AZ ANNO 6 - NUMERO 7 - LUGLIO 2010 SALUTE MENSILE DI INFORMAZIONE BIOMEDICA E SANITARIA IN ABBINAMENTO AL GIORNALE DI SICILIA La guida per le buone vacanze naturalmente dalla A alla Z Vi piace troppo la tintarella? Potreste soffrire di tanoressia Infezioni da pneumococco C’è il vaccino 13-valente Per curare al meglio il glaucoma Ecco il collirio senza conservanti www.azsalute.it lu t e A Z Sa timo l ogni duì del mese e l merco to gratuitcoilia Si ga in allGeiornale di con il iedilo al tuo Rich dicolante! e AZ SALUTE Anno 6 - Numero 7 LUGLIO 2010 Mensile in abbinamento gratuito al “Giornale di Sicilia” Patrocinio Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Palermo AZ In questo numero 4 Vademecum per le buone vacanze. Naturalmente… dalla A alla Z di Cinzia Testa 20 Mieloma multiplo di nuova diagnosi. Un farmaco per vivere più a lungo ANNO 6 - NUMERO 7 - LUGLIO 2010 SALUTE MENSILE DI INFORMAZIONE BIOMEDICA E SANITARIA IN ABBINAMENTO AL GIORNALE DI SICILIA La guida per le buone vacanze dalla A alla Z naturalmente Vi piace troppo la tintarella? Potreste soffrire di tanoressia Infezioni da pneumococco C’è il vaccino 13-valente Per curare al meglio il glaucoma Ecco il collirio senza conservanti www.azsalute.it e AZ Salut o ogni ultim ì del mese mercoled gratuito a ato di Sicili in alleg Giornale con il iedilo al tuo Rich lante! edico Storie di copertina di Giovanni Pepi 7 22 10 23 12 24 Dipendenti dall’abbronzatura? Potreste soffrire di tanoressia di Paola Mariano Ecco il vaccino 13-valente contro le infezioni da pneumococco di Manuela Campanelli Direttore Responsabile Carmelo Nicolosi Rubriche Adelfio Elio Cardinale Minnie Luongo Giuseppe Montalbano Luciano Sterpellone Arianna Zito Hanno collaborato a questo numero Manuela Campanelli Giulio Francese Paola Mariano Salvatore Sammarco Cinzia Testa Coordinamento redazionale Monica Diliberti Segreteria di Redazione Giovanna Giglia Editrice Az Salute s.r.l. Registrazione del Tribunale di Palermo n. 22 del 14/09/2004 Redazione Via XX Settembre, 62 - 90141 Palermo Tel. 091-6255628 Fax 091-7826385 [email protected] Redazione di Milano Responsabile Cinzia Testa Sala Stampa Nazionale Via Cordusio, 4 - 20123 Milano Tel. 02-865052 Fax 02-86452996 Redazione grafica Officinae s.r.l. Vincenzo Corona Pubblicità AZ Salute s.r.l. Tel. 091-6255628 Fax 091-7826385 [email protected] Concessionaria per la stampa Promo Offset s.r.l. via A. De Gasperi, 17 93100 - Caltanissetta Tipografia AGEM San Cataldo (CL) Cosa mettere in valigia per goderci ottime ferie di Manuela Campanelli I nostri bambini Vacanze con i bambini. Ecco come non rovinarle di Giuseppe Montalbano 14 Screening oncologici. Istruzioni per l’uso di Salvatore Sammarco Progressi nel tumore al polmone. Ma non per chi è fumatore di Luciano Sterpellone Svolta per il morbo di Crohn. Un farmaco riesce a fermarlo di Giulio Francese 26 Eccessivi tempi di attesa per la diagnostica strumentale 16 27 17 29 Tumore ovarico avanzato. Aumenta la sopravvivenza di Monica Diliberti Osservatorio Quello zibaldone alimentare tra ambiente, diete, religioni di Adelfio Elio Cardinale 18 Check-up per un Vip Eleonora Duse. La pallida diva del teatro di Luciano Sterpellone Un collirio senza conservanti per curare al meglio il glaucoma di Monica Diliberti Focus associazioni di pazienti SPAZIOPREVENZIONE per superare lo shock di una diagnosi di tumore di Minnie Luongo 30 Salute da sfogliare Le mie sette vite chiamando cancro il cancro di Arianna Zito Fotografie: AAVV, Foto e di stock www.azsalute.it AZ SALUTE È IN EDICOLA IN ALLEGATO GRATUITO CON IL GIORNALE DI SICILIA L’ULTIMO MERCOLEDì DI OGNI MESE. RICHIEDILO AL TUO EDICOLANTE SALUTE AZ EDITORIALE Maggiore attenzione e solidarietà per i malati di artrite reumatoide C hi non è affetto da artrite reumatoide o non ha un familiare colpito dalla terribile malattia, difficilmente può comprendere appieno il dramma di questi malati. Ed è forse per questo che l’artrite reumatoide non ha tutta l’attenzione che merita ed è ancora poco riconosciuta nella programmazione sanitaria nazionale e regionale. Forse è difficile immaginare le pene di chi ha difficoltà a salire le scale, di chi vive la tragedia di non riuscire ad impiegare le mani per aprire un barattolo, per levare il tappo a vite di una bottiglia, per vestirsi, per salire su un mezzo pubblico. La malattia colpisce (il 75 per cento dei pazienti è donna), in particolare, le articolazioni, ne danneggia la funzionalità, provoca dolore, rigidità, gonfiori, deformazioni, fino a portare all’invalidità. È stato osservato che entro i primi due anni di malattia, il 10 per cento dei pazienti sviluppa un’invalidità grave e dopo dieci anni il 50 per cento non è più capace di svolgere le attività quotidiane e mantenere il lavoro. L’artrite reumatoide non si limita solo a rovinare le articolazioni, ma coinvolge l’apparato respiratorio, quello circolatorio e il sistema nervoso, causando sintomi come affaticamento, astenia, anemia, problemi cardiovascolari, osteoporosi. E la malattia genera costi non di certo indifferenti per il sistema sanitario e per la società in generale, soprattutto per la limitata o nulla capacità lavorativa dei malati. Si stima che solo in Italia il costo sociale complessivo della patologia si avvicini ai 3 miliardi di euro all’anno. Purtroppo, l’Italia registra un’alta prevalenza di casi di artrite reumatoide, superiore alla Francia e ad altri Paesi europei. Anche se ancora non si conosce la causa che scatena l’artrite reumatoide, si sa il ruolo che ha il sistema immunitario. Il sistema che protegge l’organismo dall’invasione di agenti esterni “impazzisce” e va ad aggredire parti dell’organismo, in particolare provoca un’infiammazione che aggredisce e corrode le articolazioni. E ancora non si sa il perché. Di recente, sono state individuate alcune proteine coinvolte nel meccanismo perverso di distruzione delle articolazioni. Uno studio ha identificato il ruolo di una proteina, l’interleuchina-6, responsabile del processo infiammatorio e si è visto che un anticorpo monoclonale, tocilizumab, il capostipite di una nuova classe di farmaci biologici, ora disponibile anche in Italia, è capace di controllare e bloccare l’infiammazione e portare il paziente alla remissione della malattia, riducendo il danno erosivo alle articolazioni. Altro studio attuato su circa 4.400 pazienti ha dimostrato che tocilizumab ha un’efficacia statisticamente superiore all’attuale standard terapeutico, il metotrexate. E la Commissione europea, riconosciuti i dati di efficacia di questo farmaco biotecnologico, ha dato l’approvazione per il suo utilizzo in prima linea per la terapia dell’artrite reumatoide. In associazione ad altro farmaco (metotrexate) è indicato in pazienti che non abbiano risposto ad altri farmaci antireumatici modificanti la malattia. Nella cura, fondamentale è la diagnosi precoce. Il danno all’articolazione si produce con maggiore velocità nei primi anni della malattia e la sua pronta individuazione e una cura appropriata possono evitare i danni permanenti e la disabilità. Per questa patologia si chiede un maggiore ascolto, una maggiore sensibilità, un maggiore coinvolgimento da parte di tutti: autorità sanitarie, medici, popolazione generale, mass media. Questi sono malati che non vanno lasciati soli di fronte ad un’affezione che toglie la libertà dei movimenti, riduce la qualità di vita, ha un forte impatto psicologico, realtà che conduce spesso anche alla rinuncia alla maternità, alla vita di coppia, all’attività sessuale ed è causa di un senso di vergogna per i segni che la malattia lascia sul corpo, deformandolo. di Carmelo Nicolosi Spesso non si comprende appieno il dramma che vivono le persone affette dalla terribile malattia AZ SALUTE Per vivere una tranquilla estate Vademecum per le buone vacanze Naturalmente… dalla A alla Z di Cinzia Testa U n periodo di riposo è più che meritato per tutti. Anche per chi ha problemi di salute, perché le ferie estive sono indispensabili per ricaricarsi e affrontare con grinta un nuovo anno. Lo dimostra anche uno studio del dipartimento di Psicologia della California University: un po’ di riposo in un luogo di villeggiatura riduce del 30 per cento il rischio di attacchi cardiaci e, in caso di malattia, del 40 per cento quello di un suo peggioramento. Quest’anno, vi proponiamo 21 volte “Buone vacanze”, una per ogni lettera dell’alfabeto. Secondo uno studio del dipartimento di Psicologia della California University, il riposo in un luogo di villeggiatura riduce del 30 per cento il rischio di attacchi cardiaci Automedicazione. Nei giorni prima di partire, preparare i farmaci da portare con sé per le emergenze. Vanno utilizzati solo i prodotti di automedicazione, identificabili grazie allo specifico bollino. Se si viaggia in aereo o in nave, ricordarsi di tenere i farmaci nel bagaglio a mano per evitare che subiscano shock termici. Baci. Ovvero, amori estivi, da vivere con serenità e con allegria, così come deve essere una passione nata sotto il sole d’agosto. Ma attenzione: la prudenza è sempre d’obbligo. E il profilattico è un atto d’amore verso chi, in quel momento, ha lo stesso prezioso valore dell’aria che si respira. Celiachia. Sul sito www.celiachia.it è possibile trovare l’elenco di ristoranti e gelaterie “a prova di glutine”. Chi ne fa parte ha seguito un corso del tutto particolare, dove insegnano come cucinare con gli ingredienti corretti. Sul sito è disponibile anche l’elenco degli autogrill che lungo le autostrade servono prodotti “gluten-free” e persino delle navi da crociera che hanno cuochi specializzati. E per chi va all’estero? Basta collegarsi al sito www.glutenfreeroads.com, il primo dedicato ai celiaci che viaggiano. Dolore cronico. Per aiutare chi ne soffre specialmente in questo periodo, quando può essere difficile sapere a chi rivolgersi se si è in vacanza, c’è il numero verde 800-974261, attivo dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30. Eritema solare. È il primo gradino della scottatura: si tratta di una reazione della pelle ai raggi solari. Sono a rischio, in particolare, tutti quelli che hanno poche difese naturali contro il sole e, soprattutto, chi ha la carnagione chiara. Per prevenire l’eritema solare, si raccomanda di utilizzare nei primi giorni una crema solare ad alta protezione contro i raggi sia UVA, sia UVB. Vale poi la regola di evitare le ore in cui il sole è SALUTE AZ a picco, cioè tra le 11 e le 15, e di mettere il prodotto solare anche quando si sta sotto l’ombrellone. I raggi solari, infatti, filtrano anche attraverso il telo. Infine, la sera applicare sul corpo una crema doposole a base di sostanze che “rinforzano” la pelle, come vitamine C, E, A e acidi grassi polinsaturi omega-6. Farmaci e sole. Chi sta seguendo una terapia farmacologica, prima di esporsi al sole deve chiedere sempre consiglio al dermatologo oppure al medico di famiglia, perché alcuni farmaci, come antibiotici, antidepressivi e diuretici, sono in grado di assorbire i raggi solari e determinare un aumento della sensibilità della pelle al sole che si manifesta con un eritema molto intenso di colore violaceo, dolore e gonfiore della pelle. Questa reazione compare anche a distanza di qualche ora dall’esposizione al sole e, in genere, tende a risolversi da sé stando lontani dai raggi solari. Lo stesso effetto si può avere anche con alcune creme curative. Gambe pesanti. Per contrastare il disturbo, al mare non si deve stare sdraiati al sole e neppure tenere coperte le gambe, neanche con un pareo leggero, perché si crea un “effetto serra” molto dannoso per la circolazione. Ideale, invece, camminare con l’acqua fino alle cosce: le sostanze minerali contenute nel mare, insieme all’azione meccanica esercitata dalla pressione della massa d’acqua e alla temperatura fresca, migliorano la circolazione e alleviano il senso di pesantezza. Hotel e bed&breakfast per allergici. Se c’è il timore di rovinarsi la vacanza per i disturbi allergici, si può prenotare in un albergo “antiacaro”. Come? Collegandosi al sito www. bioallergen.com. Le stanze sono a prova di acari. Alcuni locali vengono infatti puliti a fondo ogni giorno e hanno arredamenti e biancheria specifici per chi ha questa forma di allergia. Intestino in disordine. Nei primi giorni di vacanza, è possibile avere un po’ di problemi. In genere, si risolvono mangiando frutta e verdura e bevendo molta acqua minerale. E se non passano? In agosto, si possono chiamare gli specialisti della Siucp, la società dei colonproctologi. Al numero verde 800-776662, dal lunedì al venerdì dalle ore 16 alle ore 18, rispondono specialisti disponibili a fornire consigli immediati