Bollettino della SocietaÁ Italiana di Fisica
Nuova Serie Anno 23
Supplemento al N. 5-6, 2007
IL NUOVO
SAGGIATORE
Á ITALIANA DI FISICA
BOLLETTINO DELLA SOCIETA
Direttore Responsabile
Giuseppe-Franco Bassani
Vicedirettori
Sergio Focardi e Giuseppe Grosso
Comitato di Redazione:
Giuseppe-Franco Bassani, Luisa Cifarelli, Enzo De Sanctis, Vincenzo Grasso,
Roberto Habel, Guido Piragino, Angiolino Stella
Comitato Scientifico
G. Benedek, N. Cabibbo, E. De Sanctis, R. Petronzio,
P. Picchi e A. Vitale
Direttore Editoriale:
Angela Oleandri
Copertina a cura di Simona Oleandri
Direzione, Segreteria
e Redazione:
SocietaÁ Italiana di Fisica
Via Saragozza 12
40123 Bologna
Tel. 051331554 / 051581569
Questo fascicolo eÁ stato realizzato in Fotocomposizione dalla Monograf, Bologna
e Stampato dalla Tipografia Compositori
nel mese di Gennaio 2008
IN MEMORIA DI GIAMPIETRO PUPPI (1917-2006)
a cura di
Silvio Bergia, Paolo Capiluppi,
Sergio Focardi, Giorgio Giacomelli
Autorizzazione del Tribunale di Bologna
n. 3265 del 3/5/1967
C SocietaÁ Italiana di Fisica
ProprietaÁ Letteraria Riservata
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte della rivista puoÁ essere riprodotta in
qualsiasi forma (per fotocopia, microfilm
o qualsiasi altro procedimento), o rielaborata con uso di sistemi elettronici, o riprodotta, o diffusa, senza autorizzazione
scritta dell'editore
USPI Associato all'Unione
Stampa Periodica Italiana
SIF, Bologna
Segreteria: Anastasia Casoni
INDICE
5
INTRODUZIONE ± GIAMPIETRO PUPPI.
GIANNI PUPPI. PROFESSORE!
di Paolo Capiluppi
29 GIANNI PUPPI E GLI ESPERIMENTI IN
CAMERE A BOLLE
di Giorgio Giacomelli
7
CURRICULUM VITAE PROF. GIAMPIETRO
PUPPI
32 PUPPI, CLEMENTEL E IL CNAF
di Massimo Masetti
11 PUPPI A PADOVA
di Milla Baldo Ceolin
34 GIANNI PUPPI E L'IBM 650
di Ferrante Pierantoni
13 LA DIDATTICA DI PUPPI
di Attilio Forino
35 PUPPI, QUARENI E LE EMULSIONI NUCLEARI
di Giorgio Giacomelli e Laura Lendinara
16 IN QUEI TEMPI .... RICORDI DI UNA MATRICOLA DI MEZZO SECOLO FA
di Franco Casali
17 RICORDI DI UN VECCHIO STUDENTE
di Ettore Verondini
18 L'ARRIVO DI PUPPI A BOLOGNA
di Cesare Moroni
20 GIANNI PUPPI E LA FISICA DEI RAGGI
COSMICI A BOLOGNA
di Menotti Galli e Stefano Cecchini
22 RELAZIONI DI DISPERSIONE PIONENUCLEONE E LA «PUPPI-STANGHELLINI
DISCREPANCY»
di Luciano Bertocchi
24 GIAMPIETRO PUPPI E LE PRIME RICERCHE ITALIANE IN CAMERE A BOLLE
di Silvio Bergia
26 I PRIMI ESPERIMENTI DI CAMERA A
BOLLE A BOLOGNA
di Valeria Alles-Borelli
27 LA CAMERA A BOLLE NAZIONALE A
IDROGENO
di Sergio Focardi
36 IL CONTRIBUTO DI GIANNI PUPPI AL
MIGLIORAMENTO DELL'INSEGNAMENTO
DELLA FISICA NELLA SCUOLA SECONDARIA
di Nella Grimellini
39 LA RINASCITA DELLA MICROSCOPIA
ELETTRONICA A BOLOGNA ED APPLICAZIONI ALLA FISICA DELLO STATO SOLIDO
di Ugo ValdreÁ
43 GIAMPIETRO PUPPI E LA SCUOLA DI FISICA ALLA FACOLTAÁ D'INGEGNERIA
di Antonio Bertin e Antonio Vitale
45 GIAMPIETRO PUPPI E L'ASTROFISICA
ITALIANA
di Giancarlo Setti
49 LA RADIOASTRONOMIA IN ITALIA: UNA
IDEA DI GIAMPIETRO PUPPI
di Roberto Fanti
54 GIANNI PUPPI E LA RICERCA SPAZIALE
di Luciano Guerriero
56 UN RICORDO, UNA PROMESSA
di Michele Caputo
3
58 GIANNI PUPPI ED IL CENTRO DI MONTECUCCOLINO
di Ferrante Pierantoni e Franco Casali
60 GIANNI PUPPI E L'ENERGIA NUCLEARE
di Ferrante Pierantoni
62 GIAMPIETRO PUPPI E LO SVILUPPO
DELLE SCIENZE AMBIENTALI IN ITALIA:
IL CONTRIBUTO DI UN «FISICO» ALLA
FISICA DELLA TERRA FLUIDA
di Antonio Speranza e Stefano Tibaldi
65 GIAMPIETRO PUPPI, MAESTRO E SCIENZIATO NATURALISTA
di Renato Angelo Ricci
66 GIAMPIETRO PUPPI E L'ENI
di Carlo Pellacani
68 PUPPI E LA FISICA BIOMEDICA ED AMBIENTALE
di Giuseppina Maltoni Giacomelli
4
70 LA RICERCA SCIENTIFICA E GLI ENTI
LOCALI
di Antonio La Forgia
72 PUPPI E LA CITTAÁ BOLOGNA
di Giovanni Salizzoni
73 IN MEMORIA DEL PROFESSOR GIAMPIETRO PUPPI
di Giovanni Salizzoni
74 PUPPI E LA SOCIETAÁ ITALIANA DI FISICA
di Sergio Focardi
77 NASCE NEL RICORDO DI GIAMPIETRO
PUPPI UN PREMIO AL TALENTO DEI FISICI DI DOMANI
di Davide Patitucci
81 GIAMPIETRO PUPPI, IL SUO TRIANGOLO
E LA SUA VISIONE DI PROMUOVERE
NUOVI ORIZZONTI IN FISICA
di Antonino Zichichi
GIAMPIETRO PUPPI. GIANNI PUPPI. PROFESSORE!
Ogni fisico bolognese, e non bolognese, conosce l'enorme impatto sul progresso scientifico della
fisica di Puppi. Molti ne conoscono le opere e le intuizioni, perseguite con incredibile efficacia. La
sua attivitaÁ e lungimiranza hanno permesso alla fisica bolognese di crescere ed essere considerata
sul territorio locale, sul territorio nazionale e sul territorio mondiale «con successo». Ma ancora di
piuÁ hanno creato un pensiero scientifico e una scuola di luciditaÁ scientifica che ha pochi, forse
nessuno, uguali.
Le iniziative lungimiranti in infiniti campi scientifici, sempre inerenti la conoscenza fisica,
sono in parte (in parte, perche sembra impossibile comprenderli e descriverli tutti in un semplice
libro) descritti in questo fascicolo, seppur con una pretesa di omaggio ad ogni attivitaÁ che «il Professore» ha saputo lanciare e fondare.
Gli incredibili contributi forniti da Puppi alle scienze fisiche hanno la particolaritaÁ di essere
tipici dei «geni scientifici», cioeÁ di coloro che comprendono il comportamento della natura, sanno
rappresentarlo e renderlo comprensibile, prima agli esperti, e poi a tutti. Dote naturale di pochi al
mondo, o capacitaÁ coltivata con incredibile intelligenza, che rende uniche le persone che fanno il
progresso dell'umanitaÁ.
«Rendere comprensibile» la conoscenza, non eÁ facile, come sanno tutti gli scienziati di grande
esperienza o agli albori della professione. Tuttavia, prima bisogna «averla» la conoscenza, cioeÁ«aver
capito» i processi fisici e comprenderne il significato. Non si puoÁ trasmettere qualcosa che non si eÁ
capito (e troppi oggi lo fanno). Il professor Puppi aveva capito assai bene la scienza, i suoi processi
naturali. Ma aveva capito altrettanto bene i processi umani che ne determinano la diffusione e la
possibilitaÁ di sviluppo. Infatti si profuse (anche, come se non bastasse) nel cercare con successo il
supporto della SocietaÁ e del «potere illuminato» cosõÁ raro nel panorama nazionale di allora e di ora.
Non c'eÁ progresso senza il supporto e consapevole sostegno di chi ci circonda.
Vorrei, in questa mia introduzione, sottolineare l'aspetto scientifico e lungimirante dello scienziato Puppi, scienziato che eÁ stato capace di dare tanto contributo al progresso della conoscenza.
Certo, io sono un fisico delle particelle elementari, campo delle scienze conoscitive dell'Universo che
riconosco essere assai particolare e, mi si permetta, essenziale per la conoscenza di com'eÁ fatto il
mondo nel quale viviamo (senza considerare il progresso, anche talvolta immediato, che ne eÁ conseguito; si consideri ad esempio la diffusione del Web, o la tecnologia dei circuiti integrati, o la
tecnica dei superconduttori). Ma so capire che ci sono molti altri campi delle scienze fisiche, e non,
che hanno una grande importanza per il progresso dell'UmanitaÁ: credo di aver capito questo dalle
azioni del Professor Puppi e dal suo insegnamento ed esempio. Gliene saroÁ sempre grato.
Chiunque abbia avuto il privilegio di conoscere Gianni Puppi, ne ricorda anche alcuni aneddoti
personali: come non potrebbe! La sua capacitaÁ di trascinare sul piano della conoscenza e della sfida
intellettuale che ne consegue, non ha avuto competitori. Per molti e moltissimi di noi.
Le discussioni con Lui, le Sue lezioni, i Suoi suggerimenti e il Suo supporto (o critica, ahimeÁ)
hanno fatto scuola.
Allora mi si permetta in questa introduzione, dovuta in un certo senso, essendo Direttore pro
tempore del Dipartimento di Fisica di Bologna (naturale prosieguo del prestigioso Istituto di Fisica
Augusto Righi di Bologna), di ricordare una esperienza personale.
Era il '68 quando frequentavo il primo anno di Fisica all'UniversitaÁ. Tempi non facili, con tutte le
contraddizioni e contestazioni che sappiamo, e che ora sono oggetto di considerazioni «storiche».
Episodi talvolta drammatici, ed anche di forti contrapposizioni tra schieramenti, incluse le convinzioni sul futuro della conoscenza. Tuttavia, in un modo o nell'altro (cambi improvvisi d'orari ed
aule, anche, e non solo, per via delle occupazioni e perenni assemblee) Puppi riusciva a fare lezione:
con l'aula piena! E di noi studenti d'entrambi gli schieramenti!
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Ogni lezione era una lezione di scienza ed entusiasmo scientifico, non c'era traccia nella lezione
dei problemi, seppur importanti, che scuotevano l'UniversitaÁ. La scienza fisica era troppo coinvolgente ed importante, per sciupare un'ora di lezione dedicata alla conoscenza!
L'esame di «fisica I» che allora sostenni con il Professor Puppi fu qualcosa che ancora ricordo, e che
confesso solo ora, essendo professore ordinario. Avevo ottenuto 30 e lode nello scritto preliminare
all'orale, e ne ero assai fiero (quale studente, specie al primo anno di studi ed al suo primo esame non
lo sarebbe). L'orale fu disastroso!
Credevo di saper tutto, ma poco seppi dire con Il «Professore».
Puppi comunque dimostroÁ ancora una volta di saper giudicare le persone al di laÁ dell'apparenza:
mi diede comunque trenta!
Un'ultima nota personale che ricordo con piacere, e che mia moglie mi sovviene qualche volta. Il
Professor Puppi aveva un rispetto per noi studenti di fisica che oggi pochi colleghi manifestano.
Quando ci incontrava nei corridoi dell'Istituto, non sapendo ovviamente il nostro nome, ma riconoscendoci, ci diceva sempre, lui per primo (noi eravamo forse troppo intimiditi): «ciao caro».
PAOLO CAPILUPPI
Direttore del Dipartimento di Fisica
UniversitaÁ di Bologna
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Curriculum Vitae
Prof. Giampietro Puppi
(aggiornato da lui stesso il 24 gennaio 2001)
- Nato a Bologna il 20 novembre 1917.
- Residente a Bologna in via Dante, 2/2.
- Laureato in Fisica a Padova nel 1939.
- Incaricato presso le UniversitaÁ di Bari, Bologna, Padova, Trieste negli anni dal 1944 al 1950.
- Conseguito la libera docenza in Fisica Teorica nel 1948.
- Vincitore di Concorso per la Fisica Teorica nel 1950.
- Ordinario dall'1/12/1953.
- Ha ricoperto le seguenti cattedre negli anni dal '50 ad oggi:
- Fisica Teorica a Napoli (1950-1951);
- Fisica Teorica a Bologna (1951-1953);
- Fisica Superiore a Padova (1953-1954);
- Fisica Superiore a Bologna (1954-1964);
- Fisica Generale a Bologna (1964-1979);
- Fisica Sperimentale a Venezia (1979-1982);
- Fisica Superiore a Bologna (1982-1989).
Attualmente Emerito nell'UniversitaÁ di Bologna.
Accademie
Socio delle seguenti:
- Pontificia Accademia delle Scienze
- Accademia Nazionale dei Lincei
- Accademia Nazionale delle Scienze (o dei XL)
- Accademia Nazionale dell'Agricoltura
- Accademia Internazionale di Astronautica
- Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna
- Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti
- Ateneo Veneto
- Accademia Brasiliana delle Scienze
AttivitaÁ Scientifica
Dopo un periodo iniziale di attivitaÁ svolta nel campo della Fisica della Materia, ha successivamente operato nel campo dei Raggi Cosmici, sia in sede teorica sia in sede sperimentale. I contributi
piuÁ interessanti riguardano l'eccesso positivo differenziale, i processi di generazione nell'atmosfera
e il bilancio energetico.
L'attenzione si rivolge poi piuÁ specificatamente alle proprietaÁ delle particelle elementari sia prodotte dai raggi cosmici sia prodotte artificialmente. I contributi piuÁ interessanti riguardano: l'interazione universale alla Fermi, la proprietaÁ di assorbimento dei mesoni pi, l'interazione elementare
mesone pi-nucleone, l'interazione mesone K-nucleone. In seguito la ricerca si concentra piuÁ verso le
particelle strane sia per i processi di produzione sia per la definizione dei loro numeri quantici.
I risultati piuÁ notevoli riguardano la non conservazione di paritaÁ nella disintegrazione delle particelle lambda, lo spin delle particelle lambda e sigma e la paritaÁ relativa lambda-sigma.
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Inoltre si occupa delle risonanze pioniche contribuendo in particolare allo studio della risonanza
rho assegnandone i numeri quantici.
Gli studi piuÁ recenti riguardano infine problemi di astrofisica e di geofisica.
Ha inoltre scritto una ottantina di pubblicazioni scientifiche e numerosi altri scritti.
Premi ed Onorificenze
-
Medaglia di argento e una di bronzo al V. M. in guerra dal 1940 al 1944 in Marina
Premio «A. Feltrinelli» dell'Accademia Nazionale dei Lincei
Medaglia d'oro ai Benemeriti della Scuola della Cultura e dell'Arte
Archiginnasio d'oro della CittaÁ di Bologna
AttivitaÁ varie Nazionali ed Internazionali
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Nel 1953 e 1954 ha diretto i primi due Corsi della Scuola Internazionale di Fisica a Varenna.
Nel 1957 eÁ stato «Visiting Professor» presso l'UniversitaÁ del Maryland (USA).
Dal 1956 al 1959 membro dell'»Advisory Committee» del CERN (Ginevra)
Dal 1958 al 1962 membro del Consiglio Superiore del Ministero della P.I.
Nel 1959-60 membro del gruppo di studio NATO per «Increasing Effectiveness of Western
Science».
Dal 1960 al 1964 Vice Presidente dell'INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare).
Nel 1960 ha ottenuto un corso sulla Fisica delle Alte Energie alla Scuola di Fisica Internazionale
Latino-Americana a Rio de Janeiro (Brasile).
Nel 1960 eÁ stato «Visiting Professor» presso la Duke University (USA)
Nel 1962 e 1963 eÁ stato Direttore delle Ricerche presso il CERN (Ginevra)
Nel 1963 e 1964 eÁ stato «Visiting Professor» presso la Columbia University di New York.
Nel 1965 ha tenuto un corso di aggiornamento in Fisica Moderna organizzato dall'UNESCO,
presso l'UniversitaÁ di Damasco (Siria) per i fisici del Medio Oriente.
Dal 1965 al 1978 eÁ stato consulente dell'ENI.
Dal 1966 al 1968 eÁ stato Presidente dello «Scientific Policy Committee» del CERN.
Dal 1968 al 1970 come Presidente del Comitato Nazionale del CNR per le Scienze Fisiche ha
presieduto un Comitato Intercomitati per problemi spaziali allora di competenza del CNR.
Dal 1969 al 1970 ha presieduto il Comitato Europeo Alti Funzionari, incaricato dalla Conferenza
Europea dei Ministri responsabili delle AttivitaÁ Spaziali, con incarico di valutare l'opportunitaÁ di unire
in una agenzia le tre Organizzazioni Spaziali Europee ESRO, ELDO e CETS.
Dal 1970 al 1972 Presidente dell'ESRO (Organizzazione Europea Ricerche Spaziali).
Dal 1973 al 1978 eÁ stato membro del Comitato Scientifico e Tecnico dell'Euratom.
Dal 1977 al 1979 rappresentante italiano nel Council del CERN.
Negli anni '80 eÁ stato Co-Presidente di un Comitato misto NASA-ESA cosiddetto degli «Immaginatori» per guardare al futuro delle AttivitaÁ Spaziali.
Dal settembre 1993 al 1995 presso l'ASI (Agenzia Spaziale Italiana) prima come commissario e poi
come membro del Consiglio di Amministrazione. In questo periodo eÁ stato anche Capo Delegazione
Italiana presso l'ESA.
Cariche Ricoperte
Negli anni dal 1973 al 1975 presso l'ASI eÁ stato membro del Consiglio di Amministrazione del
Comitato Esecutivo e del Sindacato di Controllo di Montedison SpA e successivamente membro del
Comitato Scientifico.
Dal 1971 al 1992 Presidente di Tecnomare SpA.
Dal 1971 al 1980 Presidente Sogesta SpA (ENI).
Dal 1986 al 1989 Presidente Optimes SpA (IRI).
Dal 1989 al 1996 Presidente del Consorzio OIKOS per l'abitare di Bologna.
Dal 1992 Presidente Onorario di Tecnomare SpA.
Dal 1992 al 1993 Assessore alla Programmazione della MobilitaÁ e Progetti Speciali nel Comune
di Venezia.
AttivitaÁ Diverse
Dal 1975 al 1980 consigliere di Amministrazione di Tecneco SpA con sede in Fano (ENI).
Dal 1978 al 1986 consulente per «Ricerca e Innovazione» di Montedison SpA.
Membro del Comitato Grandi Rischi della Protezione Civile.
Membro della Consulta del Mare della Marina Mercantile (1985-1986).
Dal 1981 al 1986 membro del Consiglio di Amministrazione di Schiapparelli 1824.
Dal 1986 al 1988 partecipazione al Comitato Scientifico di Dioikema a Bologna.
Dal 1987 al 1990 nel Consiglio di Amministrazione della societaÁ Alpha Wasserman (Pescara).
Dal 1987 al 1989 Relatore Comitato Tecnico-Scientifico di Expo a Venezia.
Nel 1988 partecipazione nel Comitato Scientifico di Tecno-Idro-Meteo di Roma.
Nel 1989 partecipazione al Comitato Scientifico del Convegno I.M.I. «Ventennale Ricerca App.»
Dal 1983 al 1990 per AGIP come controllo modelli di subsidenza.
Dal 1990 al 1992 per Consorzio Studi Ricerche del Consorzio Marino di Cesenatico.
Dal 1996 al 1997 Consulenza per AGIP UnitaÁ AMCO.
Dal 15/06/1992 al 07/96 Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna.
Dal 28/07/1997 ad oggi Consiglio di Amministrazione della Cassa di Risparmio di Bologna.
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PUPPI A PADOVA
MILLA BALDO CEOLIN
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Padova e INFN, Sezione di Padova
Puppi ha fatto l'UniversitaÁ a Padova dove si eÁ
laureato in Fisica nel 1939. Ha avuto come professori Gian Carlo Wick e Bruno Rossi, due tra i
piuÁ eminenti fisici dell'epoca. Ha fatto la tesi con
Wick.
Mi raccontava: «Io non ho mai avuto grandi
capacitaÁ sperimentali, non ho mai saputo usare
le mani. La tesi l'ho fatta in fisica teorica con
Wick, un grosso personaggio per il quale avevo
una grande ammirazione e appena laureato ho
cominciato a lavorare con lui. EÁ successo peroÁ
che subito scoppioÁ la guerra e io l'ho fatta tutta.
Ho avuto un buco di 5 anni. Poi ho ricominciato
da capo e ho avuto quattro anni in cui la mia vita
eÁ stata in qualche modo decisa: nel 45 eÁ finita la
guerra, nel 46 mi sono sposato, nel 48 eÁ nata mia
figlia, nel 50 ero in Cattedra. In quattro anni
cruciali ho risolto la mia vita, dopo eÁ andato
tutto liscio».
Finita la guerra, che ha fatto come ufficiale di
marina, Gianni torna con due medaglie al valore
e dopo cinque anni di assenza riprende i suoi
studi a Padova. Si dedica subito allo studio della
radiazione cosmica, che allora era la punta
avanzata della ricerca, e insegna Fisica Superiore.
La personalitaÁ scientifica di Puppi si riveloÁ
subito eccezionale, uno stimolo potente per chi
gli stava vicino. Anche noi, i suoi primi studenti,
siamo arrivati all'UniversitaÁ alla fine della
guerra. La guerra infatti aveva bloccato tutto e
tutti. E siamo subito diventati tutti fanatici ammiratori di Puppi, per la sua capacitaÁ di comunicare, ma piuÁ ancora perche la sua enorme disponibilitaÁ nei nostri confronti ci aveva promosso suoi amici, generando in noi un legame
profondo per l'amicizia che ci aveva regalato.
Allora quando si entrava all'Istituto di Fisica
si poteva, giaÁ da subito, mangiare alla mensa, e
c'era l'abitudine che, subito dopo, si giocasse a
ping-pong: Puppi giocava con noi. Si creava cosõÁ
un'atmosfera informale e un grande affiatamento. Con lui si poteva parlare di molti diversi
problemi, era tollerante e affabile. Era particolarmente interessato alla filosofia e alla musica.
Quando giocava a ping-pong fischiettava Vi-
valdi. Diceva spesso che fare il Direttore d'orchestra gli sarebbe piaciuto piuÁ di tutto. Per noi,
anche se eravamo del tutto impreparati a parlare di fisica, il fatto di poterci intrattenere con
lui quasi su un piano di paritaÁ eÁ stato molto incoraggiante, un aiuto potente.
Puppi eÁ stato per noi un maestro eccezionale!
Mi ricordo che mi diceva: «Ho imparato a insegnare da Rossi. Bruno Rossi era un didatta favoloso, si preparava in una maniera incredibile
le lezioni, non lasciava nulla al caso, ed essendo
molto preparato riusciva a parlare in modo
estremamente chiaro. Io ho imparato a insegnare, ricordando come lui insegnava». Mi diceva come insegnare gli piacesse, tanto; voleva
comunicare, spiegare, far capire. A lezione ci
incoraggiava a fargli domande quando non avevamo capito. «Una domanda, diceva, puoÁ essere
uno stimolo: si riesce a spiegare con chiarezza
solo quando si eÁ capito in profonditaÁ. Insegnare
eÁ anche capire». Non apprezzava quei colleghi
che ritenevano l'attivitaÁ didattica come un tempo sottratto alla ricerca e mi diceva: «Io ho
sempre considerato come attivitaÁ fondamentale
l'insegnamento, perche bisogna pensare che cioÁ
che conta eÁ preparare il futuro».
Un'altra caratteristica straordinaria in lui era
come sapeva ascoltare, essere disponibile, dimostrarti interesse ...
In quegli anni il desiderio di riguadagnare il
tempo perduto ci portava spesso nel tardo pomeriggio a riunirci tutti, studenti e professori,
per un «seminario» che, come sosteneva Puppi,
doveva servire sia a chi lo faceva che a chi lo
ascoltava. Questi seminari erano spesso difficili
da seguire e non solo per noi studenti, e io non
potroÁ mai dimenticare il forte senso di attesa
che si impadroniva di noi quando alla fine della
lezione aspettavamo che Puppi si alzasse e con il
suo stile ricco di bonaria ironia, rivolgendosi al
relatore, cominciasse sorridendo a dire: «Credo
di aver capito, ... Forse tu volevi dire ...» e con
poche chiare parole ci spiegava il discorso di
un'ora.
E probabilmente eÁ stata proprio questa sua
volontaÁ e capacitaÁ di «capire» e di comunicare
11
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che l'ha portato a formulare in una breve nota
un'idea fondamentale che dimostra in pieno le
sue capacitaÁ di capire aldilaÁ dell'evidenza e che
riveloÁ subito la sua fondamentale importanza. EÁ
una di quelle idee che guidano il futuro. EÁ un'idea espressa in modo molto semplice a dimostrazione di una personalitaÁ fondamentalmente
positiva che nasce da una filosofia positiva. EÁ
nato cosõÁ quello che diventeraÁ famoso come «il
triangolo di Puppi»: un triangolo equilatero, a
significare che i processi naturali, anche i piuÁ
complessi si possono ricondurre a rappresentazioni semplici. Quest'idea di Puppi, l'universalitaÁ delle interazioni deboli, ha guidato
negli anni gli sviluppi della fisica moderna fino
alle conseguenze piuÁ lontane: all'interazione
elettrodebole, a Cabibbo ...
Puppi mi ha accennato piuÁ volte che quello
che lo ha portato ad affrontare e risolvere questo problema era stata la convinzione che una
teoria fisica deve certamente essere d'accordo
con i dati sperimentali, ma, come piuÁ volte aveva
sostenuto Dirac, una sua caratteristica deve
essere anche la bellezza, ossia la semplicitaÁ. E
che pertanto una teoria elegante come quella di
Fermi per spiegare il decadimento beta dei nuclei non poteva non spiegare anche la fisica del
mesone m. E questo avrebbe richiesto che la
costante di interazione del decadimento del
mesone m e quella del suo assorbimento fossero
le stesse, e fossero uguali a quelle del decadimento b. Le tre costanti dovevano cioeÁ avere
ciascuna lo stesso valore. Ed eÁ questo appunto
che lui ha dimostrato.
A questo punto Puppi eÁ internazionalmente
noto e nel 1950 vince la Cattedra di Fisica Teorica a Napoli. Tuttavia, benche Napoli sia una
sede attraente, Gianni eÁ nostalgico di Venezia!
Con il suo dinamismo porta con se tre giovani
napoletani e torna a Padova, con grande gioia da
parte nostra. EÁ giovane, ha 37 anni, eÁ pieno di
voglia di fare.
A Padova Puppi porta avanti gli studi sulle
proprietaÁ dei Raggi Cosmici, in particolare
pubblica con Dallaporta una importante rassegna su «The equilibrium of the cosmic ray beam
in the atmosphere», e si interessa anche delle
proprietaÁ delle particelle strane che si venivano
scoprendo nelle interazioni dei Raggi Cosmici.
Mi ricordo la curiositaÁ e l'interesse con il quale
veniva a guardare gli eventi in emulsioni nucleari che si venivano via via trovando e com'era
raffinato ed esauriente nell'aiutarci a interpretarli. Puppi eÁ pieno di idee, di vitalitaÁ, di voglia di aprire nuove strade, nuovi indirizzi.
Il principale problema della fisica europea e
italiana nel primo dopoguerra era quello della
ricostruzione. La guerra aveva veramente distrutto tutto. Bisognava unire le forze e ricostruire l'alto livello che prima aveva caratterizzato la ricerca in Europa, e che in particolare
in Italia aveva portato ai risultati di Fermi, di
Rossi, di Occhialini ... Si cominciava a programmare centri di ricerca a livello europeo
come il CERN di Ginevra, e in Italia l'INFN e il
Laboratorio del Sincrotrone di Frascati.
A questo punto Puppi, con lo scopo di formare
le nuove generazioni di fisici e di ricreare nuove
collaborazioni tra i gruppi di ricerca in Europa,
organizza i primi due corsi della «Scuola Internazionale di Fisica» a Varenna, appena istituita
dalla SIF, la seconda in Europa dopo l'Ecole
d'Ete des Houches.
Fu un grande successo! Noi che cominciavamo ad avvicinarci alla fisica in quegli anni ricordiamo la Scuola di Varenna come uno dei
momenti piuÁ interessanti e costruttivi della nostra giovinezza. Il primo corso nel 1953 «Questioni relative alla rivelazione delle particelle
elementari con particolare riguardo alla radiazione cosmica» fu dedicato ai raggi cosmici e
alle tecniche relative, il secondo corso «Questioni relative alla rivelazione delle particelle
elementari, e alle loro interazioni, con particolare riguardo alle particelle artificialmente prodotte ed accelerate» fu dedicato invece agli
esperimenti agli acceleratori.
La cura che Puppi dedicoÁ nell'organizzazione
della Scuola diede risultati di straordinaria importanza: molti aspetti della fisica dei pioni risultarono chiariti, ci furono lezioni eccellenti, si
parloÁ dei nuovi acceleratori con ottimismo. Tra i
relatori della Scuola oltre a Fermi ci furono
Blackett, Heisenberg, Rossi, Occhialini, Powell,
Glaser, AlfveÂn, Amaldi, Bernardini, Conversi,
Adams ... e tanti altri. L'esito fu entusiasmante. I
Corsi di Varenna condotti da Puppi furono per
tutti noi un fondamentale punto di partenza!
Nel 1954 Gianni si trasferisce alla Cattedra di
Fisica Teorica all'Istituto di Fisica «A. Righi» di
Bologna, e ne diventa subito Direttore.
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(14)
Principali Pubblicazioni di G. Puppi
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(4)
E. C LEMENTEL , G. PUPPI , Nuovo Cimento, 5 (1948) 505.
E. C LEMENTEL , G. PUPPI , Nuovo Cimento, 5 (1948) 529.
G. PUPPI , Nuovo Cimento, 5 (1948) 587.
G. PUPPI , Nuovo Cimento, 6 (1949) 194.
(15)
(16)
P. BASSI, E. C LEMENTEL, I. FILOSOFO , G. PUPPI , Nuovo Cimento, 6 (1949) 484.
E. C LEMENTEL , G. PUPPI , Nuovo Cimento, 6 (1949) 494.
N. DALLAPORTA, M. MERLIN , G. P UPPI, Nuovo Cimento, 7
(1950) 99.
L. B AGALAÁ , M. M ERLIN , G. PUPPI, Nuovo Cimento, 7 (1950)
525.
G. PUPPI , Nuovo Cimento, 7 (1950) 703.
E. CLEMENTEL e G. PUPPI, Nuovo Cimento, 8 (1951) 936.
G. PUPPI , V. DE S ABBATA , E. M ONTANARO, Nuovo Cimento, 9
(1952) 726.
G. PUPPI, N. DALLAPORTA, Progress in Cosmic Ray Physics,
vol. I (North Holland, Amsterdam) 1952, p. 315, cap. 6.
E. CLEMENTEL, G. PUPPI, Nuovo Cimento, 10 (1953) 197.
V. DE SABBATA, E. M ANARESI, G. PUPPI , Nuovo Cimento, 10
(1953) 1704.
A. M INGUZZI , G. PUPPI, A. R ANZI, Nuovo Cimento, 10 (1953)
1753.
A. M INGUZZI , G. PUPPI, A. R ANZI, Nuovo Cimento, 11 (1954)
697
LA DIDATTICA DI PUPPI
ATTILIO FORINO
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
Chiunque abbia avuto occasione di ascoltare
una lezione o una conferenza di Puppi conserva
il ricordo di un evento entusiasmante ed unico.
Dotato di un eccezionale carisma, egli sviluppava ogni argomento con tale chiarezza ed
accattivante arguzia che lo studente ne rimaneva affascinato: la trama delle ipotesi rilevanti e
delle necessarie conseguenze diventava cosõÁ
leggera da illudere talvolta chi ascoltava d'aver
compreso a fondo la complessitaÁ della lezione.
Lo studio personale e faticoso risultava poi necessario per imparare la fisica, ma, anche a distanza di anni, lo studente scopriva che le basi
essenziali per la comprensione di ogni argomento erano contenute nell'insegnamento ricevuto, ed erano, quasi per incanto, ben radicate
nella sua mente.
Un'altra caratteristica del suo insegnamento
era la scelta, sempre felice, fra diverse alternative, della linea espositiva da seguire per risultare piuÁ efficace e chiaro. Qualche volta, insegnando, mi sono trovato di fronte alla ricerca
del miglior modo per introdurre un argomento o
sviluppare un ragionamento. Ho dovuto riconoscere, non cessando mai di stupirmi, che la
sua scelta della linea da seguire era, senza
dubbio, la migliore.
Scrivere della didattica di Puppi ricorrendo
solamente ai ricordi di un suo allievo di cinquant'anni fa puoÁ non essere molto interessante per il lettore; preferisco allora trarre
qualche spunto ed indicazione da quanto egli
stesso ha testimoniato in alcuni scritti, pochi
purtroppo.
Innanzi tutto, chi fu il suo maestro, uno dei piuÁ
importanti perlomeno? Nel commosso intervento tenuto nella Giornata Lincea in ricordo di
Bruno Rossi, il 21 aprile 1994, all'Accademia dei
Lincei, Puppi ha scritto:
«Ho imparato da lui nel modo piuÁ essenziale
cosa eÁ la fisica studiata a livello universitario,
ma ho soprattutto imparato, ed eÁ sotto questo
profilo che lo ho sempre considerato un mio
maestro, come si fa ad insegnare, e se ho avuto
qualche successo presso gli studenti nella mia
lunga vita di insegnante, lo debbo al suo esempio che ho sempre cercato di imitare.»
L'interesse di Puppi per la didattica non si eÁ limitato a quella universitaria; convinto che la formazione culturale dei giovani, quella scientifica in
13
Puppi circondato da un gruppo di allievi nel giardino dell'Istituto, nell'aprile 1958 (foto di Alessandra Cavallini).
14
particolare, deve cominciare nell'insegnamento
medio, se ne occupoÁ attivamente. Fin dal 1954
denuncioÁ in una Circolare, stilata insieme a Dallaporta e Rostagni e pubblicata nel Bollettino
dell'Unione Matematica Italiana, l'abbassamento
del livello della preparazione in fisica degli studenti liceali. Fra le cause possibili, i tre docenti
indicarono l'infausto abbinamento degli insegnamenti di matematica e fisica nello stesso docente, in genere laureato in matematica pura. E'
interessante osservare che nella Circolare si afferma che a livello scolastico medio la stessa
persona non puoÁ insegnare bene la matematica e
la fisica, non per un preconcetto corporativismo,
ma per l'antitetico atteggiamento mentale del
matematico, teso all'astrazione e alla generalizzazione, e del fisico, tendente invece alla rappresentazione concreta. Il rimedio proposto, la
separazione delle cattedre, discendeva logicamente dall'analisi, e magari fosse stato accolto
allora!
L'impegno di Puppi per la didattica, anche
pre-universitaria, ebbe un meritato riconoscimento istituzionale: dal 1958 al 1964 fu infatti
nominato membro del Consiglio Superiore del
Ministero della Pubblica Istruzione.
Il suo insegnamento universitario fu molto
intenso e vario, nonostante gli impegni legati
all'eccezionale e fruttuosa attivitaÁ di ricerca e
organizzativa. Alla fine degli anni cinquanta,
sosteneva l'onere anche di tre corsi: come tito-
lare della Cattedra, svolgeva il corso di Fisica
Superiore, ma svolgeva anche il corso fondamentale di Fisica Generale al primo anno, ed un
corso monografico all'ultimo anno, allora si
chiamava complementare. Teneva molto a
svolgere il corso al primo anno, amava infatti
entrare subito in contatto con gli allievi fisici e
formarli alla rigorosa metodologia scientifica
con un insegnamento vivo, moderno ed appassionante. I corsi avanzati si caratterizzavano
invece per essere un'esposizione, quasi in diretta, delle ricerche e delle scoperte che in
quegli anni mutavano continuamente la visione
fisica dell'universo. Ogni lezione diventava un
vero e proprio seminario e gli studenti avevano
l'esaltante e gratificante impressione di partecipare all'epica impresa intellettuale in cui
concetti fondamentali quali la conservazione
della paritaÁ e, piuÁ tardi, l'inversione temporale,
erano posti in discussione e falsificati da dirette
esperienze. A volte il suo gruppo di ricerca era
coinvolto in queste ricerche: noi studenti sentivamo una particolare passione nelle sue parole
e la nostra ammirazione per questa figura di
giovane e moderno scienziato diventava smisurata.
Lo stretto legame fra i suoi interessi scientifici
ed il suo insegnamento eÁ ben illustrato dall'evoluzione negli argomenti da trattare, ad
esempio, nel corso di Fisica Superiore. A metaÁ
degli anni '60 il programma del corso elenca:
«Principi conservativi in fisica e simmetrie.
OmogeneitaÁ e isotropia dello spazio-tempo.
Simmetrie per riflessione spaziale ed inversione
temporale. ..... Discussione di esperienze significative a riprova delle simmetrie e loro violazioni. Vari argomenti di fisica delle alte energie. Astrofisica delle alte energie.»
Venti anni dopo, la sua attivitaÁ di ricerca si eÁ
rivolta a temi di Geofisica e di Fisica dei Sistemi
Complessi. Il programma del corso di Fisica Superiore, a metaÁ degli anni Ottanta, contiene un
vario elenco di argomenti: «Introduzione allo studio dei sistemi complessi. Ecologia matematica
come dinamica delle popolazioni. Sistemi dinamici chimici, elettrici, magnetici. Fluidodinamica.
Meteorologia ed Oceanografia. Climatologia.» Era
troppo eclettica la mente di Puppi per rimanere
ancorata all'universo dei costituenti elementari
della materia e alle loro leggi fondamentali. Sentiva la sfida posta dalla fisica dei sistemi complessi, cosõÁ diversi dai sistemi elementari, dai sistemi preparabili il cui comportamento puoÁ essere
ricondotto a quello dei loro costituenti; i sistemi
complessi sono altra cosa, hanno comportamenti
non derivabili da quelli dei costituenti, esigono
metodi di analisi del tutto diversi. Affrontava
questi temi con il consueto entusiasmo e con la sua
inesauribile curiositaÁ per il nuovo, e la sua didattica, puntualmente, rifletteva, nella scelta degli
argomenti, questo nuovo interesse.
Quale metodo di insegnamento gli era congeniale? Lo illustra lui stesso, quasi per caso e in
forma negativa, all'inizio di una conferenza su
«Il Principio di inerzia» di cui mi fece leggere la
versione scritta nel marzo del 1991. Scriveva:
«Per iniziare il discorso ho scelto un metodo
che non mi eÁ consueto e che consiste nell'enunciare il principio nella sua forma piuÁ completa e nel commentarlo (metodo catechistico).»
