LA VOCE
DELL’ANTONIANO ROGAZIONISTA
“Io l’amo
i miei bambini”
Padre Annibale Maria Di Francia
CENTRO EDUCATIVO PER RAGAZZI POVERI E CON DISAGIO
35134 Padova - Via Tiziano Minio, 15 • C/C Postale 6361
Periodico d’Informazione
Religiosa e Culturale
ANNO LV
N. 7 - OTTOBRE 2005
Contiene inserto redazionale
Direttore Responsabile Vito Magno
Stampa Litografia “Cristo Re”
Morlupo - Roma
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del 5 dicembre 1983
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SI CONCLUDE QUESTO MESE
L’ANNO DELL’ EUCARISTIA
Il Pane del Cielo per la fame nel mondo
a Chiesa si è raccolta
intorno all’Eucaristia.
Più che un rito, essa
è stata una scuola di
vita. Quell’Ostia, levata sulla fame
e le tristezze del mondo, è stata
un recupero di speranza per i
credenti e per i lontani. Quelle
chiese aperte oltre il solito, l’ostensorio avvolto di luci, quel
filo d’incenso che scendeva per
le strade affogate nei veleni del
traffico, dicevano parole nuove
ai passanti frettolosi, smuovevano
i pensieri sani sommersi nell’inconscio, ma non mai del tutto spenti.
Certo, l’Eucaristia non si è esaurita dentro le mura delle nostre parrocchie, ma ha varcato le soglie per
diventare impegno di testimonianza
e servizio di carità.
Il mondo ha fame in senso
materiale, ne ha ancor più di certezze e di mete che valgano la fatica
della vita. È anche questo il significato delle parole di Gesù, quando
moltiplica i pani per i cinquemila:
“Date voi stessi loro da mangiare”
(Lc 9, 13). Ogni cristiano che sia
consapevole della sua partecipazione all’Eucaristia, si sente debitore
verso ogni fratello di ciò che ha
ricevuto.
L’Anno dell’Eucaristia fu annunciato il 10 giugno 2004 da Giovanni
Paolo II ed ebbe inizio con il Congresso eucaristico mondiale di
Guadalajara (Messico, 10-17 ottobre). L’anno si conclude in coincidenza con l’Assemblea del Sinodo
dei vescovi, dal 2 al 29 di questo
ottobre.
Possiamo già tracciare un consuntivo, ripercorrendo le tante lettere pastorali, con cui i vescovi locali
L
Chiunque abbia frequentato
parrocchie e gruppi, ha percepito
come una ventata nuova, che, al di
là dell’anno celebrativo, porterà
buoni frutti. L’aver messo l’Eucaristia al centro, ha significato un
più attento richiamo all’essenzialità della nostra fede, che è
cristocentrica e trova in Gesù
la via, la verità, la vita. La
meditazione e la preghiera
sono state illuminate da una
attenta catechesi, così da radicare il Grande Sacramento dell’Amore nella coscienza cristiana e
renderlo fermento di opere.
L’Eucaristia, infine, ha messo i
credenti davanti al mistero. Mistero
della fede per eccellenza è l’Eucarihanno proposto i grandi temi del- stia. Tanto meglio: la più bella e
l’enciclica Ecclesia de Eucaristia.
profonda emozione che possiamo
I titoli, che accompagnano quel- avere è il senso del mistero. Noi
le lettere colgono anzitutto gli abbiamo bisogno di contemplare
aspetti classici dell’Eucaristia, primo ciò che non vediamo, di pensare
fra tutti la sua forza plasmatrice del ciò che non riusciamo a spiegarci. Il
Popolo di Dio. L’Eucaristia fa la mistero è la sola risposta al nostro
Chiesa. È questo il sottinteso di tito- desiderio innato di infinito. Dio
li, come “Rimani con noi, Signore”, viene di lì, dallo sguardo lungo
“Io sono il Pane vivo disceso dal della fede, non certo dal corto lume
cielo”.
della ragione. L’uomo spirituale non
Accentuano invece l’Eucaristia può mai ammettere di essere un
in proiezione sociale altre lettere materiale biologico. Quelli, tra gli
pastorali, che del resto ripercorrono scienziati, che ci riducono a un dato
i richiami dell’enciclica a collegare il fisico, non colgono la nostra natura
Pane della messa con la fame del di figli di Dio, plasmati per l’etermondo.
nità.
Le nostre comunità hanno offerL’anno che si conclude è stato
to un tributo d’amore adorante tutto questo. Abbiamo rivolto domanall’Eucaristia, impegnandosi altresì, de, tante domande al Cuore compasfuori dei sacri recinti, a essere pre- sionevole di Cristo. Lui non ci ha
senze fraterne dove la sofferenza delusi e mai ci deluderà, sempre che
della gente chiede loro la verifica: teniamo la nostra mano nella sua,
dimostrino fino a qual punto quella Viandante divino che conosce le
inesauribile sorgente di grazia li ha nostre strade e la nostra meta.
trasformati.
L.D.C.
RIMANI CON NOI,
SIGNORE
Tu, divino Viandante, esperto
delle nostre strade e conoscitore
del nostro cuore,
non lasciarci prigionieri
delle ombre della sera.
Sostienici nella stanchezza,
perdona i nostri peccati,
orienta i nostri passi
sulla via del bene.
Benedici i bambini,
i giovani, gli anziani,
le famiglie, in particolare i malati.
Benedici i sacerdoti
e le persone consacrate.
Benedici tutta l’umanità.
Nell’Eucaristia ti sei fatto
farmaco d’immortalità:
dacci il gusto di una vita piena,
che ci faccia camminare
su questa terra
come pellegrini fiduciosi
e gioiosi, guardando
sempre al traguardo
della vita che non ha fine.
Rimani con noi, Signore!
Rimani con noi! Amen.
Giovanni Paolo II
anno annibaliano 2004-05
2
La Voce dell’Antoniano Rogazionista
Anche lui stringeva forte ogni giorno la “dolce catena”
una catena. Una catena d’amore, secondo
la definizione di Bartolo Longo, il fondatore della Nuova Pompei.
Per Padre Annibale il rosario non era
semplicemente una preghiera, era
piuttosto il credo fatto preghiera, per
citare un’espressione del cardinale
Newman. Tra le formule della devozione mariana, “molto eccellente è il
S. Rosario, insegnato dalla SS. Vergine
stessa, che contiene in sé la recita
replicata del Pater noster e dell’Ave
Maria” (AR, p. 226). Così andava scrivendo il Santo a gruppi di anime semplici, con le quali si doveva usare un
linguaggio elementare, che non vuole
dimostrazioni e sottigliezze storiche.
Inculca la recita della dolce catena
riportandone l’origine alla SS. Vergine
stessa, il che, a ben riflettere, è anche
vero.
