LABORATORIO DI SCRITTURA
Dispensa a cura di Stefano Traini
CORSO DI LAUREA DI
SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE
UNIVERSITÀ DI TERAMO
INDICE
0.
0.1.
0.2.
0.3.
0.4.
0.5.
0.6.
Introduzione
Scopo del Laboratorio
I parametri per una “buona scrittura”
Una griglia per la composizione: le fasi della scrittura
Le implicazioni cognitive della scrittura
Organizzazione delle dispense
La prova finale d’idoneità
1. Il testo espositivo
1.1. Il rapporto: criteri didattici
1.1.1. L’organizzazione logica dei dati
1.1.2. Il registro stilistico
1.1.3. La parte propositiva
1.1.4. La revisione
2. Il testo argomentativo
2.1. L’articolo di commento persuasivo: criteri didattici
2.1.1. La dialettica argomentativa
2.1.2. I paragrafi e le frasi tematiche
2.1.3. Questioni stilistiche
2.1.4. La revisione
Conclusioni: la prova finale d’idoneità
Appendice 1. La punteggiatura
Appendice 2. Eserciziario
0. Introduzione
0.1. Scopo del Laboratorio
Scopo di questo Laboratorio è sviluppare e verificare le abilità di scrittura di
testi specifici. Ogni testo (una lettera, un rapporto, un articolo, una recensione,
ecc.) ha caratteristiche strutturali e stilistiche che lo contraddistinguono, e
occorre saper (ri)conoscere le differenti tecniche di scrittura, che variano a
seconda del tipo di testo, degli scopi, dei destinatari, ecc. In questo Laboratorio
ci si concentra su due tipi di testo – il testo espositivo e il testo argomentativo
–, si approfondiscono i criteri didattici da seguire nella stesura, e infine si
verificano le abilità di scrittura. Poiché le abilità di scrittura sono anche, e forse
soprattutto, abilità cognitive, lo scopo del Laboratorio è anche quello di
sviluppare e verificare le abilità cognitive che entrano in gioco nella scrittura.
Vale la pena premettere che il tema delle scuole superiori può essere la causa
di molti vizi e di molte deformazioni. Infatti il tema favorisce una scrittura
sostanzialmente fine a se stessa, senza uno scopo preciso, senza un destinatario
chiaro, senza un taglio stilistico particolare. Quella del tema è una scrittura
libera, senza vincoli e senza caratteristiche distintive: al contrario, come si è
detto, l’obiettivo di questo Laboratorio è quello di sviluppare le abilità di
scrittura di testi specifici, che sono in fondo quelli che ci si trova a scrivere in
ambito professionale.
Questo è l’aspetto centrale del corso: il passaggio dalla scrittura “libera” del
tema alle scritture “controllate” di testi particolari. Tale passaggio impone una
ricognizione, seppure sintetica, sui tipi di testi che si possono scrivere:1
• Testi espositivi
I testi espositivi rispondono grosso modo a una domanda di questo tipo:
mediante quali dati, concetti e relazioni posso fornire una chiara
rappresentazione dell’argomento?
Un testo espositivo ha generalmente lo scopo di informare. Si tratta in
definitiva di rappresentare un oggetto (meglio: un problema) fornendo un
insieme di elementi e organizzandoli logicamente. Esempi di testi espositivi
possono essere: la relazione di esperienze, il rapporto, la rassegna, ecc.
1
Per questa ricognizione si seguono soprattutto i suggerimenti di Della Casa, Scrivere testi. Il processo, i
problemi educativi, le tecniche, La Nuova Italia, Firenze, 1994.
• Testi argomentativi
I testi argomentativi rispondono alla seguente domanda: quale soluzione do
al problema e come la sostengo?
Anche i testi argomentativi possono estendersi fino a comprendere
numerose scritture, eppure conviene, da un punto di vista didattico, restringere
il campo e considerare solo quei casi in cui c’è un problema e chi scrive
propone una tesi (soluzione) supportandola con prove e/o ragionamenti.
Esempi di testi argomentativi possono essere: il saggio scientifico, la tesi,
l’articolo di commento, la recensione, ecc.
• Testi narrativi
I testi narrativi rispondono alla domanda: che cosa è avvenuto, come si sono
svolti i fatti?
È importante distinguere la narrativa fictional (racconti, fiabe, romanzi)
dalla narrativa non-fictional (biografie, cronache): mentre nella fictional gli
eventi sono immaginari, o comuque rielaborati liberamente dallo scrivente,
nella non–fictional ci si riferisce a fatti realmente avvenuti. Nei corsi
universitari ci si occupa di solito di testi narrativi non–fictional, per esempio
provando a scrivere brevi testi di cronaca. La narrativa fictional è
appannaggio dei laboratori di scrittura creativa.
• Testi descrittivi
I testi descrittivi rispondono a una domanda di questo tipo: come è fatto,
quali proprietà presenta?
La descrizione è un testo dai confini vaghi, con cui si indica un insieme di
enunciati che danno un quadro illustrativo di un oggetto, un insieme, uno stato
di cose, ma anche di un processo o di una azione. Tutte queste realtà possono
essere reali oppure immaginarie, come si verifica nel discorso letterario. Per
essere più precisi, si può dire che la descrizione entra in gioco quando ci si
concentra sulle proprietà di individui o di stati di cose che vengono considerati
in un’ottica spaziale, o idealmente spaziale. Accade questo, per esempio,
quando descriviamo un brano musicale presentando certi elementi come se
fossero presenti “agli occhi della mente”. I testi descrittivi possono essere
tecnico-scientifici, turistici, letterari, ecc.
• Testi regolativi
I testi regolativi rispondono a questa domanda: come posso controllare il
comportamento del destinatario in funzione di un certo scopo?
Il testo nasce per regolare le azioni del destinatario, indicando doveri,
obblighi, permessi. Esempi di testi regolativi possono essere: il regolamento, lo
statuto, la legge, le istruzioni, gli avvisi, ecc.
0.2. I parametri per una “buona scrittura”
Esposte a grandi linee le tipologie testuali, occorre ora chiarire gli elementi
della scrittura che dobbiamo curare. Vediamo i cinque elementi che un testo
deve presentare per essere ritenuto “testualmente valido”:2
(i) la coerenza, cioè la connessione dei contenuti. La coerenza si può
manifestare in vari modi, per esempio gli elementi del testo possono essere
legati da rapporti di consequenzialità temporale, di prossimità spaziale, di causaeffetto, di antecedente-conseguente, ecc. La coerenza determina l’unità
testuale: in altri termini la compattezza tematica del testo;
(ii) la coesione, cioè i collegamenti di superficie del testo. La coesione
superficiale di un testo si può ottenere con vari operatori lessicali come per
esempio i connettivi (logici, temporali, spaziali, ecc.). È importante sottolineare
che la coesione non è la condizione necessaria e sufficiente perché vi sia
coerenza: le frasi risultano connesse solo se i concetti esprimono un rapporto
valido di connessione;
(iii) la struttura, cioè l’articolazione del testo. La struttura chiama in causa il
fattore organizzativo, che varia da testo a testo. Un rapporto informativo ha
una struttura particolare, così come un articolo di cronaca o una recensione;
(iv) l’autonomia, cioè la massima esplicitezza. Un testo scritto, a differenza
del linguaggio parlato, deve dire tutto quanto necessario per evitare oscurità e
fraintendimenti. Resta inteso che a seconda dei casi certe informazioni possono
essere date per scontate e dunque il concetto di autonomia va relativizzato;
(v) la completezza, cioè la compiutezza informativa. Un testo dovrebbe
fornire al lettore tutte le informazioni necessarie. Sebbene il concetto di
completezza sia relativo, si può dire che un testo deve arrivare in qualche
modo alla chiusura dei nodi problematici aperti.
Queste cinque caratteristiche fanno da sfondo alle pratiche di scrittura che si
vogliono intraprendere in questo Laboratorio, nel senso che costituiscono i
parametri per valutare che un testo sia accettabile. I testi scritti dovranno
essere coerenti dal punto di vista del contenuto, nel senso che i contenuti
dovranno avere uno sviluppo logico e compatto; dovranno essere coesi dal
punto di vista della struttura superficiale, mostrando quindi un buon uso dei
rinvii interni e dei connettivi; dovranno essere ben articolati dal punto di vista
strutturale, seguendo gli schemi che caratterizzano i tipi testuali; dovranno
infine essere autonomi e completi, fornendo tutti gli elementi informativi
2
Si seguono qui le indicazioni di Della Casa [op. cit.].
necessari per la compiutezza dell’esposizione. A questi parametri va poi
aggiunto, come già detto, quello del registro stilistico, che deve essere
adeguato al tipo di testo che si deve scrivere.
0.3. Una griglia per la composizione: le fasi della scrittura
Questi sono gli errori più frequenti nelle esercitazioni dei laboratori: (i) non si
presta adeguata attenzione alla consegna, cioè non si leggono attentamente le
istruzioni all’interno delle quali ci sono le coordinate per eseguire l’esercizio:
questa disattenzione iniziale, anch’essa riconducibile alla scrittura del tema (che
infatti presenta solo un titolo), è la fonte principale degli errori più comuni; (ii)
non c’è un’adeguata ricognizione sui contenuti; (iii) non c’è una pianificazione
preventiva del testo, il che significa che non si prepara il testo con una scaletta;
(iv) non c’è una buona revisione del testo.
Questi problemi possono essere affrontati pensando alla scrittura come a una
serie di fasi sulle quali ci si deve soffermare in modo (quasi) sequenziale. L’idea
è quella di “smontare” il processo di scrittura ricomponendolo in una serie di
mosse: appunto le fasi del processo di scrittura:3
1. la definizione del compito
2. l’ideazione
3. la strutturazione
4. la stesura
5. la revisione
Questa sarà la nostra griglia compositiva, nel senso che farà da sfondo alle
esercitazioni del corso.
• La definizione del compito è la prima fase, il momento in cui si mettono a
punto le coordinate della scrittura. Sulla base delle istruzioni scritte nel testo
bisogna mettere a fuoco il tipo di lavoro, e per fare questo è consigliabile
seguire i seguenti parametri: il tipo di testo, l’argomento, il destinatario, lo
scopo, la lingua, la dimensione. Anzitutto si deve capire bene il tipo di testo
che si deve scrivere (un rapporto informativo, cioè un tipo di testo espositivo?
Un articolo di commento, cioè un tipo di testo argomentativo?); poi è
opportuno riflettere sull’argomento, anche per delimitarlo e circoscriverlo sulla
base della consegna del compito; è essenziale identificare bene il destinatario,
perché è sulla base di esso che si può tarare al meglio la scrittura, e in
3
Anche in questo caso seguiamo le indicazioni di Della Casa [op. cit.], il quale peraltro riprende le fasi della
Retorica.
particolare il registro stilistico; è bene quindi riflettere sullo scopo, perché la
richiesta può essere quella di informare su qualcosa, o di commentare qualcosa,
o di raccontare un avvenimento, ecc.; le coordinate appena elencate
dovrebbero già determinare il tipo di lingua da utilizzare: colloquiale piuttosto
che formale, tecnica piuttosto che di base, e via dicendo; infine si deve tenere
d’occhio la dimensione, che è un parametro anch’esso essenziale per la stesura
di un testo: è importante abituarsi a rispettare le indicazioni date perché in certi
contesti professionali superare le dimensioni di qualche riga rispetto alla
consegna significa rendere il testo non pubblicabile. La definizione del compito
è fondamentale: si commettono errori decisivi perché non si individua subito il
tipo di testo, perché non si pensa che ci si sta rivolgendo a un certo destinatario
al quale occorre rivolgersi in un certo modo, perché non si mette a fuoco,
magari, lo scopo principale della scrittura. Bisogna riflettere su questi parametri
prima, durante e dopo la scrittura.
• L’ideazione è la seconda fase, il momento in cui si pensa “in libertà” alle
cose che si possono scrivere. La retorica classica la definiva inventio, le agenzie
pubblicitarie di oggi la chiamano brainstorming. È utile perché permette di
mettere giù molti punti, sebbene ancora in modo disordinato, che poi faranno
da serbatoio di idee.
• La strutturazione è la terza fase, il momento in cui le idee sparse devono
essere articolate, collegate, pianificate. La procedura che comunemente
caratterizza questa fase è quella della scaletta, che consiste in una serie di punti
schematici che dovrebbero costituire lo scheletro del testo. Purtroppo non c’è
molta abitudine a fare la scaletta, e spesso si ritiene che non sia necessaria o che
sia sufficiente farla mentalmente. Occorre precisare subito che la scaletta è
importante, che giornalisti e scrittori famosi confessano di farla sempre, e che
fare una scaletta mentalmente è diverso dal farla per iscritto poiché la scrittura
– e questo discorso non vale solo per la scaletta – costringe sempre e
comunque a chiarirsi le idee. Càpita spesso di credere di avere le idee chiare,
ma quando poi si passa alla stesura (di una scaletta o di un testo) ci si accorge
che i concetti sfuggono e sono molto meno limpidi di quanto si pensasse.
• La revisione è l’ultima fase che ci interessa: solitamente è la meno curata,
mentre dal punto di vista della resa finale è forse la più importante. Senza
dubbio è un’attività difficile e faticosa, poiché si è costretti a distaccarsi dal
proprio testo e ad assumere uno sguardo “esterno” per fare gli ultimi
interventi di correzione; tuttavia è essenziale, e può essere efficace solo se c’è
stata una buona riflessione sul (e pianificazione del) testo. La revisione può
essere immediata, ed è quella che si attua durante la scrittura, oppure globale,
quando viene realizzata al termine della stesura. C’è una revisione formale,
attenta alla punteggiatura, all’ortografia, al lessico, ecc.; e una revisione
rielaborativa, attenta ai contenuti e all’organizzazione complessiva del testo.
0.4. Le implicazioni cognitive della scrittura
Come si accennava all’inizio, la pratica della scrittura investe una serie di
abilità cognitive, nel senso che ogni tipologia testuale comporta operazioni
cognitive specifiche. In questa sede si tenta di sviluppare e di verificare le abilità
cognitive legate alla stesura dei testi espositivi e dei testi argomentativi. Per
quanto riguarda i testi espositivi, si devono scrivere dei rapporti professionali
sulla base di una serie di dati. I dati sono sempre forniti in modo disordinato, in
modo che lo sforzo cognitivo consista proprio nella riorganizzazione logica
degli elementi informativi. In altri termini, i dati devono essere raggruppati ed
esposti secondo criteri logici di pertinenza. Per quanto riguarda i testi
argomentativi l’abilità cognitiva si manifesta prevalentemente nella connessione
logica delle argomentazioni, e quindi delle frasi e dei paragrafi. Nel sostenere
una tesi, o nell’esplicitare un’idea-guida, si deve dimostrare di saper costruire
un impianto argomentativo, con nuclei tematici che si susseguono in modo
funzionale e quindi connessi in modo efficace (da cui l’importanza dei
connettivi).
0.5. Organizzazione delle dispense
I due capitoli della dispensa sono dedicati al testo espositivo e al testo
argomentativo: per il primo ci si concentrerà sul rapporto, per il secondo
sull’articolo (di commento).
I capitoli si aprono con brevi istruzioni generali di ordine teorico e a seguire
vengono presentati esercizi e/o esempi. Per una migliore comprensione
dell’esercizio vengono presentati anche esempi di esercitazioni svolte da
studenti, per capire cosa si deve e cosa non si deve fare. Altre volte vengono
presentati testi scritti da professionisti, anche perché uno dei modi più efficaci
per migliorare un’abilità pratica come la scrittura è senz’altro quello
dell’emulazione.
0.6. La prova finale di idoneità
Il Laboratorio prevede una prova finale che si conclude con un giudizio di
idoneità o di non-idoneità. Nella prova finale si richiede la stesura di un testo
espositivo (rapporto) o di un testo argomentativo (articolo di commento). Nelle
Conclusioni affronteremo in modo più dettagliato le caratteristiche dell’esame
finale del Laboratorio, ma per il momento sottolineiamo che la scrittura al
computer è parte integrante della prova finale, e che si viene giudicati anche
per l’esattezza e la pulizia del prodotto finale. Gli esercizi devono seguire di
solito i seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la
dimensione 12 punti, l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve
avere i margini giustificati e il righello deve essere posizionato da 0 a 14. Le
dimensioni del testo vanno da un minimo di 25 righe a un massimo 30 righe.
1. Il testo espositivo
Ripartiamo dalla domanda a cui si dovrebbe rispondere con la stesura di un
testo espositivo: mediante quali dati, concetti e relazioni posso fornire una
chiara rappresentazione dell’argomento?
Posto in questi termini, il testo espositivo assume come obiettivo principale
quello di informare. Tuttavia i confini di applicazione risultano assai ampi, e per
questa ragione serve un’ipotesi di definizione che ne limiti il campo:
“Proponiamo dunque di chiamare espositivo un testo quando l’argomento di
cui si occupa non è riconducibile a un oggetto fisico identificabile
immediatamente nella realtà, e perciò raffigurabile mediante una descrizione, né
a un fatto o a una sequenza di fatti rappresentabili mediante narrazione. È
invece un oggetto di natura culturale, o definito comunque per via concettuale.
Ad esempio: ragioni e conseguenze del brigantaggio; problemi del traffico
urbano; organizzazione sociale delle api; condizioni delle minoranze linguistiche
in Italia; risultati della indagine IEA sulle capacità di scrittura degli studenti della
scuola superiore.”4
In un testo espositivo occorre quindi esporre dati, notizie, acquisizioni e
organizzarli logicamente. Lo stile è di solito impersonale, neutro, oggettivo.
1.1. Il rapporto: criteri didattici
Dal punto di vista delle denominazioni il rapporto e la relazione vengono di
solito considerati sinonimi. Tuttavia il rapporto si contraddistingue per la sua
natura pubblica e professionale: difatti si parla di rapporti nelle amministrazioni
pubbliche, o nelle aziende, o negli organismi politici. Il rapporto può essere
inteso in due modi:
1. resoconto ufficiale di un evento;
2. analisi di situazioni con documentazioni e proposte solutive.
Nel Laboratorio ci si concentra sul secondo caso: si forniscono dati da
riorganizzare ed esporre, e si richiedono eventualmente proposte per risolvere
4
Della Casa [op. cit.: 97].
determinati problemi. L’analisi di situazioni richiede indagini, reperimento di
dati, interrogazioni di protagonisti e testimoni, tuttavia gli esercizi proposti in
questa sede danno per scontata questa parte e forniscono dati già selezionati a
seconda dei temi.
Occorre sottolineare che un rapporto ha sempre un committente, che può
essere il direttore di un’azienda, un ente pubblico, una istituzione politica, ecc.:
a questo proposito è importante tenere ben presente il destinatario, che può
essere il committente stesso (nel qual caso non è necessario ripetere all’inizio
informazioni di cui è a conoscenza), o un pubblico esterno (nel caso in cui il
rapporto, per esempio, venga pubblicato).
Il rapporto può avere natura soltanto informativa, se si limita a fornire un
quadro articolato di dati, e può avere invece natura propositiva quando
contiene indicazioni e suggerimenti circa le possibili soluzioni da adottare. Da
questo punto di vista è bene ricordare quanto detto nell’Introduzione a
proposito della definizione del compito: prima di cominciare a scrivere occorre
valutare lo scopo del testo, che può essere appunto informativo, o propositivo,
o informativo-propositivo.
Nella parte informativa ciò che conta è l’organizzazione logica dei dati, nel
senso che i dati a disposizione vanno disposti secondo criteri coerenti (cfr. §
1.1.1). Ma anche la parte propositiva è di estrema importanza perché mette in
gioco, in qualche misura, i meccanismi dell’ideazione: in altri termini questa è la
parte che impone di distaccarsi dai dati informativi per ricercare delle soluzioni.
Occorre ricordare, a questo proposito, che nella parte propositiva di un
rapporto si deve sostanzialmente dire come si potrebbe risolvere un
determinato problema, a partire dai dati ma anche andando oltre (come si
vedrà nel cap. 2, il testo argomentativo, dovendo discutere il perché di una
certa situazione, si differenzia dal taglio stilistico del rapporto propositivo).
Il rapporto richiede una lingua neutra, rigorosa, essenziale. È necessario
ottenere chiarezza e precisione informativa (si usano espressioni di questo tipo:
dai dati emerge... / la commissione rileva... / proponiamo di...).
Per quanto riguarda la struttura di un rapporto, proviamo a vedere un
possibile schema:5
a. Introduzione. Si forniscono indicazioni su chi ha commissionato il lavoro,
sugli scopi per cui è stato richiesto, sugli aspetti investigati, sugli eventuali
vincoli e precedenti.
b. Organizzazione. Si spiega come è stata predisposta l’indagine, di quali
strumenti ci si è serviti, quale metodo è stato utilizzato.
5
Ripreso a grandi linee da Della Casa [op. cit.: 406].
c. Dati ottenuti. Si espongono i dati, organizzati logicamente secondo criteri
di pertinenza (cronologici, causali, tematici, ecc.).
d. Discussione e conclusione. Si discutono i dati, in relazione allo scopo del
rapporto, e se ne traggono le conclusioni.
e. Proposte. Se il rapporto è di tipo propositivo, si formulano possibili
soluzioni e suggerimenti.
