Epistemología de las Ciencias. El conocimiento. Aproximación al orden ontológico
(2000) CIAFIC Ediciones
Percezione e pensiero
nel mondo dei cristalli
Francesco Abbona*
Cristales, cristales, cristales,
duras flores de tierra pura,
de tierra virgen, sin verdura
de plantas y sin animales.
Tinieblas cuajadas en roca,
la luz del abismo os baña
y abrís transparentes la entraña
al beso del sol con su boca.
Cristales, cristales, sin vida,
sobre ella, bajo ella inmortales,
cristales, cristales, cristales;
la luz en tinieblas se anida.
Miguel de Unamuno
Premessa. Il concetto di percezione è intuitivo, ma è opportuno
esplicitarlo per evitare confusioni o malintesi, anche perchè ne
sono state date definizioni diverse nel corso dei tempi. Con
questo termine intendo l'atto mentale con cui si prende
coscienza di un oggetto del mondo sensibile. Non è la
ricostruzione fisiologica dell'immagine dell'oggetto esterno. Si
distingue dalla sensazione, perchè la percezione sottintende
già una elaborazione concettuale. E' distinta anche dalla
immaginazione, che invece comprende una serie di operazioni
mentali senza vincoli con la realtà. Nel caso del cristallo la
percezione riguarda elementi sensibili come la forma
*
Actualmente es profesor de Mineralogía en la Universidad de Turín.
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geometrica, il colore, le dimensioni, ma include già i concetti di
bellezza, ordine. rarità. Inoltre è già all'opera una
precomprensione: lo studioso del Medioevo "sa" che essi sono
opera di potenze celesti o influenze astrali, per l'uomo del
Rinascimento sono il prodotto di un principio geometrico, per lo
studioso di oggi il risultato dell'interazione di fattori chimico-fisici
ben determinati. Il pensiero vero e proprio entra in azione
quando si volge criticamente all'analisi delle percezioni, si pone
degli interrogativi e cerca risposte adeguate.
♦ ♦ ♦
La riflessione porterà non su concetti filosofici o scientifici
astratti, ma su una serie di oggetti concreti, tangibili, materiali: i
cristalli. Non tanto i minerali, quanto piuttosto quella particolare
forma che i minerali assumono in certe condizioni, quella cioè di
poliedri geometrici convessi limitati da facce piane, spesso di
straordinaria bellezza. All'interno di questa categoria un posto a
sè occupano le gemme (o pietre preziose), che si distinguono
dagli altri cristalli per perfezione, bellezza, rarità e valore.
I cristalli sono noti da tempo immemorabile. L'uomo li ha
sempre visti quali li vediamo noi oggi, cioè con la stesse forme
geometriche, gli stessi colori, le stesse dimensioni. Eppure non
c'è nessun'altra categoria di oggetti naturali, che abbia così
tanto sollecitato la sua immaginazione e che abbia dato origine
a così difformi interpretazioni! Neppure le stelle, che pure
esercitano un fascino più immediato e universale, sono state
oggetto nei secoli di così diverse considerazioni.
Dando uno sguardo d'insieme alla storia dei rapporti tra
l'uomo e i cristalli, si constata facilmente che l'uomo è passato
nel tempo attraverso tutta una serie di concezioni, spesso
coesistenti: metafisica (i cristalli come manifestazione del
divino), magica (i cristalli come talismani), simbolica (i cristalli
come segno del potere regale o sacerdotale), terapeutica (i
cristalli come medicina), estetica (i cristalli come ornamento),
commerciale (i cristalli come fonte di ricchezza e guadagno),
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strumentale (i cristalli come utensile) ed infine scientifica (i
cristalli come oggetto di studio razionale). Questa ultima
concezione si è venuta affermando a partire dai secoli XVII e
XVIII.
Oggi noi guardiamo ai cristalli con occhio disincantato, da un
punto di vista essenzialmente scientifico ed estetico-mercantile:
conosciamo o comunque sappiamo determinarne la
composizione chimica anche nei minimi particolari, la struttura,
le proprietà fisiche, le modalità di formazione - anzi li sappiamo
anche produrre in competizione con la natura -, ne stabiliamo il
valore commerciale grazie ad un mercato internazionale ben
consolidato. Tutto questo, in somma, perchè i cristalli sono belli
e rari. Al punto che neppure il più distaccato studioso e il più
navigato commerciante sono capaci di trattenere un moto
anche fugace di stupore di fronte alla bellezza di certe pietre.
Nelle pagine che seguiranno si cercherà di tratteggiare quale
fu il probabile atteggiamento dell'uomo preistorico di fronte a
minerali e cristalli; quindi si passerà ad esporre a grandi linee
l'evoluzione del pensiero su questa classe di composti fino al
1500 e infine si tratterranno alcune tematiche in modo più
specifico.
NEL PALEOLITICO E NEOLITICO
Mancano conoscenze certe sull'atteggiamento degli uomini
"primitivi" di fronte a minerali e cristalli. Sappiamo che
utilizzavano materiali litici vari (selce, ossidiana, giada, quarzo)
per scopi strumentali, ed altri (ocra gialla e rossa, ossidi di
manganese, caolino) per scopi ornamentali, più probabilmente
rituali. L'interpretazione di questi reperti viene di norma fatta
attribuendo a quegli uomini il nostro modo di sentire e
ragionare. Così dalla scoperta di ossa di animali e di frammenti
litici nei luoghi di sepoltura dell'uomo di Neardental, vissuto tra
100.000/80.000 e 35.000 anni a.C., si conclude per la credenza
dell'uomo di Neardental nella sopravvivenza oltre la morte.
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Uno dei primi usi di pietre preziose è stato osservato nella
Grotta dei fanciulli di Grimaldi, dove una quadruplice fila di perle
orna il cranio di un ragazzo ivi sepolto: siamo all'inizio del
Paleolitico superiore, che vede l'affermarsi dell'uomo di CroMagnon, antenato dell'uomo moderno (circa 30.000 a.C.).
Questi, homo sapiens sapiens, aumenta verosimilmente le sue
conoscenze empiriche sull'uso dei materiali lapidei e metallici,
grazie anche allo sfruttamento del fuoco. Al periodo neolitico
(VI-V millennio a.C.) si fa risalire la lavorazione del ferro
meteorico, a scopi più rituali che applicativi, e del rame nativo.
NELL'ETÀ DEL BRONZO E DEL FERRO
L'età dei metalli incomincia con la scoperta della fusione dei
minerali. Verso il 4000-3500 a.C. sui monti del Medio Oriente si
realizzarono le prime fusioni del rame, seguite da quelle di
stagno e bronzo. Inizia l'età del bronzo, che caratterizza tutte le
civiltà del tempo, dall'Europa alla Cina. Essa durerà fino al 500
a.C. circa, quando sarà sostituita dall'età del ferro. La
produzione di ferro dai rispettivi ossidi (ematite, magnetite) era
già nota verso il 1500 a.C. sui monti dell'Armenia, ma fu solo
verso il 1200-1000 a.C. che il ferro cominciò ad essere prodotto
su vasta scala ad opera degli Hittiti. Di qui la produzione si
estese a tutta l'area circostante, e quindi ad Europa, Africa e
Asia. Il ferro non meteorico sembra sconosciuto ad America ed
Australia preistoriche.
Intanto aumentava il numero dei minerali noti. In un papiro
medico del XVI sec. a.C. sono citati i minerali allora utilizzati in
Egitto: oltre quelli di ferro (ematite, magnetite, limonite) il papiro
annovera oro, argento, zolfo, galena, antimonite, cassiterite,
malachite, natronite, sale marino, quarzo, lapislazzuli.
♦ ♦ ♦
Come si ponevano gli uomini del tempo nei riguardi dei
minerali e in particolare dei cristalli? Non possiamo che
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formulare ipotesi sulla base di: reperti archeologici; studio dei
miti, delle tradizioni e dei primi racconti dell'umanità - nell'ipotesi
che valga un principio di continuità del modo di sentire e
pensare tra noi e loro. L'apporto maggiore viene però dagli studi
etnologici ed antropologici, iniziati il secolo scorso, di ristretti
gruppi umani che tuttora, nei vari continenti (eccetto l'Europa),
presentano un modo di vita che corrisponde, a nostro giudizio,
a quello dell'età della pietra o di epoche successive - come la
tribù di Tasaday, nelle Filippine, scoperta nel 1971, che usa
asce e raschietti di pietra e attrezzi di legno per zappare e
seminare.
Se dunque portiamo la nostra attenzione sulle componenti
culturali e spirituali di quei tempi, si spalanca un universo molto
diverso dal nostro, la cui nota dominante e specifica è la
sacralità. Una sacralità universale, che avvolge e penetra tutto il
vivere dell'uomo e la natura che lo circonda. Così non solo è
sacro il meteorite che cade dal cielo, ma anche ognuno di quelli
che noi oggi chiamiamo minerali partecipa della sacralità della
Terra-Madre. Un posto d'onore spetta al ferro: "che esso sia
considerato caduto dalla volta celeste, o venga estratto dalle
viscere della Terra, in ogni caso è ritenuto carico di potenza
sacra" (M. Eliade). Esso è un segno dell'al-di-là, immagine della
trascendenza, e assume per questo un potere magico-religioso
anche presso popoli di cultura più elevata. Una traccia
dell'origine 'celeste' del ferro è rimasta nei termini siderurgia,
siderite, in cui la parola greca sideros = ferro richiama quella
latina sidus = stella. Il carattere sacro si riversa anche sul
fabbro, e più in generale su tutti i lavoratori di metalli, che
occupano per questo un rango sociale molto alto presso
numerose popolazioni. Non solo, ma anche gli strumenti che
questi usano sono rivestiti di sacralità e diventano carichi di
potenza misteriosa. L'arte di fabbricare utensili è vista come
soprannaturale, e può essere sia divina sia demoniaca. Il sacro
ha infatti un carattere ambivalente, come risulta evidente nella
pratica della lapidazione. La pietra viene usata non solo e non
tanto per punire il colpevole, ma anche per scaricare la
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comunità degli effetti di un'azione sacrilega che ha infranto
rapporti fondanti della comunità. La pietra diventa lo strumento
comunitario per l'esclusione di colui che ha tradito le norme.
In coerenza con il carattere sacrale è' diffusa e comune la
convinzione che i minerali si formino e crescano entro la Terra
allo stesso modo degli esseri animati, a partire cioè da un
embrione che successivamente cresce e si sviluppa. La Terra si
comporta come una madre, anzi è Madre. I cristalli, in
particolare il cristallo di rocca, sono entità vive, che i gli indiani
Cherokee 'nutrono' con sangue di cervo, e similmente fanno gli
abitanti di Burma. L'idea di una crescita di tipo vegetativo dei
minerali avrà grande fortuna e sarà presente, come si vedrà,
nel pensiero naturalistico e mineralogico fino a tutto il 1600.
D'altronde, non ne è forse rimasta un'eco nel nostro linguaggio,
quando parliamo di "seno" e "viscere" della Terra, di "vene" di
minerali, di "germi" cristallini, di "facce" dei cristalli?
E poichè l'esperienza dimostra che la vita si propaga per
generazione sessuata, si introduce questo carattere nei
minerali, che vengono distinti in minerali "maschi" e minerali
"femmine". Similmente le pietre preziose. Queste concezioni
sulla "sessualità" di minerali e pietre attraversano i secoli e si
ritrovano non solo negli scritti di alchimia, che volentieri parlano
di "matrimonio' nelle loro operazioni, ma anche nei primi testi
dedicati alla coltivazione mineraria. Un'eco si coglie persino
nella classificazione del grande Linneo (1707-1778), che
distinguerà i minerali in steriles, faecundi e ambigui.
Queste concezioni possono far sorridere per la loro ingenuità,
ma non dobbiamo dimenticare che alla base c'è una visione
globale e unitaria della realtà cosmica. Questa viene percepita
come immensa vita, di cui tutti gli esseri partecipano in grado
diverso.
Possiamo quindi facilmente immaginare lo stupore dell'uomo
primitivo che camminando per i terreni alluvionali di Ceylon o
della Birmania o del Siam si imbatte in un rubino che brilla
rosseggiante in mezzo alle grigie sabbie. O del montanaro che
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attraversando un torrente alpino è colpito da un luccichio
particolare e scopre in mezzo ai ciottoli una pepita d'oro o un
cristallo di quarzo. Anche noi resteremmo stupiti, ma
penseremmo ad un colpo di fortuna, mentre per loro quel
ritrovamento eccezionale è visto come un segno di
benevolenza degli dei, se non della loro presenza. Rarità e
bellezza diventano il sigillo della divinità. E' intuibile come quei
reperti possano diventare oggetto di venerazione ed essere
considerati talismani dotati di proprietà prodigiose, divinatorie,
terapeutiche. La salute è un argomento al quale l'uomo è
sempre sensibile. Queste ipotesi sono suggerite dal
comportamento degli sciamani di Australia, Oceania e SudAmerica che al momento dell'iniziazione si rivestono di cristalli
di quarzo o di altre pietre ritenute magiche. Queste
trasferiscono loro la sacralità uranica che consente di "vedere"
gli spiriti e le anime, di volare, di guarire, ecc. Ancor oggi gli
aborigeni australiani credono che la volta celeste sia un
immenso cristallo di quarzo ialino.
E' in questo lungo oscuro periodo della preistoria umana che
si creano miti, usanze, credenze, leggende su pietre, minerali e
cristalli, che costituiranno il substrato culturale dei secoli
avvenire. Elementi non indifferenti di queste concezioni
passeranno nella cultura classica, percorreranno Medioevo e
Rinascimento e arriveranno sino alle soglie dell'Illuminismo per rispuntare inaspettatamente al giorno d'oggi.
Nell'antichità classica
Sono i filosofi greci del VI sec. a.C. i primi a portare uno
sguardo razionale sulla natura e ad esercitare uno spirito critico
sulle opinioni correnti. I problemi che occupano l' iniziale
speculazione filosofica sono essenzialmente quelli della natura
delle cose e del divenire. E poichè questa riflessione,
continuata nei secoli successivi da altri pensatori su tematiche
affini, portò a conclusioni che eserciteranno una forte influenza
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sul pensiero occidentale per ben oltre un millennio, fino al 1600
d.C., si ritiene opportuno richiamare brevemente le teorie
emerse dalla speculazione del pensiero greco insieme con un
cenno alle ipotesi sviluppate sui cristalli. Le teorie sono
essenzialmente quattro: la teoria atomistica, quella di Platone,
di Aristotele e degli Stoici.
Secondo la teoria atomistica (Leucippo, Democrito, Epicuro,
Lucrezio) la realtà ultima è costituita di atomi, particelle
indivisibili, che urtandosi nel vuoto si aggregano grazie al
clinamen per formare i vari oggetti naturali. La coesione è
assicurata da forze di tipo meccanico: per Lucrezio, ad
esempio, il diamante è formato da atomi a forma di rami
strettamente avvolti, che ne determinano l'eccezionale durezza.
Per Platone (427-347 a.C.) la natura è riconducibile ad
elementi geometrico-matematici (di matrice pitagorica), le cui
forme fondamentali sono il triangolo rettangolo isoscele e il
triangolo rettangolo scaleno. Con questi si possono costruire i
quattro solidi regolari (tetraedro, cubo, ottaedro, icosaedro),
detti appunto platonici, cui vengono associati per criteri di
verosimiglianza i quattro elementi costitutivi dell'Universo: il
fuoco al tetraedro, la terra al cubo, l'aria all'ottaedro, l'acqua
all'icosaedro. Viene poi aggiunto un quinto solido, il
dodecaedro, " di cui Dio si servì per coronare il tutto." Per
Platone i cristalli più perfetti e trasparenti (cioè i cristalli di
rocca) sono aggregati di particelle cubiche di terra.
Aristotele (384-322 a.C.) rigetta la teoria atomistica e quella di
Platone, perchè entrambe ammettono il vuoto, che per
Aristotele non ha diritto di esistenza nella natura. Inoltre ci sono
oggetti, come la carne e le ossa, che non si possono spiegare
come combinazione di semplici figure triangolari. Egli accetta i
quattro elementi di Empedocle, acqua aria fuoco terra, cui fa
corrispondere, opportunamente combinati a due a due, i quattro
contrari: freddo/caldo, umido/secco. Ogni sostanza contiene i
contrari in rapporto variabile. Sono questi la causa dei
cambiamenti. Le operazioni consentono di evidenziare la
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composizione. Così, i corpi che solidificano per azione del
calore, come il sale e la soda, sono composti di terra, mentre
quelli che solidificano per effetto del freddo, come neve e
ghiaccio, sono composti di acqua. Altri invece, come le stalattiti
ed in genere i cristalli, si sono consolidati perchè il calore è
stato cacciato dal freddo e con esso anche l'umidità, e dunque
erano composti di terra e di acqua. Ci sono poi solidi, come il
ferro, che sono costituiti da preponderante terra con un po'
d'acqua, come risulta dal fatto che il calore non riesce a
fonderli. Quanto alla genesi dei minerali, questa viene spiegata
con la teoria delle "esalazioni", che rende conto anche di altri
fenomeni naturali, come pioggia, neve, vento, tuono, terremoti.
Per gli stoici (Zenone, Crisippo, Poseidonio) il cosmo è
pervaso dal "pneuma", miscela di aria e fuoco, che si unisce
alla materia passiva conferendole le diverse proprietà fisiche
(colore, lucentezza, ...). In ogni corpo è all'opera una forza che
è responsabile della sua coesione e della sua identità. In natura
non ci sono due corpi uguali: pur simili per apparenza e
proprietà, essi differiscono per la struttura.
L'interesse per minerali e cristalli è marginale, e tale rimarrà
per tutto il periodo classico. Pochissime sono le opere ad essi
dedicate, e l'attenzione va per lo più alle virtù terapeutiche e
magiche. Fa eccezione Teofrasto (372-287 a.C.), discepolo di
Aristotele, che nel trattato Περι λυϑϖν descrive, oltre ad alcune
rocce e minerali metallici, dodici pietre preziose, di cui illustra
con spirito rigoroso alcune proprietà (colore, durezza, odore,
peso specifico). Riferisce anche delle virtù prodigiose, ma con
riserva: "Si dice che certe pietre abbiano il potere di impartire
all'acqua il proprio colore, come lo smeraldo ... La proprietà più
stupefacente, se è vera, è quella di favorire il parto". E' uno dei
primi a porre attenzione alla forma: del quarzo segnala i cristalli
esagonali. Tratta anche dell'origine, in coerenza con la
concezione aristotelica: i metalli e i minerali metallici derivano
dall'acqua, gli altri corpi dalla terra.
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Nei secoli successivi l'interesse si concentra quasi
esclusivamente sulle proprietà magiche, come si può leggere
nel lapidario di Bolo di Mende del II sec. a.C. e in opere simili,
che escono dalla scuola di Alessandria e che di qui si
diffondono in tutto l'Impero romano.
L' opera più notevole (ed anche unica) di questo periodo è
dovuta a Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), che in cinque dei
trentasette volumi della Historia naturalis tratta dei minerali
allora usati come gemme, minerali metallici o pigmenti. Di fronte
alla bellezza dei cristalli di quarzo non nasconde il suo stupore:
"Non si riesce a capire perchè si formi con figure a lati
esagonali ... e la levigatezza delle facce è così perfetta che non
si può eguagliare a nessun oggetto artificiale". Sulla loro
composizione non ha dubbi: "Che sia ghiaccio è cosa certa".
Quanto alle proprietà, accoglie tutte le notizie. Così riporta che
il ferro è efficace contro i veleni e le nocturnas limphationes.
Esistono pietre, dette aquiline perchè si rinvengono nei nidi
d'aquila, che sono necessarie per la covata ed hanno proprietà
antiabortive, e per questo sono dette anche gravide; esse si
distinguono in pietre femmine e pietre maschi. Questi ciottoli,
concrezioni sferoidali di qualche cm di diametro, erano ancora
indossati dalle donne incinte intorno al 1750 perchè se ne
riconosceva l'efficacia.
