LABORATORIO DI SCRITTURA Dispensa a cura di Stefano Traini CORSO DI LAUREA DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE UNIVERSITÀ DI TERAMO INDICE 0. 0.1. 0.2. 0.3. 0.4. 0.5. 0.6. Introduzione Scopo del Laboratorio I parametri per una “buona scrittura” Una griglia per la composizione: le fasi della scrittura Le implicazioni cognitive della scrittura Organizzazione delle dispense La prova finale d’idoneità 1. Il testo espositivo 1.1. Il rapporto: criteri didattici 1.1.1. L’organizzazione logica dei dati 1.1.2. Il registro stilistico 1.1.3. La parte propositiva 1.1.4. La revisione 2. Il testo argomentativo 2.1. L’articolo di commento persuasivo: criteri didattici 2.1.1. La dialettica argomentativa 2.1.2. I paragrafi e le frasi tematiche 2.1.3. Questioni stilistiche 2.1.4. La revisione Conclusioni: la prova finale d’idoneità Appendice 1. La punteggiatura Appendice 2. Eserciziario 0. Introduzione 0.1. Scopo del Laboratorio Scopo di questo Laboratorio è sviluppare e verificare le abilità di scrittura di testi specifici. Ogni testo (una lettera, un rapporto, un articolo, una recensione, ecc.) ha caratteristiche strutturali e stilistiche che lo contraddistinguono, e occorre saper (ri)conoscere le differenti tecniche di scrittura, che variano a seconda del tipo di testo, degli scopi, dei destinatari, ecc. In questo Laboratorio ci si concentra su due tipi di testo – il testo espositivo e il testo argomentativo –, si approfondiscono i criteri didattici da seguire nella stesura, e infine si verificano le abilità di scrittura. Poiché le abilità di scrittura sono anche, e forse soprattutto, abilità cognitive, lo scopo del Laboratorio è anche quello di sviluppare e verificare le abilità cognitive che entrano in gioco nella scrittura. Vale la pena premettere che il tema delle scuole superiori può essere la causa di molti vizi e di molte deformazioni. Infatti il tema favorisce una scrittura sostanzialmente fine a se stessa, senza uno scopo preciso, senza un destinatario chiaro, senza un taglio stilistico particolare. Quella del tema è una scrittura libera, senza vincoli e senza caratteristiche distintive: al contrario, come si è detto, l’obiettivo di questo Laboratorio è quello di sviluppare le abilità di scrittura di testi specifici, che sono in fondo quelli che ci si trova a scrivere in ambito professionale. Questo è l’aspetto centrale del corso: il passaggio dalla scrittura “libera” del tema alle scritture “controllate” di testi particolari. Tale passaggio impone una ricognizione, seppure sintetica, sui tipi di testi che si possono scrivere:1 • Testi espositivi I testi espositivi rispondono grosso modo a una domanda di questo tipo: mediante quali dati, concetti e relazioni posso fornire una chiara rappresentazione dell’argomento? Un testo espositivo ha generalmente lo scopo di informare. Si tratta in definitiva di rappresentare un oggetto (meglio: un problema) fornendo un insieme di elementi e organizzandoli logicamente. Esempi di testi espositivi possono essere: la relazione di esperienze, il rapporto, la rassegna, ecc. 1 Per questa ricognizione si seguono soprattutto i suggerimenti di Della Casa, Scrivere testi. Il processo, i problemi educativi, le tecniche, La Nuova Italia, Firenze, 1994. • Testi argomentativi I testi argomentativi rispondono alla seguente domanda: quale soluzione do al problema e come la sostengo? Anche i testi argomentativi possono estendersi fino a comprendere numerose scritture, eppure conviene, da un punto di vista didattico, restringere il campo e considerare solo quei casi in cui c’è un problema e chi scrive propone una tesi (soluzione) supportandola con prove e/o ragionamenti. Esempi di testi argomentativi possono essere: il saggio scientifico, la tesi, l’articolo di commento, la recensione, ecc. • Testi narrativi I testi narrativi rispondono alla domanda: che cosa è avvenuto, come si sono svolti i fatti? È importante distinguere la narrativa fictional (racconti, fiabe, romanzi) dalla narrativa non-fictional (biografie, cronache): mentre nella fictional gli eventi sono immaginari, o comuque rielaborati liberamente dallo scrivente, nella non–fictional ci si riferisce a fatti realmente avvenuti. Nei corsi universitari ci si occupa di solito di testi narrativi non–fictional, per esempio provando a scrivere brevi testi di cronaca. La narrativa fictional è appannaggio dei laboratori di scrittura creativa. • Testi descrittivi I testi descrittivi rispondono a una domanda di questo tipo: come è fatto, quali proprietà presenta? La descrizione è un testo dai confini vaghi, con cui si indica un insieme di enunciati che danno un quadro illustrativo di un oggetto, un insieme, uno stato di cose, ma anche di un processo o di una azione. Tutte queste realtà possono essere reali oppure immaginarie, come si verifica nel discorso letterario. Per essere più precisi, si può dire che la descrizione entra in gioco quando ci si concentra sulle proprietà di individui o di stati di cose che vengono considerati in un’ottica spaziale, o idealmente spaziale. Accade questo, per esempio, quando descriviamo un brano musicale presentando certi elementi come se fossero presenti “agli occhi della mente”. I testi descrittivi possono essere tecnico-scientifici, turistici, letterari, ecc. • Testi regolativi I testi regolativi rispondono a questa domanda: come posso controllare il comportamento del destinatario in funzione di un certo scopo? Il testo nasce per regolare le azioni del destinatario, indicando doveri, obblighi, permessi. Esempi di testi regolativi possono essere: il regolamento, lo statuto, la legge, le istruzioni, gli avvisi, ecc. 0.2. I parametri per una “buona scrittura” Esposte a grandi linee le tipologie testuali, occorre ora chiarire gli elementi della scrittura che dobbiamo curare. Vediamo i cinque elementi che un testo deve presentare per essere ritenuto “testualmente valido”:2 (i) la coerenza, cioè la connessione dei contenuti. La coerenza si può manifestare in vari modi, per esempio gli elementi del testo possono essere legati da rapporti di consequenzialità temporale, di prossimità spaziale, di causaeffetto, di antecedente-conseguente, ecc. La coerenza determina l’unità testuale: in altri termini la compattezza tematica del testo; (ii) la coesione, cioè i collegamenti di superficie del testo. La coesione superficiale di un testo si può ottenere con vari operatori lessicali come per esempio i connettivi (logici, temporali, spaziali, ecc.). È importante sottolineare che la coesione non è la condizione necessaria e sufficiente perché vi sia coerenza: le frasi risultano connesse solo se i concetti esprimono un rapporto valido di connessione; (iii) la struttura, cioè l’articolazione del testo. La struttura chiama in causa il fattore organizzativo, che varia da testo a testo. Un rapporto informativo ha una struttura particolare, così come un articolo di cronaca o una recensione; (iv) l’autonomia, cioè la massima esplicitezza. Un testo scritto, a differenza del linguaggio parlato, deve dire tutto quanto necessario per evitare oscurità e fraintendimenti. Resta inteso che a seconda dei casi certe informazioni possono essere date per scontate e dunque il concetto di autonomia va relativizzato; (v) la completezza, cioè la compiutezza informativa. Un testo dovrebbe fornire al lettore tutte le informazioni necessarie. Sebbene il concetto di completezza sia relativo, si può dire che un testo deve arrivare in qualche modo alla chiusura dei nodi problematici aperti. Queste cinque caratteristiche fanno da sfondo alle pratiche di scrittura che si vogliono intraprendere in questo Laboratorio, nel senso che costituiscono i parametri per valutare che un testo sia accettabile. I testi scritti dovranno essere coerenti dal punto di vista del contenuto, nel senso che i contenuti dovranno avere uno sviluppo logico e compatto; dovranno essere coesi dal punto di vista della struttura superficiale, mostrando quindi un buon uso dei rinvii interni e dei connettivi; dovranno essere ben articolati dal punto di vista strutturale, seguendo gli schemi che caratterizzano i tipi testuali; dovranno infine essere autonomi e completi, fornendo tutti gli elementi informativi 2 Si seguono qui le indicazioni di Della Casa [op. cit.]. necessari per la compiutezza dell’esposizione. A questi parametri va poi aggiunto, come già detto, quello del registro stilistico, che deve essere adeguato al tipo di testo che si deve scrivere. 0.3. Una griglia per la composizione: le fasi della scrittura Questi sono gli errori più frequenti nelle esercitazioni dei laboratori: (i) non si presta adeguata attenzione alla consegna, cioè non si leggono attentamente le istruzioni all’interno delle quali ci sono le coordinate per eseguire l’esercizio: questa disattenzione iniziale, anch’essa riconducibile alla scrittura del tema (che infatti presenta solo un titolo), è la fonte principale degli errori più comuni; (ii) non c’è un’adeguata ricognizione sui contenuti; (iii) non c’è una pianificazione preventiva del testo, il che significa che non si prepara il testo con una scaletta; (iv) non c’è una buona revisione del testo. Questi problemi possono essere affrontati pensando alla scrittura come a una serie di fasi sulle quali ci si deve soffermare in modo (quasi) sequenziale. L’idea è quella di “smontare” il processo di scrittura ricomponendolo in una serie di mosse: appunto le fasi del processo di scrittura:3 1. la definizione del compito 2. l’ideazione 3. la strutturazione 4. la stesura 5. la revisione Questa sarà la nostra griglia compositiva, nel senso che farà da sfondo alle esercitazioni del corso. • La definizione del compito è la prima fase, il momento in cui si mettono a punto le coordinate della scrittura. Sulla base delle istruzioni scritte nel testo bisogna mettere a fuoco il tipo di lavoro, e per fare questo è consigliabile seguire i seguenti parametri: il tipo di testo, l’argomento, il destinatario, lo scopo, la lingua, la dimensione. Anzitutto si deve capire bene il tipo di testo che si deve scrivere (un rapporto informativo, cioè un tipo di testo espositivo? Un articolo di commento, cioè un tipo di testo argomentativo?); poi è opportuno riflettere sull’argomento, anche per delimitarlo e circoscriverlo sulla base della consegna del compito; è essenziale identificare bene il destinatario, perché è sulla base di esso che si può tarare al meglio la scrittura, e in 3 Anche in questo caso seguiamo le indicazioni di Della Casa [op. cit.], il quale peraltro riprende le fasi della Retorica. particolare il registro stilistico; è bene quindi riflettere sullo scopo, perché la richiesta può essere quella di informare su qualcosa, o di commentare qualcosa, o di raccontare un avvenimento, ecc.; le coordinate appena elencate dovrebbero già determinare il tipo di lingua da utilizzare: colloquiale piuttosto che formale, tecnica piuttosto che di base, e via dicendo; infine si deve tenere d’occhio la dimensione, che è un parametro anch’esso essenziale per la stesura di un testo: è importante abituarsi a rispettare le indicazioni date perché in certi contesti professionali superare le dimensioni di qualche riga rispetto alla consegna significa rendere il testo non pubblicabile. La definizione del compito è fondamentale: si commettono errori decisivi perché non si individua subito il tipo di testo, perché non si pensa che ci si sta rivolgendo a un certo destinatario al quale occorre rivolgersi in un certo modo, perché non si mette a fuoco, magari, lo scopo principale della scrittura. Bisogna riflettere su questi parametri prima, durante e dopo la scrittura. • L’ideazione è la seconda fase, il momento in cui si pensa “in libertà” alle cose che si possono scrivere. La retorica classica la definiva inventio, le agenzie pubblicitarie di oggi la chiamano brainstorming. È utile perché permette di mettere giù molti punti, sebbene ancora in modo disordinato, che poi faranno da serbatoio di idee. • La strutturazione è la terza fase, il momento in cui le idee sparse devono essere articolate, collegate, pianificate. La procedura che comunemente caratterizza questa fase è quella della scaletta, che consiste in una serie di punti schematici che dovrebbero costituire lo scheletro del testo. Purtroppo non c’è molta abitudine a fare la scaletta, e spesso si ritiene che non sia necessaria o che sia sufficiente farla mentalmente. Occorre precisare subito che la scaletta è importante, che giornalisti e scrittori famosi confessano di farla sempre, e che fare una scaletta mentalmente è diverso dal farla per iscritto poiché la scrittura – e questo discorso non vale solo per la scaletta – costringe sempre e comunque a chiarirsi le idee. Càpita spesso di credere di avere le idee chiare, ma quando poi si passa alla stesura (di una scaletta o di un testo) ci si accorge che i concetti sfuggono e sono molto meno limpidi di quanto si pensasse. • La revisione è l’ultima fase che ci interessa: solitamente è la meno curata, mentre dal punto di vista della resa finale è forse la più importante. Senza dubbio è un’attività difficile e faticosa, poiché si è costretti a distaccarsi dal proprio testo e ad assumere uno sguardo “esterno” per fare gli ultimi interventi di correzione; tuttavia è essenziale, e può essere efficace solo se c’è stata una buona riflessione sul (e pianificazione del) testo. La revisione può essere immediata, ed è quella che si attua durante la scrittura, oppure globale, quando viene realizzata al termine della stesura. C’è una revisione formale, attenta alla punteggiatura, all’ortografia, al lessico, ecc.; e una revisione rielaborativa, attenta ai contenuti e all’organizzazione complessiva del testo. 0.4. Le implicazioni cognitive della scrittura Come si accennava all’inizio, la pratica della scrittura investe una serie di abilità cognitive, nel senso che ogni tipologia testuale comporta operazioni cognitive specifiche. In questa sede si tenta di sviluppare e di verificare le abilità cognitive legate alla stesura dei testi espositivi e dei testi argomentativi. Per quanto riguarda i testi espositivi, si devono scrivere dei rapporti professionali sulla base di una serie di dati. I dati sono sempre forniti in modo disordinato, in modo che lo sforzo cognitivo consista proprio nella riorganizzazione logica degli elementi informativi. In altri termini, i dati devono essere raggruppati ed esposti secondo criteri logici di pertinenza. Per quanto riguarda i testi argomentativi l’abilità cognitiva si manifesta prevalentemente nella connessione logica delle argomentazioni, e quindi delle frasi e dei paragrafi. Nel sostenere una tesi, o nell’esplicitare un’idea-guida, si deve dimostrare di saper costruire un impianto argomentativo, con nuclei tematici che si susseguono in modo funzionale e quindi connessi in modo efficace (da cui l’importanza dei connettivi). 0.5. Organizzazione delle dispense I due capitoli della dispensa sono dedicati al testo espositivo e al testo argomentativo: per il primo ci si concentrerà sul rapporto, per il secondo sull’articolo (di commento). I capitoli si aprono con brevi istruzioni generali di ordine teorico e a seguire vengono presentati esercizi e/o esempi. Per una migliore comprensione dell’esercizio vengono presentati anche esempi di esercitazioni svolte da studenti, per capire cosa si deve e cosa non si deve fare. Altre volte vengono presentati testi scritti da professionisti, anche perché uno dei modi più efficaci per migliorare un’abilità pratica come la scrittura è senz’altro quello dell’emulazione. 0.6. La prova finale di idoneità Il Laboratorio prevede una prova finale che si conclude con un giudizio di idoneità o di non-idoneità. Nella prova finale si richiede la stesura di un testo espositivo (rapporto) o di un testo argomentativo (articolo di commento). Nelle Conclusioni affronteremo in modo più dettagliato le caratteristiche dell’esame finale del Laboratorio, ma per il momento sottolineiamo che la scrittura al computer è parte integrante della prova finale, e che si viene giudicati anche per l’esattezza e la pulizia del prodotto finale. Gli esercizi devono seguire di solito i seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la dimensione 12 punti, l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve avere i margini giustificati e il righello deve essere posizionato da 0 a 14. Le dimensioni del testo vanno da un minimo di 25 righe a un massimo 30 righe. 1. Il testo espositivo Ripartiamo dalla domanda a cui si dovrebbe rispondere con la stesura di un testo espositivo: mediante quali dati, concetti e relazioni posso fornire una chiara rappresentazione dell’argomento? Posto in questi termini, il testo espositivo assume come obiettivo principale quello di informare. Tuttavia i confini di applicazione risultano assai ampi, e per questa ragione serve un’ipotesi di definizione che ne limiti il campo: “Proponiamo dunque di chiamare espositivo un testo quando l’argomento di cui si occupa non è riconducibile a un oggetto fisico identificabile immediatamente nella realtà, e perciò raffigurabile mediante una descrizione, né a un fatto o a una sequenza di fatti rappresentabili mediante narrazione. È invece un oggetto di natura culturale, o definito comunque per via concettuale. Ad esempio: ragioni e conseguenze del brigantaggio; problemi del traffico urbano; organizzazione sociale delle api; condizioni delle minoranze linguistiche in Italia; risultati della indagine IEA sulle capacità di scrittura degli studenti della scuola superiore.”4 In un testo espositivo occorre quindi esporre dati, notizie, acquisizioni e organizzarli logicamente. Lo stile è di solito impersonale, neutro, oggettivo. 1.1. Il rapporto: criteri didattici Dal punto di vista delle denominazioni il rapporto e la relazione vengono di solito considerati sinonimi. Tuttavia il rapporto si contraddistingue per la sua natura pubblica e professionale: difatti si parla di rapporti nelle amministrazioni pubbliche, o nelle aziende, o negli organismi politici. Il rapporto può essere inteso in due modi: 1. resoconto ufficiale di un evento; 2. analisi di situazioni con documentazioni e proposte solutive. Nel Laboratorio ci si concentra sul secondo caso: si forniscono dati da riorganizzare ed esporre, e si richiedono eventualmente proposte per risolvere 4 Della Casa [op. cit.: 97]. determinati problemi. L’analisi di situazioni richiede indagini, reperimento di dati, interrogazioni di protagonisti e testimoni, tuttavia gli esercizi proposti in questa sede danno per scontata questa parte e forniscono dati già selezionati a seconda dei temi. Occorre sottolineare che un rapporto ha sempre un committente, che può essere il direttore di un’azienda, un ente pubblico, una istituzione politica, ecc.: a questo proposito è importante tenere ben presente il destinatario, che può essere il committente stesso (nel qual caso non è necessario ripetere all’inizio informazioni di cui è a conoscenza), o un pubblico esterno (nel caso in cui il rapporto, per esempio, venga pubblicato). Il rapporto può avere natura soltanto informativa, se si limita a fornire un quadro articolato di dati, e può avere invece natura propositiva quando contiene indicazioni e suggerimenti circa le possibili soluzioni da adottare. Da questo punto di vista è bene ricordare quanto detto nell’Introduzione a proposito della definizione del compito: prima di cominciare a scrivere occorre valutare lo scopo del testo, che può essere appunto informativo, o propositivo, o informativo-propositivo. Nella parte informativa ciò che conta è l’organizzazione logica dei dati, nel senso che i dati a disposizione vanno disposti secondo criteri coerenti (cfr. § 1.1.1). Ma anche la parte propositiva è di estrema importanza perché mette in gioco, in qualche misura, i meccanismi dell’ideazione: in altri termini questa è la parte che impone di distaccarsi dai dati informativi per ricercare delle soluzioni. Occorre ricordare, a questo proposito, che nella parte propositiva di un rapporto si deve sostanzialmente dire come si potrebbe risolvere un determinato problema, a partire dai dati ma anche andando oltre (come si vedrà nel cap. 2, il testo argomentativo, dovendo discutere il perché di una certa situazione, si differenzia dal taglio stilistico del rapporto propositivo). Il rapporto richiede una lingua neutra, rigorosa, essenziale. È necessario ottenere chiarezza e precisione informativa (si usano espressioni di questo tipo: dai dati emerge... / la commissione rileva... / proponiamo di...). Per quanto riguarda la struttura di un rapporto, proviamo a vedere un possibile schema:5 a. Introduzione. Si forniscono indicazioni su chi ha commissionato il lavoro, sugli scopi per cui è stato richiesto, sugli aspetti investigati, sugli eventuali vincoli e precedenti. b. Organizzazione. Si spiega come è stata predisposta l’indagine, di quali strumenti ci si è serviti, quale metodo è stato utilizzato. 