S T A G I O N E
D ’ O P E R A
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Guglielmo Tell
Melodramma tragico in quattro atti
Libretto di Étienne de Jouy e Hippolyte Bis
dall’omonimo dramma di Friedrich Schiller e dal racconto La Suisse libre di Jean-Pierre Claris de Florian
Traduzione ritmica italiana di Calisto Bassi ripristinata da Paolo Cattelan
Musica di Gioachino Rossini
Personaggi Interpreti
Guglielmo Tell, congiurato svizzero baritono Dalibor Jenis / Fabio Maria Capitanucci*
Arnoldo Melcthal, congiurato svizzero tenore John Osborn / Enea Scala (9)
Matilde, principessa della casata degli Asburgo,
destinata al governo della Svizzera soprano Angela Meade / Erika Grimaldi*
Gualtiero Farst, congiurato svizzero basso Mirco Palazzi
Melcthal, padre di Arnoldo basso Fabrizio Beggi
Jemmy, figlio di Guglielmo Tell soprano Marina Bucciarelli
Edwige, moglie di Guglielmo Tell mezzosoprano Anna Maria Chiuri
Gessler, governatore dei cantoni di Schwitz e di Uri basso Luca Tittoto
Ruodi, un pescatore tenore Mikeldi Atxalandabaso
Rodolfo, capo degli arcieri di Gessler tenore Luca Casalin
Leutoldo, pastore baritono Ryan Milstead
Un cacciatore basso Giuseppe Capoferri / Davide Motta Fré*
Personaggi e interpreti della ripresa video
Melcthal più giovane Simone Alberghini
Arnoldo bambino Michele Rizzi
Direttore d’orchestra
Regia
ripresa da
Scene e costumi
Coreografia
ripresa da
Luci
Assistente alla regia
Assistente alle luci
Direttore dell’allestimento
Maestro del coro
Gianandrea Noseda
Graham Vick
Lorenzo Nencini
Paul Brown
Ron Howell
Ilaria Landi
Giuseppe Di Iorio
Marcin Lakomicki
Fiammetta Baldiserri
Saverio Santoliquido
Claudio Fenoglio
Orchestra e Coro del Teatro Regio
Nuovo allestimento in coproduzione con Rossini Opera Festival di Pesaro
Maggio 2014: Mercoledì 7 ore 19, Venerdì 9* ore 19, Domenica 11 ore 15, Mercoledì 14* ore 19, Domenica 18 ore 15
Guglielmo Tell
Argomento
Atto I
Bürglen, Cantone di Uri. Mentre si festeggiano le nozze di tre coppie, Guglielmo Tell medita sulla
Svizzera oppressa dallo straniero. Quando arriva il vecchio Melcthal con il figlio Arnoldo, Edwige,
la moglie di Guglielmo, gli chiede di benedire gli sposi. Arnoldo si dispera: si vergogna di aver un
tempo combattuto tra le fila degli attuali oppressori, ed è innamorato senza speranza di Matilde, una
principessa austriaca. Arriva Leutoldo, in fuga perché, per difendere la figlia, ha ucciso un soldato di
Gessler. Guglielmo si offre di traghettarlo al sicuro. Appena si sono allontanati, sopraggiungono le
guardie. Rodolfo, il capitano, chiede il nome del barcaiolo. Melcthal esorta tutti a non rispondere, e
per questo viene arrestato.
Atto II
Sulle alture di Rütli, al calar della sera. Arnoldo e Matilde si incontrano nella foresta: i due giovani
danno voce ai sentimenti fin lì nascosti. Al sopraggiungere di Guglielmo e Gualtiero, Matilde si allontana. Guglielmo, che l’ha riconosciuta, accusa Arnoldo di cospirare con gli oppressori, e Gualtiero
gli rivela che suo padre è stato fatto uccidere da Gessler. dal bosco giungono i ribelli di Unterwald, di
Schwitz e di Uri. Gli uomini dei tre cantoni si dichiarano pronti a morire per la libertà della Svizzera.