e gratuiti su come affrontare i disturbi intestinali e non rovinarsi le ferie. Lenti a contatto. Mai usarle per nuotare. Nell’acqua vivono germi, virus e batteri che possono essere assorbiti dalla struttura porosa delle lenti a contatto, anche attraverso un’unica goccia di acqua che finisce negli occhi. E scatenare, nell’arco di dodici ore, una dolorosa congiuntivite virale. Altrettanto pericolosa è l’acqua delle piscine, perché contiene il cloro, una sostanza che, se viene assorbita dalla lente a contatto, può aumentare il rischio di cheratite, cioè di un problema alla cornea. Per vedere bene anche quando si nuota, si possono usare occhialini o maschere con lenti graduate. Mal di denti. In vacanza, ma anche in città in estate, è decisamente un problema. Ecco perché, anche quest’anno, l’ANDI (Associazione Nazionale Dentisti Italiani) organizza a livello nazionale il servizio “Sorrisi d’agosto”. Dal primo di agosto e per tutto il mese, chi necessita di un dentista, cliccando sul sito dell’ANDI dedicato ai pazienti (www.obiettivosorriso.it) alla voce “Sorrisi d’agosto”, può selezionare la propria città di residenza e scegliere tra una lista di odontoiatri. Inoltre, chiamando il numero verde 800-911202, un operatore fornirà il nome di un dentista che opera nel proprio territorio. Nuvole al mare. Anche se il cielo è punteggiato da nuvole alternate ad un nitido azzurro, bisogna limitare la permanenza al sole. Le radiazioni solari sono presenti lo stesso e arrivano sul corpo con tutta la loro carica energetica. Prova ne è che ci si scotta più facilmente proprio quando il tempo è variabile. Il consiglio vale per tutti e, in particolare, per chi ha la pelle chiara e la tendenza a scottarsi facilmente. Orecchini sulle bancarelle. Attenzione a non indossarli se già sono stati provati da altri, prima dell’acquisto, per vedere come stanno. Meglio portarli a casa e disinfettarli, perché si potrebbe correre il rischio di contrarre un’infezione come l’epatite. Per chi vuole avere altri consigli del genere, utile il sito www.fondazionefegato.it. Pesce. Contiene DHA, o acido docosaesaenoico, un acido grasso polinsaturo. È un componente fondamentale delle membrane cellulari, in particolar modo del cervello e della retina. La dose raccomandata di questa sostanza è garantita se si porta in tavola il pesce un paio di volte alla settimana. I più ricchi sono soprattutto sgombri e tonno, seguiti da aringhe e salmone. Quantità. Sali minerali, vitamine, proteine, per citare solo le principali, sono sostanze che, se vengono ingerite attraverso i cibi nelle giuste quantità, permettono di potenziare il sistema di difesa dell’organismo. La giornata va iniziata con il passo giusto. AZ SALUTE Bere, quindi,un succo di frutta ricca di vitamina C, come arance e pompelmi. Alcune cellule del sistema immunitario contengono livelli sorprendentemente elevati di questa vitamina che vengono utilizzati per difendere il corpo dalle aggressioni esterne. Ma sono scorte che vanno quotidianamente rinnovate. La spremuta però va preparata e bevuta al momento, perché la vitamina C è estremamente delicata: a contatto con l’aria, la perdita di questa sostanza a frutto tagliato è del 40 per cento in 30 minuti. A pranzo e cena, invece, mangiare sempre alimenti che contengono lo zinco, i carotenoidi, il selenio e il rame. In particolare, lo zinco si trova nel latte e nei frutti di mare; i carotenoidi nei vegetali giallo-arancione come le carote e la zucca, e in alcuni a foglia verde come gli spinaci e i broccoli; il selenio è nel pesce, nella carne bianca e rossa, nei cereali; il rame nelle noci, nei legumi, nella carne di pollo, nel pesce e nei cereali. Regole di igiene. Vanno seguite, soprattutto, da chi si reca in Paesi a rischio. In particolare, non bere mai l’acqua del rubinetto, ma solo quella imbottigliata verificando però che la bottiglia sia sigillata, e neppure bevande con ghiaccio. Lo stesso vale per le bibite confezionate. Non bere neanche il latte tale e quale, neppure se è quello confezionato, ma consumarlo soltanto dopo la bollitura e mentre è ancora caldo. Non mangiare i cibi crudi. Vale per carne, pesce, frutti di mare e verdure. Fa solo eccezione la frutta che può essere sbucciata, ma evitare quella con la buccia non intatta. Non mangiare cibi cotti che sono rimasti esposti per parecchie ore a temperatura ambiente, non scegliere alimenti che contengono maionese, i dolci alla crema e i gelati, tranne quelli confezionati. Sindrome del jet lag. È dovuta al superamento di più fusi orari nell’arco di un breve tempo, come avviene se si effettuano viaggi intercontinentali, sia a Ovest sia a Est. Per alleviare il disturbo, durante i viaggi notturni cercare di dormire. Se il giorno si prolunga perché il si va verso ovest, fare dei brevi sonnellini per ridurre la perdita di sonno. Evitare però il sonno prolungato che non facilita l’adattamento una volta arrivati a destinazione. Torcicollo e mal di schiena in estate. Sono disturbi sempre in agguato se il condizionatore raffredda solamente la camera da letto. Il rapido raffreddamento che si avverte entrando nella stanza rinfrescata, soprattutto se si è accaldati, irrigidisce la muscolatura del collo e della schiena e causa dolore intenso e forti limitazioni nei movimenti. La soluzione: raffreddare tutta la zona notte. Oppure, mettersi sulle spalle un golf di cotone quando si entra nella stanza fresca, in modo da abituarsi più dolcemente al cambio di temperatura. Umore alto. Sì ai raggi solari, chiaramente rispettando il consiglio di non esporsi nelle ore centrali della giornata, più rischiose. I raggi solari infatti stimolano nell’organismo la produzione di due importantissimi neurotrasmettitori, la dopamina e la serotonina, sostanze che mettono in comunicazione tra di loro le cellule cerebrali e che hanno un effetto benefico sul tono dell’umore. Questo fa sì che ci si senta allegri e rilassati. Viaggio in barca. Uno dei problemi più frequenti è la chinetosi, malessere provocato dal movimento. Per non soffrirne, portare con sé dei cracker salati da sgranocchiare durante il viaggio: aiutano a contrastare la nausea. E se si deve consumare un pasto in viaggio, meglio optare per prosciutto crudo con un contorno di patate bollite e pane senza mollica. Zanzare. Per tenerle lontane, aggiungere dei fili di rame in ogni sottovaso delle piante sul balcone e in casa. I fili si sciolgono lentamente e liberano ioni rame che interferiscono con lo sviluppo delle larve di zanzara. Se possibile, tenere in casa una vaschetta con tre-quattro pesci rossi: si cibano di zanzare. SALUTE AZ Riguarda il 20 per cento degli italiani Dipendenti dall’abbronzatura? Potreste soffrire di tanoressia A ndate a caccia di sole, sfruttando ogni momento libero per esporvi come lucertole? Non siete mai sazi di abbronzatura e continuate ad “arrostirvi” ore e ore al sole? Se questo comportamento vi rappresenta, allora fate attenzione, perché oltre al rischio di cancro alla pelle – legato, nel 90 per cento dei casi, proprio ad una scorretta esposizione al sole – il vostro problema potrebbe essere un altro: la dipendenza da tintarella, chiamata tanoressia (dall’unione delle due parole inglesi “tan”, abbronzatura, e “anorexia”, anoressia). Tanoressia non è un termine frutto di esagerazione, ma è stato coniato per un disturbo compulsivo vero e proprio che presenta tutti i connotati tipici di una dipendenza da sostanze stupefacenti e che, spesso, affligge persone già colpite da altre forme di dipendenza, come quella dal fumo. Come si riconosce? Così come l’anoressico non si vede mai abbastanza magro, chi è affetto da dipendenza da tintarella pensa di non essere mai sufficientemente abbronzato e continua ad esporsi al sole con tempi e modi illogici e irresponsabili, usando lozioni super-abbronzanti piuttosto che creme protettive. E se il sole non gli basta mai, il tanoressico si rivolge anche all’abbronzatura artificiale. Ciò che è peggio è che non si tratta di un problema poco frequente. Infatti, secondo un’indagine condotta di recente dall’Istituto Demoscopico SWG di Trieste, la tanoressia sembra interessare in forma conclamata il 20 per cento della popolazione del nostro Paese. di Paola Mariano AZ SALUTE Spesso, la tintarella può trasformarsi in un vero e proprio disturbo compulsivo con i tipici connotati di una dipendenza da sostanze stupefacenti Secondo il sondaggio, il 52 per cento degli italiani (oltre una persona su due) risulta ossessionato dall’abbronzatura. Stando all’indagine, a soffrire più frequentemente di tanoressia sono le donne, specie quelle magre e fumatrici, soprattutto se hanno la carnagione scura. In genere, le donne colpite da tanoressia si espongono al sole più di 6 ore al giorno, anche nelle fasce orarie più pericolose. Il tanoressico, inoltre, non utilizza creme protettive, ma solo lozioni super-abbronzanti e si sottopone a lampade e lettini solari sia in inverno sia in estate. Il fenomeno è ormai noto nel mondo: anche in America, i dermatologi hanno lanciato l’allarme. Infatti, da un’indagine su oltre 400 studenti universitari, condotta da Carolyn Heckman del Fox Chase Cancer Center di Philadelphia e pubblicata sull’American Journal of Health Behavior, è emerso che anche i giovani sono affetti dal problema (precisamente il 27 per cento degli intervistati). I ricercatori hanno rielaborato un questionario psicologico-comportamentale tipicamente somministrato per scovare le dipendenze da sostanze e hanno visto che l’abbronzatura, così come le droghe, può dare dipendenza e causare sintomi simili a quelli della crisi d’astinenza che colpisce il tossicodipendente, come ad esempio disturbi d’ansia. Uno studio simile è stato pubblicato recentemente sulla rivista Archives of Dermatology e condotto da Catherine Mosher del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York. Tuttavia, la tanoressia non è semplicemente un comportamento figlio delle mode e della rincorsa a tutti i costi di trattamenti di bellezza, ma sembra nascere da basi biologiche. Infatti, secondo una ricerca condotta di recente dall’équipe di Steven Feldman della Wake Forest University al Baptist Medical Center di WinstonSalem in Carolina del Nord, sono i raggi UV del sole che, regalando benessere e senso di rilassamento, fungono da richiamo inconscio al lettino o alla spiaggia. Secondo quanto Feldman ha riportato sul Journal of the American Academy of Dermatology, i raggi ultravioletti potrebbero promuovere il rilascio di endorfine da parte dell’organismo, droghe naturali che agiscono nel nostro cervello trasmettendoci sensazioni positive e, in questo modo, potrebbero indurre rilassamento e piacere. Queste sensazioni scatenate dal sole o dalle lampade UV possono essere coinvolgenti a tal punto da ingenerare SALUTE AZ una vera e propria dipendenza da sole, scatenata dal desiderio irresistibile di provare ripetutamente quello stato di benessere ogni volta che “ci si droga” in spiaggia o nei centri estetici. Nello studio condotto da Feldman, i ricercatori hanno osservato per sei settimane 14 giovani amanti delle lampade. I dermatologi hanno offerto ai volontari un ciclo di sedute, due volte la settimana, ma uno dei due lettini usati era “truccato”, ovvero non funzionava con i raggi ultravioletti, naturalmente all’insaputa dei partecipanti. Alla fine del ciclo di sedute, i giovani dovevano dire quale lettino li avesse soddisfatti di più: tutti tendevano a preferire quello che sprigionava raggi UV, dicendo che induceva in loro un maggior senso di rilassatezza. Il loro umore, misurato con test psicologici oggettivi, risultava migliore dopo una seduta con gli UV. Inoltre, quando veniva offerto ai giovani di continuare le sedute con la possibilità di scegliere il lettino, il 95 per cento dei soggetti optava per quello agli UV. Altro studio, anche questo condotto dal gruppo di Feldman e pubblicato sulla rivista Photodermatology, Photoimmunology & Photomedicine, ha invece dimostrato che l’abbronzatura artificiale riduce il dolore. Gli esperti hanno testato i lettini a raggi UV su un gruppo di pazienti affetti da fibromialgia, una malattia caratterizzata da senso di stanchezza e dolore cronico di muscoli, legamenti e tendini. È emerso che, grazie alle sedute sui lettini solari, i pazienti provano sollievo. Secondo i ricercatori statunitensi, anche in questo caso, i mediatori chimici dell’effetto antidolorifico dei raggi ultravioletti vanno ricercati tra le endorfine la cui produzione endogena è indotta dall’esposizione al sole. Non a caso, chi soffre di disturbi stagionali dell’umore con la bella e assolata stagione si sente meglio ed è più positivo. Simili agli oppiodi, le endorfine