relativa alla scarsa conoscenza e utilizzo, sia in assoluto sia con la stessa differenziazione tra i diversi servizi, dello strumento di monitoraggio delle reazioni avverse (“Canale Verde”) presente nella Regione Veneto, uno strumento fondamentale sia dal punto di vista epidemiologico che della consulenza clinica. Lo si conosce poco, i suoi report si leggono ancor meno e, limitatamente alle reazioni medio-lievi, si tende a sottosegnalare (tabella 4). La sua conoscenza permetterebbe senz’altro di dimensionare in modo corretto l’incidenza e la gravità delle reazioni avverse, dato pressoché sconosciuto tra Consultori e Punti Nascita, e comunque poco conosciuto anche dagli operatori dei servizi vaccinali. In un momento in cui i genitori sono bersagliati da allarmi di ogni tipo, che proseguono la loro efficacia nonostante siano da tempo destituiti di fondamento, dal caso Thiomersal al dibattito vaccini e autismo, la domanda che pongono i dati raccolti è infatti su come una scarsa conoscenza dei veri rischi relativi alle vaccinazioni possa costituire un elemento che spiega le incertezze che si manifestano ai diversi livelli del processo di promozione, gestione e controllo dell’offerta vaccinale. Quest’ultimo dato, assieme agli altri descritti, mostra la necessità tra gli operatori di rafforzare e approfondire la competenza sulla tematica delle reazioni avverse e dell’assunzione in merito di un assetto comunicativo con le famiglie con Quaderni acp 2014; 21(5) un profilo sorretto da abilità relazionali e di counselling. Conclusioni Se, come si è dimostrato, la situazione dell’adesione all’offerta vaccinale è più articolata e complessa e se la sospensione dell’obbligo vaccinale vuole rappresentare la rinuncia a un atteggiamento autoritario, ormai giuridicamente “disinnescato” e controproducente, il punto di arrivo di un sistema sanitario evoluto, cioè la piena assunzione della sfida di un’adesione libera e consapevole alle vaccinazioni, passa attraverso la garanzia di un percorso di qualità nell’organizzazione, nel monitoraggio, nella formazione del personale, nell’ascolto e nella comunicazione con i genitori. L’analisi dei dati ha suggerito alcune strategie: – Strutturare i servizi vaccinali per garantire un’offerta attiva delle vaccinazioni con appropriate modalità di counselling in modo da mantenere la credibilità del sistema vaccinale grazie alla autorevolezza, preparazione, capacità di ascolto degli operatori. – Intervenire nel web per fornire informazioni trasparenti e complete sul valore protettivo e sui rischi delle vaccinazioni e contrastare la controinformazione. Il sito www.vaccinarsi.org rappresenta una prima risposta concreta e molto seguita. – Attivare un sistema di informazione per i genitori e gli operatori sanitari sulle epidemie da malattie prevenibili con le vaccinazioni. È allo studio il rafforzamento delle strategie comunicative: la ripresa in termini di comunicazione di massa dell’allarme polio o di altre epidemie come il morbillo sono ancora piuttosto deboli. – Migliorare il sistema di informazione sui dati reali relativi alle reazioni avverse. È in dirittura d’arrivo nel Veneto la diffusione di un libretto sulle reazioni avverse che accompagnerà il libretto delle vaccinazioni. Questi requisiti si rilevano oggi vitali, tanto più che le coperture vaccinali sembrano risentire di vari fattori ma non della modalità adottata dai diversi sistemi sanitari, impositiva o meno, come si evince anche da una rassegna delle esperienze europee4. L’ingrediente “fiducia” rimane fondamento delle scelte, e la preparazione, l’attitudine all’ascolto e alla partecipazione rafforzano la credibilità – patrimonio irrinunciabile – degli operatori. In collaborazione con Sinodè srl di Padova che ha curato tutta la parte statistica della ricerca. 2 Allattare.info, Alibaba (Yahoo), Associazione Insieme, Bambino Naturale, Blog VaccinarSì/Vaccinfo.it, GAAM, Genitori Channel, IBFAN Italia, Io e il Mio Bambino, LaLecheLeague Italia, MAMI, mammaonline.com, mammeonline.net, Bebè a costo zero, Medico e Bambino, Progetto Nascere Meglio, Spazio Neomamma, UPPA (Un Pediatra per Amico). 