5 Ripreso a grandi linee da Della Casa [op. cit.: 406]. c. Dati ottenuti. Si espongono i dati, organizzati logicamente secondo criteri di pertinenza (cronologici, causali, tematici, ecc.). d. Discussione e conclusione. Si discutono i dati, in relazione allo scopo del rapporto, e se ne traggono le conclusioni. e. Proposte. Se il rapporto è di tipo propositivo, si formulano possibili soluzioni e suggerimenti. Nelle esercitazioni del Laboratorio, per problemi che riguardano le dimensioni dei testi, i primi due punti (a. e b.) vengono di solito sintetizzati in poche righe poiché ciò che interessa maggiormente è la stesura della parte informativa (dal punto c. in poi). Per la stessa ragione anche il punto d. il più delle volte viene omesso. Per cui la struttura del nostro rapporto sarà sostanzialmente la seguente: • Introduzione. Si forniscono indicazioni su chi ha commissionato il lavoro, sugli scopi per cui è stato richiesto, sugli aspetti investigati, sui tempi di lavoro, ecc. • Parte informativa. Si espongono i dati, organizzati logicamente secondo criteri di pertinenza. • Parte propositiva. Se il rapporto è di tipo propositivo, si formulano possibili soluzioni e suggerimenti. Ci sono dunque almeno tre parametri fondamentali per la buona stesura di un rapporto: • una buona organizzazione dei dati (logica, cronologica, causale, ecc.); • l’uso di un registro neutro, oggettivo, impersonale; • l’impostazione di una parte propositiva (se richiesta) che si concentri sul come risolvere il problema in questione. 1.1.1. L’organizzazione logica dei dati La prima operazione, dunque, consiste nell’organizzazione dei dati. Si veda la seguente esercitazione: Esercitazione 1 Sei il coordinatore di un gruppo di ricerca che deve preparare un rapporto informativopropositivo su “la paura dell’altro nella società italiana attuale”. I dati sono forniti dal Censis e il testo ha come destinatario il Ministero dell’Interno. Per la parte informativa occorre utilizzare tutti i dati messi a disposizione; la parte propositiva deve essere mirata alla soluzione dei problemi rilevati a partire dai dati. DATI 1. Nel 1999 sono stati denunciati 2.373.380 reati, con una diminuzione del 2,2% rispetto ai 2.425.748 del 1998. 2. L’80,4% degli italiani crede che nel nostro Paese vi sia un numero allucinante di immigrati e l’88,1% ritiene che il governo dovrebbe limitare di brutto i flussi di ingresso. 3. Il reato che si ritiene venga commesso proprio alla grande è il furto in casa (32,7% delle risposte), seguito dalle rapine (31,3%) e dallo spaccio di sostanze stupefacenti (24,3%). 4. Nell’ultimo anno i furti in appartamento sono stati circa un decimo del totale dei furti. Analogamente nel 1999 le rapine sono state solo una piccola parte dell’universo dei reati. 5. Il 21% degli italiani ritiene che gli immigrati rappresentino una minaccia per la sicurezza della propria residenza. 6. Il 33,2% degli immigrati dichiara di aver subito atti di razzismo da parte di italiani. 7. Il 29,5% degli italiani è d’accordo ad abbassare da 14 a 12 anni l’età della punibilità. 8. Gli stranieri regolari in Italia sono 1.500.000. Continuando con l’attuale ritmo d’ingressi, nel 2046 potremmo avere la stessa presenza quantitativa della Francia, della Germania, dell’Austria e del Belgio. 9. Il 76,9% degli italiani è convinto che nell’ultimo anno i reati in Italia siano aumentati in modo pazzesco. 10. Il 31,7% degli italiani è favorevole alla costituzione di ronde da parte di privati cittadini. [Hai un’ora e mezzo di tempo per svolgere il compito. Per il computer bisogna seguire i seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la dimensione 12 punti, l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve avere i margini giustificati e il righello deve essere posizionato da 0 a 14. Dimensioni del testo: minimo 25 righe massimo 30 righe] Organizzare i dati significa costruire delle “scatole” all’interno delle quali inserire le informazioni omogenee, cioè disegnare una griglia sulla base di criteri di pertinenza. Questa esercitazione pone un divario tra la percezione del problema e la realtà delineata dai dati del Censis. I dati 1, 4 e 8 riportano informazioni reali, i dati 2, 3, 5 e 9 informano sul modo in cui i cittadini italiani percepiscono il problema, i dati 6, 7 e 10 descrivono alcune conseguenze. Tra i dati oggettivi e i dati sulle percezioni c’è un contrasto che deve essere messo in evidenza nella stesura, ma occorre aggiungere che i due gruppi di dati (percezione/realtà) possono essere articolati meglio in due settori: uno che riguarda la criminalità e un altro che riguarda nello specifico l’immigrazione. Pertanto ne risulta uno schema “a scatole” di questo tipo: La paura dell’altro: Criminalità: Percezione (3 – 9) Dati (1 – 4) Effetti (7 – 10) Immigrazione: Percezione (2 – 5) Dati (8) Effetti (6) La parte informativa del rapporto dovrà seguire questo schema, in modo che l’esposizione dei dati abbia una sua coerenza e una sua omogeneità. Nella stesura i due campi tematici della criminalità e dell’immigrazione potranno essere legati, essendo due poli dello stesso tema (la paura dell’altro). Ora, come abbiamo detto, è essenziale che la discrepanza oggettività/percezione risulti evidente, mentre si devono evitare giustapposizioni di dati come nei casi che seguono: [1] Dalle risposte emerse dagli intervistati emerge una tendenza a individuare gli immigrati quali soggetti particolarmente vicini a fatti di criminalità. L’80,4% dei nostri connazionali crede di ospitare nel nostro Paese un numero insostenibile di stranieri, mentre l’88,1% vorrebbe una limitazione drastica dell’accesso alla nostra penisola, regolata dal governo. Il 21% degli italiani, in particolare, ritiene che questi soggetti rappresentino una minaccia per la sicurezza della propria residenza. /Gli stranieri regolari in Italia sono 1.500.000. Continuando ad ospitare immigrati come si sta facendo oggi, si prevede che nel 2046 potremmo raggiungere, in numero di stranieri con regolare permesso, paesi come Francia, Germania, Austria e Belgio./ Ad oggi il 33,2% degli immigrati dichiara di aver subito atti di razzismo da parte degli italiani. Il dato che abbiamo messo tra barre oblique in neretto (dato 8) è un dato reale in contrasto con quanto affermato precedentemente in riferimento alle impressioni soggettive degli italiani, poiché informa che con l’attuale ritmo di ingressi solo nel 2046 potremmo avere la stessa presenza quantitativa della Francia, della Germania, dell’Austria e del Belgio. Eppure il contrasto non è messo in evidenza: manca, in sostanza, un connettivo (ciononostante, tuttavia, però, in realtà, ecc.) che introduca il divario. [2] Dai risultati della ricerca Censis sulla “paura dell’altro nella società italiana” risulta che gli stranieri regolari in Italia sono 1.500.000 e che, continuando con questo ritmo, nel 2046 potremmo avere la stessa presenza quantitativa di stranieri della Francia, della Germania, dell’Austria e del Belgio. /Dalla ricerca emerge che per l’80% degli italiani il numero di immigrati in Italia è elevatissimo tanto che l’88% del campione ritiene che il governo debba prendere dei provvedimenti seri per limitare consistentemente i flussi d’entrata nel nostro paese./ Nell’esempio [2] la disposizione dei dati è invertita rispetto all’esempio [1], tuttavia resta invariato il problema: lo scarto tra i dati – prima la realtà e poi la percezione discordante – non viene marcato da un connettivo. [3] Secondo i dati fornitici dal Censis, i reati denunciati nel 1999 sono stati 2.373.380, diminuiti del 2,2% rispetto a quelli del 1998; una percentuale troppo bassa per essere stata percepita dagli italiani, infatti il 76,9% di essi pensa che nell’ultimo anno i reati siano aumentati in modo considerevole. Il reato che si ritiene venga commesso maggiormente è il furto nelle abitazioni (lo pensa il 32,7% degli intervistati), seguito dalle rapine (31,3%) e dallo spaccio di sostanze stupefacenti (24,3%). /Infatti nell’ultimo anno i furti in appartamento sono stati un decimo dei furti totali, mentre le rapine rappresentano solo una piccola parte di essi./ Nell’esempio [3] si comincia con il rilevare il divario tra realtà e percezione, ma l’ultimo dato (dato 4), messo qui tra barre oblique, è un dato reale in netto contrasto con il dato percettivo precedente (dato 3), che invece, introdotto dal connettivo infatti, sembra del tutto omogeneo. In questo caso il connettivo è usato, ma in modo sbagliato: anche in questo caso serviva un avversativo (tuttavia, però ecc.). [4] Secondo l’indagine svolta dal Censis, nel 1999 sono stati denunciati 2.373.380 reati, con una diminuzione del 2,2% rispetto ai 2.425.748 del 1998; questo dato non corrisponde alla percezione del 76,9% degli italiani che ritiene che i reati siano aumentati nel corso dell’ultimo anno. /Nello stesso periodo i furti in appartamento sono stati circa un decimo del totale/ e, per questo, il 29,5% della popolazione ritiene opportuno abbassare l’età della punibilità, da 14 a 12 anni, e il 31,7% è favorevole alla costituzione di controlli notturni da parte dei privati cittadini. Nell’esempio [4] il dato in grassetto tra barre oblique (dato 4) è un dato reale in contrasto con le percezioni dei cittadini, ma soprattutto in contrasto con il dato 3 che viene del tutto omesso. Ne risulta un’esposizione al limite della comprensibilità, con una organizzazione logica delle informazioni molto difettosa. Nella prova di idoneità è bene mostrare l’organizzazione dei dati che si è seguita nella stesura. Lo schema si può mettere alla fine del rapporto: si può scrivere al computer o aggiungere a penna dopo la stampa dell’elaborato. 1.1.2. Il registro stilistico Nella stesura del rapporto occorre fare molta attenzione alla messa a punto del registro stilistico adeguato, e a tal fine può essere indispensabile modificare stilisticamente le informazioni che ci vengono date. L’errore più evidente è quello di riportare nel testo le espressioni fuori registro usate (apposta) nei dati. Alcuni esempi: L’80,4% degli italiani crede che nel nostro Paese vi sia un numero allucinante di immigrati e l’88,1% ritiene che il governo dovrebbe limitare di brutto il flusso di ingresso… Il reato che si ritiene venga commesso proprio alla grande è il furto in casa… Il 76,9% degli italiani è convinto che nell’ultimo anno i reati in Italia siano aumentati in modo pazzesco… Un altro errore consiste nell’uso della prima persona, in generale non adeguata quando si scrive un rapporto professionale, e comunque sbagliata quando si scrive a nome di un gruppo di lavoro (come nel nostro caso). Alcuni esempi: In base ai dati rilevati ritengo… A mio avviso occorrerebbe… Consiglierei maggior attenzione e serietà da parte dello Stato… Credo che il problema fondamentale sia la sensazione di insicurezza che è sempre più diffusa tra i cittadini. Ecco altri esempi in cui evidentemente non viene messo a fuoco il registro stilistico di un rapporto professionale: Dall’altra parte della barricata il 33,2% degli immigrati dichiara… Quale può dunque essere il punto di incontro tra due realtà diverse che si sentono reciprocamente minacciate? Molti possono essere i modi per cercare di superare i problemi sopra esposti… Concludendo l’esposizione, un commento a riguardo: il problema affrontato riveste toni molto significativi ed è necessaria tutta l’intelligenza e la buona volontà degli ospiti e degli ospitati per evitare… Il problema della sicurezza è molto caro a tutti noi ed è nocivo alla salute pubblica instaurare un clima di paure e tensioni… 1.1.3. La parte propositiva Il primo aspetto da curare nella stesura della parte propositiva è che il taglio sia effettivamente propositivo. Capita infatti che chi scrive sia portato a deragliare verso un testo di tipo argomentativo in cui si discute il problema ma non si mettono a fuoco delle proposte. Quelli che seguono sono casi in cui la parte propositiva viene sostituita da un’argomentazione personale intorno al problema, con la conseguenza che il rapporto propositivo diventa un testo argomentativo più o meno mascherato: [5] La situazione è molto complessa, spesso il fenomeno immigrazione viene scarsamente considerato da chi gestisce il potere in Italia e soprattutto non ci si assicura di essere in grado di fornire un lavoro, quindi una fonte di sostentamento, a tutti coloro che entrano nel nostro paese, i quali sono quindi costretti a provvedere ai loro bisogni in altro modo; a questo si aggiunge il diritto dei cittadini ad essere tutelati nel rispetto delle leggi e della sicurezza comune. Chi gestisce il potere dovrebbe iniziare a considerare più seriamente la questione. [6] Certamente una scarsa informazione non aiuta a risolvere la difficoltà dell’inserimento all’interno di un gruppo culturale e sociale. L’intolleranza manifestata dalla popolazione italiana potrebbe essere dovuta alla generale situazione di poca chiarezza riguardo al fenomeno. [7] Con una politica che agevoli l’integrazione anziché la discriminazione si pongono le basi per un vivere civile e, di conseguenza, sicuro. [8] Direi che da un lato gli italiani devono farsi una ragione del fatto che l’immigrazione sarà uno dei tanti problemi del domani, un problema che comunque va affrontato con tolleranza e apertura verso culture differenti. Dall’altro hanno tutto il diritto di fare pressione affinché lo Stato si premuri di conservare l’ordine e la sicurezza sociale e affinché l’integrazione si svolga nel pieno rispetto di entrambe le parti. Come già accennato, per evitare di fare questo tipo di errori di impostazione è sufficiente ricordarsi che la parte propositiva deve concentrarsi sul come risolvere un problema, mentre una discussione argomentativa ruota attorno al perché di un problema. Il secondo aspetto da curare nella stesura della parte propositiva è che le proposte siano pertinenti rispetto ai nuclei problematici messi in evidenza nella parte informativa. Nell’esercitazione che abbiamo preso a esempio i dati indicano una percezione sbagliata dei problemi “criminalità” e “immigrazione” e la parte propositiva dovrebbe partire proprio dalla discrepanza oggettività/percezione e suggerire soprattutto campagne informative per ridurre questo divario. Ecco invece delle parti propositive non in linea con il divario emerso nella parte informativa: [9] Le autorità dovrebbero destinare più unità delle Forze dell’Ordine al controllo del territorio e dovrebbero garantire pene più severe a chi è colto in flagranza di reato, applicando con più severità le norme vigenti. Per la sicurezza del cittadino, dovrebbero essere istituite squadre notturne di privati cittadini all’interno del quartiere che svolgano un servizio di collegamento con le Forze di pubblica sicurezza. [10] Considerati i dati esposti, la nostra commissione ritiene che il Governo debba impegnarsi in concrete forme di prevenzione del crimine, con un maggiore controllo da parte degli organi di Polizia e una maggiore concentrazione di questi ultimi soprattutto in zone considerate “a rischio”. Si ritiene inoltre che debbano essere aumentati i controlli sugli immigrati in entrata nel nostro paese, che essi debbano essere seguiti e controllati più rigidamente e scrupolosamente, così da consentire una completa integrazione a coloro che ne sono davvero intenzionati e una espulsione istantanea a coloro che commettono reati. [11] Molteplici possono essere le proposte per una soluzione del problema: in primo luogo si potrebbero aumentare le pattuglie di vigilanza nei centri abitati, soprattutto nelle ore notturne, in modo da trasmettere ulteriore fiducia e sicurezza ai cittadini. La costituzione di organizzazioni volontarie di sorveglianza potrebbe contribuire al controllo dei posti più affollati. Ecco una parte propositiva in linea con la parte informativa e con un buon taglio stilistico (propositivo e non argomentativo): [12] Vista l’effettiva discrasia tra i dati reali sull’immigrazione e la percezione che ha del problema la popolazione italiana, riteniamo opportuno che il Ministero dell’Interno intensifichi campagne informative rivolte alle fasce della popolazione maggiormente interessate dal problema in modo da avvicinare individui di culture diverse e favorire la convivenza pacifica. Quello che segue è un esempio di svolgimento complessivamente corretto dell’esercitazione. Il testo segue l’organizzazione logica dei dati che abbiamo visto in 1.1.1., il registro stilistico è neutro e impersonale, la parte propositiva è pertinente rispetto al nucleo problematico messo a fuoco nella parte propositiva. Si noti anche la struttura compatta dell’elaborato, articolato in quattro paragrafi: il primo introduttivo (breve), il secondo dedicato a un gruppo di dati (criminalità), il terzo dedicato a un altro gruppo di dati (immigrazione), il quarto alla parte propositiva (breve). La paura dell’altro nella società italiana attuale Dai dati del Censis risulta che in Italia la paura dell’altro viene alimentata da due fenomeni che l’opinione pubblica considera convergenti: la criminalità e l’immigrazione. Per quanto riguarda la criminalità, il 76,9% degli italiani è convinto che nell’ultimo anno i reati in Italia siano aumentati in modo assai rilevante: il reato che si ritiene venga commesso con maggior frequenza è il furto in casa (32,7% delle risposte), seguito dalle rapine (31,3%) e dallo spaccio di sostanze stupefacenti (24,3%). Occorre rilevare invece che, contrariamente alla percezione, nell’ultimo anno i furti in appartamento sono stati circa un decimo del totale dei furti, e che nel 1999 le rapine sono state solo una piccola parte dei reati complessivi commessi. Sulla base di questa percezione deformata, risulta che il 29,5% degli italiani sarebbe d’accordo ad abbassare da 14 a 12 anni l’età della punibilità, e che il 31,7% degli italiani sarebbe favorevole alla costituzione di ronde da parte di privati cittadini. Per quanto concerne l’immigrazione, l’80,4% degli italiani crede che nel nostro Paese vi sia un numero esagerato di immigrati e l’88,1% ritiene che il governo dovrebbe limitare con misure drastiche i flussi di ingresso. Nello specifico il 21% degli italiani ritiene che gli immigrati rappresentino una minaccia per la sicurezza della propria residenza. Eppure gli stranieri regolari in Italia sono 1.500.000, e continuando con l’attuale ritmo d’ingressi è stato stimato che solo nel 2046 si raggiungerà la stessa presenza quantitativa di altri paesi come la Francia, la Germania, l’Austria e il Belgio. Peraltro il fatto che il 33,2% degli immigrati dichiara di aver subìto atti di razzismo da parte di italiani può essere considerata come una conseguenza della percezione distorta di questo problema. Riteniamo opportuno, pertanto, potenziare l’informazione sui dati reali relativi alla criminalità e all’immigrazione aumentando gli spazi che i mezzi di comunicazione di massa dedicano a tali argomenti. In prospettiva occorrerà migliorare la qualità della comunicazione istituzionale con la creazione di appositi uffici ministeriali. 