agiscono sull’organismo instaurando una vera e propria dipendenza che fa scivolare nel dimenticatoio tutti i buoni consigli per una corretta e sicura esposizione al sole, mandando in soffitta le creme protettive per sostituirle con pericolose lozioni super-abbronzanti e senza filtro anti-UV. Vale dunque la pena ricordare, soprattutto ai “maniaci” dell’abbronzatura che non si accontentano mai anche quando la loro pelle è nera come il carbone, alcuni degli effetti nocivi dei raggi ultravioletti: si va dall’eritema solare, alle ustioni, alla comparsa di macchie cutanee. Inoltre, l’invecchiamento precoce della pelle è assicurato, per non dimenticare poi la probabilità che compaiano lesioni precancerose e tumori cutanei. Le regole di una sana abbronzatura »Usare creme protettive che vanno riapplicate ogni ora e dopo il bagno. »Scegliere la crema in base alla propria carnagione o fototipo. »Esporsi al sole nelle ore consigliate (fino alle undici e dopo le diciassette) e non esagerare. »Applicare le creme protettive anche sotto l’ombrellone, dove arriva comunque il 50 per cento dei raggi UV. Sono obbligatorie anche in acqua poiché i raggi ultravioletti penetrano fino ad un metro di profondità. L’abbronzatura artificiale può causare il cancro alla pelle C hissà se, un giorno, all’entrata dei centri di bellezza dove ci sono i lettini o le docce solari troveremo scritto, in modo simile alle frasi di avvertimento sui pacchetti di sigarette, “attenzione, la tintarella artificiale può causare tumori”. Che questo accada o meno, certo è che farsi le lampade può provocare il cancro della pelle, il melanoma, responsabile del 79 per cento di tutte le vittime di tumore della pelle. La prova definitiva è arrivata da uno studio pubblicato sulla rivista Cancer Epidemiology, Biomarkers and Prevention e condotto da DeAnn Lazovich della University of Minnesota che ha coinvolto quasi 2.300 persone. Non importano l’età, il sesso o il tipo di abbronzatura artificiale cui ci si sottopone (doccia o lettino): lo studio ha dimostrato in modo definitivo che qualsiasi genere di lampada agli UV quasi raddoppia il rischio di melanoma. Inoltre, il pericolo cresce all’aumentare della frequenza dell’uso del lettino (o della doccia), fino a triplicarsi per coloro che si sottopongono a 100 sedute l’anno. Il rischio maggiore è rappresentato dai lettini che “sparano” raggi UV di tipo B: più 4,5 volte, cioè pericolo più che quadruplicato. Questi risultati sono importanti perché si tratta del primo studio in cui si prende in esame ogni tipo di dispositivo abbronzante e ogni tipo di uso, tenendo conto anche dell’esposizione della persona al sole. Non solo la pelle invecchia visibilmente (e spesso, quindi, il risultato estetico di una lampada non è dei migliori), ma la ricerca mostra, senza ombra di dubbio, che dietro il lettino solare si apposta il pericolo tumore. AZ SALUTE Circa 29 milioni gli italiani in vacanza Cosa mettere in valigia per goderci ottime ferie B en 29 milioni di italiani sono in procinto di partire per le vacanze. Indaffarati a preparare le valigie, si preoccupano di non dimenticare nulla per garantirsi ferie tranquille all’insegna del benessere psico-fisico. “Avrò pensato a tutto?”, si ripetono. Controlliamo insieme se manca qualcosa. Attenzione alle calzature di Manuela Campanelli Lontano da casa, nei momenti di relax, si diventa più insofferenti ai piccoli disturbi 10 Partiamo dalle scarpe. Un paio di calzature comode, con un plantare che segua gli archi traverso e longitudinale del piede, sono certamente da mettere in borsa per fare belle passeggiate. Ma quale modello preferire? «Senz’altro delle scarpe da running o dei sandali con una fascetta dietro, con una superficie morbida di appoggio e un rialzo anteriore di un centimetro che distanzi le ossa dell’avampiede dal terreno, ne ammortizzi il carico e prevenga le metatarsalgie», raccomanda il dottore Andrea Bianchi, chirurgo esperto di avampiede alla casa di cura accreditata “Villa Erbosa” di Bologna. Per fare lunghi percorsi, è bene evitare le infradito: non consentono il rotolamento del piede, l’appoggio prima sul tallone, poi sulla pianta e successivamente sull’avampiede, come pure le calzature con il tacco alto – che caricano eccessivamente la parte anteriore del piede – e quelle che hanno una fascetta troppo stretta in punta: costringono le dita ad assumere una posizione forzata, favorendo callosità e macerazioni della cute. Sul materiale delle calzature non ci sono dubbi: la pelle deve essere di gran lunga preferita alla gomma che non fa traspirare l’epidermide. Il kit dei farmaci Nel bagaglio a mano e non in valigia (così si evitano gli sbalzi termici di stive troppo calde o troppo fredde) è bene mettere dei farmaci. Ma attenzione: non occorre esagerare. Conoscendo i propri punti deboli, si possono scegliere con decisione i rimedi da non abbandonare in vacanza. «Lontano da casa, nei momenti di relax, si diventa più insofferenti ai piccoli disturbi», ricorda la dottoressa Ornella Cappelli, presidente dell’Associazione Italiana Donne Medico. Un kit “salva-vacanze” è quindi indispensabile. «Prima di prendere i farmaci dall’armadietto – aggiunge la dottoressa Cappelli – è importante controllare la scadenza e accertarsi che nella confezione ci sia ancora il foglietto illustrativo. Mai travasarli in contenitori diversi dall’originale e conservarli a temperature non superiori ai 30° C». Uno spirito critico deve guidare quindi le proprie scelte. Chi ha spesso mal di pancia può, per esempio, portare con sé fermenti lattici in compresse per riequilibrare la flora batterica e prevenire i disturbi intestinali e un antidiarroico a base di argilla o di loperamide per contrastare un’eventuale diarrea: il primo intrappola tossine virali SALUTE AZ e batteriche che possono ledere la mucosa intestinale, mentre il secondo rallenta la motilità intestinale senza rovinare la flora batterica. Clisteri e supposte di glicerina che stimolano l’attività dell’ultimo tratto del retto sono indicati per coloro che soffrono di stipsi dovuta al cambiamento di orari e abitudini. Chi ha le orecchie delicate e va facilmente incontro a otiti deve avere con sé delle gocce otologiche a base di antinfiammatori e chi ha gli occhi irritabili non deve dimenticare le lacrime artificiali, preziose per idratare le mucose oculari. I portatori di lenti a contatto mettano in borsa la soluzione per mantenerle pulite che, indirettamente, sarà un valido presidio anche per umidificare la cornea e prevenire malattie oculari. Una pomata a base di antistaminici non deve mancare se si è soggetti a reazioni allergiche scatenate anche da una banale puntura di zanzara, come pure il paracetamolo per controllare la febbre di adulti e bambini. Chi ha la gola facilmente infiammabile per via degli sbalzi termici dettati dall’aria condizionata, può tenere a disposizione delle caramelle disinfettanti a base di cloruro, cetilpiridinio, clorexidina, iodopovidone, esetidina. Salviette disinfettanti, cotone, garze e bende (esiste anche il cerotto liquido per proteggere l’epidermide ferita da escoriazioni), sono poi indispensabili se si hanno dei bambini che, giocando, possono ferirsi con tagli e taglietti. Per il viaggio Raggiungere la meta delle proprie vacanze stando in salute è importante per iniziare le ferie con il piede giusto. In viaggio, vanno evitate la disidratazione (una busta di sali minerali può essere un buon metodo per ripristinare la concentrazione di sali) e la nausea. Per contrastare quest’ultima, è bene portare con sé qualche pastiglia di antinausea a base di dimenidrinato o di scopolamina, o i bracciali che si comprano in farmacia, da indossare in modo che il piccolo magnete posto su di essi schiacci il cosiddetto “punto 6”, chiamato dagli agopuntori “ministro del cuore”, localizzato al centro dell’avambraccio e a due dita traverse dalla piega del polso, per controllare il mal d’auto, d’aereo o di mare. Entrambi sono anche utili per vincere il jet-lag, contro il quale funziona la melatonina (l’acquisto richiede la ricetta del medico). È importante bere molta acqua (fino a 2-3 litri il giorno del viaggio), due notti di sonno regolare prima della partenza e pasti contenuti non innaffiati da alcol. Una fascia elastica contro il gonfiore delle gambe è benvenuta per chi viaggia in aereo. Le informazioni preziose Nel portafoglio, mettere invece la ricetta con la prescrizione dei farmaci che si assumono abitualmente: i dettagli della loro compilazione si possono trovare sul sito www.intrage.it, il portale interamente dedicato agli “over anta”, che ha al suo attivo ben 80 milioni di visite e 260 milioni di pagine lette. La ricetta va fatta dal medico di famiglia che è bene andare a trovare un mese prima della partenza: una sua visita accurata potrà portare allo scoperto qualche piccolo disturbo da curare. Se le vacanze sono all’estero, sarà invece l’occasione per parlare e programmare con il medico le vaccinazioni necessarie: si avrà così tutto il tempo per eseguirle e per immunizzarsi correttamente. Per la donna, opportuna una capatina dal ginecologo e, per tutti, dal dentista prima di lasciare la città: non è detto che dove andrete, anche se la meta è italiana, troverete gli specialisti che vi occorrono. Per informazioni aggiuntive per una vacanza in Italia o all’estero, ci si può rivolOrnella Cappelli gere a uno dei 200 Centri della Società Italiana di Medicina dei Viaggi e delle Migrazioni (tel. 02-87380300; sito www.simv.it). Esiste poi un percorso “salva-vacanze” guidato al Centro Diagnostico Italiano (CDI) attivo dal 1° giugno al 1° ottobre: offre una consulenza telefonica gratuita (02-48317304) per il viaggiatore, disponibile 7 giorni su 7. «Per i sub è disponibile il test delle microbolle, un nuovo esame per prevenire la malattia da decompressione», ricorda il dottore Claudio Droghetti, responsabile dell’ambulatorio di Medicina dei Viaggi del CDI, dove esiste anche un servizio personalizzato sul singolo viaggiatore (prenotazione telefonica allo 02-483171). Mare e monti Accorgimenti diversi devono essere adottati a seconda se si decide di andare al mare o in montagna. Nella prima ipotesi, non vanno dimenticate le creme protettive. Quelle con un fattore di protezione pari o superiore a 30 sono da preferire: permettono di tollerare le radiazioni solari per un tempo 30 volte maggiore a quello sopportato dalla propria pelle, a patto che si spalmino in quantità abbondante sull’epidermide ogni 2-3 ore. Si consiglia, inoltre, di travasare in una piccola bottiglietta un po’ d’aceto bianco che farà comodo nel caso si venga toccati da una medusa. Se la meta sono i monti, un’aspirinetta, contenente un basso dosaggio di acido acetilsalicilico, va messa nello zaino se si soffre di mal di montagna una volta superati i 2.000 metri di altitudine. Durante le escursioni, non va dimenticato il cellulare che potrà essere utile anche per chiamare il 118 nel caso si venga morsi dalle vipere: i soccorritori porteranno il siero antivipera che, attualmente, non si compra più in farmacia. 