Recensioni teatrali | Teatro.Persinsala.it
Sharon
Tofanelli
ottobre 15, 2014
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Don Giovanni apre il cartellone lirica del Teatro Verdi di Pisa.
Un sold out che fa ben sperare per l’intera Stagione.
Si ricomincia, puntuali all’incontro. La Stagione attende, le
braccia da amante dischiuse.
E che amante. Don Giovanni è il primo, poi si vedrà.
Sabato 11 ottobre, tutto esaurito al Teatro Verdi. C’è un tale clamore che a
stento si sosta per i corridoi, mentre ogni possibile strato sociale si accalca
verso la sala gremita. Tutto risplende, la notte ribolle di aspettative e,
preso il nostro posto in questo firmamento di gioielli e schermi di portatili,
non possiamo asserire che tutte siano state soddisfatte. Certo, nessuno si
è smentito: ci hanno promesso arte e arte abbiamo avuto, e delle più
sublimi. Ma procediamo con ordine.
Come già detto, Don Giovanni: imperituro, dibattuto, irrefrenabile
personaggio, il cui mito affonda le radici nel lontano 1630, quando la sua
voce ancora non si scioglieva nel canto. Dalla Spagna affocata fino alla
Francia di Molière, passando per le piazze italiane, l’ambigua figura ha
sfilato sotto il fuoco incrociato di ogni sorta di pubblico – moralista o
dissoluto, sprezzante o ammirato, andando ora verso il pentimento, ora
verso la morte sdegnata che tutti conosciamo bene. Dunque, applausi in
partenza: confrontarsi con un simile colosso non è facile.
Nulla da eccepire sull’esecuzione musicale, né sulle voci che si sono
prestate all’impresa. La sua ouverture, i primi colpi di corda che la musica
dà al Don Giovanni, è qualcosa di eloquente, sebbene sussurrante nel
suo dire: parliamo della dicotomia tra re minore e re maggiore – per un
profano un niente, per un devoto tutto. Perché nel 1787, quando quel
motivo scaturisce per la prima volta e facce incipriate si piegano in avanti
sventolando piume, allora tutti capiscono, proprio tutti: è chiaro come un
guizzo di pesce sul limitare dell’acqua, chiunque decodifica dentro di sé
quel tono greve ed esitante. Quel re minore parla e pronuncia morte.
Questo Don Giovanni che si appressa all’uomo seduto in sala senza
parlare, senza porgere mani né saluti, mostra un foglio d’invito: ma a un
funerale. Il Don Giovanni ha per ouverture una marcia di morte. E poi
così, quasi a tradimento, ecco esplodere la vita – ecco il re maggiore. Era
forse un sogno? Applausi all’orchestra.
I personaggi – questo crogiolo umano dal quale si potrebbe estrarre, col
gesto del prestigiatore, ogni brandello di mondo – sono ben caratterizzati.
Il maggiore apprezzamento, a sentire le gradazioni dell’applauso, va ad
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Andrea Concetti, quel Leporello che è forse, dopo il nostro licenzioso eroe,
la più complessa figura psicologica del dramma. Obbediente alla gerarchia
impostagli dalla regola, il servitore di Don Giovanni occupa, assieme a
Masetto e Zerlina, il gradino più basso della scala ed è relegato al ruolo di
personaggio buffo. Ma nessuno, in quest’opera, è semplicemente quello
che dovrebbe essere. Tutti, a loro modo, inseguono una pretesa di
trasgressione. Abbiamo, quindi, un Leporello che sdegna il padrone,
sebbene lo ami. Mai si potrà negare la sua partecipazione emotiva a ogni
vicenda, a ogni ostentazione, a ogni beffa mal riuscita. Limpido, edonista,
più presente dello stesso protagonista, Leporello si mostra come il lato
opposto della luna, una luna che pare tagliata in due, amputata, con un
lato che non può abbandonare l’ombra confortante. Una simbiosi
inspiegabile lega il frenetico, malato eroe al suo servitore, l’uno
trasmutante, capace di inserirsi in tutti i registri, senza limiti gerarchici:
ora il tragico di Anna e Ottavio, ora il comico dei ceti bassi; e l’altro,
l’autentico pubblico, l’unica vestigia di tante glorie. Forse anche più di un
testimone interiore, quasi coscienza o subconscio dello stesso
protagonista. Se altri non gli parlassero, si potrebbe giurare che Leporello
esiste soltanto nella mente del suo padrone. Calorosi applausi per
entrambi.
Altra interprete di spicco è Agata Bienkowska, alias Donna Elvira. Sedotta
e abbandonata, Elvira è a tratti personaggio patetico, a tratti feroce. I suoi
ingressi, sempre brutali e destabilizzanti, sono supportati, oltre che da una
voce incredibilmente potente, anche da un’interpretazione intensa,
statuaria, capace di catalizzare su di sé lo sguardo del pubblico. Un suo
gesto, anche minimo, provoca l’effetto di un manrovescio. Difficile
distogliere gli occhi dalla sua mano protesa.
A livello scenografico, al contrario, notiamo alcune problematiche.