3 Campostrini S, Porchia S. “Pillole di ValutazionePromuovere le vaccinazioni”. In: Speri L, Brunelli M (a cura di). “GenitoriPiù: Materiale informativo per gli operatori”, Verona 2009. 4 Lopalco PL. “Strategie e coperture vaccinali negli Stati Europei”. http://www.vaccinarsi.org/assets/uploads/news/2013-12-conferenza-5anni sospensione/2_Strategie_e_coperture_vaccinali_europa.pdf. 1 Bibliografia di riferimento EpiCentro (Redazionale). “Adesione all’offerta: quanto contano capacità di ascolto e buona comunicazione?”. www.epicentro.iss.it/approfondimenti/2013/VaccinazioniRifiutoVaccinaleVeneto.asp/. Gangemi M, Elli P, Quadrino S. “Il Counselling ovvero una Comunicazione Efficace”. In: Speri L, Brunelli M (a cura di). “GenitoriPiù: Materiale informativo per gli operatori”. Verona, 2009. Pozza F, Piovesan C, Russo F, et al. “Impact of universal vaccination on the epidemiology of varicella in Veneto, Italy”. Vaccine 2011;29(51):9480-7. doi: 10.1016/j.vaccine.2011.10.022. Russo F, Pozza F, Napoletano G, et al. “Experience of vaccination against invasive bacterial disease in Veneto Region (North East Italy)”. J Prev Med Hyg 2012;53(2):113-5. Speri L, Simeoni L, Brunelli M, et al. “Vaccinazioni: dalla prescrizione all’ascolto”. Dialogo sui farmaci n. 5/2012. Valsecchi M. “Vaccinazioni, superare il divario tra obbligo e scelta: l’esempio del Veneto”. www.epicentro.iss.it/temi/vaccinazioni/Veneto2011.asp/. Valsecchi M. “Vaccinare senza obbligo di legge. Perché solo in Veneto?”. www.saluteinternazionale .info/2013/12/vaccinare-senza-obbligo-di-leggeperche-solo-in-veneto/. N.B. La ricerca, completa di allegati e con tutta la bibliografia di riferimento è reperibile in prevenzione.ulss20.verona.it/indagine_scelta_vaccinale.h tml dove è possibile accedere anche a tutte le schede delle singole pubblicazioni selezionate. Commento di Isabella Sciarretta Verona, Associazione “Il Melograno” Per corrispondenza: Associazione Nazionale Centri informazione maternità e nascita (sito/mail: www.melograno.org; [email protected]) 233 vaccinacipì L’identificazione dei genitori che attraverso i focus group e i questionari web fossero stati disponibili a dichiarare le motivazioni relative alle loro scelte in ambito vaccinale è stata affidata alla rete veneta de “Il Melograno”, Centri informazione maternità e nascita. Con una pronta adesione che ha superato le migliori aspettative, diverse centinaia di genitori hanno raccolto l’invito a compilare il questionario. La ricerca sembra aver dunque intercettato una sorta di bisogno da parte dei genitori – vaccinatori o non vaccinatori – di raccontare i propri vissuti. Dal nostro punto di vista l’esperienza ha consentito di dare nome e voce alle preoccupazioni e alle emozioni di chi deve compiere quella che è in sostanza la prima scelta genitoriale. Eccone alcune, le più frequenti, con alcune considerazioni utili a definirne il senso. Timore. La scelta di vaccinare o meno determina un intervento diretto sulla salute del figlio a breve e lungo termine. Rispetto a questo – cioè rispetto al danno oggettivo ed eventuale, derivante dall’una o dall’altra decisione, quindi rispetto alla responsabilità del proprio bambino – il valore sociale della scelta vaccinale diventa secondaria. Hanno più peso le esperienze individuali, le personali storie di salute, i fattori ideologici che le valutazioni epidemiologiche e i fattori di rischio della popolazione. Confusione. I genitori di un bambino di 2 mesi sono genitori neo-nati, in fase di formazione di un ruolo, in fase di assestamento anche come coppia genitoriale. La scelta – la prima che proietta il loro bambino in una dimensione sociale – è di entrambi. Esce dall’intreccio di due storie culturali e sanitarie diverse. Smarrimento. Il medico non è più autorevole tout court, ma è percepito come l’esecutore tecnico di un sapere complesso di cui però non ha più l’esclusiva. Cercano allora altre fonti. Il 43% dei vaccinatori totali ha preso informazioni dal passaparola. Ma queste fonti tendono a dare una visione negativa delle vaccinazioni, dando spazio ai racconti sugli effetti collaterali del vaccino (provato o meno che sia, grave o meno che sia). Si è persa invece la memoria storica delle malattie infettive. 