11 AZ SALUTE I suggerimenti per evitare piccoli inconvenienti Vacanze con i bambini Ecco come non rovinarle P di Giuseppe Montalbano I NOSTRI BAMBINI Pediatra di famiglia, consigliere dell’Ordine dei Medici di Palermo A volte, si è costretti ad affrontare situazioni che possono guastare il periodo delle ferie. Occorre quindi premunirsi 12 untuali come ogni anno, ecco le tanto sospirate vacanze estive, tra mare o montagna, hotel o villaggi turistici. Per godere di un periodo di ferie spensierato, anche con i bambini, è importante seguire qualche regola per evitare che qualche piccolo inconveniente possa rovinare le giornate. Iniziamo con coloro che si recano nei luoghi di villeggiatura solamente nei fine settimana o per gite giornaliere. Parola d’ordine: massima prudenza durante gli spostamenti in macchina. Il bambino piccolo va seduto sempre negli appositi sediolini, mentre i più grandicelli devono occupare i posti posteriori, con le cinture allacciate. Non bisogna usare il climatizzatore al massimo e, se il tragitto è lungo, occorre fermarsi più volte, per permettere al piccolo di bere, fare uno spuntino o muoversi un po’. Talvolta, si è costretti ad affrontare situazioni che rischiano di rovinare le vacanze: sovraesposizione al sole, punture di insetti, meduse, improvvisi rialzi febbrili, mal d’orecchi, bruciori agli occhi, episodi di vomito e/o diarrea, sono solo alcune. Bisogna quindi premunirsi portando in vacanza qualche farmaco, senza però esagerare. Il bambino affetto da una patologia cronica deve sempre avere con sé non solo i prodotti che assume normalmente, ma anche il libretto sanitario, con esaurienti notizie sulla malattia di cui è affetto. Per gli altri, sono sufficienti pochi, ma efficaci farmaci. In caso di febbre superiore a 38° C, in assenza di sintomi preoccupanti (forte cefalea, specie se accompagnata da rigidità nucale e/o vomito ripetuto, intensi dolori addominali, difficoltà respiratorie), spesso è sufficiente la somministrazione di prodotti a base di paracetamolo per superare la fase febbrile e ritrovare la solita vivacità. Se si verifica diarrea, specie se provocata da disordini alimentari, bisogna seguire una dieta appropriata, ricca di cibi ad effetto ispessente per le feci, quali riso, pastina, patate, carote, banane, per poi passare a pesce magro e carni bianche. Utile l’uso dei cosiddetti fermenti lattici, meglio classificati in prebiotici e probiotici. In caso di vomito, bisogna capire se è dovuto ad abusi alimentari oppure alla comparsa della chetosi (il comune “acetone”), causata dalla febbre e/o dal digiuno. È comunque necessario privilegiare una dieta liquida, con l’aggiunta di zuccheri e sali, per scongiurare il pericolo della disidratazione. Se il vomito si ripete, può essere utile la somministrazione di domperidone (sciroppo o supposte rettali). In occasione di dolore all’orecchio, senza febbre né secrezioni muco-purulente del condotto auricolare (nel qual caso occorre consultare un pediatra o un otorino), spesso basta usare gocce otologiche a base di antibiotici e/o antinfiammatori ed evitare di mettere la testa sottacqua per qualche giorno. In caso di occhi arrossati (cosa molto frequente nei bambini che giocano tutta la giornata con l’acqua di mare e con la sabbia), basta qualche goccia di collirio a base di camomilla per risolvere il problema. Se, invece, oltre all’arrossamento si presenta secrezione congiuntivale di muco e pus, allora vuol dire che c’è stata una sovrainfezione batterica. Dopo avere lavato l’occhio con acqua tiepida, bisogna usare un collirio a base di antibiotico. Per quanto riguarda l’esposizione al sole, si deve tenere presente che la pelle del bambino è molto più delicata di quella dell’adulto e necessita di maggiore prudenza, ricordando che non esiste una crema che dà protezione totale. Gli orari da privilegiare per l’esposizione sono le prime ore del mattino ed il tardo pomeriggio. Ricordarsi di usare sempre un cappello. Per ultimo, parliamo di punture di insetti o di meduse. In entrambi i casi, massima cautela se il bambino è allergico: antistaminici, cortisone e adrenalina, possono evitare conseguenze gravi. Per il resto: buone vacanze! Migliorare la qualità della vita umana per consentire alle persone di essere più attive di stare meglio di vivere più a lungo. www.gsk.it AZ SALUTE Utili per diagnosticare precocemente i tumori G di Salvatore Sammarco Responsabile screening Asp Palermo – Direzione Sanitaria Unità operativa Educazione alla Salute Aziendale Screening oncologici Istruzioni per l’uso li screening oncologici sono interventi pianificati di prevenzione da effettuare nella popolazione che ancora non presenta sintomi, per individuare il tumore in una fase iniziale, quando vi è un’elevata probabilità di guarigione. Gli screening di dimostrata efficacia sono quelli per il carcinoma della mammella (mammografia ogni 2 anni nelle donne di 50-69 anni), del collo dell’utero (Pap test ogni 3 anni tra 25 e 64 anni), del colon-retto (ricerca del sangue occulto nelle feci nella popolazione maschile e femminile di 50-69 anni). Sono tre malattie molto importanti e diffuse: il carcinoma della mammella è la prima causa di morte nelle donne, quello al collo dell’utero è la seconda forma tumorale nella popolazione femminile, mentre il tumore del colon-retto, in Sicilia, è la quarta causa di morte negli uomini e la seconda nelle donne e la sua incidenza è in aumento. Anche se la prevenzione individuale (cosiddetta “spontanea”) è utile, solo i programmi di screening organizzati, con invito attivo dei soggetti in età bersaglio, consentono di ottenere il massimo di efficacia. I progetti di screening, che offrono gratuitamente diagnosi e terapia nel rispetto dei requisiti di qualità previsti a livello internazionale, non hanno però ancora raggiunto percentuali di adesione ottimali. Le motivazioni principali vanno dalla mancata percezione dell’importanza della malattia e del rischio di ammalarsi, alla paura dell’eventuale diagnosi ed alla carente informazione. Screening della mammella La mammografia è l’esame più efficace per diagnosticare precocemente i tumori del seno, permettendo di individuare lesioni molto piccole che possono essere operate con trattamenti poco invasivi che preservano l’aspetto estetico e migliorano, quindi, la qualità di vita. Se negativa, la risposta arriva a casa entro un mese. Se la mammografia evidenzia immagini dubbie, la donna sarà richiamata per eseguire ulteriori accertamenti. Lo screening della mammella è attivo a Palermo dal 2004 con il Progetto “Penelope” e le donne in età target ricevono a casa una lettera di invito a presentarsi in uno dei Centri dell’Asp dove viene eseguita gratuitamente la mammografia. I richiami a 2 anni sono effettuati anche telefonicamente. Dimostrata l’efficacia nei carcinomi del seno, del collo dell’utero e del colon-retto. L’esperienza dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo Screening dell’utero Si effettua con il Pap test, fatto gratuitamente nei consultori familiari. Se è negativo, la donna viene invitata nuovamente dopo 3 anni. Se positivo, si 14 esegue una colposcopia, con un’eventuale biopsia, per confermare o meno l’esistenza di lesioni pre-tumorali che, se non trattate, possono degenerare in tumore nel giro di 5-10 anni e che possono essere asportate con interventi mininvasivi (che salvaguardano la fertilità futura), effettuabili in regime ambulatoriale o di day surgery. Lo screening dell’utero, attivo a Palermo in alcuni Distretti, da settembre sarà esteso a tutto il territorio aziendale. Screening del colon-retto Nella sua fase iniziale, questo tumore dà pochi sintomi. Nel 90 per cento dei casi, è preceduto da una lesione benigna, il polipo adenomatoso, la cui rimozione elimina il rischio di tumore in quella sede. La trasformazione del polipo in tumore invasivo è un processo molto lungo, per cui l’esecuzione periodica dello screening consente di prevenire la malattia. Il test raccomandato in Sicilia è la ricerca del sangue occulto nelle feci. In caso di esito negativo, si viene richiamati dopo 2 anni. Nei soggetti positivi al test, si esegue una colonscopia che consente una diagnosi certa e, in caso di polipi, la loro asportazione. Lo screening che, dopo una fase pilota in due Distretti, sta per essere avviato dall’Asp di Palermo, prevede l’invio, a domicilio, di una lettera in cui si invita l’utente a ritirare la provetta per eseguire a casa il test ed a riconsegnarlo per la lettura. Per approfondimenti, è consigliabile consultare il proprio medico di famiglia. Maggiori informazioni su www.asppalermo.org. AZ SALUTE Colpisce ogni anno nel mondo 230 mila donne Tumore ovarico avanzato Aumenta la sopravvivenza S di Monica Diliberti Hal Barron Nicoletta Colombo I risultati di uno studio su 1.873 donne con carcinoma alle ovaie avanzato trattate con l’anticorpo monoclonale bevacizumab 16 ono 230 mila nel mondo le donne che, ogni anno, ricevono una diagnosi di carcinoma ovarico, il sesto per frequenza nella popolazione femminile e l’ottava causa di morte per tumore. Quello ovarico è un tumore infido che non dà sintomi per molto tempo e, quando questi si presentano, sono aspecifici, comuni a diverse malattie, cosa che può ritardare – anche di parecchio – la diagnosi. Nonostante la sua aggressività e una mortalità piuttosto elevata (circa 140 mila donne all’anno), per le pazienti arriva un’ottima notizia che riguarda le terapie. Durante il 46° Congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), sono stati presentati i promettenti risultati di uno studio su bevacizumab, un anticorpo monoclonale che si è dimostrato in grado di allungare la sopravvivenza. Lo studio GOG 0218, realizzato da un network di ricercatori guidati dal Gynecologic Oncology Group, è stato condotto su 1.873 donne che presentavano un tumore ovarico avanzato precedentemente non trattato e che erano state sottoposte ad un intervento chirurgico per asportare la massa tumorale. Coloro che hanno ricevuto il trattamento con bevacizumab in combinazione con la chemioterapia tradizionale, seguito da una terapia di mantenimento (fino a 15 mesi) con il solo anticorpo monoclonale, hanno avuto il 39 per cento in più di sopravvivenza senza progressione della malattia (14,1 mesi), rispetto alle pazienti trattate con la sola chemio (10,3). «Questi risultati possono rappresentare un importante passo in avanti per le donne che hanno bisogno di ulteriori opzioni di trattamento», commenta il dottore Robert Burger, ricercatore dello studio e direttore del Women’s Cancer Center al Fox Chase Cancer Center di Philadelphia. «Ci sentiamo molto incoraggiati – dice il dottore Hal Barron, Head of Global Development and Chief Medical Officer di Roche – perché, negli ultimi 10 anni, ci sono stati pochissimi miglioramenti per le donne con questa malattia. Bevacizumab ha aiutato le pazienti a vivere più a lungo senza che la patologia progredisse». Come accennato, i sintomi del tumore ovarico sono molto generici: dolori e gonfiore addominali, irregolarità intestinale, difficoltà digestive, pesantezza dopo i pasti. Successivamente, possono comparire perdita di appetito, nausea e aumento di volume dell’addome dovuto ad ascite addominale, un accumulo di liquido peritoneale. «Purtroppo – afferma la professoressa Nicoletta Colombo, direttore dell’Unità di Ginecologia oncologica medica all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano – nella maggioranza dei casi il carcinoma ovarico viene diagnosticato quando è già in stadio avanzato, quando ha già lasciato l’organo primitivo e si è diffuso anche a livello della cavità peritoneale e addominale». Le opzioni terapeutiche prevedono l’intervento chirurgico e la chemioterapia. Fortunatamente, il carcinoma ovarico è un tipo di tumore particolarmente sensibile alla chemio e, nella maggior parte dei casi, si ottiene un risultato soddisfacente. Ma c’è un rovescio della medaglia. «A fronte del 70-80 per cento di pazienti che hanno una buona risposta alla chemioterapia – continua la professoressa Colombo – il carcinoma ovarico si caratterizza anche per una tendenza a recidivare. Uno dei problemi non è tanto la risposta iniziale, ma il fatto che, dopo un certo periodo, in circa il 70 per cento delle pazienti, il tumore si ripresenta». Ecco quindi l’importanza della ricerca su bevacizumab. «Negli ultimi anni – dice la Colombo – c’è stata grande attenzione nel cercare di identificare i farmaci che potessero ritardare la recidiva del carcinoma ovarico. Lo studio GOG 0218 si basa sul presupposto che bevacizumab possa svolgere questo ruolo di prolungamento dell’intervallo libero da malattia». Bevacizumab è un farmaco anti-angiogenetico, ovvero aiuta a bloccare la crescita tumorale. È stato approvato, per la prima volta, nel 2004 per il trattamento del carcinoma del colon-retto avanzato. Oggi, è impiegato per la cura di diversi tumori. SALUTE AZ Il rapporto tra mass media e salute Quello zibaldone alimentare tra ambiente, diete, religioni P lora reali, spesso immaginarie o irrazionali. A tutto ciò si aggiungono le mirabolanti promesse di integratori naturali, che prevengono e curano, sulla base di illusorie promesse, propagandate da Internet e sul Web: granuli, compresse, pappe, sciroppi, gocce, tavolette capaci di sostituire la scienza di Ippocrate. Ginseng e ginkgo-biloba per prevenire i tumori; camomilla contro i diverticoli; noci contro l’impotenza e a favore della funzione erettile; aglio contro il diabete. L’ultima moda – che deriva dalla pervasiva paura, vera e propria ossessione irrazionale, su contaminazioni, inquinamenti, ingredienti impuri, allergie, intossicazioni – promuove gli alimenti Kosher e halal, cioè ebrei e musulmani, definiti “cibo della Bibbia”. Tale alimentazione prevede: macellazione rituale; estrazione di tutto il sangue della carne e latte; assenza di carne di maiale. Sono cibi Kosher, che significa “permessi”: ruminanti con zoccolo spaccato; sono leciti bovini e ovini, ma non suini ed equidi; permessi anche pollame, tacchino, oca, anatra, nonché pesci con pinne e squame. Vietati frutti di mare, anguilla, storione, squalo. Il cibo Kosher viene ritenuto alimento sicuro, messo in vendita dopo controlli accuratissimi. In buona sostanza espressione di purezza. Su queste