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ECCO TUTTA LA VERITA’ CHE
NESSUNO VI RACCONTA SUI POTERI
DELLA BCE
Editoriale de Il Giornale, 13 agosto 2012
13 agosto 2012
a cura di Renato Brunetta
ECCO TUTTA LA VERITA’ CHE NESSUNO VI RACCONTA SUI
POTERI DELLA BCE
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 Si parla tanto della Banca Centrale Europea, ma si conosce ancora
troppo poco del suo Statuto, del suo modo di agire; di quello che la
banca può fare, come lo può fare e quello che non può fare.
 Colpa della non perfetta trasparenza della BCE, che adotta una politica
comunicativa del tutto diversa rispetto a quella della Federal Reserve
americana.
 Ma, a ben vedere, basta un po’ di pazienza per leggere i documenti
ufficiali e si riesce a capire tutto quello che succede all’interno
dell’Eurotower e anche dell’eurozona: ad esempio, quello che è successo
negli ultimi 3 anni, quello che sta succedendo e, auspicabilmente, quello
che succederà.
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 Il presidente Mario Draghi ha dato il via all’interpretazione autentica
dello Statuto della BCE il 26 luglio scorso a Londra alla Global
Investment Conference, quando affermò che “nell’ambito del proprio
mandato la BCE è pronta a fare tutto il necessario per preservare l’euro,
e sarà abbastanza”.
 La cosa destò allora molta impressione e causò un virtuoso tonfo degli
spread di oltre 60 punti. Il gioco interpretativo riprese il 2 agosto, a
seguito della conferenza stampa a termine della riunione del Consiglio
direttivo della BCE, quando il presidente Draghi aggiunse un altro
tassello: “Se il premio pagato sul funding governativo impedisce la
trasmissione della politica monetaria, allora questo rientra nel mandato
della BCE”. In questo caso l’effetto immediato fu disastroso, salvo poi
cambiare ancora di segno nella giornata successiva.
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Nel bene e nel male le parole di Mario Draghi hanno condizionato i
mercati. C’è da dire, dunque, che, proprio per questa loro duplice
valenza, c’era forse bisogno di più chiarezza.
Proprio per questo sarebbe bene che da parte di tutti si procedesse a
interpretare, senza pregiudizi ideologici né intenti polemici, le
affermazioni del presidente della BCE, non in astratto, ma sulla base
dello Statuto, che figura come protocollo allegato al Trattato che
istituisce la Comunità europea.
Innanzitutto gli obiettivi: quello principale della Banca Centrale Europea
è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo tale ruolo, essa
sostiene le politiche economiche generali nell’Unione per contribuire alla
realizzazione delle strategie di quest’ultima (livello di occupazione
elevato e crescita sostenibile non inflazionistica).
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Già in questo primo punto la BCE differisce dalla Federal Reserve
americana, che ha invece come obiettivo primario – e non residuale –
quello di garantire il livello massimo di occupazione e crescita e tassi di
interesse di lungo termine contenuti. La stabilità dei prezzi è il terzo degli
obiettivi, tutti di pari importanza, assegnati dal Congresso americano, al
momento della fondazione, alla FED: non l’unico e supremo.
Il trattato di Maastricht non ha precisato il significato dell’obiettivo della
BCE, ma nell’ottobre 1998, il Consiglio direttivo ha dato una definizione
quantitativa di stabilità dei prezzi: “un aumento sui 12 mesi dell’Indice
armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) per l’area euro inferiore al
2%”. Il Consiglio direttivo ha altresì precisato in tale occasione che la
stabilità dei prezzi deve essere preservata “su un orizzonte di medio
termine”.
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E ancora, gli strumenti che la BCE ha a disposizione per mantenere la
stabilità dei prezzi sono quelli offerti dalla politica monetaria, tra cui il
più importante è rappresentato dalle operazioni di mercato aperto, che
servono a influenzare i tassi di interesse, regolare la liquidità del
mercato finanziario, segnalare l’orientamento di strategia della banca
centrale.