Tradizione a parte, Padre Annibale
aveva prove recenti circa l’intervento
diretto della Madonna in quella pia
pratica. A Lourdes, nel 1858, la SS. Vergine era apparsa snocciolando i grani
della corona; a Fatima, si era mostrata
stringendo il rosario e raccomandandolo ripetutamente ai tre pastorelli.
Circa le apparizioni di Fatima, non
abbiamo testimonianze della sua devozione, almeno per quanto personalmente ne sappiamo. Bisogna tener
presente che questo evento mariano
cade negli ultimi dieci anni del Santo.
Tuttavia, non ci pare vero che egli
abbia potuto sapere e restare estraneo
a quelle apparizioni. Non è nella linea
È
del suo fervente trasporto verso la
Madre di Dio, che venerava sotto tutti i
titoli.
Tornando al rosario, riteniamo indicativi di una sua profonda comprensione gli elementi che egli pone in rilievo: “Si recita questa divina preghiera
con alternare la meditazione dei
misteri della vita, passione, morte e
risurrezione di Nostro Signore Gesù
Cristo e con alcuni misteri della SS.
Vergine. Nelle nostre case la recita del
S. Rosario non si deve giammai omettere. Si recita il Santo Rosario con
un’altra celeste preghiera, che è la
litania della SS. Vergine” (Ibidem).
Il brano citato si cala nel contesto dei
primissimi discepoli del Santo, che
erano le buone ragazze siciliane
avviate alla consacrazione e un gruppuscolo di Rogazionisti della nascente
famiglia religiosa. Il piccolo germe
del Rogate spuntava umile e stentato, scriveva lui, sul terreno aspro del
Quartiere Avignone, la periferia messinese che i nostri lettori ben conoscono.
Nell’ultimo scorcio dell’Ottocento,
Padre Annibale poneva nelle mani di
quella povera gente la dolce catena,
metteva i loro occhi negli occhi della
Vergine Maria, raffigurata nell’effigie
della Madonna di Pompei, che proprio allora si manifestava prodiga di
grazie nella Valle ai piedi del Vesuvio.
Il Santo si legò ben presto al beato
Bartolo Longo. Volle conoscerlo, si
recò pellegrino a Pompei e ne tornò
convinto apostolo, tanto che, ancora
giovanissimo, introdusse il culto della
Madonna di Pompei tra i messinesi, a
lei dedicò preghiere e canti, propose
addirittura, per uso del Santuario, un
libretto di devozioni da stampare a
proprie spese. Il risultato fu che nacque tra il nostro Santo e il Beato un’amicizia che mai più si spense.
E non è senza fondamento pensare
che l’approccio di Sant’Annibale al
rosario, inteso come preghiera meditata, abbia un ascendente nel Longo,
il quale per l’intera vita andò sottolineando tale metodo. Meditazione,
contemplazione del volto di Cristo,
percorso interiore nella storia della
salvezza sono oggi punti fermi, ribaditi dalla lettera apostolica Rosarium
Virginis Mariae, scritta da Giovanni
Paolo II per l’anno del rosario (2003)
e coronata con il suo devoto pellegrinaggio a Pompei.
Prima missione: trasmettere la fede in famiglia
G
enitori e figli, ma anche marito e moglie,
nonni e nipoti. Ecco aprirsi un grande spazio di
bene, primario rispetto ad altri spazi dell’apostolato. In famiglia si parla di Dio, si annunzia in
maniere semplici, e spesso senza parole, che il
Signore ci ha creati e ci vuole bene, che il suo
Figlio divino ha preso dimora tra noi e ci tiene per
mano sulle strade della vita.
In questo ottobre che ripropone il dovere di
annunciare il Vangelo al mondo, è oltremodo
opportuno parlare di una missione in formato
ridotto, ma non meno necessaria, che si pone
negli interni delle nostre abitazioni. È missione I nonni Giuseppe e Lucia Patti/USA presentano i loro
quella di papà e mamma, intenti a congiungere nipotini Joseph, Vincent, Anthony, Rosanna e Calogeamorevolmente le mani del bambino nella ro Di Maria.
La Vita di S. Antonio
raccontata
dai contemporanei
Undicesima puntata
Il Santo viene a Padova (1229)
Poiché troppo lungo sarebbe raccontare
quante province egli abbia percorso,
quante parti della terra abbia riempito con
la semente della parola divina, veniamo
ora ai fatti che si presentano più significativi…
Al tempo del capitolo generale, quando le
reliquie del beatissimo padre Francesco
furono portate nella chiesa / 25 maggio
1230/…, Antonio, esonerato dal governo
/dal Provinciale/, fu libero di predicare…
E siccome in altra occasione… aveva soggiornato a Padova…, attirato dalla loro
devozione, decise di visitarli.
Come per divino volere fu giunto a Padova, predicava solo di tanto in tanto, chè
lungo tutto l’anno si applicò interamente
agli studi /scrisse i Sermoni per le feste/.
/Ma poiché/ si avvicinava il periodo della
quaresima, vedendo l’occasione propizia
e imminenti i giorni della salvezza, egli
sospese l’opera iniziata e si volse interamente a predicare al popolo assetato.
Reca certo meraviglia che, afflitto com’era
da una certa corpulenza naturale e inoltre
travagliato da continua infermità…, egli
perseverasse nel predicare, nell’insegnare
e nell’ascoltare le confessioni fino al tramonto del sole, e molto spesso digiuno.
Da Assidua-Regaldina (1232)
a
i
l
g
i
m
a
f
in
prima preghiera che gli rivela un Padre nei
cieli. È missione ogni gesto d’amore accanto al
piccolo che cresce, che si illumina di nuove
conoscenze, che stende sguardi di meraviglia
sulle cose, sulle persone, sulle bellezze della
natura.
Si potrebbe continuare così, elencando i momenti, i luoghi della missione che i genitori
svolgono realmente e concretamente tra le
mura domestiche. Con loro, sono coinvolti i
cari nonni, che anche qui, con la pressante
richiesta di vedere le foto dei nipotini sul giornale e collocate ai piedi di S. Antonio, esprimono la fede e ne sono in qualche modo apostoli
con i loro adorabili bambini.
