n°32 -FEBBRAIO 2012 direttore: DaviDe Lessi È un giornale creato dagli studenti di Scienze Internazionali e Diplomatiche di Gorizia L’EDITORIALE «VEDRETE CAMBIARE LA di Edoardo Da Ros *Il presente editoriale è gentilmente offerto da Equitalia. ine anno, tempo di bilanci. Inizio anno, tempo di promesse. Ecco quelle dell’ottimista Joseph Stiglitz, economista premio Nobel, che tra un “l’economia andrà a rotoli” e un “moriremo tutti”, ci promette un 2012 luminoso: “La cosa positiva del 2011 è che, molto pro- F NOSTRA DIPLOMAZIA» Intervista all’Ambasciatore Alessandro Grafini famosa luce in fondo al tunnel. (maledetti evasori!) Epperò col 2012 facciamo sei anni di sua negli ultimi anni. Nella sua esistenza, questo giornale ha coperto: tre presidenze del consiglio italiane, due presidenze americane e, ben più incredibile, due presidenze russe (diverse Grande Inter di Mancinho, gli unici due mondiali di calcio vinti consecutivamente da nazionali dello stesso continente (l’Euro del sud); la primavera più lunga della storia, ben il 300% in più del normale e il conseguente deprezzamento dei datteri che sta scuotendo l’economia globale; vi terrà aggiornati anche sulle sanzioni all’Iran che stanno penalizzando il già duramente colpito settore dei tappeti… (vi scoveremo!) Oltre a tutto questo ben di Dio, in questi sei anni, Rodolfo Toè ha scritto più recensioni musicali di Luzzatto Fegiz ; Edoardo Buonerba ci ha parlato di più esperienze all’estero dell’ex ministro Frattini; Francesco Marchesano è riuscito a farci passare la voglia di leggere di Russia e Federico Faleschini a farci odiare ogni forma di ecologismo, mentre si è risvegliata la nostra sopita anima femminista grazie agli articoli di Valeria Carlot; allo stesso tempo Emiliano Quercioli ha fatto chiarezza su questioni più torbide del mare di Grado e Giovanni Collot ha versato sui nostri capi litri di entusiasmo e ottimismo per il futuro utilizzando e vi faremo pagare!) Molti altri hanno fatto molto altro in efnoi ci siamo sempre su (tutto!) Però se aveste bisogno di altro per rendervi conto di quanto abbiamo reso le vostre vite migliori, vi basti ricordare che negli ultimi anni abbiamo anche organizzato le feste più divertenti, le conferenze più interessanti, messo in luce le magagne universitarie più mode più trasgressive e sostenuto la candidatura del sindaco più innovatore. E ora che ci penso, nessuno ci ha mai detto grazie! - di Dario Cavalieri, Andrea Ferrara, & Luca Marinaro N ato a Venezia nel ‘41, una laurea in legge in tasca, l’Ambasciatore gionali come l’Iniziativa Centroeuropea e quella Adriatico-ionica. Lo incontriamo al Bar dell’Università un gelido pomeriggio di dicembre, l’intervista formale che ci eravamo preparati si trasforma in una cordiale chiacchierata. e Zagabria. Partecipa all’ultima riunione della CSCE (che si sarebbe trasformata in OSCE poco dopo) e dirige cooperazioni re- CONTINUA A PAG.4 Anche io vesto la tuta! Le elezioni Slovene viste da vicino di Tanja Lanza elevata, ben il 65% degli elettori. Un dato di questo tipo è dunque da assumere come un sintomo di una ritrovata - E... Vade Re(tro), EVASORE! di Giulia Zeni I l Governo Pahor ha concluso il mandato 2008-2011 e stando agli analisti quelle del 4 dicembre sono state le elezioni più rilevanti dall’indipendenza slovena in poi. Senz’altro hanno portato con sé tanto stupore. Per la prima volta in vent’anni durante i dibattiti politici pre-elezioni non sono emerse le solite storie sul comunismo, le stragi , le colpe, bensì si è parlato del futuro, dell’uomo medio, delle prospettive slovene ed europee. Per questa ragione il tasso di af- Premetto che mi sono occupato prima di diplomazia bilaterale, poi multilaterale. Ecco che ho fatto l’Ambasciatore in tre to riguarda la parte multilaterale, ho partecipato all’ultima riunione della CSCE a Vienna, (prima che si trasformasse in OSCE), in seguito al Consiglio d’Europa di Strasburgo, di cui ero numero 2; C cabile, talora paragonabile al furto – a seconda che ad essere citato sia l’ex Premier Berlusconi o l’economista Padoa-Schioppa – l’evasione verno democratico, un dato che urla; perché stavolta vuole avere voce in capitolo e vuole farsi sentire. CONTINUA A PAG.5 ! forse incapaci di discernere quale delle Ma tralasciando il candido sarcasmo di chi può permettersi di puntare il dito contro i non osservanti del settimo comandamento, perché di evadere, non guadagnando, non ha facoltà, passiamo ai fatti. CONTINUA A PAG.7 2 Febbraio 2012 L’inizio del declino di Erdogan TURCHIA - Potrà mai l’AKP spodestare il “divino” Ataturk? di Giulia Daga I l 2012 si apre con nuovi interrogativi sul futuro della Turchia. Il 6 gennaio viene arrestato Ilker Basbug, ex Capo di Stato Maggiore, con l’accusa di guidare il presunto gruppo terroristico kemalista Ergenekon. È la prima volta nella storia della Turchia che accade una cosa del genere: l’esercito è sempre stato il guardiano della laicità dello stato, governando il paese a fasi alterne dal 1960 al 2002. Secondo analisti di Goldman Sachs la progressiva diminuzione del potere dell’esercito negli ultimi anni è un passo avanti verso il consolidamento della società civile, e perciò fondamentale per rafforzare la democrazia. D’altra parte, però, fu proprio l’idolo dei militari, Mustafa Kemal Ataturk, a trasformare il califfato in una democrazia laica, mentre l’attuale primo Costituzione per orientare lo stato verso un modello teocratico . Il premier si distacca dall’occidentalismo di Kemal anche in politica estera: rapporti stridenti con Israele e Stati Uniti e allontanamento dall’obiettivo di entrare in Unione Europea, tanto da considerarla ormai “una versione glamour di Disneyland”. Dal 2012 inoltre la solennità nazionale del 19 maggio, in cui si celebra la gioventù e il ricordo di Ataturk, potrà essere celebrata pubblicamente solo ad Ankara e nelle scuole, non nelle altre città. Ci si può perciò chiedere come può la popolazione continuare a sostenere un presidente del Consiglio che va contro i principi dell’ eroe nazionale, venerato come un dio, le offese al cui nome costituiscono tuttora reato. Innanzitutto bisogna considerare che Erdogan ha portato la Turchia ad avere, almeno nel 2010, il terzo tasso di crescita più alto al mondo dopo Cina e Singapore, sollevando raggiunto il 45% mentre il 50% della spesa pubblica serviva a pagare gli interessi del debito estero. Inoltre ha fatto sì che Ankara acquistasse sempre più importanza strategica nel Medio Oriente, tanto che il premier è considerato da molte popolazioni arabe un leader da cui prendere esempio. Eppure il malcontento comincia a farsi sentire, l’effetto“panem et circenses” della crescita economica lascia spazio a preoccupazioni riguardo alla perdita di laicità e alle misure poco democratiche che il governo utilizza nei confronti di dissidenti e ultima- mente dei militari. L’unico problema è che, va concreta a meno che i kemalisti del CHP e la sinistra radicale del partito MHP non si coalizzino, sempre che i militari non organizzino un nuovo colpo di stato, che non farebbe altro che riportare la Turchia verso la fragilità e la debolezza del cinquantennio passato. Sta di fatto che Erdogan sta lentamente perdendo consensi, e potrebbe subire una sconil Padre dei Turchi dal trono. Elezioni, Egitto nel caos Voto caratterizzato da scontri fra manifestanti ed esercito e fondamentalismo islamico di Andrea Ferrara M entre in Tunisia si raccolgono i primi frutti della Primavera araba con l’insediamento del nuovo governo, l’Egitto è ancora in preda al caos, con elezioni “a rate” che si svolgono in un clima di altissima tensione tra i manifestanti di piazza Tahrir e la potente lobby dei militari. L’intricato sistema elettorale, infatti, prevede che le votazioni per rinnovare i due rami del parlamento (l’Assemblea del Popolo e la Shura) e per eleggere il Presidente siano spalmate in sei turni. I primi due, che si sono svolti negli scorsi mesi, hanno visto un trionfo del Partito della Libertà e della Giustizia (oltre 40%), legato ai Fratelli Musulmani, e dei sul partito liberale Al-Wafd del miliardario piccoli movimenti nati nel corso della rivoluzione. I Fratelli Musulmani sono stati la principale forza di opposizione al regime di Mubarak. Sono organizzati e diffusi in modo capillare in tutto il territorio e hanno una base popolare ben radicata, che li ha sicuramente avvantaggiati nella mobilitazione rispetto a formazioni più recenti. Valgono per loro le stesse considerazioni che ho già fatto per Ennahda riguardo al voto all’islam politico come garanzia di moralità nella gestione del potere, a maggior ragione in un paese di grande tradizione musulmana come l’Egitto. C’è da dire anche che le alternative sono piuttosto deludenti: i “partiti di piazza Tahrir” sono troppi e troppo frammentati, e Al-Wafd rappresenta soprattutto i magnati hanno senz’altro avuto qualche abboccamento con il regime. A differenza del caso tunisino però, il successo dei Fratelli mi suscita qualche perplessità in più. Prima di tutto bisogna considerare che la frammentazione e le rivalità all’interno della scena politica rendono altamente improbabile la formazione di un governo di unità nazionale, come in Tunisia. Invece, la formazione di un evenpererebbe il 60% in parlamento, anche se due partiti ci sarebbero infatti troppe differenze rispetto al grado di apertura: mentre, ad esempio, i Fratelli Musulmani sono ben consci dell’importanza del turismo nell’esti) non guardano con simpatia i turisti in costume che bevono birra sulle spiagge di avuto ultimamente qualche contatto con i militari, appoggiandone l’iniziativa di creare un Consiglio consultivo per stabilire i principi della costituzione. Iniziativa a cui si sono opposti i Fratelli Musulmani, che ritengono che il compito debba spettare ad una costituente democraticamente eletta. le posizioni del partito della Libertà e della Giustizia siano moderate come quelle di Er- dogan e di Ghannouchi. mente sostenuti, rispettivamente, da Qatar e Arabia Saudita: le petromonarchie del Golfo potrebbero così espandere la loro portando qualche disturbo al fragile equililoro fede sunnita li separi e addirittura li opponga agli sciiti di Teheran, i Fratelli hanno già annunciato di avere in programma un referendum per togliere il riconoscimento egiziano a Israele. Il che si aggiungerebbe alla totale perdita di controllo del governo sulla penisola del Sinai, dove si allunga l’ombra di Al-Qa’ida e di altre organizzazioni terdefunto regime libico, che negli scorsi mesi hanno effettuato diversi attentati contro i gasdotti che riforniscono Israele. Il problema più grave che grava sull’Egitto è però la presenza ingombrante dell’esercito. I militari, sostanzialmente, detengono il potere dal colpo di stato del ‘52, piazzando trona presidenziale, e non sembrano inten- zionati a rinunciare ai propri privilegi e alla propria posizione, e per giunta arrendersi proprio a quegli islamisti che hanno cercato di soffocare per tutti questi anni. Dopo aver rovesciato Mubarak ed essere stato acclamato in piazza Tahrir, l’esercito si è ripreso il potere, con la scusa di assumere un ruolo di guida del processo democratico, instaurando un regime molto più duro di quello precedente. Penso che abbiamo visto tutti le terribili immagini delle repressioni attuate a novembre e dicembre scorsi. Amnesty Internunciato gli orrori di cui si sono macchiati i militari in questi mesi: “test della verginità” alle dissidenti, civili giudicati da tribunali militari, pallottole di gomma sparate agli occhi dei manifestanti dai cecchini, probabilmente - afferma Salma El-Baradei, nipote del candidato presidente Mohammed – anche uso di gas nervino sulla folla di piazza Tahrir. E non è da escludere che in futuro i militari possano continuare a disporre del potere, manovrando il frammentato quadro politico, anche se determinato elezioni democratiche. In tutto ciò c’è da chiedersi quale sarà il ruolo degli Stati Uniti. Preferiranno mantenere il fragile status quo o magari cercare qualche accordo con i Fratelli Musulmani, già vicini agli alleati del Golfo? Stando a quanto ha rivelato il quotidiano libanese Al-Diyar ci sarebbero già stati dei contatti. Staremo a vedere. 