Milano, 20 novembre 2008 Tavolo residenzialità Operatore dell’abitare: (s)punti di riflessione… Paolo Aliata 1 Ascoltare e riascoltare… Per affrontare i problemi sociali non possiamo fare a meno di ascoltare o riascoltare chi li vive o chi li tratta, chi li incontra più da vicino. Ascoltare non vuol dire raccogliere opinioni attraverso un questionario o registrare le richieste delle famiglie di un quartiere. Si tratta piuttosto di prendere seriamente in considerazione i modi in cui vengono presentati i problemi, prenderli per poter comprenderli, riservando spazi e tempi per questo. Franca Olivetti Manoukian, Produrre Servizi 2 Le biografie/identità mutilate La storia/non storia (identità/non identità) dei diversi è così innanzitutto una storia delle idee, delle immagini del malato, del mendicante, dell’handicappato, del deviante, della loro considerazione sociale e scientifica, viste soltanto da chi diverso non è, ma è insieme una storia della sensibilità, delle mentalità, del grado di attenzione e di interesse che la società è stata in grado di manifestare nei confronti delle loro condizioni esistenziali, della loro integrazione personale, familiare, scolastica, lavorativa e sociale; è anche una storia delle modalità di intervento e delle reali condizioni di vita di queste sottocategorie di umanità 3 Ipotesi di lavoro (profilo e formazione) Operatori educatori (è un aggettivo) come garanti, facilitatori e implementatori di significati dell’abitare, dentro e fuori casa 4 Cos’è casa? “Per casa si intende una qualsiasi struttura utilizzata dall'uomo per ripararsi dagli agenti atmosferici; essa generalmente ospita uno o più nuclei familiari e talvolta anche animali. Può in parte corrispondere al concetto di unità abitativa coniato dal Movimento moderno in architettura ed è stato nella storia il primo elemento fabbricato, che è andato ad incidere sull'ambiente naturale realizzando l'ambiente costruito proprio dei paesi e delle città”. 5 Wikipedia Casa: luogo e tempo dell’essere “La casa non è solo il luogo fisico costruito e abitato dagli uomini. Essa è anche una rappresentazione simbolica. Infatti, ad un livello psicologico profondo, la casa va a costituirsi come le fondamenta stesse della vita psichica di un individuo, per cui "essere a casa" equivale a "essere integri a livello psicologico". Secondo Renos K. Papadopoulos «la casa non è soltanto un luogo, ma anche il fascio di sentimenti associato a esso.. La "casa" va a definirsi come la matrice stessa della soggettività. L'azione simbolica realizzata dalla "casa" sulla vita psichica degli individui si riflette anche su quella sociale, andando a rappresentare un costrutto chiave che riunisce, e in parte sovrappone, tre campi: oltre che quello intrapsichico, anche quello interpersonale e quello sociopolitico 6 Wikipedia Casa: luogo e tempo dell’avere 7 Quale e come casa per le persone con disabilità? “Firmata a New York il 30 marzo 2007, La Convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità all’art 19, dal titolo “Vita indipendente ed inclusione nella società” impegna gli Stati Parti della Convenzione stessa ad assicurare che “le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione” 8 Abitare Lo star ne' luoghi, che l' huom s' elegge per domicilio. Lat. habitare, dal vocabolario della Crusca 9 Un diritto negato 10 Educare: due movimenti di uno stesso gesto E-DUCARE • • • • • • • E-DUCERE • Formare • Tirar su • Trarre fuori • Estrarre • Guidare • Istruire • Far emergere • Far uscire Soggetto, differenza, diritti, bisogni, desideri 11 Ammaestrare nutrire Avvezzare Affinare Coltivare Abituare allenare E-ducare dentro casa Educatore di quotidianità Abitare non è conoscere, è sentirsi a casa, ospitati da uno spazio che non ci ignora, tra le cose che dicono il nostro vissuto, tra volti che non c’è bisogno di riconoscere perché nel loro sguardo ci sono le tracce dell’ultimo congedo. Abitare è sapere dove porre l’abito, dove sedere alla mensa, dove incontrare l’altro, dove dire è udire, rispondere è corrispondere. Abitare è trasfigurare le cose, è caricarle di sensi che trascendono la loro pura oggettività, è sottrarle all’anonimia che la trattiene nella loro “inseità”, per restituirle ai nostri gesti abituali che consentono al nostro corpo di sentirsi tra le sue “sue cose”, presso di sé.” 12 Eugenio Borgna Quale quotidianità oggetto del prendersi cura? 1. come relazione 2. valore/diritto da riconoscere e costruire 3. Quotidianità & vivere insieme 13 Le fatiche del residenziale: incontro essenze senza filtro con: “squotidianizzare” la quotidianità Situazioni, oggetti veri, naturali Situazioni del (so) stare, non del fare 14 Situazioni in comun-e/ità (vivere con gli adulti) Educar(si) (si) = se stesso Educar(si) (si) = l’un l’altro Dall’educarsi alla quotidianità alla quotidianità dell’educarsi 15 16 E-ducare fuori casa Educatore di contesto “Solo