Idee simili si ritrovano nell'opera De materia medica di
Dioscoride, medico militare contemporaneo di Plinio, che
sistematizza le conoscenze farmacologiche del mondo antico.
Quest'opera eserciterà un' influenza sulla farmacopea medica
che durerà ben quattordici secoli.
Il quadro non sarebbe completo se non si accennasse al
ruolo dell'alchimia. Questa trova la sua origine nel fervido
ambiente cosmopolita di Alessandria del periodo ellenistico,
dove si incontrano filosofia greca, tecnologia egizia, magia
orientale. Gli Egizi avevano acquisito grande esperienza nella
lavorazione dei metalli (rame, argento, soprattutto oro, definito
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'carne degli dei'), delle leghe ed anche delle contraffazioni. La
dottrina greca dell'unità della materia e quella aristotelica delle
trasformazioni fecero intravvedere ai metallurgisti egizi la
possibilità di trasformare in oro un metallo vile. Il tentativo
assumeva il carattere di un' operazione segreta e sacra, perchè
si trattava di entrare in concorrenza con la natura e quindi di
avvicinarsi all'agire divino. Assimilata dagli Arabi, l'alchimia
passerà nell'occidente cristiano in seguito alle traduzioni delle
opere arabe di fine primo millennio e qui si svilupperà
accogliendo motivi di derivazione indiana e cinese. Tre sono gli
elementi o principi: zolfo, mercurio e sale; ad essi si possono
ricondurre i quattro elementi peripatetici. Il pensiero scientifico
ne sarà condizionato per almeno cinquecento anni, fino
all'Illuminismo. Uno dei grandi meriti dell'alchimia fu di aver
introdotto la sperimentazione chimica, estranea alla mentalità
greca.
♦ ♦ ♦
La riflessione cristiana apporta l'interpretazione misticosimbolica delle pietre, che viene inaugurata dal vescovo
Epifanio di Salamina, Cipro (IV sec.). Nel breve trattato Sulle
dodici gemme egli espone il significato mistico e le virtù delle 12
pietre preziose che ornavano il pettorale del grande sacerdote,
quali descritte in Esodo, 28, 15-30. Già Flavio Giuseppe (37-95)
aveva riferito delle virtù di queste pietre, in particolare della
proprietà di emettere una luce speciale, segno della presenza
divina. Tuttavia annotava "... il pettorale ha smesso di emettere
luce 200 anni fa, perchè Dio si è dispiaciuto delle trasgressioni
della Legge". Successivamente san Girolamo (347-420),
riprendendo un'idea di Flavio Giuseppe, collegava le dodici
pietre ai dodici mesi dell'anno ed ai segni zodiacali, e con
questo dava l'avvio ad un simbolismo che facilmente confluirà
nell'astrologico e nel magico. Per Andrea, vescovo di Cesarea
nel VI-VII sec., le dodici pietre sono invece il simbolo dei dodici
Apostoli, mentre altri le riferiscono esclusivamente al Cristo. Il
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filone simbolico avrà grande fortuna presso gli autori cristiani
dei secoli seguenti. Ne troviamo un'ampia applicazione nel
trattato Ornamenta di Stenone, destinato all'educazione del
principe ereditario Ferdinando de' Medici.
NEL MEDIOEVO
Le vicende storiche succedute alla caduta dell'Impero romano
con la frammentazione del potere politico e le grandi migrazioni
di popoli (le "invasioni barbariche") non erano certo favorevoli
agli studi e alla riflessione. Nell'ambito delle scienze naturali
non si registrano contributi originali, piuttosto lavori di
compilazione, come fecero Isidoro, vescovo di Siviglia (570636), e il monaco inglese Beda il Venerabile (673-735).
Entrambi scrissero un De natura rerum, in cui trattarono anche
dei minerali, di cui illustrano le proprietà già note. Isidoro si
rivela più inventivo in quanto nelle sue Ethymologiae si
interessa anche dei nomi dei minerali, di cui propone etimologie
spesso fantasiose.
In questo periodo un contributo significativo viene dagli Arabi.
Conquistati dalla parola di Maometto e raggiunta l'unità politica,
si aprono alla filosofia e alla scienza in cui raggiungono risultati
eccellenti, grazie anche alla traduzione delle opere greche. Per
quel che ci interessa, dobbiamo ricordare che sono numerosi i
lapidari scritti a partire dal sec. IX. I primi appaiono influenzati
dall' opera di Bolo di Mende, ma i seguenti si fanno notare per
una impostazione di stampo più razionale e per lo spazio dato
all'osservazione e alla misurazione. Si possono ricordare
Hunain ibn Isaq (809-873), che descrive le proprietà fisiche e le
virtù di 72 pietre preziose e ricorre alla forma cristallina come
criterio di riconoscimento di alcune pietre; al Biruni (973-1048),
che introduce l'uso del picnometro per misurare la densità dei
minerali e raccoglie una grande massa di informazioni nel Libro
dei popoli sulla conoscenza delle pietre preziose; Abu'Ali ibn
Sina (= Avicenna, 980-1037), che contesta la credenza nei
poteri magici delle pietre e propone una classificazione del
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regno minerale, che suddivide in pietre, combustibili o solfuri,
metalli e sali, divisione che sarà in voga ancora nel 1700; al
Tifashi (-1253), che nel libro Il fiore dei pensieri sulle pietre
preziose propone una teoria genetica, in cui intuizioni
sorprendentemente moderne sulla formazione di certi
giacimenti si mescolano a concezioni di chiara derivazione
alchemica: ogni pietra preziosa (ne cita ben 24) è riferibile ad
un metallo di cui contiene i principi elementari. Questi possono
essere modificati dall'azione dei quattro contrari (caldo, freddo,
secco, umido), per cui invece del metallo si genera la pietra
preziosa.
A partire dall'anno mille l'Europa si risveglia politicamente e
culturalmente. Tuttavia le novità presenti nelle opere arabe su
minerali e pietre rimangono praticamente sconosciute. Si fa
vivo l'interesse per le pietre, i lapidari abbondano: sono opere
didattiche sulle proprietà terapeutiche e talismaniche delle
pietre preziose. Il più famoso è il Liber lapidum seu de gemmis
di Marbodo, vescovo di Rennes (1035-1123), che declama le
proprietà naturali e soprannaturali di 60 pietre preziose, con
spiccato gusto per il simbolismo. Il libro ebbe grande successo
e fu usato come testo scientifico nelle scuole di farmacia fino a
tutto il 1500.
Con Alberto Magno (1206-1280) si avverte un cambiamento
significativo, anche se non ancora decisivo. Nei 5 volumi del
trattato De Mineralibus egli affronta in modo sistematico e
organico l'argomento. Il quadro di riferimento è quello
aristotelico, cui si aggiungono idee alchemiche, tuttavia ci sono
novità di contenuto e di metodo rispetto ai contemporanei. Così
egli sostiene che i minerali non hanno anima, nè sono vivi, ma
sono composti di acqua e di terra. E precisa: "In mineralibus est
commixtio elementorum cum virtutibus coelestis operantibus in
eis". Egli ammette cioè l'influenza delle stelle su proprietà e
formazione dei minerali. Essi si generano infatti per un potere
mineralizzante, che è un misterioso processo naturale operato
dalle potenze celesti. Tuttavia aggiunge: "Questa affermazione
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non è sufficiente per la scienza naturale, sebbene possa
esserlo per l'astrologia e la magia. Perchè la scienza naturale
discute la causa che agisce sulla materia" - ovviamente bisogna
distinguere le cause formali, materiali, efficienti. Appaiono i
primi tentivi di una spiegazione naturale dei fenomeni:
attribuisce, ad esempio, l'abito esagonale dei cristalli di quarzo
all'effetto della pressione. Quando descrive le proprietà di pietre
preziose, minerali e metalli, asserisce di riportare "quello che è
stato trasmesso da filosofi o quello che ho trovato con le mie
osservazioni. ... ". Afferma altresì: "Oportet experimentum non
in uno modo, sed secundum omnes circumstantias probare. ...
Experimentum solum certificat in talibus". Questi criteri non gli
impediscono di accreditare proprietà terapeutiche, per noi
prodigiose, a molte pietre. Ad esempio, lo smeraldo rimargina le
ferite e il calcedonio cura la melancolia e preserva le energie
del corpo. Quanto alle proprietà talismaniche o magiche, ne
riferisce con l'avvertenza: "Queste non sono scienza pura, ma
poichè la dottrina è buona, esse sono qui incluse". La parte
relativa ai metalli soddisfa meglio le nostre esigenze critiche, in
quanto domina l'osservazione e le ipotesi risultano prive di
elementi fantasiosi. Ma c'è una ragione: "Ho fatto lunghi viaggi
nei distretti minerari, così ho potuto imparare mediante
l'osservazione la natura dei metalli. ... Questo è il migliore e più
sicuro metodo di indagine". Le descrizioni dei minerali in vena
sono appropriate e tuttora valide.
Si tratta in definitiva di un'opera contraddittoria, ricca di spunti
e intuizioni innovative, con evidenti concessioni alla mentalità
del tempo. Il che spiega da un lato giudizi entusiasti ("this is a
pioneer work in mineralogy", D.Whyckoff) e dall'altro cenni
fugaci nei trattati di storia della mineralogia. Ad ogni buon
conto, per trovare uno che lo superi bisognerà attendere
Agricola, cioè poco meno di trecento anni.
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NEL 1500
A partire dal secolo XI era incominciato, soprattutto nei paesi
di lingua tedesca, lo sfruttamenti delle miniere. I progressi
lentamente raggiunti nei secoli seguenti nella coltivazione di
queste e nell' estrazione e lavorazione dei minerali metallici
cominciano a trovare sistemazione nel 1500 in una serie di
manuali, i Büchlein, in cui si fa riferimento alla forma dei
minerali ed alla sua applicazione pratica. In questo periodo
vengono dati i nomi a molti minerali: Bleiglanz (galena), Blende
(blenda), Mispickel (arsenopirite), Spath (calcite), Feldspath
(ortoclasio), Quartz (quarzo). Allo sviluppo della tecnica
mineraria e alla conoscenza mineralogica non corrisponde però
un progresso concettuale, anzi circolano idee fantasiose. Le
miniere sono abitate da folletti dispettosi (Kobold, da cui verrà
cobalto) che si divertono ad ingannare il minatore. I minerali
crescono come le piante e la loro formazione è vista come il
risultato di un connubio. Si legge infatti: "Nell'unione del
mercurio e dello zolfo nel minerale, lo zolfo si comporta come il
seme maschile e il mercurio come quello femminile nel
concepimento e nella nascita di un bambino" (Bergbüchlein,
1505). E i minatori sassoni pregavano:
Es grüne die Tanne, es wachse das Erz / Gott gebe uns allen
ein fröhliches Herz.
Non mancano tuttavia opere che si staccano decisamente per
il tentativo di sistematizzazione e novità significative.
In Italia Vannoccio Biringuccio (1480-1579), metallurgista
senese, pubblica De la Pirotechnia, opera in volgare di tecnica
mineraria e metallurgica, in cui sono raccolte le conoscenze
empiriche del tempo. Compaiono osservazioni acute sulla
forma di certi cristalli ("le facce giustamente bisquadre" dei cubi
di pirite). Per aver introdotto e consigliato l'uso della bilancia, è
considerato un precursore del metodo sperimentale, che sarà
sostenuto e teorizzato circa un secolo più tardi da F. Bacone
(1561-1626) e Galilei (1564-1642).
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Con il tedesco Giorgio Bauer, latinizzato in Agricola (14941555), la mineralogia e la scienza mineraria fanno un balzo in
avanti. Il libro De Natura Fossilium (1540) è il primo tentativo di
classificazione sistematica dei minerali (distinti in terre, pietre,
succhi, metalli e composti) basato sulle proprietà fisiche ed
anche sulla forma, di cui è sottolineata l'importanza. Per questo
lavoro, che contiene la descrizione di circa 600 minerali,
Agricola è ritenuto il padre della mineralogia. L'opera più
famosa è però il trattato De re metallica (1546), dedicato alle
miniere. Queste opere, ed altre minori, fanno di lui un autore
moderno per il rifiuto delle interpretazioni fantasiose, lo spirito di
osservazione e il metodo di studio, oltre che per i risultati
conseguiti. E' doveroso tuttavia riconoscere che paga anch'egli
un tributo alla cultura del suo tempo: attribuisce le proprietà
esterne dei minerali alle proporzioni degli elementi aristotelici, e
accoglie la credenza nella presenza di gnomi nelle miniere.
Infine è da menzionare il primo lavoro a stampa sul regno
minerale, Gemmarum et lapidum historia di Boethius de Boodt
(1550-1632). Esso, tradotto in francese con il titolo "Le Parfait
Joaillier ", completa i precedenti lavori in quanto si occupa dei
materiali lapidei, soprattutto delle gemme, di cui rimarrà un
testo classico per oltre un secolo. Degne di nota sono la misura
della durezza delle gemme e la distinzione di questa in cinque
gradi, e l'attenzione portata alle proprietà ottiche. Sono citati i
minerali magnetici e descritte ben 647 sostanze minerali. Pur
scettico sulle virtù terapeutiche, il de Boodt non si esime dal
riportarle.
♦ ♦ ♦
Qual è dunque la situazione alle soglie della modernità? Si
sono scoperti nuovi minerali, si è venuta accumulando una
grande massa di osservazioni e conoscenze sulle loro
proprietà, soprattutto sulla coltivazione delle miniere e sul
trattamento ed uso dei minerali metallici. Di pari passo è venuto
cambiando anche il modo di studio, che tende a farsi più
razionale, lo spirito di indagine si fa più ardito e critico.
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Comincia a darsi spazio all'esperimento. Tuttavia il quadro
concettuale si presenta incoerente e confuso, le vecchie teorie
stanno per entrare in crisi, ma resistono. Le difficoltà sono
obiettivamente enormi: nulla si sa della composizione chimica,
si ignorano le leggi della fisica, non è ancora stata fatta la
distinzione tra fossili, minerali e rocce. Ecco i principali problemi
da risolvere:
1. I minerali e i cristalli sono esseri inanimati o esseri viventi?
Come si generano?
2. Di cosa sono fatti?
3. Come sono fatti, cioè qual è la loro struttura interna?
4. Perchè certi minerali hanno forma geometrica? Quale ne è
la causa?
5. Come riconoscere la natura di minerali e cristalli?
6. Su quale base classificarli?
7. Quali proprietà hanno? Come determinarle? Da cosa
dipendono?
Il lavoro, visto retrospettivamente, è enorme, i problemi sono
collegati e interdipendenti. Non c'è da meravigliarsi che il
cammino sia stato lungo, non lineare, ma tortuoso. Si tenga
conto che gli studiosi dell'epoca hanno in genere ricevuto
un'educazione umanistica, conoscono la filosofia e spesso
anche la teologia. Se questo è positivo perchè si tratta di un
sapere integrato e motivato, che porta ad una visione unitaria e
organica del rerale, tuttavia è più facile per lo studioso essere
condizionato e portare nello studio della natura pre-giudizi
filosofici. Non è un caso che con il termine di philosophia
naturalis si indicasse proprio lo studio delle scienze naturali.
L'esame delle risposte date nel corso dei secoli ad alcuni
problemi consentirà di cogliere il nesso tra la percezione dei
fenomeni e la riflessione teorica.
♦ ♦ ♦
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Minerali e cristalli sono esseri viventi?
Come si generano?
La convinzione che i minerali siano entità che crescono nel
ventre della Terra come embrioni risale, già si è detto, ai primi
albori dell'umanità (o comunque ad un livello culturale di
matrice sacrale). L'idea è peraltro meno peregrina di quanto
possa sembrare, nè è necessariamente derivabile da
presupposti filosofici, perchè in molti casi i cristalli appaiono
impiantati su una matrice rocciosa da cui sembrano trarre il
nutrimento, come un albero dal suolo. In alcuni casi poi i
minerali hanno forme simili a quelle di vegetali, in altri
sembrano crescere dall'acqua come fanno certe piante. Viene
pertanto spontaneo ritenere che le pietre si riproducano alla
stregua dei vegetali, generando pietre della stessa specie,
come riporta Plinio nel I sec. d.C. L'idea della generazione
vegetativa viene fatta propria dal pensiero alchemico, si
intreccia con le teorie astrologiche sull'influsso degli astri e
trova un supporto nelle dottrine neoplatoniche propense al
panpsichismo. Si comprende quindi come quest'idea sia giunta
fino alle soglie dell'era moderna ed abbia dato luogo ad un
lungo dibattito, che prende le mosse nel Medioevo e si fa
vivace nei secoli del Rinascimento e seguenti, per concludersi
solo con l'Illuminismo.
L'idea, sorta in tempi lontani in una visione vitalistica unitaria,
non appare in contrasto con la fede cristiana, tant'è che viene
accolta dall' autore del De rerum principia, (forse Duns Scoto,
1270-1308), secondo cui pietre e metalli sono dotati di vita. Per
Alberto Magno (1206-1280) invece i minerali non sono esseri
viventi, nè hanno anima. Ma la disputa è ben lungi dall'essere
conclusa.
Nel 1500 dominano le visioni panpsichiche del
neoplatonismo. Theophrast Bombast Hohenheim, meglio noto
come Paracelso (1493-1541), riconosce la vitalità di pietre,
metalli, piante e animali, anche se ammette che le rispettive
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particelle hanno struttura diversa. Contro l' opinione corrente si
leva la voce di Palissy (1510-1590), che respinge l'idea
dell'anima vegetativa delle pietre e attribuisce la crescita ad un
"aumento congelativo". Ma è una voce isolata. E se l'ipotesi
vegetativa non è dichiarata esplicitamente, è diffusa la
convinzione che i cristalli possano rigenerarsi spontaneamente:
"... Vi sono luoghi dove, se si interrompe l'estrazione dello zolfo
per quattro anni, i minatori al loro ritorno trovano ogni cosa
piena di zolfo come prima." (Falloppio, 1523-1562). "In Italia c'è
una ricchissima vena di ferro; per questo è famosa l'isola d'Elba
che ne genera in quantità incredibile anche ai nostri tempi" (A.
Cesalpino, 1519-1603). "... nella valle Ioachimica l'argento, allo
stesso modo dell'erba, si genera dalle pietre della miniera come
una radice ..." (J. Gerhardus, 1597).
Un cambiamento decisivo si avverte con Stenone (16381686), che nel trattatello "De solido intra solidum naturaliter
contento dissertationis prodromus " del 1669 sostiene e
dimostra, a partire da sue osservazioni e forse anche
esperimenti, che i cristalli crescono non come le piante, per
intussuscezione, ma perchè "dall'ambiente esterno nuovo
materiale cristallino si aggiunge sulle superfici esterne dei
cristalli già formati". In poche concise righe viene demolita
un'idea vecchia di millenni. Ma non in modo definitivo, troppo
forti essendo i condizionamenti culturali dell'epoca e diverse, se
non opposte, le osservazioni da cui partono gli studiosi.
Certe analogie tra piante e minerali inducono a rimangono
aggrappati all'idea vegetativa. Ad esempio, notando che
dall'acqua si possono formare sia certe piante sia le stalattiti,
Sherley sostiene, nel 1672, che le pietre sono prodotte da
germi che si nutrono solo d'acqua. De Boodt (1550-1632) dallo
studio della forma di cristalli, fiori e foglie deduce che essa è
opera di un comune spirito architettonico e di una comune
facoltà formatrice. Il più organico e sistematico sostenitore della
teoria vegetativa è J. Pitton de Tournefort (1656-1708). Celebre
botanico, dallo studio di coralli e spugne, arriva alla conclusione
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che "... le pietre potrebbero essere delle piante" e che è
ragionevole supporre che i cristalli vegetino, come pure altre
pietre. Essi prendono origine da un germe, che si è staccato
sotto forma di polvere minutissima da un altro cristallo, quando
questo è ancora in vita (sta cioè ancora crescendo), e si
sviluppano grazie ad un succo trasmesso dall'esterno
attraverso la superficie del germe stesso, che funziona da
scorza. Non si conoscono infatti "vegetazioni naturali d'oro puro
che si son formate su pietre, incrostando profondamente le loro
radici?" I granuli di polvere sono assimilabili ai semi delle piante
e alle uova dei pesci, con cui hanno in comune l' estrema
piccolezza. La visione è unitaria e grandiosa: "Quoi de plus
admirable que de voir sortir d'un si petit volume, hommes,
poissons, oiseaux, quadrupède, pierres et métaux?"
