ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it Recenti pronunzie della Corte di Cassazione in materia di Diritto Commerciale e Bancario. Rassegna (III – 2008) SOMMARIO Diritto societario Titoli di credito Contratti bancari e finanziari Diritto fallimentare pag. 1 pag. 26 pag. 36 pag. 42 I. DIRITTO SOCIETARIO CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 22 febbraio 2005, n. 3577 (Pres. CAPPUCCIO – Est. RORDORF), in Giur. comm., 2007, II, 591, con nota di C. CINCOTTI. Società per azioni – Capitale sociale – Aumento – Sottoscrizione – Adempimento da parte di un terzo – Conformità della prestazione all’obbligazione del debitore – Legittimità. (codice civile, artt. 1180, 2439). Società per azioni – Capitale sociale – Aumento – Sottoscrizione – Adempimento da parte di un terzo – Compensabilità del credito da fornitura con debito da sottoscrizione di azioni da liberarsi in denaro – Illegittimità. (codice civile, artt. 1180, 1246, 2342, 2343, 2439). La riferibilità unicamente al socio dell’obbligo di versamento della quota di capitale sociale da lui sottoscritta non esclude che la relativa obbligazione possa essere adempiuta, con effetto solutorio, da un terzo, ai sensi dell’art. 1180 c.c., salva restando l’eventuale rivalsa del solvens nei riguardi dell’effettivo obbligato; tuttavia, perché l’effetto solutorio si verifichi, è necessario che la prestazione sia effettuata dal terzo in modo conforme all’obbligazione del debitore; ne consegue che, in presenza di un obbligo conseguente alla sottoscrizione di una quota di aumento del capitale sociale, da attuarsi mediante versamento in denaro, una diversa prestazione del terzo - quale, nella specie, la consegna di beni in natura o la compensazione con crediti di regresso derivanti dall’estinzione di debiti della società verso terzi - non produce alcun effetto liberatorio nei confronti del socio obbligato, essendo del tutto differenti la tipologia e la disciplina dell’aumento del capitale sociale mediante conferimento di beni in natura o di crediti rispetto all’aumento di capitale con conferimento di denaro. 1 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 8 novembre 2005, n. 21641 (Pres. OLLA – Est. RORDORF), in Banca e borsa, 2007, II, 1, con nota di A. TUCCI. Società – Società di capitali – Recesso – Presupposti – Titolarità delle azioni al momento della deliberazione assembleare – Necessità. (codice civile, artt. 2437). In tema di società per azioni, il 1º comma, art. 2437 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6, applicabile nella specie ratione temporis) attribuisce il diritto di recesso al socio dissenziente da deliberazioni assembleari riguardanti il mutamento dell’oggetto sociale, il cambiamento del tipo di società o il trasferimento della sede all’estero; presupposto affinché il diritto sorga è, dunque, un dissenso che necessariamente postula la qualità di socio al momento in cui sia assunta la deliberazione della quale si discute: con la conseguenza che il diritto stesso non compete a chi abbia acquistato le azioni della società in data successiva a quella di adozione della deliberazione stessa, ancorché anteriore a quella della sua iscrizione nel registro delle imprese, senza che possa farsi leva, in senso contrario, sul rischio che detto socio ignori la modificazione del contratto sociale frattanto intervenuta, dovendo la corrispondente tutela essere ricercata nella sfera dei rapporti contrattuali tra venditore ed acquirente delle azioni, o comunque su un piano che non coinvolga la società. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 dicembre 2005, n. 27387 (Pres. DE MUSIS – Est. DEL CORE), in Giur. comm., 2007, II, 86, con nota di G. FRISOLI. Società – Società di capitali – Società per azioni – Delibera assembleare – Scioglimento anticipato – Conflitto di interessi Inconfigurabilità. (codice civile, artt. 2484, 2373). Società – Società di capitali – Società per azioni – Delibera assembleare – Scioglimento anticipato – Abuso di maggioranza – Configurabilità ai sensi dell’art. 1375 c.c. – Perseguimento dell’interesse al disinvestimento – Insussistenza – Esercizio fraudolento del diritto di voto – Ingiustificato vantaggio dei soci di minoranza – Sussistenza. (codice civile, artt. 1375, 2377, 2484). (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 2 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it Con riguardo alla deliberazione di assemblea di società per azioni, la doglianza che la maggioranza dei soci non abbia consentito alla minoranza ampia informazione e discussione su un argomento all’ordine del giorno attiene a disciplina etica e di merito e non a questione di legittimità sindacabile da parte del giudice e non può di per sé costituire ragione di invalidità della delibera, denunciabile con l’impugnazione prevista dall’art. 2377 c.c., a meno che non si deduca e dimostri che proprio l’indicato comportamento prevaricatore, frutto di un disegno della maggioranza di realizzare propri interessi particolari oggettivamente in conflitto con quello sociale, abbia determinato in concreto scelte contrastanti con tale ultimo interesse. Ai fini dell’annullamento per conflitto di interessi ai sensi dell’art. 2373 c.c., è essenziale che la delibera sia idonea a ledere l’interesse sociale, inteso come l’insieme di quegli interessi che sono comuni ai soci, in quanto parti del contratto di società, e che concernono la produzione del lucro, la massimizzazione del profitto sociale (ovverosia del valore globale delle azioni o delle quote), il controllo della gestione dell’attività sociale, la distribuzione dell’utile, l’alienabilità della propria partecipazione sociale e la determinazione della durata del proprio investimento; pertanto, si ha conflitto di interessi rilevante quale causa di annullabilità delle delibere assembleari quando vi è, di fatto, un conflitto tra un interesse non sociale e uno qualsiasi degli interessi che sono riconducibili al contratto di società. Non è impugnabile per conflitto di interessi la delibera di scioglimento anticipato della società ex art. 2448 n. 5 c.c. (ora art. 2484 n. 6 c.c.) in quanto la situazione di conflitto rilevante ai fini dell’art. 2373 c.c. deve essere valutata con riferimento non già a confliggenti interessi dei soci, bensì a un eventuale contrasto tra l’interesse del socio e l’interesse sociale inteso come l’insieme degli interessi riconducibili al contratto di società tra i quali non è ricompreso l’interesse della società alla prosecuzione della propria attività, giacché la stessa disciplina legale del fenomeno societario consente che la maggioranza dei soci ponga fine all’impresa comune senza subordinare tale decisione ad alcuna condizione. Le determinazioni prese dai soci durante lo svolgimento del rapporto associativo vanno considerate, a tutti gli effetti, come veri e propri atti negoziali di esecuzione del contratto sociale, perché preordinati alla sua migliore attuazione; da ciò consegue che le delibere soggiacciono alle regole ermeneutiche dettate per i contratti quando se ne deve interpretare il contenuto dispositivo. In applicazione del principio di buona fede in senso oggettivo al quale deve essere improntata l’esecuzione del contratto di società, la c.d. regola di maggioranza consente al socio di esercitare liberamente e legittimamente il diritto di voto per il perseguimento di un proprio interesse (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 3 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it fino al limite dell’altrui potenziale danno; l’abuso della regola di maggioranza (altrimenti detto abuso o eccesso di potere) è, quindi, causa di annullamento delle deliberazioni assembleari allorquando la delibera non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società - per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse personale antitetico a quello sociale - oppure sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli; l’onere di provare che il socio di maggioranza abbia abusato del proprio diritto di voto grava sul socio di minoranza che assume l’illegittimità della deliberazione; nel concreto suo atteggiarsi, detta prova non deve ritenersi limitata ai «sintomi» dell’abuso della regola di maggioranza manifestatisi prima dell’adozione della delibera impugnata, potendo, viceversa, farsi leva su comportamenti o indizi cronologicamente successivi, in grado di rivelarne ex post la sussistenza. La deliberazione di scioglimento anticipato di una società può essere invalidata, in difetto delle ragioni tipiche all’uopo previste, sotto il profilo dell’abuso della regola di maggioranza, quando risulti arbitrariamente o fraudolentemente preordinata dai soci maggioritari al solo fine di perseguire interessi divergenti da quelli societari, ovvero di ledere gli interessi degli altri soci; la relativa prova incombe sul socio di minoranza il quale dovrà a tal fine indicare i «sintomi» di illiceità della delibera - deducibili non solo da elementi di fatto esistenti al momento della sua approvazione, ma anche da circostanze verificatesi successivamente - in modo da consentire al giudice di verificarne le reali motivazioni e accertare se effettivamente abuso vi sia stato; peraltro, all’infuori della ipotesi di un esercizio «ingiustificato» ovvero «fraudolento» del potere di voto ad opera dei soci maggioritari, resta preclusa ogni possibilità di controllo in sede giudiziaria sui motivi che hanno indotto la maggioranza alla votazione della delibera di scioglimento anticipato della società, essendo insindacabili le esigenze relative all’economia individuale del socio che possano averlo indotto a votare per tale soluzione dissolutiva. Anche con riguardo a una deliberazione dell’assemblea di una società per azioni con la quale si decida la proposizione dell’azione sociale di responsabilità nei confronti dell’amministratore è configurabile un conflitto d’interessi nei sensi previsti dall’art. 2373 c.c. con la conseguente possibilità d’impugnazione della delibera medesima ove si accerti, attraverso obiettive circostanze di fatto, che l’azione di responsabilità, prevista in astratto a favore e a tutela della società, sia stata in concreto deliberata nell’interesse particolare dei soci che intendono promuoverla e che questo interesse sia confliggente con quello sociale. (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 4 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 dicembre 2005, n. 27389 (Pres. SAGGIO – Est. RORDORF), in Giur. comm., 2007, II, 369, con nota di A. ANGELILLIS. Società – Società per azioni – Sindaci – Azione sociale di responsabilità – Revoca. (codice civile, artt. 2393, 2400, 2407). La deliberazione con la quale l’assemblea di una società per azioni autorizzi l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità contro i sindaci, anche se adottata con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale, non determina la revoca automatica dei sindaci dalla carica e non ne implica l’immediata sostituzione, così come avviene per gli amministratori ai sensi dell’art. 2393, 3º comma, c.c. (ora 4º comma, a seguito della riforma attuata con il d.leg. n. 6 del 2003), atteso che, sul piano letterale, il rinvio a detta norma operato dall’art. 2407, ult. comma, c.c. non può essere utilizzato, essendo la disposizione relativa all’automatica revoca estranea, propriamente, alla disciplina dell’azione di responsabilità e rientrando, invece, in quella della revoca dell’organo societario, e che, sul piano logico, l’automatica revoca implicherebbe la esclusione del controllo del tribunale sulla giusta causa di revoca dei sindaci, imposto dall’art. 2400, 2º comma, c.c. a garanzia della loro indipendenza anche nei confronti dell’azionariato di maggioranza; resta, ovviamente, salvo il potere dell’assemblea di deliberare altresì, anche contestualmente all’azione di responsabilità, la revoca dei sindaci per giusta causa, ferma però la necessità di sottoporre detta deliberazione di revoca all’approvazione del tribunale ai sensi del richiamato art. 2400, 2º comma, c.c. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 20 dicembre 2005, n. 28242 (Pres. DE MUSIS – Est. GILARDI), in Giur. comm., 2007, II, 339, con nota di G. GUERRIERI. Atto di scissione – Iscrizione nel registro delle imprese – Domanda di invalidità – Dedotti vizi di procedimento – Inaccoglibilità. (codice civile, artt. 2504-quater, 2506-ter). Atto di scissione – Iscrizione nel registro delle imprese – Domanda di invalidità meramente strumentale a una futura azione risarcitoria – Inaccoglibilità. (codice civile, artt. 2504-quater, 2506-ter). (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 5 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it La disposizione di cui all’art. 2504 quater c.c.prev., richiamata anche per le operazioni di scissione dall’art. 2504 novies c.c. prev. (oggi art. 2506 ter c.c.), secondo cui, una volta eseguita l’iscrizione dell’atto di fusione delle società, l’invalidità dello stesso non può più essere dichiarata, pone una preclusione di carattere assoluto, che riguarda tanto il caso in cui si deducano vizi inerenti direttamente all’atto di fusione, quanto l’ipotesi in cui i vizi concernano il procedimento di formazione dell’atto e della sua iscrizione; tale preclusione rimane operante anche nel caso in cui si asserisca che l’impugnativa è meramente preordinata ad una futura ed ipotetica azione di risarcimento del danno nei confronti degli amministratori o di terzi. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 26 gennaio 2006, n. 1525 (Pres. CRISCUOLO – Est. MARZIALE), in Giur. comm., 2007, II, 599, con nota di A. GARGARELLA MARTELLI. Società – Società per azioni – Organi sociali – Amministratori – Rappresentanza della società – In genere – Amministratore – Compimento, da parte sua, in mancanza di una delibera del consiglio di amministrazione, di un atto con il terzo rientrante nella competenza di tale organo ed in conflitto di interessi con la società rappresentata – Disciplina applicabile – Individuazione. (codice civile, artt. 1394, 2384, 2391). Società – Società per azioni – Organi sociali – Amministratori – Rappresentanza della società – In genere – Dissociazione tra potere di gestione e potere di rappresentanza risultante dallo statuto – Disciplina ex art. 2384, 2° comma, c.c. – Applicabilità. (codice civile, art. 2384, d.p.r. 29 dicembre 1969, n. 1127, art. 5). In tema di società per azioni, quando il singolo amministratore ponga in essere, in mancanza di una delibera del consiglio di amministrazione, un atto con il terzo che rientri, invece, nella competenza di tale organo, l’incidenza del conflitto di interessi sulla validità del negozio deve essere regolata sulla base, non già dell’art. 2391 c.c. (il quale, riferendosi al conflitto che emerge in sede deliberativa, concerne l’esercizio del potere di gestione, in un momento, quindi, anteriore a quello in cui l’atto viene posto in essere, in nome della società, nei confronti del terzo), ma della disciplina generale di cui all’art. 1394 c.c.; al riguardo, costituendo il divieto di agire in conflitto di interessi con la società rappresentata un limite derivante da una norma di legge, la sua rilevanza esterna non è subordinata ai presupposti stabiliti dal 2º comma, art. 2384 c.c., il cui ambito di applicazione è riferito alle limitazioni del potere di (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 6 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it rappresentanza derivanti dall’atto costitutivo o dallo statuto, che abbiano, cioè, la propria fonte (non nella legge, ma) nell’autonomia privata. Nella disciplina delle società per azioni, tra le limitazioni del potere di rappresentanza contemplate dal 2º comma dell’art. 2384 c.c. rientrano anche quelle derivanti dalla dissociazione tra potere gestorio e potere di rappresentanza, quando esse trovino fondamento in una disposizione statutaria. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 26 gennaio 2006, n. 1534 (Pres. DE MUSIS – Est. CECCHERINI), in Giur. comm., 2007, II, 1206, con nota di F. PARMEGGIANI. Società di capitali – Collegio sindacale – Doveri – Sim non quotate – Doveri del sindaco – Art. 2403 c.c. – Applicabilità – Diversa disciplina contenuta nel Testo unico sull’intermediazione finanziaria – Applicabilità alle sole società quotate in borsa – Affermazione – Sottoposizione a revisione certificata delle Sim non quotate - Ininfluenza. (codice civile, art. 2403; decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, artt. 9, 119, 149, 150, 151, 152, 153, 154). Le norme sul controllo sindacale, dettate dagli art. 149-154 d. lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) per le società quotate in borsa, non si applicano alle società di intermediazione mobiliare che non siano quotate. La circostanza che anche queste ultime società siano sottoposte a revisione certificata (art. 9 t.u. cit.) non vale a modificare la disciplina dell'organo sindacale né implica che i sindaci di quelle società siano ora dispensati dai compiti ad essi assegnati, in materia di controllo della regolare tenuta della contabilità sociale e di vigilanza sull'osservanza della legge, dall'art. 2403 c.c., ed in particolare da quello di verifica del rispetto dei coefficienti minimi di patrimonio e dei limiti della concentrazione del rischio. CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 8 febbraio 2006, n. 2637 (Pres. CARBONE – Est. PROTO), in Società, 2006, 459, con nota di F. DIMUNDO (pubblicata anche in Riv. dir. soc., 2007, 153, con nota di F. CORSINI). Fusione – Fusione per incorporazione – In pendenza di giudizio – Conseguenze – Interruzione del processo – Esclusione. (codice civile, art. 2504 bis, codice di procedura civile, art. 300). (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 7 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it Ai sensi del nuovo art. 2505 bis c.c., conseguente alla riforma del diritto societario (d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6), la fusione tra società non determina, nelle ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria, ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo; deve pertanto escludersi che la fusione per incorporazione determini l’interruzione del processo ai sensi dell’art. 300 c.p.c CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 7 marzo 2006, n. 4874 (Pres. CECCHERINI – Est. GILARDI), in Società, 2007, 703, con nota di B. IANNIELLO. Società di capitali – Società per azioni – Bilancio di esercizio – Redazione – Principi di chiarezza e verità – Disciplina anteriore al D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127 – Supremazia del criterio di verità – Non sussiste – Rapporto di simmetria tra i due criteri – Sussiste – Disciplina attuale – Rapporto di simmetria – Sussiste – Conseguenze – Bilancio veritiero ma non chiaro – Delibera di approvazione – Nullità. (codice civile, artt. 2423, 2423 bis). Società di capitali – Società per azioni – Bilancio di esercizio – Redazione – Principio di continuità – Limiti. (codice civile, art. 2423 bis). Società di capitali – Società per azioni – Bilancio – Redazione – Principio di chiarezza – Informazioni contenute in documenti separati – Non allegazione al bilancio – Insufficienza. (codice civile, art. 2423). Nella disciplina legale del bilancio d’esercizio delle società, il principio di chiarezza non è affatto subordinato a quello di correttezza e veridicità del bilancio medesimo, ma è dotato di autonoma valenza, essendo obiettivo fondamentale del legislatore quello di garantire non solo la veridicità e correttezza dei risultati contabili, ma anche la più ampia trasparenza dei dati di bilancio che a quei risultati conducono; conseguentemente, il bilancio d’esercizio di una società di capitali che violi i precetti di chiarezza e precisione dettati dall’art. 2423, 2º comma, c.c. (anche nel testo anteriore alle modificazioni apportate dal d.leg. 9 aprile 1991 n. 127), è illecito, ed è quindi nulla la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 8 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it divaricazione tra il risultato effettivo dell’esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte. La circostanza che il bilancio d’esercizio di una società di capitali abbia come destinatari non solo i soci, ma tutta una pluralità di terzi, i quali, potendo venire in contatto con la società, abbiano interesse a valutarne la situazione patrimoniale ed economica, rende irrilevante - ai fini della illiceità del bilancio stesso e della conseguente nullità della relativa deliberazione assembleare di approvazione - che il metodo di redazione del bilancio contrario ai principi di chiarezza e precisione sia stato adottato in passato con il consenso o, addirittura, su iniziativa del socio che poi ha impugnato il bilancio; né giova in senso contrario fare appello al principio di continuità formale dei bilanci, il quale comporta solo che non si adottino metodi di rilevazione del bilancio diversi da quelli adottati in passato, senza darne adeguato conto nella relazione degli amministratori, ma non giustifica certo il protrarsi nel tempo dell’adozione di metodi di redazione poco chiari o imprecisi. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 31 marzo 2006, n. 7693 (Pres. LOSAVIO – Est. RORDORF), in Società, 2007, 43, con nota di S. RIZZINI BISINELLI. Società di capitali – Società per azioni – Assemblea degli obbligazionisti – Delibera assembleare – Nullità, annullabilità, inesistenza – Inesistenza. (codice civile, artt. 2377, 2379). Nel caso in cui una società abbia posto in essere una pluralità di emissioni obbligazionarie, aventi caratteristiche diverse, non vi è alcun interesse comune che leghi tra loro i sottoscrittori dei singoli prestiti, ciascuno dei quali è dotato di un proprio specifico regolamento negoziale, al quale risultano estranei i sottoscrittori degli altri prestiti; ciò determina la necessità di dar vita ad altrettante organizzazioni degli obbligazionisti, con distinte assemblee (ed eventualmente distinti rappresentanti comuni), ciascuna delle quali è chiamata a deliberare su materie di interesse comune dei sottoscrittori del prestito al quale afferisce l’organizzazione; l’eventuale modificazione delle condizioni di ogni prestito richiede, pertanto, unicamente il consenso dei sottoscrittori di quella particolare emissione, nella peculiare forma assembleare indicata dall’art. 2415 c.c., poiché soltanto ad essi fa capo il relativo rapporto obbligatorio con la società (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 9 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it emittente; ne consegue che l’approvazione della modifica con il concorso determinante dei sottoscrittori di obbligazioni rivenienti da un’emissione diversa comporta non già la mera annullabilità, ma l’inesistenza della relativa delibera, la cui impugnazione è sottratta al termine di decadenza previsto dall’art. 2377, 2º comma, richiamato dall’art. 2416, 2º comma, c.c. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 7 aprile 2006, n. 8230 (Pres. LO SAVIO – Est. PANZANI), in Società, 2007, 698, con nota di M. CUPIDO. Società di capitali – Società per azioni – Organi sociali – Amministratori – Compensi – Determinazione – Sistema anteriore al D.Lgs. n. 6 del 2003 – Competenza – Dell’assemblea ordinaria – Configurabilità – Condizioni – Mancata determinazione del compenso nell’atto costitutivo – Necessità – Conseguenze – Attribuzione agli amministratori di un compenso aggiuntivo a quello previsto nello statuto – Legittimità – Esclusione. (codice civile, artt. 2364 e 2389). In base al combinato disposto degli art. 2364, 1º comma, n. 3, e 2389, 1º comma, c.c (nel testo anteriore alla riforma attuata dal d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6, applicabile nella specie, ratione temporis), la determinazione del compenso degli amministratori di società per azioni è rimessa in primo luogo all’atto costitutivo e, solo ove esso non provveda, all’assemblea ordinaria; resta di conseguenza escluso che l’assemblea possa accordare agli amministratori un compenso ulteriore rispetto a quello già previsto dallo statuto sociale, a nulla rilevando che quest’ultimo sia eventualmente stabilito nella forma aleatoria della partecipazione agli utili. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 14 aprile 2006, n. 8876 (Pres. PROTO – Est. NAPOLEONI), in Società, 2007, 159, con nota di R. AMBROSINI. Società di capitali – Società per azioni – Impegno del socio alla sottoscrizione integrale dell’aumento del capitale sociale prima dell’approvazione della relativa delibera – Conferimento in conto futuro aumento di capitale – Configurabilità – Contrasto con la disciplina del diritto di opzione – Esclusione. (codice civile, artt. 2438 e 2441). Nelle società per azioni, il socio può validamente obbligarsi nei confronti della società a sottoscrivere un determinato aumento di capitale (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 10 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it prima che lo stesso sia formalmente deliberato dall’assemblea, dovendosi ritenere siffatto obbligo, in assenza di diverse pattuizioni, subordinato alla condizione sospensiva che la deliberazione di aumento del capitale intervenga nel termine stabilito o in quello desumibile dalle circostanze, e per la parte in cui l’impegno investa anche le azioni di nuova emissione sulle quali il socio non vanta il diritto di opzione - alla ulteriore condizione che tali azioni non vengano sottoscritte dai soci titolari del predetto diritto nel termine assegnato ai fini dell’esercizio del medesimo. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 19 aprile 2006, n. 9065 (Pres. MILEO – Est. VIGOLO), in Società, 2007, 155, con nota di M.M. GAETA. Società – Trasformazione – Effetti – Responsabilità dei soci – Obbligazioni sociali anteriori alla trasformazione – Liberazione dei soci illimitatamente responsabili – Condizioni – Consenso dei creditori alla trasformazione – Necessità – Modalità di acquisizione - Individuazione. (codice civile, artt. 2498, 2499 e 2500). Ai sensi dell’art. 2499 c.c., la trasformazione di una società non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali anteriori all’iscrizione della deliberazione di trasformazione nel registro delle imprese, se non risulta che i creditori sociali abbiano dato il loro consenso alla trasformazione stessa, il quale si presume se i creditori, ai quali la suddetta deliberazione sia stata comunicata, non abbiano negato espressamente la loro adesione nel termine di trenta giorni dalla ricezione della comunicazione medesima. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 26 maggio 2006, n. 12627 (Pres. LOSAVIO – Est. PLENTEDA), in Società, 2007, 574, con nota di M.M. GAETA. Società – Società cooperative – Status socio – Opponibilità – Procedura di ammissione – Carattere aperto della società. (codice civile, art. 2528). Il potere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità di un contratto dev’essere coordinato con il principio della domanda, sancito dagli art. 99 e 112 c.p.c., in virtù del quale, quando sono in contestazione l’applicazione o l’esecuzione di un contratto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della pretesa, il giudice è tenuto a rilevare la nullità, in ogni stato e grado del giudizio, soltanto se la ragione dell’invalidità non sia diversa da quella già prospettata dalla parte, dovendo altrimenti escludersi (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 11 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it tanto la possibilità di una sua deduzione per la prima volta in sede di gravame, quanto quella della sua rilevazione d’ufficio (in applicazione di tale principio, la suprema corte, nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto l’accertamento della qualità di socio di una cooperativa, ha confermato la sentenza impugnata, che, in sede di rinvio a seguito della cassazione di una precedente sentenza, aveva escluso l’annullabilità per errore della delibera di ammissione dell’attore nella società, omettendo di rilevare la nullità della medesima delibera per impossibilità o illiceità dell’oggetto, in relazione al divieto di trasferimento delle quote sociali previsto dallo statuto della cooperativa, in quanto tale ragione d’invalidità non era mai stata fatta valere in precedenza). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 20 giugno 2006, n. 14267 (Pres. PLENTEDA – Est. CECCHERINI), in Società, 2007, 1111, con nota di D. PISELLI. Società di capitali – Società per azioni – Contratti parasociali – Contenuto. (codice civile, artt. 1321, 2341 bis, 2341 ter, t.u.f., artt. 122 e 123). Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale, è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali ed ancorché riportati in apposito documento, risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori; pertanto, anche in presenza del completo ordinamento di un determinato assetto negoziale, può risultare integrato un atto meramente preparatorio di un futuro contratto, come tale non vincolante tra le parti, in difetto dell’attuale effettiva volontà delle medesime di considerare concluso il contratto, il cui accertamento, nel rispetto dei canoni ermeneutici di cui agli art. 1362 seg. c.c., è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in cassazione ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 20 giugno 2006, n. 14280 (Pres. PROTO – Est. NAPPI), in Società, 2007, 967, con nota di S. PASCALI. Società di persone – Società di fatto – Prova – Rapporti interni tra i soci – Rapporti esterni con i terzi – Fallimento – Applicabilità dell’art. 10 l. fall. prev. (codice civile, art. 2247, l. fall. prev., art. 10). (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 12 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it In tema di società di fatto che si assume intercorrente tra soggetti legati da stretti vincoli familiari, la prova dell'esteriorizzazione del vincolo societario, necessaria e sufficiente per potere considerare esistente la società, deve essere rigorosa, occorrendo che essa si basi su elementi e circostanze concludenti, tali da escludere che l'intervento del familiare possa essere motivato dall'affectio familiaris, e da deporre, invece, in modo non equivoco, nel senso di una sua compartecipazione all'attività commerciale del consanguineo. Per potere considerare esistente una società di fatto, agli effetti della responsabilità delle persone e/o dell'ente, anche in sede fallimentare, non occorre necessariamente la prova del patto sociale, ma è sufficiente la dimostrazione di un comportamento, da parte dei soci, tale da ingenerare nei terzi il convincimento giustificato ed incolpevole che quelli agissero come soci, atteso che, nonostante l'inesistenza dell'ente, per il principio dell'apparenza di diritto, il quale tutela la buona fede dei terzi, coloro che si comportano esteriormente come soci vengono ad assumere in solido obbligazioni come se la società esistesse. La cessione di azienda non comporta di per sé l'estinzione della società di fatto, al fine della decorrenza del termine annuale per la dichiarazione di fallimento, previsto dall'art. 10 l. fall. - R.D. n. 267/1942. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 28 agosto 2006, n. 18618 (Pres. PROTO – Est. DI AMATO), in Società, 2007, 967, con nota di S. PASCALI. Società di persone – Società di fatto – Fallimento – Applicabilità dell’art. 10 l. fall. prev. (codice civile, artt. 2193, 2290, 2300 e 2495; l. fall. prev., art. 10). In tema di fallimento, il principio, emergente dalla sentenza 21 luglio 2000 n. 319 e dalle ordinanze 7 novembre 2001 n. 361 ed 11 aprile 2002 n. 131 della corte costituzionale, secondo cui il termine di un anno dalla cessazione dell’attività, prescritto dall’art. 10 l.fall. ai fini della dichiarazione, di fallimento, decorre, tanto per gli imprenditori individuali quanto per quelli collettivi, dalla cancellazione dal registro delle imprese, anziché dalla definizione dei rapporti passivi, non esclude l’applicabilità del predetto termine anche alle società non iscritte nel registro delle imprese, nei confronti delle quali il necessario bilanciamento tra le opposte esigenze di tutela del creditori e di certezza delle situazioni giuridiche impone d’individuare il dies a quo nel momento in cui la cessazione dell’attività sia stata portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, o comunque sia stata dagli stessi conosciuta, anche in relazione ai segni esteriori attraverso i quali si è manifestata (in applicazione di tale principio, la suprema corte ha confermato la sentenza impugnata, la quale (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 13 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it aveva rigettato l’istanza di fallimento proposta nei confronti di una società di fatto per intervenuta scadenza del termine di cui all’art. 10 cit., facendolo decorrere dalla data dell’atto notarile di trasferimento dell’azienda, da essa ritenuto idoneo a rendere manifesta la cessazione dell’attività). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 3 novembre 2006, n. 23599 (Pres. DE MUSIS – Est. GIUSTI), in Società, 2007, 1468, con nota di F. DARDES (pubblicata anche in Riv. dir. comm., 2007, II, 179, con nota di F. DARDES, e in Banca e borsa, 2008, II, 297, con nota di P. QUARTICELLI). Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Modificazione atto costitutivo – Aumento del capitale – Diritto di opzione – Disciplina previgente – Termine per l’esercizio del diritto di opzione – Decorrenza – Parità di trattamento dei soci presenti ed assenti. (codice civile previgente, art. 2495; codice civile, art. 2481 bis). Società di capitali – Deliberazione assembleare – Atto di autonomia privata – Regole di interpretazione dei contratti – Applicabilità – Esame complessivo dell’atto – Interpretazione secondo buona fede. (codice civile, artt. 1366, 1375). In tema di aumento del capitale sociale nelle società a responsabilità limitata (nella disciplina anteriore alle innovazioni introdotte dal d.lg. 17 gennaio 2003 n. 6), nonostante il silenzio dell'art. 2495 c.c. in ordine al termine minimo da riconoscere al socio per l'esercizio del diritto di opzione e l'omissione, in esso, di ogni richiamo al comma 2 dell'art. 2441 c.c. (che, per le società per azioni, stabilisce il termine minimo in trenta giorni dalla pubblicazione dell'offerta), il termine per l'esercizio del suddetto diritto non può essere tanto ristretto da rendere eccessivamente difficile ai soci la possibilità di fatto di avvalersene. Pertanto, ove la delibera assembleare di aumento del capitale sociale preveda, accanto a un termine per l'esercizio del diritto di opzione stabilito in una data fissa, un'autorizzazione agli amministratori ad interpellare i soci assenti, priva tuttavia di un'espressa specificazione sia in ordine al termine entro il quale effettuare detta comunicazione, sia in relazione alla data finale per l'esercizio, da parte di costoro, del diritto di sottoscrizione, correttamente il giudice del merito - allorché motivatamente ritenga sussistente un'oscurità nel tenore complessivo della volontà assembleare in base al solo operare del criterio letterale - ricorre al canone ermeneutico della buona fede, interpretando la delibera nel senso della previsione di un termine per l'esercizio del diritto di opzione eguale per tutti i soci (e pari allo spazio (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 14 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it temporale che separa la data della delibera da quella di scadenza per l'esercizio del diritto di opzione), decorrente, per i soci assenti, dal giorno della comunicazione; e ciò, onde evitare che, per coloro i quali non presero parte all'assemblea, la congruità dello spatium deliberandi (e, con essa, la possibilità concreta di avvalersi del termine per l'esercizio dell'opzione) sia rimessa alla tempestività della comunicazione in loro favore effettuata dagli amministratori. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 11 dicembre 2006, n. 26325 (Pres. LOSAVIO – Est. PANZANI), in Giur. comm., 2008, II, 811, con nota di M. DE LUCA DI ROSETO (*). Società controllate e collegate – Concessione di ipoteca volontaria – Atto eccedente rispetto ai limiti dell’oggetto sociale – Vantaggi compensativi e gruppi societari – Onere della prova a carico degli amministratori – Limite al potere di rappresentanza degli amministratori ed inefficacia dell’atto a favore del terzo in mala fede. (codice civile, artt. 2384 e 2384-bis previgenti; r.d. 16 marzo 1942, n. 267, artt. 64 e 67). L’atto compiuto dagli amministratori in nome della società è estraneo all’oggetto sociale se non è idoneo in concreto a soddisfare un interesse economico, sia pure mediato e indiretto, ma giuridicamente rilevante della società. Sebbene l’appartenenza al medesimo gruppo societario consenta, in linea di principio, di riconoscere connessioni economiche rilevanti tra gli interessi, formalmente distinti, dei vari soggetti giuridici che compongono il gruppo (sì da giustificare attività dirette al perseguimento di un interesse che esula da quello proprio e specifico delle singole società, inteso in senso stretto, ma vi è ricompreso in senso mediato), tuttavia la mera ipotesi della sussistenza di vantaggi compensativi non è sufficiente al fine di affermare la legittimità dell’atto sul piano dei limiti imposti dall’oggetto sociale, ma l’amministratore ha l’onere di allegare e provare gli ipotizzati benefici indiretti, connessi al vantaggio complessivo del gruppo, e la loro idoneità a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell’operazione compiuta (enunciando il principio di cui in massima, in fattispecie di costituzione di ipoteca volontaria vincolante l’intero patrimonio immobiliare, formalmente estranea all’oggetto sociale, in favore di società appartenente al medesimo gruppo, la Corte ha confermato la sentenza impugnata, la quale era pervenuta a riconoscere il carattere ultra vires dell’atto, sottolineando che l’accertamento della legittimità dell’atto, formalmente estraneo allo scopo sociale, in nome dell’interesse di gruppo e del vantaggio che dal (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 15 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it perseguimento di tale interesse può derivare alla società partecipata, deve essere particolarmente rigoroso quando non vi sia rapporto di controllo, ma semplice rapporto di collegamento, l’atto sia formalmente privo di corrispettivo per la società che eroghi la garanzia, e il presunto interesse di gruppo non sia stato neppure enunciato al momento della costituzione della garanzia e non emerga "aliunde"). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 17 gennaio 2007, n. 1034 (Pres. DE MUSIS – Est. SCIRÒ), in Società, 2008, 199, con nota di L.M. CAPUANO. Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Assemblea – Convocazione al di fuori del Comune della sede sociale – Delibera – Annullabilità - Sussistenza. (codice civile previgente, artt. 2363, 2377). Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Assemblea – Convocazione fatta dal solo presidente del collegio sindacale – Delibera – Annullabilità - Sussistenza. (codice civile previgente, artt. 2377, 2406). È annullabile la deliberazione di un'assemblea di S.r.l. che, in difetto di previsione in tal senso dell'atto costitutivo, sia stata convocata in un comune diverso da quello in cui è ubicata la sede sociale. E' annullabile la deliberazione di un'assemblea di S.r.l. che, nell'inerzia dell'organo amministrativo, sia stata convocata per iniziativa del solo presidente del collegio sindacale in mancanza di una delibera assunta da detto collegio. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 2 aprile 2007, n. 8222 (Pres. PROTO – Est. SALVATO), in Società, 2008, 462, con nota di M. CUPIDO-L. SCIPIONI . Società di capitali – Società a responsabilità limitata - Assemblea - Deliberazioni - Invalidità – Nullità, annullabilità ed inesistenza - Esclusione. (codice civile, artt. 2364, 2365, 2375, 2446). Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Deliberazioni assembleari – Riduzione e ripristino del capitale – Impugnazione – Nullità. (codice civile, art. 2446). In tema di azzeramento del capitale sociale e di ricostituzione del medesimo, la mancata redazione del verbale della delibera da parte di un notaio, come prescritto dall'art. 2375, comma 2, c.c. per le delibere (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 16 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it riservate alla competenza dell'assemblea straordinaria, non comporta inesistenza dell'atto, né impossibilità od illiceità dell'oggetto della delibera (che sono le sole ipotesi nelle quali la stessa è inficiata da nullità), ma dà luogo ad un vizio del procedimento integrante un'ipotesi di annullabilità della deliberazione. (Fattispecie anteriore all'operatività della riforma delle società di capitali, di cui al d.lg. n. 6 del 2003). È nulla la deliberazione con cui l'assemblea di una società a responsabilità limitata, sul presupposto che il capitale sociale sia stato perduto in misura superiore al terzo, proceda alla riduzione ed alla ricostituzione di detto capitale senza il preventivo deposito di una situazione patrimoniale aggiornata. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 aprile 2007, n. 9901 (Pres. LOSAVIO – Est. PANZANI), in Società, 2008, 184, con nota di F. VALENZA. Mala gestio per conflitto di interessi – Azione sociale di responsabilità – Transazione – Condizioni di validità. (codice civile, artt. 1394, 2391, 2393, 2475 ter; d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 150). Transazione con un coobbligato solidale – Clausola preclusiva della facoltà di profittare degli altri condebitori estranei – Validità. (codice civile, art. 1304). Azione sociale di responsabilità – Transazione con coobbligati non amministratori – Mancanza della previa autorizzazione assembleare – Improduttività di effetti rispetto all’amministratore coobbligato. (codice civile, artt. 1304, 2393). La rinuncia o la transazione relative all'esercizio dell'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori di società per azioni senza la preventiva deliberazione assembleare sono affette da nullità assoluta e insanabile, deducibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'ufficio. È legittimo nella transazione tra il creditore e uno o più coobbligati l'inserimento di una clausola che escluda la possibilità per gli altri condebitori estranei, che non abbiano partecipato alla transazione, di profittare della stessa. Infatti, per il principio dell'autonomia negoziale, è consentito alle parti di stabilire liberamente il contenuto del negozio, anche eventualmente alterandone gli effetti tipici. In tema di società, l'amministratore convenuto in giudizio, unitamente ad altri soggetti, con l'azione sociale di responsabilità, non può giovarsi, ai sensi dell'art. 1304 c.c., della transazione intervenuta tra la (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 17 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it società ed i coobbligati solidali, qualora la transazione non sia stata autorizzata dall'assemblea con deliberazione adottata senza il voto contrario della minoranza qualificata prevista dall'art. 2393 c.c.: tale delibera costituisce infatti una forma tipica ed inderogabile di espressione della volontà sociale, il cui difetto è causa di nullità assoluta ed insanabile della transazione stipulata con l'amministratore, trattandosi di un requisito prescritto a garanzia dei soci di minoranza, la cui tutela risulterebbe pertanto svuotata di ogni contenuto qualora, essendo convenuti anche soggetti che non rivestono la predetta qualità, l'atto in questione potesse perfezionarsi senza l'espressa autorizzazione richiesta da tale disposizione. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 2 maggio 2007, n. 10121 (Pres. LOSAVIO – Est. PANZANI), in Società, 2008, 855, con nota di F. PLATANIA . Società di capitali - Società a responsabilità limitata Conferimenti - Quota - Trasferimento - Acquisto o pegno delle proprie quote - Diritto di prelazione - Intestazione fiduciaria Retrocessione - Prelazione - Diritto - Esclusione - Fondamento. (codice civile, art. 2355 bis). La clausola di prelazione prevista dallo statuto di una società a responsabilità limitata è dettata nell'interesse dei soci che intendono garantirsi contro il rischio di mutamento della compagine sociale; peraltro, in caso di retrocessione di quote oggetto di intestazione fiduciaria non vi è, dal punto di vista sostanziale, mutamento nelle persone dei soci, operando il fiduciante nell'interesse e secondo le istruzioni del mandante; pertanto, il fiduciante, che sia titolare di proprie quote, non può invocare il diritto di prelazione, in quanto il trasferimento delle quote al mandante fa parte del pactum fiduciae. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 11 maggio 2007, n. 10879 (Pres. PROTO – Est. PANZANI), in Società, 2008, 579, con nota di G. ZAGRA . Revocatoria ordinaria (azione) - Diritto di opzione relativo all'aumento di capitale di una società - Rinuncia Assoggettabilità a revocatoria - Limiti. (codice civile, artt. 2441, 2469, 2481 bis, 2901). La rinuncia o il mancato esercizio del diritto di opzione relativo all'aumento di capitale di una società non è suscettibile di revoca, ai sensi dell'art. 2901 c.c., al fine di consentire al creditore di sostituirsi al debitore nell'esercizio dell'opzione stessa, perché effetto della revoca è la declaratoria di (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 18 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it inefficacia dell'atto revocato e il conseguente assoggettamento del bene oggetto della rinuncia all'azione esecutiva. La revoca è tuttavia consentita quando l'opzione costituisce un bene in sé, dotato di autonomo valore di mercato, e in questo caso l'azione esecutiva dovrà svolgersi nel rispetto della disciplina dettata dall'art. 2480 c.c. (ora art. 2471, a seguito della riforma del diritto societario introdotta dal d.lgs. n. 6 del 2003). Di conseguenza, nell'ambito della disciplina della società a responsabilità limitatala la revoca è subordinata alla dimostrazione che il diritto di opzione sia suscettibile di alienazione secondo la legge di circolazione delle quote stabilita dallo statuto sociale. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 6 luglio 2007, n. 15304 (Pres. CARNEVALE – Est. SALVATO), in Società, 2008, 848, con nota di M.M. GAETA . Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Bilancio (pubblicazione, redazione, ripartizione degli utili) - Utili societari - Prova - Bilancio fiscale - Utilizzabilità - Diversità dal bilancio civilistico - Mancata specificazione delle divergenze - Irrilevanza. (codice civile, artt. 2261, 2262, 2320, 2423). Al fine di accertare la produzione di utili di una società commerciale possono essere utilizzate le risultanze del solo bilancio redatto a fini fiscali e non può esserne genericamente eccepita l'inutilizzabilità senza svolgere specifiche e pertinenti deduzioni in ordine ai concreti effetti che le divergenze tra normativa fiscale e civilistica possano produrre. (La fattispecie aveva ad oggetto l'azione di responsabilità di un amministratore di s.r.l. per cattiva gestione riguardante tra l'altro la mancata percezione di utili provenienti da società partecipate, documentati mediante i bilanci redatti a fini fiscali soprattutto a causa della condotta omissiva ed inadempiente dell'amministratore stesso in ordine agli obblighi di corretta redazione e deposito dei bilanci societari). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 luglio 2007, n. 15613 (Pres. LOSAVIO – Est. SALVATO), in Società, 2008, 724, con nota di R. BERNABAI . Società di capitali - Società a responsabilità limitata - Assemblea (convocazione, deliberazione, diritto di voto) - Deliberazioni Socio in conflitto di interessi - Calcolo della quota nel "quorum" costitutivo - Inclusione - Calcolo della quota nel "quorum" deliberativo - Esclusione. (codice civile previgente, artt. 2373, 2377, 2486). (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 19 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it In tema di computo del quorum deliberativo dell'assemblea di una società a responsabilità limitata nel caso in cui uno dei soci versi in conflitto d'interessi, per la disciplina di cui all'art. 2373, comma 1, c.c. (per il richiamo all'art. 2486, comma 2, c.c.) nel regime anteriore alla riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6 del 2003, la nozione di capitale sociale di riferimento rimanda alla sola parte di esso coincidente con quella dei soci aventi diritto di votare, con esclusione della quota facente capo al socio che versi in conflitto d'interessi, rilevante invece ai soli fini del quorum costitutivo, ai sensi dell'art. 2373, comma 4, c.c. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 13 luglio 2007, n. 15672 (Pres. LOSAVIO – Est. RORDORF), in Società, 2008, 47, con nota di M.M. GAETA. Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Assemblea- Avviso di convocazione al socio. (codice civile previgente, art. 2484, codice civile, art. 2479, comma 3). Ai fini della validità ed efficacia dell'avviso di convocazione dell'assemblea di una società a responsabilità limitata, l'art. 2484 c.c. previgente richiedeva due condizioni, rimaste invariate, una temporale, costituita dalla spedizione almeno otto giorni prima della data stabilita per l'assemblea, ed una spaziale relativa all'invio presso il domicilio indicato nel libro soci. La duplicità dei requisiti è destinata a contemperare l'esigenza di informare il socio in uno spazio temporale adeguato con l'esigenza, di pari rilievo, di una convocazione rapida. Risulta pertanto irrilevante che l'avviso non sia pervenuto al socio, se siano state rispettate entrambe le condizioni, dovendosi imputare esclusivamente alla sua negligenza la mancata comunicazione della modifica del domicilio. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 17 luglio 2007, n. 15942 (Pres. LOSAVIO – Est. GIUSTI), in Società, 2008, 306, con nota di M.P. FERRARI. Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Delibera assembleare – Invalidità – Vizi di convocazione – Eccesso di potere – Condizioni. (codice civile, artt. 2373, 2377, 2378, 2379, 2479 ter). A fronte dell'attribuzione all'amministratore di compensi sproporzionati o in misura eccedente i limiti della discrezionalità imprenditoriale, è possibile impugnare la delibera dell'assemblea della (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 20 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it società di capitali per abuso o eccesso di potere, sotto il profilo della violazione del dovere di buona fede in senso oggettivo o di correttezza, giacché una tale deliberazione si dimostra intesa al perseguimento della prevalenza di interessi personali estranei al rapporto sociale, con ciò danneggiando gli altri partecipi al rapporto stesso. In tal caso al giudice è affidata una valutazione che è diretta non ad accertare, in sostituzione delle scelte istituzionalmente spettanti all'assemblea dei soci, la convenienza o l'opportunità della delibera per l'interesse della società, bensì ad identificare, nell'ambito di un giudizio di carattere relazionale, teso a verificare la pertinenza, la proporzionalità e la congruenza della scelta, un vizio di illegittimità desumibile dalla irragionevolezza della misura del compenso stabilita in favore dell'amministratore, occorrendo a tal fine avere riguardo, in primo luogo, alla natura e alla ampiezza dei compiti dell'amministratore ed al compenso corrente nel mercato per analoghe prestazioni, in relazione a società di analoghe dimensioni, e, ma in funzione complementare, alla situazione patrimoniale e all'andamento economico della società. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 18 luglio 2007, n. 15957 (Pres. DE MUSIS – Est. SCHIRÒ), in Società, 2008, 980, con nota di D. CARMINATI (*). Società di capitali – Società per azioni - Azioni – Diritti sociali – Recesso – Legittimazione. (codice civile prev., art. 2437). A norma dell’art. 2437, comma 1, c.c., presupposto del diritto di recesso del socio è il dissenso di questo rispetto alla delibera che riguardi le «cd. basi essenziali della società», con la conseguenza che è il momento dell’assemblea quello in cui nasce il diritto di recesso, in quanto non sia stato espresso in tale sede un voto conforme alla delibera della maggioranza e in tale senso il diritto di recesso può ritenersi collegato al diritto di voto (massima non ufficiale). Nel caso di vendita a termine di titoli azionari, il diritto di recesso contemplato dall’art. 2437 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, applicabile alla specie «ratione temporis») - a differenza del diritto di opzione e degli altri diritti presi in considerazione dagli artt. 1531 ss. c.c. - non passa immediatamente in capo al compratore, ma resta di spettanza del venditore sino al momento in cui, con il maturare del termine, questi non abbia perso la titolarità delle azioni. Dai citati artt. 1531 ss. c.c. destinati a risolvere specifiche situazioni di contrapposizione d’interesse tra controparte e venditore in ipotesi di vendita a termine di titoli di credito - non può infatti dedursi l’esistenza di una regola generale, in forza della quale in caso di vendita a termine di (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 21 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it titoli azionari, tutti i diritti sociali si trasmettono al compratore, con la sola eccezione del diritto di voto menzionato dal secondo comma dell’art. 1531. Né, d’altra parte, è ipotizzabile l’applicazione analogica al diritto di recesso della disciplina prevista per il diritto di opzione - che in pendenza del termine compete al compratore, ai sensi dell’art. 1532 c.c. - trattandosi di istituti di fondamento logico ben diverso: giacché l’uno - il diritto di opzione - è destinato ad assicurare a ciascun socio la possibilità di mantenere la preesistente percentuale di partecipazione in caso di aumento del capitale, e dunque esprime una esigenza di stabilità nel rapporto reciproco tra soci; mentre l’altro - il diritto di recesso - è finalizzato a porre termine alla partecipazione sociale, consentendo al socio che dissente da determinate decisioni della maggioranza, modificative dell’assetto della società, di fuoriuscire dalla compagine societaria (massima non ufficiale). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 24 luglio 2007, n. 16390 (Pres. LOSAVIO – Est. SALVATO), in Società, 2008, 572, con nota di R. GENCO . Società di capitali - Società cooperative - Assemblea Deliberazioni - Delibera inesistente - Impugnazione - Condizioni - Atto materialmente inesistente - Proposta del socio non discussa in assemblea - Inesistenza materiale della delibera Impugnabilità - Esclusione. (codice civile, art. 2379). Può essere impugnata e conseguentemente dichiarata invalida la delibera societaria inesistente quando vi sia un atto scrutinabile, ovvero quando possa valutarsi la palese difformità dal modello legale o l'assenza di requisiti essenziali; diversamente, non può configurarsi alcun atto impugnabile nell'ipotesi in cui una richiesta del socio (nella specie, di proporre azione di responsabilità nei confronti degli amministratori) non venga presa in considerazione dal presidente dell'assemblea e conseguentemente né discussa né approvata. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 13 settembre 2007, n. 19160 (Pres. CARNEVALE – Est. PANEBIANCO), in Riv. dir. soc., 2007, II, 85, con nota di P.M. FIORUZZI – F. LIONE . Società - Società di capitali – Società per azioni – Organi sociali Collegio sindacale – Nomina - Presentazione di una lista da parte del consiglio di amministrazione - Violazione del diritto dei soci di minoranza alla nomina di un componente effettivo Sussistenza. (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 22 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it (codice civile, art. 2377; d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 148, comma 2°). In tema di nomina del collegio sindacale nelle società per azioni, è illegittima la modifica statutaria che attribuisca al consiglio di amministrazione il diritto di presentare una propria lista di candidati, con possibile integrale copertura dei posti disponibili, ciò implicando la violazione del diritto dei soci di minoranza, ai sensi dell'art. 148, comma 2, d.lg. n. 58 del 1998, di ottenere l'elezione di un loro candidato quale componente effettivo. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 10 ottobre 2007, n. 21130 (Pres. DE MUSIS – Est. PANZANI), in Giur. comm., 2008, II, 784, con nota di G. GOBBO (*). Società – Azione di responsabilità degli amministratori di società ex art. 2389 c.c. – Revoca per giusta causa – Prelievo di somme dalle casse sociali in assenza di formali deliberazioni dell’assemblea dei soci – Possibilità di ammettere l’esistenza di autorizzazioni implicite o del potere di ratifica di fatti concludenti –Sussistenza di indirizzi giurisprudenziali di legittimità contrastati – Rimessione degli atti al primo presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione. (codice civile, art. 2389). Deve essere rimessa al primo presidente della Corte di cassazione, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite del Supremo Collegio, la questione relativa alla possibilità di ammettere autorizzazioni implicite o ratifiche all’operato degli amministratori sociali i quali, prelevando denaro contante dalle casse sociali, abbiano agito senza essere stati formalmente autorizzati dall’assemblea dei soci, ancorché sussista una specifica delibera di approvazione del bilancio della società in cui risultino appostati i compensi prelevati, sulla base dei quali, giusta l’art. 2389 c.c., gli amministratori rei del prelievo siano stati rimossi dall’incarico sociale per giusta causa revocatoria. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 16 novembre 2007, n. 23824 (Pres. DE MUSIS – Est. PLENTEDA), in Giur. comm., 2008, II, 626, con nota di M. MUSCHIO (*). (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 23 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it Contratto di pegno – Terzo debitore titolare del capitale della società costituente – Legittimazione alla risoluzione per inadempimento – Esclusione. (codice civile, art. 1453). Contratto di pegno – Estinzione dell’oggetto – Azione di nullità – Interesse ad agire – Sussistenza. (codice civile, artt. 1418, 2037, 2447; codice di procedura civile, art. 100). Contratto di pegno – Estinzione dell’oggetto – Azione di risoluzione per inadempimento – Interesse ad agire – Sussistenza. (codice civile, artt. 1453, 1458, 2037, 2447; codice di procedura civile, art. 100). Pegno di azioni – Giudizio di invalidità della delibera assunta con il voto del creditore pignoratizio – Incidenza sull’interesse dell’azionista alla domanda di risarcimento – Esclusione. (codice civile, artt. 1418, 1453, 2352, 2377, 2379; codice di procedura civile, art. 100). La legittimazione all’azione di risoluzione per inadempimento di un contratto di pegno di azioni spetta solo alle parti contrattuali e non al terzo estraneo, quand’anche esso sia titolare del capitale della società che ha costituito il pegno ovvero sia parte di altro contratto il cui adempimento è garantito dal pegno. L’interesse concreto e attuale ad agire con l’azione di nullità di un contratto di pegno sussiste anche in relazione alla conseguente azione di reintegrazione per equivalente pecuniario, ove l’oggetto del contratto sia venuto meno o comunque ne sia impossibile la restituzione e la relativa azione di ripetizione non sia prescritta. Sussiste in capo alla parte che chieda l’accertamento dell’inadempimento e la risoluzione di un contratto di pegno l’interesse concreto e attuale ad agire, in relazione all’azione di risoluzione e a quella di reintegrazione per equivalente pecuniario, ove l’oggetto del contratto sia venuto meno, nonché in relazione alla connessa azione risarcitoria, una volta che le azioni di ripetizione e di risarcimento non risultino prescritte. Sussiste in capo al socio titolare di azioni oggetto di pegno l’interesse ad agire nei confronti del creditore pignoratizio per il risarcimento del danno derivato da condotte illegittime ed abusive da lui poste in essere in violazione della disciplina che regola il pegno, indipendentemente dal giudizio di validità delle deliberazioni assembleari assunte "medio tempore" col voto del creditore medesimo. (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 24 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 dicembre 2007, n. 26012 (Pres. PROTO – Est. GILARDI), in Banca e borsa, 2008, II, 409, con nota di G.B. BARILLÀ (*). Società di persone – Fideiussione rilasciata da socio illimitatamente responsabile - Ammissibilità. (codice civile, artt. 1936, 2251, 2291, 2304). La società di persone, anche se sprovvista di personalità giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia e capacità processuale. In forza di tale autonomia, così come legittimato ad agire in giudizio per gli interessi della società e far valere diritti, ovvero per contestare eventuali obblighi a essa ascritti, è esclusivamente il soggetto che rivesta la qualità di legale rappresentante, e così come riguardo a esse è configurabile una responsabilità degli amministratori nei confronti dei singoli soci, oltre che verso la società, allo stesso modo deve ritenersi che la fideiussione prestata dal socio a favore della società, proprio per effetto della rilevata autonomia patrimoniale e della distinzione di sfere giuridiche rientra tra le garanzie prestate per le obbligazioni altrui, secondo lo schema delineato dall’art. 1936 c.c. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 29 gennaio 2008, n. 2020 (Pres. CRISCUOLO – Est. PICCININNI), in Società, 2008, 974, con nota di M. DI SARLI (*). Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Bilancio d’esercizio – Mancata distribuzione degli utili - Legittimità. (codice civile, artt. 2350, 2423, 2433). Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Bilancio d’esercizio – Mancata evidenziazione nello stato patrimoniale di un prelievo e di un versamento – Mancanza di chiarezza del bilancio - Insussistenza. (codice civile, artt. 2350, 2423, 2433). Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Bilancio d’esercizio – Natura – Documento di sintesi. (codice civile, artt. 2350, 2423, 2433). Anche nelle società a responsabilità limitata (nel vigore della disciplina dettata dal codice civile del 1942, anteriormente alla riforma di cui al d.lg. 17 gennaio 2003 n. 6) non è configurabile un diritto del socio agli utili senza una preventiva deliberazione assembleare in tal senso, rientrando nei poteri dell’assemblea - in sede approvativa del bilancio - la facoltà di disporne l’accantonamento o il reimpiego nell’interesse della stessa società, sulla base di una decisione censurabile solo se propria di iniziative della (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 25 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it maggioranza volte ad acquisire posizioni di indebito vantaggio a danno degli altri soci cui sia resa più onerosa la partecipazione. II. TITOLI DI CREDITO CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 18 gennaio 2005, n. 948 (Pres. DE MUSIS – Est. CARBONE), in Banca e borsa, 2006, II, 461, con nota di L. FURGIUELE. Titoli di credito – Assegno bancario – In genere – Privo di valore cartolare – In conseguenza del suo ammortamento – Natura – Promessa di pagamento – Effetti – Legittimazione – A favore del mero possessore del titolo, non prenditore né giratario – Esclusione – Fondamento. (codice civile, art. 1988; r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 74). Il mero possessore di un assegno bancario privo di efficacia cartolare per effetto del suo avvenuto ammortamento, che non sia né prenditore né giratario dello stesso, non può considerarsi legittimato alla pretesa del credito ivi contenuto, avvalendosi - allo scopo - del suddetto titolo quale promessa di pagamento ai sensi dell’art. 1988 c.c., atteso che l’inversione dell’onere della prova, prevista da tale disposizione, opera solo nei confronti di colui al quale la promessa sia stata fatta; da ciò consegue che egli non è esonerato dalla prova dell’esistenza del rapporto giuridico dal quale discende l’obbligazione del promittente, non essendo riconducibile, al semplice dato del possesso del titolo all’ordine, univoco significato ai fini della legittimazione, poiché non è possibile escludere che il titolo di credito sia stato acquisito abusivamente. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 15 febbraio 2005, n. 3031 (Pres. PLENTEDA – Est. GILARDI), in Banca e borsa, 2006, II, 133, con nota di R. SENIGAGLIA. Titoli di credito – Assegno bancario – Avallo – Principio di accessorietà – Prescrizione dell’azione cartolare – Obbligazione fideiussoria – Onere probatorio. (legge assegni, artt. 30, 75; codice civile, art. 1937, 1988). La sottoscrizione di un assegno bancario per avallo comporta che la garanzia prestata dal terzo non si estende, salva la dichiarazione di una volontà diversa, al rapporto causale intercorrente tra creditore e debitore (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 26 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it principale e, quindi, la garanzia cessa nel caso di prescrizione dell’azione cartolare e non può essere invocata dal creditore che esercita l’azione causale; tuttavia, alla dichiarazione di avallo può affiancarsi una promessa extracambiaria di garanzia personale per l’adempimento del debito portato dalla cambiale o di quello risultante da un rapporto causale sottostante, ma l’esistenza di tale obbligazione fideiussoria non è desumibile, in via presuntiva, dalla sola dichiarazione di avallo, dovendo essere fornita la prova di una volontà espressamente diretta ad assumerla, in conformità di quanto previsto all’art. 1937 c.c. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 30 marzo 2005, n. 6732 (Pres. VITTORIA – Est. PETTI), in Banca e borsa, 2006, II, 699, con nota di E. FUSCO. Protesto bancario illecito – Colpa della banca – Risarcimento dei danni all’imprenditore danneggiato – Risarcimento del danno morale – Onere della prova a carico del danneggiato. (codice civile, artt. 2043, 2059; legge assegni, artt. 60 ss.). La lesione della reputazione dell’imprenditore derivante dall’illegittimo protesto, in quanto incidente su valori fondamentali della persona, determina un danno non patrimoniale, che risulta risarcibile, ai sensi dell’art. 2059 c.c., anche in assenza dell’accertamento di un fattoreato. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 18 aprile 2005, n. 8005 (Pres. FIDUCCIA – Est. DURANTE), in Banca e borsa, 2007, II, 286, con nota di R. LUPOLI. Titoli di credito – Assegno bancario – Non trasferibile – Banca girataria per l’incasso – Pagamento a soggetto non legittimato ex art. 43 legge assegni – Conseguenze – Responsabilità extracontrattuale della banca verso i danneggiati. (legge assegni, art. 43; codice civile, art. 2043). La banca girataria per l’incasso di assegno non trasferibile non può qualificarsi sostituto di quella trattaria nell’adempimento della convenzione di assegno (e, quindi, in rapporto contrattuale con il traente) ma, in quanto investita della procura all’incasso, deve essere considerata rappresentante del girante in nome e per conto del quale riceve il pagamento; ne consegue che, qualora essa violi l’obbligo legale di pagare l’assegno non trasferibile soltanto ad uno dei soggetti indicati nell’art. 43, 2º comma, r.d. 21 (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 27 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it dicembre 1933 n. 1736, sorge a suo carico una responsabilità extracontrattuale verso tutti coloro che possono essere pregiudicati dal pagamento a soggetto diverso, compreso il traente. In caso di irregolare pagamento, da parte della banca girataria per l’incasso, di assegno bancario recante la clausola di non trasferibilità a soggetto non legittimato, ai fini della configurabilità della responsabilità extracontrattuale in capo alla banca, anche se il pagamento in violazione di una clausola di intrasferibilità configura un illecito bancario astrattamente idoneo a produrre un danno, per la risarcibilità di esso è pur sempre necessario che chi agisce per il risarcimento ne provi l’esistenza e l’ammontare, fermo restando che, per la relativa determinazione, il quantum non necessariamente limitato all’importo dell’assegno, ma può essere eventualmente integrato da ulteriori pregiudizi che siano conseguenza immediata e diretta della violazione della clausola di non trasferibilità. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 13 maggio 2005, n. 10118 (Pres. LUCCIOLI – Est. SPAGNA MUSSO), in Banca e borsa, 2006, II, 683, con nota di F. ACCETTELLA. Titoli di credito – Assegno bancario – Non trasferibile – Sottratto da terzi e incassato – Disciplina di cui all’art. 43 r.d. n. 1736 del 1933 – Contenuto – Obbligo per la banca che abbia pagato al legittimato apparente di pagare all’effettivo e legittimo prenditore – Affermazione – Fondamento. (codice civile, art. 1189; legge assegno, art. 43). Titoli di credito – Assegno bancario – Non trasferibile – Pagamento a soggetto qualificantesi come rappresentante del prenditore – Oneri di controllo da parte della banca – Portata. (legge assegno, art. 43). Quando la banca girataria per l'incasso di un assegno bancario munito di clausola di intrasferibilità abbia eseguito il pagamento nei confronti di un soggetto non creditore e legittimato solo in modo apparente è tenuta ad un nuovo pagamento nei confronti dell'effettivo e legittimo prenditore, ai sensi dell'art. 43 del r.d. n. 1736 del 1933, il quale stabilisce che "colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore risponde del pagamento". Tale disposizione costituisce una previsione speciale, sia rispetto alla normativa generale regolante il pagamento dei titoli di credito cosiddetti a legittimazione variabile, sia rispetto all'art. 1189 c.c., riguardante il pagamento al creditore apparente. (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 28 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it Quando l'assegno non trasferibile sia presentato da persona che adduca di agire in nome e per conto del prenditore in forza di rappresentanza negoziale, la banca, in quanto tenuta a controllare la coincidenza del presentatore con il prenditore ai sensi ed agli effetti dell'art. 43 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, ha l'onere di acquisire prova di tale rappresentanza. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 16 giugno 2005, n. 12964 (Pres. VITTORIA – Est. TRIFONE), in Banca e borsa, 2007, II, 162, con nota di L. MAGGIORE. Pegno di titoli di credito – Pegno regolare e irregolare – Interpretazione delle clausole del contratto di garanzia – Qualificazione – Pegno regolare di titoli di credito – Vendita della cosa oggetto del pegno. (codice civile, artt. 1851, 1997, 2748, 2797). È esente da vizi logici o violazione di legge la sentenza di merito che configuri il pegno regolare di titoli di credito (nella specie, relativo a titoli dati in pegno da una compagnia di assicurazione all’Uci, a garanzia di future obbligazioni per sinistri stradali causati all’estero da veicoli suoi assicurati) qualora nel contratto sia previsto: che i titoli vengano immessi in conto a deposito con rubrica a nome della compagnia e con possibilità di sostituzione di essi solo previo accordo; gli incassi di cedole scadute debbano essere rimessi alla società, restando a carico della stessa le spese e gli oneri relativi al pegno; il creditore possa realizzare il pegno solo in caso di mancato pagamento preceduto da richiesta di pagamento formulata a mezzo lettera raccomandata; il creditore, a tal fine, per la vendita del pegno, debba osservare le prescrizioni di cui all’art. 2797 c.c. e sia munito di mandato a vendere in rem propriam, il quale non determina il trasferimento in capo al mandatario della proprietà del bene e non priva il mandante del potere di disporre del suo diritto di proprietà sul bene oggetto del mandato; si esula dall’ipotesi di pegno regolare e si rientra, viceversa, nella disciplina del pegno irregolare, qualora il debitore, a garanzia dell’adempimento della sua obbligazione, abbia vincolato al suo creditore un titolo di credito o un documento di legittimazione individuati, conferendo a quest’ultimo anche la facoltà di disporre del relativo diritto, come delineato dall’art. 1851 c.c., norma (riferita all’anticipazione bancaria, ma che costituisce tuttavia la regola generale di ogni altra ipotesi di pegno irregolare) in base alla quale il creditore garantito acquisisce la somma portata dal titolo o dal documento, che dovrà restituire al momento dell’adempimento o, in caso di inadempimento, dovrà rendere per quella (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 29 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it parte eccedente l’ammontare del credito garantito, determinata in relazione al valore delle cose al tempo della relativa scadenza. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 28 giugno 2005, n. 13906 (Pres. VITTORIA – Est. TALEVI), in Banca e borsa, 2007, II, 437, con nota di C.M. DE IULIIS. Titoli di credito – Assegno bancario – Rappresentanza. (legge assegni, art. 14). In tema di assegni bancari, requisiti per la valida assunzione di una obbligazione cartolare in nome altrui sono, ai sensi dell’art. 14 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, non solo l’esistenza di una procura o di un potere ex lege, ma anche (atteso il principio di letteralità, in base al quale solo ciò che sul titolo è scritto determina la sussistenza e le caratteristiche dei diritti sul medesimo fondati) l’apposizione della sottoscrizione con l’indicazione della qualità ancorché senza l’uso di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidente ai terzi l’avvenuta assunzione dell’obbligazione per conto di altri. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 22 luglio 2005, n. 15496 (Pres. DE MUTIS – Est. CECCHERINI), in Banca e borsa, 2008, II, 35, con nota di G. TERZINI. Contratti bancari – Deposito bancario a risparmio – Libretto di deposito a risparmio al portatore – Legittimazione del possessore – Procedura di ammortamento – Rilascio del duplicato del libretto – Effetti – Controversia tra il detentore e l’ammortante – Titolarità del credito – Prova – dimostrazione dell’avvenuto deposito della somma presso la banca – Necessità – Esclusione – Prova del possesso del libretto prima dell’ammortamento. (codice civile, artt. 1142, 1147, 1834, 1836, 1992, 2003; legge 30 luglio 1951, n. 948, artt. 9, 15). A norma dell'art. 15 l. 30 luglio 1951 n. 948, il rilascio, a seguito della procedura di ammortamento, del duplicato di libretti di deposito bancario nominativi o al portatore estingue nei confronti dell'istituto emittente i diritti del detentore, ma non pregiudica le eventuali ragioni che questi abbia contro chi ha ottenuto il duplicato. Nella controversia con l'ammortante, il detentore è tenuto peraltro a provare, non già di aver eseguito il deposito della somma presso la banca che ha emesso il libretto, ma soltanto di aver acquistato la titolarità del credito da esso portato (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 30 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it anteriormente all'ammortamento: onere che - nel caso di libretto al portatore - può essere assolto dimostrando di aver posseduto quest'ultimo prima dell'ammortamento, spettando quindi all'ammortante dare la prova contraria (attesa la presunzione di buona fede nel possesso, ex art. 1147 c.c.) che l'acquisto del possesso era avvenuto in mala fede, ovvero (stante la presunzione di possesso intermedio ex art. 1142 c.c.) che il credito era stato successivamente trasferito dal detentore. L'ammortamento priva, infatti, il possessore del libretto della legittimazione cartolare, impedendo l'ulteriore trasferimento del credito secondo le regole sulla circolazione dei titoli di credito, ma non opera retroattivamente, nel senso di rendere inefficaci i trasferimenti operati anteriormente all'ammortamento mediante traditio del libretto. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 22 settembre 2005, n. 18642 (Pres. LOSAVIO – Est. RORDORF), in Banca e borsa, 2007, II, 429, con nota di F. ACCETTELLA. Titoli di credito – Assegno bancario – Sbarrato – Pagamento – Qualità di cliente – Nozione – Rapporti ripetuti e risalenti – Necessità – Fattispecie. (legge assegni, art. 41). Ai fini della verifica circa la regolarità del pagamento dell’assegno sbarrato, per «cliente», nell’accezione accolta dall’art. 41 r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, deve intendersi la persona già nota al banchiere in virtù di pregressi e reiterati rapporti di affari, tipici del servizio bancario, atteso che la ragion d’essere della clausola di sbarramento riposa proprio in una richiesta di maggiore cautela nell’incasso, che può considerarsi soddisfatta in presenza di un rapporto personale tra banca e cliente; ne consegue che a tal fine deve ritenersi insufficiente la pura e semplice apertura di un conto corrente bancario, magari solo poco tempo prima la presentazione all’incasso dell’assegno (nella specie, la suprema corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza di merito che, in forza di un apprezzamento dei fatti incensurabile in sede di legittimità, ha riconosciuto qualità di cliente a chi intrattiene con la banca rapporti di conto corrente ripetuti, facendovi accreditare i ratei della propria pensione, e perduranti da un significativo lasso di tempo). In tema di responsabilità della banca nel caso in cui sia portato all’incasso un assegno alterato, il principio secondo cui la banca girataria per l’incasso, oltre ad essere mandataria del prenditore girante, è altresì sostituta della banca trattaria nel pagamento cui quest’ultima è obbligata nei confronti del cliente, comporta che su di essa incombe l’onere di (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 31 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it verificare quelle condizioni di legittimità dell’operazione che, al momento della presentazione del titolo, sono effettivamente controllabili, quale l’identità del presentatore, ma non anche che ogni verifica necessaria per il pagamento sia a suo carico, non potendosi ritenere che la banca trattaria resti, per parte sua, esonerata dal compito di controllare la materiale genuinità dell’assegno che le è richiesto di pagare e che, proprio per questo motivo, deve essere trasmesso dalla banca girataria a quella trattaria prima che questa provveda al pagamento. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 6 ottobre 2005, n. 19512 (Pres. CRISCUOLO – Est. DEL CORE), in Banca e borsa, 2007, II, 285, con nota di R. LUPOLI. Titoli di credito – Assegno circolare – Non trasferibile – Banca girataria per l’incasso – Pagamento a soggetto non legittimato ex art. 43 legge assegni – Conseguenze – Responsabilità quasi contrattuale della banca verso i danneggiati – Termine di prescrizione ordinario. (legge assegni, art. 43; codice civile, art. 1173). La banca girataria per l’incasso di un assegno circolare non trasferibile è responsabile del pagamento del titolo effettuato, in violazione dell’obbligo di diligente accertamento della legittimazione del prenditore, ad un soggetto diverso da quest’ultimo e che abbia apposto la propria firma «per conoscenza e garanzia» al fine non già di attestare l’identità del prenditore, bensì di sostituirlo nell’incasso della somma. In tema di disciplina dell’assegno bancario non trasferibile, l’art. 43 r.d. n. 1736 del 1933 - concernente anche l’assegno circolare non trasferibile in virtù del rinvio contenuto nell’art. 86 r.d. cit. - nella parte in cui stabilisce la responsabilità di colui che paga il titolo a persona diversa dal prenditore è applicabile anche alla banca girataria per l’incasso, benché quest’ultima provveda soltanto ad anticipare la valuta acquistando la legittimazione all’esercizio del diritto cartolare, in quanto la locuzione «colui che paga», contenuta in detta norma, da interpretare in correlazione con l’art. 41 dello stesso r.d., impone di estendere a quest’ultima la succitata responsabilità, anche allo scopo di rafforzare la tutela dei terzi interessati alla regolarità del pagamento, tenuto conto che il trattario non è tenuto a verificare l’autenticità delle firme. La responsabilità nei confronti del beneficiario di un assegno circolare non trasferibile in cui incorre la banca girataria per l’incasso qualora, violando l’obbligo di diligente accertamento dell’identità e della legittimazione del presentatore del titolo, paghi l’assegno a persona diversa (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 32 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it dal predetto (art. 43 ed 86 r.d. n. 1736 del 1933), non ha natura né extracontrattuale, in quanto non consegue dalla violazione di una norma di condotta, né contrattuale, poiché non sussiste tra dette parti alcun rapporto negoziale, dato che detta banca è estranea sia alla convenzione di assegno sia al rapporto di emissione del medesimo, bensì costituisce violazione di un’obbligazione ex lege, riconducibile, in base all’art. 1173 c.c., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico, siccome derivante dalla violazione dell’obbligo posto a suo carico dall’art. 43 r.d. cit., di pagare l’assegno esclusivamente all’intestatario, titolare del diritto di agire per il risarcimento del danno eventualmente subìto, con la conseguenza che siffatto diritto è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 18 gennaio 2006, n. 871 (Pres. DE MUSIS – Est. CECCHERINI), in Banca e borsa, 2008, II, 150, con nota di M. FRANCHI (pubblicata anche in Dir. banca e merc. fin., 2008, I, 115, con nota di G. MUCCIARONE) . Titoli di credito - Assegno bancario - Non trasferibile - Banca girataria per l'incasso - Subingresso alla banca trattaria nel dovere di identificazione del prenditore del titolo secondo criteri di diligenza professionale - Configurabilità - Pagamento a persona diversa dall'ordinatario nonostante la clausola di non trasferibilità - Responsabilità extracontrattuale della banca girataria verso la banca trattaria - Efficienza causale concorrente nella determinazione dell'evento dannoso Configurabilità. (regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 43; codice civile, artt. 1227, 2056). La banca girataria per l'incasso di un assegno non trasferibile subentra alla banca trattaria, sostituendosi ad essa nel dovere di identificazione del presentatore del titolo, mediante l'adozione di cautele ed accorgimenti suggeriti dalle circostanze del caso concreto, in osservanza del principio della diligenza professionale. Ne consegue la legittima predicabilità della responsabilità - extracontrattuale - della banca negoziatrice nei confronti della banca trattaria tutte le volte in cui il pagamento dell'assegno sia stato effettuato in violazione del ricordato dovere di diligenza, come nel caso in cui, nonostante la clausola di non trasferibilità, l'assegno risulti girato (con girata piena) dall'ordinatario (mediante falsificazione della firma), ad un terzo, destinatario del pagamento, dovendo tale girata aversi per non apposta, ex, art. 43 r.d. 21 (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 33 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it dicembre 1933 n. 1736, con conseguente carenza di legittimazione del giratario. Il concorrente comportamento negligente della banca trattaria, consistente nell'omesso controllo, in stanza di compensazione, della regolarità del titolo, è, peraltro, idoneo ad integrare gli estremi del fatto causalmente rilevante, in parte qua, per la determinazione dell'evento dannoso (poiché il diligente compimento di tale verifica avrebbe condotto all'accertamento della manifesta irregolarità dell'assegno con conseguente blocco del medesimo) non soltanto nei confronti del cliente (verso il quale l'istituto è contrattualmente responsabile nel quadro del rapporto di convenzione d'assegno), ma anche nell'ambito del rapporto extracontrattuale con la banca negoziatrice, rispetto alla quale la negligenza dimostrata si qualifica come fatto colposo del creditore, giusto disposto dell'art. 1227 c.c., applicabile alla responsabilità extracontrattuale per effetto del richiamo contenuto nella disposizione di cui all'art. 2056 stesso codice. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 9 giugno 2006, n. 13463 (Pres. DE MUSIS – Est. SPAGNA MUSSO), in Banca e borsa, 2007, II, 553, con nota di N. DE LUCA Titoli di credito – Assegno bancario – Pagamento – Firma di remittenza o di girata – Requisiti – Con riferimento agli enti collettivi – Controllo della banca – Ambito. (r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669, art. 8; r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, artt. 3, 11). La sottoscrizione (di emittenza o) di girata di un assegno (o di una cambiale), per rispondere ai requisiti prescritti dall'art. 11 r.d. n. 1736 del 1933 (o dall'art. 8 r.d. n. 1669 del 1933), improntati al rigore formale delle obbligazioni cartolari, deve soddisfare le esigenze di chiarezza, univocità e certezza, onde in ogni caso la sottoscrizione stessa deve essere riconoscibile, nel senso che essa deve consentire che sia accertata l'identità del sottoscrittore. Dette prescrizioni non vengono meno nel caso in cui l'assegno (o la cambiale) sia emesso o girato da un ente collettivo (persona giuridica, società commerciale) richiedendosi anche, in detta ipotesi che la dicitura di emissione o di girata, se pur non deve necessariamente contenere una specifica formula dalla quale risulti il rapporto di rappresentanza, sia tale da esplicitare un collegamento tra il firmatario e l'ente, cosicché non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell'ente. Incorre, quindi, in responsabilità la banca che, in ordine al pagamento di (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 34 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it un assegno ometta l'uno e/o l'altro degli accertamenti suddetti, essendo a suo carico il diligente controllo della legittimazione del presentatore. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 25 agosto 2006, n. 18543 (Pres. DE MUSIS – Est. SCHIFO), in Banca e borsa, 2007, II, 285, con nota di R. LUPOLI. Titoli di credito – Assegno bancario – Non trasferibile – Pagamento a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso – Disciplina e conseguenze – Responsabilità della banca – Obbligazione ex lege - Sussistenza. (legge assegni, art. 43; codice civile, art. 1189). L’obbligo di pagare l’assegno non trasferibile esclusivamente all’intestatario del titolo deriva dall’art. 43, 2º comma, r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, che, nel disporre che colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore, o dal banchiere giratario per l’incasso, risponde del pagamento, regola in modo autonomo l’adempimento dell’assegno non trasferibile, con deviazione sia dalla disciplina generale del pagamento dei titoli di credito con legittimazione variabile, sia dal disposto del diritto comune delle obbligazioni di cui all’art. 1189 c.c., che libera il debitore che esegua il pagamento in buona fede in favore del creditore apparente (con relativo onere probatorio a carico del solvens); nell’ipotesi di pagamento di assegno bancario non trasferibile, invece, la banca che abbia effettuato il pagamento in favore di chi non era legittimato non è liberata dall’originaria obbligazione finché non paghi al prenditore esattamente individuato (o al banchiere giratario per l’incasso), e ciò a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla identificazione dello stesso prenditore, derivando la responsabilità della banca, che paghi al giratario senza osservare la clausola di non trasferibilità, dalla violazione dell’obbligazione ex lege, posta a suo carico dall’art. 43, 2º comma, cit. r.d., di pagare l’assegno esclusivamente all’intestatario, titolare del diritto di agire per il risarcimento del danno eventualmente subìto. In capo alla banca girataria per l’incasso, la quale, avendo ricevuto l’assegno bancario non trasferibile, non dal prenditore dell’assegno, ma (in violazione del divieto di cui all’art. 43 r.d. 2 dicembre 1933 n. 1736) dal terzo beneficiario di una girata, abbia accettato da questo l’incarico di incassare il titolo presso la banca trattaria, è configurabile una responsabilità contrattuale per inadempimento del mandato (nella specie la banca, dopo aver accreditato, salvo buon fine, la somma portata dal titolo sul conto corrente del beneficiario della girata, aveva stornato la predetta (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 35 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it somma, comunicando di non aver potuto presentare l’assegno alla banca trattaria e di essere impedita a procedere all’incasso in conseguenza dello smarrimento del titolo). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 27 ottobre 2006, n. 23268 (Pres. LOSAVIO – Est. DI AMATO), in Banca e borsa, 2008, II, 308, con note di A.M. AZZARO e N. DE LUCA . Responsabilità patrimoniale – Cause di prelazione – Pegno di beni mobili – Patto di rotatività – Individuazione dei titoli – Necessità – Fattispecie. (codice civile, artt. 1378, 2787). Pegno di beni mobili - Dematerializzazione ex d.lgs. n. 213 del 1998 - Portata - Individuazione dei titoli - Necessità - Fattispecie. (codice civile, artt. 1378, 2787; d.lgs. 24 giugno 1998, n. 213, art. 34). In tema di pegno di titoli di credito, la clausola di rotatività non elimina la realità del pegno. La "dematerializzazione" (o "decartolarizzazione") dei titoli di credito, che, secondo il regime compiutamente attuato dal d.lgs. n. 213 del 1998, supera la fisicità del titolo, consentendone forme di consegna e di trasferimento virtuali, anche agli effetti della costituzione in pegno, attraverso meccanismi alternativi di scritturazione e senza la movimentazione o addirittura neppure la creazione del supporto cartaceo, non elimina anche la necessità dell'individuazione del titolo stesso a norma dell'art. 1378 c.c. Infatti le registrazioni in apposito conto, previste dall'art. 87 t.u.f. e dall'art 34 l.cit. sostituiscono il vincolo di garanzia con una tecnica alternativa ma funzionalmente equivalente allo spossessamento del costituente, di guisa che il contratto è qualificabile secondo il tipo legale del pegno. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto la nullità del pegno costituito su Bot e Cct privi di qualsiasi indicazione, risultando specificati soltanto gli importi e le date di scadenza). III. CONTRATTI BANCARI E FINANZIARI CORTE DI CASSAZIONE, Sezione III, 28 giugno 2005, n. 13906 (Pres. VITTORIA – Est. TALEVI), in Banca e borsa, 2007, II, 437, con nota di C.M. DE IULIIS. (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 36 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it Contratti bancari – Conto corrente – Delega – Poteri del delegato. (codice civile, artt. 1387 ss., 1852 ss.). L’accordo tra il cliente e la banca in base al quale anche altro soggetto (c.d. delegato) è autorizzato a compiere operazioni sul conto corrente spiega unicamente l’effetto di vincolare la banca, per le operazioni e nei limiti di importo stabiliti, a considerare alla stessa stregua di quella del delegante la firma del delegato, e non comporta anche il conferimento a quest’ultimo di un potere generale di agire in rappresentanza del delegante per il compimento di qualsiasi tipo di atto. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 8 novembre 2005, n. 21641 (Pres. OLLA – Est. RORDORF), in Banca e borsa, 2007, II, 1, con nota di A. TUCCI. Contratto di borsa a termine – Compravendita a termine di titoli azionari – Diritti accessori – Diritto di recesso – Trasferimento – Momento rilevante – Maturare del termine. (codice civile, artt. 1531-1533, 2437). Responsabilità civile – Banca – Doveri derivanti dallo status di soggetto appartenente al sistema bancario – Violazione – Responsabilità extracontrattuale – Sussistenza. (codice civile, artt. 1227, 2043, 2056; l. 19 giugno 1986, n. 289, art. 3). Nel caso di vendita a termine di titoli azionari, il diritto di recesso contemplato dall’art. 2437 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6, applicabile nella specie ratione temporis) a differenza del diritto di opzione e degli altri diritti presi in considerazione degli art. 1531 seg. c.c. - non passa immediatamente in capo al compratore, ma resta di spettanza del venditore fino al momento in cui, col maturare del termine, questi non abbia perso la titolarità delle azioni; dai cit. art. 1531 seg. c.c. - destinati a risolvere specifiche situazioni di contrapposizione d’interessi tra compratore e venditore in ipotesi di vendita a termine di titoli di credito - non può infatti dedursi l’esistenza di una regola generale, in forza della quale, nel caso di vendita a termine di titoli azionari, tutti i diritti sociali si trasmettono immediatamente al compratore, con la sola eccezione del diritto di voto menzionato dal 2º comma, art. 1531; né, d’altra parte, è ipotizzabile l’applicazione analogica al diritto di recesso della disciplina prevista per il diritto di opzione - che in pendenza del termine compete al compratore, ai sensi dell’art. 1532 - trattandosi di istituti di fondamento logico ben diverso; giacché l’uno - il diritto di opzione - è (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 37 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it destinato ad assicurare a ciascun socio la possibilità di mantenere la preesistente percentuale di partecipazione in caso di aumento del capitale, e dunque esprime un’esigenza di stabilità nel rapporto reciproco tra i soci; mentre l’altro - il diritto di recesso - è finalizzato a porre termine alla partecipazione sociale, consentendo al socio che dissente da determinate decisioni della maggioranza, modificative dell’assetto della società, di fuoriuscire dalla compagine societaria. Nell’ordinamento giuridico vigente, pur non esistendo a carico di ciascun consociato un generale dovere di attivarsi al fine di impedire eventi di danno, vi sono molteplici situazioni dalle quali possono nascere, per i soggetti che vi sono coinvolti, doveri e regole di azione, la cui inosservanza integra la nozione di omissione imputabile e la conseguente responsabilità civile; tale affermazione si attaglia, in particolare, alla disciplina normativa che regola il sistema bancario, la quale impone, a tutela del sistema stesso e dei soggetti che vi sono inseriti, comportamenti in parte tipizzati ed in parte enucleabili caso per caso, la cui violazione può costituire culpa in omittendo e, correlativamente, fonte di responsabilità extracontrattuale (fattispecie di ritenuta responsabilità di una banca per aver rilasciato a propri clienti una dichiarazione attestante la data dell’acquisto di azioni operato in borsa per conto loro, senza specificare che si era trattato di acquisto a termine con scadenza successiva alla data di adozione di una deliberazione assembleare idonea a legittimare l’esercizio del diritto di recesso - al quale la dichiarazione stessa risultava finalizzata - inducendo così in errore i funzionari della società circa l’effettiva esistenza del diritto di recesso in capo ai compratori, che ottenevano conseguentemente il rimborso delle azioni). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 7 aprile 2006, n. 8229 (Pres. LOSAVIO – Est. RORDORF), in Banca e borsa, 2008, II, 137, con nota di F. DE SANTIS . Società di intermediazione mobiliare - Illecito del promotore finanziario -Responsabilità solidale della Sim - Irregolarità dei mezzi di pagamento - Concorso di colpa del danneggiato Insussistenza. (codice civile, artt. 2049, 1227; l. 2 gennaio 1991, n. 1; reg. Consob 2 luglio 1991, n. 5388). Società di intermediazione mobiliare - Illecito del promotore finanziario - Interruzione del rapporto di preposizione Incolpevole affidamento del terzo - Responsabilità della Sim per violazione degli obblighi di informazione - Sussistenza. (legge 2 gennaio 1991, n. 1). (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 38 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it Società di intermediazione mobiliare - Illecito del promotore finanziario -Responsabilità della Sim - Risarcimento del danno Liquidazione e interessi -Interesse convenzionale Ammissibilità. (codice civile, art. 1284; l. 2 gennaio 1991, n. 1). L'utilizzo, da parte dell'investitore, di mezzi di pagamento difformi da quelli che il promotore finanziario è legittimato a ricevere non è sufficiente ad integrare una fattispecie di concorso colposo del creditore ex art. 1227 c.c. Un intermediario finanziario può esser chiamato a rispondere di un illecito compiuto a danno di terzi da chi appaia essere un suo promotore, e in tale apparente veste abbia commesso un illecito, ogni qualvolta l'affidamento del terzo risulti incolpevole ed alla falsa rappresentazione della realtà abbia invece concorso un comportamento colpevole (ancorché solo omissivo) dell'intermediario medesimo. Il risarcimento del danno subito dall'investitore deve comprendere anche gli interessi che questi avrebbe percepito qualora le somme da lui affidate al promotore fossero state impiegate conformemente alle indicazioni ricevute. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 maggio 2006, n. 11004 (Pres. OLLA – Est. SCHIRÒ), in Banca e borsa, 2007, II, 731, con nota di M. DI PIETROPAOLO Contratti bancari – Deposito pecuniario – A risparmio – Rilascio di libretto di deposito a risparmio – Soggetto titolare del rapporto diverso dal possessore del libretto – Qualifica di cliente agli effetti degli obblighi di informazione gravanti sulla banca Spettanza. (d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385, art. 119; d.lgs. 4 agosto 1999 n. 342, art. 24). Contratti bancari – Diritto di copia previsto dall’art. 119, comma 4°, d.lgs. n. 385 del 1993 – Applicabilità anche ai rapporti conclusi - Sussistenza. (d. lgs. 1° settembre 1993 n. 385, art. 119; d. lgs. 4 agosto 1999 n. 342, art. 24). Contratti bancari – Diritto di copia previsto dall’art. 119, comma 4°, d.lgs. n. 385 del 1993 – Indicazione, da parte del cliente, degli estremi del relativo rapporto – Necessità – Esclusione – Indicazione degli elementi indispensabili per l’individuazione dei documenti richiesti - Sufficienza. (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 39 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it (codice civile, art. 1375; c.p.c., art. 210; d. lgs. 1° settembre 1993 n. 385, art. 119; d. lgs. 4 agosto 1999 n. 342, art. 24). Contratti bancari – Diritto di copia previsto dall’art. 119, comma 4°, d.lgs. n. 385 del 1993 – Estensione al successore del cliente – Sussistenza anche anteriormente alla espressa previsione di tale estensione ad opera dell’art. 24, comma 2°, d.lgs. n. 342 del 1999. (d. lgs. 1° settembre 1993 n. 385, art. 119; d. lgs. 4 agosto 1999 n. 342, art. 24). Ai fini dell'applicazione dell'art. 119, comma 1 e comma 4 (quest'ultimo come sostituito dall'art. 24, comma 2, d.lgs. 4 agosto 1999 n. 342) d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e nel caso in cui sia stato stipulato un contratto di deposito bancario con rilascio di un libretto di deposito a risparmio, deve considerarsi cliente della banca - avente diritto a ricevere per iscritto, alla scadenza del contratto e almeno una volta all'anno, una comunicazione completa e chiara in merito allo svolgimento del rapporto e ad acquisire copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni nell'ambito del suddetto rapporto contrattuale di deposito bancario - non solo il possessore del libretto di deposito, legittimato al compimento delle operazioni riguardanti il titolo, ma anche, se diverso dal possessore del libretto, il soggetto titolare del rapporto di deposito, che, quale parte del rapporto contrattuale con la banca, può comunque avere interesse ad acquisire la documentazione inerente alle operazioni relative al suo svolgimento. L'art. 24, comma 2, d.lgs. n. 342 del 1999 - che ha modificato, sostituendolo, l'art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) - estendendo al successore a qualunque titolo del cliente della banca e a colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni il diritto, riconosciuto al dante causa, di avere copia della documentazione inerente a singole operazioni bancarie poste in essere negli ultimi dieci anni, ha reso esplicito, per il successore a titolo universale, un principio già desumibile dall'art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993, nel testo vigente antecedentemente alla modifica introdotta dal citato art. 24, comma 2, in quanto il diritto di copia della documentazione relativa a singole operazioni, riconosciuto in favore del de cuius facente parte dei rapporti giuridici a questi intestati, si trasmetteva, anche nel vigore della precedente normativa, al soggetto che fosse succeduto universalmente al cliente della banca. L'art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993, come sostituito dall'art. 24, comma 2, d.lgs. n. 342 del 1999, riconoscendo al cliente della banca, al (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 40 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it suo successore a qualunque titolo e a colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni il diritto di ottenere copia della documentazione relativa a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, si applica anche a situazioni soggettive che, se pur derivanti da un rapporto concluso, non hanno ancora esaurito nel tempo i loro effetti, con la conseguenza che detto diritto di copia è riconosciuto al cliente della banca e al suo successore prescindendo dall'attualità del rapporto a cui la documentazione richiesta si riferisce. L’art. 119, comma 4, d.lgs. n. 385 del 1993, come sostituito dall’art. 24, comma 2, d.lgs. n. 342 del 1999, che riconosce al cliente della banca, al suo successore a qualunque titolo e a colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni il diritto di ottenere copia della documentazione relativa a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, va interpretato, alla luce del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), nel senso che esso attribuisce ai suddetti soggetti il diritto di ottenere la documentazione inerente a tutte le operazioni del periodo cui il richiedente sia in concreto interessato, nel rispetto del limite di tempo decennale fissato dalla norma, e che comunque non è necessario che il richiedente indichi specificamente gli estremi del rapporto cui si riferisce la documentazione richiesta in copia, essendo sufficiente che l’interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentirle l’individuazione dei documenti richiesti, quali ad esempio i dati concernenti il soggetto titolare del rapporto, il tipo di rapporto a cui è correlata la richiesta e il periodo di tempo entro il quale le operazioni da documentare si sono svolte. CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 19 dicembre 2007, n. 26724 (Pres. CARBONE – Est. RORDORF), in Giur. comm., 2008, II, 604, con nota di F. BRUNO – A. ROZZI (pubblicata anche in Società, 2008, 449, con nota di V. SCOGNAMIGLIO) (*). Contratti – Trattative – Intermediari finanziari – Obblighi di informazione – Violazione – Nullità per contrarietà a norme imperative ex art. 1418 c.c. (codice civile, art. 1418; l. 2 gennaio 1991, n. 1). La violazione dei doveri d’informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni, che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario, può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove tali violazioni avvengano nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d’intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti. Può, invece, dar luogo a (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 41 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it responsabilità contrattuale ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazioni riguardanti operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d’intermediazione finanziaria in questione. In nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione dei suaccennati doveri di comportamento può, però, determinare la nullità del contratto d’intermediazione o dei singoli atti negoziali conseguenti, a norma dell’art. 1418, comma 1, c.c. CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 19 dicembre 2007, n. 26725 (Pres. CARBONE – Est. RORDORF), in Giur. comm., 2008, II, 344, con nota di G. GOBBO . Intermediazione finanziaria – Violazione dei doveri di informazione e di corretta esecuzione delle operazioni a carico degli intermediari – Fase precedente o coincidente alla stipula del contratto di intermediazione - Responsabilità precontrattuale – Violazioni relative alle operazioni di investimento e disinvestimento - Responsabilità contrattuale. (codice civile, artt. 1418, 1325, 1427 ss., 1337, 1453; l. 1/1991, art. 6; d. lgs. 58/1998, art. 21). La violazione dei doveri di informazione del cliente che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove avvenga nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d'intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti; può invece dar luogo a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazione riguardante le operazioni d'investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d'intermediazione finanziaria. In nessun caso, in difetto di previsione normativa in tal senso, la violazione dei suaccennati doveri di comportamento può, però, determinare la nullità del contratto d'intermediazione o dei singoli atti negoziali conseguenti, a norma dell'art. 1418, comma 1, c.c. IV. DIRITTO FALLIMENTARE (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 42 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 13 ottobre 2005, n. 19894 (Pres. CRISCUOLO – Est. DEL CORE), in Banca e borsa, 2008, II, 19, con nota di A. MONDANI. Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Effetti – Sugli atti pregiudizievoli ai creditori – Azione revocatoria fallimentare – Atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie – In genere – Stato di insolvenza – Conoscenza da parte del creditore – Prova – Contenuto – Desumibilità da elementi indiziari – Idoneità – Condizioni – Qualità soggettiva del creditore (istituto bancario) – Rilevanza della prova presuntiva della “scientia decoctionis”. (legge fallimentare, art. 67). Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Effetti – Sugli atti pregiudizievoli ai creditori – Azione revocatoria fallimentare – Atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie – In genere – Stato di insolvenza – Conoscenza da parte del creditore – Prova relativa all’esistenza, a carico dell’imprenditore, di revoche di affidamenti e di decreti ingiuntivi – Qualità di banchiere del creditore – Possibilità di attingere tali notizie dal sistema informativo della Centrale dei rischi – Rilevanza ai fini della prova della “scientia decoctionis” - Sussistenza. (legge fallimentare, art. 67; d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 51, 53, 67, 107, 144). La conoscenza, da parte del creditore, dello stato di insolvenza del debitore, sebbene in generale debba essere effettiva e non meramente potenziale, può tuttavia essere provata in via indiretta anche attraverso elementi indiziari attinenti alla conoscibilità dello stato di insolvenza, purché idonei, in quanto dotati dei requisiti della gravità, precisione e concordanza, a fornire la prova per presunzioni della conoscenza effettiva. Ai fini dell'accertamento in questione, deve tenersi conto della qualità e delle specifiche conoscenze tecniche del creditore; in particolare, quando il creditore sia una banca, va considerato il fatto che gli istituti di credito, disponendo di operatori professionali qualificati e di peculiari strumenti conoscitivi, sono in grado di acquisire informazioni sulla situazione patrimoniale ed economica dei propri debitori (specie per quanto concerne l'eventuale assoggettamento a procedure giudiziarie recuperatorie) in modo certamente più puntuale e tempestivo rispetto agli altri creditori. In tema di revocatoria fallimentare di rimesse in conto corrente, effettuate entro l'anno anteriore all'apertura della procedura concorsuale, deve ritenersi che il sistema informativo della Centrale dei rischi consente agli istituti di credito di conoscere elementi indicativi della situazione di insolvenza dei soggetti finanziati, quali la revoca degli affidamenti e (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 43 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it l'emissione di decreti ingiuntivi. Tale sistema è, infatti, regolato da norme di legge e da disposizioni emanate dal Comitato Interministeriale per il Credito e il risparmio e dalla Banca d'Italia e si fonda sull'obbligo posto a carico degli intermediari partecipanti - a pena di sanzioni amministrative pecuniarie previste dall'art. 144 d. lgs. 1 settembre 1993 n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) - di segnalare mensilmente i rapporti di credito superiori a un certo importo in essere con la propria clientela. Da siffatta disciplina, deve quindi dedursi che la segnalazione dei crediti appostati a sofferenza, quali quelli rivenienti da conti affidati revocati o oggetto di iniziative giudiziarie di recupero, è usualmente praticata da tutti gli intermediari creditizi e che un banchiere, anche solo minimamente avveduto, sia solito compulsare tale fonte di informazione prima di concedere o rinnovare l'affidamento a un proprio cliente. (In base a detto principio, la S.C. ha censurato l'affermazione del giudice del merito secondo cui l'assunto della curatela circa la conoscenza, acquisita dalla banca convenuta in revocatoria attraverso la Centrale dei rischi, della revoca degli affidi e della emanazione di decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi nei confronti dello stesso soggetto finanziato, era basata su una "presumptio de presumpto" ossia sulla doppia presunzione che gli istituti bancari avessero effettivamente segnalato alla Centrale dei rischi il passaggio dei loro crediti a sofferenza e che la banca interessata ne fosse venuta a conoscenza debitamente utilizzando tale strumento informativo). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 19 gennaio 2006, n. 1060 (Pres. LOSAVIO – Est. CELENTANO), in Banca e borsa, 2007, II, 565, con nota di G. TERZINI Fallimento – Effetti sugli atti pregiudizievoli ai creditori – Azione revocatoria fallimentare – Atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie – Accreditamento di somme riscosse dalla banca per mandato del cliente – Esclusione della compensazione legale – Rimesse in conto corrente – Natura solutoria – Revoca. (codice civile, artt. 1243, 1853; legge fallimentare, art. 67, comma 1°). Fallimento – Revocatoria fallimentare – Conoscenza da parte del terzo dello stato di insolvenza del debitore – Mezzo anormale di pagamento – Revoca. (codice civile, art. 2729; legge fallimentare, art. 67, comma 1°). L'inclusione da parte di una banca nel conto corrente del cliente di somme ad essa rimesse da terzi, per effetto di mandato all'incasso (sia esso o non "in rem propriam") conferitole dal cliente medesimo, non realizza (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 44 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it un'obbligazione autonoma della banca, ex mandato di rimettere al mandante le somme riscosse, ma, determinando, nell'ambito dell'unitario complesso rapporto di conto corrente, una variazione quantitativa del debito del correntista, non inquadrabile nello schema della compensazione legale che presuppone l'autonomia delle reciproche obbligazioni, configura secondo l'intento pratico perseguito dalle parti, o un atto ripristinatorio della disponibilità del correntista, ovvero un atto direttamente solutorio delle somme mutuate dalla banca al cliente ed addebitate nel conto, con la conseguenza, in questa seconda ipotesi, che, sopravvenuto il fallimento del correntista, quelle rimesse, in quanto atti estintivi di debiti, sono assoggettabili a revocatoria, ai sensi dell'art. 67, comma 2°, l. fall. In tema di revocatoria fallimentare, la qualificazione dell'atto o del negozio o dei negozi collegati come mezzo anormale di pagamento, e la valutazione degli stessi come indici presuntivi di scientia decoctionis, si pongono su piani diversi e rispondono a finalità altrettanto diverse: pertanto, non contrasta con alcuna regola di diritto la possibilità che proprio la singolarità dell'atto e del negozio o dei negozi collegati, le modalità specifiche della loro stipulazione e la sostanziale configurazione degli stessi come mezzo anormale di pagamento siano assunti quali indici della conoscenza dello stato d'insolvenza . CORTE DI CASSAZIONE, Sezioni Unite, 28 marzo 2006, n. 7028 (Pres. aggiunto CARBONE – Pres. di sez. PRESTIPINO – Est. MORELLI), in Giur. comm., 2007, II, 567, con nota di G. GUERRIERI Fallimento – Azione revocatoria fallimentare – Vendita di immobile – Revocabilità – Eventus damni in re ipsa – Coincide con la lesione della par condicio creditorum – Destinazione parziale del prezzo al pagamento di creditore privilegiato – Irrilevanza. (legge fallimentare, art. 67; codice civile, art. 2901). Ai fini della revoca della vendita di propri beni effettuata dall'imprenditore, poi fallito entro un anno, ai sensi dell'art. 67, l. fall., comma 2, l'eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale ed assoluta, all'uscita del bene dalla massa conseguente all'atto di disposizione. Per cui grava, in tal senso, sul curatore il solo onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'acquirente, mentre la circostanza che il prezzo ricavato dalla vendita sia stato utilizzato dall'imprenditore, poi fallito, per pagare un suo creditore privilegiato (eventualmente anche garantito, come nella specie, da ipoteca gravante (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 45 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it sull'immobile compravenduto) non esclude la possibile lesione della par condicio, né fa venir meno l'interesse all'azione da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che anche successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria potrebbero in tesi insinuarsi. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 20 aprile 2006, n. 9306 (Pres. PROTO – Est. NAPPI), in Banca e borsa, 2008, II, 469, con nota di A. BOVE (*). Fallimento – Revocatoria fallimentare – Garanzie – Pegno irregolare. (codice civile, artt. 1241, 1851, 2784; legge fallimentare, artt. 56, 67). In tema di revocatoria fallimentare, nel caso di costituzione in pegno di un certificato di credito, avente natura di titolo al portatore, a garanzia di un’apertura di credito, con riconoscimento alla banca garantita del potere di disporre del titolo, si configura una ipotesi di pegno irregolare, a fronte della quale, ove la banca abbia alienato il titolo soddisfacendosi sul ricavato per quanto dovutole a seguito della revoca dell’affidamento concesso al debitore, poi fallito, l’estinzione del credito vantato dalla banca si sottrae alla revocatoria fallimentare, giacché nel pegno irregolare - il quale implica che il creditore garantito acquisisca la somma portata dal titolo o dal documento, che dovrà restituire, in caso di inadempimento, solo nella parte eccedente l’ammontare del credito garantito - la compensazione costituisce la modalità tipica di esercizio della prelazione. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 21 aprile 2006, n. 9408 (Pres. PROTO – Est. CULTRERA), in Banca e borsa, 2008, II, 329, con nota di E. CARRELLI . Fallimento ed altre procedure concorsuali - Liquidazione coatta amministrativa - Stato d'insolvenza – In genere - Banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa - Stato di insolvenza - Accertamento giudiziario - Momento rilevante Nozione - Venir meno delle condizioni di liquidità e di credito – “Deficit” patrimoniale - Rilevanza preminente - Sussistenza. (d.lgs. n. 385/93, art. 82; r.d. n. 267/42, art. 5) Lo stato di insolvenza di una banca sottoposta a liquidazione coatta amministrativa - la cui sussistenza, ai sensi dell'art. 82, comma 2, d.lg. 1° settembre 1993 n. 385, deve essere riscontrata con riferimento al momento (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 46 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it dell'emanazione del provvedimento di liquidazione - si traduce, sulla base della generale previsione dell'art. 5 l. fall., applicabile in assenza di autonoma definizione, nel venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie per l'espletamento della specifica attività imprenditoriale. La peculiarità dell'attività bancaria - la quale implica che l'impresa che la esercita disponga di molteplici canali di accesso al reperimento di liquidità per impedire la suggestione della corsa ai prelievi fa peraltro sì che assuma particolare rilevanza indiziaria, circa il grado di irreversibilità della crisi, il deficit patrimoniale, che si connota come dato centrale rispetto sia agli inadempimenti che all'eventuale illiquidità. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 25 agosto 2006, n. 18550 (Pres. PROTO – Est. PLENTEDA), in Giur. comm., 2007, II, 567, con nota di G. GUERRIERI Fallimento – Azione revocatoria fallimentare – Pagamento – Revocabilità – Eventus damni in re ipsa – Coincide con la lesione della par condicio creditorum – Prognosi di capienza dell’attivo – Irrilevanza. Fallimento – Azione revocatoria fallimentare – Pagamento a creditore privilegiato – Pronuncia di revoca – Insinuazione ex art. 71 l. fall. – Reviviscenza della prelazione. (legge fallimentare, art. 67; codice civile, art. 2901) Ai fini della revoca del pagamento effettuato dall'imprenditore, poi fallito entro un anno, ai sensi dell'art. 67, comma 2, l. fall., l'eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all'uscita del bene dalla massa conseguente all'atto di disposizione: per cui grava, in tal senso, sul curatore il solo onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'accipiens, mentre la circostanza che il pagamento sia stato effettuato in favore di un creditore privilegiato non esclude la possibile lesione della par condicio, né fa venir meno l'interesse all'azione da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria potrebbero insinuarsi. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 7 ottobre 2006, n. 23275 (Pres. LOSAVIO – Est. SEGRETO), in Banca e borsa, 2008, II, 129, con nota di G.B. BARILLÀ . (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 47 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it Amministrazione straordinaria di imprese in crisi - Garanzie prestate da terzi - Estinzione coattiva - Disciplina dell'estinzione del debito accessorio - Applicabilità. (legge fallimentare, artt. 135, 184, comma 2°; codice civile, art. 1306, comma 2°). Norme applicabili al concordato preventivo e a quello fallimentare -Concordato di imprese soggette ad amministrazione straordinaria di imprese in crisi Insuscettibilità dell'applicazione analogica. (legge fallimentare, artt. 135, 184, comma 2°, 214). Se è indiscutibile la natura non negoziale del concordato previsto dall'art. 214 l. fall., non è affatto vero che l'art. 1306 c.c. escluda l'estensione alle obbligazioni accessorie dell'effetto estintivo dell'obbligazione principale. L'art. 1306 c.c. ribadisce al contrario nel comma 2 il principio di accessorietà, sebbene contemperandolo con il riconoscimento nel comma 1 dei limiti soggettivi del giudicato definiti dall'art. 2909 c.c.; il principio dell'estensione al debito accessorio dell'estinzione del debito principale è applicabile anche nei casi di estinzione coattiva, ed ha quindi una portata generale, cui solo eccezionalmente derogano gli art. 135 comma 2 e 184 l. fall., per il concordato fallimentare e il concordato preventivo. Al concordato delle imprese sottoposte a liquidazione coatta o ad amministrazione straordinaria, disciplinato dall'art. 214 e ss. l. fall., non si applica la disposizione dettata dall'art. 135, comma 2, l. fall., per il concordato fallimentare. Questa norma, infatti, non è richiamata neppure implicitamente dall'art. 214 l. fall., mentre nel sistema della legge fallimentare la disciplina del fallimento si applica alle altre procedure concorsuali solo quando specificamente richiamata. CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 6 dicembre 2006, n. 26154 (Pres. LOSAVIO – Est. NAPPI), in Banca e borsa, 2008, II, 469, con nota di A. BOVE (*). Fallimento – Revocatoria fallimentare – Garanzie – Pegno irregolare –Mandato irrevocabile all’incasso. (codice civile, artt. 1851, 1997, 2784, 2786; legge fallimentare, art. 67). Allorché il contratto di costituzione di pegno riconosca alla banca garantita il potere di disporre dei titoli per soddisfarsi dei propri crediti, si esula dall’ipotesi di pegno regolare, e si rientra, viceversa, nella disciplina, prevista dall’art. 1851 c.c., del pegno irregolare, in base alla quale il (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 48 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it creditore garantito acquisisce la somma portata dal titolo o dal documento, che dovrà restituire al momento dell’adempimento o, in caso di inadempimento, dovrà rendere per quella parte eccedente l’ammontare del credito garantito, determinata in relazione al valore delle cose al tempo della relativa scadenza. Sicché il creditore assistito da pegno irregolare, a differenza di quello assistito da pegno regolare, non può (per carenza di interesse) e non è tenuto ad insinuarsi nel passivo fallimentare, ai sensi dell’art. 53 l. fall., per il soddisfacimento del proprio credito, essendo la compensazione nel pegno irregolare la modalità tipica di esercizio della prelazione. (Nella specie, il pegno - con facoltà della banca di disporre dei titoli che ne costituivano l’oggetto - era stato costituito a garanzia di un aumento straordinario del fido, riconosciuto contestualmente e a termine, sebbene deliberato formalmente alcuni giorni dopo; nell’enunciare il principio di cui in massima, la Corte ha escluso che l’estinzione del debito vantato dalla banca fosse assoggettabile a revocatoria fallimentare). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 28 febbraio 2007, n. 4762 (Pres. ADAMO – Est. RAGONESI), in Banca e borsa, 2008, II, 420, con nota di E. SABATELLI (*). Fallimento ed altre procedure concorsuali – Azione revocatoria – Conoscenza dello stato di insolvenza – Prova –Presunzioni – Ammissibilità – Percezione diretta dei fatti sintomatici Necessità. (codice civile, artt. 2727, 2729; legge fallimentare, art. 67). In tema di azione revocatoria fallimentare, la conoscenza dello stato d’insolvenza dell’imprenditore da parte del terzo contraente deve essere effettiva e non meramente potenziale, assumendo rilievo non già la semplice conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche dell’imprenditore, bensì la concreta situazione psicologica del terzo al momento della stipula dell’atto impugnato, la quale può essere desunta anche da semplici indizi, aventi l’efficacia probatoria delle presunzioni semplici ed in quanto tali soggetti a concreta valutazione da parte del giudice di merito, da compiersi in applicazione degli art. 2727 e 2729 c.c. A tal fine, dovendosi conferire rilievo ai presupposti ed alle condizioni in cui il terzo si è trovato ad operare nella specifica situazione, la circostanza che esso rivesta la qualità di istituto bancario non è di per sé determinante, neppure se correlata al parametro (del tutto teorico) del creditore avveduto, ma viene in considerazione solo in presenza di concreti collegamenti con i sintomi conoscibili dello stato d’insolvenza, quali notizie di stampa, risultanze di bilancio, protesti, procedure esecutive, etc.; è soltanto in quest’ambito, infatti, che può attribuirsi rilevanza anche all’attività (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 49 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it professionale esercitata dal terzo, nonché alle regole di prudenza ed avvedutezza che, indipendentemente da ogni doverosità, caratterizzano concretamente l’operare della categoria di appartenenza. (In applicazione di tale principio, la s.C. ha ritenuto adeguatamente motivata la sentenza impugnata, che aveva desunto la conoscenza dello stato d’insolvenza, oltre che dall’esistenza di ingiunzioni, precetti ed istanze di fallimento, dai rapporti di conto corrente intercorsi direttamente tra la banca ed il fallito). CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I, 12 giugno 2007, n. 13765 (Pres. LOSAVIO – Est. RORDORF), in Giur. comm., 2008, II, 849, con nota di S. MILANESI (*). Società di capitali – Banche – Amministrazione straordinaria – Liquidazione coatta amministrativa – Azione di responsabilità promossa dai commissari straordinari – Autorizzazione della Banca d’Italia – Efficacia – Successione dei commissari liquidatori nell’azione esercitata dai commissari straordinari. (d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, artt. previgenti 72, 5° comma, 84, 5° comma; codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394). Società di capitali – Banche – Liquidazione coatta amministrativa – Azione di responsabilità promossa dai commissari liquidatori – Legittimazione processuale – Poteri. (d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, art. previgente 84, 5° comma; codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394). Società di capitali – Banche – Liquidazione coatta amministrativa – Azione di responsabilità promossa dai commissari liquidatori – Poteri. (d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, art. previgente 84, 5° comma; codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394, 2396). Società di capitali – Banche – Amministrazione straordinaria – Liquidazione coatta amministrativa – Azione sociale di responsabilità – Responsabilità verso i creditori sociali – Natura dell’azione in ambito concorsuale – Proponibilità – Decadenza. (codice civile, artt. previgenti 2392, 2393, 2394; codice di procedura civile, artt. 163, 180, 183). In caso di sottoposizione di istituto di credito ad amministrazione straordinaria, l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità promossa ai sensi dell’art. 72, comma 5, d.lg. n. 385 del 1993, contro i membri dei "disciolti" organi amministrativi e di controllo nonché dei direttori generali, dal commissario straordinario, previa autorizzazione della Banca d’Italia, può essere rivolta anche nei confronti di amministratori, sindaci e direttori generali già cessati dalle funzioni, non riferendosi il termine (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 50 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it "disciolti" esclusivamente alle persone in carica al momento della sottoposizione ad amministrazione straordinaria, ma agli organi sociali nel loro complesso, analogamente a quanto accade nell’azione sociale di responsabilità regolata dal codice civile, indubitabilmente esercitabile anche nei confronti di chi non era più in carica al tempo della citazione in giudizio. In caso di sottoposizione di istituto di credito ad amministrazione straordinaria, l’autorizzazione rilasciata dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 72, comma 5, d.lg. n. 385 del 1993, al commissario straordinario per l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei disciolti organi sociali deve ritenersi comprensiva anche dei direttori generali, in considerazione della vicinanza di tale figura a quella dell’organo amministrativo nell’organizzazione dell’impresa com’è testimoniato dall’applicazione, ex art. 2396 c.c., ai direttori generali della disciplina della responsabilità propria degli amministratori. Il commissario liquidatore di un istituto bancario sottoposto a liquidazione coatta amministrativa che subentra all’amministrazione straordinaria del medesimo ente nel giudizio relativo all’azione di responsabilità nei confronti dei disciolti organi sociali promossa ex art. 2393 c.c., non può, in prima udienza di trattazione, richiedere che venga accertata la responsabilità degli amministratori anche ai sensi dell’art. 2394 c.c. a tutela dei creditori sociali, integrando tale domanda una "mutatio libelli" inammissibile, in considerazione della diversità delle due azioni di responsabilità, l’una regolata dall’art. 2393 c.c. di natura contrattuale, fondata sull’inadempimento dei doveri imposti agli organi sociali dalla legge o dall’atto costitutivo, l’altra, disciplinata dall’art. 2394 c.c. di natura extracontrattuale, priva di carattere surrogatorio e dotata di un autonomo regime giuridico dell’onere della prova e della prescrizione. (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 51 ASSOCIAZIONE GIAN FRANCO CAMPOBASSO per lo studio del Diritto Commerciale e Bancario www.associazionegfcampobasso.it A cura di FEDERICO BRIOLINI Associato nell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara [email protected] FRANCESCO ACCETTELLA Ricercatore nell’Università di Roma “Tor Vergata” [email protected] (*) Indica le citazioni nuove o aggiornate rispetto alla precedente Rassegna. Ultimo aggiornamento: Mercoledì 12 novembre 2008. 52