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La Voce dell’Antoniano Rogazionista
DOCUMENTO
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PERCHÈ L’EVANGELIZZAZIONE ALL’UOMO D’OGGI
“Guai a me se non predicassi il Vangelo” (1 Cor 9,16)
La sfida del riannuncio
È questo il titolo che introduce la domanda numero 18, una
delle 35 rivolte dal giornalista Vittorio Messori a Giovanni
Paolo II. Quel fuoco di fila di interrogazioni, spesso anche
pungenti, fu esso stesso una sfida al Capo della Chiesa da
parte dell’uomo qualunque, che raccoglieva aneliti, speranze e dubbi presenti nella nostra epoca. Il libro, che raccoglie le preziose indicazioni di papa Wojtyla, uscì in bella
edizione per la Mondadori il primo ottobre 1994. Si intitola:
Varcare la soglia della speranza, un best-seller con milioni
di copie vendute in tutte le lingue del mondo. La data della
pubblicazione non fu casuale. Il tema della Chiesa, inviata
alle genti quale missionaria del Vangelo, è centrale nel
libro. Quest’anno ricorre il 40° anno del “Decreto sull’attività missionaria della Chiesa”, noto con le parole iniziali
Ad gentes divinitus. È datato 7 dicembre 1965. Il giorno
dopo si concludeva il Concilio Vaticano II. In seguito, Paolo
VI scriveva l’esortazione Evangelii nuntiandi, che è un’altra fortissima riproposta del tema missionario. Di Giovanni
Paolo II si ricorda, fra numerosi interventi, l’enciclica
Redemptoris missio, dove è affermato l’inscindibile legame
tra l’opera salvifica del Cristo e quella strumentale della
Chiesa nei secoli.
È da notare che lo stesso 7 dicembre di 40 anni fa, il papa
Paolo VI e i Padri conciliari firmavano la famosa “Dichiarazione sulla libertà religiosa”, redatta con grande apertura
mentale, e tuttavia attenta a sottolineare che non vi è inconciliabilità tra la libera opzione religiosa di ciascuna persona
o popolo e il dovere della Chiesa di annunciare il Vangelo.
La domanda
Santità, le chiederei di soffermarsi un poco sull’espressione “evangelizzazione”, anzi “nuova evangelizzazione”,
che torna di continuo nel Suo insegnamento e che sembra essere per il Papa il compito principale del cattolico
alla fine del secolo XX.
La risposta del Papa (i punti essenziali)
Un salto nella storia
In effetti, il richiamo a un grande rilancio della evangelizzazione ritorna in vari modi nella vita attuale della Chie-
Evangelizzazione, in particolare, è stata l’attività dei vari
concili/…/. Tutto questo appartiene alla storia dell’evangelizzazione, una storia che si è sviluppata nell’incontro
con la cultura di ogni epoca.
sa. Per la verità essa non è mai stata assente: “Guai a me
se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16). Questa
espressione di Paolo di Tarso è stata valida in tutte le
epoche della storia della Chiesa. Egli stesso, fariseo convertito, fu instancabilmente incalzato da quel “guai!”.
/Con lui/ ebbe inizio la prima evangelizzazione dell’Europa/…/.
Il Vangelo fu così portato fuori dello stretto ambito di
Gerusalemme e della Palestina e cominciò la sua corsa
verso gli estremi confini del mondo di allora/…/.
L’evangelizzazione intrapresa dagli apostoli pose le fondamenta per la costruzione dell’edificio spirituale della
Chiesa, divenendo germe e, in certo senso, modello valido in ogni epoca/…/.
Evangelizzazione non è soltanto il vivo insegnamento
della Chiesa, il primo annuncio della fede (kèrygma) e l’istruzione, la formazione alla fede (catechesi), ma è anche
tutto il vasto impegno di riflessione sulla verità rivelata,
che si è espresso fin dall’inizio nell’opera dei Padri in
Oriente e in Occidente. E, quando si trattò del confronto
con le elucubrazioni gnostiche o con le varie eresie
emergenti, fu polemica.
Carita’ senza confini
MISSIONI
ROGAZIONISTE
Panpanaan Carlos, anni 15
Nato a Bulihan/Filippine
C
arlos è cresciuto in una famiglia numerosa, sesto di nove fratelli. Di questi, quattro sono
deceduti in tenera età. Lui aveva
otto anni, quando suo padre
moriva in un incidente stradale e
tutta l’economia della casa gravò
sulla madre. Il ragazzo ha dovuto collaborare per mandare
avanti la casa, il che spiega perché due volte ha dovuto sospendere gli studi. Terminate con enormi sacrifici le elementari, è stato accettato dai
Rogazionisti nel St. Anthony’s Boys Village di Silang. È un ragazzo creativo, suona
nella piccola banda collegiale, ma sogna di diventare ingegnere.
Nelle epoche moderne…
La consapevolezza che la Chiesa intera si trova in statu
missionis (in stato di missione) si è manifestata con forza
nel secolo scorso /l’Ottocento/ e si manifesta anche nel
presente, prima di tutto tra le antiche Chiese dell’Europa
occidentale. Basti pensare che nel passato, per esempio
in Francia, in alcune diocesi partiva per le missioni addirittura la metà dei sacerdoti/…/.
La Chiesa evangelizza, la Chiesa annuncia Cristo che è
Via, Verità e Vita; Cristo, unico Mediatore tra Dio e gli
uomini. E, nonostante le debolezze umane, la Chiesa è
instancabile in questo annuncio. La grande ondata missionaria, che si sollevò nel secolo scorso, si diresse verso
tutti i continenti e, in particolare, verso il continente africano. Oggi in quel continente abbiamo a che fare con
una Chiesa indigena già formata. Sono numerose le
schiere di vescovi di colore. L’Africa diventa un continente di vocazioni missionarie. E le vocazioni – grazie a Dio
– non mancano. Tanto diminuiscono in Europa, tanto
aumentano là, in Africa, in Asia.
…C’è una potente antievangelizzazione
La Chiesa si rinnova ogni giorno. Con lo spirito di questo
mondo, una lotta che non è nient’altro che lotta per l’anima di questo mondo. Se infatti, da un lato, in esso sono
presenti il vangelo e l’’evangelizzazione, dall’altro lato c’è
una potente antievangelizzazione, che dispone di mezzi
e di programmi e si contrappone con grande forza al
Vangelo e all’evangelizzazione.
La lotta per l’anima del mondo contemporaneo è massima là dove lo spirito di questo mondo sembra più potente. In tal senso la Redemptoris missino parla di moderni
areopaghi, cioè di nuovi pulpiti. Questi areopaghi sono
oggi il mondo della scienza, della cultura, dei mezzi di
comunicazione; sono gli ambienti in cui si creano le èlites intellettuali, quelli degli scrittori e degli artisti.
(segue nel prossimo numero)
per “emergenza
tsunami 2005”
L’
onda anomala del Sud-Est
Asiatico ha colpito anche parte
dell’India meridionale, dove i Rogazionisti sono presenti con due missioni. Il
Progetto “Emergenza Tsunami 2005”,
pur senza dimenticare le altre aree colpite, si è attivato per il soccorso delle
popolazioni del Sud Kerala/India. Dallo
scorso mese di aprile, le associazioni
laiche rogazioniste stanno collaborando
attivamente, coordinate dalla Onlus
Labor Mundi. Hanno aderito generosamente alcuni comuni veneti, tra cui tori del Sud Kerala, privati della possibiNanto, Longare e Castagneto. Tra le ini- lità di lavorare, essendo stato distrutto
ziative, l’acquisto di barche per i pesca- tutto quanto possedevano.