Atto III
In una cappella in rovina nelle vicinanze del palazzo di Altdorf. Arnoldo annuncia a Matilde di non
voler più combattere per gli austriaci, anche se dovrà rinunciare a lei.
Nella piazza principale di Altdorf. Il governatore ordina di festeggiare con canti e danze il centenario della dominazione austriaca. Guglielmo e Jemmy rifiutano di rendere omaggio a Gessler.
Il governatore escogita una punizione crudele: Guglielmo dovrà colpire con una freccia una mela
posta sul capo del figlio. Rincuorato da Jemmy, Guglielmo prende la mira e centra il bersaglio.
Guglielmo sviene per l’emozione, lasciando cadere una seconda freccia: con quella, confessa poi,
avrebbe trafitto Gessler se avesse fallito la prova. Gessler ordina di giustiziare padre e figlio, ma
Matilde gli impone di affidarle Jemmy.
Atto IV
Piazza davanti alla casa di Melcthal. Arnoldo vagheggia di liberare Guglielmo: quando giungono i
popolani, li esorta ad assaltare la residenza del governatore.
Sulla riva del lago dei Quattro Cantoni. Matilde riconduce Jemmy alla madre. Jemmy riferisce che
Gessler sta portando via Guglielmo sulla propria barca. Edwige, osservando la tempesta che infuria,
dà Guglielmo per morto, ma questi ha preso il timone e sta conducendo la barca in salvo. In prossimità della riva, balza su uno scoglio e spinge la barca in mezzo alle onde: Guglielmo può finalmente
riabbracciare moglie e figlio. Gessler intanto ha a sua volta guadagnato la riva, ma Guglielmo lo trafigge con una freccia. Giunge quindi Arnoldo con gli insorti: la cittadella nemica è caduta. Il popolo
esulta, mentre la tempesta si placa, le nuvole si diradano e il sole torna a splendere sulla Svizzera
infine liberata dall’oppressore.
Prima rappresentazione assoluta: Parigi, Théâtre de l’Académie Royale de Musique, 3 agosto 1829.
Questa edizione dell’opera prevede due intervalli, dopo il primo e dopo il secondo atto.
AVVISO AL PUBBLICO - VARIAZIONI RECITE “THE RAKE’S PROGRESS”
Per esigenze di programmazione si è reso necessario modificare la data di due recite dell’opera di Stravinskij
La recita abbinata al Turno D prevista per venerdì 13 giugno avrà luogo giovedì 12 giugno alle ore 20
La recita abbinata al Turno F prevista per domenica 22 giugno avrà luogo sabato 14 giugno alle ore 15
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il tuo appoggio, puoi firmare a favore del tuo Teatro, destinando il 5 per mille dell’IRPEF. È sufficiente
scrivere il codice fiscale del Regio (00505900019) nell’apposito riquadro della dichiarazione dei redditi.
La destinazione del 5 per mille non comporta nessuna spesa e non è alternativa all’8 per mille.
«Ex terra omnia»: lo spettacolo di Graham Vick
Andata in scena nell’estate 2013 al Rossini Opera Festival di Pesaro con successo e polemiche, questa
produzione del Guillaume Tell (regia di Graham Vick, scene e costumi di Paul Brown, coreografie di
Ron Howell) dimostra una volta di più che importante è la fedeltà sostanziale al testo, non quella formale intesa come traduzione scenica delle didascalie. Anzi: in questo caso, un grande spettacolo svela
aspetti reconditi di un capolavoro e aiuta a riflettere sulle sue apparenti contraddizioni. In particolare
una, che riassumiamo molto rozzamente in una domanda: perché un compositore politicamente conservatore come Rossini al servizio di una monarchia apertamente reazionaria come quella di Carlo X
produsse un’opera “politica” e “rivoluzionaria” come questa? Attenzione alle date: il Tell andò in scena
all’Académie Royale de Musique di Parigi, vulgo Opéra, il 3 agosto 1829. Meno di un anno dopo, le
“trois glorieuses” (27, 28 e 29 luglio 1830) buttarono giù dal trono il monarca borbonico. Avranno gli
svizzeri ispirato i parigini?
