settembre lendinarese
Il saluto del Sindaco
C
ari cittadini, cortesi ospiti,
l’Amministrazione che presiedo ha iniziato da pochi mesi il suo mandato e incrocia per
la prima volta quella che è una delle date più
importanti per la città di Lendinara: la festa
della Natività della Beata Vergine. A questa
ricorrenza liturgica che cade l’8 settembre, celebrata sia nel calendario cattolico che ortodosso,
è intitolato il Santuario del Pilastrello, cuore
fin dalla sua fondazione (1576-1577) del culto
mariano a Lendinara e nel territorio attorno,
grazie anche alla fruttuosa presenza fin dalle
origini di un’attiva comunità benedettina di
Monte Oliveto Maggiore. Una devozione quella
per la Madonna Nera di Lendinara che senza
flessioni coinvolge da secoli migliaia di persone
anche dal resto del Polesine e dalle province
limitrofe del ferrarese e del padovano.
Il Senato veneto con decreto del 23 dicembre
1665 ha riconosciuto alla città la possibilità
di abbinare nei giorni 8, 9, 10 settembre, una
fiera “franca”. Un appuntamento che, unito alla
festa religiosa, si guadagnò da subito interesse e
partecipazione di commercianti, di compratori,
di tanti curiosi, come testimoniano le fonti
storiche (tra cui una mordace descrizione del
garibaldino Alberto Mario).
La Fiera di Lendinara ci ricongiunge dunque a
tradizioni lontane eppur condivise, in una larga
sintonia di cultura e di civiltà. Nel ringraziare
indistintamente tutti coloro – Enti, associazioni, sponsor, privati – che hanno operato per la
realizzazione di questa edizione della Fiera, la
349ª della serie, l’Amministrazione Comunale
augura ai concittadini e ai forestieri un Buon
Settembre Lendinarese, con la speranza per tutti
di un futuro sereno, proficuo, solidale.
Luigi Viaro
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settembre lendinarese
Il saluto del Presidente della Pro Loco
Alda Marchetto
L
a Pro Loco di Lendinara, forse un po’ in controtendenza rispetto ad altre associazioni e a singoli
individui, è ancora oggi vitale e piena di entusiasmo.
Proprio per questo anche nel periodo 2013-2014 diverse sono state le iniziative nuove portate avanti e altrettante, sempre innovative, ne ha in cantiere.
In un momento in cui è facile abbandonarsi allo scoramento data la situazione economico-sociale dell’Italia, diventa basilare assumere un atteggiamento positivo, propositivo, coraggioso. E di gente volonterosa,
forte, energica, che trova un senso alla vita e una forma di gratificazione nell’aiutare il prossimo o la propria
città, in questo caso Lendinara, è pieno il mondo del
volontariato e delle Pro Loco in particolare.
Naturalmente auspico che sempre più persone, giovani e meno giovani, credano come me che il rispetto,
l’allegria e la solidarietà che inevitabilmente nascono
nell’organizzare eventi insieme, paghino dei tanti sacrifici affrontati e che sempre più il profondo senso civico
che è colonna portante per un iscritto Pro Loco, ma
che dovrebbe essere patrimonio di tutti, aiuti a ritrovare una dignità e un senso di orgogliosa appartenenza
alla nostra bella cittadina.
Un grazie di cuore ai miei collaboratori e buon settembre lendinarese a tutti.
Qualche parola di presentazione
Ennio Bellucco, curatore del Numero Unico
Q
uest’anno il Numero Unico celebra il duecentesimo anniversario dell’inaugurazione del Teatro comunale Ballarin che, dopo alterne fortune negli ultimi
anni del secolo scorso, è tornato ad essere punto di riferimento della cultura cittadina. Per ricordare l’evento sono presenti due articoli dello storico ricercatore
e appassionato di musica classica Giuseppe Schivardi,
già autore del libro sulla soprano Caterina Bonafini e
di interessanti ricerche sul tenore Domenico Ronconi.
Gli articoli sul teatro Ballarin sono corredati da minuziose ricerche sugli interpreti che si è ritenuto opportuno pubblicare per completezza di informazione.
Per il resto l’edizione 2014 del Numero Unico si occupa in prevalenza di personaggi lendinaresi del passato
prossimo e remoto, del presente e del futuro. Il futuro
è rappresentato dai neolaureati, che quest’anno sono
particolarmente numerosi, mentre del presente fanno
invece parte quei concittadini che si sono affermati in
ambito professionale e che, in Italia o all’estero, svolgono ruoli importanti anche se poco appariscenti. Le
nostre frazioni, ricche di storia, compaiono sul Numero Unico 2014 con un articolo sul castello del Gaybo
e una foto storica di Saguedo. Si è dato spazio anche
all’attualità, con la presentazione della nuova Giunta comunale emersa dalle elezioni amministrative del
maggio di quest'anno e con un articolo sul fenomeno
dell'aggregazione tramite social network che a Lendinara ha avuto particolare rilevanza. Sono riportate
inoltre brevi notizie, aneddoti e curiosità che fanno
parte della storia della città.
Si ringraziano per la collaborazione gli autori degli articoli, Paolo Siro Rossi per la copertina, Alvise Bassi e
Davide Resnati per la disponibilità a fornire immagini
inedite e tutti gli inserzionisti che, come ogni anno,
rendono possibile questa pubblicazione.
Vi invitiamo a visitare il nuovo sito della Pro Loco di Lendinara www.prolocolendinara.it dove potrete trovare tante informazioni utili e culturali.
Un consiglio: iscrivetevi alla NewsLetter per rimanere aggiornati per tempo in merito agli eventi proposti e
per le comunicazioni che dovremo diffondere. Specialmente gli iscritti alla Pro Loco sono invitati ad usare
questo strumento anche al fine di contenere i costi relativi agli invii postali.
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settembre lendinarese
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Controllo di Gestione, Forme Aggregative e Semplificazione, Cultura, Pianificazione Territoriale, Agricoltura,
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Sociali e Giovanili, Politiche per la Famiglia, Politiche per la Casa, Servizi Demografici, Tempo Libero.
Bassal Nabel - Assessore Patrimonio, Appalti e Contratti, Lavori Pubblici, Viabilità, Attività Socio-Assistenziali
e Tutela della Salute, Protezione Civile.
Ferrari Sandra - Assessore Esterno Commercio, Attività Produttive, Pari Opportunita, Imprenditoria Femminile,
Rapporti con le Consulte Territoriali.
Valentini Lorenzo - Assessore Esterno, Sviluppo e Lavoro, Ambiente, Energia, Politiche per la Sicurezza, Gestione
del Verde Pubblico, Decoro Urbano, Politiche per i Gemellaggi.
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settembre lendinarese
Duecento anni fa si inaugurava il Teatro di Lendinara
Giuseppe Schivardi
E
rano alcuni anni che un illuminato gruppo
di Dilettanti Filarmonici lendinaresi sognava di
arricchire il prestigio della vita culturale della città
con la realizzazione di un Teatro stabile. I signori
Giovanni Bertazzi e Girolamo Ballarin presero l’iniziativa di acquistare un vecchio edificio destinato a
deposito di vettovaglie ed affidarono il progetto del
nuovo adattamento all’architetto Antonio Foschini, che già aveva realizzato l’armonioso e funzionale
teatro di Ferrara. Fra il 1813 e il 1814, per mano di
valenti artigiani del luogo diretti dal capomastro
Paolo Fava, prese corpo la sala a ferro di cavallo del
nuovo teatro in eleganti forme neoclassiche mentre
la decorazione con figure e simboli allegorici fu realizzata dal bolognese Giuseppe Tadolini. Per lo spettacolo inaugurale già per tempo gli organizzatori,
desiderosi di fare bella figura e nel contempo spinti
dall’orgoglio cittadino, avevano preso contatto con
il concittadino Sig. Professore Domenico Ronconi,
celebre virtuoso di Canto, perché ornasse con la sua
presenza quell’importante evento artistico: la sua
città natale ne avrebbe avuto lustro e nel contempo
avrebbe reso uno specialissimo omaggio ad un suo
figlio di cui era fiera. Ronconi lasciò intendere di
acconsentire a quel cortese invito, ma una serie di
non previste combinazioni non gli consentirono di
essere presente a Lendinara. Fu composto un gruppo
di validi artisti del canto, che si sarebbero prodotti
in un’opera che da anni riscuoteva continui successi
in tutta Italia: L’Amor marinaro ossia il Corsaro di
Joseph Weigl, un dramma giocoso in due atti che era
andato in scena per la prima volta al Burgtheater di
Vienna nel 1797. Un compagnia di danzatori con
una coppia di solisti di chiara fama avrebbe eseguito
il balletto Il bosco incantato.
L’avviso dell’inaugurazione fu diffuso in città dai
manifesti stampati da Emiliano Michelini, un trentino di Mori che dal 1802 era divenuto il gestore
della tipografia di Lendinara:
Nel Nuovo Teatro di Lendinara
Sabato 3 settembre 1814 si rappresenterà
il dramma giocoso in due atti
L’Amor Marinaro ossia il Corsaro
Parole del Sig. Giovanni De Gamerra
Musica del celebre Sig. Maestro Giuseppe Weigl
Personaggi ed Interpreti
Il capitano Libeccio, Sig. Carlo Poggiali
padre di DorimanteSig. Giuseppe Fusconi
Claretta, cantatriceSig.ra Carlotta Marchesi
Merlino
N. N.
Lucilla, sotto il nome
di PierottoSig.ra Anna Essi Cisolfaut, maestro
di cappellaSig. Carlo Angrisani
Il Conte QuagliaSig. Ranieri Remorini
Pasquale, servitore
del capitano
N. N.
Maestro del coroSig. Giuseppe Cappellini
Direttore d’orchestraSig. Giulio Tamburini
Ballo
Primi ballerini
Il bosco incantato
Giuseppa e Antonio Cortesi
Dopo una serie di prove meticolose, finalmente
giunse il giorno dell’inaugurazione. Quasi a propi-
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settembre lendinarese
ziare un felice augurio alla nuova istituzione, proprio
nel momento dell’apertura si destò un temporale,
con tempesta, pioggia e vento. Gli spettatori si affrettarono ad entrare nell’elegante atrio ornato da
dodici colonne di marmo bianco per poi affluire in
platea e negli eleganti palchetti adorni di festoni di
seta celeste con frangia bianca all’intorno. I palchi
erano cinquanta (sedici nel primo, diciassette nel
secondo ed altrettanti nel terzo ordine) e poiché il
numero non riusciva a soddisfare tutte le richieste
pervenute dalle famiglie, per evitare malumori, gelosie ed invidie si era provveduto all’assegnazione
mediante sorteggio. Per l’occasione il teatro era illuminato a giorno, con l’accensione di tutte le candele
che fra un palco e l’altro erano sostenute da bracciali
di lucidissimo cristallo, consentendo così di ammirare l’ornamentazione pittorica della sala, ricca di
allegorie mitologiche e l’affresco del soffitto con la
quadriga di Apollo in corsa sopra le nubi del cielo.
In attesa dell’alzarsi del sipario l’elegante pubblico
si compiaceva nello scambio di sorridenti cenni di
saluto da un palchetto all’altro e fra la platea, con
attenti studi, giudizi e ammirazioni per le toilettes
delle signore. C’era chi si leggeva il libretto per apprendere la trama dell’opera; con cavalleresca cortesia i signori la illustravano alla dame: si parlava
di un rude capitano di mare dedito all’arrembaggio
di bastimenti, che aspirava alla promozione sociale
mediante un ricco matrimonio per il proprio figlio
scioperato, il quale si faceva irretire da una cantante,
che si millantava contessa; c’era inoltre una brava
ragazza che, in abiti maschili, era alla ricerca dell’a­6
mante che l’aveva abbandonata, ma
che riusciva a ritrovare, e dal quale
si faceva finalmente sposare, tra un
maestro di musica un po’ sordo e un
vero conte balbuziente un po’ tonto: l’intreccio alla fine si scioglieva
nell’immancabile “e vissero tutti felici e contenti”.
Una volta occupati dagli spettatori
tutti i posti disponibili, fu alzato il
sipario e con la scena di “un interno di salotto della casa di Capitan
Libeccio in cui si sta giocando a carte” non solo si ebbe il tanto atteso
inizio di una felice serata, ma mosse
i primi passi anche un’attività che,
attraverso le vicende di due secoli,
avebbe segnato la vita sociale e culturale di Lendinara.
Gli artefici dello spettacolo
Carlotta Marchesi riscosse quella sera un successo personale e il suo canto
fu giudicato “raro”
e paragonato al
cinguettio degli uccelli. Era figlia del
cantante basso buffo Francesco, aveva
debuttato
molto
giovane come soprano nel 1812 a
Perugia, città in cui
compariva anche
l’anno seguente al
teatro del Pavone
come prima donna,
fra l’altro anche in
L’amor marinaro di
Weigl. Nello stesso 1813 era a Firenze, Teatro di Via del
Cocomero, come Adelaide in Comingio pittore di Fioravanti, e a Livorno, sia al Teatro Carlo Lodovico che a quello
degli Avvalorati. Nella primavera del ‘14 cantava al Teatro
del Corso di Bologna e nel settembre inaugurava il teatro
di Lendinara. Il 26 dicembre al Teatro Valle di Roma apriva
la stagione di carnevale come prima donna in Amore assottiglia l’ingegno di Pietro Carlo Guglielmi, e in gennaio era
Isabella ne L’italiana in Algeri di Rossini (ribattezzata dalla
censura pontificia con il titolo Il naufragio felice), lasciando
‘una cara ed indelebile memoria’. Nell’estate si presentava
al Teatro Nobile di Udine ancora come Isabella nell’Italiana
in Algeri, avendo al fianco, come Lindoro, il tenore Giuseppe Fusconi, suo partner a Lendinara. Negli anni successivi
settembre lendinarese
era presente al Teatro San Benedetto di Venezia (Clotilde di
Coccia, Vittorina di Farinelli), al Sant’Agostino di Genova,
a Lugo in La rosa bianca e la rosa rossa di Mayr, ad Ancona,
a Fermo. Dopo un decennio di mancanza di sue notizie, dal
1827 il suo nome ricompariva come insegnante di canto di
allieve che si presentavano in teatri marchigiani (Pesaro
ed Ascoli) mentre le sue ultime esibizioni come cantante si
registrano nel 1828 a Siena (Teatro dei Rinnovati), ad Ancona, a Pisa, a Città di Castello. Oltre a quelli citati, altri
autori da lei frequentati sono stati Paër, Guglielmi, Mayr,
Pavesi, Persiani, Puccitta e Rossini (oltre a L’italiana in Algeri, ebbe in repertorio anche L’inganno felice). Negli anni
’40 abitava a Roma esercitando la professione di maestra di
canto e applicandosi alla colta passione di comporre versi
poetici.
Giuseppe Fusconi (o Fosconi), tenore ravennate, era
in carriera da un paio d’anni quando fu chiamato a Lendinara. Nell’aprile del 1812 si presentava a Verona in La
principessa per ripiego di Morlacchi, cogliendo calorosi applausi di incoraggiamento. Passava poi al Teatro Riccardi
di Bergamo nel 1813. Nel 1815 era al Teatro San Moisè di
Venezia e la stampa annotava che “non mancava di buone qualità e prometteva progressi”. Continuava l’attività
in teatri di buon livello come il Marsigli-Rossi di Bologna
(1816) giungendo in breve al San Benedetto e al San Luca
di Venezia (1818). Era poi a Milano (Teatro Re) e quindi
a Roma nel 1821 ove al Teatro Valle era il primo interprete assoluto di Corradino in Matilde di Shabran di Rossini,
che avrebbe poi cantato ripetutamente. Ai numerosi teatri
italiani nelle principali città del Nord affiancava teatri stranieri come quelli di Corfù (1824) e di Siviglia (1828). Fra i
tanti personaggi che portò sulle scene ne emergono alcuni
di Rossini come Don Ramiro nella Cenerentola, Almaviva
in Barbiere di Siviglia, Lindoro nell’Italiana, Giacomo V dalla Donna del lago, Giannetto de La gazza ladra, Rodrigo in
Otello. A fianco di autori come Giuseppe Mosca, Farinelli,
Vaccaj, Azzalli, Pacini nel suo repertorio non mancavano
Mozart (Ottavio nel Don Giovanni) e Meyerbeer (Duca di
Lavarenne in Margherita d’Anjou). Nel 1830 cantava alla
Pergola di Firenze.
Ranieri Remorini (1783-1827), bolognese, celebre basso
o ‘buffo nobile’, versato in ruoli sia buffi che seri. Debuttò
nel 1806 e percorse una intensa e brillante carriera in numerosi grandi teatri italiani, dal nord fino a Napoli, oltre
che in ripetute stagioni a Lisbona, Barcellona, Londra. Frequentò autori come Mayr, Coccia, Pacini, Vaccai, Farinelli,
Soliva, Paër, Gyrowetz, Cimarosa, Pavesi, Trento, Stuntz,
Mercadante. Fu un belcantista di cui Rossini si avvalse per
la creazione del personaggio di Giorgio in Torvaldo e Dorliska (Teatro Valle di Roma, carnevale 1815-16), cogliendo
la sua capacità di produrre sillabazioni velocissime e passi di
canto fiorito, mentre per il primo Faraone in Mosè in Egitto (San Carlo di Napoli, 1818) valorizzò le caratteristiche
della sua voce di basso cantante dal colorito chiaro, umano,
appassionato e drammatico. Stendhal rilevava in Remorini
una voce molto flessibile, molto elaborata, che però giudicava ‘un bello strumento sempre uguale a se stesso e quasi
senz’anima’ (Rome Naples et Florence). Del pesarese, Remorini ebbe in repertorio anche L’inganno felice (Batone),
L’italiana in Algeri (Mustafà), La gazza ladra (Fernando), Il
turco in Italia (Selim). Nelle stagioni londinesi del 1824 e
1825 (in cui fu anche Guglielmo in Così fan tutte di Mozart) la critica osservò che ‘la sua voce era di potenza non
comune, ma piuttosto dura, di estensione limitata, ma ricca
di flessibilità e capace di passaggi facili e precisi’ (Times).
Sofferente di ‘mal di petto’, lasciò Barcellona per ritornare a Bologna ove morì il 28 dicembre 1827. Era membro
dell’Accademia Filarmonica della sua città. Il figlio Giuseppe seguì le sue orme come buffo cantante.