basi, negli Stati Uniti, il 40 per cento di tutti i cibi in circolazione è Kosher. Dati imponenti se si considera che gli ebrei degli USA sono solo il 2 per cento. In Italia ci limitano ancora ai carciofi “alla giudìa”. Da noi la moda, che quasi sempre diviene condizionamento sociale, è ancora poco diffusa, tranne che per la cucina cinese o giapponese: involtini primavera, spaghettini fritti, sushi, sashimi. Ma in ogni caso queste ondivaghe preferenze in voga non rappresentano una coscienza nutrizionale. Ma non è improbabile che in quest’epoca – definita laica e secolare – ritorneremo alla Bibbia, almeno per alimentarci. di Adelfio Elio Cardinale Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Palermo OSSERVATORIO remessa. Gli abitanti della terra aumentano di 80 milioni di persone all’anno. Questo dato comporta che, ogni giorno, gli agricoltori di tutto il mondo devono nutrire 216.000 persone in più del giorno precedente. Per contro – si stenta a crederci – ogni giorno gli italiani buttano nella spazzatura 4.000 tonnellate di alimenti non utilizzati; vale a dire 6 milioni in un anno! Questa quantità potrebbe soddisfare i bisogni alimentari di tre quarti dei cittadini italiani per un anno. Ma ancor più alto è lo spreco in Gran Bretagna, Spagna, Svezia, per arrivare agli Stati Uniti ove si butta circa il 40 per cento degli alimenti acquistati. Come non rimpiangere, con amara nostalgia, l’austera sobrietà delle famiglie dei decenni trascorsi, che insegnavano che il pane è sacro; con i padri che invitavano a reimpiegarlo il giorno successivo e le mamme che baciavano lo sfilatino o la michetta caduti per terra, quasi una riparazione a un simbolo divino maltrattato. A questa opulenza dissipatrice corrisponde una ingravescente fame e malnutrizione nel mondo: per individualismo nell’affrontare i problemi, per il fallimento del mercato con squilibri sociali, per ignoranza dell’efficienza. Tutto questo ha un costo in termini ambientali, con distruzione dei sistemi di sostegno naturale: pascoli, foreste, aria, suolo, mari e fiumi. Per quanto riguarda il ricco e sibaritico mondo occidentale i problemi sono essenzialmente due: le malattie secondarie alle sempre più diffuse crapule; la sicurezza alimentare. L’obesità nel mondo industriale diverrà una vera e propria epidemia. L’Oms – Organizzazione mondiale della sanità – prevede che, entro il 2015, nel mondo vi saranno oltre 1 miliardo e mezzo di obesi. Il dramma è che a questi “grassoni” si contrappongono già oggi 850 milioni di persone che soffrono la fame o denutriti. Abbiamo già segnalato (AZ Salute, febbraio 2010) i mali tipici conseguenti: diabete, infarto, ictus, tumori. Il 30 per cento delle neoplasie è collegato alla tavola imbandita con cibi pericolosi o smoderatamente assunti. Si fa riferimento, in particolare, al junk-food o cibo spazzatura, al fast-food, ai molti panini “chuf-chuf”. All’errata alimentazione seguono pittoresche diete fai-da-te, che provocano solo l’“effetto yo-yo”, con veloce riacquisizione del peso originario. La sicurezza alimentare – spesso giustificata da inquinamenti di metalli pesanti, pesticidi, metodi di allevamento – è divenuta quasi un’ossessione con paure ta- È necessaria, da parte degli organi di stampa, una comunicazione educativa, semplice e comprensibile 17 AZ SALUTE CHECK-UP PER UN VIP ELEONORA DUSE La pallida diva del teatro L di Luciano Sterpellone a leggenda insiste nel voler far nascere Eleonora Duse – la grande diva dell’inizio del XX secolo – in un vagone di terza classe durante uno dei tanti peregrinaggi in provincia della traballante compagnia del padre Alessandro. In realtà, la bambina è messa al mondo (il 3 ottobre 1858) in una piccola locanda di Vigevano, allora soggetta all’Austria. Anche da bimba, Eleonora riesce ad essere “grande”. A 4 anni, per la prima volta, figura a lettere cubitali sulle locandine della “Comica Compagnia Fratelli Duse”, esordendo nella parte di Cosetta in una riduzione de I Miserabili di Victor Hugo: prende talmente sul serio la parte che, quando secondo il copione la maltrattano, “si mette così bene a piangere che il pubblico si alza in delirio”. Le spiegheranno che è tutto uno scherzo: ma lei dice di non capire come ci si possa divertire facendo del male anche “per scherzo”. La bambina cresce esile, gracile, smunta; anche per lei è difficile poter raggiungere il successo recitando su palcoscenici sgangherati, magari “dinanzi a nemmeno dieci spettatori”. Presto, riuscirà a conquistare il pubblico. A dodici anni, sostituendo la madre morta di tubercolosi, interpreta a Verona Giulietta e Romeo e “quando nell’ultima scena ricaddi sul corpo di Romeo, la folla urlò nell’ombra con tanta veemenza che io mi sbigottii. Il mio viso doveva avere il colore della morte”. Ma la tubercolosi – allora “la malattia del secolo” – non risparmia nemmeno lei. Il giorno di Natale del 1884 (l’attrice ha ormai 26 anni), un’abbondante emottisi rivela la triste realtà. E, senza mezzi termini, il medico dice ai presenti che tornerà “solo per compilare il certificato di mor- 18 te” e che, intanto, possono pure cominciare a recitare il De profundis. Dopo qualche giorno, rimangono tutti attoniti nel vedere la ragazza riprendersi come per miracolo, sollevarsi nel letto e chiedere, con disinvoltura, a che punto si è con le prove della Denise, di Dumas. “Riprendiamo domani – dice poi sorridendo – quanto a morire, morirò dopo”. Alla “prima”, il pubblico non manca di accorgersi che sta soffrendo: pallida come un cadavere, ansimante, piegata per l’affanno e la tosse, quasi recitando in un sogno, in una sorta di ipnosi interiore. Solo i suoi occhi sono vivi, espressivi, “così grandi da riempire tutta la scena”. Di lei risalta soprattutto la doppia personalità: tenera o superba, attraente o scostante, radiosa o malinconica, vivacissima o statuaria, mostra allo stesso tempo un’insolita sicurezza. I successi saranno strepitosi, in tutto il mondo, ma non gioveranno certo alla sua salute: la lunga tournée in Russia e negli Stati Uniti sarà costellata di ricadute, febbri, accessi di tosse, emottisi, crisi di depressione e di panico. A 50 anni, l’attrice appare una donna decisamente stanca, pallida, esausta, il corpo scheletrico, le guance smunte, gli occhi infossati, sempre più miopi e tristi. Nel 1919, subito dopo la fine della I guerra mondiale, le prime sale cinematografiche cominciano a riempirsi di spettatori pronti a versare lacrime dinanzi a struggenti scene d’amore, a fatali donne scarmigliate, a passionali bellimbusti impomatati che sfidano draghi fumanti per salvare la bella. Allora i produttori italiani si dicono: “Qui ci vuole la Duse!”. E la convincono, a suon di denaro, a interpretare un film “strappacuore” dal titolo Cenere... Ma sarà un grosso fiasco. Una cosa è il teatro, un’altra il cinema. La Duse si consola con un nuovo appetitoso contratto per i teatri degli Stati Uniti e arriva a New York accolta da una folla osannante: i telegrammi di auguri sono così tanti che tappezzeranno le stanze della sua suite al Majestic Hotel. Ma il suo destino è ormai segnato: negli anni, il bacillo di Koch ha reiterato i suoi attacchi indebolendola ulteriormente e, proprio a New York, si riacuisce una forma di malaria che aveva contratto in Italia. Il chinino riesce soltanto a farla diventare sorda. La situazione precipita e, alle 2 di notte di lunedì 21 aprile 1924, Eleonora Duse muore lontana dalla patria, sola in una stanza d’albergo. La sua salma verrà riportata in Italia a spese del governo italiano, a bordo della nave Duilio, avvolta nel tricolore. Nelle acque di Gibilterra, le imbarcazioni in transito accompagnano il triste ritorno della grande attrice, lanciando l’ultimo applauso con i mesti ululati delle sirene. Innovazione e responsabilità, al servizio del paziente Leader mondiale nell’area della salute, Novartis è fortemente impegnata nella ricerca e nello sviluppo di farmaci e soluzioni d’avanguardia per curare le malattie, ridurre il carico delle sofferenze e migliorare la qualità di vita delle persone. Con l’obiettivo prioritario di soddisfare i bisogni dei pazienti, rispettando le attese e i diritti di tutti i suoi interlocutori, Novartis si adopera per gestire le proprie attività in modo sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico. Attraverso il suo costante orientamento all’innovazione e il suo approccio responsabile alle esigenze della salute, Novartis è un punto di riferimento affidabile per milioni di persone, in Italia e nel mondo. www.novartis.it AZ SALUTE In associazione con la chemioterapia Mieloma multiplo di nuova diagnosi Un farmaco per vivere più a lungo S Nei pazienti trattati con acido zoledronico, la sopravvivenza globale è aumentata del 16 per cento. Benefici anche nel tumore della mammella ormono-sensibile 20 i chiama acido zoledronico, appartiene alla classe dei bisfosfonati e si è dimostrato un’arma importante per la lotta contro il mieloma multiplo di nuova diagnosi. Lo confermano alcuni recenti dati, presentati a Chicago nel corso dell’ultimo meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO). I risultati, provenienti da uno studio di fase III (sperimentazione su un ampio numero di persone), dimostrano che il trattamento con acido zoledronico, associato alla chemioterapia di prima linea, è più efficace rispetto alla terapia con clodronato orale. Vediamo in dettaglio. Lo studio Mieloma IX ha arruolato 1.960 pazienti del Regno Unito con mieloma multiplo di nuova diagnosi e di stadio I, II e III. L’obiettivo era confrontare la loro risposta all’acido zoledronico rispetto al clodronato orale. In particolare, la ricerca si è concentrata sull’impatto del trattamento sulla malattia ossea e sulla sopravvivenza. Dopo 3,7 anni, in chi aveva assunto l’acido zoledronico il rischio di morte si era ridotto del 16 per cento, mentre era aumentata (del 12 per cento) la sopravvivenza libera da progressione della malattia. Questo studio ha inoltre confermato l’alta tollerabilità del farmaco, anche se il suo impiego è stato associato a casi di insufficienza renale e di osteonecrosi mascellare. Ma c’è dell’altro. Nello studio, rispetto a clodronato, l’acido zoledronico ha ridotto del 24 per cento il rischio di effetti collaterali a danno dell’apparato scheletrico, quali fratture, schiacciamenti vertebrali, ipercalcemia neoplastica. Il farmaco è approvato in oltre cento Paesi per ridurre o ritardare le complicanze ossee del mieloma multiplo e di una vasta gamma di tumori metastatici (alla mammella, alla prostata, al polmone e altri tumori solidi) che interessano le ossa. Inoltre, si è dimostrato efficace per la cura dell’ipercalcemia maligna. Si tratta del bisfosfonato più largamente impiegato in oncologia: sono circa tre milioni e mezzo i pazienti trattati in tutto il mondo. «Per la prima volta – afferma il dottore Evangelos Terpos, del Department of Clinical Therapeutics/Oncology Division della facoltà di Medicina dell’università di Atene – abbiamo osservato, in un ampio studio indipendente di fase III, che l’aggiunta di acido zoledronico alla chemioterapia migliora in modo significativo la sopravvivenza dei pazienti con mieloma multiplo. Questi dati suggeriscono che l’acido zoledronico ha le potenzialità per aiutare i pazienti a vivere più a lungo». Altri dati, presentati sempre a Chicago, si riferiscono ad alcuni riscontri a 5 anni dello studio Austrian Breast & Colorectal Cancer Study Group-12 (ABCSG-12), condotto su 1.803 donne: l’acido zoledronico, somministrato in associazione alla terapia ormonale post chirurgica, ha prolungato la sopravvivenza libera da malattia del 32 per cento nelle donne in premenopausa con carcinoma mammario ormono-sensibile allo stadio precoce. Le conclusioni confermano i risultati iniziali dello studio presentati all’ASCO del 2008. «Questi dati a 5 anni – commenta il professore Michael Gnant, principale ricercatore e docente di Chirurgia all’università di Vienna – sono entusiasmanti per oncologi e pazienti poiché confermano che l’aggiunta di acido zoledronico al regime terapeutico ormonale post operatorio può ridurre il rischio di recidiva. Se approvato per questa indicazione, l’acido zoledronico, associato alla terapia ormonale post operatoria, potrà offrire alle pazienti con carcinoma mammario allo stadio precoce l’opportunità di diminuire ulteriormente il pericolo di recidiva». www.azsalute.it AZ SALUTE Per contrastare i sierotipi emergenti Ecco il vaccino 13-valente contro le infezioni da pneumococco di Manuela Campanelli Carlo Signorelli Nicola Principi Complice l’impiego non razionale degli antibiotici nell’aumento di nuovi ceppi del pericoloso batterio 22 O ggi, esiste