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La Voce dell’Antoniano Rogazionista
Esclusivo Bambini
UNA DOMANDA
QUANDO LE PAROLE SONO PIETRE:
QUEGLI ANTIABORTISTI BOLLATI COME
FONDAMENTALISTI
Davanti a un tribunale della Florida, un corteo di protesta agitava
cartelli contro la pratica dell’eutanasia e dell’aborto. Ce l’avevano con i
giudici, per aver decretato il distacco
del respiratore a una donna in coma
da ben 15 anni. Un caso difficile e
drammatico, che spaccava l’opinione
pubblica americana in due. Il corteo
intendeva ribadire il no a chi mette le
mani sulla vita nel suo inizio e nel
suo termine. Mi domando: con quale
criterio etico il nostro telegiornale
delle 13 bollava i manifestanti come
fondamentalisti?
Armando Cordusio, Milano
Siamo davanti ai valori rovesciati.
Lo constatiamo spesso. A parziale scusante del telegiornale citato, c’è da
osservare che esso fu dato a caldo e
che nelle repliche successive non si
parlò più di fondamentalisti. Ciò non
ostante, fa sempre piacere che ci siano
persone vigili sui fatti di cronaca. In
questa società si sbandierano tante
verità, anche in aperta contrapposizione tra loro. Ma la coscienza avverte che
la verità è una sola. Bisogna saperla
trovare, perla preziosa nascosta tra la
molta fanghiglia delle ideologie,
ammantate di sapienza accademica e
di prestigio intellettuale. Quando si
intercetta ad arte la luce dell’evidenza
per oscurarla, si finisce in mistificazioni
insensate.
Siamo peraltro avvertiti che i nuovi
pulpiti di oggi non sono più in chiesa,
ma nei luoghi della scienza e della cultura. Lì si fabbricano verità amare, che
sono aperte bugie sulle cose, sull’uomo, sulla vita e sulla morte. Ce l’ha
appena ricordato Giovanni Paolo II,
qui nella pagina precedente.
Non è che dovessimo aspettare il
telegiornale sopra ricordato, per capire
che i punti di vista sono talmente tanti e
diversi da far vedere bianco il nero e
viceversa. Quando, molti anni fa, gli
italiani corsero alle urne per pronunciarsi sulla legalizzazione dell’aborto, i
contrari furono bollati come bacchettoni e retrogradi. Ancora oggi, la retorica
piazzaiola di allora, profondamente
manipolatrice della verità sulla vita
umana, riaccende dibattiti salottieri
altrimenti noiosi.
Ma, perché non apriamo un dizionario? Il fondamentalismo vi è definito
come linea conservatrice e intransigente in materia religiosa o anche politica.
Ora, vi sono valori che richiedono
per se stessi una linea ferma. Qui si
parla della vita, il dono più grande. Lo
abbiamo ricevuto, è dovere custodirlo e
portarlo alla pienezza dello sviluppo. È
una verità tanto semplice. Prima di scomodare la divina rivelazione e aprire
un discorso di fede, la buona logica
razionale è sufficiente ed è d’avanzo.
Grazie al cielo, la decisione dei giudici
della Florida, di staccare il respiratore
che teneva in vita la signora Terri Schiavo, è stata una decisione fortemente
sofferta, contrastata, seguita da dubbi di
coscienza. Per il nostro dr. D’Agostino,
membro della commissione di bioetica,
quella scelta dei giudici ha il suono di
una sentenza impietosa verso i più
deboli della società, che dovrebbero
essere massimamente tutelati.
Tornando alle espressioni del telegiornale, da cui siamo partiti, ci troviamo di fronte a un linguaggio non
ammissibile. Fondamentalisti gli antiaboristi? E gli abortisti cosa sarebbero? La
cultura della morte apparterrebbe alla
modernità, quella della vita sarebbe
roba da archivio? Ma andiamo! Delitto
abominevole è l’aborto, così come l’eutanasia intesa quale intervento diretto e
attivo, mirante a porre fine a un’esistenza prima del termine naturale.
Non si nega la complessità del problema, specie quello della donna americana tenuta sospesa al filo della vita
per anni. Si resta amareggiati dal rovesciamento dei valori. Fondamentalisti
devono dirsi coloro che attentano, con
piglio decisionista, alla vita nascente e
morente. Il fatto che l’uomo sia considerato da certa cultura materialista alla
stregua di un animale omologato a
quanti altri popolano la terra, espone a
questa e ad altre aberrazioni. Non le
ingolliamo, caro lettore. Nonostante
tutto, ci arride la speranza che lo splendore della verità, “Veritatis splendor”,
come lo chiama il Papa nell’ enciclica
del 1993, filtri almeno un pallido barlume nelle foschie dell'intelligenza laica.
Il peso della verità ci sta sulla coscienza. A tutti. Al di là delle posizioni di
facciata.
Che strano
Anzi che meraviglioso!
Un giorno San Francesco d’Assisi giunse a un castello chiamato Alviano, che era vicino Orvieto. Il Santo
si mise a predicare comandando prima alle rondini,
che cantavano, che facessero un po’ di silenzio fin
tanto che egli avesse finito di predicare.
Le rondini ubbidirono e lui predicò con tanto fervore che tutti gli uomini e le donne di quel castello per
devozione gli volevano andare dietro e abbandonare la loro terra. Ma San Francesco non consentì,
dicendo loro: “Non abbiate fretta e non partite; io vi
suggerirò quello che voi dovrete fare per salvare le
vostre anime”.
E passando oltre, giunse a Bevagna, che è dalle
parti di Perugia. Allora levò gli occhi e vide alquanti
alberi a lato della strada, sui quali era un’infinita
moltitudine di uccelli. Allora San Francesco disse ai compagni suoi: “Voi aspettate qui
sulla strada, e io andrò a predicare ai miei fratelli uccelli. Ed entrò nel campo e cominciò a predicare agli uccelli che erano in terra. E subito quelli che erano sugli alberi vennero davanti a lui…
Da “I fioretti di San Francesco”, cap. XVI
Vocabolarietto
• San Francesco – È il Patrono d’Italia e dell’ecologia. Nacque ad Assisi, nell’Umbria, il 1182 e morì nel 1228. Amò tutte le creature, da ricco che era volle essere
povero per amore di Gesù e per sentirsi libero dai beni della terra.
• I fioretti di San Francesco – Se vi è piaciuta la predica agli uccelli e l’ordine dato
alle rondini di far silenzio, dovete ringraziare un libro assai bello, che è appunto
quello qui accanto. Fu scritto nel Trecento, sette secoli fa e anche più. In questo
mese di ottobre, precisamente il 4, è la festa del Santo, uno dei più amati nel
mondo.