Carlo Angrisani, originario di Reggio Emilia, nel 1814
aveva già cinquantaquattro anni. Il suo registro vocale era
di basso buffo o basso caricato e il suo nome compariva
già dal decennio 1780 in teatri dell’alta Italia (Cremona,
Parma, Pavia, Bologna, Ferrara, Monza, Milano, Verona,
Trieste) in opere di Bianchi, Paisiello, Cimarosa, Guglielmi. Assieme al fratello Felice, parimenti basso e di lui più
giovane, nel 1794 entrava nella compagnia dell’Opera
Italiana di Vienna (Burgtheater) esibendosi con successo in un repertorio che spaziava da Salieri a Portogallo a
Guglielmi a Cimarosa (Conte Robinson ne Il matrimonio
segreto). Ricompariva in Italia verso il 1803 e si esibiva in
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settembre lendinarese
teatri di primo rango come l’Eretenio di Vicenza, il Corso
di Bologna, il Filarmonico di Verona, approdando anche
alla Scala di Milano. Fu anche compositore di musiche a
più voci e potè fregiarsi del titolo di “Accademico Maestro
Filarmonico di Bologna”. Per molti anni comparve in teatri di città medio-grandi, spingendosi fino a Firenze (per la
prima volta nel 1805) e a Roma (1810). Il suo repertorio,
molto vasto, era essenzialmente di genere buffo. Il personaggio di ‘Cisolfaut’ (combinazione del nome delle note
musicali) ne L’amor marinaro di Weigl, che in quel settembre 1814 portava a Lendinara, era da anni un suo cavallo
di battaglia, avendolo interpretato nel 1803 alla Scala di
Milano, nel 1805 a Bologna (Teatro del Corso), nel ‘6 a
Ferrara e Forlì, nell’8 al Regio Teatro di Mantova, nel ‘10
alla Pergola di Firenze e agli Avvalorati di Livorno, nel 13 a
Lucca e ancora a Livorno. E l’anno successivo, in carnevale, lo avrebbe proposto anche a Modena. Era un artista con
una consumata padronanza del mestiere: voce notevole per
rotondità, gravità e sonorità delle note, anche se ultimamente si percepivano i disagi dell’età, che le sue grandi doti
di attore facevano passare in secondo piano. Spesso però
indulgeva ad atteggiamenti buffoneschi e grossolani. Cantò
ancora per pochi anni (1815 al San Moisè di Venezia per
carnevale, ad Este in autunno, 1816 a Reggio) e cessava di
vivere a Bologna il 24 maggio 1818. Non è infrequente che
la vicenda artistica di Carlo Angrisani venga confusa con
quella del fratello Felice, che spesso gli fu a fianco nei teatri
viennesi ed italiani. Dal 1810 al 1816 Felice fu una voce
primaria, e molto apprezzata, del Théâtre Italien di Parigi,
passando poi a Londra e quindi a New York.
Carlo Poggiali, tutta italiana fu la carriera di questo basso,
specialista nel genere buffo, ma che si concedeva puntate
anche nel serio. A Livorno nell’autunno del 1813 si registra una delle sue prime interpretazioni in ‘Capitano Libeccio’ ne L’amor marinaro di Weigl, che l’anno dopo avrebbe
cantato a Lendinara. Dopo alcuni centri minori (Este nel
1815, Cividale del Friuli nel 1816) frequentava nel 1817
Mantova (Il turco in Italia) e Venezia (Teatro San Moisè:
Basilio nel Barbiere di Siviglia e Alidoro in Cenerentola di
Rossini). Nel 1819 era a Lucca e dal 1821 iniziava una pluriennale presenza alla Scala di Milano, ove rimase fino al
1827, spaziando in un repertorio vastissimo che comprendeva opere di Rossini, Mercadante, Stuntz, Giuseppe Mosca, Weigl, Coccia, Donizetti (prima assoluta di Chiara e
Serafina), Rastrelli, Generali, Pacini ecc. Successivamente
si esibì in città con teatri importanti come Trieste, Treviso,
Vicenza, Piacenza, intercalando presenze in centri minori
come Saluzzo, Chiavari, ancora Lendinara nel 1835, San
Pier d’Arena. La sua efficace recitazione, non esente da una
certa trivialità, riscuoteva grandi successi. Continuò a cantare, con un certo affaticamento, fino alla fine degli anni
’30, dedicandosi negli ultimi tempi all’attività di impresario
teatrale. La sua morte è registrata a Milano nel 1845.
Anna Essi, di lei non si sa molto. Dotata di una voce
mezzosopranile, era in carriera dal 1811, allorchè al Teatro
Nuovo di Brescia fu Clitennestra nel Il sagrifizio di Ifigenia di
Mayr. L’anno successivo era a Pisa (in La capricciosa pentita
di Fioravanti) e poi a Bergamo in opere di Mayr. Dopo le
recite a Lendinara, nell’autunno del 1814 si esibiva al Teatro Nuovo di Padova come Isaura nel Tancredi di Rossini.
Dopo di allora se ne perdono le tracce. Compariva anche
con il nome di Anna Essi Tosi.
Giulio Tamburini, di Guastalla, direttore d’orchestra. Era
da qualche tempo maestro di violino in Lendinara, ove una
“società di contribuenti” con spiccato atteggiamento filantropico lo stipendiava perché curasse l’istruzione di allievi
e dirigesse l’orchestra che accompagnava le funzioni religiose. L’organico orchestrale lendinarese era costituito da 8
violini, 2 viole, un violoncello, 2 contrabbassi, 2 flauti, un
oboe, 2 clarini, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe e un trombone,
ed era disimpegnato da suonatori tutti del luogo, che per
le rappresentazioni in teatro venivano integrati da alcuni
professori chiamati da fuori. Il maestro Tamburini rimase a
Lendinara fino al 1821, dopo di che le sue mansioni furono
ricoperte da Giuseppe Cappellini.
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settembre lendinarese
Giuseppe Cappellini, era nato a Lendinara nel 1797 e con
grande passione si era fatto animatore della vita culturale
della città. Per l’evento dell’inaugurazione del Teatro nel
1814 compare nella locandina come maestro del coro, che
in parte era costituito da dilettanti locali da lui istruiti ma
il giovane Cappellini (che aveva solo 17 anni) sosteneva
anche l’incarico di maestro al cembalo e di preparatore dei
cantanti. Il suo impegno per coltivare e diffondere la cultura musicale fu molto vasto: dal 1818 si prestò gratuitamente
ad occupare il posto di maestro di cappella nel duomo di
Santa Sofia, suonando l’organo, istruendo la corale e facendo parte, come primo violino, dell’orchestra di dilettanti
che accompagnava le funzioni religiose e che, rinforzata da
alcuni “professori” forestieri, costituiva l’orchestra del Teatro durante l’annuale stagione d’opera. Qualche anno dopo
(nel 1835) l’orchestra del teatro da lui condotta coglieva
gli apprezzamenti anche di un critico di non facile appagamento come Luigi Prividali.
Si occupava con passione anche dell’istruzione musicale
dei giovani. Come musicista compositore, per il teatro di
Lendinara scrisse nel 1820 l’opera La dama a servire (su libretto del fratello Giacomo), ma il suo impegno principale
si rivolse soprattutto alla musica da chiesa. Con un gruppo
cospicuo di proprie musiche sacre partecipò ad un concorso per essere ammesso all’Accademia di Santa Cecilia in
Roma.
Giuseppa e Antonio Cortesi, nel ballo Il bosco incantato
ricoprivano le parti di Eurilla e di Alceo e furono giudicati
‘coppia perfetta… dalle movenze agili e forti’. Questi due
ballerini di origine pavese, sorella e fratello, figli d’arte, in
quell’epoca 34 anni lei e 18 lui, costituivano coppia stabile
in tournée per l’Italia settentrionale da quando Antonio era
solo dodicenne. Giuseppa e Antonio si erano esibiti come
primi ballerini alla Canobbiana di Milano (1811-12), per
un anno intero fino al 1813 al Teatro di San Moisè di Venezia, ove Giuseppa era stata molto apprezzata per essere
‘animata nell’azione, leggera nella danza ed al contempo di
gran forza’, mentre con il fratello Antonio costituiva una
coppia che entusiasmava il pubblico ‘per la leggiadria, l’a
plomb, la precisione e la finitissima scuola’. Successivamente i due fratelli si presentarono a Padova (Teatro Obizzi),
quindi anche a Lendinara (1814) e poi più volte a Trieste,
ancora a Padova, ripetutamente al Filarmonico di Verona,
a Bologna, a Reggio, a Firenze. Nel 1822 Antonio fu ingaggiato a Lisbona, ove, infortunato per la rottura del tendine
di Achille, si dedicò in modo esclusivo all’invenzione coreografica, producendo nuovi balli improntati alla danza d’azione pantomimico-realistica (balli storici). Al ritorno in
Italia presentò le sue coreografie in primari teatri (Torino,
La Fenice di Venezia, Comunale di Bologna, Scala di Milano, Pergola di Firenze), in cui spesso danzava la moglie,
Giuseppina Angiolini, sposata nel 1825. La sorella Giuseppa continuò l’attività danzante fino al 1830 divenendo poi
maestra di ballo (alla Fenice di Venezia), più tardi imitata
in questo dalla cognata. Antonio compose numerosi nuovi
balli, che ebbero alterni successi, fino al 1859 e morì nel
1879.
Sono state consultate le seguenti pubblicazioni conservate
nella biblioteca di Lendinara:
Francesco Nobili Descrizione del nuovo teatro di Lendinara.
Tipografia Michelini, Lendinara 1814.
Pietro Perolari Malmignati Intorno alla edificazione del nuovo
teatro di Lendinara e allo spettacolo ivi eseguito nella prima sera
dell’apertura. Tipografia Michelini, Lendinara 1814.
Sistemi d’irrigazione
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settembre lendinarese
Il primo centenario del Teatro Ballarin
Giuseppe Schivardi
N
ella “Descrizione del Nuovo Teatro di Lendinara”
dell’avvocato Francesco Nobili (1814) viene
precisato che i lavori di costruzione del teatro vennero iniziati nel 1813, furono sospesi per vari mesi
‘a causa della guerra’, furono ripresi nella primavera
del 1814, per essere terminati nell’agosto dello stesso
anno. Se si considera che fu il 9 novembre del 1812
che Girolamo Ballarin e Giovanni Maria Bertazzi
acquistarono il vecchio edificio del ‘Granarazzo’ per
trasformarlo in una elegante sala teatrale su disegno
dell’architetto ferrarese Antonio Foschini, quella
data venne ricordata come l’evento ‘storico’ da tramandare nella memoria collettiva perché, dopo anni
di incertezze, di appassionato civico dibattito, di preparazione e di attesa, finalmente si concretavano i
voti della parte più illuminata della cittadinanza.
Perciò il primo centenario del teatro venne celebrato nel settembre del 1912. Significato diverso assumeva il 1814, anno dello spettacolo inaugurale, che
segnò l’inizio della piena funzionalità del teatro, che
veniva ad assumere il ruolo completo di promozione
sociale e culturale della cittadina. Nell’approssimarsi
del primo centenario i nostri antenati diedero corso
alle celebrazioni, facendo allestire nel settembre del
1912 un’opera di raffinata eleganza come il Werther
di Massenet, che ebbe i seguenti interpreti: Anita
Conti (Carlotta), Emma Bianchi (Sofia), Vittorio
Salbego (Werther), Arminio Ballistini (Albert),
Vittorio Pavini (Podestà); Direttore: Ferruccio Cusinati Di quell’allestimento lendinarese ci rimane
una bella testimonianza fotografica. Quelle rappresentazioni ebbero vasta eco non solo nella stampa
nazionale, ma pure in Francia, ove Le monde artiste
illustré pubblicò ben tre corrispondenze da Lendina-
­10
ra: [13 Avril 1912. 52e Année – N° 15 p. 235] Lendinara. – Depuis six mois, on s’apprêtait à célebrer le
centenaire de notre vieux Théâtre Ballarin. L’autorité prefectorale vient d’interdire les fêtes, craignant
que le Théâtre séculaire s’écrouyle d’émotion au bruit des applaudissements du public.
[28 Septembre 1912. 52e Année – N° 39 p. 619]
Lendinara. – Première du Werther, de MM. Milliet
et Massenet au Théâtre Ballarin. Salle comble. On
a joué à bureaux fermés. Succès splendide. Le tenor
Salbego a bissé deux morceaux; Mme Conti (Charlotte), douée d’une très belle voix, a fait une grande
impression ainsi que Mlle Bianchi (Sophie). Le maestro Cusinati a été l’âme de la soirée, en dirigeant
avec dévotion le chef-d’oeuvre de Massenet. Ce fut
un grand événement artistique.
[5 octobre 1912 A. 52 N° 40] Lendinara - La
dernière soirèe de Werther, de MM. Massenet et
Milliet a été une longue suite d’ovations.
Le tenor Salbego a été
l’object d’une véritable
ovation au troisième
acte; et, plutot que de
répéter une troisième
fois les strophes d’Ossian, il a chanté l’air
du rêve de Desgrieux,
de Manon. Anita Conti, Charlotte parfaite.
Cette représentation
restera
mémorable
dans les fastes de notre
théâtre.
settembre lendinarese
Gli artisti dello spettacolo: Anita Conti (Verona
1889 – Milano 1975) Debuttò a Lendinara come
Carlotta in Werther nel 1912; fu in carriera fino al
1939. Ha lasciato una incisione completa dei Pagliacci per la Gramophone Records. Arminio Ballistini. (Legnago) Studiò da baritono a Padova con
il maestro vicentino Giacomo Orefice ed a Milano
con Giuseppe Mandolini. Debuttò nel 1909 al teatro
Dauno di Foggia in Lucia di Lammermoor. Interruppe
la carriera durante la guerra per rientrare alle scene
come tenore senza ottenere successo. Incise dischi
per la Odeon. Vittorio Salbego, nel 1915 creò il personaggio di Neipperg nella nuova opera di Umberto
Giordano “Madame Sans-Gene”. La sua carriera si
svolse fra il 1905 e il 1930. Incise parecchio per la
Favorite Records. Dopo il ritiro divenne un apprezzato impresario. Vittorio Pavini, baritono veronese.
Ferruccio Cusinati (Verona 1872) direttore. Dopo
essersi diplomato al Conservatorio di Milano, appena ventenne compose due opere (Tradita! e Medora
presentate al Teatro Ristori di Verona), dedicandosi poi alla direzione d’orchestra. Fu direttore della
banda cittadina di Verona e professore di canto al
Benedetto Marcello di Venezia. Verso gli anni ’10
iniziò ad acquisire grande rinomanza come maestro
direttore dei cori. Fu apprezzato maestro di canto ed
in tarda età (fine degli anni 1940) a Verona ebbe
come allievi, fra gli altri, Nicola Rossi Lemeni, Rosanna Carteri e la giovanissima Maria Callas, a lui
presentata da Giambattista Meneghini.
NOTIZIE IN BREVE
Un famoso medico a Lendinara
Mercurio Scipione nacque a Roma
tra il 1540 e il 1550. Dopo il 1568
si recò a Bologna e Padova per
studiare medicina. Prese anche
gli ordini religiosi e divenne frate
predicatore, ma ad un certo punto
dovette lasciare la tonaca, che riprenderà più tardi, perché a quei
tempi i religiosi non potevano
praticare la medicina. Fu medico
a Padova, e dopo aver lasciato i
voti girovagò per l’Italia e l’Europa, esercitando tra l’altro a Mila-
no, nel sud della Francia, a Cento,
Peschiera, Lendinara. E fu proprio
quando era a Lendinara, nel 1596,
che pubblicò a Venezia il suo trattato più famoso, La comare o ricoglitrice, destinato a rimanere, sino
agli anni venti del Settecento, l’unico manuale di ostetricia in volgare, con numerose edizioni anche
in lingua non italiana.
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settembre lendinarese
Luigi Vido, farmacista e botanico
O
ltre al duecentesimo anniversario del
teatro Ballarin, nel 2014
ricorre anche il centenario della morte di Luigi
Vido, personaggio importante della Lendinara
di fine 800’, farmacista,
studioso, botanico, autore di numerosi libri e
pubblicazioni, protagonista della vita sociale ed
economica lendinarese,
ma non solo. Nacque a Lendinara il 21 luglio 1858,
da genitori di origine chioggiotta, e rimase orfano in
tenera età per la prematura scomparsa di entrambi i
genitori. Alla sua educazione e a quella della sorella
provvide uno zio sacerdote che viveva a Lendinara. Dopo aver compiuti gli studi ginnasiali inferiori e superiori, Luigi passò a Padova dove, nel 1877,
conseguì il diploma in farmacia. Era particolarmente
versato negli studi della botanica, e in questa materia per qualche anno rimase all'interno della carriera
universitaria come assistente. Sono di questo periodo alcune monografie sui funghi, la più importante
delle quali è senza dubbio il “Repertorium mycologiae
Venetae” edito nel 1879. Nello stesso anno pubblicò
la “Nota sulla colorazione dei fiori”, opera che, con la
precedente, gli valse la nomina a membro corrispondente del collegio insegnante dell'Università di Washington. Dopo la parentesi universitaria, Vido tornò
a Lendinara, dove intraprese la carriera di farmacista,
prima come dipendente e poi come proprietario della
Farmacia San Giuseppe. Ma non cessò la sua attività
di studioso e diede alle stampe numerose pubblicazioni. Di particolare importanza fu quella sul Luppolo, fatta nel 1885, come invito a ripiegare sulla birra
in conseguenza di una grave infezione di oidio che
mandò in grave crisi la coltivazione delle viti, e il
conseguente innalzamento alle stelle del prezzo del
vino. Francesco Zuccolini sposò subito l'iniziativa e
fece sorgere in area Granzette la prima fabbrica di
birra polesana. Quattro anni dopo Vido fu chiamato
dal Comizio Agrario di Bologna per realizzare anche
lì una fabbrica di birra. Anche durante la sua attività
come segretario del Comizio Agrario di Lendinara,
scrisse alcune monografie di carattere botanico pratiche. Egli passò al ricordo dei posteri anche perché fu
un vero 'speziale', era famoso il suo 'sciroppo di china ferruginoso' ottenuto con un particolare processo
­12
Ennio Bellucco
di detannizzazione della china, preparazione che fu
premiata più volte con medaglie e diplomi. Pure famosa era la produzione del mandorlato, che il Vido
distribuiva alla clientela e agli amici come omaggio,
e che più tardi sarà oggetto di un famoso manifesto
pubblicitario ad opera del pittore futurista Depero.
Vido fu il primo presidente dell'ordine dei farmacisti
di Rovigo e ricoprì tale carica fino alla morte avvenuta il 21 novembre 1914. Persona molto colta e di
ampi interessi, fu anche un appassionato sportivo e
fu fautore e fondatore della Società Velocipedistica
Lendinarese, partecipando personalmente come atleta alle corse ciclistiche di cui era appassionato, una
vera novità per quei tempi.