Nelle esercitazioni del Laboratorio, per problemi che riguardano le
dimensioni dei testi, i primi due punti (a. e b.) vengono di solito sintetizzati in
poche righe poiché ciò che interessa maggiormente è la stesura della parte
informativa (dal punto c. in poi). Per la stessa ragione anche il punto d. il più
delle volte viene omesso. Per cui la struttura del nostro rapporto sarà
sostanzialmente la seguente:
• Introduzione. Si forniscono indicazioni su chi ha commissionato il lavoro,
sugli scopi per cui è stato richiesto, sugli aspetti investigati, sui tempi di
lavoro, ecc.
• Parte informativa. Si espongono i dati, organizzati logicamente secondo
criteri di pertinenza.
• Parte propositiva. Se il rapporto è di tipo propositivo, si formulano possibili
soluzioni e suggerimenti.
Ci sono dunque almeno tre parametri fondamentali per la buona stesura di
un rapporto:
• una buona organizzazione dei dati (logica, cronologica, causale, ecc.);
• l’uso di un registro neutro, oggettivo, impersonale;
• l’impostazione di una parte propositiva (se richiesta) che si concentri sul
come risolvere il problema in questione.
1.1.1. L’organizzazione logica dei dati
La prima operazione, dunque, consiste nell’organizzazione dei dati. Si veda
la seguente esercitazione:
Esercitazione 1
Sei il coordinatore di un gruppo di ricerca che deve preparare un rapporto informativopropositivo su “la paura dell’altro nella società italiana attuale”. I dati sono forniti dal
Censis e il testo ha come destinatario il Ministero dell’Interno. Per la parte informativa
occorre utilizzare tutti i dati messi a disposizione; la parte propositiva deve essere
mirata alla soluzione dei problemi rilevati a partire dai dati.
DATI
1. Nel 1999 sono stati denunciati 2.373.380 reati, con una diminuzione del 2,2%
rispetto ai 2.425.748 del 1998.
2. L’80,4% degli italiani crede che nel nostro Paese vi sia un numero allucinante di
immigrati e l’88,1% ritiene che il governo dovrebbe limitare di brutto i flussi di
ingresso.
3. Il reato che si ritiene venga commesso proprio alla grande è il furto in casa (32,7%
delle risposte), seguito dalle rapine (31,3%) e dallo spaccio di sostanze stupefacenti
(24,3%).
4. Nell’ultimo anno i furti in appartamento sono stati circa un decimo del totale dei
furti. Analogamente nel 1999 le rapine sono state solo una piccola parte
dell’universo dei reati.
5. Il 21% degli italiani ritiene che gli immigrati rappresentino una minaccia per la
sicurezza della propria residenza.
6. Il 33,2% degli immigrati dichiara di aver subito atti di razzismo da parte di italiani.
7. Il 29,5% degli italiani è d’accordo ad abbassare da 14 a 12 anni l’età della
punibilità.
8. Gli stranieri regolari in Italia sono 1.500.000. Continuando con l’attuale ritmo
d’ingressi, nel 2046 potremmo avere la stessa presenza quantitativa della Francia,
della Germania, dell’Austria e del Belgio.
9. Il 76,9% degli italiani è convinto che nell’ultimo anno i reati in Italia siano aumentati
in modo pazzesco.
10. Il 31,7% degli italiani è favorevole alla costituzione di ronde da parte di privati
cittadini.
[Hai un’ora e mezzo di tempo per svolgere il compito. Per il computer bisogna
seguire i seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la dimensione
12 punti, l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve avere i margini
giustificati e il righello deve essere posizionato da 0 a 14. Dimensioni del testo:
minimo 25 righe massimo 30 righe]
Organizzare i dati significa costruire delle “scatole” all’interno delle quali
inserire le informazioni omogenee, cioè disegnare una griglia sulla base di
criteri di pertinenza. Questa esercitazione pone un divario tra la percezione del
problema e la realtà delineata dai dati del Censis. I dati 1, 4 e 8 riportano
informazioni reali, i dati 2, 3, 5 e 9 informano sul modo in cui i cittadini italiani
percepiscono il problema, i dati 6, 7 e 10 descrivono alcune conseguenze. Tra i
dati oggettivi e i dati sulle percezioni c’è un contrasto che deve essere messo in
evidenza nella stesura, ma occorre aggiungere che i due gruppi di dati
(percezione/realtà) possono essere articolati meglio in due settori: uno che
riguarda la criminalità e un altro che riguarda nello specifico l’immigrazione.
Pertanto ne risulta uno schema “a scatole” di questo tipo:
La paura dell’altro:
Criminalità: Percezione (3 – 9)
Dati (1 – 4)
Effetti (7 – 10)
Immigrazione: Percezione (2 – 5)
Dati (8)
Effetti (6)
La parte informativa del rapporto dovrà seguire questo schema, in modo
che l’esposizione dei dati abbia una sua coerenza e una sua omogeneità. Nella
stesura i due campi tematici della criminalità e dell’immigrazione potranno
essere legati, essendo due poli dello stesso tema (la paura dell’altro). Ora,
come abbiamo detto, è essenziale che la discrepanza oggettività/percezione
risulti evidente, mentre si devono evitare giustapposizioni di dati come nei casi
che seguono:
[1] Dalle risposte emerse dagli intervistati emerge una tendenza a individuare gli
immigrati quali soggetti particolarmente vicini a fatti di criminalità. L’80,4% dei nostri
connazionali crede di ospitare nel nostro Paese un numero insostenibile di stranieri,
mentre l’88,1% vorrebbe una limitazione drastica dell’accesso alla nostra penisola,
regolata dal governo. Il 21% degli italiani, in particolare, ritiene che questi soggetti
rappresentino una minaccia per la sicurezza della propria residenza. /Gli stranieri
regolari in Italia sono 1.500.000. Continuando ad ospitare immigrati come si
sta facendo oggi, si prevede che nel 2046 potremmo raggiungere, in numero di
stranieri con regolare permesso, paesi come Francia, Germania, Austria e
Belgio./ Ad oggi il 33,2% degli immigrati dichiara di aver subito atti di razzismo da
parte degli italiani.
Il dato che abbiamo messo tra barre oblique in neretto (dato 8) è un dato
reale in contrasto con quanto affermato precedentemente in riferimento alle
impressioni soggettive degli italiani, poiché informa che con l’attuale ritmo di
ingressi solo nel 2046 potremmo avere la stessa presenza quantitativa della
Francia, della Germania, dell’Austria e del Belgio. Eppure il contrasto non è
messo in evidenza: manca, in sostanza, un connettivo (ciononostante, tuttavia,
però, in realtà, ecc.) che introduca il divario.
[2] Dai risultati della ricerca Censis sulla “paura dell’altro nella società italiana”
risulta che gli stranieri regolari in Italia sono 1.500.000 e che, continuando con questo
ritmo, nel 2046 potremmo avere la stessa presenza quantitativa di stranieri della Francia,
della Germania, dell’Austria e del Belgio.
/Dalla ricerca emerge che per l’80% degli italiani il numero di immigrati in
Italia è elevatissimo tanto che l’88% del campione ritiene che il governo debba
prendere dei provvedimenti seri per limitare consistentemente i flussi
d’entrata nel nostro paese./
Nell’esempio [2] la disposizione dei dati è invertita rispetto all’esempio [1],
tuttavia resta invariato il problema: lo scarto tra i dati – prima la realtà e poi la
percezione discordante – non viene marcato da un connettivo.
[3] Secondo i dati fornitici dal Censis, i reati denunciati nel 1999 sono stati 2.373.380,
diminuiti del 2,2% rispetto a quelli del 1998; una percentuale troppo bassa per essere
stata percepita dagli italiani, infatti il 76,9% di essi pensa che nell’ultimo anno i reati
siano aumentati in modo considerevole. Il reato che si ritiene venga commesso
maggiormente è il furto nelle abitazioni (lo pensa il 32,7% degli intervistati), seguito
dalle rapine (31,3%) e dallo spaccio di sostanze stupefacenti (24,3%). /Infatti
nell’ultimo anno i furti in appartamento sono stati un decimo dei furti totali, mentre le
rapine rappresentano solo una piccola parte di essi./
Nell’esempio [3] si comincia con il rilevare il divario tra realtà e percezione,
ma l’ultimo dato (dato 4), messo qui tra barre oblique, è un dato reale in netto
contrasto con il dato percettivo precedente (dato 3), che invece, introdotto dal
connettivo infatti, sembra del tutto omogeneo. In questo caso il connettivo è
usato, ma in modo sbagliato: anche in questo caso serviva un avversativo
(tuttavia, però ecc.).
[4] Secondo l’indagine svolta dal Censis, nel 1999 sono stati denunciati 2.373.380
reati, con una diminuzione del 2,2% rispetto ai 2.425.748 del 1998; questo dato non
corrisponde alla percezione del 76,9% degli italiani che ritiene che i reati siano
aumentati nel corso dell’ultimo anno. /Nello stesso periodo i furti in appartamento
sono stati circa un decimo del totale/ e, per questo, il 29,5% della popolazione
ritiene opportuno abbassare l’età della punibilità, da 14 a 12 anni, e il 31,7% è
favorevole alla costituzione di controlli notturni da parte dei privati cittadini.
Nell’esempio [4] il dato in grassetto tra barre oblique (dato 4) è un dato
reale in contrasto con le percezioni dei cittadini, ma soprattutto in contrasto
con il dato 3 che viene del tutto omesso. Ne risulta un’esposizione al limite
della comprensibilità, con una organizzazione logica delle informazioni molto
difettosa.
Nella prova di idoneità è bene mostrare l’organizzazione dei dati che si è
seguita nella stesura. Lo schema si può mettere alla fine del rapporto: si può
scrivere al computer o aggiungere a penna dopo la stampa dell’elaborato.
1.1.2. Il registro stilistico
Nella stesura del rapporto occorre fare molta attenzione alla messa a punto
del registro stilistico adeguato, e a tal fine può essere indispensabile modificare
stilisticamente le informazioni che ci vengono date. L’errore più evidente è
quello di riportare nel testo le espressioni fuori registro usate (apposta) nei dati.
Alcuni esempi:
L’80,4% degli italiani crede che nel nostro Paese vi sia un numero allucinante di
immigrati e l’88,1% ritiene che il governo dovrebbe limitare di brutto il flusso di
ingresso…
Il reato che si ritiene venga commesso proprio alla grande è il furto in casa…
Il 76,9% degli italiani è convinto che nell’ultimo anno i reati in Italia siano aumentati in
modo pazzesco…
Un altro errore consiste nell’uso della prima persona, in generale non
adeguata quando si scrive un rapporto professionale, e comunque sbagliata
quando si scrive a nome di un gruppo di lavoro (come nel nostro caso). Alcuni
esempi:
In base ai dati rilevati ritengo…
A mio avviso occorrerebbe…
Consiglierei maggior attenzione e serietà da parte dello Stato…
Credo che il problema fondamentale sia la sensazione di insicurezza che è sempre più
diffusa tra i cittadini.
Ecco altri esempi in cui evidentemente non viene messo a fuoco il registro
stilistico di un rapporto professionale:
Dall’altra parte della barricata il 33,2% degli immigrati dichiara…
Quale può dunque essere il punto di incontro tra due realtà diverse che si
sentono reciprocamente minacciate?
Molti possono essere i modi per cercare di superare i problemi sopra esposti…
Concludendo l’esposizione, un commento a riguardo: il problema affrontato
riveste toni molto significativi ed è necessaria tutta l’intelligenza e la buona volontà
degli ospiti e degli ospitati per evitare…
Il problema della sicurezza è molto caro a tutti noi ed è nocivo alla salute pubblica
instaurare un clima di paure e tensioni…
1.1.3. La parte propositiva
Il primo aspetto da curare nella stesura della parte propositiva è che il taglio
sia effettivamente propositivo. Capita infatti che chi scrive sia portato a
deragliare verso un testo di tipo argomentativo in cui si discute il problema ma
non si mettono a fuoco delle proposte.
Quelli che seguono sono casi in cui la parte propositiva viene sostituita da
un’argomentazione personale intorno al problema, con la conseguenza che il
rapporto propositivo diventa un testo argomentativo più o meno mascherato:
[5] La situazione è molto complessa, spesso il fenomeno immigrazione viene
scarsamente considerato da chi gestisce il potere in Italia e soprattutto non ci si assicura
di essere in grado di fornire un lavoro, quindi una fonte di sostentamento, a tutti coloro
che entrano nel nostro paese, i quali sono quindi costretti a provvedere ai loro bisogni
in altro modo; a questo si aggiunge il diritto dei cittadini ad essere tutelati nel rispetto
delle leggi e della sicurezza comune. Chi gestisce il potere dovrebbe iniziare a
considerare più seriamente la questione.
[6] Certamente una scarsa informazione non aiuta a risolvere la difficoltà
dell’inserimento all’interno di un gruppo culturale e sociale. L’intolleranza manifestata
dalla popolazione italiana potrebbe essere dovuta alla generale situazione di poca
chiarezza riguardo al fenomeno.
[7] Con una politica che agevoli l’integrazione anziché la discriminazione si pongono
le basi per un vivere civile e, di conseguenza, sicuro.
[8] Direi che da un lato gli italiani devono farsi una ragione del fatto che
l’immigrazione sarà uno dei tanti problemi del domani, un problema che comunque va
affrontato con tolleranza e apertura verso culture differenti. Dall’altro hanno tutto il
diritto di fare pressione affinché lo Stato si premuri di conservare l’ordine e la
sicurezza sociale e affinché l’integrazione si svolga nel pieno rispetto di entrambe le
parti.
Come già accennato, per evitare di fare questo tipo di errori di impostazione
è sufficiente ricordarsi che la parte propositiva deve concentrarsi sul come
risolvere un problema, mentre una discussione argomentativa ruota attorno al
perché di un problema.
Il secondo aspetto da curare nella stesura della parte propositiva è che le
proposte siano pertinenti rispetto ai nuclei problematici messi in evidenza nella
parte informativa. Nell’esercitazione che abbiamo preso a esempio i dati
indicano una percezione sbagliata dei problemi “criminalità” e
“immigrazione” e la parte propositiva dovrebbe partire proprio dalla
discrepanza oggettività/percezione e suggerire soprattutto campagne
informative per ridurre questo divario. Ecco invece delle parti propositive non
in linea con il divario emerso nella parte informativa:
[9] Le autorità dovrebbero destinare più unità delle Forze dell’Ordine al controllo del
territorio e dovrebbero garantire pene più severe a chi è colto in flagranza di reato,
applicando con più severità le norme vigenti. Per la sicurezza del cittadino, dovrebbero
essere istituite squadre notturne di privati cittadini all’interno del quartiere che svolgano
un servizio di collegamento con le Forze di pubblica sicurezza.
[10] Considerati i dati esposti, la nostra commissione ritiene che il Governo debba
impegnarsi in concrete forme di prevenzione del crimine, con un maggiore controllo da
parte degli organi di Polizia e una maggiore concentrazione di questi ultimi soprattutto
in zone considerate “a rischio”. Si ritiene inoltre che debbano essere aumentati i
controlli sugli immigrati in entrata nel nostro paese, che essi debbano essere seguiti e
controllati più rigidamente e scrupolosamente, così da consentire una completa
integrazione a coloro che ne sono davvero intenzionati e una espulsione istantanea a
coloro che commettono reati.
[11] Molteplici possono essere le proposte per una soluzione del problema: in primo
luogo si potrebbero aumentare le pattuglie di vigilanza nei centri abitati, soprattutto
nelle ore notturne, in modo da trasmettere ulteriore fiducia e sicurezza ai cittadini. La
costituzione di organizzazioni volontarie di sorveglianza potrebbe contribuire al
controllo dei posti più affollati.
Ecco una parte propositiva in linea con la parte informativa e con un buon
taglio stilistico (propositivo e non argomentativo):
[12] Vista l’effettiva discrasia tra i dati reali sull’immigrazione e la percezione che ha
del problema la popolazione italiana, riteniamo opportuno che il Ministero dell’Interno
intensifichi campagne informative rivolte alle fasce della popolazione maggiormente
interessate dal problema in modo da avvicinare individui di culture diverse e favorire la
convivenza pacifica.
Quello che segue è un esempio di svolgimento complessivamente corretto
dell’esercitazione. Il testo segue l’organizzazione logica dei dati che abbiamo
visto in 1.1.1., il registro stilistico è neutro e impersonale, la parte propositiva è
pertinente rispetto al nucleo problematico messo a fuoco nella parte
propositiva. Si noti anche la struttura compatta dell’elaborato, articolato in
quattro paragrafi: il primo introduttivo (breve), il secondo dedicato a un
gruppo di dati (criminalità), il terzo dedicato a un altro gruppo di dati
(immigrazione), il quarto alla parte propositiva (breve).
La paura dell’altro nella società italiana attuale
Dai dati del Censis risulta che in Italia la paura dell’altro viene alimentata da
due fenomeni che l’opinione pubblica considera convergenti: la criminalità e
l’immigrazione.
Per quanto riguarda la criminalità, il 76,9% degli italiani è convinto che
nell’ultimo anno i reati in Italia siano aumentati in modo assai rilevante: il reato
che si ritiene venga commesso con maggior frequenza è il furto in casa (32,7%
delle risposte), seguito dalle rapine (31,3%) e dallo spaccio di sostanze
stupefacenti (24,3%). Occorre rilevare invece che, contrariamente alla
percezione, nell’ultimo anno i furti in appartamento sono stati circa un decimo
del totale dei furti, e che nel 1999 le rapine sono state solo una piccola parte
dei reati complessivi commessi. Sulla base di questa percezione deformata,
risulta che il 29,5% degli italiani sarebbe d’accordo ad abbassare da 14 a 12
anni l’età della punibilità, e che il 31,7% degli italiani sarebbe favorevole alla
costituzione di ronde da parte di privati cittadini.
Per quanto concerne l’immigrazione, l’80,4% degli italiani crede che nel
nostro Paese vi sia un numero esagerato di immigrati e l’88,1% ritiene che il
governo dovrebbe limitare con misure drastiche i flussi di ingresso. Nello
specifico il 21% degli italiani ritiene che gli immigrati rappresentino una
minaccia per la sicurezza della propria residenza. Eppure gli stranieri regolari in
Italia sono 1.500.000, e continuando con l’attuale ritmo d’ingressi è stato
stimato che solo nel 2046 si raggiungerà la stessa presenza quantitativa di altri
paesi come la Francia, la Germania, l’Austria e il Belgio. Peraltro il fatto che il
33,2% degli immigrati dichiara di aver subìto atti di razzismo da parte di
italiani può essere considerata come una conseguenza della percezione distorta
di questo problema.
Riteniamo opportuno, pertanto, potenziare l’informazione sui dati reali
relativi alla criminalità e all’immigrazione aumentando gli spazi che i mezzi di
comunicazione di massa dedicano a tali argomenti. In prospettiva occorrerà
migliorare la qualità della comunicazione istituzionale con la creazione di
appositi uffici ministeriali.
1.1.4. La revisione
Se è richiesta la stesura di un testo espositivo nella forma di un rapporto si
deve anzitutto prestare attenzione alla consegna. Questo significa capire chi
siamo noi (scriviamo a titolo personale? siamo i responsabili di una
commissione?), chi è il committente, chi ci ha fornito i dati, chi è il nostro
destinatario, quale tipo di rapporto dobbiamo scrivere (informativo?
informativo-propositivo?), ecc.
Messi a fuoco questi requisiti preliminari, dobbiamo anzitutto dare
un’organizzazione logica ai dati, trovando criteri di pertinenza efficaci. Una
volta delineati i gruppi di dati, dobbiamo pensare alla sequenza più funzionale,
quindi si può passare alla stesura.
Alla fine della stesura è opportuno fare una revisione accurata sulla base dei
parametri di scrittura che abbiamo stabilito all’inizio. Ecco una griglia che può
aiutare a effettuare la revisione:
Aspetti specifici del rapporto
l’organizzazione dei dati è risultata efficace nella stesura?
il registro stilistico è neutro, impersonale e distaccato in tutto l’elaborato?
il registro stilistico è opportunamente calibrato rispetto al destinatario?
la parte propositiva è incentrata sul come risolvere il problema?
la parte propositiva è pertinente rispetto al problema rilevato nella parte
informativa?
• alla fine del rapporto è stato aggiunto lo schema dell’organizzazione dei
dati?
•
•
•
•
•
Aspetti strutturali
• il testo presenta una buona articolazione dei paragrafi? I paragrafi non
devono essere troppi né troppo pochi, e soprattutto devono sviluppare un
argomento in modo completo.
Aspetti formali
• puntaggiatura
• sintassi
• lessico
2. Il testo argomentativo
Abbiamo visto nell’introduzione che la domanda a cui si dovrebbe
rispondere con la stesura di un testo argomentativo è: quale soluzione do al
problema e come la sostengo?
Gli elementi in gioco sono dunque almeno tre: un problema di partenza, una
soluzione che chi scrive deve trovare (cioè una tesi), delle argomentazioni che
chi scrive deve presentare per sostenere la soluzione. Un testo argomentativo
parte quindi da un problema, formula un giudizio su questo problema, presenta
le prove adatte per sostenerlo.
In modo più schematico, ecco gli elementi di un testo argomentativo:
– il problema
– la tesi (soluzione del problema)
– elementi di prova o giustificazione a favore o contro la tesi
Si può parlare quindi di testo argomentativo quando si parte da un
problema la cui soluzione non è condivisa (o può comunque essere posta in
discussione), e chi scrive propone una tesi su tale questione, la supporta con
ragionamenti e prove, discute le eventuali tesi avverse al fine di ottenere la
persuasione del destinatario. Tutto ciò non si verifica nei testi espositivi che
abbiamo visto nel capitolo precedente, in cui le idee presentate, per quanto
motivate e poste in reciproca relazione, hanno a che fare con i dati più che con
le opinioni, e non sono assunte pertanto come oggetto di controversia e
discussione.