L'orientamento è trascendente: nulla più di questo manifesta "la
grandeur du Seigneur". Dello stesso parere è un
contemporaneo, Venette (1702), che dall'assunto che il mondo
si mantiene grazie alla successione ininterrotta delle
generazioni di tutti gli esseri afferma che "i minerali, come pure
gli animali e le piante, hanno i loro semi attraverso cui generano
i loro simili nelle viscere della terra". Le pietre si formano
dunque come gli animali per generazione, e si accrescono per
l'aggiunta di uno "spirito petrificante" o "succo lapideo" disciolto
nell'acqua. Non c'è reale distinzione tra i tre regni della Natura.
Il paradigma di riferimento è il vegetale: la formazione dei
cristalli si modella sulla generazione organica.
Il problema si intreccia e complica con quello delle "pietre
figurate", cioè dei fossili, come oggi li chiamiamo: come
interpretarli? La questione è di vecchia data: sono oggetti caduti
dal cielo, frammenti di giganti o di draghi, lusus naturae,
creature di Satana, insuccessi del Creatore (Robinet)? In che
rapporto stanno con le "pietre angolari", cioè i cristalli? I filosofi
greci, Aristotele in testa, avevano dato una spiegazione in parte
corretta: sono resti di organismi vissuti in epoche lontane,
prodotti spontaneamente da "esalazioni secche" della terra. L'
insegnamento non viene raccolto e già con Plinio si
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preferiscono interpretazioni più fantasiose, che domineranno
fino a tutto il 1500. Non tutti gli studiosi aderiscono: scaglionati
nel tempo, vediamo Avicenna, Alberto Magno, Roberto Bacone,
Leonardo da Vinci, Palissy dubitare delle opinioni correnti e
sostenere invece che i fossili sono resti di esseri viventi ora
scomparsi. Si tratta di interpretazioni ragionevoli, ma prive di
conferme sperimentali. Sarà solo nel 1600 con Fabio Colonna
(1616) e soprattutto con Stenone (1669) che verrà dimostrato in
modo chiaro e inequivocabile che le glossopetrae di Malta, note
fin dai tempi di Plinio, sono denti di squalo sepolti in sedimenti,
che furono ricoperti in tempi antichi dalle acque marine e che
successivamente emersero. Questa puntualizzazione segna la
nascita di paleontologia e geologia stratigrafica. Le osservazioni
di Stenone vengono generalizzate. Uno dei primi palentologi, J.
Scheuchzer (1672-1733), afferma nel 1706 che le pietre
figurate non sono scherzi della natura, come riteneva in un
primo tempo, ma appartengono al regno animale; essi sono le
vittime e al tempo stesso la prova del Diluvio biblico. Allo stesso
periodo egli fa risalire la formazione del cristallo di rocca, che
secondo lui dopo d'allora non si è più prodotto.
Nel dibattito si inserisce anche Leibniz (1646-1716), che
condivide l' origine organica dei fossili. E commenta (1706): "Se
la natura giocasse, essa giocherebbe con ben maggiore libertà
e non si assoggetterebbe ad esprimere così esattamente i
minuti particolari di questi originali, e, ciò che è ancor più
notevole, a conservare così bene le loro dimensioni." Tuttavia
aggiunge: "Ci sono cristalli e pietre che benchè regolari non
imitano la forma degli esseri viventi; in tal caso può trattarsi di
giochi o disposizione fortuite."
Gli studi dettagliati su singoli oggetti naturali portano nuove
informazioni. Da osservazioni sulle conchiglie attuali Réaumur
(1683-1757) trae nel 1706 la conclusione che il guscio cresce
per giustapposizione di materia, come i cristalli, e non per
intussuscezione, come invece le parti viventi. Bourguet studia
tra il 1729 e 1745 stalattiti e belemniti, e si convince che, pur
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presentando forme simili, esse debbono avere origine diversa.
Egli si oppone alla teoria vegetativa di Tournefort, riconosce
che il regno minerale è organizzato in modo diverso, in quanto
consiste di corpuscoli di "piccolezza quasi infinita", aventi forme
geometriche semplici (sfere, cubi, triangoli, quadrati, ecc.). Ma
precisa: "questi corpuscoli, dotati ciascuno di attività vitale
conveniente alla loro forma, entrano nella composizione di tutte
le masse materiali."
Si avverte nel pensiero di Bourguet, come in quello di altri
contemporanei, una duplice influenza: quella delle scoperte
effettuate con il microscopio, che rivelano un microcosmo
insospettato e ridanno vigore alla teoria corpuscolare; e quella
della fisica di Newton. Questi ha spiegato il moto degli astri con
una teoria che può essere applicata anche alle minuscole
particelle costituenti i corpi minerali. Bourguet sostiene che "le
leggi generali del moto e la forma delle molecole bastano per
spiegare meccanicamente la formazione dei minerali". I cristalli
di quarzo si sono comparsi al momento della Creazione e non
si formano più oggi.
Bourguet ha il merito di aver dimostrato che la
cristallizzazione naturale si può ripetere in laboratorio e di avere
rovesciato l'impostazione sino ad allora seguita: anzichè
spiegare il minerale a partire dall'organismo vivente, "bisogna
cominciare dal più semplice prima di passare al più composto,
risalire al regno minerale prima di scendere a piante ed
animali." E' un cartesiano convinto: occorre considerare che
nello studio degli oggetti naturali, le verità fisiche debbono
avere il primo posto, dopo quelle della religione. Ma aggiunge:
"La preformazione degli embrioni di piante ed animali non può
essere spiegata da nessuna regola di meccanica, nè da alcun
principio naturale o soprannaturale limitato."
Anche il grande naturalista Buffon (1707-1788) nell'opera
Histoire naturelle des minéraux si occupa di minerali, di cui
cerca il rapporto con vegetali ed animali e lo trova nelle
particelle costituenti. "Un cristallo di sale marino è formato da
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un numero infinito di altri cubi, riconoscibili al microscopio.
Ciascuno di questi è a sua volta costituito da altri cubi e si può
quindi pensare che le parti primitive siano cubi di una
piccolezza tale che sfuggirà sempre ai nostri occhi e persino
alla nostra immaginazione. Anche animali e piante sono corpi
organizzati, composti da innumerevoli piccoli corpi organici
simili, di cui possiamo percepire le parti primitive solo con il
ragionamento e l'analogia" (1749). La generazione degli esseri
viventi si modella dunque su formazione e struttura dei cristalli.
Questi prendono origine per la forza di attrazione tra le parti
primitive, ma essa non basta per spiegare la forma geometrica.
Reponsabili di questa sono molecole organiche che
provengono dal residuo di animali e vegetali. "Gli ottaedri di
diamante sono il prodotto immediato di una terra vegetale. La
pirite è un prodotto di detriti animali e vegetali - essa non ha
potuto esistere prima di questi." Ma come conciliare questa
interpretazione con la teoria della formazione della Terra da
una massa infuocata? "L'esistenza delle molecole organiche ha
preceduto quella degli esseri organizzati; esse sono antiche
quanto il fuoco: un atomo di luce o di calore è di per sè una
molecola attiva che diventa organica appena penetri un altro
atomo di materia.... Tutto concorre a dimostrare che esse
servono tanto all'organizzazione degli animali e dei vegetali
quanto alla figurazione dei minerali.... Esse riuniscono tutti gli
esseri sotto la stessa legge e non fanno che un solo impero dei
tre regni della Natura" (1779).
Negli ambienti naturalistici del 1700 si dibatte l'idea della
generazione spontanea degli organismi. Tra i sostenitori
troviamo Guéneau de Montbéliard, che nell'analogia tra
formazione dei cristalli e nascita di animaletti in un ambiente
privo di germi crede trovare una conferma della generazione
spontanea. "Tutti questi corpi geometrici sono prodotti
manifestamente da una specie di generazione spontanea;
perchè sarebbe dunque assurdo accordare agli elementi della
materia vivente la facoltà che hanno gli elementi della materia
bruta di riunirsi con ordine...? ... Non si può negare la
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cristallizzazione dei sali e ... si vorrebbe negare financo la
possibilità della generazione spontanea che in fondo non è che
una cristallizzazione della materia vivente.", così scriveva nel
1761.
Nello stesso anno J.B. Robinet (1735-1820) pubblica De la
nature, già attribuito a Diderot, in cui sostiene il principio
dell'uniformità della produzione della natura e ne deduce: "Mi
sembra che non si possa dare una risposta più soddisfacente
che ammettere l'esistenza di germi fossili, lo sviluppo dei quali
per intussuscezione di materia dà i minerali... pietre generano
pietre come animali generano i loro simili... mediante semi,
germi o uova, perchè tutte queste parole sono sinonimi. ... Il
cristallo di rocca non avrebbe forma costantemente regolare se
non fosse organizzato come gli animali."
Un contributo autorevole viene da J.G. Wallerius (1709-1785)
che nel Trattato di mineralogia del 1753 distingue decisamente i
minerali dagli esseri viventi.
Nel tentativo di una spiegazione unificante, si invertono le
parti e l'organico si modella sull'inorganico. Per Lamétherie
(1743-1817) è il cristallo a fare da riferimento per il mondo
biologico: "la cristallizzazione è uno dei più grandi fenomeni
della Natura; tutti i corpi hanno una forma particolare ... Non
temiamo di affermare che la riproduzione degli esseri
organizzati, dei vegetali e degli animali è una vera
cristallizzazione ... In una parola, tutto cristallizza in natura ... "
(1778). Arriverà ad attribuire alla cristallizzazione anche l"io", o
anima, che si trova al centro di ciascun essere e che è la sede
dei sentimenti e del pensiero.
Contro queste interpretazioni e visioni prende nettamente
posizione nel 1783 Romé de l'Isle (1736-1790): "Le forme
regolari e costanti di certi corpi minerali hanno una causa
efficiente, ma quale? Ammettere semi germi uova nel regno
minerale ... è troppo contrario all'esperienza. ... Nulla è più
dimostrato che la crescita delle sostanze del regno minerale per
giustapposizione." Nè accetta il principio della cristallizzazione
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universale, perchè, osserva, una delle caratteristiche essenziali
della cristallizzazione dei corpi minerali è quella di dare corpi
limitati da linee rette, mentre nella forma di piante ed animali
domina la linea curva. Quanto al meccanismo della
cristallizzazione, riconosce che è un mistero della natura, come
lo è la generazione di animali e piante.
Il punto di vista di Romé de l'Isle non è più isolato, come fu
quello di Stenone cent'anni prima. Viene ormai condiviso da
numerosi mineralogisti (Gautron de Robien, Wallerius,
Cronstedt, Bonnet, Valmont de Bomare, Sage, Bergman,
Monnet, ecc.) che dalle osservazioni di campagna e dalle
indagini nei "gabinetti di curiosità" hanno acquisito la
convinzione che i corpi di cui si occupano sono diversi da quelli
che studiano zoologi e botanici. Sono sostanze inanimate che
hanno loro leggi di crescita e sviluppo. Per i cristalli possono
valere le osservazioni di Stenone: essi crescono "perchè il
materiale cristallino aggiunto al cristallo si spande su un piano "
cioè, come diciamo noi ora, le facce crescono parallelamente a
se stesse, per strati. Inoltre "il materiale aderisce a certe parti
del cristallo e non ad altre" (nel linguaggio attuale, la crescita
delle varie facce è selettiva e avviene con velocità diverse).
Sul finire del 1700 dunque scienza della vita e scienza dei
cristalli si differenziano definitivamente. Esse si svilupperanno
in modo indipendente l'una dall'altra, nè cercheranno più di
modellarsi l'una sull'altra. E' interessante tuttavia osservare che
seguiranno inizialmente un tratto di cammino parallelo, nel
senso che in entrambe l'attenzione sarà portata su morfologia e
classificazione.
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Di cosa sono fatti i cristalli?
Questo interrogativo non è che un caso particolare di una
domanda ben più ampia e generale: di cosa sono fatte le cose?
Le risposte di cui dispone lo studioso del 1500 non sono
molte, nè pienamente convincenti. C'è la concezione
aristotelica, elaborata millecinquecento anni prima, dei quattro
elementi o principi fondamentali: acqua, aria, fuoco, terra, cui
va aggiunto un quinto elemento del mondo sopralunare, l'etere
o quinta essenza. C'è la teoria alchemica, che individua tre
elementi, mercurio, zolfo, sale, - da intendersi in senso più
filosofico che scientifico: il mercurio è il principio della
metallicità, lo zolfo della combustibilità, mentre il sale è il
principio unitivo. C'è la teoria atomistica, che vede negli atomi
indivisibili la realtà ultima della materia. Tutto si gioca su questi
concetti, cui verranno aggiunti altri in seguito alle scoperte della
chimica. Da un punto di vista pratico, sono note tutta una serie
di operazioni, messe a punto da metallurgisti e alchimisti:
fusione,
solidificazione,
distillazione,
condensazione,
amalgamazione, soluzione, cristallizzazione, calcinazione,
combustione.
Come caso di un certo interesse, vediamo come nel corso dei
secoli sia stata interpretata la composizione del cristallo di
rocca, la varietà perfettamente trasparente ed incolore del
quarzo, detta anche quarzo ialino. I Greci pensarono che fosse
acqua congelata, cioè ghiaccio, e per questo lo chiamarono
κρυσταλλοσ, che vuol dire appunto ghiaccio. Il cristallo di rocca
è infatti tipico di zone alpine dove per il freddo cl'acqua gela
dando il ghiaccio. Il fatto però che questi cristalli non
fondessero al calore era spiegato ammettendo un
congelamento così intenso che il freddo era stato trattenuto
dall'umido (non si dimentichi che l'elemento acqua era
considerata la combinazione delle due qualità freddo + umido).
L'interpretazione passa ai Romani, che adottano la parola
crystallus, e Plinio (I sec. d.C.) sentenzia: "che sia ghiaccio, è
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cosa certa." L'idea si tramanda e nel Medioevo Alberto Magno
conferma: il quarzo è fatto pienamente di acqua congelata. E
Cecco d'Ascoli (1269-1327) canta:
Nasce ne l'alpe del septentrione
cristallo fatto de l'antiqua neve,
secondo la comune opinione.
Dobbiamo arrivare fino al 1500 per trovare espressioni di
dubbio su questa ipotesi, tuttavia anche quando si avanzano
riserve o critiche, queste rimangono nel quadro tradizionale.
Biringuccio (1480-1537) obietta che se fosse vero che il
cristallo è fatto di ghiaccio, ne verrebbe che là dove abbondano
le nevi "... vi sarebbero maggiori le montagne del cristallo che
quelle delle pietre." Osserva inoltre che, a differenza del
cristallo di rocca, il ghiaccio galleggia sull'acqua e si scioglie
sotto la lingua calmando la sete. Infine annota, da buon teorico
aristotelico, che non può essere acqua pura, perchè un corpo
deve contenere tutti e quattro gli elementi. Per cui " ... dirò il
cristallo essere di sostanza acquea con terrestrità sottile con
molto aere e poco foco, e però è frigido." Anche Agricola (14941555), che pure accetta la teoria aristotelica, contesta che il
cristallo sia ghiaccio, e spiega: ".. le pietre che fondono con il
calore come il quarzo solidificano con il freddo. ... Il freddo,
ritraendo l'aria, causa la solidificazione della pietra." Per W.
Gilbert (1546-1603) il cristallo è sempre fatto d'acqua, ma la
sua forma dipende da fattori esterni. Scrive infatti nel De
Magnete (1600): " Le gemme lucide sono fatte di acqua; proprio
come il Cristallo che è solidificato da acqua chiara, non sempre
per un freddo molto intenso, come alcuni sono soliti ritenere, e
per un gelo molto rigido, ma talvolta per uno meno severo,
formandolo la natura del suolo, gli umori o succhi essendo
rinchiusi in cavità, ..." Di avviso contrario è il de Boodt (15501632), che però aggiunge: l'acqua è necessaria alla sua
formazione in quanto scioglie una parte molto diluita di terra,
che poi, separandosi l'acqua, si indurisce e forma il cristallo."
Nel 1650 Browne (1605-1682) nota anch'egli la differenza di
Percezione e pensiero nel mondo dei cristalli, Francesco Abbona, pp.97-168
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peso specifico tra ghiaccio e cristallo di rocca, per cui cerca di
sradicare la convinzione erronea, e precisa: mentre il ghiaccio è
omogeneo, il cristallo di rocca è invece una miscela dei tre
principi alchemici, che si possono separare con le operazioni
della chimica.
Non c'è via d'uscita. La teoria dei quattro elementi peripatetici
e quella dei tre elementi alchemici si prestano ad interpretazioni
arbitrarie e rivelano tutta la loro sterilità e inadeguatezza di
fronte alle acquisizioni che la pratica chimica è venuta
conseguendo ed alle argomentazioni che da più parti si stanno
levando contro, ma sembra mancare il coraggio di rifiutare
queste dottrine. Boyle (1627-1691), seguace del metodo
galileiano, è colui al quale spetta il merito di averne dimostrato
l'infondatezza con la logica stringente del suo argomentare ed
anche con esperimenti: egli prova tra l'altro con misure di
densità che il quarzo non può essere ghiaccio. Con il libro The
Sceptical Chymist del 1661 egli porta un attacco a fondo contro
le sopracitate teorie e pone le basi per la definizione moderna
dei concetti di elemento, composto, miscuglio, combinazione
chimica, analisi chimica e relativi metodi. Ma anch'egli è figlio
del suo tempo: condizionato dall'alchimia, crede nella
trasmutazione degli elementi e accoglie le vaghe espressioni
della teoria aristotelica delle esalazioni: "le proprietà delle
gemme, tra cui anche la forma, sono dovute ad esalazioni che
si mescolano con fluidi puri, o che sono già mescolati a
particelle eterogenee."
La demolizione delle concezioni tradizionali operata da Boyle
stenta ad essere accettata, anche perchè non si vedono teorie
alternative. Continuano a tener banco le vecchie concezioni. Le
esemplificazioni sono noiosamente numerose. Nel 1665 Tillings
scrive che "ogni volta che lo spirito lapideo si unisce a un'acqua
molto pura che non contenga terrestrità, si formano pietre la cui
qualità dipende dallo spirito formatore...". Nel 1669 Muralt,
incurante delle analisi ed osservazioni altrui, riporta che nelle
montagne del Vallese il ghiaccio si indurisce poco a poco,
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cambiandosi in pietra. Nel 1675 Borricchius dallo studio delle
stalattiti ricava la convinzione che "L'acqua è la sola materia
delle pietre. Se c'è nell'acqua qualche principio terroso o
inorganico, questo è ciò che produce i marmi colorati e le pietre
preziose. ... Causa efficiente della formazione delle pietre è il
riposo. E' evidente che l'acqua comune allo stato di riposo si
cambia in pietra." Nel 1717 Geoffroy (1672-1731) afferma che il
cristallo di rocca non è acqua congelata, ma terra. Questa è
costituita di due tipi di particelle primitive: il cristallo risulta
dall'unione delle particelle sottili ed uguali, grazie ad un "succo
lapideo" presente nella soluzione acquosa. Nel 1723 M.
Cappeller (1683-1769), considerato il padre della cristallografia,
concepisce i cristalli formati di acqua, etere e sale. Nel 1749 W.
Borlase (1695-1762) sostiene che il vero diamante è composto
di poco sale o acqua, essendo quasi interamente formato di
"succo lapideo consolidato". Ancora nel 1760, cioè cent'anni più
tardi, Baumé (1728-1804) è del parere che "... fuoco, acqua,
aria, terra sono i soli e veri principi dei corpi, perchè non
conosciamo nessun mezzo per separarli". Persino Romé de
l'Isle, cui si deve la prima legge della cristallografia morfologica
(1783), si mantiene cauto: riconosce che la natura degli
elementi primitivi è sconosciuta e che è necessario pertanto
riferirsi agli elementi secondari o agli ultimi risultati dell'analisi
chimica, che sono il flogisto, un principio terroso, un principio
acqueo e un acido universale, precisamente l'acido fosforico.