234 Quaderni acp 2014; 21(5) Desiderio. Di essere responsabili e attivi protagonisti delle scelte di salute. Così come cercano di essere consumatori consapevoli, danno importanza a nuovi e più studiati stili di vita. La ricerca ha permesso di identificare alcune richieste che i genitori portano agli operatori sanitari che incontrano in questa fase. Chiedono sì di essere indirizzati verso fonti scientifiche e di studiare per loro scelte personalizzate, ma soprattutto chiedono ascolto. Chiedono comprensione per la specificità delle esperienze, un accompagnamento nel recuperare l’autonomia nella decisione; incoraggiamento alla condivisione della riflessione tra madre e padre; valorizzazione del processo decisionale. Delle tante e-mail che abbiamo ricevuto dai nostri soci che hanno voluto raccontare la loro esperienza di vaccinatori o non vaccinatori, una, quella che Roberta ci ha regalato, ci pare evidenzi bene il fronte delle criticità e le prospettive per un cambiamento di rotta ormai necessario. Saranno le sue parole a chiudere il nostro intervento e far capire cosa chiediamo al sistema sanitario. Sono la mamma di una bambina di 26 mesi e mi trovo a scrivere queste semplici riflessioni riguardanti il delicato tema “vaccini”. Di fronte a moltissimi argomenti (dalle scelte sullo svezzamento a quelle strettamente mediche, a quelle legate al sonno ecc.) mi ritrovo spesso a concludere che le mamme si dividono, generalmente, in due categorie. Anche parlando di vaccini, ho avuto questa impressione: – Ci sono le mamme che si fidano ciecamente delle figure di riferimento, i cosiddetti “esperti” (in primis i pediatri), e che quindi seguono la scaletta dei vaccini senza porsi domande. – Ci sono quelle che vogliono capire e fare una scelta responsabile, che tengono conto di un istinto materno. Non invidio la prima categoria perché sono mamme che non si interrogano e non entrano in gioco in meccanismi e questioni che i genitori, a mio avviso, dovrebbero riprendersi in mano! Trovandoci davanti alla libertà di scelta, al diritto di poter scegliere la strada dif- ficile e tortuosa dei vaccini, io e il mio compagno ci siamo buttati in questo mondo per capirne di più, come è stato fatto per tutte le questioni riguardanti la crescita della nostra bimba. Chi c’è in gioco? Oltre alla bimba, noi genitori, la pediatra, il Distretto sanitario e altri: il nostro omeopata di fiducia, il mio medico, internet, riviste, amici, esperienze altrui ecc. Alle richieste di informazioni, tutti hanno risposto a modo loro: al Distretto ti liquidano col libretto sui vaccini, l’omeopata decisamente contrario con argomentazioni mediche/economiche (linea estrema del no) ma con quel tocco di estremismo che personalmente quasi mi infastidisce; la pediatra sostenitrice del sì indiscusso e indiscutibile ma senza spiegazioni di ordine medico-scientifico. Insomma, posizioni insoddisfacenti. Il mio medico di base invece ha assunto una posizione più serena: abbiamo ragionato insieme su aspetti medici, sociali, economici, ma anche su questioni più pratiche legate alla quotidianità (gestire una malattia infettiva, stare a casa dal lavoro per curare i bimbi...). In sostanza, l’omeopata con i suoi no “senza se e senza ma” non ha convinto molto, anche se con spiegazioni scientifiche e professionali; la pediatra col suo sì “senza se e senza ma”, oltre a essere stata poco professionale, ha messo più dubbi di prima perché non voleva nemmeno sentirsi far domande: si fanno e basta. Per un discorso di responsabilità (“Questa è la libertà di scelta sbandierata in tutt’Italia?”, pensai uscendo dallo studio). Il punto di vista del mio medico (favorevole ai vaccini!) mi ha rasserenata sulla scelta di far qualche vaccino. E così ho cominciato l’iter durante il quale ho raccolto degli aneddoti veramente antipatici e spero unici! Dopo aver scelto di posticipare l’esavalente, mi sono recata al Distretto per fare il vaccino morbillo-rosolia e parotite (avrei voluto fare solo il morbillo, in un primo momento ma non ho trovato la via per farlo): non solo il medico, inizialmente, si rifiutò di farmelo perché prima avrei dovuto fare l’esavalente - terza dose (dove sta scritto?), ma voleva farmi firmare una carta dove io dichiaravo di essere contro i vaccini!!! E il tutto