3 Febbraio 2012 Paladini della democrazia nella terra di Putin Osservatori internazionali alle elezioni parlamentari. Dal nostro inviato in Russia governativa – ha dedicato l’1% del suo tempo alla campagna elettorale, utilizzandone la quasi totalità per parlare – positivamente – del presidente, del primo ministro o del loro partito. Falcidiato da nuove norme burocratiche, l’arco costituzionale si è ristretto negli ultimi 8 anni da 46 a 7 partiti registrati, ammessi dunque alle elezioni; solo 4 di questi hanno superato lo sbarramento del 7%: oggi alla Duma siedono il partito di governo Russia Unita, il Partito Comunista – unico partito d’opposizione vera, ma con un programma alquanto anacronistico, e altri di Francesco Marchesano L a strada e il cielo sono bianchi e bui, mentre scivoliamo verso il primo seggio cullati dalla Toyota di Valerij. L’italiano, l’inglese e la loro interprete russa si preparano al giorno più lungo della Missione. Il nostro compito è quello di osservare le elezioni della Duma di Stato, insieme alle altre 198 paia di occhi internazionali distribuiti dall’OSCE su tutto il territorio della Federazione Russa. Ci troviamo nella cittadina di Neftekamsk, costruita da zero in epoca sovietica attorno autonoma del Bashkortostan, adagiata sugli Urali meridionali alle porte della Siberia. La maggiore attrazione di questa città prefabbricata è la testa di Lenin che spunta dalla piazza centrale, fra il palazzone del comune e un “Biznes Centr”. Il mio risveglio è stato brusco, disturbato dal caffè in polvere e dal vento gelato sulla faccia. Quello della presidente di seggio che abbiamo incontrato alle sette e trenta, mezz’ora prima dell’inizio del voto, non dev’essere stato migliore. Questo donnone alto e biondo non poteva immaginare che due inostrantsy re della Russia profonda per turbare la sua mattinata. Ci accoglie con un sorriso teso, tiratissimo, e si protegge recitando sicura decine di elettori che da subito affollano il seggio. Il senso di soggezione che il nostro formulario infonde negli scrutatori russi suscita un’involontaria scintilla di piacere, quel tipo Visita VOSTOK, la nuova rubrica di voci dall’Est russo e slavo di Presto sul sito anche tutte le indicazioni pratiche per diventare osservatore elettorale di godimento, talvolta irreprensibile ma mai del tutto casto, provato da vigili, burocrati, controllori e altri piccoli detentori di potere. L’euforia della giornata elettorale e la mole di lavoro non lasciano il tempo, però, per introspezioni di questo genere. Inviamo via fax i risultati delle nostre osservazioni al “cervellone” OSCE impiantato a Mosca. Seguiamo le urne mobili a casa di vecchietti incapaci di recarsi ai seggi, eccidalla presenza di due europei. Osserviamo il qui l’atmosfera è più rilassata e paesana, i rapporti di potere fra presidente, scrutatori e rappresentanti di partito sono addolciti dalle relazioni interpersonali tipiche delle piccole realtà. A tarda notte, seguiamo il commissione territoriale, dove delegazioni di scrutatori fanno registrare i loro dati su un cartellone appeso alle pareti. Tornato in Italia, il rapido blitz russo riLeggo il rapporto preliminare pubblicato dall’OSCE. In fase di conteggio si sono registrate irregolarità nel 30% dei seggi osservati. Indipendentemente dai brogli compiuti il giorno del voto, le elezioni in Russia non sono democratiche. La televisione – tutta Microcredito all’iraniana Sono già 5 milioni le iraniane che godono di piccoli prestiti agevolati di servizio sono donne. Nella Repubblica Islamica del Medioriente il programma di microcredito della Ong statunitense Relief di Federica Cordioli F inalmente qualche buona notizia. L’economia iraniana si è tinta di rosa del Premio Nobel per la pace Mohammed Yunus. Applicato in molti Paesi “in via di sviluppo”, primo tra tutti il Paese natale dell’inventore, il Bangladesh, ha permesso a molte persone di migliorare la propria dali” che le equo-banche concedono a uomini e donne molti hanno potuto avviare una piccola attività imprenditoriale. I tassi di interesse ai quali questi prestiti vengono dati sono bassissimi se non nulli. Le banche “normali” solitamente sono restie a concedere prestiti a un contadino della Cambogia o a un piccolo artigiano iracheno poiché trascorreranno tutta la vita nel loro Paese e, anzi, si dimostrano determinate nel far crescere la piccola attività, come modo per riscattarsi dalla condizione di povertà nella quale sembravano destinate rimanere a vita. Purtroppo in Iran solo il 10 % della popo- alle donne delle province del Bardsir e so di formazione, vengono formati gruppi di 5-6 persone ai quali viene data una somma di denaro da dividere equamente e da investire in un’attività. Ogni mese i debitori devono versare una piccola somma sul conto per rinsaldare il debito. Anche lo Stato iraniano nel 2005, anno del microcredito, si é impegnato per cercare di far è ancora lunga, ma il fatto che 5 milioni di iraniani, soprattutto iraniane, godano di saldare il debito contratto. Le banche nate li poiché esse, con quasi assoluta certezza, ha contribuito ad alzare questa percentuale e attualmente ben l’84% di tutte le persone che nel mondo usufruiscono di questa forma notizia. Importante è, come diceva Yunus, “dare l’opportunità alle persone di uscire con le loro forze dalla condizione di grande povertà nella quale versano”. lato dall’attività delle organizzazioni internazionali, attive nella diffusione di buone pratiche e nell’invitare i suoi membri a tener fede agli impegni che hanno sottoscritto. Accendo la televisione. Nonostante tutte le irregolarità, il partito presidenziale Russia Unita non è arrivato al 50%. Alle scorse elezioni, aveva ottenuto il 64,3%. Smentendo la loro proverbiale apatia, in due diverse brogli a due passi dal Cremlino, senza neslare sono giovani della generazione di internet e rari rappresentanti della classe media che vedono solo stagnazione nella stabilità putiniana. I media nostrani si meravigliano le manifestazioni e già parlano di “primavera russa”. Si respira aria di rivoluzione. Ecco allora che nell’anima del piccolo paladino della democrazia si fa strada il piccolo senso di colpa del furfante che lancia il sasso e scappa. Non è forse un gioco pericoloso quello praticato da una manciata di osservatori internazionali, inviati per sette giorni in un Paese lontano di cui conoscono poco o nulla a dare punteggi di democraticità? Chi sono per giudicare se la “democrazia” – temuta dai russi, che l’associano all’anarchia dei tragici anni Novanta – sia meglio della stabilità attuale, auspicata da tutti e apprezzata da molti? dei miei ragionamenti. Non sono certo una conferenza stampa dell’OSCE o una parola ardita della Clinton a poter rovesciare Putin. Il governo, allertato dalle proteste, cerca di tamponare la ferita: il presidente ha promesbrogli alle presidenziali di marzo; Vladislav stato allontanato dal Cremlino. Medvedev ha annunciato riforme per la metà di febbraio, ma intanto ha nominato due putiniani di ferro in posti chiave dell’amministrazione il bellicoso Dmitrij Rogozhin. La maggioranza dei russi vive la sua vita, sopravvive come può alla crisi, non si fa troppe illusioni sul futuro e guarda con apprensione la nuova avanguardia di giovani e internauti che vogliono cambiare la Russia. La piccola OSCE, intanto, ha promosso elezioni free and fair e seminato un chicco di autentica democrazia. 4 Febbraio 2012 «VEDRETE CAMBIARE LA NOSTRA DIPLOMAZIA» di Dario Cavalieri, Andrea Ferrara, & Luca Marinaro CONTINUA DALLA PRIMA P er (ben) 5 anni all’Ince (Iniziativa allo Iai (Iniziativa Adriatico-ionica, ndr), di cui ho fondato il Segretariato. Mi sono dunque occupato di mondo tedesco e di Europa orientale. E due sono gli episodi che mi hanno segnato di più: il periodo da ambasciatore a Vienna – durante il una volta. Partendo dal suo predecessore, la Csce, veicolo fondamentale dei rapporti tra blocco occidentale e blocco orientale e altri Paesi neutrali, - una volta trasformatasi in gina che aveva reso complicate per decenni Osce, l’Organizzazione le relazioni tra Italia e Austria), e l’esperien- ha avuto un ruolo di moza da primo Segretario Generale dello Iai. E’ nitoraggio sul funzionastata questa un’avventura nuova, poiché mi mento della democrazia trovavo a gestire i rapporti tra otto Paesi di- parlamentare in tutti gli versi, oltre che a tessere quelli con le istitu- stati membri. Quando tutzioni locali. ti gli stati membri dell’ODiplomazia bilaterale/multilaterale: sce avessero democrazie come ha visto trasformarsi la Diplomazia funzionanti, forse questa da quanto ne è entrato? non avrebbe più ragione di esistere. Passiamo ai Balcani, come ha visto Tuttavia, nella prima parte della mia carriera evolversi la presenza dell’Italia in quei rapporti bilaterali erano più i più importan- sta zona? ti. Poi, progressivamente, le due diplomazie sono andate integrandosi. Emblematica la unitaria, dipende dai vari paesi. In Rodidata all’ingresso nell’Unione Europea io mente economica, c’è una forte presenza rappresentavo il suo primo partner commer- di imprese italiane sorrette anche dalla ciale, l’Italia. Noi e il rappresentante della Ue diplomazia del nostro paese. Mentre in altri paesi più vicini a noi, come Slovenia Attualmente, le due diplomazie procedono e Croazia, ci sono delle minoranze itain connessione. Se voi entrerete nel corpo di- liane. Di questi paesi seguiamo anche le plomatico probabilmente vedrete prevalere la vicende politiche. Quando facevo l’amdiplomazia multilaterale. I diplomatici europei si sostituiranno ai diplomatici italiani. Ma in connessione o contrasto? Pensi al corpo diplomatico dell’Ue: non le sembra A Zagabria era l’opposto. che il peso delle diplomazie nazionali sia Non bisogna poi dimenticare l’imporancora estremamente rilevante? tanza della politica culturale italiana, la Usciamo un momento dall’Italia e dall’Eu- rete degli Istituti di Cultura che dipenropa in senso stretto. Pensate per esempio alla de dalle nostre ambasciate. Mi ricordo Russia. Questa non è disposta a rinunciare ad quando organizzai la prima della Tosca: - fu un evento di portata enorme. Un amsto continuerà a dare preminenza alla propria basciatore di un paese di cultura come diplomazia. Ci sono Paesi più grandi, come il l’Italia non può dimenticare un aspetto nostro, che mantengono forti interessi nazio- così rilevante, nella sua attività. nali da difendere – ad esempio l’Adriatico, Unione Europea e Balcani: nel 2013 per l’Italia. Paesi più piccoli, invece, magari ci sarà l’ingresso a pieno titolo della Croazia e si continua a parlare della vedersi svuotare le proprie diplomazie, alli- Serbia. Fino a che punto l’UE si può Le due “entità” tuttavia si mescoleranno. oggi, la diplomazia europea infatti è ancora un bebè, a differenza delle secolari esperienze della diplomazia francese, inglese, italiana... Una considerazione sulle organizzazioni internazionali, prenda la NATO e l’OSCE. Dopo la caduta della Cortina di Ferro hanno ancora senso così com’erano state concepite? Non mettiamole assieme, sono due cose to – ripeto – quello che ci condiziona è la crisi economica. Passiamo ad un altro argomento. Nel corso della Sua carriera Le è mai capitato di trovarsi in una situazione di contrasto tra le Sue opinioni personali e ciò che Le veniva chiesto di fare? diverse. La NATO è opportuno mantenga la caratteristica di “braccio armato dell’Occidente”. Un esempio lampante s’è avuto in Jugoslavia, a Sarajevo, dove le trattative furono essenzialmente damento nordatlantico sulle forze serbe. L’Osce Ucraina, Moldova sono fuori da questa ottica. Paesi invece dell’ex Jugoslavia, più l’Albania, sono una “macchia bianca” all’interno di una cartina in cui i paesi circostanti sono già parte dell’Unione. Di alcuni sono già state accettate le candidature, quella serba resta in sospeso per la questione del Kosovo. Ma io ritengo sia inevitabile che questi Paesi geo- Nel senso che le mie opinioni personali lone che poi – non solo per opera mia, chiaro! - è prevalso. Vi porto un esempio pratico: ho sempre ritenuto che l’annessione dell’Alto Adige da parte dell’Italia nel ‘18 sia stato un errore, perché abbiamo tolto una parte di Tirolo all’Austria. E quindi la via d’uscita, secondo me, era nomia pari a quella di una regione. Anil problema si sarebbe