Bisogna attendere Lavoisier (1743-1794) perchè sia fatta
chiarezza nella congerie di dati, osservazioni e scoperte
accumulate dalla chimica nel 1700 ad opera di alcuni valenti
sperimentatori (Rey, Mayow, Scheele, Cavendish, Priestley,
Berthollet, Lomonosov, Lavoisier stesso). Non solo abilissimo
sperimentatore, ma soprattutto grande teorico, Lavoisier con il
Trattato elementare di chimica del 1787 fa piazza pulita di tutte
le precedenti teorie e congetture e dà inizio alla chimica
moderna proponendo la nozione precisa di elemento e
composto, enunciando il principio di conservazione della
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materia, interpretando la combustione e i fenomeni collegati ed
introducendo la nomenclatura chimica ancor oggi in uso.
Può essere interessante osservare che Lavoisier mette la
Silice (cioè il quarzo) tra le sostanze semplici terrose, ma
avverte: "le terre cesseranno ben presto di essere annoverate
fra le sostanze semplici... Per lo loro indifferenza all'ossigeno ...
esse ne sono già sature." E difatti all'analisi chimica quantitativa
il quarzo rivelerà di essere costituito da due elementi, silicio e
ossigeno, nel rapporto di uno a due. Donde, dopo duemila anni
di ipotesi dibattiti congetture ricerche, la semplice formula SiO2.
Perchè i cristalli hanno forma geometrica?
La forma poliedrica, spesso perfetta, dei cristalli ha sempre
suscitato ammirazione, curiosità, interrogativi. Numerosi sono
gli studiosi che a partire dal 1500 si cimentano con più ordini di
problemi: quali sono le ragioni della forma geometrica? Perchè
ci sono tante forme per uno stesso minerale? Si possono
ricondurre le diverse forme dei cristalli a qualche forma tipo?
Purtroppo l'ignoranza della composizione è una difficoltà
insormontabile, contro cui si scontrano tutti gli studiosi, nè si sa
come procedere ad un'analisi chimica. Anche la misura delle
proprietà fisiche è problematica. Infine, a complicare le cose, lo
stesso minerale può cristallizzare in forme anche molto diverse,
e più minerali possono presentare le stesse forme. La
sperimentazione, che prende le mosse da quella alchemica e
da quella farmaceutica, si fa strada lentamente e si imporrà
solo a partire dal 1700 con finalità e metodi propri, in questo
distaccandosi dall'alchimia. Manca un metodo di studio capace
di affrontare la complessità dei problemi. In più circolano
concezioni vitalistiche, astrologiche, filosofiche che non
favoriscono la comprensione dei fenomeni. Nonostante queste
difficoltà, l'uomo del 1500 e del 1600 non rinuncia nell'impresa
della conoscenza e, fiducioso nelle possibilità della propria
ragione e nell'intelliggibilità della natura, e convinto di operare
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per la gloria di Dio, affronta i diversi problemi con varia fortuna.1
Due sono gli interessi principali nei riguardi della forma: uno
essenzialmente geometrico, l'altro strutturale. Lo studio di
questi aspetti avrà esiti fecondi, perchè porterà verso la fine del
1700 alla formulazione di leggi fondamentali della
cristallografia.
Vediamo la questione relativa alla causa della forma
geometrica.
Nel 1500 la tendenza dominante è quella di fare appello a
principi "geometrizzanti", come si legge ad esempio nel De
Magnete di Gilbert (1546-1603), che attribuisce la formazione
dei poliedri cristallini a un non meglio precisato principio,
presente e operante nel terreno. Per T. Browne (1605-1682) la
forma esagonale prevalente tra i cristalli non è dovuta al
contenitore, ma ad una "radice seminale" insita in essi, che è un
principio formativo geometrico: i cristalli erano materia liquida
terrosa. Le parti fluide si sono indurite a causa del freddo della
componente terrosa e la forma finale fu determinata dai germi
presenti nel fluido.
Già nel 1500 si registra un' acuta anticipazione di quella che
sarà l'interpretazione strutturale discreta. Nel De Subtilitate del
1547 Cardano (1501-1576) tenta di spiegare la forma
esagonale dei cristalli di quarzo come accatastamento di
particelle sferiche.
Nel 1600 uno dei primi ad affrontare i rapporti tra forma e
struttura dei cristalli fu Keplero (1571-1630). Nel 1611, nel
libretto Strena seu de nive sexangula, si chiede: perchè i fiocchi
di neve hanno sempre sei punte, e mai cinque o sette? Egli
suppone che i fiocchi siano costituiti da minute particelle
sferiche, ricava quello che si chiama ora l'assestamento cubico
1
Scrive Linneo (1735/1802): "Noi dobbiamo studiare le opere della
natura, perchè è proprio dell'essere pensante ricercare le finalità di ogni
cosa; e ricordare che il fine della creazione è glorificare Dio in tutte le
sue opere".
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compatto, ma non gli riesce di spiegare la grande varietà di
forme della neve, per cui finisce per ricorrere al concetto di un
principio genetico di carattere geometrico.
Anche Cartesio (1595-1650) affronta lo stesso problema che
risolve meccanicamente, ammettendo che le particelle sferiche
di neve si comportino come un mucchio di perle in un vassoio:
queste tendono ad addensarsi in modo che ognuna sia sempre
circondata da altre sei in contatto. La forza che costringe le
particelle di neve a combinarsi in figure esagonali è il vento.
Non solo gli scienziati, ma anche i filosofi si lasciano attrarre
dai cristalli e tentano una risposta sulla base dei loro principi. Il
filosofo atomista Gassendi (1592-1655) sostiene (De lapidibus
ac metallis, 1658) che la forma poliedrica dei cristalli è una
conseguenza della disposizione regolare di un numero discreto
di particelle.
I progressi della chimica nel 1600 e l'invenzione del
microscopio inducono a collegare forma e composizione.
Leeuwenhoek (1632-1723) effettua al microscopio le prime
osservazioni sulla cristallizzazione. Responsabile della
formazione dei solidi viene ritenuto un principio "salino" mentre
la forma geometrica è dovuta per alcuni all'azione di un acido,
per altri di una base. Per F. Lana (1631-1687), autore di On the
Formation of Crystals (1672), la forma esagonale dei cristalli di
neve è attribuibile a minute particelle nitrose appuntite che
entrano in combinazione con l'acqua. N. Grew (1641-1712),
partendo dalla somiglianza della forma ramificata dei cristalli di
neve (dendriti), del sale comune, del sale d'ammoniaca e del
sale 'urinoso' con la forma delle piume dei volatili, elabora una
ingegnosa e fantasiosa teoria (On the nature of Snow, 1673):
come le particelle ' urinose', filtrate dai pori della pelle dei polli,
vanno a nutrire le piume, così le particelle nitrose e 'urinose'
emesse dal terreno si incontrano con le gocce d'acqua piovana
e vi si fissano formando i fiocchi dendritici di neve.
L'idea di unità strutturali discrete, con le quali si possono
simulare strutture cristalline, si diffonde. R. Hooke (1635-1703)
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afferma nella Micrographia del 1665 che "se avessi tempo e
occasione, potrei dimostrare come probabile che tutte le figure
regolari così varie e curiose derivano solamente da tre o quattro
posizioni di particelle globulari". Con pallottole di uguale forma
sferica egli riesce a costruire figure piane triangolari, rombiche,
esagonali, con cui spiega le superfici piane dei cristalli di allume
e altri sali, e afferma che questo vale non solo per le superfici,
ma anche "in solidity", perchè a uno strato di pallottole si può
sovrapporre un'altro identico e comporre così un corpo solido.
Per spiegare la birifrazione della calcite, scoperta da E.
Bartolinus nel 1669, C. Huyghens (1629-1695) concepisce la
struttura della calcite come costituita da invisibili particelle a
forma di ellissoidi di rotazione, regolarmente disposti nello
spazio in modo da dare il romboedro (Traité de la lumière,
1690). Con questa ipotesi egli riesce a dar ragione anche della
facile sfaldatura romboedrica e della birifrazione della calcite.
Boyle (1627-1691), sostenitore della teoria corpuscolare,
respinge il principio "geometrizzante" e ritiene che la forma sia
dovuta all' incontro di corpuscoli elementari 'insensibles', aventi
forma definita. dotati di lati piani e lisci. Nel caso del salnitro i
corpuscoli rassomigliano ai cristalli macroscopici. In altri casi i
cristalli sono costituiti da sottili lamelle fatte di corpuscoli. Egli
osserva che la forma può essere usata a scopo diagnostico,
anche se può venire modificata da fattori esterni, come la
velocità di evaporazione dell'acqua.
Anche Newton (1642-1727) si occupa di cristalli. Nel quadro
della teoria corpuscolare cui aderisce, ritiene che le particelle
delle sostanze cristallizzate abbiano forma geometrica
verosimilmente regolare e che al momento della
cristallizzazione si attraggano ad opera di qualche "Power" o
"polar Virtue" per formare il cristallo. Così è per la calcite, le cui
particelle galleggiano sulla soluzione ad ugual distanza tra loro,
in file e colonne, ed agiscono l'una sull'altra per la forza di
attrazione. La forza attrattiva è una proprietà occulta, ma è più
ragionevole ammetterla, che pensare ad atomi con ganci o alla
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pressione di un etere indeterminato. Con la concezione delle
particelle con forma propria evita le difficoltà del vuoto che
comporta la forma sferica delle particelle.
Secondo Guglielmini (1655-1710) i principi primi di
salgemma, sale di vetriolo, allume e nitro (rispettivamente cubo,
romboedro, ottaedro e prisma esagonale) furono dotati di forma
fissa fin dalla Creazione; la presenza di acido nella soluzione in
cui prendono origine può modificare le forme di base, dandone
di nuove. Esperimenti fatti da Homberg (1652-1715) sulla
cristallizzazione di nitrati di ferro, rame e potassio, tutti di forma
diversa, portano alla proposta di un principio alcalino come
responsabile della forma.
Dalla sperimentazione chimica vengono nuove informazioni,
che costringono ad aggiornare l'interpretazione. Partendo dalla
constatazione che i metalli cristallizzano in forme per lo più fisse
(il Pb in cubi, il Fe in cubi o rombododecaedri, lo Sn in tetraedri
allungati) e che i sali di rame con acidi diversi hanno quasi la
stessa forma, Wallerius (1709-1785) distingue tra causa della
cristallizzazione (il sale) e causa della forma geometrica, dovuta
alla componente metallica.
Ci sono però minerali, come calcite e diamante, fa notare W.
Borlase (1695-1762), che non contengono metalli, per cui ci
deve essere un principio salino che costringe i liquidi ad
assumere figure geometriche. Nel caso della calcite è il nitro,
che impartisce ai cristalli la forma esagonale; in presenza di altri
minerali o sali, la forma cambia.
M. Cappeller (1683-1769), che introduce per primo il termine
cristallografia (Prodromus crystallographiae, 1723), ritiene che
le particelle di sale siano costituite da un alcali, privo di forma, e
da un acido, che è il responsabile della forma geometrica. Infatti
l'acido del sale comune dà il cubo, l'acido del nitro forme
triangolari, quello del vetriolo un parallelepipedo e quello
dell'allume ottaedri. La forma finale dei cristalli dipende anche
dalle condizioni di cristallizzazione: evaporazione rapida e
agitazione danno cristalli imperfetti.
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Linneo (1707-1788) invece vede nel sale o meglio in un
gruppo di principi salini la causa della forma geometrica: questi
principi hanno la capacità di organizzare in modo geometrico le
sostanze, perchè essi stessi sono geometrici.
Ma il principio salino non regge di fronte ad argomentazioni
stringenti e a nuovi risultati sperimentali. J. Hill (1716-1775)
osserva che i sali, a differenza di calcite e diamante, si
sciolgono in acqua e sono amari, per cui non c'è prova in favore
di questo principio, anzi si tratta di vane speculazioni. T.
Bergman (1735-1784) rigetta sulla base di analisi chimiche
tanto il principio salino quanto quello acido; dimostra inoltre che
si può dal romboedro di sfaldatura della calcite derivare lo
scalenoedro per sovrapposizione di sottili lamelle rombiche,
progressivamente decrescenti sulle facce del romboedro
(1773). Pochi anni prima, nel 1767, C.F. Westfeld (1746-1823)
aveva ipotizzato che i cristalli di calcite fossero formati di
molecole romboedriche. Intanto acute osservazioni sulla forma
dei cristalli erano state fatte da Romé de l'Isle (1736-1790) che
arriverà ad enunciare (1772-1783) la prima legge della
cristallografia morfologica, la legge della costanza dell'angolo
diedro già intuita da Stenone nel 1669. Tuttavia, convinto che la
forma è determinata dalla crescita, non si occupa di metterla in
relazione con la struttura interna. Ed il suo allievo, Demeste
vede, ancora nel 1779, la causa della forma in un principio
salino, il quale, è convinto, sarà un giorno riconosciuto all'analisi
chimica.
Riassumento, alla fine del 1700 c'è una grande massa di
osservazioni, che vengono in parte dai chimici e in parte dai
mineralogisti: le prime su forma e composizione chimica, le
seconde su proprietà fisiche (sfaldatura e birifrazione), forma e
struttura interna. Il quadro interpretativo è però del tutto incerto
e precario.
Chi porterà chiarezza e ordine nella congerie di dati e
interpretazioni sarà il genio de l'abbé René Just Haüy (1743Percezione e pensiero nel mondo dei cristalli, Francesco Abbona, pp.97-168
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1822) che, partendo da una osservazione (la già citata
sfaldatura romboedrica della calcite) e da una serie di
esperimenti sulla sfaldatura di cristalli diversi di calcite, enuncia
la prima teoria sulla struttura delle sostanze cristalline, con la
quale spiega in modo razionale le forme geometriche dei
cristalli. Queste risultano dalla giustapposizione opportuna,
ripetuta nelle tre direzioni dello spazio, del più piccolo poliedro
ottenibile per sfaldatura, la 'molecola integrante'. Haüy opera in
modo veramente scientifico perchè in una serie di lavori che
vanno dal 1793 al 1818 sviluppa logicamente e
matematicamente la sua teoria pervenendo alla seconda legge
della cristallografia (le troncature razionali), che consentirà di
rappresentare le facce dei cristalli in modo razionale. Introduce
infine l'importantissimo concetto di simmetria, propone una
nuova classificazione dei minerali, riforma la nomenclatura.
Il concetto di molecola integrante non reggerà, ma la teoria
nella sua concezione essenziale si mantiene: i cristalli hanno
una struttura periodica in cui una unità di base estremamente
piccola, formata da atomi o molecole, si ripete nello spazio
dando il cristallo tridimensionale. Le proprietà fisiche e
geometriche (la forma) del cristallo dipendono dal modo con cui
queste unità si uniscono tra loro. Le basi erano gettate per la
moderna comprensione della struttura e della morfologia
cristallina.
l caso delle meteoriti
(ovvero, il pensiero contro la percezione)
Le meteoriti sono sempre state considerate oggetti di
provenienza extraterrestre, e per questo furono venerate
nell'antichità come manifestazioni divine e lo sono ancor oggi
presso tribù "primitive", come gli aborigeni australiani.
Questa convinzione era ancora viva nel 1500. Paracelso
sosteneva infatti: "è stato stabilito in modo sicuro che pietre
Percezione e pensiero nel mondo dei cristalli, Francesco Abbona, pp.97-168
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Epistemología de las Ciencias. El conocimiento. Aproximación al orden ontológico
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possono discendere dal cielo". Nel 1600 sorgono le prime
perplessita': Cartesio postula che si tratti piuttosto di esalazioni
terrestri che, condensate nelle nuvole, sono fatte precipitare
dalle folgori.
Nel 1700, con l'Illuminismo la convinzione viene meno, si
ritiene che sia impossibile la caduta di oggetti dal cielo, per cui
le testimonianze a favore sono da scartare in quanto
menzognere, certo fallaci, frutto di superstizione. Gli Illuministi
esercitavano così al massimo grado la diffidenza degli antichi
filosofi greci verso la percezione visiva, considerata la meno
affidabile di tutti gli organi sensibili. Ciò che meraviglia in questo
atteggiamento non è tanto la riserva sul carattere extraterrestre
delle meteoriti, di per sè comprensibile e ragionevole, quanto la
negazione del fenomeno stesso.
E' interessante leggere a proposito alcuni commenti. Il
mineralogista austriaco Stütz esclama: ".... è imperdonabile in
un tempo come il nostro credere a queste racconti!" Gli fa eco
dalla Svizzera il collega J.A. Deluc: "... se anche vedessi cadere
io stesso una meteorite, non crederei ai miei occhi." Nel 1772
Lavoisier firma un documento della Accademia delle Scienze di
Parigi in cui si sostiene che "la caduta di pietre dal cielo è
fisicamente impossibile", in realtà si tratta di frammenti di rocce
terrestri strappati dal fulmine. E Berthollet, di fronte alla
testimonianza scritta del consiglio municipale di Barbotan,
Francia, sulla caduta di una meteorite nel 1790, amareggiato
annota: "Quanto è triste che l'intera municipalità introduca
favole del popolo in un documento ufficiale presentandole come
un qualcosa di effettivamente visto, mentre esse non possono
essere spiegate nè da fisici nè da qualunque ragionevole
persona."
Questo atteggiamento ebbe come conseguenza un ritardo
enorme nello studio delle meteoriti e fu causa della perdita di
materiale. Non solo di quello che non fu raccolto per
disinteresse, ma anche di quello già accumulato: il
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mineralogista austriaco I. von Born fece gettare via, verso la
fine del 1700, tutta la ricca collezione imperiale di Vienna.
Anche quando nel 1794 E.F. Chladni dimostrò dopo
approfondite analisi che la meteorite di Pallas ed altre non
potevano essersi formate in condizioni terrestri, ma dovevano
essere di origine cosmica, lo scetticismo degli scienziati durò
ancora a lungo: molti sostennero che l'ipotesi di Chladni era
priva di senso e non meritava neppure di essere confutata.
Lavoisier studiò la meteorite di Lucé, Francia, e la descrisse
come "una pietra ordinaria, colpita e alterata dal fulmine, che
non mostra nulla di insolito all'analisi." Giudizio peraltro corretto.
Fu solo a partire dal 1803 che l'idea dell'origine extraterrestre
delle meteoriti cominciò a farsi largo nella comunità scientifica.
In quell'anno era caduta a L'Aigle nel Nord della Francia una
meteorite, del cui studio fu incaricato il grande fisico J.B. Biot
(1774-1862). Questi, dopo averla esaminata, concluse per
l'autenticità del fenomeno. L'Accademia della Scienze sanzionò
il riconoscimento. Misure della traiettoria confermarono l'origine
extraterreste. Nonostante qualche residua resistenza,
l'acquisizione rimase definitivamente. Le meteoriti si riveleranno
essenziali per interpretare la composizione interna della Terra.
Considerazioni conclusive
1. L'uomo fin dalla sua comparsa in questo mondo ha cercato
di interpretare la realtà che lo circonda - sia per fini utilitaristici,
sia per fini di conoscenza. Questo vale anche per quella insolita
categoria di oggetti naturali che sono i cristalli, i quali
differiscono dagli altri essenzialmente per la forma geometrica e
la bellezza.
Il punto di partenza per controllo e comprensione del reale è
sempre stato un dato sensibile fornito dall'osservazione o da un
esperimento. Da qui l'uomo è partito, e riflettendo sul fenomeno
osservato ha elaborato ipotesi, congetture, teorie nell'evidente
Percezione e pensiero nel mondo dei cristalli, Francesco Abbona, pp.97-168
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tentativo di spiegare il fenomeno e di inquadrarlo in una visione
più ampia. Si manifesta sin dall'inizio quella che sarà una
costante dell'uomo: l'aspirazione ad una conoscenza globale ed
unitaria.