Opere principali: Repertorium mycologiae Venetae,
Padova 1897. Note sulla colorazione dei fiori, Napoli
1879 (Il Farmacista Italiano). La benzina, Lendinara,
Buffetti, 1884. Il luppolo, Lendinara, Buffetti, 1885.
Agrimonia, Salicaria e il Lytrum Salicaria, Napoli 1885.
Il velocifrago, Napoli, (Il Farmacista Italiano). Il crescione comune o nasturzio acquatico, Orosi, 1882. Il
Clausthrus cancellatus, Lendinara 1887. La benzina e
alcuni suoi derivati (nitro, benzina, anilina, ac.fenico),
Napoli 1882 (Il Farmacista Italiano). Sulla colorazione dei fiori freschi per iniezioni, Napoli, 1879 (Il Farmacista Italiano).
Fonti
Prime note per un dizionario bio-bibliografico dei
farmacisti veneti che si distinsero nelle scienze, lettere arti e nella politica, Maggioni, Padova, 1969.
Lettera della nipote Maria Luisa Vido.
settembre lendinarese
Un’immagine della giovinezza di Paolo Ballarin
Sergio Garbato
È
passato tanto
tempo ormai,
ma è ancora vivida nella memoria
l’immagine di un
giovanissimo Paolo
Ballarin alle prese
con la Sonata in Si
bemolle minore di
Chopin, nell’ampia
chiazza di luce del
grande abat-jour
sul palco del salone
di Palazzo Venezze.
Un’immagine che
oggi, dopo quarant’anni, improvvisamente, assume
il paradossale e postumo significato di una sinistra
premonizione, sì, perché il terzo movimento di
quella Sonata consiste in una desolata marcia funebre. E Paolo l’aveva eseguita in maniera un po’
discontinua e impaziente, esasperando le sonorità e
il contrasto dinamico, così che quella marcia aveva assunto i contorni di una discesa verso l’orrore,
mentre la lenta e dolcissima parte centrale negava
ogni fuga possibile. Paolo, teso e nervosissimo, non
si era reso conto di nulla e tanto meno il pubblico
presente in sala, perché poi si trattava del concerto di diploma, quello che coronava tutto il corso
di studi e annullava in una sola definizione fatiche e contraddizioni, gioie e angosce. Al termine,
rientrando nella quotidianità e ritrovando amici
e compagni di studio, Paolo aveva manifestato la
sua insoddisfazione, rilevando difetti e omissioni,
come dopo avrebbe sempre fatto. Del resto quella
insoddisfazione e quella sensazione di mancare ogni
volta il bersaglio, sia pure di un soffio, avevano accompagnato tutto il suo inquieto corso di studi e si
sarebbero protratte nel tempo fino al giorno in cui
avrebbe fatto la scelta definitiva di essere soprattutto uno straordinario accompagnatore di cantanti e
un maestro che avrebbe lasciato il segno.
Dopo il diploma, infatti, Paolo era andato altrove
a cercarsi nuovi maestri e perfezionarsi, incontrando a Salisburgo nientemeno che Carlo Zecchi e a
Milano un altro inquieto come Carlo Vidusso gran
virtuoso e gran didatta, ma roso anche dalla nevrosi
di una perfezione impossibile. La tastiera non opponeva più alcuna resistenza alle dita e alla febbre esecutiva di Paolo, che però avvertiva che gli mancava
ancora e sempre qualcosa. La sua strada l’avrebbe
trovata in maniera un po’ casuale qualche anno
dopo, quando era entrato come pianista accompagnatore nel Conservatorio di Padova. Aveva poco
più di vent’anni e un destino musicale già definito,
che avrebbe spartito fra il Conservatorio Venezze e
i concerti con alcuni dei maggiori cantanti del tempo, ma anche il Teatro Sociale. E proprio quel gusto di spiegare e andare al fondo delle cose musicali
(non solo il pianoforte, dunque) si era tradotto in
tante iniziative, in cui aveva coinvolto la sua città
natale, Lendinara, in cui avrebbe continuato sempre a risiedere. Ecco, allora, i concerti, la creazione
di circoli e più ancora la passione dell’ascolto, con
certe serate indimenticate nei palazzi lendinaresi
ad ascoltare in compagnia degli amici i quartetti di
Mozart e di Beethoven, ad analizzare le esecuzioni
discografiche dei grandi pianisti del Novecento nel
repertorio più importante.
E, insomma, musica e sempre musica, perché il suo
destino era quello, né avrebbe potuto mai essere
diverso, come sanno bene tutti coloro che l’hanno
conosciuto.
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settembre lendinarese
Giuseppina Colleoni: la contessa che dedicò
la vita alla tutela dell’infanzia G
iuseppina Colleoni nasce a Verona il 5 dicembre
1883 dal conte Galeazzo Colleoni, discendente
da un ramo di una nobile famiglia bergamasca e dalla
nobile signora Margherita Antona Traversi.
La contessa Giuseppina convola a nozze il 29 aprile 1912 a Verona, all’età di 29 anni, con l’ingegner
Gastone Marchiori, 39enne discendente di una nota
e agiata famiglia dedita prevalentemente al commercio. L’amore era
sbocciato in seguito a un incontro casuale tra le due famiglie. Il 3
marzo 1913 arriva l’attesa nascita
del figlio Giuseppe Galeazzo Maria,
in famiglia amabilmente chiamato
“Bepin”. Ma dal 1918 si diffonde
ovunque la “spagnola”, la terribile
pandemia influenzale che fino al
1920 colpì in tutto il mondo oltre
un miliardo di persone e fu causa di
morte per oltre 20 milioni. Questo
pericolosissimo virus colpisce anche il piccolo Galeazzo Giuseppe
che in pochi giorni soccombe, inesorabilmente, spegnendosi il 13 settembre del 1918. La grave e inevitabile tragedia si abbatte spietatamente sulla famiglia
con un dolore immenso che segnerà per sempre l’esistenza della contessa e del marito.
Persona molto religiosa, la contessa Colleoni cerca
nella devozione personale quella consolazione della
fede che può aiutarla a superare il dolore per la perdita del figlio.
È iscritta al Terz’Ordine Francescano, fa parte delle dame di San Vincenzo e di numerose associazioni
cattoliche ed è anche presidente dell’Azione Cattoli-
Ramis Tenan
ca femminile della Parrocchia di Santa Sofia.
Il 26 ottobre 1935 perde improvvisamente anche il
marito Gastone, di soli 62 anni, a causa di un incidente automobilistico. La grave e improvvisa disgrazia si aggiunge a quella per la perdita del figlio e lascia
la contessa Giuseppina sola nella sofferenza che sopporterà con rara forza, vivendo della memoria degli
estinti amatissimi e dedicando la sua
vita al sostegno dei bimbi poveri e
disagiati.
Già nel 1939 la contessa dimostra
la sua premurosa sensibilità verso il
mondo infantile, creando a sue spese
un asilo infantile a Cavazzana di Lusia, intitolandolo al marito Gastone
e mettendo a disposizione gran parte
del suo patrimonio esistente nel Comune di Lusia.
L’asilo viene costruito su un terreno di sua proprietà in prossimità
dell’abitato di Cavazzana tra il 1938
e il 1939 su progetto dell’ingegner
Arturo Baccaglini di Lendinara, e viene inaugurato il
23 ottobre 1939 iniziando ufficialmente l’accoglienza
dei piccoli ospiti a partire dal mese di marzo del 1941.
Lo Statuto mette in evidenza la generosità della contessa che, oltre alla nuova struttura destinata a sede,
si impegna a garantire ai bambini, attraverso un notevole patrimonio immobiliare, un perenne sostegno finalizzato alla loro “educazione fisica, morale ed intellettuale”. Seguendo le precise disposizioni statutarie,
l’asilo funziona ininterrottamente, tranne una breve
parentesi durante l’occupazione tedesca, fino ai nostri
giorni. Oltre alla scuola materna, che oggi accoglie
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settembre lendinarese
Sede dell'Opera Pia G.G. Marchiori in via del Santuario a Lendinara
quotidianamente una trentina di bambini, l’ente organizza anche un importante e molto richiesto doposcuola per altrettanti alunni della scuola elementare.
Per quanto riguarda l’Orfanotrofio di Lendinara, occorre risalire all’anno 1946 per trovare traccia formale della volontà della contessa Giuseppina Colleoni
di “promuovere la fondazione in Lendinara di un ente
di beneficenza avente lo scopo di raccogliere bambini
orfani o comunque bisognosi di aiuto, provvedendo
al loro sostentamento e alla loro educazione fino al
dodicesimo anno di età”. E prosegue: “ … nel 1942,
non essendo riuscita, per deficienza di abitazioni, a
trovare una casa conveniente per l’Opera, cominciò
a ricoverare un piccolo numero di bimbi presso le
Suore Salesiane nell’Istituto Immacolata, generosamente ospitale, ed ebbe così inizio l’istituzione benefica” Pia Opera Giuseppe Galeazzo Marchiori che
poi avrà sede in una villa donata dai coniugi Biagio
Andrei ed Ermida Munerato.
La forte personalità del nuovo parroco monsignor
Ennio Giusberti ha sicuramente stimolato la già viva
propensione della contessa Colleoni a curarsi dei giovani, mettendole a disposizione alcuni locali parrocchiali in uso all’Istituto Immacolata. Questa generosa accoglienza sfocerà poi negli anni in un rapporto
sempre più stretto con la parrocchia e le Suore Salesiane; a queste lo statuto affiderà la direzione dell'ente e al parroco la stabile vicepresidenza.
Come avvenuto per l’Asilo Infantile Gastone Marchiori di Cavazzana, anche per Lendinara la contessa
Colleoni, fondando la “Pia Opera Giuseppe Galeazzo Marchiori” si impegna a garantire ai bambini,
attraverso un notevole patrimonio immobiliare, un
perenne sostegno finalizzato alla loro “educazione fisica, morale ed intellettuale secondo i principi della
religione cattolica”.
Nel 1949 la Fondazione riceve il riconoscimento della personalità giuridica e il 25 marzo 1950 il
Presidente della Repubblica Luigi Einaudi decreta
l’erezione in Ente morale della Pia Opera Giuseppe
Galeazzo Marchiori e approva lo Statuto organico,
datato 10 dicembre 1948. I bambini accolti, nutriti
ed educati in quel periodo oscillano tra i 35 e i 40,
seguiti costantemente da quattro suore salesiane.
Nel 1988, oltre al “Centro di pronta accoglienza”
con una decina di bambini ospiti nell’intera giornata, funziona anche un “Centro di accoglienza e assistenza diurna” compreso il doposcuola pomeridiano,
organizzato cogliendo le istanze delle mutate situazioni sociali.
Attualmente, a distanza di oltre sessant’anni, la Pia
Opera “Giuseppe Galeazzo Marchiori” è ancora viva
ed è una comunità educativa scolastica pienamente
funzionante.
La ammirabile esistenza della contessa Colleoni
si conclude presso la sua casa di Verona il 7 aprile
1972. Viene sepolta il giorno successivo nel cimitero
di Lendinara, dove giace accanto al figlio Giuseppe
Galeazzo e al marito Gastone.
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settembre lendinarese
Lendinara domani ….i nuovi laureati lendinaresi
Continuiamo la pubblicazione dei nomi e dei volti di coloro che hanno conseguito il diploma di laurea
Andrea Ballarin
Laurea Magistrale in Traduzione specialistica e Interpretazione di
conferenza (tedesco e russo), presso la Scuola Superiore di Lingue
Moderne per Interpreti e Traduttori, Università degli Studi di Trieste
Valentina Barbetta
Laurea Triennale in Economia e Management delle imprese di servizi
presso l’Università degli Studi di Verona in data 22 novembre 2012.
“La laurea non è un traguardo ma un trampolino di lancio per cercare di
realizzare i propri sogni. Io spero in una carriera piena di lavori appassionanti e in grado di gratificare i miei sforzi.”
Melissa Bevilacqua
Università di Ferrara Laurea magistrale in giurisprudenza con
110/110.
"Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri
sogni" (Eleanor Roosvelt)
Annika Bianchi
Università di Padova, Laurea Magistrale in “Scienze Umane e Pedagogiche” Voto: 110 e lode. “Ho portato avanti il mio percorso con
convinzione e le soddisfazioni sono sempre arrivate. Ma è adesso, avvicinandomi al mondo del lavoro, che voglio impegnarmi maggiormente per ciò
in cui credo: l’educazione dei grandi di un domani.”
Cristina Bortolato.
Mi sono laureata in Infermieristica il 30 Ottobre 2013.
“Fare l’infermiere è una vocazione e un grazie ricevuto da una persona
bisognosa ripaga di tutti gli sforzi fatti.”
Laura Buletto
Università di Ferrara.
Laurea in Economia, Mercati e Management
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settembre lendinarese
Alberto Fasiol
Università di Ferrara, Corso di laurea specialistica in Odontoiatria e
Protesi Dentaria, 110/110 e lode
Un ringraziamento alla mia famiglia, per avermi permesso di intraprendere
questo lungo percorso di studi e avermi sempre sostenuto negli anni, e un
auspicio di poter svolgere sempre con impegno e passione la professione di
Dentista, seguendo le orme iniziate da Nonno Alberto, quasi 60 anni fa.
Marina Ferrari
Laurea Magistrale in Economia, Mercati e Management, all’ Università degli Studi di Ferrara con la votazione di 110 e lode conseguita il
21 marzo 2014.
“La laurea è un traguardo voluto che mi rende orgogliosa. Adesso desidero
crescere a livello personale e professionale, anche attraverso esperienze
all’estero.
Vittorio Ferrari
Laurea Magistrale in Ingegneria del Veicolo presso
l’Università di Modena e Reggio Emilia, facoltà di ingegneria
“Enzo Ferrari”
Elena Fioravanti
Laurea in Lettere antiche (Università degli Studi di Padova)
“E’ una grande soddisfazione aver raggiunto il primo traguardo ed ho già
iniziato i corsi per la laurea specialistica in Lettere classiche e Storia antica.
Che cosa farò dopo la laurea? Il bello del mio indirizzo di studi è che non ci
sono sentieri segnati da seguire, ma occasioni diverse da cogliere!”
Elisa Ghidoni
Università degli studi di Padova
Scienze dell’Educazione e della Formazione curr. prima infanzia
Gessica Giacometti
Laurea Magistrale in Lingue per la Comunicazione Turistica e Commerciale 110/110
Dopo una breve ma intensa esperienza all’estero, il mio desiderio più grande è essere felice e donare questa felicità a chi incontrerò sul mio cammino,
affinché la cultura della Speranza e della Gioia siano parte integrante della
nostra realtà quotidiana.
­17
settembre lendinarese
Alessia Giriolo
Università degli studi di Ferrara, Corso di laurea triennale
in Economia.
Condivido con voi questo aforisma:” la miglior preparazione per
domani, è fare il meglio oggi”.
Silvia Lancerotto
laureata il 16 dicembre 2013 Titolo: Laurea Magistrale in Psicologia
Clinica e di Comunità, (Università Salesiana Pontificia di Roma)
“Io abbozzo voi stenderete i colori” (don Bosco), perché anche nel mio
cammino di vita che mi si aprirà da adesso in poi, possa essere colore e
luce per quanti incontrerò!
Letizia Marabese
Università di Verona Laurea in Lingue e Culture per il Turismo e il
Commercio internazionale.
“Credete sempre in voi, anche se tutti vi dicono che non ce la farete
(come hanno detto a me). Lasciatevi trasportare, fatevi alienare ma
credeteci. Io l’ho fatto e tutti voi con me.”
Jennifer Martello
Università di Padova, Laurea Triennale in Scienze dell’Educazione
e della Formazione, indirizzo “Educatore Sociale e Animatore
Culturale”.
Spero di avere l’occasione di lavorare per potermi creare un futuro
di certezze e non solo di speranze.
Giulia Menardo
Università di Padova Laurea in “Scienze dell’educazione e formazione: Educazione della prima infanzia” , voto 110/110.
Ora, che ho portato a termine il mio percorso universitario, spero di poter
lavorare con i bambini in tenera età e giorno dopo giorno aiutarli nella loro
crescita e nel loro sviluppo.
Giulia Merlo
Corso di Laurea “Mediazione Linguistica e Culturale” nell’Università
degli Studi di Padova (con voto 100/110)
“Dopo la laurea mi aspetto semplicemente nuove e stimolanti sfide, che
sappiano spronarmi sempre a migliorare le mie capacità e mi aiutino a
rendere gli ostacoli delle occasioni di crescita personale.”
­18
settembre lendinarese
Suor Deborah Moro
Università di Padova, Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria, indirizzo Scuola dell’Infanzia.
Mattia Munegato
Università di Padova Laurea in Lettere Antiche.
Progetti e aspirazioni? Nel prossimo futuro completerò la mia formazione
umanistica, che mi auguro possa, un domani, essere utile per la formazioni
di altre persone.
Alice Prearo
Università di Padova, Laurea Magistrale in Psicologia sociale, del
lavoro e della comunicazione con votazione 110/110.
Auspico per il futuro di lavorare con e per le aziende, poiché credo fermamente che lo psicologo del lavoro possa supportare il processo di investimento sui singoli lavoratori intesi come persone portatrici di competenze e
peculiarità da valorizzare.
Emma Pregnolato
Dopo la Laurea specialistica in Biotecnologie Medico-Farmaceutiche
all’Università degli Studi di Ferrara 110/110 e lode, ho conseguito
la Laurea triennale in Infermieristica all’Università di Padova con
110/110 e lode
Dopo tutti questi anni di studi spero finalmente di trovare un lavoro
attinente alle mie lauree; il desiderio più grande sarebbe quello di poterle
sfruttare entrambe!!
Sara Rossin
Medicina e Chirurgia presso l'Università di Padova con votazione
110/110 e Lode.
Il mio motto in questi anni di studio è sempre stato" per aspera ad astra"...
ora continuerò ancora a studiare e lavorare per diventare un buon pediatra
mantenendo questo entusiasmo.
Irene Salamon
Alma Mater Studiorum Università di Bologna Scuola di farmacia,
biotecnologie e scienze motorie, Corso di Laurea magistrale in Biologia della Salute.
Condivido il pensiero della saggia tartaruga Oogway di Kung Fu Panda:
“ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono per questo si chiama
presente!”
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settembre lendinarese
Lorenzo Turatti
Laurea in Diritto dell’Economia e governo delle Organizzazioni.
Università degli Studi di Padova.
Mi auguro di riuscire a trovare un lavoro in grado di soddisfare le mie
aspettative e soprattutto che sia in grado di tirare fuori il meglio di me
stesso.
Francesco Valentini
Università di Padova Laurea triennale in diritto dell’economia
e governo delle organizzazioni, dipartimento di scienze politiche,
giuridiche e studi internazionali.