pian piano risol- punto vengano ammessi. Negli ultimi anni ha visto dei cambiamenti di rotta nella politica estera italiana o c’è stata una sostanziale continuità? La politica estera italiana, che io ho poindubbiamente una continuità che ha un nome, un padre: De Gasperi. Diciamo che ropea e d’appartenenza alla Nato sono sicuramente delle linee continuative. L’Italia però non è Paese piccolo. È un Paese che qualche volta ha aggiunto delle cose: ad esempio, si è inventata le cooperazioni regionali. Quidi, nella continuità della sua politica estera, l’Italia ha apportato degli elementi, non li ha soltanto subiti. sviluppare la Democrazia come la intendiamo noi, ci sentiamo più a nostro agio nel settore occidentale”. Più continuità di così insomma... Secondo lei l’Italia oggi conta meno nello scacchiere globale, rispetto a qualche decennio fa? C’è una crisi economica che evidentemente indebolisce fortemente il paese, ma non soltanto noi. Quello che c’è di nuovo, è il fatto che ci sia in Europa questa predoa un anno fa non si sentiva. E questo possiamo dire che condizioni in senso negativo la politica estera italiana. E in un’ottica più globale? L’Italia e gli altri Paesi europei possono ancora avere un peso in confronto agli USA e alle potenze emergenti o ci vuole una maggiore integrazione europea? Come abbiamo visto, il Regno Unito non ci sta. Una politica estera comune, che metta insieme le grandi potenze europee, quei 4-5 paesi di maggior spessore, è molto difL’Italia ha suo peso, anche per la sua col- era considerata “eretica”, anche se non dichiarata in questa forma, fu sostanzialmente accettata. Quindi, in realtà, non ho mai avuto opinioni che fossero in contrasto con il Ministero in generale: si inserivano in una dialettica in corso. Potremmo concludere con qualche considerazione sul mestiere di diplomatico. Ha qualche consiglio per noi? Secondo Lei vale ancora la pena intraprendere la carriera diplomatica? Certo, oggi ci sono molte altre opportunità, ma la carriera diplomatica ha ancora il suo fascino. Vorrei darvi due consigli. Primo: quando si è un diplomatico all’estero si rappresenta la Repubblica italiana. Spesso ti viene messo a disposizione un intero palazzo, anche con un certo valore storico. Ad esempio, la sede dell’ambasciata di Vienna è il palazzo dove abitava solo al palazzo reale: non banalizziamo questi aspetti. L’altro consiglio che vorrei darvi è quello di cercare di crearsi una specializzazione. Non ci sono specializzazioni vere e proprie nella carriera diplomatica, però ci si può specializzare in mondo arabo, mondo balcanico, o imparare il russo, ad esempio. Conviene munirsi di strumenti linguistici e culturali che consentano di seguire una carriera coerente. Questo non viene ostacolato dal Ministero, anzi, viene in qualche modo compreso e seguito. Posso dirvi che sono stato contento di farla, questa carriera. Ho avuto anch’io - che si fanno - ma nel complesso le soddisfazioni sono di più. Io ho avuto come ultimo regalo quello di creare un Segretariato, e questo mi fa concludere dicendo che sono soddisfatto. E anche dal punto diviene ricchi, ma insomma: si vive bene! Trovate la versione integrale dell’intervista al nostro sito 5 Febbraio 2012 ANCHE IO VESTO LA TUTA di Tanja Lanza Elezioni Parlamentari Slovene 2011: Errore statistico o miracolo? del paese. Pretendono la decapitalizzazione della “Nova you got it? - sa dei maggiori pro- - Slovenia. Il partito di Virant inveisce contro - della messa domenicale. Visto? La reden- - - nazionale. Agli esordi contava il favore di un Perchè? Come ex parlamentare riceveva il sussidio da - sentato ad una trasmissione su una piccola a tutti gli altri candidati sulla TV nazionaGolia - Davide contro - quale gli elettori siano rimasti fedeli alle CONTINUA DALLA PRIMA A ltra sorpresa di queste elezioni è l’entrata in scena sul palcoscenico politico sloveno del partito “Slovenia Positiva’’ fondata dal carismati- i politici stessi. merciale “Mercator” (dove andate a fare ora candidato a primo ministro. Ha ottime der ed è un ottimo comunicatore. A sole 7 settimane dalle elezioni nute lo stesso giorno di quelle russe e croamondo. Come non riconoscergli il merito da innumerevoli scandali. All’inizio della campagna “Slovenia Positiva” viene dato predicava la giustizia sociale e lo stato le- cupazione e svolgesse allo stesso tempo il lavoro per cui era dotato in modo onesto errore strategico. vi della terza forza politica in gioco tra le disoccupato? Gregor Virant. Professore universitario ed ex ministro nel governo socialdemocratie mentore per impostare un nuovo partito di centro. Vi ricorda niente della politica ni pare essere la maggiore causa del suo È un partito tecnico nel quale si sono - numerosi prestiti ad averlo avvantaggiato. dere decisioni impopolari con la conditio sine qua non di guardare sempre al futuro Il motivo non è lo scoppio di una nuova twitter è scoperto essere poi lo pseudonimo del vinto grazie ai voti delle case popolari e di chi porta la tuta. Con questo epiteto voleva riferirsi in modo politicamente scorretto tono nel sostegno alla costruzione del dispone di una nuova immagine fresca con un nuovo palezzetto dello sport e uno stacatturando l’attenzione di innumerevoli voluto interpretare l’oltraggio a modo mie vere e presunte sul suo conto. - to scegliere momento migliore per la sua avevano da poco assistito alla lenta de- Fonte: Ambroz Vuga 6 Febbraio 2012 Il CoraggIo della SolItudIne Falcone e Borsellino: una strage di Stato di Domiziana Corbelli U fessioni e soprattutto nomi ai pentiti quali Ciancimino,Mutolo e Buscetta , occupandosi anche delle indagini sulle gare di appalti, grazie alla collaborazione di Angelo Siino (detto “il Ministro dei lavori pubblici di “Sto vedendo la mafia in diretta; e quando sarò ucciso, sarà stata la mafia ad uccidermi, ma non sarà stata lei ad aver voluto la mia morte” - Paolo Borsellino. na strage di Stato. È così che Salsassinio del fratello e magistrato Paolo durante una delle conferenze che organizza in tutta Italia, per tener vivo il ricordo di un audace che – come Falcone – si è battuto per la giustizia, per quel “fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo dominarono Palermo e ne insanguinarono le strade, e rapidamente hanno visto svanire tutti i loro compagni e colleghi: dal Capitano dei carabinieri Basile, al magistrato della contiguità, e quindi della complicità”, e che è stato tradito dalla giustizia. Parole di profonda commozione e rabbia riecheggiano nella sala; rabbia per uno Stato che ha abdicato alle sue funzioni, abbandonando il Meridione al governo di pochi per poter governare tutto il paese. occasioni, ha lasciato soli coloro che maggiormente necessitavano di collaborazione e difesa. Così è stato per Falcone prima, quando il giudice e consigliere istruttore Antonio Casiglio Superiore della Magistratura nomina suo sostituto il magistrato Antonino Meli, cui ancor oggi non è stata fatta chiarezza; e Così è stato poi anche per Borsellino, ma informativa del ROS che lo indica come Luglio e giunta a Palermo il 25 Luglio, cinquando si reca in Germania per interrogare - tanti altri, tra cui gli agenti di scorta che si trovavano con loro il giorno delle rispettive stragi. E prima di loro Peppino Impastato so cui denunciava i crimini e il malaffare di alloggiare, un sistema di intercettazioni telefoniche, un impianto a raggi X; mentre al Polizia Parisi il rafforzamento della propria scorta Paolo viene assecondato. Persino da morto viene tradito, dopo che il gup di Scotto e la Corte di Cassazione prosciolgono trascritte tutte le informazioni più preziose ge, nonostante prove pressoché schiaccianti di colpevolezza. Due vite molto simili: Giovanni e Paolo insieme, le cui morti (la strage di Capaci del nite eccessive; insomma: nessuno ha chiesto loro di morire per la patria. Affermazioni davvero vergognose. Eppure loro, che lavoravano per la nostra terra, non sono mai fuggiti, neppure al co- spetto della morte, rinunciando agli amici, al calore della famiglia, alla serenità di un sonno tranquillo. In vita chiamati eretici, nella morte pianti come martiri e lodati con scuole, vie e piazze a loro nome; ricordati come eroi dopo che questo termine è stato infangato da chi non lo meritava. Le loro vite non si sono spente in quegli attimi di vuoto del tritolo che brillava, ma pulsano nella volontà di verità e giustizia. Falcone: nel ruolo di Direttore degli affari penali del Ministero di Grazia e Giustizia a - illeciti ai partiti, sulla corruzione e concussione ai livelli più alti della politica e della - Erano personaggi scomodi - sia per la mani che tentava di nascondere - che durante il - della storia e delle loro voci instancabili, del loro duro e costante lavoro, dei loro sforzi ed energie, non sono inutili e vane illusioni, battuto una guerra impura, hanno vissuto con onore, e sono morti. Forse bisognerebbe aggiungere che sono morti con onore, ma la morte è orribile, sempre. Ciò che conta è camminare con le loro idee, portare avanti i princìpi in cui cre- silenzio pure. Politici, comici mancati Dalle mucche al neoprincipato, come ridere della crisi di Alessia Anniballo O nite, come le molte misere tredicesime dilapidate in regali, il nuovo anno è arrivato dirompente, scalciando via quello vecchio con violenza, forse credendosi migliore, quando in realtà, a sfogliare i quotidiani, le cronache confermano proprio il contrario. gli italiani, invece, le cui conseguenze sono obbligati a subire, disperano al pensiero dei tagli e degli aumenti delle tasse. E poiché redità da dividere tra tutti i cittadini. Magari qualche malinconico si azzardeperché almeno i soldi dei tributi servivano come pagamento anticipato del biglietto per godersi un cabaret perenne in diretta nazionale, se non addirittura internazionale. Adesso tutta questa serietà, questi paroloni e queste spiegazioni economiche sul perché rea di triste austerità e non riescono di certo a rendere meno amara la pillola. Ma, come si suol dire, il lupo perde il pelo ma non il vizio. E se anche al governo il ca italiana. Di episodi divertenti, al limite al proprio leader Di Pietro una bella vacca grassa e gravida, in segno di speranza e futura prosperità. E pensare che solamente un anno fa, gli stessi umoristici personaggi lasciavano volar via dei palloncini a forma di delle vacche”… Solita coerenza italiana. re contro cui combattere, riesuma la lotta contro gli italiani. A tal scopo acclama con fervore tonante la secessione; i tesseramenti sono una chiamata alle armi per la costituzione di un Esercito Padano. “Siamo al dunque!” incitano i cartelli della campagna per la nuova naia “Il nord sfruttato non può mantenere magine sottostante rappresenta un gruppetto di ragazzotti scalzi in camicia verde rozzamente aperta. Il tesseramento, invece, contiene il solenne giuramento: “Giuro solennemente di impegnarmi per il raggiungisono gli stessi che quando giocavano a fare i ministri giurarono nelle mani del Presidente della Repubblica Italiana. Solo un accenno, giusto per fomentare, si europea che invoca la benedizione del Padre Eterno, che tutela la vita del concepito e pie- ga gli interessi delle banche alla volontà del popolo”. A chi tanto onore? Alla democraticissima Ungheria di Viktor Orbàn. nostro territorio statale un terzo Stato sovrano: il Principato di Filettino. Comune della provincia di Frosinone, sconosciuto a tutti clamato il principato del principe reggente la crisi, poiché non è cosa loro. Filettino batte Padania. 7 Febbraio 2012 E... Va’ de re(tro), EVASORE! - di Giulia Zeni - CONTINUA DALLA PRIMA - - - - - - - - - IN MEMORIAM - Per Samb, Diop e le altre vittime di una nuova follia di Irene Manganini I - l contenuto di quest’articolo doveva es- - - - - - - - - - - - - - - - Ora una domanda ponetevela: denuncereste un caro amico, uno zio o i vostri genitori? 