Le prime teorie, più filosofiche che scientifiche, sorgono in
ambito greco: la teoria atomistica, quella aristotelica dei quattro
elementi, cui si aggiungerà più tardi quella alchemica. Teorie
con pretesa scientifica appariranno molto più tardi, nell'Europa
del 1600: ad esempio, la teoria vegetativa di P. de Tournefort
(1656-1708), quella del flogisto di Stahl (1660-1734).
Oggi tutte queste teorie hanno valore storico, perchè sono
state superate o rielaborate e sostituite da altre. Perchè è
capitato questo? In altri termini, che differenza c'è tra queste
teorie e quelle attuali? Dove erano i limiti?
2. Per teoria scientifica possiamo intendere un sistema
coerente di proposizioni riguardanti una determinata porzione
della realtà, costruite a partire da un dato o insieme di dati, che
sono il risultato di osservazioni, misure, esperimenti. Esse
debbono trovare verifica sperimentale ed avere anche valore
predittivo, che dovrà essere confermato nel confronto con
l'esperienza.
Se questo è il concetto di teoria scientifica, allora non si
possono considerare tali le speculazioni che si sono succedute
fino al 1500/1600. Il punto di partenza era un elemento della
realtà, che poteva anche essere correttamente interpretato; di
qui veniva ricavata una teoria esplicativa anche ingegnosa, per
lo più generica e vaga. Il difetto fondamentale era tuttavia la
mancanza di verifica sperimentale, cioè il ritorno alla realtà e
all'esperienza per la conferma, anche perchè mancavano gli
strumenti per la eventuale verifica. Così, ad esempio, nella
teoria dei quattro elementi il cristallo di rocca ha caratteristiche
tali per cui si può ragionevolmente pensare che sia costituito da
acqua congelata. Ma come dimostrarlo, con quali mezzi? Non
ce ne sono. Se poi uno sperimentatore fa notare che ghiaccio e
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cristallo hanno alcune proprietà fisiche molto diverse, la mente
umana trova argomentazioni logiche per controbattere
l'obiezione: il cristallo non è acqua pura, ma risulta composto
degli altri elementi. Così la teoria è salva, c'è un'apparenza di
spiegazione - ma l'ignoranza di fondo resta.
In definitiva, da un elemento della realtà correttamente colto e
interpretato si ricava una teoria ridondante che consente
un'eccedenza di interpretazioni equivalenti, rese possibili dalla
inderteminatezza della teoria stessa e dalla impossibilità della
verifica sperimentale, peraltro non cercata.
Viene da chiedersi: come mai certe teorie, come quella dei
quattro elementi, sono durate tanto? Certo l'autorità di Aristotele
ha avuto il suo peso, ma c'è da tener presente che essa era
ben strutturata, era parte organica di un discorso filosofico;
inoltre l'interesse nei secoli scorsi non era volto ad aspetti
particolari della realtà ma piuttosto ai principi generali e alle
realtà ultime. Il dato sensibile aveva importanza relativa. I
filosofi greci erano diffidenti verso le informazioni trasmesse dai
sensi, in particolare la vista. La verità conseguita con il
ragionamento appariva più sicura. Questa attitudine rimarrà, al
punto che Galileo incontrerà difficoltà nel far accettare le
immagini viste al telescopio.
3. Bisogna attendere il 1600 perchè sia espressamente
proposto il metodo sperimentale nello studio della natura,
grazie agli scritti e all'attività di vari studiosi tra cui F. Bacone,
Galileo, Gassendi, Cartesio. Già Alberto Magno nel Medioevo
aveva
osservato:
"Oportet
experimentum
probare...
Experimentum solum certificat in talibus.", ma era rimasta
un'osservazione isolata, in anticipo sui tempi, non inserita in
una metodologia dello studio della natura, come ora avviene. E'
anche cambiato il modo di guardare alla natura: essa è ancora
creazione di Dio, ma ha le sue leggi e i suoi meccanismi di
funzionamento, che la mente umana può cogliere. Si tratta cioè
di spiegare i fenomeni della natura "iuxta principia sua", come
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Epistemología de las Ciencias. El conocimiento. Aproximación al orden ontológico
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sosteneva già nel 1500 Bernardino Telesio (1509-1588). Nel
1600 Stenone poneva il problema in termini chiari: "Dato un
corpo figurato in un certo modo e formato dalla Natura, trovare
in questo stesso corpo gli indizi sicuri del luogo della sua
formazione e del modo con cui si è formato".
Le concezioni scientifiche e filosofiche erano strettamente
collegate, come dimostra la lotta lunga e tenace condotta
contro l'aristotelismo, e quindi anche contro la tradizione, come
premessa alla nuova scienza. Il programma di Cartesio anticipa
i principi dell'Illuminismo e della rivoluzione francese (e di altre):
"Per raggiungere la verità bisogna disfarsi di tutte le opinioni
ricevute e ricostruire di nuovo, dalle fondamenta, tutti i sistemi
delle proprie conoscenze". Galileo più concretamente propone:
"Misurare tutto ciò che è misurabile, e tentare di rendere
misurabile quello che non lo è." Si avvia così il processo che
vedrà affermarsi nei secoli successivi il pensiero scientifico e
progredire le conoscenze scientifiche.
4. Nonostante i principi così chiaramente esposti ed i successi
conseguiti in certi settori del sapere (fisica e astronomia), i
progressi nello studio di minerali e cristalli sono lenti, e si
registreranno risultati di rilievo solo verso la fine del 1700.
Quale le ragioni di questo ritardo?
La mineralogia non è una disciplina del tutto autonoma, ma
dipende da alcune altre, in particolare la chimica. Solo quando
questa avrà definito i suoi metodi, ciò che avverrà con Lavoisier
sul finire del 1700, la mineralogia potrà fare un balzo in avanti e
finalmente comprendere l'oggetto del suo studio - cosa che si
ripeterà dopo il 1913 quando la scoperta dei raggi X consentirà
di determinare la struttura interna delle sostanze cristalline -.
Pertanto la mineralogia quanto alla composizione rimane nel
buio della conoscenza fino agli inizi del 1800.
C'è però un elemento che diventa oggetto di studio
autonomo, ed è la forma geometrica dei cristalli. Su questa si
concentrerà l'indagine di un numero crescente di naturalisti e
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sul finire del 1700 saranno conseguite due acquisizioni
fondamentali, la legge della costanza dell'angolo diedro e la
legge delle intercette razionali. Con queste leggi nasce la
cristallografia, che si staccherà dalla mineralogia per diventare
disciplina indipendente. Il cammino non sarà lineare, ma lungo
e tortuoso, e richiederà circa due secoli di indagini, pensamenti,
dibattiti. Perchè?
5. Bisogna tener presente, e questo vale per tutte le epoche,
che l'uomo non è mai "tabula rasa", neppure di fronte ad eventi
od oggetti insoliti e sconosciuti, quali potrebbero essere i
cristalli. E' cresciuto ed è stato educato in un certo ambiente di
cui ha assimilato sin dall'infanzia non solo le regole del vivere,
ma anche tutta una visione del mondo (Weltanschauung). Non
esiste nessun altro settore disciplinare come la mineralogia, in
cui sia così evidente nell'interpretazione dei fenomeni l'influenza
delle concezioni filosofiche e degli orientamenti culturali
dominanti. Il punto di partenza è, certo, il dato sensibile, ma
questo (forma geometrica, colore, ecc.) viene colto in un
contesto interpretativo previo.
In un' epoca sacrale, l'uomo spontaneamente vede nel
cristallo un segno della divinità e lo tiene prezioso come oggetto
di venerazione e talismano di protezione. Il sentimento che lo
colpisce è la meraviglia e a quella si ferma. Può sorgere la
curiosità di sapere come si è formato, ma la risposta è pronta:
per volere divino. Non interessa il meccanismo. La curiosità
scientifica può sorgere solo quando si è preso un certo distacco
dall'oggetto, che pertanto deve avere perso il carattere sacrale.
6. Il cristallo non è più un oggetto sacro per gli studiosi del
1500, eppure essi guardano alla realtà che intendono indagare,
i cristalli, con i presupposti filosofici in cui sono stato formati. In
una concezione vitalistica unitaria dell'Universo di stampo
neoplatonico, in cui il tutto ingloba il particolare, i cristalli sono
considerati come entità dotate di vita o comunque capaci di
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riprodursi come le piante. La forma geometrica è il risultato
dell'influenza degli astri o di un potere germinativo innato.
L'interesse maggiore è per le proprietà applicative,
metallurgiche e terapeutiche.
7. Lo studioso del 1600, spinto e condizionato dalla filosofia
meccanicistica di ispirazione cartesiana, si volge con occhio
nuovo alla natura, ne coglie un aspetto sensibile che interpreta,
e su questa interpretazione cerca di costruire, affidandosi alla
potenza della logica deduttiva, una teoria che ha la pretesa
della universalità e generalità. In questo processo hanno un
grande rilievo i criteri dell'analogia e della verosimiglianza. Dalla
simiglianza di forma di alcuni vegetali e minerali si deduce la
simiglianza della genesi. Così sorge la teoria vegetativa di
Pitton de Tournefort (1702). Dallo studio delle stalattiti
Borricchius (1675) deduce che l'acqua è la sola materia delle
pietre, e per spiegare il passaggio da liquido a solido immagina
che le molecole d'acqua siano dotate di "ganci". Dalla analogia
di forma delle piume dei volatili e delle formazioni arborescenti
di ghiaccio Grew (1673) deduce una fantasiosa teoria sulla
genesi dei cristalli di neve.
Per spiegare la forma geometrica alcuni ammettono
l'esistenza di un principio "geometrizzante" insito nella materia
cristallina, capace di operare in determinate condizioni. Altri
ricorrono all'azione di un "succo lapideo" o cristallino disciolto
nell'acqua.
8. Nel 1700 l'invenzione del microscopio (Leeuwenhoek, 1665)
ridà vigore alla teoria atomistica, mai scomparsa e
vigorosamente ripresa dal filosofo Gassendi nel secolo
precedente. Si osservano al microscopio numerose sostanze
che ad occhio nudo appaiono informi, e si scopre un mondo
geometrico: minuscoli cubi di salgema, ottaedrini di allume, ed
altri. Di qui si conclude che le molecole della materia cristallina
non sono sferiche, ma debbono avere forma geometrica:
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Leeuwenhoek crede vedere al microscopio gli atomi stessi.
Baker (1698-1774) nel 1764, dallo studio morfologico di
qualche dozzina di sostanze, asserisce: "La costanza delle
forme cristalline della stessa sostanza prova che le particelle
componenti la sostanza hanno forma determinata e
inalterabile".
La concezione atomistica risveglia un intenso interesse per la
cristallizzazione, ove si spera di cogliere la realtà ultima grazie
al microscopio. Le ricerche, necessariamente parziali, portano
gli studiosi a postulare, secondo l' esperienza di ciascuno, o un
principio acido, o uno alcalino, o uno salino come responsabili
della forma geometrica. E' un progresso rispetto ai principi
generici prima enunciati. Bastano tuttavia poche esperienze
perchè il naturalista ne tragga conclusioni di carattere generale.
La ricerca metodica e meticolosa è ancora sconosciuta, mentre
rimane viva la tendenza alla grande sintesi, eredità dei secoli
precedenti. Ogni studioso ha la sua teoria, che propone senza
troppo preoccuparsi di quelle altrui. Trova applicazione corrente
il principio, ora esplicitamente enunciato: "Non c'è forse nessun
fenomeno in Natura abbastanza isolato, perchè la sua
spiegazione non supponga quella di parecchi altri e spesso
l'elaborazione di un sistema generale del Mondo" (Mairan,
1749).
Con disinvoltura si accolgono teorie da altri settori della
scienza. Per spiegare il motivo per cui le molecole si riuniscono
a formare il cristallo, si ricorre alla teoria della gravitazione
universale di Newton. Si ammette senza dubitare che tra le
molecole si esercitino le stesse forze di attrazione che si
manifestano tra gli astri. Così pensano Buffon, Bourguet ed
altri.
Intanto si sono accumulati i dati e le osservazioni che
vengono da naturalisti, metallurgisti, chimici e dall'ambiente
minerario. Un primo risultato è la sfiducia verso le grandi teorie,
chè quelle finora proposte non sono più in grado di spiegare la
varietà dei fenomeni, anzi portano spesso a conclusioni
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Epistemología de las Ciencias. El conocimiento. Aproximación al orden ontológico
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contradditorie. Lo scoramento è grande: "Il pensiero è
impotente a scoprire con le sole sue forze l'origine dei prodotti
naturali" (Barrère, 1746). Si avverte l'esigenza di osservazioni
più approfondite ed attente. E' il momento in cui l'interesse si
sposta sulla sperimentazione e sullo studio del caso singolo. La
percezione prende il sopravvento sulla speculazione. Si
riscopre l'osservazione di Agricola (XVI sec.): "Le cose che
vediamo con i nostri occhi e che comprendiamo con i nostri
sensi sono più facilmente dimostrabili che se imparate con il
ragionamento". L'influenza dell'empirismo inglese si fa sentire.
La mineralogia da speculativa diventa sperimentale e
descrittiva. L'accresciuto interesse per la natura si manifesta
nelle collezioni degli oggetti più disparati, inizialmente i più
strani e insoliti (fossili, minerali, piante, cristalli, rocce, ecc.).
Diventano di moda i "cabinets de curiosités" e i "cabinets
d'historie naturelle".
Di pari passo si fa sentire l'esigenza di una classificazione.
Verso il 1750 vengono pubblicati i primi "dizionari," ove in
mancanza di altri criteri si segue l'ordine alfabetico. L'arte
mineraria ha fatto progressi con la scoperta di nuovi minerali e
metalli. Nuovi cristalli sono stati preparati in laboratorio e
scoperti in natura. Si pone il problema: su quali basi classificare
la massa di dati? Cappeller (1723), Linneo (1768), Romé de
l'Isle (1772), Werner (1774) affrontano la questione,
proponendo soluzioni diverse, in cui per ignoranza della
composizione un ruolo sempre più importante nella
classificazione è rappresentato dalla forma geometrica esterna.
Romé de l'Isle, partendo dal principio che ci deve essere un
rapporto costante tra composizione e forma cristallina,
contrariamente all'opinione di Buffon e di altri, arriva ad
enunciare la prima legge empirica della cristallografia (17721783).
Intanto anche la riflessione epistemologica si approfondisce e
porta alla definizione dei rapporti tra teoria e sperimentazione:
"Se il ragionamento è l'organo della vista del fisico, l'esperienza
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ne è il tatto: quest'ultimo deve rettificare gli errori cui il primo è
troppo facilmente soggetto. Se l'esperienza che non è diretta
dalla teoria è sempre brancolamento cieco, la teoria senza
l'esperienza non è che colpo d'occhio ingannatore e incerto."
(Macquer, 1750).
Sul finire del 1700, a coronamento di questo periodo
travagliato, ecco la prima vera teoria scientifica in ambito
mineralogico. E' la teoria strutturale di Haüy dedotta dallo studio
di una proprietà meccanica, la sfaldatura dei cristalli. La teoria
solleva subito obiezioni (non tutti i cristalli si sfaldano; certi
poliedri di sfaldatura, come l'ottaedro, non possono riempire
tutto lo spazio per cui rimangono dei vuoti nell'interno del
cristallo), ma si rivela così feconda nella rappresentazione
matematica dei cristalli che Haüy la difende a spada tratta e
cerca di farvi rientrare i casi anomali. Non reggerà all'urto delle
scoperte successive, soprattutto chimiche, ma Bravais (18111863) saprà coglierne l'essenziale, il carattere periodico, e
facendo astrazione dal contenuto fisico ne trarrà la teoria
reticolare, tuttora valida, anzi introdurrà quell' ulteriore
astrazione geometrica che è il reticolo reciproco, la cui utilità
sarà manifesta solo dopo il 1920.
9. Nel 1800 si mantiene l'atteggiamento di cautela verso le
teorie. Chimici e mineralogisti evitano le "speculazioni" e danno
la priorità ad osservazioni ed esperimenti. Così Dalton (17661844), a proposito della natura delle particelle che entrano nella
costituzione dei cristalli, osserva: "Forse a tempo debito saremo
in grado di stabilire il numero e l'ordine delle particelle
elementari di un composto e di qui determinare la forma che
preferirà nella cristallizzazione ... ma sembra prematuro
proporre una qualunque teoria su questo argomento fino a
quando non avremo scoperto da altri principi il numero e
l'ordine degli elementi primari." (1808).
E. Mitscherlich (1794-1863) rinuncia a spiegare il fenomeno
del dimorfismo da lui scoperto, secondo il quale una stessa
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sostanza può formare due tipi di minerali e cristalli diversi tra
loro, perchè ciò sarebbe una "pura congettura allo stato attuale
delle conoscenze" (1822-1823).
Si riconoscono la complessità dei fenomeni e le loro
interrelazioni. Gli studiosi tendono a dividersi il campo di
indagine, nasce la specializzazione all'interno della mineralogia.
10. Le concezioni filosofiche sembrano rivestire in questo
periodo una posizione marginale, in realtà esse condizionano
nascostamente il modo di procedere nello studio della realtà,
anzi il modo stesso di guardare alla realtà. La cosa risulta
evidente nella polemica tra mineralogisti francesi e tedeschi a
proposito della teoria di Haüy. Delafosse e Durozier scrivono
nel 1850 che la ragione per cui i mineralogisti tedeschi si
oppongono alla ipotesi strutturale di Haüy e alla teoria
molecolare è da trovarsi nella loro adesione alla filososfia
idealista, che li ha portati a preferire "le vaghe oscure
spiegazioni della concezione che loro chiamano dinamica alle
semplici chiare e positive opinioni che noi deduciamo dalle
ipotesi atomistiche". Di conseguenza i cristallografi tedeschi,
limitandosi a considerare la forma e trascurando la relazione
con la struttura, riducono la cristallografia a scienza
esclusivamente geometrica.
L'osservazione dei francesi è corretta: i più notevoli
mineralogisti tedeschi dell'epoca, che daranno un contributo
fondamentale alla cristallografia geometrica e allo studio della
simmetria, hanno tutti subito l'influsso del pensiero di F.
Schelling (1775-1854), per il quale la natura fa parte
dell'Assoluto ed è caratterizzata da una intrinseca polarità. Ogni
fenomeno risulta dall'equilibrio di due tendenze opposte, che
per quanto riguarda i fenomeni chimici sono la forza di
attrazione e quella di repulsione. C.S. Weiss (1780-1856)
nell'articolo Dynamische Ansicht der Kristallisation applica
questi principi alla cristallizzazione e spiega che queste forze
sono in equilibrio nello stato fluido, ma se prevalgono quelle
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repulsive, si verifica la cristallizzazione. E poichè le forze
repulsive sono direzionali, ne risulta un solido con determinate
facce. L'accento messo sul carattere direzionale avrà un
rilevante importanza perchè opportunamente sviluppato porterà
alla nozione di asse di simmetria e di asse cristallografico e
quindi ad una rappresentazione molto semplice della legge di
Haüy. Per Weiss le forme che presentano i cristalli sono
dunque il risultato necessario di forze generative, le cui
direzioni determinano la forma. Anche Mohs (1773-1839)
risente delle idee della Naturphilosophie quando definisce la
forma cristallina e introduce la classificazione dei cristalli in
base alla simmetria. I due studiosi creano il background
concettuale che consentirà ad Hessel (1796-1872) la
sistemazione rigorosa della simmetria esterna dei cristalli e a
Söhncke (1842-1897) quella della simmetria interna
relativamente agli assi di rotazione. La concezione dinamica e
idealista si farà sentire anche nelle ricerche della chimica e
della fisica.
11. Il condizionamento di una teoria può essere così forte che
anche quando una nuova la soppianta, essa continua a contare
adepti. E' il caso di J. Priestley (1733-1804), grande e
abilissimo sperimentatore, scopritore dell'ossigeno e di
numerosi composti chimici, che rimase fedele alla teoria del
flogisto e ancora la difendeva a vent'anni dalle esperienze di
Lavoisier che ne avevano dimostrato l'inconsistenza. Egli aveva
accumulato una massa impressionante di dati e risultati
sperimentali originali, che non riuscì ad interpretare con la
teoria del flogisto, e che invece Lavoisier utilizzò per la sua
teoria, che ora è alla base della chimica moderna.