• Rondini, uccelli, alberi in fiore. Chi sa se era primavera o autunno! Sapete che vi
dico? Fogli e pennarelli: datevi da fare, disegnate, dipingete, darete una bellissima
sorpresa ai vostri maestri… e farete anche una splendida figura!
LA
CARTOLINA
ASSISI: L’EREMO
DELLE CARCERI
Q
uando vado ad Assisi,
visito la Basilica e poi
me ne salgo a piedi all’Eremo delle Carceri. Il sentiero
gioca serpentine tra campi
e case sparse. Poi si apre
l’aperta campagna e, dopo
tre chilometri, eccomi
davanti al conventino delle
Carceri, luogo privilegiato
di Francesco d’Assisi e
della sua “fresca masnada”,
come direbbe Dante. Qui
l’Ordine dei Minori ebbe le origini, qui si provò nell’asprezza della
penitenza e nelle privazioni il Poverello. Le pietre, rugose e severe
anche loro, sembrano dirlo con muto linguaggio. Entro in una celletta.
Dicono che fu la dimora di Francesco. Lo credo, il bosco di là dalla
finestrella mi manda un fruscio di rami, toccati dai primi venti d’autunno. Sotto le antiche querce, il Poverello amava raccogliersi, lì un giorno zittì gli uccelli (non quelli della predica!) un po’ troppo bricconcelli
col loro cinguettio assordante.
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SPAZIO APERTO
DUE SOLITUDINI: L’UNA TRISTE,
L’ALTRA BUONA, ANZI DESIDERABILE
S
olitudine, parola ambigua,
facile e difficile, dolce e
amara, romantica e drammatica.
Sta davanti, sembra dire: scegli
tu.
Il più delle volte si presenta
come una malinconica vuotezza, tuttavia non senza
una qualche sua forza attrattiva, che finisce per risucchiarci nel suo grembo
scuro.
Quando, in momenti di
abbandono, viene pronunciata la parola solitudine, o si dice
a qualcuno mi sento solo, il vuoto
che è dentro di noi si dilata intorno
in chi ci ascolta e produce un’eco dolorosa. È come toccare una corda di violino e
farla vibrare sulle note di una scala in minore.
Se colui che percepisce questa eco ha un
poco di umanità e di comprensione, può
sovrapporre una cascata di note chiare a
quelle della cupa malinconia. Può fare della
malinconia altrui una cosa anche sua, provare ad alleviarla, a prenderla contropiede
per trasformarla in una situazione positiva.
So bene che mi sto addentrando in un tema
complesso, aperto a ventaglio su molti altri
tra loro annodati: infatti è breve il passo
dalla solitudine alla malinconia, dalla malinconia alla depressione e al fastidio della
vita. Non si finisce più! Difficile è la ricerca
delle cause che fanno da sfondo a simile
garbuglio, difficilissimo è infine il suggerimento dei rimedi. Meglio non togliere il
lavoro, e i grattacapi, agli psicologi, agli psicoterapeuti, ai confessori, ai medici e ad
altre categorie benemerite del settore.
Tuttavia, non sempre la solitudine comporta malinconia. Ci
sono persone che fanno
della solitudine una scelta
di vita. Si pensa subito a
uomini e donne che, in
ogni epoca e sotto ogni
cielo, hanno attuato la
fuga dal mondo per ritirarsi in luoghi lontani.
L’esperienza del deserto,
come la chiamano, è una
bellissima solitudine visitata da una gioia perfino
sovrumana.
È privilegio di pochi. A parte gli
anacoreti e i grandi asceti, ci sono
anche altre persone che si riconoscono,
si ritrovano pienamente quando vivono
appartate. La solitudine offre loro il vantaggio di riflettere, di prendere le giuste misure
per fronteggiare i mali della società. In questo senso, l’uomo solo è uno che si pone più
in alto e riesce a inquadrare lo scenario del
mondo, distinguervi le storture e gli squilibri.
Questa solitudine si risolve anche in maggiore capacità di prendersi cura degli altri, di
sorridere a chi è privo di sorriso, di fermarsi
davanti a chi è nel bisogno.
La solitudine buona, come la chiamo, è però
dei forti. E dei santi. I quali ultimi, a rifletterci, non sono mai soli: se non incontrano
persone è perché incontrano Dio; se non
sono dentro il mondo è perché il mondo ce
l’hanno addosso, con le sue sofferenze e le
sue gioie. Padre Pio, con una di quelle sue
uscite bonarie, diceva di sentirsi sulle spalle
tutte le miserie umane. E sorrideva, perché
non si sentiva le spalle di Atlante, così da
sostenere il peso del globo.
SCHEGGE
GUARIRE CON LE ERBE
❖ Per godere la felicità bisogna condi-
CORBEZZOLO
viderla.
(G. Bayron)
❖ La preghiera è la chiave che apre la
porta del mattino e chiude quella
della sera.
(Gandhi)
❖ La vecchiaia comincia nel momento in cui ti rendi conto che niente di
meraviglioso ti aspetta dietro l’angolo.
(D.E.Short)
❖ Non accettare di vivere il più piccolo istante senza sapere perché lo vivi.
(M.Quoist)
Il corbezzolo è un
arbusto della famiglia delle ericacee
dalle foglie simili a
quelle del lauro. Di
esso si usano in
medicina le foglie,
che sono astringenti.
Contro le diarree e le
affezioni del fegato si
fa il seguente infuso:
25 g di foglie in 500
g di acqua da bollire
per 5 minuti e somministrare in tazzine. Le bacche, invece, sono
tanto lassative che i latini avevano chiamato il
frutto del corbezzolo unedo, contrazione di
unum edo, che vuol dire ne mangio uno solo.
PUNTI & SPUNTI
Le “4 Giornate” di ottobre
N
on passano inosservate. A dir preciso, di queste “Giornate”
particolari ottobre è pieno. Nessun altro mese al pari di esso,
certamente perché si torna pienamente alle attività sociali, dopo
le vacanze che ormai allungano le mani sul tiepido settembre. Il
calendario dei santi non teme concorrenze, da un certo punto di
vista ci guadagna. Perché, ad esempio, la giornata dedicata
all’habitat si concilia bene con la ricorrenza di San Francesco, lì
a pochi passi, a ribadire l’amore al creato e a tutte le creature.
Ma andiamo ad appurare:
• Il 9 è la Giornata mondiale per le comunicazioni sociali.
Quest’espressione è prevalente nel linguaggio della Chiesa e sta
per mass-media. Nel mese di maggio si è già avuto un primo
appuntamento sul tema e per l’occasione papa Wojtyla ha scritto
una bella Lettera apostolica. Una delle novità di quell’intervento
è la pressante esortazione al mondo cattolico a farsi attivo nella
gestione dei media, a impegnare persone, intelligenze, progetti
e danaro. Bisogna porsi protagonisti nel vasto settore dell’informazione, il tempo delle lamentele può andare in archivio...