condito dalle solite frasi: “Si rende conto cosa vaccinacipì può succedere a sua figlia…”, con tono allarmante. Libertà di scelta ma terrorismo psicologico. Io non sono contraria ai vaccini. Mi piace capire, però. Cosa sto facendo, perché, come, quando farli, rischi/benefici a breve e a lungo termine. Mi ritrovo ad aver fatto dei vaccini sforzandomi… quando bastava forse qualche discorso ben fatto da parte di medici, pediatri, operatori sanitari in genere. Senza giudizi. Commento di Patrizia Elli Pediatra di Famiglia e counsellor Buccinasco (MI) [email protected] La grande novità che emerge dall’analisi dei dati raccolti con la ricerca riguarda prevalentemente la presenza di sottogruppi all’interno di quelli che, nel pensare comune, vengono classificati come due gruppi omogenei di genitori: i vaccinatori e i non vaccinatori. Il dato più importante e da valutare riguarda quei genitori che, sebbene abbiano vaccinato, non proseguiranno più nel calendario vaccinale proposto e, all’opposto, il notevole margine di lavoro con chi non ha vaccinato ma che potrebbe rivedere le proprie decisioni. Non è una novità ma una preoccupante conferma l’aver evidenziato non solo la difformità delle informazioni fornite dai diversi professionisti della salute, ma anche la scarsa preparazione di molti operatori. Non è casuale che venga sottolineata proprio nelle situazioni di rifiuto vaccinale dove il genitore, per arginare le proprie paure, avrebbe bisogno di trovare autorevolezza e professionalità nelle informazioni. È proprio da questo dato che occorre partire: in una medicina dove da anni impera la legge delle evidenze scientifiche non è pensabile che gli stessi operatori sanitari diano informazioni basate su proprie opinioni, timori, credenze. Se non si provvede ad assicurare una formazione seria su tutta la tematica vaccinale che coinvolga tutti gli operatori impegnati in questa area (medici vaccinatori, infermieri, PdF, medici di famiglia, assistenti sanitarie), utilizzando anche momenti di formazione comune Quaderni acp 2014; 21(5) per facilitare il confronto e uniformare il linguaggio e i contenuti, servirà ben poco curare le abilità di counselling. L’obiettivo dev’essere quello di trasmettere contenuti seri, autorevoli, professionali, scientifici, condivisi dai singoli componenti del sistema sanitario, all’interno di una relazione che preveda la specificità di ogni genitore, il suo ascolto e la risposta ai suoi dubbi. Il PdF non è solo ma opera all’interno di un sistema: collegarsi alle strutture vaccinali del territorio permette un confronto e un aggiornamento continui e la trasmissione di informazioni non discordanti e confondenti a chi già ha dei dubbi. Rimanendo nell’ambito dell’informazione, sicuramente avere a disposizione siti come “Vaccinarsì” è di grande utilità, ma la ricerca ci ricorda che i genitori che non vaccinano si rivolgono ad associazioni che a loro volta accedono a siti “antivaccinali”. In questi casi il medico o l’operatore sanitario con abilità di counselling potrebbero: – farsi indicare le fonti per consultarle personalmente; – aiutare il genitore a capire perché siano poco attendibili (es. spesso non ci sono riferimenti bibliografici e, se ci sono, sono molto vecchi oppure le informazioni sulle malattie per le quali ci si vaccina non sono complete o esaustive…); – cercare di raccogliere informazioni sui medici che scrivono in questi siti (sono iscritti agli ordini professionali? Se lo sono, l’Ordine è a conoscenza di quanto affermano? È possibile sollecitare l’Ordine a un richiamo dei medesimi?). Tornando alla nuova tipologia di genitori che la ricerca ha evidenziato, è ovvio che non è più possibile generalizzare: – Ogni genitore è diverso e inserito in un sistema differente che ne influenza comportamento e decisioni in modo diverso e variabile nel tempo. – Ogni scelta, si è visto, può essere suscettibile di cambiamento. Pertanto verificarne la conferma è consigliabile, comprenderne le motivazioni necessario. – Offrire scenari alternativi è doveroso. Quest’ultimo punto, se proposto dopo ascolto e comprensione delle motivazio- ni che hanno portato al rifiuto vaccinale o a un ripensamento, permette di aiutare il genitore a prendere