1.1.4. La revisione Se è richiesta la stesura di un testo espositivo nella forma di un rapporto si deve anzitutto prestare attenzione alla consegna. Questo significa capire chi siamo noi (scriviamo a titolo personale? siamo i responsabili di una commissione?), chi è il committente, chi ci ha fornito i dati, chi è il nostro destinatario, quale tipo di rapporto dobbiamo scrivere (informativo? informativo-propositivo?), ecc. Messi a fuoco questi requisiti preliminari, dobbiamo anzitutto dare un’organizzazione logica ai dati, trovando criteri di pertinenza efficaci. Una volta delineati i gruppi di dati, dobbiamo pensare alla sequenza più funzionale, quindi si può passare alla stesura. Alla fine della stesura è opportuno fare una revisione accurata sulla base dei parametri di scrittura che abbiamo stabilito all’inizio. Ecco una griglia che può aiutare a effettuare la revisione: Aspetti specifici del rapporto l’organizzazione dei dati è risultata efficace nella stesura? il registro stilistico è neutro, impersonale e distaccato in tutto l’elaborato? il registro stilistico è opportunamente calibrato rispetto al destinatario? la parte propositiva è incentrata sul come risolvere il problema? la parte propositiva è pertinente rispetto al problema rilevato nella parte informativa? • alla fine del rapporto è stato aggiunto lo schema dell’organizzazione dei dati? • • • • • Aspetti strutturali • il testo presenta una buona articolazione dei paragrafi? I paragrafi non devono essere troppi né troppo pochi, e soprattutto devono sviluppare un argomento in modo completo. Aspetti formali • puntaggiatura • sintassi • lessico 2. Il testo argomentativo Abbiamo visto nell’introduzione che la domanda a cui si dovrebbe rispondere con la stesura di un testo argomentativo è: quale soluzione do al problema e come la sostengo? Gli elementi in gioco sono dunque almeno tre: un problema di partenza, una soluzione che chi scrive deve trovare (cioè una tesi), delle argomentazioni che chi scrive deve presentare per sostenere la soluzione. Un testo argomentativo parte quindi da un problema, formula un giudizio su questo problema, presenta le prove adatte per sostenerlo. In modo più schematico, ecco gli elementi di un testo argomentativo: – il problema – la tesi (soluzione del problema) – elementi di prova o giustificazione a favore o contro la tesi Si può parlare quindi di testo argomentativo quando si parte da un problema la cui soluzione non è condivisa (o può comunque essere posta in discussione), e chi scrive propone una tesi su tale questione, la supporta con ragionamenti e prove, discute le eventuali tesi avverse al fine di ottenere la persuasione del destinatario. Tutto ciò non si verifica nei testi espositivi che abbiamo visto nel capitolo precedente, in cui le idee presentate, per quanto motivate e poste in reciproca relazione, hanno a che fare con i dati più che con le opinioni, e non sono assunte pertanto come oggetto di controversia e discussione. In molti casi l’argomentazione è organizzata in forma di ragionamento, con prove e giustificazioni che spesso non sono legittimate da fonti esplicite o “sicure” dal punto di vista scientifico. Altre volte, per esempio nei saggi scientifici, le argomentazioni seguono criteri rigidi e le fonti sono esplicitate. Pertanto è importante saper selezionare le prove e saper confutare, con opportune strategie retoriche, le tesi sostenute da altri. Ecco perché, come si diceva nel capitolo precedente, se il testo espositivo, nella sua versione propositiva, si concentra sul come, il testo argomentativo si concentra sul perché, nel senso che deve sostenere una tesi e quindi spiegare, argomentare, cercare cause e motivazioni efficaci. Per fare un esempio: un rapporto informativo-propositivo (testo espositivo) sul problema della droga dovrà dire come risolvere il problema, cioè fare proposte operative; un articolo di commento o un saggio (testi argomentativi) dovranno soffermarsi invece sul perché una linea di comportamento è da ritenersi migliore o peggiore.6 Un testo argomentativo va dunque pensato come una sorta di catena costituita da anelli legati in modo ben saldo. Le frasi devono susseguirsi con una consequenzialità efficace; analogamente i paragrafi devono rendere conto di un ragionamento logico. Insomma, la resistenza della catena dipende dalla solidità dei suoi anelli, e il buon funzionamento dell’impianto argomentativo di solito è manifestato da un buon uso dei connettivi: se, allora, anche, ad esempio, addirittura, al contrario, anzi, benché, come, comunque, con questo, così, eppure, infatti, invece, ma, mentre, ora, ormai, perché, perciò, però, quasi, spesso, tanto da, tuttavia, viceversa, ciononostante, sono alcuni connettivi che, se ben utilizzati, rendono funzionale ed efficace la macchina argomentativa. Possiamo considerare tre tipi di argomentazione sulla base dello scopo che ci si prefigge: • l’argomentazione il cui scopo è quello di persuadere i destinatari che un’opinione è valida: in questo caso l’argomentazione si pone sul piano della riflessione, e l’effetto che si vuole ottenere è che il lettore aderisca ai giudizi di chi scrive. Questa argomentazione è sostanzialmente persuasiva; • l’argomentazione il cui scopo è quello di convincere i destinatari ad assumere una decisione pratica: questo tipo di argomentazione coinvolge il piano dell’azione e il suo scopo è sostanzialmente pratico-propositivo, nel senso che ci si pone l’obiettivo di suggerire azioni concrete; • l’argomentazione che non è immediatamente orientata al pubblico (ai lettori), ma si pone piuttosto l’obiettivo di trovare la soluzione più soddisfacente a un problema: questa argomentazione è definita euristica, e serve a chi scrive per ricostruire e manifestare un suo ragionamento intorno a una questione. Chi scrive non si propone di convincere né di suggerire azioni concrete, ma solo di raccontare delle riflessioni personali, che comunque seguono una intelaiatura argomentativa. 6 Tuttavia le tipologie testuali posso avere molti punti d’intersezione, e infatti – come si vedrà più avanti – un testo argomentativo può anche essere pratico-propositivo, e quindi concentrarsi anch’esso sul come: a questo proposito va detto, comunque, che le strategie stilistiche e retoriche sono assai differenti, nel senso che una parte propositiva di un testo espositivo – più diretta e operativa – è di fatto molto diversa da una parte propositiva di un testo argomentativo – più mediata, commentata, ragionata. Esempi di testi argomentativi sono i saggi scientifici, le tesi di laurea, gli articoli di commento, le recensioni, ecc. In questo Laboratorio ci soffermiamo solo sul testo argomentativo persuasivo nella forma dell’articolo di commento. 2.1. L’articolo di commento persuasivo: criteri didattici Con l’articolo di commento, chi scrive sostiene il suo giudizio o la sua idea su un particolare avvenimento, o su un problema, attraverso una serie di argomentazioni. L’articolo di commento va distinto chiaramente dal pezzo di cronaca, che invece è un testo che può essere definito di narrativa non fictional: “La cronaca, o reporting, è la forma di esposizione della notizia per eccellenza. È il modo giornalistico di raccontare un avvenimento, concentrandosi sui fatti ed escludendo le opinioni. […] Il commento invece è la forma giornalistica di esposizione delle opinioni. Presenta e sviluppa giudizi di parte, che si sovrappongono alla ricostruzione e alla narrazione degli avvenimenti, così da condizionare i contenuti delle notizie, attribuendogli significati che appartengono alla sfera delle convinzioni ideologiche, delle posizioni politiche, delle scelte morali, delle opzioni culturali. Si tratta di views, punti di vista, contrapposti alle news.”7 Per quanto riguarda l’articolo persuasivo ci si eserciterà con il modello “accordo/disaccordo”: dato un problema, o un avvenimento, o una dichiarazione, si richiederà di avere una tesi ben precisa (appunto, in accordo o in disaccordo con giudizi o opinioni) e di convincere chi legge che la propria posizione è la migliore. Ciò che conta è dunque essere efficaci dal punto di vista argomentativo e persuasivo. Dal punto di vista didattico decidiamo dunque di tenere in considerazione i seguenti elementi: (i) la dialettica argomentativa: un articolo deve presentare una tesi in modo efficace, deve sostenerla con opportune argomentazioni, ma deve anche in qualche misura presentare le controargomentazioni e confutarle. È importante evitare di appiattire la stesura esclusivamente sulla propria tesi: al contrario, il testo deve muoversi in modo dinamico tra tesi e possibili obiezioni. La dialettica argomentativa consente di descrivere un personaggio o una situazione da più angolazioni: l’argomentazione dovrà tenere in considerazione i vari aspetti di un problema con opportune strategie retoriche. E tuttavia non si deve dimenticare che si deve anzitutto essere efficaci dal punto di vista 7 Da Alberto Papuzzi, Professione giornalista. Tecniche e regole di un mestiere, Donzelli, Roma, 1998, pp. 55-56. persuasivo, e quindi convincere chi legge che la nostra linea è la migliore. Questo significa che complessivamente la tesi e le argomentazioni a suo favore devono prevalere in modo netto; (ii) i paragrafi e l’uso della frase tematica: un articolo deve avere un buon impianto argomentativo, nel senso che deve avere paragrafi ben organizzati che corrispondano a un progetto argomentativo chiaro ed efficace; la compattezza tematica di un paragrafo si vede dalla presenza della cosiddetta frase tematica; (iii) il registro stilistico: lo stile dell’articolo, rispetto a quello del rapporto, è più partecipativo, più libero, più ironico, insomma più “giornalistico”; lo stile giornalistico peraltro è caratterizzato da periodi brevi, da una sintassi semplice e dall’uso frequente dei punti. Nello stesso tempo bisogna fare attenzione a non cadere negli stereotipi giornalistici e nei luoghi comuni. 2.1.1. La dialettica argomentativa Come primo esempio per affrontare la questione della dialettica argomentativa riportiamo un breve intervento di Giovanni Mariotti sul piccolo commercio che è in via di estinzione: Il piccolo commercio se ne va. E la città cambia di Giovanni Mariotti Addio alle vecchie botteghe, ornamento delle nostre città. Ogni città fino a ieri aveva infatti una ricchezza oggi quasi scomparsa: il piccolo commercio. Il proliferare delle botteghe contribuiva alla loro fisionomia non meno delle antiche chiese, dei palazzi, delle opere d’arte di cui erano, e sono, così ricche. C’era qualcosa di romanzesco in quegli esercizi commerciali che s’identificavano, a volte per più generazioni, con la storia di una famiglia. Chi stava dietro il banco conosceva la maggior parte di quelli che entravano; era al corrente di amori, tradimenti, consistenza dei patrimoni. In molti casi si intavolava con i clienti conversazioni succose. In certi negozi, soprattutto di alimentari, esisteva il “libretto” su cui venivano registrati gli acquisti che sarebbero stati pagati a fine mese. Nelle tabaccherie si vendevano le sigarette sciolte. E chi voleva comprare un abito o un paio di scarpe non concludeva l’affare senza un tentativo, più o meno prolungato, di contrattazione. Insomma il piccolo commercio funzionava su vari piani: come anima della vita di quartiere, osservatorio sociale, centrale del gossip, banca che praticava piccoli prestiti senza interesse. E se l’assortimento delle merci non era così ricco com’è oggi quello dei supermercati o degli ipermercati, restava la speranza di scovare da qualche parte articoli cercati a lungo inutilmente, visto che nessuno li produceva più. Non vi nascondo i vantaggi offerti dalla cosiddetta “grande distribuzione”: i prezzi più bassi, le offerte, i bollini, la possibilità, assicurata dalle carte di credito, di non procedere a un pagamento immediato (cosa che un tempo avveniva macchinosamente attraverso i “libretti”). Dunque da un punto di vista economico non c’è perdita, anzi. La perdita è su altri piani. Su quello sociale e comunicativo e soprattutto su quello estetico. Ad andare smarrita è la grazia che veniva alle nostre città-italiane, europee, in particolare a certe vie, da un susseguirsi di botteghe che con le loro particolarità e i loro arredi erano una sorta di autobiografia degli esercenti, delle loro famiglie. Dunque, di una società. Nella prima parte del pezzo Mariotti enuncia la sua posizione, cioè spiega come, a suo avviso, la scomparsa del piccolo commercio, e quindi delle vecchie botteghe, costituisca una grave perdita sociale, comunicativa ed estetica per le nostre città. Tuttavia, dopo aver elencato alcuni elementi che caratterizzavano positivamente il piccolo commercio, Mariotti apre un nuovo paragrafo elencando i lati positivi di quella che oggi si sta imponendo come “grande distribuzione”, peraltro con una formula retorica semplice e assai efficace: “Non vi nascondo i vantaggi offerti dalla cosiddetta ‘grande distribuzione’…” La dialettica argomentativa consiste proprio in questo: nel tenere conto delle controargomentazioni, delle controtesi, delle possibili obiezioni che possono essere avanzate contro la nostra linea argomentativa. Il pezzo di Mariotti non ha una grande forza persuasiva, poiché sia l’argomento sia la natura dell’intervento giornalistico non la prevedono, e ciononostante è evidente un discreto gioco dialettico. Quindi anche in un intervento breve (questo di Mariotti è tra le 25 e le 30 righe) è possibile mostrare la dialettica argomentativa, pur tenendo presente che alla fine la nostra tesi deve prevalere in modo chiaro. Di questo breve pezzo di Mariotti vale la pena mettere in evidenza fin da ora alcune caratteristiche su cui torneremo meglio in seguito. Anzitutto lo stile segmentato, caratterizzato da frasi molto brevi; poi la semplicità del lessico (non si ricorre mai a vocaboli inutilmente complessi); infine alcune formule stilistiche proprie degli articoli giornalistici, come le frasi che cominciano con la congiunzione “e”: “Nelle tabaccherie si vendevano le sigarette sciolte. E chi voleva comprare…” oppure “E se l’assortimento delle merci non era così ricco…” Le frasi che cominciano con “e” o con “ma”, fuori registro in un testo espositivo come il rapporto, rientrano a pieno titolo nel registro stilistico di un articolo, che può inoltre prevedere una notevole segmentazione. Per vedere meglio cosa si intende per dialettica argomentativa, vediamo la seguente esercitazione, che costringe a prendere posizione in modo netto e a essere decisamente persuasivi. Il caso è il seguente: nell’agosto del 2000 si verificano due omicidi riconducibili a casi di pedofilia, e il direttore di “Libero”, Vittorio Feltri, decide di pubblicare sul suo quotidiano una lista di pedofili già condannati. L’esercitazione, basata sul modello accordo/disaccordo, obbliga a prendere posizione, esplicitando l’accordo o il disaccordo con la decisione di Feltri. Esercitazione 2 – Articolo di commento sulla lista di pedofili In seguito ai due omicidi di agosto, riconducibili a casi di pedofilia, il direttore del quotidiano “Libero”, Vittorio Feltri, ha deciso di pubblicare sul suo giornale una lista con nomi e cognomi di pedofili già condannati. Il direttore del tuo giornale (un quotidiano a diffusione nazionale) ti chiede un articolo di commento sulla decisione di Feltri. Devi sostenere una tua tesi (in accordo o in disaccordo con la pubblicazione della lista) e argomentare per sostenerla. Prima della stesura occorre indicare il titolo del pezzo e tra parentesi la tesi sostenuta (accordo o disaccordo). [Hai un’ora e mezzo di tempo per svolgere il compito. Per il computer bisogna seguire i seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la dimensione 12 punti, l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve avere i margini giustificati e il righello deve essere posizionato da 0 a 14. Dimensioni del testo: minimo 25 righe massimo 30 righe] Proprio nell’ottica della dialettica argomentativa di cui stiamo parlando, è opportuno valutare bene i pro e i contro di questa decisione. Ecco alcuni possibili spunti, venuti fuori da una breve ricognizione fatta in aula, e si tenga presente che questo lavoro rientra in quella fase dell’ideazione di cui si è parlato nell’Introduzione: fase che consiste nel raccogliere in modo ancora non strutturato tutte le possibili idee su un dato argomento. Pro • forma di difesa per la società * • si tratta di pedofili già condannati con sentenza definitiva • le condanne con sentenza definitiva sono pubbliche • comprensione per i familiari delle vittime (derive emozionali) • necessità di un’azione preventiva e repressiva *** • è un modo per sollecitare un dibattito pubblico ** Contro • non è di nessun aiuto per i bambini * • rischio di vendette personali (già fatto in Inghilterra, dove si sono verificati casi di suicidio e linciaggi) • possibili errori dovuti a omonimia • strumentalizzazione di un dramma per aumentare i lettori ** • idea matura di giustizia, non lasciata in mano ai privati ma delegata a un’autorità terza (lo Stato) *** • utilità di un’angrafe dei pedofili ma per le forze dell’ordine • perché non pubblicare anche altre liste (es. gli stupratori?) L’aspetto interessante di queste ricognizioni è che spesso i pro e i contro sono interrelati, nel senso che, a seconda dell’uso che se ne vuole fare e della prospettiva che se ne vuole dare, possono essere usati nelle argomentazioni o nelle controargomentazioni: alcune motivazioni interrelate sono indicate in questo caso dagli asterischi. Ecco una discreta esercitazione svolta da una studentessa: Pedofilia: operazione marketing (disaccordo) In seguito alla decisione di Vittorio Feltri, direttore del quotidiano “Libero”, di pubblicare sul suo giornale una lista con nomi e cognomi di persone condannate per pedofilia, si è acceso un rovente dibattito sull’effettiva utilità della pubblicazione. In molti hanno gridato allo scandalo sottolineando la becera strumentalizzazione di un problema tanto grave come quello della pedofilia al fine di ottenere un incremento nelle vendite del quotidiano. Feltri si è difeso facendo presente che la pubblicazione dei nomi dei pedofili è servita a focalizzare l’attenzione degli italiani su un tema, quello della pedofilia, troppo spesso passato sotto silenzio. Nonostante la nobile dichiarazione d’intenti, la pubblicazione della lista dei nomi si colloca in un periodo in cui, purtroppo in seguito a due terribili fatti di cronaca, l’argomento pedofilia occupava di diritto le prime pagine di tutti i quotidiani. L’attenzione dei lettori è stata in questo modo deviata dal problema reale verso il controverso dibattito che aveva per protagonisti il quotidiano “Libero” e il suo direttore, a cui va senza dubbio il merito di aver condotto un’eccellente campagna pubblicitaria a favore della propria neonata testata. È risultata immediatamente evidente una conseguenza subdola, nonché ampiamente prevedibile, della pubblicazione della lista dei nomi: i casi di omonimia. Non deve essere stato piacevole per i cittadini coinvolti svegliarsi ignari la mattina e ritrovarsi investiti dall’onta di un’accusa tanto grave come quella di pedofilia, giustificata solo dalla superficialità con cui è stata condotta questa operazione di marketing giornalistico. La paventata utilità sociale della pubblicazione non è che una misera pretesa nei confronti di una tragedia, quella delle violenze sessuali sui minori, che nella maggior parte dei casi si svolge tra le mura domestiche e non viene mai denunciata. Se l’intento di questa pubblicazione fosse stato la lotta contro la pedofilia, Feltri avrebbe potuto avvalersi di strumenti più efficaci. Probabilmente l’obiettivo di “Libero” era ben diverso ed è stato, ci spiace ammetterlo, indiscutibilemente raggiunto. L’articolo di questa studentessa mostra non solo un buon piglio persuasivo, ma anche un discreto gioco dialettico. Si vedano a tal proposito i passaggi sottolineati: nel primo si presenta una possibile controargomentazione rispetto alla tesi sostenuta nel pezzo; nel secondo abbiamo un ottimo esempio di confutazione, nel senso che una controargomentazione (“la paventata utilità sociale”) viene enunciata e poi subito criticata (“non è che una misera pretesa”). Quello che segue è un articolo di Miriam Mafai, scritto proprio su questo argomento. Mafai è in disaccordo con la pubblicazione della lista da parte di Feltri, tuttavia dimostra di saper tenere in considerazione alcune motivazioni a favore in alcuni passaggi che abbiamo sottolineato. Anche in Italia è caccia aperta di Miriam Mafai Vittorio Feltri, direttore di “Libero” è arrivato primo, battendo sul tempo Maurizio Gasparri il leader di Alleanza nazionale che aveva promesso di rendere pubblici a settembre sul suo sito Internet i nomi dei pedofili già condannati. Vittorio Feltri lo ha battuto pubblicando ieri un primo elenco di colpevoli di questo reato. Si tratta di pedofili già condannati con sentenza definitiva. Molti di loro a quanto è dato capire stanno ancora scontando la pena, altri sono probabilmente già in libertà. Nomi e cognomi, la descrizione del reato, l’entità della condanna senza altre generalità. La caccia al pedofilo dunque è aperta: tanto peggio se qualcuno sarà vittima di errori dovuti magari a omonimia, come già è accaduto in Inghilterra nelle scorse settimane dove, dopo la pubblicazione di analoghi elenchi, si sono verificati casi di suicidio e linciaggi. Già ieri, un cittadino romano – che ha visto il suo nome sulla lista – ha denunciato ai tg la propria assoluta estraneità. Dunque la virtù del paese e la salvaguardia dei nostri bambini è affidata non alle autorità di pubblica sicurezza, non ai giudici, non a una coerente azione di prevenzione ed educazione da esercitare in casa e a scuola ma alle liste di proscrizione e ai linciaggi promossi da Gasparri e da Feltri, alla furia di coloro che, come la Pivetti e la Mussolini chiedono per i pedofili la castrazione, l’evirazione, la pena di morte. La povera madre di Andria che buttata sul cadavere della sua bambina uccisa implora la punizione del colpevole e grida: “Datelo a me lo uccido con le mie mani” merita tutta la nostra comprensione e il nostro rispetto. Nelle sue condizioni credo che proverei anch'io lo stesso sentimento e griderei anch’io le stesse parole. Ma non merita nessun rispetto chi, investito di una funzione pubblica, sia giornalista o politico, alimenta e strumentalizza questa pur comprensibile deriva emozionale alla facile ricerca di un pugno di voti o di un pugno di lettori. Queste dichiarazioni e queste iniziative, una vera e propria orgia di insensatezze, rappresentano un’offesa profonda che può diventare irreparabile non solo e non tanto alla cosiddetta privacy (elemento a mio avviso secondario e marginale del problema) quanto a secoli di civiltà giuridica. Dopo tutto il nostro mondo è uscito dalla barbarie, quando ne è uscito, nel momento in cui una collettività ha deciso di non farsi più giustizia da sé e ha delegato a un’autorità terza, allo Stato e ai tribunali, l’esercizio, che solo in questo caso diventa legittimo, della violenza e della