In effetti nel suo insegnamento non c'era alcunche che richiamasse l'idea di una esposizione
catechistica: egli amava invece arrivare alla generalizzazione insita in un principio, costruendo,
per cosõÁ dire, la fisica passo dopo passo, partendo
dai fatti naturali ed elaborando criticamente il
loro significato e le loro connessioni.
Puppi teneva in gran conto l'attivitaÁ didattica
che sentiva come una necessaria e piacevole
15
Una lezione di puppi nel corso di Fisica Superiore.
integrazione dell' attivitaÁ di ricerca scientifica.
Per lui era inscindibile il binomio: elaborare e
trasmettere la cultura, i due pilastri fondamentali della professione universitaria.
Una testimonianza di quanto egli ritenesse
importante la didattica e ne cogliesse anche la
rilevanza sociale ci eÁ data dal suo contributo,
intitolato «Considerazioni sulla fisica italiana»,
al 47ë Congresso Nazionale della SocietaÁ Italiana di Fisica, tenutosi a Como nel 1961, i cui atti
furono pubblicati sul Supplemento del Nuovo
Cimento në 2 del 1962.
Quasi al termine, Puppi scriveva:
«Dobbiamo dedicare il meglio di noi stessi
all'allevamento dei giovani che ora si affidano
alle nostre cure; eÁ venuto il momento di comprendere che questo eÁ il nostro principale problema. ... Col crescere del numero degli allievi la
speranza matematica che un buon insegnamento frutti a lunga scadenza piuÁ di una ricerca individuale comincia ad essere notevole.
Noi ci conosciamo, conosciamo le nostre possibilitaÁ e i nostri limiti, ma non vi sono limiti
ragionevoli che possiamo fissare al rendimento
della nostra capacitaÁ di educatori. Una buona
lezione puoÁ essere molto piuÁ profonda di una
modesta ricerca e puoÁ dare a noi la piacevole
sensazione di aver fatto qualcosa di veramente
utile per gli altri e per noi stessi.»
Il miglior omaggio che oggi possiamo fare alla
memoria di un grande scienziato e docente eÁ
meditare queste sue parole, pronunciate, eÁ vero,
piuÁ di cinquant'anni fa, ma drammaticamente
ancora attuali; con la nostra attivitaÁ quotidiana
di docenti, possiamo dimostrare di averle intese
e fatte nostre.
IN QUEI TEMPI .... RICORDI DI UNA MATRICOLA DI MEZZO SECOLO FA
FRANCO CASALI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
16
PiuÁ di cinquanta anni fa frequentavo l'Istituto
di Fisica come matricola. Tra gli eccellenti
professori che ebbi la fortuna di incontrare, un
grato ricordo va al Professor Puppi. Grandissimo didatta (sicuramente il migliore che abbia
avuto) era molto amato dagli studenti per la sua
simpatia oltre che per la chiarezza. Portava
sempre dei papillon di seta multicolore su candide camicie. In questo era copiato da molti di
noi. In quei tempi insegnava Fisica Generale 1
agli studenti della FacoltaÁ di Scienze e d'Ingegneria, riuniti in un unico corso. Anche se in
numero inferiore a quello attuale, pur tuttavia
eravamo sufficienti a riempire l'Aula Magna
dell'Istituto di Fisica.
Una volta, dopo una delle prime lezioni (eravamo in prossimitaÁ del Natale), rivoltosi agli
studenti chiese:
«Qualcuno ha domande da fare?».
Silenzio. Poi, tra lo stupore generale, si alzoÁ
un nostro amico Ð bello spirito ma non un genio
Ð che chiese:
«Quando ci daÁ le vacanze?»
Altro silenzio di gelo. E Puppi, senza scomporsi, sfoderando uno dei suoi leggendari sorrisi:
«Le vacanze sono come i baci. Non si chiedono: si prendono».
Applauso oceanico.
Non si poteva non essere affascinati da un
«maestro» del genere. Io lo fui sempre. Andavo a
tutti i suoi seminari. In uno di essi Puppi spiegoÁ
il rallentamento dei neutroni in un mezzo composto da uranio e grafite, compreso il fenomeno
della cattura di queste particelle da parte dell'uranio-238. Ricordo, come fosse ieri, la sua
descrizione di questo complicato fenomeno di
fisica nucleare, fatta con immagini quasi da
cartoni animati. I neutroni, urtando i nuclei di
grafite, perdevano energia fino ad arrivare
«nella zona dei draghi» (la zona delle risonanze
nucleari) da dove difficilmente potevano uscire
a meno che ...... .
Se si riusciva a salvare i neutroni dai draghi
c'era la speranza di avere una reazione a catena
e di produrre energia in quantitaÁ pressoche illimitata.
Avevo deciso. Il mio futuro era quello di salvare i neutroni dai draghi cioeÁ di progettare
reattori nucleari adatti a sostituire le fonti
energetiche di tipo convenzionale, come il carbone e il petrolio.
Due anni dopo seppi che il Professor Ferretti
stava formando un gruppo di giovani per realizzare un reattore nucleare di tipo sperimentale. Andai da lui e gli chiesi se potevo far parte
anch'io di quel gruppo. Ferretti mi guardoÁ sorpreso: vidi un sorriso un po' sarcastico sul suo
volto. Prese un libro americano sui reattori nucleari, appena uscito, cercoÁ alcuni problemi, riportati in fondo ai primi capitoli, e mi disse:
«Se eÁ in grado di risolvere questi problemi (mi
ha sempre dato del «Lei»), come tesi Le daroÁ la
progettazione neutronica del reattore che intendiamo costruire».
Dopo un paio di mesi ritornai con le soluzioni.
Un anno dopo mi laureai con Ferretti e Pierantoni con una tesi sulla progettazione neutronica del reattore RB1 (Reattore Bologna 1)
che si sarebbe costruito nel realizzando Centro
Nucleare di Montecuccolino.
Molti dei neutroni erano stati salvati dalle
fauci dei draghi. Il reattore RB-1 comincioÁ a
funzionare il 14 di agosto del 1962.
RICORDI DI UN VECCHIO STUDENTE
ETTORE VERONDINI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
Non eÁ facile parlare di una persona come
Gianni Puppi la cui presenza mi ha accompagnato in tutta la mia vita di studio, di ricerca e di
insegnamento dandomi, sempre e comunque,
consigli, indicazioni e affettuosi rimproveri. Mi
limiteroÁ quindi a qualche breve ricordo, nella
consapevolezza che, comunque, l'assenza di un
tale maestro e amico non potraÁ che pesare a
lungo nei cuori di tutti coloro che ebbero il privilegio di essergli vicino.
Lo conobbi, da studente, nel novembre del
1958 quando seguivo il corso di Fisica Sperimentale (biennale) di cui era titolare. PiuÁ tardi
mi avrebbe spiegato che aveva esitato molto
prima di decidersi a tenere quel corso, poicheÂ,
pensava, occorresse avere maturato una grande
esperienza per affrontare studenti di diversa
formazione, con diverse motivazioni, generalmente poco preparati in fisica, studenti a cui
era necessario inculcare i principi metodologici
e i concetti di base della disciplina. Molto piuÁ
semplice, diceva, era lavorare con studenti del
terzo o quarto anno che ormai avevano acquisito
una base culturale omogenea. Per questo, concludeva, ho voluto aspettare di avere una certa
etaÁ per affrontare gli studenti piuÁ giovani.
Queste poche parole fanno capire l'importanza che Puppi attribuiva all'insegnamento:
non un'attivitaÁ secondaria, ma la destinazione
naturale, la ricaduta ovvia, dell'attivitaÁ di ricerca. In questo amava ricordare come Enrico
Fermi preparasse minuziosamente le sue lezioni, annotando una serie di appunti, molti dei
quali furono anche pubblicati.
Nonostante le numerose sollecitazioni ricevute, Gianni Puppi non scrisse mai un manuale di
Fisica: sentiva il rischio, probabilmente, di una
cristallizzazione nella presentazione degli argomenti. Il suo modo di far lezione era piuttosto un
dialogo con gli studenti, cosicche i percorsi per
arrivare ai risultati erano di volta in volta diversi;
si assumeva il compito di «guidare» piuÁ che
quello di presentare veritaÁ codificate; preferiva
dare gli strumenti per capire cosicche ciascuno
potesse utilizzarli secondo le proprie necessitaÁ.
Questo modo di essere «maestro» non poteva
essere fissato in una pagina.
Dopo la laurea, continuai con il mio relatore
(Pietro Bassi) a progettare un esperimento per
misurare la «scattering length» neutrone-neutrone: ricordo che spesso, di fronte a qualche
problema o a qualche incertezza, Bassi diceva
17
«sentiamo da Puppi». Andavamo nel suo studio
e gli illustravamo brevemente il problema. Scoprii allora la straordinaria capacitaÁ di Gianni
Puppi di riformulare i problemi in modo che la
soluzione (o la via per la soluzione) seguisse
pressoche naturalmente.
Le apparenti semplificazioni che introduceva
nei suoi ragionamenti nascevano dalla sua capacitaÁ di individuare rapidamente gli elementi (o i
parametri) critici della questione e di ridisegnare
il quadro evidenziando il ruolo da essi giocato.
Questa era la stessa lezione che impartiva
continuamente ai suoi studenti: mai perdere di
vista gli elementi chiave, mai affrontare dettagli
senza avere prima capito lo schema essenziale.
E questa era la ragione per cui nelle sue lezioni raramente comparivano dei calcoli, come
del resto nei suoi lavori scientifici.
«Vedi Ð mi disse una volta Ð qualcuno crede
che maneggiando la matematica si possa ottenere qualche buon risultato. In realtaÁ la matematica produce sempre, in forma diversa, quello
che le eÁ stato messo dentro. EÁ molto piuÁ utile
cercare di capire bene che cosa stai mettendogli
dentro. Se ci riesci, il resto non aggiunge nulla».
Una volta che fummo entrambi membri di una
commissione di dottorato, si preoccupoÁ molto,
nella preparazione delle prove, di consentire a
ciascun candidato di esprimere la propria pre-
parazione, quale che fosse il campo di ricerca in
cui lavorava. «La fisica eÁ tutto» amava ripetere,
e in effetti, nella sua vita, diede avvio alle attivitaÁ
piuÁ disparate, dalla radioastronomia alla fisica
dello stato solido, dai sistemi complessi alla fisica dei reattori nucleari (pochi ricordano il
ruolo determinante da lui avuto nella costruzione del Laboratorio di Ingegneria Nucleare di
Monte Cuccolino), dalla geofisica alla climatologia, al calcolo automatico.
A noi, un po' piuÁ giovani, che abbiamo dedicato la nostra vita a settori molto piuÁ ristretti, la
sua versatilitaÁ sembrava un po' dispersiva. Essa
era in realtaÁ l'espressione di una curiositaÁ
scientifica onnivora: una volta individuato il
cuore di un problema, Gianni affidava ad altri di
cui aveva stima il compito di svilupparlo ed,
eventualmente, di lavorare alle strutture per
sviluppare la ricerca. CosõÁ fu con Enzo Boschi
per la geofisica, con Giancarlo Setti per l'astrofisica, con Marcello Ceccarelli per la radioastronomia, con Nino Zichichi per la fisica subnucleare e con tanti altri, cui, comunque mai
fece mancare il suo prezioso appassionato consiglio.
La sua presenza continua dunque nei suoi allievi e nelle attivitaÁ che ancor oggi si svolgono
grazie alla sua visione anticipatrice e scevra di
pregiudizi.
18
L'ARRIVO DI PUPPI A BOLOGNA
CESARE MORONI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
La presenza di Puppi nell'Istituto di Fisica di
Bologna risale al 1951. A quel tempo frequentavo il 2ë anno del Corso di Laurea in Fisica. L'Istituto aveva allora dimensioni molto
modeste. Il corpo docente non superava le dieci
unitaÁ e doveva far fronte a un notevole carico
didattico essendo, all'epoca, i corsi di Fisica
Generale frequentati da una platea eterogenea
di centinaia di studenti di diverse facoltaÁ e corsi
di laurea, dei quali quelli di Fisica erano una
percentuale insignificante. Ricordo infatti che,
nel 1950, eravamo sei matricole a frequentare le
lezioni. Non abbiamo mai incontrato studenti
del secondo anno. Forse non ne esistevano. I
contenuti dei corsi del primo biennio risultavano, percioÁ, piuÁ propedeutici ai percorsi di
studio di altri corsi di laurea che non al nostro.
L'attivitaÁ di ricerca, anche quella sperimentale,
era limitata a qualche iniziativa individuale o di
pochi.
L'anno in cui ebbi il primo incontro con Puppi
fu il 1953. Seguivo le sue lezioni di Fisica Superiore. Fin dall'inizio ebbi la sensazione di avere
di fronte il portatore di un paradigma nuovo rispetto a quelli su cui si erano basati, fino a quel
momento, sia il carattere delle lezioni che i loro
contenuti. Egli si esprimeva inoltre in uno stile
espositivo affascinante che non mi era mai capitato di incontrare prima. La mia impressione
era del resto largamente condivisa.
In altri contributi di questa raccolta sono stati
descritti, meglio di quanto non possa fare io, i
vari aspetti in cui tale qualitaÁ si eÁ andata articolando nel tempo. Voglio solo aggiungere che il
suo insegnamento ha avuto l'effetto di allargare
il nostro orizzonte culturale al punto di trasformare lo studio, da fatica necessaria al conseguimento di un titolo, a sorgente di entusiasmo per la conoscenza in quanto tale.
Ho cercato di sintetizzare come la personalitaÁ
di Puppi era percepita dagli studenti del mio
tempo. Nel 1954 Puppi divenne direttore dell'Istituto di Fisica e la sua azione per lo sviluppo
della ricerca nell'Istituto mise subito in luce le
sue qualitaÁ, oltre che di ricercatore, anche di
dirigente. Di queste sue qualitaÁ io sono stato fra
coloro che hanno potuto beneficiare, prima per
averlo avuto come relatore di tesi, poi come
guida e sostegno nell'attivitaÁ di ricerca.
La tesi che ho discusso con Puppi nel 1955,
riguardava la misura dello spettro differenziale
dei mesoni m della radiazione cosmica. L'interesse per i raggi cosmici era molto alto nell'immediato dopoguerra, in particolare in Italia,
sia per l'attivitaÁ svolta in questo campo da Bruno
Rossi, maestro di Puppi, a Padova e al MIT, sia
per il celebre esperimento di Conversi, Pancini e
Piccioni i quali, mediante misure sulla componente mesonica della radiazione cosmica, dimostrarono, da un lato, che il mesone m non era,
come si era creduto per un certo tempo, la
particella di Yukawa, e dall'altro, che i raggi
cosmici potevano essere un valido (ed economico) mezzo di indagine sulle proprietaÁ delle
particelle elementari.
Per queste ragioni Puppi mi convinse ad accettare una borsa di studio presso l'Istituto di
Fisica di Padova dove egli aveva lavorato e dove
era operante una stazione di registrazione continua dell'intensitaÁ dei raggi cosmici.
Intanto a Bologna Puppi aveva avviato unitamente a Protogene Veronesi, docente dell'Istituto e consigliere comunale, intensi rapporti
col Sindaco e la Giunta al fine di sensibilizzare
quest'ultima sull'interesse della CittaÁ e del Paese allo sviluppo della ricerca nucleare fondamentale e delle sue applicazioni pacifiche. L'iniziativa ebbe esito positivo. Nel febbraio del
1956 il consiglio comunale di Bologna, dopo
aver ascoltato una relazione sull'argomento
nella quale Puppi diede il meglio di seÂ, discusse
una proposta della Giunta che prevedeva un finanziamento di 500 milioni di lire in dieci anni a
favore dell'Istituto di Fisica. Nella discussione
che seguõÁ, un consigliere ricordoÁ al Sindaco che
l'entitaÁ dello stanziamento avrebbe potuto ritardare la realizzazione dell'aeroporto di Bologna. La risposta del Sindaco fu che l'aeroporto
poteva aspettare. Il Consiglio Comunale votoÁ la
proposta all'unanimitaÁ.
Per l'Istituto di Fisica ebbe inizio quell'esaltante periodo di nascita e sviluppo delle attivitaÁ
che hanno caratterizzato la sua storia successiva.
Fu in questa circostanza che, chiamato da
Puppi, rientrai a Bologna nell'autunno del 1956
per realizzare il telescopio di contatori per raggi
cosmici col quale l'Istituto di Fisica bolognese
avrebbe partecipato all'Anno Geofisico Internazionale che sarebbe iniziato nel 1957. Una
descrizione del telescopio si puoÁ leggere nel
contributo di Galli e Cecchini.
Restai a far parte del gruppo Raggi Cosmici
fino a tutto il 1958. Mi dedicai poi ad attivitaÁ di
ricerca nel campo della Fisica Nucleare con
qualche sortita nel campo delle particelle elementari. Ma questi sono episodi di carattere
personale.
Credo, invece, che sia interessante conoscere
quali ripercussioni ebbe in campo nazionale la
scelta politica del Comune di Bologna. La notizia ebbe notevole rilevanza sulla stampa del
tempo e in diversi editoriali venne sottolineato il
fatto singolare che l'iniziativa di un comune si
sostituisse a quella dello stato in un settore di
sua diretta competenza. Il governo centrale
venne quindi aspramente criticato per la sua
latitanza.
L'opera di Puppi fu importante quindi non
solo per l'Istituto bolognese, ma servõÁ anche a
muovere le acque a favore della ricerca a livello
nazionale. Ebbe inizio infatti, a partire da quell'anno, una fase di maggiore attenzione dello
stato per la ricerca, che portoÁ al consistente
sviluppo di enti quali, per citarne alcuni, l'INFN,
il CNRN poi divenuto CNEN e quindi ENEA e il
CNR, che fino a quel momento avevano operato
in condizioni di grave difficoltaÁ.
19
GIANNI PUPPI E LA FISICA DEI RAGGI COSMICI A BOLOGNA
MENOTTI GALLI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna
STEFANO CECCHINI
IASF/INAF e INFN, Bologna
20
Negli anni '40-'50 del secolo scorso la fisica
dei raggi cosmici ha rappresentato la ricerca di
punta delle scienze naturali, ed eÁ in questo
campo che Gianni Puppi svolge la sua attivitaÁ sia
in campo teorico che sperimentale. I suoi contributi riguardano l'eccesso positivo della radiazione cosmica, i processi di generazione in
atmosfera ed il bilancio energetico.
A questo ultimo argomento Gianni Puppi riserva tre lavori che trovano notevole interesse
nella comunitaÁ dei raggi cosmici (1). In essi egli
affina di volta in volta, sulla base di nuovi dati
sperimentali, i calcoli del bilancio tra potenza
all'ingresso dell'atmosfera terrestre e il flusso di
energia dissipato dalle varie componenti secondarie nell' atmosfera. Il concetto di base eÁ
semplice: data la notevole coerenza direzionale
tra radiazione primaria e radiazione secondaria,
il bilancio energetico permette, se si conosce
anche l'energia trasportata dalla primaria, di
controllare se effettivamente si abbia una descrizione soddisfacente di tutta la fenomenolo-
gia. Tra i vari punti che egli cerca di raffinare vi
eÁ quello che riguarda la trattazione delle perdite
di energia per disintegrazioni nucleari, soprattutto alle basse energie. Su questo aspetto
lavora anche con Menotti Galli al quale assegna,
per la Laurea in Fisica dell'anno accademico
1951-52 a Bologna, una tesi dal titolo «Diffusione dei neutroni nell'atmosfera».
Di questa attivitaÁ sono stati conservati da
Galli due quaderni manoscritti in cui Gianni
Puppi elaborava i calcoli del bilancio energetico
delle varie componenti e ne studiava l'andamento in funzione della latitudine terrestre (vedi
fig. 1).
Naturalmente il problema eÁ quello di condurre
osservazioni ed esperimenti che possano contribuire ad una maggiore comprensione delle
fenomenologia dei raggi cosmici in atmosfera,
tenendo presente i requisiti di accuratezza necessari.
Dopo la tesi, nel 1953, Galli viene inviato per
un anno all'UniversitaÁ del Maryland, presso l'a-
Fig. 1. ± Dal quaderno di Puppi, con i calcoli del bilancio energetico dei raggi cosmici.
mico Fred Singer, un pioniere dell'era spaziale,
il primo a proporre un satellite scientifico Ð
MOUSE Ð per lo studio dell'alta atmosfera e dei
raggi cosmici. Infatti Gianni Puppi era molto
interessato alla possibilitaÁ di ottenere informazioni sui raggi cosmici primari per migliorare le
conoscenze sulle reazioni nucleari da questi
prodotte.
Nel frattempo aveva preso corpo l'Anno
Geofisico Internazionale (IGY Ð International
Geophysical Year) il cui scopo era ottenere
informazioni sui fenomeni dell'alta atmosfera e
dei raggi cosmici durante il perodo del massimo di attivitaÁ solare 1957-58. Queste attivitaÁ
dovevano svolgersi durante il periodo di 18
mesi dal 1 luglio 1957 al 31 dicembre 1958.
Questo dette grande impulso allo sviluppo
della ricerca sui raggi cosmici a Bologna. Puppi
spinge Galli ad utilizzare dei tubi Geiger-Muller
(GM) di grandi dimensioni, sviluppati dal
gruppo di Padova, per misure continue di intensitaÁ dei raggi cosmici al suolo.
Con tali tubi fu costruito un telescopio cubico. Il contatore era costituito da 3 piatti di
tubi GM della lunghezza di 1 m e diametro di
5 cm ciascuno. Ogni piatto era composto di 20
tubi ed il piatto centrale era posto a 20 cm di
distanza da quello superiore. I 3 piani erano
messi in coincidenza con un circuito alla Rossi
con diodi di germanio. L'acquisizione dei dati
era fatta mediante fotografia di 3 numeratori
numerici che raccoglievano gli impulsi delle
coincidenze ogni 15 min. L'intero apparecchio
era situato nei sotterranei dell'Istituto «A. Righi» di Fisica dell'UniversitaÁ di Bologna. Esso
risultava schermato lungo la verticale da circa
1,8 m di acqua equivalente (w.e.) di materiale
murario e esternamente da circa 4 m.w.e. dello
stesso materiale. Con questo apparato si poterono studiare le variazioni temporali dell'intensitaÁ connesse a manifestazioni dell'attivitaÁ
solare. Fu da subito chiaro, peroÁ, che tale rivelatore era poco adatto allo studio delle variazioni rapide (dell'ordine di minuti) dell'intensitaÁ.
Fu pertanto avviato lo sviluppo di nuovi
contatori. Il primo, messo in funzione nel
marzo 1958, fu un contatore a scintillatore liquido di 0,80 m2 di superficie sensibile. Il contatore era costituito da un recipiente cilindrico
di 15 cm d'altezza e 0,80 m 2 di sezione, imbullonato con una volta semisferica (proveniente
dal residuato di una mina). Le pareti interne
erano rivestite da uno strato di smalto bianco
Fig. 2. ± Il primo scintilatore plastico prodotto nell'Istituto di Fisica di Bologna A. Righi nel 1959 dal
Gruppo Raggi Cosmici.
opacizzato. Un foro circolare del diametro di
12 cm nella parte piuÁ alta della semisfera era
chiuso dal fotocatodo di un fotomoltiplicatore
6099B EMI. Nella scodella cilindrica si trovava
uno strato di 10 cm di scintillatore liquido composto da
toluolo:
p-terfenile:
POPOP:
(1.4-bis-(2-(5-fenilossiazolil))-benzolo
1 kg
5g
75 mg
Per costruire contatori sicuri, di facile costruzione e di lunga durata, ci si orientoÁ alla
costruzione ed uso di scintillatori plastici (fig.
2). Infatti l'uso del toluolo, che eÁ abbastanza
economico, eÁ sconsigliabile perche facilmente
infiammabile, velenoso e difficile da mantenere
allo stato puro per il suo alto potere solvente.
Si pensoÁ quindi di introdurre l'uso dello stirolo
polimerizzato seguendo l'esperienza del gruppo raggi cosmici del MIT, di cui si conoscevano
le caratteristiche anche tramite P. Bassi che
era stato negli USA e con G. Clark aveva iniziato il programma sullo studio dei grandi
sciami atmosferici.
Allo scopo si costruõÁ presso l'Istituto un impianto per la costruzione di grandi quantitaÁ di
21
scintillatore plastico al polistirolo la cui composizione era
stirolo:
p-terfenile:
POPOP:
1 kg
10 g
0,3 g
Da questo impianto furono prodotti i moduli
per il rivelatore per muoni posto sul tetto dell'Istituto che rimase in funzione fino alla metaÁ
degli anni '80. L'impianto fu poi sfruttato dall'INFN per costruire gli scintillatori plastici utilizzati in vari esperimenti al CERN e a Frascati.
Gianni Puppi si eÁ occupato anche di aspetti
astrofisici dei raggi cosmici (2).
Negli anni 1994-1999 il Gruppo Raggi Cosmici
di Bologna conduceva ricerche ed osservazioni
sulla componente «mollissima» dei raggi cosmici a diverse latitudini ed altezze mediante
rivelatori a scintillazione con cristalli di NaI. In
quel periodo accadeva che si incontrasse Puppi
in Dipartimento. Come sua abitudine Gianni si
informava sulle ricerche in atto e sui risultati.
Una volta, ci rivolse l'incitamento a rifare e ricontrollare i suoi risultati sul bilancio energetico, anche mediante l'ausilio dei nuovi metodi e
strumenti di calcolo elettronico e delle nuove
conoscenze sulle particelle elementari: non era
contento di avere lasciato dei calcoli che non
tornavano completamente.
Da allora le attivitaÁ di ricerca sui raggi cosmici
sono continuate utilizzando rivelatori via via piuÁ
complessi, sia in superficie che in alta quota,
nello spazio e sottoterra.
Bibliografia
(1)
(2)
G. PUPPI e N. DALLAPORTA, Progress in Cosmic Ray Physiscs, vol. I (North Holland, Amsterdam) 1951, cap. VI.
G. PUPPI, Suppl. Nuovo Cimento 10 (1953) 115.
G. PUPPI, Progress in Cosmic Ray and Particle Physiscs,
vol. III (North Holland, Amsterdam) 1951, cap. VI.
G. PUPPI , G. S ETTI e L. WOLTJER, Nuovo Cimento, 45 (1966)
252.
RELAZIONI DI DISPERSIONE PIONE-NUCLEONE
E LA «PUPPI-STANGHELLINI DISCREPANCY»
22
LUCIANO BERTOCCHI
Dipartimento di Fisica Teorica, UniversitaÁ di Trieste e INFN, Sezione di Trieste
Nell'anno accademico 1955/56 (piuÁ di 50 anni
fa!) stavo frequentando a Bologna il quarto anno
del Corso di Laurea in Fisica.
Tre erano stati i docenti che avevano caratterizzato maggiormente il mio corso di studi:
Protogene Veronesi nel corso di Fisica 1 (alla
prima lezione si era presentato in aula con il camice bianco ed una canna di bambuÁ; appoggiata la
canna nell'angolo dell'aula, aveva esordito cosõÁ:
«questo eÁ un sistema di assi cartesiani, e questo eÁ
un vettore». Magistrale!); Giuseppe Cocconi, che
stava tenendo a noi studenti del quarto anno un
corso allora modernissimo di Fisica Nucleare (per
oltre trent'anni ho tenuto a Trieste un corso di
Fisica Nucleare modellato su quello di Cocconi,
anche se ovviamente aggiornato e modernizzato).
E, appunto, Giampiero Puppi, che al terzo anno
aveva tenuto un corso di Fisica Superiore, che
copriva l'elettrodinamica classica, la relativitaÁ e
quella che in seguito sarebbe diventata l'a-
strofisica, nel suo stile inimitabile: enunciare un
certo numero di evidenze sperimentali, dedurne
degli andamenti fenomenologici, e da questi trarre
la legge fondamentale.
Puppi, arrivato a Bologna nell'anno accademico
1954/55, era per tutti il «Professore» (questo nostro atteggiamento era criticato da Jack Steinberger, che entrando in istituto salutava il portiere
con un cerimonioso «Buongiorno, Brovesore»);
ma era anche la sola persona a Bologna che fosse
al corrente degli sviluppi del momento nella fisica
delle particelle; quando ritornava dalla Conferenza di Rochester, raccontava a tutto l'Istituto
quali erano stati gli argomenti piuÁ salienti (ricordo
ancora la frase «gli ultimi risultati sulla catena
scattering length, atomi mesici, fotoproduzione»,
anche se io ovviamente non ero in grado di apprezzare le novitaÁ).
Volevo fare una tesi in Fisica Teorica; Ferretti
non si era ancora trasferito a Bologna, e quindi la
scelta ovvia era di andare a parlare con il Professore, in questo anche spinto fortemente da
Antonio Stanghellini, che si era laureato poco piuÁ
di un anno prima, e che con Puppi collaborava. Se
Puppi mi avesse accettato, sarei stato il primo
laureando di Puppi a Bologna! Un onore, ma anche un onere!
In quel momento la convinzione generale era
che se si fosse capita a fondo la risonanza 3/2-3/2
pione-nucleone si sarebbe fatto un passo decisivo nella comprensione della Fisica delle Particelle (al momento, era l'unica risonanza conosciuta...). La teoria piuÁ di moda era la teoria di
Chew e Low della sorgente fissa, una teoria approssimata che aveva ovviamente delle limitazioni.
Puppi, dopo aver guardato il mio libretto, mi
disse che i fisici iniziavano a occuparsi di relazioni
esatte, le «Relazioni di Dispersione», basate solo
sul principio di causalitaÁ, relazioni che collegavano la parte reale e la parte immaginaria delle
ampiezze di scattering. Le uniche indicazioni che
mi diede, furono la bibliografia del lavoro di Kramers (del 1932!), e di un preprint di Toll.
Al lavoro! Studiare (in tedesco) la formulazione di Lehmann Symanzik e Zimmermann
della teoria dei campi, cercare articoli e testi di
cicli di lezioni tenute in giro per il mondo sulle
relazioni di dispersione (fra le quali degli appunti scritti da Salam; come nel suo stile, esatte
le prime formule, esatte le ultime, piene di errori
quelle intermedie).
Intanto Puppi e Stanghellini mettevano i numeri nelle relazioni di dispersione pione-nucleone (scritte formalmente nel lavoro detto
GMO, Goldberger, Miyazawa, Oehme); gli ingredienti erano la parte reale dell'ampiezza di
scattering in avanti (ricavata dall'interferenza
con lo scattering coulombiano), l'integrale sulla
sezione d'urto totale (legata alla parte immaginaria dal teorema ottico) e la costante d'accoppiamento «rinormalizzata» pione-nucleone (dovuta al polo del nucleone).
L'integrale sulla sezione d'urto era quello che
creava maggiori problemi; non esistevano i calcolatori elettronici, solo le macchine da tavolo
«elettromeccaniche» (Monroe e Friden), e gli
integrali venivano calcolati «a mano» usando il
metodo di Simpson (della «Signora Simpson»,
come diceva umoristicamente Puppi, in onore
della moglie dell'ex re di Gran Bretagna).
Io, oltre a studiare la teoria, davo una mano
ad Antonio nei calcoli numerici. Lo scopo era
quello di ricavare il valore della costante di accoppiamento dalle due relazioni di dispersione
indipendenti (o per le diffusioni del pione positivo e di quello negativo, o equivalentemente per
le ampiezze simmetrica e antisimmetrica nello
spin isotopico). Se tutto funzionava, i due valori
per la costante di accoppiamento avrebbero
dovuto coincidere entro gli errori.
Ma dai calcoli emergeva un risultato strabiliante: i valori delle costanti di accoppiamento
ricavati dalle due relazioni indipendenti erano
diversi! In altre parole, se invece si fissava un
unico valore per la costante di accoppiamento,
la parte reale misurata non coincideva con il
valore ricavato dall'integrale sulle sezioni d'urto, ben al difuori delle pur grandi barre di errore!
Questo risultato, pubblicato solo nel 1957
dopo innumerevoli controlli (Nuovo Cimento 5,
1305 (1957), (intanto era apparso nel dattiloscritto della mia tesi di laurea, sostenuta il 28
novembre del 1956) mise in subbuglio la comunitaÁ dei fisici.
Nasceva il termine «Puppi-Stanghellini Discrepancy».
Era forse dovuta ad una violazione dello spin
isotopico? (sia i pioni che il protone hanno carica elettrica...). No; un calcolo fatto a Catania
da Agodi e Cini mostrava che l'effetto non era
sufficiente a spiegare la discrepanza. Ma allora
era forse violata la causalitaÁ?
La discrepanza di Puppi e Stanghellini sembroÁ
scrollare i fondamenti della teoria delle particelle elementari; per parecchi anni la «discrepanza di Puppi e Stanghellini» rimase un
mistero irrisolto.
Solo molti anni dopo, misure piuÁ precise della
dipendenza dall'energia della sezione d'urto totale dei pioni negativi sul protone ad energie
sotto la risonanza 3-3 permisero di verificare con
sufficiente precisione le relazioni di dispersione
fino ad energie di qualche centinaio di MeV;
l'errore era stato di chi nella misura delle sezioni
d'urto totali aveva preso elettroni per pioni...
23
GIAMPIETRO PUPPI E LE PRIME RICERCHE ITALIANE
IN CAMERE A BOLLE
SILVIO BERGIA
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
24
Non so quanto in generale si serbi memoria di
una fase particolare della ricerca condotta in
Italia nel campo della fisica delle particelle elementari fra la fine degli anni '50 e l'inizio degli
anni '60. In quegli anni c'erano attivitaÁ di ricerca
condotte agli acceleratori, ma in quel campo una
fisica sperimentale, se si accetta un certo ampliamento del termine, si conduceva di fatto
anche lontano dalle macchine.
Prima di provare a dire di che si trattava, lasciatemi motivare la ragione per cui affronteroÁ
sinteticamente il tema in un fascicolo dedicato a
Puppi. Per quello che mi sento di poter dire in
assenza di documenti precisi al proposito credo
infatti che si debba a lui se quel modo di fare
fisica sperimentale pote svilupparsi, in quanto fu
a seguito di un suo soggiorno negli Stati Uniti che
gruppi americani con i quali Puppi era entrato in
contatto sottoscrissero la proposta di inviare in
Italia, presso alcuni Istituti di Fisica, film di camere a bolle affinche vi venissero analizzati (individuazione e classificazione (scanning) degli
eventi ed analisi quantitativa degli stessi). Non si
puoÁ dire che ci fosse allora in Italia una scuola di
«bollisti». C'era peroÁ una validissima scuola di
«lastristi» Ð ricercatori e tecnici Ð gli eredi
della tradizione dei Bruno Rossi e Beppo Occhialini, e le conoscenze e le attitudini a loro richieste non erano dissimili da quelle richieste per
l'analisi di fotogrammi di camere a bolle.
A Bologna, in particolare, comincioÁ ad affluire
una gran messe di filmati presi al cosmotrone di
Brookhaven, che era diventato operativo nel
gennaio del 1953, raggiungendo l'energia programmata di 3,3 GeV. Di interesse particolare eÁ
un esperimento la cui analisi fu condotta a termine nel 1957 (1). Esso riguardava la produzione
associata di particelle strane, con L e S come
partners iperonici. Il film usato era stato ottenuto nella camera a bolle a propano da 12 pollici
della Columbia University esposta a un fascio
di pioni negativi da 915 MeV. EÁ opportuno ricordare che in quell'anno madame Wu aveva
eseguito il suo esperimento comprovante la non
conservazione della paritaÁ nel decadimento del
cobalto 60. Era diffusa l'idea che la violazione
potesse essere dovuta a proprietaÁ intrinseche
del neutrino. Diventava percioÁ importante andare a controllare se la si osservasse anche in
processi non coinvolgenti il neutrino. Nel caso
dei decadimenti iperonici, si trattava di verificare se sussistessero correlazioni fra una polarizzazione Ð dello spin degli iperoni Ð e una
direzione, quella della linea di volo di un prodotto di decadimento, la prima essendo fornita
qui dagli eventi stessi di produzione, che danno
luogo a una polarizzazione in direzione normale
al piano di produzione.
La risposta dell'esperimento fu positiva: la
non conservazione della paritaÁ era dunque una
caratteristica generale delle interazioni deboli.
Risultato scientifico a parte, mi sembra interessante dare una scorsa alla lista dei firmatari
dell'articolo, in numero di venti. Di questi, nove
erano americani e undici «italiani» (vedremo
subito le ragioni delle virgolette). Dei primi, tre
appartenevano all'UniversitaÁ del Michigan, e si
capisce subito perche quando si legge fra essi il
nome di Glaser, l'inventore della camera a bolle
(ca. 1952); gli altri da New York, Columbia
University, Brookhaven National Laboratory:
si tratta di coloro che avevano operato con
l'acceleratore e raccolto i dati. Gli altri, gli
«italiani», erano coloro che questi dati li avevano analizzati. Troviamo in effetti fra i nomi dei
firmatari operanti in Italia quelli di un giapponese, Hiroshi Tanaka, e di un argentino, Pedro
Waloschek, entrambi attivi a Bologna in quel
periodo. Altro piccolo elemento di interesse: la
presenza di fisici di paesi extraeuropei nei nostri
laboratori era allora tutt'altro che inconsueta.
Mi eÁ grato ricordare qui nel testo i nomi degli
altri autori italiani a tutti gli effetti: Pietro Bassi,
Valeria Borelli, Giampietro Puppi, Vittorio Zoboli (Bologna), Marcello Conversi, Italo Mannelli, Paolo Franzini, Renato Santangelo e Vittorio Silvestrini (Pisa): molto tempo eÁ passato e
purtroppo alcuni di loro non sono piuÁ qui con
noi. EÁ anche interessante, credo, ricordare che
ben quattro degli autori americani avrebbero
ricevuto in seguito il premio Nobel: Donald
Glaser nel 1960 per la camera a bolle, Jack
Steinberger e Melvin Schwarz nel 1988 per aver
sviluppato un metodo per produrre fasci di
neutrini d'alta energia che avrebbero reso possibile la scoperta del neutrino muonico, Martin
Perl nel 1995 per la scoperta del tau.
L'indagine sulla non conservazione della paritaÁ nei decadimenti degli iperoni era indubbiamente la cosa piuÁ interessante che si potesse
compiere su quel film. C'era, naturalmente,
qualcos'altro a cui guardare: per cominciare, la
cosa piuÁ ovvia: l'analisi della diffusione elastica
p ‡ p all'energia del fascio; e, poiche questa
garantiva un'energia sufficiente nel centro di
massa, della produzione singola di pioni. Questi
studi furono condotti inizialmente da un gruppo
misto Bologna-Trieste, con la collaborazione,
nella sede bolognese, di Leo Lavatelli, dell'UniversitaÁ dell'Illinois a Urbana, in seguito da
un ristretto gruppo, tutto bolognese, guidato da
Waloschek. Avendo partecipato a queste ricerche, prima come laureando, poi come borsista
INFN, ricordo che Puppi non partecipoÁ in questa
fase al lavoro di routine, ma che esercitoÁ un
ruolo costante di stimolo e di controllo.