In molti casi l’argomentazione è organizzata in forma di ragionamento, con
prove e giustificazioni che spesso non sono legittimate da fonti esplicite o
“sicure” dal punto di vista scientifico. Altre volte, per esempio nei saggi
scientifici, le argomentazioni seguono criteri rigidi e le fonti sono esplicitate.
Pertanto è importante saper selezionare le prove e saper confutare, con
opportune strategie retoriche, le tesi sostenute da altri.
Ecco perché, come si diceva nel capitolo precedente, se il testo espositivo,
nella sua versione propositiva, si concentra sul come, il testo argomentativo si
concentra sul perché, nel senso che deve sostenere una tesi e quindi spiegare,
argomentare, cercare cause e motivazioni efficaci. Per fare un esempio: un
rapporto informativo-propositivo (testo espositivo) sul problema della droga
dovrà dire come risolvere il problema, cioè fare proposte operative; un articolo
di commento o un saggio (testi argomentativi) dovranno soffermarsi invece sul
perché una linea di comportamento è da ritenersi migliore o peggiore.6
Un testo argomentativo va dunque pensato come una sorta di catena
costituita da anelli legati in modo ben saldo. Le frasi devono susseguirsi con
una consequenzialità efficace; analogamente i paragrafi devono rendere conto
di un ragionamento logico. Insomma, la resistenza della catena dipende dalla
solidità dei suoi anelli, e il buon funzionamento dell’impianto argomentativo di
solito è manifestato da un buon uso dei connettivi: se, allora, anche, ad
esempio, addirittura, al contrario, anzi, benché, come, comunque, con questo,
così, eppure, infatti, invece, ma, mentre, ora, ormai, perché, perciò, però,
quasi, spesso, tanto da, tuttavia, viceversa, ciononostante, sono alcuni
connettivi che, se ben utilizzati, rendono funzionale ed efficace la macchina
argomentativa.
Possiamo considerare tre tipi di argomentazione sulla base dello scopo che ci
si prefigge:
• l’argomentazione il cui scopo è quello di persuadere i destinatari che
un’opinione è valida: in questo caso l’argomentazione si pone sul piano
della riflessione, e l’effetto che si vuole ottenere è che il lettore aderisca ai
giudizi di chi scrive. Questa argomentazione è sostanzialmente persuasiva;
• l’argomentazione il cui scopo è quello di convincere i destinatari ad
assumere una decisione pratica: questo tipo di argomentazione coinvolge il
piano dell’azione e il suo scopo è sostanzialmente pratico-propositivo, nel
senso che ci si pone l’obiettivo di suggerire azioni concrete;
• l’argomentazione che non è immediatamente orientata al pubblico (ai
lettori), ma si pone piuttosto l’obiettivo di trovare la soluzione più
soddisfacente a un problema: questa argomentazione è definita euristica, e
serve a chi scrive per ricostruire e manifestare un suo ragionamento intorno
a una questione. Chi scrive non si propone di convincere né di suggerire
azioni concrete, ma solo di raccontare delle riflessioni personali, che
comunque seguono una intelaiatura argomentativa.
6
Tuttavia le tipologie testuali posso avere molti punti d’intersezione, e infatti – come si vedrà più avanti –
un testo argomentativo può anche essere pratico-propositivo, e quindi concentrarsi anch’esso sul come: a
questo proposito va detto, comunque, che le strategie stilistiche e retoriche sono assai differenti, nel senso che
una parte propositiva di un testo espositivo – più diretta e operativa – è di fatto molto diversa da una parte
propositiva di un testo argomentativo – più mediata, commentata, ragionata.
Esempi di testi argomentativi sono i saggi scientifici, le tesi di laurea, gli
articoli di commento, le recensioni, ecc. In questo Laboratorio ci soffermiamo
solo sul testo argomentativo persuasivo nella forma dell’articolo di commento.
2.1. L’articolo di commento persuasivo: criteri didattici
Con l’articolo di commento, chi scrive sostiene il suo giudizio o la sua idea
su un particolare avvenimento, o su un problema, attraverso una serie di
argomentazioni. L’articolo di commento va distinto chiaramente dal pezzo di
cronaca, che invece è un testo che può essere definito di narrativa non
fictional: “La cronaca, o reporting, è la forma di esposizione della notizia per
eccellenza. È il modo giornalistico di raccontare un avvenimento,
concentrandosi sui fatti ed escludendo le opinioni. […] Il commento invece è la
forma giornalistica di esposizione delle opinioni. Presenta e sviluppa giudizi di
parte, che si sovrappongono alla ricostruzione e alla narrazione degli
avvenimenti, così da condizionare i contenuti delle notizie, attribuendogli
significati che appartengono alla sfera delle convinzioni ideologiche, delle
posizioni politiche, delle scelte morali, delle opzioni culturali. Si tratta di views,
punti di vista, contrapposti alle news.”7
Per quanto riguarda l’articolo persuasivo ci si eserciterà con il modello
“accordo/disaccordo”: dato un problema, o un avvenimento, o una
dichiarazione, si richiederà di avere una tesi ben precisa (appunto, in accordo o
in disaccordo con giudizi o opinioni) e di convincere chi legge che la propria
posizione è la migliore. Ciò che conta è dunque essere efficaci dal punto di
vista argomentativo e persuasivo.
Dal punto di vista didattico decidiamo dunque di tenere in considerazione i
seguenti elementi:
(i) la dialettica argomentativa: un articolo deve presentare una tesi in modo
efficace, deve sostenerla con opportune argomentazioni, ma deve anche in
qualche misura presentare le controargomentazioni e confutarle. È importante
evitare di appiattire la stesura esclusivamente sulla propria tesi: al contrario, il
testo deve muoversi in modo dinamico tra tesi e possibili obiezioni. La
dialettica argomentativa consente di descrivere un personaggio o una
situazione da più angolazioni: l’argomentazione dovrà tenere in considerazione
i vari aspetti di un problema con opportune strategie retoriche. E tuttavia non
si deve dimenticare che si deve anzitutto essere efficaci dal punto di vista
7
Da Alberto Papuzzi, Professione giornalista. Tecniche e regole di un mestiere, Donzelli, Roma, 1998, pp.
55-56.
persuasivo, e quindi convincere chi legge che la nostra linea è la migliore.
Questo significa che complessivamente la tesi e le argomentazioni a suo favore
devono prevalere in modo netto;
(ii) i paragrafi e l’uso della frase tematica: un articolo deve avere un buon
impianto argomentativo, nel senso che deve avere paragrafi ben organizzati
che corrispondano a un progetto argomentativo chiaro ed efficace; la
compattezza tematica di un paragrafo si vede dalla presenza della cosiddetta
frase tematica;
(iii) il registro stilistico: lo stile dell’articolo, rispetto a quello del rapporto, è
più partecipativo, più libero, più ironico, insomma più “giornalistico”; lo stile
giornalistico peraltro è caratterizzato da periodi brevi, da una sintassi semplice
e dall’uso frequente dei punti. Nello stesso tempo bisogna fare attenzione a non
cadere negli stereotipi giornalistici e nei luoghi comuni.
2.1.1. La dialettica argomentativa
Come primo esempio per affrontare la questione della dialettica
argomentativa riportiamo un breve intervento di Giovanni Mariotti sul piccolo
commercio che è in via di estinzione:
Il piccolo commercio se ne va. E la città cambia
di Giovanni Mariotti
Addio alle vecchie botteghe, ornamento delle nostre città. Ogni città fino a ieri aveva infatti
una ricchezza oggi quasi scomparsa: il piccolo commercio.
Il proliferare delle botteghe contribuiva alla loro fisionomia non meno delle antiche chiese,
dei palazzi, delle opere d’arte di cui erano, e sono, così ricche. C’era qualcosa di romanzesco
in quegli esercizi commerciali che s’identificavano, a volte per più generazioni, con la storia di
una famiglia. Chi stava dietro il banco conosceva la maggior parte di quelli che entravano; era
al corrente di amori, tradimenti, consistenza dei patrimoni. In molti casi si intavolava con i
clienti conversazioni succose. In certi negozi, soprattutto di alimentari, esisteva il “libretto”
su cui venivano registrati gli acquisti che sarebbero stati pagati a fine mese. Nelle tabaccherie
si vendevano le sigarette sciolte. E chi voleva comprare un abito o un paio di scarpe non
concludeva l’affare senza un tentativo, più o meno prolungato, di contrattazione. Insomma il
piccolo commercio funzionava su vari piani: come anima della vita di quartiere, osservatorio
sociale, centrale del gossip, banca che praticava piccoli prestiti senza interesse. E se
l’assortimento delle merci non era così ricco com’è oggi quello dei supermercati o degli
ipermercati, restava la speranza di scovare da qualche parte articoli cercati a lungo inutilmente,
visto che nessuno li produceva più.
Non vi nascondo i vantaggi offerti dalla cosiddetta “grande distribuzione”: i prezzi più
bassi, le offerte, i bollini, la possibilità, assicurata dalle carte di credito, di non procedere a un
pagamento immediato (cosa che un tempo avveniva macchinosamente attraverso i “libretti”).
Dunque da un punto di vista economico non c’è perdita, anzi. La perdita è su altri piani. Su
quello sociale e comunicativo e soprattutto su quello estetico. Ad andare smarrita è la grazia
che veniva alle nostre città-italiane, europee, in particolare a certe vie, da un susseguirsi di
botteghe che con le loro particolarità e i loro arredi erano una sorta di autobiografia degli
esercenti, delle loro famiglie. Dunque, di una società.
Nella prima parte del pezzo Mariotti enuncia la sua posizione, cioè spiega
come, a suo avviso, la scomparsa del piccolo commercio, e quindi delle vecchie
botteghe, costituisca una grave perdita sociale, comunicativa ed estetica per le
nostre città. Tuttavia, dopo aver elencato alcuni elementi che caratterizzavano
positivamente il piccolo commercio, Mariotti apre un nuovo paragrafo
elencando i lati positivi di quella che oggi si sta imponendo come “grande
distribuzione”, peraltro con una formula retorica semplice e assai efficace:
“Non vi nascondo i vantaggi offerti dalla cosiddetta ‘grande distribuzione’…”
La dialettica argomentativa consiste proprio in questo: nel tenere conto delle
controargomentazioni, delle controtesi, delle possibili obiezioni che possono
essere avanzate contro la nostra linea argomentativa. Il pezzo di Mariotti non
ha una grande forza persuasiva, poiché sia l’argomento sia la natura
dell’intervento giornalistico non la prevedono, e ciononostante è evidente un
discreto gioco dialettico. Quindi anche in un intervento breve (questo di
Mariotti è tra le 25 e le 30 righe) è possibile mostrare la dialettica
argomentativa, pur tenendo presente che alla fine la nostra tesi deve prevalere
in modo chiaro.
Di questo breve pezzo di Mariotti vale la pena mettere in evidenza fin da ora alcune
caratteristiche su cui torneremo meglio in seguito. Anzitutto lo stile segmentato, caratterizzato
da frasi molto brevi; poi la semplicità del lessico (non si ricorre mai a vocaboli inutilmente
complessi); infine alcune formule stilistiche proprie degli articoli giornalistici, come le frasi
che cominciano con la congiunzione “e”:
“Nelle tabaccherie si vendevano le sigarette sciolte. E chi voleva comprare…”
oppure
“E se l’assortimento delle merci non era così ricco…”
Le frasi che cominciano con “e” o con “ma”, fuori registro in un testo espositivo come
il rapporto, rientrano a pieno titolo nel registro stilistico di un articolo, che può inoltre
prevedere una notevole segmentazione.
Per vedere meglio cosa si intende per dialettica argomentativa, vediamo la
seguente esercitazione, che costringe a prendere posizione in modo netto e a
essere decisamente persuasivi. Il caso è il seguente: nell’agosto del 2000 si
verificano due omicidi riconducibili a casi di pedofilia, e il direttore di
“Libero”, Vittorio Feltri, decide di pubblicare sul suo quotidiano una lista di
pedofili già condannati. L’esercitazione, basata sul modello
accordo/disaccordo, obbliga a prendere posizione, esplicitando l’accordo o il
disaccordo con la decisione di Feltri.
Esercitazione 2 – Articolo di commento sulla lista di pedofili
In seguito ai due omicidi di agosto, riconducibili a casi di pedofilia, il direttore del
quotidiano “Libero”, Vittorio Feltri, ha deciso di pubblicare sul suo giornale una lista
con nomi e cognomi di pedofili già condannati.
Il direttore del tuo giornale (un quotidiano a diffusione nazionale) ti chiede un articolo
di commento sulla decisione di Feltri.
Devi sostenere una tua tesi (in accordo o in disaccordo con la pubblicazione della lista)
e argomentare per sostenerla.
Prima della stesura occorre indicare il titolo del pezzo e tra parentesi la tesi sostenuta
(accordo o disaccordo).
[Hai un’ora e mezzo di tempo per svolgere il compito. Per il computer bisogna seguire
i seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la dimensione 12 punti,
l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve avere i margini giustificati e il
righello deve essere posizionato da 0 a 14. Dimensioni del testo: minimo 25 righe
massimo 30 righe]
Proprio nell’ottica della dialettica argomentativa di cui stiamo parlando, è
opportuno valutare bene i pro e i contro di questa decisione. Ecco alcuni
possibili spunti, venuti fuori da una breve ricognizione fatta in aula, e si tenga
presente che questo lavoro rientra in quella fase dell’ideazione di cui si è
parlato nell’Introduzione: fase che consiste nel raccogliere in modo ancora non
strutturato tutte le possibili idee su un dato argomento.
Pro
• forma di difesa per la società *
• si tratta di pedofili già condannati con sentenza definitiva
• le condanne con sentenza definitiva sono pubbliche
• comprensione per i familiari delle vittime (derive emozionali)
• necessità di un’azione preventiva e repressiva ***
• è un modo per sollecitare un dibattito pubblico **
Contro
• non è di nessun aiuto per i bambini *
• rischio di vendette personali (già fatto in Inghilterra, dove si sono verificati
casi di suicidio e linciaggi)
• possibili errori dovuti a omonimia
• strumentalizzazione di un dramma per aumentare i lettori **
• idea matura di giustizia, non lasciata in mano ai privati ma delegata a
un’autorità terza (lo Stato) ***
• utilità di un’angrafe dei pedofili ma per le forze dell’ordine
• perché non pubblicare anche altre liste (es. gli stupratori?)
L’aspetto interessante di queste ricognizioni è che spesso i pro e i contro
sono interrelati, nel senso che, a seconda dell’uso che se ne vuole fare e della
prospettiva che se ne vuole dare, possono essere usati nelle argomentazioni o
nelle controargomentazioni: alcune motivazioni interrelate sono indicate in
questo caso dagli asterischi.
Ecco una discreta esercitazione svolta da una studentessa:
Pedofilia: operazione marketing (disaccordo)
In seguito alla decisione di Vittorio Feltri, direttore del quotidiano “Libero”, di pubblicare
sul suo giornale una lista con nomi e cognomi di persone condannate per pedofilia, si è
acceso un rovente dibattito sull’effettiva utilità della pubblicazione.
In molti hanno gridato allo scandalo sottolineando la becera strumentalizzazione di un
problema tanto grave come quello della pedofilia al fine di ottenere un incremento nelle
vendite del quotidiano. Feltri si è difeso facendo presente che la pubblicazione dei nomi dei
pedofili è servita a focalizzare l’attenzione degli italiani su un tema, quello della pedofilia,
troppo spesso passato sotto silenzio.
Nonostante la nobile dichiarazione d’intenti, la pubblicazione della lista dei nomi si
colloca in un periodo in cui, purtroppo in seguito a due terribili fatti di cronaca, l’argomento
pedofilia occupava di diritto le prime pagine di tutti i quotidiani. L’attenzione dei lettori è stata
in questo modo deviata dal problema reale verso il controverso dibattito che aveva per
protagonisti il quotidiano “Libero” e il suo direttore, a cui va senza dubbio il merito di aver
condotto un’eccellente campagna pubblicitaria a favore della propria neonata testata.
È risultata immediatamente evidente una conseguenza subdola, nonché ampiamente
prevedibile, della pubblicazione della lista dei nomi: i casi di omonimia. Non deve essere stato
piacevole per i cittadini coinvolti svegliarsi ignari la mattina e ritrovarsi investiti dall’onta di
un’accusa tanto grave come quella di pedofilia, giustificata solo dalla superficialità con cui è
stata condotta questa operazione di marketing giornalistico.
La paventata utilità sociale della pubblicazione non è che una misera pretesa nei confronti
di una tragedia, quella delle violenze sessuali sui minori, che nella maggior parte dei casi si
svolge tra le mura domestiche e non viene mai denunciata. Se l’intento di questa
pubblicazione fosse stato la lotta contro la pedofilia, Feltri avrebbe potuto avvalersi di
strumenti più efficaci. Probabilmente l’obiettivo di “Libero” era ben diverso ed è stato, ci
spiace ammetterlo, indiscutibilemente raggiunto.
L’articolo di questa studentessa mostra non solo un buon piglio persuasivo,
ma anche un discreto gioco dialettico. Si vedano a tal proposito i passaggi
sottolineati: nel primo si presenta una possibile controargomentazione rispetto
alla tesi sostenuta nel pezzo; nel secondo abbiamo un ottimo esempio di
confutazione, nel senso che una controargomentazione (“la paventata utilità
sociale”) viene enunciata e poi subito criticata (“non è che una misera
pretesa”).
Quello che segue è un articolo di Miriam Mafai, scritto proprio su questo
argomento. Mafai è in disaccordo con la pubblicazione della lista da parte di
Feltri, tuttavia dimostra di saper tenere in considerazione alcune motivazioni a
favore in alcuni passaggi che abbiamo sottolineato.
Anche in Italia è caccia aperta
di Miriam Mafai
Vittorio Feltri, direttore di “Libero” è arrivato primo, battendo sul tempo Maurizio
Gasparri il leader di Alleanza nazionale che aveva promesso di rendere pubblici a settembre
sul suo sito Internet i nomi dei pedofili già condannati. Vittorio Feltri lo ha battuto
pubblicando ieri un primo elenco di colpevoli di questo reato. Si tratta di pedofili già
condannati con sentenza definitiva. Molti di loro a quanto è dato capire stanno ancora
scontando la pena, altri sono probabilmente già in libertà. Nomi e cognomi, la descrizione del
reato, l’entità della condanna senza altre generalità.
La caccia al pedofilo dunque è aperta: tanto peggio se qualcuno sarà vittima di errori
dovuti magari a omonimia, come già è accaduto in Inghilterra nelle scorse settimane dove,
dopo la pubblicazione di analoghi elenchi, si sono verificati casi di suicidio e linciaggi. Già
ieri, un cittadino romano – che ha visto il suo nome sulla lista – ha denunciato ai tg la propria
assoluta estraneità.
Dunque la virtù del paese e la salvaguardia dei nostri bambini è affidata non alle autorità di
pubblica sicurezza, non ai giudici, non a una coerente azione di prevenzione ed educazione da
esercitare in casa e a scuola ma alle liste di proscrizione e ai linciaggi promossi da Gasparri e
da Feltri, alla furia di coloro che, come la Pivetti e la Mussolini chiedono per i pedofili la
castrazione, l’evirazione, la pena di morte.
La povera madre di Andria che buttata sul cadavere della sua bambina uccisa implora la
punizione del colpevole e grida: “Datelo a me lo uccido con le mie mani” merita tutta la
nostra comprensione e il nostro rispetto. Nelle sue condizioni credo che proverei anch'io lo
stesso sentimento e griderei anch’io le stesse parole. Ma non merita nessun rispetto chi,
investito di una funzione pubblica, sia giornalista o politico, alimenta e strumentalizza questa
pur comprensibile deriva emozionale alla facile ricerca di un pugno di voti o di un pugno di
lettori.
Queste dichiarazioni e queste iniziative, una vera e propria orgia di insensatezze,
rappresentano un’offesa profonda che può diventare irreparabile non solo e non tanto alla
cosiddetta privacy (elemento a mio avviso secondario e marginale del problema) quanto a
secoli di civiltà giuridica. Dopo tutto il nostro mondo è uscito dalla barbarie, quando ne è
uscito, nel momento in cui una collettività ha deciso di non farsi più giustizia da sé e ha
delegato a un’autorità terza, allo Stato e ai tribunali, l’esercizio, che solo in questo caso
diventa legittimo, della violenza e della punizione del colpevole.
La pubblicazione di quelle liste va in direzione del tutto opposta, rischia di farci fare un
balzo indietro di secoli, nel momento in cui tenta di restituire ai privati il potere sovrano di
individuare un colpevole e di punirlo, favorendo, come già è avvenuto in Inghilterra, anche il
linciaggio.
Nessuno può volere in piena coscienza questo arretramento culturale. Un arretramento che
è sempre possibile perché l’antica e barbara regola che detta “occhio per occhio dente per
dente” è sempre presente, sia pure controllata, dentro ognuno di noi. E basta poco per
risvegliarla. La pagina di “Libero” con quei nomi e quelle storie non serve a mettere i
bambini al riparo dalla violenza del pedofilo, serve soltanto a risvegliare dentro ognuno di noi
la tentazione di farci giustizia da soli e chi invoca pubblicamente la pena di morte lo fa oggi
non tanto per sconfiggere il reato (che non è stato sconfitto in nessun paese, neanche in quelli
che dispongono della sedia elettrica) quanto per raccogliere attorno alla sua proposta un
immediato popolare consenso.