punizione del colpevole. La pubblicazione di quelle liste va in direzione del tutto opposta, rischia di farci fare un balzo indietro di secoli, nel momento in cui tenta di restituire ai privati il potere sovrano di individuare un colpevole e di punirlo, favorendo, come già è avvenuto in Inghilterra, anche il linciaggio. Nessuno può volere in piena coscienza questo arretramento culturale. Un arretramento che è sempre possibile perché l’antica e barbara regola che detta “occhio per occhio dente per dente” è sempre presente, sia pure controllata, dentro ognuno di noi. E basta poco per risvegliarla. La pagina di “Libero” con quei nomi e quelle storie non serve a mettere i bambini al riparo dalla violenza del pedofilo, serve soltanto a risvegliare dentro ognuno di noi la tentazione di farci giustizia da soli e chi invoca pubblicamente la pena di morte lo fa oggi non tanto per sconfiggere il reato (che non è stato sconfitto in nessun paese, neanche in quelli che dispongono della sedia elettrica) quanto per raccogliere attorno alla sua proposta un immediato popolare consenso. Questo non significa, sia chiaro, sottovalutare la necessità di un’azione mirante alla prevenzione e alla repressione delle violenze contro i minori. La nostra legislazione, considerata esemplare da tutti i paesi europei, prevede già per questo reato pene assai severe. Un’anagrafe dei pedofili già condannati potrebbe certamente essere utile se a disposizione non del pubblico ma delle forze dell’ordine e della magistratura. Così come sarebbe opportuno organizzare una maggiore vigilanza nei luoghi più frequentati dai bambini, dalle scuole alle palestre ai giardini pubblici. Ma i due tragici fatti di cronaca di questi giorni che hanno avuto come vittime due bambine innocenti non possono farci dimenticare che la pedofilia è prevalentemente un reato che si consuma tra le pareti domestiche a opera di familiari o di amici della famiglia e proprio per questo avvolto spesso in un clima di complicità e omertà che ne rende più difficile la individuazione. È un reato feroce e antichissimo di fronte al quale la nostra sensibilità di oggi è sempre più avvertita, dal quale tutti abbiamo il dovere di proteggere i nostri bambini. Non lo faremo tuttavia con sempre più grottesche grida e minacce inapplicabili né sollecitando i peggiori desideri di vendetta di una pubblica opinione esasperata ma perseguendo con tenacia un’opera quotidiana di educazione e prevenzione. La dialettica argomentativa, se esposta opportunamente, serve anche per moderare i toni della scrittura, per attutire le prese di posizione, per mostrare il proprio punto di vista in modo maturo, cioè consapevole di tutti gli aspetti relativi a una questione. Nell’esempio che segue chi scrive, cioè Nicola Tranfaglia, ha come obiettivo quello di criticare la proposta di riforma dei programmi di storia all’interno del complessivo riordino dei cicli scolastici. Prima di porre, in modo molto deciso, le sue obiezioni, Tranfaglia enuclea però i lati positivi della riforma: Non tagliate le ali allo studio della storia di Nicola Tranfaglia Chi ha trascorso una parte notevole della sua vita a studiare il passato (si tratti di quello lontano o di quello più vicino, non cambia molto) ha un soprassalto di gioia e di interesse quando si accorge che da qualche giorno grandi quotidiani, e persino trasmissioni televisive, si occupano dell’insegnamento della storia. Ma l’interesse, la gioia cambiano di segno e si trasformano in preoccupazione, rammarico o altro ancora quando ci si accorge che se ne sta parlando perché si è vicini a un cambiamento che non promette nulla di buono per le nuove generazioni. Insegnando ormai da un trentennio in una Facoltà di Lettere, ho visto, e continuo a veder passare ogni anno durante il mio corso di Storia Contemporanea o di Storia dell’Europa migliaia di giovani usciti dalla secondaria e più di metà dai licei classici e scientifici. Hanno studiato, secondo i programmi vigenti, per tre volte il cammino storico dell’uomo dalla preistoria all’età contemporanea ma sono in gran parte ignari delle grandi coordinate concettuali e cronologiche che consentono di orientarsi all’interno del grande racconto del cammino umano. […] Stando così le cose, chi scrive è tra quelli che ha letto con interesse, e senza pregiudizi, il rapporto presentato il 7 febbraio scorso a Roma dal Ministero della Pubblica Istruzione sul lavoro svolto nei mesi scorsi da una commissione di esperti sull’insegnamento della storia. […] Dalla lettura delle pagine dedicate alla storia si colgono subito gli aspetti positivi del lavoro svolto dalla commissione: si insiste sulla necessità di «far acquisire agli studenti una visione di insieme della storia dell’umanità, attraverso la conoscenza di fenomeni storici su scala mondiale, da esplorare e interpretare utilizzando il linguaggio proprio della disciplina (lessico, concetti e metodologie)» e si prosegue sottolineando il fatto che «la storia ha una valenza educativa trasversale a tutti gli ambiti in quanto le categorie storiche sono una delle chiavi fondamentali di lettura di tutta la realtà» e concludendo con l’affermazione decisa di un curricolo unico di storia per tutti gli studenti fino alla conclusione dell’obbligo, in prospettiva ai diciotto anni. Simili premesse riconoscono all’insegnamento della storia il posto centrale che ad esso compete nella formazione culturale degli italiani e parte, a ragione, dalla dimensione mondiale che deve caratterizzare oggi qualsiasi discorso sulle grandi coordinate del quadro concettuale e cronologico. Ma, quando si passa dall’impostazione generale alle scelte compiute dalla commissione, si resta inevitabilmente delusi e sorpresi giacché si immaginano programmi che fanno iniziare lo studio sistematico e cronologico della storia dell’umanità nel quinto anno della scuola di base (in pratica a dieci anni) e lo fanno concludere alla fine del secondo anno della secondaria (a quindici anni), riservando all’ultimo triennio della secondaria (fino ai diciotto anni) uno studio tematico delle vicende storiche attraverso la scelta di problemi e momenti del cammino umano. Ora io capisco l’opportunità di non ripetere tre volte, come avviene ancora oggi, il programma di storia dall’antico al contemporaneo ma non posso essere d’accordo con l’idea di riservare lo studio delle coordinate cronologiche fondamentali soltanto a un’età preadolescenziale, lasciando alla successiva, che è quella più adatta e in grado di interessare più in profondità i giovani, uno studio per temi e problemi che dovrebbe essere legato, e non disgiunto dalla conoscenza dei nessi cronologici. […] Tranfaglia è uno storico, e con quella premessa piena di considerazioni positive attutisce la critica che seguirà, e che andrà a colpire il lavoro di colleghi che hanno partecipato a una commissione. Ciò che si deve notare e in qualche modo metabolizzare è proprio questa strategia retorica, propria degli articoli di commento fortemente critici e di chiaro taglio persuasivo. A questo proposito vale la pena vedere alcuni “cattivi esempi” in cui si intraprende una linea argomentativa in modo eccessivo. Partiamo da un’esercitazione, svolta nei laboratori di scrittura del 2000, che si presta in modo particolare a questo tipo di errore. Esercitazione 3 – L’omicidio di castelluccio di Sauri Il 14 marzo 1998, a Castelluccio di Sauri, Anna Maria Botticelli e Mariena Sica, entrambe diciottenni, hanno assassinato la loro amica e coetanea Nadia Roccia. Di fronte alla condanna all’ergastolo delle due, i parenti della vittima e gli abitanti di Castelluccio di Sauri hanno esultato. Il filosofo Umberto Galimberti, su la Repubblica dell’11 febbraio 2000, ha scritto un articolo che iniziava così: «Come si fa a scrivere sulla biografia di due ragazzine che a diciotto anni compiono un delitto da loro stesso confessato “Fine pena: mai”?». Galimberti giudica questa giustizia elementare, incapace di pensare alla rieducazione, alla guarigione, alla redenzione di due giovani vite appena sbocciate e già incorse in una crisi di follia. Il direttore del tuo giornale (un quotidiano a diffusione nazionale) ti chiede un articolo di commento su questi temi. Devi sostenere una tua tesi e scrivere un testo argomentativo. Prima della stesura occorre indicare il titolo del pezzo e tra parentesi la tesi sostenuta (accordo o disaccordo con l’ergastolo per le due ragazze). [Hai un’ora e mezzo di tempo per svolgere il compito. Per il computer bisogna seguire i seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la dimensione 12 punti, l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve avere i margini giustificati e il righello deve essere posizionato da 0 a 14. Dimensioni del testo: minimo 25 righe massimo 30 righe] Esercitazioni come queste, che si collegano a fatti d’attualità e hanno un alto grado di coinvolgimento, sono utili per affrontare il problema che potremmo definire della retorica argomentativa. Qui la difficoltà, infatti, sta nel mantenere una moderazione che spesso, invece, può venire a mancare quando si è chiamati a esprimere giudizi su questioni molto delicate, come per esempio le pene detentive (o la pena di morte) in seguito a episodi particolarmente efferati. La tendenza, difatti, può essere quella di prendere posizione in modo radicale, quando invece occorre abituarsi ad argomentare con strategie retoriche che attutiscano l’impatto della propria tesi. Si pensi a come si comportano i giornalisti professionisti: anche quando devono attaccare duramente qualcuno, prima di colpire il bersaglio fanno lunghi giri retorici in cui per esempio dimostrano di aver apprezzato alcune cose, di salvarne delle altre, insomma cominciano da una serie di aspetti positivi; poi, con decisione, sferrano l’attacco. Questo vale anche quando si affrontano dei problemi e si vuole essere persuasivi. Nel caso dell’Esercitazione 3, ad esempio, se si è d’accordo con l’ergastolo, sarà bene premettere che si è consapevoli della durezza della pena, che occorre comunque prevedere forme di recupero, ecc. Se al contrario si è in disaccordo con l’ergastolo, sarà comunque opportuno mostrare che si è consapevoli del fatto che è necessaria una giusta pena, che i parenti della vittima devono essere in qualche modo assicurati da questo punto di vista, così come tutta la collettività. Fatte dunque le giuste premesse, si può passare a esporre la tesi. Ecco alcuni casi in cui la tesi viene estremizzata senza l’opportuna moderazione retorica. Abbiamo indicato in neretto i passaggi più forzati: Inutile parlare di morale e di rieducazione, la loro coetanea Nadia Roccia, uccisa con modalità agghiaccianti, non potrà più nemmeno pensare di poter passare la propria vita tra noi. Perché uccidere se sai già cosa ti aspetta? Le due ragazze credevano di poter agire senza che accadesse loro niente? Hanno sbagliato, e devono pagare per il loro gravissimo e indiscutibile reato. Anna Maria e Mariena devono riflettere sui loro errori, hanno una vita per farlo e forse questo non sarà sufficiente a riscattare la perdita di Nadia. [...] Siamo di fronte ad un assassinio e non possiamo permettere che non venga considerato tale, proprio per la sua natura e mostruosità, chi uccide deve pagare. L’ergastolo rimane la minima vendetta sia dei genitori di Nadia Roccia, sia dei compaesani della vittima. Nessuno più dovrebbe pensare alle due giovani vite che dal giorno del processo sono state messe in carcere senza più la speranza di essere assolte: è la fine più giusta che si potesse desiderare. Finalmente la giustizia ha funzionato, finalmente ci si è staccati dalla moralità e si è giunti alla concretezza dei fatti, finalmente c’è stata una giusta vendetta. Al giorno d’oggi il pensiero di Galimberti è una sorta di utopia anche se molto giusto, in quanto l’opinione pubblica non accetterà mai che assassini come queste due ragazze, nel fiore della loro giovinezza, siano seguite da esperti per rieducarle alla retta via e per dare loro un’opportunità. Bisogna perciò sopportare questo mondo pieno di primitivi dove in maniera simbolica si applica ancora la legge del taglione e non si pensa invece a recuperare giovani carcerati che per un atto di follia hanno rovinato la loro vita e quella dei propri genitori. Ci si chiede: e il pentimento? Inutile. Pentirsi non aiuta ad attenuare l’eterna pena di non-vita a cui è stata condannata Nadia, e non deve servire ad attenuare l’eterna pena dei suoi giudici. Giustizia è fatta. Occhio per occhio, dente per dente. Si è cercato di difendere questi due giovani “fiori”, giustificando la loro azione in quanto momento di follia, dovuto forse all’incoscienza dell’età giovanile. Quello che segue è un buon esempio di stesura. Il compito è stato svolto da un ragazzo del terzo anno delle medie superiori. Si richiedeva, nello specifico, uno stile molto segmentato e una buona divisione in paragrafi. Si veda anche la procedura argomentativa: il primo paragrafo è estremamente funzionale nell’attutire quello che sarà il punto di vista di chi scrive: Svolgimento Perdere un figlio è terribile. Non sono padre, e il dolore che immagino si provi è davvero nulla in confronto a quello reale. L’odio e la disperazione non bastano a colmare questa perdita. La vendetta allevia per un po’ il senso opprimente di frustrazione, ma non riporta in vita nessuno. La pena, al contrario, dovrebbe fare giustizia. Ecco davvero ciò che dovrebbe placare gli odiosi risentimenti: la giustizia. Ma l’ergastolo non è una giusta pena, è vendetta rabbiosa. Una vendetta sottile, lenta, e per questo molto dolorosa, soprattutto quando le rinchiuse sono due ragazze di appena diciotto anni. Purtroppo si ragiona per cliché: una persona è nata malvagia e sarà malvagia per tutta la vita. Il calvinismo, forse, dice questo, ma abbiamo esempi storici che attestano il contrario. Paolo era un persecutore dei cristiani prima di diventare il loro vas honorabile; Schindler era uno sfruttatore di operai prima di diventare un salvatore degli ebrei; Francesco d’Assisi era un crociato sanguinario e insensibile, prima di diventare il giullare di Dio. Le persone dunque possono cambiare, nel corso della vita, e noi non abbiamo nessun diritto di negare loro questa possibilità. Non si può giudicare una persona da una sua sola azione. Caino non subì all’istante la vendetta di Dio. Fu protetto, anzi, da coloro che volevano vendicare Abele: nella sua vita aveva la possibilità di pentirsi e cambiare comportamento. Chissà poi quante ne aveva fatte il ladrone crocifisso alla destra di Cristo, eppure Gesù gli promise che sarebbe andato in Paradiso, perché si era pentito. Se davvero l’ergastolo risulta essere una pena per tutta la vita, allora è ingiusta e cieca vendetta. Lasciar marcire una persona in galera non è giustizia. È giustizia invece dare la possibilità a questa persona di cambiare, tenendola comunque strettamente sotto controllo. Che razza di senso sociale e comunitario abbiamo, se non tentiamo di curare la follia di due giovani ragazze? Ricordiamoci che l’uomo ha crocifisso il figlio del Re dei cieli. Se la vendetta fosse una cosa giusta, nessuno di noi sarebbe qui. Anche in questo caso è stato molto utile far precedere all’esercitazione una ricognizione sui pro e i contro. Ecco alcuni risultati di una lezione dedicata a questa discussione: Argomenti a favore dell’ergastolo: 1. Omicidio premeditato**** 2. Sanità mentale delle ragazze* 3. Irrimediabilità dell’atto 4. Le ragazze sono maggiorenni** 5. Possibilità di “ricadute” per le due ragazze*** 6. Giustizia per la famiglia della vittima Argomenti contro l’ergastolo: 1. Le ragazze sono troppo giovani** 2. Modalità e dinamica del delitto oscure (complici?)**** 3. Presunta appartenenza a sette sataniche (manipolabilità)* 4. Non dà la possibilità di reinserimento nella società*** Come in precedenza, abbiamo indicato con gli asterischi le argomentazioni interrelate: se da un lato le ragazze sembravano mentalmente sane, dall’altro si ipotizzava una loro partecipazione a riti satanici (quindi: manipolabilità); se da un lato le ragazze erano diciottenni, e quindi maggiorenni, dall’altro si potevano ritenere troppo giovani; se da un lato c’era il rischio che le ragazze potessero commettere altri atti analoghi, dall’altro c’era il problema che con l’ergastolo se ne impediva il reinserimento sociale. Sulla base di questa ricognizione sono state elaborate alcune possibili scalette in accordo e in disaccordo con l’ergastolo. Tornando alle fasi del processo di scrittura di cui si è parlato nell’Introduzione, possiamo dire che dopo la fase dell’ideazione, in cui si espongono i pro e i contro, si passa alla fase della strutturazione, che consiste nell’elaborare una scaletta in pochi punti. Accordo con l’ergastolo: 1. Presentazione del caso 2. La tesi di Galimberti 3. Argomenti contro l’ergastolo (in appoggio alla tesi di Galimberti) 4. Confutazione degli argomenti contro l’ergastolo 5. Altri argomenti a favore dell’ergastolo: i familiari non riavranno la loro figlia (irrimediabilità); che almeno ricevano giustizia Le argomentazioni che caratterizzeranno i punti tre e quattro possono essere riassunti in una tabella, tenendo conto proprio delle interrelazioni: 3. Troppo giovani Sono manipolabili Non consente il reinserimento Modalità oscure 4. Sono maggiorenni Sono sane mentalmente Possibili ricadute Premeditazione La scaletta che segue è invece in disaccordo con l’ergastolo: cambia l’ordine di esposizione, e ovviamente si invertono le argomentazioni (e le confutazioni) della tabella: Disaccordo con l’ergastolo: 1. Presentazione del caso 2. Arg. a favore dell’ergastolo 3. La tesi di Galimberti 4. Esposizione degli arg. contro l’ergastolo e confutazione di quelli a favore dell’ergastolo (in parallelo) 5. Non è giustizia ma vendetta Vediamo ora un esempio giornalistico. A seguito dell’intervento di Galimberti, e precisamente due giorni dopo, Eugenio Scalfari interveniva sulla stessa testata per dissentire in modo radicale dal collega e amico. L’intervento domenicale di Scalfari trattava diversi temi collegati al problema della sicurezza, e si soffermava ampiamente anche sul caso di Castelluccio di Sauri. Nel pezzo abbiamo sottolineato i passaggi in cui Scalfari con grande decisione confuta le argomentazioni-cardine di Galimberti, mentre abbiamo messo in corsivo alcune espressioni che servono a Scalfari per moderare i toni della polemica. Tratto da: Ma a chi fa paura il piano anticrimine? di Eugenio Scalfari […] Mi ha profondamente stupito l’articolo di Galimberti che critica e anzi distrugge con argomenti di psichiatria criminale la condanna all’ergastolo emessa dal Tribunale di Foggia. Dico subito che la penso in questo caso in modo diametralmente opposto a quello di Galimberti, con le cui opinioni filosofiche e scientifiche sono stato finora d’accordo al cento per cento. La tesi di Galimberti è la seguente: 1) non si può uccidere senza un movente. 2) Chi lo fa dimostra inconfutabilmente di essere in preda a un «raptus» o comunque a un vuoto di coscienza e quindi in una condizione di totale o parziale irresponsabilità. 3) Chiunque si trovi in tale condizione non può essere giudicato penalmente responsabile e va dunque affidato non già ai carcerieri ma ai medici. 