Seguono le operazioni di finanziamento, o di deposito, attivabili su
iniziativa delle controparti (banche) e la richiesta, da parte della BCE
agli enti creditizi, di detenere riserve obbligatorie, al fine di stabilizzare
i tassi di interesse del mercato monetario e creare, o ampliare, il
fabbisogno strutturale di liquidità.
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In particolare, le variazioni dei tassi di interesse si ripercuotono
direttamente sulle banche e indirettamente sui tassi attivi e passivi offerti
dalle banche alla clientela; influenzano le decisioni di risparmio e
investimento di famiglie e imprese e determinano le variazioni di consumi,
in quanto modificano il rapporto tra il livello della domanda e
dell’offerta di beni e servizi e, se la domanda supera l’offerta, sono
probabili pressioni al rialzo sui prezzi.
Sempre secondo la philosophy dell’Eurotower, contenuta nei documenti
esplicativi dello Statuto, per il successo della politica monetaria è
necessario il buon funzionamento dei mercati finanziari, così che le
decisioni della BCE possano ripercuotersi sull’economia e, soprattutto, sul
livello dei prezzi (meccanismo di trasmissione). E questo è un nodo
centrale cui si riferiva Mario Draghi a Londra, non ancora
sufficientemente capito o valutato, di cui parleremo dopo.
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Sempre su questo punto nodale, ancora la BCE ci spiega che, se in
periodi di eccezionali tensioni sui mercati finanziari la trasmissione della
politica monetaria si blocca, la banca centrale può ricorrere a qualsiasi
strumento compatibile con il Trattato.
Si tratta di misure non convenzionali, che formano parte degli strumenti
propri di attuazione della politica monetaria della BCE, ma che per
definizione sono di natura straordinaria e temporanea.
Ed è a questi strumenti che si riferiva il presidente della Banca Centrale
Europea a Londra, nel pieno rispetto del proprio mandato.
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Tra essi rientra l’erogazione di liquidità a tasso fisso predeterminato alle
banche (cosa che abbiamo visto fare dalla BCE a dicembre 2011 e a
febbraio 2012, per 1.000 miliardi);
la riduzione dei requisiti minimi applicabili alle garanzie richieste alle
istituzioni finanziarie per i prestiti loro concessi; maggiore frequenza ed
estensione della scadenza delle operazioni di rifinanziamento a lungo
termine;
erogazione di liquidità in valuta estera, se le banche da sole hanno
difficoltà di reperimento;
acquisto definitivo di attività generalmente richieste in garanzia e
intervento sui mercati dei titoli di debito dei settori pubblico e privato
dell’eurozona.
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Fin qui lo Statuto e la spiegazione dello Statuto. Questa la cassetta degli
attrezzi a disposizione della BCE. Ed è chiaro che, pur mantenendosi nei
confini del proprio mandato, la Banca Centrale Europea può fare molto,
più di quanto si creda, ma purché sia supportata dalla politica e dalle
istituzioni nazionali ed europee e purché il messaggio sia trasmesso, tutti
insieme, sincronicamente e chiaramente ai mercati.
Non è, quindi, proprio vero che la BCE è disarmata nei confronti della
speculazione internazionale. Il bazooka ce l’ha, eccome!
Anche se a premere il grilletto devono essere in tre: banca centrale,
istituzioni nazionali e istituzioni europee. Tanto più c’è sincronia e
cooperazione, tanto più il bazooka è potente. Ed è qui che finora
abbiamo fallito.
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La banca non può astrarsi dalla politica dei governi nazionali e del
governo europeo, né i governi nazionali e il governo europeo possono
scaricare sulla banca centrale le proprie impotenze e le proprie
ambiguità, cosa che è avvenuta fino ad oggi.
Con grande rammarico, proprio di Mario Draghi, che ha più volte
stigmatizzato il rischio della sua solitudine.
Da quanto emerso dalla conferenza stampa del 2 agosto scorso, proprio
per mettere a punto questi strumenti di intervento sono a lavoro 3
Comitati, quello monetario, quello per la gestione del rischio e quello per
le operazioni sui mercati, che fanno capo al Comitato esecutivo della
BCE, presieduto dallo stesso Mario Draghi. Speriamo bene.