8 di Lorenzo Alberini L e pecore non erano molte, forse una trentina, quaranta se contiamo le capre e il cane pastore. L’uomo pastore, invece, era uno solo, e in mezzo a tutte quelle pecore quasi non l’avevamo visto. Accompagnava con fare tranquillo il suo gregge lungo i prati brulli dell’Algarve, sotto un cielo caldo ma, per fortuna, ventilato. Il mare era vicino, e forse ciò può sembrare paradossale, visto che noi friulani le pecore le accompagniamo in montagna. Ma il Portogallo non ha grandi montagne, e allora le si porta al mare. Questo però non lo pensavo mentre da lontano guardavo le pecore col loro pastore, l’avrei pensato molto più tardi, ricordando il viaggio. Quando siamo scesi dal bus, due giorni prima, io e Ilaria non sapevamo cosa – o chi – avremmo incontrato lungo quella linea evidenziata in rosso sulle nostre mappe trovate su internet. C’era scrit- 2012 Febbraio to «The Algarve Way» - la Via algarviana – e pareva che dovesse essere segnalata lungo la strada con delle frecce, ma dov’era l’inizio delle via mica lo spiegava. Sapevamo solo che finiva sul mare, a Cabo de Sao Vicente, l’angolo più a ovest d’Europa. Alla fine, l’inizio lo abbiamo trovato, e proseguendo abbiamo trovato tante altre cose: una stradina silenziosa e rossa che attraversava gli uliveti, il rombo sordo delle torri eoliche, il puzzo famigliare di un simpatico porcile, la paura gelida di una notte nel bosco, col vento che fasciava la tenda facendola frusciare e la luna che vi proiettava strane ombre arboree. Pareva sussurrassero «siamo venuti a prendervi…» e invece non è arrivato mai nessuno, nemmeno il sonno, tanto che il sole arancio del mattino sarebbe potuto essere lo stesso della sera prima, quando l’avevamo lasciato per chiuderci nella tenda. L’indomani siamo partiti presto, con lo zaino pieno di cose utili per attraversare l’Algarve: curiosità, avventura e buon umore. Certo cibo e acqua ci mancavano, ma a volte se pensi che siano dettagli sopravvivi lo stesso. Abbiamo camminato sotto il sole torrido per otto ore, fermandoci per un’ora appena nei pressi dell’unica fonte d’acqua incontrata lungo la strada: un piccolo acquitrino circondato da salici e canne di bambù. Vi ci siamo fermati verso ora di pranzo, ma non avendo un pranzo per noi era solo l’ora più calda della giornata. Alla sera, venticinque chilometri più a sud da dove eravamo partiti, l’acqua potabile l’abbiamo trovata. Sgorgava da una piccola fontanella in un piccolo paese fantasma – tanto che non stava sulla mappa – ed era l’acqua più buona del mondo, anche se poi mi ha dato il mal di pancia. Una notte nel bosco ci era bastata, perciò non abbiamo esitato a prendere una camera nella pensione più economica di Vila do Bispo, l’allegra cittadina dove ci hanno portati tre simpatici ragazzi austriaci di passaggio per il paese fantasma. Eravamo solo a metà di quella linea rossa sulle nostre mappe, ma almeno potevamo toccare un letto vero e lavare via la fatica con una doccia che sembrava oro. Ormai eravamo vicini al mare e, quindi, alle pecore. Infatti le abbiamo trovate il mattino seguente, una macchia grigia che avanzava irregolare sul verde secco dei prati portoghesi. Belavano felici e spensierate guidate da quel piccolo cane tutto pelo e polvere rossa, mentre il pastore le accompagnava placido. Aveva il volto del colore della terra e gli occhi neri che brillavano al sole. Sopra gli abiti colorati portava una specie di mantello di lana e per un attimo ho pensato che fosse anche lui una pecora grigia, se riusciva a sopportare quel caldo sotto il mantello. Quello, unito al lungo bastone che teneva in mano, lo faceva assomigliare a un principe della Mongolia. Quando ci ha incrociati col suo gregge, il principe ha sollevato una mano in un gesto di saluto e, sorridendo, ha proseguito per la sua strada. TURISTI IN MACEDONIA E se Skopje fosse la meta del futuro? di Margherita Gianessi C hi penserebbe a Skopje e alla Macedonia in generale come ad una meta turistica? Forse non in molti, ma sicuramente più di quanti crediate. E tra quanti sono stati in Macedonia: chi l’ha inclusa all’interno di un viaggio nei Balcani come meta di passaggio, e chi invece l’ha scelta come destinazione del suo viaggio? Sono pronta a raccogliere i dati per il sondaggio. Nel frattempo, mi limito ad usare i dati che ho a disposizione. Nel Flip Hostel di Skopje, nel ponte dell’8 dicembre, c’erano due italiane, due inglesi e un americano. Quasi una barzelletta. Cinque turisti a Skopje a dicembre mi sembravano già troppi. Cosa facevano tutti a Skopje? Secondo l’Istituto nazionale di statistica macedone, il numero di turisti nel febbraio del 2011 è cresciuto del 4,2% rispetto allo stesso mese del 2010, con un calo del 6,7% del turismo domestico a fronte di un incremento del 14,8% del turismo straniero. Dei poco più di 27 000 turisti registrati nel febbraio del 2011, il 56% era straniero. Purtroppo le statistiche del sito dell’istituto non sono aggiornatissime, ma la tendenza all’aumento del turismo straniero si osserva anche negli anni precedenti. Per quanto riguarda i paesi di provenienza dei turisti, nella classifica del febbraio del 2011 gli Stati Uniti si trovano al decimo posto, l’Italia all’undicesimo, e l’Inghilterra al tredicesimo. L’americano che si trovava al Flip Hostel era un ospite abituale. Di mestiere faceva il gambler, il giocatore di azzardo. A lui bastava un pc, e per il resto poteva vivere ovunque. Ok. Ma perché a Skopje? A quanto pare era innamorato di una macedone. Dei due inglesi, uno era in viaggio per l’Europa, l’altro anche. Il primo aveva venduto la sua attività per viaggiare. Si occupava di segnaletiche per case in vendita. Il secondo era un soldato in Afghanistan in congedo: dopo una notte a Skopje sarebbe ripartito subito per il Kosovo. Le due italiane avevano scelto Skopje come meta del loro viaggio perché avevano trovato un volo economico da Treviso, il più economico che c’era a disposizione per quei tre giorni di ponte. Ma non erano state le uniche. Spulciate tra i vostri amici di Facebook e troverete qualcun’altro che ha scelto come meta delle proprie vacanze Skopje in base ad un solo criterio: il costo. Effettivamente, alla domanda “cosa c’è di bello da vedere a Skopje”, non è facile rispondere. C’è la fortezza, ci sono le moschee, ci sono i vicoli della vecchia città ottomana, e c’è tanto in ricostruzione. La città è di fatto un cantiere a cielo aperto. Il 6 gennaio è stato inaugurato l’Arco “Macedonia”, che ritrae parti della storia e della tradizione macedoni a commemorazione dei 20 anni di indipendenza del paese. L’artista Valentina Stevanovska è autrice anche del monumentale “guerriero a cavallo” posto nel cuore della città. La realizzazione di questi monumenti fa parte del controverso progetto Macedonia 2014, che prevede la realizzazione di 35 sculture nel centro di Skopje. Ma il governo macedone non è il solo a sperare in un aumento delle visite nel paese. Il proprietario del Flip Hostel, un ragazzo di etnia albanese, intende vendere la casa dove alloggiano ora i suoi ospiti e acquistare un nuovo spazio con 40 posti letto. Se credete anche voi nella sfida, volate a vedere cosa succede in Macedonia. 9 Febbraio 2012 I MARINAI, I PROFETI, E LE BALENE DI VINICIO CAPOSSELA di Valentina Tonutti P rendere il largo con l’ultimo disco di capitan Vinicio è cosa buona, giusta, Il miglior disco italiano del 2011, un altro picco per la sua carriera e un unico grande tema: il mare. Ma il mare - e tutti i personaggi che sguazzano dentro questo “Marinai, profeti, e balene” - non è altro che un favoloso pretesto per dipingere la vita e l’uomo in tutte le sue insicurezze, passioni, dolori e inquietudini. Una dopo l’altra, ogni traccia ci fa sprofondare verso il fondo del mare sempre più scuro, incontrando e tenendo per mano i singolari personaggi che il nostro cantastorie rispolvera dalla grande letteratura e gentilmente ci presenta. I riferimenti letterari sono infatti numerosi: troviamo lo zampino di Cèline (da “Scandalo negli abissi”) in Pryntil, storia di una sirenetta che una volta ottenute le gambe non esita ad usarle, o di Joseph Conrad in Lord Jim, una ballata tra xilofoni e cori (il riuscite, che narra l’errare come conseguenza dell’errore, ovvero dell’irrimediabilità di quest’ultimo e della debolezza dell’uomo. no qua: si possono riconoscere vere e proprie citazioni tratte dal classico di Melville, “Moby Dick”, grazie al quale il capo della ciurma trae ispirazione per una delle canzoni più imponenti ed epiche dell’album, La bianchezza della balena, un incontro ravvianimale quasi epico. Sempre prendendo ispirazione dallo stesso Melville, ma respirando un’aria diversa, L’oceano Oilalà è un canto marinaresco per farsi coraggio di fronte alla tempesta e al caglierà sempre mezz’ora prima dell’Uomo. un’opera adatta all’ascolto di pochi, ma non è così. Nonostante conoscere le vicende narrate dai vari personaggi sia una buona chiave per raggiungere gli angoli più remoti di questo disco, gran parte della Grazia (quella vera e sentita) è data anche dall’uso di strumenti antichi e desueti come vecchi carillon, percussioni indonesiane, la viola d’amore barocca, le onde Martenot, il theremin e un pianoforte degli anni ’30, un Seiler (“è venuto da una montagna, ha 90 anni e mai un lifting”ci dice Capossela all’interno della curatissima edizione speciale dell’album) issato e suonato su uno scoglio ad Ischia. Ho avuto la fortuna e la gioia di poter godere questo disco anche dal vivo, e parlare di concerto è riduttivo: i suoi sono spettacoli completi, quasi teatrali, in cui tutti i musicisti sono vestiti da marinai e il capitano Vi- nicio conduce la sua ciurma indossando un cappello che gli avrei volentieri rubato. Il palco è allestito con catene, bottiglie di rhum, mantelli da polpo (per Polpo d’amor) e tutto è incorniciato da una ricostruzione in legno della pancia di una balena. Appena questo corposo veliero inizia a salpare tutto il pubblico si zittisce senza nessun ordine, immersi completamente nella magia e nell’ incanto che pochi artisti riescono ad evocare. Al verso “l’oceano farà quello che vuole. Noi vogliamo del Rum, date un bicchiere di DEL PROVINCIALISMO Ascoltate rap, buttate via il resto (e sì, è un manifesto). Ultimamente ho capito il segreto della grande musica italiana: è il suo provincialismo. C’è gente che si lamenta del fatto che non si riesca a farci conoscere all’estero. A me sembra un gran dono, francamente (all’estero è pieno di stronzi, pure peggio che qui da luoghi che hanno un nome. Da noi le strade ci hanno la chiesa, in mezzo; non sono tirate con la stecca. Prendete i campioni del rock nostrano. Vasco Rossi e Ligabue, per dire. La chiave per capirli – e per apprezzarli – è il loro provincialismo. Quello struggente sognare sonnecchiando nei piccoli paesini, quella volgarità di bassa lega che impera sovrana nei americani! Come recitava Vasco Rossi. Quando si parla di quello che viene suonato Il vero r’n’r in salsa nostrana voglio dire. La reazione frustrata di chi dice no, io non ci su una verità importante. Qui da noi non esistono le metropoli, non esiste il grande respiro, la vivacità del rock internazionale: se c’è una cosa che accomuna un Valdostano, un Romano ed un Palermitano è il fatto che l’Italiano, ad ogni latitudine, è un provincia- stasera mi sbronzo e domani col cazzo che ci vado in Chiesa (fateci caso: sia VR che LL sono ragionieri, e se non avete frequentato ragioneria un buon pezzo della loro poetica non lo capirete mai, mi dispiace). La disperazione di chi sa che il suo sforzo è molto probabilmente destinato al fallimento: il rocker da provincia è soprattutto un alcolizzato che continuerà ad affrontare la propria inade- di Rodolfo Toè Da noi la musica o è proscimmiotare qualcun altro. Prendi De André: ha diventato splendidamente provinciale, con ‘Rimini’, ‘Creuza de ma’ e ‘Le Nuvole’. Io dubito che tra cinquant’anni varrà la pena ricordare ‘Bocca di Rosa’. Poteva scriverla chiunque, anche un Checco Zalone oggi (peraltro, CZ è pure molto bravo). ‘Creuza de Ma’, invece, è un’opera unica e proprio per questo intima, irripetibile. Artisti che provinciali non sono, De Gregori per dire, o gli Afterhours, no, credetemi. Perché? Perché puoi avere di Questo essere provinciale è un qualcosa che porto in punta di lingua, eppure non riesco teristica che avverto a pelle: come dire che qualcosa poteva essere soltanto in un luogo, ed era lì, e genuina, e vera, o non avrebbe potuto esser mai nulla. Convenitene: anche campioni dell’indie nazionale contemporaneo come Le Luci o I Cani sono eminentemente provinciali. Riuscite a immaginare un sere Berlinese, ma che