4) Affidarlo ai medici in altri tempi significava assegnarlo a un manicomio criminale, ma poiché i manicomi sono stati chiusi neanche questa sanzione può essere irrogata. Nel suo articolo Galimberti non dice quale tipo di sentenza avrebbe dovuto emettere secondo lui il Tribunale di Foggia e quale dovrebbe essere il giudizio della Corte d’Appello che sarà chiamata a pronunciarsi in secondo grado; ma dall’insieme del suo ragionamento deduco che egli pensi all’affidamento delle due ragazze assassine ai servizi di rieducazione sociale o – nella più rigorosa delle ipotesi – al riconoscimento delle attenuanti e quindi a una più mite condanna penale. Ma a parte il fatto che vediamo un giorno sì e l’altro pure ergastolani in libera circolazione, il che vuol dire che la pena non è affatto considerata irrevocabile, la tesi mi sembra (me ne scusi l’amico Galimberti) sbagliata nel merito e altresì nell’impostazione teorica. Nel merito: le due ragazze omicide cominciarono a pensare e a programmare concretamente il delitto che fu consumato nel mese di marzo fin dal mese di gennaio. L’ipotesi di un «raptus» va perciò esclusa in modo assoluto; quella del vuoto di coscienza altrettanto: un vuoto di coscienza, qualunque cosa s’intenda con questa terminologia, che si protrae per tre mesi filati non può essere definito un vuoto di coscienza ma una coscienza vuota, cosa che è del tutto diversa e – questa sì – penalmente rilevante. […] La psichiatria moderna, ci ricorda Galimberti, ha impiegato duecent’anni per definire i disturbi della personalità. È vero e nessuno si sogna di cancellare quelle preziose acquisizioni scientifiche e terapeutiche i cui contenuti fanno parte da tempo della scienza criminale e del processo penale. Ma la loro applicazione alla fattispecie dedotta in processo non può che essere specifica e non generica. Non si può dire: manca il movente, quindi siamo in presenza di persona non responsabile. La risposta è un’altra: il movente non manca nel caso specifico. Per noi che giudichiamo da fuori il movente può forse essere ritenuto risibile, ma per i protagonisti dell’omicidio non lo è. È risibile un mancato viaggio di vacanze per uccidere? Per noi sì, non sembra un movente, ma per le due ragazze in questione lo è stato, ammesso che non ce ne siano altri non scoperti e non provati. Un punto è chiaro: la lunga e lucidissima premeditazione, il disprezzo ostentato nel diario di una delle assassine della vita altrui, l’efferatezza dell’esecuzione. Il fatto della sopravvenuta confessione è in questo caso irrilevante ai fini del processo. Amico Galimberti, fino a quando nel codice penale esisterà la pena dell’ergastolo la sentenza del Tribunale di Foggia sembra a me ineccepibile. Si potrà abolire quella pena, personalmente sono favorevole, ma fin quando si ragiona «de iure condito», a Foggia non c’era altra soluzione. Detto che è importante una certa dialettica argomentativa, e che a questa si lega il problema della moderazione retorica, non dobbiamo comunque dimenticare che la logica argomentativa deve portare a far prevalere in modo netto la nostra tesi. In altri termini, occorre non dimenticare lo scopo del testo: se è persuasivo, dobbiamo convincere il destinatario che la nostra tesi è la migliore; se è pratico-propositivo, dobbiamo arrivare a fare delle proposte chiare, imponendo la nostra linea con decisione. È bene quindi tenere sempre presente lo scopo, perché per la preoccupazione di curare a fondo la dialettica argomentativa si può rischiare di costruire un testo non efficace dal punto di vista degli obiettivi. Vediamo alcuni esempi a partire da una esercitazione sui dieci anni del telefonino. La consegna dell’esercitazione è la seguente: Esercitazione 4 – I dieci anni del telefonino Il telefonino compie dieci anni. Il filosofo Umberto Galimberti, su la Repubblica, ha scritto: “Io non ho il telefonino e non lo voglio avere. Non è un segno di distinzione e neppure me ne vanto. Semplicemente non voglio perdere un’infinità di cose a cui in Italia hanno rinunciato 25 milioni di nevrotici che per strada, al ristorante, in treno, al cinema, a teatro, e in generale ovunque arriva prepotente il trillo, girano ansiosamente su se stessi per cercare il ‘campo’, lasciandovi lì come un fesso ad aspettare che la telefonata finisca.” Chi usa il telefonino, secondo Galimberti, non sa più cos’è il silenzio, l’atmosfera, non sa più stare dentro di sé per più di un’ora con il risultato che l’interiorità s’impoverisce. Il direttore del tuo giornale (un quotidiano a diffusione nazionale) ti chiede un articolo di commento a partire da questa dichiarazione. Devi sostenere una tua tesi (in accordo o in disaccordo con la dichiarazione) e argomentare per sostenerla. Ecco ora una esercitazione svolta da una studentessa: Il telefonino è veramente così indispensabile? (accordo) Dopo dieci anni dalla sua nascita il telefonino è ormai un oggetto a tutti familiare e che quasi tutti possiedono. C’è chi lo ritiene un mezzo di comunicazione efficace e utile, chi invece lo rifiuta considerandolo uno strumento inutile (come il filosofo Galimberti). Per quanto mi riguarda se ne fa un uso eccessivo. Ormai la prima cosa che si fa al mattino non è più bersi il caffè e fumarsi la sigaretta, ma è accendere il cellulare e leggere i messaggi di lavoro, degli amici o l’oroscopo della giornata. Questo lo ritengo ridicolo. Ormai i momenti di vera pausa non esistono più. Ogni minuto libero si passa giocando, “messaggiando”, parlando, navigando o faxando col cellulare. Per alcuni vivere senza questo oggetto è un po’ come essere esclusi dalla società. Con il telefonino siamo diventati tutti meno rispettosi del prossimo. Non dimentichiamo, infatti, quelle persone che lo tengono acceso ventiquattro ore su ventiquattro, anche nei momenti meno indicati. Ormai capita sempre più spesso che mentre stai parlando con un amico, magari anche di cose serie, tu venga interrotto dallo squillo e aspetti per mezz’ora che la telefonata finisca. E questo ti fa passare la voglia di continuare la tua confidenza. Il cellulare ha però anche i suoi aspetti positivi. Per quelle persone che per lavoro, come i medici, o per altri motivi, devono sempre essere reperibili, il telefonino è utile e fa risparmiare del tempo prezioso. Il telefonino oggi serve anche per mantenere i contatti con gli altri. Purtroppo il tempo oggi è denaro e quindi si passa la gran parte della giornata a lavorare in mezzo al traffico. Il cellulare ci aiuta molto a tenere i rapporti con gli altri, con gli amici e i familiari per i quali c’è poco tempo e che invece sono importanti nella vita di una persona. La studentessa indica subito che la sua tesi è in accordo con la linea di Galimberti, e infatti dal secondo al quarto paragrafo (da “Per quanto mi riguarda se ne fa un uso eccessivo”) il testo è orientato a sostenere questa tesi. Tuttavia negli ultimi due paragrafi (da “Il cellulare ha però anche i suoi aspetti positivi”), quasi obbligata a mettere gli argomenti a favore per garantire all’elaborato una sufficiente dialettica argomentativa, la studentessa elenca degli aspetti positivi, cioè delle controargomentazioni rispetto alla sua tesi. Il problema è che messe in questo modo, alla fine dell’elaborato e in assenza di opportune confutazioni, le controargomentazioni vanno a pareggiare le argomentazioni: in altri termini, si elencano i pro, si elencano i contro, ma si perde di vista lo scopo del testo, che è quello di persuadere in modo efficace. Alla fine cioè non siamo affatto colpiti dall’argomentazione in accordo con la linea di Galimberti, ma l’impressione è quella di una sostanziale neutralità. Cos’è che non ha funzionato nel testo che abbiamo appena visto? Non ha funzionato il gioco delle confutazioni, che alla fine deve far prevalere in modo inequivocabile la tesi sostenuta. È per questa ragione che il testo risulta inefficace. Per usare una metafora, la partita non può concludersi con un pareggio, ma deve sempre esserci un vincitore, cioè la nostra tesi. Rispetto all’Esercitazione 4, una scaletta efficace per un testo in accordo con Galimberti potrebbe essere la seguente: • Introduzione: oggetto, posizione di Galimberti • Controargomentazioni: si espongono alcune possibili argomentazioni in favore dell’uso del telefonino • Esposizione della propria tesi (in appoggio a Galimberti): in questa parte si possono confutare alcune argomentazioni portate precedentemente • Conclusioni Una scaletta efficace per un testo in disaccordo con Galimberti, per contro, potrebbe essere la seguente: • Introduzione: oggetto, posizione di Galimberti • Controargomentazioni: si espongono alcune possibili argomentazioni in appoggio all’opinione di Galimberti • Esposizione della tesi: si confutano le argomentazioni precedenti e si espone la propria tesi (in favore dell’uso dei telefonini) • Conclusioni Seguendo questo schema si comincia con il dare conto delle argomentazioni contrarie alla nostra tesi (controargomentazioni), per poi procedere alla loro confutazione e all’esposizione della tesi: che quindi, arrivando alla fine, logicamente prevale. Dal punto di vista didattico in questo schema diventa centrale l’uso dei connettivi: tra il secondo e il terzo blocco dovrebbero risultare con evidenza connettivi come tuttavia, ma, però, ciononostante. Questi connettivi rendono chiaramente l’idea dell’“inversione di marcia”: queste erano le controargomentazioni, tuttavia ora prevarranno le argomentazioni in favore della tesi. La presenza di quello che potremmo definire il connettivo-spia è un segnale che la macchina argomentativa sta funzionando, tanto che in una prima fase di apprendimento è consigliabile forzarne l’uso. Così come un altro segnale importante è l’uso del condizionale quando si presentano le controargomentazioni: es. il telefonino impoverirebbe l’interiorità, non consentirebbe di restare soli con se stessi, ecc. L’indicativo indica un dato di fatto mentre il condizionale consente di riportare elementi argomentativi che poi verranno confutati. È evidente che la pratica e l’esperienza portano a superare la meccanicità dei connettivi e degli schemi, cosicché firme di chiara fama conducono argomentazioni efficaci e persuasive al di là dei rigidi vincoli che stiamo esaminando. Eccone un esempio, sempre sul tema del telefonino. Io amo quel magico scarabeo di Furio Colombo Un telefonino squilla nella sala affollata e tutti si portano di scatto una mano alla cintola come in un film western. Tutti osservano il loro oggettino nero che li collega col mondo, magico come uno scarabeo egizio. Uno solo risponde. Capita che non sia un medico che raccoglie una chiamata d’urgenza. «Sì, amore. Poi ti richiamo». Gli altri ripongono lo scarabeo, un po’ delusi. Fra poco suonerà per me. Suona, infatti, e io voglio che suoni. Posso essere sincero? Non mi disturba. È come se vedessi i fili invisibili di una ragnatela che abbiamo intorno. È come se per un istante si vedessero, anche nello spazio, i puntini che si accendono quando, lungo la rete di contatti, un lievissimo brivido avverte che qualcuno sta chiamando per noi. «We are all connected», cantava l’inno dei bambini del mondo di Quincy Jones. E forse, ascoltando quella canzone, si commuovevano anche coloro che adesso sdegnosamente dicono «telefonino mai». Saranno che saranno, comunque, inseguiti da un messaggero trafelato. Dov’è, dunque, la differenza se non, un po’, nello status? E allora divampa la discussione: schiavitù o libertà? Credo che ogni svolta tecnologica abbia provocato questa domanda, come dimostra il dibattito concitato e disordinato sulla biogenetica che – è vero – può sempre portare il peggio. Ma intanto salva i grandi ustionati ed è sul punto di evitare la catena delle grandi malattie ereditarie. […] Poi dovete dirmi perché voi, entusiasti di Internet, su cui passa ogni istante il meglio e il peggio del mondo, e voi la praticate comunque, come un culto, perché siete tanto severi col telefonino che raggiunge in pizzeria la teenager un po’ screanzata? Lei mangia, fuma, litiga, e per i suoi amici fa il gesto «come rompono questi!». Ma al telefonino risponde compunta che arriva «di certo prima delle undici». Perché va così male che il camionista, non più solo al mondo con la sua radio, possa dire a casa «cento chilometri e sono arrivato»? Che cosa c’è di irritante se il lui o la lei di una coppia può dire nel vuoto «ci sei? Dove sei?», visto che l’altra voce vuol dire il senso della giornata? La piccola onnipotenza inerme dell’essere qui e altrove, del restare vicino mentre sei lontano, in fondo non è che l’avverarsi di un piccolo racconto di fantascienza di Ray Bradbury. L’astronauta perduto si arrampica sulla crosta rocciosa e nell’aria opaca del mondo che non conosce intravede tante piccole luci, ascolta tanti piccoli suoni, che gli fanno scoprire il punto di contatto fra universi che non comunicano. Noi lettori incantati, a quel tempo, non abbiamo pensato: ecco adesso arriveranno altri stupidi anche dall’universo. Abbiamo vissuto con emozione la fantasia del contatto impossibile fra mondi lontani. E anche adesso, quando in due vi guardate, in macchina, guardate il vostro scarabeo muto e inerte, e uno dei due sussurra «non c’è campo», dite la verità: avete l’impressione di avere iniziato la traversata di uno spazio ignoto. Forse era questo il sentimento che provava Leopardi bambino, guardando dal suo letto la notte che non risponde. Lui non ha mai avuto la piccola consolazione della voce che annuncia precipitosa: «Adesso c’è campo». Furio Colombo – è evidente – non divide schematicamente il suo pezzo in argomentazioni e controargomentazioni, così come non deve ricorrere al connettivo-spia per rendere efficace il suo testo. Questo è un esempio maturo, sicuramente da emulare a livello avanzato, di testo in cui argomentazioni e controargomentazioni sono disseminate tra i paragrafi, tesi e confutazioni si inseguono e si sovrappongono tra scene immaginate (quella iniziale, quella della teenager in pizzeria, quella del camionista, ecc.), riferimenti letterari (Bradbury, Leopardi), paragoni con altre tecnologie (biogenetica, Internet). Immagini, dialoghi e metafore rendono la scrittura viva, efficace, dinamica, e fanno di questo testo, senza dubbio, un esempio di scrittura (molto avanzata) con cui confrontarsi nel tentativo di abbandonare, gradualmente, la meccanicità dell’argomentazione intesa in senso didattico. 2.1.2. I paragrafi e le frasi tematiche Il paragrafo è l’elemento su cui si basa un testo, è quella porzione di testo racchiusa tra due punti a capo che può contenere un buon numero di frasi o di interi periodi. Il paragrafo va inteso come un’unità testuale chiara e distinta, dotata di una propria struttura interna e di uno sviluppo tematico preciso e compatto. Se i periodi sono chiusi dal punto fermo, i paragrafi sono delimitati dal punto a capo. Quindi un periodo è chiuso da un punto fermo, ed è seguito da un altro periodo che comincia subito dopo, un paragrafo è chiuso da un punto a capo, nel senso che si va a capo, si comincia un altro capoverso con un determinato rientro di prima riga. Questa differenza non è sempre chiara, e capita spesso di leggere esercitazioni in cui si va a capo e si comincia un nuovo paragrafo senza che sia necessario. Si veda l’esempio seguente: Io non ho il telefonino e non ne sento neppure il bisogno, nonostante ciò non ho ancora perso il lavoro, e non sono mancato a nessun importante appuntamento. Continuando a telefonare da casa o dall’ufficio, facendo uso delle comuni schede telefoniche, non ho smesso di lavorare in maniera efficiente, e di mantenere relazioni sociali con il mondo. I due blocchi hanno uno stesso sviluppo tematico, e quindi sarebbe sufficiente separarli con un punto fermo. Ma altre volte, al contrario, capita di non vedere un’opportuna separazione del testo in paragrafi, con un uso scorretto del punto fermo. Un testo argomentativo funzionale (ma questo vale anche per gli altri testi) deve avere una buona struttura costituita da paragrafi che abbiano uno sviluppo tematico compatto e una consequenzialità logica. Si deve avere l’idea che si parte da un punto per arrivare a un obiettivo ben preciso attraverso argomentazioni, confutazioni, ragionamenti. Da questo punto di vista la “tenuta” dei paragrafi è essenziale. Di solito ogni paragrafo è organizzato intorno a un’idea centrale. Per questa ragione il paragrafo contiene, quasi sempre, una frase che racchiude questa idea e che quindi svolge un ruolo più importante delle altre. Si tratta della frase tematica, o topic sentence, che esprime quindi l’idea o l’argomento centrale che il resto del paragrafo dovrà sviluppare. Ecco alcuni esempi: Eppure riesce facile capire come i ragazzi abbiano bisogno, all’inizio almeno, di qualcuno che li guidi, che li istruisca. Eco ha di recente sostenuto la necessità di porre filtri, se non intelligenti limitazioni. La proposta non si può non accogliere con favore. La tutela del minore è dovere fondamentale, l’educazione all’uso consapevole delle nuove tecnologie un obbligo irrinunciabile. Software specializzati nel filtraggio delle informazioni, o più semplicemente utenti esperti che sorvegliano. Non si può giudicare una persona da una sua sola azione. Caino non subì all’istante la vendetta di Dio. Fu protetto, anzi, da coloro che volevano vendicare Abele: nella sua vita aveva la possibilità di pentirsi e cambiare comportamento. Chissà poi quante ne aveva fatte il ladrone crocifisso alla destra di Cristo, eppure Gesù gli promise che sarebbe andato in Paradiso, perché si era pentito. E allora divampa la discussione: schiavitù o libertà? Credo che ogni svolta tecnologica abbia provocato questa domanda, come dimostra il dibattito concitato e disordinato sulla biogenetica che – è vero – può sempre portare il peggio. Ma intanto salva i grandi ustionati ed è sul punto di evitare la catena delle grandi malattie ereditarie. Vediamo ora alcuni esiti di una esercitazione mirata all’uso della frase tematica all’inizio dei paragrafi. Esercitazione 5 Qualche tempo fa, consumatosi il primo atto sessuale tra due protagonisti del Grande Fratello, Enzo Biagi ha dichiarato: “Mi vergogno di far parte di questa televisione.” Il direttore del tuo giornale (un quotidiano a diffusione nazionale) ti chiede un articolo di commento su questa trasmissione a partire dalla dichiarazione di Biagi. Devi sostenere una tua tesi (in accordo o in disaccordo con la trasmissione) e argomentare per sostenerla. Prima della stesura occorre indicare il titolo del pezzo e tra parentesi la tesi sostenuta (accordo o disaccordo). Ecco un paio di esercitazioni in cui le frasi tematiche (sottolineate nel testo) vengono utilizzate con discreto successo: Voyeurismo all’italiana (accordo) “Mi vergogno di far parte di questa televisione”. Lapidario come in altre occasioni, Enzo Biagi ha così commentato “Il Grande Fratello” in seguito al primo incontro sessuale che ha coinvolto due dei protagonisti a pochi giorni dall’inizio della trasmissione. Una presa di posizione, la sua, frutto di assennata ragionevolezza, ma non condivisa dall’italiano medio, che segue con interesse più o meno marcato le vicende dei ragazzi volontariamente rinchiusisi nella casa. Non è poi forse compito degli intellettuali additare con disprezzo i prodotti eticamente più controversi? Gli stessi che, per qualche ironica dinamica, sembrano riscuotere maggior successo di pubblico. Ormai lo scenario televisivo offre una vasta gamma di prodotti, all’interno della quale ben convivono “Il fatto” dello stesso Biagi e “Il Grande Fratello”. È divertente immaginare la signora Maria, intenta a finire le faccende di casa di giovedì sera, fare zapping frenetico per non perdere il filo del discorso dell’insigne giornalista e per monitorare, allo stesso tempo, la reazione del nominato o dell’escluso di turno. Divertente, appunto, ma non inconcepibile. Al di là di tradimenti, beffe, patetici approcci seduttivi, meschinità quotidiane amplificate dal piccolo schermo, “Il Grande Fratello” agli italiani piace, e molto. Lo dicono i dati sull’audience. Lo confermano le reazioni indignate di alcuni intellettuali. Poco importa che i giorni all’interno della casa si ripetano gli uni uguali agli altri, che i discorsi varino dal patetico al noioso, che si polemizzi su eventuali suggerimenti degli autori ai ragazzi; guardare pseudoquotidianità in pillole non ci renderà delle persone migliori, ma senza dubbio rassicura gli animi. Allora perché condannare il piacere scopico? Perché non soddisfare questo innato voyeurismo e la conseguente curiosità dei telespettatori? Consideriamoli al limite peccati veniali. Anche il potere dell’esclusione dei protagonisti da parte dei telespettatori può essere una chiave di lettura di questo successo. Esprimere le proprie antipatie attraverso una telefonata che costa solo 2000 lire è intrigante. Tanto poi ci penserà Costanzo a consolare gli esclusi, propinandoceli nuovamente in ogni trasmissione Mediaset. Con il benestare del pubblico e buona pace dei moralisti. Grande Fratello: il vero volto della TV commerciale (accordo) La messa in onda della trasmissione “Il Grande Fratello” ha suscitato, né poteva essere altrimenti, una miriade di reazioni polemiche, in un gioco dialettico da cui pochi, per la verità, si sono astenuti. La trasmissione in sé e per sé, mi pare, non è certo memorabile. I critici più accaniti si sono scagliati, di volta in volta, contro la piattezza della recitazione, la vuotezza delle trame, la sciatteria dei contenuti o la banalità delle discussioni, indissolubilmente legate ad argomenti scandalistici e di dubbio gusto. Qualcuno ha visto cioè, nel Grande Fratello, nient’altro che un’altra soap opera, solo più noiosa, volgare e mal interpretata. Eppure, mi sembra, una visione così radicale non tiene conto di almeno due fattori. Innanzitutto “Il Grande Fratello”, tanto nei contenuti che nella forma, non sembra, a prima vista, essere disomogeneo con il resto dei prodotti televisivi. Detto in altri termini, si assesta sulla medietà, non incanta ma nemmeno delude. Il Biagi che, interrogato al proposito dichiara testualmente di vergognarsi di far parte di questa televisione, è ancora vittima d una visione elitaria della cultura, e rischia di dimenticare, lui per primo, il contesto nel quale la trasmissione si inserisce, un ambiente per larga parte superficiale, banale, legato certo più all’effimera evasione che non all’impegno. In secondo luogo molti non sembrano accorgersi della straordinaria valenza commerciale e strategica dell’intera operazione “Grande Fratello”. Solo i meno attenti non avranno capito che la trasmissione non si esaurisce nello spazio palinsestuale che le è dato, ma che anzi continua in altre trasmissioni, magari di emittenti concorrenti, sulle pagine dei giornali, in