• Il 13 è la Giornata internazionale per l’habitat, voluta
anni fa dall’Onu. Cosa dire? Gli ottimisti vedono il futuro della
terra ancora a tinte chiare se non rosee, ma altri
avvertono che siamo al
limite di una strada
senza ritorno. Lasciamo
agli esperti la parola e ai
centri del potere l’attuazione di una politica di
risanamento dell’ambiente. Noi cittadini non
ne possiamo più. Il balletto delle responsabilità
ci deprime. Vogliamo
molto di più, che almeno si rispetti il Protocollo di Kyoto. Il comune
cittadino ha però un
compito importante da svolgere: mettersi con gli altri e creare
forti movimenti di pressione sugli uomini della scienza e della
politica.
• Il 17 è la Giornata mondiale contro la miseria o del
rifiuto della miseria, che è meglio detto. Di pane ce n’è per
tutti. Il problema è di distribuirlo. Fa tristezza sapere che in
America, in Canada e altrove si getta e seppellisce l’eccedenza
della produzione agricola e dell’industria. Esigenze di mercato?
Sarà, ma si dà il caso che almeno tre miliardi di creature hanno
fame. Dite voi: deve vincere il mercato o la vita umana?
• Il 20 è la Giornata internazionale dell’anziano. Non
molto tempo fa si è celebrato in tutto il mondo l’anno dell’anziano. Dire che nulla è stato fatto sarebbe ingeneroso. Il problema
della terza età si aggrava da se stesso, per l’allungamento progressivo della vita. La società non si è ancora attrezzata per fronteggiare una situazione inedita nella storia passata.
Lasciamo alla considerazione dei lettori la Giornata missionaria
e la Giornata dell’Onu che chiude il mese. Della prima si è parlato in altre pagine. Sul massimo organismo politico del mondo
sono da troppi anni puntati i riflettori. La parola d’ordine, finora disattesa, è: cambiare, rinnovare profondamente.
A cura di Sabino Cantoro
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La Voce dell’Antoniano Rogazionista
Abbiamo letto...
Tagli e ritagli a cura di L.D.C.
Il capo nasce a scuola
Le persone di successo si riconoscono
già tra i banchi di scuola. Sono studenti
vincenti, determinati, ambiziosi e carrieristi sin da quando affrontano le
interrogazioni e si preparano agli
esami: non solo perché risultano i
primi della classe…, ma perché sono i
più brillanti e i più socievoli, capaci di
tenere testa agli insegnanti e di trascinare i compagni in mille avventure. È
quanto emerge da uno studio pubblicato sulla prima pagina del prestigioso
quotidiano economico inglese Financial Times, che ha interpellato dirigenti
d’industria e manager di ambo i sessi
che occupano i posti di comando nelle
maggiori aziende. Si è scoperto che i
capi di oggi erano già dei leader a
scuola, e che sin da studenti avevano
un certo potere e ricoprivano incarichi
rappresentativi e di comando, come il
capoclasse o il capitano di una squadra
di calcio o di basket.
specializzazione in restauro, se poi a
34 anni ci si ritrova co-co-co a mille
euro al mese? “Se fossi nata in un altro
tempo e in un altro luogo, sarei all’apice della carriera”, dice una giovane.
Invece Camilla C., assistente universitaria, deve arrotondare lavorando a
progetto per un’azienda di comunicazione: “Altri 600 euro, giusto per l’affitto”. Il mito del posto fisso lei non ce
l’ha: “Adoro il mio lavoro in università,
solo per questo tengo duro. All’inizio
accumuli esperienze e fai mille cose in
pochi anni perché vuoi diventare una
professionista. Sei brava, ti dicono,
prima o poi ti premieranno. Ma un
giorno il tempo si ferma, e tu sei ancora lì ad angosciarti per il contratto che
scade e ti ritrovi che a 34 anni non
puoi permetterti di sposarti e avere
figli. La licenza matrimoniale, per te,
non esiste, e la maternità è tutelata fino
a un certo punto.
Emanuela Zuccalà, Io donna, 2005/12
Francesca Guasco, Di più
Un milione e mezzo:
sono i precari
È una generazione ormai adulta: quasi
la metà veleggia oltre i 35 anni: lauree
e masters per impieghi mal pagati.
Ultima beffa: sono loro a pagare le
pensioni degli altri. E ci si domanda a
che serve una laurea in architettura
con lode, lo stage a Londra in uno studio di fama, il dottorato di ricerca con
Essere qualcuno:
il bisogno di sentirsi importanti
Il vecchio e celebre libro di Dale Carnegie era stato tradotto in italiano
come “L’arte di conquistare gli amici”.
In realtà, il vero tema del libro non era
l’amicizia ma la conquista del successo… Tra le tante cose che questo antico libro insegna, c’è l’idea che il
movente fondamentale delle azioni
umane non sia il sesso, bensì il biso-
Scienza
e Dintorni
Una storia lunga 40 secoli. Oggi per fare 19 palle da football americano ci vuole
una mucca. Si è calcolato che per realizzare le 5.760 palle usate ogni anno nel campionato americano di football occorrono 303 mucche.
Le palle da gioco più antiche mai ritrovate risalgono all’antico Egitto e sono fatte
di lino imbottito con paglia. Erano usate per giocare con le mani all’interno delle
abitazioni. Stiamo parlando di duemila anni a. C. Come giocavano i Greci e i Romani? Gareggiavano a calcio con vesciche animali gonfiate, che, colpite con troppa
forza, facilmente scoppiavano. Nel Medioevo, fino all’800 si usavano involucri di
cuoio imbottito per i giochi popolari, spesso molto violenti. Nel calcio fiorentino
tutto era lecito pur di rubare la palla all’avversario.
gno di sentirsi importanti… Mi veniva
in mente Carnegie sere fa quando nel
corso de “L’eredità” – la trasmissione
quiz di Amadeus, che seguo sempre
per controllare giorno per giorno l’eventuale insorgere di una mia “dementia praecox” – è stato domandato
quale è il valore a cui gli italiani tengono di più, almeno secondo un recente
sondaggio. Ed emergeva (a scorno dei
candidati che cercavano di citare l’amore, il danaro, la felicità, la famiglia o
altro) che il valore perseguito con
maggior passione era la notorietà, l’essere conosciuti e riconosciuti dagli
altri.
Si noti bene che il valore non era la
“Fama”, nozione che è di per sé legata
al compimento di qualche azione
nobile e di interesse collettivo. I soggetti testati non desideravano essere
ricordati come scopritori del vaccino
anticancro, salvatori eroici dei propri
simili, grandi poeti o scultori, condottieri di eserciti, navigatori, mistici o
filantropi.
Era più che evidente che volevano
essere riconoscibili e dunque riconosciuti per strada, dal droghiere, sull’autobus, al supermercato. Come
Charlie Brown, non sopportavano di
non essere “popolari”… Le televisioni
sanno che la gente questo desidera e
provvedono giorno e notte, su decine
e decine di canali, la possibilità di
apparire.