non ha mai smesso di mangiare tortellini. Il provincialismo, anche se la prima reazione è di fuggirne a gambe levate, è dono prezioso. La sua assenza è il motivo per cui al giorno d’oggi c’è troppa musica in Italia che è ciarpame. Non è colpa di Xfactor o San Remo (guai a toccare San Remo! Un’arena Rum!” , c’è mancato poco che non saltassi sul palco ma per fortuna sono riuscita a ri, con Il ballo di San Vito, tarantolante pezzo contenuto in un album precedente. Un disco che non infanga i riferimenti al passato, non fa rivoltare Omero nella tomba, persegue, quello del Destino imperscrutabi- continua a non sbagliare un colpo. di provincialismo). Il problema è che l’Arte ha perso contatto con la provincia. Andatelo a dire ai vostri amici scemi che fanno muNI! Secondo me non l’hanno capito, anche se era chiaro già all’epoca delle radio libere. Dove trovare musica che sia ancora capace di emozionare, di avere quel granello di italianità che sembra perduto? Ammetto che la risposta mi mette a dura prova. Perché sto per suggerirvi di consacrarvi anima-e-core al rap italiano. Un rapper riesce ad avere ancora i piedi ben piantati per terra, almeno da noi. La parola “quartiere” è un liet motiv comunissimo, per ogni artista del genere. Prendi una canzone di hip hop italiano. La qualità è altalenante, ok; ancora una volta non siamo gli americani, ok, ma proprio questo è il bello. Non a caso il rap in Italia è l’unico genere che ha ancora qualcosa da dire. Andate a dare a un quindicenne incazzato (l’unica categoria umana che valga qualcosa ai Che Clara, vedrete cosa vi risponderà. Quella è la strada da seguire se volete liberarvi, una volta per tutte, dell’indie per studenti universitari (e voi non siete degli eunuchi e in fondo volete liberarvene, di questi melodrammatici egocentrici del menga). Non mi sento di fare nessun nome, ora come ora. Buttatevi nella mischia, e ballate. Il rap italiano è una bella scoperta per me, sissignore. Continuo a guardarlo con lo stupore di chi si scopre un pò vecchio al suo cospetto. una cosa e ti senti ormai sorpassato per farne parte, vuol dire che vale. Appassionato di musica? Segui su le nostre rubriche musicali: le recensioni «in due righe» di Dies Irae e le nuove note da scoprire ogni domenica su ! 10 Febbraio 2012 AI WEIWEI ARTISTA, ARCHITETTO, URBANISTA, ATTIVISTA, FIGURA POLITICA, UOMO. A i Weiwei è un artista cinese classe 1957. Molti lo avranno sentito nominare solamente in seguito allo scalpore suscitato dalla sua incarcerazione per ordine del governo cinese, ritenuta ingiusta da una pluralità di voci, anche illustri. Molti altri, forse, nemmeno lo conoscono, e ignorano del tutto di cosa si occupi nella vita questo paffuto signore tanto scomodo al governo di Pechino. Ai Weiwei è un artista multi-campo, capace di spaziare dalla pittura alla scultura, dalla scrittura (il suo blog è stato per anni bandiera di libertà d’espressione per migliaia di artisti cinesi) all’architettura (suo è il progetto per lo stadio di Pechino per le Olimpiadi del 2008). Ai ha una personalità incredibilmente complessa e sfaccettata, che ha deciso di mettere a nudo in questa serie di interviste contenute nel libro. Suo “confessore” per l’occasione è Hans-Ulrich Obrist, curatore artistico di Zurigo, critico e storico d’arte, vice-direttore della rinomata Serpentine Gallery di Londra. Obrist non è nuovo al lavoro di intervistatore: suo, infatti, il “The Interview Project”, una serie di lunghe intertori e personalità pubbliche come Yoko Ono ed Eric Hobsbawm, ma anche stimati architetti e giovani artisti come John Baldessari, Rem Koolhaas, Nancy Spero e Zaha Adid. In questo libretto di poco più di un centinaio di pagine sono raccolte le conversazioni che il curatore svizzero e l’artista cinese hanno avuto tra il maggio 2006 e la mente nel maggio del 2011, periodo durante il quale società cui fa capo l’artista. Probabilmente, la decisione di pubblicare questa serie di interviste proprio nel momento in cui l’artista era in carcere, è dovuta Ai Weiwei speaks with Hans Ulrich Obrist Edizioni Penguin Books, 2011, £5.00 cui il suo laboratorio creativo in periferia vera e propria. Tutto il resto, la fama, gli ingaggi, le esposizioni, è seguito quasi di Stefano Facchinetti risonanza ottenuta dal caso di Ai Weiwei. D’altro canto, è vero Weiwei, l’artista tanto scomodo al governo cinese, per comprendere quali siano i suoi obiettivi e i valori che stanno dietro alle sue senza dubbio illuminante. Durante le interviste, Obrist incalza Ai Weiwei con domande d’ogni tipo e Ai, per contro, lascia libero sfogo alla parlantina, raccontando aneddoti ed esperienze, sogni e colari attenzioni al di fuori del campo artistico, specialmente come in una società come la Cina, qualunque argomento riguardante il diritto d’espressione diventa inevitabilmente politico. Quindi io sono divenuto naturalmente una ». Il peso politico e il ruolo di attivista, insomma, se li è trovati addosso, quasi naturalmente, come conseguenza del suo lavoro e dei valori personali espressi attraverso di esso. sia per la Cina, travolta da eventi e cambiamenti importanti, sia per Ai Weiwei, che ha cercato di interpretare questi cambiamenti nel modo più artistico possibile. Durante il 2008, infatti, la Cina lo del latte avvelenato alla melamina, passando per le rivolte del e alle Olimpiadi di Pechino che, ammette tristemente Ai, hanno fatto piombare la Cina in uno stato di polizia senza precedenti, con severe limitazioni alle libertà dei cittadini, senza che alcuno stimolo sia nato per riforme o cambiamenti socio-politici. Ai Weiwei, durante ognuno di questi avvenimenti, si è reso protagonista con corruzione e gli abusi del governo cinese. La lunga conversazione, poi, attraversa ovviamente tutti i generi artistici, dalla musica alla poesia, dalla pittura e scultura, dalla scrittura all’architettura. Quest’ultima arte, in particolare, che ha consacrato Ai Weiwei come urbanista ed architetto di fama mondiale, è venuta quasi per caso, per ammissione dello stesso Ai, che confessa di non aver avuto alcuna formazione tecnica in senso stretto. Prima c’è stata la dimensione del gioco, un gioco natura- Tematica importante nel suo lavoro di architetto ed urbanista è sicuramente l’impossibilità di dare un’immagine all’anima di una città (come sostenuto dall’urbanista Boeri e dal pittore Kokoshka). Ai Weiwei è dilaniato dal dualismo della città (in generale) e di Pechino (in particolare): se da un lato la vede come il posto più inospitale e disumanizzante del mondo, dall’altro urbano come l’espressione più alta di modernità e futuro dell’umanità. E’ un luogo magico, centro nevralgico da dove passano tutte le informazioni, è il motore che muove dell’uomo, per Ai Weiwei, non sta in un utopico ritorno alla dimensione rurale: ritornare al passato sarebbe non solo anacronistico, ma un’involuzione dell’intera umanità. La soluzione, invece, è rendere più vivibili questi centri propria città, anziché essere ingoiati dal caos e dal grigiume. Obrist e Ai parlano di tutto: i piani per il futuro, i sogni nel probabili domande da fare a Dio, le parole preferite (una su tutte, forse un po’ scontata, “freedom” sulla musica e sul silenzio, la poesia come sentimento religioso, Mayakovsky, Whitman, Baudelaire e Rimbaud, Nonostante il clima estremamente poco liberale che lo circonda, Ai Weiwei riesce comunque a trasmettere un sene nella modernità, nel valore dei blog, dei social network di invenzioni dell’uomo. Ispirato da Wittgenstein e Frank Lloyd Wright, ammirato da Hirst e Koons, Ai Wewei riesce a farsi portavoce dei desideri di rinnovamento e libertà di espressione di tutta la popolazione cinese. Istanze e dele spalle. di aumentare le vendite del libro, grazie alla grande DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI PERFEZIONE Trentasette frammenti di vita vera di Stefania Ellero L eggere un racconto di Carver è un’esperienza che comporta la divisione in più livelli di comprensione. Al primo livello di lettura si trova il particolare la sua narrativa è la possibilità di fermarsi al primo livello e rimanerne comunque incantati. Da dove sto chiamando è la raccolta dei trentasette migliori racconti dell’intera carriera di Raymond Carver, selezionati da lui stesso prima di morire. I protagonisti sono, come sempre nelle sue opere, persone comuni, spesso coppie, a volte giovani, senza attitudini particolari e senza grandi ambizioni. Si differenziano dai protagonisti di un racconto o romanzo aver perso quella scintilla che li rende vivi e che allo stesso tempo li allontana dal lettore. L’ambiente che li circonda è spesso metafora di un disagio interno che loro stessi non riescono a comprendere, e che viene raccontato in un modo allo stesso tempo realistico e fortemente simbolico. I personaggi di Carver sono ben lontani dall’essere monodimensionali, distanti dalla realtà. Sono persone che ti aspetti di incontrare o che ricordi di aver già incontrato, in un modo o nell’altro, con un diverso nome e un diverso volto. Sono persone vere nel loro essere banali, disilluse, arrabbiate. Normali nel loro sbagliare, nel loro comportarsi male, nel loro agire in modo diverso da quello che sentono. Sono normali soprattutto nel non avere un senso: è prassi comune cercare si legge, cercare qualcosa che vada oltre la prosa e le azioni. Se con Carver questo è possibile, non è essenziale: nelle sue storie non serve cercare un senso, come nella vita non tutte le azioni compiute o le parole dette nascondono qualche spiegazione razionale plicemente non c’è, e non chiede nemmeno di essere ricercato. Solo di essere letto. Uno dei maggiori punti di forza della sua narrativa rimane lo stile, all’osso l’essenziale. Da dove sto chiamando Raymond Carver 2010, 544 p. Einaudi «Le parole sono tutto quello che abbiamo, perciò è meglio che siano quelle giuste». essere detta in mille modi, con svariati giri di parole, ma solo uno sarà quello esatto per esprimere il concetto che abbiamo in mente. Il talento di Carver sta nello scoprire proprio queste parole perfette. «Era proprio la cosa che volevo fare con giuste, le immagini precise, ma anche la punteggiatura esatta e appropriata per far sì che il lettore fosse attratto e coinvolto pace di distogliere lo sguardo dal testo, a meno che non gli andasse a fuoco la casa attorno». tare, si deve semplicemente leggere. Oltre ad essere un capolavoro della letteratura contemporanea questo libro diventa quindi anche un’importante lezione di stile; di come si possa non raccontare nulla, all’apparenza (la maggior parte delle critiche mosse a questi racconti riguarda appunto la presunta inconsistenza delle trame), ma lo stesso tempo catturare il lettore e trascinarlo di peso dentro la vita di qualcun a riempirlo di angoscia (Di cosa parliamo quando parliamo d ’ a m o re , Con tanta di quell’acqua a due passi da casa), a commuoverlo (Cattedrale, Una cosa piccola ma buona, a mio parere i due derlo partecipe in prima persona di piccoli frammenti della vita di qualcun altro. Il pubblico è da sempre diviso sul ritenere Carver uno dei migliori scrittori della narrativa contemporanea oppure l’autore più sopravvalutato del ventesimo secolo. A mio parere rimane un autore che chiunque voglia creare qualcosa tenendo in mano una penna dovrebbe leggere con molta attenzione, per poi rimanere in silenzio e cominciare a imparare. 