Internet, addirittura nelle discussioni in famiglia o con gli amici. Si viene creando nel tempo una sorta di discorso continuo, ininterrotto, soprattutto autoreferenziale, e certo chi si lagna della sua vuotezza non può tuttavia non apprezzarne la portata. Si obietterà che il solo interesse economico non possa essere anteposto a regole morali o addirittura estetiche: basterà ricordare che Canale 5 è, per sua stessa natura, una emittente commerciale. Questo forse non spiegherà tutto ma molto sì. Si noti come le frasi tematiche riassumono e introducono il contenuto del paragrafo, mentre l’errore più frequente è proprio quello di mettere una breve frase d’apertura che però non indica il tema del paragrafo. Inoltre si noti la buona dialettica argomentativa, soprattutto nel secondo elaborato. Nel secondo paragrafo si discute lo scarso livello qualitativo del programma, ma poi nel terzo paragrafo si inquadra il programma nel più ampio contesto televisivo (tutto qualitativamente non eccellente), e nel quarto paragrafo si sottolinea la valenza commerciale del programma, un format-palinsesto che riesce a debordare in altri canali, in Internet, sui giornali, con un potente effetto autoreferenziale. E se questo va a stridere con l’etica televisiva, occorre ricordare – come si fa in chiusura – che Canale 5 è una televisione commerciale. In questi casi la frase tematica è all’inizio, ma non è detto che sia sempre così. Inoltre la frase tematica dipende dal tipo di paragrafo: se è vero che la varietà di paragrafi è praticamente infinita, si può comunque tentare di individuare alcuni tipi di paragrafo ricorrenti8. Paragrafo per enumerazione Es. Ci sono solo tre persone che potrebbero aiutarmi: il mio amico Andrea, il professor Clemente e io stesso. Ma ad Andrea non posso certo chiedere di mentire per me e il professor Clemente si è dimostrato comprensivo fin troppe volte nei miei confronti. Domani sarà severo, a dispetto del suo nome. Non posso contare che su me stesso, quindi, e in fondo è giusto così. La frase tematica introduce una serie di elementi che verranno ripresi singolarmente nel paragrafo. Paragrafo per confronto e contrasto Es. Partecipare o non partecipare ai seminari legati ai vari corsi non è affatto indifferente, anche per motivi “pratici”. Nel primo caso infatti si ha modo di parlare spesso con i docenti anche prima dell’esame e se necessario di ottenere spiegazioni. Se non li si frequenta può diventare tutto più difficile. La frase tematica presenta due elementi in contrapposizione e nel paragrafo si sviluppa un confronto fra tali elementi. Paragrafo per narrazione Es. Il processo di decolonizzazione mondiale si è svolto in un arco di tempo molto lungo. Fino alla fine degli anni Quaranta giungono 8 Si seguono qui gli esempi di Dario Corno, Scrivere e comunicare, Paravia, Torino, 1999, pp. 127-129. all’indipendenza, senza una vera e propria guerra di liberazione, i paesi sotto il dominio inglese e olandese. Negli anni Cinquanta … La frase tematica presenta un’informazione o un tema, e il paragrafo lo sviluppa in termini narrativi, secondo un asse cronologico. Paragrafo per esemplificazione Es. Non bisogna mai fidarsi troppo della propria memoria. Io ero convinto di dover rinnovare la mia patente fra sei mesi, invece, a un controllo della polizia stradale l’altro ieri, ho scoperto che era già scaduta da dieci giorni. La frase tematica dà un’informazione che verrà illustrata nel paragrafo per mezzo di esempi. Paragrafo per descrizione Es. Il padre Cristoforo da *** era un uomo più vicino ai sessanta che ai cinquant’anni. Il suo capo raso, salvo la piccola corona di capelli, che vi girava intorno, secondo il rito cappuccinesco, s’alzava di tempo in tempo, con un movimento che lasciava trasparire un non so che d’altero e di inquieto […] La frase tematica presenta una persona, un oggetto, un evento, e nel paragrafo si sviluppa la descrizione nei dettagli. Paragrafo per problematizzazione Es. L’abolizione del servizio di leva è un passo di avvicinamento all’Europa. Non soltanto perché i nostri maggiori partner europei (con la sola eccezione della Germania, che sconta ancora oggi le colpe del suo passato militarista) ci erano arrivati da tempo. Ma soprattutto perché l’eliminazione della naia, quando sarà pienamente realizzata, consente ai nostri giovani di colmare uno svantaggio di un anno rispetto ai loro coetanei europei nel passaggio dal mondo dello studio a quello del lavoro. Nell’era della globalizzazione la competizione per i posti di lavoro sta passando sempre più da una scala nazionale a una scala continentale, specie per i laureati. Rispetto alla media europea gli italiani finiscono gli studi in ritardo: l’anno di militare obbligatorio era diventato un fardello in più, che si traduceva in una penalizzazione spesso incolmabile. La frase tematica propone un’affermazione che poi viene sviluppata logicamente e problematizzata nel paragrafo. Paragrafo per citazione Es. La posizione di Francesco De Sanctis a proposito dell’insegnamento letterario emerge con passione nella prolusione al corso tenuto a Zurigo nel 1856 presso la Facoltà di Ingegneria. Il grande studioso napoletano ritiene che solo gli studi letterari disinteressati e volti alla formazione della personalità, possano creare un uomo completo. Mentre coloro che si fermano agli studi utilitaristici, propri della formazione professionale, non sono diversi dalle bestie, che badano solo a soddisfare i propri bisogni materiali. La frase tematica dichiara che quanto segue è l’opinione di un altro autore su un argomento che si sta trattando. Paragrafo per ricapitolazione Es. Arrivati a questo punto, dobbiamo dire che la decisione non è facile. Chi ha a cuore la salvaguardia dell’ambiente naturale ha certo ragione a dire che la nuova autostrada farebbe scempio di un paesaggio da secoli considerato fra i più belli d’Italia. D’altra parte si è visto che le ragioni economiche che spingono a questa iniziativa sono tutt’altro che indifferenti: essa potrebbe ridare vitalità a una zona in crisi. Il dibattito sarà probabilmente ancora lungo. La frase tematica introduce una sorta di sommario, e il paragrafo lo sviluppa elencando sinteticamente i pro e i contro rispetto a un certo problema. Paragrafo per domanda-risposta Es. Quanti tipi di galassie esistono? Se ne distinguono almeno cinque. Le galassie “a spirale”, quelle “barrate”, quelle “ellittiche”, quelle “lenticolari” e infine le “irregolari”. Ora le esamineremo una per una. La frase tematica è nella forma interrogativa per far capire che nel paragrafo sono sviluppate alcune risposte. Bisogna ricordare che: 1. la frase tematica esprime l’argomento che il resto del paragrafo deve sviluppare; 2. la frase tematica deve far capire al lettore il modo in cui il paragrafo è organizzato, il suo contenuto: in altri termini deve facilitare la lettura. Negli articoli di commento persuasivi del Laboratorio, dunque, la frase tematica dovrà essere posta obbligatoriamente all’inizio dei paragrafi: può fare eccezione il primo paragrafo, nel caso sia breve e serva solo a introdurre l’argomento. Pertanto ai due punti precedenti aggiungiamo che: 3. la frase tematica deve essere la prima del paragrafo e deve essere sottolineata; 4. la frase tematica deve terminare con un punto fermo; non può terminare con un punto a capo perché il paragrafo deve necessariamente essere formato da più di un periodo; 5. la frase tematica deve essere breve (anche se non necessariamente brevissima); 6. la frase tematica non è un titolo: il titolo è esterno al testo, la frase tematica, al contrario, è interna al testo (e quindi al paragrafo). 2.1.3. Questioni stilistiche Una caratteristica degli articoli giornalistici – che diventa in una certa misura un nostro criterio didattico – è quella dello stile segmentato. Lo stile segmentato (in opposizione allo stile coeso) è caratterizzato da periodi brevi, da una coordinazione semplice e da un uso più frequente dei pronomi. Ecco due esempi9: ESEMPIO DI STILE COESO Con questa relazione vogliamo mostrare che scopo della nostra indagine è l’individuazione di situazioni strategiche che riflettano il successo di certe persone attraverso le istituzioni sociali. ESEMPIO DI STILE SEGMENTATO Questa relazione riporta i risultati della nostra indagine; essa mira a definire certe situazioni strategiche. In particolare, ci occupiamo di mostrare quelle situazioni che portano certe persone ad avere successo. Ci soffermiamo solo su situazioni relative alle istituzioni sociali. Nell’articolo di Sofri che segue, lo stile giornalistico segmentato è usato, in alcuni passaggi, in modo molto marcato. Proprio per questa ragione l’articolo deve funzionare, in questa sede, solo da esempio stilistico, mentre per quel che riguarda le esercitazioni del Laboratorio lo stile deve essere solo tendenzialmente segmentato e non deve seguire forme giornalistiche “estreme”. LO STRACCIONE E IL POLIZIOTTO di Adriano Sofri Ho seguito con curiosità le notizie sulla prosopoagnosìa: non conoscevo la parola, e solo un poco il fatto, la difficoltà di riconoscimento fisiognomico dei propri conoscenti. A me succede un’altra cosa, da un po’ di tempo: mi pare che le persone mi assomiglino. O, se volete, che io somigli loro. Mi succede all’ingrosso, anche con le facce e i corpi più palesemente diversi. Mi fa un’impressione strana, perché ero abituato ad avere un’idea forte, magari troppo forte, della mia singolarità. Guardando gli altri sentivo la mia dissomiglianza. Ora, è il contrario. Mi chiedo perché. Naturalmente, il tempo lavora per la biologia: i vecchi 9 Da Maria Teresa serafini, Come si scrive, Bompiani, Milano, 1994, pag. 177. uomini rischiano di scoprirsi simili, e perciò si appartano e a volte si incattiviscono. Una spiegazione più interessante me la do attraverso le vicende della mia esistenza. Ho trascorso ormai parecchi anni in situazioni che riducono le persone all’osso, per così dire, che denudano la vita, le tolgono il bel trucco. Posti di guerra, città assediate, luoghi di freddo e di fame, galera: si guarda camminare gli altri in una gabbia e si vede se stessi, con solidarietà e ripugnanza. Mi accorgo di aver presentato equivocamente la mia sindrome. Gli altri cui mi sembra continuamente di assomigliare sono brutti, poveri, sporchi e malridotti. Dev’essere per questo che sono stato così eccitato da un episodio come il reportage di Fabrizio Gatti sul “Corriere della sera” dell’altro giorno. Gatti si è travestito da extracomunitario povero, rumeno, ha mendicato in strada, è stato preso a schiaffi da un poliziotto, minacciato con una pistola puntata all’inguine da un carabiniere, costretto a firmare una rinuncia ai propri diritti, chiuso nel famoso centro di via Corelli e testimone, da lì, di vergogna e brutalità. Perché mi ha così colpito? Dopotutto non era un espediente originale. Anni fa un giornalista tedesco trascorse mesi da turco in Germania, e lo raccontò in un libro che fece il suo quarto d’ora di scandalo. Gad Lerner lo ripeté in un viaggio italiano. Quanto al contenuto del racconto di Gatti, è impressionante, per giunta su un giornale così autorevole: ma a me non ha detto niente di nuovo. Chiunque viva, per vocazione o per forza, con gli ultimi sa che gli abusi testimoniati da Gatti sono l’esperienza ordinaria di ciascuno di loro. Piuttosto, a turbarmi e appassionarmi è il travestimento riuscito: la facilità con la quale un giornalista può diventare un barbone rumeno, e passare per tale fra disgraziati autentici e fra i loro guardiani. Dunque è così sottile il confine fra un cittadino in forma, elegante, con una professione prestigiosa, e un irregolare straniero dagli stracci puzzolenti, preso a calci come un fagotto da ogni autorità di passaggio? Certo, è così sottile. Un abito scambiato tramuta il principe in povero e viceversa. Anche questo lo sappiamo da sempre, però sempre ce lo dimentichiamo. Diciamo: mi metto nei suoi panni. Ma è solo un modo di dire, ci abbottoniamo stretti nei panni nostri. Quando uno lo fa davvero, come il cronista, semina lo scompiglio nel nostro ordine pubblico e privato. Per il solo scherzo di cambiare per diciotto giorni i propri panni, costringe a un pensiero inaspettato e allarmante. Il pensiero che lo scambio è reciproco: ciascun reietto, a guardarlo bene, potrebbe mettersi nei panni nostri. Dei disgraziati non ci si può più fidare. Non si possono più prendere spensieratamente a ceffoni, non si possono minacciare contando sul loro silenzio; non si possono più dire cose compromettenti al loro cospetto fidando nell’ignoranza della lingua; non si può ruttare da bravi sul loro viso o soffiargli addosso il fumo dopo aver calpestato il loro pacchetto di sigarette. Scoperta inquietante per l’ordine costituito. Guai, io penso, se davvero si rintracciassero e perseguissero i due o tre poliziotti e carabinieri e infermieri che hanno schiaffeggiato o intimidito o falsamente certificato il falso rumeno: hanno solo avuto un colpo di sfortuna. E sarebbero puniti per questo? E impuniti tutti gli altri che abbiano offeso o percosso disgraziati veri e senza riscatto? Beffarda giustizia sarebbe, una mortificazione in più per i nuovi venuti. Basti l’effetto – per il po’ che potrà durare – dell’incursione di Gatti. Basti la circolare non scritta che in tutte le caserme e commissariati d’Italia ordinerà di diffidare di accattoni, piccoli spacciatori, prostitute, perché probabilmente sono giornalisti di quotidiano. Non è dei poliziotti o dei carabinieri che parla soprattutto l’articolo del “Corriere”, ma di noi cittadini normali. Poliziotti e carabinieri sono così vicini agli ultimi che viene loro facile di allungare le mani, ma anche di scoprirli come il proprio prossimo. Sono loro, oltretutto, i più abituati a travestirsi da piccoli delinquenti, e magari a riflettere per ragioni di servizio su quel discrimine sottile. Forse, se scrutiamo più a fondo negli occhi del nostro extracomunitario, e gli strofiniamo come per caso una guancia per capire se è sporco, scuro di pelle o truccato, in modo da sincerarci che non è un dannato giornalista, finiremo per scoprire, in fondo agli occhi, sotto la pelle, che è una persona. Come noi. Che ci somiglia. È la cosa strana che succede a me, che pure tenevo tanto alla mia solitaria individualità. Nel vangelo Gesù chiede: «Chi dicono che io sia?». Forse uno straccione, forse un re. D’ora in poi, nelle tante vie Corelli d’Europa, si prenda tempo prima di sferrare il colpo: forse è uno straccione, forse un giornalista, forse il re dei cieli. Un altro criterio da tenere presente è quello della semplicità. Anzitutto semplicità lessicale, perché raramente un articolo giornalistico presenta termini inutilmente complessi; e poi semplicità sintattica, nel senso che le frasi devono essere piuttosto brevi e presentare una struttura non eccessivamente elaborata (questo punto si collega con lo stile segmentato già visto precedentemente). Il principio da ricordare è che quando si legge un articolo non si deve essere costretti a fermarsi per capire un concetto, non si deve essere costretti a tornare indietro per ricostruire un’argomentazione troppo complessa. Tuttavia la ricerca della semplicità può portare all’effetto della banalizzazione, che si manifesta talvolta con l’uso di stereotipi e di luoghi comuni. A questo proposito, ecco alcuni consigli molto sintetici: • evitare espressioni abusate e inutili dal punto di vista dell’informatività come “a livello di”; • evitare espressioni figurative logorate dall’uso come “l’occhio del ciclone”, “cavalcare la tigre”, ecc. • evitare espressioni inadeguate per il contesto perché appartenenti ad ambiti discorsivi diversi, come “essere in pole position” (dallo sport) o “immaginario collettivo” (da teorie psico-sociologiche); • evitare gli slogan, che condensano, banalizzandole, ampie assunzioni ideologiche; • evitare espressioni eccessivamente astratte o burocratiche come “tematica di fondo”, “porre in essere”, “attivarsi”, “discriminare fra i diversi contesti”; • evitare espressioni eccessivamente concrete per il contesto: “zoccolo duro”, “gatta da pelare”, “patata bollente”; • evitare espressioni passe-partout, come “discorso valido”; • evitare eccessi d’intensità come “delirante”, “assurdo”, “allucinante”, ecc. È importante sottolineare che non ci sono criteri certi, ma solo una sensibilità che deve tener conto sostanzialmente di due fattori: (i) il contesto specifico d’uso; (ii) una sensibilità epocale (anche di breve periodo) verso gli usi e gli abusi linguistici. Sempre a questo proposito si leggano queste osservazioni stilistiche10: 10 Da Papuzzi [op. cit.: 121-122]. Giulio De Benedetti, direttore della «Stampa» per vent’anni, aveva in testa un decalogo personale: «Detestava le parole lunghe, per esempio tutte quelle che finiscono in ione o in ento. Detestava gli accoppiamenti banali fra aggettivo e sostantivo – come ha ricordato Alberto Ronchey. – Diceva: non bisogna usare l’aggettivo e il sostantivo che hanno celebrato le nozze d’oro. Nello stesso tempo l’aggettivo non doveva mai essere troppo vistoso, troppo eccentrico. Perché il giornale non doveva mettere in imbarazzo la gente». Invece un decalogo formale venne redatto da Arrigo Benedetti, il fondatore dell’«Espresso», quando assunse nel 1975 la direzione di «Paese Sera»: «Non si usano verbi inventati, come evidenziare, presenziare, potenziare, disattendere, o superflui come effettuare per fare, iniziare per cominciare; i francesismi come ‘a mio avviso’; le frasi fatte come madre snaturata, folle omicida, agghiacciante episodio, in preda ai fumi dell’alcool, i nodi da affrontare, nell’occhio del ciclone, l’apposita commissione, e gli aggettivi che servono a caricare d’infamia chi non ne ha bisogno, come il criminale fascista, l’infame dittatore». Ma la lingua dei giornali è sempre minacciata dalle frasi fatte e dall’invasione degli stereotipi. Non mancano mai persone o cose che sono «a rischio» o «nel mirino», abbiamo l’«Azienda Italia», e spesso la «voglia di…», siamo pieni di «storie di ordinaria…», e scriviamo la cronaca di qualcosa «di annunciato». Tutti questi sono modi di dire che possono sembrare scorciatoie per raggiungere prima il lettore, ma che rendono approssimativa e stucchevole la scrittura. Infine, alcune considerazioni sui finali. Un altro retaggio del tema delle scuole superiori può essere quello del finale “a effetto”. Si pensa forse che sia necessario concludere un elaborato con una sorta di crescendo, e capita così di cadere nelle trappole dei luoghi comuni e delle formule stereotipate. Ecco alcuni finali di questo tipo, tratti da una esercitazione in cui si chiedeva di scrivere un articolo sulla pratica della lettura: Nella lettura troviamo sempre nuove risposte a nuove domande ed essa caratterizzerà la nostra vita da adulti, speriamo migliore di quella attuale. Leggi quindi con attenzione e scopri il mondo che si cela dietro quelle pagine bianche! Il tuo, vedrai, sarà un approfondimento di vita. Ragazzi non fatevi trovare impreparati, il mondo dei grandi è duro e difficile... Bisognerebbe far sentire il libro come qualcosa di vivo, interessante, e non distante. Qualcosa che fa arricchire la vita, la rende interessante, una vita... bella! È questo, forse, l’unico modo che abbiamo per superare le ipocrisie ed i pregiudizi che inquinano il nostro mondo, che, oggi come non mai, è sempre più bisognoso di menti libere ed aperte, capaci di guidarlo oltre, verso una maggiore, e migliore, giustizia ed equità. Non lasciate chiuse le porte che sono dentro e fuori di voi, apritele e imparate. Imparate e crescete. Crescete e vivete pienamente. Nei finali non si deve tentare di fornire soluzioni definitive, che nella loro genericità risulterebbero senz’altro vaghe rispetto alla complessità dei problemi. Dopo aver argomentato in una trentina di righe, conviene concludere ponendo dei problemi, aprendo interrogativi, rendendo conto della complessità della discussione, piuttosto che tentare di chiudere semplicisticamente una questione. 