Come per tutte le questioni complesse bisogna fare un passo indietro, perché purtroppo la Storia non
è a misura di tweet. Gioachino Rossini, da tempo il musicista più celebre d’Europa, chiuse la sua carriera italiana dove l’aveva cominciata, a Venezia, presentando nel 1823 alla Fenice un’opera “mostruosa”,
beninteso nel senso etimologico della parola, come Semiramide. Dall’anno seguente è in Francia, dove
scriverà le sue ultime cinque opere: Il viaggio a Reims nell’ambito dei festeggiamenti per il sacre, l’incoronazione di Carlo X (19 giugno 1825), Le Siège de Corinthe (rifacimento del Maometto II napoletano,
9 ottobre 1826), Moïse et Pharaon, ou le Passage de la Mer Rouge (altro remake, questa volta del Mosè
in Egitto, 26 marzo 1827), Le Comte Ory (20 agosto 1828) e infine, appunto, Guillaume Tell. Nel frattempo, viene coccolato dal potere, ricevendo contratti faraonici (il rifiuto di onorare l’ultimo, davvero
esorbitante, da parte del regime installatosi nel 1830, la monarchia “borghese” – e assai meschina – di
Luigi Filippo, non più re di Francia ma “dei Francesi”, scatenerà una lunga causa di Rossini contro lo
Stato francese, e sarà la causa contingente del suo abbandono delle scene), la direzione del ThéâtreItalien e perfino la nomina a Primo compositore del Re e Ispettore generale del canto in Francia, che
farà la felicità dei caricaturisti.
È bene precisare che Carlo X non era affatto interessato alla musica e più in generale alle arti. Il fratello
più giovane dello sventurato Luigi XVI e di Luigi XVIII era stato in gioventù un brillante cavaliere, anima festaiola del circolo di giovani sventati che circondava Maria Antonietta. La conversione
avvenne durante l’esilio, ispirata a Carlo dalla morte edificante non della moglie, una Savoia minore,
brutta e antipatica rispedita a Torino, ma dell’amante, la deliziosa Louise de Polastron. L’ex gaudente
era diventato religiosissimo e singolarmente austero, pur conservando i modi amabili che tutti gli
riconoscevano. Interessi culturali, però, non ne aveva e mai si rese conto di essere il Re di Rossini e
anche di Hugo, Lamartine, Chateaubriand e Delacroix. Abbiamo una testimonianza “in presa diretta”
di Castil-Blaze, che descrive il Re mentre assiste a una recita del Viaggio a Reims, scritto proprio per
lui: «Sa Majesté prenait son plaisir en patience et, comme Didon sur le bucher, levait au ciel les yeux,
cherchait la lumière du gaz, et gémissait de l’avoir trouvée. Sa pantomime expressive témoignait de
l’ennui royal qu’elle éprouvait». Eccetera.
In effetti, a gestire la politica culturale di Carlo X era il visconte Sosthène de la Rochefoucauld, direttore del Dipartimento delle Belle arti e figlio del duca di Doudeauville, ministro della Maison du Roi.