11 Febbraio 2012 «MOVING MILLIONS» di JEFFREY KAYE di Federica Cordioli F iglio di ebrei emigrati negli USA, il giornalista indipendente Kaye ha partorito questo libro grazie ad una documentazione accuratissima e ad anni ed anni di esperienza personale accumulata sul campo di lavoro. Infatti, è corrispondente speciale della rete PBS e si è occupato pressoché per tutta la vita di questioni migratorie, andando direttamente sui “punti caldi” Messico-USA, Senegal, Emirati Arabi Uniti, Italia, Irlanda, Spagna, Polonia). Ciò che l’autore vuol cercare di far capire è che il fenomeno migratorio non è una questione solamente individuale e un po’ se vogliamo improvvisata: se le motivazioni che spingono le persone a lasciare la propria terra d’origine sono certamente personali, non lo è altrettanto il “sistema” che controlla e dirige sone in cerca di condizioni di vita più disperazione altrui per arricchirsi? Persone spregiudicate, spesso della stessa nazionalità di coloro che sono costretti ad emigrare, organizzate in una vera e seri umani (chiamati in gergo coyote). Spesso neppure gli Stati che dovrebbero accogliere e integrare queste persone nella loro nuova società offrono scarsa assistenza. Pur soffermandosi in particolare sulle politiche migratorie passate e presenti degli USA, Kaye tratta anche quelle degli Emirati Arabi Uniti citando sviscera inoltre la questione migratoria cercando di illustrare i motivi per i quali essa non sia soltanto un problema, come spesso i diversi Stati la considerano, ma anche e soprattutto una risorsa. Lo stesso ex Ministro degli Esteri Franco Frattini propose di far entrare in Europa 20 milioni di lavoratori in più per colmare il va andando incontro. La stessa Europa è stata ed è ancora fortemente interessata da questo fenomeno, si pensi alla migrazione di persone dall’Europa dell’Est, e a come questo sia motivo di scontro tra i diversi Stati. Appurato che il fenomeno migratorio c’è e ci sarà sempre, gli Stati saranno capaci di gestirlo in modo tale che esso non rappresenti più un problema, ma un modo di integrazione LO CHIAMAVANO PROGRESSO La nuova frontiera deLLa Lettura digitaLe di Stefania Ellero L ’ (abbreviazione per libro elettronico) è un argomento che ancora oggi, a quasi cinque anni dal lancio del primo eReader sul mercato, continua a dividere il popolo dei lettori in due grandi fazioni: se da una parte troviamo chi lo saluta come la nuova frontiera dell’editoria, dall’altro abbiamo chi lo demonizza come un annullamento del valore del libro. In realtà il problema è, come al solito, soprattutto italiano: basti confrontare i dati di vendita degli eReader in un paese come gli Stati Uniti rispetto all’Italia per rendersi conto, al netto del divario tra il numero di abitanti, che è proprio la mentalità ad essere diversa. In Italia l’editoria digitale è ancora considerata un settore di nicchia, quasi un ripiego per ciò che non è degno di entrare in una libreria vera e propria. Da un lato questo può rivelarsi un vantaggio – consente agli editori la pubblicazione anche di quei volumi che, pur essendo richiesti, non abbiano garanzie di vendita tali da portare alla pubblicazione in cartaceo: un tempo sarebbero stati semplicemente ignorati, oggi si ha la possibilità di pubblicarli in digitale con minore rischio e permettendone così la lettura anche solo a quei pochi che ne siano davvero interessati. Dall’altro lato, tuttavia, questo “bene di pochi” va a svantaggio di molti, perché relega l’ in una posizione subalterna, la in cui gettare quei libri che interessano solo a , mentre con il grande pubblico si continua a investire sul cartaceo. E questo già di per sé, senza la marea di pregiudizi che già circondano il digitale, è un punto di partenza assolutamente sbagliato. In realtà i fattori a favore del digitale sono molteplici, non da ultimo quello ecologico. I libri sono composti principalmente da carta, non si tratta certo di una novità. In un periodo che sicuramente non ha bisogno di ulteriori problemi ecologici il risparmio della carta risulta un fattore da non sottovalutare, per quanto diversi editori siano già passati alla stampa su carta riciclata. Un altro fattore è quello del risparmio economico. Il prezzo dei libri si fa sempre più alto – una media di oltre venti euro per l’edizione rilegata, intorno ai dieci per quella economica – e un lettore valente di cinque o dieci libri cartacei. Il problema è appunto che anche il prezzo dei libri digitali al momento rimane troppo alto. Togliendo tutte le spese di stampa, di rilegatura, d’imballaggio, distribuzione, gestione dei resi, il prezzo di un eBook si mantiene poco più basso rispetto all’edizione cartacea (con alcuni paradossi, che vedono l’edizione elettronica venduta a un prezzo più alto globale, possibile solo se vi è collaborazione tra i Paesi che sono le destinazioni privilegiate dei migranti? Lasciando da parte interessi economici e politici, gli Stati matureranno quella coscienza globale del “non pensare solo a casa propria” che sembra la chiave giusta di lettura del fenomeno migratorio? Di certo non si può tornare come la cittadina di Hazleton (USA), dove nel 1911 ai bambini veniva vietato di giocare con gli stranieri e che purtroppo sembra che questo, nella multiculturale America, si stia ripetendo. Con linguaggio fresco e avvincente, tipico del reportage giornalistico, l’autore ci porta dentro questo fenomeno svelandoci elementi impensabili. Forse proprio a partire da questo libro,che mette luce su ciò che sta dietro un fenomeno di cui sentiamo parlare tutti i giorni, si risveglia un po’ di quella coscienza globale che spesso, purtroppo, manca. Migrazione Globale Jeffrey Kaye Arianna Editrice, 2011 16,50 € rispetto all’edizione economica dello stesso volume). A vantaggio del digitale va di certo la comodità di lettura: consente infatti di “immagazzinare” bri su un dispositivo dello stesso peso di un cellulare. La nuova tecnologia eInk permette inoltre di leggere anche per ore sullo schermo senza andare incontro a spiacevoli mal di testa spesso causati dai display retroilluminati. Leggere su un eReader è infatti forse meno faticoso che leggere su carta, data la leggerezza del dispositivo e la possibilità di variare la grandezza dei caratteri a proprio piacimento. La agli angoli come segnalibro, la sensamaggior parte dei lettori possiede inol- zione di tenere il libro in mano. Molti tre dizionari integrati che permettono di in particolare sottolineano il fatto che delle parole semplicemente selezionan- l’eBook non abbia l’odore della carta: dole; insomma, il massimo della comoché l’odore dei libri rimarrà un fattore dità. Una delle lamentele più comuni da preponderante rispetto a ciò che davvero è importante, ovvero i contenuti, parte dei dissidenti gioca sulla dei “bei tempi andati”, insistendo sul progresso, qualsiasi strada esso possa non potrà mai sostituire la consistenza seguire. delle pagine di carta, le orecchie fatte 12 Febbraio 2012 LE IDI DI MARZO «There’s only one thing I value and that’s loyalty. And without it, you’re nothing.» di Amalia Sacchi C S rende nota al suo capo, l’addetto stampa Paul Zara (Philip Seymour Hoffman). Zara, sentendosi tradito solo per il fatto che Stephen abbia considerato l’ipotesi di Sconfinare non identifica alcuna posizione politica, in quanto libera espressione dei singoli membri che ne costiuiscono il Comitato di Redazione. Sconfinare è un periodico regolarmente registrato presso il Tribunale di Gorizia in data 20 maggio 2006, n° di registrazione 4/06. Editore e Propietario: Assid “Associazione studenti di scienze internazionali e diplomatiche”. Direttore: Davide Lessi Impaginazione e grafica: Nicolas Lozito, Francesco Marchesano voir la vie en Rose avec les yeux des «années folles» di Giulia Bertossi e avete bisogno di una buona ragione per andare a vedere “Le Idi di Marzo”(titolo originale “The Ides of March”) di George Clooney, quel motivo sarà Ryan Gosling. Il giovane attore infatti interpreta alla perfezione il ruolo assegnatogli, quello di Stephen Meyers, vice addetto stampa alla campagna del candidato democratico Mike Morris, inscenato da Clooney stesso. ragut North di Beau Willimon, si svolge tutto dietro le quinte della campagna elettorale in Ohio del governatore della Pennsylvania, Mike Morris. Lo spettatore stampa. Morris saldamente legato ai valori della Costituzione (“I’m not a Christian, I’m not an Atheist. I’m not Jewish, I’m not Muslim. My Religion, what I believe in? Is called, The Constitution Of The United States Of America.” traduzione: “Non sono cristiano, non sono ateo. Non sono ebreo, non sono musulmano. La mia religione, quello in cui credo? Si chiama Costituzione degli Stati Uniti d’America”) deve affrontare alle Primarie Democratiche il Senatore Ted Pullman, che ha dalla sua parte l’abile Tom Duffy (Paul Giamatti), capo della campagna elettorale, il quale offrirà a Meyers un posto nel suo team, vista l’abilità del giovane. Meyers tuttavia, dopo aver considerato l’offerta, MIDNIGHT IN PARIS osa accade a Mezzanotte nella gativo a cui risponde Mr Woody Allen nella sua nuova pellicola presentata a Cannes, tanto attesa quanto criticata. ps-Élysées: questi sono gli immancabili stereotipi scelti dal regista per l’overture di Minuit à Paris. Woody Allen inscena la vicenda ironicosurreale vissuta da Gil, scrittore americano in crisi con la sua ultima opera ma soprattutto con se stesso. Recatosi nella capi- lavorare per l’avversario, decide di licen(Evan Rachel Wood), stagista ventenne Stephen di uscire indenne dalla situazione solo a “fare notizia”. Clooney riesce a fornirci in 101 minuti un quadro abbastanza completo sull’America di oggi, che si appresta al voto questo novembre. E’ capace di mettere in scena quei dubbi e quelle perplessità che saranno all’ordine del giorno nella campagna di Obama e sembra voler stuzzicare l’attuale Presidente invitandolo a giocare bene le sue carte vista l’avanzata Repubblicana. Se volete capire qulacosa di più di come funzionano le elezioni negli Stati Uniti e magari avete bisogno di una spinta per interessarvene, andate al cinema (o almeno guardatelo in streaming). VOTO: 3/5. Redazione: Lorenzo Alberini, Alessia Anniballo, Elena Bellitto, Giulia Bertossi, Elisabetta Blarasin, Edoardo Buonerba, Davide Caregari, Valeria Carlot, Dario Cavalieri, Tea Chkaidze, Margherita Cogoi, Domiziana Corbelli, Giovanni Collot, Giulia Daga, Emmanuel Dalle Mulle, Gabriella De Domenico, Stefania Ellero, Manuela Esposito, Federico Faleschini, Andrea Ferrara, Tanja Lanza, Margherita Gianessi, Irene Lizzola, Davide Lessi, Nicolas Lozito, Matteo Lucatello, Andrea Lucchetta, Irene Manganini, Luca Alvise Magonara Yamada, Alice Mantoani, Francesco Marchesano, Elena Marsoni, Elena Mazza, Marianna Moioli, Nicola Perencin, Diego Pinna, Francesco Plazzotta, Emiliano Quercioli, Stefano J. Rossi, Amalia Sacchi, Francesco Scatigna, Emma Schiavon, Stefano Suardi, Rodolfo Toè, Valentina Tonutti, Fabiola Torroni, Margherita Vismara, Gabriele Zagni, Giulia Zeni. supponente,immatura e un po viziata, il protagonista si ritrova catapultato in una Parigi degli Anni Venti allo scoccare della mez- inappagato desiderio di esprimere la proria anima che li conduce a rivolgere lo sguardo verso le epoche passate..nella disperata ricerca di qualcosa di diverso che li illumini, L’artista si trova cosi travolto da una sorta di missione che consiste nel produrre qualcosa che, impercettibile agli occhi della società di appartenenza temporale, da prova del valore di se stesso ; la missione a cui mi riferisco consiste in un grido di disperazione che trova espressione nella realizzazione di so in un sentimento dal retrogusto amaro, un rifugio cui i posteri, coloro che si troveranno nello stesso dramma esistenziale, cercheranno conforto .Woody Allen dipinge un malinconico aneddoto riconducibile all’ “Eterno ritorno” niciano, un’eterna condanna a ritenere rigogliosa un’epoca che forse che concepisce il reale in modo totalmente eternonomo rispetto al contesto, alla realtà a cui appartiene. Egli riesce a penetrare in un mondo costituito dagli artisti ai quali ha sempre rivolto la sua piu grandi ammirazione. Incontrerà i grandi degli Anni Ruggenti; salirà su una carrozza e accanto a Heminguay ascolterà attonito il suo struggente monologo sull’amore e sulla morte; prenderà parte ad una pagna Gilda, incontrerà Picasso e sarà disarmato dal “surreale” dibattito con Dali, Bunuel e Man Ray. cente e misteriosa amante di Picasso e Modigliani . nato dal raffronto con gli artisti precedenti a loro volta contraddistinti dalla stessa condizione. E’ proprio alla luce di tutto ciò che vale la legge del “ carpe diem ”.E forse il Gil di Allen , ritornato al presente, comprende la precarietà dell’esistenza e sceglie di goderne appieno, apprezzando piccoli attimi di felicità, attimi che seppur rari possono essere vissuti da ciascuno di noi: attimi racchiusi nella contemplazione di cio che di positivo ha da offrire cio che ci circonda... come passeggiare a Parigi sotto la pioggia. distante in termini temporali quanto vicina all’anima di Gil. Ella gli farà conoscere i segreti di quella che per Gil rappresenta