un’arma più efficace per combattere le pericolose infezioni causate dallo Streptococcus pneumoniae, comunemente detto pneumococco. D’ora in poi, i genitori possono decidere di sottoporre i propri figli al vaccino 13-valente – un’estensione del precedente 7-valente – che contiene 13 sierotipi scelti tra i principali responsabili del maggior numero di malattie da pneumococco, per esempio otiti, polmoniti, meningiti, ed è in grado di proteggere da queste patologie nell’85-90 per cento dei casi. «Di un vaccino con queste caratteristiche c’era davvero bisogno, soprattutto perché l’attuale scenario epidemiologico è cambiato», sottolinea il professore Carlo Signorelli, direttore della scuola di specializzazione in Igiene e Medicina dell’università di Parma e vicepresidente della Società Italiana d’Igiene (SitI). «Se le patologie pneumococciche si sono ridotte di numero – dice il professore Signorelli – la prevalenza dei sierotipi non vaccinali sta aumentando, complice anche l’impiego non razionale degli antibiotici». è come se i batteri giocassero a “guardie e ladri” con i farmaci somministrati per debellarli: cercano di difendersi, di mettere a punto resistenze che permettono di sfuggire alla loro azione. In questo modo, si espandono i sierotipi che non sono contrastati da un vaccino. Tra questi, il 19A, in grado di colonizzare e di causare il 36 per cento delle infezioni pneumococciche nei bambini di età inferiore ai 5 anni: di anno in anno, fa registrare un incremento progressivo della sua presenza e della sua resistenza ai più comuni antibiotici. Il bersaglio: lo pneumococco L’innovativo vaccino 13-valente dà dunque una copertura aggiornata contro lo pneumococco che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), provoca un milione e 600 mila decessi infantili all’anno. In Italia, la situazione non è meno allarmante. Su un milione di otiti e su diverse decine di migliaia di polmoniti registrati in un anno, il 30 per cento circa è causato dal pericoloso batterio. Le infezioni che determina possono la- sciare segni permanenti e, comunque, comportano una sequela di visite mediche, di prescrizione di farmaci e, in molti casi, il ricovero ospedaliero. I bambini nei primi due o tre anni di vita sono i più colpiti, seguiti dagli anziani. Ma come fanno questi batteri a propagarsi? Colonizzano il naso e la faringe dei soggetti sani senza dare, il più delle volte, alcun sintomo. «Se un bambino non è vaccinato, nel 40 per cento dei casi, ha questi batteri nel cavo nasale e li dissemina nell’ambiente con il muco nasale, con il respiro e, indirettamente, con le mani e la saliva. Tanto più il piccolo è in salute, più è portatore sano di pneumococchi», spiega il professore Nicola Principi, direttore della I Clinica pediatrica dell’Università degli Studi di Milano. Il vaccino 13-valente elimina questo stato di portatore sano che favorisce il contagio e la propagazione delle infezioni pneumococciche: somministrandolo a soggetti in tenera età, fa abbassare la circolazione del batterio nella popolazione e, indirettamente, protegge anche gli anziani. Chi lo deve eseguire La raccomandazione è di sottoporre i bambini più piccoli al vaccino 13-valente che prevede la somministrazione di tre dosi a 3, 5 e 11 mesi d’età. Ma quei piccoli che hanno già iniziato a immunizzarsi contro lo pneumococco con il vaccino precedente, il 7-valente, possono continuare con il 13-valente oppure no? «Assolutamente sì – rassicura Nicola Principi –. Avendo dimostrato pari sicurezza, tollerabilità ed efficacia rispetto al 7-valente, il nuovo vaccino può essere somministrato in qualunque momento della scheda vaccinale». Un bambino può, per esempio, proseguire con il 13-valente se ha già fatto una o due dosi di 7valente e può ricevere una quarta dose aggiuntiva con il 13-valente fino ai due anni d’età, se ha completato l’intero ciclo con il vaccino 7-valente nel primo anno di vita. I bambini più a rischio di contrarre un’infezione pneumococcica possono effettuare questa stessa dose aggiuntiva dal 2° al 5° anno d’età per ampliare la difesa immunitaria contro le infezioni causate dai nuovi sierotipi. SALUTE AZ Per le forme definite “non a piccole cellule” Progressi nel tumore al polmone Ma non per chi è fumatore È ormai evidente che ai farmaci di sintesi, sinora impiegati in terapia medica, stanno lentamente subentrando i cosiddetti biologici, dotati di una maggiore efficacia e sicurezza. L’ultima novità in questo campo viene dalla “Conferenza Italiana sull’Oncologia Toracica”, tenutasi di recente a Roma, nella quale sono stati presentati gli incoraggianti risultati di un’ampia ricerca policentrica (40 centri spagnoli, 20 francesi e 10 italiani), condotta su 760 malati di carcinoma del polmone non a piccole cellule, con l’impiego di una nuova molecola biologica, getinifib. Ma sarebbe imprudente cantare vittoria. Come ogni nuovo metodo, anche questo ha le sue limitazioni, principalmente legate alla natura del tumore: il nuovo farmaco agisce, infatti, soltanto nel 10-15 per cento dei malati (comunque una cifra elevata se si considera il milione e duecento mila casi di tumore polmonare nel mondo e i quaranta mila in Italia): più in particolare, solo in quelle forme tumorali definite “non a piccole cellule” e che presentano determinate mutazioni genetiche. E qui arriva la doccia fredda per chi fuma: tali mutazioni (che rendono le cellule tumorali sensibili alla nuova molecola), non si riscontrano nei fumatori. Per loro, il trattamento risulta quindi inefficace. Altra ragione questa per abbandonare la sigaretta. Come si sa, le neoplasie polmonari sono considerate tra le forme tumorali più gravi, sia per la loro invasività sia per il rapido decorso. Le cause sono le più diverse (fattori genetici, inquinamento ambientale, sostanze chimiche), ma su tutte prevale come frequenza il fumo di sigaretta, sia attivo sia passivo. E anche quando non è direttamente responsabile del tumore, esso predispone in modo determinate al suo sviluppo. Ciò significa che, nella maggior parte dei casi, è possibile evitare in qualche misura che tali fattori – in primo luogo il fumo – agiscano sui nostri polmoni. Per avere un’idea dei danni provocati dal tabacco, basta pensare che mentre per annullare i suoi effetti sul cuore e sui vasi sanguigni occorrono 3-5 anni di astinenza totale, per quelli sui polmoni ne occorrono 10-15, e soltanto se si smette di fumare prima dei 35 anni. Quindi, la di Luciano Sterpellone prima saggia decisione per chi fuma (soprattutto i giovani) è abbandonare immediatamente il dannoso vizio. Molto più che in altre forme di tumore, la chemioterapia del cancro polmonare (a parte i benefici – per lo più solo temporanei – che può dare), comporta purtroppo diversi inconvenienti che compromettono profondamente le condizioni fisiche del paziente (disturbi gastrointestinali, astenia, anemia, caduta dei capelli). Per di più, la maggior parte degli antitumorali oggi in uso agisce in modo indiscriminato sia sulle cellule sane sia su quelle malate. A questo proposito, arrivano buone notizie. Ci si rivolge, come accennato, a farmaci di diversa concezione come i cosiddetti biologici, nel caso specifico alla nuova molecola, gefinitib: una vera “arma intelligente” perché agisce unicamente sulle cellule tumorali posizionandosi sulla loro “porta d’ingresso” e impedendo ai “fattori di crescita” (che favoriscono la loro proliferazione e la conseguente formazione di metastasi) di penetrarvi. Per il trattamento, basta una pillola al giorno, senza più bisogno di flebo o endovena: ma, ovviamente, sono sempre Un farmaco necessarie l’indicazione e la stretta sorveglianza biologico si è dell’oncologo. dimostrato efficace I dati comunicati nella conferenza di Roma evidenziano che, in un’alta percentuale di casi, il soltanto in caso tumore così trattato regredisce, consentendo un di particolari netto prolungamento del tempo di sopravvivenza mutazioni e una soddisfacente qualità di vita. genetiche che Esistono buone speranze di poter ampliare nelnon si riscontrano l’immediato futuro le indicazioni di questo promettente farmaco biologico, anche in attesa di in chi fuma un nuovo composto (già annunciato), chiamato crizotinib. 23 AZ SALUTE Colpisce Grazie ogni all’uso anno nel precoce mondo di infliximab 230 mila donne Svolta per il morbo di Crohn Un farmaco riesce a fermarlo C di Giulio Francese Alessandro Armuzzi Silvio Danese Un recente studio dimostra che, nel 70 per cento dei casi, la terapia porta alla guarigione della mucosa intestinale 24 ome un puzzle. Una sfida lunga e difficile per mettere a posto tutte le “tessere” nel posto giusto e avere un quadro chiaro della malattia o morbo di Crohn, patologia infiammatoria dell’intestino poco conosciuta, ma fortemente invalidante e che incide pesantemente sulla qualità di vita dei pazienti. Si manifesta con sintomi come diarrea ricorrente, dolori addominali, febbricola, calo di peso inspiegabile, stanchezza e, talvolta, anche ulcere, fistole perianali e addominali. Insorge in una fase assai precoce, colpisce i bambini di tutte le età (anche durante l’adolescenza) e, in particolare, i giovani adulti, tra i 20 ed i 30 anni. In Italia, si stima che a soffrire di una malattia infiammatoria cronica, includendo tra queste anche la colite ulcerosa, siano circa 120 mila persone e che, ogni anno, vengano poste circa 2 mila nuove diagnosi di malattia di Crohn. Numeri approssimativi perché non è ancora disponibile un registro delle persone affette da questa patologia. Un mondo “sotterraneo” di cui si parla poco perché, trattandosi di una malattia intestinale, crea imbarazzo, si tende a tenerla nascosta, viene vissuta nel silenzio. Ma oggi, in questa oscurità, brilla una nuova luce che accende concretamente la speranza di sconfiggere la malattia. Il puzzle si arricchisce di una nuova “tessera” che cambia le prospettive. Non è la fine dell’incubo, nel senso che la patologia non scompare, ma si può arrivare alla sua remissione e alla guarigione della mucosa intestinale, cambiando radicalmente la qualità di vita di chi soffre del morbo di Crohn. Una svolta dovuta ai farmaci biotecnologici che sembrano, finora, gli unici in grado di intervenire non solo sui sintomi, ma anche sulla progressione della malattia. La conferma arriva da un importante studio, denominato SONIC (Study of Biologic and Immunomodulator Naive Patients in Crohn’s), pubblicato recentemente sul prestigioso New England Journal of Medicine. I dati emersi parlano chiaro: l’uso precoce della terapia biologica con infliximab, da solo o in combinazione con l’immunosoppressore azatioprina, ha condotto, nel 70 per cento, dei casi a guarigione della mucosa e a remissione della malattia. Non si guarisce, ma grazie a questo farmaco la patologia si può arrestare. «Fino ad ora – spiega il professore Alessandro Armuzzi, dirigente di I livello all’Unità operativa complessa di Medicina interna e gastroenterologia, Complesso integrato Columbus, Università Cattolica di Roma – il paziente veniva sottoposto a terapie tradizionali con farmaci steroidei, in pratica il cortisone. Se questa azione terapeutica non dava risultati, il medico ricorreva agli immunosoppressori, come le tiopurine, azatioprina o la 6-mercaptopurina. In caso di ulteriore fallimento, entrava in scena infliximab. Sapevamo che è un farmaco biologico efficace e sicuro, ma solo in terza battuta. Ora, alla luce dello studio Sonic, possiamo subito intervenire con infliximab, dopo la constatazione che gli steroidi hanno mancato il bersaglio, anche in associazione con azatioprina». «La malattia di Crohn – dice il dottore Silvio Danese, responsabile del Centro per la ricerca e la cura delle malattie infiammatorie croniche intestinali all’IRCCS-Istituto Humanitas di Rozzano (Milano) – ha il suo maggior alleato nel tempo: ogni giorno trascorso senza combatterla efficacemente comporta una nuova lesione, una nuova complicazione, un nuovo danno. Lo studio SONIC ha dimostrato che la malattia si può e si deve fermare, cambiando l’approccio terapeutico. Fino a ieri, potevamo contare sui biologici solo dopo avere trattato il paziente con i farmaci tradizionali. Ora, abbiamo capito che lo steroide va utilizzato soltanto all’inizio e il meno possibile perché produce molti effetti collaterali, quali cataratta, diabete, ipertensione, osteoporosi, e che bisogna intervenire il prima possibile con farmaci biologici come infliximab, che hanno dimostrato di essere in grado di modificare la storia della malattia, non solo trattando il sintomo, ma agendo sulla sua progressione». «Remissione della malattia e guarigione della mucosa – conclude Danese – sono due risultati importantissimi