La Rochefoucauld era un uomo colto, benché eccessivamente prude: una delle sue prime iniziative fu
quella di far allungare i caleçons, i mutandoni, delle ballerine dell’Opéra, il che gli valse infinite prese in
giro sui giornali. Ma il visconte aveva capito che “arruolare” una celebrità mondiale come Rossini era
un eccellente investimento mediatico per il regime. Fu lui, fino alla sua caduta, a gestire il compositore,
ad aiutarlo nei rapporti con la complessa amministrazione dell’Opéra e, in generale, a vezzeggiarlo
come meritava. La leggenda “nera” di Carlo X è stata molto esagerata dagli storici. Già Stendhal, che
pure era liberale, ammetteva che mai un Paese era stato “così felice” come la Francia sotto Carlo. Però
è indubbio che il Re incarnava un’idea della Restaurazione come reazione e che se suo fratello Luigi
XVIII pensava a una monarchia costituzionale “all’inglese”, nei progetti o nelle illusioni di Carlo X c’era
un ritorno, se non a un assolutismo da Re Sole, a una monarchia autoritaria, basata sull’appoggio della
Chiesa e di un’aristocrazia ripristinata nella sua antica preponderanza sociale (il famoso “miliardo agli
emigrati”, altra leggenda molto gonfiata dalla pubblicistica avversa – ma gli storici di oggi ci insegnano
che la percezione della realtà non è meno importante della realtà stessa…). In ogni caso, per venire a
quel che ci interessa, appare strano che all’Opéra, il teatro “di regime” per eccellenza, controllatissimo
dal potere politico, il compositore più in vista del mondo potesse rappresentare un’opera come il Tell
che, in fin dei conti, mette in scena la rivoluzione dei sudditi contro i loro legittimi signori, e quel che
peggio vittoriosa. Senza nemmeno uno scioglimento tragico com’era successo l’anno precedente con
La Muette de Portici di Auber, soggetto comunque così incendiario che la rivoluzione belga del 1830
cominciò proprio durante una sua rappresentazione alla Monnaie. Proprio Guillaume Tell era stato
un eroe della Rivoluzione, celebrato anche dall’ omonima opéra-comique di successo, presentata nel
1791 dal “citoyen” André Grétry. E allora?
E allora arriviamo a Vick. La scena è un cubo bianco dominato da una grande scritta: “Ex terra omnia”, tutto viene dalla terra. Gli svizzeri oppressi sono il popolo della Natura; gli austriaci oppressori
ne sono la negazione. E infatti rinchiudono le loro vittime in un mondo artificiale, da cui è espunta
appunto la terra, di cui viene ossessivamente cancellata ogni traccia. Un mondo di pareti bianche e
asettiche, un mondo in cui la natura diventa essa stessa artificiale, oggetto del divertimento dei dominatori, “messa in scena”, continuamente ripresa dalle telecamere come se fosse un documentario su
questi strani esseri che alla terra vogliono restare attaccati. Non a caso Mathilde entrerà in scena in
mezzo a una sfilata di cavalli clamorosamente “finti”, e non a caso al momento della congiura questi cavalli verranno rovesciati e trasformati in barricate, mostrando plasticamente quello che sono: artificio,
spot, finta natura, finta terra. Quando Arnold, l’eroe incerto se accettare la dominazione o ribellarsi,
piange il padre ucciso, un filmino ce lo mostra bambino ricevere dal padre un pugno di terra. Terra,
radici, casa: la Patria, i tedeschi la chiamano Vaterland, la terra dei padri.
Poi, certo, c’è l’ambientazione temporale, che Vick colloca in una fin-de-siècle che si carica di citazioni
cinematografiche, per esempio da Novecento di Bertolucci. Gli austriaci sono una società decadente,
chiusa nel suo orgoglio di casta; gli svizzeri dei proletari alla Pellizza da Volpedo continuamente umiliati e offesi. Apice, il balletto del terz’atto, summa di violenza quasi insostenibile delle umiliazioni
anche sessuali cui sono sottoposti gli svizzeri (Salò o le 120 giornate di Sodoma?), delle danze che forse
per la prima volta non sono un semplice divertissement ma una vera, fondamentale parte dell’azione.
E così anche la prova della mela diventa veramente l’apice di una perversione sadica.
Viene da pensare al Thomas Mann delle Considerazioni di un impolitico, alla differenziazione fra Kultur e Civilisation. Il trionfo degli svizzeri ribelli è, in primo luogo, il trionfo della Natura, di un’organizzazione politica e sociale senza sovrastrutture ideologiche, costruzioni intellettuali o speculazioni
filosofiche. Un ritorno a un buon tempo antico basato su regole ancestrali indiscutibili quindi non
discusse, dove l’uomo si annulla nella Natura rigeneratrice, meglio se confortata dalla Religione e in
ogni caso in linea con un’idea di libertà che non è rivoluzione, ma accettazione. «Liberté, redescends
des cieux, et que ton règne recommence», si canta nel grandioso finale panteista: dov’è chiaro che la
«liberté» è un ritorno al felice stato di Natura “dove Dio ti ha messo”, non certo la sua messa in discussione. Un’idea, alla fine, assolutamente in linea con gli ideali della Restaurazione, dopo una Rivoluzione cui si rimproverava l’artificiosità di pensiero che aveva condotto a una società “innaturale” con un
inevitabile contorno di crimini e di guerre. E Rossini, in tutto ciò? Tacciarlo di reazionario come fecero
i bolognesi nel 1848, scatenando la sua spropositata reazione, più ancora che ingeneroso è ingiusto.