Umberto Eco, L’espresso, 2005/4
Il lavoro può non piacere,
ma fa tre grandi cose…
“Il lavoro non mi piace – non piace a
nessuno – ma mi piace quello che c’è
nel lavoro: la possibilità di trovare se
stessi, scoprire la propria realtà che
nessun altro potrà mai conoscere”. Il
romanziere inglese Joseph Conrad
esprime così il suo parere sul lavoro,
nella sua opera “Cuore di tenebra”
(1902). Eppure, è proprio in quell’attività che l’uomo trova se stesso, le sue
capacità, la sua funzione nel mondo.
È per questo che essere senza lavoro
non crea serenità ma insoddisfazione.
Il dramma del disoccupato o di chi è
costretto a un lavoro alienante e inadatto è quello di non realizzare se stesso. Lavorare stancherà, o non piacerà,
ma esso, al dire di Voltaire, “allontana
da noi tre grandi mali: la noia, il vizio e
il bisogno”.
Gianfranco Ravasi, Avvenire 2005/66
Venendo al XIX secolo, cioè all’Ottocento, si diffonde in Europa la gomma, già
usata nell’America centrale fin dal 500 a. C. Pertanto, si realizzano le prime camere
d’aria gonfiabili. La palla può finalmente rimbalzare ed essere calciata nello stesso
tempo: nasce il calcio moderno.
Nel Novecento i primi palloni da calcio hanno, per inserire la camera d’aria, una
fessura richiusa con lacci, che procurano dolorose escoriazioni nei colpi di testa.
Grazie all’introduzione di una valvola per gonfiare la palla i lacci scompaiono e il
cuoio viene prima reso impermeabile, poi sostituito da materiali sintetici.
Nel 1986, con i Mondiali del Messico, venne introdotta la prima palla interamente sintetica. Da allora il cuoio è stato abbandonato e le palle sono diventate sempre
più veloci: una gioia per gli attaccanti, ma anche per le mucche! Che, come detto
all’inizio, ci rimettevano... la pelle!.
In futuro c’è anche chi pensa di inserire congegni elettronici all’interno del pallone. Secondo Peter Csanadi, esperto del settore, «teoricamente è già possibile incapsulare un microchip nella palla per controllare quando entra in porta»
Ma bisognerebbe modificare le regole e mettere d’accordo troppe persone. Ne sa
qualcosa Aldo Biscardi e quanti altri si sgolano a reclamare la videocamera sui campi
di calcio. Il pallone è bizzoso, avrà sempre il suo guizzo imprevedibile per beffare tutte
le tecnologie di questo mondo. Lui sa di essere al centro dell’attenzione, oggetto di
studi che non si crederebbero. Ad esempio, lo sapete che il rimbalzo che deve essere tra
1,2 e 1,5 metri, viene filmato lasciando cadere la palla da un’altezza di 2 metri? La
palla passa attraverso molte prove, prima di essere dichiarata idonea a ricevere i desiderati calci sul campo da gioco. Pensate, viene sparata più di 2 mila volte contro una
superficie d’acciaio: se non mantiene forma e dimensioni perfette è scartata.
a cura di Ugo Seris
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La Voce dell’Antoniano Rogazionista
Tammy e fratellino
Anthony Raponi
Francesca Iosso
ILLUMINA
I NOSTRI
PASSI
David Durbano
Famiglia Savona
Ron Capretta
Domenico
Jessica Sanpietri
Famiglia Savona
Nipotini
di Teresa e Salvatore Di Matteo
Vittorio Emili
Nipotini di Theresa
Oppedisano
Benedici il Signore, anima mia
Un dono atteso 11 anni
Ora Francesca Iosso (foto in
Illumina…) ha 13 mesi. In casa
è stata accolta come un dono
del Signore atteso 11 anni.
Sono la sua nonna, devota di
S. Antonio da oltre 40 anni,
come lo era già mio marito,
deceduto 5 anni fa. All’intercessione del Santo attribuisco
questa creaturina, che è scesa
come un raggio di luce nella
nostra casa. Mi sono anche cari
i bambini antoniani, non li
dimenticherò mai. A loro chiedo una preghiera speciale per
la piccola Francesca e per i
cuginetti Luigi e Antonio con
le loro famiglie.
Anna Cristiano, Barra/NA
Ora David cresce bene…
Il piccolo David Durbano (foto
in Illumina…) è nato prematuro, ma ora si è rimesso e cresce sano e bello. Non pronuncia ancora tutte le parole, ma
ci riuscirà. Sant’Antonio, che lo
ha protetto nella nascita, lo
accompagnerà nella vita, come
con fede preghiamo. Io sono la
nonna, 78 anni portati con
acciacchi e sof fer enze, ma
sempre fiduciosa in Dio. Pregate per noi.
Maria Iacampo, Canada
Una grazia
per il piccolo Anthony
Circa due anni fa ho chiesto a
S. Antonio la guarigione di mio
nipotino Anthony Raponi (foto
in Illumina…), affetto da leucemia acuta e a voi mi sono
rivolta per ferventi preghiere.
Oggi vi faccio sapere che il
piccolo, dopo 31 mesi di chemioterapie, è sulla via della
guarigione. Ne sono riconoscente al Santo e a voi per
tutte le preghiere che avete
fatte.
Caterina Guastella, Canada
Che il Cielo ci ascolti!
Vi mando questa foto di mio
nipote, un uomo di 54 anni
affetto da tumore al fegato. I
dottori gli hanno detto che solo
un miracolo lo può salvare: Noi
ci affidiamo alla preghiera, è la
nostra arma per vincere. Sono
suo zio Anthony Andriette di
Salmo 104
Giulianova/Teramo, molto devoto di S. Antonio sulla cui
tomba, nella Basilica di Padova,
più volte mi sono recato. Deponete voi la foto di Ron Capretta
(in Illumina…) ai piedi del
Santo. Che il Cielo ci ascolti!
Anthony Andriette, USA
Il pane ai bambini
Carissimi amici antoniani,
mando un contributo per il
pane dei bambini. Ho tanto
bisogno di una loro preghiera
particolare a S. Antonio in questa circostanza. Protegga questi
due nipotini, faccia che specialmente Tammy (foto in Illumina…) stia bene in tutto, cresca
e sia la gioia della famiglia.
Giovanna Scarpitti, USA
L’Angolo del Suffragio
Frank Grasso
Nina Baron
Antonio Calderone
Eugenia Bosoni
L’eterno riposo dona loro, O Signore!
Concettina Amenta
Antonio Gucciardi
Giuseppe Caluccelli
Sebastiano Ilardo
Iole Fulco
Luigia Montanari
Zecchin - Maria Tamai
Per la legge sulla privacy, pubblichiamo solo foto su richiesta scritta, e non più di una. Scrivete chiaro e incollate bene le buste.