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Ma perché tutto questo? Perché finora interventi non sincronizzati della
BCE e delle istituzioni nazionali ed europee hanno finito per essere
neutralizzati dalla speculazione, senza sortire gli effetti sperati. Bisogna
dunque ricominciare daccapo.
Il punto nodale è che, per l’assenza di sincronia degli attori in campo, è
mancata la trasmissione della politica monetaria implementata
dall’Eurotower alle economie dei paesi.
Questo blocco si è creato su due livelli: quello a breve, che riguarda la
frammentazione dei mercati monetari, per cui oggi le condizioni cui le
banche dell’eurozona offrono credito alle imprese cambiano, e non poco,
di Stato in Stato (siamo di fronte a un euro balcanizzato);
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e quello a medio-lungo termine, per cui le anomalie dei mercati
finanziari si riflettono sull’economia, creando divergenze notevoli tra
paesi in surplus, con competitività elevata e basso costo del lavoro per
unità di prodotto (come la Germania) e paesi in forti difficoltà (come
Spagna e Italia).
E qui il problema non è tanto della banca centrale quanto degli Stati e
delle regole europee.
Si veda, a questo riguardo, il nuovissimo Fiscal Compact, ancora in fase di
ratifica, ma del tutto inadeguato nei processi redistributivi, per colpa
dell’egoismo opportunista tedesco.
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Tornando al ruolo della BCE, la trasmissione della politica monetaria passa per
i mercati finanziari nel breve periodo, mentre nel medio-lungo termine spetta
più ai governi e alle istituzioni europee, che devono creare le condizioni per
una migliore allocazione del risparmio e delle risorse a livello comunitario.
Ecco cosa abbiamo imparato da questa lunga crisi: nel breve termine la
trasmissione della politica monetaria è compito precipuo della banca centrale,
mentre nel lungo termine questo compito spetta agli Stati e, quindi, all’Unione
europea.
Pertanto, nell’immediato diventa un must assoluto governare il mercato dei titoli
dei debiti sovrani a breve termine, per evitare qualsiasi rischio di inversione
della curva dei rendimenti, per cui il costo del servizio del debito per gli Stati
sia maggiore sui titoli a breve termine piuttosto che sui titoli a medio-lungo,
creando così un vero e proprio impazzimento, quindi il breakup del sistema.
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Oltre questa linea, al contrario della Federal Reserve, che ha tra i suoi
obiettivi anche garantire livelli massimi di occupazione e crescita, la BCE,
per Statuto, non può andare.
Nel medio-lungo termine la responsabilità passa agli Stati, cui spetta
sanare gli squilibri e gestire la redistribuzione attraverso riforme
strutturali, soprattutto del mercato del lavoro (ahi ahi Fornero!), ma non
solo.
E qui è il problema: impotenza della BCE, al contrario della FED
americana, nel medio-lungo termine e parallela inadeguatezza
dell’architettura europea a questo riguardo. Questa la vera debolezza
del nostro sistema.
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A regole date, nel breve periodo è la BCE che deve usare il bazooka,
mentre nel medio-lungo ruolo determinante devono averlo gli Stati e le
istituzioni europee, soprattutto nella gestione dei titoli del debito sovrano
a lungo termine, con le relative riforme strutturali e l’eliminazione degli
squilibri (endemici surplus delle bilance commerciali o bassa crescita o
insopportabili livelli del rapporto debito/PIL).
Chiarito tutto quanto sopra, arriviamo così a definire la teoria dei
compiti a casa in maniera più precisa e più responsabilizzante dei singoli
livelli di governo, con buona pace delle colpevolizzazioni stile Angela
Merkel.
Semplificando un po’: ogni attore in questo gioco complesso deve fare la
propria parte.
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E cioè: la BCE deve intervenire da subito sui mercati dei titoli di Stato nel
segmento a breve termine e in quest’ottica deve fare tutto, ma proprio
tutto, quello che è nelle sue possibilità (e, se guardiamo bene, è quello
che ci ha detto Mario Draghi in conferenza stampa: nelle prossime
settimane il lavoro dei Comitati della BCE si concentrerà sul funding
governativo a breve termine).