Nel marzo 2003 si tenne a Bologna, presso
l'Accademia delle Scienze, il meeting «30
Years of Bubble Chamber Physics». I trent'anni,
beninteso, erano quelli successivi all'invenzio-
ne di Glaser. Dell'ampio Comitato Scientifico
facevano parte due dei firmatari dell'articolo
che ho appena ricordato, Italo Mannelli e Jack
Steinberger. In quella occasione furono rievocati, in particolare, quegli anni. Nell'occasione
Pedro Waloschek e Valeria Alles-Borelli riferirono sulle attivitaÁ del gruppo di Bologna. Gli
stessi, con Giorgio Giacomelli, fornirono dettagli su di un altro aspetto interessante di quel
tipo di ricerca, riguardante il periodo del suo
avvio: il suo carattere artigianale. Waloschek
ricordoÁ che la ricostruzione stereografica degli
eventi, basata su tre visioni, era fatta a mano,
usando righe e curvilinei, su carta da disegno su
cui era proiettata l'immagine. I proiettori erano
un prodotto collaterale delle attivitaÁ di Pietro
Bassi e del suo gruppo, che avevano costruito
una piccola camera a bolle e preparato un'attrezzatura per analizzare le immagini. Marcello
Ceccarelli avrebbe poi inventato, sempre a Bologna, il digitalizzatore (digitizer) che sarebbe
diventato noto come il «mangiaspago», o alternativamente come il «trastullometro». I calcoli
si facevano con regoli, sfere di Wulff e calcolatrici elettromeccaniche da tavolo. Valeria Alles-Borelli sottolineoÁ che questi metodi e strumenti, cosõÁ primitivi se confrontati con quelli
sofisticati e rapidi che li avrebbero sostituiti,
risultavano peroÁ sufficientemente precisi, e
permettevano di ottenere buoni risultati in
25
breve tempo. Si passoÁ peraltro ben presto, come ricordoÁ ancora Waloschek, alle schede perforate e al calcolatore IBM 650 del Centro di
Calcolo della FacoltaÁ d'Ingegneria. Giacomelli
sottolineoÁ, a sua volta, il ruolo di coordinamento che fu assunto a Bologna dal Centro
Nazionale Analisi Fotogrammi (CNAF) dell'INFN.
Una fase «eroica» della fisica delle particelle?
Forse no, ma certo una fase che merita di essere
ricordata.
Bibliografia
(1)
F. E ISLER, R. PLANO , A. PRODELL, N. S AMIOS, M. S CHWARTZ, J.
S TEINBERGER , P. B ASSI, V. B ORELLI , G. PUPPI , H. TANAKA, P.
W ALOSCHEK , V. ZOBOLI , M. C ONVERSI, P. F RANZINI, I. M ANNELLI , R. S ANTANGELO e V. S ILVESTRINI , «Demonstration of
parity nonconservation in hyperon decay», Phys. Rev.
108 (1957) 1353.
I PRIMI ESPERIMENTI DI CAMERA A BOLLE A BOLOGNA
Redatto da VALERIA ALLES-BORELLI (1931-2004) nel 2003
UniversitaÁ e INFN, Bologna
26
La Camera a Bolle eÁ stato un rivelatore affascinante che ha permesso di visualizzare le
particelle cariche, di seguire il loro percorso, di
vederle interagire o decadere. Anche l'emissione di particelle neutre instabili poteva essere
rivelata tramite i prodotti carichi di decadimento, cosõÁ come i gamma potevano essere visti
tramite la loro materializzazione. Tutto questo
osservando una sola fotografia che rappresentava il ricordo visivo di cioÁ che era successo, nel volume sensibile della camera, durante l'espansione.
La CB poteva essere paragonata alla camera
di Wilson, con il vantaggio peroÁ di avere come
rivelatore, al posto di un vapore, un liquido, piuÁ
denso del vapore, che poteva essere idrogeno.
Dopo la messa a punto di un piccolo prototipo
di CB da parte dell'inventore e premio Nobel D.
A. Glaser (UniversitaÁ di Michigan), in vari laboratori, anche italiani, inizioÁ la costruzione di
camere a bolle operative e di mezzi per l'analisi
delle fotografie.
All'UniversitaÁ di Bologna venne costruito un
apparecchio per proiettare le fotografie di CB,
adatto alla ricerca delle interazioni ed alla loro
analisi. Nel 1956 arrivarono a Bologna le prime
bobine di fotografie da esaminare. Era una tecnica nuova, anche se altre tecniche visive l'avevano preceduta. Le fotografie analizzate all'UniversitaÁ di Bologna provenivano dalla esposizione di una Camera a Bolle a propano (12 in.
diam. 8 in. profonditaÁ) ad un fascio di pioni
negativi con energie di 910, 960 e 1200 MeV.
Lo scopo principale dell'esperimento era la
dimostrazione sperimentale della non conservazione della paritaÁ nel decadimento degli
iperoni, predetta teoricamente da T. D. Lee e C.
N. Yang e dimostrata in tempo breve dalla collaborazione fra i seguenti laboratori:
± Laboratorio di Brookhaven, Columbia University (J. Steinberger): p ± di 960 MeV;
± UniversitaÁ di Michigan (D. A. Glaser);
± UniversitaÁ di Bologna (G. Puppi): p ± di
910 MeV;
± UniversitaÁ di Pisa (M. Conversi): p± di
1200 MeV.
Il gruppo di Bologna, molto affiatato ed entusiasta, elaboroÁ, in collaborazione con il gruppo di
Pisa, un metodo di misura grafico che permise di
ottenere risultati soddisfacenti in breve tempo.
Bisogna rilevare che, a quei tempi, per l'elaborazione dei dati, ci si poteva valere solo di carta, di
matita, di archi di circonferenza e di calcolatrici
meccaniche lente e ... rumorosissime. Questo
metodo, invero tecnicamente primitivo se confrontato con i metodi successivi sofisticati e veloci, si riveloÁ tuttavia sufficientemente preciso per
le esigenze di allora. Esso permise di ottenere
buoni risultati in breve tempo.
Oltre alla dimostrazione della non conservazione della paritaÁ nel decadimento degli iperoni,
vennero misurate sezioni d'urto, spin e vite medie.
Solo in un secondo tempo l'UniversitaÁ di Bologna fu dotata di un computer IBM 650, allora
«ultimo grido della moda». Dopo il suo onorevole servizio, esso venne sostituito da un altro
con maggiore capacitaÁ di calcolo e poi via via da
altri sempre piuÁ potenti.
I primitivi fogli di carta, che illustravano gli eventi,
vennero anch'essi sostituiti da montagne di schede
perforate e da enormi pacchi di fogli stampati.
Il punto debole della CB che, alla fine, fu la
causa del suo declino, eÁ stata la difficoltaÁ di ottenere solo le fotografie delle interazioni che si
desideravano studiare (assenza di trigger).
Questo fatto, unito ai problemi connessi al raggiungimento di energie sempre piuÁ elevate ed
alla ricerca di interazioni sempre piuÁ rare, creoÁ
il problema dell'enorme numero di fotografie da
esaminare, anche se in modo automatico, tanto
da dover escludere a priori la CB negli esperimenti di altissima energia e alta statistica.
LA CAMERA A BOLLE NAZIONALE A IDROGENO
SERGIO FOCARDI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
Nell'estate del 1956 il Consiglio direttivo
dell'INFN approvoÁ una collaborazione fra cinque sezioni per la costruzione di una camera a
bolle a idrogeno liquido. L'accordo era che
ciascuna delle cinque sezioni (Bologna, Padova, Pisa, Roma e Trieste) avrebbe partecipato
con un ricercatore (fisico o ingegnere) e Puppi,
che era allora il direttore della sezione di
Bologna, mise a disposizione la sua sede per la
realizzazione dell'impresa. A quell'epoca non
c'erano in funzione in Europa camere a bolle a
idrogeno liquido: un gruppo del CERN a Ginevra era impegnato a costruire uno strumento
del genere con un diametro dell'ordine di
30 cm.
La camera a bolle era stata inventata qualche
anno prima da Glaser che nel 1952 aveva realizzato il primo prototipo funzionante con etere
dietilico e ne aveva costruiti successivamente
altri impiegando come liquido il propano; giaÁ nel
1953 Hildebrand e Nagle mostrarono la possibilitaÁ di utilizzare l'idrogeno liquido.
La camera a bolle, potendo produrre piuÁ
eventi per la maggiore densitaÁ dei liquidi rispetto a quella dei gas, era destinata a sostituire
le camere a nebbia, fino ad allora impiegate
come rivelatori di particelle cariche. L'impiego
dell'idrogeno aveva inoltre il vantaggio che le
interazioni prodotte da particelle cariche avvenivano su protoni anziche su nuclei complessi.
L'apparente svantaggio, rispetto alla camera a
nebbia, di non poter comandare il processo di
espansione per mezzo di contatori era compensato dal fatto che la camera a bolle sarebbe stata
destinata a funzionare con fasci di particelle
prodotte da macchine acceleratrici di cui si poteva conoscere con grande precisione l'istante
di transito attraverso lo strumento.
Nel settembre 1954 era stato costituito a Ginevra il CERN nei cui programmi rientrava la
realizzazione di acceleratori, il primo dei quali, il
sincrociclotrone da 600 MeV, avrebbe iniziato a
funzionare nel 1958.
La decisione di costruire una camera a bolle a
idrogeno liquido appare ancor oggi quanto mai
tempestiva tenuto conto anche del ritardo dell'Europa rispetto agli Stati Uniti e della rapiditaÁ
con cui la fisica progrediva oltre Oceano.
La Camera a Bolle, Nazionale (come fu denominata) (vedi fig. 1) avrebbe dovuto permettere ai gruppi interessati di poter disporre di
fotogrammi da analizzare, relativi a interazioni
di particelle in idrogeno.
Il gruppo diretto da Pietro Bassi, che aveva giaÁ
costruito a Padova, la sede da cui proveniva,
camere a bolle a propano, inizialmente fu costituito da Cano, Focardi, Michelini e Saporetti
le cui sedi originali erano Trieste, Pisa, Roma e
Bologna. Successivamente nel corso della realizzazione del programma Cano e Michelini,
avendo assunto altri impegni, vennero sostituiti
rispettivamente da Bertolini e Gialanella.
27
Fig. 1. ± Camera a Bolle Nazionale a idrogeno liquido.
Costruita a Bologna dal 1956 al 1958 da una collaborazione tra le sezioni INFN di Bologna, Padova,
Pisa, Roma e Trieste.
Puppi che aveva certamente ottenuto il preventivo parere favorevole di Bassi ad assumere
la responsabilitaÁ dell'impresa fu essenziale per
la riuscita dell'operazione: sostenne, anche finanziariamenente, grazie ad un contributo annuo di 50 milioni di lire per dieci anni del Comune di Bologna, garantitogli dal sindaco Dozza, l'ammodernamento dell'officina meccanica.
Trovandosi nella favorevole circostanza di essere direttore sia dell'Istituto di fisica sia della
sezione INFN non perse mai l'occasione di sostenere l'impresa e fu essenziale per la soluzione
dei problemi logistici che si presentarono.
Durante la fase di progetto e di realizzazione
dello strumento, passarono alcuni mesi a Bologna
sia Jack Steinberger che Martin Block, i cui contributi furono importanti anche perche permisero
l'instaurarsi di fruttuose collaborazioni cui contribuirono altri ricercatori dell'istituto, dando
avvio a una importante attivitaÁ di ricerca nel settore della fisica delle particelle elementari.
La camera a bolle fu costruita a Bologna, dove, per mancanza di attrezzature criogeniche,
non si poterono eseguire le prove di funzionamento a 27 K che vennero fatte in un laboratorio
del CERN.
Lo strumento fu impiegato su un fascio di
protoni del Sincrociclotrone per studiare la
produzione di mesoni carichi a 420 e a 600 MeV e
la cattura di muoni negativi in idrogeno (fig. 2).
28
Fig. 2. ± Camera a Bolle Nazionale in una sala sperimentale del Sincrociclotrone, SC, a 600 MeV del CERN.
Nel frattempo era stata completata la camera
costruita da un gruppo del CERN che aveva dimensioni maggiori di quella italiana e il CERN
aveva messo in cantiere una camera a bolle assai piuÁ grande (80 cm di lunghezza) che divenne
lo strumento che fornõÁ i fotogrammi da ana-
lizzare ai gruppi di ricerca europei, compresi
quelli italiani.
La Camera a Bolle Nazionale fu poi trasferita
all'elettrosincrotrone di Frascati dove con opportune modifiche venne utilizzata per misure di
fotoproduzione di pioni.
GIANNI PUPPI E GLI ESPERIMENTI IN CAMERE A BOLLE
GIORGIO GIACOMELLI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
Subito dopo l'invenzione della camera a
bolle, Gianni Puppi si rese conto della sua
importanza nell'ambito della fisica delle particelle elementari. Con grande abilitaÁ Gianni
riusci a portare a Bologna un notevole numero
di fotogrammi che provenivano da una nuova
camera a bolle da 12 pollici riempita di propano, costruita da gruppi americani delle universitaÁ di Columbia e Michigan e dei Laboratori
Nazionali di Brookhaven, ed esposta a un fascio di pioni negativi di 910 MeV provenienti da
un nuovo acceleratore di particelle, il Cosmotrone da 3,3 GeV di Brookhaven. Le prime
analisi dei fotogrammi furono fatte con mezzi
semplici, improvvisati, che divennero progressivamente piuÁ complicati e piuÁ specializzati (vedi relazioni di Alles-Borelli e di Bergia). Come descritto da Silvio Bergia, le foto
furono analizzate da una collaborazione fra
due universitaÁ italiane, due universitaÁ ed un
laboratorio americani e portarono a risultati di
fisica molto interessanti. A questa prima collaborazione parteciparono personalitaÁ importanti, come Jack Steinberger e Melvin Schwartz
della Columbia University e del Laboratorio di
Brookhaven, Gianni Puppi e Pietro Bassi di
Bologna, Marcello Conversi di Pisa, Donald
Glaser, l'inventore della camera a bolle, e Martin
Perl dell'UniversitaÁ del Michigan.
La seconda collaborazione, organizzata da
Gianni Puppi e Martin Block, della Duke University, utilizzava fotogrammi provenienti dalla
camera a bolle di 20 cm, riempita di elio liquido,
della Duke University, immersa in un campo
magnetico di 14 kG ed esposta a un fascio di K ±
``a riposo''. I risultati piuÁ interessanti riguardarono la determinazione della paritaÁ relativa KLambda e lo studio degli iperframmenti; ci fu
anche una misura dello spettro degli elettroni
emessi nei decadimenti m ! e ne nm , che permise di ottenere il parametro r. SeguõÁ la camera
a bolle a elio da 50 cm con campo magnetico di
28 kG della Northwestern University. A questi
esperimenti collaborarono anche Luigi Monari,
Nella Grimellini, Attilio Forino, Adriana Minguzzi-Ranzi e altri ancora.
Oltre a seguire l'analisi dei fotogrammi,
Gianni si interessoÁ alla costruzione della Camera a Bolle Nazionale Italiana a idrogeno liquido, progettata e costruita da un gruppo di
ricercatori provenienti da cinque Sezioni INFN.
Ricordiamo il contributo importante di Sergio
Focardi di Pisa (e poi Bologna), Aldo Michelini
di Roma e Bologna (poi CERN) e Franco Saporetti dell'ENEA (poi UniversitaÁ di Bologna).
La camera a bolle fu poi esposta a fasci degli
acceleratori del CERN (vedi relazione di Focardi).
Per effettuare i nuovi esperimenti in camere a
bolle fu necessario potenziare le Sezioni INFN,
coordinare e migliorare le relazioni con gli Istituti di Fisica, potenziare i laboratori di misura e
tutti i mezzi di calcolo.
La prima fase dell'era delle camere a bolle fu
dominata da molte e relativamente piccole camere a bolle americane. Queste prime camere
a bolle produssero un numero limitato di fotogrammi da analizzare. Ma, progressivamente,
29
30
le camere divennero piuÁ grandi (raggiungendo
le dimensioni di circa 40 metri cubi); il numero
di fotogrammi prodotti divenne rapidamente
molto elevato. In circa trenta anni furono costruite un centinaio di camere a bolle che
produssero circa 100 milioni di fotografie stereoscopiche. Il CERN di Ginevra arrivoÁ in ritardo, ma rapidamente riuscõÁ a costruire camere a bolle molto grandi e produsse un gran
numero di fotogrammi, che alimentarono la
ricerca in moltissime universitaÁ e molti laboratori europei (1-3 ).
La tecnica delle camere a bolle diede un forte
impulso alla ricerca fondamentale a Bologna e
in Italia. Furono inoltre realizzate le prime collaborazioni scientifiche fra diversi gruppi italiani, europei e americani. Con l'avvento delle
camere a bolle cambioÁ rapidamente la sociologia della ricerca: le camere a bolle erano costruite in laboratori lontani, esposte a fasci
provenienti da grandi acceleratori in grandi laboratori e venivano analizzate nelle sedi di
provenienza dei gruppi della collaborazione.
Gianni Puppi organizzoÁ altre collaborazioni,
fra cui una che utilizzava la camera a bolle di
50 cm di Saclay esposta all'acceleratore Saturne
di Saclay a fasci di pioni carichi. Gianni Puppi
dominoÁ la scena scientifica insieme a A. Berthelot di Saclay. Occorre ricordare anche Angela Quareni-Vignudelli, Attilio Forino, Laura
Lendinara, Adriana Minguzzi-Ranzi e altri. Vennero, poi, fotogrammi ottenuti con la camera a
bolle da due metri del CERN riempita con idro-
Un decadimento K‡ ! p p‡ p‡ osservato in una camera a bolle.
geno liquido ed esposta sia a mesoni p che a
fasci «separati» di mesoni K ±, poi fotogrammi
presi con esposizioni a fasci separati di mesoni
K + in varie camere a bolle riempite con idrogeno
e con deuterio. Infine si giunse alla grande camera a bolle europea, BEBC, di 40 m3 al CERN
riempita con idrogeno, deuterio, con liquidi pesanti ed esposta a fasci di neutrini ed antineutrini di alta energia. Fra i giovani che cominciavano le loro ricerche vanno ricordati
Antonio Maria Rossi, Gianni Mandrioli, Annarita
Margiotta, Maurizio Spurio, Laura Patrizii (ora
Coordinatrice del Gruppo 2 della Sezione INFN
di Bologna) e altri.
Alcune note personali: sono stato anch'io
studente di Gianni ed ho seguito il suo meraviglioso corso di Fisica Superiore. Gianni seguiva i suoi giovani allievi e li spingeva verso
nuove iniziative e a recarsi in laboratori stranieri. Mi aiutoÁ a scegliere un'universitaÁ americana dove conseguire il PhD (che allora non
esisteva in Italia) e seguõÁ con regolaritaÁ i miei
progressi. Quando tornai in Italia Gianni Puppi
ed Antonio Stanghellini vollero immediatamente vedere e discutere i risultati ottenuti (in
questo caso con rivelatori elettronici). Puppi
continuava a seguire i suoi giovani anche dopo
aver iniziato altre attivitaÁ di ricerca: un pomeriggio si rese conto che un collega ed io stavamo analizzando un risultato interessante:
Gianni restoÁ con noi tutto il pomeriggio per
incitarci e per assicurarsi che si portasse a
termine il lavoro.
Le camere a bolle erano strumenti molto attendibili e sono state riempite con liquidi diversi
(idrogeno, deuterio, propano, elio, liquidi pesanti, come la miscela di idrogeno/neon, ecc); si
comportavano come rivelatori omogenei con
piena accettanza su tutto l'angolo solido 4p, e
furono utilizzate con fasci diversi sempre piuÁ
energetici.
EÁ da notare il progressivo miglioramento dei
mezzi di analisi utilizzati per studiare i fotogrammi delle camere a bolle: i primi mezzi di
analisi erano rudimentali, ma rapidamente seguirono macchine automatiche come il «trastullometro» di Marcello Ceccarelli, i «mangiaspago» di Sergio Focardi, Gianni Mandrioli e
Angela Quareni-Vignudelli, e molte altre. I dati
forniti da queste macchine venivano trasferiti su
schede di carta perforate.
Inoltre per analizzare il gran numero di fotogrammi occorreva un notevole numero di «osservatori analisti», di solito giovani signore.
EÁ anche importante notare l'evoluzione dei
mezzi di calcolo: nelle prime fasi il calcolatore
piuÁ potente era il regolo calcolatore, seguito
poi da calcolatrici elettromeccaniche. Seguirono i primi calcolatori elettronici, rimpiazzati
da elaboratori di sempre maggior capacitaÁ e
velocitaÁ : Gianni Puppi fu un pioniere iniziando
con l'IBM 650, poi con un calcolatore piuÁ potente, un IBM 704, posto in un centro di calcolo
(eÁ da notare che per molti anni la scelta dei
calcolatori da acquistare fu basata sulle necessitaÁ di calcolo per elaborare gli «eventi» in
camere a bolle). Gianni Puppi contribui alla
scelta degli elaboratori e infine all'organizzazione del Centro Nazionale Analisi Fotogrammi (CNAF) dell'INFN, situato presso il
Centro di Calcolo dell'ENEA in via Mazzini a
Bologna. Il CNAF inizioÁ a coordinare le attivitaÁ
di misura e di calcolo dei fotogrammi di camere a bolle: nella sede INFN di Bologna venivano selezionati i fotogrammi con gli eventi
interessanti, che venivano poi pre-misurati con
macchine semi-automatiche come i «mangiaspago». I risultati venivano immagazzinati su
nastri magnetici e inviati al CNAF. Il CNAF
aveva messo a punto un HPD, una grande
macchina automatica capace di fornire misure
precise guidate dalle pre-misure effettuate in
tanti laboratori diversi (vedi relazione di M.
Masetti). Le pubblicazioni ottenute dai bolognesi utilizzando fotogrammi di camere a bolle
sono elencate nei proceedings del convegno
«30 anni di camere a bolle», organizzato in
onore di Gianni Puppi (2).
Infine eÁ opportuno ricordare che la comunicazione della scienza eÁ progressivamente divenuto un argomento sempre piuÁ importante: le
foto di camere a bolle possono dare un'immediata e semplice visualizzazione di singoli
«eventi» di fisica subnucleare; cioÁ permetteva di
far rilevare come molti aspetti della fisica fondamentale submicroscopica fossero basati su
relativamente semplici e facilmente comprensibili fatti sperimentali. Un insieme di eventi in
camere a bolle, opportunamente selezionati, era
anche utile per iniziare un corso di fisica delle
particelle elementari.
Bibliografia
(1)
(2)
Bubbles 40, Nucl. Phys. B (Proc. Suppl.) 96 (1994) 1.
G. GIACOMELLI, Introduction to the workshop 30 Years of
Bubble Chamber Physics, physics/0604152.
http://www.bo.infn.it/~spurio/bubble.htm
(3)
Gli esperimenti effettuati dai bolognesi con camere a bolle e la
relativa lista di pubblicazioni sono in:
«Bologna experiments and publication list»
www.bo.infn.it/antares/bolle_proc/proceedings.htm
31
PUPPI, CLEMENTEL E IL CNAF
MASSIMO MASETTI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
32
All'inizio degli anni 60, la ricerca in fisica delle
alte energie (HEP) aveva cominciato a rivolgersi
all'utilizzo di camere a bolle per la rivelazione
delle traiettorie delle particelle, traiettorie che
venivano memorizzate su film. L'analisi fisica
degli eventi, cosõÁ memorizzati, richiedeva prima
lo scanning manuale dei fotogrammi per individuare quelli interessanti e quindi la misura
semiautomatica delle traiettorie delle relative
particelle; le misure venivano memorizzate su
schede in cartoncino. In un secondo tempo
questi dati erano elaborati da una catena di
programmi funzionanti su potenti elaboratori. Si
sentiva quindi la necessitaÁ di una migliore automazione delle misure e di una piuÁ alta precisione di misura.
Nell'ambito di queste esperienze con camere
a bolle condotte al CERN di Ginevra si formoÁ
una ampia collaborazione internazionale che
comprendeva centri di ricerca (CERN, DESY,
Saclay, Brookhaven, Berkeley) e universitaÁ
(Monaco, Oslo, Vienna. Londra,...). Questa collaborazione aveva come scopo comune la realizzazione di un sistema di analisi: Hardware
(HW) e Software (SW) per la misura automatica dei fotogrammi con precisione dell'ordine del micron. Per quanto riguardava
l'HW fu fatto un progetto comune per le parti
meccaniche; per quanto riguardava il SW, a
Bologna fu deciso di utilizzare il calcolatore
IBM 7094 che avrebbe funzionato in tempo
reale con l'apparecchiatura di misura. Nell'ambito di questa collaborazione il sistema fu
battezzato: HPD-IBM 7094 o FSD ± IBM 7094
(FSD: Flying Spot Digitizer) (vedi fig. 1). Ogni
gruppo sviluppoÁ poi una propria elettronica di
collegamento al calcolatore.
Gianni Puppi decise di entrare in questa collaborazione internazionale con una serie di iniziative in parte finanziate dal Consorzio interprovinciale universitario (ogni anno Puppi riferiva al Consorzio l'andamento dei lavori). Il
Professor Ezio Clementel, direttore del centro
di calcolo del CNEN di Bologna, e il Professor
Puppi proposero ed ottennero l'installazione di
un calcolatore IBM 7094 presso il centro di cal-
Fig. 1. ± Il Flying Spot Digitizer (FSD) del CNAF.
colo CNEN a Bologna, con 8 ore giornaliere
dedicate all'analisi dei fotogrammi di camere a
bolle. Fu questa una collaborazione assai proficua, resa possibile dalla presenza di Puppi e
Clementel.
L'iniziativa di Gianni Puppi si concretizzoÁ poi
nella costituzione di un gruppo di lavoro INFN
che in seguito sarebbe diventato un'unitaÁ operativa INFN, denominata CNAF (Centro Nazionale Analisi Fotogrammi), a cui ebbero accesso
gruppi di ricerca delle diverse sedi INFN. CosõÁ il
CNAF divenne un centro di analisi dei dati per i
gruppi INFN che svolgevano attivitaÁ di ricerca
con camere a bolle.
Desidero ricordare che nella fase iniziale
hanno contribuito principalmente: per l'hardware, U. Zanotti, G. Sini e P. Bacilieri, per il
software E. Vaccari, M. L. Luvisetto e P. Matteuzzi, A. Maggiolo Schettini e A. Ghiselli per il
software off-line, ed altri. La Dott.sa M. L. Luvisetto eÁ poi diventata responsabile della gestione della rete informatica; altri sono diventati
professori universitari.
Vediamo ora alcuni dei principali «gradini»
dell'attivitaÁ svolta:
± 1962, un primo gruppo di persone si trasferisce al CERN per un anno ed inizia in
Fig. 2. ± Inaugurazione del CNAF. Erano presenti il Ministro L. Gui, i primi Presidenti dell'INFN oltre ai Professori
E. Clementel e M. Ceccarelli.
collaborazione la progettazione del sistema
FSD±IBM 7094. Il Professor Puppi partecipoÁ
per-sonalmente alla selezione del personale da
inviare al CERN, e supervisionoÁ la collaborazione con il personale della DD division del
CERN.
± 1964, entrata in funzione, al CNAF, del calcolatore IBM 7094 e della catena di programmi
Thresh e Grind per l'analisi dei dati di camera a
bolle misurati presso le Sezioni INFN. Fra i primi gruppi che utilizzarono la catena dei programmi vi furono anche quelli che collaboravano con il Professor Puppi.
± 1966, entrata in funzione del sistema IBM ±
7094: gruppi delle Sezioni INFN di Bologna,
Padova e Trieste iniziano a portare i loro film da
analizzare.
± 1967, inaugurazione del CNAF con la presenza del Ministro della Pubblica Istruzione L.
Gui e membri del direttivo INFN (vedi fig. 2).
Vedi anche la fotografia della apparecchiatura
FSD realizzata al CNAF, fig. 1.
± 1968, entrata in funzione del sistema FSD±
IBM 360/44 per soddisfare l'aumento delle richieste di analisi di film provenienti dai gruppi
delle sezioni INFN.
± 1980, il CNAF partecipa all'organizzazione
del congresso «Computing in High Energy and
Nuclear Physics» tenuto presso il Dipartimento
di Fisica dell'UniversitaÁ di Bologna, e vengono
presentati i risultati ottenuti.
± 1984 il CNAF inizia una nuova attivitaÁ come
centro della rete trasmissione dati INFN.
L'iniziativa di Gianni Puppi eÁ stata fondamentale per l'analisi di precisione dei fotogrammi di camere a bolle, analisi che richiedeva
complesse apparecchiature automatiche funzionanti in tempo reale con calcolatori e un sofisticato software off-line per l'analisi fisica degli esperimenti.
In seguito le competenze sviluppate nel
campo del software, sia on-line che off-line,
hanno permesso al CNAF (denominato ora
Centro Nazionale per la Ricerca e lo Sviluppo
delle Tecnologie Informatiche e Telematiche)
di contribuire agli esperimenti INFN per il futuro Collisionatore LHC (esperimenti ATLAS,
CMS, ALICE e LHCb), e costituendo per questo
un centro di calcolo, chiamato CNAF-T1, inserito all'interno di una Computing Grid internazionale.
33
GIANNI PUPPI E L'IBM 650
FERRANTE PIERANTONI
UniversitaÁ di Bologna, ENEA, AIPA
34
Ho conosciuto Gianni Puppi, una delle persone piuÁ straordinarie che abbia mai incontrato,
nel 1958, appena laureato in ingegneria industriale: allora non esisteva ancora l'ingegneria
elettronica. Anche se mi ero da sempre interessato ai calcolatori elettronici la mia esperienza era minima e limitata ad un coinvolgimento col primo IBM 650 istallato in Italia alla
Banca d'Italia. In quegli anni nelle banche il
personale veniva assunto come «ragioniere» ed
eventualmente veniva fatto laureare in seguito. I
dottori in economia e commercio venivano visti
con sospetto e gli ingegneri venivano considerati veri e propri alieni. Il massimo che potevano
fare era parlare con uno studente di ingegneria
che conoscevano bene.
Mi ero laureato nel febbraio del 1958 con la
lingua fuori dai denti, dopo avere avuto tre
successivi attacchi dell'influenza asiatica che
imperversava quell'anno. Ercole De Castro, l'amico oltre che il professore che mi aveva dato la
tesi di laurea, mi consiglioÁ di rimandare all'anno
successivo la partenza per gli Usa per andare a
lavorare all'IBM e di riprendermi completamente prima di affrontare un mondo estremamente competitivo come quello americano.
La vicenda dell'IBM 650 eÁ tra le imprese di
Gianni Puppi una delle piuÁ illuminanti delle sue
eccezionali capacitaÁ. Tutti pensavano allora di
costruire in casa i nuovi elaboratori elettronici
ed erano spaventati dagli elevatissimi costi
previsti ed ancor piuÁ dalle difficoltaÁ della loro
manutenzione. Puppi, che giaÁ allora era sopranominato il doge per la sua abilitaÁ nel gestire situazioni complesse, aveva bisogno di
disporre di un elaboratore elettronico, sia per i
calcoli relativi agli esperimenti con la camera a
bolle, che Pietro Bassi stava realizzando, sia
per i calcoli di traiettorie degli astrofisici. Su
suggerimento di Puppi feci un controllo con
Ugo A. Sagramoso, a quel tempo direttore della
filiale IBM di Bologna, e venni a sapere che non
solo il costo di un IBM 650, del quale l'IBM
garantiva la manutenzione, era molto piuÁ ragionevole di quanto ipotizzato, ma che c'era
anche un sostanziale sconto «Educational». In
pratica lo si poteva comprare con poco piuÁ di
100 milioni di lire.
EÁ a questo punto che Gianni Puppi mise in
luce le sue eccezionali capacitaÁ, inizialmente
impegnando per acquistare l'IBM 650 due delle
rate annuali, di 50 milioni ciascuna, del contributo che il Comune di Bologna Ð sindaco
Giuseppe Dozza Ð aveva destinato a promuovere le ricerche nel campo della fisica, mentre a
Roma riusciva ad ottenere, dall'allora Ministro
della Pubblica Istruzione Aldo Moro, uno stanziamento di oltre 100 milioni a favore della FacoltaÁ di Ingegneria per l'acquisto dell'IBM 650,
liberando in tal modo le somme del contributo
del Comune di Bologna.
La vicenda dell'IBM 650 fu probabilmente un
episodio eccezionale. Incontrando venti anni
dopo Aldo Moro, ad una riunione dell'Arel, rimasi stupito dal fatto che si ricordasse di
questa vicenda, senza alcun aggancio da parte
mia, a dimostrazione del fatto che non si deve
mai sottovalutare l'eccezionale capacitaÁ di organizzare la memorizzazione dei vari avvenimenti che possedevano i politici della prima
repubblica.
Il risultato fu che la FacoltaÁ di Ingegneria di
Bologna ebbe un centro di calcolo elettronico
ed il primo turno di utilizzo, la Scuola di Specializzazione in Ingegneria Nucleare ed il
CNRN ebbero il secondo turno, e l'Istituto di
Fisica e quello di Astronomia il terzo. Alla fine
tutti furono contenti mentre Gianni Puppi
aveva ottenuto la disponibilitaÁ di un calcolatore elettronico di cui aveva necessitaÁ senza
alcun aggravio per il bilancio dell'Istituto di
Fisica.
A livello strategico l'arrivo dell'IBM 650 fu un
seme fecondo. L'evoluzione degli anni successivi portoÁ infatti nel 1960 alla creazione del
Centro di Calcolo del CNEN, dotato del primo
grande calcolatore scientifico in Italia, un IBM704, installato nel 1961. Nel 1964 venne acquistato un calcolatore della seconda generazione, un IBM-7094, corredato di due IBM-1401.
Nel 1966 venne collegato un calcolatore IBM7040 direttamente al 7094, creando un sistema
accoppiato 7094/7040 che affidava al 7094 solo
le attivitaÁ di calcolo, e lasciava al 7040 il
compito di regolare l'ingresso e l'uscita dei dati
necessari per il calcolo e per organizzare la
successione dei lavori secondo prioritaÁ assegnate. Nella seconda metaÁ degli anni sessanta
comincioÁ a funzionare in Italia un primo em-
brione di rete di calcolo, in collegamento via
ponte radio tra Bologna ed il Centro della Casaccia (Roma), mediante il quale i ricercatori
di quel Centro potevano utilizzare i calcolatori
a Bologna con le stesse modalitaÁ e con gli
stessi «tempi di ritorno» dei ricercatori a Bologna.
PUPPI, QUARENI E LE EMULSIONI NUCLEARI
GIORGIO GIACOMELLI e LAURA LENDINARA
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
Negli anni 1940-1970 le emulsioni nucleari
erano una tecnica di avanguardia che produsse
nuovi importanti risultati e scoperte nel campo
della fisica delle particelle elementari. Basti
pensare al notevole numero di nuove particelle
scoperte nella radiazione cosmica utilizzando
la tecnica delle emulsioni nucleari.
Gianni Puppi venendo a Bologna da Padova
portoÁ questa tecnologia che era nuova per
Bologna. Vi portoÁ anche Marcello Ceccarelli e
Gianni Quareni, che formarono un forte gruppo
di ricerca, che includeva anche Pedro Waloshek, Angela Quareni-Vignudelli, Laura Lendinara, Adriana Minguzzi-Ranzi e altri. Il gruppo era dotato di molti nuovi microscopi e di
una folta schiera di osservatori analisti.
Il gruppo di Bologna era allora un gruppo
collegato con la Sezione INFN di Padova.
L'investimento in microscopi, sviluppo chimico, e personale addetto fu forse il primo grande
investimento dell'INFN a Bologna. Gianni
Puppi segui questa tecnologia, l'aiutoÁ a svilupparsi e a consolidarsi, poi passoÁ ad altri
campi di ricerca, senza peroÁ mai dimenticarla.
Le emulsioni nucleari differiscono rispetto
alle normali emulsioni fotografiche per l'elevato spessore (circa 0,6 mm) e per l'alta
concentrazione di argento. Le emulsioni nucleari sono lo strumento fisico con la migliore
risoluzione spaziale, meglio di 1 mm; esse permettono quindi di ricercare per esempio particelle a vita media molto breve, misurando la
distanza fra punto di produzione e punto di
decadimento.
Nelle emulsioni nucleari esposte ai raggi
cosmici si doveva fare una lunga ricerca per
trovare pochi eventi interessanti. Ma successivamente le emulsioni furono esposte a fasci di
particelle cariche provenienti dai grandi acceleratori. Le prime emulsioni utilizzate a Bologna erano state esposte a un fascio separato di
mesoni K+ da 700 MeV/c al Bevatrone di Berkeley. Le emulsioni venivano analizzate con
microscopi ottici con un forte ingrandimento:
nella prima fase, la fase di scan, si cercavano
«eventi» (interazioni e decadimenti); un evento
interessante veniva poi misurato con grande
precisione, il che richiedeva un tempo piuttosto lungo. Entro certi limiti le emulsioni si
comportavano come un rivelatore isotropo con
un'altissima risoluzione spaziale. La nuova
tecnica delle emulsioni nucleari diede un forte
impulso alla ricerca fondamentale a Bologna.
In particolare, nelle prime esperienze furono
trovati esempi di decadimenti radiativi ( 1,2).
Verso la fine degli anni '60 la tecnica delle
emulsioni nucleari fu lentamente abbandonata
in favore della tecnica delle camere a bolle. Vi eÁ
peroÁ stata una rinascita delle emulsioni nucleari
quando negli ultimi anni del secolo scorso furono sviluppati e costruiti proiettori automatici
per emulsioni nucleari, dotati di grande precisione e di elevata velocitaÁ: un esempio di tali
proiettori sono quelli fabbricati a Bologna sotto
35
la guida di Gianni Mandrioli, e utilizzati per l'esperimento OPERA sul fascio di neutrini dal
CERN al Gran Sasso (3). Con questi proiettori eÁ
ora possibile analizzare, in modo completamente
automatico e con grande precisione, emulsioni
nucleari di 44 mm di spessore, osservando circa
15 piani diversi in verticale, alla velocitaÁ di circa
20 cm2 di emulsione all'ora. Recentemente eÁ
stato verificato che si poteva passare dalla precisione di circa 1 cm dei tracciatori elettronici
dell'esperimento alla precisione molto migliore
del micron delle emulsioni nucleari.
EÁ infine da sottolineare che alcuni eventi in
emulsioni nucleari sono stati ampiamente utilizzati per divulgazione scientifica e per scopi
didattici.
Bibliografia
(1)
W. PUSCHEL et al., «Evidence for the radiative decay mode
K‡ ! p‡ p‡ p g», Phys. Lett., 2 (1962) 96.
G. GIACOMELLI et al., Nuovo Cimento, 34 (1964) 1134.
L. A RRABITO et al., Nucl. Instrum. Methods A, 568 (2006)
578.
(2)
(3)
IL CONTRIBUTO DI GIANNI PUPPI AL MIGLIORAMENTO
DELL'INSEGNAMENTO DELLA FISICA NELLA SCUOLA SECONDARIA
NELLA GRIMELLINI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna
36
Attilio Forino, a conclusione del suo contributo a questa pubblicazione, riporta una frase
finale del Professor Puppi contenuta nella relazione «Considerazioni sulla fisica italiana»,
da Lui svolta al 47ë Congresso Nazionale della
SocietaÁ Italiana di Fisica, tenutosi a Como nel
1961 1.