2.1.4. La revisione Come per il testo espositivo, proponiamo qui una griglia per fare una revisione finale sulla base dei parametri che abbiamo discusso: • • • • • • Aspetti specifici dell’articolo di commento persuasivo nel testo è stata curata la dialettica argomentativa, cioè sono presenti argomentazioni e controargomentazioni? il testo è efficace dal punto di vista persuasivo? sono state messe prima le controargomentazioni e poi le argomentazioni a sostegno della tesi? Tra il blocco delle controargomentazioni e il blocco delle argomentazioni c’è il connettivo (avversativo)? il testo presenta una buona articolazione in paragrafi? I paragrafi non devono essere troppi né troppo pochi, e soprattutto devono sviluppare un argomento in modo completo. all’inizio dei paragrafi è presente la frase tematica? Per maggiore chiarezza è bene sottolinearla. il registro stilistico è adeguato? Aspetti formali • punteggiatura • sintassi • lessico Conclusioni: la prova finale d’idoneità Come detto nel § 0.6, il Laboratorio prevede una prova finale che consiste nella stesura di un testo espositivo (rapporto) o di un testo argomentativo (articolo di commento) secondo i criteri qui esposti. La prova si conclude con un giudizio di idoneità o di non-idoneità, e l’idoneità viene attribuita con un giudizio tra i seguenti: sufficiente, discreto, buono, ottimo. Questo significa che lo scopo finale è quello di certificare uno standard di scrittura. Rispetto ai due tipi di testo approfonditi, si valuteranno attentamente (i) le operazioni cognitive e (ii) i registri stilistici che li caratterizzano: Elementi da valutare: Abilità cognitive Registro stilistico Testi (rapporto professionale) Organizzazione logica e Neutro, distaccato, pianificazione efficace dei oggettivo, ecc. dati Testo argomentativo Connessione logica e pianificazione efficace delle argomentazioni Testo espositivo (articolo di commento) “Giornalistico”, partecipativo, segmentato, senza stereotipi e/o luoghi comuni Si possono riassumere i criteri per valutare lo standard dell’idoneità distinguendo due livelli e indicando i parametri che caratterizzano ciascun livello: I LIVELLO (o livello di base) • • • • correttezza grammaticale e buon uso delle convenzioni grafiche correttezza e buon controllo della sintassi correttezza della punteggiatura precisione del lessico • buona coesione superficiale del testo • buona coerenza nella connessione dei contenuti • buona strutturazione II LIVELLO (o livello specifico) Testo espositivo (rapporto): • buona organizzazione dei dati • uso di un registro stilistico appropriato • buona impostazione della parte propositiva (se richiesta) Testo argomentativo (articolo di commento): • presenza di una buona efficacia persuasiva e di una discreta dialettica argomentativa • presenza di una buona organizzazione in paragrafi con l’uso della frase tematica all’inizio di ciascun paragrafo • uso di un registro stilistico appropriato A questo va aggiunto, come già detto, che nella prova finale si deve dimostrare di saper scrivere un testo al computer: pertanto si valutano anche l’esattezza e la pulizia della composizione al computer (nelle prove si forniscono sempre indicazioni precise in tal senso). APPENDICE 1 La punteggiatura La punteggiatura svolge un ruolo fondamentale nell’organizzazione sintattica di un testo e regola le pause della lettura. In parte l’uso della punteggiatura è soggettivo, ma in larga misura è legato a vincoli logicosintattici. Proviamo a vedere i criteri d’impiego fondamentali dei vari segni di punteggiatura11. La virgola La virgola indica una piccola interruzione nel discorso. Nella scrittura la virgola segue immediatamente il carattere precedente ed è seguita da uno spazio bianco. La virgola può separare tra loro termini che hanno funzioni sintattiche analoghe (es.: Questo vino ha un sapore asciutto, pieno, armonico), oppure singoli termini di un elenco (es.: Devo acquistare una matita, una gomma, alcuni pennarelli, una risma di fogli e un raccoglitore di anelli). Può separare certe frasi introduttive (es.: Reduce da una trionfale tournée in America, il soprano si esibirà domani alla Scala), oppure le apposizioni (es.: La capitale dell’ungheria, Budapest, sorge sulle sponde del Danubio). La virgola, salvo usi stilistici molto particolari, non deve mai separare il soggetto dal predicato o il predicato dall’oggetto. Esempi: Corretti: Gli ultimi movimenti di borsa indicano una tendenza al rialzo. Lo studio analizza nei minimi dettagli le possibili applicazioni del metodo. 11 Sbagliati: Gli ultimi movimenti di borsa, indicano una tendenza al rialzo. Lo studio analizza nei minimi dettagli, le possibili applicazioni del metodo Seguiamo qui l’esposizione di Roberto Lesina, Il nuovo manuale di stile, Zanichelli, Bologna, 1994, pp. 111-129. Sono riportati anche molti esempi di Lesina. È invece possibile inserire, in una proposizione, un inciso racchiuso fra due virgole. La caratteristica degli incisi è che devono poter essere cancellati senza intaccare il funzionamento del periodo in cui sono collocati. Esempi: • • Gli ultimi movimenti di borsa, così almeno pare, indicano una tendenza al rialzo. Lo studio analizza nei minimi dettagli, con l’aiuto di modelli di simulazione, le possibili applicazioni del metodo. La virgola può separare fra di loro proposizioni indipendenti e logicamente correlate. Esempi: • • La situazione era sempre più gravosa, il malumore cresceva, ma nessuno si decideva a protestare. I loro tempi di pagamento sono risultati troppo lunghi, pertanto dobbiamo rivedere i prezzi concordati inizialmente. La virgola può separare una proposizione secondaria dalla proposizione principale che la regge (es.: Se avrete la pazienza di leggere queste indicazioni, non avrete difficoltà a utilizzare la virgola in modo corretto). Queste separazioni possono essere soggettive e dipendere da scelte stilistiche, tuttavia bisogna fare molta attenzione quando la proposizione secondaria è inserita nella principale: in questi casi l’uso della virgola può modificare radicalmente il senso del discorso. In particolare bisogna fare molta attenzione alle proposizioni relative, che solo in alcuni casi svolgono il ruolo di inciso e richiedono la virgola prima e dopo. Le relative restrittive (o limitative) introducono informazioni indispensabili e non possono essere cancellate. Esempi: • • La ragazza che ho incontrato poco fa si chiama Francesca. La gara a cui ho partecipato era molto importante Le relative esplicative (o appositive) forniscono informazioni aggiuntive, non sono necessarie alla compiutezza della proposizione principale, e quindi possono andare tra virgole. Esempi: • • Proust, che è il mio scrittore preferito, non è amato da tutti. L’Alitalia, che è un’ottima compagnia aerea, non ha voli diretti per Malindi. Quindi, più in generale, la proposizione secondaria non deve essere racchiusa tra virgole se specifica o restringe l’uso di un termine al quale si riferisce. Esempi: Corretti: Gli esempi che stiamo considerando non possono illustrare tutti i casi possibili La soluzione proposta dal mediatore fu accettata da ambo le parti Sbagliati: Gli esempi, che stiamo considerando, non possono illustrare tutti i casi possibili La soluzione, proposta dal mediatore, fu accettata da ambo le parti. In questi due esempi le proposizioni secondarie specificano e restringono l’uso dei termini a cui si riferiscono: sono solo gli esempi che stiamo considerando (e non altri) a non illustrare tutti i casi possibili, ed è solo la soluzione proposta dal mediatore (non altre) a essere stata accettata dalle parti. Nei due esempi che seguono, invece, la proposizione secondaria deve essere racchiusa tra virgole: • • Gli agenti, poiché nessuno rispondeva, sfondarono la porta ed entrarono. Il museo, che per lungo tempo è rimasto chiuso per restauri, è ora nuovamente aperto al pubblico. In questi casi le proposizioni secondarie non specificano e non restringono in modo fondamentale l’uso dei termini a cui si riferiscono, e quindi si possono racchiudere tra virgole. Si vedano i due esempi seguenti: • • I passeggeri che si trovavano sul ponte videro la terra allontanarsi e sparire all’orizzonte. I passeggeri, che si trovavano sul ponte, videro la terra allontanarsi e sparire all’orizzonte. Nell’esempio 1 la proposizione secondaria non è separata dalle virgole, il che significa che specifica e restringe il termine a cui si riferisce. Il senso è che solo quelli che si trovavano sul ponte videro la terra allontanarsi. Nell’esempio 2 la proposizione secondaria è separata dalle virgole, il che significa che non specifica e non restringe il termine a cui si riferisce. Il senso è che tutti i passeggeri videro la terra allontanarsi. Il punto e virgola Il punto e virgola indica un’interruzione del discorso maggiore rispetto a quella della virgola. Nella scrittura il punto e virgola segue immediatamente il carattere precedente ed è seguito da uno spazio bianco. Il punto e virgola viene utilizzato per separare i termini di un elenco quando questo è lungo e complesso e presenta altra punteggiatura al suo interno. L’elenco di solito viene introdotto dai due punti e concluso dal punto. Esempio: • Principali risorse: agricoltura e foreste, lavorazione del legno e industria conciaria; pesca fluviale e marittima; turismo e artigianato tipico. Occorre ricordare che il punto e virgola è un segno sempre meno frequente nell’uso contemporaneo, e che in particolare non è quasi più utilizzato nella scrittura giornalistica, dove si preferisce usare il punto. Il punto Il punto indica un’interruzione di carattere conclusivo e di entità superiore rispetto a quella degli altri segni di punteggiatura. Nella scrittura il punto segue immediatamente il carattere precedente ed è seguito da uno spazio bianco. In particolare il punto fermo segna la conclusione di un periodo, e il periodo successivo deve essere iniziato con la lettera maiuscola. Il punto a capo, invece, indica la fine dei paragrafi, e per questa ragione è il segno di punteggiatura più importante poiché permette di cogliere la struttura del testo. Si veda l’esempio seguente: [1] La solitudine è ormai da tempo un male sociale più grave della povertà. Eppure non viene considerata come tale, indagata, elevata a oggetto di discorso politico. Si preferisce curarne i sintomi, o meglio speculare sui sintomi. La depressione, la malattia di fine secolo, nasce dall’isolamento degli individui e fa prosperare una gigantesca industria farmaceutica. [2] Un segnale grave di solitudine viene dai giovani. Tempo fa un’indagine ha stabilito che il 52 per cento degli italiani fra i 20 e i 34 anni vivono ancora nella famiglia d’origine, accanto a babbo, mamma e spesso ai nonni. Il dato è molto superiore alla media europea. Si conferma la centralità della famiglia italiana, ma in un senso inquietante. I commenti si sono tenuti in bilico fra il pistolotto contro gli eterni figli di mamma e il giovanilismo patetico sui “poveri” ragazzi senza lavoro, senza considerare che i coetanei francesi o inglesi o spagnoli non sono affatto più ricchi dei nostri. Nel primo paragrafo ci sono tre punti fermi e un punto a capo. Nel secondo paragrafo ci sono quattro punti fermi e un punto a capo. Serafini12 a questo proposito ricorda che il miglior servizio che possiamo fare ai nostri lettori è quello di utilizzare appropriatamente i punti a capo. Ecco alcune regole pratiche: – Presentare una sola idea per paragrafo. – Non fare mai paragrafi troppo lunghi né troppo corti: un paragrafo troppo lungo è difficile da controllare, uno troppo breve non riesce a sviluppare compiutamente un tema. – Creare paragrafi di lunghezza simile. 12 Maria Teresa Serafini, Come si scrive, Bompiani, Milano, pp. 229-268. Sospensioni Una serie di tre punti può indicare una sospensione del discorso (il testo successivo è preceduto da uno spazio bianco). Esempi: • • Voglio… quattro milioni Allora… ci racconti qualcosa? Bisogna tuttavia fare molta attenzione a non abusare dei puntini di sospensione, che vengono usati solo in casi assai circoscritti (di solito nei dialoghi). Spesso l’uso eccessivo dei puntini di sospensione è sintomo invece di una scrittura non matura, in particolar modo quando con i puntini si tenta di introdurre una battuta a effetto. I due punti I due punti indicano una interruzione con tono sospensivo. Nella scrittura seguono immediatamente il carattere precedente e sono seguiti da uno spazio bianco. I due punti vengono utilizzati per introdurre elenchi. Esempi: • • I principali segni di punteggiatura sono i seguenti: virgola, punto e virgola, punto fermo, due punti. Sono possibili diverse soluzioni di soggiorno: pensione completa in albergo; pernottamento in albergo e pasti convenzionati nei luoghi termali; solo pernottamento in albergo o in chalet. Spesso i due punti svolgono il ruolo di veri e propri connettivi e possono essere collocati al posto di congiunzioni causali, consecutive ed esplicative. Alcuni esempi13: • Congiunzione causale Ho passato tutta la mattina in piscina perché faceva davvero caldo. Ho passato tutta la mattina in piscina: faceva davvero caldo. • Congiunzione consecutiva È così maturo e preparato che salterà l’ultimo anno del liceo. È maturo e preparato: salterà l’ultimo anno del liceo. 13 Da M. T. Serafini, op. cit., pp. 241-242. • Congiunzione esplicativa Fa davvero caldo, infatti ci sono più di 40 gradi. Fa davvero caldo: ci sono più di 40 gradi. Nella trascrizione dei dialoghi i due punti introducono le battute dei personaggi. Esempio: Franca: Come fai a dirlo? Marco: Beh, perché hai l’aria di una ragazza che è qui per studiare. Il punto interrogativo Il punto interrogativo indica un’interruzione con tono di domanda. Nella scrittura il punto interrogativo segue immediatamente il carattere precedente ed è seguito da uno spazio bianco. Il punto interrogativo viene utilizzato per esprimere una domanda, una richiesta, un dubbio. Esempi: • • • Cosa ve ne pare di questo manuale? Posso uscire un momento? Sarò stato abbastanza convincente? Il punto esclamativo Il punto esclamativo indica una interruzione con tono enfatico o imperativo. Nella scrittura il punto esclamativo segue immediatamente il carattere precedente ed è seguito da uno spazio bianco. Il punto esclamativo può servire a sottolineare un ordine, un’esortazione, o un avvertimento. Esempi: • • • Non mi toccare! Restate ai vostri posti! Attenzione! Il punto esclamativo può servire per conferire particolare enfasi a una considerazione. Esempi: • • Hai centrato il segno, non c’è che dire! Assurdo! Anche per il punto esclamativo vale quanto detto per i puntini di sospensione. Il punto esclamativo va usato con estrema parsimonia, anche perché l’enfasi è efficace se non è frequente. Analogamente bisogna fare attenzione a non legare l’uso del punto esclamativo con il tentativo di ottenere effetti ironici. Le parentesi tonde Le parentesi tonde racchiudono un elemento incidente all’interno di un testo. Nella scrittura la parentesi di apertura è preceduta da uno spazio bianco ed è seguita immediatamente dal primo carattere dell’inciso; la parentesi di chiusura segue immediatamente l’ultimo carattere dell’inciso ed è seguita da uno spazio bianco (oppure da un eventuale segno di punteggiatura). È bene ricordare che le parentesi e il loro contenuto dovrebbero poter esere elminati senza compromettere il funzionamento del testo. Esempi: • • Beppe Alvisio mi accolse con fare piuttosto scherzoso (senza tuttavia sorridere) e mi invitò a entrare. I sette peccati capitali (accidia, ira, avarizia, gola, invidia, superbia, lussuria) sono rappresentati su altrettanti pannelli. Un eventuale segno di punteggiatura del testo esterno alle parentesi viene sempre posto dopo la parentesi di chiusura. Esempio: • Sebbene io abbia riletto quella lettera (e la seconda lettura è stata accurata quanto la prima), alcuni punti non mi sono ancora chiari. Le lineette Le lineette servono a isolare nettamente un inciso all’interno di un testo. Nella scrittura sono precedute da uno spazio bianco e seguite da uno spazio bianco. Pertanto le lineette e il loro contenuto devono poter essere eliminati senza compromettere il funzionamento del periodo. • • • Malgrado ciò — o forse grazie a questo fatto — aveva ottenuto un notevole successo. L’autore — non ci stancheremo di ripeterlo — deve sempre rileggere i suoi scritti con grande attenzione. L’edificio — un’imponente struttura in legno e muratura, un tempo adibita a deposito portuale — verrà presto abbattuto per fare spazio al nuoco scalo merci. Le virgolette Ci sono tre tipi di virgolette: le virgolette alte (“ ”), le virgolette basse (« »), gli apici (‘ ’). Nella scrittura le virgolette d’apertura sono precedute da uno spazio bianco e seguite immediatamente da un carattere; le virgolette di chiusura sono precedute immediatamente da un carattere e seguite da uno spazio bianco. Le virgolette servono a delimitare un discorso diretto o una citazione, o a evidenziare un vocabolo o un’espressione. Le virgolette singole si possono usare come virgolette all’interno delle doppie, quando ciò sia necessario. APPENDICE 2 ESERCIZIARIO Riconoscimento testi Per ciascun brano occorre indicare di che tipo di testo si tratta (lettera, recensione, saggio, ecc.); inoltre occorre sottolineare i passaggi che lo caratterizzano stilisticamente come il tipo di testo indicato. 1. Piazza del Plebiscito fu per secoli uno slargo irregolare, dove si svolgevano le feste popolari, e solo da fine ‘700 fu ‘regolarizzata’, in particolare con la costruzione dell’emiciclo dorico voluto da Gioacchino Murat (1810). Al centro del colonnato spicca la chiesa di S. Francesco di Paola, eretta da Ferdinando I come ex voto per aver riconquistato il regno dopo il decennio di dominio francese. Iniziata nel 1817 da Pietro Bianchi, fu compiuta nel 1846 nei modi più aggiornati del neoclassico e riproponendo le forme del Pantheon romano; nell’interno statue e dipinti coevi, a eccezione del seicentesco altare maggiore e delle tele (in sagrestia, Circoncisione di Antonio Campi, 1586) in parte da luoghi di culto già esistenti sul precedente slargo. 2. Si va alla festa sì o no? 3. Dopo aver definito il concetto di langue in relazione a quello di parole e a quello di linguaggio, Saussure definisce la lingua in quanto sistema di segni e auspica una disciplina, la semiologia, che si occupi proprio dello studio dei segni: Si può dunque concepire una scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale; essa potrebbe formare una parte della psicologia sociale e, di conseguenza, della psicologia generale; noi la chiameremo semiologia (dal greco semeion «segno»). La linguistica è solo una parte di questa scienza generale, le leggi scoperte dalla semiologia saranno applicabili alla linguistica e questa si troverà collegata a un dominio ben definito nell’insieme dei fatti umani.” [CLG: 25-26] L’aspetto importante di questa definizione è che la lingua viene vista come sistema di segni al pari di altri sistemi di segni. Solo con la comparazione rispetto ad altri sistemi si può comprendere meglio il funzionamento della lingua. La semiologia ha dunque il compito di studiare i sistemi di segni, siano essi lingue, riti, costumi, alfabeti particolari, ecc. 4. No, giovedì non posso, ho un impengo a scuola (collegio dei docenti, che barba). Che ne dite per venerdì sera? A me va bene anche sabato. Ciao 5. Nel tempo della prosperità e dell’eccesso, la pillola è così diventata l’equivalente materialistico della confessione nella religione cattolica, una sacramento facile e indolore che consente di peccare e di tornare in pace con il nuovo dio della salute fisica. È un ciclo di comportamento che vediamo riprodotto costantemente e tragicamente. La diffusione dell’Hiv e quindi le morti per Aids sarebbero drasticamente ridotte, nelle nazioni ricche, se il sesso fosse praticato con meno incoscienza e le siringhe sterilizzate. Ma si sentono molti più appelli e grida per una “cura”, per una pillola, piuttosto che per comportamenti più cauti. Consumare meno carne bovina e dunque limitare la produzione a catena di animali da macello avrebbe impedito la marcia della mucca pazza, ma ora si spera nella pillola che ci consenta di mangiare quarti di bue senza timore. Gli obesi, tranne che in casi rari di profonde patologie metaboliche, mangiano troppo, ma esiste una farmacopea che promette di salvare le loro coronarie senza rinunciare al vassoio di bignè alla crema. E i consumatori sono sballottati come palline di flipper tra gli inviti a mangiare sempre di più e le promesse di essere protetti dalle conseguenze delle loro azioni, tra la vetrina dell’atroce fast food e l’etichetta del medicinale, pigri e protetti, purché paghino due volte, prima per i bignè e poi per le statine. Fino a quando ci si accorge, come oggi nel caso della cerivastatine, che il conto della pigrizia è un po’ più salato e a volte per saldarlo si paga direttamente con la vita. 6. A sirene spiegate, ieri mattina, decine di pattuglie della Questura di Napoli hanno setacciato fabbriche ed esercizi commerciali, strade ed officine artigianali. Un vero e proprio blitz [...]. Trecentoquattro, fino al primo pomeriggio, i ragazzi dagli 11 ai 17 anni, accompagnati in Questura, alcuni ancora con i grembiuli del supermercato in cui prestavano servizio o in tuta da meccanico. 7. Volti sporchi di grasso, grembiuli bianchi da salumiere, tasche gonfie di sigarette. E le voci, quelle voci sottili appena imbrunite dall’adolescenza, che rimbalzano lungo il corridoio gremito di poliziotti. Fosse solo per il brusio che cresce di minuto in minuto, per quegli occhi che si guardano intorno curiosi e spavaldi, sembrerebbe di essere capitati in una scuola qualunque durante l’ora di ricreazione. 