Sul medio-lungo termine devono intervenire gli Stati e le istituzioni
europee. Si definisce così una sorta di specializzazione strategica: la
banca centrale nel breve termine e nel lungo gli Stati e le istituzioni
dell’Unione, che devono fare le riforme per far funzionare i mercati.
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Per le istituzioni europee, per esempio, la road map è già tracciata:
basterebbe dare seguito al report “Verso una vera unione economica e
monetaria”, presentato dai presidenti Herman Van Rompuy, José Manuel
Barroso, Jean-Claude Juncker e Mario Draghi ai capi di Stato e di
governo riuniti a Bruxelles il 28-29 giugno, che propone appunto una
visione di lungo periodo per l’Europa basata su quattro pilastri
fondamentali: unione bancaria; unione fiscale; unione economica; unione
politica.
Compiti a casa, dunque, per tutti. Questo potrebbe essere lo slogan dei
prossimi mesi.
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Come già detto, i 2 segmenti di specializzazione strategica, quello della
BCE e quello degli Stati e delle istituzioni europee, devono essere
sincronizzati e complementari: la banca centrale non può restare da sola,
con Stati e istituzioni lontani e inconcludenti, come è avvenuto finora, con
35 vertici non decisivi dall’inizio della crisi, così come gli Stati e le
istituzioni devono poter contare sulle azioni immediate, dirette, della
banca centrale.
Cosa che fino ad oggi non è sempre avvenuta, con inutili veti all’interno
del Consiglio direttivo della BCE da parte del rappresentante di quello o
questo Stato.
Fin qui la complessa architettura dello Statuto della BCE e soprattutto il
complesso rapporto tra Eurotower e paesi e istituzioni europee.
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Siamo arrivati al dunque, ad aver chiaro tutti, finalmente, competenze e
responsabilità. Ci son voluti però tre anni di sangue, sudore e lacrime, di
fraintendimenti, di rischi, di recessione.
A questo punto ci si pone il grande quesito: non sarebbe meglio
modificare lo Statuto della Banca Centrale Europea e dotarla in via
ordinaria degli strumenti attualmente utilizzabili in circostanze
straordinarie ed eccezionali? Basterebbe seguire, ancora una volta, il
modello americano, perché l’attuale dualismo si presta a comportamenti
opportunistici, egoistici (vedi, con riferimento alle 4 unioni da realizzare,
il caso della Germania che è d’accordo sull’unione politica prima di
quella bancaria, economica e fiscale e la Francia che, invece, è
d’accordo su queste ultime, ma non sull’unione politica), che finiscono per
scaricare tutti gli oneri di stabilizzazione dell’eurozona sulla BCE.
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Le cose sono chiare e Mario Draghi, in maniera fortemente innovativa, ce
lo ha spiegato.
Forse anche i mercati dimostrano di averlo capito, sempre a loro modo e
sempre in attesa di vedere i fatti, che potrebbero essere assolutamente
positivi se in attesa del fatidico pronunciamento della Corte
costituzionale tedesca l’Eurotower comunicasse ai mercati gli esiti dei 3
gruppi di lavoro per la governance del funding governativo di breve
periodo e se questa comunicazione fosse accompagnata da una
parallela, precisa, road map delle istituzioni europee circa l’unione
bancaria, economica (eurobond, chi li ha visti?), finanziaria e politica. Il
libretto di istruzioni su come usare il bazooka e su come premere il
grilletto insieme.
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Potremmo essere dunque a un passo dalla soluzione. Ma come ben noto,
l’ultimo passo è anche il più difficile.
Occorre far presto, perché nel frattempo stiamo continuando a farci del
male, tra fughe di capitali dal sud europeo al nord e sensibili rischi per
la congiuntura tedesca. La tempesta perfetta potrebbe scoppiare da un
momento all’altro proprio perché siamo a un passo dalla soluzione.
Sarebbe bene che a fine agosto-primi di settembre un Consiglio europeo
facesse chiarezza su come si agirà insieme, BCE, Stati e istituzioni
dell’Unione.
Siamo sicuri che basterà.
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ecco tutta la verita` che nessuno vi racconta sui poteri della