Ero presente a quel Congresso della SIF e,
ascoltando la relazione del Professor Puppi,
sono stata profondamente colpita dalle Sue parole. Ascoltare le parole del Professore era
sempre stato per me, come per molti altri, un
grande piacere, sia per l'emozione intellettuale
che esse suscitavano sia per gli spunti di riflessione che suggerivano, ma in questo caso ho
avvertito che c'era qualcosa di piuÁ: un'occasione
per riflettere anche sul mio futuro 2.
Era il 1961 e quell'anno eÁ stato per me un
anno importante. Allora ero una giovane laureata in fisica che aveva iniziato da poco a lavorare nel gruppo di ricerca, diretto dal Professor Puppi, sullo studio delle interazioni di
mesoni K ± con nuclei di He con camera a bolle
nell'ambito di una collaborazione internazionale con il gruppo di ricerca diretto da Martin
Block, allora alla Duke University (North Carolina).
Nell'A.A. 1961-62 era pure partita la riforma
dell'ordinamento didattico dei corsi di laurea
in Fisica e in Matematica, con l'abolizione del
1
«Dobbiamo dedicare il meglio di noi stessi all'allevamento dei giovani che ora si affidano alle nostre cure; eÁ
venuto il momento di comprendere che questo eÁ il nostro
principale problema. ... Col crescere del numero degli allievi
la speranza matematica che un buon insegnamento frutti a
lunga scadenza piuÁdi una ricerca individuale comincia ad
essere notevole. Noi ci conosciamo, conosciamo le nostre
possibilitaÁ e i nostri limiti, ma non vi sono limiti ragionevoli che possiamo fissare al rendimento della nostra capacitaÁdi educatori. Una buona lezione puoÁ essere molto piuÁ
profonda di una modesta ricerca e puoÁ dare a noi la piacevole sensazione di avere fatto qualcosa di veramente utile
per gli altri e per noi stessi.»
2
Ho avuto la fortuna, al mio terzo anno di corso di laurea (1953-54), di seguire le lezioni del corso di Fisica Superiore tenute dal Professor Puppi e di sostenere con Lui
l'esame finale. Fu un'esperienza indimenticabile, che tuttora ricordo in modo molto preciso. In particolare ricordo
l'esame: una serrata e vivace discussione su argomenti di
RelativitaÁ, caratterizzata da un crescendo di domande e risposte che si concluse con un sorriso finale del Professore
(il famoso sorriso «a salvadanaio») e lo stupore da parte
mia del fatto che non mi ero resa assolutamente conto che
era trascorsa piuÁ di un'ora. Nel gennaio 1956 ottenni una
borsa di studio.
corso di laurea in Matematica e Fisica e l'introduzione degli indirizzi (generale, applicativo, didattico) sia nel corso di laurea in Fisica
sia nel corso di laurea in Matematica. A questa
riforma Puppi aveva collaborato in prima
persona, come membro dell'apposita Commissione ministeriale, convinto della necessitaÁ di
dedicare maggiore attenzione alla formazione
degli insegnanti di Fisica e convinto della opportunitaÁ di separare l'insegnamento della
Fisica da quello della Matematica 3 .
Il contributo di Puppi al miglioramento dell'insegnamento della Fisica non si limitoÁ peroÁ
solo ad iniziative sul piano istituzionale: nel
1960 infatti, sulla base di una proposta della
Prof.ssa Maria Ferretti, decise, come Direttore
dell'allora Istituto di Fisica dell'UniversitaÁ di
Bologna, di istituire il Seminario Didattico dell'Istituto allo scopo di sensibilizzare insegnanti
ed opinione pubblica su questioni di fondo
dell'educazione scolastica, in particolare quella
scientifica; offrire agli insegnanti delle scuole
secondarie superiori occasioni d'incontro per
conferenze, seminari, lezioni e discussioni,
spazi, materiali e attivitaÁ innovative. Si formoÁ
cosõÁ un primo nucleo di insegnanti-ricercatori
molto motivati e particolarmente interessati al
rinnovamento dell'insegnamento della fisica. Le
lezioni e i seminari del Professor Puppi erano i
piuÁ seguiti ed apprezzati, non solo dagli insegnanti ma anche da noi giovani laureati noncheÂ
da alcuni docenti dell'Istituto. A quelle lezioni
seguivano immancabilmente ampie discussioni
che raramente si esaurivano nei tempi previsti:
giovani laureati e docenti interessati ai temi
trattati nelle lezioni continuavano a discuterne
durante le pause dell'attivitaÁ di ricerca che
ciascuno di noi svolgeva; in questo modo il
gruppo di lavoro aumentoÁ in numero e si arricchõÁ di nuove idee e proposte. Anche in questa
occasione, come in moltissime altre, Puppi riveloÁ il suo notevole carisma e la sua capacitaÁ di
guardare e vedere lontano. Dopo pochissimi
mesi, gli interessi del Gruppo di lavoro del Seminario Didattico si arricchirono del contributo
di idee e iniziative di alcuni insegnanti della
3
Nell'A.A. 1961-62 mi eÁ stato affidato l'incarico dell'insegnamento di Preparazione di Esperienze Didattiche 1,
corso fondamentale dell'Indirizzo Didattico del corso di
Laurea in Fisica, con la motivazione che il docente doveva
avere le competenze e le abilitaÁ di un fisico sperimentale ed
essere, possibilmente, una donna con apprezzabili capacitaÁ
di comunicazione (sic!). Ho tenuto questo insegnamento
fino al giorno del mio pensionamento.
scuola secondaria inferiore, prima fra tutti, la
Prof.ssa Luisa Fabbrichesi Ceccarelli. Dopo un
intero anno dedicato allo studio della riforma
della scuola secondaria inferiore, in particolare
all'introduzione dell'insegnamento delle «Osservazioni Scientifiche», il gruppo di lavoro
guidato da Luisa Ceccarelli organizzoÁ , nel dicembre 1961, il cosiddetto C.A.O.S. (Corso Aggiornamento Osservazioni Scientifiche) al quale
partecipoÁ un numero straordinariamente alto di
insegnanti. L'interesse suscitato negli insegnanti e la convinzione che l'educazione alla
scienza era un processo che doveva partire da
lontano portoÁ Puppi alla consapevolezza che
era necessario reperire finanziamenti per la
pubblicazione dei cosõÁ denominati «QuaderniGuida di Osservazioni Scientifiche», mostrando, anche in questa occasione, le sue ben
note capacitaÁ manageriali. Sotto l'indimenticabile direzione del Professor Marcello Ceccarelli, eÁ stato quindi possibile pubblicare, con cadenza pressoche mensile, 20 numeri di Quaderni-Guida e inviarli gratuitamente a piuÁ di
7000 insegnanti e scuole, sparsi su tutto il territorio nazionale.
In parallelo alle attivitaÁ svolte dal gruppo
«osservazioni scientifiche», il gruppo di lavoro sull'insegnamento della fisica nella scuola
secondaria superiore del Seminario Didattico
era impegnato nello studio del materiale prodotto dal Physical Science Study Committee
(PSSC) e nella progettazione e realizzazione
dei corsi di formazione degli insegnanti delle
classi pilota in fisica nelle scuole dell'ordine
Classico e dell'ordine Tecnico e nella conduzione di un esperimento nazionale per un insegnamento moderno della fisica nella scuola
secondaria superiore. Infatti, nel 1960 l'OCSE
indisse varie conferenze orientative, a livello
internazionale, sull'azione da intraprendere
per il miglioramento dell'insegnamento delle
scienze nelle scuole secondarie. In particolare, per l'insegnamento della fisica, nella riunione tenutasi a Parigi presso il Palazzo dell'Unesco nel luglio 1960, fu redatto un documento fondamentale «A New Approach to
Physics Teaching». Le raccomandazioni e le
conclusioni emerse da quello studio e dall'analisi comparativa delle diverse situazioni
dell'insegnamento della fisica nei vari Paesi,
sono state diramate ai servizi tecnici e ai Ministeri dei Paesi membri dell'OCSE, con l'invito a tenerle presenti durante il lavoro di aggiornamento dei programmi d'insegnamento
37
38
delle materie scientifiche in tutti i tipi di
scuole secondarie. In Italia, i programmi per
l'insegnamento della fisica nelle scuole dell'ordine classico, all'epoca in cui quel documento eÁ stato elaborato, erano legati ad un
indirizzo prevalentemente nozionistico, di
scarso valore formativo, senza la possibilitaÁ di
far compiere esperimenti direttamente agli
allievi stessi; molti argomenti erano di scarsa
attualitaÁ e interesse per gli allievi e tutta
l'impostazione risentiva di indirizzi pedagogico-didattici ormai superati. La necessitaÁ di
offrire ai giovani, nella difficile etaÁ dell'adolescenza, un insegnamento adeguato alle
loro esigenze cognitive e di crescita culturale,
spinse il Ministro della Pubblica Istruzione
allora in carica a superare le difficoltaÁ di porre
in atto anche in Italia Ð per la prima volta Ð
un esperimento nazionale per un insegnamento moderno della fisica nella scuola
secondaria superiore, istituendo quelli che
sono stati chiamati i «corsi pilota per l'insegnamento della fisica» (1961-1966). Per la
realizzazione dell'esperimento, la Direzione
Classica del Ministero della Pubblica Istruzione nominoÁ un'apposita Commissione Nazionale della quale Puppi era il Presidente. Il
primo compito della Commissione, non appena costituita (dicembre 1961), eÁ stata la scelta
del materiale didattico (testi e attrezzature
sperimentali) di riferimento per l'attuazione
dei nuovi corsi. A questo scopo, dopo lo studio
di un certo numero di possibilitaÁ , la Commissione eÁ giunta alla conclusione unanime di riconoscere attuabile il suggerimento espresso
dal competente ufficio dell'OCSE (il Bureau
du Personnel Scientifique et Technique) di
utilizzare, almeno in una prima fase, tutto o
parte del materiale elaborato dal Physical
Science Study Committee, come era stato
presentato prima a Napoli, nel 1960, al Congresso Internazionale della SIF dal Professor
Bruno Rossi, poi in un apposito seminario di
lavoro tenutosi a Cambridge nel luglio 1961.
Tale conclusione era conforme al rapporto del
delegato italiano a Cambridge e ai risultati
dello studio sistematico condotto dal gruppo
del Seminario Didattico dell'Istituto di Fisica
dell'UniversitaÁ di Bologna. EÁ opportuno ricordare che a questo studio hanno contribuito, non solo gli insegnanti di scuola secondaria superiore che frequentavano le attivitaÁ del Seminario Didattico, ma anche, e in
modo sistematico, alcuni docenti dell'Istituto
di Fisica, fra i quali mi fa piacere ricordare
Pietro Bassi, Ezio Clementel, Vincenzo De
Sabbata, Bruno Ferretti, Enzo Fuschini, Protogene Veronesi, Alberto Tomasini. Ancora
una volta Puppi mostrava le sue capacitaÁ di
«abile seduttore»!
L'istituzione delle classi pilota nelle scuole
dell'Ordine Classico eÁ stata seguita, dopo un
anno, dall'istituzione delle classi pilota nelle
scuole dell'Ordine Tecnico organizzate e
coordinate da un'altra Commissione Nazionale, quest'ultima presieduta dal Professor
Ezio Clementel.
Successivamente all'istituzione delle classi
pilota, il Ministero della Pubblica Istruzione,
ufficio AIM (Aggiornamento Insegnanti e Metodi), avvalendosi della consulenza delle due
Commissioni Nazionali, ha concentrato notevoli
sforzi organizzativi e finanziari nella istituzione
di vere e proprie Scuole estive nazionali, della
durata di quattro settimane, per la formazione di
insegnanti per un insegnamento moderno della
fisica, anche sulla base dei risultati ottenuti
nell'esperimento delle classi pilota (1967-1975).
In seguito alla soppressione dell'Ufficio AIM,
a metaÁ degli anni '70, questa attivitaÁ che aveva
favorito il nascere e il consolidarsi di collaborazioni importanti fra i ricercatori di Istituti/
Dipartimenti di Fisica di un numero non trascurabile di UniversitaÁ (fra le quali Bari, Bologna, Modena, Napoli, Palermo, Pisa, Roma, Torino) eÁ stata seguita da altre attivitaÁ, prevalentemente di ricerca, promosse e finanziate sia
dal GNDF (Gruppo Nazionale di Didattica della
Fisica) del CNR, sia dal Ministero dell'UniversitaÁ e della Ricerca Scientifica 4.
Dai giorni del 47ë Congresso Nazionale della
SIF, sono passati tanti anni e successe tante
cose, ma il fascino, l'entusiasmo, la sfida dell'avventura intellettuale che le parole di Puppi
hanno trasmesso a molti di noi hanno ancora
radici profonde e robuste. Anche chi, come me,
ha scelto di impegnarsi in un settore di ricerca
che ha incontrato tante difficoltaÁ, prima per la
sua nascita poi per la sua sopravvivenza, non
rimpiange le scelte fatte e si considera, nonostante tutto, fortunata e serena ed eÁ grata al suo
Maestro.
4
Alla fine degli anni '60, presso gli Istituti di Fisica di
molte universitaÁ nacquero e si svilupparono gruppi di ricerca in Didattica della Fisica che, dopo alcuni anni, diedero vita ad un Gruppo Nazionale di Ricerca del CNR
(1981-1990).
LA RINASCITA DELLA MICROSCOPIA ELETTRONICA A BOLOGNA
ED APPLICAZIONI ALLA FISICA DELLO STATO SOLIDO
UGO VALDREÁ
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna
Consorzio Nazionale Interuniversitario in Scienza dei Materiali
Questa raccolta di episodi sulla Microscopia
Elettronica (ME) e sulla Fisica dello Stato Solido (SS) puoÁ fornire indicazioni sulle qualitaÁ
imprenditoriali, su alcuni tratti del carattere e
sulla personalitaÁ di Giampietro Puppi. Il periodo coperto va dal 1947 fino al 1969, quando
Puppi lascioÁ la direzione dell'allora Istituto
(oggi Dipartimento) di Fisica dell'UniversitaÁ di
Bologna.
Nel 1947, con la chiamata del professor
Giorgio Valle a ricoprire la cattedra di Fisica
Sperimentale, lasciata vacante da Gilberto Bernardini, ebbe inizio un'azione che portoÁ alla
costituzione del CEME (Consorzio Emiliano per
il Microscopio Elettronico) il cui scopo era il
reperimento di fondi per l'acquisto di un microscopio elettronico e la costituzione di un laboratorio di Microscopia Elettronica presso l'Istituto di Fisica. Nel giro di due anni entroÁ in
funzione il CSFM IV, uno strumento a lenti
elettrostatiche con tensione di accelerazione di
60 kV e potere risolutivo di 15 nm (1) che era
stato acquistato, costando molto meno di altri
strumenti presenti sul mercato ed essendo disponibile in tempi brevi. In effetti lo strumento
non risultoÁ essere neÁ troppo affidabile neÁ competitivo.
Inizialmente si interessarono alla microscopia
elettronica soprattutto medici e biologi: le osservazioni riguardavano materiale particolato
(come cellule, batteri, fumi) e superfici mediante la tecnica delle repliche. L'ampio interesse di colleghi di altre discipline fu la causa
determinante della trasformazione del CEME
nel LUMEB (Laboratorio Universitario per il
Microscopio Elettronico Bolognese), un'operazione di prestigio stante la sua funzione di servizio per la collettivitaÁ scientifica ed industriale
prevista dal suo Statuto. LUMEB, prima e unica
iniziativa del genere all'epoca in ambiente universitario, fu il precursore di quelli che oggi
sono i Centri Grandi Strumenti.
Nel dicembre 1951 prendeva servizio a Bologna Giampietro Puppi, come professore
straordinario di Fisica Teorica ( 2). Con la
morte di Valle, da tempo ammalato, avvenuta
nel 1953, la direzione dell'IFUB passoÁ al professor Puppi che la mantenne fino al 1969.
L'arrivo di Puppi dette nuovo impulso alla ricerche nel campo dei Raggi Cosmici e della
Fisica Nucleare, attivitaÁ che si erano quasi
estinte con la partenza di Bernardini e di alcuni
suoi assistenti, per dar spazio ai campi di ricerca di Valle (scarica elettrica nei gas e magnetismo).
Puppi volle conservare l'ereditaÁ lasciatagli da
Valle e si preoccupoÁ di risolvere il problema del
funzionamento del LUMEB. Puppi procedette in
modo semplice, concreto ed efficace: nominoÁ
un responsabile, si impegnoÁ per ottimizzare lo
strumento, nel reperire fondi per il suo funzionamento, nell'ampliare le competenze del laboratorio. Mantenere attivo un servizio, gratuito
per terzi, senza un proprio programma di ricerca, a parte il rispetto per l'opera di Valle,
aveva forse altre motivazioni: dimostrare ai
colleghi di altre discipline la disponibilitaÁ dei
fisici, conferendo a questi ultimi benemerenze e
ulteriore prestigio.
Fin dal 1949 lo scrivente era studente lavoratore presso la ditta SASIB di Bologna. Nel
1953, giunto quasi alla fine degli studi, chiesi a
Puppi un argomento per una tesi sperimentale:
mi propose lo studio della dipendenza dallo
zenith dei grandi sciami dei raggi cosmici, una
ricerca giaÁ in corso a Bologna da parte di Domenico Brini e Otello Rimondi. Mi propose
inoltre una piccola retribuzione per un lavoro
tecnico a tempo parziale presso l'IFUB: non
ebbi esitazioni a licenziarmi dalla SASIB.
Quando stavo per laurearmi, Puppi mi propose
di occuparmi della revisione del microscopio
elettronico, ottenendo nel contempo dal Ministero della Pubblica Istruzione il finanziamento
necessario per il funzionamento dello strumento.
Puppi ritenne utile offrire ai colleghi di biologia e di medicina un servizio di ultrami-
39
40
crotomia (una tecnica di fondamentale importanza per lo studio di materiale biologico che
consente il taglio di fettine di spessore inferiore ai 10 nm). Alla scelta dello strumento, che
venne poi ordinato, collaborarono colleghi interessati degli istituti di Botanica, Anatomia
Umana e Anatomia Comparata: si decise insieme per il modello svedese di Sjoestrand
costruito dalla LKB, che entroÁ in funzione a
metaÁ 1956. Dovemmo poi insegnare agli ospiti
come fare i preparati in modo che potessero
essere tagliati, per evitare di diventare capro
espiatorio delle altrui inesperienze: la stima e il
buon senso di Puppi, assieme all'appoggio di
Stefano Petralia con cui collaboravo alla costruzione di un acceleratore di ioni, non vennero mai meno.
Un importante evento per l'intero Istituto di
Fisica si verificoÁ nel 1956 quando il Consiglio
Comunale di Bologna approvoÁ un contributo di
50 milioni di lire annue per la costituzione di
un centro di studi nucleari presso l'Istituto.
L'iniziativa era stata preparata da una sapiente
opera di convincimento che si deve, credo in
maniera determinante, al professor Protogene
Veronesi. Nel 1956 Bologna fu promossa da
sottosezione dell'Istituto Nazionale di Fisica
Nucleare (INFN) a sezione. Verso la fine dell'anno, l'INFN promosse a Bologna la realizzazione di un acceleratore di ioni da 500 kV
per lo studio di reazioni nucleari, in particolare
quelle indotte da neutroni (fig 1). Accolsi con
piacere l'invito che mi venne fatto di contribuire al progetto e ricordo con piacere l'attivitaÁ sperimentale svolta a fianco del responsabile Stefano Petralia, uomo generoso ed
onesto con grande competenza e capacitaÁ di
Fig. 1. ± Veduta d'assieme dell'acceleratore elettrostatico da 500 kV costruito a Bologna.
lavoro ed estesa conoscenza della letteratura
scientifica.
I primi lavori di ricerca originali svolti nell'ambito del LUMEB furono nel campo della
preparazione delle lame in vetro per il taglio
dei preparati all'ultramicrotomo e la realizzazione, col consenso di Puppi, di un microscopio elettronico a punta emittente a effetto
di campo.
Per alcuni anni Puppi abitoÁ a Bologna mentre
i suoi familiari risiedevano a Venezia. Capitava
cosõÁ di trascorrere le ore serali passeggiando
con lui e Angelo Minguzzi per la cittaÁ e discutendo di fisica. Quando i familiari si trasferirono a Bologna nell'appartamento annesso
all'Istituto di Fisica, riservato al direttore, potemmo apprezzare, in occasione di feste, anche
da ballo, organizzate nella loro abitazione un
atteggiamento non formale dell'intera famiglia
Puppi verso i giovani dell'Istituto. Puppi era
parco nel mangiare: in una occasione in cui
assistetti ad una sua cena, perche ebbe bisogno
di parlarmi prima di partire per Roma, vidi che
se la cavoÁ con un uovo alla coque!
All'inizio del 1957 venne assegnato al LUMEB
un tecnico di laboratorio: ebbi la fortuna che si
trattasse di Antonio Grilli, un uomo prezioso
per talento, cultura, efficienza e disponibilitaÁ
che ha svolto un opera insostituibile nell'attivitaÁ
di microscopia elettronica. Si comincioÁ a quel
tempo a discutere sulla opportunitaÁ di dotare il
LUMEB di un nuovo microscopio e della opportunitaÁ che anche i fisici utilizzassero queste
attrezzature.
I miei contatti con Puppi andarono in seguito
diradandosi, dato che mi concedeva completa
autonomia dopo aver tracciato le linee generali.
Nel giro di un paio di anni, Puppi coerentemente con le idee che andava maturando, manifestate nella magnifica relazione generale
sulla politica della ricerca in Italia tenuta nel
1961 al congresso della SIF di Como (3 ), decise
di costituire nell'Istituto un gruppo di Fisica
della Materia. La strumentazione giaÁ esistente
avrebbe potuto costituire un importante supporto tecnico per le attivitaÁ del gruppo che
venne articolato in due sezioni, una di Microscopia Elettronica e l'altra di Stato Solido. La
prima sarebbe stata costituita dal Laboratorio
di Microscopia Elettronica, potenziato con un
nuovo strumento e con personale. La seconda
sezione si sarebbe enucleata attorno a Primo
Gondi, ritornato all'UniversitaÁ dopo un'esperienza nel mondo dell'Industria.
La scelta del nuovo microscopio elettronico,
finanziato direttamente dal MPI grazie all'interessamento di Puppi, cadde sul nuovo
modello Emilskop I della ditta Siemens & Halske, uno strumento dotato di due lenti condensatrici che permettevano di agire in modo indipendente sull'intensitaÁ del fascio e sulle dimensioni dell'area illuminata, in modo da poter
operare con ingrandimenti elevati e basso carico termico. Lo strumento che aveva una risoluzione di 0,6±0,7 nm permetteva anche, grazie
alla tensione di 100 kV di osservare per trasparenza campioni metallici di alcune centinaia
di nm di spessore. Lo strumento, estremamente
affidabile e competitivo, contribuõÁ in seguito a
far nascere collaborazioni con universitaÁ e imprese straniere dotate dello stesso microscopio,
in particolare inglesi, nord americane e tedesche.
L'accoppiata Elmiskop-Ultramicrotromo attrasse numerosi utenti, in particolare medici e
biologi, dall'Emilia-Romagna, dal Veneto e dalla
Puglia, incoraggiati e materialmente aiutati da
Puppi e soprattutto dal fatto che le prestazioni
del Laboratorio di Microscopia Elettronica (Lab.
ME), in cui si era trasformato il LUMEB, erano
gratuite.
Puppi, ritenendo opportuno che i responsabili
delle due sezioni di Microscopia Elettronica e di
Stato Solido si aggiornarsero sui livelli a cui
operava la comunitaÁ scientifica internazionale,
ci invitoÁ a concorrere a due borse di studio annuali della NATO che ci permettessero di trascorrere periodi di attivitaÁ di ricerca presso
UniversitaÁ o Laboratori all'estero. Per quanto mi
concerne ebbi cosõÁ l'opportunitaÁ di entrare in
contatto col futuro premio Nobel per la fisica
(1977) Nevill Francis Mott, allora direttore del
Cavendish Laboratory, che mi presentoÁ al dott.
Peter B. Hirsch con cui potemmo stabilire fecondi rapporti di collaborazione. Il Laboratorio
di ME ne trasse indubbi vantaggi per le scelte di
indirizzo e del campo di lavoro che eÁ consistito
nello sviluppo di dispositivi e nuove metodologie d'indagine elettromicroscopiche, noncheÂ
nelle loro applicazioni a problemi di struttura
della materia (4) (fig. 2). Altre importanti conseguenze furono la pubblicazione di numerosi
libri da parte di case editrici internazionali, il
conseguimento di brevetti internazionali in
Gran Bretagna, Germania, USA e Giappone, oltre che in Italia, l'instaurarsi di stabili rapporti
con ditte costruttrici di microscopi elettronici e
loro accessori.
Fig. 2. ± Il microscopio elettronico Emilskop I attrezzato per esperienze alle temperature dell'elio liquido
Il moltiplicarsi dei campi di ricerca entro l'IFUB
portoÁ a una competizione fra i vari settori, in
particolare per assicurarsi il personale che era
insufficiente. La microscopia elettronica soffrõÁ
di questa situazione.
Un doveroso riconoscimento per l'attivitaÁ
svolta nell'ambito del Laboratorio di Microscopia Elettronica per il prezioso supporto
tecnico va, oltre al giaÁ citato Antonio Grilli,
anche a Raffaele Berti per la sua disponibilitaÁ,
ad Andrea ValdreÁ , Attilio Ponti Bartolucci, Libero Morini, Primo Ricciotti e alla segretaria
Irene Salerno.
E non possiamo dimenticare i numerosi ricercatori di Stato Solido che seppero mettere a
frutto le disponibilitaÁ loro offerte, in particolare
Primo Gondi, Ennio Bonetti, Anna Cavallini,
Maria Prudenziati, Gianfranco Missiroli, Carlo
Patuelli, Ruggero Tognato, Enrico Evangelista,
Flavio Zignani, Roberto Montanari, Antonietta
Gatti e altri ancora. Pier Giorgio Merli, Roberto
Galloni e Giulio Pozzi operarono nel Laboratorio di ME, i primi due sono entrati a far parte del
LAMEL, il Laboratorio di Materiali per l'Elettronica fondato a Bologna dal Comitato per la
Chimica del CNR nel 1968, dove hanno ricoperto
posizioni di prestigio.
Fra i vari utilizzatori esterni del Laboratorio di
ME va citato Ottavio Vittori Antisari, oltre ai
41
Giampietro Puppi con un gruppo di allievi e neolaureati nel 1953 di fronte alla scala d'ingresso di via Irnerio 46.
Dietro a Puppi il compianto Antonio Stanghellini.
42
numerosi colleghi medici, fra i quali in particolare Umberto Muscatello.
Puppi eÁ stato un grande ed illuminato manager che ha contribuito a far decollare nuove
iniziative in molti campi della ricerca fisica, in
virtuÁ della sua abilitaÁ e anche della fortunata
circostanza di essere nello stesso tempo direttore dell'istituto e della sezione INFN. Efficace oratore e docente, chiaro e deciso nelle
scelte, conciso nel dialogo: a Lui, la fisica e non
solo quella bolognese deve moltissimo!
Bibliografia
(1)
(2)
(3)
(4)
U. VALDREÁ , «Breve storia della SIME: SocietaÁ Italiana di
Microscopia Elettronica (ora SISM)» in: 1956-2006.
Cinquanta anni di microscopia in Italia tra storia,
progresso ed innovazione. (SocietaÁ Italiana Scienze Microscopiche) 2006, pp. 1-17.
Annuario UniversitaÁ di Bologna, Anni Accademici 19501951 ± 1951-1952, pp. 69, 70.
G. PUPPI , «Considerazioni sulla fisica italiana», Suppl.
Nuovo Cimento 25, Serie X, No 2 (1962) 71-76.
U. VALDREÁ, «Contributo allo sviluppo della microscopia
elettronica», INFM/FM-68/2 (1968).
U. VALDREÁ, «Electron microscope stage design and applications», J. Microscopy, 117, Pt. 1 (1979) 55-75.
GIAMPIETRO PUPPI E LA SCUOLA DI FISICA
Á D'INGEGNERIA
ALLA FACOLTA
ANTONIO BERTIN
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
ANTONIO VITALE
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
Fondazione Giuseppe Occhialini, Fossombrone (PU)
Il 1960 rappresentoÁ una data importante per
l'ordine degli studi delle FacoltaÁ d'Ingegneria
italiane. I piani di studio dell'epoca erano infatti
caratterizzati da un biennio propedeutico, dedicato prevalentemente allo studio di materie di
base, e generalmente svolto presso le FacoltaÁ di
Scienze Fisiche Matematiche e Naturali, e da un
successivo Triennio (chiamato anche di applicazione) durante il quale veniva impartita
una formazione ingegneristica con contenuti sia
a largo spettro sia specialistici. Col riordino
degli studi stabilito nel 1960, il biennio propedeutico, gli insegnamenti corrispondenti e i loro
titolari divennero invece parte integrante delle
FacoltaÁ.
Le FacoltaÁ d'Ingegneria, di fronte a una popolazione studentesca giaÁ in crescita e all'opportunitaÁ di articolare l'offerta formativa in
nuovi corsi di laurea (s'era in pieno boom economico) sentirono allora l'esigenza dell'assegnazione, anche alle materie del biennio, di
cattedre, che allora non esistevano, per gli insegnamenti delle materie di base. Giampietro
Puppi, scienziato di fama internazionale e leader
indiscusso della Fisica bolognese, giaÁ nel 1960
aveva rivolto una precisa istanza in materia alla
FacoltaÁ d'Ingegneria del nostro Ateneo.
Era tra l'altro imminente la liberalizzazione
indiscriminata degli accessi alle facoltaÁ universitarie per tutti i diplomati da istituti d'istruzione superiore: nel bene e nel male, l'evento avrebbe radicalmente trasformato l'UniversitaÁ italiana da scuola di eÂlite a scuola di
massa, modificandone seriamente l'assetto e la
pianta organica. Per quanto riguarda le FacoltaÁ
d'Ingegneria, questo avrebbe significato, dato il
prestigio della laurea corrispondente, un aumento notevole delle immatricolazioni, e una
crescente necessitaÁ di personale docente.
Nel 1962 la FacoltaÁ d'Ingegneria di Bologna
contava solamente 16 professori di ruolo; solo in
quell'anno venne comunque ritenuto opportuno
aderire alla richiesta di Puppi, e la Cattedra per la
Fisica venne assegnata abbastanza rapidamente.
Giampietro Puppi si rendeva sicuramente
conto del fatto che, pur con le discontinuitaÁ e le
lentezze delle decisioni legislative nei confronti
dell'istruzione di ogni ordine e grado, il Paese
avrebbe dovuto moltiplicare l'organico universitario, assegnando posti di ruolo laÁ dove la
popolazione studentesca maggiormente lo richiedeva. Era dunque importante che la prima
cattedra di Fisica presso la FacoltaÁ d'Ingegneria
di Bologna fosse ricoperta da un Collega di
particolari qualitaÁ, e Puppi sapeva a chi chiedere
di assumerne il compito.
Quest'uomo, primo professore delle materie
del biennio a entrare nell'organico della FacoltaÁ
d'Ingegneria dell'UniversitaÁ di Bologna, era
Pietro Bassi, che vi fu chiamato all'unanimitaÁ
nel dicembre 1962. Il corrispondente verbale
della seduta del Consiglio di FacoltaÁ recitava tra
l'altro: Il Preside illustra la figura, del resto ben
nota ai Colleghi, del prof. Bassi. Egli, ad una
lunga pratica d'insegnamento nell'ambito sperimentale, ambito che specificamente interessa
la FacoltaÁ d'Ingegneria, unisce un'attivitaÁ
scientifica di primo ordine che ha avuto ed ha
ampio riconoscimento in sede internazionale.
Tale attivitaÁ ha posto in evidenza peculiari
qualitaÁ di raffinato tecnico della sperimentazione, quali ad esempio risultano dalle apparecchiature da lui costruite e messe a punto al
Centro Europeo di Ginevra. In tempi successivi e recenti il Prof. Bassi si eÁ altresõÁoccupato
di ricerche inerenti alla utilizzazione della
energia nucleare. Per i risultati scientifici
conseguiti e la capacitaÁ tecnica dimostrata il
Prof. Bassi eÁoggi da considerarsi come uno dei
piuÁ eminenti fisici sperimentali italiani.
Nonostante la sinteticitaÁ e lo stile ministeriale,
queste righe rendono perfettamente conto delle
43
44
qualitaÁ professionali portanti di Pietro Bassi:
capacitaÁ didattiche, formazione sperimentale
con competenze anche tecnologiche, inserimento nel tessuto culturale internazionale, versatilitaÁ d'interessi, notorietaÁ e rilievo nella fisica
nazionale. Il verbale non puoÁ riferire, invece, le
qualitaÁ personali tramite le quali Bassi avrebbe
trovato la propria intesa con i colleghi della facoltaÁ, che annoveravano personalitaÁ altrettanto
di spicco sia sul piano professionale, sia sul
piano umano, come Giuseppe Evangelisti, Piero
Pozzati, Giulio Supino, Ercole De Castro.
Queste qualitaÁ, che sicuramente Puppi aveva
apprezzato e valutato, erano indispensabili perche l'incontro tra un addetto alla scienza pura e
una nutrita e robusta comunitaÁ di professionisti
formati alla cultura della realizzazione potesse
attuarsi, finendo per inserire nella facoltaÁ una
significativa rappresentanza di fisici. Non deve
credersi che Bassi fosse un fine diplomatico neÂ
l'incarnazione del combattente: apparentemente timido fino a sembrare talvolta impacciato, teneva un atteggiamento discreto e riservato con chiunque. Questo aspetto apparentemente indifeso giocava in realtaÁ a suo
vantaggio quando, in vista di un determinato
obbiettivo, utilizzava le sue armi dialettiche
fondamentali: intelligenza, acume e una dose
non sempre percepibile di senso dell'umorismo.
Nei rapporti coi colleghi di facoltaÁ era aiutato
anche da una certa conoscenza della mentalitaÁ
professionale dell'ingegnere che gli derivava
dall'ambiente familiare. Gli allievi che lascioÁ
dopo i ventidue anni nei quali rimase in facoltaÁ
ebbero la sensazione palpabile della considerazione che il collega proposto da Giampietro
Puppi vi si era guadagnato.
Amico fraterno e suo grande ammiratore,
Pietro Bassi condivideva l'interesse che Puppi,
esperto di gestione della ricerca in campo industriale, da sempre aveva manifestato nei
confronti del mondo della tecnologia e dell'industria (basti ricordare che Venezia gli deve
l'apertura dell'Istituto delle Grandi Masse del
CNR, nato per lo studio dei problemi della laguna, e la fondazione di Tecnomare, societaÁ
d'ingegneria operante a livello internazionale
principalmente per lo sviluppo di campi di
idrocarburi offshore e onshore).
Particolarmente interessanti, sotto questo
profilo, le considerazioni sul rapporto tra
scienza e industria che Giampietro Puppi ci affidoÁ in un'intervista (1) pubblicata sul Nuovo
Saggiatore in occasione del Centenario della
SIF: Si eÁ sempre cercato Ð ci disse allora Ð un
ponte tra queste due realtaÁ, una specie d'introvabile passaggio a Nord-Ovest che le colleghi: in realtaÁ, esse sono sempre state connesse,
anche se non ce ne accorgiamo. Le industrie che
piuÁ vanno avanti sono quelle che riconoscono
che le radici del progresso si affondano nella
scienza, e quelle che falliscono sono quelle che,
non avendo sufficiente base, sono incapaci di
capire i tempi di quello che si chiama innovazione.
Assertore convinto dell'importanza della
preparazione di base nella formazione degli
allievi ingegneri, ammoniva comunque: Se la
scienza tende principalmente all'estensione
delle conoscenze, essa deve poterlo fare liberamente, non solo dalle esigenze dell'industria, ma da qualsiasi altro vincolo. Se essa
invece vuole, sotto opportune condizioni, avvicinarsi al profilo applicativo, allora Ð per
non avere insuccessi Ð eÁ l'industria che deve
segnare gli obbiettivi e i tempi.
Interessante e in un certo senso bipartisan
anche l'indicazione sull'insegnamento che ci
diede in un precedente incontro (2): I fisici che
vengono preparati dalle UniversitaÁ italiane
possono reggere la competizione con qualsiasi
scuola del mondo: i nostri studenti, quando si
impegnano in campo internazionale, fanno
sempre un'ottima figura. EÁ possibile che questo
sia dovuto al fatto che il tipo di cultura che
viene loro proposta eÁpoco tecnicistica. Rispetto
alle UniversitaÁ anglosassoni, da noi s'insiste
maggiormente su una buona preparazione di
base e concettuale, piuttosto che su quello che
gli anglosassoni chiamano il problem-solving.
Vi eÁ peroÁ un rischio latente, in questo tipo di
scelta, che eÁ quello di accentuare il gusto filosofico, di fare, insomma, tanti filosofi della
scienza anziche dei fisici. Io vedo nel fatto di
innestare un grosso interesse per i fenomeni
naturali un correttivo rispetto a questo tipo di
impostazione. Se volete, questa eÁ la mia filosofia educativa.
Nelle convinzioni cosõÁ manifestate era evidente, accanto all'importanza che Puppi attribuiva al modello educativo, la fiducia che egli
stesso nutriva nel rinnovarlo e ripensarlo con
impegno continuo, come in realtaÁ richiede l'insegnamento in ogni FacoltaÁ sensibile alle tematiche innovative e in particolare in quella di Ingegneria. Era anche evidente la potenzialitaÁ del
suo metodo di affrontare il problema come esigenza di scelta, con mentalitaÁ unitaria e origi-
nale, maturata nella ricerca sulle leggi della
natura ma esportabile per esplorare ogni tipo di
tematica, speculativa o organizzativa.
Concretezza d'insegnamento, dunque, non fine a se stessa ma temperata dalla base culturale,
era la raccomandazione che Puppi indirizzava a
noi, giaÁ professori della FacoltaÁ d'Ingegneria, e
che a suo tempo doveva aver discusso e maturato con Pietro Bassi se questo stesso, come riconosceva nel 1984 il Preside della FacoltaÁ Leonardo Marchetti (3), aveva saputo modellare una
didattica, nelle materie fisiche di base, opportunamente finalizzata alle specifiche richieste
culturali del nostro settore professionale.
Coerentemente con le aspettative emerse dal
verbale di chiamata, l'attivitaÁ di direttore di ricerche di Pietro Bassi (sempre d'intesa con
Giampietro Puppi, eccome!) nell'ambito della
facoltaÁ percorse due strade importanti.
Quella applicativa consistette nella partecipazione alla costituzione e all'avvio del Laboratorio d'Ingegneria Nucleare di Montecuccolino
(auspicato giaÁ dal 1959 da Bruno Ferretti e
Giampietro Puppi, e inaugurato nel 1963) e della
Scuola di Specializzazione in Ingegneria e Tecniche Nucleari, della quale fu a lungo il Direttore.
La strada della scienza pura fu invece percorsa, nei maggiori laboratori di ricerche nazionali e internazionali, dai giovani laureatisi in
Fisica sotto la guida diretta di Pietro Bassi
stesso, che a loro volta attrassero verso l'av-
ventura della ricerca fondamentale ulteriori allievi dello stesso ceppo.