LA DIREZIONE
Riceviamo & Rispondiamo
Dove ci sono parole...
Sono Serafina, una telefonata del dottore mi
ha accertato la presenza di un male grave al
colon. Ho preso la notizia con forza e coraggio, l’ho trasmessa ai miei figli. Dovrei dire
che è una brutta notizia, ma non l’ho presa
male. Due anni fa ho perso mio marito con lo
stesso male. Prego che anch’io possa fare
una buona morte come lui dopo giorni di
agonia. Pregate per una santa morte. Se vi fa
piacere, pubblicate questa mia lettera.
Petruzziello Serafina, USA
Vi sono lettere che sembrano suggerire il
silenzio e la meditazione. Questa di Serafina è
tale. Una notizia di poche parole, scarna e
secca come lo è il volto del dolore che immagino dipinto sul volto di questa mirabile cristiana. La quale, cari lettori, cosa chiede?
Una santa morte, la conclusione del viaggio
terreno, quando il cuore, stanco di battere,
sarà in quel mondo di pace, dove l’anima
riposerà tra le braccia di Colui che l’ha creata.
La signora Serafina dimostra di saperne, nella
sua semplicità, molto più di quelli che hanno
divorato per una vita migliaia di libri. Lei ne
conosce forse soltanto uno, quello dove ci
sono pagine che parlano di risurrezione e vita,
dove c’è un Maestro chiamato Gesù, i cui
occhi pieni d’amore sono fissi nei nostri pieni
di lacrime. A lui, e alla Madonna che è
Madre, affidiamo le speranze nostre per la
guarigione di Serafina. La vita è preziosa, finchè il Signore ce la lascia in consegna, dobbiamo custodirla e amarla. Per questo preghiamo. Il buon Dio, per l’intercessione dei
suoi santi, può fare miracoli.
La Voce dell’Antoniano Rogazionista
a cura di Flos
Mettere la bestemmia
fuorigioco
Danielle ci dice
che la vita è bella
Caro Flos, che ne dici dell’idea di sanzionare
col cartellino azzurro la bestemmia dei giocatori durante le partite di calcio?
Renzo Bertarelli, Cisterna/LT
Il cartellino azzurro esiste, è stato introdotto
in aggiunta a quello giallo e rosso nei campionati CIS. Il malcostume delle bestemmie in
campo non è nuovo, ma certamente si è
accentuato negli ultimi tempi, incoraggiato
dal dilagare del linguaggio sboccato, in televisione soprattutto. Cito il mezzo televisivo,
perché è quello che più influisce nel bene e
nel male sul costume pubblico. La bestemmia
in campo è soltanto uno dei luoghi del turpiloquio, il quale pervade tanti altri spazi della
società. Perciò, non soltanto sanzioni per chi
impreca sul rettangolo del gioco, ma una vera
campagna per educare i giovani. In una partita, giocata tra due squadre del CIS Novara, è
accaduto un episodio che ha destato clamore.
Un sacerdote, facente funzione di accompagnatore di una di quelle squadre, stanco di
sentire i giocatori avversari bestemmiare nei
momenti chiave della gara, è entrato sul terreno di gioco e ha chiesto all’arbitro di applicare il regolamento CIS, che in tali casi prevede
l’espulsione. Ma affermando l’arbitro di non
aver udito nulla per via della “cagnara” generale fatta dai giocatori, ha chiesto e ottenuto
di essere espulso lui stesso in segno di protesta. Qui, amico lettore, siamo tutti invitati ad
andare… a scuola di valori e di civiltà. Altro
che regole e sanzioni.
Tante traversie nella mia vita, fin da quando
ero piccola. Non ho perso mai la fede. Porto
il nome di S. Antonio stampato nel mio cuore
e spero, anche se sono malata di cancro, di
anni 77, vedova da 26. La mia prima figlia ha
anche lei il mio male, è stata operata, spero
che si rimetta. Fra tante ombre, un raggio di
luce, la piccola Danielle (foto). Pregate per
questa bambina, pregate per noi.
Filomena Iannantuono, USA
La sua lettera, gentile signora, è stata riassunta. Noi siamo vicini a lei, a sua figlia, ai familiari, non dimenticheremo la prece devota per
il defunto marito, l’affidamento di Danielle a
S. Antonio che la protegga. A lei e a quante
altre persone ci scrivono assicuriamo il nostro
conforto fraterno, lasciando che il Signore
esaudisca ogni buon voto.
Feste in Famiglia
AvvisI
Battesimo
50° di Matrimonio
Potete aiutare i nostri bambini anche con bonifico bancario:
di seguito vi comunichiamo le coordinate:
BANCA ANTONVENETA
COORDINATE BANCARIE EUROPEE (IBAN)
COORDINATE BANCARIE NAZIONALI (BBAN)
PAESE
CHECK
CIN
ABI
CAB
CONTO
IT
97
U
05040
12193
00000000569L
Quando richiedete la celebrazione di Sante Messe ed esprimete un’eventuale intenzione particolare, vi preghiamo di
scriverla nello spazio riservato alla causale del versamento
sui c/c postali.
I M P O RTA N T E
Nicola e Carmela Mignelli /Canada,
riconoscenti al Signore e al celeste patrono
Sant’Antonio per tutti i doni della vita.
Il neonato Tyler (N.Y./USA)
nel giorno del battesimo,
circondato dai suoi affezionati
genitori Claudia e Michael,
dai compari zio Rocco e zia Jennifer.
Per lui e per tutti
i familiari i nonni B.
invocano ogni grazia.
Preghiamo i benefattori delle Americhe, Canada, Australia ed
Europa di inserire nelle buste soltanto assegni bancari o personali,
mai banconote anche se l’offerta è piccolissima, esclusivamente
intestati a: «Istituto Antoniano dei Rogazionisti o Istituto Antoniano Maschile. Chiudere bene la busta e sigillarla.
La Direzione
ALLA CORTESE ATTENZIONE DEI NOSTRI LETTORI
DIFFIDA – Diffidate di qualsiasi persona si presenti a voi a nome dell’Istituto. Sono abusivi, si spacciano per missionari e con nomi falsi: Pietro,
Costantino... Se bussano, non aprite e telefonate alla Questura.
L’Istituto Antoniano Maschile dei Rogazionisti in Padova è diverso e distinto
da ogni altro in città. Ad evitare disguidi, servitevi dell’indrizzo esatto qui a
piè di pagina.
ISTITUTO ANTONIANO DEI ROGAZIONISTI
Via Tiziano Minio, 15 • 35134 Padova • Tel. 049.60.52.00 • Fax 049.60.50.09 • C/C Postale 6361
www.orfanotrofio.cjb.net • E-mail: [email protected]
05.122
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(2005_07) il n 7 di ottobre 2005