Questo non significa, sia chiaro, sottovalutare la necessità di un’azione mirante alla
prevenzione e alla repressione delle violenze contro i minori. La nostra legislazione,
considerata esemplare da tutti i paesi europei, prevede già per questo reato pene assai severe.
Un’anagrafe dei pedofili già condannati potrebbe certamente essere utile se a disposizione
non del pubblico ma delle forze dell’ordine e della magistratura. Così come sarebbe
opportuno organizzare una maggiore vigilanza nei luoghi più frequentati dai bambini, dalle
scuole alle palestre ai giardini pubblici.
Ma i due tragici fatti di cronaca di questi giorni che hanno avuto come vittime due
bambine innocenti non possono farci dimenticare che la pedofilia è prevalentemente un reato
che si consuma tra le pareti domestiche a opera di familiari o di amici della famiglia e proprio
per questo avvolto spesso in un clima di complicità e omertà che ne rende più difficile la
individuazione.
È un reato feroce e antichissimo di fronte al quale la nostra sensibilità di oggi è sempre
più avvertita, dal quale tutti abbiamo il dovere di proteggere i nostri bambini. Non lo faremo
tuttavia con sempre più grottesche grida e minacce inapplicabili né sollecitando i peggiori
desideri di vendetta di una pubblica opinione esasperata ma perseguendo con tenacia
un’opera quotidiana di educazione e prevenzione.
La dialettica argomentativa, se esposta opportunamente, serve anche per
moderare i toni della scrittura, per attutire le prese di posizione, per mostrare il
proprio punto di vista in modo maturo, cioè consapevole di tutti gli aspetti
relativi a una questione. Nell’esempio che segue chi scrive, cioè Nicola
Tranfaglia, ha come obiettivo quello di criticare la proposta di riforma dei
programmi di storia all’interno del complessivo riordino dei cicli scolastici.
Prima di porre, in modo molto deciso, le sue obiezioni, Tranfaglia enuclea però
i lati positivi della riforma:
Non tagliate le ali allo studio della storia
di Nicola Tranfaglia
Chi ha trascorso una parte notevole della sua vita a studiare il passato (si tratti di quello
lontano o di quello più vicino, non cambia molto) ha un soprassalto di gioia e di interesse
quando si accorge che da qualche giorno grandi quotidiani, e persino trasmissioni televisive,
si occupano dell’insegnamento della storia. Ma l’interesse, la gioia cambiano di segno e si
trasformano in preoccupazione, rammarico o altro ancora quando ci si accorge che se ne sta
parlando perché si è vicini a un cambiamento che non promette nulla di buono per le nuove
generazioni.
Insegnando ormai da un trentennio in una Facoltà di Lettere, ho visto, e continuo a veder
passare ogni anno durante il mio corso di Storia Contemporanea o di Storia dell’Europa
migliaia di giovani usciti dalla secondaria e più di metà dai licei classici e scientifici. Hanno
studiato, secondo i programmi vigenti, per tre volte il cammino storico dell’uomo dalla
preistoria all’età contemporanea ma sono in gran parte ignari delle grandi coordinate
concettuali e cronologiche che consentono di orientarsi all’interno del grande racconto del
cammino umano.
[…]
Stando così le cose, chi scrive è tra quelli che ha letto con interesse, e senza pregiudizi, il
rapporto presentato il 7 febbraio scorso a Roma dal Ministero della Pubblica Istruzione sul
lavoro svolto nei mesi scorsi da una commissione di esperti sull’insegnamento della storia.
[…]
Dalla lettura delle pagine dedicate alla storia si colgono subito gli aspetti positivi del lavoro
svolto dalla commissione: si insiste sulla necessità di «far acquisire agli studenti una visione
di insieme della storia dell’umanità, attraverso la conoscenza di fenomeni storici su scala
mondiale, da esplorare e interpretare utilizzando il linguaggio proprio della disciplina (lessico,
concetti e metodologie)» e si prosegue sottolineando il fatto che «la storia ha una valenza
educativa trasversale a tutti gli ambiti in quanto le categorie storiche sono una delle chiavi
fondamentali di lettura di tutta la realtà» e concludendo con l’affermazione decisa di un
curricolo unico di storia per tutti gli studenti fino alla conclusione dell’obbligo, in prospettiva
ai diciotto anni. Simili premesse riconoscono all’insegnamento della storia il posto centrale
che ad esso compete nella formazione culturale degli italiani e parte, a ragione, dalla
dimensione mondiale che deve caratterizzare oggi qualsiasi discorso sulle grandi coordinate
del quadro concettuale e cronologico.
Ma, quando si passa dall’impostazione generale alle scelte compiute dalla commissione, si
resta inevitabilmente delusi e sorpresi giacché si immaginano programmi che fanno iniziare lo
studio sistematico e cronologico della storia dell’umanità nel quinto anno della scuola di base
(in pratica a dieci anni) e lo fanno concludere alla fine del secondo anno della secondaria (a
quindici anni), riservando all’ultimo triennio della secondaria (fino ai diciotto anni) uno
studio tematico delle vicende storiche attraverso la scelta di problemi e momenti del cammino
umano.
Ora io capisco l’opportunità di non ripetere tre volte, come avviene ancora oggi, il
programma di storia dall’antico al contemporaneo ma non posso essere d’accordo con l’idea
di riservare lo studio delle coordinate cronologiche fondamentali soltanto a un’età
preadolescenziale, lasciando alla successiva, che è quella più adatta e in grado di interessare
più in profondità i giovani, uno studio per temi e problemi che dovrebbe essere legato, e non
disgiunto dalla conoscenza dei nessi cronologici. […]
Tranfaglia è uno storico, e con quella premessa piena di considerazioni
positive attutisce la critica che seguirà, e che andrà a colpire il lavoro di colleghi
che hanno partecipato a una commissione. Ciò che si deve notare e in qualche
modo metabolizzare è proprio questa strategia retorica, propria degli articoli di
commento fortemente critici e di chiaro taglio persuasivo.
A questo proposito vale la pena vedere alcuni “cattivi esempi” in cui si
intraprende una linea argomentativa in modo eccessivo. Partiamo da
un’esercitazione, svolta nei laboratori di scrittura del 2000, che si presta in
modo particolare a questo tipo di errore.
Esercitazione 3 – L’omicidio di castelluccio di Sauri
Il 14 marzo 1998, a Castelluccio di Sauri, Anna Maria Botticelli e Mariena Sica,
entrambe diciottenni, hanno assassinato la loro amica e coetanea Nadia Roccia.
Di fronte alla condanna all’ergastolo delle due, i parenti della vittima e gli abitanti di
Castelluccio di Sauri hanno esultato.
Il filosofo Umberto Galimberti, su la Repubblica dell’11 febbraio 2000, ha scritto un
articolo che iniziava così: «Come si fa a scrivere sulla biografia di due ragazzine che a
diciotto anni compiono un delitto da loro stesso confessato “Fine pena: mai”?».
Galimberti giudica questa giustizia elementare, incapace di pensare alla rieducazione,
alla guarigione, alla redenzione di due giovani vite appena sbocciate e già incorse in una
crisi di follia.
Il direttore del tuo giornale (un quotidiano a diffusione nazionale) ti chiede un articolo
di commento su questi temi.
Devi sostenere una tua tesi e scrivere un testo argomentativo.
Prima della stesura occorre indicare il titolo del pezzo e tra parentesi la tesi sostenuta
(accordo o disaccordo con l’ergastolo per le due ragazze).
[Hai un’ora e mezzo di tempo per svolgere il compito. Per il computer bisogna seguire
i seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la dimensione 12 punti,
l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve avere i margini giustificati e il
righello deve essere posizionato da 0 a 14. Dimensioni del testo: minimo 25 righe
massimo 30 righe]
Esercitazioni come queste, che si collegano a fatti d’attualità e hanno un alto
grado di coinvolgimento, sono utili per affrontare il problema che potremmo
definire della retorica argomentativa. Qui la difficoltà, infatti, sta nel mantenere
una moderazione che spesso, invece, può venire a mancare quando si è
chiamati a esprimere giudizi su questioni molto delicate, come per esempio le
pene detentive (o la pena di morte) in seguito a episodi particolarmente efferati.
La tendenza, difatti, può essere quella di prendere posizione in modo radicale,
quando invece occorre abituarsi ad argomentare con strategie retoriche che
attutiscano l’impatto della propria tesi. Si pensi a come si comportano i
giornalisti professionisti: anche quando devono attaccare duramente qualcuno,
prima di colpire il bersaglio fanno lunghi giri retorici in cui per esempio
dimostrano di aver apprezzato alcune cose, di salvarne delle altre, insomma
cominciano da una serie di aspetti positivi; poi, con decisione, sferrano
l’attacco.
Questo vale anche quando si affrontano dei problemi e si vuole essere
persuasivi. Nel caso dell’Esercitazione 3, ad esempio, se si è d’accordo con
l’ergastolo, sarà bene premettere che si è consapevoli della durezza della pena,
che occorre comunque prevedere forme di recupero, ecc. Se al contrario si è
in disaccordo con l’ergastolo, sarà comunque opportuno mostrare che si è
consapevoli del fatto che è necessaria una giusta pena, che i parenti della
vittima devono essere in qualche modo assicurati da questo punto di vista, così
come tutta la collettività. Fatte dunque le giuste premesse, si può passare a
esporre la tesi.
Ecco alcuni casi in cui la tesi viene estremizzata senza l’opportuna
moderazione retorica. Abbiamo indicato in neretto i passaggi più forzati:
Inutile parlare di morale e di rieducazione, la loro coetanea Nadia Roccia, uccisa
con modalità agghiaccianti, non potrà più nemmeno pensare di poter passare la propria
vita tra noi. Perché uccidere se sai già cosa ti aspetta? Le due ragazze credevano di
poter agire senza che accadesse loro niente? Hanno sbagliato, e devono pagare per
il loro gravissimo e indiscutibile reato.
Anna Maria e Mariena devono riflettere sui loro errori, hanno una vita per farlo e forse
questo non sarà sufficiente a riscattare la perdita di Nadia. [...]
Siamo di fronte ad un assassinio e non possiamo permettere che non venga considerato
tale, proprio per la sua natura e mostruosità, chi uccide deve pagare.
L’ergastolo rimane la minima vendetta sia dei genitori di Nadia Roccia, sia dei
compaesani della vittima. Nessuno più dovrebbe pensare alle due giovani vite che
dal giorno del processo sono state messe in carcere senza più la speranza di essere
assolte: è la fine più giusta che si potesse desiderare. Finalmente la giustizia ha
funzionato, finalmente ci si è staccati dalla moralità e si è giunti alla concretezza dei
fatti, finalmente c’è stata una giusta vendetta.
Al giorno d’oggi il pensiero di Galimberti è una sorta di utopia anche se molto giusto,
in quanto l’opinione pubblica non accetterà mai che assassini come queste due ragazze,
nel fiore della loro giovinezza, siano seguite da esperti per rieducarle alla retta via e
per dare loro un’opportunità. Bisogna perciò sopportare questo mondo pieno di
primitivi dove in maniera simbolica si applica ancora la legge del taglione e non si
pensa invece a recuperare giovani carcerati che per un atto di follia hanno rovinato la
loro vita e quella dei propri genitori.
Ci si chiede: e il pentimento? Inutile. Pentirsi non aiuta ad attenuare l’eterna pena di
non-vita a cui è stata condannata Nadia, e non deve servire ad attenuare l’eterna
pena dei suoi giudici.
Giustizia è fatta. Occhio per occhio, dente per dente.
Si è cercato di difendere questi due giovani “fiori”, giustificando la loro azione in
quanto momento di follia, dovuto forse all’incoscienza dell’età giovanile.
Quello che segue è un buon esempio di stesura. Il compito è stato svolto da
un ragazzo del terzo anno delle medie superiori. Si richiedeva, nello specifico,
uno stile molto segmentato e una buona divisione in paragrafi. Si veda anche la
procedura argomentativa: il primo paragrafo è estremamente funzionale
nell’attutire quello che sarà il punto di vista di chi scrive:
Svolgimento
Perdere un figlio è terribile. Non sono padre, e il dolore che immagino si provi è davvero
nulla in confronto a quello reale. L’odio e la disperazione non bastano a colmare questa
perdita. La vendetta allevia per un po’ il senso opprimente di frustrazione, ma non riporta in
vita nessuno.
La pena, al contrario, dovrebbe fare giustizia. Ecco davvero ciò che dovrebbe placare gli
odiosi risentimenti: la giustizia. Ma l’ergastolo non è una giusta pena, è vendetta rabbiosa.
Una vendetta sottile, lenta, e per questo molto dolorosa, soprattutto quando le rinchiuse sono
due ragazze di appena diciotto anni.
Purtroppo si ragiona per cliché: una persona è nata malvagia e sarà malvagia per tutta la
vita. Il calvinismo, forse, dice questo, ma abbiamo esempi storici che attestano il contrario.
Paolo era un persecutore dei cristiani prima di diventare il loro vas honorabile; Schindler era
uno sfruttatore di operai prima di diventare un salvatore degli ebrei; Francesco d’Assisi era
un crociato sanguinario e insensibile, prima di diventare il giullare di Dio. Le persone dunque
possono cambiare, nel corso della vita, e noi non abbiamo nessun diritto di negare loro questa
possibilità.
Non si può giudicare una persona da una sua sola azione. Caino non subì all’istante la
vendetta di Dio. Fu protetto, anzi, da coloro che volevano vendicare Abele: nella sua vita aveva
la possibilità di pentirsi e cambiare comportamento. Chissà poi quante ne aveva fatte il
ladrone crocifisso alla destra di Cristo, eppure Gesù gli promise che sarebbe andato in
Paradiso, perché si era pentito.
Se davvero l’ergastolo risulta essere una pena per tutta la vita, allora è ingiusta e cieca
vendetta. Lasciar marcire una persona in galera non è giustizia. È giustizia invece dare la
possibilità a questa persona di cambiare, tenendola comunque strettamente sotto controllo.
Che razza di senso sociale e comunitario abbiamo, se non tentiamo di curare la follia di due
giovani ragazze?
Ricordiamoci che l’uomo ha crocifisso il figlio del Re dei cieli. Se la vendetta fosse una
cosa giusta, nessuno di noi sarebbe qui.
Anche in questo caso è stato molto utile far precedere all’esercitazione una
ricognizione sui pro e i contro. Ecco alcuni risultati di una lezione dedicata a
questa discussione:
Argomenti a favore dell’ergastolo:
1. Omicidio premeditato****
2. Sanità mentale delle ragazze*
3. Irrimediabilità dell’atto
4. Le ragazze sono maggiorenni**
5. Possibilità di “ricadute” per le due ragazze***
6. Giustizia per la famiglia della vittima
Argomenti contro l’ergastolo:
1. Le ragazze sono troppo giovani**
2. Modalità e dinamica del delitto oscure (complici?)****
3. Presunta appartenenza a sette sataniche (manipolabilità)*
4. Non dà la possibilità di reinserimento nella società***
Come in precedenza, abbiamo indicato con gli asterischi le argomentazioni
interrelate: se da un lato le ragazze sembravano mentalmente sane, dall’altro si
ipotizzava una loro partecipazione a riti satanici (quindi: manipolabilità); se da
un lato le ragazze erano diciottenni, e quindi maggiorenni, dall’altro si
potevano ritenere troppo giovani; se da un lato c’era il rischio che le ragazze
potessero commettere altri atti analoghi, dall’altro c’era il problema che con
l’ergastolo se ne impediva il reinserimento sociale.
Sulla base di questa ricognizione sono state elaborate alcune possibili scalette
in accordo e in disaccordo con l’ergastolo. Tornando alle fasi del processo di
scrittura di cui si è parlato nell’Introduzione, possiamo dire che dopo la fase
dell’ideazione, in cui si espongono i pro e i contro, si passa alla fase della
strutturazione, che consiste nell’elaborare una scaletta in pochi punti.
Accordo con l’ergastolo:
1. Presentazione del caso
2. La tesi di Galimberti
3. Argomenti contro l’ergastolo (in appoggio alla tesi di Galimberti)
4. Confutazione degli argomenti contro l’ergastolo
5. Altri argomenti a favore dell’ergastolo: i familiari non riavranno la loro
figlia (irrimediabilità); che almeno ricevano giustizia
Le argomentazioni che caratterizzeranno i punti tre e quattro possono
essere riassunti in una tabella, tenendo conto proprio delle interrelazioni:
3.
Troppo giovani
Sono manipolabili
Non consente il reinserimento
Modalità oscure
4.
Sono maggiorenni
Sono sane mentalmente
Possibili ricadute
Premeditazione
La scaletta che segue è invece in disaccordo con l’ergastolo: cambia l’ordine
di esposizione, e ovviamente si invertono le argomentazioni (e le confutazioni)
della tabella:
Disaccordo con l’ergastolo:
1. Presentazione del caso
2. Arg. a favore dell’ergastolo
3. La tesi di Galimberti
4. Esposizione degli arg. contro l’ergastolo e confutazione di quelli a favore
dell’ergastolo (in parallelo)
5. Non è giustizia ma vendetta
Vediamo ora un esempio giornalistico. A seguito dell’intervento di
Galimberti, e precisamente due giorni dopo, Eugenio Scalfari interveniva sulla
stessa testata per dissentire in modo radicale dal collega e amico. L’intervento
domenicale di Scalfari trattava diversi temi collegati al problema della
sicurezza, e si soffermava ampiamente anche sul caso di Castelluccio di Sauri.
Nel pezzo abbiamo sottolineato i passaggi in cui Scalfari con grande decisione
confuta le argomentazioni-cardine di Galimberti, mentre abbiamo messo in
corsivo alcune espressioni che servono a Scalfari per moderare i toni della
polemica.
Tratto da: Ma a chi fa paura il piano anticrimine?
di Eugenio Scalfari
[…]
Mi ha profondamente stupito l’articolo di Galimberti che critica e anzi distrugge con
argomenti di psichiatria criminale la condanna all’ergastolo emessa dal Tribunale di Foggia.
Dico subito che la penso in questo caso in modo diametralmente opposto a quello di
Galimberti, con le cui opinioni filosofiche e scientifiche sono stato finora d’accordo al cento
per cento.
La tesi di Galimberti è la seguente: 1) non si può uccidere senza un movente. 2) Chi lo fa
dimostra inconfutabilmente di essere in preda a un «raptus» o comunque a un vuoto di
coscienza e quindi in una condizione di totale o parziale irresponsabilità. 3) Chiunque si trovi
in tale condizione non può essere giudicato penalmente responsabile e va dunque affidato
non già ai carcerieri ma ai medici. 4) Affidarlo ai medici in altri tempi significava assegnarlo a
un manicomio criminale, ma poiché i manicomi sono stati chiusi neanche questa sanzione
può essere irrogata.
Nel suo articolo Galimberti non dice quale tipo di sentenza avrebbe dovuto emettere
secondo lui il Tribunale di Foggia e quale dovrebbe essere il giudizio della Corte d’Appello
che sarà chiamata a pronunciarsi in secondo grado; ma dall’insieme del suo ragionamento
deduco che egli pensi all’affidamento delle due ragazze assassine ai servizi di rieducazione
sociale o – nella più rigorosa delle ipotesi – al riconoscimento delle attenuanti e quindi a una
più mite condanna penale. Ma a parte il fatto che vediamo un giorno sì e l’altro pure
ergastolani in libera circolazione, il che vuol dire che la pena non è affatto considerata
irrevocabile, la tesi mi sembra (me ne scusi l’amico Galimberti) sbagliata nel merito e altresì
nell’impostazione teorica.
Nel merito: le due ragazze omicide cominciarono a pensare e a programmare
concretamente il delitto che fu consumato nel mese di marzo fin dal mese di gennaio.
L’ipotesi di un «raptus» va perciò esclusa in modo assoluto; quella del vuoto di coscienza
altrettanto: un vuoto di coscienza, qualunque cosa s’intenda con questa terminologia, che si
protrae per tre mesi filati non può essere definito un vuoto di coscienza ma una coscienza
vuota, cosa che è del tutto diversa e – questa sì – penalmente rilevante.
[…]
La psichiatria moderna, ci ricorda Galimberti, ha impiegato duecent’anni per definire i
disturbi della personalità. È vero e nessuno si sogna di cancellare quelle preziose acquisizioni
scientifiche e terapeutiche i cui contenuti fanno parte da tempo della scienza criminale e del
processo penale. Ma la loro applicazione alla fattispecie dedotta in processo non può che
essere specifica e non generica. Non si può dire: manca il movente, quindi siamo in presenza
di persona non responsabile. La risposta è un’altra: il movente non manca nel caso specifico.
Per noi che giudichiamo da fuori il movente può forse essere ritenuto risibile, ma per i
protagonisti dell’omicidio non lo è. È risibile un mancato viaggio di vacanze per uccidere?
Per noi sì, non sembra un movente, ma per le due ragazze in questione lo è stato, ammesso
che non ce ne siano altri non scoperti e non provati.
Un punto è chiaro: la lunga e lucidissima premeditazione, il disprezzo ostentato nel diario
di una delle assassine della vita altrui, l’efferatezza dell’esecuzione. Il fatto della sopravvenuta
confessione è in questo caso irrilevante ai fini del processo.