l’ “Eta dell’oro” – i ruggenti anni Venti- rivelandogli la sua sfrenata passione verso il fascino della Belle Epoque; Gil insieme alla giovane faemme fatale si ritroverà cosi protagonista di un’altro viaggio a metà tra “Orlando” della Woolf e un’esperienza alla “Stargate” attraverso quella che a sua volta Adriana concepisce come la sua “Età dell’oro”. Woody Allen ci pone di fronte a una pro- stile hollywoodiano tanto acclamato e seducente quanto fuorviante in termini di qualità e taglio d’autore. Sarà perche la sequenza scenica d’esordio sul costante senso di disillusione nei con- costituisce a mio modestissimo parere il ritorno del grande maestro che negli utimi dell’intramontabile incipit del capolavoro indiscusso “Manhattan”; sarà perche il cinismo dell’uomo di mezza eta non troppo realizzato sebbene potenzialmente talentuoso incarnato da uno straordinario Owen Wilson se stesso; sarà per la qualità della colonna sonora; sarà per la sottile ironia, inconfonWoody Allen è ritornato alla vita. risposta all’ insoddisfatta ricerca di nuovi stimoli, di nuove visioni che spinge i visionari, gli artisti, coloro che di quel contesto non si sentono parte, a guardarsi indietro verso le opere passate, frutto di un’identico senso di inettitudine. Woody ci insegna a non pensare, a scegliere di indossare i panni dell’ingenuo. Ci insegna che solo su .net 13 2012 Febbraio di Barbara Peressoni 28 Novembre 2011. iunge in Italia la notizia della scomparsa dell’onorevole Lucio Magri, protagonista della sinistra eretica e celebre fondatore de Il manifesto. A fare clamore, più del rammarico per la morte di uno degli ultimi grandi idealisti della Politica del passato, è stata la sua ultima volontà che ha mente più controversi, e meno noti, in materia di bioetica: il suicidio assistito. Questa è stata la lucida decisione di Magri, e, come lui, di altre centinaia di persone per le quali la vita era diventata intollerabile. In Italia questa pratica è vietata. In Svizzera, invece, è permesso da una legge del 1941. «Non è reato», recita l’articolo 115 del codice penale elvetico, «istigare o prestare aiuto al suicidio, a meno che non venga fatto per motivi egoistici». Proibita, invece, l’eutanasia. La differenza è essenziale: mentre nell’eutanasia è il medico a procurare la morte al paziente che ne fa, o ne abbia fatto, richiesta, nel suicidio assistito, invece, è il paziente stesso a togliersi la vita, con il sostegno di un’équipe medica. La morte viene indotta con un farmaco letale che agisce senza provocare dolore. Vengono diluiti 15 grammi di pentobarbital di sodio in un bicchiere di acqua che poi il paziente assu- G merà autonomamente. Un cioccolatino per alleviare l’amaro e poi un sonno profondo che porta rapidamente al coma. Il farmaco dunque agisce paralizzando la respirazione. Nel vecchio continente la pratica del suicidio assistito è permessa , oltre che in Svizzera, anche in Belgio, Lussemburgo e Unito, invece, sono più vicine a posizioni di chiusura. Ritornando alla Svizzera, le due maggiori associazioni a praticare il suicidio assistito sono la Dignitas, fondata nel 1998 dall’avvocato Ludwig Minelli a Forch, nei pressi di Zurigo, e la Exit a Berna. Quest’ultima ha morire a causa di una malattia incurabile, lori incontrollabili e insopportabili. Ha fatto discutere la decisione della Corte Suprema svizzera di equiparare i gravi disturbi menla richiesta di Lucio Magri sia stata accolta, depressione in seguito alla morte della moglie, apice di una vita di delusioni politiche. Il sarto di Ulm. Una possibile storia del Pci. Questo il titolo dell’ultimo libro di Magri, pubblicato nel 2009, titolo emblematico che riprende un apologo di Bertold Brecht in cui un sarto sosteneva di poter volare con un apparecchio che si era costruito da solo e un giorno si presentò dal vescovo della sua città, dicendogli: «Ora posso volare». Il prelato non si emozionò particolarmente. Semplicemente disse all’artigiano: «Allora pro- Olanda. Quasi tutti gli stati europei, Italia esclusa, si stanno muovendo per trattare la legislazione in materia. Controversa la questione per la Germania per la dolorosa memoria del programma di sterminio nazista Aktion 74. Nel 2009 però è stata approvata una legge che sancisce la legittimità dell’eutanasia passiva. Francia e Regno una sua branca anche in Italia, la Exit Italia appunto, che fornisce assistenza e supporto in merito. Il costo complessivo della pratica si aggira attorno ai cinquemila euro. Come si può leggere sul sito della Dignitas, tale pratica è rivolta a coloro i quali, in grado di intendere e volere, scelgano di Ma, commenta Brecht, “dopo alcuni secoli gli uomini riuscirono effettivamente a volare”. Come commentato splendidamente da un articolo su la Repubblica, anche Magri voleva volare, voleva cambiare il mondo, e il mondo degli ultimi anni gli appariva un’insopportabile smentita della sua utopia, il segno intollerabile di un fallimento, la constatazione amarissima della separazione tra sé da sé, ma evitando agli amici lo spettacolo del sangue sul selciato. L’aiuto che non risolve i problemi dei paesi del Terzo Mondo di Elisabetta Blarasin F atto il pieno di spirito natalizio: panettoni, regali, parenti e Bontà. Quasi quanto Babbo Natale, tutti quanti siamo stati bombardati di che chiedono di ricordare anche i meno fortunati tra l’abbondanza delle feste. Nel fare un giro in centro ci si è imbattuti in banchetti di equosolidale o nelle pigotte UNICEF e più di qualcuno avrà pensato di fare un regalo che fosse anche una donazione. Pieni di spirito di condivisione e volontà di aiutare abbiamo dato i nostri nati. Ma che tipo di aiuto viene offerto loro? Il sostegno è rivolto ai Paesi in via di sviluppo perché diventino Paesi sviluppati. In altre parole si promuove la loro occidentalizzazione. Nell’ideare e attuare progetti umanitari raramente i cosiddetti benefattori si prendono il tempo per valutare quale sia il benessere che i Paesi da aiutare cercano. Viene dato per scontato che basti fornire loro i mezzi per uno sviluppo «all’occidentale» per tirarli fuori dai i fondi di certo non bastano per un impianto di climatizzazione. Basiti e attoniti, i volontari non riescono a spiegarsi perché la scuola che hanno donato venga lasciata vuota e ad essa si continui a preferire una capannon può essere calato dall’alto in una realtà sconosciuta ma deve essere consapevole e frutto di una collabora- zione. a priori l’idea di co-sviluppo ritenendosi già in possesso di tutte le caratteristiche necessarie al benessere e non dovendo imparare nulla, tanto meno da chi non è sviluppato. Partendo da tale premessa prendono il via la maggior parte dei progetti di associazioni e fondazioni locali o internazionali che, benché ci provino da sempre, non riescono mai a rendere quei Paesi da aiutare Paesi sviluppati. La cronicizzazione di una realtà divisa tra ricchi e poveri del mondo è innegabile. La causa sta nell’atteggiamento assunto dai primi verso i secondi. I fondi vengono investi disporre come meglio crede. E’ infatti troppo arretrato pure per capire quali sono i problemi principali della realtà in cui da sempre vive e con cui ogni giorno si fronteggia. Lo spirito umanitario dei potenti del mondo cala su questa realtà e con la sua grande mano la spazza via per fornire un modello che troppo spesso, per non dire sempre, risulta incompatibile con le esigenze del luogo. Invece di prendere per mano lo sfortunato e andare insieme verso la serenità, i potenti si riuniscono e come il Leviatano controllano e limitano la libertà per favorire il loro progetto. Sembra che scontrarsi con la mal riuscita dei loro progetti che non risolvono o aggravano la situazione non basti a fargli siano per collaborare e non spingere a forza allo sviluppo dei Paesi più disagiati. Noi diamo i soldi, i «benefattori» fanno buchi nell’acqua, i poveri rimangono poveri. E intanto ci arrivano i biglietti di Natale. 14 Febbraio 2012 L’ANNO DEL DRAGO come confondersi le idee di Luca Marinaro A : Buongiorno e benvenuti a “2012 – Uno spasso con la tua famiglia!”. In te alla domanda che da tempo ci attanaglia. La psicosi della Fine del Mondo è fondata? B: Nel 2012 verremo tutti brutalmente annichiliti? Tra un anno (ormai meno) l’Apocalisse, o forse no? Se trovate questo show offensivo per la morale e derisorio per il destino delle persone, è chiaro che non avete mai visto Uomini e Donne! A: E se i Maya avessero ragione? E se la Terra si fermasse? E se mia nonna avesse avuto le ruote? Adesso sarebbe un’impresa di trasporti (è la mia risposta)! Bene, 2012. cui a quanto pare tutto ciò che conosciamo, tutto ciò che amiamo, ma anche tutto ciò che detestiamo dal profondo del cuore (come le B: Questo l’avrebbero predetto i Maya. Uso il condizionale perché non l’avrei mai saputo se non me l’avesse detto Voyager. Un popolo conosciuto per la sua innata gentilezza, spesso dimostrata dal modo in cui strappavano il cuore ai prigionieri ancora vivi. Detto ciò, mi piacerebbe aggiungere che secondo l’astrologia cinese, a Febbraio inizia l’anno del Drago, caratterizzato da cambiamenti repentini e sconvolgenti, neanche si fossero messi d’accordo. A: Il 21 dicembre 2012 termina il calendario Maya, ma notizie più allarmanti vengono dal nostro paese. Per quella data Trenitalia indice uno sciopero generale tanto per semB: Abbiamo esempi di gente che ha abbandonato casa, lavoro e famiglia per vivere in solitudine sui monti. Un’ ottima scelta considerato che potrebbe non succedere niente e che poi vostra moglie vi picchierebbe! A: C’è poi chi ritiene che sia la data scelta dagli alieni per invadere la Terra. Signinient’altro da fare e, visti i problemi che questo pianeta ha, ci perderebbero loro! B: E se fosse tutta una montatura per far soldi? Che 8000 talk show sulla cosa, 500 con sedicenti esperti e tante riviste sulla Fine in vendita ne siano un segno? Ma non soffermiamoci sull’argomento, per questo genere di informazioni potete comprare il nostro libro in ogni edicola a soli 9,99€! A: Passiamo alle domande da casa. del Calendario? A: Cosa vuoi che succeda? Si stacca il foglietto e si passa al giorno dopo! Non lascia- ma cerchiamo di restare calmi! avuto senso aver perso tempo a studiare B: Domanda sensata in effetti... A: Quello che mi chiedo dall’asilo! Comunque se lasciare casa e lavoro per costruirsi un bunker antiatomico è solo una scusa per non studiare, vergognati e torna sui libri! DOMANDA 3: Come moriremo? Asteroidi? Maremoti? Epidemie? B: Maremoti? Non hai mai visto l’acqua alta di Venezia! E poi cos’è tutta questa fretta di andare nel mondo dei più? DOMANDA 4: Come posso usare questo presente momento per diventare la personigrande visione che abbia mai avuto su me stesso? senso comprare i regali di Natale! A: Sembra più una domanda che ti fanno su quei volantini che ti lasciano con scritto vero... non avranno più niente di cui parlare! non vede l’ora di sedersi con i pop corn e di godersi lo spettacolo! A: In ogni caso fonti autorevoli, quali mia madre, hanno dichiarato “La cosa non mi preoccupa per niente, adesso mangia!”