in considerazione anche cosa significa non vaccinare, parlargli delle malattie che, giustamente dal suo punto di vista, non esistono più ma che potrebbero ripresentarsi, riflettere insieme sul bene del suo bambino che vive anche in una comunità. Se si semplifica, si può dire che il medico e gli operatori sanitari, quando ragionano in termini di rischio, hanno una percezione di tipo statistico-epidemiologico e devono prendersi cura del singolo paziente ma anche della comunità di cui lui fa parte. Il genitore si preoccupa per il suo bambino, ragiona in termini soggettivi-emotivi ed è difficile per lui acconsentire a un atto medico che può presentare dei rischi e, per giunta, attuato in benessere. Le malattie per le quali si propongono i vaccini e la gravità di alcune delle loro manifestazioni e complicanze non ci sono più nella memoria delle famiglie e non sono vissute come un pericolo. Una proposta per trovare una mediazione in queste opposte posizioni è far riflettere i genitori sul fatto che, se si diffonde il rifiuto vaccinale, la percentuale dei vaccinati ovviamente scende al di sotto dei valori necessari affinché la malattia non circoli (questa è una nozione spesso non nota). La stessa comunità che prima poteva proteggere i bambini non vaccinati ora diffonderebbe la malattia che potrebbe colpirli. Una malattia quindi che esiste ancora, che non è triste patrimonio solo di popolazioni vissute come lontane con le quali si pensa, erroneamente, di non venire a contatto. La sfida è riuscire a far comprendere che aderire all’offerta vaccinale significa difendere il proprio figlio da un pericolo reale, anche se non percepito. Ottima a questo proposito l’idea di attivare un sistema di informazione sulle epidemie di malattie prevenibili con le vaccinazioni. Rimane da affrontare il problema delle reazioni avverse per le quali è sicuramente utile un sistema di informazione aggiornato. Sicuramente importante è fornire ai genitori i dati sulle reazioni più gravi, possibilmente specificando una classe di riferimento e usando le frequenze naturali al posto delle percentuali (es. una encefalite ogni milione di dosi effettuate). Questa modalità potrebbe aiutare 235 vaccinacipì a dare una giusta collocazione statistica e una diversa percezione dei casi recentemente riportati dai media. Ultima ma non meno importante è la necessità di una trasparenza a tutti i livelli dei rapporti con le case produttrici dei vaccini, ottenibile sia con la correttezza dei rapporti personali di ciascun medico con l’industria farmaceutica, sia con la richiesta da parte del singolo e delle società scientifiche che ogni scelta vaccinale rispetti dei criteri di metodo rigorosi (vedi “8 passi ACP”). Commento di Franco Giovanetti Medico di sanità pubblica, Dipartimento di Prevenzione, ASLCN2, Alba, Brà (CN) [email protected] È la prima volta che il rifiuto vaccinale viene indagato in Italia per mezzo di un’analisi così approfondita. Sebbene lo studio sia stato condotto su una parte ridotta di popolazione (corrispondente al 31% dei nati nella Regione Veneto durante il 2010), si può ritenere che i risultati e le conclusioni rivestano un valore generale. In estrema sintesi, lo studio ruota intorno a due aspetti della prevenzione vaccinale: la percezione dei genitori e quella degli operatori sanitari. Nell’ambito genitoriale, la percezione riguarda anzitutto l’informazione ricevuta. Il PdF si conferma come la principale fonte informativa, e la qualità dell’informazione è percepita come elevata dai genitori “vaccinatori” e carente da chi non vaccina. Gli Autori si chiedono quale sia la causa di tale discrepanza e avanzano alcune ipotesi. La mia opinione è che molti genitori non vaccinatori ritengano a priori deficitaria l’informazione di tipo istituzionale e professionale (che da ora in poi chiamerò “informazione ufficiale”) perché non contiene elementi in grado di giustificare razionalmente il rifiuto vaccinale. In altre parole: l’informazione ufficiale reputa scientificamente infondata e pertanto inattendibile la massa di informazioni “alternative” riportate nei siti web e nei libri degli antivaccinatori. Pertanto essa non risulta credibile. 