12. Oggi, qual è il rapporto tra percezione e pensiero nel
mondo dei cristalli? E' un rapporto complesso e non immediato
a causa anche della estrema specializzazione disciplinare che
ha portato alla frantumazione anche il sapere cristallografico. Il
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livello di astrazione e formalizzazione è così alto che solo lo
specialista ha la piena comprensione dei processi e dei metodi
usati per arrivare al risultato.
Da una parte c'è l'oggetto in studio - il cristallo - e dall'altro un
risultato - che può essere, ad esempio, la struttura cristallina,
cioè la disposizione degli atomi nel cristallo stesso,
rappresentata in genere da un modello tridimensionale in scala.
Tra questi due estremi sta una serie di esperimenti
appositamente progettati con strumentazione sofisticata, che
portano ad un certo risultato intermedio. Ad esempio, facendo
incidere un fascio di raggi X sul cristallo avvolto da una pellicola
fotografica, si ottiene sulla pellicola una serie di macchie nere,
più o meno intense. regolarmente disposte. A questo punto
entra in ballo la teoria, che in realtà non è una, ma risulta dalla
integrazione di teorie geometriche e fisiche: teoria reticolare dei
cristalli, teoria dei gruppi spaziali, teoria della diffrazione dei
raggi X. Queste a loro volta si fondano su teorie e metodi
matematici (serie di Fourier, ecc.). Grazie a questi apporti, dalla
posizione e dalla intensità delle macchie si risale alla
disposizione spaziale degli atomi. Ciò che si ottiene è un
modello approssimato, tanto che se ne valuta la corrispondenza
con quello ideale mediante un "fattore di affidabilità". La
conferma viene da una parte dalla coerenza dei risultati,
dall'altra dagli apporti di altre discipline che utilizzano o studiano
i cristalli: i risultati ottenuti in questi settori ben si accordano con
la struttura cristallina proposta, che viene così indirettamente
confermata.
Che poi si scopra che si possono preparare solidi cristallini a
simmetria cinque, non prevista dalla teoria reticolare dei cristalli,
non turba più di tanto. Siamo abituati alla meraviglia, si tratterà
di rivedere la teoria, per questo ci sono i cristallografi teorici...
Il pensiero domina e controlla la percezione - questa stessa
viene creata (le macchie) a partire dal cristallo. Il quale non
esiste più: è stato sostituito da quelle macchie e su quelle il
cristallografo strutturista lavora.
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13. Lo studioso di oggi non si pone più problemi filosofici
davanti al cristallo. Usa indifferentemente concetti e metodi
della teoria atomistica, della termodinamica statistica, della
teoria dei quanti, ... Il problema è la soluzione di un caso
specifico o la interpretazione di fenomeni a scala sempre più
piccola, a livello atomico, grazie alle crescenti possibilità
analitiche e risolutive degli strumenti a disposizione. L'interesse
non è più per le grandi visioni sintetiche e unitarie, guardate con
sospetto, ma per il metodo, la simulazione, la modellistica. E il
cristallo non è più nè simbolo nè segno, non rimanda ad altro
che a se stesso. Che sia naturale o sintetico, di un metallo, di
un minerale, di una proteina, non importa. Non c'è spazio per
una metafisica. La meraviglia è finita, conosciamo le condizioni
e i meccanismi della loro crescita che ci consentono di produrre
cristalli anche più perfetti di quelli naturali. La metodologia è
diventata metafisica: non c'è nulla al di fuori del cristallo - in
questo senso il cristallografo di oggi è ancora filosofo.
14. Eppure l'uomo, per il quale il cristallo non è un problema da
risolvere scientificamente, avverte che il cristallo naturale è
qualcosa di più di un cristallo, di un associazione ordinata di
atomi e molecole. Non si rassegna a questa riduzione, ha
bisogno di senso e di unità, vuole vivere l' armonia e la bellezza
che pre-sente nella natura e che vede esplodere nel cristallo.
Sarà qui una delle ragioni del successo imprevisto di quel modo
di guardare alla realtà che va sotto il nome di New Age? Il
curioso è che in questi movimenti i risultati della fisica e della
chimica vengono accettati, anzi da questi si parte per
concludere che il cristallo è un concentrato di energie
cosmiche, muto testimone di epoche remote dove regnava
l'armonia della natura, segno di ua realtà di bellezza e di pace
cui l'uomo può accedere purchè lo voglia. Il cristallo diventa
l'intermediario tra l'uomo e la realtà cosmica, e per la sua
origine e struttura è dotato della capacità di rigenerare
spiritualmente, grazie alle energie insite, chi lo avvicina con
spirito di umiltà. Anzi, la sua attività va oltre: poichè tutto
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nell'Universo è vibrazione ed energia e anche l'uomo è parte
solidale del tutto, il cristallo può essere benefico anche per la
salute del corpo, oltre che della psiche.
Vuol dire tutto questo che la mente umana trova il suo riposo
e la sua pace solo in una visione olistica, dove il singolo è parte
integrante del tutto e nulla è lasciato fuori? In definitiva, che la
vita e l'Universo debbon avere un unico senso?
Sappiamo dove sono le miniere d'argento
i luoghi per raffinare l’oro
sappiamo che il ferro si estrae dal suolo
e il rame da certe pietre fuse.
L'uomo laggiù tra le pietre
trova zaffiri e polvere d'oro.
L'uomo taglia le rocce
mette sottosopra i monti fin dalle radici
si apre un passaggio nella pietra
e scopre minerali preziosi.
Ma dove è possibile trovare la sapienza?
Giobbe, 28, La Bibbia. LDC -ABU, 1985
DIÁLOGO
- Prof. Abbona: Poiché non ho esposto che una minima parte di un
campo estremamente vasto e interessante, immagino che ci siano
domande.
- Dra. Rava: A cosa è dovuta la colorazione delle pietre preziose? E' il
risultato di un processo particolare?
- Prof. Abbona: I principi di formazione delle pietre preziose sono gli
stessi che valgono per tutti i minerali e i cristalli. Adesso le pietre
preziose si sanno preparare anche in laboratorio: smeraldi, rubini,
diamanti... Le cause della colorazione possono essere molteplici:
presenza nel cristallo di impurezze, cioè di elementi estranei (ad
esempio, tracce di cromo sono la causa del bel colore rosso del rubino,
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che è un ossido di alluminio di per sè incolore; il colore blu dello zaffiro è
dovuto a tracce di ferro, quello blu del diamante al boro; ecc.); difetti
interni (il colore blu di certi cristalli di salgemma e fluorite è attribuibile a
ioni mancanti nel cristallo); a radiazioni (irradiando con raggi X o ( un
cristallo di quarzo contentente ferro, la colorazione diventa violetta: è il
quarzo ametista), ecc.
- Dra. Rava: Sono occorse una grande pressione ed alte temperature
perché la roccia producesse la pietra preziosa?
- Prof. Abbona: Non necessariamente. Dipende della natura della pietra
preziosa. L'ametista (varietà di quarzo) non richiede grandi pressioni, si
può preparare da soluzioni idrotermali a 400ºC e 2000 atm. Per il
diamante occorrono più alti valori di temperatura e soprattutto di
pressione (1400ºC e 55000 atm). Pietre come il turchese si possono
preparare invece da soluzioni acquose a ben più basse temperature.
- Prof. Prosperi: Come il sale.
- Prof. Abbona: Certo, ma non è una gemma.
- Dra. Rava: Io facevo riferimento al diamante, allo smeraldo, al rubino,
...
- Prof. Abbona: Per ottenere il rubino in laboratorio bisogna portare a
fusione l'ossido di alluminio (oltre 2054ºC) miscelato con un po' di ossido
di cromo. Sarà il cromo che impartirà il colore rosso rubino al materiale
cristallizzato. Senza cromo si otterrebbe allumina incolora o bianca,
utilizzabile peraltro come materiale isolante. (L'allumina è un ossido di
alluminio di formula Al2O3). Il cromo invece quando entra nel berillo,
impartisce una splendida colorazione verde: lo smeraldo.
- Prof. Benedit: Che cosa è il cristallo?
- Prof. Abbona: Dare definizioni è sempre difficile... Il cristallo si può
definire come un poliedro geometrico convesso, limitato da facce piane,
che si sono formate per un processo naturale. Questa definizione vale
anche per i cristalli preparati in laboratorio: questi non sono più
ovviamente oggetti naturali, ma sintetici, tuttavia la loro genesi segue
leggi naturali, cioè, ben precise leggi chimico-fisiche, le stesse che
portano alla formazione dei cristalli che si ritrovano in natura.
Il problema è piuttosto spiegare la regolarità della forma cristallina. Ma
questo significa aprire un altro capitolo. Nel passato, per spiegare
l'eccezionale regolarità e bellezza della forma, si pensava che queste
fossero il risultato di una operazione divina. Nel medioevo si ritiene che
siano piuttosto opera di potenze celestiali, effetto di astri, quindi ecco il
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collegamento con l'astrologia. Nel Sei-Settecento si invocano principi
geometrizzanti insiti nella struttura. E' un concetto vago, che ha il merito
di portare la ricerca delle cause nell'oggetto stesso e non in fattori
esterni. Furono invocati anche principi salini, principi acidi, principi basici,
secondo se lo sperimentatore si cimentava con sali, acidi o basi.
Il primo che cercò una soluzione su base strutturale fu Keplero. Egli
era rimasto colpito dalla forma esagonale dei fiocchi di neve e per
spiegarne la formazione fece l'ipotesi che fossero costituiti da goccioline
sferiche di acqua congelata, accostate le une alle altre. Il tentativo non
ebbe successo, perché non gli riuscì di spiegare la formazione delle
dendriti (forme arborescenti).
La prima risposta scientifica a questo problema si ebbe solo alla fine
del 1700, con il francese abate Haüy. Partendo dallo studio dei cristalli di
calcite, ricavò una teoria strutturale, secondo la quale i cristalli di calcite
di qualunque forma risultano costituiti dalla associazione o
giustapposizione di un grandissimo numero di piccolissimi romboedrini di
calcite. Cosa sono questi romboedrini? Sono i solidi che si possono
ricavare sottoponendo i cristalli di calcite di qualunque forma ad una
opportuna operazione di rottura (in termine tecnico sfaldatura, cioè una
rottura che avviene secondo superfici lisce e piane). Dalla sfaldatura di
cristalli diversi di calcite si ottiene sempre lo stesso romboedrino, detto
romboedro di sfaldatura. Questo poliedro è l'unità strutturale di base con
cui è possibile spiegare la forma di qualunque cristallo: basta ripeterla
opportunamente nelle tre direzioni dello spazio per avere il cristallo
macroscopico. L'ipotesi venne sviluppata e Haüy ne trasse tutte le
conseguenze implicite. In questo modo egli riuscì a costruire una teoria
scientifica per cui viene giustamente considerato il padre della
cristallografia. La teoria trovò conferma sperimentale solo nel 1912, in
seguito alla scoperta dei raggi X. Con l'applicazione di questi allo studio
dei cristalli si potè risalire alla loro struttura, cioè alla disposizione
spaziale degli atomi costituenti.
- Dra. Archideo: Si potrebbe dire, per dare una definizione più o meno
descrittiva, che il cristallo è una formazione la cui struttura dipende dal
materiale?
- Prof. Abbona: Sì, certamente, dipende della natura del materiale, in
definitiva dalla struttura elettronica degli atomi componenti.
- Dra. Archideo: Allora sarebbe forma-materia, in certo senso.
- Prof. Abbona: Non ho mai pensato, sinceramente, a questa possibile
interpretazione o collegamento. E' certo che dipende della natura del
materiale.
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Forma in cristallografia vuol dire insieme di facce legate tra di loro
dalla simmetria e per questo ugualmente sviluppate. E' un concetto
teorico. Ad esempio, il cubo è una forma costituita da sei facce
equivalenti. Essa è comune a più minerali (salgemma, galena, ecc.);
ugualmente il romboedro, comune alla calcite, al quarzo, alla dolomite, ...
I cristalli di una stessa specie possono presentare forme molto diverse
tra loro: si pensi alla calcite, che può cristallizzare con abiti tabulari,
prismatici, scalenoedrici, ecc. E' possibile cambiare la forma di un
cristallo agendo sulle condizioni esterne. Ad esempio, se si fa
cristallizzare il salgemma in presenza di urea, non si ottengono cubi, ma
ottaedri.
- Dra. Archideo: Sì, ma si aggiunge un altro materiale.
- Prof. Abbona: Certo, questo però rimane all'esterno, non entra cioè
sempre nella composizione e nella struttura. Nel caso dei cristalli di
calcite, che ha una grandissima variabilità di forme, non si è ancora
riusciti a dare una spiegazione convincente di questa ricca
fenomenologia, che trova le sue radici nella struttura delle singole facce
e nelle loro relazioni con l'ambiente di crescita. Il cristallo cresce perché
crescono le sue facce parallelamente a se stesse, strato dopo strato, per
deposizione continua di materia. Crescendo queste facce con velocità
diverse, alla fine si hanno risultati duversi.
In breve, la forma cristallina dipende dalla natura del composto, più
precisamente dalla sua struttura (cioè dalla disposizione spaziale degli
atomi) e dalle condizioni dell'ambiente di crescita, cioè temperatura,
pressione e composizione chimica del mezzo. Ecco qui la foto di un
cristallo cubico di salgemma. Accanto è disegnata la struttura, dove si
alternano atomi di sodio ed atomi di cloro (anzi, ioni). La più piccola unità
strutturale è la cosiddetta cella elementare, chè ha la forma di un cubo.
Essa rappresenta tutta la struttura: gli ioni di sodio sono ai vertici e al
centro delle facce del cubo, gli ioni di cloro sono a metà degli spigoli e al
centro del cubo. Le distanze tra gli ioni sono dell'ordine dell'Å (1Å=108
cm, cioè = 0.000000001 cm). Dalla ripetizione nello spazio di un
grandissimo numero di volte di questo cubetto elementare si ottiene il
cristallo macroscopico.
Il cristallo è la manifestazione più evidente di quel particolare stato
della materia, che viene detto cristallino. Esso è caratterizzato dalla
ripetizione periodica di una unità costitutiva nelle tre direzioni dello
spazio. E' dunque ordinato. La materia può esistere anche allo stato
disordinato, detto anche amorfo o vetroso. Cristalli e vetri si distinguono
infatti per l'ordine strutturale: presente nei primi, assente nei secondi. Per
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i fisici lo stato cristallino è il vero ed unico stato solido, mentre lo stato
vetroso è considerato strutturalmente un liquido sottoraffreddato.
Vorrei terminare mostrando come oggi si guarda ai cristalli e come se
ne studia la struttura. Il metodo di studio può servire ad illustrare il tema
del nostro incontro, cioè il ruolo della percezione e della teoria.
Prendiamo un cristallo di smeraldo, che ha la forma di un prisma
esagonale limitato da due facce basali.
- Prof. Prosperi: Lo smeraldo che cosa è?
- Prof. Abbona: Lo smeraldo è un silicato di berillio e alluminio.
Dall'analisi chimica sappiamo che ci sono tre atomi di berillio, due di
alluminio, sei di silicio e diciotto di ossigeno. In formula Al2Be3Si6O18.
Vogliamo determinarne la struttura, cioè, sapere come sono disposti
questi atomi. Cosa si fa? Si prende un cristallino anche molto piccolo,
dell'ordine di qualche decimo di millimetro, lo si incolla su un capillare di
vetro e si fa incidere su questo cristallo un fascio di raggi X. I raggi X
sono radiazioni elettromagnetiche con lunghezza d'onda dell'ordine dell'
amstrong (Å), cioè dello stesso ordine di grandezza delle distanze tra gli
atomi nel cristallo. Quando i raggi X incidono sul cristallo, può avvenire
un fenomeno di interferenza, né più né meno come capita con i reticoli
ottici quando si fa incidere la luce. Si hanno effetti di diffrazione che
vengono raccolti su di una pellicola, che sviluppata mostra un insieme di
macchie nere più o meno intense, disposte con una certa regolarità. Di
qui si parte, e a che cosa si arriva? Si arriva a un modello di struttura, in
cui un atomo di silicio appare circondato da quattro atomi di ossigeno, un
atomo di berillio da quattro ossigeni e l'alluminio da sei. I tetraedri SiO4
sono legati tra loro in modo da formare anelli esagonali. Questo modello
di struttura ci permette di comprendere la morfologia del cristallo ed altre
proprietà, ad esempio, la sfaldatura, cioè il modo con cui si rompe.
Ma come si passa dallo spettro di diffrazione al modello di struttura?
Questo è il problema. Si passa attraverso l'applicazione di una serie di
teorie che sono geometriche (teoria del reticolo diretto e del reticolo
reciproco), matematiche (serie di Fourier, teoremi della convoluzione,
ecc.) e fisiche (teoria della diffrazione). E' solo grazie all'applicazione di
questi strumenti concettuali che si arriva al modello di struttura. Il cristallo
in quanto tale non esiste più: è stato sostituito da un insieme di punti (il
reticolo) e di macchie più o meno intense, sulle quali si lavora ricorrendo
a tutto un apparato fisico-matematico astratto, splendida costruzione
dell'intelletto umano.
- Dra. Archideo: Ma, si trovarono nella realtà quelli modelli di struttura,
per l'interferenza dell'ambiente?
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- Prof. Abbona: Come cristallografi, mineralogisti, sí, certo crediamo alla
realtà di questi modelli. La sferetta gialla rappresenta l'atomo di silicio,
che ha quel certo numero di neutroni, protoni, elettroni ... attorno al silicio
c'è l'ossigeno disposto ai vertici di un tetraedro, e così via. Sono entità
che esistono al di fuori di noi, di cui si riconosce l'esistenza. Questa è
l'accezione corrente. E' un modello che è rappresentativo, funziona
coerentemente.
- Prof. del Re: Il termine "funziona" potrebbe far pensare che noi non
crediamo alla realtà...
- Prof. Abbona: No, noi attribuiamo
indipendente, a questi oggetti.
una
esistenza
oggettiva,
- Prof. Del Re: Funziona nel senso che questa ipotesi spiega tutto.
- Prof. Prosperi: Ho un commento da fare.
- Prof. Abbona: Sì, prego.
- Prof. Prosperi: Ecco, questo si inserisce, per esempio, col discorso che
ho fatto tante volte sui modelli. Allora, prendiamo questo. Questi qui ci
sono gli atomi che sono rappresentati dalle sferette, alcuni più grandi che
sono quelli di cloro, alcuni più piccole che sono quelli di sodio, c'è la
possibilità di compattarsi in un certo modo proprio per ragioni che sono
di tipo geometrico, tra l'altro tutti i gruppi che stanno ... si possono
mettere in relazione con gruppi finito che si studiano in matematica.
Allora, questo, cosa vuol dire? Questo noi certamente riteniamo che
abbia un contenuto reale. Contenuto reale in che senso? Nel senso che
gli atomi sono proprio delle sfere, non so, come magari pensava
Democrito sicuramente no tanto è vero che gli atomi poi noi gli possiamo
ulteriormente analizzare la struttura, per esempio, pensando che sono
fatti da un nucleo centrale, un certo numero di elettroni che si muovono
attorno. E come facciano a stabilire come sta insieme quell'atomo?