Da buon intellettuale italiano, il soave Gioachino era disposto ad accomodarsi a ogni regime, pronto
a sfornare inni e marce e cantate e pezzi di circostanza per il Regno italico di Napoleone (il famoso
rondò “patriottico” dell’Italiana in Algeri) e i conati pre-risorgimentali di Gioachino Murat, i Borbone
di Napoli e di Parigi, la Santa Alleanza (la famigerata cantata scritta per il Congresso di Verona) e più
tardi per Napoleone III e Vittorio Emanuele II . Ma apparteneva pur sempre a una generazione uscita
traumatizzata dai vent’anni di guerre e di sconvolgimenti rivoluzionari e napoleonici e che aspirava
soprattutto alla pace. Per questo il Tell gli dovette apparire tutt’altro che “rivoluzionario”, almeno nel
senso che diamo noi alla parola. Come questo spettacolo spiega benissimo. Beninteso, a chi abbia la
voglia e la pazienza di ragionarci un po’ sopra.
Alberto Mattioli
Teatro Regio
Walter Vergnano, Sovrintendente
Gianandrea Noseda, Direttore musicale
Orchestra
Violini primi Sergey Galaktionov*, Marina Bertolo,
Claudia Zanzotto, Ekaterina Gulyagina,
Marcello Iaconetti, Elio Lercara, Carmen Lupoli,
Enrico Luxardo, Miriam Maltagliati, Alessio Murgia,
Laura Quaglia, Daniele Soncin, Giuseppe Tripodi,
Francesca Viscito, Roberto Zoppi
Violini secondi Marco Polidori*, Tomoka Osakabe,
Bartolomeo Angelillo, Silvana Balocco, Paola Bettella,
Maurizio Dore, Anna Rita Ercolini, Silvio Gasparella,
Fation Hoxholli, Roberto Lirelli, Ivana Nicoletta,
Paola Pradotto, Valentina Rauseo
Viole Armando Barilli*, Alessandro Cipolletta,
Gustavo Fioravanti, Rita Bracci, Maria Elena Eusebietti,
Alma Mandolesi, Franco Mori, Roberto Musso,
Alessandro Sacco, Claudio Vignetta, Giuseppe Zoppi
Violoncelli Relja Lukic*, Giulio Arpinati,
Fabrice De Donatis, Alfredo Giarbella,
Armando Matacena, Luisa Miroglio, Marco Mosca,
Paola Perardi
Contrabbassi Davide Botto*, Atos Canestrelli,
Alessandro Belli, Fulvio Caccialupi, Michele Lipani,
Stefano Schiavolin
Ottavino Roberto Baiocco
Flauti Andrea Manco*, Rossella Cappotto
Oboi Luigi Finetto*, Marco Del Cittadino
Corno inglese Alessandro Cammilli
Clarinetti Luigi Picatto*, Luciano Meola
Fagotti Pasquale Marono*, Sabrina Pirola
Corni Ugo Favaro*, Evandro Merisio, Fabrizio Dindo,
Eros Tondella
Trombe Ivano Buat*, Marco Rigoletti
Tromboni Gianluca Scipioni*, Enrico Avico,
Marco Tempesta
Timpani Raul Camarasa*
Percussioni Lavinio Carminati, Massimiliano Francese,
Fiorenzo Sordini
Arpa Elena Corni*
* prime parti
Corni in palcoscenico
Pierluigi Filagna, Florin Bodnarescul, Daniele Navone,
Stefano Fracchia
Coro
Soprani Sabrina Amè, Chiara Bongiovanni,
Anna Maria Borri, Caterina Borruso, Sabrina Boscarato,
Eugenia Braynova, Serafina Cannillo, Cristina Cogno,
Cristiana Cordero, Eugenia Degregori,