Amico Galimberti, fino a quando nel codice penale esisterà la pena dell’ergastolo la
sentenza del Tribunale di Foggia sembra a me ineccepibile. Si potrà abolire quella pena,
personalmente sono favorevole, ma fin quando si ragiona «de iure condito», a Foggia non
c’era altra soluzione.
Detto che è importante una certa dialettica argomentativa, e che a questa si
lega il problema della moderazione retorica, non dobbiamo comunque
dimenticare che la logica argomentativa deve portare a far prevalere in modo
netto la nostra tesi. In altri termini, occorre non dimenticare lo scopo del testo:
se è persuasivo, dobbiamo convincere il destinatario che la nostra tesi è la
migliore; se è pratico-propositivo, dobbiamo arrivare a fare delle proposte
chiare, imponendo la nostra linea con decisione. È bene quindi tenere sempre
presente lo scopo, perché per la preoccupazione di curare a fondo la dialettica
argomentativa si può rischiare di costruire un testo non efficace dal punto di
vista degli obiettivi.
Vediamo alcuni esempi a partire da una esercitazione sui dieci anni del
telefonino. La consegna dell’esercitazione è la seguente:
Esercitazione 4 – I dieci anni del telefonino
Il telefonino compie dieci anni. Il filosofo Umberto Galimberti, su la Repubblica, ha
scritto: “Io non ho il telefonino e non lo voglio avere. Non è un segno di distinzione
e neppure me ne vanto. Semplicemente non voglio perdere un’infinità di cose a cui
in Italia hanno rinunciato 25 milioni di nevrotici che per strada, al ristorante, in treno,
al cinema, a teatro, e in generale ovunque arriva prepotente il trillo, girano
ansiosamente su se stessi per cercare il ‘campo’, lasciandovi lì come un fesso ad
aspettare che la telefonata finisca.”
Chi usa il telefonino, secondo Galimberti, non sa più cos’è il silenzio, l’atmosfera,
non sa più stare dentro di sé per più di un’ora con il risultato che l’interiorità
s’impoverisce.
Il direttore del tuo giornale (un quotidiano a diffusione nazionale) ti chiede un
articolo di commento a partire da questa dichiarazione.
Devi sostenere una tua tesi (in accordo o in disaccordo con la dichiarazione) e
argomentare per sostenerla.
Ecco ora una esercitazione svolta da una studentessa:
Il telefonino è veramente così indispensabile? (accordo)
Dopo dieci anni dalla sua nascita il telefonino è ormai un oggetto a tutti familiare e che
quasi tutti possiedono. C’è chi lo ritiene un mezzo di comunicazione efficace e utile, chi
invece lo rifiuta considerandolo uno strumento inutile (come il filosofo Galimberti).
Per quanto mi riguarda se ne fa un uso eccessivo. Ormai la prima cosa che si fa al mattino
non è più bersi il caffè e fumarsi la sigaretta, ma è accendere il cellulare e leggere i messaggi
di lavoro, degli amici o l’oroscopo della giornata. Questo lo ritengo ridicolo. Ormai i
momenti di vera pausa non esistono più. Ogni minuto libero si passa giocando,
“messaggiando”, parlando, navigando o faxando col cellulare. Per alcuni vivere senza questo
oggetto è un po’ come essere esclusi dalla società.
Con il telefonino siamo diventati tutti meno rispettosi del prossimo. Non dimentichiamo,
infatti, quelle persone che lo tengono acceso ventiquattro ore su ventiquattro, anche nei
momenti meno indicati.
Ormai capita sempre più spesso che mentre stai parlando con un amico, magari anche di
cose serie, tu venga interrotto dallo squillo e aspetti per mezz’ora che la telefonata finisca. E
questo ti fa passare la voglia di continuare la tua confidenza.
Il cellulare ha però anche i suoi aspetti positivi. Per quelle persone che per lavoro, come i
medici, o per altri motivi, devono sempre essere reperibili, il telefonino è utile e fa risparmiare
del tempo prezioso.
Il telefonino oggi serve anche per mantenere i contatti con gli altri. Purtroppo il tempo
oggi è denaro e quindi si passa la gran parte della giornata a lavorare in mezzo al traffico. Il
cellulare ci aiuta molto a tenere i rapporti con gli altri, con gli amici e i familiari per i quali c’è
poco tempo e che invece sono importanti nella vita di una persona.
La studentessa indica subito che la sua tesi è in accordo con la linea di
Galimberti, e infatti dal secondo al quarto paragrafo (da “Per quanto mi
riguarda se ne fa un uso eccessivo”) il testo è orientato a sostenere questa tesi.
Tuttavia negli ultimi due paragrafi (da “Il cellulare ha però anche i suoi aspetti
positivi”), quasi obbligata a mettere gli argomenti a favore per garantire
all’elaborato una sufficiente dialettica argomentativa, la studentessa elenca degli
aspetti positivi, cioè delle controargomentazioni rispetto alla sua tesi. Il
problema è che messe in questo modo, alla fine dell’elaborato e in assenza di
opportune confutazioni, le controargomentazioni vanno a pareggiare le
argomentazioni: in altri termini, si elencano i pro, si elencano i contro, ma si
perde di vista lo scopo del testo, che è quello di persuadere in modo efficace.
Alla fine cioè non siamo affatto colpiti dall’argomentazione in accordo con la
linea di Galimberti, ma l’impressione è quella di una sostanziale neutralità.
Cos’è che non ha funzionato nel testo che abbiamo appena visto? Non ha
funzionato il gioco delle confutazioni, che alla fine deve far prevalere in modo
inequivocabile la tesi sostenuta. È per questa ragione che il testo risulta
inefficace. Per usare una metafora, la partita non può concludersi con un
pareggio, ma deve sempre esserci un vincitore, cioè la nostra tesi.
Rispetto all’Esercitazione 4, una scaletta efficace per un testo in accordo con
Galimberti potrebbe essere la seguente:
• Introduzione: oggetto, posizione di Galimberti
• Controargomentazioni: si espongono alcune possibili argomentazioni in
favore dell’uso del telefonino
• Esposizione della propria tesi (in appoggio a Galimberti): in questa parte si
possono confutare alcune argomentazioni portate precedentemente
• Conclusioni
Una scaletta efficace per un testo in disaccordo con Galimberti, per contro,
potrebbe essere la seguente:
• Introduzione: oggetto, posizione di Galimberti
• Controargomentazioni: si espongono alcune possibili argomentazioni in
appoggio all’opinione di Galimberti
• Esposizione della tesi: si confutano le argomentazioni precedenti e si espone
la propria tesi (in favore dell’uso dei telefonini)
• Conclusioni
Seguendo questo schema si comincia con il dare conto delle argomentazioni
contrarie alla nostra tesi (controargomentazioni), per poi procedere alla loro
confutazione e all’esposizione della tesi: che quindi, arrivando alla fine,
logicamente prevale. Dal punto di vista didattico in questo schema diventa
centrale l’uso dei connettivi: tra il secondo e il terzo blocco dovrebbero
risultare con evidenza connettivi come tuttavia, ma, però, ciononostante.
Questi connettivi rendono chiaramente l’idea dell’“inversione di marcia”:
queste erano le controargomentazioni, tuttavia ora prevarranno le
argomentazioni in favore della tesi.
La presenza di quello che potremmo definire il connettivo-spia è un segnale
che la macchina argomentativa sta funzionando, tanto che in una prima fase di
apprendimento è consigliabile forzarne l’uso. Così come un altro segnale
importante è l’uso del condizionale quando si presentano le
controargomentazioni: es. il telefonino impoverirebbe l’interiorità, non
consentirebbe di restare soli con se stessi, ecc. L’indicativo indica un dato di
fatto mentre il condizionale consente di riportare elementi argomentativi che
poi verranno confutati.
È evidente che la pratica e l’esperienza portano a superare la meccanicità
dei connettivi e degli schemi, cosicché firme di chiara fama conducono
argomentazioni efficaci e persuasive al di là dei rigidi vincoli che stiamo
esaminando. Eccone un esempio, sempre sul tema del telefonino.
Io amo quel magico scarabeo
di Furio Colombo
Un telefonino squilla nella sala affollata e tutti si portano di scatto una mano alla cintola
come in un film western. Tutti osservano il loro oggettino nero che li collega col mondo,
magico come uno scarabeo egizio. Uno solo risponde. Capita che non sia un medico che
raccoglie una chiamata d’urgenza. «Sì, amore. Poi ti richiamo». Gli altri ripongono lo
scarabeo, un po’ delusi. Fra poco suonerà per me. Suona, infatti, e io voglio che suoni. Posso
essere sincero? Non mi disturba. È come se vedessi i fili invisibili di una ragnatela che
abbiamo intorno. È come se per un istante si vedessero, anche nello spazio, i puntini che si
accendono quando, lungo la rete di contatti, un lievissimo brivido avverte che qualcuno sta
chiamando per noi.
«We are all connected», cantava l’inno dei bambini del mondo di Quincy Jones. E forse,
ascoltando quella canzone, si commuovevano anche coloro che adesso sdegnosamente dicono
«telefonino mai». Saranno che saranno, comunque, inseguiti da un messaggero trafelato.
Dov’è, dunque, la differenza se non, un po’, nello status?
E allora divampa la discussione: schiavitù o libertà? Credo che ogni svolta tecnologica
abbia provocato questa domanda, come dimostra il dibattito concitato e disordinato sulla
biogenetica che – è vero – può sempre portare il peggio. Ma intanto salva i grandi ustionati ed
è sul punto di evitare la catena delle grandi malattie ereditarie. […]
Poi dovete dirmi perché voi, entusiasti di Internet, su cui passa ogni istante il meglio e il
peggio del mondo, e voi la praticate comunque, come un culto, perché siete tanto severi col
telefonino che raggiunge in pizzeria la teenager un po’ screanzata? Lei mangia, fuma, litiga, e
per i suoi amici fa il gesto «come rompono questi!». Ma al telefonino risponde compunta che
arriva «di certo prima delle undici». Perché va così male che il camionista, non più solo al
mondo con la sua radio, possa dire a casa «cento chilometri e sono arrivato»?
Che cosa c’è di irritante se il lui o la lei di una coppia può dire nel vuoto «ci sei? Dove
sei?», visto che l’altra voce vuol dire il senso della giornata?
La piccola onnipotenza inerme dell’essere qui e altrove, del restare vicino mentre sei
lontano, in fondo non è che l’avverarsi di un piccolo racconto di fantascienza di Ray
Bradbury. L’astronauta perduto si arrampica sulla crosta rocciosa e nell’aria opaca del
mondo che non conosce intravede tante piccole luci, ascolta tanti piccoli suoni, che gli fanno
scoprire il punto di contatto fra universi che non comunicano. Noi lettori incantati, a quel
tempo, non abbiamo pensato: ecco adesso arriveranno altri stupidi anche dall’universo.
Abbiamo vissuto con emozione la fantasia del contatto impossibile fra mondi lontani.
E anche adesso, quando in due vi guardate, in macchina, guardate il vostro scarabeo muto
e inerte, e uno dei due sussurra «non c’è campo», dite la verità: avete l’impressione di avere
iniziato la traversata di uno spazio ignoto. Forse era questo il sentimento che provava
Leopardi bambino, guardando dal suo letto la notte che non risponde. Lui non ha mai avuto la
piccola consolazione della voce che annuncia precipitosa: «Adesso c’è campo».
Furio Colombo – è evidente – non divide schematicamente il suo pezzo in
argomentazioni e controargomentazioni, così come non deve ricorrere al
connettivo-spia per rendere efficace il suo testo. Questo è un esempio maturo,
sicuramente da emulare a livello avanzato, di testo in cui argomentazioni e
controargomentazioni sono disseminate tra i paragrafi, tesi e confutazioni si
inseguono e si sovrappongono tra scene immaginate (quella iniziale, quella della
teenager in pizzeria, quella del camionista, ecc.), riferimenti letterari (Bradbury,
Leopardi), paragoni con altre tecnologie (biogenetica, Internet). Immagini,
dialoghi e metafore rendono la scrittura viva, efficace, dinamica, e fanno di
questo testo, senza dubbio, un esempio di scrittura (molto avanzata) con cui
confrontarsi nel tentativo di abbandonare, gradualmente, la meccanicità
dell’argomentazione intesa in senso didattico.
2.1.2. I paragrafi e le frasi tematiche
Il paragrafo è l’elemento su cui si basa un testo, è quella porzione di testo
racchiusa tra due punti a capo che può contenere un buon numero di frasi o di
interi periodi. Il paragrafo va inteso come un’unità testuale chiara e distinta,
dotata di una propria struttura interna e di uno sviluppo tematico preciso e
compatto. Se i periodi sono chiusi dal punto fermo, i paragrafi sono delimitati
dal punto a capo. Quindi un periodo è chiuso da un punto fermo, ed è seguito
da un altro periodo che comincia subito dopo, un paragrafo è chiuso da un
punto a capo, nel senso che si va a capo, si comincia un altro capoverso con un
determinato rientro di prima riga. Questa differenza non è sempre chiara, e
capita spesso di leggere esercitazioni in cui si va a capo e si comincia un nuovo
paragrafo senza che sia necessario. Si veda l’esempio seguente:
Io non ho il telefonino e non ne sento neppure il bisogno, nonostante ciò non ho
ancora perso il lavoro, e non sono mancato a nessun importante appuntamento.
Continuando a telefonare da casa o dall’ufficio, facendo uso delle comuni schede
telefoniche, non ho smesso di lavorare in maniera efficiente, e di mantenere relazioni
sociali con il mondo.
I due blocchi hanno uno stesso sviluppo tematico, e quindi sarebbe
sufficiente separarli con un punto fermo. Ma altre volte, al contrario, capita di
non vedere un’opportuna separazione del testo in paragrafi, con un uso
scorretto del punto fermo.
Un testo argomentativo funzionale (ma questo vale anche per gli altri testi)
deve avere una buona struttura costituita da paragrafi che abbiano uno
sviluppo tematico compatto e una consequenzialità logica. Si deve avere l’idea
che si parte da un punto per arrivare a un obiettivo ben preciso attraverso
argomentazioni, confutazioni, ragionamenti. Da questo punto di vista la
“tenuta” dei paragrafi è essenziale.
Di solito ogni paragrafo è organizzato intorno a un’idea centrale. Per questa
ragione il paragrafo contiene, quasi sempre, una frase che racchiude questa
idea e che quindi svolge un ruolo più importante delle altre. Si tratta della frase
tematica, o topic sentence, che esprime quindi l’idea o l’argomento centrale
che il resto del paragrafo dovrà sviluppare. Ecco alcuni esempi:
Eppure riesce facile capire come i ragazzi abbiano bisogno, all’inizio almeno, di
qualcuno che li guidi, che li istruisca. Eco ha di recente sostenuto la necessità di porre
filtri, se non intelligenti limitazioni. La proposta non si può non accogliere con favore.
La tutela del minore è dovere fondamentale, l’educazione all’uso consapevole delle
nuove tecnologie un obbligo irrinunciabile. Software specializzati nel filtraggio delle
informazioni, o più semplicemente utenti esperti che sorvegliano.
Non si può giudicare una persona da una sua sola azione. Caino non subì all’istante la
vendetta di Dio. Fu protetto, anzi, da coloro che volevano vendicare Abele: nella sua vita
aveva la possibilità di pentirsi e cambiare comportamento. Chissà poi quante ne aveva
fatte il ladrone crocifisso alla destra di Cristo, eppure Gesù gli promise che sarebbe
andato in Paradiso, perché si era pentito.
E allora divampa la discussione: schiavitù o libertà? Credo che ogni svolta tecnologica
abbia provocato questa domanda, come dimostra il dibattito concitato e disordinato
sulla biogenetica che – è vero – può sempre portare il peggio. Ma intanto salva i grandi
ustionati ed è sul punto di evitare la catena delle grandi malattie ereditarie.
Vediamo ora alcuni esiti di una esercitazione mirata all’uso della frase
tematica all’inizio dei paragrafi.
Esercitazione 5
Qualche tempo fa, consumatosi il primo atto sessuale tra due protagonisti del Grande
Fratello, Enzo Biagi ha dichiarato: “Mi vergogno di far parte di questa televisione.”
Il direttore del tuo giornale (un quotidiano a diffusione nazionale) ti chiede un articolo
di commento su questa trasmissione a partire dalla dichiarazione di Biagi. Devi
sostenere una tua tesi (in accordo o in disaccordo con la trasmissione) e argomentare
per sostenerla.
Prima della stesura occorre indicare il titolo del pezzo e tra parentesi la tesi sostenuta
(accordo o disaccordo).
Ecco un paio di esercitazioni in cui le frasi tematiche (sottolineate nel testo)
vengono utilizzate con discreto successo:
Voyeurismo all’italiana (accordo)
“Mi vergogno di far parte di questa televisione”. Lapidario come in altre occasioni, Enzo
Biagi ha così commentato “Il Grande Fratello” in seguito al primo incontro sessuale che ha
coinvolto due dei protagonisti a pochi giorni dall’inizio della trasmissione.
Una presa di posizione, la sua, frutto di assennata ragionevolezza, ma non condivisa
dall’italiano medio, che segue con interesse più o meno marcato le vicende dei ragazzi
volontariamente rinchiusisi nella casa. Non è poi forse compito degli intellettuali additare con
disprezzo i prodotti eticamente più controversi? Gli stessi che, per qualche ironica dinamica,
sembrano riscuotere maggior successo di pubblico.
Ormai lo scenario televisivo offre una vasta gamma di prodotti, all’interno della quale ben
convivono “Il fatto” dello stesso Biagi e “Il Grande Fratello”. È divertente immaginare la
signora Maria, intenta a finire le faccende di casa di giovedì sera, fare zapping frenetico per
non perdere il filo del discorso dell’insigne giornalista e per monitorare, allo stesso tempo, la
reazione del nominato o dell’escluso di turno. Divertente, appunto, ma non inconcepibile.
Al di là di tradimenti, beffe, patetici approcci seduttivi, meschinità quotidiane amplificate
dal piccolo schermo, “Il Grande Fratello” agli italiani piace, e molto. Lo dicono i dati
sull’audience. Lo confermano le reazioni indignate di alcuni intellettuali. Poco importa che i
giorni all’interno della casa si ripetano gli uni uguali agli altri, che i discorsi varino dal
patetico al noioso, che si polemizzi su eventuali suggerimenti degli autori ai ragazzi; guardare
pseudoquotidianità in pillole non ci renderà delle persone migliori, ma senza dubbio rassicura
gli animi.
Allora perché condannare il piacere scopico? Perché non soddisfare questo innato
voyeurismo e la conseguente curiosità dei telespettatori? Consideriamoli al limite peccati
veniali. Anche il potere dell’esclusione dei protagonisti da parte dei telespettatori può essere
una chiave di lettura di questo successo. Esprimere le proprie antipatie attraverso una
telefonata che costa solo 2000 lire è intrigante. Tanto poi ci penserà Costanzo a consolare gli
esclusi, propinandoceli nuovamente in ogni trasmissione Mediaset. Con il benestare del
pubblico e buona pace dei moralisti.
Grande Fratello: il vero volto della TV commerciale (accordo)
La messa in onda della trasmissione “Il Grande Fratello” ha suscitato, né poteva essere
altrimenti, una miriade di reazioni polemiche, in un gioco dialettico da cui pochi, per la verità,
si sono astenuti.
La trasmissione in sé e per sé, mi pare, non è certo memorabile. I critici più accaniti si
sono scagliati, di volta in volta, contro la piattezza della recitazione, la vuotezza delle trame, la
sciatteria dei contenuti o la banalità delle discussioni, indissolubilmente legate ad argomenti
scandalistici e di dubbio gusto. Qualcuno ha visto cioè, nel Grande Fratello, nient’altro che
un’altra soap opera, solo più noiosa, volgare e mal interpretata. Eppure, mi sembra, una
visione così radicale non tiene conto di almeno due fattori.
Innanzitutto “Il Grande Fratello”, tanto nei contenuti che nella forma, non sembra, a
prima vista, essere disomogeneo con il resto dei prodotti televisivi. Detto in altri termini, si
assesta sulla medietà, non incanta ma nemmeno delude. Il Biagi che, interrogato al proposito
dichiara testualmente di vergognarsi di far parte di questa televisione, è ancora vittima d una
visione elitaria della cultura, e rischia di dimenticare, lui per primo, il contesto nel quale la
trasmissione si inserisce, un ambiente per larga parte superficiale, banale, legato certo più
all’effimera evasione che non all’impegno.
In secondo luogo molti non sembrano accorgersi della straordinaria valenza commerciale
e strategica dell’intera operazione “Grande Fratello”. Solo i meno attenti non avranno capito
che la trasmissione non si esaurisce nello spazio palinsestuale che le è dato, ma che anzi
continua in altre trasmissioni, magari di emittenti concorrenti, sulle pagine dei giornali, in
Internet, addirittura nelle discussioni in famiglia o con gli amici. Si viene creando nel tempo
una sorta di discorso continuo, ininterrotto, soprattutto autoreferenziale, e certo chi si lagna
della sua vuotezza non può tuttavia non apprezzarne la portata. Si obietterà che il solo
interesse economico non possa essere anteposto a regole morali o addirittura estetiche:
basterà ricordare che Canale 5 è, per sua stessa natura, una emittente commerciale. Questo
forse non spiegherà tutto ma molto sì.