Abbiamo bisogno dell'equazione di Schrödinger, e poi addirittura
associamo delle onde a quegli atomi e poi qual è l'origine del legame
chimico che tiene insieme quegli oggetti, di nuovo dobbiamo affrontare,
per esempio, la nostra comprensione si basa sullo studio dell'equazione
di Schröndinger, ecc., la quale equazione di Schrödinger è quella
famosa chiamata "prima quantizzazione" in cui per lo meno gli elettroni, i
protoni, i neutroni, sono degli oggetti primari, però in realtà noi oggi
sappiamo se vogliamo studiare quei fenomeni dobbiamo pensarli a
campi quantizzati e a questi oggetti come stati di questi campi. Allora, un
modello di questo tipo riesce a farci capire e quello minimale che riesce
a farci capire qual è, col modello più semplice possibile, riesce a farci
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capire un certo numero di proprietà. Se vogliamo capire altre proprietà
non possiamo farlo con un contesto, un modello di questo genere in cui
quegli atomi sono rappresentati da semplici sfere, ma dobbiamo
utilizzare qualche cosa di più raffinato che apparentemente è anche
molto diverso. La cosa importante è che esiste una stretta
corrispondenza per cui, addirittura, per esempio, un modello di questo
genere, ci dice se io affronto il problema dal punto di vista dell'equazione
di Schröndinger, cioè di queste equazioni delle onde di quelle, devo
trovare degli stati stazionari, bisogno dei problemi di ... valore, ecc., mi
dice, per esempio, che tipo di soluzione devo cercare rispetto ad altre.
Cioè, questa scrittura può essere anche intessa come rappresentazione
in codice di cose molto più raffinate come sono la costruzione di certe
soluzioni dell'equazione di Schröndinger che mi permette di spiegare
tutta una serie di proprietà che da questo punto di vista che con questo
semplice modello non potrebbero essere spiegate. Questa è una
caratteristica che sostanzialmente io, come ho detto tante volte, è
strutturale della scienza, tu poi dire, questo ha una realtà, questo
sicuramente ha una realtà, tanto è vero che non solo mi parla e mi
permette di capire fenomeni come quelli della diffrazione, della
formazione di quelle figure che sono state scritte, ecc, ma molto di più,
addirittura contiene già in quella forma delle indicazioni per un modello
che appartiene a una gerarchia superiore e che mi permette di spiegare
tante altre cose. Però è un modello, cioè, ad ogni livello c'è un contenuto
di realtà nel senso che sto costruendo qualche cosa che mi parla della
realtà. Naturalmente, questo non vuol dire aver colto l'essenza vera ed
intrinseca, io questo non c'è l'ho a nessun livello, però a ciascun livello...
su una base l'ho usato molte volte, l'ho visto riguardando anche le notte,
oltre tutto una domanda che mi hai fatto tu, ho usato il criterio modello e
analogia sono la stessa cosa, da un certo punto di vista. Quelle sono
delle sfere, sì, appunto, modellisticamente, cioè, possiamo
rappresentare, ma sono delle sfere in certo senso, in un senso
analogico, perché non è vero che sono sfere. Ecco, però è un modo che
ci parla della realtà nel rappresentarci di quel modo, se voglio fare delle
cose più sottili, devo usare un modello più sofisticato, nessun modello è
esaustivo, ogni modello è in una relazione gerarchica con gli altri, al
punto che, in qualche modo, questo può essere un modello delle
soluzioni dell'equazione di Schröndinger le quali vogliono essere un
modello.
- Dra. Archideo: Si approssima, ognuno si approssima di più.
- Prof. Abbona: Non è una approssimazione.
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- Prof. Prosperi: Ma si approssima, tante volte cambia addirittura, le
categorie concettuali perché a un certo punto sto parlando di onde, però
questo non vuol dire che non sia, è sempre, in una corrispondenza con
la realtà, e mi sta parlando della realtà. Insomma, altrimenti se non fossi
così, perché le farei tutte queste cose, delle conseguenze che dal punto
di vista pratico-operativo, quindi, va bene, se uno vuol dire che sono solo
dei giochi, dica che sono solo dei giochi. Allora, sono liberi perché io
devo stare attento a cercare di capire che ha delle conseguenze
notevolissime, quando uno ha tirato la bomba atomica su Nagasaki, io
non so, se quello era un modello, una cosa così, scusate, acquistiamo
un potere di controllo sulla natura che per questo stesso ci dice che è
qualcosa di reale, io non capisco che cosa vuol dire realtà se uno non
accetta questo, però in questa forma analogica, ecc. Cioè, secondo me,
esempi di questo tipo ho portato tante volte, ho detto immaginiamo un
modello di cristallo fatto con palline, ecc., poi i modelli non gli avevo
mai...
- Dr. Gratton: Yo quería hacer algunas preguntas. Primero un breve
comentario, además de decirle que disfruté mucho de la conferencia.
Quería decir que los cristales también tuvieron una gran importancia
en la historia del desarrollo conceptual de la física, hace un momento
estábamos viendo el fenómeno de la birrefringencia con algunos de los
cristales que Ud. trajo y entonces, me acordé de Huygens y la
importancia que tuvieron para el desarrollo de la óptica, y luego, Ud.
habló de que la física tuvo un aporte para la comprensión de la
estructura de los cristales a través de la difracción de Rayos X y a su
vez yo quería agregar que también los cristales dieron una ayuda en el
desarrollo, precisamente, de la mecánica cuántica al comienzo de este
siglo al poner en evidencia el efecto de difracción de haces de
electrones, demostrando por primera vez que también los electrones
que hasta entonces se consideraban como partículas, tenían aspectos
de comportamiento ondulatorio. Así que es muy rica la historia de
interacción entre mineralogía o estudio de los cristales y el desarrollo de
algunas ramas de la física.
Ahora, las preguntas son éstas. Cuando Ud. mostró estas
interesantísimas estructuras arborescentes que parecían vegetales, vi
también allí cómo se manifiestan aspectos fractales, de esto se ha
hablado mucho recientemente, y a lo mejor Ud. quiere hacer algún
comentario.
Es decir, que entonces, habría una estructura matemática también en
la formación y el crecimiento. Luego he escuchado decir que Ud. se
especializa o se interesa mucho en el tema del crecimiento de los
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cristales, y quizás, algo que sería de interés para todos, -dado que
estamos por cambiar de siglo muy pronto- si hay alguna novedad,
alguna expectativa experimental en crecimiento de cristales que valdría
la pena que Ud. comentara, algún hecho nuevo en tiempos recientes o
alguna expectativa en cuanto a la producción y crecimiento di cristales
en laboratorio.
- Prof. Abbona: C'è stato un notevole interesse per la crescita dei cristalli
soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale, e va aumentando. La
necessità di materiale cristallino ad uso tecnologico ha dato una grande
spinta alla ricerca di nuovi materiali ed anche allo studio teorico sulla
formazione dei cristalli. Si è riconosciuto che il processo passa
attraverso due momenti: la formazione dei primi germi cristallini, o
nucleazione, e la crescita successiva di questi a cristalli. Le teorie sulla
nucleazione cominciano ad apparire negli anni trenta, mentre per la
crescita bisogna attendere il 1951 con la teoria BCF (da Burton, Cabrera
e Frank), che rimane a tutt'oggi la teoria di riferimento. Essa è
fondamentalmente una teoria chimico-fisica. che cerca di spiegare la
crescita in termini di meccanismi elementari, quali la diffusione di volume
(cioè nell'ambiente in cui i cristalli crescono) e la diffusione di superficie
(cioè quella che avviene sulla superficie del cristallo, o lungo i gradini
presenti sulla faccia, o nelle rientranze di questi). Per quanto riguarda
l'aspetto applicativo bisogna dire che è un settore in continua
espansione. L'industria richiede materiali con proprietà ben definite e
controllate, che si possono preparare solo se si conoscono le condizioni
di genesi. Ormai si sanno cristallizzare tutte le sostanze, persino le
proteine, e non è una cosa facile!. E' questa un tappa necessaria per la
determinazione della struttura cristallina e molecolare. Anche i virus
hanno struttura cristallina. La conoscenza della struttura è indispensabile
per comprendere funzioni e proprietà di questo importantissimo gruppo
di sostanze.
Oltre che per le macromolecole, c'è interesse per le nanostrutture, per
la formazione cioè di aggregati policristallini molto piccoli, dell'ordine di
200-300 è, cui sono associate importanti proprietà elettroniche (ad
esempio i semiconduttori II-VI) ed ottiche. In questi casi si può parlare di
cristalli bidimensionali, sviluppati cioè in due direzioni anzi che in tre.
Oggi si riesce a far cristallizzare il diamante, non più dalla grafite ad
alta pressione (55000 atm) ed alta temperatura (1400ºC), ma con il
plasma a basse pressioni, a partire da una miscela di metano e
idrogeno. Si ottengono però in tal modo aggregati microcristallini.
Poi c'è tutto il settore dei materiali biocompatibili. Il problema è di
grande interesse medico, perché si tende a usare cementi fosfatici nelle
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protesi ortopediche al posto di quelle attuali che sono organiche (il
PMMA). Si usa cioè lo stesso materiale di cui sono fatte le ossa, cioè il
fosfato di calcio, ottenuto in ambiente acquoso. Si spera di poterlo usare
anche nei trapianti. Questo non è che un capitolo di quel settore in via di
crescente sviluppo che sono i nuovi materiali, sintetizzati sotto forma di
monocristalli, di aggregati microcristallini, di film sottili, secondo le
esigenze o le richieste.
C'è il settore delle leghe metalliche amorfe che hanno proprietà di
conducibilità totalmente diverse da quelle cristalline. Queste leghe
vengono ottenute con getti fusi su rulli rotanti ad alta velocità,
preventivamente raffreddati a bassa temperatura. Si verifica il
congelamento della situazione strutturale liquida alla temperatura
ambiente. Questo processo è ovviamente l'opposto della
cristallizzazione!
- Dra. Gnavi: Esas estructuras de carbono en que difieren en su
formación...
- Prof. Abbona: Il carbonio esiste in natura sotto forma di grafite e
diamante. Recentemente sono stati preparati i fullereni, composti di
carbonio con strutture non esistenti in natura. Cristalli di fullerene si
possono preparare per sublimazione o evaporazione da soluzione in
esano, benzene, ecc. Ad esempio, i cristalli di C60 sono cubici. Per avere
un'idea della loro struttura, si pensi a un pallone ricoperto da palline nere
collegate tra loro da molle. Le palline nere sono disposte in modo da
formare celle esagonali, quadrate o pentagonali.
- Prof. Del Re: Ricorda un po' la storia del virus del tabacco.
- Prof. Abbona: Questo non lo so.
- Prof. Del Re: Questa è una cosa che fu molto interessante, perché i
virus sono un mistero: non si sa se siano vivi o no. Si poteva
cristallizzare in modo da separare il virus in due componenti, esso è
dunque un insieme di molecole, non una sola molecola. Dividendoli in
due parti, poi si cristallizzavano le due parti, e si ottenevano dei cristalli
che non avevano nessuna attività virale. Poi, però rimettendoli insieme,
veniva fuori un virus che attaccava il tabacco di nuovo.
- Dr. Dankert: El microscopio que les permitió distinguir que los cristales
crecían por aposición de átomos o moléculas era el de Leeuwenhoeck o
el de Hooke?
- Prof. Abbona: A me risulta quello di Leeuwenhoek (1632-1723), anche
se Hooke, che era suo contemporaneo (1635-1702), fece grande uso del
microscopio, Non vorrei essermi espresso male: al microscopio ottico si
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vede che i cristalli crescono perché crescono le facce per deposizione di
materia, ma non si vedono gli atomi o le molecole depositarsi sulle facce.
- Dr. Dankert: Mi pregunta se debe a que últimamente en los satélites se
trata de obtener cristales en ausencia de gravedad. Eso ha sido muy
importante, sobre todo, para cristalizar proteínas que a veces es muy
difícil de cristalizar, basta ir a un laboratorio y ver que tienen decenas,
centenas de frasquitos rogándole a Dios para que forme un cristal que
se pueda analizar. ¿Qué se puede decir de eso? ¿La gravedad favorece
alguna forma u otra? a veces en una sustancia la estructura química es
asimétrica y da dos tipos de cristales, el caso clásico es el de Pasteur y,
entonces, se forma simétricos, es decir, la asimetría molecular se refleja
en la asimetría cristalina. ¿Influye la gravedad algo sobre eso? ¿Se
puede decir algo?
- Prof. Abbona: Sì, effettivamente si stanno conducendo esperimenti di
crescita in assenza di gravità ed in condizioni di gravità ridotta. Cosa ci si
aspetta? Tutto dipende dalla differenza tra le condizioni di crescita in
assenza e in presenza di gravità. In assenza di gravità non ci sono moti
convettivi nell'ambiente di crescita, che si hanno invece sulla Terra.
Questo è importante, perché nella crescita dei cristalli sulla Terra, che
avvenga da fuso o da soluzione, i moti convettivi dovuti alla gravità
possono rimescolare il fluido. Per gravità infatti i cristallini tendono a
sedimentare e la soluzione più concentrata tende a spostarsi sul fondo.
Si creano fluttuazioni locali di concentrazione che modificano localmente
le condizioni della crescita.
So che sono state fatte parecchie esperienze, alcune con esito
negativo, nel senso che non si sono riscontrate differenze rispetto alla
Terra. In molti casi si sono notate modificazioni. In genere i cristalli
ottenuti in microgravità sono più perfetti, cioè hanno minori difetti
strutturali e sono meglio sviluppati. Nel caso dei fosfati di calcio viene
favorita la formazione di certi fosfati piuttosto che di altri, ed i cristalli
hanno abito diverso. Si studiano i fosfati di calcio, perché si è notato che
gli astronauti al ritorno dalle missioni spaziali presentavano fenomeni di
osteoporosi. Allora si è pensato di studiare la formazione di questi fosfati
nello spazio. E' da aggiungere che si sta anche studiando l'effetto di forti
campi gratitavivi sulla crescita, ma sono meno numerosi e "avvincenti"
degli altri.
- Dr. Dankert: Los primeros que utilizaron los Rayos X para aclarar la
estructura de los cristales fueron Bragg padre e hijo?
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- Prof. Abbona: Sì, William Henry (1862-1942), il padre, e William
Lawrence (1890-1971), il figlio. Entrambi ricevettero nel 1915 il Premio
Nobel per la fisica. I raggi X fruttarono molti Premi Nobel!
- Prof. Del Re: Senti, tu hai scritto a proposito delle meteoriti. Mi sembra
che questo argomento possa riassumere quello che hai detto sulla
percezione.
- Prof. Abbona: Noi sappiamo cosa sono le meteoriti: sono frammenti
che cadono quotidianamente sulla Terra dagli spazi interplanetari -si
calcola da 100 a 1000 tonnellate al giorno. Trovo che l'atteggiamento
dell'uomo nel tempo di fronte a questi oggetti sia estremamente
rivelatore del suo modo di pensare, anzi della sua struttura mentale.
Inizialmente, intendo dai primordi dell'umanità, le meteoriti furono
considerate di origine divina, tanto è vero che furono oggetto di
venerazione. Il ferro meteorico fu il primo tipo di ferro conosciuto
dall'uomo; e fu destinato ad usi rituali prima che pratici. Fino a tutto il
Cinquecento nessuno mise in dubbio la provenienza extraterrestre delle
meteoriti. Fu con l'Illuminismo che si cominciò a dubitare addirittura
dell'esistenza di queste. Lo scetticismo era tale che la testimonianza di
aver visto cadere un oggetto dal cielo era considerata inattendibile,
perché frutto di fantasia, per cui furono trascurate tutte le segnalazioni di
caduta di meteoriti. Anche illustri scienziati si espressero in tal senso...
- Prof. Del Re: Voglio leggere un brano a proposito: "Quanto é triste che
l'intera municipalità introduca favole del popolo in un documento ufficiale,
cioè, dichiari che le meteoriti sono veramente cadute dal cielo, e le
presenti come qualcosa di effettivamente visto, mentre esse non
possono essere spiegate né dalla fisica, né da alcunché di ragionevole".
- Prof. Abbona: Sono parole di Berthollet, un noto chimico francese di
fine 1700. L'Accademia delle Scienze di Parigi nel 1772 aveva pubblicato
un memorandum in cui si sosteneva che la caduta di pietra dal cielo è
fisicamente impossibile, e l'interessante è che anche Lavoisier l'aveva
sottoscritto...
Successivamente le cose cambiarono. Già nel 1794 Chladni, un
chimico di origine ceca, analizzando una meteorite che era caduta in
Russia, dimostrò che per la composizione chimica non poteva avere
un'origine terrestre. Ci fu da allora una ripresa dell'interesse per le
meteoriti. Nel 1803 in Francia fu nominata una commissione, di cui
faceva parte Biot, per esaminare una meteorite caduta nel Nord della
Francia. La conclusione fu che effettivamente quella meteorite dovesse
avere un'origine extraterrestre. Ma qual era l'origine delle meteoriti?
Alcuni pensavano che fossero di provenienza meteorica, come dice la
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parola, materiale cioè eruttato dai vulcani o trasportato dal vento, come
già pensava Cartesio ... Furono due fisici che, calcolando la traiettoria di
una meteorite vista cadere da due luoghi diversi, dedussero che doveva
venire dallo spazio extraterrestre. Da allora esse furono accettate per
quello che sono, e noi sappiamo ora qual è la loro importanza per
l'origine del sistema solare e la composizione dell'interno della nostra
Terra.
Ho voluto portare questo esempio come documentazione di un certo
modo di procedere dell'uomo, quando è troppo condizionato dalla sua
visione del mondo. Un attaccamento eccessivo, in questo caso ad una
impostazione presunta razionale, puó portare a non comprendere un
determinato fenomeno, anzi addirittura ad escluderlo. Poiché il
fenomeno non sembrava rientrare nello schema, chiamiamolo
ideologico, degli studiosi di quel periodo e sembrava fare difficoltà,
questa venne superata affermando che il fenomeno stesso non esisteva,
perché non poteva essere spiegato e quindi non poteva esistere.
- Prof. del Re: Posso fare una domanda ai filosofi? Dal punto di vista
ontologico il fatto che una meteorite si caratterizza per essere caduta dal
cielo appartiene alla essenza, a un accidente, che cosa è? Non è una
proprietà.
- Dr. Puyau: No, no, pero filosóficamente propiedad es una
determinación derivada de la esencia; accidente es una determinación
ajena a la esencia. Entonces sería un accidente.
Es una determinación. Accidente es todo lo que le acontece a la
sustancia. Ahora, lo que en la constitución esencial está vinculado a la
esencia, ése es el "idion" la propiedad, pero, a veces los químicos lo
usan de cualquier manera el término propiedad, sin rigor, pero
filosóficamente es eso.
- Dra. Archideo: Es un accidente propio.
- Dr. Puyau: Claro es un accidente propio.
- Prof. Del Re: Entonces el meteorito no tiene nada de distinto que una
piedra cualquiera.
- Dra. Archideo: No, no es que el meteorito sea un accidente, sino que la
diferencia que hay entre otro tipo de piedra, que es propio de la tierra y
el meteorito es accidental, pero, accidental propio, quiere decir que tiene
propiedades distintas, por eso, incluso, el químico encuentra dentro del
meteorito propiedades que no encuentra en otras piedras terrestres,
pero no es que el meteorito sea un accidente.
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El problema acá es que ustedes de alguna manera no han definido
qué es un cristal, entonces al no saber qué es un cristal no se le puede
dar característica de sustancia... Sería una cierta sustancia cuyas
propiedades, ustedes, más bien, conocieron las propiedades y no se
llegó a definir lo qué era. Y propiedad es aquello que se puede
demostrar, pertenece a la esencia.
- Prof. del Re: Pero si uno no conoce la esencia, cómo puede demostrar
que pertenece a la esencia.
- Dr. Puyau: Bueno ése es el problema. En matemática no hay
problema, no hay dificultad.
- Dra. Archideo: Pero no corresponde a la filosofía buscar esa esencia,
en todo caso corresponde a la ciencia. La ciencia puede brindarle a la
filosofía una especie distinta de minerales.
- Dr. Puyau: Sí, por cierto, pero qué es algo, es filosófico. El químico
podrá dar sus definiciones dentro del ámbito de un saber particular, es
lícito.
- Prof. del Re: Yo no comprendo cómo uno puede saber si algo
pertenece a la esencia o no, si no conoce la esencia.
- Dr. Puyau: En física no se demuestra que un sujeto tiene una
propiedad, ...
- Dra. Archideo: No hablo de esa esencia si no sé qué es esa esencia.