Per le competenze che ho acquisito, vorrei intraprendere la strada
dell’assicurazione. Valuto se continuare gli studi per arrivare più preparato al lavoro o fare delle esperienze lavorative analoghe.
Giulia Viaro
Università degli studi di Ferrara: Laurea triennale in Scienze e
Tecnologie della Comunicazione.
Proseguirò gli studi per conseguire la Laurea Magistrale in Giornalismo
ed Editoria presso l'Università di Verona.
Valentina Viaro
Università degli studi di Ferrara: Laurea triennale in Economia.
Proseguirò gli studi alla Ca' Foscari di Venezia, corso International
Management.
Francesco Zambello
Università di Padova Laurea in Ingegneria Meccanica.
Ora cerco di crescere professionalmente e come uomo al servizio
del mondo e di Lendinara.
Luca Zappaterra
Laurea in Scienze dell’educazione e della formazione: Educazione
della Prima Infanzia.
Essere educatore al Nido è una sfida che non va assolutamente persa, perciò mi auguro di realizzare questo sogno poiché sento che quella è la strada
fatta apposta per me, sento che quella è la mia vita!
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settembre lendinarese
Ramis Tenan
Da sempre coltiva la passione della poesia ottenendo consensi e attestazioni di merito in numerosissimi Concorsi di Poesia a livello nazionale.
Le sue varie raccolte di versi in lingua o in dialetto hanno goduto del compiacimento e della
prefazione di importanti scrittori e poeti tra i quali Gian Antonio Cibotto, Angioletta Masiero,
Aurora Gardin, Carla Baroni.Non ha mai voluto dare alle stampe le sue composizioni che scrive
e custodisce gelosamente per sé.
I siori, ‘na volta …
Distanze irraggiungibili
I siori, ‘na volta, i viveva in palazi, con tanti saloni, con quadri ed arazi, magari comprà con giri un fià strani, e mobili antichi e tapéti persiani.
Distanze irraggiungibili nei cieli
tra stelle sorte e spente nei millenni,
nel cosmo silenzioso dove il tempo
sconfina nel mistero dell’eterno.
E dentro a ‘ste case, vantà come dòte,
i servi obedienti, de giorno e de note,
no’ i ghéa gnanca el tempo de alzare la testa…
e i siori i passava i so giorni de festa.
Distanze irraggiungibili nei mari
così profondi e aperti all’orizzonte
e ricchi di sentieri mai tracciati
che solo il vento in libertà percorre.
E fora, sui campi, la zènte sudava
savéndo che i siori anca lì i comandava.
Le robe , co’ i ani, le xé un fià cambià:
la vita, par tuti, la xé migliorà,
i servi de un tempo i gà casa e anca schèi,
ma chi che comanda… i xé sempre quei !
Distanze irraggiungibili tra noi,
fragili bastimenti alla deriva
al crocevia del bene con il male
nell’esistenza a volte senza senso.
Tra queste irraggiungibili distanze
vaga il pensiero libero dell’uomo
pulviscolo invisibile, ma vivo,
di questo indecifrabile universo.
Unione
Agricola
Lendinara s.r.l.
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­22
settembre lendinarese
NOTIZIE IN BREVE
Borgo Roverese
Da una memoria del Gennari del
1577 si apprende che la chiesa della Madonna del Pilastrello è posta
nel borgo di Roverese di questa
città. Oggidì (1877 ndr) è chiamata Roverese la contrada in continuazione della via Maggiore fino al
ponte del cimitero (oggi via Oroboni ndr). Da queste indicazioni si
potrebbe dedurre che la Roverese
comprendesse dall’argine sinistro
dell’Adigetto fino al lato sinistro
dell’attuale stradone conducente
alla Madonna (Via Santuario) e
che quindi allora non esistessero
le due isole di fabbriche divise ora
dalla via denominata Rettinella
(oggi via J. W. Mario). ….Si chia-
mava Borgo Roverese perché da
ritenersi che quel suolo fosse coltivato a roveri....Ora per edificare
le fabbriche delle due isole devono
essere necessariamente stati abbattuti tutti gli alberi, facendo così
un guasto generale; e rimanendo spoglia una frazione alla parte
di ponente si formò la piazza che
prese e conserva il nome di Guasto (attuale piazza Alberto Mario
ndr). La strada che divide le indicate isole (attuale via J.W.Mario
ndr), si chiamava strada delle Bire.
Ricercata l’origine della denominazione, ci si vuol fare credere che
in una casa in quella strada abitassero alcune donne una delle quali
si chiamava Elvira, nome dal volgo
per abbreviatura corrotto in Bira,
epperò l’unione di quelle femmine
veniva chiamata delle Bire. Estinte
quelle donne, passò ad abitare in
quella medesima strada una famiglia di cognome Bortolozzo, ed al
nome di Bire fu sostituito quello di
strada Bortolozzo. Poi con ragione
fu detta via Rettinella perché qui ha
origine quello scolo pubblico così
chiamato e che girando per la strada di via Macchefave arriva all’oratorio di san Lazzaro...
(da L’Astronomo Lendinarese, 1877)
­23
settembre lendinarese
Lendinaresi di successo
Ennio Bellucco
In queste pagine si vuole mettere in evidenza quei giovani lendinaresi che si sono distinti nella loro professione
in Italia e all’estero. Naturalmente quella di quest'edizione non può essere un'elencazione esaustiva, il tema
sarà senz’altro ripreso e portato avanti nei prossimi anni con altri giovani e altri ruoli, né si pretende di stilare
una sorta di classifica o di mettere sullo stesso piano professioni profondamente diverse. L’elemento che accomuna questi lendinaresi è l'aver saputo raggiungere traguardi prestigiosi e importanti nelle rispettive professioni.
Questi giovani occupano ruoli non molto conosciuti al grande pubblico, e pertanto per il futuro saranno gradite
opportune segnalazioni alla Pro Loco, che ne terrà debito conto. In alcuni casi è stato necessario usare termini
stranieri molto tecnici non facilmente comprensibili, ma la loro traduzione in italiano non era possibile.
Stefano Bertelli
S
tefano Bertelli, classe ’81, lavora da oltre 10 anni nel settore video musicale realizzando ben oltre 700 video musicali per artisti italiani e stranieri. Tra i nomi
Samuel dei Subsonica, Alex Britti, Marlene Kuntz, Arisa e tanti altri. Inizia la sua attività realizzando uno student movie nel 2002 dal titolo The Massacre, on line su youtube. Questo film gli permette di lavorare con Run Multimedia, produzione di video
musicali affermata a livello italiano, con la quale lavora a fianco di Gaetano Morbioli,
noto regista del settore, realizzando in pellicola 35mm videoclip per artisti del calibro
di Gemelli Diversi, Gigi D'Alessio, Laura Pausini, imparando a girare secondo canoni commerciali. Dal 2005 nasce Seenfilm, la sua casa di produzione con la quale realizza oltre 500 video
musicali per band emergenti e non, collaborando con multinazionali come Emi, Warner, Universal, Disney.
Vince due volte il Mei, come miglior video in assoluto per Marta Sui Tubi e All About Kane. In programma
la realizzazione di un primo lungometraggio in animazione stop motion.
Linda Ferlin
N
ata e cresciuta a Lendinara da genitori Lendinaresi, sposata con due figli, dopo
la maturità scientifica conseguita al Paleocapa di Rovigo ha proseguito gli studi
laureandosi in Economia Politica alla Bocconi con 110/110. Ha fatto uno stage a
Bruxelles presso la Commissione Europea, uno a Milano presso l’American Express
Bank e uno presso la Mediolanum. Assunta in pianta stabile dalla Mediolanum ha
dato la propria disponibilità a trasferirsi all’ufficio di Dublino. Dopo l’esperienza
irlandese Linda ha lavorato a Londra per UBS e in seguito per HSBC, dove tuttora
si trova. Oggi Linda è un CFA charterholder (CFA è acronimo di Chartered finanzial analyst, una figura
tipica del mondo della finanza USA, e la qualifica si ottiene dopo aver sostenuto tre esami e almeno 4 anni
di esperienza nel settore). Dopo essersi occupata di diversi aspetti legati alla gestione dei portafogli quali la
performance, il rischio, l’ottimizzazione dell’asset allocation e la selezione dei gestori, adesso Linda fa parte
di un team incaricato di controllare che i diversi portafogli gestiti da HSBC Global Asset Management
rispettino i parametri dati dai clienti o dal prospetto, dalle legislazioni vigenti e dalle direttive interne.
Filiale di Lendinara
­24
settembre lendinarese
Caterina Piatto
È
dirigente a Parigi presso la LBO France, un fondo francese indipendente, con
compiti di marketing e vendita dei fondi a clientela istituzionale: banche,
fondi pensione, compagnie di assicurazione ecc.
Diplomata al Conti di Lendinara con 60/60, e laureata in Economia e Commercio alla Bocconi di Milano con 110 e lode, la sua carriera lavorativa si è svolta
quasi esclusivamente all'estero; nell'ultimo anno di università si è iscritta al CEMS
Master's in International Management, e come periodo di studio e di lavoro all'estero scelse di andare all'Hec di Parigi, la più grande scuola per studi di economia aziendale in Francia. Dopo
uno stage alla Cariplo come analista credito, ha lavorato a L’Oreal come internal auditor, poi ha prestato la
propria opera per circa sei anni per la BNP Paribas, prima nel team Marketing e poi per una SICAV; infine
ha lavorato per la Axa Private Equity per altri sei anni, con il compito di visitare i clienti istituzionali in
Europa e in Canada, prima di approdare all'LBO France con la stessa tipologia di attività svolta all'Axa. Per
il suo lavoro e per passione ha viaggiato moltissimo e parla correntemente quattro lingue: italiano, inglese,
francese e spagnolo.
Simone Uliari
U
liari si è laureato in medicina e chirurgia a Ferrara con una tesi basata sul test
Conconi. Ha conseguito inoltre la specializzazione in medicina dello sport
sempre a Ferrara con la votazione di 50/50, e un dottorato di ricerca in biochimica. Anche nelle attività lavorative ha ricoperto e ricopre tuttora ruoli prestigiosi,
sempre inerenti lo sport e le attività motorie in genere. Numerose anche le pubblicazioni scientifiche e progetti di ricerca cui ha collaborato e collabora tuttora. Qui
ci interessa sottolineare il rapporto iniziato nel 2011 con la società ciclistica professionista Astana Pro Team, prima come medico di squadra e poi come responsabile
sanitario, grazie alla fiducia dello staff dirigenziale Astana (Giuseppe Martinelli e Alexandre Vinokurov)
nella scuola del prof. Conconi di cui Uliari è stato allievo. Tra gli atleti seguiti da Simone ci sono naturalmente Nibali, il campione fresco vincitore del Tour de France, Aru, Scarponi, Gasparotto, Iglinskyi,
Lutzenkom. In particolare Simone ha avuto l'onore di seguire Vinokurov negli ultimi due anni di carriera,
quando il kazako ha conseguito il titolo olimpico a Londra nel 2012.
Riccardo Zennaro
R
iccardo, lendinarese di 41 anni, nel '98 ha conseguito la laurea in fisica presso
l'Università degli Studi di Ferrara e dopo due anni è partito per la Svizzera. Ha
iniziato a lavorare al CERN e in parte con la fondazione italiana TERA, che si occupa
di radioterapia contro i tumori utilizzando protoni o ioni carbonio invece di elettroni.
Ha lavorato su diversi progetti quali il CNAO a Novara e per il progetto CLIC, un
progetto per la fisica delle alte energie.
L'esperienza acquisita al CERN gli ha permesso di ottenere nel 2010 un contratto
con il PSI, il più grande centro di ricerca svizzero a Zurigo con circa 1500 dipendenti, occupandosi di ricerca
in molti campi, dalle rinnovabili ai nuovi materiali ecc..
Al PSI partecipa in quanto esperto di acceleratori lineari di particelle, cuore del progetto SwissFEL, una
macchina che dal 2017 permetterà di studiare molti tipi di materiale, reazioni chimiche, nuovi farmaci ecc..
Lui stesso racconta che lavorare nella ricerca richiede adattabilità, precarietà fino ad età avanzata e disponibilità a cambiare paese terminato il contratto.
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ORE 09,00 – centro storico
venerdì 5
ore 17,30 - CHIESA S. ANNA
"PERCORSi" mostra personale
del pittore Lauro Garbo
"piazzetta dei motori"
ore 18,00 - sala consiliare
ORE 12,00 e 19,30 – zona luna park
mostra statica di vespe ed esposizione
di concessionarie di auto nuove
Inaugurazione fiera
"Gusto polesine" stand delle Pro Loco
e presentazione numero unico
a seguire sfilata di majorettes - S.G. Bosco
di Castagnaro, Banda città di Lendinara
e gruppo musici e sbandieratori di Saletto
ORE 15,30 – PIAzzA RISORGImENTO
zOGHI DE 'NA VOLTA
ORE 17,00 – piazza risorgimento
ore 19,00 - zona luna park
"alle origini del giardino romantico di
cà dolfin marchiori" visita guidata con Ce.Di.
Inaugurazione mercante in fiera
dalle Ore 21,00 - piazza risorgimento
esibizione di zumbA palestra Olimpic Club “the pretty
minds” e “bad babies”in concerto
Turismo & Cultura
da sabato 6 A LuNEDì 8
VOCE E muSICA 2ª edizione
concorso canoro di artisti lendinaresi
con Stefano Rizzi
ORE 21,00 – PIAzzA RISORGImENTO
DALLE ore 14,00 – zONA EX PESCHERIA
"Gusto in Tour a Lendinara",
mostra mercato con NSV Organizzazioni Eventi
lunedì 8
SAbATO 6
ore 07,00 – P.zza s.marco e p.zzle kennedy
ore 17,30 – galleria d'arte signorini
carceri Mostra di Incisioni di DARIO DELPIN
mostra scambio
hobbismo e antiquariato
e mercatini per grandi e piccini
a cura di Pro Loco Lendinara & GustoItaliano
ore 21,00 – PIAzzA RISORGImENTO
Saggio Scuola di Danza
“Musical Fantasy”, “Extraterrestre”
“Sagra della Primavera”
Allievi della Scuola di Danza di Lendinara Centro Studi
Professionali per la Danza di Simonetta Rovere
ore 08,00 – Piazza risorgimento
mostra espositiva auto&moto
ORE 12,00 e 19,30 – zona luna park
ore 21,00 – PIzzeria piper
"Gusto polesine" stand delle Pro Loco
Saggio Scuola di musica
ore 21,00 – Piazza risorgimento
RockMusicAccademy
concerto corpi bandistici
DOmENICA 7
di città di Lendinara e città di Bussolengo
DALLE ORE 07,00 – centro storico
mERCATINO DELL'HObbISmO E ANTIQuARIATO
cura di Pro Loco Lendinara e Gusto Italiano
a
martedì 9
ORE 19,30 – zona luna park
"Gusto polesine" stand con ProLoco
e Gruppo Scout di Lendinara
ore 21,00 – Piazza risorgimento
"academy dance"
domenica 14
ore 08,00 – p.zzle kennedy
ore 21,00 – Pizzeria piper
raduno golf 1' - MKI e famiglia VAG
finale summer contest con RMA
mostra statica di auto Volkswagen
mercoledì 10
ore 10,00 – Piazza risorgimento
ore 18,00 – sala consiliare
"motor day" con esibizione motocross
premiazione delle società sportive
ore 16,00 – palazzetto dello sport
e buffet presso stand delle ProLoco
"2a camminata a 6 zampe"
ore 21,00 – Piazza risorgimento
con Associazione Cinofila Lendinarese
"hearts ready to beat"
ore 21,00 – Piazza risorgimento
concerto di Musica Italiana
la badante di costante di G.Sparapan
giovedì 11
Commedia brillante in 3 atti della Compagnia teatrale
di Arquà Polesine
"Gusto polesine" stand delle Pro Loco
ore 23,00 – zona luna park
e Gruppo Scout di Lendinara
spettacolo pirotecnico
ore 21,00 – Piazza risorgimento
sabato 20
ORE 19,30 – zona luna park
gruppo "j.livingston"
ore 18,30 – rasa chiesa s.andrea
venerdì 12
dedicata alla Chiesa di S. Antonio Abate Sec. XV seguirà
breve intervento del prof. Tarcisio Marchiori
"en plein air 2014" estemporanea
ore 21,00 – duomo s.sofia
della Scuola “P.Levi” di Badia Polesine
dalle 09,00 – riviera mazzini e del popolo
di pittura a tema libero di Lauro Garbo
ore 21,00 – Piazza risorgimento
notte bianca delle Biblioteche
"G. marchiori, Pensieri e Ricordi"
presso giardino Marchiori
sabato 13
dalle 09,00 – riviera mazzini e del popolo
"en plein air 2014" estemporanea
di pittura a tema libero di Lauro Garbo
ore 10,00 – sala consiliare
LA strada si fa camminando
presentazione libro sulla vita di G.Martini
a cura di Alfredo Martini
ore 17,00 – Piazza risorgimento
s. messa e scoprimento della targa
concerto Orchestra giovanile
del Conservatorio F. Venezze di Rovigo
domenica 21
ore 07,00-13,00 – piazza risorgimento
"15o raduno di auto d'epoca"
con il club Amici d’auto d’Epoca
ore 10,00 – basilica m. del pilastrello
santa messa e benedizione
delle auto e moto
ore 17,30 – caffè grande
"de andrè: musiche e poesia"
con il prof. Piero Bassani
LUNA PARK dal 5 al 14 settembre
MERCANTE IN FIERA dal 5 al 14 settembre
MERCATI FIERISTICI domenica 7 e 14 - lunedì 8
"lendinara in cartolina"
MOSTRA PERSONALE di pittura di Lauro Garbo
dal 31 agosto al 15 settembre
ore 17,00 – palazzo ex g. b. conti
MOSTRA DI INCISIONI “CARCERI” di DARIO DELPIN
dal 6 al 20 settembre 2014
Galleria d’Arte Signorini, Via G.B. Conti 38
visita guidata a cura del Ce.Di. Turismo&Cultura
"ridiamo insieme"
info: 329.1076767
sessione di yoga della risata
ore 18,00 – sala consiliare
premia il passaggio generazionale
con Camera di Commercio di Rovigo
ore 21,00 – Piazza risorgimento
sfilata di moda autunno/inverno 2014/2015
Gusto Polesine
MOSTRE presso la CASA ALBERGO per ANZIANI
Dal 29 agosto all’8 settembre
MOSTRA FOTOGRAFICA l’Atene del Polesine “Tra Danza
e Architettura” a cura della Compagnia TeatroDanza
Corrente di Lendinara. Espongono: Gabriele Trevisan e
Mario Magosso - dal 5 al 14 settembre
Pro Loco Lendinara
settembre lendinarese
NOTIZIE IN BREVE
I luoghi delle fiere
Le solenni funzioni religiose per
lo più furono l'origine delle fiere.