Un'ultimo elemento dello stile al quale sia
Giampietro Puppi sia Pietro Bassi ispiravano il
loro ruolo di professori d'UniversitaÁ risiede nel
grande rispetto che ambedue tributavano alla
didattica. Puppi ci disse un giorno che non faceva lezione che non fosse stata preparata di
fresco. Tenendo presente il tono brillante e
quasi fantasioso del suo modo di trattare gli argomenti in aula, la cosa ci sorprese, e glielo dicemmo. EÁ il ricordo affettuoso che si puoÁ avere
per un genitore quello del suo sguardo chinato,
mentre si passava una mano nei capelli e diceva,
con un mezzo sorriso, qualcosa del tipo: tenetevelo per detto, eÁ meglio per voi.
Meno ironico in materia, ma ugualmente severo nell'ammonimento al rispetto per gli studenti, che amava sinceramente, Pietro Bassi ci
diede le sue ultime prescrizioni in materia tenendo lezione, ancorche sofferente, fino agli
ultimi giorni della sua esistenza.
Bibliografia
(1)
(2)
(3)
A. B ERTIN e A. V ITALE , ``Incontro con Giampietro Puppi'',
Il Nuovo Saggiatore 14, No. 3-5 (1998) 178.
A. B ERTIN e A. VITALE , La luce pesante. Carlo Rubbia,
cronaca di un Nobel (Poligrafici Editoriale, Bologna)
1984.
L. M ARCHETTI , «L'opera nella FacoltaÁ di Ingegneria dell'UniversitaÁ di Bologna», in L'itinerario scientifico e
l'insegnamento di Pietro Bassi, Fisico, a cura di A.
Bertin, E. Verondini e A. Vitale (UniversitaÁ di Bologna)
1985.
GIAMPIETRO PUPPI E L'ASTROFISICA ITALIANA
GIANCARLO SETTI
Dipartimento di Astronomia, UniversitaÁ di Bologna
Giampietro Puppi, oltre ad aver acquisito fama internazionale per le Sue ricerche nel campo delle particelle elementari, ha svolto un
ruolo imprescindibile nella promozione di altri
campi di ricerca a livello nazionale e internazionale. Fra questi va certamente menzionato
l'impulso dato allo sviluppo della ricerca astrofisica.
In Italia eÁ forse stato il primo fra i grandi
«padri» della fisica ad accorgersi dell'importanza crescente delle ricerche astrofisiche in
settori non propriamente tradizionali della ricerca astronomica mediante lo sviluppo di
nuove e innovative tecniche per l'osservazione
del cosmo. Questo interesse per l'astrofisica e la
cosmologia gli derivava, oltre che dalla Sua in-
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nata e vivace curiositaÁ intellettuale, dalla dimestichezza con la fisica dei raggi cosmici e dal
problema irrisolto della loro origine. Era affascinato dal modello semplice di Fermi di accelerazione dei raggi cosmici in urti ripetuti con le
nubi magnetizzate e in moto turbolento del gas
interstellare, e quindi i raggi cosmici come fenomeno su scala galattica e forse extra-galattica. Era solito ripetere, scherzando, che Fermi
non poteva essersi sbagliato poiche «aveva un
filo diretto con l'Altissimo». E in un certo senso
aveva colto nel segno visto che il meccanismo di
Fermi, pur nelle sue varie forme e modifiche
conseguenti all'enorme ampliamento delle conoscenze astronomiche, eÁ comunque rimasto
alla base della nostra comprensione dei fenomeni di accelerazione delle particelle cariche
presenti in vari contesti astrofisici, siano essi
oggetti stellari, galattici o extra-galattici.
Il caso ha voluto che nel lontano 1965 incontrassi di nuovo Puppi al Dipartimento di Fisica
della Columbia University di New York, dove
era stato invitato come visiting professor e
dove tenne un corso mirabile di lezioni sui raggi
cosmici e sulla loro accelerazione. Ricordo fra i
presenti T. D. Lee e L. Woltjer, allora Direttore
del Dipartimento di Astronomia della Columbia,
e ricordo anche un modello, che Egli aveva
ideato e sviluppato ad hoc per quelle lezioni,
consistente nell'accelerazione dei raggi cosmici
galattici in urti successivi con inviluppi stellari
in espansione, il che avrebbe consentito l'applicazione del meccanismo di Fermi di Ia specie
(urti sempre favorevoli) realizzando il massimo
d'efficienza nell'accelerazione. In collaborazione con Woltjer producemmo anche un lavoro,
pubblicato sul «Il Nuovo Cimento», nel quale si
ipotizzava un'accelerazione sistematica (alla
Fermi) dei raggi cosmici a causa della caduta sul
disco galattico di grandi nubi di gas da poco
scoperte.
Con queste premesse non fa meraviglia che
Puppi fosse rimasto impressionato dalle potenzialitaÁ della ricerca radioastronomica che
negli anni '50 stava rivoluzionando la nostra
concezione dell'universo. L'emissione radio
non-termica della Galassia, dovuta all'emissione
di sincrotrone di elettroni ultra-relativistici accelerati nei campi magnetici galattici, era direttamente collegabile alla componente elettronica primaria dei raggi cosmici e forniva un
mezzo d'indagine, insperato fino a pochi anni
prima, per lo studio della distribuzione dei raggi
cosmici nella Galassia. Per la stessa ragione, la
scoperta della emissione di sincrotrone radio da
alcuni resti di supernove, fra cui notoriamente
la Nebulosa del Granchio, individuava nei collassi gravitazionali che accompagnano le fasi
terminali dell'evoluzione di stelle massicce le
possibili sorgenti primarie dei raggi cosmici e il
loro ruolo nel bilancio energetico globale dei
raggi cosmici galattici, che per primo Puppi
aveva affrontato. E poi la scoperta delle radio
galassie la cui emissione di sincrotrone alle radio onde denunciava la presenza di enormi
quantitaÁ di elettroni ultra-relativistici, e quindi
l'ubiquitaÁ dei raggi cosmici testimoni di fenomeni altamente energetici presenti nell'universo. Inoltre, se si considera che la grande
potenza emessa dalle radio galassie era tale da
renderle ben «visibili» sullo sfondo del cielo
alle radio frequenze anche se poste a grandi distanze, mentre le corrispondenti immagini ottiche apparivano estremamente deboli o addirittura evanescenti, ecco che si veniva ad aprire
una grande opportunitaÁ per il loro utilizzo nell'indagine cosmologica in un momento, fra l'altro, in cui si assisteva ad un acceso dibattito che
opponeva la teoria dello «stato stazionario» a
quella del Big Bang.
In questo clima internazionale di grande interesse culturale e scientifico Puppi decise di
lanciare l'Italia nell'avventura radioastronomica. Del resto l'astronomia ufficiale dell'epoca,
essenzialmente presente negli Osservatori
astronomici e negli istituti universitari ad essi
collegati, non sembrava essersi accorta delle
prospettive rivoluzionarie rappresentate dall'apertura di questa nuova finestra sul cosmo. La
sola encomiabile eccezione era rappresentata
da Guglielmo Righini, direttore dell'Osservatorio Astrofisico di Arcetri, fortemente interessato allo sviluppo della radioastronomia solare (un piccolo radiotelescopio, ma il Sole eÁ
accecante anche alle onde radio, era giaÁ in funzione nelle immediate adiacenze della sede
dell'osservatorio). CosõÁ Puppi, alla fine degli
anni '50, ha ideato e promosso presso il Ministero della Pubblica Istruzione l'avvio di un
grande progetto per la ricerca radioastronomica
che si eÁ concretizzato nel giro di un quinquennio
con la costruzione del Radiotelescopio «Croce
del Nord» dell'UniversitaÁ di Bologna, inaugurato
nel 1964 (con felice intuito Puppi aveva affidato
la definizione e realizzazione del progetto a
Marcello Ceccarelli, giovane e brillante fisico
sperimentale da poco tempo trasferitosi all'UniversitaÁ di Bologna). Lo sviluppo della ra-
dioastronomia bolognese ha poi svolto un ruolo
importante nel processo di modernizzazione
della ricerca astrofisica italiana.
Il contributo di Puppi alla propulsione dell'astrofisica italiana non si eÁ limitato alla sola radioastronomia. Negli anni '50, con il progredire
delle attivitaÁ spaziali, si profilavano nuove e
importanti opportunitaÁ per lo studio delle radiazioni non penetranti l'atmosfera. CosõÁ Puppi
promosse a Bologna la costituzione di un gruppo di ricerca (BORISPA) per lo studio dei raggi
X e gamma di origine celeste e dei raggi cosmici
sotto la guida di Domenico Brini.
Analoghe iniziative sorsero presso altre sedi:
a Milano il gruppo di Giuseppe Occhialini con gli
esperimenti per la rivelazione della componente
elettronica primaria dei raggi cosmici e l'osservazione dei raggi gamma, che qualche tempo
dopo vide il gruppo come leader nella missione
Europea COS-B dedicata all'astronomia dei
raggi gamma; nel 1960 a Roma, per iniziativa di
Edoardo Amaldi, si attivoÁ un gruppo per lo studio dei raggi cosmici da palloni e per le ricerche
sull'interazione magnetosfera-vento solare in
connessione con l'avvio dell'organizzazione
spaziale europea (ESRO; 1963-64); nel '59 Carlo
Castagnoli a Torino fondoÁ il Centro per la Fisica
Cosmica (FISCOT) e sviluppoÁ i laboratori sotto
il Monte Bianco e il Monte dei Cappuccini e
quello della Testa Grigia sul Plateau Rosa per gli
studi sui raggi cosmici. Queste attivitaÁ vennero
poi coordinate e almeno in parte finanziate
nell'ambito del Gruppo Nazionale di Fisica Cosmica del CNR (1963). Inoltre, l'astrofisico Livio
Gratton, richiamato in Italia per iniziativa di
Puppi (e poi trasferitosi a Roma), nel 1962 fondoÁ
il Centro di Astrofisica del CNR a Frascati all'interno del quale attivoÁ anche linee di ricerca
di planetologia e astronomia dei raggi X.
Ma il 1962 segna anche un data importante:
Giacconi, Gursky, Paolini e Rossi scoprono la
prima sorgente di raggi X extra-solare, Sco X1,
una stella di luminositaÁ in raggi X mille volte
superiore a quella del Sole, e il fondo cosmico di
raggi X di origine sconosciuta. Si apre cosõÁ definitivamente una nuova finestra per l'osservazione del cosmo, la cui importanza per l'astrofisica e la cosmologia troveraÁ ampia conferma nei decenni successivi.
Per poter inserirsi in questi campi nuovi e altamente competitivi dell'astrofisica era necessario assicurare una stabilitaÁ istituzionale,
strutturale e finanziaria ai vari gruppi di ricerca.
Alla fine degli anni '60 il Comitato di Consulenza
per le Scienze Fisiche del CNR, presieduto da
Puppi, propose la costituzione di sei Laboratori
(in seguito Istituti) nei quali si strutturano i
centri di ricerca sopra menzionati, e precisamente:
- 1968, Istituto di tecnologie e studio delle radiazioni extraterrestri (ITeSRE - Bologna)
- 1968, Istituto di Cosmo-geofisica (Torino)
- 1968, Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario (IFSI - Frascati)
- 1969, Istituto di Fisica Cosmica e Tecnologie
Relative (IFTCR - Milano)
- 1970, Istituto di Radioastronomia (IRA - Bologna)
- 1970, Istituto di Astrofisica Spaziale (IAS Frascati).
(L'Istituto di Fisica Cosmica e Applicazioni all'Informatica (IFCAI) di Palermo fu istituito solo
nel 1981 incorporando la sezione distaccata
dell'IFCTR e l'UnitaÁ di Ricerca del CNR in
astrofisica delle alte energie sotto la direzione di
Livio Scarsi.)
Questo intervento strutturale eÁ stato fondamentale per lo sviluppo delle nuove discipline
astrofisiche nel nostro Paese. Fra l'altro questo
ha portato vari anni dopo alla realizzazione del
primo satellite scientifico italiano, per il quale
ancora una volta il contributo di Puppi eÁ risultato d'importanza primaria. Questa vicenda eÁ
relativamente poco conosciuta e vale la pena di
essere ricordata sia per l'importanza scientifica
sia perche per la prima volta l'industria spaziale
italiana si eÁ cimentata nella costruzione e gestione di un satellite scientifico di una certa
complessitaÁ.
Negli anni '70 la ricerca astronomica spaziale
in Europa si era venuta consolidando nell'ambito del «programma obbligatorio» della
European Space Agency (ESA), la nuova agenzia creata tramite la fusione delle organizzazioni europee operanti nello spazio, fra cui la
European Space Research Organization
(ESRO). Tuttavia, il programma obbligatorio
dell'ESA non aveva una dimensione finanziaria
sufficiente a coprire le pressanti domande di
ricerca, ragion per cui alcuni Stati membri (in
particolare il Regno Unito, l'Olanda e la Germania) avevano sviluppato e/o stavano sviluppando missioni spaziali anche in collaborazioni internazionali con la NASA e l'istituto
spaziale giapponese ISAS. A fronte di questo
quadro internazionale in rapido movimento appariva importante e urgente prendere un'ini-
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ziativa tale da permettere un salto qualitativo
alla comunitaÁ spaziale italiana, frattanto cresciuta per competenza e consistenza numerica.
Un satellite scientifico pareva la risposta adeguata non solo in termini di politica scientifica,
ma anche per la promozione dell'industria nazionale del settore spaziale. A quell'epoca la
ricerca spaziale faceva capo al Piano Spaziale
Nazionale (PSN) gestito dal CNR. Il problema
da affrontare non era solo quello di reperire le
risorse finanziarie necessarie, ma era anche
quello di ottenere il consenso delle forze politiche, poco propense, e alcune addirittura contrarie, all'attivazione di una missione spaziale di
ricerca di base al di fuori del programma obbligatorio dell'ESA.
Ebbi l'occasione d'illustrare l'iniziativa a
Puppi, allora consulente scientifico del Ministro
del Tesoro (il Sen. Beniamino Andreatta, recentemente deceduto dopo una drammatica e
toccante vicenda), durante un viaggio in treno di
rientro a Bologna Ð a quel tempo presiedevo il
Comitato per le Scienze Fisiche del CNR e
«pendolavo» spesso sulla tratta fra Bologna e
Roma, cosicche le occasioni d'incontro con
Puppi erano frequenti. La scienza e la promozione industriale, un binomio che stimolava
l'interesse di Puppi. Il Suo prestigio e l'autorevolezza erano tali che poco tempo dopo, correva
l'anno 1981, l'On. Giancarlo Tesini, allora Ministro per il Coordinamento delle iniziative per la
ricerca scientifica e tecnologica, convocoÁ una
riunione ristretta alla quale erano presenti
Puppi, in rappresentanza del Ministro del Tesoro, Luciano Guerriero, Direttore del PSN, Giuseppe «Bepi» Colombo e Francesco Carassa,
entrambi figure di prestigio della ricerca spaziale, e forse qualcun altro di cui ora mi sfugge il
ricordo. La riunione si concluse con la decisione
di procedere alla realizzazione di una missione
spaziale dedicata all'astronomia. Subito dopo il
PSN attivoÁ un bando per le proposte e, al termine della procedura, fu selezionata la proposta
del Satellite per l'Astronomia X (SAX), che vedeva coinvolti i quattro Istituti spaziali del CNR
e una importante collaborazione con l'Ente
spaziale olandese.
Non eÁ il caso in questa sede di ripercorrere la
storia di SAX, che si eÁ venuta continuamente
intersecando con le complesse vicissitudini
dello «spazio» italiano, ma ancora una volta e a
distanza di molti anni l'intervento di Puppi doveva dimostrarsi determinante per il prosieguo
di questa missione. Infatti, la realizzazione di
SAX aveva acquistato nuovo impulso con la
creazione nel 1988 dell'Agenzia Spaziale Italiana
(ASI), la cui Presidenza era stata affidata a Luciano Guerriero, senonche nel 1993 l'Agenzia fu
investita da una crisi istituzionale tale per cui il
Governo in carica decise di commissariare l'ASI
affidandone l'incarico a Puppi. La crisi dell'ASI,
frequente oggetto di articoli su vari quotidiani,
coinvolgeva pesantemente anche la missione
SAX, in ritardo e con costi molto aumentati rispetto alla programmazione iniziale, e quindi
presa di mira come esempio di un management
inadeguato dell'Agenzia. Puppi nell'ottobre del
'93 attivoÁ una ricognizione dettagliata dello
stato del progetto: nel corso di tre giorni di intenso lavoro presso la sede dell'ASI furono intervistate tutte le unitaÁ operative, scientifiche e
industriali, coinvolte nel progetto e venne steso
un rapporto dettagliato per il Commissario in
cui si evidenziava la non esistenza di alcuna
ragione di fondo, sia scientifica che strumentale
e operativa, tale da consigliare uno stop alla
missione giaÁ in fase avanzata di realizzazione.
Quasi contemporaneamente una commissione
dell'European Science Foundation, istituita su
richiesta dell'allora Ministro in carica Umberto
Colombo, si espresse unanimemente a favore
del progetto. Ma le polemiche e le critiche non
erano destinate ad acquietarsi e proseguirono
con vigore nei mesi successivi. Il 12/01/94 l'autorevole «Il Sole-24 Ore» dedicava un'intera
pagina all'ASI e apriva con un articolo dal titolo
significativo «In orbita va solo la polemica». In
essa anche un intervento di un fisico dell'UniversitaÁ di Roma «La Sapienza» che criticava aspramente precedenti dichiarazioni del
Ministro Colombo, richiamandolo alle sue responsabilitaÁ di vigilanza sull'ASI, e l'operato del
Commissario Puppi (anche con riferimenti personali), e a proposito di SAX recitava «Inoltre il
ministro sottace l'ampio disinteresse della ComunitaÁ scientifica per questo programma .......
Affermare infine che il programma SAX, proposto nel 1981, non abbia sofferto del ritardo accumulato, contrasta con il parere di alcuni autorevoli protagonisti mondiali dell'astronomia a
raggi X». Ergo, una missione non significativa
scientificamente, e quindi uno sperpero delle
risorse disponibili. Nella stessa pagina una risposta puntuale del Ministro. Fu in questa atmosfera ammorbata da polemiche e veleni che
Puppi e il Ministro si assunsero la responsabilitaÁ
e il merito di procedere nella realizzazione della
missione che venne lanciata due anni dopo (26
aprile 1996) e il cui straordinario successo
scientifico, con il nome di BeppoSAX in ricordo
di Giuseppe «Beppo» Occhialini, eÁ a tutti noto.
Il ruolo di Puppi nello sviluppo della ricerca
spaziale internazionale richiederebbe un approfondimento ulteriore. In questa sede mi limiteroÁ a ricordare che il Suo coinvolgimento
nella promozione delle attivitaÁ spaziali si eÁ dipanato nell'arco di due decenni nel corso dei
quali ha ricoperto ruoli di primissimo piano.
Fra questi: l'incarico prestigioso di Presidente
della European Space Research Organization
(ESRO) per il triennio 1970-72; la presidenza
(1969-70) del Comitato Europeo Alti Funzionari che, su incarico della Conferenza Europea
dei Ministri delle AttivitaÁ Spaziali, doveva valutare l'opportunitaÁ di unire in un'unica agenzia le organizzazioni spaziali europee, in particolare l'ESRO summenzionata e l'ELDO (European Launch Development Organization),
dando l'avvio al discorso che ha poi portato
alla costituzione nel 1975 della European
Space Agency (ESA); la Co-Presidenza negli
anni '80 di un Comitato NASA-ESA per tracciare il possibile futuro delle attivitaÁ spaziali e,
infine, di nuovo sulla scena internazionale co-
me Capo della Delegazione Italiana presso
l'ESA (1993-95).
In un mondo della ricerca che via via si stava
sempre piuÁ specializzando Puppi emergeva per
la Sua visione globale della Fisica. L'intuito fisico straordinario e la capacitaÁ di sintesi Gli
consentivano di giungere immediatamente a
cogliere il punto essenziale del problema, anche
su argomenti molto distanti dai Suoi campi di
competenza specifica, e di valutarne l'importanza. Aveva subito percepito che le nuove tecnologie che si stavano sviluppando negli anni
successivi al II conflitto mondiale avrebbero
aperto orizzonti inesplorati per la fisica del cosmo. Ma era anche convinto dello stretto legame
fra ricerca scientifica e sviluppo tecnologico e
industriale, e che pertanto le iniziative da intraprendere dovevano essere di alto contenuto
per avere impatti significativi non solo scientifici. Il piccolo cabotaggio non lo interessava. Il
Suo contributo allo sviluppo dell'astrofisica
italiana, e non solo, si segnala appunto per una
serie di azioni fondamentali e fondanti i cui effetti si sono propagati fino al presente, e di cioÁ
dobbiamo essere riconoscenti e debitori alla figura dell'eminente fisico e Maestro.
LA RADIOASTRONOMIA IN ITALIA: UNA IDEA DI GIAMPIETRO PUPPI
ROBERTO FANTI
INAF ± Istituto di Radioastronomia, Bologna
«Perche Рmi dice un giorno (G. Puppi) sulle
scale dell'Istituto Ð non costruisci un radiotelescopio?» Con queste parole Marcello Ceccarelli ricorda in «Viaggio Provvisorio», con il
suo solito stile scherzoso, l'inizio di questa avventura. La data va collocata presumibilmente
nella prima metaÁ del 1959. EÁ probabile che il
primo approccio di Puppi con Ceccarelli sia
avvenuto proprio cosõÁ. EÁ peroÁ altrettanto probabile che Puppi riflettesse da tempo sull'idea.
Come G. Setti ha ricordato nel suo contributo, la
Radiostronomia eÁ stata una delle tante iniziative
di Puppi per promuovere nuovi settori di ricerca
che potessero affermarsi a livello internaziona-
le. Quando si vuole intraprendere un progetto
nuovo eÁ fondamentale saper scegliere le persone adatte a condurlo in porto, e questo non eÁ
sempre facile. Puppi scelse la persona giusta,
Marcello Ceccarelli.
La Radioastronomia era, a quell'epoca, un
settore relativamente nuovo dell'astronomia,
ma giaÁ consolidato a livello internazionale.
Aveva dato un nuovo potente impulso a tutta
l'astronomia aprendo nuovi orizzonti (si pensi,
ad esempio, alla possibilitaÁ di studiare l'idrogeno atomico interstellare mediante la riga
che esso emette alla lunghezza d'onda di 21 cm)
ed era entrata con forza nel vivace dibattito
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cosmologico dell'epoca fra i sostenitori della
«Teoria dello Stato Stazionario» e quelli del «Big
Bang». Le radiosogenti extragalattiche, cosõÁ
potenti da potersi rilevare a distanze enormemente superiori a quelle raggiungibili con i
maggiori telescopi ottici dell'epoca, erano viste
come le «sonde» ideali per risolvere il dibattito
in maniera definitiva. I risultati fino ad allora
ottenuti erano peroÁ ancora contraddittori e il
futuro radiotelescopio italiano avrebbe dato un
contributo importante al dibattito. Puppi ebbe
l'idea, sponsorizzoÁ il progetto, ne reperõÁ i finanziamenti necessari e ne seguõÁ con costante
interesse lo sviluppo.
Le operazioni partirono in maniera molto
spedita. All'inizio del 1960, con un annuncio
sui giornali, fu arruolato Gianfranco Sinigaglia,
ingegnere alla Marelli. LascioÁ un lavoro certo
per uno molto piuÁ interessante, ma anche piuÁ
incerto! Furono presi rapidamente contatti con
radioastronomi inglesi e australiani, fra i quali
ricordo Ryle, Hogbom, Mills e Christiansen,
con i quali si stabilirono rapporti non solo di
stima e collaborazione, ma anche di vera amicizia. Nel giugno dello stesso anno fu realizzato il prototipo del ramo E-W della «Croce
del Nord». Un cilindro parabolico di 7 100 m.,
operante a 327 MHz. Parteciparono ai lavori,
assieme a Ceccarelli e Sinigaglia, i giovani
Giancarlo Setti (neo-laureato) e Alessandro
Braccesi (ancora studente). Una storica e
memorabile foto, in cui compaiono, oltre ai
suddetti, Puppi, Righini (direttore dell'Osservatorio di Arcetri) e Mannino (direttore dell'Osservatorio di Bologna), immortala la conclusione di questa prima fase. Il gruppo di lavoro si estese acquisendo altre persone di
grande qualitaÁ: gli ingegneri Gelato (appena
reduce dal servizio militare) e Rosatelli (in
prestito dal CNEN), Dan Harris (neo-Ph. D. da
Caltech) e Louise Volders (neo-Ph. D. da Leiden), un nutrito numero di tecnici molto bravi
(senza voler fare torto a nessuno ricordo
Bombonati e Tomassetti) e successivamente
un certo numero di giovani pivelli neo-laureati
in fisica.
Il progetto fu presentato alla fine di maggio
1961 alla Scuola di Varenna e pubblicato nel
luglio dello stesso anno su «Il Nuovo Cimento»
(a nome Braccesi e Ceccarelli) assieme al progetto del sistema di ricezione (autori Gelato,
Rosatelli, Sinigaglia). Nel dicembre fu presentato anche al «O.C.E.D. Symposium on
Large Antennae for Radioastronomy» a Parigi.
All'inizio del '62 una prima centina fu montata
presso le officine SAE di Lecco. PiuÁ o meno alla
stessa epoca fu completato il progetto dell'illuminatore. Nell'agosto del '63 furono erette le
centine e in settembre tutta la ferraglia era in
piedi. Il grande cilindro parabolico che costituiva il ramo E-W della «Croce del Nord» si
ergeva maestoso, con la sua estensione di
60035 m. Durante la primavera del '64 una
squadra del Genio Militare fu impiegata per la
posa dei cavi sotterranei. Inoltre furono montate strutture del ramo N-S per una estensione di
300 m. Carla Giovannini (successivamente in
Fanti) aveva intanto cominciato a sviluppare
alcuni algoritmi per l'analisi dei futuri dati, facendo anche tesoro della competenza di Louise.
E si arrivoÁ al finale della prima fase: il 7 ottobre
1964 Sinigaglia e collaboratori completarono il
collegamento del ramo E-W con il ricevitore e
durante la notte facemmo le prime osservazioni.
Tutto andava secondo le migliori previsioni. Si
vedevano tante radiosorgenti, per lo piuÁ non
note. Scrive Marcello in «Diario Provvisorio»:
«... avevo visto il pennino finalmente muoversi
sulla carta del registratore. Muoversi bene,
muoversi benissimo. Raccontava il passaggio di
universi lontani e raccontava anche la fine di
tante fatiche e timori. Mi allontanai dal gruppo
dei miei collaboratori tutti in festa e mi sedetti
nell'angolo solitario di una stanza, senza parlare, senza pensare».
Il 24 ottobre 1964 ci fu l'inaugurazione, presenti il Ministro Gui, il Rettore Felice Battaglia,
lo stato maggiore di Fisica e il vescovo ausiliario
di Bologna, Mons. Bettazzi. L'inaugurazione fu
un grande successo, eccezion fatta per un violento acquazzone che ridusse il terreno ad un
mare di fango, impantanando il 50 % delle auto
dei partecipanti, inclusa quella del Ministro.
Acquisito questo primo successo, l'operazione «Croce del Nord» non era ancora finita. Solo
il ramo E-W era funzionante e bisognava farne
subito il miglior uso astronomico possibile.
Persone di esperienza astronomica consolidata
erano D. Harris e L. Volders. Purtroppo il primo
era partito per Arecibo all'inizio del '64 e Louise
tornoÁ in Olanda poco dopo. Anche Giancarlo
Setti era negli USA. Ma c'erano Marcello ed
Alessandro a guidare i tanti pivellini appena
arrivati. Si trattava di individuare dei programmi
validi e venderli alla comunitaÁ scientifica internazionale.
Bisognava poi completare il ramo Nord-Sud,
di cui solo 300 m erano costruiti, e fare la cor-
relazione dei due rami. Non mancava molto, ma
ci vollero altri tre anni. Il problema principale
era la mancanza di una struttura per la Radioastronomia. Eravamo un gruppo dell'Istituto di
Fisica, costituito da tecnici universitari con integrazione stipendiale all'INFN sui fondi ministeriali del progetto (fin che ce n'erano), qualche professore incaricato, un tecnico laureato e
borsisti in vari stadi di prorogatio. C'era la
«volontaÁ dichiarata» del Ministro della Pubblica
Istruzione di istituire il «Laboratorio Nazionale
di Radioastronomia» (LNRA), ma ... Malgrado
tutto cioÁ, c'era un enorme entusiasmo e grande
volontaÁ di lavorare, senza conoscere orari, sabati o domeniche e altre feste comandate, Natali
e Capodanni inclusi. Si registrava il segnale su
carta facendo, a mano con la matita, la media di
tre tracciati indipendenti e misurando posizione
e intensitaÁ delle sorgenti con il doppio decimetro. Il lavoro era tanto e non si riusciva a tenere
il ritmo con cui si ottenevano i dati dallo strumento. Marcello cercoÁ di aumentare la forza
lavoro con un accordo con le Carceri di Bologna. Due detenuti, acculturati, entrarono nella
macchina di produzione. I risultati tuttavia furono molto limitati.
Nel dicembre 1964 fu effettuata una prima
survey, chiamata B1, (la lettera B sta per Bologna, il numero 1 per «prima survey») di circa
2000 gradi quadrati, che portoÁ ad un catalogo di
circa 600 radiosorgenti, con densitaÁ di flusso
fino ad 1 Jy (*), la maggior parte delle quali non
note. Marcello alla fine dell'anno andoÁ al Texas
Symposium portandosi un fascicoletto con una
raccolta di alcune fra le prime registrazioni, che
mostroÁ in giro suscitando un notevole interesse.
Le capacitaÁ di calcolo erano inesistenti. Puppi
cercoÁ di convincere il CdA dell'UniversitaÁ a rilevare il calcolatore IBM del CNEN, che veniva
sostituito e sarebbe stato dato gratis. Il CdA rifiutoÁ. In effetti quel calcolatore sarebbe stato
costoso per la manutenzione e in poco tempo
obsoleto. La decisione era quindi stata giusta,
ma non era stata giusta la motivazione che il
CdA aveva addotto. Puppi ci ottenne poi il permesso di accedere, solo di notte, all'IBM 1620
della FacoltaÁ di Ingegneria e cosõÁ Carla poteÂ
sviluppare il software per l' analisi dei dati della
«Croce». Sotto la supervisione di Tonino Ficarra, si cominciarono ad utilizzare i «mangiaspaghi» dell'INFN, di notte, per digitalizzare,
(*) Il Jansky (abbreviato Jy) eÁ l'unitaÁ di misura del flusso
radio; 1 Jy ˆ 10 26 Wm 2 Hz 1 .
con mano d'opera studentesca, i tracciati cartacei con successiva elaborazione all'IBM 1620.
Il funzionamento dello strumento era purtroppo molto limitato dalla presenza di forti interferenze da ponti radio militari. Marcello
contattoÁ le alte gerarchie con scarsi risultati,
salendo progressivamente di livello, fincheÂ,
persa la pazienza, invioÁ una lettera ad Andreotti,
allora Ministro della Difesa, in cui scriveva che
«l'alto grado di inefficienza delle Forze Armate
gli faceva dubitare della possibilitaÁ che, in caso
di attacco nemico dall'est, fossero in grado di
resistere per quei 40 minuti che erano necessari
perche la divisione corazzata americana di
stanza ad Aviano potesse intervenire e bloccare
gli invasori». La lettera non fu molto apprezzata
dagli alti gradi delle forze armate. In qualche
modo, tuttavia, pian piano si giunse ad un modus vivendi dinamico, che comunque rimase
assai penoso per il nostro lavoro.
Nell'estate del '65 durante una scuola estiva a
Varenna, nella quale erano presenti i Burbidge,
Fowler, Sandage, e Thorne, fu possibile far circolare un po' dei nostri primi risultati. Geoffrey
Burbidge, cui fu mostrato il preprint del catalogo
B1, rimase impressionato dal numero di radiosorgenti non precedentemente catalogate che vi
apparivano. Willie Fowler, futuro premio Nobel
per la Fisica, chiese ripetutamente se i «600» di
estensione dell'E-W erano piedi o cosa altro.
Nel novembre del '65 si tenne a Bologna il
Congresso annuale della SIF. Marcello fu invitato a fare una relazione sulla «Croce del Nord»,
nell'Aula Magna di Fisica, piena di gente. Il
successo fra i fisici fu notevole. La SIF assegnoÁ
un premio di 500 mila lire alla «Croce del Nord»,
che fu consegnato nella sala dello STABAT
MATER a Carla, delegata da Marcello a rappresentare tutto il gruppo. Il premio fu diviso in
parti uguali fra tutti i membri, tecnici e laureati,
del gruppo, ventiquattro persone, esclusi i professori ordinari (Marcello e Mannino).
Subito dopo, a seguito di uno scambio di lettere con Ryle, anch'egli futuro Nobel per la Fisica, inviammo a «Il Nuovo Cimento» un articolo
con i conteggi delle nostre radiosorgenti e una
dettagliata analisi degli effetti strumentali e
delle correzioni applicate. I nostri risultati erano
in accordo con quelli del gruppo di Ryle e in
disaccordo con le previsioni della teoria dello
Stato Stazionario. In quella occasione Carla e
Marcello fecero il primo Montecarlo della nostra
storia, all'IBM 1620, utilizzando una lista di numeri a caso presa da un libro di Marcello, ri-
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52
normalizzati per diventare le coordinate delle
radiosorgenti del Fantacielo. Questa fu la seconda pubblicazione scientifica ottenuta con
l'E-W.
Oltre a cioÁ, ci capitoÁ un grosso colpo di fortuna. Dopo l'estate uscõÁ sull'«Astrophysical
Journal» la prima lista delle quasar selezionate
otticamente da Sandage. Ci lanciammo su di
essa e facemmo rapidamente osservazioni con
l'E-W, senza trovare emissione radio significativa da nessuno dei 15 oggetti osservati ad un
livello di circa due ordini di grandezza inferiore
ai limiti che citava Sandage. Inviammo una lettera all'«Astrophysical Journal», che la pubblicoÁ velocemente. Questo lavoro ebbe un notevole successo e rimase per molto tempo
quanto di meglio si sapeva sull'emissione radio
delle quasar.
Pur con questi importanti successi, l'E-W da
solo aveva delle prestazioni limitate. Le posizioni radio con il solo ramo E-W non erano
sufficientemente accurate per fare identificazioni ottiche, se non con oggetti molto brillanti
in ottico. Inoltre a livello di 1 Jy la confusione
era giaÁ forte. Questa situazione era stata descritta da Marcello in una lettera spedita ad
Alessandro durante il Congresso dell'URSI nel
settembre 1966: «Sono stato invitato a pranzo da
Ryle.. ..Bisogna riuscire a varcare la barriera di
potenziale tra l'essere stimati e l'essere richiesti.
Qui tutti sono molto cordiali con me e ho la netta
sensazione che non ci considerino affatto dei
sottosviluppati. PeroÁ nessuno ha ancora bisogno dei nostri dati. Finche non avremo una
merce di scambio che sia veramente unica nel
suo genere molto difficilmente riusciremo a
sfondare». Il passo importante era la messa in
funzione del ramo N-S, che richiese altri tre anni
dalla inaugurazione dell'E-W. In questi tre anni
si era avuto un certo avvicendamento nello staff
tecnologico. Rosatelli era rientrato al CNEN e
Gelato era andato ad ESTEC (Olanda). Era subentrato Giuliano Colla e c'era stato un determinante crescendo del coinvolgimento di Gavril
Grueff e poi di Tonino Ficarra. Il ritardo nell'operazione Nord-Sud era dovuto a vari fattori:
ritardo nei finanziamenti sul fronte M.P.I., da un
lato, difficoltaÁ con il CdA dell'UniversitaÁ, dall'altro. Come Puppi ha piuÁ volte ricordato, l'UniversitaÁ di Bologna non recepõÁ mai la potenzialitaÁ innovativa del progetto e lo consideroÁ
sostanzialmente uno sgradevole disturbo.
La messa in fase del ramo N-S era giaÁ stata
risolta con un semplice ed ingegnoso sistema
alla fine del '65. Tomassetti era diventato il
«mago dell'alta frequenza». Giuliano Colla
aveva ereditato il progetto di registrazione del
segnale su nastro magnetico, iniziato da Gelato, e aveva realizzato il prototipo di correlatore
per la «Croce». Nell'estate del '66, era prevista
la stesura dei cavi della N-S ma, per vari problemi con il CdA dell'UniversitaÁ, le cose andavano a rilento. Ricordo molto bene che poi
Ceccarelli ci raccontoÁ dell'intervento durissimo di Puppi, che minaccioÁ di chiedere al Ministero della Pubblica Istruzione il trasferimento all'UniversitaÁ di Padova del progetto «Croce del Nord». Questo aiutoÁ non poco
sul fronte bolognese.
Restava peroÁ il fronte ministeriale, ossia
l'ultimo lotto di finanziamento per il completamento della «Croce» e la istituzione del «Laboratorio Nazionale di Radioastronomia». Ancora Marcello, in «Viaggio Provvisorio», scrive:
«.... ero riuscito ad avere un appuntamento a
Roma con il Ministro ed avevo intenzione di
dirgli che cosõÁ, senza soldi e posti, il suo e nostro tanto decantato «Laboratorio Nazionale di
Radioastronomia» aveva un presente molto
grigio e prospettive ancora piuÁ scure. ...Stavolta
il Ministro non si limitoÁ ad «auspicare». Decise.
Prese un foglietto (Lei ha mille ragioni caro
professore!), vi scrisse cifre e tempi e telefonoÁ
ad un Direttore Generale che arrivoÁ subito dopo
tutto ossequioso e che si impossessoÁ del foglietto e delle direttive corrispondenti. Dopo di
cioÁ passarono settimane e mesi ma non successe assolutamente nulla ...» Quando poi
Marcello seppe che il progetto di istituzione del
«Laboratorio Nazionale di Radioastronomia»
era stato definitivamente respinto, commentoÁ
«...quel tesoro del Tesoro ha bocciato il progetto...».
In ogni caso, l'anno successivo si riuscõÁ a
concludere i lavori, rinunciando purtroppo a
completare il ramo N-S, che avrebbe dovuto
avere una estensione di 1200 m, invece dei 300 m
esistenti. Con gli ultimi soldi disponibili furono
completati e montati gli illuminatori e fu costruito il sistema di sfasatori per il puntamento
elettrico del fascio. La notte della vigilia di Natale 1967 Alessandro e Gavril Grueff poterono
vedere le prime sorgenti con la «Croce» completa. Una settimana dopo Alessandro, in attesa
di passare il controllo all'aeroporto di Los Angeles, dove Carla ed io eravamo andati a prenderlo, ci sventoloÁ da lontano una registrazione
della «Croce».
Vista aerea del radiotelescopio Croce del Nord e del
radiotelescopio parabolico a Medicina.
Una prima survey pilota di 328 radiosorgenti
a 0,2 Jy, praticamente senza confusione e con
buone posizioni fu pubblicata nel luglio '68. Nel
1970 venne pubblicata, su «Astronomy and
Astrophysics», la B2.1 che conteneva piuÁ di
Inaugurazione del radiotelescopio pilota (prototipo)
avvenuta a Medicina nel 1960. Nell'ordine da sinistra:
Giancarlo Setti, Gianfranco Sinigaglia, Guglielmo Righini, Giampietro Puppi, Giuseppe Mannino, Marcello
Ceccarelli e Alessandro Braccesi (seduto).