Porque habla a propósito de la realidad; lo que pasa es que el químico,
en ese tipo determinado de especies, no la ha definido todavía, no nos
ha dado cuáles son las propiedades, al darnos las propiedades, sí,
podríamos establecer... Yo no digo que se demuestre en química, pero
se muestra. El físico puede mostrar también la realidad.
- Dr. Puyau: Los escolásticos decían que una propiedad es cuando
pertenece a todos los individuos de una especie, a ellos y solo a ellos.
Eso es propiedad.
Entonces, el ser blanco de la cal no es una propiedad de la cal porque
otras cosas que no son cal, son blancas. En cambio que "la suma de los
ángulos interiores de un triángulo plano es igual a dos rectos" es una
propiedad del triángulo.
- Prof. Ferro: No, non è una proprietà del triangolo, è una proprietà della
geometria euclidea, cioè, di un certo tipo di geometria, di un certo tipo di
ambiente, perché il triangolo nella geometria non euclidea non hanno
quella proprietà.
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- Dr. Puyau: Yo digo: en la geometría plana "la suma de los ángulos
interiores es igual a dos rectos", en la geometría que no es plana la
suma de los ángulos es mayor o menor que dos rectos.
- Prof. Ferro: Nella geometria piana non euclidea è falso. Ma, in
geometria piana, lo stesso è che ci mettiamo in un ambiente euclideo,
facciamo certe ipotesi e per quella ipotesi è che proprio la somma degli
angoli di un triangolo sia 180 gradi, ma questa è una ipotesi, non è
nessuna cosa reale, è una scelta di sistemare le cose.
- Dr. Puyau: Pero, ¿se puede demostrar o no?
- Prof. Ferro: Non si può dimostrare.
- Dr. Puyau: ¡Cómo no! Lo demostramos.
- Prof. Ferro: `E una proprietà fondamentale della geometria euclidea,
corrisponde a dimostrare che per un punto fuori di una retta, passa una è
una sola parallela. Questo è una ipotesi, questo sì equivale come queste
due affermazioni, è una scelta di vedere le cose in un certo modo.
- Dr. Puyau: No, no es lo mismo. Eso en el lenguaje aristotélico sería
una hipótesis, y en lenguaje de Euclides sería un postulado. Entonces,
con ese postulado yo puedo probar que la "suma de los ángulos
interiores de un triángulo es igual a dos rectos", probar, es decir
demostrar. En otras ciencias no se demuestra.
- Prof. Ferro: Certo, all'interno di quella scelta fatta, non solo, ma si può
dimostrare che l'ipotesi può essere invertita. Cioè, che della scelta che il
triangolo abbia quella proprietà segue il postulato delle parallele.
- Dr. Puyau: Son proposiciones equivalentes.
- Prof. Ferro: Appunto, e sono equivalentemente gratuite.
- Dr. Puyau: ¿Cómo? ¿qué es gratuito?
- Prof. Ferro: Queste proposizioni.
- Dr. Puyau: Bueno, hay varias proposiciones que son equivalentes con
distintos postulados de Euclides, eso sí, pero si yo parto de uno, pruebo
lo otro.
- Prof. Ferro: Sì, ma essendo equivalenti, condividono tutte le gratuità
dell'ipotesi del quinto postulato di Euclide, e sappiamo che questa non
corrisponde, è una costruzione coerente, ma non è più coerente della
costruzione che prevede esattamente l'opposto. Quindi, io posso
supporre che il quinto postulato di Euclide non valga e ottenere una
geometria che è fundazionalmente equivalente alla geometria euclidea.
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- Dr. Puyau: No, pero eso es lo que se discutió en el siglo pasado, pero
hoy día no se discute más.
- Prof. Ferro: No, non si discute perché le acquisizioni del secolo
passato, sono acquisizioni ottenute, per cui non si discute più, perché si
sa che non è come si pensava prima.
- Dr. Puyau: Pero, cómo no.
- Prof. Prosperi: ... se la geometria è vista come una teoria fisica, per
esempio, il problema si pone, e la risposta è che è vera, è un concetto
limite di approssimazione...
- Prof. Ferro: Allora, quello che si dice è che la scelta di una di queste
geometrie che sono tutte ugualmente accettabile...
- Prof. Prosperi: Dal punto di vista procedurale...
- Prof. Ferro: Dal punto di vista concettuale, perché si fa un modello di
una nell'altra e viceversa. Io posso costruire un modello di geometria non
euclidea nella geometria euclidea e posso costruire un modello di
geometria euclidea...
- Prof. Prosperi: Sì, ma quello è semantica di parole, sono parole privi di
significato.
- Prof. Ferro: No, le parole hanno un significato che non è completo. Ci
sono problemi che riguardano, -perché poi alla fin fine è sempre il
concetto d'infinito che c'è sotto-, e a seconda come questo concetto
d'infinito viene precisato nei dettagli si arriva da una parte o si arriva da
quell'altra. Ma queste, sono scelte del concetto che noi vogliamo avere,
sono scelte della nozione di spazio che noi vogliamo adottare, che poi
queste scelte siano più o meno utili per rappresentare delle situazioni
concrete e che un modello piuttosto che un altro siano più utili per
rappresentare una situazione piuttosto che un'altra, questo è altrettanto
vero, è altrettanto vero come tutti i concetti matematici che sono delle
costruzioni mentali utili, che partano da certe osservazioni che
rispettano, che vogliono rendere conto, che sono modelli di certe
situazioni, e vogliono essere utili per risolvere problemi concreti.
- Prof. Prosperi: Dal punto di vista di una certa visione della matematica
moderna, tu hai perfettamente ragione. Quando la matematica viene
utilizzata, però, per affrontare, per esempio, dei problemi di tipo fisico, la
cosa non è più, non è una scelta, va bene, come l'altra.
- Prof. Ferro: No, non sono d'accordo con te. Ma proprio nel momento
applicativo una scelta può essere più opportuna di un'altra nel
rappresentare una certa situazione.
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- Prof. Prosperi: Anzi tutto, guarda che non è questione di più opportuna,
una scelta ti fornisce dei risultati coerenti con l'esperimento è una scelta
ti fornisce dei risultati in contraddizione con l'esperimento.
- Prof. Ferro: Quindi è una scelta, è opportuna nel descrivere
quell'esperimento.
- Prof. Prosperi: Opportuna? Non so se la voi chiamare opportuna.
Comunque, cioè, io capisco perfettamente tutto quello tu hai già detto
non è che sono su linee molte diverse, ma mi sembra che bisogna stare
attenti a non pretendere di applicare una certa visione, una certa
costruzione, una certa filosofia della matematica che noi ci facciamo
oggi, non c'è né una sola, a un certo punto applicarla, per esempio, a
situazioni se uno confronta, per esempio, con Aristotele non può
pretendere..., ci sono critiche, Didonet, ha fatto delle critiche a Euclide
che non stanno né in cielo né in terra, perché Didonet pretendeva che
Euclide ragionasse, organizzasse la matematica secondo i criteri che lui,
Didonet, preferiva. In somma, su questo bisogna stare un momentino
anche attenti, dopo di che, tutti quei discorsi di coerenza sono veri,
sopratutto, se si applicano a un certo contesto, a una certa visione della
matematica che può essere utilissima, perché ha svincolato la
matematica da un riferimento a oggetti specifici e ha scisso, per
esempio, e staccato il problema della validità, della correttezza del
problema procedurale, per dirtelo con Manara, da quello che è, invece,
un riferimento a oggetti specifici che si è voluto, e forse, appartenesse a
quel famoso momento semantico che, si voi, distinto dal momento di tipo
formale.
- Prof. Ferro: Manara è molto nella tradizione hilbertiana in cui si cerca di
dare agli oggetti matematici un valore comportamentale e non un valore
semantico, un valore concettuale.
- Prof. Prosperi: Sì, sì, cioè, un punto di vista.
- Prof. Ferro: Sì, ma questo punto di vista è stato drasticamente superato
con i vari risultati del 1920 e il 1930. Questo punto di vista non rende
conto del perché di certi risultati di matematica si dicono importanti, e
certi risultati si dicono esercizi perché entrambi sono dimostrati in ugua
modo ottenute con le stesse..., ma certi vengono detti perché hanno un
loro significato. Cosa sia il significato degli enti matematici? Questo è
tutto un altro problema.
- Prof. Prosperi: Sì, sì.
- Prof. Ferro: Però, la posizione hilbertiana che negava il significato agli
enti matematici è superata.
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- Prof. Prosperi: Va bene, però adesso non attaccarti alla posizione
hilbertiana, ho parlato della posizione hilbertiana per dire che appunto c'è
una varietà di posizioni che tu non puoi semplicemente sovrapporre
perché al meno si parla di cose diverse, cioè, mi sembra che col tuo
criterio di opportunità -che io reagisco sempre quando tu lo voi applicare
alla fisica- per esempio, perché secondo me, allora, se io sono il primo a
dire, quando Geymonat diceva "Ah! una volta c'era la geometria
euclidea, c'era la geometria dell'equazione differenziale, quindi
sapevamo benissimo quale fosse il criterio di ragionamento che
dovevano applicare in fisica, adesso -questo lo diceva anche pure anni
fa, no al momento della morte che aveva cambiato molto in queste
posizioni- adesso c'è la geometria non euclidea oltre la equazione
differenziale, c'è la teoria della probabilità, quindi, quale matematica
dobbiamo applicare alla fisica. Allora vedete la fisica teorica non ha più
nessun un futuro". Cioè, è chiaro, lui partiva della posizione
neopositivista, a me è sembrato sempre una cosa estremamente
grossolana che per quello che è stato un gran dibatte del neopositivismo,
mi dice solo cosa valesse il neopositivismo, però lo dico, per dire, io a
questo sempre ho risposto -a lui personalmente perché lo conoscevo
personalmente- si usa la matematica che è utile, che serve, e quindi,
vedi che da molti certi punti di vista sono d'accordo con te, ma, la
matematica che serve vuol dire, quindi che le varie teorie matematiche,
logicamente concepibili, ne applico, e li faccio delle identificazioni, mi
paiono semantiche, perché il concetto di punto della geometria, sì, ... i
modelli euclidee, però, sta cambiando il significato del concetto di punto,
perché se io ti chiamo, e sì. Allora, io prendo una stella di rette, io decido
che chiamo la retta, lasciami chiamarla retta euclidea, la chiamo punto
ellittico, va bene, e poi prendo un piano euclideo che passa per el centro
della sfera e quello lasciamelo chiamare piano euclideo, e te lo chiamo
retta ellittica. Allora c'è un punto euclideo, la retta euclidea, il piano
euclideo e sono una cosa, il punto ellittico, ecc. Allora faccio questa
identificazione e a questo punto io ho che il punto ellittico e la retta
ellittica soddisfanno i primi quattro postulati di Euclide e non soddisfanno
l'ultimo. Affatto non mi puoi dire che il punto ellittico e il punto euclideo
sono la stessa cosa.
- Prof. Ferro: Sono d'accordo, però non è questo il modello che si usa
per fare la dimostrazione della equiconsistenza. Questo è anche un
modello interessante, ma, io posso fare un modello...
- Prof. Prosperi: Questo è il modello che io conosco, non conosco i
modelli che conosci tu, a me pare, che sia una base buona per stabilire,
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per fare considerazione di questo tipo, se mi tiri fuori altro modello lo
possiamo discutere, non vedo come possono avere caratteristiche
radicalmente...
- Prof. Ferro: No, sono modelli in cui i punti sono punti, l'unica cosa che
si cambia è la nozione di distanza che è una nozione molto vaga lungo la
retta.
- Prof. Prosperi: Va bene, hai allora cambiato il significato del termine
distanza, in somma, non puoi dire che due cose sono la stessa cosa allo
stesso momento.
- Dr. Puyau: Pero, yo digo distancia cuando introduzco una métrica,
puedo considerar...
- Prof. Prosperi: `E chiaro, posso considerare diverse metriche ¡per
carità!
- Prof. Ferro: E vengono fuori modelli non euclidee.
- Prof. Prosperi: Scusa, io a un certo punto ho lavorato in relatività,
quindi, che ci siano modelli non euclidee, non euclidee nel senso, anzi,
non ... me ne rendo perfettamente conto, però il problema è quello del
rapporto tra queste cose e del significato...
- Prof. Ferro: Ma, mi pare che siamo perfettamente d'accordo su questo,
quando io dico che le scienze usano della struttura matematica quella
che va bene per sviluppare quella particolare scienza.
- Prof. Prosperi: Certo, d'accordo. Perché per Euclide la matematica era
quella, secondo me, la geometria di Euclide, come Euclide la concepiva,
infatti, poi ci dovremmo dire che secondo la nostre accezione attuale è
un capitolo della fisica, però secondo la nostra concezione attuale,
perché noi oggi abbiamo delimitato, abbiamo distinto la matematica in
maniera diversa da quella che faceva Euclide.
- Dr. Puyau: Una pregunta. Si yo digo el segundo postulado de Euclides
"una recta se puede prolongar indefinidamente", eso en el mundo tal
como lo concebían los griegos en ese momento era imposible.
- Prof. Prosperi: Era chiaramente una idealizzazione, come una
idealizzazione tutta la meccanica di Newton. Però, Euclide ... intendeva
parlare, fare una teoria dello spazio fisico, mentre i matematici, secondo
la concezione attuale della geometria, la geometria non fa
necessariamente una teoria dello spazio fisico.
- Dr. Puyau: No, es claro, pero espacio físico es una noción que los
griegos no tenían, tenían noción de lugar, no tenían noción de espacio,
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eso es lo importante; la noción de espacio no la tenían los griegos,
espacio vacío es lo que introduce Newton siguiendo a More y a todos
esos. Entre dos cosas, eso era el espacio vacío, pero un espacio que
englobara todo, está más allá del pensamiento griego. Cuando
Descartes enuncia otro vez el principio de inercia, -lo enuncia Galileo
primero- pero piensa un movimiento circular uniforme, quiere decir, que
todavía se está en la imagen del mundo griego, pese a que Galileo ya
rompe con eso.
- Prof. Prosperi: `E chiaro che la coscienza di certi concetti matura nel
tempo, non possiamo mai pretendere, però nella geometria solida di
Euclide il concetto di spazio è già implicito, però il concetto di spazio è lo
spazio fisico. Il discorso è che uno dica Newton aveva lo spazio assoluto
o no, questo mi sembra una cosa un pochino, direi, un po'indipendente
dal fatto che lo spazio fosse assoluto o no. Però Newton pensava a
questo spazio infinito, ecc. Già Cartesio quando ha fatto la geometria
analitica, non lo so, lo spazio era lo spazio infinito, era lo spazio
euclideo, la nozione di questa totalità può essere stata successiva. `E
chiaro che quando noi parliamo del passato tendiamo sempre ad
applicare delle categorie, degli strumenti di analisi che sono poi, che
aiutano noi perché veniamo dopo e perché, magari, non c'era piena
coscienza in quell'epoca, però in somma, il discorso... Io credo che fare
l'affermazione che Euclide voleva fare la teoria dello spazio fisico,
intendendo lo spazio fisico in termini di significato, che noi oggi gli diamo,
mi sembra una cosa vera. Ecco, poi quello era l'atteggiamento mentale
in cui Euclide si poneva. C'è Herodoto che dice, addirittura, che la
geometria l'avevano fondata gli egiziani. Normalmente il pensiero nostro
nega questo perché dice è essenziale alla geometria, nel senso che noi
lo intendiamo, per esempio, il concetto di dimostrazione. Allora, noi
sappiamo di dimostrazione, vero o falso che fosse partire da Tale per cui
il concetto di dimostrazione scoperto dai greci, quindi la matematica nel
senso che noi la intendiamo è fondata dai greci. Ecco, però gli egiziani
già avevano il concetto di punto, il concetto di linea, ecc., e a che cosa
servivano? Per loro le linee era una idealizzazione del muretto o del
reticolato, della striscia, delle pietre messe nel terreno che servivano ad
delimitare i campi dopo il Nilo veniva fuori, invadeva tutto, bisognava
distribuire i campi in una maniera che fosse appropiata, e avevano
bisogno di valutare le aree, di valutare il volume di rintracciare le ...
Quindi era qualcosa che era legata a qualcosa di estremamente
concreto. Quindi, che la geometria storicamente sia natta in una stretta
relazione con una descrizione della realtà oggettiva è vero, che poi,
invece, successivamente sia a livello di Hilbert non è molto importante,
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anzi, io direi che se uno prende quel libro del ... che conoscerai, allievo
di Manara, Perché la Matematica lui riforma la geometria di Euclide
inventando delle parole qualsiasi, mettendoci un verbo nel posto di
appartenenza ad un'altra parola stramba al posto di punto, un'altra al
posto di retta, lo scrive, un insieme, dice di parole apparentemente
senza senso, e dice, "questo è il quinto postulato di Euclide". Proprio
perché lui insiste su questo concetto delle parole prive di significato
intrinseco. Poi tra l'altro ci sarebbe il problema di dare le regole
grammaticali con cui si combinano questi oggetti, perché noi, il termine
appartenenze, il termine punto, ecc., anche quando enunciamo in
geometria tenendo conto di postulati, ecc., però le proprietà che gli diano
sono fatte basandosi... Io sono molto vicino, molto d'accordo al punto di
vista che tu dici. Però, voglio dire, è un certo tipo di divisione, anche, tra,
per esempio, l'aspetto della matematica, l'aspetto della fisica che a un
certo punto noi abbiamo convenuto di fare perché ci aiutava nella
chiarezza, perché ci aiutava a distinguere, per esempio, un
procedimento dimostrativo corretto o non corretto da quello che era, per
esempio, un riferimento a un dato di fatto che io ho detto della fisica
però, potrebbe essere la modelizzazione di un qualunque aspetto della
realtà, in somma, il calcolo della geometria è difficile, perché la
geometria Euclidea va bene sempre, al meno che uno lo faccia la
geometria sulla sfera...
- Dr. Puyau: Lo que le quería decir es que lo que encontró la crítica
moderna, sobre todo a fines del siglo, es que las demostraciones de
Euclides pedían a la intuición algo que la teoría moderna de la
demostración desde Pash, 1881; la teoría moderna de la demostración
nace en esos momentos, después la toma Hilbert en 1900, pero desde
1881 las Lecciones de la Geometría de Pash, que es una reelaboración
y "affinamento" diríamos así, del punto de vista euclidiano. Entonces, por
ejemplo, se introducen otros postulados que Euclides usaba
implícitamente, y después se eliminan la veinticinco definiciones de
Euclides y la definición de punto, -punto no se define lo que se llama
habitualmente una noción primitiva-, y la "appartenenza" es también una
noción primitiva que no se define. Es decir, la idea de que no podemos
demostrar todo es de Aristóteles; la idea de que no podemos definir todo
es un poco posterior a Aristóteles, pero está implícita en Aristóteles, "no
podemos definir todo y no podemos demostrar todo"
- Prof. Prosperi: Comunque, la famosa definizione di Euclide per Euclide
non era definizione, usava, una parola diversa, credo.
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- Dr. Puyau: Sí, era definición, era dar límites a algo, la definición es dar
límites a algo.
- Prof. Prosperi: Non era una definizione di tipo formale. Quando
definisce un luogo di punti che ha certe proprietà, usa una certa
terminologia, quando parla di punto, dice "il punto è quella cosa che non
ha..."
- Dr. Puyau: "Que no tiene partes."
- Prof. Prosperi: "Que no tiene partes ", ecco. Il termine "oroi" non deve
essere tradotto oggi come definizione e non deve essere tradotto come
definizione né anche nelle definizioni di Newton, perché Newton dice che
"la massa è il prodotto del volume per la densità", e cosa è la densità?
Ecco, se uno la mette in quel termine evidentemente credo che Newton
non fosse così scemo di non capire che non poteva definire una cosa coi
termini dello stesso concetto...
- Dr. Puyau: El modelo de ciencia que tiene Newton es la geometría.
- Prof. Prosperi: Chiaramente è la scienza degli analitici secondi di
Aristotele, che è quella della geometria Euclidea.
- Dra. Archideo: Gracias Prof. Abbona,muy interesante el tema del
conocimiento de los cristales.
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