La nostra di settembre nacque
dalla divozione alla Madonna.....
Col decorrere degli anni aumentò il numero degli smerciatori, il
perché si ottenne dal senato veneto il decreto 23 dicembre 1665
che accordava nei giorni 8, 9 e
10 di settembre una fiera annua
colla franchigia di qualunque gabella. Erano spente le cittadine
discordie, ma la subordinazione
non era ancora del tutto osservata. Gli smerciatori si contrastavano le posizioni e la fiera esisteva
a capannelli per le vie, senz'ordine; e il consiglio nel 19 Gennaio
1681 dovette stabilire un luogo
esclusivo per la fiera, ordinando
che nessuno avesse da impedirla
o farla altrove, sotto pena di 50
ducati di multa; quindi lo Stradone della Madonna, la piazza del
Guasto ed altri luoghi adiacenti
venivano cinti da appositi restelli
entro la cui periferia le merci godevano di franchigia. Nei primi
tempi la fiera degli animali era
nello stradone dalla Chiesa della
Madonna all'antico convento dei
Cappuccini (oggi via XXIV maggio, già via Larga), ma nell'anno
1847 con contratto 19 dicembre,
atti del notaio Stefano Leopardi,
il comune acquistò un terreno
limitrofo al locale delle ora soppresse scuole di carità (Cavanis)
e trasformatolo in pubblica piazza* ornata di platani e circondata da stanti di marmo, con parte
consiliare 24 agosto 1861 fu destinata esclusivamente per la fiera
degli animali.
(L'astronomo Lendinarese 1877)
*il 2 giugno 1867 con solenne cerimonia piazzale Cavanis fu proclamato
dal sindaco Piazza dello Statuto, che
quindi è uno dei toponimi più vecchi
di Lendinara.
CNA E LE IMPRESE
IL POLESINE CHE SOSTIENE IL POLESINE
Fare impresa, oggi, comporta responsabilità, impegno, tenacia e per questo CNA Rovigo è al fianco delle imprese polesane con l’obiettivo di contribuire alla ripresa economica attraverso lo sviluppo delle piccole imprese,
rappresentandone le esigenze e le proposte.
CNA ROVIGO è impegnata a dare voce e rappresentanza alle esigenze e ai valori della piccola impresa, che
rappresenta la struttura economica del Polesine.
CNA ROVIGO rappresenta gli interessi delle imprese polesane valorizzando le specificità dei settori e delle
categorie professionali, elaborando e attuando iniziative di promozione e formazione economica per i vari
ambiti di attività.
CNA ROVIGO è vicina alle imprese perché articola la propria presenza in sedi ed uffici presenti in tutto il territorio provinciale, con l’obiettivo di garantire consulenza, assistenza, affiancamento .
A Lendinara CNA ROVIGO è presente da 35 anni ed è al fianco delle imprese per sostenerle nelle sfide quotidiane a favore della ripresa economica.
CNA a Lendinara: via Fratelli Baccari, 15 – tel. 0425 601181 – e mail: [email protected]
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Pro Loco
di Lendinara
Città di
Lendinara
Regione
del Veneto
Provincia
di Rovigo
Il Mercante in Fiera
5 - 14 settembre 2014
Coscienti delle difficoltà del momento economico in cui stiamo vivendo, ma con la tenacia dello spirito di chi trova risorse nuove proprio nelle
difficoltà, l’amministrazione e l’assessorato di competenza, hanno affrontato l’organizzazione della 24° edizione del “Mercante in Fiera”. Nella
tendostruttura, allestita anche quest’anno in via C. A. Dalla Chiesa, si sono riconfermate le ditte “storiche”, ma si sono impegnate anche nuove aziende. L’organizzazione ha puntato su diversi cambiamenti non solo di presenze, ma anche organizzativi come la cerimonia inaugurale,
come pure la disposizione della parte di esposizione esterna dove si è creata una continuità tra l’esposizione commerciale, del volontariato e delle
capannine dell’Unpli, dove le Pro Loco di vari paesi polesani propongono le degustazioni del proprio territorio. Per ogni serata dal 5 al 14 settembre, alle ore 21 all’interno del “salotto del mercante” per la serie “Il mercante incontra”, sono previsti momenti di breve durata consistenti in
riflessioni, istruzioni per “l’uso”, dimostrazioni pratiche, il tutto per rendere ancora più interessante la visita al mercante in fiera. Gli espositori
quest’anno sono stati dotati di connessione WiFi, per dare l’ormai indispensabile supporto informatico. Un grande ringraziamento va a tutti
coloro che hanno lavorato affinché l’evento fosse organizzato nonostante il poco tempo a disposizione causa cambio amministrazione.
ELENCO ESPOSITORI
IL MERCANTE INCONTRA:
AQUA PLUS - depurazione
ASM SET - servizi gas
BAGNO & CALORE Design srl - Rovigo
BM service srl - Ferrara
F.lli CHINAGLIA vivaisti - Lendinara
FANCHIN srl serramenti - Villadose
Finotto F. FOLLETTO Vorwerk - Lendinara
GIOEL Prando Maurizio - Lendinara
Grafiche Il Pilastrello - Lendinara
HDI Assicurazione Assistudio Veneto - Lendinara
LUCCHETTA falegnameria - Lendinara
MEFF sas di Fozzato-Mantovani & c - Ostiglia (Mn)
MIOZZO Denis - Badia Polesine
PAIATO Alex falegnameria - Fratta Pol.
PEGORARO snc portoni-garage - Villa Estense
PUNTO 3 arredamenti - Rovigo
ROCCO legnami di Ganzarolli Sonia - Pesaro
ROSSETTI robot tagliaerba - Lendinara
Gruppo Servizi per Matrimonio - Lendinara:
DB Auto di Davide Borsetto Lendinara
Fioreria S. Marco di Erika Lendinara
Indaco di Cristina Tempesta Lendinara
Fotochiara di Chiara Chiodi Lendinara
SOL SYSTEM serramenti - Villadose
TIMACO stufe - Lendinara
TITANO pellet - S. Urbano (Pd)
Triangolo Calzaturiero Villanova d.G.- Fratta- Lendinara
VASCHE E DOCCE
Ass. AVIS Comunale “Gino Favaro” - Lendinara
Associazione Chiarastella - Lendinara
CAI Club Alpino Italiano Rovigo - Trecenta
Cedi Turismo & Cultura - Rovigo
Croce Rossa Italiana punto di Lendinara
Gruppo Volontari Protezione Civile Lendinara
IPAB Casa Albergo per Anziani Lendinara
Amministrazione Comunale di Lendinara
VENERDÌ 5 Settembre - ore 19,00 Inaugurazione Mercante in
Fiera con assessore Regionale M.L. Coppola, con accompagnamento di Banda città di Lendinara, Gruppo musici e Sbandieratori di Saletto, Gruppo Majorettes S. G. Bosco di Castagnaro.
Sabato 6 Settembre - ore 21,00 Consigli su trattamenti estetici
con Andrea di Sun Lovers.
Domenica 7 Settembre - ore 21,00 Dimostrazione di taglio di
capelli con consigli di Sabrina.
Martedì 9 Settembre - ore 21,00 Intervento del sindaco di
Lusia Luca Prando su “Lusia fertile terra” e insalata IGP.
Mercoledì 10 Settembre ore 21,00 Intervento del sindaco di
Villanova Gilberto Desiati sulla realtà economica calzaturiera.
Giovedì 11 Settembre - ore 21,00 Spiegazione sul modo di
leggere le bollette con l’avvocato Enrico Scarazzati di Lega
Consumatori.
Venerdì 12 Settembre - ore 21,00 Ospite Alfredo Martini
direttore della rivista dell’imprenditoria “Nord Est”
(che alle 11 di sabato mattina in sala consiliare presenterà un
libro sul padre Gianfranco).
Sabato 13 Settembre - ore 18,00 Premiazione “Passaggio
Generazionale” con vice presidente regionale Marino Zorzato
in sala consiliare.
Ore 21,00 Dimostrazione di difesa personale di ASD Karate
Ramodipalo.
Domenica 14 Settembre - ore 17,00 Presentazione di corso
antiginnastica con Luca Ortolani.
Ore 18,00 CNA illustra ai neolaureati le opportunità
di “fare impresa”.
Ore 19,00 Ringraziamento e consegna riconoscimento
dell’amministrazione agli espositori.
orari del mercante in fiera
Venerdì 5 sett. (inaugurazione) ore 19,00 - 24,00
Mercoledì 10 settembre ore 20.30 - 24.00
Sabato 6 settembre
Giovedì 11 settembre
ore 20.30 - 24.00
Domenica 7 settembre ore 10.00 - 12.30 / 15.00 - 24.00
Venerdì 12 settembre
ore 20.30 - 24.00
Lunedì 8 settembre
ore 10.00 - 12.30 / 15.00 - 24.00
Sabato 13 settembre
ore 10.00 - 12.30 / 16.00 - 24.00
Martedì 9 settembre
ore 20.30 - 24.00
Domenica 14 settembre ore 10.00 - 12.30 / 15.00 - 24.00
ore 16.00 - 24.00
­29
Feste Patronali
settembre lendinarese
AVVISO SACRO
2014
Basilica Abbaziale N.S. del Pilastrello
Lendinara (Ro)
29 Agosto - 6 Settembre
Ogni sera alle ore 20:30 S. Rosario
e S. Messa presieduta da
Don Andrea Lovato
(è sospesa la messa delle ore 18,00)
Domenica 7 Settembre
Vigilia della Festa
SS. Messe ore 6:15 - 7:15 - 9:00 - 10:30
12:00 - 16:30 - 18:00 - 21:00
Ore 10:30 S. Messa Solenne
presieduta dal Padre Abate
dom Cristopher Zielinski osb
Rettore della Basilica
Ore 18:00 S. Messa Solenne
presiede S. E. Mons. Luigi Negri
Arcivescovo di Ferrara
Ore 20:30
Concerto delle campane
della Città
Ore 21:00 S. Messa concelebrata
per tutti i Lendinaresi presieduta da
Mons. don Vittorio De Stefani
LUNEDÌ 8 SETTEMBRE
Solennità della
Natività di Maria
SS. Messe ore 6:15 - 7:15 - 9:00 - 10:30
12:00 - 16:00 - 17:00 - 18:00 - 19:30 - 21:00
Ore 10:30 S. MESSA SOLENNE presieduta dal
Padre Abate Cristopher Zielinski Rettore della Basilica
Ore 18:00 S. MESSA SOLENNE CONCELEBRATA presieduta
da S. E. Mons. Lucio Soravito De Franceschi
Vescovo di Adria - Rovigo
Sabato 13 Settembre
Giornata dell’ammalato
e dell’anziano
Ore 15:30 Accoglienza in Santuario
Ore 16:00 S. Rosario e Santa Messa
con funzione Lourdiana presieduta da
Mons. Gatti don Claudio
Vicario Generale Diocesi Adria-Rovigo
Ore 18:15 S. Messa festiva
Domenica 14 Settembre
SS. Messe ore 7:15 - 9:00 - 10:30
12:00 - 16:30 - 18:00 - 19:30
Ore 10:30 S. Messa Solenne
Ore 18:00 S. Messa Solenne
presieduta da
Mons. Alfredo Magarotto
Vescovo Em. di Vittorio Veneto
Domenica 21 Settembre
Giornata degli Automobilisti
e degli Ex Chierichetti
SS. Messe ore 7:15 - 9:00 - 10:30
12:00 - 16:30 - 18:00
Ore 10:30 S. Messa Solenne
presieduta da
S. Em. Card. Mauro Piacenza,
Penitenziere Maggiore
Seguirà sul sagrato
la benedizione delle macchine
Ore 18:00 S. Messa Solenne
Tipografia Lendinarese
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Tipografia Lendinarese
Novena di preparazione
settembre lendinarese
Lendinara
tra arte, storia e devozione
PERCORSI GUIDATI ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ
Domenica 7 settembre - 17.00
Alle Origini del Giardino Romantico di Ca’ Dolfin-Marchiori *
Una ricca collezione di foto d’epoca ci accompagna in un viaggio tra fantasiose scenografie naturali
ed architettoniche.
Sabato 13 settembre - ore 17.00
Lendinara in cartolina.
Visita al centro cittadino accompagnata da immagini di inizio Novecento. Percorso proposto in
occasione dell’Estemporanea di Pittura.
Domenica 28 settembre - ore 17.00
Lendinara dipinta*
Dalle vedute settecentesche di Palazzo Cattaneo agli scorci del Giardino di Ca’ Dolfin ritratti da
artisti di inizio Novecento.
Inizio visite dall’Ufficio IAT di Piazza Risorgimento
*Ingresso Giardino di Ca’ Dolfin-Marchiori: € 4,00 intero; € 2,00 ridotto
Info e prenotazioni:
Ufficio Iat di Lendinara tel - 0425 642389 mail - [email protected]
CeDi – Centro Didattica Beni Culturali e Ambientali tel. 0425.21530 mail. [email protected]
Appuntamento per la partenza dei percorsi guidati presso l’Ufficio IAT di Piazza Risorgimento
Itinerari a cura di CeDi - Turismo & Cultura e Gruppo CTG L’Atene del Polesine
NOTIZIE IN BREVE
Crolla un’autoscala
Un pauroso incidente, per fortuna
risoltosi senza vittime, ha turbato
ieri a Lendinara, nel piazzale del
Santuario della Madonna del Pilastrello, l’annuale cerimonia della benedizione degli autoveicoli.
Poco prima della cerimonia, davanti al palco eretto nel piazzale,
presenti il prefetto, il questore, il
comandante dei carabinieri e tutte le maggiori autorità provinciali,
un’autoscala, data da poco in dota-
zione ai vigili del fuoco di Rovigo,
che doveva essere benedetta e che
si trovava in colonna con altre
macchine, crollava di schianto. La
scala era stata preparata alzata a 35
metri. Il comandante della polizia
della strada di Rovigo, dato casualmente un urtone alla scala, notava
che la stessa stava per inclinarsi
e dava immediatamente l’allarme. Agenti di polizia, carabinieri
e autorità abbandonavano subito
gli autoveicoli e la zona. Infatti
l’intera scala crollava subito dopo
con grande fragore, investendo in
pieno quattro veicoli della polizia.
Due automezzi sono stati sfondati
e messi completamente fuori uso,
mentre altri due hanno subito gravi danni. È stata una fuga generale,
ma per fortuna non si sono lamentati feriti.
La Stampa sera 14.9.1964
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artisti lendinaresi
settembre lendinarese
Gianni Mantovani
Pittore allievo di Leone Minassian e pupillo del critico Giuseppe Marchiori. “Nei suoi quadri
si vede un’esplosione di colori, un festoso vibrare di luci. Quadri che sembrano porzioni di cieli
pieni di nubi colorate che si espandono, che si dilatano, che si trasformano come fossero sospinte
dal vento. In questa festa di colori provi l’identica innocente gioia che sentivi guardano dentro
al tuo caleidoscopio...” (Aristide Ballis - Corriere Veneto 1982)
Dinamismo coloristico - 1973
Senza titolo - 1985
autocarrozzeria
ferrari aldo
di Ferrari Franco e Luca snc
Lendinara Via Paolo Veronese, 3
Tel. 0425.641009
[email protected]
Reperibile Sabato e Domenica
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333.3352165
­32
• Riparazione parabrezza
• raddrizzatura su banco prova
• verniciatura con sistema tintometrico
• Soccorso stradale
• AUTO SOSTITUTIVA
settembre lendinarese
Chef Carlo Bagatin:
dal forno per il pane di Saguedo alla stella Michelin
C
'è uno chef stellato tra i lendinaresi
Doc che hanno avuto
successo nel mondo, e
ha deliziato con le sue
creazioni i palati della
famiglia Kennedy e di
tante altre personalità
di alto livello. Si tratta di Carlo Bagatin,
all'anagrafe Giancarlo,
nato nel 1936 nella
frazione di Saguedo ed
emigrato in giovanissima età a Torino, città da cui è
partito per salire tutti i gradini della carriera di cuoco
conseguendo riconoscimenti in tutto il mondo, da
Mosca e Tokyo fino New York e Stoccolma, passando
per Praga e Parigi. La sua passione è nata osservando
il nonno che allevava polli, curava l'orto e il vigneto
e faceva il pane nel forno di casa. “La mia carriera di
cuoco nacque quando venne a trovarci da Torino un
cugino di mia madre e gli chiesi di portarmi con lui
in città”, racconta lo chef. Erano gli anni in cui molti
polesani migravano verso il triangolo industriale, ma
Carlo non andò a lavorare in una industria, bensì in
una cucina. Nella capitale piemontese ha esordito
come aiutante al ristorante Canelli, che allora era la
pietra miliare della cucina piemontese, ha fatto gavetta come lavapiatti, è diventato chef di cucina all'hotel Majestic-Lagrange e successivamente responsabile
dell'Entremetrerie al Gran Colombo di Varazze, per
poi tornare a Torino come gourmantier al Piccolo
Giardino di Piazza San Carlo. Nel 1957, a soli 21 anni,
è diventato primo chef all'allora leggendaria Birreria
Mazzini e subito dopo direttore e poi titolare dell'Antico Cervo, ristorante rinomato per i suoi piatti ricercati e per le numerose celebrità che lo frequentavano.
A quel punto si è preso una pausa per trascorrere un
un periodo in Francia e apprendere i segreti della
Nouvelle Cuisine, al suo rientro in patria nel 1967 è
approdato al “Due Lampioni”, che ha diretto fino al
1994 e con cui ha contribuito ad alzare notevolmente
il livello della ristorazione subalpina. Nel frattempo
è stato chiamato a portare la sua professionalità in
tutto il mondo ottenendo successi e riconoscimenti in
numerosi meeting gastronomici. Ha cucinato al ristorante Giordano dei fratelli Creglia sulla 39th street di
New York, locale specializzato nella northern italian
cuisine, è ambasciatore della cucina italiana a Volgograd per il gemellaggio esistente tra la metropoli russa
e Torino e ha ricevuto il diploma dell'Accademia di
Ennio Bellucco
Cucina di Mosca. Ha rappresentato la cucina regionale piemontese a Praga, al ristorante Martini di Stoccolma e all'Hyde Park di Londra sotto l'alto patronato
dell'assessorato al Turismo della Regione Piemonte, e
per conto dell'Associazione Ristoratori professionisti
collabora con l'Istituto Culinario in Canada, nello
stato dell'Ontario. Nel 1990 è volato verso l'estremo
Oriente, chiamato in Giappone per insegnare la cucina italiana nelle scuole culinarie di Sapporo, Osaka,
Fukuoka ed infine di Tokyo, dov'è rimasto fino all'inizio del 2014, riscuotendo ovunque unanimi consensi
per la sua alta professionalità. Allo chef dai natali
lendinaresi non sono mancati riconoscimenti e soddisfazioni nel corso della sua lunga carriera. Accanto
alle nomine di Cavaliere della Repubblica Italiana,
membro dell'Accademia della Cucina, Commandeur
des Cordons Bleus de France, Maitre de Table della
Chain des Rotisseurs e Confrère de la Confederation
Mondiale des Correspondants Diplomatiques, c'è la
vittoria della Grolla a Sain Vincent quando ha partecipato col Piemonte alla gara culinaria delle regioni.