3000 radiosorgenti con densitaÁ di flusso fino a
0.2 Jy (almeno un ordine di grandezza piuÁ deboli di quelle presenti nei cataloghi precedenti). Con le survey successive B2.2, B2.3 e
B2.4 vennero catalogate circa 10000 radiosorgenti. L'impatto nel mondo scientifico fu
enorme. Come esempio, ricordo che il catalogo
B2.1 eÁ stato fino alla fine degli anni '70 fra le
prime dieci pubblicazioni italiane piuÁ citate a
livello internazionale. A quel punto avevamo la
merce di scambio di cui Marcello aveva indicato la necessitaÁ. Fu questa la merce che aprõÁ
al gruppo di Bologna le porte di Westerbork, lo
strumento olandese che, all'inizio degli anni
'70, rivoluzionoÁ la radioastronomia.
Restava come cosa irrisolta il dare alla radioastronomia bolognese un assetto istituzionale. Fallita l'operazione «LNRA» del M.P.I., il
CNR, grazie anche al ruolo fondamentale giocato da Puppi, si assunse il carico della radioastronomia italiana istituendo il Laboratorio di Radioastronomia, diventato poi Istituto.
Si ebbero in tal modo garanzie di finanziamento regolare per ricerca e strumentazione,
posizioni stabili per ricercatori e tecnici e
possibilitaÁ di sviluppi successivi. Fu cosõÁ che si
poterono fare anche altri interventi importanti
sulla «Croce del Nord». Il ramo N-S fu esteso a
600 m di lunghezza, raddoppiando il potere
risolutore totale. Con esso fu effettuata una
nuova survey (chiamata B3) di oltre 13000
sorgenti, ad una densitaÁ di flusso due volte
inferiore rispetto alle precedenti B2. Anche
questa survey ha avuto un impatto notevole a
livello internazionale. Successivamente fu
possibile attuare il progetto «VLBI» italiano,
con le parabole di Medicina e Noto, che con la
loro entrata in funzione fecero fare un grosso
salto di qualitaÁ alla rete interferometrica europea. Ora eÁ la volta di SRT (Sardinia Radio
Telescope) in avanzata fase di realizzazione: un
paraboloide di 64 m di diametro, multi-purpose ed operante fino a lunghezze d'onda millimetriche. E ci sono prospettive affascinanti a
lungo termine, come per esempio, la partecipazione al grande progetto internazionale SKA
(Square Kilometre Array) in avanzata fase di
progettazione.
Tutto cioÁ da una idea nata nel lontano 1959 e
fatta crescere e diventata realtaÁ con il lavoro
successivo di tanta gente.
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GIANNI PUPPI E LA RICERCA SPAZIALE
LUCIANO GUERRIERO
Professore emerito, Dipartimento interateneo di Fisica, Politecnico di Bari
54
Questo contributo riassume alcuni miei ricordi personali connessi con la figura di Giampietro Puppi e con il ruolo che lui ebbe nello
sviluppo delle attivitaÁ spaziali in Europa ed in
Italia. Ebbi la fortuna di conoscere Gianni come
giaÁ allora si faceva chiamare, nel suo ultimo
anno di insegnamento a Padova, quando giaÁ
aveva vinto la cattedra a Napoli.
Nel 1952 ero studente dell'ultimo anno per la
laurea in Fisica e Puppi teneva il corso di Fisica
Superiore, con un programma dedicato ai fondamenti della Fisica dei Nuclei. Ricordo il piacere di assistere alle sue lezioni, per il senso fisico che sapeva dare ad ogni cosa che spiegava,
al di laÁ ed al di sopra di ogni formalismo. Questa
era una sua capacitaÁ universalmente riconosciuta ed apprezzata nell'ambiente dei fisici padovani. Puppi era un elemento trainante per la
ricerca teorica e sperimentale. La sua intuizione
sull'universalitaÁ dell'interazione debole, con il
cosõÁ detto «triangolo di Puppi», l'aveva fatto apprezzare anche al di fuori dei confini nazionali.
Erano gli anni in cui la Fisica fondamentale si
faceva studiando le interazioni dei raggi cosmici
con tecniche di contatori, camere a nebbia ed
emulsioni e si cominciavano a capire natura e
ruoli dei vari «mesoni». Puppi era fisico teorico
ma guidava molti sperimentatori di Padova. Anni
prima avevo incontrato casualmente Pietro Bassi
ed Italo Filosofo nel laboratorio Raggi Cosmici
sulla Marmolada mentre erano impegnati nell'esperimento ideato da Puppi per la misura dell'eccesso positivo nella radiazione cosmica. Ricordo questo incontro perche determinoÁ la mia
scelta di lasciare Ingegneria per passare a Fisica.
Successivamente i miei incontri con Puppi
non furono frequenti. Sapevo che lui, a Bologna,
stava guidando varie iniziative, sia nel campo
della Fisica delle Particelle che in quello dell'Astrofisica e delle Scienze della Terra. In alcune delle occasioni in cui ebbi modo di incontrarlo a Padova, ricorsi ancora a lui per cercare
di capire meglio alcune delle problematiche
apparentemente paradossali della Meccanica
Quantistica e della RelativitaÁ. E sempre uscivo
da queste conversazioni con il piacere di avere
capito di piuÁ e con profonda ammirazione per la
sua capacitaÁ di penetrare la realtaÁ.
Nel 1980, la mia attivitaÁ incrocioÁ di nuovo
quella di Puppi. Le strane vicende della vita mi
portarono ad assumere responsabilitaÁ per le
attivitaÁ spaziali nazionali e, con la nascita dell'Agenzia, anche per la partecipazione italiana
alle attivitaÁ europee. Scoprii allora che Puppi
era considerato universalmente uno dei padri
fondatori dell'organizzazione spaziale italiana e
di quella europea.
GiaÁ nel 1959 Puppi era stato chiamato a far
parte della Commissione Ricerche Spaziali istituita allora dal CNR per iniziativa di Edoardo
Amaldi per coordinare le iniziative scientifiche
italiane in campo spaziale. Nella fibrillazione
seguita al lancio del primo Sputnik nel 1957 e
alla scoperta delle fasce di Van Allen da parte
del primo satellite USA, Amaldi si era fatto
propugnatore di una iniziativa intesa a mantenere l'Europa al passo con questa nuova realtaÁ.
Aveva trovato alleanze negli scienziati di altri
paesi europei, in particolare in Auger in Francia
e in Massey nel Regno Unito. Nasceva cosõÁ nel
1962 l'European Space Research Organisation
(ESRO) come ente dedicato alla pura ricerca,
sul modello del CERN, senza alcuna connessione con i militari che pur avevano interesse
per lo Spazio, e senza alcuna finalizzazione applicativa di valenza commerciale.
La Commissione Ricerche Spaziali del CNR di
cui Puppi faceva parte curoÁ le difficili trattative a
livello europeo per la stesura della convenzione
dell'ESRO e di quelle che portarono alla costituzione dell'ELDO per i lanciatori. Diventata
operativa nel 1964, nel 1968 l'ESRO aveva giaÁ
messo in orbita 3 satelliti e 22 esperimenti, che
dimostravano la validitaÁ dell'organizzazione.
Aveva inoltre realizzato diversi Centri specializzati tra cui l'ESRIN in Italia.
Ma non tardarono ad apparire serie difficoltaÁ
come conseguenza dell'impostazione eccessivamente idealistica per l'ESRO. L'aver escluso
la partecipazione dei militari toglieva all'attivitaÁ
spaziale europea la principale fonte di finanziamento dei programmi americani e sovietici. Nel
contempo era cresciuto l'interesse dei vari paesi
membri per curare in proprio i programmi applicativi per le Telecomunicazioni, la Meteorologia e le Osservazioni della Terra, con potenziali ricadute commerciali per le loro industrie. Questi fatti portarono, nella seconda metaÁ
degli anni '60, ad una crisi politico-finanziaria e
costrinsero l'ESRO a cancellare le due maggiori
missioni scientifiche allora programmate.
Ed eÁ a questo proposito che emerge il ruolo di
Gianni Puppi nella costruzione definitiva dell'organizzazione spaziale europea. Egli era diventato
presidente del Council dell'ESRO. La ricostruzione storica di quegli anni mostra come la sua
tipica chiarezza nella impostazione dei problemi,
la sua capacitaÁ di mediare tra desideri e realtaÁ e
quella di convincere gli interlocutori con argomenti razionali siano state alla base del superamento della crisi e abbiano consentito la creazione dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) nella
quale sono confluite ESRO ed ELDO. Nell'ESA
convivono ancora oggi il programma scientifico
ed i programmi applicativi e dei lanciatori.
EÁ del dicembre 1971 il primo accordo, ricordato in ESA come «the first package deal» di
Puppi. Tutti riconoscono che eÁ stato portato in
porto dalla sua abilitaÁ, attraverso anni di laboriose trattative con tutti i paesi membri e con la
minaccia costante della Francia e di altri paesi
di ritirarsi dall'ESRO se non fosse stata data
sufficiente attenzione ai programmi applicativi.
L'accordo vede sõÁ il ridimensionamento del
programma scientifico che rimane peroÁ obbligatorio. Contestualmente vi eÁ l'introduzione
dei programmi applicativi, cui i principali paesi
membri si impegnano ad aderire.
Nel 1973 Puppi raggiunge anche l'accordo sul
secondo package deal che risolve il conflitto di
interessi tra i diversi partner e delinea il ruolo dei
paesi europei in relazione alla collaborazione
con la NASA. GiaÁ nel 1969, dopo lo sbarco sulla
Luna, l'amministratore della NASA T. O. Paine
aveva invitato l'Europa a collaborare con gli USA
nel programma post-Apollo. Germania ed Italia
appoggiarono questa collaborazione con il progetto Spacelab, il Regno Unito puntoÁ sulle telecomunicazioni, mentre la Francia appoggioÁ
progetti di autonomia europea nel campo del
trasporto spaziale. Questo secondo package deal
contiene le premesse della nuova convenzione
per le attivitaÁ spaziali. Grazie all'abilitaÁ negoziale
di Puppi ed alla sua perseveranza, la conferenza
ministeriale del 1975 formalizzoÁ la nascita dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA).
Negli stessi anni, l'Italia manteneva attivitaÁ nazionali in parte correlate con la partecipazione ai
programmi europei. L. Broglio era impegnato
nella collaborazione con la NASA e metteva in
orbita alcuni piccoli satelliti scientifici dalla base
equatoriale di Malindi, mentre l'industria nazionale realizzava SIRIO per sperimentare tecniche
di telecomunicazione alle alte frequenze, secondo
un progetto di F. Carassa. I gruppi scientifici
operavano nei progetti spaziali europei. Nel
complesso l'Italia non riusciva a ritagliarsi in Europa un ruolo commensurato al suo contributo
finanziario. I ritorni dalle commesse ottenute
dall'ESA non erano soddisfacenti ne dal punto di
vista economico ne da quello delle tecnologie.
Nella seconda metaÁ degli anni '70, il contributo di Puppi risultoÁ essenziale anche per la
definizione di un programma spaziale nazionale
organico, bilanciato e poliennale. Nel suo ruolo
di consulente scientifico dell'allora ministro
Andreatta contribuõÁ a definire il primo «Piano
Spaziale Nazionale», approvato dal CIPE nel
1979. Si trattava di un piano quinquennale, da
aggiornare ogni due anni, nel quale trovarono
sostegno i settori scientifici ed industriali italiani da promuovere a livello europeo.
Nel corso degli otto anni in cui il «Piano» fu
gestito dal CNR e nei primi cinque anni dell'Agenzia Spaziale Italiana che ereditoÁ i compiti
del CNR per lo Spazio oltre che la gestione della
partecipazione in ESA, ebbi frequenti consigli da
Gianni Puppi sulle scelte nazionali ed europee di
cui gli sono particolarmente grato. Lui, forte dell'esperienza europea, incoraggioÁ sempre un sano
equilibrio tra i programmi che rispondevano agli
interessi scientifici e quelli di interesse industriale ed applicativo, come pure sostenne l'opportunitaÁ di una forte alleanza con la NASA quale
strumento per una rapida emancipazione italiana
nei confronti degli arroganti partner europei.
Nell'autunno del 1993, alla fine del mio mandato in ASI, Puppi fu nominato commissario
dell'Agenzia ed io ebbi modo di accompagnarlo
ad alcuni meeting del Council dell'ESA ove era
subentrato come capo della delegazione italiana. Sono stato cosõÁ testimone del grandissimo
prestigio ed affetto di cui godeva presso tutte le
delegazioni e presso lo staff dell'Agenzia Europea. Tutti vedevano ancora in lui uno dei padri
di quella istituzione che, assieme al CERN, eÁ
forse la piuÁ prestigiosa in Europa e che riesce
ancora oggi a portare al successo progetti spaziali al massimo livello delle tecnologie e degli
obiettivi scientifici ed applicativi.
55
UN RICORDO, UNA PROMESSA
MICHELE CAPUTO
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Roma «La Sapienza»
56
Nei primissimi anni '60 lavoravo all'Institute
of Geophysics and Planetary Physics dell'UCLA.
Avevo tagliato quasi tutti i collegamenti scientifici con il mio paese, tranne che con Marussi,
direttore dell'Istituto di Geodesia a Trieste e
Puppi, direttore dell'Istituto di Fisica a Bologna.
Ogni anno tornavo un mese in Italia ed incontravo i due leader. Sia Puppi che Marussi mi dicevano che in Italia la Geofisica della terra solida
era pressoche latitante: occorrevano geofisici.
Nel 1967 Gianni Puppi mi invitoÁ a Bologna.
Gianni, che fu uno dei primi in Italia a porsi i
problemi dell'ambiente, mi disse: «ci piacerebbe
che ti occupassi dell'ambiente». Promisi: «d'accordo». I contatti con lui erano strettissimi e, di
fatto, avrei dovuto occuparmi di tante cose:
dell'Istituto di Geodesia prima e poi di quello di
Fisica a Bologna, del Laboratorio Grandi Masse
a Venezia, del Comitato Fisica del CNR a Roma e
di tenere un paio di corsi didattici.
Non avevo avuto alcuna incombenza gestionale o amministrativa negli USA, tranne che
per le mie ricerche e l'insegnamento. Ora, avevo
l'impressione che assieme agli altri impegni,
l'ambiente, fosse troppo per me. Poi, imparai
che tutti i miei amici avevano troppo da fare e
non mi lamentai. Anzi sono grato a Gianni per
quella opportunitaÁ. Ancora ricordo la mia promessa. In particolare in questo tempo in cui si
parla molto dei problemi dell'ambiente ma, temo, non si faccia abbastanza. Nel 1973, tuttavia,
in Italia, si fece un importante lavoro, purtroppo
quasi dimenticato, che eÁ opportuno ricordare.
Questo mio contributo potrebbe sembrare un
po' anacronistico, dato che androÁ indietro nel
tempo di circa 35 anni. Ma, ad un esame piuÁ
approfondito, appariraÁ rilevante per gli interventi a sostegno della difesa e della valorizzazione del nostro patrimonio ambientale, in
quanto uno sguardo al passato suggerisce sempre elementi strategici per gli interventi futuri.
Facciamo un paragone: vediamo come si fa
con i patrimoni importanti. Nello studio dell'affidabilitaÁ delle banche occorrono certi indicatori che le caratterizzano, ad esempio, il numero di conti correnti, l'ammontare dei depositi
nei conti correnti, l'ammontare dei crediti a rischio e, molto importante, il valore del patrimonio totale della banca. Passando all'economia del paese, esistono equazioni che
dovrebbero regolarne l'equilibrio economico.
Queste equazioni contengono variabili come le
aliquote fiscali, il tasso di interesse fissato dalla
banca centrale, i consumi, varie reattivitaÁ e,
quella che sembra la piuÁ importante, il prodotto
interno lordo.
Tuttavia nelle equazioni che regolano l'economia ed il bilancio del paese ne manca una che
figura fra gli indicatori delle banche e che riguarderebbe il valore dei beni posseduti dal sistema economico e che, per completezza, dovrebbe comprendere il valore dell'ambiente.
Perche l'ambiente ha un valore che puoÁ crescere o decrescere secondo la cura che ne abbiamo, ed eÁ una risorsa di reddito immediato.
Strategicamente la cura dell'ambiente costituisce una componente importante, essenziale, per
l'avvenire del nostro modo di vivere (1). La protezione di questo patrimonio dalle calamitaÁ naturali, ma anche la sua difesa dagli attacchi
sconsiderati da parte dell'uomo, costituiscono
una parte rilevante del lavoro che dobbiamo
fare per la sua valorizzazione in termini di salute
pubblica e di fonte di reddito. Suggerirei di
quantificare questo valore e monitorarne lo
sviluppo. EÁ un'utopia? Vediamo subito che non
lo eÁ.
L'inizio per questa quantificazione eÁ l'opera:
«Prima relazione sulla Situazione Ambientale
nel Paese» del 1973 (2) chiamata anche «Ambiente 73» preparato a cura della Tecneco, sotto
gli auspici del Consiglio dei Ministri ed il coordinamento del Ministro per la ricerca Scientifica
e Tecnologica.
L'opera eÁ in 3 grossi volumi, per un totale di
piuÁ di 1300 pagine, con molte tabelle esplicative
e riassuntive. Contiene caratteristiche di stato e
fattori di alterazione dei principali sistemi ambientali italiani: aree ad uso estensivo, acque
interne, fasce costiere, agricoltura intensiva,
aree metropolitane, patrimonio dei beni culturali ed ambienti di lavoro. Seguono attivitaÁ ed
Da destra verso sinistra: G. Puppi, M. Ceccarelli e M. Caputo.
interventi per la difesa dell'Ambiente in Italia
negli anni 1971-72 con cenni su quanto eÁ stato
fatto in 8 dei paesi piuÁ industrializzati, nonche le
attivitaÁ ed iniziative delle Organizzazioni Internazionali.
Tenendo conto dello sviluppo tecnologico, eÁ
chiaro che il rapporto «Ambiente '73» puoÁ essere migliorato. Manca un capitolo sull'educazione civica, che implica il rispetto dell'ambiente, tanto necessaria non solo in Italia. Tuttavia al di laÁ degli inevitabili limiti e lacune
«Ambiente 73» eÁ una pietra miliare per chi intenda affrontare i problemi dell'ambiente in
modo sistematico e strategico sia politico che
finanziario.
Da allora, molti provvedimenti sono stati
presi, come ad es. l'istituzione del Ministero
dell'Ambiente, dell'ENEA (Ente per le Nuove
Tecnologie e l'Ambiente), l'APAT (Agenzia per
la Protezione dell'Ambiente e per i Servizi Tecnici), le Agenzia Regionali per la Protezione
dell'Ambiente, la formazione dei Gruppi di lavoro del CNR.
Prima e dopo la pubblicazione di «Ambiente
73», trascorsi parecchi anni all'estero, e molti
avvenimenti italiani di quei periodi possono essermi sfuggiti. So che sono usciti cataloghi di
maremoti delle coste italiane, che eÁ stato pubblicato piuÁ volte lo studio della pericolositaÁ sismica in Italia, che eÁ stata fatta la carta delle
aree con vocazione a forti terremoti col pattern
recognition, che eÁ stato studiato il livello antico
del Mar Tirreno, che sono state stimate le accelerazioni del suolo causate dei terremoti, che
sono stati studiati frattali nei terremoti, che eÁ
stata messa sotto controllo la subsidenza di
Venezia, che sono state fatte previsioni di terremoti a lungo termine e sono in corso quelle a
medio termine. Tuttavia il rapporto «Ambiente
73» sullo stato dell'ambiente in Italia non eÁ stato
ripetuto.
Tra un anno, saranno trascorsi 35 anni da
quella fotografia dell'ambiente italiano. Lo dico
a coloro che si occupano della conservazione e
valorizzazione dell'ambiente perche se ne tenga
conto, per ricordare che c'eÁ giaÁ una pietra miliare, una fotografia, anche se sfumata, dello
stato dell'ambiente in Italia.
Per sapere come, da allora, si siano comportati gli italiani, nonche le amministrazioni pub-
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bliche, e i governi, e per sapere quali misure
prioritarie si debbano intraprendere ora per la
tutela e la valorizzazione dall'ambiente, eÁ necessario ripetere l'operazione fatta con il rapporto «Ambiente 73». Procedendo senza un
nuovo rapporto e senza il confronto col precedente ho l'impressione che, rischiamo di navigare a vista senza rendercene conto.
Purtroppo, cosõÁ eÁ stato per troppo tempo nella
politica nazionale di buona parte del secolo
scorso e non poteva essere diversamente. Per
motivi strutturali del sistema e della cultura di
allora e, forse, anche per altri motivi, i governi
sono durati in media circa un anno rendendo
poco remunerativa qualsiasi iniziativa strategica
che riguardi il paese, l'ambiente ed il suo futuro.
Manca un intervento strategico per la salvaguardia dell'ambiente: si aggiorni urgentemente
il rapporto «Ambiente 73».
Bibliografia
(1)
(2)
C APUTO M., «May we forecast the scenario of our life in
the next 10-15 years?», Economia Politica, 23, No. 3
(2006) 321-330.
«Prima relazione sulla Situazione Ambientale nel Paese»,
a cura della Tecneco, sotto gli auspici del Consiglio dei
Ministri ed il coordinamento del Ministro per la ricerca
Scientifica e Tecnologica, 1973.
GIANNI PUPPI ED IL CENTRO DI MONTECUCCOLINO
FERRANTE PIERANTONI
UniversitaÁ di Bologna, ENEA, AIPA
FRANCO CASALI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
58
Un altro esempio delle straordinarie capacitaÁ
catalizzatrici di Gianni Puppi fu la creazione nel
1957 della Scuola di Specializzazione in Ingegneria Nucleare e la successiva istituzione, nell'anno accademico 1959-60, dell'indirizzo di
laurea in Ingegneria Nucleare nell'ambito di
un'azione concorde con Paolo Dore, Preside
della FacoltaÁ di Ingegneria e con Bruno Ferretti
dell' Istituto di Fisica, per dare a Bologna un
moderno Centro interdisciplinare di studi ove
ingegneri, fisici e chimici potessero essere formati per la progettazione e la conduzione di
impianti nucleari.
Legata per statuto alla FacoltaÁ di Ingegneria e
finanziata dal CNRN/CNEN, essa fu fin dal suo
inizio diretta da Bruno Ferretti e diede origine al
gruppo di specialisti, che avrebbero costituito la
base di partenza del Centro di Calcolo del
CNEN, all'avanguardia in Italia negli anni sessanta e settanta nel settore dei calcoli di fisica
nucleare e neutronica.
In questo quadro furono creati a Bologna, in
localitaÁ Montecuccolino, a 5 km dal centro della
cittaÁ, i Laboratori di Ingegneria Nucleare, che
avrebbero ospitato tre reattori nucleari sperimentali. Il reattore RB1 (Reattore Bologna 1), il
primo ad entrare in funzione nel 1962, era un
reattore a potenza zero costruito per la determinazione, col metodo della reattivitaÁ nulla,
del fattore di moltiplicazione infinito della cella
rappresentativa del nocciolo di reattori nucleari
termici moderati a grafite.
L'importanza della realizzazione di questo
reattore risiede nel fatto che si trattoÁ di un
esperimento, pensato da Amaldi, Ferretti e
Puppi, per vedere se era possibile costruire in
Italia, venti anni dopo il reattore CP1, realizzato
a Chicago da Enrico Fermi nel 1942, qualcosa di
analogo, con personale senza alcuna formazione
nucleare specifica. L'unica differenza consisteva nel fatto che si sapeva che si poteva fare e
che era stato giaÁ fatto, mentre nel 1942 Enrico
Fermi non aveva nessuna certezza su quello che
avrebbe potuto succedere.
L'RB1 fu quindi progettato e costruito da un
gruppetto di neolaureati in ingegneria e in fisica
Ð affiancato da alcuni laureandi Ð che non
avevano alcuna esperienza, nemmeno indiretta
di energia nucleare, adottando la tecnica del
buttarli a mare per vedere se riuscivano a nuotare. La progettazione fu fatta sulla base di documenti americani, da poco resi pubblici, utilizzando il primo «grande» calcolatore elettronico installato a Bologna. Si trattava di un
IBM-650 (2 k di memoria!). Il reattore RB1 funzionava a bassa potenza, 10 watt termici, e non
aveva quindi grossi problemi di accumulo dei
prodotti di fissione. Esso disponeva di una cavitaÁ centrale in cui erano posti successivamente
«reticoli» (cioeÁ parti significative di reattori
nucleari) di cui si conoscevano le proprietaÁ fisiche e «reticoli» in esame. Dalle misure di variazione di reattivitaÁ si poteva risalire alla determinazione dei parametri nucleari dei reticoli
in esame.
Il reattore era costituito da una struttura cilindrica a tre zone concentriche, alte circa 3 m.
La zona esterna era occupata da un riflettore di
grafite, quella intermedia, dalla struttura moltiplicante moderata a grafite, in cui potevano essere inseriti 86 elementi di biossido di uranio
arricchito al 20% di 235U per complessivi 10 kg di
235
U. La zona sperimentale centrale, aveva un
diametro di circa 1 m ed era occupata da alcune
celle del reticolo in esame, circondate da una
zona, di composizione variabile, con la funzione
di adattare lo spettro energetico e la distribuzione spaziale dei flussi.
Tutta la struttura era posta dentro un contenitore formato da una struttura metallica e da
una in calcestruzzo armato, con funzioni anche
di schermo biologico, in cui poteva essere fatto
il vuoto per un controllo finissimo della reattivitaÁ.
Il sistema di controllo era molto diversificato
ed era costituito da: 3 barre di controllo veloci a
bandiera di cadmio, 3 barre a liquido entro cui
poteva essere iniettata, in un tempo molto breve, una soluzione di nitrato di cadmio, 3 barre
lente a cremagliera, per lo spegnimento del
reattore durante le operazioni di carico e scarico del combustibile. Inoltre 20 elementi di
combustibile, in caso di aumento eccessivo
della temperatura nel nocciolo, potevano scaricare per gravitaÁ, a seguito della fusione di un
sottile strato di paraffina, i pellet di uranio arricchito, in un catino compartimentato con divisori di cadmio (brevetto CNEN). La collocazione dei laboratori sul crinale delle colline a
sud di Bologna garantiva inoltre automaticamente l'impossibilitaÁ di allagamenti.
RB1 fu in seguito convertito per esperienze su
reattori ad acqua pesante nell'ambito di una
collaborazione con l'Euratom di Ispra (Progetto
ORGEL). Furono fatte misure anche su elementi
di combustibile contenenti piccoli quantitativi
di plutonio.
Poco tempo dopo l'entrata in funzione del
reattore RB1, l'Agip Nucleare realizzoÁ il reattore
sperimentale RB2, sul modello del reattore
americano TRIGA, per training di studenti del
Corso di Ingegneria Nucleare. Dopo qualche
anno tale reattore fu notevolmente modificato
per potervi studiare Ð come per l'RB1 Ð caratteristiche fisiche di reattori nucleari di tipo
avanzato. In una prima fase furono studiate le
caratteristiche di reattori a «gas-grafite» ad alta
temperatura (con combustibile a microsfere,
brevetto Agip Nucleare) e successivamente
zone moltiplicanti tipiche di reattori veloci.
Questa attivitaÁ sperimentale era strettamente
connessa con l'accordo tra Italia e Francia per
lo sviluppo dei reattori veloci.
Nel 1971 i laboratori di Montecuccolino furono completati con l'RB3, un reattore sperimentale a potenza zero moderato ad acqua
pesante e riflesso con grafite, ceduto dal CEA
(Commisariat aÁ l'Energie Atomique di Saclay) a un prezzo simbolico. L'RB3 aveva le
stesse dimensioni del costruendo reattore CIRENE e costituõÁ un ottimo banco di prova come «mock-up» ingegneristico di detto reattore.
Fu, infatti, utilizzato per studi di dinamica e per
ottimizzare il sistema di controllo del «fratello
maggiore».
Verso la metaÁ degli anni '70 con i tre reattori
impegnati in «filiere» d'avanguardia, il Laboratorio di Montecuccolino si poneva come uno dei
migliori centri di ricerca nella fisica applicata ai
reattori nucleari. Molte furono le pubblicazioni,
nelle migliori riviste internazionali di Fisica e
Ingegneria dei Reattori, relative alle attivitaÁ
teoriche e sperimentali portate avanti in detto
Centro. Le attivitaÁ erano proposte e coordinate
da un Comitato Scientifico composto da tre
membri (rappresentanti rispettivamente di UniversitaÁ, CNEN e Agip Nucleare). Per molto
tempo l'UniversitaÁ fu rappresentata dal Professor Puppi sostituito, successivamente, dal
Professor Pietro Bassi.
59
GIANNI PUPPI E L'ENERGIA NUCLEARE
FERRANTE PIERANTONI
UniversitaÁ di Bologna, ENEA, AIPA
60
Enrico Mattei, deciso sostenitore della necessitaÁ di un concreto programma nucleare italiano, incontroÁ Gianni Puppi, alla fine degli anni
cinquanta, durante la cerimonia nella quale l'UniversitaÁ degli Studi di Bologna, nel 1958, gli
conferiva la Laurea ad Honorem in ingegneria
chimica. Mattei suggerõÁ a Raffaele Girotti di
prendere Puppi come top scientific advisor,
coinvolgendolo in breve tempo in tutte le attivitaÁ scientifiche dell'ENI. Mattei infatti non solo
aprõÁ la strada allo sfruttamento in Italia degli
idrocarburi e del gas naturale, ma era anche
convinto che in Italia solo lo sviluppo dell'energia nucleare per la produzione di energia
elettrica avrebbe potuto dare un concreto contributo a ridurre la nostra dipendenza dall'estero. Nel 1957 aveva creato l'Agip Nucleare ed
avviata la costruzione della centrale elettronucleare di Latina, che al momento di entrare in
servizio avrebbe avuto in Europa il reattore
nucleare di maggior potenza, ponendo l'Italia al
terzo posto nella produzione di energia nucleare, dopo la Gran Bretagna e gli USA. Inoltre
in quegli anni a Milano nel settore dell'energia
nucleare era giaÁ da tempo attivo il centro di ricerca CISE finanziato dalle principali industrie
private italiane.
Alla fine degli anni cinquanta il nostro paese
aveva quindi uno dei maggiori programmi nucleari nel mondo, in linea con le previsioni dei
vari organismi internazionali che indicavano
proprio nell'Italia e nel Giappone, gli unici paesi
industrializzati senza risorse nazionali di combustibili fossili, i primi che avrebbero imboccato
la strada di una massiccia nuclearizzazione. Un
episodio, cancellato dalla memoria collettiva, eÁ
quello dell'annuncio fatto dal Ministro della Difesa Giulio Andreotti nel discutere il bilancio
1958, della costruzione in Italia di un sottomarino nucleare che avrebbe avuto «il nome di
Marconi». EÁ da sottolineare la concordanza di
intenti su questa politica, all'interno della
Commissione Direttiva del CNRN, tra quattro
grandi della scienza italiani, Edoardo Amaldi,
Bruno Ferretti, Vincenzo Caglioti ed Arnaldo
Maria Angelini e le straordinarie capacitaÁ di
promozione e «marketing» del suo segretario
generale Felice Ippolito.
Con queste condizioni al contorno Gianni
Puppi, spesso senza apparire sul palco, mise in
opera le sue eccezionali doti avvalendosi anche
degli ottimi rapporti a livello personale con i
ricercatori di origine italiana, come Emilio Segre, che erano stati coinvolti nel programma
nucleare statunitense, promuovendo una serie
di iniziative che avrebbero portato, tra l'altro,
alla nascita dei Centri del CNEN di Bologna e
del Brasimone ed alla creazione del centro di
Medicina (BO) dell'Agip Nucleare.
Questa fase di forte impegno nel nucleare fu
bruscamente interrotta con la morte di Enrico
Mattei (ottobre 1962) e dal successivo caso Ippolito. Nell'agosto del 1963 indiscrezioni giornalistiche avevano sollevato dubbi sulla correttezza di Ippolito nell'amministrazione del
CNEN. Nei mesi seguenti venne avviata una indagine ministeriale e nel marzo 1964 Ippolito
venne arrestato. Ne seguõÁ un processo che culminoÁ con la sua condanna a 11 anni di carcere
per alcuni reati marginali. Successivamente
graziato dal Presidente Saragat, Ippolito divenne in seguito senatore del PCI.
L' arrivo di Giulio Andreotti al Ministero dell'
Industria nel 1965 coincise con una fase di rilancio del nucleare in Italia. Nel dicembre del
1966 l'Enel annuncioÁ un programma di costruzioni che prevedeva 12 000 MW di centrali
nucleari per il 1980. Il programma reattori veloci ebbe un forte sviluppo e vennero lanciati
altri programmi, tra cui quello promosso per lo
sviluppo di una nave a propulsione nucleare,
evoluzione del sottomarino nucleare annunciato dallo stesso Andreotti nel 1958. Di particolare rilievo fu il programma sul riciclo del
plutonio nei reattori provati, iniziato nel 1966,
portato avanti in stretta collaborazione tra
CNEN ed Enel con il concorso di Euratom, per
lo sviluppo di combustibile nucleare ceramico
a base di plutonio, al fine di trovare un utilizzo
al plutonio prodotto ogni anno negli impianti
elettronucleari in funzione in Italia. Nel 1968,
presso il Centro della Casaccia del CNEN,
venne realizzato dalla Sorin (Fiat-Montedison)
un impianto pilota della capacitaÁ produttiva di
30 kg al giorno di materiale plutonifero.
In quegli anni riscosse particolare interesse il
programma arricchimento uranio, con l'obiettivo di sviluppare l'industria italiana al fine della
sua partecipazione alla realizzazione di impianti
di arricchimento nell'ambito di iniziative comunitarie o internazionali. Nel dicembre 1967 fu
promossa la costituzione del Comitato Italiano
per l'Arricchimento dell'Uranio, cui partecipavano rappresentanti del Ministero dell' Industria, della Confindustria, del FIEN, dell'ENI,
dell'IRI, della Snia-Viscosa, della Fiat e della
Montedison, oltre a quelli del CNEN e dell'
ENEL.
Determinante fu il ruolo di Gianni Puppi negli
studi iniziali del reattore PEC al Brasimone. Nel
1967 erano stati proposti ai principali gruppi
industriali nazionali dei contratti di valutazione
del costo del reattore PEC. Tali contratti si
conclusero con l'offerta per la realizzazione
dell`impianto da parte della SNAM Progetti ad
un prezzo chiuso che prevedeva una «implicita»
sostanziale partecipazione dell'ENI ai costi di
costruzione. Nel 1968 il CNEN si impegnava con
la SNAM Progetti per la progettazione e la realizzazione del PEC.
Nel 1967, nell'ambito di una generale ristrutturazione del Ministero del Bilancio che
soppresse il CIR (Comitato Interministeriale
per la Ricostruzione), era stato creato il CIPE
(Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica). Tra i suoi primi atti il
CIPE decise di concentrare a Genova le attivitaÁ
nucleari, ed emanoÁ una serie di delibere sull'attribuzione dei compiti nel settore nucleare
ai due grandi gruppi pubblici ENI ed IRI che
portoÁ all'emergere del ruolo centrale dell'Ansaldo ed all'espulsione della SNAM Progetti
dal settore nucleare. La realizzazione del reattore PEC fu quindi dapprima affidata dal CNEN
secondo la direttiva del CIPE, non piuÁ alla
SNAM Progetti ma ad un consorzio industriale
costituito tra la SNAM Progetti e la NIRA, la
societaÁ della Finmeccanica incaricata della
progettazione e costruzione delle centrali nucleari, ed in seguito all'Ansaldo Meccanico
Nucleare con la scomparsa della SNAM Progetti.
Nel dicembre 1968 Andreotti aveva lasciato il
Ministero dell'Industria e, mentre il Parlamento
ritornava a discutere della legge di riforma del
CNEN, diventava sempre piuÁ scottante il problema dell'instabilitaÁ della guida della politica
energetica nazionale. Il «problema del Ministro
dell'Industria», che non esisteva alla fine degli
anni cinquanta quando Emilio Colombo era rimasto in Via Veneto per 50 mesi, con il passare
degli anni era diventato caldo: tra il 1960 ed il
1972 al Ministero dell'Industria si erano succeduti nove ministri, alcuni dei quali rimasti in
carica sei mesi.
Carlo Donat Cattin, diventato ministro dell'Industria, elaboroÁ come risposta alla crisi del
mercato petrolifero seguita alla guerra del
Kippur del 1973, un piano energetico centrato
sulla costruzione di venti centrali nucleari come
unica misura possibile per ridurre la dipendenza
del sistema energetico italiano dal petrolio e per
alleviare lo squilibrio provocato nella bilancia
commerciale italiana dal rincaro di tutte le fonti
energetiche importate. La prima formulazione di
questo piano fu elaborata tra il Natale 1974 e il
capodanno 1975 da un gruppo coordinato da
Nino Andreatta, mentre si sviluppava in modo
sempre piuÁ consistente l'opposizione al nucleare Ð anche a seguito dell' esplosione della
prima bomba atomica indiana, avvenuta nel
1974 tra la «sorpresa» generale, che aveva dimostrato l'inadeguatezza dei criteri di controllo
della proliferazione nucleare adottati fino a quel
momento e diventava particolarmente dura la
lotta per la definizione del PUN (progetto unificato nucleare) basato su un reattore PWR
(Westinghouse-Fiat) e non piuÁ BWR (General
Electric-Ansaldo) come le due unitaÁ in costruzione a Montalto di Castro.
Il piano energetico delle venti centrali del
ministro Donat Cattin ebbe una nascita travagliata, mentre l'industria italiana, per fare fronte
agli ordini che stavano per arrivare, si organizzava anche attraverso la nascita di un secondo polo privato. Il piano fu approvato dal
CIPE nel 1975, un anno dopo la sua formulazione, e il testo della delibera venne reso noto
nel febbraio 1976. Il piano, che tanta fatica
aveva richiesto per la sua elaborazione ed
approvazione, non ebbe peroÁ seguito, come del
resto i successivi, ed il nucleare, definito in quei
giorni dalla stampa italiana come la «torta nucleare», divento la spada che feriva a morte
l'industria nucleare italiana costretta ad aspettare in mezzo al guado la partenza di un vasto
programma di costruzioni che non sarebbe mai
arrivato.
61
GIAMPIETRO PUPPI E LO SVILUPPO DELLE SCIENZE AMBIENTALI
IN ITALIA: IL CONTRIBUTO DI UN «FISICO» ALLA FISICA
DELLA TERRA FLUIDA
ANTONIO SPERANZA
Dipartimento Matematica ed Informatica, UniversitaÁ di Camerino e CINFAI
STEFANO TIBALDI
Dipartimento Fisica, UniversitaÁ di Bologna e ARPA-ER, Servizio IdroMeteo
62
Lo sviluppo iniziale della Fisica della Terra
Fluida in Italia eÁ una «avventura» che ha coinvolto l'intera esistenza, non solo professionale,
di molte persone, tra cui chi scrive, nell'arco
temporale di circa una quindicina di anni: tra i
primi anni settanta e la metaÁ degli ottanta. Il
ruolo svolto da Giampietro Puppi in tale sviluppo eÁ assolutamente determinante. Ma, ovviamente, anche condizioni particolari di contesto hanno avuto il loro peso. Come testimoniattori dello sviluppo in questione abbiamo cercato di individuare e descrivere gli elementi
essenziali sia del contributo di Gianni Puppi che
degli elementi condizionanti. Ed abbiamo cercato di proporre questa breve analisi come
Gianni stesso avrebbe fatto: con veritaÁ, senza
enfatizzazioni, in maniera sintetica e, dove possibile, «divertente» come egli avrebbe, certamente, raccomandato.