Innegabilmente bellissima la composizione della scena attira, nei primi
minuti, per l’accuratezza del dettaglio, l’eleganza della scalinata e dei
pilastri, regalando la sensazione di essere di fronte a una finestra
spalancata sull’incanto. Troppo. Sebbene sia accattivante, l’apparato
scenografico è poco funzionale. Anche a livello semantico, la scelta non
convince: dramma vorticoso e frenetico, Don Giovanni richiederebbe una
scenografia altrettanto cangiante. In arte determinate scelte si presentano
e il regista ha preso la sua decisione: il risultato è esteticamente valido,
ma difficilmente comprensibile per il pubblico che, a tratti, non riesce a
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raccapezzarsi sull’ubicazione degli eventi: che dire, ad esempio, della
scena in cui Zerlina, che a sentire il libretto dovrebbe trovarsi nel giardino
di Don Giovanni, asserendo di volersi nascondere tra gli alberi, sul
palcoscenico non trova nulla di più adeguato dell’onnipresente colonna
laterale? Non è realistico – né giustificabile da una prestazione attorale
antinaturalistica – sentir definire “arbore” un pilastro. Ancora una volta:
bellissimi i dettagli, ma decisamente ingombranti.
Avvolgenti i giochi di luci, anche se i colori dei costumi scompaiono alla
vista e si confondono – per fare un esempio: gli abiti dei contadini
irrealisticamente troppo chiari, in un’atmosfera pallida e assolata, non
spiccano a sufficienza nella scena. Molto suggestivi, al contrario, i costumi
di Donna Elvira e il rosso mantello che Don Giovanni e Leporello si
scambiano nel secondo atto.
Ardita, infine, e da dibattere la comparsa della statua del Commendatore.
Laddove la tradizione è solita disporre l’effige inanimata del nobile ucciso,
il regista cerca di infrangere le regole servendosi fisicamente
dell’interprete: “con tutti i rischi di caduta nel ridicolo che porta con sé una
statua che si muove, cammina e parla” (M. Lippi). D’altronde una presenza
umana può conferire a questa figura, già di per sé tremenda, un ulteriore
pathos. Ma quale concitazione è lecito attribuire a un trapassato?
Lasciamo aperto il dibattito, che è troppo ampio per essere liquidato nello
spazio di una recensione. Poco felice anche la scelta drammaturgica di far
rovinare l’eroe (rovina nel senso letterale, spaziale del termine) verso
l’alto, anziché verso il basso. La bocca dell’inferno, i cui echi sono
evidenziati dai getti di vapore e da colpi di lampo improvvisi, è posta in
cima alla gradinata. Questo significa che Don Giovanni è costretto a salire,
trascinato da un Commendatore che, a tratti, sembra quasi aiutarlo
nell’ascesa, per poi ridiscendere. Ne comprendiamo la funzionalità, vista la
scenografia – e lo possiamo anche considerare espediente valido per
uscire dal trito cliché – ma nell’insieme il risultato lascia perplessi e
semanticamente non convince.
Ultimo canto. Sipario. Applausi calorosi per l’opera e per l’apertura della
nuova Stagione teatrale.
foto di Massimo D’Amato, Firenze
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Dida:
>> 1 da sx Panajotis Iconomou (Don Giovanni), Riccardo Ferrari
(Commendatore), Andrea Concetti (Leporello)
>> 2 Agata Bienkowska (Donn’Elvira), Panajotis Iconomou (Don
Giovanni), Andrea Concetti (Leporello)
>> 3 Silvia Dalla Benetta (Donn’Anna) e Blagoj Nacoski (Don
Ottavio)
>> 4 da sx Panajotis Iconomou (Don Giovanni),Andrea Concetti
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Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Verdi di Pisa
sabato 11 ottobre, ore 20.30
domenica 12 ottobre, ore 16.00
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(Leporello), Daniele Piscopo (Masetto), Lavinia Bini (Zerlina)
>> 5 al centro Andrea Concetti (Leporello); dietro, da sx Silvia Dalla
Benetta (Donn’Anna), Blagoj Nacoski (Don Ottavio), Agata
Bienkowska (Donn’Elvira), Lavinia Bini (Zerlina), Daniele Piscopo
(Masetto)
>> 6 Lavinia Bini (Zerlina), Daniele Piscopo (Masetto)
>> 7 Panajotis Iconomou (Don Giovanni), Andrea Concetti (Leporello)
>> 8 Andrea Concetti (Leporello), Panajotis Iconomou (Don Giovanni)
>> 9 Riccardo Ferrari (Commendatore), Panajotis Iconomou (Don
Giovanni)
>> 10 Finale
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Il Dissoluto Punito, ovvero Don Giovanni
musica Wolfgang Amadeus Mozart
libretto Lorenzo Da Ponte
regia Enrico Castiglione
assistente alla regia Lorenzo Maria Mucci
direzione d’orchestra di Francesco Pasqualetti – Orchestra Della
Toscana – Coro Ars Lyrica
maestro del coro Marco Bargagna
disegno luci Enrico Basoccu
Personaggi e interpreti:
Don Giovanni: Panajotis Iconomou
Leporello 11 ottobre: Andrea Concetti; 12 ottobre: Andrea Patucelli
Donna Elvira: Agata Bienkowska
Donna Anna: Silvia Della Benetta
Don Ottavio: Blagoj Nacoski
Masetto: Daniele Piscopo
Zerlina: Lavinia Bini
Commendatore: Riccardo Ferrari
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