Nel 1986 ha ottenuto l'ambita stella Michelin per
il suo ristorante Due Lampioni, e nello stesso anno
la Guida de L'Espresso gli ha assegnato il giudizio di
17 su 20, mentre dal Belgio arrivava il conferimento
della Couronne d'Or Gastronomique da parte della
famiglia reale. Le prelibate pietanze preparate dallo
chef Carlo Bagatin hanno ispirato conversazioni conviviali di alto livello: tra le tante personalità della politica, della cultura,
dell'arte, dello sport
e della medicina
che hanno gustato
i suoi piatti ci sono
la famiglia Kennedy,
il presidente della
Repubblica Giuseppe Saragat, i ministri Pietro Nenni,
Giuseppe Pella e
Giovanni Goria, il
neurochirurgo Gosta Norlen e il virologo Albert
Bruce Sabin, celebre per aver sviluppato il vaccino
contro la poliomielite. “Ora, tornato dal Giappone,
mi dedicherò soprattutto all'insegnamento o alle consulenze, per trasmettere a giovani cuochi le esperienze
maturate in tanti anni di lavoro - racconta Bagatin Voglio dimostrare che andare al ristorante non è un
lusso per pochi, ma una gioia per tutti”.
­33
settembre lendinarese
I Tesori d’arte della Casa Albergo per Anziani.
Casa Albergo per Anziani di Lendinara
La Casa Albergo per Anziani di Lendinara custodisce
al suo interno dei veri e propri “Tesori d’Arte” che per
diverse ragioni, ed in momenti differenti, hanno trovato nella struttura la loro giusta collocazione. Parlare
di “Tesori d’Arte” potrebbe sembrare pretenzioso, ma
se si torna alla storia passata della nascita della Casa
o a quella dei suoi benefattori, è certamente possibile
comprendere l’uso di tale impegnativa espressione.
Si tratta di opere che nel tempo sono state costantemente valorizzate ed arricchite dall’Amministrazione e dalla Direzione della Casa, nell’intento di
renderle una meta all’interno di una visita alla Città
di Lendinara, così da costituire un motivo in più di
“apertura al territorio” nella prospettiva di integrazione tra “comunità esterna ed interna”. Una delle
opere maggiori che si possono ammirare visitando la
Casa, è sicuramente la Deposizione di Cristo, situata
nella Cappella della Deposizione della Casa Albergo
per Anziani. L’autore è l’artista Pietro Roi, il quale
nel raffigurare il Cristo Deposto, si è ispirato al personaggio del Manfredi, protago­nista dell’imponente
tela che campeggia presso il Municipio di Sandrigo,
titolata: “Manfredi riconosciuto dai suoi familiari alla
presenza di Carlo D’Angiò e dei suoi Baroni”.
La Deposizione di Cristo, di cui l’Istituto è orgoglioso e geloso custode, evoca già ad un primo sguardo
il riconoscimento del volto di un Cristo defunto, ma
già spiritualmente lontano dal suo stesso corpo morto, con la testa e la mente avvolte in un’aurea di luce
che permea la sua dimensione fisica, trascendendo la
morte. Ed è questa la primaria e viscerale lettura che
ha generato la libera interpretazione critica sull’opera
da parte della Casa. Al centro della parete sud della
Cappella della Deposizione è situato un elegante altare sopra il quale fa bella mostra “La Deposizione dalla
Croce”, un altorilievo ligneo di bella fattura attri­buito
al famoso intagliatore Luigi Voltolini di Lendinara e
raffigurante il corpo di Cristo calato dalla Croce e accolto in un sudario da quattro angeli disposti a coppia
ai lati in atto di amorevole servizio. Il particolare della fattura delle loro mani, che ben si armonizzano con
quelle abbandonate del Cristo morto, tradisce tutta la
delicata maniera e la serena attenzione con cui prestano il doloroso servizio.
Rimanendo al piano terra della Casa invece, non ci
si può non soffermare con uno sguardo rivolto all’alto
nella Cappella della Carità: nel 1892 Giovanni Biasin fu incaricato dalla Direzione della casa di ricovero
di ornare con dipinti una sala commemorativa della fondazione dell'Istituto che, come “Tempio delle
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Pietro Roi - Deposizione di Cristo - olio su tela, cm 53x76
Cappella della Deposizione, XIX sec.
Carità” racchiude una lapide incisa con i nomi dei
benefatto­ri. Il Biasin impostò la decorazione delle pareti fino ai due terzi della loro altezza, con un leggero
e stilizzato susseguirsi di arcate, dipinte a guisa di loggia. Al centro della parete sudorientale è stata inserita una sottile lapide in marmo che reca le memorie
dell’Istituto. La volta a scrigno si presenta nella caratteristica versione unghiata, ed è impostata su di una
finta trabeazione cinta da un fregio di formelle. Sui
pennacchi dorati spicca l’azzurro dei motivi a ventaglio, sormontati da girali d’acanto. L’ornato a racemo
viene ripreso all’interno delle partiture ogivali che
racchiudono lunette a campitura blu, dal cui fondo
centinato si staccano mensole dipinte a monocromo
(grisaille) portanti figure di putti e ghirlande dorate.
In corrispondenza dell’ingresso comunicante con
l’androne, è collocata come sovraporta la sacra immagine dell’incoronazione della Madonna Nera di
Lendina­ra, con il Bambino, che appare stante su di
una nube oscura. Al centro della volta, delimitata
da comparti rettangolari, si apre sul cielo azzur­ro una
cornice ovale intrecciata con foglie di lauro. Entro
l’area celeste, screziata da effetti di luce e di ombra
riflessi sulle nubi, una coppia di putti porta in trionfo
lo stemma della Città, adagiato su di un letto di rose
rampicanti. Il vessillo è cinto da un nastro dorato recante la scritta “CHARITAS”.
Situata in un altro spazio della Casa Albergo, presso la Sala Silvestro Camerini, sta l’opera lignea “Lo
Sguardo dell’Amore sull’Amato”. Il suo autore è il
monaco eremita padre Luigi Russo che l’ha realizzata
su commissione della Casa Albergo nel 2008 e si rifà
allo stile del Crocefisso di Giunta Pisano raffigurante
il “Christus patiens” presente nel museo della Porziuncola di Assisi, ma inserendo l’importante varian-
settembre lendinarese
te degli occhi aperti propria del “Christus triumphans”.
Così, “Lo sguardo dell’Amore sull’Amato” è lo sguardo
di un Cristo glorioso, trionfante sulla morte nello stesso
momento in cui viene innalzato sul legno della croce.
È lo sguardo d’amore di Dio che incontra lo sguardo del
buon ladrone, come quello di qualsiasi altro peccatore,
e gli promette un posto in Paradiso.
L’icona, per la ricchezza dei simboli che la rivestono e
per il contenuto teologico che esprime viene anche definita la “Bibbia dei poveri”, ovvero di coloro che non
conoscendo il mistero di Dio, ne vengono istruiti attraverso le immagini.
Il monaco eremita di Monterchi è stato senz’altro ispirato dal contesto geografico, culturale e spirituale nel
quale vive e lavora, realizzando un’opera così carica di
luce sacra e amorevole da farci scoprire il significato più
alto della contemplazione del crocefisso, quello sintetizzato magnificamente dalle parole di Giovanni Crisostomo: “Io lo vedo crocefisso e lo chiamo re”. In questo
spazio informativo si è ritenuto opportuno descrivere
alcuni tra i più preziosi tesori d’arte che dimorano nella
Casa Albergo, ricordando che tutti in ogni momento
possono essere osservati da vicino ed interpretati da coloro i quali vorranno entrare nella struttura e toccare
con mano la storia dell’arte che qui è custodita.
Settimana dell’Anziano 2014
Esposizione mostre:
dal 29 agosto all’8 settembre
Inaugurazione delle Mostre: Ore 10.30
presso Sala Polivalente “S. Camerini”
FOTOGRAFICA
“Riflessioni di oggi sul Ben-Essere
Lavorativo e il Ben-Essere Familiare”
a cura del Servizio Animazione e del
Centro Documentazione Polesano ONLUS
presso Zona Uffici
PITTORICA
“La Canzone del Mare” di Daniela Magrì Troina
Presso Sala Ca’ del Sole
PITTORICA E SCULTOREA
“Policromie” di Alberto Cristini
A seguire Buffet all’aperto Ore 11.30 presso patio esterno
Martedì 2 Settembre
Ore 15.30 TOMBOLISSIMA - Sala Maria Milani Fasiol
Mercoledì 3 Settembre
Ore 15.30 CANTO SPECIAL E FESTA DEL GELATO
presso la Sala Maria Milani Fasiol
Giovedì 4 Settembre
Ore 15.30 NOI E PENNY Attività aperta al pubblico con
Penny e i residenti del Nucleo Dalia - Presso il Giardino Esterno
Venerdì 5 Settembre
Ore 15.30 CENTENARIO DE TOMI LINDA
con intrattenimento musicale - Sala Maria Milani Fasiol
Domenica 7 Settembre
Ore 12.00 PRANZO DELL’ANZIANO
Estrazione lotteria e riconoscimenti a sorpresa
presso la Sala Maria Milani Fasiol
Lunedì 8 Settembre
Ore 15.30 - SPETTACOLO GRUPPO
RISORGIMENTALE LENDINARESE
presso la Sala Maria Milani Fasiol
G. Biasin - Cappella della Carità (particolare)
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settembre lendinarese
Il Castello del Gaybo
Paolo Mischiatti
La fortificazione, da cui prese il nome Villanova del Ghebbo, eretta dai veronesi nel XII secolo, fu più volte
teatro di scontri sanguinosi. Ma del castello non esiste più alcuna traccia.
P
er recarsi al Gaybo basta raggiungere Villanova questo acciocché la signoria di Verona si estendesse
del Ghebbo, superare il ponte che sta di fronte la fino al detto castello”.
Forse i veronesi chiamarono “Gazzo” il castello
chiesa di San Michele, e guadagnare la sponda destra
dell'Adigetto, dove subito sta un cartello indicante del Gaybo per la caratteristica boscosa della zona in
Valdentro, che un tempo chiamavasi Gaybo. Questo cui venne eretto. Nel tomo I delle “Dissertazioni” il
piccolo borgo, di origini medioevali, resta ancora, Muratori riferisce infatti che (p.251) “i Longobardi sovente si servivano della voce Gajun, Gazium,
come anticamente, sotto il comune di Lendinara.
Le più antiche tracce nella zona sono state trovate Waldum, che viene dal germanico Wald, denotante
un bosco”.
presso Ramedello, che ora
Il periodo storico sucrisulta diviso da Valdentro
cessivo all'intervento vedall'imbocco del canale
ronese per la costruzione
Scortico: si rinvennero
di Castel Gaybo risulta
tratti di muro (ormai separticolarmente favorepolti dalla scarpata dell’Avole alle sorti della faziodigetto) insieme a grandi
ne ghibellina, rappresenvasi e altri utensili databil
tata in particolare dalla
al VI secolo DC, epoca
famiglia dei Da Romano,
longobarda a cui va peraldominante ormai tutta
tro attribuito il periodo di
la Marca Trevigiana, con
origine dell'insediamento
Ricostruzione grafica di Paolo Mischiatti
Bassano, Padova, Vicenza e
del Gaybo.
Il borgo del Gaybo acquistò importanza soprattutto Verona. I Da Romano inoltre contrassero parentela
in qualità di crocevia sulla navigazione che si svol- coi Salinguerra-Torello, signori incontrastati di Fergeva lungo il nuovo ramo dell’Adige (in epoca mo- rara, con il matrimonio tra Salinguerra III e la figlia
derna l’Adigetto) per traffici mercantili tra Verona, di Ezzelino III, Sofia.
I Guelfi invece erano rappresentati soprattutto dalVenezia e Ferrara.
Il castello del Gaybo venne eretto dai veronesi tra il la Casa d'Este, oltre che dai San Bonifacio e dai Da
1196 e il 1198, a seguito di una guerra scoppiata per Lendinara, i quali tenevano beni terrieri anche al
ragioni di confine contro i padovani e combattuta Gaybo. Tutti costoro furono quasi del tutto schiacciaprincipalmente a Badia, ma anche lungo l’Adigetto. ti dall’alleanza delle due potenti famiglie ghibelline.
Gli Estensi, in particolare, furono scacciati da FerIl Saraina commenta il fatto d'arme dal quale i veronesi trassero clamorosa vittoria sui padovani, dei rara, Padova e Verona, dopo essere stati destituiquali molti ne uccisero, e altri trasportarono nelle ti delle loro cariche di podesteria, insieme a molte
carceri di Verona: “Nel qual anno (1198) veronesi famiglie appartenenti alla fazione Guelfa. Ricorsero
col loro esercito andarono contro padovani, qua- allora alla formazione di una lega, per essere magli haveano cominciato cose nuove ne i confini, et giormente voluta dallo stato Pontificio fu detta Lega
haveano usurpato di quello de’ veronesi: gionti a dei Crociati, alla quale aderirono anche Veneziani,
questo luogo vi trovarono padovani in gran numero Mantovani, Ravennati, oltre a un contingente ponvenuti per difendersi. La onde incominciata la rissa, tificio.
Ne seguirono tumulti popolari con ammazzamenne seguì l’abbattimento generale, del quale restorno superiori veronesi, delli padovani molti ne fecero ti e risse furibonde per le vie della città; tra questi
prigioni, e li condussero nelle carceri pubbliche in episodi fece molto scalpore la morte di Tisolino da
Verona, e per compimento della vittoria edificorno Camposampiero, di parte guelfa, linciato dai villici
veronesi oltra Lendinara sopra la riva dell'Adige del borgo di San Luca, appena fuori dalle mura di
(Adigetto) un castello, e lo nominarono Gazzo, e Ferrara.
­36
settembre lendinarese
Nello stesso anno Azzo da Este, Giacomo Camposampiero, fratello del Tisolino ucciso a Ferrara, e i legati pontifici, dopo l'ennesima batosta, a seguito del
terzo tentativo di riprendere quella città, furenti per
la sconfitta, nel ritorno verso Rovigo ed Este, posero
assedio alla Fratta, e dopo sette settimane costrinsero
i Frattegiani alla resa, e costoro, stremati dalla fame,
uscirono imploranti dalla fortezza Ghibellina di Salinguerra che allora reggeva la podesteria di Ferrara.
Giacomo Camposampiero, per vendicare il fratello,
iniziò una carneficina; nessuno scampò alla strage:
oltre agli uomini, anche le donne, i vecchi e i bambini furono passati a fil di spada; quelli che tentarono di scappare gettandosi nei fossati che tutt'intorno
munivano la fortezza, annegarono miseramente.
Nella 'Rolandini Cronica' si fa cenno a tale macabro
fatto. La capitolazione di Castel Gaybo e il suo passaggio sotto il dominio degli Estensi, resta comunque
vincolato alla successiva presa di Ferrara da parte dei
legati guelfi, e la conseguente discesa della potenza
ezzeliniana. Nel 1240 infatti, in seguito a una delle
tante tregue per trattare di pace con il Salinguerra,
Azzo d'Este e i legati riescono a far rapire il vecchio
podestà ghibellino, ormai ottuagenario, e a spedirlo in prigionia a Venezia, impossessandosi così di
Ferrara.
Vi furono inoltre sortite in Padova da parte degli
Estensi, ma con esito sfavorevole, da cui si dice che
anche Azzo VII stesso fosse stato imprigionato dai
popolani di Ezzelino. Vanno esaminate, per tale parentesi storica, due cronache riguardanti i fatti di
Ferrara e Padova, relativi anche alla capitolazione
di Castel Gaybo.
Il Saraina, nella sua “Historia de' Veronesi”, racconta infatti che i Veronesi, approfittando della prigionia in Padova di Azzo d'Este, intrapresero una
sortita nel Polesine di Rovigo per tentare di prendere il castello di Badia, ben guardato da gente del
marchese, e dopo vari tentativi si portarono al “castello di Gazzo” per punire gli abitanti del villaggio,
ormai passati dalla parte dei Guelfi.
Paris de Cereda, in maniera quasi similare, narra
della spdizione veronese con carri per terra e navi
lungo l'Adige, verso Badia e i castelli del Gaybo e
della Fratta, dicendo quindi dell'insuccesso di questi,
poiché ormai i castelli erano caduti nelle mani del
marchese Azzo d'Este.
I ruderi del “castelaro” del Gaybo erano ancora visibili negli anni 60, mentre un disegno esistente nella
canonica di San Michele di Villanova, risalente alla
fine del 1700, testimonia che in quell'epoca esistevano ancora: il perimetro delle mura semidistrutte,
una torre adibita a “colombara”, una casetta, forse la
caserma del presidio militare, due porte di ingresso
al castello, una verso lo Scortico e l’altra verso l'Adigetto. Una cantina interrata, inoltre, accendeva
la fantasia popolare: a Villanova ancora oggi circola
voce che da quella cantina si poteva accedere a una
lunga galleria che conduceva a Castelguglielmo, ma
nessuno mai la persorse o la vide direttamente.
Nulla resta oggigiorno del castello del Gaybo, che
diede nome a Villanova del Ghebbo.
Tratto da Ventaglio 90 n. 3
Zanotto
Pasticceria e Caffetteria dal 1969
Lendinara (RO) - Via Cavour, 36 - Tel. 0425 641801
[email protected]
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settembre lendinarese
Antonio Marchina, intagliatore lendinarese
Manuela Marchina, Milo Vason
F
iglio di Carlo e
Bistrattin Maria,
Antonio Marchina
nacque a Lendinara,
il 14 agosto 1906.
Primo di tre fratelli,
visse al numero 19 di
Via Oroboni. Antonio apprese il mestiere di falegname dal
padre, conducendo
con questi e con i fratelli Giacomo e Luigi,
la bottega di falegnameria attigua alla propria abitazione.
Il laboratorio della famiglia Marchina presenta
in effetti una storia antica. Fu Giacomo Marchina,
nonno di Antonio, ad iniziare per primo il mestiere,
nella seconda metà dell’800. Egli trasmise il suo sapere al figlio Carlo, che condusse l’attività familiare
verso i primi anni del ‘900. L’attività fu dunque trasmessa di padre in figlio per tre generazioni, fino alla
fine degli anni Settanta.