Gli ambienti ufficiali della Scienza italiana
erano, nel dopoguerra, piuttosto inclini al culto,
quasi religioso, della «fondamentalitaÁ» delle
conoscenze da ricercare ed acquisire. Un ricorrente assunto era a quei tempi la necessitaÁ di
esplorare «il microcosmo, il macrocosmo e l'origine della vita». Le nozioni di Ambiente 1 e
Territorio 2 (ambedue tipicamente a dimensione
d'uomo e non di micro o macrocosmo) come le
abbiamo adesso non esistevano ancora o, perlomeno, non erano nozioni di pubblico dominio;
tantomeno erano «di casa» in ambito accademico. Alcuni aspetti particolari erano «ospitati»
dall'Ingegneria Ð ad esempio la Fluidodinamica
dei fluidi non ruotanti e non stratificati Ð op-
pure dalla Geologia Ð ad esempio l'Idrogeologia Ð o dalla Matematica 3 oppure, all'interno
della Fisica, erano presenti in altri Settori come,
ad esempio, la teoria del transfer radiativo Ð
cosõÁ importante nell'interpretazione dell'effetto
serra che determina la temperatura del sistema
climatico Ð in Astrofisica. Ma il nucleo centrale, la dinamica dei fluidi geofisici, era virtualmente ignorato in Italia.
Tuttavia, l'incalzare della questione energia,
le emergenti problematiche dell'inquinamento,
in generale le questioni legate al «modello di
sviluppo» 4 rendevano indispensabile la messa a
fuoco di tutta una serie di processi pertinenti
all'Atmosfera e all'Idrosfera; processi che non
erano considerati dalla Fisica ufficiale del tempo (e forse non lo sono nemmeno da quella di
oggi) come Fisica «fondamentale». Si noti che al
tempo tutto il discorso sulla ComplessitaÁ doveva
ancora «decollare» ed era convinzione piuttosto
diffusa che una volta descritti gli elementi elementari «costituenti» della dinamica in questione tutto potesse essere ridotto a banale
problematica computazionale «brute force». Era
abbastanza corrente negli ambienti della Fisica,
ad esempio, la nozione che una volta capito
l'atomo d'idrogeno tutta la Chimica fosse in
qualche modo «una complicazione del modello
base». Appare chiaro, quindi, come applicazioni, per quanto complicate, della Fisica non
quantistica ai fluidi geofisici potessero apparire
sostanzialmente «un'esercitazione».
In tale situazione era abbastanza prevedibile
che le discipline in questione potessero essere
1
La nozione di Ambiente nasce in Italia con Giorgio
Ruffolo: «rendere l'Ambiente una variabile economica del
Sistema».
2
La nozione di Territorio ha in Italia una storia assai
complessa che passa soprattutto attraverso la Legge Difesa del
Suolo (183 del 1989) la cui gestazione eÁ durata quasi vent'anni!
3
Il Professor Dario Graffi era una delle poche persone
con cui si potesse parlare di Fluidodinamica matematica
negli anni settanta!
4
Si ricordi il famoso report del Club di Roma degli anni
settanta che, attraverso il suo titolo, introdusse la denominazione stessa.
proposte-imposte Ð «sdoganate», per usare un
verbo della recente politica italiana Ð soltanto
da qualcuno che avesse piena titolaritaÁ ed autorevolezza nel mondo della Fisica «ufficiale»,
sufficiente autonomia per poter proporre nuovi
traguardi alla Fisica stessa e, da ultimo ma non
ultimo, «gusto» per le nuove materie. Questo
processo di «sdoganamento» era avvenuto (non
senza morti e feriti!) giaÁ per lo sviluppo dell'Astrofisica italiana in cui Gianni Puppi, non a
caso, aveva svolto un ruolo non banale.
Nel processo delineato sopra, Gianni Puppi fu
un ideale «demiurgo» per varie ragioni delle quali
cercheremo di elencare le principali. Innanzitutto la scuola di provenienza di Gianni come fisico era quella padovana, di Bruno Rossi: una
scuola che coniugava nella «fenomenologia»
sperimentale aspetti «sperimentali» e «teorici»
senza eccessivi manicheismi e sbilanciamenti in
un verso o nell'altro 5. Gianni aveva, poi, una sua
naturale inclinazione a considerare anche gli
aspetti «naturalistici» della Scienza. Cosa, al
tempo (e non solo allora!), tutt'altro che comune
negli scienziati «hard»: in una memorabile relazione generale alla SocietaÁ Italiana di Fisica egli
descrisse con cristallina chiarezza la difficoltaÁ
che la Scienza italiana aveva incontrato (tuttora
l'incontra!) nel conciliare la tradizione osservativo-naturalistica e quella quantitativo-matematica bencheÁ entrambe grandi in Italia, al contrario di quanto era giaÁ da tempo avvenuto, ad
esempio, in Gran Bretagna fin dall'inizio del novecento. Parte di questo gusto nasceva in Gianni
dall'esperienza fatta in Marina (egli si fregiava
della Medaglia d'argento per il valor militare) e si
era ulteriormente sviluppato e raffinato attraverso l'esperienza fatta negli studi sui raggi
cosmici. Ma giocava un ruolo essenziale l'istintivo contributo di una naturale curiositaÁ
scientifica per «il mondo». La personalitaÁ era,
inoltre, quella di un grande comunicatore: la linearitaÁ, la semplicitaÁ ma, soprattutto il piacere Ð
il citato «divertimento» Ð rendevano le sue
presentazioni attraenti anche per un pubblico
non specialistico.
Non sarebbe onesto ignorare qui l'aspetto
manageriale e politico della vicenda. Gianni
godeva al tempo di un suo ruolo assai rilevante
sotto entrambi gli aspetti in una Bologna che
5
Chi scrive (AS) ha avuto occasione di interagire con
Bruno Rossi, in Boston, riscontrando di persona lo straordinario equilibrio metodologico e culturale del suo approccio.
cresceva come rilevantissimo «snodo» politicoculturale in ambito nazionale ed internazionale.
Bologna era in quegli anni una sede di sviluppo di politiche nazionali che si candidava a
«vetrina delle capacitaÁ gestionali locali» nel
mondo. E l'azione di Gianni si sviluppoÁ a scala
nazionale. Le prime sostanziali iniziative nelle
discipline ambientali si collocano a cavallo del
1970. PiuÁ o meno parallelamente partivano:
± il gruppo Fisica a Bologna: i migliori laureandi di un'intera generazione di fisici bolognesi furono indirizzati agli studi relativi alla
Dinamica dell'Atmosfera e dell'Oceano partendo in particolare dalla predicibilitaÁ del fenomeno dell'acqua alta a Venezia;
± le Grandi Masse: un Istituto del CNR destinato alla tutela della Laguna Veneta ma, allo
stesso tempo, agli studi di Scienza della Terra e
del Sistema Planetario;
± la Tecneco: un'azienda a primaria partecipazione ENI creata in Fano (Marche) per operare in materia di problematiche ambientali;
± la Tecnomare: un'azienda, sempre a partecipazione ENI, creata in Venezia per studi-progettazione in tecnologie marine.
Non casualmente tali iniziative si collocavano
geograficamente a Venezia, cittaÁ di origine di
Gianni, nelle Marche, regione di Mattei e del
successore Girotti di cui Gianni era consigliere,
ma con solida base di cultura e di scuola scientifica in Bologna, dove Gianni svolse quasi tutta
la sua carriera accademica.
Ma seguirono tante altre iniziative: nel 1975,
ad esempio, la «Sogesta» (SocietaÁ Gestione
Tecnologie Avanzate) in Urbino (nuovamente
Marche) che avrebbe dovuto assurgere al ruolo
di «universitaÁ privata» nel settore.
Sarebbe difficile, noioso e sostanzialmente non
consono alla personalitaÁ di Gianni elencare puntigliosamente la miriade d'inziative di quegli anni.
Vale la pena, invece, mettere a fuoco la concezione
scientifico-culturale che soggiace a tali iniziative.
Ben espressa, questa, dal termine «Grandi Masse»: pur non conoscendo ancora il paradigma dei
sistemi complessi, Gianni era giaÁ consapevole che
in queste dimensioni «intermedie» (tra il micro ed
il macrocosmo, che egli aveva entrambi esplorati)
c'eÁ qualche cosa di scientificamente interessante,
oltre che utile: si tratta, essenzialmente, della dimensione dell'uomo e della Terra.
Ad onta della visione ampia, a scala quantomeno nazionale, come spesso capita in queste
cose, la storia decise altrimenti e Bologna rimase
il fulcro dello sviluppo culturale, cosõÁ come ap-
63
64
plicativo, delle iniziative di Puppi. Fino a tutti gli
anni ottanta la cattedra di Gianni presso il Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁ di Bologna
rimase un riferimento per l'avviamento alle discipline ambientali e territoriali ed eÁ veramente
lunga e di grande qualitaÁ la lista dei ricercatori ivi
formatisi. Include attuali professori e ricercatori,
direttori di servizi, ecc., in tutto il mondo.
La seconda metaÁ degli anni settanta e gli anni
ottanta portarono l'affermazione (lo sviluppo
era, in realtaÁ, precedente) dei concetti legati ai
sistemi complessi. GiaÁ nell'esperienza di creazione della citata «Sogesta» in Urbino una notevole enfasi era stata data al ruolo della nonlinearitaÁ nella modellistica sia deterministica che
statistica. Un sostanziale peso aveva avuto in
questo Giuseppe (Bepi) Colombo 6, forte della
sua esperienza in Meccanica. Anche se decisamente il tipo di matematica coinvolto non era
quello di Gianni, egli fu rapido a coglierne gli
aspetti innovativi sostanziali. Un ruolo centrale
venne dato a questi argomenti nel corso di Fisica Superiore che egli svolgeva.
Alla fine degli anni ottanta, inizio novanta, la
fantasia di Gianni fu «catturata» dalla nascente
problematica sul Clima. Sarebbe stata la dimensione perfetta per la sua azione: un problema
centrale tra Scienza e SocietaÁ, profondamente
interdisciplinare, ideale per il setup di grandi sistemi Ð da quelli osservativi (osservazioni convenzionali, satelliti, ecc.) ai grandi sistemi di
calcolo Ð ma anche per le profonde meditazioni
che impone riguardo al concetto di veritaÁ scientifica e agli strumenti adeguati alla sua affermazione. Ma, purtroppo, il crescere della problematica coincise con l'inizio del suo progressivo
«ritiro» e (di conseguenza?) con un rallentantamento dell'interesse accademico (anche e soprattutto del mondo della fisica italiana) per
queste discipline e con una loro successiva, progressiva marginalizzazione. Ne ha sofferto anche
la fisica stessa, ma ancor di piuÁ il nostro Paese
che, ahimeÁ, privo del presidio di un tale leader
(complice anche la scomparsa di Amaldi e di tanti
altri giganti della nostra Fisica), ha subito l'imporsi su queste problematiche di forze che tutto
hanno in vista fuorcheÁ la Scienza!
Al di laÁ di tutti i dettagli relativi allo sviluppo
storico, eÁ importante cogliere la natura essenziale del messaggio metodologico di Gianni ba-
sato, si eÁ detto, su una fusione organica tra la
tradizione osservativo-naturalistica (non necessariamente sperimentale, si badi bene) e
quella assiomatico-quantitativa (non necessariamente teorica, si badi bene). Da questo approccio metodologicamente non manicheo nasceva un bilanciamento tra sperimentazione,
fenomenologia, teoria e modellistica che favoriva la loro sintesi organica in un quadro scientifico completo. Questa «disponibilitaÁ mentale»
verso diversi modi di investigare il mondo, ha
anche, ad esempio, agevolato lo sviluppo della
modellistica numerica della fisica dei fluidi e
delle sue applicazioni geofisiche. Non eÁ un caso
che Gianni che, per sua esplicita ammissione,
non amava i calcolatori elettronici (una primordiale macchinetta meccanica di calcolo ha
troneggiato per anni sulla sua scrivania!) sia
stato l'iniziatore anche del CINECA.
Un tale tipo di approccio eÁ particolarmente
congeniale alle Scienze della Terra in cui ha dato
luogo ai piuÁ alti sviluppi scientifici e culturali fin
dall'inizio del secolo scorso (si pensi, ad esempio, ad Harold Jeffreys in Inghilterra). E, quindi,
non casualmente eÁ stato fertile di sviluppi, attorno alla figura di Puppi in quegli anni. E la figura ed il ruolo di Gianni si stagliano ancor di piuÁ
se si pensa quanto in Italia questo tipo di approccio abbia stentato e stenti a prendere piede.
EÁ importante notare, infine, l'attualitaÁ del
messaggio scientifico-culturale di Gianni Puppi.
Che si esprime anche nel modo di fare le cose. A
parte la rimarcata completezza dell'approccio ai
problemi e l'interdisciplinarietaÁ c'eÁ, soprattutto,
il fattore tecnica di conduzione della ricerca:
Gianni non perdeva mai la visione globale,
complessiva, del problema trattato anche nell'analisi del piuÁ minuto dettaglio. E non amava la
«managerialitaÁ standardizzata'', da scuola di
management. La necessitaÁ di governare processi di enorme dimensione e complessitaÁ richiede giaÁ, e sempre piuÁ richiederaÁ, persone di
sicura attitudine sintetica, capaci di ``lettura
trasversale'', capaci di gerarchizzare l'informazione portando in superficie gli elementi veramente essenziali 7, capaci di convivere con la
propria ignoranza dei dettagli senza, peroÁ, perdere di rigore. E, forse, rivivificando questa
attitudine la Fisica (e non solo) tornerebbe ad
attrarre gli studenti piuÁ brillanti!
7
6
A Giuseppe Colombo eÁ intitolato il Centro ASI (Agenzia Spaziale Italiana) in Matera.
Un altro nostro grande maestro, Jule Charney, commentando la ricerca di Ed Lorenz sintetizzoÁ : «A few ingredients: the right ones!».
GIAMPIETRO PUPPI, MAESTRO E SCIENZIATO NATURALISTA
RENATO ANGELO RICCI
Presidente Onorario SIF
«Quando ho avuto la notizia di questa celebrazione, quando l'amico Focardi mi ha detto
che il Presidente Ricci voleva fare questa cerimonia, la notizia stessa mi sorprese percheÂ,
pur essendo stata Varenna anche sede di celebrazioni, non avevo mai pensato alla celebrazione in Varenna della stessa Varenna. I
sentimenti che mi hanno colpito subito: emozione, ma forse eÁ troppo, interesse, ma forse eÁ
troppo poco, partecipazione, forse, eÁ il sentimento giusto e che eÁ piuÁ o meno lo stato d'animo che mi ritrovo in questo momento».
Con queste parole Giampietro (Gianni) Puppi
esordiva nel suo intervento in occasione della
celebrazione del 30mo anniversario della fondazione della Scuola di Varenna, il 19 giugno
1983.
Erano presenti con lui alcuni fra i protagonisti
della storia della fisica italiana e della Scuola
Internazionale fondata da Giovanni Polvani nel
1953, come Gilberto Bernardini, Piero Caldirola,
Carlo Castagnoli, Beppo Occhialini, Antonio
Rostagni (Edoardo Amaldi, impegnato altrove,
aveva inviato un suo personale messaggio), che
io, come Presidente della SIF, ero riuscito a
riunire insieme.
La cerimonia, benche sobria, fu particolarmente toccante nel rievocare gli inizi di una
avventura culturale che doveva accompagnare
le gloriose vicende della fisica italiana nella seconda metaÁ del secolo scorso.
Bene illustra il carattere e la grande personalitaÁ scientifica di Gianni Puppi questa sua
sintetica illustrazione del 1ë e del 2ë Corso della
Scuola, illuminato dalla presenza di Enrico
Fermi, pochi mesi prima della sua morte.
«...... Fui chiamato a dirigere il primo corso.
La scelta, che poi eÁ stata la scelta dei primi due
corsi, e che ha determinato anche il terzo, fu su
un argomento di frontiera, la fisica subnucleare e nucleare, un argomento in cui ci fosse
la cultura del nostro Paese e tale per cui la
Scuola potesse aspirare non solo ad insegnanti
di alta qualitaÁ, ma anche ad allievi italiani di
alta qualitaÁ. Nell'iniziare con i raggi cosmici
abbiamo voluto partire dalla nostra cultura
scientifica piuÁ vivace e riaffermare la nostra
primaria vocazione scientifica di naturalisti.
Sostanzialmente la Scuola ha voluto illustrare
quello che eÁ stato il contributo, a quel tempo
determinante, della fisica dei raggi cosmici
alla fisica delle particelle elementari: l'immediata risposta che l'anno dopo ci doveva essere,
era il contributo che le macchine acceleratici
avevano dato alla fisica delle particelle elementari».
C'eÁ qui tutto il percorso della fisica italiana
d'avanguardia del dopoguerra, dall'osservazione e dallo studio delle manifestazioni dirette
della natura alle investigazioni piuÁ profonde
delle sue proprietaÁ nascoste e delle sue leggi
attraverso la strumentazione piuÁ avanzata.
EÁ una peculiaritaÁ che si ritrova in Puppi,
scienziato «naturalista» curioso e attento alla
evoluzione delle conoscenze.
Anni piuÁ avanti, nel 1997, in occasione del
Congresso della SIF dedicato al 100mo anniversario della fondazione della nostra SocietaÁ,
in una amichevole intervista concessa agli amici
Antonio Bertin e Antonio Vitale (riportata nell'apposito numero del Nuovo Saggiatore, «Cent'anni», vol. 14, n. 3-5, 1998) cosõÁ affermava
sorridendo:
«EÁ stata una fortunata coincidenza ... poter
disporre di particelle di alta energia (i raggi
cosmici) prima ancora di poter utilizzare le
macchine acceleratrici. EÁ stato divertente» E
ancora: «... Io ho avuto la fortuna di partecipare a quegli anni meravigliosi nei quali dovunque uno si girasse c'era qualcosa da raccogliere»
Ma bisognava saper raccogliere (un nome per
tutti: Beppo Occhialini) e saper comprendere:
Puppi era uno di questi pionieri capaci di cogliere il messaggio della natura.
D'altra parte cioÁ non significava, per lui, sottovalutare l'evoluzione meno naturalista della
fisica moderna, ma lo portava a darne una lettura piuÁ appropriata evidenziandone i periodi
storici e pionieristici e quelli dell'indagine critica e piuÁ elaborata dei segreti della natura. Egli
stesso, cosõÁ versato sui diversi fronti della ri-
65
cerca, dalla fenomenologia alla fisica sperimentale e a quella teorica fino ai campi applicativi piuÁ avanzati, eÁ stato protagonista ed
artefice di momenti significativi ed entusiasmanti della fisica del novecento.
Basti ricordare la sua intuizione della universalitaÁ delle interazioni deboli, schematizzata
con la denominazione di «Triangolo di Puppi».
Questo suo «protagonismo» fu ancora riconosciuto nella famosa Conferenza Nazionale
della SIF, organizzata sotto la mia Presidenza
con la collaborazione di A. Bertin e A. Vitale, a
Bologna nel 1984, e dedicata al «50mo Anniversario della Teoria di Fermi sul decadimento
beta» e, piuÁ in generale, ai «50 anni di Fisica
delle Interazioni Deboli». Ad essa parteciparono, come ospiti d'onore, tutti i protagonisti italiani viventi. Nel volume che fu pubblicato e che
uscõÁ proprio in occasione della Conferenza, oltre alle varie relazioni presentate, furono rieditati vari articoli originali dei protagonisti. Tra
essi spicca il lavoro di Puppi che apre la via a
questa grande avventura concettuale, orgoglio
della fisica italiana.
Io stesso ebbi modo di conoscerlo sotto questo aspetto accattivante: sobrio, elegante, «divertito» non solo nel fare la fisica ma anche nel
parlarne.
Nel 1991 partecipai, su invito di Ettore Ve-
rondini, ai «Colloqui di Dipartimento» all'Istituto di Fisica di Bologna con una lezione sull'Energia Nucleare da Fusione. Tra gli altri docenti, Puppi parloÁ di «Effetto serra». Poiche tali
lezioni sono state pubblicate in un pregevole
volume, «Raccontare la fisica», edito da G. L.
Russo e E. Verondini, eÁ possibile rileggervi la
lezione di Puppi che, forse, potrebbe costituire
una buona base metodologica e scientificamente interessante, ancora oggi, in un periodo
in cui molte affermazioni, enunciazioni e conclusioni spesso affrettate, sembrano avere il
sopravvento rispetto a studi, indagini, valutazioni piuÁ serie ed approfondite.
Questa «qualitaÁ» di Gianni Puppi mi fa ricordare, a mo' di conclusione, una sua esplicita
esortazione che mi rivolse in occasione della
Cerimonia in Campidoglio per il Centenario
della SIF, nel 1997, durante la quale egli stesso
insieme con altri protagonisti (vedi il volume sui
«Cent'anni» del Nuovo Saggiatore), ricevette un
riconoscimento particolare. Prima che io iniziassi il discorso di chiusura dedicato a quei
cento anni di storia, mi si avvicinoÁ dicendo: «mi
raccomando, sii sobrio, vivace e non noioso e,
soprattutto, non parlare piuÁ di mezz'ora».
Malgrado il compito non fosse facile, credo di
essermela cavata, percheÂ, alla fine, fu lui, soddisfatto, il primo a complimentarsi con me.
66
GIAMPIETRO PUPPI E L'ENI
CARLO PELLACANI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna
Giampietro Puppi ha dimostrato attorno agli
anni '70 grande interesse per i problemi di innovazione che stavano emergendo all'interno
delle grandi societaÁ pubbliche italiane. Gianni
non era solo uno scienziato di fama internazionale, ma anche un uomo abituato a frequentare
personaggi dell'establishment politico ed economico. I contatti diretti con i grandi manager
delle societaÁ pubbliche, la sua capacitaÁ di cogliere il nocciolo dei problemi di innovazione
che queste societaÁ cominciavano a percepire
crearono le condizioni per una collaborazione
che si sviluppoÁ per un lungo tratto della sua
vita.
L'ENI fra le grandi societaÁ di Stato era quella
che possedeva una tradizione manageriale piuÁ
aggressiva, indipendente e sensibile all'innovazione. Con essa Puppi riuscõÁ piuÁ facilmente a
collaborare e ad avviare un processo di innovazione permanente e la individuazione di nuovi
campi in cui i risultati delle ricerche avrebbero
trovato utile e proficua applicazione.
La crescente importanza dell'aspetto ambientale delle attivitaÁ industriali, che avrebbe
portato alla complessitaÁ delle attuali legislazioni
nazionale ed europea nel settore ed alla rilevanza della salvaguardia ambientale come occasione di sviluppo industriale, erano realtaÁ che
Gianni aveva intuito giaÁ negli anni '70 e che non
eÁ difficile ritrovare nei suoi interventi pubblici.
ContribuõÁ cosõÁ alla nascita della Tecneco (a Fano, PU), probabilmente la prima societaÁ italiana
che disponesse della massa critica e delle
strutture necessarie per essere un attore nel
campo ambientale a livello europeo. Contemporaneamente assunse la Presidenza di un'altra
societaÁ, la Tecnomare (a Venezia), piuÁ direttamente connessa alla progettazione di strutture
offshore per l'esplorazione ed il trasporto dei
combustibili fossili.
Puppi, pur nella chiarezza della sua visione,
dovette affrontare un grande numero di problemi gestionali ed organizzativi. L'innovazione
richiedeva la creazione di un ambiente di lavoro
che le grandi industrie di Stato non erano in
grado di creare rapidamente ribaltando vecchie
tradizioni organizzative interne ormai consolidate. Esisteva una resistenza radicata a portare
gli investimenti per la ricerca al di sopra di
percentuali assurdamente basse per affrontare
la competizione internazionale. L'indipendenza
di giudizio ed azione necessaria a qualsiasi
gruppo di ricerca applicata non trovava neppure
una possibile risposta nella rigida filosofia di
inquadramento del personale.
A questi problemi Gianni dedicoÁ una gran
parte del suo impegno con una presenza personale continua, cercando di superarli facendo
uso della sua indubitabile competenza tecnica
ma, soprattutto, cercando di proteggere con la
sua autoritaÁ istituzionale la libertaÁ e l'intraprendenza del personale di ricerca negli ambienti lavorativi delle societaÁ. Questo creoÁ
sempre una resistenza sorda da parte dei quadri
intermedi piuÁ radicati nella vecchia organizzazione del lavoro. Ma di nuovo Gianni, con la sua
simpatia umana e la sua diplomazia, riusciva a
mantenere le difficoltaÁ sotto il livello di allarme.
In quegli anni le grandi societaÁ come IBM,
Digital, etc. cominciarono a distribuire i loro
computer elettronici. La rilevanza di questi
nuovi strumenti era del tutto evidente nei settori
ambientale e di progettazione di grandi strutture
offshore, ma anche per altre attivitaÁ industriali
come and esempio quelle della SNAM e della
SNAM Progetti (a Milano) del gruppo ENI, ai cui
organi amministrativi Puppi partecipava attivamente. Seppe prendere decisioni lungimiranti,
ma anche coraggiose, per favorire l'adozione di
questi strumenti nelle industrie del Gruppo ENI
e, in particolare, in quelle che presiedeva. Non
erano macchine di facile uso e la loro limitata
potenza poneva diversi problemi pratici nelle
applicazioni industriali complesse, ma Gianni
non ebbe mai un dubbio sul futuro del ruolo dei
computer automatici, anche se i conti li faceva
ancora con una vecchia calcolatrice meccanica
che teneva sul tavolo del suo studio in via Irnerio.
Un altro problema si presentoÁ molto presto a
complicare la visione chiara e lucida che Gianni
perseguiva. DifficoltaÁ che nasceva questa volta
nel campo dei ricercatori universitari, cosõÁ poco
propensi ad indirizzare i propri sforzi e la propria intelligenza alla soluzione di precisi problemi industriali. A questo punto Puppi, con la
sua solita chiarezza e la sua fantasia, concepõÁ la
possibilitaÁ di creare un istituto di formazione
superiore che sapesse sintetizzare la migliore
tradizione universitaria con le richieste delle
grandi industrie e specialmente dell'ENI. Nacque cosõÁ l'esperimento della Sogesta (SocietaÁ
per lo studio e la gestione delle tecnologie
avanzate, a Urbino, PU). La parola ``gestione''
nel nome di questa ultima societaÁ puoÁ far comprendere come la visione di Gianni anticipasse
di qualche decennio i tempi dell'Italia di oggi. I
corsi erano tenuti sia da professori universitari
che da tecnici industriali. Esisteva anche un
piccolo settore di ricerca in cui venivano valutate le potenzialitaÁ dei sempre nuovi sistemi di
calcolo.
Di fatto questo tentativo, dopo un rapido sviluppo iniziale, si arenoÁ di fronte ad un vecchio
problema che nessuno ha rimosso, quello del
valore legale della laurea. Di fronte alla prospettiva di seguire un quinquennio di studi in
una struttura che forniva servizi di prima qualitaÁ
ed una assunzione estremamente probabile
presso qualche grande industria, i giovani venivano presi dall'angoscia di non possedere il
classico pezzo di carta, e finivano per preferire
l'UniversitaÁ. Gianni tentoÁ di superare anche
questo problema, senza riuscirci, per un'infinitaÁ
di motivi che non possono essere discussi in
cosõÁ poche righe.
67
PUPPI E LA FISICA BIOMEDICA ED AMBIENTALE
GIUSEPPINA MALTONI GIACOMELLI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna
68
Conobbi il Professor Puppi verso la fine del
1956, a Rochester, N.Y., dove ero approdata con
una borsa di studio della AAUW (American
Association of University Women), con la speranza di migliorare le mie limitate conoscenze di
biologia. Mi ero appena laureata a Bologna nella
prima sessione del nuovo corso di laurea in
scienze biologiche e capivo che, per fare la
biologa, avrei dovuto ampliare il mio povero
bagaglio culturale. Inaspettatamente mi si era
presentata l'occasione di una borsa di studio
americana......e, contro il parere di tutti e
.....dopo quasi 2 settimane in mare aperto....ero
arrivata all'universitaÁ di Rochester, dove la
biologia era «adulta e l'istologia, campo della
mia tesi di laurea, era al top. Rochester era rinomata per la fisica, e i pochi altri italiani che
conobbi erano fisici (che potevano sperare di
restare negli USA solo sposando donne americane).
Quando, per un congresso di fisica, giunse a
Rochester un gruppo di grandi maestri italiani
fra i quali Puppi, gli amici locali mi pregarono di
invitarli a casa mia, perche ero l'unica ad avere a
disposizione una casa, essendo la famiglia
presso cui vivevo, spesso lontana per lavoro.
Quella sera il Professor Puppi capõÁ il mio totale
imbarazzo e con fare paterno e sorprendente
familiaritaÁ mi tranquillizzoÁ interessandosi al mio
lavoro e alle prospettive future, e dimostrandosi
entusiasta delle mie scelte.
Lo rividi a Bologna dopo 5 anni e fui sorpresa
nel constatare che aveva seguito i miei percorsi
scientifici e che li riteneva interessanti anche
per l'ambito bolognese. Sapeva che, dopo il mio
rientro dagli USA, ero stata a Ginevra dove,
grazie alla mia buona conoscenza dell'inglese,
ero stata accettata presso l'Istituto di Fisiologia.
Qui avevo lavorato con il gruppo che cercava di
individuare l'area cerebrale responsabile dell'insorgere dell'ebbrezza usando alcool marcato
con carbonio radioattivo. Tali metodi mostravano nuove aperture per la fisica.....e...nulla
sfuggiva al Professor Puppi. Al mio rientro a
Bologna (fine del 1961), mi volle incontrare e mi
sorprese con la proposta di affidarmi il compito
di avviare presso il suo Istituto un gruppo di
«biofisica».
Onorata per tanta fiducia, ma conscia dei miei
limiti anche di tipo familiare, non trovai il coraggio necessario per accettare tale impegno,
peroÁ ammisi che se un gruppo di quel tipo fosse
esistito mi sarei felicemente aggregata. Il professore capõÁ le mie difficoltaÁ e mi offrõÁ un'altra
possibilitaÁ. Mi accompagnoÁ nella cantina del suo
Istituto dove si era formato un nutrito gruppo di
ricerca sulla dosimetria delle radiazioni ionizzanti guidato dal Prof. Otello Rimondi.
Gruppo nato come Laboratorio Radioisotopi e,
recentemente, adottato dal CNEN (Comitato
Nazionale per l'Energia Nucleare). Si trattava di
un gruppo altamente interdisciplinare nel quale
un apporto tipicamente biologico poteva essere
interessante. Il Professor Puppi, allora, mi propose come «assistente straordinaria» presso la
sua cattedra per aggregarmi a quel gruppo di
dosimetria, aggiungendo (col suo modo elegantemente spiritoso) che, da ora in poi, si sarebbe potuto dire che «Fisica ospitava il CNEN
per motivi di collaborazione».
In quel gruppo, scoprii «un mondo nuovo» sia
dal punto di vista scientifico che umano. Vi si
respirava un'aria pluridisciplinare dove ognuno
gareggiava per allargare il proprio tassello di
conoscenza.
La «collaborazione» aprõÁ anche una nuova via
per «la formazione specialistica» degli operatori
in vari settori di applicazione delle radiazioni con
particolare riguardo all'approfondimento degli
aspetti radioprotezionistici. Nel giro di pochi
anni, l'UniversitaÁ riconobbe questo nuovo progetto formativo come «Corso annuale di specializzazione» aperto a tutti i laureati in campo
scientifico».
Il Professor Puppi, vero stimolatore delle
collaborazioni fra universitaÁ ed enti di ricerca, si
affezionoÁ molto anche alle nostre attivitaÁ didattiche e spesso scendeva in cantina per fare
«due chiacchiere» e seguire le nostre programmazioni.
Il successo e l'utilitaÁ del nostro lavoro fu riconosciuto anche fuori Bologna e, dopo una
Schema delle dosi da radiazioni ionizzanti nella nostra vita quotidiana.
decina di anni, altre universitaÁ ritennero indispensabile avviare una specializzazione in fisica
sanitaria sul nostro modello. Ma, per accelerare
l'iter burocratico, esse sfruttarono la nuova
struttura del corso di laurea in fisica che prevedeva Scuole di perfezionamento post-lauream
biennali. CioÁ, peroÁ, limitava l'accesso ai soli
laureati in fisica e, dopo alcuni anni, anche Bologna dovette, suo malgrado, allinearsi.
Il sostegno del Professor Puppi fu vitale anche quando, per motivi logistici, il CNEN dovette trasferirsi. Egli, allora, propose di introdurre nel corso di laurea in Fisica un indirizzo di fisica biomedica e sanitaria e appoggioÁ
gli studi sugli effetti biologici ed ambientali di
vari agenti fisici.
Inizialmente, le cose non furono semplici,
spesso anche per pure tradizioni accademiche
(ricordo le difficoltaÁ per tenere nascosti i ratti
nell'Istituto per gli esperimenti sugli effetti del
paratormone e poi quelli suggeriti dal prof.
Gianfranco Sinigaglia sulle onde elettroma-
gnetiche. ......ne dimenticheroÁ i «sorrisini» dei
colleghi quando, per verificare la dose assorbita,
simulavamo l'organismo umano con tini pieni
d'acqua........o quando a Vittorio Prodi venne
l'idea di selezionare le polveri e seguire il percorso di quelle submicroscopiche lungo l'albero
respiratorio anche in funzione della carica elettrica associata......).
In effetti, allora, il tutto poteva sembrare un
po' troppo banale per un fisico, ma non per il
Professor Puppi. Ora, invece, abbiamo la soddisfazione di constatare che, stavamo aprendo
porte molto importanti per la salute dei lavoratori e della popolazione in generale. Oggi,
l'area di Fisica Biomedica e Ambientale ha in
mano lavori di grande interesse in molti settori
e la Scuola di specializzazione in Fisica
Sanitaria ha «formato» e sta ancora formando e
aggiornando tanti operatori sia per il campo
medico che ambientale.
Grazie, Professor Puppi
69
LA RICERCA SCIENTIFICA E GLI ENTI LOCALI
ANTONIO LA FORGIA
Camera dei Deputati, Repubblica Italiana
Estratto del discorso pronunciato durante
l'«Interdisciplinary Symposium in honour of
Giampietro Puppi», Bologna, 24 ottobre 1988
(anno del IX centenario dell'UniversitaÁ di Bologna)
70
Ricerca scientifica ed enti locali: mi rendo
conto che al senso comune questo appare un
rapporto insussistente se non, addirittura, pretestuoso.
La dimensione delle risorse impegnate sulle
frontiere della ricerca eÁ ormai tale da richiedere una pianificazione ed un coordinamento sovranazionali. [...] E peroÁ la comunitaÁ
scientifica non vive solo nei propri congressi e,
oggi, lungo i canali delle reti telematiche che
collegano centri e laboratori del mondo intero.
E se chiamiamo alla memoria i nomi delle
grandi scuole in cui si consolida il patrimonio
scientifico e si riproducono le forze necessarie
a procedere oltre vediamo che essi sono nomi
di luogo, di cittaÁ. [...] Sembra di poter dire, insomma, che l'aspirazione universalistica della
comunitaÁ scientifica poggia con forza su basi
terragne: le grandi scuole interagiscono con
l'ambiente in cui sorgono, lo modificano e
creano cosõÁ un habitat specifico che porta il
loro segno e che, al tempo stesso, diviene il
loro proprio habitat. [...] Io ritengo che se il
rapporto tra ricerca scientifica ed enti locali
viene pensato e praticato in forme generiche e
banali esso eÁ davvero insussistente o, al piuÁ,
assolutamente marginale. Tutto il contrario se
esso viene assunto come cartina di tornasole
della qualitaÁ del potere e della amministrazione
locale; come misura della capacitaÁ di espressione della comunitaÁ locale, come sfida alla
promozione, allo sviluppo di quel comune habitat specifico entro cui agiscono la comunitaÁ
locale ed i centri di cultura, di scienza e di insegnamento.
Quanto sia difficile impegnare quella sfida
credo di saperlo. Ma se guardo alla storia recente di questa cittaÁ [...] mi sembra di trovare
almeno un esempio, una dimostrazione di come
sia possibile impegnarla, quella sfida.
Torno indietro di oltre trent'anni, ad un febbraio del 1956 in cui il Consiglio Comunale di
Bologna «tenuto presente [...] che gli studi sullo
sfruttamento dell'energia atomica Ð appunto in
virtuÁ del loro pacifico indirizzo Ð, mentre da un
lato avranno sicuri effetti, di una portata benefica oggi incalcolabile, a favore dello sviluppo
dell'attivitaÁ industriale, agricola e commerciale
della nostra regione, dall'altro avranno notevoli
riflessi anche presso le altre facoltaÁ universitarie e particolarmente per le scienze applicative e
per le scienze naturali che riceveranno un
grande aiuto da un piuÁ forte sviluppo che possa
essere dato alla fisica», decideva di impegnare
la somma di 50 milioni all'anno per dieci anni «a
beneficio dell'Istituto di Fisica ``A. Righi'' dell'UniversitaÁ di Bologna».
Vedo bene che, alla distanza degli anni ed al
senno del poi, quella somma puoÁ apparire risibile a fronte degli impegni attuali. Ma vedo anche una sincera ed efficace volontaÁ di esprimere
una domanda dei tempi e di operare conseguentemente. [...]
Stava allora a capo dell'amministrazione civica un uomo apparentemente facile e cordiale
ma intimamente rigoroso, austero e, forse proprio per questo, capace di sentire e di interpretare le onde lunghe della cittaÁ. E di fronte al
Sindaco Dozza, ad illustrare i possibili percorsi
di sviluppo della fisica bolognese, stava appunto
il Professor Puppi, giovane direttore Ð come si
legge dai verbali del tempo Ð dell'Istituto Righi.
[...]
Da allora molto tempo eÁ trascorso e gli anni
sono stati intensi oltre che numerosi. [...]
Parole un tempo univoche nel loro significato
positivo: crescita, sviluppo, progresso, assumono connotazioni ambigue, hanno bisogno di
specificazioni e di aggettivi, divengono problematiche.
Sorgono problemi morali nuovi e terribili,
difficili a formularsi, sino ad ora impensabili, nel
momento in cui l'evoluzione della specie, l'evoluzione della stessa specie umana potrebbe divenire oggetto di applicazione delle tecnologie
genetiche. [...]
Ora, la moderna ragione scientifica dovendo,
per suo statuto, dubitare di tutto non puoÁ dubitare di se stessa: se lo facesse inciamperebbe in
un fastidioso paradosso della logica. Ma neppure puoÁ la ragione scientifica o, piuÁ concretamente, neppure possono gli uomini della
ricerca scientifica chiudere gli occhi di fronte
agli interrogativi ed agli scenari futuri che si
vengono delineando.