Si noti come le frasi tematiche riassumono e introducono il contenuto del
paragrafo, mentre l’errore più frequente è proprio quello di mettere una breve
frase d’apertura che però non indica il tema del paragrafo. Inoltre si noti la
buona dialettica argomentativa, soprattutto nel secondo elaborato. Nel secondo
paragrafo si discute lo scarso livello qualitativo del programma, ma poi nel
terzo paragrafo si inquadra il programma nel più ampio contesto televisivo
(tutto qualitativamente non eccellente), e nel quarto paragrafo si sottolinea la
valenza commerciale del programma, un format-palinsesto che riesce a
debordare in altri canali, in Internet, sui giornali, con un potente effetto
autoreferenziale. E se questo va a stridere con l’etica televisiva, occorre
ricordare – come si fa in chiusura – che Canale 5 è una televisione
commerciale.
In questi casi la frase tematica è all’inizio, ma non è detto che sia sempre
così. Inoltre la frase tematica dipende dal tipo di paragrafo: se è vero che la
varietà di paragrafi è praticamente infinita, si può comunque tentare di
individuare alcuni tipi di paragrafo ricorrenti8.
Paragrafo per enumerazione
Es. Ci sono solo tre persone che potrebbero aiutarmi: il mio amico
Andrea, il professor Clemente e io stesso. Ma ad Andrea non posso certo
chiedere di mentire per me e il professor Clemente si è dimostrato
comprensivo fin troppe volte nei miei confronti. Domani sarà severo, a
dispetto del suo nome. Non posso contare che su me stesso, quindi, e in
fondo è giusto così.
La frase tematica introduce una serie di elementi che verranno ripresi
singolarmente nel paragrafo.
Paragrafo per confronto e contrasto
Es. Partecipare o non partecipare ai seminari legati ai vari corsi non è
affatto indifferente, anche per motivi “pratici”. Nel primo caso infatti si
ha modo di parlare spesso con i docenti anche prima dell’esame e se
necessario di ottenere spiegazioni. Se non li si frequenta può diventare
tutto più difficile.
La frase tematica presenta due elementi in contrapposizione e nel paragrafo
si sviluppa un confronto fra tali elementi.
Paragrafo per narrazione
Es. Il processo di decolonizzazione mondiale si è svolto in un arco di
tempo molto lungo. Fino alla fine degli anni Quaranta giungono
8
Si seguono qui gli esempi di Dario Corno, Scrivere e comunicare, Paravia, Torino, 1999, pp. 127-129.
all’indipendenza, senza una vera e propria guerra di liberazione, i paesi
sotto il dominio inglese e olandese. Negli anni Cinquanta …
La frase tematica presenta un’informazione o un tema, e il paragrafo lo
sviluppa in termini narrativi, secondo un asse cronologico.
Paragrafo per esemplificazione
Es. Non bisogna mai fidarsi troppo della propria memoria. Io ero
convinto di dover rinnovare la mia patente fra sei mesi, invece, a un
controllo della polizia stradale l’altro ieri, ho scoperto che era già scaduta
da dieci giorni.
La frase tematica dà un’informazione che verrà illustrata nel paragrafo per
mezzo di esempi.
Paragrafo per descrizione
Es. Il padre Cristoforo da *** era un uomo più vicino ai sessanta che ai
cinquant’anni. Il suo capo raso, salvo la piccola corona di capelli, che vi
girava intorno, secondo il rito cappuccinesco, s’alzava di tempo in tempo,
con un movimento che lasciava trasparire un non so che d’altero e di
inquieto […]
La frase tematica presenta una persona, un oggetto, un evento, e nel
paragrafo si sviluppa la descrizione nei dettagli.
Paragrafo per problematizzazione
Es. L’abolizione del servizio di leva è un passo di avvicinamento
all’Europa. Non soltanto perché i nostri maggiori partner europei (con la
sola eccezione della Germania, che sconta ancora oggi le colpe del suo
passato militarista) ci erano arrivati da tempo. Ma soprattutto perché
l’eliminazione della naia, quando sarà pienamente realizzata, consente ai
nostri giovani di colmare uno svantaggio di un anno rispetto ai loro
coetanei europei nel passaggio dal mondo dello studio a quello del lavoro.
Nell’era della globalizzazione la competizione per i posti di lavoro sta
passando sempre più da una scala nazionale a una scala continentale,
specie per i laureati. Rispetto alla media europea gli italiani finiscono gli
studi in ritardo: l’anno di militare obbligatorio era diventato un fardello in
più, che si traduceva in una penalizzazione spesso incolmabile.
La frase tematica propone un’affermazione che poi viene sviluppata
logicamente e problematizzata nel paragrafo.
Paragrafo per citazione
Es. La posizione di Francesco De Sanctis a proposito dell’insegnamento
letterario emerge con passione nella prolusione al corso tenuto a Zurigo
nel 1856 presso la Facoltà di Ingegneria. Il grande studioso napoletano
ritiene che solo gli studi letterari disinteressati e volti alla formazione della
personalità, possano creare un uomo completo. Mentre coloro che si
fermano agli studi utilitaristici, propri della formazione professionale, non
sono diversi dalle bestie, che badano solo a soddisfare i propri bisogni
materiali.
La frase tematica dichiara che quanto segue è l’opinione di un altro autore
su un argomento che si sta trattando.
Paragrafo per ricapitolazione
Es. Arrivati a questo punto, dobbiamo dire che la decisione non è facile.
Chi ha a cuore la salvaguardia dell’ambiente naturale ha certo ragione a
dire che la nuova autostrada farebbe scempio di un paesaggio da secoli
considerato fra i più belli d’Italia. D’altra parte si è visto che le ragioni
economiche che spingono a questa iniziativa sono tutt’altro che
indifferenti: essa potrebbe ridare vitalità a una zona in crisi. Il dibattito
sarà probabilmente ancora lungo.
La frase tematica introduce una sorta di sommario, e il paragrafo lo sviluppa
elencando sinteticamente i pro e i contro rispetto a un certo problema.
Paragrafo per domanda-risposta
Es. Quanti tipi di galassie esistono? Se ne distinguono almeno cinque. Le
galassie “a spirale”, quelle “barrate”, quelle “ellittiche”, quelle
“lenticolari” e infine le “irregolari”. Ora le esamineremo una per una.
La frase tematica è nella forma interrogativa per far capire che nel paragrafo
sono sviluppate alcune risposte.
Bisogna ricordare che:
1. la frase tematica esprime l’argomento che il resto del paragrafo deve
sviluppare;
2. la frase tematica deve far capire al lettore il modo in cui il paragrafo è
organizzato, il suo contenuto: in altri termini deve facilitare la lettura.
Negli articoli di commento persuasivi del Laboratorio, dunque, la frase
tematica dovrà essere posta obbligatoriamente all’inizio dei paragrafi: può fare
eccezione il primo paragrafo, nel caso sia breve e serva solo a introdurre
l’argomento. Pertanto ai due punti precedenti aggiungiamo che:
3. la frase tematica deve essere la prima del paragrafo e deve essere
sottolineata;
4. la frase tematica deve terminare con un punto fermo; non può terminare
con un punto a capo perché il paragrafo deve necessariamente essere
formato da più di un periodo;
5. la frase tematica deve essere breve (anche se non necessariamente
brevissima);
6. la frase tematica non è un titolo: il titolo è esterno al testo, la frase
tematica, al contrario, è interna al testo (e quindi al paragrafo).
2.1.3. Questioni stilistiche
Una caratteristica degli articoli giornalistici – che diventa in una certa misura
un nostro criterio didattico – è quella dello stile segmentato. Lo stile
segmentato (in opposizione allo stile coeso) è caratterizzato da periodi brevi, da
una coordinazione semplice e da un uso più frequente dei pronomi. Ecco due
esempi9:
ESEMPIO DI STILE COESO
Con questa relazione vogliamo mostrare che scopo della nostra indagine è
l’individuazione di situazioni strategiche che riflettano il successo di certe
persone attraverso le istituzioni sociali.
ESEMPIO DI STILE SEGMENTATO
Questa relazione riporta i risultati della nostra indagine; essa mira a
definire certe situazioni strategiche. In particolare, ci occupiamo di
mostrare quelle situazioni che portano certe persone ad avere successo. Ci
soffermiamo solo su situazioni relative alle istituzioni sociali.
Nell’articolo di Sofri che segue, lo stile giornalistico segmentato è usato, in
alcuni passaggi, in modo molto marcato. Proprio per questa ragione l’articolo
deve funzionare, in questa sede, solo da esempio stilistico, mentre per quel che
riguarda le esercitazioni del Laboratorio lo stile deve essere solo
tendenzialmente segmentato e non deve seguire forme giornalistiche
“estreme”.
LO STRACCIONE E IL POLIZIOTTO
di Adriano Sofri
Ho seguito con curiosità le notizie sulla prosopoagnosìa: non conoscevo la parola, e solo
un poco il fatto, la difficoltà di riconoscimento fisiognomico dei propri conoscenti. A me
succede un’altra cosa, da un po’ di tempo: mi pare che le persone mi assomiglino. O, se
volete, che io somigli loro. Mi succede all’ingrosso, anche con le facce e i corpi più
palesemente diversi. Mi fa un’impressione strana, perché ero abituato ad avere un’idea forte,
magari troppo forte, della mia singolarità. Guardando gli altri sentivo la mia dissomiglianza.
Ora, è il contrario. Mi chiedo perché. Naturalmente, il tempo lavora per la biologia: i vecchi
9
Da Maria Teresa serafini, Come si scrive, Bompiani, Milano, 1994, pag. 177.
uomini rischiano di scoprirsi simili, e perciò si appartano e a volte si incattiviscono. Una
spiegazione più interessante me la do attraverso le vicende della mia esistenza. Ho trascorso
ormai parecchi anni in situazioni che riducono le persone all’osso, per così dire, che
denudano la vita, le tolgono il bel trucco. Posti di guerra, città assediate, luoghi di freddo e di
fame, galera: si guarda camminare gli altri in una gabbia e si vede se stessi, con solidarietà e
ripugnanza.
Mi accorgo di aver presentato equivocamente la mia sindrome. Gli altri cui mi sembra
continuamente di assomigliare sono brutti, poveri, sporchi e malridotti. Dev’essere per questo
che sono stato così eccitato da un episodio come il reportage di Fabrizio Gatti sul “Corriere
della sera” dell’altro giorno. Gatti si è travestito da extracomunitario povero, rumeno, ha
mendicato in strada, è stato preso a schiaffi da un poliziotto, minacciato con una pistola
puntata all’inguine da un carabiniere, costretto a firmare una rinuncia ai propri diritti, chiuso
nel famoso centro di via Corelli e testimone, da lì, di vergogna e brutalità.
Perché mi ha così colpito? Dopotutto non era un espediente originale. Anni fa un
giornalista tedesco trascorse mesi da turco in Germania, e lo raccontò in un libro che fece il
suo quarto d’ora di scandalo. Gad Lerner lo ripeté in un viaggio italiano. Quanto al contenuto
del racconto di Gatti, è impressionante, per giunta su un giornale così autorevole: ma a me
non ha detto niente di nuovo. Chiunque viva, per vocazione o per forza, con gli ultimi sa che
gli abusi testimoniati da Gatti sono l’esperienza ordinaria di ciascuno di loro. Piuttosto, a
turbarmi e appassionarmi è il travestimento riuscito: la facilità con la quale un giornalista può
diventare un barbone rumeno, e passare per tale fra disgraziati autentici e fra i loro guardiani.
Dunque è così sottile il confine fra un cittadino in forma, elegante, con una professione
prestigiosa, e un irregolare straniero dagli stracci puzzolenti, preso a calci come un fagotto da
ogni autorità di passaggio? Certo, è così sottile.
Un abito scambiato tramuta il principe in povero e viceversa. Anche questo lo sappiamo da
sempre, però sempre ce lo dimentichiamo. Diciamo: mi metto nei suoi panni. Ma è solo un
modo di dire, ci abbottoniamo stretti nei panni nostri. Quando uno lo fa davvero, come il
cronista, semina lo scompiglio nel nostro ordine pubblico e privato. Per il solo scherzo di
cambiare per diciotto giorni i propri panni, costringe a un pensiero inaspettato e allarmante. Il
pensiero che lo scambio è reciproco: ciascun reietto, a guardarlo bene, potrebbe mettersi nei
panni nostri. Dei disgraziati non ci si può più fidare. Non si possono più prendere
spensieratamente a ceffoni, non si possono minacciare contando sul loro silenzio; non si
possono più dire cose compromettenti al loro cospetto fidando nell’ignoranza della lingua;
non si può ruttare da bravi sul loro viso o soffiargli addosso il fumo dopo aver calpestato il
loro pacchetto di sigarette. Scoperta inquietante per l’ordine costituito.
Guai, io penso, se davvero si rintracciassero e perseguissero i due o tre poliziotti e
carabinieri e infermieri che hanno schiaffeggiato o intimidito o falsamente certificato il falso
rumeno: hanno solo avuto un colpo di sfortuna. E sarebbero puniti per questo? E impuniti
tutti gli altri che abbiano offeso o percosso disgraziati veri e senza riscatto? Beffarda giustizia
sarebbe, una mortificazione in più per i nuovi venuti. Basti l’effetto – per il po’ che potrà
durare – dell’incursione di Gatti. Basti la circolare non scritta che in tutte le caserme e
commissariati d’Italia ordinerà di diffidare di accattoni, piccoli spacciatori, prostitute, perché
probabilmente sono giornalisti di quotidiano.
Non è dei poliziotti o dei carabinieri che parla soprattutto l’articolo del “Corriere”, ma di
noi cittadini normali. Poliziotti e carabinieri sono così vicini agli ultimi che viene loro facile di
allungare le mani, ma anche di scoprirli come il proprio prossimo. Sono loro, oltretutto, i più
abituati a travestirsi da piccoli delinquenti, e magari a riflettere per ragioni di servizio su quel
discrimine sottile. Forse, se scrutiamo più a fondo negli occhi del nostro extracomunitario, e
gli strofiniamo come per caso una guancia per capire se è sporco, scuro di pelle o truccato, in
modo da sincerarci che non è un dannato giornalista, finiremo per scoprire, in fondo agli
occhi, sotto la pelle, che è una persona. Come noi. Che ci somiglia.
È la cosa strana che succede a me, che pure tenevo tanto alla mia solitaria individualità. Nel
vangelo Gesù chiede: «Chi dicono che io sia?». Forse uno straccione, forse un re. D’ora in
poi, nelle tante vie Corelli d’Europa, si prenda tempo prima di sferrare il colpo: forse è uno
straccione, forse un giornalista, forse il re dei cieli.
Un altro criterio da tenere presente è quello della semplicità. Anzitutto
semplicità lessicale, perché raramente un articolo giornalistico presenta termini
inutilmente complessi; e poi semplicità sintattica, nel senso che le frasi devono
essere piuttosto brevi e presentare una struttura non eccessivamente elaborata
(questo punto si collega con lo stile segmentato già visto precedentemente).
Il principio da ricordare è che quando si legge un articolo non si deve essere
costretti a fermarsi per capire un concetto, non si deve essere costretti a
tornare indietro per ricostruire un’argomentazione troppo complessa.
Tuttavia la ricerca della semplicità può portare all’effetto della
banalizzazione, che si manifesta talvolta con l’uso di stereotipi e di luoghi
comuni. A questo proposito, ecco alcuni consigli molto sintetici:
• evitare espressioni abusate e inutili dal punto di vista dell’informatività come
“a livello di”;
• evitare espressioni figurative logorate dall’uso come “l’occhio del ciclone”,
“cavalcare la tigre”, ecc.
• evitare espressioni inadeguate per il contesto perché appartenenti ad ambiti
discorsivi diversi, come “essere in pole position” (dallo sport) o
“immaginario collettivo” (da teorie psico-sociologiche);
• evitare gli slogan, che condensano, banalizzandole, ampie assunzioni
ideologiche;
• evitare espressioni eccessivamente astratte o burocratiche come “tematica
di fondo”, “porre in essere”, “attivarsi”, “discriminare fra i diversi
contesti”;
• evitare espressioni eccessivamente concrete per il contesto: “zoccolo duro”,
“gatta da pelare”, “patata bollente”;
• evitare espressioni passe-partout, come “discorso valido”;
• evitare eccessi d’intensità come “delirante”, “assurdo”, “allucinante”, ecc.
È importante sottolineare che non ci sono criteri certi, ma solo una
sensibilità che deve tener conto sostanzialmente di due fattori: (i) il contesto
specifico d’uso; (ii) una sensibilità epocale (anche di breve periodo) verso gli usi
e gli abusi linguistici.
Sempre a questo proposito si leggano queste osservazioni stilistiche10:
10
Da Papuzzi [op. cit.: 121-122].
Giulio De Benedetti, direttore della «Stampa» per vent’anni, aveva in
testa un decalogo personale: «Detestava le parole lunghe, per esempio
tutte quelle che finiscono in ione o in ento. Detestava gli accoppiamenti
banali fra aggettivo e sostantivo – come ha ricordato Alberto Ronchey. –
Diceva: non bisogna usare l’aggettivo e il sostantivo che hanno celebrato
le nozze d’oro. Nello stesso tempo l’aggettivo non doveva mai essere
troppo vistoso, troppo eccentrico. Perché il giornale non doveva mettere
in imbarazzo la gente». Invece un decalogo formale venne redatto da
Arrigo Benedetti, il fondatore dell’«Espresso», quando assunse nel 1975
la direzione di «Paese Sera»: «Non si usano verbi inventati, come
evidenziare, presenziare, potenziare, disattendere, o superflui come
effettuare per fare, iniziare per cominciare; i francesismi come ‘a mio
avviso’; le frasi fatte come madre snaturata, folle omicida, agghiacciante
episodio, in preda ai fumi dell’alcool, i nodi da affrontare, nell’occhio del
ciclone, l’apposita commissione, e gli aggettivi che servono a caricare
d’infamia chi non ne ha bisogno, come il criminale fascista, l’infame
dittatore».
Ma la lingua dei giornali è sempre minacciata dalle frasi fatte e
dall’invasione degli stereotipi. Non mancano mai persone o cose che sono
«a rischio» o «nel mirino», abbiamo l’«Azienda Italia», e spesso la «voglia
di…», siamo pieni di «storie di ordinaria…», e scriviamo la cronaca di
qualcosa «di annunciato».
Tutti questi sono modi di dire che possono sembrare scorciatoie per
raggiungere prima il lettore, ma che rendono approssimativa e stucchevole la
scrittura.
Infine, alcune considerazioni sui finali. Un altro retaggio del tema delle
scuole superiori può essere quello del finale “a effetto”. Si pensa forse che sia
necessario concludere un elaborato con una sorta di crescendo, e capita così di
cadere nelle trappole dei luoghi comuni e delle formule stereotipate. Ecco
alcuni finali di questo tipo, tratti da una esercitazione in cui si chiedeva di
scrivere un articolo sulla pratica della lettura:
Nella lettura troviamo sempre nuove risposte a nuove domande ed essa caratterizzerà la
nostra vita da adulti, speriamo migliore di quella attuale.
Leggi quindi con attenzione e scopri il mondo che si cela dietro quelle pagine bianche!
Il tuo, vedrai, sarà un approfondimento di vita.
Ragazzi non fatevi trovare impreparati, il mondo dei grandi è duro e difficile...
Bisognerebbe far sentire il libro come qualcosa di vivo, interessante, e non distante.
Qualcosa che fa arricchire la vita, la rende interessante, una vita... bella!
È questo, forse, l’unico modo che abbiamo per superare le ipocrisie ed i pregiudizi che
inquinano il nostro mondo, che, oggi come non mai, è sempre più bisognoso di menti
libere ed aperte, capaci di guidarlo oltre, verso una maggiore, e migliore, giustizia ed
equità.
Non lasciate chiuse le porte che sono dentro e fuori di voi, apritele e imparate. Imparate
e crescete. Crescete e vivete pienamente.
Nei finali non si deve tentare di fornire soluzioni definitive, che nella loro
genericità risulterebbero senz’altro vaghe rispetto alla complessità dei problemi.
Dopo aver argomentato in una trentina di righe, conviene concludere ponendo
dei problemi, aprendo interrogativi, rendendo conto della complessità della
discussione, piuttosto che tentare di chiudere semplicisticamente una questione.
2.1.4. La revisione
Come per il testo espositivo, proponiamo qui una griglia per fare una
revisione finale sulla base dei parametri che abbiamo discusso:
•
•
•
•
•
•
Aspetti specifici dell’articolo di commento persuasivo
nel testo è stata curata la dialettica argomentativa, cioè sono presenti
argomentazioni e controargomentazioni?
il testo è efficace dal punto di vista persuasivo?
sono state messe prima le controargomentazioni e poi le argomentazioni a
sostegno della tesi? Tra il blocco delle controargomentazioni e il blocco
delle argomentazioni c’è il connettivo (avversativo)?
il testo presenta una buona articolazione in paragrafi? I paragrafi non
devono essere troppi né troppo pochi, e soprattutto devono sviluppare un
argomento in modo completo.
all’inizio dei paragrafi è presente la frase tematica? Per maggiore chiarezza
è bene sottolinearla.
il registro stilistico è adeguato?
Aspetti formali
• punteggiatura
• sintassi
• lessico
Conclusioni: la prova finale d’idoneità
Come detto nel § 0.6, il Laboratorio prevede una prova finale che consiste
nella stesura di un testo espositivo (rapporto) o di un testo argomentativo
(articolo di commento) secondo i criteri qui esposti. La prova si conclude con
un giudizio di idoneità o di non-idoneità, e l’idoneità viene attribuita con un
giudizio tra i seguenti: sufficiente, discreto, buono, ottimo. Questo significa che
lo scopo finale è quello di certificare uno standard di scrittura.