Numerosi furono i garzoni che, soprattutto a partire
dal secondo dopoguerra, si avvicendarono nella pratica della falegnameria, imparando, nella bottega dei
fratelli Marchina, un mestiere prezioso.
Nel tempo, la spiccata abilità per la lavorazione del
legno, permise ad Antonio di distinguersi dai fratelli
e dagli altri falegnami dei dintorni, orientando le sue
capacità nell’arte dell’intaglio e rendendolo piuttosto conosciuto anche in comuni lontani da quello di
origine.
Antonio, volenteroso autodidatta dallo spirito eclet-
tico, seppe concretizzare, nel contesto di molte opere
lignee, quell’arte ispirata all’artista settecentesco Andrea Brustolon, spiccando per la capacità di intaglio e
per gli studi di falegnameria che lo portarono a Venezia, nella bottega del maestro Riccardo Tognon.
Nei primi anni del dopoguerra, Antonio Marchina
ottenne la nomina di “maestro professionale”: con
tale titolo, fu introdotto all’insegnamento presso la
Scuola di Falegnameria del Regio Istituto di Avviamento Professionale di Lendinara, dal 1946 al 1954.
La sua città natale del resto, vanta tutt’oggi una
lunga tradizione nell’arte del legno, risalente, come
noto, al Seicento e al celebre Canozio.
Nei difficili anni della ricostruzione che seguirono
la fine del secondo conflitto mondiale, numerosi furono i ragazzi che Antonio Marchina avviò alla pratica del mestiere.
Tra i suoi incartamenti, gentilmente concessi dai
familiari, troviamo ad esempio la seguente lettera,
scritta da un padre che si prodigò nel far prendere il
proprio figlio “a bottega”:
Lendinara, diciasette settembre
Millenovecentocinquanta
Io Sottoscritto M. F.
Dichiaro di essere disposto a lasciare che mio figlio Orlando di anni 14 a bottegha di Antonio Marchina perché
impari il mestiere di intagliatore e falegname. Dichiaro
che non ho nessuna pretesa di pagha e non pretendo che
sia in tessera ne marchette e nessuna altra cosa del genere, questo per tutto il tempo che rimarrà a bottega per
imparare il mestiere da Antonio Marchina. M. F.
Queste poche righe ci trasmettono la fiducia e la
considerazione che l’intagliatore lendinarese riscuoteva fra la gente.
Premiata Pasticceria
“Sanremo”
Comm. Olindo Meneghin
Badia Polesine (RO)
Via S. Giovanni, 22
Tel. 0425.51042
­38
Lendinara (RO)
ViaVarliero, 47
Tel. 0425.600979
settembre lendinarese
Anno dopo anno, l’attività di bottega e quella
dell’insegnamento proseguivano alacremente, per
tutti gli anni Cinquanta e Sessanta. Antonio Marchina era particolarmente abile nella costruzione di
mobili in stile, soprattutto burò e trimò (dal francese
Bureau e trumeau).
Verso la fine degli anni Sessanta però, ad eccezione
di un’elite di appassionati, il mercato del mobile in
stile perdeva progressivamente importanza, a favore
delle nuove e slanciate forme in laminato, dal disegno moderno.
Infatti, un articolo del Gazzettino datato 18 agosto
1958, intitolato “Cronaca di Lendinara, Artigiani che
possono dirsi artisti: i Marchina, maestri dell’ intaglio”,
così recitava:
Da moltissimi anni, al n. 17 di via Oroboni, vi è una
bottega artigiana ove ha sempre lavorato una famiglia di
intagliatori: i Marchina. Antonio Marchina, che ora la
gestisce, ha appreso il difficile mestiere dal nonno e dal
padre e, giovanissimo fu a Venezia, discepolo di Riccardo
Tognon, per specializzarsi. Dotato di senso artistico non
comune, imparò ben presto questa arte difficile e la esercitò con molto successo. «Purtroppo - ci ha detto il segua-
ce di Lorenzo Canozio durante una visita che abbiamo
fatto al suo laboratorio - la nostra attività va sempre più
riducendosi, in quanto le linee moderne, leggere e slanciate, non richiedono più l’opera dell’intagliatore. Persino
le cornici, che una volta ci procuravano soddisfazioni e
guadagni, non sono più richieste perché tutto ormai si fa
a macchina e in serie».
Per vivere, Antonio Marchina ha dovuto integrare il
suo lavoro facendo l’antiquario, ma lo fa solo per necessità. Il suo lavoro, quello che fa con la sua ammirevole tecnica e con molta passione, rimane sempre quello
dell’intagliatore.
L’articolo, scritto in pieno boom economico, evidenziava già allora la crisi profonda in cui versavano
le attività artigianali sul finire degli anni Sessanta,
a causa dell’avvento della produzione industriale di
pezzi “in serie”, che decretarono di fatto la fine della civiltà contadina e la minor diffusione dei mobili
artigianali.
Infine, negli anni della maturità, l’amore per l’arte
figurativa portò Antonio Marchiana a compiere ricerche su coloro che per primi si occuparono, dal finire del Settecento in poi, dell’arte dell’intaglio nella
Scuola Veneta.
Celibe, visse sobriamente e dedicò tempo e denaro
nei viaggi, che lo portarono in tutta Europa, in Unione Sovietica, India e Medio Oriente. Di questi viaggi
lasciò alcuni diari, che raccolgono le sue impressioni
sui luoghi visitati.
Morì il 24 giugno 1982. Aveva 76 anni.
La sua bottega, condotta fino ad alcuni anni fa
dall’ex garzone Gino Magagnin, è tutt’ora visitabile
al n. 17 di Via Oroboni.
D
l
I
olce Forn
o
di Sonia e Gianluca
Piazza S. Marco, 29 - Lendinara (Ro)
Tel. 0425.641640
­39
artisti lendinaresi
settembre lendinarese
Pietro Perolari Malmignati
Letterato lendinarese, fu vice prefetto napoleonico in Rovereto, dove riportò in
vita l’Accademia degli Agiati. Successivamente ricoprì la carica di presidente della
Municipalità e podestà di Lendinara in vari periodi dal 1802 al 1816. Notizie su di lui
si trovano nell’archivio della famiglia presso la Biblioteca di Lendinara. Tra le opere
di Pietro Perolari Malmignati si trovano i manoscritti di due tragedie (Leonida e Tito
Bruto) e molte altre opere stampate: Lezioni filosofiche, 3 voll, due dissertazioni (delle
leggiadrie del Medioevo e della tranquillità dei letterati), opere varie d’occasione per nozze
e orazioni funebri, Odi eroiche, Odi erotiche, Epigrammi, Poesie, Sonetti.
Te pur vegg’ io
Colla vezzosa
Mano di rosa,
Che regge il fren del caro viver mio,
Tremante il core,
Scriver d’amore.
Oh! me del polo
Eguale a’ Divi,
Se quando scrivi
Ti sovvenisse del mio nome solo!
N’ andrei sì altero!
Ma che mai spero!
Te già turbata
M’ accenna in volto
Amore, e ascolto,
O parmi almen, che tu mi dica irata:
De’ pensier miei
Degno non sei.
Cessi lo sdegno.
Tu Amor, tu Fede,
Che intatta sede
Aveste, e avrete nel mio petto; ah! degno
De’ pensier suoi
Fatemi voi.
Così sedotto
Da bei deliri,
Gli altri martiri
Di breve obblio cospergo, e poscia sotto
Il caldo raggio
Seguo il viaggio.
da “Odi erotiche” di Pietro Perolari Malmignati
a spese dello stampatore Michelini
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settembre lendinarese
Scatti di umanità (Antonio Guerra)
A
ntonio Guerra, lendinarese doc, ragioniere
per professione, fotografo per passione, se ne è
andato fra i più una domenica mattina di tre mesi
fa (l’ 8 di giugno per l’esattezza), a 85 anni. In una
stanza d'ospedale. Solo. Come solo si era sentito
tanto e spesso negli ultimi tempi. Il calore, la battuta larga, la bonomia spontanea, gli si erano inariditi, erano come volati via,
lasciando posto alla paura e
all'inquietudine, come hanno
notato con crescente tristezza
gli amici. Forse al suo spirito
gioviale e generoso li aveva
rapiti anni prima la perdita
di Elsa, la moglie carissima
dal sorriso dolce e dal carattere forte, un perno essenziale
dell’esistere di Antonio.
Negli anni del tramonto
“Toni” (così per quasi tutti)
non ha voluto con sé macchine fotografiche di sorta. Lui
che di macchine per fotografare ne aveva avute sempre di
buone (compresa la preferita, la mitica Rollei). Lui che
per anni aveva impiantato un
laboratorio tutto suo, nella quiete di un rustico fuori
città, per lo sviluppo dei negativi e per la stampa in
bianco e nero dei suoi scatti. Lui che era interessato
alla meccanica della fotografia, tanto da aver messo
insieme una piccola raccolta di macchine d’epoca
e di cimeli che amava far vedere nei suoi corsi per
dilettanti per introdurre gli allievi alle conquiste
della tecnologia dell’immagine.
Ma gli scherzi dell’ultima età – quegli scherzi che
ci fa il destino alla fine della corsa, togliendoci
qualcosa di vitale e umiliandoci – nulla hanno
rubato agli anni belli dell'impegno di Guerra quando fu concluso per tempo il suo rapporto con l'istituto bancario da cui dipendeva. La pensione poté
così dedicarla ai suoi veri interessi: cioè oltre che
alla famiglia, al volontariato (lo conoscevano bene
in Casa di Riposo ad imboccare vecchie e vecchietti a pranzo e cena), alla parrocchia, ma soprattutto
alla fotografia.
Suo riferimento fu il maestro dei veri cultori della
fotografia a Lendinara degli anni '50-'60: l'impareggiabile e indimenticabile Vittorio Restelli, il cui
negozio era più che un'attività commerciale, una
scuola dove imparare e scambiarsi informazioni. Su
Pier Luigi Bagatin
quelle profonde radici fiorì un club fotografico che
fra il '53 e il '58 fece parlare di sé anche distante da
Lendinara e dal Polesine: il club “Foto 0-23”, forte
dell'entusiamo e del rigore di appassionati come
Ferruccio Zapponi, Bibe Baccaglini, Beppe Mantovani, Nino Boso, Bepi Milan, Giuseppe Petrobelli,
Gastone Rigobello. E “Toni” Guerra, appunto,
che vinse anche un premio.
Quando si pensi che alcuni
dei vincitori si chiamavano
Fulvio Roiter, Toni Del Tin,
Davolio Marani, Berengo
Gardin, Paolo Monti, Bepi
Merisio.
Fuor dei ranghi dei gruppi
militanti, Antonio Guerra
sviluppò con umiltà e naturalezza un’ampia linea iconografica. Non si negò alle
bellezze del paesaggio, né
alla vitalità delle foto d'occasione, ma si volse anche
alla definizione documentaria della realtà locale, e alla
ricerca di antiche foto cittadine. In breve mise insieme una collezione storica i
cui pezzi più rari non negò alla visione e all'utilizzo
di chicchessia. Fu quasi naturale l'avvio di una
sua collaborazione con la biblioteca civica. La sua
presenza cominciò alla fine degli anni Ottanta, poi
proseguì fin che poté e sempre con l'entusiamo e la
leggerezza del primo giorno, con la partecipazione a
libri, a ricerche, a mostre che sono ancora nel cuore
dei concittadini. Finì per donare alla città oltre che
il suo tempo e la sua attenta conoscenza di fatti e
persone, la sua personale ampia raccolta di negativi,
di foto, di stampe. Alcune sue campagne fotografiche restano memorabili, come quella sul monumento principe delle architetture lendinaresi da lui
conosciuto come le sue tasche, fotografato e coraggiosamente scalato dalle fondamenta al cupolino, la
Torre Campanaria del Duomo di Santa Sofia, alta
100 metri, orgoglio dei Baccari e di Lendinara. Chi
scrive queste righe ha con lui un debito particolare,
non facilmente misurabile né mai dimenticabile: di
amicizia, di vicinanza, di condivisione di progetti
in Polesine e fuori, di una curiosità sempre giovane
per fremiti e immagini della vera umanità che non
ha né stagioni né confini. Antonio, amico buono,
la terra ti sia sempre lieve.
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settembre lendinarese
Sei di Lendinara se…
Ilaria Bellucco
U
n archivio online di fotografie e di testimonian- l’abbattimento di due edifici e l’apertura di via Adua,
ze per ricostruire la Lendinara di un tempo: è interventi che hanno messo in risalto il trecentesco
quel che è diventato il gruppo Facebook “Sei di Len- palazzo Pretorio. È stato documentato anche l’aspetdinara se...”, grazie al contributo di tanti lendinaresi to che aveva piazza San Marco prima di cambiar voled ex lendinaresi che hanno dato vita a un flusso di to nei primi anni ’50 con l’abbattimento di palazzo
immagini e informazioni sulla loro città. Il gruppo, Belloni, un edificio importante che era stato adibito
nato all'inizio del 2014 per iniziativa di Laura Gaspa- a casa del fascio. La mente e lo sguardo viaggiano
retto e Stefania Zevio, sin dalle prime ore di vita ha ancor più indietro nel tempo con le foto di fine ‘800
riscosso un grande successo arrivando poi a contare che documentano l’abbattimento e il rifacimento del
poco più di 2.400 membri, pari al 20% dei residenti a Ponte di Piazza, mentre risalgono agli anni ‘30 gli
Lendinara. Non è mancato neppure un momento di scatti che mostrano i radicali cambiamenti apportati
ritrovo in cui dalla piazza virtuale si è passati a quella alla viabilità del centro tra cui spicca l’apertura di via
reale: al raduno organizzato il 26 gennaio 2014 han- Matteotti, che oggi è la principale via di ingresso al
no partecipato oltre 250 lendinaresi di più generazio- centro di Lendinara. Alcune di queste foto erano già
ni, che si sono dati appuntamento davanti al muni- note, altre meno, ma l’indubbio merito del gruppo
cipio per scambiarsi sorrisi e strette di mano. A fine virtuale è quello di avere portato alla conoscenza di
mattinata tutti i partecipanti si sono raggruppati e tutti molti aspetti che la maggioranza dei lendinaresi,
messi in posa per le foto scattate da Alvise Bassi, che specialmente la parte più giovane, ignorava.
ha immortalato dall'alto il gruppo nella bella
cornice di piazza Risorgimento. Il sodalizio
virtuale è diventato un catalizzatore di ricordi e di documenti che testimoniano com'era
la Lendinara di un tempo, raccogliendo centinaia di foto d'epoca tirate fuori dai cassetti,
aneddoti, racconti, testimonianze di luoghi,
momenti e personaggi che hanno fatto la storia di Lendinara e dei suoi cittadini. Il gruppo
ha in qualche modo ricostruito la geografia e
l'impianto urbanistico di decenni fa, grazie a
rari scatti fotografici e alle memorie riportate dai membri, spesso tramandate da nonni
e genitori. Così si può vedere com’era piazza
Risorgimento prima dei radicali cambiamenti avvenuti tra gli anni ‘30 e gli anni ‘50 con Foto: Alvise Bassi
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settembre lendinarese
Il Corpo Bandistico “Città di Lendinara”
Samantha Martello
S
toria, passione e volontà di guardare al futuro per
crescere sempre di più. Ci mettono tutti questi
ingredienti i componenti del Corpo Bandistico lendinarese, che oggi come ieri, suonano con orgoglio
sotto il vessillo della Città di Lendinara.
Non hanno infatti dimenticato le origini della Banda, gli oltre cinquanta elementi che oggi ne fanno
parte sotto la direzione del Maestro Francesco Centin
e la presidenza di Rocco Pepe. Ne ha fatta di strada
il “Corpo Musicale di Lendinara”, così si chiamava
allora, da quel 28 Gennaio 1870, data a cui
si lega l’approvazione
dello statuto che segna
i primi passi della sua
costituzione.
Il rispetto per le proprie origini si accorda
con la passione contagiosa che il Corpo
Bandistico Città di
Lendinara riesce a trasmettere a chi lo ascolta nei tanti appuntamenti che,
durante l’anno, lo vedono protagonista a Lendinara
e non solo. La Banda è, infatti, una presenza immancabile negli eventi importanti della città, come
le due fiere e le manifestazioni a carattere militare e
patriottico, così come per gli appuntamenti religiosi
che la Banda anima musicalmente con professionalità e per i diversi concerti che regala alla sua città.
Proficua è, infatti, la collaborazione del Corpo bandistico cittadino con l’Amministrazione comunale, la
Pro loco, con le Associazioni e le attività commerciali del territorio.
Non mancano, poi, le partecipazioni esterne al Comune di Lendinara e alla Provincia di Rovigo. Fra
le più importanti si ricordano le presenze al Flicorno d’oro di Riva del Garda, al Terzo concorso regionale dell’Ambac a Bassano del Grappa, al Primo e
al Secondo Festival regionale delle bande giovanili
organizzati sempre dall’Ambac a Grezzana e a Bassano del Grappa, la registrazione televisiva negli studi
di Telepace nel 2006 e la partecipazione al Festival
provinciale delle bande musicali del Polesine giunto
quest’anno alla settima edizione.
Storia e passione
si fondono, però,
con una pronta volontà di guardare al
domani, con nuovi
progetti ed iniziative, forti di un cambio di marcia che si
è registrato sotto la
guida del Maestro
Centin, laureatosi lo scorso giugno al Conservatorio
statale di musica Cesare Pollini di Padova con 110
e Lode nel biennio per la formazione di docenti per
l’insegnamento di strumento musicale.
Guardare al futuro significa, però, coinvolgere nuove forze. Sono sempre di più, infatti, i giovani che
decidono, dopo essersi formati ai corsi di orientamento musicale promossi dalla stessa Associazione
con il patrocinio dell’Amministrazione comunale,
di vestire il gilet blu che contraddistingue la Banda
cittadina, una delle colonne storiche del panorama
musicale lendinarese.
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settembre lendinarese
Sulle tracce di un eroe polesano, Lorenzo Fava
Alberto Scarazzati
L
scorso 17 luglio l’Anpi lendinarese ha partecipato alla commemorazione del 70° anniversario
dell'assalto al carcere degli Scalzi a Verona. Una delegazione del direttivo locale e una rappresentanza
dell'amministrazione comunale hanno preso parte
al ricordo del sacrificio del partigiano Lorenzo Fava,
ferito a Verona il 17
luglio 1944 durante l’azione.
Chi era Lorenzo Fava?