. facciamo? A: Non per rispondere con spietato cininon ha senso, è solo un passatempo. B: Consideri le guerre un passatempo? A: Suvvia, stiamo parlando di cose serie adesso! B: Prima di chiudere, la mia domanda è: secondo voi, nell’Universo più vasto, sperduto, incommensurabilmente (bella parola eh?) enorme tra tutti i pianeti che ci possono A: Siamo convinti che se le cose devono andare davvero male, allora di sicuro il LA TERZA CUCINA PER DAI POSTERI L’ARDUA SENTENZA UNIVERSITARI: GUERRA MONDIALE: di Giulia Daga S A: In tal caso il problema non si pone! B: Possiamo anche dire che molte persone i dice che fosse scoppiata in tempi non sospetti, e che ci si sia accorti di esservi dentro solo quando gli ef- parole come lotta al terrorismo, interventi umanitari armati e azioni militari preventive celassero l’effettivo svolgersi di una terza guerra mondiale, che seguisse però schemi diversi dal modo classico di farsi la guerra in termini globali –nessuna dichiarazione scritta o alleanze dai nomi altisonanti insomma- . Tuttavia l’innesco effettivo derivò da una parola che rappresenta invece una si economica. D’altronde, belligerare per risolvere recessioni ha sempre funzionato in passato, il boom successivo è assicurato. Quanto è dolè di questa natura la condizione umana. E allora la guerra diventa essenziale, fondaO forse no? Forse c’è soltanto qualcuno molto in alto che non riesce a disintossicarsi dalla mania dei giochi di ruolo. Forse l’insaziabile buon senso. Sta di fatto che scoppiò. Si accese nel mezzo di una Weimar mondiale, ma la crisi non era solo economica. La globalizzazione aveva portato con sé movimenti nazionalisti, più si veniva a contatto con nuove culture tanto più era lontana l’integrazione. La gente aveva paura, quel genere di paura alimentata dai mass media, APRO IL FRIGO E GIOCO A JENGA miccia per il disastro. Inoltre, nel Vicino Oriente erano avvenuti cambiamenti epocali: le dittature a lungo amiche dell’occidente avevano lasciato il posto a processi di democratizzazione, che Passarono degli anni di tensione profonda, tra minacce atomiche iraniane e il rischio di un attacco preventivo israeliano. E poi la miccia fu accesa: la Palestina fu riconosciuta dall’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Israele rispose invadendo la tifada, ma questa volta non rimase sola. Si unirono Egitto, Tunisia, Siria,Turchia, Iraq, Pakistan, e naturalmente l’Iran. Qatar ed Emirati rimasero neutrali. A questo punto gli Stati Uniti comandarono un intervento NATO per richiamare l’ordine. Fu la nuova scintilla: Russia e Cina gridarono all’ennesima azione imperialista americana, sostenuti da India e Venezuela. Nel frattempo all’interno del blocco occidentale cominciavano a crearsi crepe: la Francia denunciava il comportamento di Israele e si batteva contro l’intervento. Dall’altra parte la Germania le ricordava che un grande sconvolgimento mondiale poteva essere l’unica via d’uscita dal grande buco nero che stava risucchiando l’Europa, infatti gli USA promettevano porzioni di territori e risorse alla luce delle nuove invasioni. Poi un’altra crisi sconvolse il Medio Oriente: la guerra civile in Arabia Saudita. Il popolo sosteneva la Palestina, ma i regnanti continuavano a fornire basi militari agli Stati Uniti. Tuttavia la rivolta non poté essere repressa. L’occidente tremò come non mai. In una conferenza a porte chiuse a Doha, nemici e amici si accordarono sull’uso dell’a- di Daniele Cozzi L tomica: nessuno voleva la distruzione completa del mondo, si trattava solo di ridistribuire le ricchezze. Ma questa volta non sarebbe andata come al solito, nessuno ad est di Ankara avrebbe accettato un compromesso se non fossero cambiati i rappordel capitalismo o la morte. O forse invece andò proprio come al solito, qualcuno si sarebbe arreso di fronte al luccicante miraggio di promettenti vantaggi economici, così che l’unico valido risultato della guerra sarebbero stati milioni di morti, senza che il mondo cambiasse di una virgola. Nessuna rivoluzione sostanziale quindi, ma tante cose da ricostruire: nuovi investimenti, nuove speculazioni, nuovi posti di lavoro, mutui e prestiti dati come caramelrale può generare, una leggera pace appa- seguici anche online: www.sconfinare.net e vacanze sembrano ormai così lontane da poterci mandare una cartolina e gli esami così vicini da pestarci i piedi. Quale miglior modo per passare una serata tranquilla e divertente di una partita a Jenga con gli amici? Il bello della ricetta che state per leggere è che non serve il Jenga, basta il Risiko! No, non stiamo cucinando dei giochi da tavolo, ma un Jenga di pancetta! Mi seguite? Costruiremo una bella torre stile Jenga con la pancetta! Per la cronaca: non è carino farla se ci sono anche commensali vegetariani. Per dell’altra cronaca: se il nostro corpo fosse un tempio non dovremmo mangiare altro che candele! Mettendoci all’opera, tagliamo la nostra pancetta a strisce grosse, come dei parallelepipedi per capirsi. Versiamo dell’olio in una padella e ci adagiamo amorevolmente la cuocere come più piace. C’è chi la ama croccante quasi carbonizzata e chi la preferisce morbida: fate voi. Ovviamente per fare un bel Jenga alto e impressionante i pezzi vanno grossi, dando Ci dovremo cimentare nel prendere i pezzi di pancetta uno ad uno e «montarli» per fare una bella torre, il più alta possibile. L’importante è che i vostri ospiti non stiano torri, mettendosi a giocare con la cena. Soddisfatti del vostro nuovo gioco da tavola? @sticocci se volete reclamare su Twitter! II Februar 2012 Turisti v Makedoniji. je Margherita Gianessi Kdo bi pomislil na Skopje in Makedoni- iz katerih prihajajo turisti, je razvidno, da se stem mestu. dejavnost, da je lahko potoval. Ukvarjal se je z oglaševanjem hiš za prodajo. Drugi je bil vojak v Afganistanu na dopustu: po prijatelji na Facebooku in našli boste še koga, ki si je izbral kot destinacijo svojih ni. Na vprašanje “kaj je lepega za videti li. Med tistimi, ki so obiskali Makedonijo; kot prehodno destinacijo in kdo jo je izbral je bil zaljubljen v makedonko. Eden od na Kosovo. Obe italijanki sta izbrali Skopje kot cilj svojega potovanja, ker sta našli poceni let iz Trevisa, najcenejšega, ki je bil na voljo za tiste tri dni podaljšanega konca tedna. zbrati podatke in izvesti ustrezno raziskavo. No, do takrat pa se bom omejila le na podatke, ki jih imam na voljo. ga otomanskega mesta in veliko zgradb v prenovi. Šestega januarja so otvorili Slavolok “Makedonija”, ki prikazuje prizore iz makeValentina Stevanovska je avtorica slavolo- vikendom 8. decembra, sta bili nastanje- merava prodati hišo, kjer so sedaj nastanjeni njegovi gostje in si kupiti nove prostore s kot 27 000 registriranimi turisti februarja Vendar makedonska vlada ni edina, ki isti mesec prejšnjega leta, s 6,7% upadom tev teh spomenikov je del kontroverznega projekta Makedonija 2014, ki predvideva postavitev 35 kipov v centru Skopja (da bi si ustvarili predstavo o obsegu projekta, poglejte na: http://www.youtube.com/ inštituta za statistiko, se je februarja 2011 smešno: pet turistov v Skopju decembra, to odletite pogledati kaj se dogaja v Makedoniji. - Parlamentarne volitve v Sloveniji Nadaljuevanje s I. strani ljudi, za socialo, gospodarsko rast in pravno let, brezposelnost 11%. ljudi« je njegova predvolilna parola, ki jo v v prejšnjem sklicu ostala izven parlamenta. ka je dobila 4,8% glasov, kar predstavlja inštitucij so kazale njegovo zmago in to ne za las. Ampak ankete niso volilne napovedi, goji konservativne vrednote. Njeni resorji so predvsem za kmetijstvo, okolje, promet. kot 20 let; v prvi slovenski vladi je bil minister za obrambo, je volitve izgubil. Vse dosegel 29% glasov, Janša pa 26%. Analitiki pravijo, da so Janšo zmage stale njegove Ne smemo pozabiti na dveh »eksotov« v parlamentu: predstavnika italijanske in nacionalni televiziji z ostalimi predsedniki strank. Spet drugi pravijo, da se je na vo- nivoju predstavlja velik del v zakonodajnem pana. S te stranke prihaja zdajšnji evroposlanec in predsednik prve slovenske vlade ni televiziji 2 dni pred volitvami oz. nekaj »Danes so dovoljene sanje, jutri je pomogli priseljenci iz bivših Jugoslovanskih republik. Nekateri trdijo, da so se le-ti pred volitvami organizirali, klicali med seboj in (cca. 200.000 po letu 91’) predvolilne ra- ob osamosvojitvi Slovenije junija 1991. vansko narodno armado je umrlo 19 Slovencev, 45 iz drugih republik Jugoslavije. nil resnost situacije v kateri je Slovenija: trebujemo jutri«. Mandat za sestavo vlade je - - vidi, vici. Suvereno, po drugi strani pa s primerjal z zmago Nigela Manslla s Ferra- enega izmed bivših slovenskih politikov: en mandat v parlamentu je malo, dva sta ve- delila Avstrijo in Ogrsko do konca 1. sv. tekmi nove sezone. Vlada, ki se trenutno formira bo prva v zgodovini Slovenije, ki glavo slovenske kokoši. desno in delati predvsem na programu. Ve- razmišljajo o uvedbi rubrike »narodnost« mama je Slovenka. Njegovi dobri odnosi do priznava pravico in jim pomaga pri gradnji kot pravijo njegovi nasprotniki avtoritaren na drugi strani parlamentarno demokracijo, strovanja streznile (in ko so se slovenski strovali) se nadaljuje koalicijsko usklaje- ima veliko doktorjev znanosti, strokovnja- V parlament so se uvrstili še Desus – stranka upokojencev, ki je dobila 7% glasov. V Sloveniji je 550.000 upokojencev, populacija Slovenije je 2.055.214 ljudi, ampak je razpredena po celi Sloveniji. Tako tu, tako bodo tudi v parlamentu – športniki stavil moderni štadion in športno dvorano, intenzivnejšim pogajanjem in usklajevanjem. Sestavljanje koalicij bo trajalo kar imajo levosredinsko koalicijo pod vodst- trgi Slovenijo k temu silijo. Gotovo to ne jala reforme (tako visokih cen bencina kot - imel prijateljske odnose z Jadranko Kosor. - dobrobit Slovenije. Številka 31- Februar 2012 Glavni Urednik: DaviDe Lessi Parlamentarne volitve v Sloveniji 2011 nih demokratov premiera Pahorja. Na je Ambrož Vuga kazale niti uvrstitve v parlament. Televi- V mandat 2008 – 2011. Po ocenah nekaterih analitikov so 4.12.2011 bile najpomembnejše volitve po osamosvojitvi Slovenije pred 20 leti in so prinesle veliko Borut Pahor, doma iz Šempetra pri Gorici, predsednik Socialnih demokratov SD, reformirane moderne stranke, ki izhaja iz levo-sredinsko vlado. Mandat so zaznamovale mnoge afere njegovih koalicijskih partnerjev. To so tvorili Liberalna demokracija Slovenije LDS, stranke, ki je imela vodilke je bil bivši predsednik Janez Drnovšek. Koalicijo so sestavljali še stranka Zares, ki je nastala z odcepitvijo od LDS in Desus – stranka upokojencev. Prve tri stranke opoziciji: Slovenska demokratska stranka SDS Janeza Janše, ki je bil mandatar v letih 2004-2008, Slovenska ljudska stranka SLS in Slovenska nacionalna stranka SNS) leva sredina oz. desna sredina. Bolj levo so te stranke, ki priznavajo partizane kot heroje, ne priznavajo oz. le delno medvojne zavzemale za osamosvojitev Slovenije izpod Jugoslavije, volivci delno hodijo v pe danes. Iz tega razloga je bila tudi volilna Gregor Virant, univerzitetni profesor in minister v vladi Janeza Janše se je hotel otresti sence svojega bivšega šefa in ustanovil stranko, za katero pravi, da ni niti na levici, niti na desnici. Je programska stranka v kateri so se zbrali neoliberalni ekonomisti, po Naomi Klein chicago boysi, podjetje Merkator. Ko je leta 2010 kandi- dobila moderno športno dvorano in stadion. Leta 2010 je bila Ljubljana svetovna prestolnica knjige in tako pritegnila marsikaterega ljubitelja knjig. Na Forbesovi lestvici je zaradi nesodelovanja socialnih partnerjev) se bo nadaljevalo v novem mandatu. Mandat za sestavo vlade je od predsednika re- katero pravi, da je najlepše mesto na svetu. Njegova zasluga je, da se je v mestu v - gle dogovoriti glede sprejetja pomembnih reform: pokojninske, zdravstvene, javnega sektorja in drugih. Zaušnica vladi so bili tudi nesprejetje 3 reform na referendumu. karizmo, zna se obnašat in komunicirat. panjo za parlamentarne volitve, ki so bile na isti dan kot v Rusiji in na Hrvaškem – Stranke v odhodu so zaznamovale afere tiranje podjetij, ki so bile blizu koalicijskim strankam, vprašanja energetike, vojaške opreme, podkupovanja. Nekemu politiku Stranka Pozitivna Slovenija, ki jo je usta- lestvici Reader’s Digest je najbolj pošteno prijazni, ampak conditio sine qua non za cijo Nove Ljubljanske banke. Ta inštitucija - bivši poslanec je prejemal nadomestilo za brezposelnost. Bil je sicer brezposeln, kar uradno. Velik del potencialnih volivcev kabralca postavi pred vprašanje: je to pošteno, nesposobnost? rupcijo, bogastvo do katerega naj bi prišel - je presenetil volivce, raziskovalce javnega ena izmed ulic v glavnem mestu ne bo imenovala po Titu, bivšemu jugoslovanskemu predsedniku. Desne stranke so se na tem strankami LDS in Zares, ter stranki Social- vojnih pobojih, ampak o prihodnosti, pro- in danes. Tita navajamo kot primer elementa, tudi celotni Sloveniji? Boljši trenutek za kandidaturo in volitve ne bi mogel izbrati. Volivce je dobil na levici, predvsem nostalgijo, mlajši pa od staršev spoznava- mizirati, res pa je, da je bil jugoslovanski vzhodni Evropi. Veliko ljudi se spomni na z kar nekateri smatrajo za glavno napako, ki ga je stala zmage. Nekateri so mnenja, da so tako predvsem njegovi nasprotniki, trdijo, da je svoj uspeh gradil na velikih kreditih. Levica troši denar, da bi desnica spet mo- aferami in odnosa do narodne in osvobodilne borbe. Nadaljuje se na strani II