Rispetto ai due tipi di testo approfonditi, si valuteranno attentamente (i) le
operazioni cognitive e (ii) i registri stilistici che li caratterizzano:
Elementi da valutare:
Abilità cognitive
Registro stilistico
Testi
(rapporto professionale)
Organizzazione logica e
Neutro, distaccato,
pianificazione efficace dei oggettivo, ecc.
dati
Testo
argomentativo
Connessione logica e
pianificazione efficace
delle argomentazioni
Testo espositivo
(articolo di commento)
“Giornalistico”, partecipativo, segmentato, senza
stereotipi e/o luoghi
comuni
Si possono riassumere i criteri per valutare lo standard dell’idoneità
distinguendo due livelli e indicando i parametri che caratterizzano ciascun
livello:
I LIVELLO (o livello di base)
•
•
•
•
correttezza grammaticale e buon uso delle convenzioni grafiche
correttezza e buon controllo della sintassi
correttezza della punteggiatura
precisione del lessico
• buona coesione superficiale del testo
• buona coerenza nella connessione dei contenuti
• buona strutturazione
II LIVELLO (o livello specifico)
Testo espositivo (rapporto):
• buona organizzazione dei dati
• uso di un registro stilistico appropriato
• buona impostazione della parte propositiva (se richiesta)
Testo argomentativo (articolo di commento):
• presenza di una buona efficacia persuasiva e di una discreta dialettica
argomentativa
• presenza di una buona organizzazione in paragrafi con l’uso della frase
tematica all’inizio di ciascun paragrafo
• uso di un registro stilistico appropriato
A questo va aggiunto, come già detto, che nella prova finale si deve
dimostrare di saper scrivere un testo al computer: pertanto si valutano anche
l’esattezza e la pulizia della composizione al computer (nelle prove si
forniscono sempre indicazioni precise in tal senso).
APPENDICE 1
La punteggiatura
La punteggiatura svolge un ruolo fondamentale nell’organizzazione
sintattica di un testo e regola le pause della lettura. In parte l’uso della
punteggiatura è soggettivo, ma in larga misura è legato a vincoli logicosintattici. Proviamo a vedere i criteri d’impiego fondamentali dei vari segni di
punteggiatura11.
La virgola
La virgola indica una piccola interruzione nel discorso. Nella scrittura la
virgola segue immediatamente il carattere precedente ed è seguita da uno
spazio bianco.
La virgola può separare tra loro termini che hanno funzioni sintattiche
analoghe (es.: Questo vino ha un sapore asciutto, pieno, armonico), oppure
singoli termini di un elenco (es.: Devo acquistare una matita, una gomma,
alcuni pennarelli, una risma di fogli e un raccoglitore di anelli). Può
separare certe frasi introduttive (es.: Reduce da una trionfale tournée in
America, il soprano si esibirà domani alla Scala), oppure le apposizioni (es.:
La capitale dell’ungheria, Budapest, sorge sulle sponde del Danubio).
La virgola, salvo usi stilistici molto particolari, non deve mai separare il
soggetto dal predicato o il predicato dall’oggetto. Esempi:
Corretti:
Gli ultimi movimenti di borsa indicano
una tendenza al rialzo.
Lo studio analizza nei minimi dettagli le
possibili applicazioni del metodo.
11
Sbagliati:
Gli ultimi movimenti di borsa, indicano
una tendenza al rialzo.
Lo studio analizza nei minimi dettagli,
le possibili applicazioni del metodo
Seguiamo qui l’esposizione di Roberto Lesina, Il nuovo manuale di stile, Zanichelli, Bologna, 1994, pp.
111-129. Sono riportati anche molti esempi di Lesina.
È invece possibile inserire, in una proposizione, un inciso racchiuso fra due
virgole. La caratteristica degli incisi è che devono poter essere cancellati senza
intaccare il funzionamento del periodo in cui sono collocati. Esempi:
•
•
Gli ultimi movimenti di borsa, così almeno pare, indicano una tendenza al rialzo.
Lo studio analizza nei minimi dettagli, con l’aiuto di modelli di simulazione, le possibili
applicazioni del metodo.
La virgola può separare fra di loro proposizioni indipendenti e logicamente
correlate. Esempi:
•
•
La situazione era sempre più gravosa, il malumore cresceva, ma nessuno si decideva a
protestare.
I loro tempi di pagamento sono risultati troppo lunghi, pertanto dobbiamo rivedere i
prezzi concordati inizialmente.
La virgola può separare una proposizione secondaria dalla proposizione
principale che la regge (es.: Se avrete la pazienza di leggere queste
indicazioni, non avrete difficoltà a utilizzare la virgola in modo corretto).
Queste separazioni possono essere soggettive e dipendere da scelte stilistiche,
tuttavia bisogna fare molta attenzione quando la proposizione secondaria è
inserita nella principale: in questi casi l’uso della virgola può modificare
radicalmente il senso del discorso. In particolare bisogna fare molta attenzione
alle proposizioni relative, che solo in alcuni casi svolgono il ruolo di inciso e
richiedono la virgola prima e dopo.
Le relative restrittive (o limitative) introducono informazioni indispensabili e
non possono essere cancellate. Esempi:
•
•
La ragazza che ho incontrato poco fa si chiama Francesca.
La gara a cui ho partecipato era molto importante
Le relative esplicative (o appositive) forniscono informazioni aggiuntive,
non sono necessarie alla compiutezza della proposizione principale, e quindi
possono andare tra virgole. Esempi:
•
•
Proust, che è il mio scrittore preferito, non è amato da tutti.
L’Alitalia, che è un’ottima compagnia aerea, non ha voli diretti per Malindi.
Quindi, più in generale, la proposizione secondaria non deve essere
racchiusa tra virgole se specifica o restringe l’uso di un termine al quale si
riferisce. Esempi:
Corretti:
Gli esempi che stiamo considerando non
possono illustrare tutti i casi possibili
La soluzione proposta dal mediatore fu
accettata da ambo le parti
Sbagliati:
Gli esempi, che stiamo considerando, non
possono illustrare tutti i casi possibili
La soluzione, proposta dal mediatore, fu
accettata da ambo le parti.
In questi due esempi le proposizioni secondarie specificano e restringono
l’uso dei termini a cui si riferiscono: sono solo gli esempi che stiamo
considerando (e non altri) a non illustrare tutti i casi possibili, ed è solo la
soluzione proposta dal mediatore (non altre) a essere stata accettata dalle parti.
Nei due esempi che seguono, invece, la proposizione secondaria deve essere
racchiusa tra virgole:
•
•
Gli agenti, poiché nessuno rispondeva, sfondarono la porta ed entrarono.
Il museo, che per lungo tempo è rimasto chiuso per restauri, è ora nuovamente aperto al
pubblico.
In questi casi le proposizioni secondarie non specificano e non restringono in
modo fondamentale l’uso dei termini a cui si riferiscono, e quindi si possono
racchiudere tra virgole.
Si vedano i due esempi seguenti:
•
•
I passeggeri che si trovavano sul ponte videro la terra allontanarsi e sparire all’orizzonte.
I passeggeri, che si trovavano sul ponte, videro la terra allontanarsi e sparire all’orizzonte.
Nell’esempio 1 la proposizione secondaria non è separata dalle virgole, il che
significa che specifica e restringe il termine a cui si riferisce. Il senso è che solo
quelli che si trovavano sul ponte videro la terra allontanarsi.
Nell’esempio 2 la proposizione secondaria è separata dalle virgole, il che
significa che non specifica e non restringe il termine a cui si riferisce. Il senso è
che tutti i passeggeri videro la terra allontanarsi.
Il punto e virgola
Il punto e virgola indica un’interruzione del discorso maggiore rispetto a
quella della virgola. Nella scrittura il punto e virgola segue immediatamente il
carattere precedente ed è seguito da uno spazio bianco.
Il punto e virgola viene utilizzato per separare i termini di un elenco quando
questo è lungo e complesso e presenta altra punteggiatura al suo interno.
L’elenco di solito viene introdotto dai due punti e concluso dal punto.
Esempio:
•
Principali risorse: agricoltura e foreste, lavorazione del legno e industria conciaria; pesca
fluviale e marittima; turismo e artigianato tipico.
Occorre ricordare che il punto e virgola è un segno sempre meno frequente
nell’uso contemporaneo, e che in particolare non è quasi più utilizzato nella
scrittura giornalistica, dove si preferisce usare il punto.
Il punto
Il punto indica un’interruzione di carattere conclusivo e di entità superiore
rispetto a quella degli altri segni di punteggiatura. Nella scrittura il punto segue
immediatamente il carattere precedente ed è seguito da uno spazio bianco.
In particolare il punto fermo segna la conclusione di un periodo, e il
periodo successivo deve essere iniziato con la lettera maiuscola. Il punto a
capo, invece, indica la fine dei paragrafi, e per questa ragione è il segno di
punteggiatura più importante poiché permette di cogliere la struttura del testo.
Si veda l’esempio seguente:
[1] La solitudine è ormai da tempo un male sociale più grave della povertà. Eppure non
viene considerata come tale, indagata, elevata a oggetto di discorso politico. Si preferisce
curarne i sintomi, o meglio speculare sui sintomi. La depressione, la malattia di fine secolo,
nasce dall’isolamento degli individui e fa prosperare una gigantesca industria farmaceutica.
[2] Un segnale grave di solitudine viene dai giovani. Tempo fa un’indagine ha stabilito
che il 52 per cento degli italiani fra i 20 e i 34 anni vivono ancora nella famiglia d’origine,
accanto a babbo, mamma e spesso ai nonni. Il dato è molto superiore alla media europea. Si
conferma la centralità della famiglia italiana, ma in un senso inquietante. I commenti si sono
tenuti in bilico fra il pistolotto contro gli eterni figli di mamma e il giovanilismo patetico sui
“poveri” ragazzi senza lavoro, senza considerare che i coetanei francesi o inglesi o spagnoli
non sono affatto più ricchi dei nostri.
Nel primo paragrafo ci sono tre punti fermi e un punto a capo. Nel secondo
paragrafo ci sono quattro punti fermi e un punto a capo. Serafini12 a questo
proposito ricorda che il miglior servizio che possiamo fare ai nostri lettori è
quello di utilizzare appropriatamente i punti a capo. Ecco alcune regole
pratiche:
– Presentare una sola idea per paragrafo.
– Non fare mai paragrafi troppo lunghi né troppo corti: un paragrafo
troppo lungo è difficile da controllare, uno troppo breve non riesce a
sviluppare compiutamente un tema.
– Creare paragrafi di lunghezza simile.
12
Maria Teresa Serafini, Come si scrive, Bompiani, Milano, pp. 229-268.
Sospensioni
Una serie di tre punti può indicare una sospensione del discorso (il testo
successivo è preceduto da uno spazio bianco). Esempi:
•
•
Voglio… quattro milioni
Allora… ci racconti qualcosa?
Bisogna tuttavia fare molta attenzione a non abusare dei puntini di
sospensione, che vengono usati solo in casi assai circoscritti (di solito nei
dialoghi). Spesso l’uso eccessivo dei puntini di sospensione è sintomo invece di
una scrittura non matura, in particolar modo quando con i puntini si tenta di
introdurre una battuta a effetto.
I due punti
I due punti indicano una interruzione con tono sospensivo. Nella scrittura
seguono immediatamente il carattere precedente e sono seguiti da uno spazio
bianco.
I due punti vengono utilizzati per introdurre elenchi. Esempi:
•
•
I principali segni di punteggiatura sono i seguenti: virgola, punto e virgola, punto fermo,
due punti.
Sono possibili diverse soluzioni di soggiorno: pensione completa in albergo;
pernottamento in albergo e pasti convenzionati nei luoghi termali; solo pernottamento in
albergo o in chalet.
Spesso i due punti svolgono il ruolo di veri e propri connettivi e possono
essere collocati al posto di congiunzioni causali, consecutive ed esplicative.
Alcuni esempi13:
•
Congiunzione causale
Ho passato tutta la mattina in piscina perché faceva davvero caldo.
Ho passato tutta la mattina in piscina: faceva davvero caldo.
•
Congiunzione consecutiva
È così maturo e preparato che salterà l’ultimo anno del liceo.
È maturo e preparato: salterà l’ultimo anno del liceo.
13
Da M. T. Serafini, op. cit., pp. 241-242.
•
Congiunzione esplicativa
Fa davvero caldo, infatti ci sono più di 40 gradi.
Fa davvero caldo: ci sono più di 40 gradi.
Nella trascrizione dei dialoghi i due punti introducono le battute dei
personaggi. Esempio:
Franca: Come fai a dirlo?
Marco: Beh, perché hai l’aria di una ragazza che è qui per studiare.
Il punto interrogativo
Il punto interrogativo indica un’interruzione con tono di domanda. Nella
scrittura il punto interrogativo segue immediatamente il carattere precedente
ed è seguito da uno spazio bianco.
Il punto interrogativo viene utilizzato per esprimere una domanda, una
richiesta, un dubbio. Esempi:
•
•
•
Cosa ve ne pare di questo manuale?
Posso uscire un momento?
Sarò stato abbastanza convincente?
Il punto esclamativo
Il punto esclamativo indica una interruzione con tono enfatico o imperativo.
Nella scrittura il punto esclamativo segue immediatamente il carattere
precedente ed è seguito da uno spazio bianco.
Il punto esclamativo può servire a sottolineare un ordine, un’esortazione, o
un avvertimento. Esempi:
•
•
•
Non mi toccare!
Restate ai vostri posti!
Attenzione!
Il punto esclamativo può servire per conferire particolare enfasi a una
considerazione. Esempi:
•
•
Hai centrato il segno, non c’è che dire!
Assurdo!
Anche per il punto esclamativo vale quanto detto per i puntini di
sospensione. Il punto esclamativo va usato con estrema parsimonia, anche
perché l’enfasi è efficace se non è frequente. Analogamente bisogna fare
attenzione a non legare l’uso del punto esclamativo con il tentativo di ottenere
effetti ironici.
Le parentesi tonde
Le parentesi tonde racchiudono un elemento incidente all’interno di un
testo. Nella scrittura la parentesi di apertura è preceduta da uno spazio bianco
ed è seguita immediatamente dal primo carattere dell’inciso; la parentesi di
chiusura segue immediatamente l’ultimo carattere dell’inciso ed è seguita da
uno spazio bianco (oppure da un eventuale segno di punteggiatura).
È bene ricordare che le parentesi e il loro contenuto dovrebbero poter esere
elminati senza compromettere il funzionamento del testo. Esempi:
•
•
Beppe Alvisio mi accolse con fare piuttosto scherzoso (senza tuttavia sorridere) e mi
invitò a entrare.
I sette peccati capitali (accidia, ira, avarizia, gola, invidia, superbia, lussuria) sono
rappresentati su altrettanti pannelli.
Un eventuale segno di punteggiatura del testo esterno alle parentesi viene
sempre posto dopo la parentesi di chiusura. Esempio:
•
Sebbene io abbia riletto quella lettera (e la seconda lettura è stata accurata quanto la
prima), alcuni punti non mi sono ancora chiari.
Le lineette
Le lineette servono a isolare nettamente un inciso all’interno di un testo.
Nella scrittura sono precedute da uno spazio bianco e seguite da uno spazio
bianco. Pertanto le lineette e il loro contenuto devono poter essere eliminati
senza compromettere il funzionamento del periodo.
•
•
•
Malgrado ciò — o forse grazie a questo fatto — aveva ottenuto un notevole successo.
L’autore — non ci stancheremo di ripeterlo — deve sempre rileggere i suoi scritti con
grande attenzione.
L’edificio — un’imponente struttura in legno e muratura, un tempo adibita a deposito
portuale — verrà presto abbattuto per fare spazio al nuoco scalo merci.
Le virgolette
Ci sono tre tipi di virgolette: le virgolette alte (“ ”), le virgolette basse (« »),
gli apici (‘ ’). Nella scrittura le virgolette d’apertura sono precedute da uno
spazio bianco e seguite immediatamente da un carattere; le virgolette di
chiusura sono precedute immediatamente da un carattere e seguite da uno
spazio bianco.
Le virgolette servono a delimitare un discorso diretto o una citazione, o a
evidenziare un vocabolo o un’espressione. Le virgolette singole si possono
usare come virgolette all’interno delle doppie, quando ciò sia necessario.
APPENDICE 2
ESERCIZIARIO
Riconoscimento testi
Per ciascun brano occorre indicare di che tipo di testo si tratta (lettera, recensione, saggio,
ecc.); inoltre occorre sottolineare i passaggi che lo caratterizzano stilisticamente come il tipo
di testo indicato.
1.
Piazza del Plebiscito fu per secoli uno slargo irregolare, dove si svolgevano le feste
popolari, e solo da fine ‘700 fu ‘regolarizzata’, in particolare con la costruzione dell’emiciclo
dorico voluto da Gioacchino Murat (1810). Al centro del colonnato spicca la chiesa di S.
Francesco di Paola, eretta da Ferdinando I come ex voto per aver riconquistato il regno
dopo il decennio di dominio francese. Iniziata nel 1817 da Pietro Bianchi, fu compiuta nel
1846 nei modi più aggiornati del neoclassico e riproponendo le forme del Pantheon romano;
nell’interno statue e dipinti coevi, a eccezione del seicentesco altare maggiore e delle tele (in
sagrestia, Circoncisione di Antonio Campi, 1586) in parte da luoghi di culto già esistenti sul
precedente slargo.
2.
Si va alla festa sì o no?
3.
Dopo aver definito il concetto di langue in relazione a quello di parole e a quello di
linguaggio, Saussure definisce la lingua in quanto sistema di segni e auspica una disciplina, la
semiologia, che si occupi proprio dello studio dei segni:
Si può dunque concepire una scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita
sociale; essa potrebbe formare una parte della psicologia sociale e, di conseguenza,
della psicologia generale; noi la chiameremo semiologia (dal greco semeion «segno»).
La linguistica è solo una parte di questa scienza generale, le leggi scoperte dalla
semiologia saranno applicabili alla linguistica e questa si troverà collegata a un dominio
ben definito nell’insieme dei fatti umani.” [CLG: 25-26]
L’aspetto importante di questa definizione è che la lingua viene vista come sistema di
segni al pari di altri sistemi di segni. Solo con la comparazione rispetto ad altri sistemi si può
comprendere meglio il funzionamento della lingua. La semiologia ha dunque il compito di
studiare i sistemi di segni, siano essi lingue, riti, costumi, alfabeti particolari, ecc.
4.
No, giovedì non posso, ho un impengo a scuola (collegio dei docenti, che barba). Che ne
dite per venerdì sera? A me va bene anche sabato. Ciao
5.
Nel tempo della prosperità e dell’eccesso, la pillola è così diventata l’equivalente
materialistico della confessione nella religione cattolica, una sacramento facile e indolore che
consente di peccare e di tornare in pace con il nuovo dio della salute fisica. È un ciclo di
comportamento che vediamo riprodotto costantemente e tragicamente. La diffusione dell’Hiv
e quindi le morti per Aids sarebbero drasticamente ridotte, nelle nazioni ricche, se il sesso
fosse praticato con meno incoscienza e le siringhe sterilizzate. Ma si sentono molti più appelli
e grida per una “cura”, per una pillola, piuttosto che per comportamenti più cauti.
Consumare meno carne bovina e dunque limitare la produzione a catena di animali da macello
avrebbe impedito la marcia della mucca pazza, ma ora si spera nella pillola che ci consenta di
mangiare quarti di bue senza timore. Gli obesi, tranne che in casi rari di profonde patologie
metaboliche, mangiano troppo, ma esiste una farmacopea che promette di salvare le loro
coronarie senza rinunciare al vassoio di bignè alla crema. E i consumatori sono sballottati
come palline di flipper tra gli inviti a mangiare sempre di più e le promesse di essere protetti
dalle conseguenze delle loro azioni, tra la vetrina dell’atroce fast food e l’etichetta del
medicinale, pigri e protetti, purché paghino due volte, prima per i bignè e poi per le statine.
Fino a quando ci si accorge, come oggi nel caso della cerivastatine, che il conto della pigrizia
è un po’ più salato e a volte per saldarlo si paga direttamente con la vita.
6.
A sirene spiegate, ieri mattina, decine di pattuglie della Questura di Napoli hanno
setacciato fabbriche ed esercizi commerciali, strade ed officine artigianali. Un vero e proprio
blitz [...]. Trecentoquattro, fino al primo pomeriggio, i ragazzi dagli 11 ai 17 anni,
accompagnati in Questura, alcuni ancora con i grembiuli del supermercato in cui prestavano
servizio o in tuta da meccanico.
7.
Volti sporchi di grasso, grembiuli bianchi da salumiere, tasche gonfie di sigarette. E le
voci, quelle voci sottili appena imbrunite dall’adolescenza, che rimbalzano lungo il corridoio
gremito di poliziotti. Fosse solo per il brusio che cresce di minuto in minuto, per quegli occhi
che si guardano intorno curiosi e spavaldi, sembrerebbe di essere capitati in una scuola
qualunque durante l’ora di ricreazione.
8.