Studente universitario
e medaglia d'oro al valor militare, trasferitosi
da Nocera Inferiore in
provincia di Salerno e
figlio di genitori polesani (il padre era lendinarese). Nel 1941 si
era arruolato nel corpo degli alpini e fu inviato col
grado di tenente inviato in Montenegro, che allora
era parte della Jugoslavia. Rientrato nel 1943 dopo
l'annuncio dell'armistizio, senza esitare Fava si diede
alla macchia e, dopo aver combattuto nelle prime
formazioni partigiane venete, entrò nei Gap di Verona, portando a termine audacissime azioni. Il 17
luglio 1944 era tra i gappisti che diedero l’assalto al
carcere di Verona, in cui era rinchiuso da sette mesi
Giovanni Roveda, dirigente sindacale di Torino, figura di spicco della politica nazionale. Arrestato nel
1943, Roveda fu fatto fuggire con un’azione entrata
nella leggenda e successivamente divenne il primo
sindaco della Torino liberata dal giogo fascista. Elemento peculiare di quest’azione partigiana fu l'altez-
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za degli ideali che servì a scuotere la massa inerte
di quanti subiscono l’oppressione per quieto vivere.
Nell’assalto agli Scalzi si evidenzia il segno di un
consapevole sacrificio, di una tendenza romantica a
uno straordinario altruismo.
Fava fu gravemente ferito e cadde in mano ai fascisti; torturato invano, fu finito dai suoi aguzzini probabilmente il 23 agosto 1944.
Per l’azione degli Scalzi,
unico caso nella guerra di
liberazione, verranno concesse due Medaglie d'oro,
una delle quali brilla sul
labaro lendinarese. L’auspicio dell’Anpi lendinarese è
che questo sacrificio sia uno
specchio in cui si possano
riflettere gli avvenimenti di quegli anni, non come
sequenza di date, ma come racconto vivo di sacrifici,
di lotte dure, di sangue versato da decine di migliaia
di uomini che sono giunti insieme nell’apoteosi finale creando un nuovo mondo, in cui ancora si deve
lottare, ma in cui le conquiste fondamentali della
libertà e della democrazia sono alberi maestri della
vita sociale.
artisti lendinaresi
settembre lendinarese
Equa combinazione
S’allontana il tempo dalla mia fisicità,
so di essere polvere e scivolo
attraverso i limiti del corpo,
come un granello di sabbia mi sposto
da un capo all’altro nella clessidra
della vita,
in un’orbita senza fine,
carpisco l’acume delle sofferenze
e gli eccelsi vertici dell’amore.
Indosso le vesti del nulla,
mi sgretolo nel dolore acuto della
speranza.
In un angolo della mia essenza
conservo giovani preghiere
di una lontana - altra me stessa,
consapevole che quest’ombra
che s’allunga nella sera
poco m’appartiene.
Gloria Venturini
Gloria Venturini ha ideato
e organizzato le 12 edizioni del Concorso Internazionale di Poesia e Prosa
“L’arcobaleno della vita”,
di cui è anche il Presidente della giuria. Ama
molto scrivere, in particolare adora imprimere sulla
carta storie di vita vissute.
Le sue opere sono state
pubblicate in varie antologie, su siti internet, dove
ha ottenuto molti riconoscimenti. È risultata vincitrice in Premi e Concorsi Letterari Nazionali ed
Internazionali, con poesie
e con testi narrativi.
Lo sguardo va –
oltre la casa e la valle degli ulivi,
che m’accompagnano nel volgere
dei giorni.
Afferro un raggio di luce dall’azzurro del cielo,
sperimentando rinascite di spirito,
plasmando similitudini
tra il respiro umano e quello del
vento,
cercando un’equa combinazione
tra la mia entità e l’infinito.
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settembre lendinarese
11 aprile 1977, un giorno indimenticabile
N
ell’estate del 1973, precisamente nella notte
tra il 24 e 25 luglio, un furioso temporale si abbatté su Lendinara ed un fulmine si scaricò sull’angelo posto in cima del maestoso campanile, emblema della città, facendolo ardere tutta la notte.
La potente scarica elettrica colpì a morte quell’angelo dorato che da oltre un secolo proteggeva tutta
la città annunciando, con le
sue diverse posizioni, la direzione del vento e il conseguente arrivo del bel tempo
o della tempesta. Un utile e
amabile punto di riferimento
cittadino.
Già nelle prime ore del giorno dopo ero salito, col sagrestano Stefano Mirandola,
in cima al campanile per un
primo contatto con i pochi
resti ancora caldi e affumicati
dell’angelo. Una tristezza infinita.
Costruito nel 1857 con legno di cirmolo da Silvio Soà
e rivestito di rame dorato, era ammirato da tutti e
quando precipitò completamente incendiato, tutta
la città si adoperò per ricostruirlo. E così avvenne
e il nuovo angelo, fuso in bronzo sul modello del
precedente, fu ultimato nel 1974.
Si trattava allora di collocarlo sulla cima del campanile. Dopo vari ma infruttuosi tentativi effettuati
con un grande elicottero americano (un birotore
CH-47), fu deciso di realizzare la posa utilizzando
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Ramis Tenan
una altissima gru innalzata a fianco del campanile.
Il giorno fissato per l’operazione era il lunedì di
Pasqua dell’11 aprile 1977, giornata per me indimenticabile.
A Stefano e a me, che da anni avevamo dimestichezza con la struttura del campanile per le varie
e frequenti manutenzioni, Mons. Ennio Giusberti
aveva chiesto di occuparci personalmente della posa finale
dell’Angelo. La richiesta fu accolta con gioia e con quel tanto
di orgoglio che nasce dal sentirsi
protagonisti di un evento straordinario.
Così in quel pomeriggio pieno di sole dell’11 aprile 1977,
ci avviammo verso la cima del
campanile mentre l’angelo lentamente saliva appeso al robusto
gancio della gru.
A noi due il compito finale di
guidare il perno, che sottostava
all’angelo in bronzo, dentro la
grossa trave incastrata sotto la
parte più alta delle cupola del campanile e di sganciare poi la statua definitivamente dalla gru.
Forse per il peso della “bronzina” che dovevo
portare lassù per inserirla nella trave a sostegno
dell’angelo, forse per la tensione di arrivare senza
imprevisti all’appuntamento all’interno della cupola, mi sembrò una scalata più faticosa del solito.
Non feci alcuna sosta quel pomeriggio, com’era di
solito mia abitudine, per ammirare il panorama o
per individuare con gioia la mia abitazione o qualche altro particolare
luogo di Lendinara. Il pensiero era
fisso sull’impegno affidatomi.
Giunsi per tempo sotto la cupola
in quella zona appena illuminata
dai piccoli finestrini laterali. Riuscii con notevole sforzo ad inserirmi tra le travi passando attraverso
uno strettissimo pertugio fino ad
arrivare al punto in cui dovevo inserire quel pesante blocco di bronzo
che avrebbe accolto la punta dell’asta dell’angelo per fare da perno girevole.
Me ne stavo rannicchiato ascol-
settembre lendinarese
tando il crescente brusio che saliva dal piazzale
gremito di tanta gente arrivata per assistere all’avvenimento. L’angelo era ormai giunto alla sommità
del campanile ed il perno (lungo quasi sei metri),
sapientemente guidato da Stefano, stava lentamente scendendo all’interno della grossa trave verso il
punto in cui avevo infilato la “bronzina”.
Ricordo esattamente il timore che cresceva in me
nell’attesa del momento in cui la punta avrebbe
colpito, a pochi centimetri dalla mia mano, il bronzo che poi avrei dovuto opportunamente sistemare
per far combaciare la punta del perno con la sede
concava della “bronzina”.
Era un timore che nasceva dal fatto che nessuna
prova preliminare si era potuta fare e che qualche
dubbio sull’effetto dell’impatto si era insinuato nella mente di qualcuno di noi nella fase finale dell’operazione.
Passarono minuti interminabili … poi, quasi improvviso, un forte colpo mi fece tremare la mano.
L’angelo, con tutto il suo peso (quasi sette quintali),
si era appoggiato sulla “bronzina”. Rimasi davvero
impaurito perché quel botto fece scricchiolare notevolmente la trave che mi sosteneva ed inoltre,
rannicchiato in quella posizione in cui mi trovavo,
mi fece sentire ancor più prigioniero, quasi schiacciato. Chiusi istintivamente gli occhi aspettando il
peggio, ma per fortuna tutto andò secondo il programma.
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settembre lendinarese
Riuscii ben presto a completare quanto dovevo
fare e a sentirmi soddisfatto perché avevo ormai la
certezza che il peso non aveva compromesso la stabilità della cupola e che l’Angelo era finalmente in
grado di ruotare sul suo perno.
Non sentii più il disagio di trovarmi imprigionato
e ricordo che in pochi istanti riuscii a togliermi di
lì, aprire la botola della cupola e salire finalmente all’esterno, sulla cima del campanile, ai piedi
dell’Angelo.
Stefano aveva intanto agganciato alla schiena
della statua la scaletta, già collaudata a terra, che
doveva servire per arrivare in alto, vicino alla testa
dell’angelo per togliere il gancio che lo teneva ancora legato alla gru e per installare successivamente il
parafulmine. Iniziai la salita tenendomi stretto, con
determinata e ragionata energia, a quell’esile scala.
Arrivato all’ultimo gradino, all’altezza dell’attacco
delle ali, non mi rimaneva che arrampicarmi sul dorso dell’Angelo poggiando i piedi sulle sue grandi ali
(oltre cinque metri di apertura) fino ad arrivare sul
capo.
Ero consapevole di trovarmi sul punto più alto di
Lendinara e di non avere alcuna cintura di protezione, ma non avevo eccessiva paura perché avevo già provato l’arrampicata qualche giorno prima
quando l’Angelo si trovava in mostra all’interno del
Duomo.
Allungai lentamente la mano verso il gancio della
gru, lo liberai e sentii subito l’applauso salire verso
il cielo. Il lungo braccio della gru si era così staccato dall’Angelo ed aveva subito iniziato un festoso
girotondo aereo.
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A cavalcioni sulle spalle dell’Angelo avvitai sul
suo capo, al di sopra dell’aureola, l’asta del parafulmine e poi, davvero felice, scesi ai suoi piedi.
Un abbraccio con Stefano; un festoso saluto agitando al cielo le braccia; un ultimo sguardo verso
l’alto e poi, quasi saltellando, giù a terra.
Ricordo le strette di mano, il compiacimento di
tanta gente, il sereno sorriso di mons. Ennio Giusberti che ci attendeva davanti alla chiesa.
Aveva scelto lui il Lunedì di Pasqua, pieno di significato, per far ritornare sul campanile il nuovo
Angelo, una scelta davvero indovinata che ridava
a Lendinara il suo simbolo più amato.
Se le moltissime persone presenti saranno state
prese sicuramente dalla festa di quel pomeriggio,
con la benedizione all’Angelo prima dell’ascesa
con la gru, la solenne Messa sul sagrato del Duomo
di S. Sofia, i canti delle Corali cittadine, la Banda
di Lendinara e l’imponente servizio d’ordine per la
sicurezza di tutti, il mio cuore per sempre conserverà gelosamente un motivo in più, quello di aver
rappresentato, quale Sindaco in carica in quel periodo, tutta la cittadinanza lendinarese orgogliosa
dell’angelo e del suo campanile.
settembre lendinarese
Il tentativo con l'elicottero
Ennio Bellucco
L'aspetto più spettacolare della vicenda è stato sicuramente quello del tentativo di rimettere al suo posto
l'angelo con l'utilizzo di un elicottero. Questa scelta era
motivata dalla necessità di tentare di evitare l'elevato
costo dell'impiego di una gru alta oltre 100 metri. Tramite l'on. Antonio Bisaglia fu interessato il comando della
base americana Setaf di Vicenza. Il comandante ricevette Tito Bagatin, il sindaco che a suo tempo aveva preso i
primi contatti, e il nuovo sindaco Ramis Tenan, che perorarono la loro idea di utilizzare un elicottero per reinstallare l'angelo
sulla vetta
del campanile. Il comandante
della base si
dichiarò disponibile e
chiese però
alcune condizioni
di
sicurezza per
le operazioni, e assieme fu concordato l'utilizzo del
campo di calcio con opportuni adattamenti come
base di arrivo e ripartenza dell'elicottero. E l'angelo
fu quindi spostato dall'interno del duomo di Santa Sofia, dove era in mostra, al campo sportivo.
Fu fatto un primo tentativo, ma la fitta nebbia di quella giornata impedì al mezzo di alzarsi in volo e si dovette rinviare a tempi migliori. Il secondo tentativo
andò meglio; l'elicottero si portò al campo sportivo,
agganciò l'angelo sotto gli occhi di moltissimi spettatori e partì verso il campanile, seguito materialmente
e con gli occhi dagli spettatori che si portarono velocemente in piazzale Santa Sofia. Il mezzo volante si
avvicinò piano piano alla punta del campanile, dove
c'era un militare americano ad attendere per agganciare il perno dell'angelo; dopo alcuni tentativi però
ci si rese conto che quel tipo di elicottero non garantiva una sufficiente stabilità; e anche in questo caso si
dovette rinunciare per evitare guai e danni maggiori al campanile, e giocoforza si dovette poi ripiegare
sull'utilizzo della gru.
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settembre lendinarese
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settembre lendinarese
Gino Trambaiolo: un mezzofondista da record
Ennio Bellucco
C
'è un atleta da record tra gli sportivi lendinaresi
d'eccellenza: è Gino Trambaiolo, che nell'atletica leggera ha ottenuto risultati di livello nazionale
nella dura disciplina del mezzofondo. Scopre la passione per l'atletica a quattordici anni, quando frequenta l'Itis di Rovigo: dapprima destinato agli 80
ostacoli, è presto dirottato ai 1000 metri. Già nelle
gare scolastiche ottiene tempi lusinghieri al di sotto
dei tre minuti, e nel 1967 approda al vero agonismo
correndo per la Libertas Rovigo i 1000 metri in 2.4
nella categoria allievi e ottenendo a fine stagione
il tempo di 5.49 secondi nei 2000 metri. Il salto di
qualità avviene nel '68, grazie a una buona preparazione invernale: vince il campionato regionale di
corsa campestre, arriva secondo al campionato italiano (mancando il primo posto solo per un errore di
percorso) e si impone, sempre nella campestre, nella
finale nazionale della leva Libertas a Roma. Anche
nelle gare su pista ottiene ottimi risultati nei 1000
metri e nei 2000, nelle fasi interregionali e in tutte le
gare che disputa nei 2000 metri. A Udine Trambaiolo mette a segno il colpaccio: nel campionato italiano Libertas consegue il record italiano di categoria
nei 2000 in 5.31.2, tempo che ancora oggi è il quarto
all time. Si distingue anche nella categoria junior nei
1500 e nei 5000, partecipa a tre incontri
nazionali e vince i
3000 in un incontro
Veneto-Slovenia.
Viene ammesso al
Centro
Nazionale
permanente di mezzofondo ed entra a
far parte delle Fiamme Oro di Padova,
con cui partecipa a
varie gare nazionali militari, correndo
con Franco Fava e
Roberto Volpi anche nella corsa compestre. Nel '72
vince il titolo italiano universitario sempre nei 1500
e partecipa a vari meeting e, infine, corre anche
nella nazionale maggiore nei 1500. Il '74 è un'annata d'oro: i campionati italiani indoor lo vedono
secondo dietro a Franco Arese, e anche negli assoluti
Trambaiolo ottiene l'argento. Nel '75 mette a segno
il record personale nei 1500 con il tempo di 3’ e 41”
e due anni dopo, a soli 26 anni, lascia la carriera agonistica per motivi familiari.
Roberto Saltarin, un campione sul ring
T
ra gli sport
che
hanno
appassionato i giovani lendinaresi
di ogni epoca anche la noble art ha
lasciato il segno,
come
testimonia la vicenda di
Roberto Saltarin
che in gioventù
conquistò il titolo
italiano dilettanti
dei pesi massimi.
Classe 1948, badiese di nascita e in gioventù, Saltarin da molto tempo risiede a Rasa di Lendinara.
In giovanissima età, nei primi anni ’60, era uno dei
tanti ragazzi affascinati dalla boxe, sport allora molto popolare grazie alle riprese televisive. Aveva un
fisico prestante di un metro e 80 di altezza per 92
chili, una vera e propria montagna di muscoli. Un
bel giorno si presentò alla Scuderia Pugilistica Rodi-
Ennio Bellucco
gina in cui operava come allenatore e come organizzatore di incontri quel Nando Strozzi di Ferrara che
successivamente, negli anni ‘70, avrebbe seguito anche la carriera del campione europeo dei pesi medi
Carlo Duran. All’epoca Saltarin aveva poco più di
14 anni e rientrava nella categoria dei pesi massimi;
due anni dopo intraprese l'attività agonistica vera e
propria. Nella primavera del 1968 salì sul ring a Verona e diventò campione regionale veneto vincendo
ai punti, aggiudicandosi però tutte le tre riprese. Alla
fine dell'estate dello stesso anno, nella finale interregionale, incontrò ad Ancona il campione regionale
campano Enzo Pone e lo batté per k.o. a metà della
seconda ripresa, conquistando così il titolo italiano
dilettanti nella categoria dei pesi massimi. Fu quindi
chiamato alle armi, e non esercitò il suo sport perché
nel periodo della leva non si sono tenute gare o campionati riservate ai militari. Al ritorno dal servizio
militare svolto nel corpo dei Granatieri di Sardegna
dovette dedicarsi stabilmente al lavoro per poter
mettere su famiglia, e lasciò quindi imbattuto e da
campione italiano l'attività agonistica.
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settembre lendinarese
Curiosità fotografiche
In questa foto tre giovani studenti stanno per gettarsi vestiti in Adigetto sotto lo sguardo divertito degli
amici. È il mese di luglio 1961 e due di loro, Bruno Dalla Villa e Luciano Chiari, si sono appena diplomati
ragionieri, mentre il terzo, Renzo Remondi, ha appena superato un esame all’università. E alla fine hanno
mantenuto fede alla scommessa, e si sono tuffati nelle fredde acque del fiume lendinarese, non ancora inquinate come oggi.
Alunni della scuola elementare di Saguedo in posa con l’auto della Radio Televisione Italiana, anno ’56 o
’57. In quella scuola, oltre al maestro Vittorino Secchiero, presente nella foto, insegnava anche il maestro
Amelio Rigolin che, oltre a prestare la sua opera come maestro elementare, preparava i ragazzi a cantare in
coro per partecipare al concorso “Il microfono d’oro” organizzato dalla radio, con risultati più che soddisfacenti, perché in un paio di occasioni la scuola vinse il concorso. Questa foto documenta appunto una visita
della Rai alla scuola di Saguedo, che oggi purtroppo è chiusa.
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Numero Unico - edizione 2014