per il paziente. Ma anche per il Servizio Sanitario Nazionale: si riduce il ricorso alla chirurgia, si riducono i relativi ricoveri ospedalieri, le visite, gli esami». Tutto il giorno, tutti i giorni. Anche ad agosto Il Web, si sa, non va in ferie e neanche il sito www.azsalute.it il portale che ha saputo conquistarsi un posto importante nel panorama dell’informazione medica e sanitaria, grazie alla forza dei suoi contenuti, dei contributi degli esperti e dei medici e ad un crescente numero di internauti che possono visitarlo gratuitamente 24 ore su 24. salute quotidiana AZ SALUTE Le segnalazioni a Cittadinanzattiva Sicilia Eccessivi tempi di attesa per la diagnostica strumentale L iste di attesa, invalidità civile, carenza di informazioni e presunti errori diagnostici e terapeutici sono i temi che più frequentemente, nel corso dell’ultimo anno, sono stati sottoposti all’attenzione di Cittadinanzattiva Sicilia. Dalle segnalazioni pervenute al servizio di ascolto offerto dal movimento per la tutela dei diritti dei cittadini, emergono soprattutto gli eccessivi tempi di attesa per le principali prestazioni di diagnostica strumentale (TAC, RMN, mammografia, ecografia etc.) e l’eccessiva lungaggine delle procedure attinenti la richiesta e il riconoscimento di invalidità civile. Numerose anche le richieste di informazioni e le segnalazioni aventi per oggetto presunti errori di diagnosi e terapia commessi all’interno degli ospedali siciliani. Sono questi alcuni dei dati contenuti nella Relazione PIT (Piano Integrato di Tutela) elaborata da Cittadinanzattiva Sicilia e presentata a Catania nella sede dell’Ispasa (Istituto siciliano di psicologia applicata e di scienze antropologiche). Il rapporto rappresenta il momento conclusivo del progetto “La Tutela Integrata dei diritti in Sicilia”, realizzato da Cittadinanzattiva Sicilia nell’ambito del programma generale di intervento della Regione Siciliana, Giuseppe Greco anno 2009/2010 che ha visto l’attivazione di dieci sportelli PIT distribuiti su tutte le province siciliane. Alle criticità riguardanti l’ambito sanitario si sommano i disservizi registrati dagli utenti nell’ambito dei servizi di pubblica utilità: sul totale dei cittadini che nel corso del 2009 e del 2010 si sono rivolti agli sportelli PIT di Cittadinanzattiva Sicilia per reclamare in tema di pubblica amministrazione e servizi di pubblica utilità, quasi uno Delle lamentele su due ha avuto come motivo un disservizio in tema di dei cittadini telecomunicazioni (26 per cento) o pubblica ammini(17 per cento). siciliani il 67 per strazione Significative anche le segnalazioni riguardanti l’energia cento riguarda elettrica e il gas (12 per cento) e i servizi pubblici locali l’ambito (acqua e rifiuti) pari all’11 per cento. Viceversa – in linea il trend nazionale – in Sicilia i pendolari sembrano orsanitario con mai rassegnati, stanchi perfino di protestare (1 per cento delle segnalazioni riguarda il trasporto ferroviario). Tre i temi ricorrenti individuabili nelle segnalazioni, innanzitutto la violazione del diritto alla scelta dei cit- 26 tadini che si sostanzia negli impedimenti che gli utenti incontrano quando decidono di cambiare il gestore del proprio sevizio (più evidente nei settori delle telecomunicazioni, dell’ energia, dei servizi finanziari e dei servizi assicurativi) e costituisce un vero e proprio ostacolo alla liberalizzazione. In secondo luogo, la scarsa qualità dei servizi offerti, più evidente nei servizi pubblici locali, nella pubblica amministrazione e nei trasporti. Infine, le difficoltà di accesso ai servizi dovute al costo degli stessi, che pesa principalmente in ambiti quali l’energia, i servizi pubblici locali, le banche. Più precisamente, il numero di segnalazioni raccolte dai 10 sportelli PIT siciliani, nel periodo compreso tra il 15 luglio 2009 ed il 30 aprile 2010, ammonta a circa 1.300 (il 67 per cento in ambito sanitario e il 33 per cento dei servizi di pubblica utilità). «I PIT – spiega il segretario di Cittadinanzattiva Sicilia Giuseppe Greco – sono uno strumento di tutela integrale dei cittadini e sviluppano un’azione civica che parte dalla richiesta di servizi rispondenti ai bisogni del cittadino e si conclude con il raggiungimento dell’obiettivo di giustizia: risarcimento del danno, chiarezza nelle proposte di contratto, piena partecipazione alle scelte delle politiche sociali». «Le stesse istituzioni – continua Greco – possono prendere esempio dalle caratteristiche dell’ascolto civico, della presa in carico del problema del cittadino, dall’accompagnamento lungo un percorso che spesso ha visto soccombere le persone di fronte alle complicazioni burocratiche e alle procedure incomprensibili». Nel corso dell’esperienza di quest’anno, sono stati contattati studenti e docenti delle scuole, enti di promozione sociale, associazioni socio-sanitarie e ambientaliste, con i quali sono stati creati rapporti di collaborazione socio-culturale per sostenere la politica dei consumatori e la loro partecipazione alle scelte di politica sociale. «Cittadinanzattiva – conclude il segretario regionale – che nella sua ultratrentennale esperienza di movimento di tutela dei diritti dei cittadini-utenticonsumatori ha avuto particolarmente a cuore il buon funzionamento delle istituzioni, sta partecipando attivamente a iniziative per la pubblicizzazione dell’acqua, per il riordino del sistema degli ATO (gestione e smaltimento dei rifiuti, processi per la valorizzazione delle risorse, etc.) e per un modello di sviluppo sociale, economico e politicoculturale rispettoso dell’ambiente e della sua salvaguardia». SALUTE AZ Da poco disponibile anche in Italia Un collirio senza conservanti per curare al meglio il glaucoma A rriva in Italia il primo collirio senza conservanti, a base di prostaglandina, per il trattamento del glaucoma e dell’ipertensione oculare. Con il termine glaucoma, si intende un ampio gruppo di malattie oculari, caratterizzate da un danno – irreversibile e progressivo – alla porzione intraoculare del nervo ottico (la cosiddetta papilla ottica), il nervo che trasmette le immagini dall’occhio al cervello. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è una delle principali cause di disabilità visiva nel mondo occidentale e interessa circa il 2 per cento della popolazione generale, con una prevalenza che aumenta con l’età: ne sarebbe affetto oltre il 6 per cento degli anziani di età superiore ai 70 anni. «In Italia – dice il professore Roberto Carassa, direttore del Centro Italiano Glaucoma di Milano e presidente dell’Associazione Italiana Prevenzione Glaucoma Onlus – si stima che quasi 800 mila persone ne siano affette, ma si calcola che circa la metà – ed è il dato più allarmante – non ne sia a conoscenza poiché la malattia è, nella maggior parte dei casi, asintomatica. Prevenzione, diagnosi e trattamento precoce sono quindi le parole d’ordine per contrastare la patologia e, in particolare, la sua più grave conseguenza: la cecità». La forma più frequente di glaucoma, quella cosiddetta ad angolo aperto, non dà sintomi e si presenta a partire dai 40 anni d’età. La cura del glaucoma si basa sulla riduzione della pressione interna dell’occhio, cosa che permette di scongiurare il progressivo danneggiamento del nervo ottico ed il peggioramento del campo visivo. Trattandosi di una malattia cronica, la terapia dev’essere costante nel tempo. L’ultimo ritrovato in ambito terapeutico è il collirio senza conservanti, tafluprost, da poco disponibile anche in Italia, che riduce la pressione oculare, aumentando il deflusso dell’umor acqueo. La novità più rilevante consiste nell’assenza di sostanze conservanti, di solito presenti nei colliri tradizionali e che possono provocare intolleranze e allergie molto fastidiose. «L’assenza di conservanti può migliorare la qualità di vita dei pazienti che effettuano terapie croniche con collirio. Chi ha il glaucoma deve instillare quotidianamente farmaci nel sacco congiuntivale. Se il farmaco è meglio tollerato, anche la collaborazione nel seguire la terapia sarà migliore», afferma la dottoressa Marina Papadia del Gruppo italiano di sperimentazione del farmaco alla Clinica oculistica del Dipartimento di Neuroscienze, Oftalmologia e Genetica dell’università di Genova. Il collirio viene somministrato una volta al giorno ed è indicato come monoterapia ai pazienti che possono trarre beneficio da un prodotto senza conservanti, a coloro che hanno risposto in modo insufficiente alla terapia di prima linea e come farmaco aggiuntivo ai beta-bloccanti. Uno studio ha comparato i sintomi oculari legati al trattamento con tafluprost in persone che li avevano accusati durante la terapia con latanoprost. A parità di efficacia in termini di riduzione della pressione intraoculare, tra i pazienti che hanno utilizzato tafluprost si è ridotta la percentuale di chi ha riferito bruciore e dolore pungente. Sono, inoltre, diminuiti sia la sensazione di avere un corpo estraneo nell’occhio o di occhio secco, sia il prurito alle palpebre. Ridotti, infine, del 40 per cento l’arrossamento congiuntivale e l’iperemia (accumulo di sangue). I fattori di rischio Esistono alcuni particolari fattori che aumentano il pericolo di andare incontro a glaucoma. »Età. L’incidenza aumenta con l’avanzare dell’età. Se si è “over 60”, si è sei volte più a rischio di ammalarsi. Dopo i 40 anni, è consigliabile una visita oculistica, soprattutto se compare presbiopia. »Familiarità. Tutti coloro che hanno avuto un familiare affetto dalla patologia devono effettuare frequenti controlli: la malattia è fortemente ereditaria. »Presenza di malattie o assunzione di alcuni farmaci. Il rischio è maggiore se si ha il diabete o la pressione alta. Lo stesso vale se si assume cortisone in qualunque forma. di Monica Diliberti A destra, Roberto Carassa Marina Papadia Tafluprost, a base di prostaglandina, ha aumentato la tollerabilità e l’aderenza alla terapia dei pazienti affetti dalla forma ad angolo aperto della patologia 27 AZ SALUTE Focus sulle associazioni di pazienti SPAZIO PREVENZIONE PER SUPERARE LO shock DI UNA DIAGNOSI DI TUMORE di Minnie Luongo T utto pronto per partire: le agognate ferie estive ci aspettano. Abbiamo fatto la valigia, sistemato le piante, sbrinato il frigorifero… «Quando mi fu comunicata la diagnosi del primo tumore, 22 anni fa, ero proprio in procinto di staccare la spina dal lavoro di insegnante e godermi le vacanze con la mia famiglia – ricorda Gabriella Maggioni, presidente di SPAZIO PREVENZIONE –. Le due esperienze personali di cancro – entrambe al seno – mi hanno cambiato la vita e ho scoperto che la mia situazione era comune a molte persone». Presidente, che cosa intende? «Un tumore, da un giorno all’altro e spesso in modo brutale, ti mette di fronte alla necessità di considerare la morte come parte della vita: un modo di pensare cui, soprattutto noi occidentali, non siamo abituati. Nella nostra mentalità, è ancora radicata l’idea che il tumore sia un male incurabile, mortale. Anzi, questa è in genere la prima cosa cui si pensa quando ci si sente fare una diagnosi di tumore. “Ho un cancro – continuiamo a ripeterci – che mi sta facendo perdere tutto, anche me stessa”. In quei momenti, si ha solo una grande rabbia, senza sapere contro chi e contro cosa, ma forse – ingiustificatamente – contro se stessi, per aver lasciato spazio al cancro. Pensieri che sembra facciano impazzire, togliendo spesso le forze e la lucidità per “organizzare” il proprio percorso di malattia». Cosa è successo dopo la prima reazione? «Continuavo a rimuginare sul fatto che, a 35 anni, ero nel pieno della vita, vicina a traguardi per me importanti, come l’amore, la carriera, la maternità, le amicizie. Avevo mille cose a cui pensare e Gabriella Maggioni da fare, “la giornata dovrebbe durare 40 ore”, mi ripetevo spesso. E poi basta la parola “cancro” e, in un attimo, tutto è solo un sogno che forse non si realizzerà mai. In quel momento, capii, è importante avere qualcuno vicino che ci affianchi o si sostituisca a noi nelle cose pratiche durante un percorso che potrebbe essere lungo, difficile e faticoso. Da queste riflessioni, condivise con altre “compagne di viaggio”, è nata l’idea di costituire SPAZIO PREVENZIONE, un’associazione che offre gli strumenti per diagnosticare con tempestività un’eventuale patologia oncologica – ovviamente, negli ambiti in cui è possibile fare diagnosi precoce, come seno, cute, cavo orale, prostata, ginecologia – e il supporto necessario ai pazienti e ai loro familiari per organizzare e affrontare il percorso di cura». Con quali attività SPAZIO PREVENZIONE raggiunge i suoi obiettivi? «Innanzitutto, con campagne