8. Al primo posto, tra i reati che gli italiani hanno più paura di subire si trovano i furti in casa (segnalati dal 65,7% della popolazione), seguiti da scippi e borseggi (30,1% delle risposte), da aggressioni, minacce, percosse (29,4%) e dalle rapine (tab. 5). Tutti reati che per la gente comune sono molto più reali delle stragi di mafia, dei delitti politici o dei grandi traffici internazionali. […] Le regioni che evidenziano una presenza elevata di reati che generano allarme sociale (furti scippi, borseggi e rapine) sono il Lazio, la Liguria, la Campania, l’Emilia Romagna, la Lombardia e il Piemonte: sono tutte regioni (ad eccezione della Lombardia) in cui la microcriminalità si combina con una elevata illegalità di strada (tab. 7a). Le Marche e il Veneto, pur avendo valori inferiori alla media nazionale, si configurano come le regioni più a “rischio” per la rapidità con cui si vanno diffondendo i fenomeni di criminalità predatoria (tab. 7b). 9. Scesero la collina, molti piangendo e molti bestemmiando, scuotendo la testa guardavano la città che laggiù tremava come una creatura. Qualcuno senza fermarsi raccattò una manata di fango e se la spalmò furtivamente sulla faccia, come se non fossero già abbastanza i segni che era stata dura. È che la via della ritirata passava per dove la città dà nella campagna: lì c’erano ancora molte case e si sperava che ci fosse gente, donne e ragazze, a vederli, a vederli così. Ma quando vi sbucarono, nel viale del Santuario quant’era lungo non c’era anima viva, e questo fu uno dei colpi più duri di quella terribile giornata. Soltanto, da una portina uscì una signora di più di cinquant’anni, al vederli scoppiò a piangere e diceva bravo a tutti man mano che la sorpassavano, finché da dietro un’imposta il marito la richiamò con una voce furiosa. 10. Con riferimento all’offerta prot. Assessorato delle Politiche Educative e dell’Infanzia n. 34 del 14.06.2001 si comunica che con deliberazione della Giunta Comunale n. 12 del 10.09.2001 è stato approvato il corso in oggetto indicato, da tenersi con le modalità, per i tempi e per gli argomenti indicati nel progetto alla precitata deliberazione n. 12 come parte integrante della stessa e per la spesa complessiva di £ 5.000.000 IVA compresa. Punteggiatura 1. Dove necessario, completare le seguenti frasi con i segni di interpunzione: • • • • • • • • • • • • Le ultime notizie dei telegiornali confermano la crisi economica del Paese Le ultime notizie dei telegiornali ammesso che siano credibili confermano la crisi economica del Paese Le torri crollavano sotto i nostri occhi le televisioni rilanciavano le immagini della tragedia intorno c’era solo un silenzio irreale La macchina che ho comprato l’anno scorso ha un ottimo motore e una notevole affidabilità Calvino che in fondo è uno scrittore complesso è il punto di riferimento di tutti i giovani autori Gli appartamenti costruiti dall’impresa Temesvar hanno tutti ottime rifiniture I brani che abbiamo preso in considerazione non sono sufficienti per capire questa corrente letteraria La Pinacoteca che per lungo tempo è stata gestita molto male ora finalmente avrà una direzione artistica di rilievo Gli spettatori che si trovavano sul prato hanno visto l’incidente Nel centro storico ci sono almeno tre Chiese importanti la Chiesa di San Francesco che ha un bellissimo portale proprio vicino al teatro la Chiesa di Sant’Agostino nel cui chiostro vi è ora il polo culturale della città con la biblioteca la Chiesa di San Venanzio che custodiva una splendida tela del Baciccio Ho deciso di dormire ancora era davvero molto presto Quel giocatore ha un grande talento l’anno prossimo giocherà certamente in serie A 2. Il seguente testo è già punteggiato, ma non presenta paragrafazione. Scegliere quando è necessario andare a capo e quando invece è sufficiente il punto fermo. Supponiamo che io fossi andato in Giappone; o che fossi rimasto in Germania, dove stavo bene; o che avessi lasciato l'Italia dopo due o tre anni quando è troppo presto per farsi un'idea chiara e precisa di un paese. Non so immaginare che tipo di individuo sarei diventato. Non so quali sarebbero i miei sentimenti o i miei obiettivi, che cosa cercherei nelle persone o come giudicherei le loro motivazioni, invece di essere quello che sono e di comportarmi come mi comporto in tutti questi e molti altri aspetti della vita. E, naturalmente, credo di aver visto in Italia cose che nessuno ha mai visto o, almeno, ha visto come ho visto io. Convinzione che può essere giusta o sbagliata, presuntuosa o compiaciuta; ma che fornisce l'unica giustificazione a scrivere sull'Italia. Per me il punto è un altro. Ho detestato un sacco di libri che ho letto sull'Italia. C'è gente che ha odiato letteralmente il paese o disprezzato il suo modo di vivere fino a sfiorare l'odio; e non mi disturba leggere il loro sfogo anche se non lo condivido. Ma non condivido, spero, la malattia assai peggiore, perché assurda ma diffusa, di chi cade ai piedi del centauro in un mare di adorazione sentimentale. Questa malattia è cronica tra gli anglosassoni e i tedeschi. L'Italia, nella loro allucinazione è il luogo dove la vita è vissuta pienamente; dove ci si spoglia delle inibizioni; dove un tubercolotico muore felice sui gradini di San Pietro sussurrando qualche nota smozzicata di “O sole mio” e bevendo alla coppa della vita fino in fondo, fino all’ultimo spasimo di tosse. Per fortuna, una qualità comune a quasi tutti gli italiani è quella di essere immuni da sentimentalismi. [Peter Nichols, Italia Italia, 1975.] 3. In ciascuna delle seguenti frasi c’è un’espressione che sarebbe opportuno staccare dal resto con una o due virgole. Inserire le virgole mancanti. Primi segni della vecchiaia? Impossibile per la società XYZ che può contare oltre alla fortunata schiera di prodotti medicinali nutrizionali e presidi sanitari di cui abbiamo parlato nei numeri precedenti anche su un cospicuo settore di prodotti cosmetici. Per arginare efficacemente l’annoso problema del deficit pubblico il Governo deve proporre ben altro che semplici palliativi sostiene l’opposizione. Quella che vedi è una versione a matita molto più "sporca" rispetto all’esecutivo che avrà invece un tratto netto e pulito come nella migliore tradizione della nostra scuola di fumettisti ormai nota ai più per il suo stile. Gli articoli violati sarebbero secondo la denuncia ben tredici anche se abbiamo motivo di pensare che alcuni siano stati aggiunti per fare numero. Nell’ambito del corso oltre alle tecniche di scrittura vengono approfondite le principali modalità di pre e post-scrittura attraverso l’impiego di supporti tecnologici. In questo momento storico la tecnologia è insieme il punto di forza e di debolezza del cinema più avanzato cioè quello americano che se da un lato crea prodotti di grande confezione dall’altro evidenzia la povertà delle idee. Gli obiettivi chiave di tutte le nostre strategie sono infatti la flessibilità la capacità di rispondere al mercato di ridurre i costi e di incrementare i margini di profitto e la qualità del servizio. L’uso dell'indicativo è tollerato e talvolta consigliato quando si utilizza un registro di scrittura informale o si persegue una scrittura particolarmente semplice e accessibile a tutti mentre il congiuntivo è richiesto nel registro formale e in una prosa elegante e rigorosa. 4. Il testo che segue è un buon esempio di punteggiatura classica, ricca sia in termini quantitativi (molte pause) che in termini qualitativi (pause di tutti i tipi: non solo virgole e punti, ma anche punti e virgola e due punti). Ma nella trascrizione che se ne dà qui di seguito è stato privato di tutti i segni di interpunzione e delle maiuscole. Cerca di ricostruire la punteggiatura originaria. quand’è che un’impresa giunta alla conclusione è in realtà appena agli inizi immaginate di percorrere a piedi per oltre un anno uno dei luoghi più aspri del pianeta fra mille ostacoli bisogna avanzare nella melma fino al ginocchio procedere a colpi d’ascia nella natura impenetrabile sotto l’assalto delle sanguisughe e di sciami di famelici insetti immaginate ancora che tutto ciò vi permetta di osservare e documentare una terra vergine incontaminata come poteva accadere ai grandi esploratori dei secoli passati lungo il percorso vi trovate al cospetto di animali che non hanno mai visto l’uomo e vi osservano con la stressa curiosità che voi riservate a loro siete un esploratore e questa è un’occasione per proteggere terre ancora selvagge vi accompagna una squadra di uomini dovete guidarli spronarli con ogni mezzo con la forza della volontà con l’esempio con ricompense e rimproveri magari impartiti con lo sguardo finché un bel giorno dopo 15 mesi sopraffatti dalla gioia ma stremati nel corpo e nella mente sbucate da una palude di mangrovie davanti ai vostri occhi si spalanca l’oceano atlantico sconfinato al punto che i compagni di viaggio vissuti nel cuore dell’africa non riescono ad afferrarne il concetto impauriti dalle onde si interrogano sull’esistenza di tutta quell’acqua inutile è salata perciò non si può bere siete insomma mike fay e il vostro compito inizia ora infatti più del viaggio contano i dati raccolti in quei 3200 chilometri serviranno si spera a conoscere e a proteggere quei luoghi straordinari la missione è appena cominciata 5. Come nell’esercizio precedente, anche qui si tratta di rimettere la punteggiatura a un testo dal quale è stata cancellata. In questo caso, tuttavia, si tratta di un testo dallo stile segmentato, e dunque con una punteggiatura sostanzialmente diversa da quella del brano precedente: molto fitta, ma fatta quasi esclusivamente di punti e di virgole. Attenzione: il testo va diviso in due capoversi, e contiene anche una battuta di discorso diretto. accade al café amir lei è bella bellissima come tutte le ragazze di questa città occhi profondi occhi di bosco fiammeggianti ribelli intelligenti il russari foulard irriverente è tirato indietro a mezza testa e i capelli con ciocche ambrate fuggono da ogni parte lei li sfiora di continuo il viso truccato con fard leggero nasconde una pelle da madonna orientale le ciglia sono perfette fuma con piacere evidente tira su le maniche della tunica islamica e gioca con le dita di un ragazzo dai capelli lunghi altrettanto bello e sfrontato sul tavolo una cassetta video che rimane lì senza titolo in piena vista e altri ragazzi e ragazze arrivano si siedono ridono di cuore indifferenti al mondo attorno ma parte irrinunciabile del mondo di questo mondo di questa tehran che lascia senza fiato accade al café amir il ragazzo dai capelli biondi e l’aria nervosa mi ferma al volo e mi invita a sedermi al suo tavolo fuma una sigaretta dopo l’altra sposta la tazzina del caffè turco parla inglese con velocità balbettante faticosa da seguire per un quarto d’ora non mi lascia aprire bocca e mi racconta di fabbriche chiuse su al nord di operai in ribellione di operai stanchi di gente cacciata in prigione mi lascia un numero telefonico chiama qui troverai i veri socialisti lui dice di chiamarsi bob nome irreale in questa città d’oriente quanto devo crederci a questo ragazzo che mi parla così in mezzo a decine di altre persone e che se ne va come un lampo dopo la sua requisitoria Esercizio di revisione di una stesura dell’Esercitazione 1. In base ai dati raccolti ,il 76,9% degli italiani è convinto che nell’ultimo anno i reati in Italia siano aumentati in modo drammatico,anche se secondo le rilevazioni nel 1999 sono stati denunciati 2.373.380 reati, con un calo del 2,2% rispetto ai 2.425.748 del 1998. Il reato più diffuso è il furto in casa (32,7%), seguito dalle rapine (31,3%) e dallo spaccio di sostanze stupefacenti (24,3%); si pensi per esempio che nell’ultimo anno i furti in appartamento sono stati circa un decimo del totale dei furti e che le rapine sono state solo una piccola parte dell’universo dei reati. Il 29,5% degli italiani è d’accordo ad abbassare da 14 a 12 anni la punibilità, dato che l’età dei trasgressori è in continua diminuzione; il 31,7% degli intervistati è favorevole alla costituzione di ronde da parte di privati cittadini come primo intervento per limitare il fenomeno; il 33,2% degli immigrati dichiara di aver subito atti di razzismo da parte di italiani. Secondo i dati forniti dal Censis è possibile rilevare che l’80% degli italiani crede che nel nostro paese ci sia un numero allucinante di immigrati e l’88,1% ritiene che il governo dovrebbe limitare di brutto i flussi di ingresso. Il 21% degli italiani ritiene che gli immigrati rappresentino una minaccia per la sicurezza della propria residenza. Gli stranieri regolari in Italia sono 1.500.000: continuando con l’attuale ritmo di ingressi, nel 2046 potremmo avere la stessa presenza quantitativa della Francia, della Germania, dell’Austria e del Belgio. Direi che da un lato gli italiani devono farsi una ragione del fatto che l’immigrazione sarà uno dei tanti problemi del domani, un problema che comunque va affrontato con tolleranza e apertura verso culture differenti. Dall’altro hanno tutto il diritto di fare pressione affinché lo Stato si premuri di conservare l’ordine e la sicurezza sociale e affinché l’integrazione si svolga nel pieno rispetto di entrambe le parti. Per quanto riguarda la criminalità sarebbe opportuno migliorare l’efficienza del servizio di polizia e un inasprimento delle pene previste dalla legge per qualsiasi tipo di reato. Stesura di un rapporto Sei il/la responsabile di una commissione costituita dal Ministero dei Trasporti per lo studio dei trasporti in Europa. Quelli che seguono sono i dati che la commissione è riuscita a ottenere in due mesi di lavoro attraverso contatti con ministeri e istituti di ricerca europei. Devi scrivere un rapporto informativo alla segreteria del Ministro per disegnare sinteticamente la situazione. DATI 1. 80% del traffico di merci in Italia si svolge su strada, e tale quota da anni subisce un aumento lento ma costante. 2. Alcune città europee hanno introdotto i ‘taxi collettivi’ come soluzione intermedia che unisce la rapidità e capillarità dell’auto privata alla decongestione del traffico favorita dall’uso dei mezzi pubblici. 3. In Francia il trasporto passeggeri è aumentato, dal 1984 al 1995, del 30%; tuttavia il traffico motorizzato individuale è salito del 37% mentre quello collettivo è sceso del 7%. 4. In Francia la percentuale di inquinamento dovuta ai trasporti passa dal 63% del totale nel 1980 al 75% nel 1994. 5. In Germania i trasporti collettivi scendono dal 32% (1960) al 17% (1990), mentre quelli con auto privata salgono, nello stesso periodo, dal 56% al 78%. 6. In Germania, gli autocarri che viaggiano sulle autostrade pagano tasse addizionali da 1.500 a 2.500 marchi. Gli autocarri che svolgono solo servizio locale in combinazione con la ferrovia hanno delle agevolazioni fiscali. 7. In molti Paesi europei si sta diffondendo la pratica di fare pagare pedaggi per l’accesso delle automobili ai centri cittadini; spesso il gettito di tali pedaggi viene utilizzato per finanziare il trasporto pubblico. 8. In Svizzera verrà istituita una tassa per gli autocarri che tenga conto anche dei costi esterni (danni acustici, inquinamento) del traffico su strada. 9. Nel 1997 in Italia si sono verificati 176.853 incidenti stradali con 5.829 morti e 252.751 feriti (una media di 16 morti e 700 feriti al giorno). 10. Nell’Unione Europea ogni anno 1.664.000 persone sono vittime di incidenti stradali; di queste, 46.500 perdono la vita. 11. Ogni anno in Francia gli ingorghi stradali aumentano del 15%; il loro costo è stimato in 7,5 miliardi di franchi annui (circa 2.000 miliardi di lire). 12. Ogni giorno in Italia si muovono 250.000 TIR, per un trasporto complessivo annuo di merci pari a nove miliardi di tonnellate. *** [Hai un’ora e mezzo di tempo per svolgere il compito. Per il computer bisogna seguire i seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la dimensione 12 punti, l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve avere i margini giustificati e il righello deve essere posizionato da 0 a 14. Dimensioni del testo: minimo 30 righe massimo 35 righe] Esercizio di revisione di un articolo di commento persuasivo Si faccia una revisione dell’articolo di commento persuasivo della pagina seguente controllando il livello di base (correttezza grammaticale, sintassi, punteggiatura, lessico, convenzioni grafiche, ecc.), e i criteri per la stesura dell’articolo visti in aula. Il testo dell’esercizio è il seguente: Recentemente il Ministro dell’Istruzione Letizia Moratti, accogliendo una proposta della Lega, ha prospettato in Parlamento un disegno di legge che ripristini obbligatoriamente il crocifisso nelle aule scolastiche. Il direttore del tuo giornale (un quotidiano a diffusione nazionale) ti chiede un articolo di commento su questa proposta. Devi sostenere una tua tesi, in accordo o in disaccordo con la proposta della Moratti, e argomentare per sostenerla. Prima della stesura occorre indicare il titolo del pezzo e tra parentesi la tesi sostenuta (accordo o disaccordo). *** [Hai un’ora e trenta minuti di tempo per svolgere il compito. Per il computer bisogna seguire i seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la dimensione 12 punti, l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve avere i margini giustificati e il righello deve essere posizionato da 0 a 14. Dimensioni del testo: minimo 30 righe massimo 35 righe.] Il crocifisso non si impone per decreto (accordo) di Pietro Scoppola [1] Il crocifisso non é un simbolo di identità nazionale, è molto di più: ha un significato universale che scavalca ogni confine. Per il credente è il simbolo della condivisione da parte di un Dio fatto Uomo della condizione umana,con le sue sofferenze, con i suoi limiti, fino a quel limite estremo che sia la morte; di una condivisione che è riscatto , motivo di speranza. Il non credente, il laico può, io credo, non solo riconoscere nella croce il segno di una civiltà e di una storia che è anche la sua, ma può condividere i valori di solidarietà al dolore umano e di speranza di liberazione che essa implica. [2] Non c’è nel nostro paese una legge che disciplini la presenza del crocifisso nei locali pubblici : di fatto la sua presenza in molti locali, e nelle scuole in particolare, ha dato luogo nel corso della storia repubblicana solo a sporadiche contestazioni. Vi è stata quasi una tacita intesa fra credenti e laici i primi non hanno preteso che la presenza del crocifisso implichi una affermazione del carattere confessionale dello Stato; i secondi, nonostante il crocifisso sia stato reintrodotto nelle scuole da Mussolini dopo la sua ascesa al potere per propiziarsi il consenso della Chiesa, hanno accettato la sua presenza nella più o meno esplicita consapevolezza di quel suo richiamo al valore di una solidarietà umana che è l’elemento costitutivo di una civile convivenza.In questa prassi gli episodi di contestazione potevano essere risolti con equilibrio e buon senso e nei casi estremi con il ricorso al giudice. [3] Ma ecco che l’improvida iniziativa leghista di rendere obbligatoria per legge la presenza del crocifisso in tutti i locali pubblici, per cui il Ministro dell’Istruzione si è accodato, turba questo equilibrio che andava invece sapientemente custodito. Lo Stato può imporre per legge la presenza nei locali pubblici dei simboli della identità nazionale italiana; può imporre la presenza della bandiera tricolore o del ritratto del Presidente della Repubblica che “rappresenta –la Costituzione stabilisce– l’unità nazionale”; ma non può imporre la presenza di un simbolo religioso senza contraddire la sua laicità; può accettare la presenza quando essa esprima un sentimento condiviso o quanto meno rispettato anche dal non credente di altra fede religiosa, non può imporla per legge. Dunque questa iniziativa leghista servirà solo a riaccendere polemiche allucinanti, a dividere e non a unire il paese; farà insomma del crocifisso un motivo di polemiche e di fratture: è una iniziativa, in definitiva … che offende il crocifisso perché se ne serve per obiettivi che sono contro tutto ciò che il crocifisso rappresenta. Per questa ragione sarebbe bene ripensare anche i programmi della televisione pubblica, spesso poco attenti alla tutela della moralità religiosa. [4] Come accetterà la Chiesa questa iniziativa! Il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinal Ruini, ha di recente meso in guardia contro orientamenti presenti nella Lega di insensibilità e chiusura verso esigenze di solidarietà nei confronti degli immigrati. Vi è nel paese un razzismo delirante che i più autorevoli uomini di Chiesa hanno denunciato e deprecato. Come cattolico vorrei esprimere la speranza che la Chiesa italiana non cada nel laccio di questa iniziativa sul crocifisso che, a mio avviso è solo una plateale strumentalizzazzione del più alto simbolo cristiano per obiettivi che con il cristianesimo non hanno nulla ha che fare. Ma vorrei esprimere anche la speranza che i laici e la sinistra italiana non si associno a una possibile campagna contro il crocifisso nelle scuole, che si oppongano al disegno di legge leghista, con lo sperabile concorso di molti parlamentari cattolici, ma contribuiscano a custodire un equilibrio coerente con i valori della laicità e con le tradizioni del paese.