se abbiamo la capacità di abitare, possiamo costruire” Martin Heidegger 17 18 Le fatiche del contesto: non ri-conoscersi “non alzare lo sguardo Disabilità come relazione? Possesso, paura di perdere, del confronto 19 E-ducare fuori casa Educatore di contesto CONTESTO CON-TE-STO CONTESTO!!! CON-TESTO 20 Testo: qualità e valori del gesto educativo leggerezza rapidità visibilità molteplicità consistenza 21 Una definizione ufficiale dove Decreto “Degan” - 1984 egli svolge attività nell’ambito dei servizi socio-educativi ed educativi culturali extrascolatici (…) mediante la formulazione e l’attuazione di progetti educativi caratterizzati da intenzionalità e continuità volti a promuovere e contribuire al pieno sviluppo delle potenzialità di crescita personale e di inserimento e partecipazione sociale, agendo per il perseguimento di tali obiettivi, sulla relazione interpersonale, sulle dinamiche di gruppo, sul sistema familiare, sul contesto e sull’organizzazione dei servizi in campo educativo come perché 22 Quella dell’educatore è una “debolezza” strutturale, non eludibile da qualsiasi riflessione e non eliminabile a seguito di qualsivoglia riflessione. Ma è una debolezza essenziale e salutare, che rappresenta anche la sua (paradossale) intrinseca forza, se interpretata come una costante apertura di possibilità, una ricerca ininterrotta sul senso dell’agire educativo, una costante messa in discussione del proprio orizzonte di finalità, degli obiettivi, dell’universo dei soggetti e delle esperienze di vita ritenuti destinatari e/o co-costruttori dell’azione educativa. S. Tramma, L’educatore imperfetto 23 Nodi e visioni (sconnessi e connessi) • Come formare e motivare un operatore a ri-conoscere nell’altro con disabilità una persona con diritti, gusti, bisogni, desideri, anche se non ha voce per dirli e renderlo oggetto e soggetto del suo gesto professionale? • Come dare dignità e funzione alle organizzazioni (combinazioni di spazio/tempo/persone con senso) ed ai coordinamenti come strumenti educativi importanti? Come “prendersi cura delle organizzazioni che si prendono cura”, anche delle RSD? • Come combinare funzioni di protezione giuridica (ADS, monitore e comitati di garanzia) con funzioni di “e-ducazione”? Un modello sostenibile? Non hanno al centro la stessa persona? Perché non contaminarsi le competenze? 24 Giovanni, 25 anni, è un ragazzo quasi non verbale. E’ uno dei leader della Comunità (almeno del gruppo dei “non verbali”) sia per le sue particolari abilità atletiche sia perché, malgrado abbia una grave forma di autismo con ritardo (conseguenza di un insulto cerebrale subito a 10 mesi di vita) sembra aver comunque sviluppato, all’interno del suo autismo, particolari doti empatiche e relazionali. Ma “doti empatiche e relazionali” non dovrebbe essere un ossimoro di “autismo”? Invece è proprio così. Dovrebbe essere una incongruenza peraltro anche parlare di “leader”, parola che presupporrebbe la percezione e la condivisione, da parte del gruppo di persone autistiche, di una qualche idea di socialità e della collocazione di ciascuno in una rete di relazioni. Eppure è proprio così. Giovanni è molto amico di Gianluca, il leader del gruppo dei “verbali”. Gianluca, che soffre di una grave forma di epilessia e di impacci motori, è invece uno dei più bravi col linguaggio, che usa a sua volta ampiamente per alimentare il suo “status”. E’ Giovanni che spesso, spontaneamente, lo “scorta”, con aria fiera, quando Gianluca deve andare da qualche parte (ad esempio raggiungere la macchina dei suoi, in visita) o che porta i suoi pesi in diverse attività manuali (Giovanni è molto orgoglioso della sua riconosciuta forza fisica). Gianluca, in cambio, “presta” spesso a Giovanni le sue competenze verbali… 25 La sera, dopo cena, si trovano in camera di Gianluca e guardano assieme, a lungo, sdraiati sul letto, la televisione. Giovanni, che ha alcune abilità di scrittura (ha scritto “Gianluca è mio amico”; ma gli autistici sanno allora cos’è l’amicizia?) ha due modi di parlare (molto raramente): emettendo spontaneamente,quasi sottovoce, alcune parole singole sintone alla situazione oppure, in altri casi, impegnandosi in ecolalie differite, in cui inscena veri dialoghi immaginari fuori contesto, con intonazioni inconsuete e imitando la voce di altri (sembra un sorta di tentativo quasi automatico, di cimentare il meccanismo linguistico, utilizzando antiche tracce). Anche Giovanni, dall’età di 17 anni, soffre di una forma lieve di epilessia. Alcune settimane fa, Gianluca ha avuto una serie di crisi epilettiche piuttosto gravi. Giovanni l’ ha saputo più o meno subito. Si è presentato spontaneamente nella camera di Gianluca, che era a letto, lo ha toccato delicatamente sulla spalla (sfiorandolo timidamente e subito ritraendo, quasi nascondendo, il movimento) e ha mormorato: “scusa” (è la parola che usa per dire “mi dispiace”). 26