Al primo posto, tra i reati che gli italiani hanno più paura di subire si trovano i furti in casa
(segnalati dal 65,7% della popolazione), seguiti da scippi e borseggi (30,1% delle risposte),
da aggressioni, minacce, percosse (29,4%) e dalle rapine (tab. 5). Tutti reati che per la gente
comune sono molto più reali delle stragi di mafia, dei delitti politici o dei grandi traffici
internazionali. […] Le regioni che evidenziano una presenza elevata di reati che generano
allarme sociale (furti scippi, borseggi e rapine) sono il Lazio, la Liguria, la Campania, l’Emilia
Romagna, la Lombardia e il Piemonte: sono tutte regioni (ad eccezione della Lombardia) in
cui la microcriminalità si combina con una elevata illegalità di strada (tab. 7a). Le Marche e il
Veneto, pur avendo valori inferiori alla media nazionale, si configurano come le regioni più a
“rischio” per la rapidità con cui si vanno diffondendo i fenomeni di criminalità predatoria
(tab. 7b).
9.
Scesero la collina, molti piangendo e molti bestemmiando, scuotendo la testa guardavano
la città che laggiù tremava come una creatura. Qualcuno senza fermarsi raccattò una manata di
fango e se la spalmò furtivamente sulla faccia, come se non fossero già abbastanza i segni che
era stata dura. È che la via della ritirata passava per dove la città dà nella campagna: lì c’erano
ancora molte case e si sperava che ci fosse gente, donne e ragazze, a vederli, a vederli così. Ma
quando vi sbucarono, nel viale del Santuario quant’era lungo non c’era anima viva, e questo
fu uno dei colpi più duri di quella terribile giornata. Soltanto, da una portina uscì una signora
di più di cinquant’anni, al vederli scoppiò a piangere e diceva bravo a tutti man mano che la
sorpassavano, finché da dietro un’imposta il marito la richiamò con una voce furiosa.
10.
Con riferimento all’offerta prot. Assessorato delle Politiche Educative e dell’Infanzia n.
34 del 14.06.2001 si comunica che con deliberazione della Giunta Comunale n. 12 del
10.09.2001 è stato approvato il corso in oggetto indicato, da tenersi con le modalità, per i
tempi e per gli argomenti indicati nel progetto alla precitata deliberazione n. 12 come parte
integrante della stessa e per la spesa complessiva di £ 5.000.000 IVA compresa.
Punteggiatura
1. Dove necessario, completare le seguenti frasi con i segni di interpunzione:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Le ultime notizie dei telegiornali confermano la crisi economica del Paese
Le ultime notizie dei telegiornali ammesso che siano credibili confermano la crisi
economica del Paese
Le torri crollavano sotto i nostri occhi le televisioni rilanciavano le immagini della tragedia
intorno c’era solo un silenzio irreale
La macchina che ho comprato l’anno scorso ha un ottimo motore e una notevole
affidabilità
Calvino che in fondo è uno scrittore complesso è il punto di riferimento di tutti i giovani
autori
Gli appartamenti costruiti dall’impresa Temesvar hanno tutti ottime rifiniture
I brani che abbiamo preso in considerazione non sono sufficienti per capire questa
corrente letteraria
La Pinacoteca che per lungo tempo è stata gestita molto male ora finalmente avrà una
direzione artistica di rilievo
Gli spettatori che si trovavano sul prato hanno visto l’incidente
Nel centro storico ci sono almeno tre Chiese importanti la Chiesa di San Francesco che
ha un bellissimo portale proprio vicino al teatro la Chiesa di Sant’Agostino nel cui
chiostro vi è ora il polo culturale della città con la biblioteca la Chiesa di San Venanzio
che custodiva una splendida tela del Baciccio
Ho deciso di dormire ancora era davvero molto presto
Quel giocatore ha un grande talento l’anno prossimo giocherà certamente in serie A
2. Il seguente testo è già punteggiato, ma non presenta paragrafazione. Scegliere quando è
necessario andare a capo e quando invece è sufficiente il punto fermo.
Supponiamo che io fossi andato in Giappone; o che fossi rimasto in Germania, dove stavo
bene; o che avessi lasciato l'Italia dopo due o tre anni quando è troppo presto per farsi un'idea
chiara e precisa di un paese. Non so immaginare che tipo di individuo sarei diventato. Non so
quali sarebbero i miei sentimenti o i miei obiettivi, che cosa cercherei nelle persone o come
giudicherei le loro motivazioni, invece di essere quello che sono e di comportarmi come mi
comporto in tutti questi e molti altri aspetti della vita. E, naturalmente, credo di aver visto in
Italia cose che nessuno ha mai visto o, almeno, ha visto come ho visto io. Convinzione che
può essere giusta o sbagliata, presuntuosa o compiaciuta; ma che fornisce l'unica
giustificazione a scrivere sull'Italia. Per me il punto è un altro. Ho detestato un sacco di libri
che ho letto sull'Italia. C'è gente che ha odiato letteralmente il paese o disprezzato il suo modo
di vivere fino a sfiorare l'odio; e non mi disturba leggere il loro sfogo anche se non lo
condivido. Ma non condivido, spero, la malattia assai peggiore, perché assurda ma diffusa, di
chi cade ai piedi del centauro in un mare di adorazione sentimentale. Questa malattia è cronica
tra gli anglosassoni e i tedeschi. L'Italia, nella loro allucinazione è il luogo dove la vita è
vissuta pienamente; dove ci si spoglia delle inibizioni; dove un tubercolotico muore felice sui
gradini di San Pietro sussurrando qualche nota smozzicata di “O sole mio” e bevendo alla
coppa della vita fino in fondo, fino all’ultimo spasimo di tosse. Per fortuna, una qualità
comune a quasi tutti gli italiani è quella di essere immuni da sentimentalismi.
[Peter Nichols, Italia Italia, 1975.]
3. In ciascuna delle seguenti frasi c’è un’espressione che sarebbe opportuno staccare dal
resto con una o due virgole. Inserire le virgole mancanti.
Primi segni della vecchiaia? Impossibile per la società XYZ che può contare oltre alla
fortunata schiera di prodotti medicinali nutrizionali e presidi sanitari di cui abbiamo parlato
nei numeri precedenti anche su un cospicuo settore di prodotti cosmetici.
Per arginare efficacemente l’annoso problema del deficit pubblico il Governo deve proporre
ben altro che semplici palliativi sostiene l’opposizione.
Quella che vedi è una versione a matita molto più "sporca" rispetto all’esecutivo che avrà
invece un tratto netto e pulito come nella migliore tradizione della nostra scuola di fumettisti
ormai nota ai più per il suo stile.
Gli articoli violati sarebbero secondo la denuncia ben tredici anche se abbiamo motivo di
pensare che alcuni siano stati aggiunti per fare numero.
Nell’ambito del corso oltre alle tecniche di scrittura vengono approfondite le principali
modalità di pre e post-scrittura attraverso l’impiego di supporti tecnologici.
In questo momento storico la tecnologia è insieme il punto di forza e di debolezza del cinema
più avanzato cioè quello americano che se da un lato crea prodotti di grande confezione
dall’altro evidenzia la povertà delle idee.
Gli obiettivi chiave di tutte le nostre strategie sono infatti la flessibilità la capacità di
rispondere al mercato di ridurre i costi e di incrementare i margini di profitto e la qualità del
servizio.
L’uso dell'indicativo è tollerato e talvolta consigliato quando si utilizza un registro di scrittura
informale o si persegue una scrittura particolarmente semplice e accessibile a tutti mentre il
congiuntivo è richiesto nel registro formale e in una prosa elegante e rigorosa.
4. Il testo che segue è un buon esempio di punteggiatura classica, ricca sia in termini
quantitativi (molte pause) che in termini qualitativi (pause di tutti i tipi: non solo virgole e
punti, ma anche punti e virgola e due punti). Ma nella trascrizione che se ne dà qui di
seguito è stato privato di tutti i segni di interpunzione e delle maiuscole. Cerca di ricostruire
la punteggiatura originaria.
quand’è che un’impresa giunta alla conclusione è in realtà appena agli inizi
immaginate di percorrere a piedi per oltre un anno uno dei luoghi più aspri del
pianeta fra mille ostacoli bisogna avanzare nella melma fino al ginocchio
procedere a colpi d’ascia nella natura impenetrabile sotto l’assalto delle
sanguisughe e di sciami di famelici insetti immaginate ancora che tutto ciò vi
permetta di osservare e documentare una terra vergine incontaminata come
poteva accadere ai grandi esploratori dei secoli passati lungo il percorso vi
trovate al cospetto di animali che non hanno mai visto l’uomo e vi osservano
con la stressa curiosità che voi riservate a loro siete un esploratore e questa è
un’occasione per proteggere terre ancora selvagge vi accompagna una squadra
di uomini dovete guidarli spronarli con ogni mezzo con la forza della volontà
con l’esempio con ricompense e rimproveri magari impartiti con lo sguardo
finché un bel giorno dopo 15 mesi sopraffatti dalla gioia ma stremati nel corpo
e nella mente sbucate da una palude di mangrovie davanti ai vostri occhi si
spalanca l’oceano atlantico sconfinato al punto che i compagni di viaggio
vissuti nel cuore dell’africa non riescono ad afferrarne il concetto impauriti
dalle onde si interrogano sull’esistenza di tutta quell’acqua inutile è salata
perciò non si può bere siete insomma mike fay e il vostro compito inizia ora
infatti più del viaggio contano i dati raccolti in quei 3200 chilometri serviranno
si spera a conoscere e a proteggere quei luoghi straordinari la missione è
appena cominciata
5. Come nell’esercizio precedente, anche qui si tratta di rimettere la punteggiatura a un
testo dal quale è stata cancellata. In questo caso, tuttavia, si tratta di un testo dallo stile
segmentato, e dunque con una punteggiatura sostanzialmente diversa da quella del brano
precedente: molto fitta, ma fatta quasi esclusivamente di punti e di virgole. Attenzione: il
testo va diviso in due capoversi, e contiene anche una battuta di discorso diretto.
accade al café amir lei è bella bellissima come tutte le ragazze di questa città occhi profondi
occhi di bosco fiammeggianti ribelli intelligenti il russari foulard irriverente è tirato indietro a
mezza testa e i capelli con ciocche ambrate fuggono da ogni parte lei li sfiora di continuo il
viso truccato con fard leggero nasconde una pelle da madonna orientale le ciglia sono perfette
fuma con piacere evidente tira su le maniche della tunica islamica e gioca con le dita di un
ragazzo dai capelli lunghi altrettanto bello e sfrontato sul tavolo una cassetta video che rimane
lì senza titolo in piena vista e altri ragazzi e ragazze arrivano si siedono ridono di cuore
indifferenti al mondo attorno ma parte irrinunciabile del mondo di questo mondo di questa
tehran che lascia senza fiato accade al café amir il ragazzo dai capelli biondi e l’aria nervosa
mi ferma al volo e mi invita a sedermi al suo tavolo fuma una sigaretta dopo l’altra sposta la
tazzina del caffè turco parla inglese con velocità balbettante faticosa da seguire per un quarto
d’ora non mi lascia aprire bocca e mi racconta di fabbriche chiuse su al nord di operai in
ribellione di operai stanchi di gente cacciata in prigione mi lascia un numero telefonico
chiama qui troverai i veri socialisti lui dice di chiamarsi bob nome irreale in questa città
d’oriente quanto devo crederci a questo ragazzo che mi parla così in mezzo a decine di altre
persone e che se ne va come un lampo dopo la sua requisitoria
Esercizio di revisione di una stesura dell’Esercitazione 1.
In base ai dati raccolti ,il 76,9% degli italiani è convinto che nell’ultimo
anno i reati in Italia siano aumentati in modo drammatico,anche se secondo
le rilevazioni nel 1999 sono stati denunciati 2.373.380 reati, con un calo del
2,2% rispetto ai 2.425.748 del 1998. Il reato più diffuso è il furto in casa
(32,7%), seguito dalle rapine (31,3%) e dallo spaccio di sostanze
stupefacenti (24,3%); si pensi per esempio che nell’ultimo anno i furti in
appartamento sono stati circa un decimo del totale dei furti e che le rapine
sono state solo una piccola parte dell’universo dei reati. Il 29,5% degli
italiani è d’accordo ad abbassare da 14 a 12 anni la punibilità, dato che
l’età dei trasgressori è in continua diminuzione; il 31,7% degli intervistati è
favorevole alla costituzione di ronde da parte di privati cittadini come primo
intervento per limitare il fenomeno; il 33,2% degli immigrati dichiara di
aver subito atti di razzismo da parte di italiani.
Secondo i dati forniti dal Censis è possibile rilevare che l’80% degli italiani
crede che nel nostro paese ci sia un numero allucinante di immigrati e
l’88,1% ritiene che il governo dovrebbe limitare di brutto i flussi di
ingresso. Il 21% degli italiani ritiene che gli immigrati rappresentino una
minaccia per la sicurezza della propria residenza. Gli stranieri regolari in
Italia sono 1.500.000: continuando con l’attuale ritmo di ingressi, nel 2046
potremmo avere la stessa presenza quantitativa della Francia, della
Germania, dell’Austria e del Belgio.
Direi che da un lato gli italiani devono farsi una ragione del fatto che
l’immigrazione sarà uno dei tanti problemi del domani, un problema che
comunque va affrontato con tolleranza e apertura verso culture differenti.
Dall’altro hanno tutto il diritto di fare pressione affinché lo Stato si
premuri di conservare l’ordine e la sicurezza sociale e affinché
l’integrazione si svolga nel pieno rispetto di entrambe le parti. Per quanto
riguarda la criminalità sarebbe opportuno migliorare l’efficienza del
servizio di polizia e un inasprimento delle pene previste dalla legge per
qualsiasi tipo di reato.
Stesura di un rapporto
Sei il/la responsabile di una commissione costituita dal Ministero dei Trasporti per lo
studio dei trasporti in Europa. Quelli che seguono sono i dati che la commissione è riuscita a
ottenere in due mesi di lavoro attraverso contatti con ministeri e istituti di ricerca europei.
Devi scrivere un rapporto informativo alla segreteria del Ministro per disegnare
sinteticamente la situazione.
DATI
1. 80% del traffico di merci in Italia si svolge su strada, e tale quota da anni subisce un
aumento lento ma costante.
2. Alcune città europee hanno introdotto i ‘taxi collettivi’ come soluzione intermedia che
unisce la rapidità e capillarità dell’auto privata alla decongestione del traffico favorita dall’uso
dei mezzi pubblici.
3. In Francia il trasporto passeggeri è aumentato, dal 1984 al 1995, del 30%; tuttavia il
traffico motorizzato individuale è salito del 37% mentre quello collettivo è sceso del 7%.
4. In Francia la percentuale di inquinamento dovuta ai trasporti passa dal 63% del totale
nel 1980 al 75% nel 1994.
5. In Germania i trasporti collettivi scendono dal 32% (1960) al 17% (1990), mentre quelli
con auto privata salgono, nello stesso periodo, dal 56% al 78%.
6. In Germania, gli autocarri che viaggiano sulle autostrade pagano tasse addizionali da
1.500 a 2.500 marchi. Gli autocarri che svolgono solo servizio locale in combinazione con la
ferrovia hanno delle agevolazioni fiscali.
7. In molti Paesi europei si sta diffondendo la pratica di fare pagare pedaggi per l’accesso
delle automobili ai centri cittadini; spesso il gettito di tali pedaggi viene utilizzato per
finanziare il trasporto pubblico.
8. In Svizzera verrà istituita una tassa per gli autocarri che tenga conto anche dei costi
esterni (danni acustici, inquinamento) del traffico su strada.
9. Nel 1997 in Italia si sono verificati 176.853 incidenti stradali con 5.829 morti e
252.751 feriti (una media di 16 morti e 700 feriti al giorno).
10. Nell’Unione Europea ogni anno 1.664.000 persone sono vittime di incidenti stradali;
di queste, 46.500 perdono la vita.
11. Ogni anno in Francia gli ingorghi stradali aumentano del 15%; il loro costo è stimato
in 7,5 miliardi di franchi annui (circa 2.000 miliardi di lire).
12. Ogni giorno in Italia si muovono 250.000 TIR, per un trasporto complessivo annuo di
merci pari a nove miliardi di tonnellate.
***
[Hai un’ora e mezzo di tempo per svolgere il compito. Per il computer bisogna seguire i
seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la dimensione 12 punti,
l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve avere i margini giustificati e il
righello deve essere posizionato da 0 a 14. Dimensioni del testo: minimo 30 righe massimo
35 righe]
Esercizio di revisione di un articolo di commento persuasivo
Si faccia una revisione dell’articolo di commento persuasivo della pagina seguente
controllando il livello di base (correttezza grammaticale, sintassi, punteggiatura, lessico,
convenzioni grafiche, ecc.), e i criteri per la stesura dell’articolo visti in aula.
Il testo dell’esercizio è il seguente:
Recentemente il Ministro dell’Istruzione Letizia Moratti, accogliendo una proposta della
Lega, ha prospettato in Parlamento un disegno di legge che ripristini obbligatoriamente il
crocifisso nelle aule scolastiche.
Il direttore del tuo giornale (un quotidiano a diffusione nazionale) ti chiede un articolo di
commento su questa proposta. Devi sostenere una tua tesi, in accordo o in disaccordo con la
proposta della Moratti, e argomentare per sostenerla.
Prima della stesura occorre indicare il titolo del pezzo e tra parentesi la tesi sostenuta
(accordo o disaccordo).
***
[Hai un’ora e trenta minuti di tempo per svolgere il compito. Per il computer bisogna
seguire i seguenti criteri: il carattere deve essere Times New Roman, la dimensione 12
punti, l’interlinea 1,5, il rientro prima riga 1 cm. Il testo deve avere i margini giustificati e
il righello deve essere posizionato da 0 a 14. Dimensioni del testo: minimo 30 righe
massimo 35 righe.]
Il crocifisso non si impone per decreto (accordo)
di Pietro Scoppola
[1] Il crocifisso non é un simbolo di identità nazionale, è molto di più: ha un significato
universale che scavalca ogni confine. Per il credente è il simbolo della condivisione da parte
di un Dio fatto Uomo della condizione umana,con le sue sofferenze, con i suoi limiti, fino a
quel limite estremo che sia la morte; di una condivisione che è riscatto , motivo di speranza. Il
non credente, il laico può, io credo, non solo riconoscere nella croce il segno di una civiltà e di
una storia che è anche la sua, ma può condividere i valori di solidarietà al dolore umano e di
speranza di liberazione che essa implica.
[2] Non c’è nel nostro paese una legge che disciplini la presenza del crocifisso nei locali
pubblici : di fatto la sua presenza in molti locali, e nelle scuole in particolare, ha dato luogo
nel corso della storia repubblicana solo a sporadiche contestazioni. Vi è stata quasi una tacita
intesa fra credenti e laici i primi non hanno preteso che la presenza del crocifisso implichi una
affermazione del carattere confessionale dello Stato; i secondi, nonostante il crocifisso sia
stato reintrodotto nelle scuole da Mussolini dopo la sua ascesa al potere per propiziarsi il
consenso della Chiesa, hanno accettato la sua presenza nella più o meno esplicita
consapevolezza di quel suo richiamo al valore di una solidarietà umana che è l’elemento
costitutivo di una civile convivenza.In questa prassi gli episodi di contestazione potevano
essere risolti con equilibrio e buon senso e nei casi estremi con il ricorso al giudice.
[3] Ma ecco che l’improvida iniziativa leghista di rendere obbligatoria per legge la
presenza del crocifisso in tutti i locali pubblici, per cui il Ministro dell’Istruzione si è
accodato, turba questo equilibrio che andava invece sapientemente custodito. Lo Stato può
imporre per legge la presenza nei locali pubblici dei simboli della identità nazionale italiana;
può imporre la presenza della bandiera tricolore o del ritratto del Presidente della Repubblica
che “rappresenta –la Costituzione stabilisce– l’unità nazionale”; ma non può imporre la
presenza di un simbolo religioso senza contraddire la sua laicità; può accettare la presenza
quando essa esprima un sentimento condiviso o quanto meno rispettato anche dal non
credente di altra fede religiosa, non può imporla per legge. Dunque questa iniziativa leghista
servirà solo a riaccendere polemiche allucinanti, a dividere e non a unire il paese; farà
insomma del crocifisso un motivo di polemiche e di fratture: è una iniziativa, in definitiva …
che offende il crocifisso perché se ne serve per obiettivi che sono contro tutto ciò che il
crocifisso rappresenta. Per questa ragione sarebbe bene ripensare anche i programmi della
televisione pubblica, spesso poco attenti alla tutela della moralità religiosa.
[4] Come accetterà la Chiesa questa iniziativa! Il presidente della Conferenza episcopale
italiana, cardinal Ruini, ha di recente meso in guardia contro orientamenti presenti nella Lega
di insensibilità e chiusura verso esigenze di solidarietà nei confronti degli immigrati. Vi è nel
paese un razzismo delirante che i più autorevoli uomini di Chiesa hanno denunciato e
deprecato. Come cattolico vorrei esprimere la speranza che la Chiesa italiana non cada nel
laccio di questa iniziativa sul crocifisso che, a mio avviso è solo una plateale
strumentalizzazzione del più alto simbolo cristiano per obiettivi che con il cristianesimo non
hanno nulla ha che fare. Ma vorrei esprimere anche la speranza che i laici e la sinistra italiana
non si associno a una possibile campagna contro il crocifisso nelle scuole, che si oppongano
al disegno di legge leghista, con lo sperabile concorso di molti parlamentari cattolici, ma
contribuiscano a custodire un equilibrio coerente con i valori della laicità e con le tradizioni
del paese.
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