Dico questo poiche ritengo non sia ne auspicabile ne possibile tracciare una linea di demarcazione che distingua da un lato il ruolo
degli scienziati e dall'altro le responsabilitaÁ dei
governi. E poiche non credo neppure ad un governo degli scienziati mi resta aperta un'unica
via: la via, appunto, di una assunzione diretta e
critica da parte della comunitaÁ scientifica del
legame di interdipendenza che la unisce al destino futuro della societaÁ.
E se cioÁ vale in generale ancor piuÁ vale entro
un habitat quale il nostro, un habitat Ð come ho
cercato di dire Ð conformatosi nei secoli attorno al nocciolo dell'interdipendenza dello
Studio e della cittaÁ. [...]
Ma l'ambizione piuÁ alta credo dovrebbe essere
posta alla sollecitazione ed alla promozione di
un vero e proprio processo di autocoscienza
della comunitaÁ scientifica. Oggi la scienza costituisce una fondamentale forza motrice del
cambiamento e dell'innovazione, anche sociali.
Nella comunitaÁ scientifica si raccoglie e si organizza una parte decisiva dell'intelligenza di
ogni societaÁ. Se questo eÁ vero la comunitaÁ
scientifica non puoÁ sottrarsi alla responsabilitaÁ
di assumere un ruolo protagonista nella discussione circa l'indirizzo e l'uso delle potenzialitaÁ e delle forze da essa stessa generate.
EÁ evidente che questo ruolo di responsabilitaÁ
puoÁ essere interpretato in due modi. In forma
(diciamo cosõÁ) corporativa: ottenendo dagli organi del potere le condizioni di una propria riproduzione allargata. In forma (diciamo cosõÁ)
democratica: socializzando le possibili opzioni
che lo scienziato, dal suo osservatorio privilegiato, eÁ in grado di vedere prima e piuÁ nitidamente di chiunque altro. EÁ altrettanto evidente
che le nostre preferenze vanno alla seconda.[...]
Abbiamo affermato che il consolidamento e lo
sviluppo della ricerca scientifica a Bologna sono
obiettivi dell'intera comunitaÁ locale e ne abbiamo tratto conseguenze concrete (penso al nuovo insediamento dell'area di ricerca del CNR) e
ipotesi di lavoro, progetti cui stiamo tentando di
contribuire e che intendiamo sostenere. Non
ultimo [...] la creazione di un centro per la elaborazione ed il trattamento di modelli di sistemi
complessi che raccolga Ð e metta in comunicazione tra loro Ð forze provenienti da diversi
ambiti disciplinati: fisica, matematica, biologia,
economia ... Ebbene, consentitemi di dire che
non ritengo affatto casuale che nel tentare, o
ritentare, questa strada noi ci si sia immediatamente, e nuovamente, incontrati con il Professor Puppi.
Lo dico senza piaggeria ma perche questo mi
appare il suo tratto caratteristico: rifuggendo,
come per istinto, dall'utopia e dal percorrere
strade giaÁ disegnate il Professor Puppi riesce a
darti appuntamento nel luogo in cui cioÁ che di
nuovo eÁ possibile puoÁ cominciare a realizzarsi.
[...]
Certo anch'io so bene Ð e non credo di doverlo dire a voi Ð che il Professor Puppi eÁ un
compagno d'avventure assai pericoloso. La divisa ben nota che afferma «per aspera ad astra»
non gli appartiene.
EÁ una sirena ingannatrice, il Professor Puppi.
Svolge il suo ragionamento avanzando leggiadro
dietro il suo papillon e ti conduce su un morbido
tappeto volante, e ti toglie ogni vertigine delle
pericolose pietraie e dei burroni scoscesi che
stai superando.
Pietraie e burroni che devi poi riguadagnare
faticosamente, palmo e palmo quando ti lascia
solo o, meglio, quando svanisce come il gattone
di Lewis Carroll lasciandoti il suo sorriso un po'
beffardo, un po' sarcastico.
Un compagno d'avventure pericoloso Ð ripeto Ð e, d'altra parte, senza simili compagni e
senza simili maestri, si rischierebbe di restare
pigri ed impauriti ai piedi anche di una collinetta.
71
Á BOLOGNA
PUPPI E LA CITTA
GIOVANNI SALIZZONI
Consigliere del Comume di Bologna
Intervento al Convegno in memoria di Giampietro Puppi, 2 ottobre 2007, Bologna
72
Potrei elencare, una dopo l'altra, tante pagine
di storia della cittaÁ che sono indissolubilmente
legate a Giampietro Puppi: eÁ stato un grande
professore, un impareggiabile educatore, uno
scienziato illuminato, tanto da ottenere dal Sindaco Dozza, nel lontano 1955, circa mezzo miliardo di vecchie lire per sviluppare la ricerca in
Fisica presso l'Ateneo bolognese. Il prestigioso
istituto di Fisica A. Righi fu da lui magistralmente diretto per anni e ben presto divenne
un centro di ricerca e di sperimentazione unico
in Italia. Fu poi tra gli ideatori del Centro Studi
OIKOS: un centro di eccellenza per lo studio e
l'approfondimento di tematiche relative all'abitare, alla qualitaÁ urbana, all'edilizia e all'ambiente; tutti argomenti oggi all'ordine del
giorno, ma assolutamente innovativi 30/40 anni
fa. Sempre attraverso OIKOS Puppi si fece promotore di interventi mirati sulla cittaÁ, fornendo
supporto documentario, conoscitivo, metodologico e progettuale. EÁ stato Socio di importanti
istituzioni locali presso le quali sempre ha offerto il suo contributo in termini di esperienza,
saggezza, intuizione.
Tanto ancora potrei citare: il suo nome eÁ legato profondamente anche allo sviluppo e alla
crescita di Bologna. Ma la sua ereditaÁ non eÁ solo
nei risvolti pratici della sua scienza, sui documenti e sulle scoperte che portano il suo nome,
sui registri dell'UniversitaÁ e le carte dell'Istituto
Righi, sulle delibere del Consiglio Comunale che
ricordano l'Archiginnasio d'Oro che gli fu attribuito nel 1963 (fu uno dei primi, insieme a
Francesco Flora, Giorgio Morandi e Enrico Redenti!) o riportano i cospicui finanziamenti per
le ricerche.
La sua vera ereditaÁ va rintracciata nel suo
profilo umano: anche in questo Puppi eÁ stato
sempre un protagonista. Era un uomo completo,
nel senso che in lui la testa e il cuore andavano
all'unisono: era curioso, ma di una curiositaÁ sana, non invadente, non supponente; ascoltava
uno studente con la stessa attenzione che riservava ad un Premio Nobel. Era sempre di
buon umore, gentile, appassionato e attento;
parlava di tutto con tutti. Fu a casa di Andreatta
che lo incontrai piuÁ volte e lo ascoltai parlare di
tante cose e sempre con straordinarie argomentazioni e con incredibile acume e lungimiranza.
Era convinto che la fisica fosse una chiave di
lettura per interpretare il mondo, il quotidiano, la
politica, l'uomo. Credeva fosse giocoforza che i
politici si rivolgessero ai fisici per dipanare le
questioni piuÁ complesse che si presentavano
quotidianamente sui loro tavoli: «uno scienziato»
diceva «arriva alla meta piuÁ rapidamente percheÂ
ha metodo». Credeva ad esempio che la ricerca
scientifica fosse imprescindibile per lo sviluppo
industriale, per un progresso intelligente e conseguentemente per il benessere economico di un
Paese. Facciamo fatica a capirlo oggi, lui c'eÁ arrivato oltre cinquant'anni fa! [...]
IN MEMORIA DEL PROFESSOR GIAMPIETRO PUPPI
GIOVANNI SALIZZONI
Consigliere del Comume di Bologna
Commemorazione ufficiale nella prima seduta del
Consiglio Comunale di Bologna, 8 gennaio 2007
Desidero innanzi tutto ringraziare il Presidente del Consiglio Comunale Gianni Sofri per
avermi dato l'opportunitaÁ di commemorare ufficialmente in questa prima seduta del Consiglio
all'inizio del 2007, il Professore Giampietro
Puppi scomparso la mattina di Natale dopo una
lunga malattia.
EÁ un privilegio per me ricordare a tutti voi il
suo profilo professionale e umano, ancorche sia
molto difficile riassumere in tempi ragionevolmente contenuti l'immenso patrimonio da lui
lasciato in termini di scoperte scientifiche, raggiungimenti accademici, intuizioni imprenditoriali. Per non parlare di cioÁ che ha lasciato nel
cuore di quanti l'hanno conosciuto.
Per questo motivo mi sento ancor piuÁ privilegiato, perche io l'ho conosciuto. Perche nonostante la notizia della sua morte sia appena
comparsa sulla stampa locale, Puppi eÁ stato
davvero un protagonista e non solo per le sue
indiscusse doti intellettive.
Puppi era un uomo completo, nel senso che in
lui la testa e il cuore andavano sempre all'unisono. Era curioso, ma di una curiositaÁ sana
e non invadente, ascoltava uno studente con la
stessa attenzione che riservava ad un Premio
Nobel. Era sempre di buon umore, gentile, appassionato e attento; parlava di tutto con tutti:
aveva intrattenuto rapporti fecondi e duraturi
con Andreatta, con Zichichi, con Dozza e con
tanti altri illustri personaggi del nostro tempo
con i quali amava confrontare le proprie idee e
condividere le sue intuizioni.
Era convinto che la fisica non fosse una materia arida e a se stante, ma piuttosto una
chiave di lettura per interpretare il mondo,
l'uomo, il quotidiano. Per questo riteneva piuÁ
logico che i politici si rivolgessero ai fisici per
dipanare le intricate matasse che la loro professione presentava, perche uno scienziato arriva alla meta piuÁ rapidamente, con metodo,
con rigore, lungimiranza e, molto spesso, con
successo.
Oltre cinquant'anni fa ebbe a ribadire che la
ricerca scientifica fosse imprescindibile per lo
sviluppo industriale, per un progresso intelligente e conseguentemente per il benessere
economico di un Paese. Al contrario, quale
contributo poteva trovare uno scienziato nella
politica? Erano le affinitaÁ elettive che lo intrigavano, i cervelli ben funzionanti come il suo
irrorati da un cuore grande, sempre attento, mai
distratto dalla buona sorte o dai successi.
Il suo carattere sempre allegro e una robusta
fede cattolica lo aiutavano a non invecchiare.
Era davvero un maestro di vita e di pensiero,
amava i giovani e credeva nell'educazione come
una carta vincente per affrontare le incognite
del futuro. Su questo tema Dozza trovoÁ in Puppi
un forte alleato e fece leva proprio su di lui per
concepire e realizzare alcuni tra i piuÁ prestigiosi
centri di istruzione di Bologna.
Puppi fu professore e educatore, ma soprattutto padre per quanti seppero imparare da
lui. Di figli, suoi eredi culturali, ne ha lasciati
molti: si commuoveva quando assisteva ai loro
successi (come avvenne alla prima lezione
universitaria di Enzo Boschi), ma con umiltaÁ
condivideva con loro le sue avveniristiche soluzioni scientifiche e tecnologiche. ChissaÁ cosa
avranno pensato di lui i giovani che lo frequentavano sentendo parlare del suo «triangolo» che stabiliva particolari relazioni tra diverse
interazioni deboli, oppure di rete telematica per
il rilevamento dei terremoti, oppure di radioastronomia? Io non sono un fisico, ma vedete,
dietro ai suoi discorsi mi perdevo anch'io perche non tutti i grandi uomini di scienza hanno la
capacitaÁ di trasmettere con straordinaria chiarezza i concetti piuÁ difficili. Eppure a lui riusciva anche questo e credo che sapesse farlo
perche aveva le idee chiare, perche senza sapere quale applicazione pratica potesse avere in
futuro la sua idea, riusciva a percepire i legami
tra tutte le cose, quelle microscopiche e quelle
macroscopiche che lo circondavano.
Per quel suo «triangolo» avrebbe potuto
avere il Premio Nobel, se non lo avesse concepito subito dopo la guerra, quando sarebbe
73
stato sconveniente attribuire ad un italiano un
riconoscimento cosõÁ prestigioso. Ma il suo Nobel lo ha vinto ugualmente con quanti gli sono
stati vicino e hanno imparato non solo ad
interpretare le straordinarie leggi sulle quali si
appoggia la nostra consistenza fisica, ma soprattutto a vivere con pienezza la nostra consistenza umana.
Á ITALIANA DI FISICA
PUPPI E LA SOCIETA
SERGIO FOCARDI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
74
Puppi fece parte del Consiglio di Presidenza
della SocietaÁ Italiana di fisica in due distinti
mandati, non consecutivi. Nella prima occasione fu eletto il 10 settembre 1956 al Congresso di
Torino come Consigliere, carica in cui rimase
fino alla fine del mandato, avvenuta il 17 ottobre
1959: fecero parte di quel consiglio, oltre al
presidente G. Polvani e al vicepresidente M.
Ageno, anche E. Amaldi, E. Pancini, E. Persico e
B. Rispoli.
Nell'affondamento dell'Andrea Doria, avvenuto nel 1957, andarono perduti un certo numero di fascicoli del Nuovo Cimento in viaggio
attraverso l'Atlantico e Amaldi propose nella
seduta di Consiglio del giorno 11 gennaio 1957,
di chiedere il rimborso dei fascicoli naufragati
con la nave e i danni alla compagnia di assicurazione. Non sappiamo se Polvani dette seguito
alla proposta e se il rimborso sia stato effettivamente ottenuto (i verbali delle sedute successive non trattano piuÁ il problema e i libri
contabili non vengono conservati per mezzo
secolo!).
Nel settembre 1957 Puppi, che era stato direttore delle prime due scuole svoltesi nel 1953
e nel 1954, fu nominato dal Consiglio della SocietaÁ presidente della Commissione per la gestione delle scuole di Varenna.
In quell'epoca, Puppi fece parte del Consiglio
Superiore della Pubblica Istruzione e in tale
veste propose di togliere il vincolo della cittadinanza italiana per coprire una cattedra universitaria, come risulta dall'informazione da lui
stesso data al Consiglio della SocietaÁ nella seduta del 2 maggio 1959.
In seguito, il 16 dicembre 1961, Puppi fu eletto
una seconda volta nel Consiglio della SocietaÁ,
questa volta come Vicepresidente, sotto la presidenza di Gilberto Bernardini. Di questo Consiglio fecero parte anche Maria Ferretti, R. Fieschi, E. Gatti, M. Merlin, L. Mezzetti e E. Persico.
L'attuale struttura del Congresso che oltre
alle comunicazioni si basa anche sulle relazioni
generali ha origine da una proposta di Puppi che
risale al 27 gennaio 1962. In quel periodo, egli
sostenne a lungo la proposta di strutturare la
SocietaÁ in sezioni locali, argomento ripreso piuÁ
volte negli anni successivi senza che sia mai
stato portato a soluzione.
In quel Consiglio venne anche ampiamente
discusso se sostenere o meno la costituzione di
una nuova associazione, degli insegnanti di fisica, progetto cui Puppi fu sempre contrario,
sostenendo l'importanza di un'unica associazione in cui si riconoscessero tutti i fisici. CioÁ
malgrado, nell'aprile 1962, il Consiglio dette il
disco verde per la costituzione dell'AIF (Associazione per l'Insegnamento della Fisica).
NASCE NEL RICORDO DI GIAMPIETRO PUPPI
UN PREMIO AL TALENTO DEI FISICI DI DOMANI
DAVIDE PATITUCCI
Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche «Enrico Fermi», Roma
Cinque premi, istituiti dalla World Federation of
Scientists (WFS), su proposta del Presidente
Antonino Zichichi, per onorare la memoria del
fisico italiano Giampietro Puppi, sono stati
conferiti lo scorso primo ottobre a giovani ricercatori bolognesi per i loro lavori originali in
fisica. A consegnarli, nella prestigiosa cornice
dell'Accademia delle Scienze di Bologna, della
quale lo stesso Puppi fu membro, la Signora
Bianca Puppi, vedova del grande studioso
scomparso lo scorso Natale. Durante la cerimonia di premiazione eÁ stato presentato il volume «LA FISICA DI GIAMPIETRO PUPPI», curato da
Zichichi. Il libro riproduce una serie di lavori
selezionati all'interno della vasta produzione
scientifica di Puppi e contiene un interessante
commento introduttivo (in Italiano e in Inglese)
di Zichichi volto a illustrarne efficacemente il
fondamentale contributo al progresso della fisica del XX e del XXI secolo.
Giampietro Puppi (Gianni per gli amici) eÁ
stato uno straordinario anticipatore. Proprio da
una sua idea, infatti, nacque a Bologna Ð dove
Puppi fondoÁ la locale Sezione dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) Ð il primo
centro di calcolo, divenuto poi nel corso degli
anni con il nome di CINECA il piuÁ grande d'Italia. Sempre a Bologna Puppi realizzoÁ inoltre, in
qualitaÁ di Presidente della European Space Research Organization (ESRO) e di cofondatore
della European Space Agency (ESA), il primo
radiotelescopio italiano.
«Onoriamo oggi un raffinato intellettuale, che
ha dato un grande impulso all'organizzazione
della scienza con la sua lungimiranza e concretezza», ha dichiarato durante l'apertura della
cerimonia Pier Ugo Calzolari, Rettore dell'UniversitaÁ di Bologna. «Sorprendeva e piaceva in
Puppi l'assenza di ogni minimo cenno di trionfalismo e il distacco critico, non di rado ironico,
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Apertura della Cerimonia in Onore di Giampietro Puppi. Da sinistra: Carlo Taddei, Presidente della Classe di Scienze
Fisiche dell'Accademia delle Scienze di Bologna; Antonino Zichichi, Presidente della World Federation of Scientists;
Giorgio Renato Franci, Presidente dell'Accademia delle Scienze; Pier Ugo Calzolari, Magnifico Rettore dell'UniversitaÁ di Bologna; Enzo Boschi, Presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.
Antonino Zichichi, Presidente della World Federation
of Scientists.
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anche dal suo stesso lavoro», ha continuato Calzolari ricordando da giovane studente le lezioni
del maestro scomparso. «Ma soprattutto colpivano in lui l'eleganza di pensiero e d'espressione,
la seconda quasi sempre legata alla prima».
Commosso eÁ stato il ricordo di Antonino Zichichi nell'illustrare l'alta statura scientifica di
Giampietro Puppi: «A lui si deve il lavoro pionieristico, il famoso «triangolo di Puppi», in cui
dimostrava che tre distinti processi deboli Ð il
decadimento del mesone p, la cattura del muone
m e il suo decadimento Ð sono descritti approssimativamente dalla stessa carica debole
fondamentale, il cui valore eÁ rappresentato dai
lati del suo triangolo equilatero». Il triangolo di
Puppi in seguito diede vita a quelle che sono
oggi le forze deboli, dette anche forze di Fermi.
«Fu questo l'inizio dell'universalitaÁ delle interazioni deboli e, pertanto, dell'esistenza di una
nuova forza fondamentale della Natura», ha
sottolineato il premio Nobel Gerardus 't Hooft in
un messaggio fatto pervenire all'Accademia
delle Scienze di Bologna.
Con l'avvento degli acceleratori e della tecnologia delle «camere a bolle», di cui Puppi fu un
antesignano, la nuova fisica delle particelle dette
«strane» passoÁ dai raggi cosmici ai laboratori di
fisica subnucleare. «Un grosso problema della
fisica del tempo erano le cosiddette miscele
mesoniche», ha spiegato Zichichi. «Puppi ebbe la
lungimiranza di scommettere sullo studio di
queste particelle anche con tecniche nuove, diverse dalle camere a bolle, incoraggiando noi
giovani a battere nuove strade». Un aspetto che eÁ
stato messo in risalto anche in un messaggio di
Robert Aymar, Direttore Generale del CERN
(European Organization for Particle Physics),
di cui lo stesso Puppi fu Direttore delle Ricerche
e Presidente del Comitato Sperimentale negli
anni sessanta. «Fu proprio grazie alle nuove
tecnologie Non-Bubble-Chamber, NBC», scrive
Aymar, «che furono scoperte al CERN alcune
importanti proprietaÁ delle miscele mesoniche
pseudoscalari e vettoriali».
Questo interesse di Puppi per i mesoni eÁ testimoniato anche dalla serie di lezioni sulle «Risonanze Pioniche» Ð riportate nel volume presentato a Bologna Ð che egli tenne nel 1963 a
Erice nel corso della prima Scuola Internazionale
di Fisica Subnucleare, dedicata ad Ettore Majorana. Una scuola in cui vengono trattate da piuÁ di
quarant'anni le nuove frontiere della fisica e che
Puppi, con il suo prestigio scientifico, contribuõÁ a
far conoscere nel mondo.
A Puppi si deve, inoltre, la creazione della
moderna geofisica in Italia, come ha puntualizzato Enzo Boschi, Presidente dell'Istituto
Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
«Puppi lancioÁ in Italia lo studio della geofisica
Giuseppe Franco Bassani, Presidente della SocietaÁ
Italiana di Fisica.
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Dall'alto verso il basso: Stefano La Porta, Francesco Noferini, Massimiliano Rinaldi, Marco Garbini e Chiara Zampolli, vincitori dei «G. PUPPI ± WFS A WARDS FOR NEW TALENTS 2007», mentre vengono premiati dalla Signora Bianca
Puppi.
da un punto di vista quantitativo», ha sottolineato Boschi, «quando nel nostro Paese Ð eravamo in piena guerra fredda Ð si parlava di
questa disciplina solo come mezzo per riconoscere un terremoto da un'esplosione nucleare
sotterranea, o per cercare gas e petrolio».
Infine Franco Bassani, Presidente della SocietaÁ Italiana di Fisica, ha voluto brevemente ricordare il ruolo di Puppi nella SIF stessa facendo
riferimento, in particolare, al celebre corso della
Scuola di Fisica di Varenna, sul lago di Como,
organizzato e diretto da Puppi, dove Enrico
Fermi tenne le sue ultime memorabili lezioni su
«Pions and Nucleons» nell'estate del 1954.
L'impegno e la lungimiranza di Puppi, ha
concluso Zichichi, si traducono oggi nelle nuove
sfide affrontate, con la costruzione dell'acceleratore LHC, del CERN, che Puppi amava spesso
definire «un'istituzione unica al mondo».
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In memoria e in onore di Giampietro Puppi, la
World Federation of Scientists ha istituito cinque borse destinate a premiare l'eccellenza
scientifica, denominate: «G. PUPPI ± WFS
AWARDS FOR N EW TALENTS». Per il 2007, queste
sono state attribuite, in via eccezionale, a cinque giovani ricercatori bolognesi:
± Marco Garbini, per il suo lavoro originale
nel Progetto EEE (Extreme Energy Events);
± Stefano La Porta, per il suoi originali calcoli
di QED a 4 loop del fattore (g-2) dell'elettrone;
± Francesco Noferini, per il suo studio originale delle correlazioni a 2 particelle da RHIC a
LHC;
± Massimiliano Rinaldi, per il suo lavoro originale sulle relazioni di dispersione modificate e
la fisica trans-Planckiana;
± Chiara Zampolli, per il suo contributo originale alla futura esplorazione del Quark-Gluon
Coloured-World (QGCW).
GIAMPIETRO PUPPI,
IL SUO TRIANGOLO E LA SUA VISIONE
DI PROMUOVERE NUOVI ORIZZONTI IN FISICA
ANTONINO ZICHICHI
Dipartimento di Fisica, UniversitaÁ di Bologna e INFN, Sezione di Bologna
CERN, Ginevra, Svizzera
In una delle tante volte in cui ci si trovava
insieme gli raccontai di un dibattito che avevo
sostenuto con un filosofo su cioÁ che veramente
facciamo noi fisici. In questo dibattito era stato
di cruciale valore il Triangolo di Puppi: primo
passo verso la universalitaÁ delle forze deboli.
Il filosofo, nel suo intervento, aveva detto che
in realtaÁ noi fisici non scopriamo alcuncheÂ.
Esempio: Galilei e Newton riuscirono a capire
perche le pietre cadono sempre dall'alto verso il
basso. Ma le pietre sono sempre cadute cosõÁ.
Capirne il «perche» non eÁ scoprire, sosteneva
quel filosofo.
Con Maxwell si ripete il discorso. Duecento
anni di esperimenti in elettricitaÁ , magnetismo e
ottica portarono Maxwell a scrivere le sue famose quattro equazioni e a capire cosa veramente eÁ la luce. Ma la luce esiste da quando eÁ
nato il mondo, sosteneva il filosofo. Voi avreste
dovuto scoprire la luce, non capirne la sua natura fisico-matematica.
Quello che voi fisici fate eÁ capire fenomeni
che l'umanitaÁ conosce da sempre, non scoprirli.
Fu cosõÁ che pensai al Triangolo di Puppi e alle
forze deboli. Il mio maestro, Giampietro Puppi,
dissi al filosofo, studioÁ tre fenomeni apparentemente diversi Ð il decadimento di una particella
detta «mesone pi-greco», la cattura di un'altra
particella detta «muone» e il decadimento di
questa stessa particella. Studiandoli in modo
rigoroso scoprõÁ il Triangolo che porta il suo
nome. Il filosofo fece una smorfia aggiungendo:
«cosa c'entrano questi dettagli incomprensibili
con le scoperte tipo l'esistenza della luce e l'esistenza di una forza che fa sempre cadere le
pietre dall'alto verso il basso?»
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Questo triangolo ha portato alla scoperta di una
forza fondamentale della Natura Ð dissi Ð che
nessun filosofo, nessun poeta, nessun pensatore,
nessun logico-matematico, nessun uomo al mondo aveva saputo immaginare. Se questa forza non
esistesse noi non potremmo essere qui a discutere
per il semplice fatto che non potrebbe esistere il
Sole. Ne potrebbero esistere le Stelle del meraviglioso firmamento. Le forze deboli sono infatti la
sorgente della «benzina nucleare» che alimenta il
motore del Sole e di tutte le Stelle.
La valvola di sicurezza che garantisce la corretta quantitaÁ di «benzina» al motore del Sole (e
di tutte le Stelle) eÁ la «carica debole» che non
potrebbe essere una carica fondamentale della
Natura se non fosse «universale».
Il Triangolo di Puppi ci aprõÁ gli occhi sul fatto
che i diversi fenomeni detti «deboli» erano generati dallo stesso valore di «carica debole»
quindi devono avere in comune questa «carica»,
che deve quindi essere la sorgente di una nuova
forza fondamentale della Natura.
Senza il Tuo Triangolo, Caro Gianni, non sarebbe stato facile convincere il pubblico e il filosofo che noi fisici scopriamo fenomeni nuovi,
di fondamentale importanza per l'esistenza del
mondo che ci circonda, inclusi noi stessi. Fenomeni non meno importanti della luce o delle
pietre che cadono sempre dall'alto verso il
basso. Noi fisici Ð conclusi rivolgendomi al filosofo Ð non ci limitiamo a capire il percheÂ
di fenomeni noti, come Lei sostiene. Ricordo
con gioia il sorriso e la grande soddisfazione di
Gianni.
Il Triangolo di Puppi aveva in due suoi vertici
la previsione di qualcosa che avrebbe richiesto
quattordici anni per essere messa al vaglio della
verifica sperimentale. Il lavoro di Puppi fu infatti pubblicato su il Nuovo Cimento nel 1948 (Il
Nuovo Cimento 5, 587 (1948)) (fig. 1).
Danby, Gaillard, Goulianos, Lederman, Mistry,
Schwartz e Steinberger riuscirono nel 1962 (Phys.
Rev. Lett. 9, 36 (1962)) a stabilire sperimentalmente che quanto previsto da Puppi era vero e cioeÁ
che il neutrino «muonico» era (ed eÁ) una particella
diversa dal neutrino «elettronico»: nm 6ˆ ne .
Nel suo famoso lavoro Puppi distingueva la
controparte neutra del muone Ð adesso nota
come nm Ð dalla controparte neutra dell'elettrone, ora chiamata ne . Tre erano i processi deboli calcolati da Puppi: il decadimento del p, la
cattura del m e il decadimento del m.
Puppi fu capace di provare che questi tre
processi deboli totalmente diversi per la fisica di
quei tempi, erano descritti «approssimativamente» dalla stessa carica «debole» fondamentale. Gli accoppiamenti dei tre vertici del
Triangolo di Puppi descrivevano tutti i processi
deboli allora noti usando lo stesso valore della
«carica debole», rappresentato dai lati del suo
triangolo equilatero.
Questo lavoro fu il primo passo verso l'universalitaÁ delle forze deboli e infatti attrasse
l'attenzione di Enrico Fermi perche era la prima
prova che tutti i processi «deboli» potevano
essere descritti dalla stessa «costante» d'accoppiamento. Questo lavoro uscõÁ proprio un
anno dopo la scoperta di Conversi, Pancini e
Piccioni (Phys. Rev. 71, 209 (1947)) sui «mesoni» negativi dei raggi cosmici (ora identificati
con i leptoni chiamati muoni) che si disintegravano come se non fossero fortemente accoppiati alle forze nucleari.
Fermi, Teller e Weisskopf (Phys. Rev. 71, 314
(1947)) misero in evidenza il fatto che la vita media
di questo mesone era dodici potenze di dieci piuÁ
lunga del tempo necessario affinche il (tanto cercato) mesone di Yukawa fosse catturato da un
nucleo attraverso il meccanismo delle forze nucleari. La soluzione di queste apparenti contraddizioni fu trovata da Lattes, Occhialini e Powell
(Nature 160, 454 (1947)) i quali scoprirono che il
muone dei raggi cosmici era il prodotto di decadimento di una particella, ora nota come il mesone p,
considerata dagli autori il «mesone primario»
(questa eÁ l'origine del simbolo p, per primario).
Provare che le frequenze del decadimento del
pione, del decadimento del muone e della cattura
del muone erano «approssimativamente» come
aspettato dalla universalitaÁ dell'accoppiamento di
Fermi fu un contributo notevole. Infatti, il problema
della universalitaÁ dell'interazione debole era al
centro dell'attenzione della comunitaÁ dei fisici, come eÁ provato dai lavori di O. Klein (Nature 161, 897
(1948)) su «Mesoni e Nucleoni», di T. D. Lee, M.
Rosenbluth e C. N. Yang (Phys. Rev. 75, 95 (1949))
su «Interazione di Mesoni con Nucleoni e Particelle Leggere», e di J. Tiomno e J. A. Wheeler (Rev.
Mod. Phys. 21, 144 (1949)) su «Spettro Energetico
di Elettroni da Decadimento di Mesoni».
Quello fu un periodo di grande importanza per
la comprensione delle forze deboli, e il Triangolo di Puppi (illustrato in fig. 1) ebbe un ruolo
cruciale nel rivelare la proprietaÁ della nuova
forza fondamentale della natura la cui «carica»
appariva essere tanto piuÁ debole della forza
elettromagnetica e di quella nucleare.
Un altro contributo interessante di Giampietro Puppi fu il suo lavoro su «Bilancio Energetico della Radiazione Cosmica» (Suppl. Nuovo
Cimento, 10 (1953)).
Puppi fondoÁ la sezione di Bologna dell'INFN
che dette vita a una grande collaborazione nel
campo della fisica con le camere a bolle e che
portoÁ alla prova della non conservazione della
paritaÁ nei decadimenti degli iperoni.
Io ho un motivo personale di gratitudine per
Giampietro Puppi. Quando era Direttore delle
Ricerche al CERN (1962-1963) e poi Presidente
del Comitato Sperimentale (1964-1965), ebbe un
ruolo cruciale nel sostenere il mio progetto NBC
(Non-Bubble-Chamber) (fig. 2). A quei tempi la
Fisica era dominata dalla tecnologia delle camere a bolle, in cui Puppi era stato fortemente
impegnato per costruire la Camera a Bolle Nazionale ad Idrogeno in Italia, e nella formazione
di grandi collaborazioni internazionali basate
sull'analisi delle foto di camere a bolle.
Fu la necessitaÁ di grande potenza di calcolo che
lo portoÁ a fondare a Bologna il primo centro di
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calcolo, il cui sviluppo nei decenni successivi ha
prodotto quello che adesso eÁ il piuÁ grande centro di
calcolo in Italia. Tornando alla tecnologia delle
camere a bolle, vorrei ricordare il suo interesse nel
discutere il significato del numero enorme di barioni e mesoni scoperti, grazie alla tecnologia delle
camere a bolle. Questo interesse eÁ testimoniato
dalla serie di lezioni su «Risonanze Pioniche» che
Puppi fece nel corso della prima Scuola di Fisica
Subnucleare «Ettore Majorana» tenutasi a Erice
nel 1963. Perche non incoraggiare altre tecnologie?
La domanda cruciale era: Per fare cosa?
Durante una riunione nel suo ufficio di Direttore
delle Ricerche del CERN, venne fuori il problema
di studiare i modi di decadimenti rari dei mesoni, e
specialmente dei canali di decadimento elettromagnetici. Per far questo, era necessaria una
tecnologia di «non camere a bolle», NBC. Da tipico
esponente della cultura classica di Venezia, aperta
ai nuovi orizzonti, egli sostenne che bisognava incoraggiare nuove tecnologie; e cosõÁ ebbe inizio il
progetto NBC. Lui non era piuÁ al CERN quando, nel
1968, grazie all'apparato NBC, fu scoperto il nuovo
modo di decadimento in due g del mesone X0, che
dimostroÁ come questo mesone pesante non potesse essere il membro mancante dell'ottetto tensoriale: fu il primo passo per determinare direttamente il valore giusto del «mixing» dei mesoni
pseudoscalari (fig. 4).
In una riunione durante la Conferenza dell'EPS a Bologna, dedicata a «Risonanze Mesoniche e Connessi Fenomeni Elettromagnetici»,
Dick Dalitz mise in evidenza che era grazie a
fisici del calibro e con la visione di «Gianni»
Puppi che potevano essere aperti nuovi orizzonti nella fisica dei mesoni. Infatti, il problema
delle miscele mesoniche vettoriali e pseudoscalari aveva bisogno di una tecnologia NBC per
essere studiato sperimentalmente. A quei tempi
non esistevano dati di collisionatori (e+e± ) sui
mesoni vettoriali e non esistevano misure dirette delle miscele mesoniche pseudoscalari e
vettoriali. Come sappiamo adesso, per comprendere le miscele mesoniche, erano necessari, prima la scoperta della QCD e poi la scoperta
degli Istantoni. Nessuno avrebbe potuto immaginare questi sviluppi, radicati nella fisica dei
mesoni, quando, negli anni sessanta, il Direttore
Scientifico del CERN incoraggiava noi giovani
fisici a proporre nuove strade per andare oltre la
tecnologia delle camere a bolle e oltre la conoscenza delle miscele mesoniche basate soltanto
sulle loro masse: ossia oltre cioÁ che Puppi considerava, correttamente, una tautologia.
L'attuale stato delle miscele mesoniche, pseudoscalari e vettoriali, eÁ illustrato nella fig. 5.
Come previsto da Puppi, queste «miscele» rappresentano l'unica vera proprietaÁ da capire nella
fisica dei mesoni.
Gli interessi scientifici di Puppi furono anche
rivolti alla fisica dello spazio e questa eÁ la ragione per cui divenne Presidente dell'ESRO
(European Space Research Organization) e
cofondatore dell'ESA, la European Space
Agency. Intervenendo nel campo dell'ecologia e
della difesa dei tesori piuÁ prestigiosi della nostra
civiltaÁ, egli fondoÁ l'«Istituto delle Grandi Masse» al fine di studiare, su rigorose basi scientifiche, la dinamica delle masse marine cosõÁ vitale
per il futuro della sua adorata Venezia.
L'ultima volta che ebbi il piacere ed il privilegio di incontrare il mio maestro «Gianni» fu
poche settimane prima della sua dipartita. Non
smise mai di coltivare una moltitudine di interessi, incluso il futuro del CERN, essendo stato
non solo Direttore Scientifico ma anche membro del Consiglio del CERN. Era molto preoccupato quando apprese che il Consiglio attuale non sempre esprimeva il suo pieno sostegno alle attivitaÁ del laboratorio.
«Ai miei tempi, il Consiglio del CERN era un
forte sostenitore delle decisioni prese, sempre,
per il rafforzamento dell'eccellenza scientifica
dei risultati da ottenere nella piuÁ civile competizione che l'umanitaÁ possa perseguire: la fisica.
Nessuno dovrebbe sottostimare il fatto che il
CERN ha la proprietaÁ di essere un'Istituzione
unica al mondo» (fig. 6). Queste sono le sue ultime parole.
Fra pochi mesi, entreraÁ in funzione la piuÁ
potente macchina subnucleare del mondo. Una
macchina il cui livello d'energia potrebbe rappresentare il primo scalino verso il traguardo
della massima energia oggi ipotizzabile usando
tecnologie giaÁ collaudate. Macchina il cui fulcro
eÁ a Bologna, la cui sigla eÁ ELN, con un livello
d'energia pari a mille TeV (un milione di miliardi
di elettron Volt). La sua circonferenza sarebbe
di 300 km. Giampietro Puppi amava ricordare
che, se non fosse crollato il Muro di Berlino,
questo progetto sarebbe diventato realtaÁ in Ita-
lia in quanto su di esso c'era l'accordo delle
superpotenze USA, URSS e della Cina. Il progetto veniva considerato da Reagan, Gorbachev
e Deng-Xiao Ping uno strumento di collaborazione scientifica per uscire dal pericolo in cui
50 anni di guerra fredda avevano portato il
mondo: l'olocausto nucleare. Questo progetto
era un esempio della collaborazione scientifica
d'alto livello tra l'Est e l'Ovest, il Nord e il Sud;
collaborazione cui Puppi aveva dato preziosi
contributi.
La macchina in via di definitiva costruzione al
CERN ha una circonferenza di 27 km. In essa
fasci di protoni si scontreranno a un'energia mai
raggiunta nello studio dei fenomeni fondamentali: quattordicimila miliardi di elettronvolt.
Cosa verraÁ fuori da questi nuovi livelli d'energia
nessuno puoÁ oggi prevederlo con certezza. Le
aspettative piuÁ gettonate, direbbe Gianni Puppi,
sono le tanto cercate particelle di Higgs e quelle
del Supermondo. Una cosa eÁ invece sicura: nell'urto tra nuclei di piombo si realizzeranno le
condizioni in cui era l'Universo a qualche decimo
di miliardesimo di secondo, dopo il Big Bang.
Questa nuova macchina subnucleare dovrebbe
entrare in funzione a metaÁ del 2008, aprendo cosõÁ
nuovi orizzonti nello spettacolare scenario dei
fenomeni fondamentali. Scenario, i cui fenomeni
radicalmente nuovi e totalmente inaspettati,
nessun filosofo ne pensatore eÁ mai riuscito a
immaginare. Vorremmo sperare che in questi
nuovi orizzonti si ripetano fenomeni simili al
Triangolo di Puppi.
E infatti a metaÁ degli anni quaranta del secolo
scorso, nessuno avrebbe immaginato che dallo
studio di tre fenomeni apparentemente diversi sarebbe potuto venir fuori il Triangolo di Puppi e una
nuova forza fondamentale della Natura. La prima
decade del terzo millennio potrebbe aprirsi con
qualcosa che ci permetterebbe di ribadire quanto
sia unica la strada per scoprire fenomeni nuovi
essenziali per capire com'eÁ fatto il mondo, cosõÁ
com'esso si manifesta agli occhi di chi, seguendo
l'esempio di Giampietro Puppi, sa riflettere con
rigore nello studio di dettagli che possono sembrare banali, ma che possono invece essere la
sorgente di formidabili novitaÁ scientifiche.
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In memoria di Giampietro Puppi