di prevenzione primaria, organizzando incontri e corsi nelle scuole, nei comuni, nelle università della terza età, tutti finalizzati alla promozione dei corretti stili di vita che stanno alla base del ben-essere globale della persona e costituiscono un importante aspetto della prevenzione, non solo oncologica. Saperne di più SPAZIO PREVENZIONE Onlus via Sant’Ambrogio 39, Merate (Lecco) tel. 039/5983902; fax 039/5983906 www.spazioprevenzione.it 28 Con la diagnosi precoce, attraverso visite con specialisti di importanti strutture oncologiche lombarde, intendiamo scoprire il tumore prima che si manifesti con sintomi importanti e, quindi, prima di una sua diffusione che porterebbe ad interventi demolitivi e a terapie devastanti. Con il supporto psicologico, a titolo completamente gratuito, SPAZIO PREVENZIONE segue il paziente prima, durante e dopo l’intervento e le cure. Di queste prestazioni possono usufruire anche i familiari, gli amici e, nel caso di bambini – con il progetto “Dalla parte dei bambini” – pure insegnanti, compagni di classe, squadre sportive. Da qualche anno, siamo riusciti a creare una rete di operatori psicologi con i quali garantiamo il servizio in molte province italiane. Da pochissimo, siamo attivi anche in Sardegna, attraverso delle psicologhe che abbiamo formato con un master alla Scuola di Psicologia dell’Istituto dei Tumori di Milano, grazie ad un contributo della Fondazione Banco di Sardegna». Argomento delicato: come vi finanziate? «Ovviamente, per garantire continuità alle nostre numerose attività, abbiamo bisogno di importanti sostegni finanziari: per l’area di Milano e provincia, per esempio, abbiamo ottenuto contributi dalla Fondazione Cariplo, mentre per altre province ci autofinanziamo con iniziative di raccolta fondi, sia pure con molte difficoltà, specie in questo periodo di crisi generale. Aziende e privati possono aiutarci anche aderendo alle iniziative di SPAZIO PREVENZIONE – bomboniere solidali, regali di Natale, regali aziendali, gadgets vari – attraverso il sito internet www.spaziosolidale. wordpress.com». SALUTE AZ SALUTE DA SFOGLIARE LE MIE SETTE VITE CHIAMANDO CANCRO IL CANCRO di Arianna Zito I l libro del medico-paziente Sergio Audino è un ingorgo di parole, emozioni, volti, citazioni, pillole di medicina. Corre, torna indietro, ripete, ricorda, ammonisce e, soprattutto, racconta anche a se stesso, ripercorrendole, le “sue sette vite”, proprio in Le mie sette vite – Chiamando cancro il cancro (Dario Flaccovio Editore, pagg. 269, € 14,00), libro in cui è palpabile l’urgenza. Tutto ha inizio nei giorni che precedono il Natale del 1999. «Fu in quei giorni che io improvvisamente, ma gradualmente – scrive Audino – cominciai a percepire i primi segni, i primi sintomi che il mio corpo mi inviava per comunicarmi che qualcosa non funzionava più come prima. Dentro di me si era rotto qualcosa, un equilibrio preesistente». Ed è scattato l’allarme. «Trent’anni prima, studiando sui testi universitari di semeiotica medica, ricordo di essere stato particolarmente colpito dalle seguenti definizioni: la salute è il silenzio degli organi e il dolore è un segno di allarme a difesa di organi e apparati». Da medico, non gli fu difficile iniziare il percorso di indagini cliniche e strumentali che lo portò ad ottenere, in tempi brevissimi, il responso. «Per la prima volta nella mia vita – scrive Audino, che è medico chirurgo specializzato in Odontostomatologia – provavo un pressante senso di precarietà. Mi sentivo fragile e vulnerabile. Il referto diagnostico, pur se ancora non esplicito nella sua istologia, per me ebbe lo stesso peso di un bollettino di guerra. L’inversione del ruolo medico-paziente era già avvenuta. Adesso, ero io il paziente». Come scrive nella prefazione il rettore dell’università di Palermo, Roberto Lagalla, «noi medici, in lotta eterna con il nemico, sappiamo quanto sia dura la battaglia, quanto sia coraggiosa la resistenza, quanto sia difficile sperare, quanto sia necessario credere. Essere guerrieri è l’unica speranza, la battaglia l’unica forma di vita». Ed il 4 febbraio del 2000, partendo da quella inversione di ruoli, dalla consapevolezza di essere diventato – suo malgrado – un paziente, Sergio Audino iniziò la sua battaglia contro il cancro. Il suo cancro. Lo dice Gabriella, protagonista di una delle “storie” che il medico-paziente racconta: «La paura non serve a niente, così come non serve a niente evitare di chiamare la realtà col suo nome, trovare giri di parole per non dire cancro, tumore… Non è che se non li pronunci li cancelli». Ed è forse pensando a questa frase che Audino aggiunge il sottotitolo “Chiamando cancro il cancro”. Nella presentazione, Giuseppe Carruba, direttore dell’Unità operativa di Oncologia Sperimentale del Dipartimento oncologico dell’ARNAS-Civico di Palermo, scrive: «Il sottotitolo dell’opera coglie, a mio avviso, il segno e il senso più autentico dell’universo cancro, di un fenomeno biologico che, come tale, è naturale, ma anomalo al tempo stesso. Il cancro fa parte della nostra natura, ne costituisce soltanto uno sviluppo diverso che infrange le regole, sfugge ai controlli, prevarica e sconfina». Sergio Audino le “sette vite” vissute finora le deve alla sua grinta, alla sua voglia di vivere, all’amore per la sua famiglia, alla spiritualità. «In questi momenti della vita – scrive – ti accorgi del vero valore delle piccole-grandi cose, acquisite come stato di fatto, il cui vero sapore viene percepito solo quando ti vengono a mancare e, soprattutto, quando le riconquisti gradualmente. Poche cose ma buone, ben strette nel pugno della tua mano, possibilmente senza lasciarle scappare». In particolare, in questo libro, c’è un concetto che Audino ripete spesso: «Il tempo è prezioso nella fase diagnostica. Il fattore tempo non può e non deve essere ritenuto marginale. Statisticamente, uccide più una diagnosi tardiva che lo stesso tumore». L’autore, con disarmante sincerità, ammette che per lui, essendo medico, non è stato difficile poter effettuare in brevissimo tempo analisi cliniche e strumentali: «Il collega radiologo fu disponibilissimo a prenotarmi immediatamente una risonanza magnetica nucleare». 29 AZ SALUTE PILLOLE di salute INTESA TRA GLAXOSMITHKLINE E APTUIT GlaxoSmithKline e Aptuit hanno presentato l’accordo definitivo per la cessione delle attività di ricerca del centro di Verona. L’intesa consiste nel trasferimento da parte di GSK ad Aptuit di circa 500 addetti alla ricerca e nella concessione d’uso delle infrastrutture di ricerca veronesi. «Si tratta di un’acquisizione strategica che rafforza le competenze scientifiche di Aptuit, consentendole di offrire ai propri clienti un servizio di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci fortemente integrato ed articolato», commenta Tim Tyson, presidente e Chief executive officer di Aptuit. «Ora – dichiara Luc Debruyne, General manager e presidente di GSK Italia – l’azienda tornerà a concentrarsi sul consolidamento e sull’espansione della propria presenza industriale in Italia, a partire dalla ricerca clinica impegnata su 32 nuovi composti e 7 nuove indicazioni per prodotti già registrati». DIABETE, LINAGLIPTIN ABBASSA LA GLICEMIA I risultati degli studi di fase III su linagliptin dimostrano che il farmaco (sperimentale per il diabete mellito di tipo 2) riduce la glicemia in maniera statisticamente significativa e duratura. «Molti pazienti con diabete di tipo 2 in terapia con antidiabetici tradizionali non riescono a raggiungere il controllo glicemico e a mantenerlo nel tempo. A ciò si aggiunge l’aumento del rischio di ipoglicemia riscontrato con alcuni di questi farmaci tradizionali che, a sua volta, incrementa il pericolo di complicanze, tra cui le nefropatie. I dati disponibili ad oggi mostrano che con linagliptin non sarebbero necessari aggiustamenti di dosaggio, cosa che potrebbe rappresentare un grande vantaggio», dichiara il professore 30 Julio Rosenstock, direttore del Centro di Endocrinologia e Diabete di Dallas al Medical City e docente di Clinica Medica alla Medical School dell’università del Texas Southwestern, Dallas. “PROGETTO TEVERE” PER PREVENIRE IL TUMORE AL SENO Il “Progetto Tevere”, nato dalla volontà del centro di ricerca oncologica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, è un progetto di prevenzione primaria dei tumori al seno. L’obiettivo è comprendere se sia possibile diminuire la probabilità di sviluppare un carcinoma mammario e l’insorgenza di malattie cardiovascolari attraverso la somministrazione di un farmaco antidiabetico di diffuso utilizzo: la metformina. Lo studio durerà 5 anni e prevede la partecipazione di volontarie in buona salute, non affette da diabete, da malattie cardiovascolari e che non abbiano mai avuto alcuna diagnosi di tumore maligno. Per partecipare al Progetto Tevere, finanziato dal ministero della Salute, le donne siciliane potranno rivolgersi a due strutture: l’ospedale San Vincenzo di Taormina e l’ARNAS-Civico di Palermo. «Prevediamo – dice la professoressa Paola Muti, direttore scientifico dell’Istituto Regina Elena – il reclutamento di 16 mila donne di età compresa tra i 45 e i 74 anni e una circonferenza addominale superiore o uguale a 80 centimetri totali». FARMACO RIDUCE ALCUNI TUMORI CEREBRALI COLLEGATI ALLA SCLEROSI TUBEROSA I risultati di uno studio di fase II mostrano che everolimus in compresse è il primo farmaco a ridurre le dimensioni dell’astrocitoma subependimale a cellule giganti (SEGA), un tumore cerebrale benigno associato alla sclerosi tuberosa. In questo studio, che ha coinvolto 28 pazienti, nel 75 per cento di loro è stata osservata una riduzione a sei mesi di almeno il 30 per cento della dimensione del tumore cerebrale. La sclerosi tuberosa è una malattia genetica che causa la crescita di tumori benigni, definiti amartomi, in molti organi vitali. Si stima colpisca 1-2 milioni di persone nel mondo, per lo più bambini e adolescenti. I dati dello studio mostrano che everolimus riduce in modo significativo le dimensioni dei SEGA, che in nessun paziente è stato necessario intervenire chirurgicamente e che nessuno ha sviluppato nuovi SEGA mentre era in cura con il farmaco. ARTRITE REUMATOIDE, OK DALL’EUROPA PER ABATACEPT IN PRIMA LINEA La Commissione europea ha espresso parere favorevole per l’utilizzo in prima linea di abatacept per il trattamento dell’artrite reumatoide dell’adulto. Il farmaco biologico si è dimostrato in grado di “normalizzare” il processo infiammatorio associato alla malattia e di controllarla attraverso un meccanismo d’azione innovativo: è infatti la prima e unica proteina di fusione umana che blocca l’attivazione dei linfociti T. «Il controllo della malattia in tutti i suoi aspetti – spiega il professore René Westhovens dell’università di Lovanio (Belgio) – è l’obiettivo del trattamento dell’artrite reumatoide. Come altri farmaci antireumatici, abatacept consente di ottenere la remissione clinica della malattia. Questa nuova indicazione all’utilizzo in una fase precoce non solo è in linea con una gestione più mirata dell’artrite reumatoide, ma ci consentirà di rallentarne ulteriormente la progressione». Oggi, il mondo di domani Oggi il mondo di domani è l’impegno ad agire per un presente responsabile ed un futuro sostenibile. Per Bristol-Myers Squibb significa scoprire, sviluppare e offrire terapie innovative per aiutare i pazienti a sconfiggere malattie gravi. Ma significa anche avere la piena consapevolezza degli obblighi verso la comunità locale e globale, trasformandoli in impegno concreto. Il nostro impegno guarda al futuro e www.bms.it alle realtà più lontane ma inizia nel presente e dai luoghi a noi più vicini. Oggi per il domani. Possiamo sperare? LA VITA PONE DOMANDE. NOI CERCHIAMO LE RISPOSTE. L’innovazione è la nostra risposta alle continue sfide della salute. Lavoriamo ogni giorno per salvare le vite dei pazienti e per aiutare milioni di persone in tutto il mondo. Leader mondiali nelle biotecnologie: diagnostica in vitro, oncologia, trapiantologia, anemia, virologia, nefrologia e reumatologia sono le nostre aree di eccellenza. Focalizziamo il nostro impegno in ricerca e sviluppo sulla scoperta di nuovi farmaci e tecnologie diagnostiche in grado di combattere il cancro, l’AIDS, l’epatite, l’Alzheimer, l’artrite reumatoide ed il diabete. Grazie ai grandi progressi nella ricerca e alla sinergia tra diagnosi e terapia, siamo pionieri nello sviluppo di test diagnostici e farmaci personalizzati in base alle caratteristiche genetiche di gruppi di pazienti. Ci sono tante risposte quante sono le persone. Noi continuiamo a cercare soluzioni individuali. We Innovate Healthcare www.roche.it