236 Quaderni acp 2014; 21(5) Se l’informazione alternativa fosse veritiera, qualunque persona razionale concluderebbe che vaccinare i figli è un errore. Viceversa, se fosse mendace, quale ostacolo alla vaccinazione potrebbe scorgere un genitore adeguatamente informato? Ogni genitore che rifiuta le vaccinazioni è convinto di fare la cosa giusta e di salvaguardare la salute del proprio figlio; pertanto l’informazione ufficiale deve essere distorta, omissiva, mendace perché, se così non fosse, la scelta di non vaccinare non avrebbe alcun senso. E qui il discorso si interseca con un fenomeno storico e sociale consolidato, ossia le teorie della cospirazione. Come scrivono gli Autori dello studio, l’opinione prevalente tra i non vaccinatori è la seguente: “Gi effetti collaterali gravi, che possono presentarsi anche a distanza di tempo, considerato anche che si tratta di un business per le aziende farmaceutiche, vengono tenuti nascosti da parte di operatori che danno informazioni unilaterali sui benefici e non sui rischi, colpevolizzando chi non vaccina e sono in odore di conflitto d’interessi. Il tutto per affrontare malattie tutto sommato meno pericolose dei vaccini stessi”. Che cos’è questa sintesi, se non un esempio di teoria della cospirazione? La narrativa complottista, qualunque sia l’argomento, presenta alcune caratteristiche costanti, quali per esempio la tendenza a mescolare fatti e speculazioni senza distinguere tra i due, il rifiuto di considerare spiegazioni alternative, respingendo tutte le prove che smentiscono clamorosamente la teoria e cercando solo argomenti a sostegno di ciò che si ritiene sia la verità, la convinzione irrealistica che la trama coinvolga un grande numero di persone, le quali dovrebbero, tutte, mantenere il silenzio sui loro segreti. Naturalmente non tutti i genitori che rifiutano le vaccinazioni abbracciano in toto le teorie cospirative. Inoltre lo studio veneto ha reperito tracce di questa visione della realtà anche tra i vaccinatori: i confini non sono netti. L’altro aspetto indagato dallo studio è la percezione degli operatori sanitari. In questo caso non c’è molto da dire: esistono lacune culturali, come risulta dalle risposte ai quesiti su due false controindicazioni che tutti dovrebbero riconosce- re come tali, e invece vediamo che così non è. La mancata lettura dei report del Canale Verde da parte di molti partecipanti conferma questa criticità. In conclusione: che fare? È irrealistico e pericoloso tornare indietro e rifugiarsi nell’obbligo vaccinale, che non è una soluzione e spesso è parte del problema. Peraltro, dallo studio emerge chiaramente che la presenza o meno dell’obbligo vaccinale è irrilevante ai fini delle scelte genitoriali. Proverei a elencare alcune aree d’intervento: a. ristabilire la fiducia: le sentenze con le quali alcuni tribunali del lavoro hanno riconosciuto l’autismo come danno vaccinale rappresentano un grave vulnus alla credibilità del sistema (occorre una riforma profonda delle procedure di riconoscimento del danno, sul modello del Vaccine Injury Compensation Program vigente negli Stati Uniti); b. lavorare sulla comunicazione del rischio secondo metodologie basate sulle evidenze; c. monitorare con indagini ad hoc conoscenze e atteggiamenti dei genitori e degli operatori sanitari; d. informare correttamente e in modo trasparente la popolazione, non soltanto sui rischi e benefici, ma anche sui limiti di alcuni interventi vaccinali (per es. sulla reale efficacia di popolazione quando si tratta di microrganismi presenti con svariati sierotipi o ceppi, non tutti coperti dalla vaccinazione). Per quanto riguarda gli operatori sanitari, la risposta non può che essere “più formazione”, per colmare i vuoti di conoscenza esistenti. La conoscenza delle basi scientifiche dei programmi vaccinali dovrebbe essere un patrimonio comune di tutti gli operatori sanitari, non solo dei medici e delle assistenti sanitarie ma anche di altre figure professionali, in primo luogo le ostetriche, che hanno un rapporto molto stretto con le future mamme e godono della loro fiducia. Tale formazione, il più possibile indipendente nei contenuti e rigorosa nei metodi, dovrebbe iniziare negli anni universitari e proseguire per tutta la vita professionale. u