Alessandra Di Paolo, Rita La Vecchia, Laura Lanfranchi,
Paola Isabella Lopopolo, Maria de Lourdes Martins,
Pierina Trivero, Giovanna Zerilli
Mezzosoprani / Contralti Angelica Buzzolan,
Shiow-hwa Chang, Ivana Cravero, Corallina Demaria,
Maria Di Mauro, Roberta Garelli, Elena Induni,
Antonella Martin, Raffaella Riello, Myriam Rossignol,
Marina Sandberg, Teresa Uda, Daniela Valdenassi,
Tiziana Valvo, Barbara Vivian
Tenori Pierangelo Aimé, Janos Buhalla,
Marino Capettini, Gian Luigi Cara, Antonio Coretti,
Diego Cossu, Luis Odilon Dos Santos,
Alejandro Escobar, Giancarlo Fabbri, Sabino Gaita,
Mauro Ginestrone, Roberto Guenno,
Leopoldo Lo Sciuto, Vito Martino, Matteo Mugavero,
Matteo Pavlica, Dario Prola, Gualberto Silvestri,
Sandro Tonino, Franco Traverso, Valerio Varetto
Baritoni / Bassi Leonardo Baldi, Mauro Barra,
Lorenzo Battagion, Enrico Bava, Giuseppe Capoferri,
Massimo Di Stefano, Umberto Ginanni,
Vladimir Jurlin, Desaret Lika, Luca Ludovici,
Riccardo Mattiotto, Davide Motta Fré, Gheorghe
Valentin Nistor, Mirko Quarello, Franco Rizzo,
Enrico Speroni, Marco Sportelli, Marco Tognozzi,
Vincenzo Vigo
Ballerini
Martin Angiuli, Francesco Colaleo, Debora Di Biagi,
Andrea Dionisi, Maxime Freixas, Enrico L’Abbate,
Elvis Leksani, Mariangela Massarelli, Rachele Petrini,
Giulio Petrucci, Andrea Rampazzo, Simone Rampin
Direttori di scena Vittorio Borrelli, Carlo Negro • Direttore dei complessi musicali in palcoscenico Giulio Laguzzi
Maestri collaboratori di sala Carlo Caputo, Giulio Laguzzi • Maestro rammentatore Andrea Mauri • Maestro alle luci
Paolo Chimienti • Maestri collaboratori di palcoscenico Carlo Caputo, Giulio Laguzzi • Assistente del maestro del
coro Paolo Grosa • Archivio musicale Enrico Maria Ferrando • Sopratitoli a cura di Sergio Bestente • Servizi tecnici
di palcoscenico Antonio Martellotto • Realizzazione allestimenti Claudia Boasso • Servizi di vestizione Laura Viglione
Luci di scena e fonica Andrea Anfossi • Coordinatore di progetto Enzo Busco
Scene e attrezzeria Rossini Opera Festival, Pesaro • Costumi Lowcostume, Roma • Altra attrezzeria Rubechini Carlo,
Firenze e E. Rancati, Cornaredo (Milano) • Calzature Pompei 2000, Roma • Videoproiezioni Euphon Communication,
Torino • Parrucche e trucco Mario Audello, Torino • Editore musicale Casa Ricordi, Milano
Si ringrazia la Fondazione Pro Canale di Milano per aver messo i propri strumenti a disposizione dei professori Sergey
Galaktionov (violino Giovanni Battista Guadagnini, Torino 1772) e Marina Bertolo (violino Carlo Ferdinando Landolfi,
Milano 1751).
Si ringrazia The Opera Foundation per la borsa di studio attribuita al baritono Ryan Milstead.
© Fondazione Teatro Regio di Torino
Prezzo: € 0,50 (IVA inclusa)
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