I.P.
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Vita
Informazioni Tecniche
1
N. 7
LUGLIO 2011
M E N S I L E
D I
I N F O R M A Z I O N E
T E C N I C A
COLLEGIO GEOMETRI E GEOMETRI LAUREATI
DELLA PROVINCIA DI SASSARI
ORGANO UFFICIALE - VIA M. ZANFARINO, 12 - 07100 SASSARI - TEL. 079 278322 - FAX 079 278334
Cartostampa Chiandetti srl - Via Vittorio Veneto - 33010 Reana del Rojale/UD - Reg. Tribunale di Udine - n. 19/2000 del 19 luglio 2000 - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in
Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB UDINE - Anno undicesimo - Periodicità mensile - € 4,00 - Direttore responsabile Luigi Chiandetti
ALGHERO - LA TORRE DEL BOLLO (Foto Geom. Paolo Canu)
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COLLEGIO GEOMETRI
E GEOMETRI LAUREATI
DELLA PROVINCIA DI SASSARI
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Tel. 079 278322 - Fax 079 278334
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Sommario
• Editoriale
3 Mentre noi litighiamo ancora “lenzuolate”
• Vita del Collegio
4 Forum PA Roma 12 maggio 2011
• C.N.G.
6 Esenzione ICI dei fabbricati rurali
• Catasto
8 La dichiarazione di conformità
tra lo stato di fatto dell’immobile che si tratta
nell’atto e la planimetria catastale
10 Impianti fotovoltaici ed eolici nella categoria D/1
del catasto
• Professioni
11 Le successioni - Istruzioni per l’uso
• Sentenza
16 L’abolizione minimi tariffari
non opera in sede di liquidazione
da parte del giudice
• Fisco
16 Come prevenire l’accertamento
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Editoriale
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MENTRE NOI LITIGHIAMO ANCORA “LENZUOLATE”
Il mondo delle libere professioni in fermento
per la ventilata liberalizzazione delle attività intelletuali
di Bruno Razza
- Tratto da: “Dimensione Geometra”, 2011
Mentre noi professionisti tecnici litighiamo tra di
noi all’ultimo coltello per un tozzo di pane, c’è qualcuno che di nascosto (o quasi) pensa addirittura di
trasformarcelo in pane azzimo prima e poi, di togliercelo definitivamente.
Avrete osservato le polemiche di questi giorni per la
manovra finanziaria del Governo, per le norme ad
personam o ad aziendam, per i distinguo della lega,
per le proteste della opposizione, per le urla di Beppe Grillo e di Di Pietro, per le lamentele dei sindacati, per le giustificazioni di Tremonti, i moniti di
Napolitano e così via.
Sono i temi che accompagnano la manovra economica governativa.
Bene direte voi, ma al Geometra che ogni giorno deve pensare a fare il suo piccolo frazionamento, la
sua stima o il suo progettino e soprattutto a farsi
pagare le sue prestazioni professionali, cosa può
fregare di tutto ciò che dell’incomprensibile mondo
politico, riempie i giornali, le radio e le televisioni in
continuazione.
Cosa importerà, al nostro collega (impegnato sotto
il sole a fare un rilievo che non torna, con i clienti
insoddisfatti, con la batteria dello strumento esaurita, con il Catasto ed il Comune che gli fanno soltanto difficoltà), di Berlusconi, di Bersani e di chissà chi ancora, protagonisti della scena politica di
questi giorni.
Poi succede che in un consesso di industriali a
Trieste, arriva la “nostra” Emma Marcegaglia, regina dell’industria Italiana, rappresentante qualificata del mondo imprenditoriale e tutti le chiedono cosa ne pensi della manovra del governo. Dall’alto del
suo ruolo e delle sue indiscutibili qualità carismatiche, persino superiori a quelle dell’ex principe degli industriali ed ora soltanto “capo” della Ferrari
Luca di Montezemolo (oggi anch’egli in attesa di
vincere un qualche gran premio politico che lo porti ancora più in alto di quanto non lo abbia già portato la sua “formula 1”), risponde.
Emma dice che si, potrebbe essere una buona manovra, ma che la politica non ha ancora coraggio di
fare di più,di fare un passo avanti, di cambiare radicalmente la nostra società, sciogliendo finalmente il nodo della “liberalizzazione delle professioni”.
A questo punto, il nostro Geometra trasecola.
Non può più disinteressarsi dei telegiornali e dei loro protagonisti. Si mette attentamente a leggere ed
a cercare di capire cosa voglia dire la “nostra” Emma.
Numero sette
Tutti i giornali hanno riportano che nella manovra
economica del governo, era stata inserita una norma che definiva la completa “deregulation” delle libere professioni, ossia, una norma che ne decretava semplicemente la fine.
Questa notizia "bomba”, ha resistito nel pensiero
dei nostri governanti, per una sola serata, tant’è
che la mattina successiva, il provvedimento, prima
di entrare nel Consiglio dei Ministri, era già stato
stralciato e di lui non c’era più traccia.
Sospiro di sollievo: meno male, si saranno accorti
di quanto questa norma poteva essere assurda, di
quanto avrebbe penalizzato l’attività di cinquecentomila liberi professionisti, dei loro collaboratori a
dipendenti.
Macchè, non è finita così. Non c’è da star tranquilli. Queste idee, vengono da lontano ed ora, continuano.
Derivano infatti dal motto che aveva sorretto le
“lenzuolate” di cinque anni fa ordite da Bersani e
Visco; di quelle “lenzuolate” che ci hanno definitivamente tolto a certezza delle tariffe.
Questo motto era ed è ancora: “liberalizzare”, perché con questa strategia straordinaria, è certo...
che tutti gli italiani staranno meglio.
Tutti i cittadini potranno essere finalmente “liberi”
di iscriversi ad una categoria professionale, senza le
attuali “restrizioni” gli attuali “vincoli” gli attuali
“impedimenti” le attuali “caste” che pullulano (a
detta di qualcuno) il nostro mondo di professionisti.
In realtà, si tratta di una sforbiciata sconclusionate e senza senso, che evita di discutere seriamente
di una riforma certamente necessaria, ma ancora
irrealizzabile, soprattutto perché le professioni non
sanno stare assieme e lavorare tutti per la stessa
causa.
Noi dobbiamo indignarci: ma quali caste, quali impedimenti, quali restrizioni, se ognuno può iscriversi agli Ordini e Collegi, dove e come vuole, esercitando cosa e come vuole. Addirittura in ogni categoria professionale, risulta evidente che gli iscritti
sono di gran lunga più di quelli di cui realmente il
mercato ha bisogno. Ma di che professioni stanno
parlando questi politici? Mah.
Comunque, per ora il pericolo è stato scongiurato,
ma già si dichiara che il governo sta studiando un
“collegato” che dovrà vedere la luce entro l’anno,
nel quale si darà definitivamente una dritta ai perfidi professionisti evasori fiscali, vessatori ed approfittatori dell’ingenua popolazione italiana.
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4
Editoriale
Sono cose da pazzi!
Basti pensare che un Vice ministro incarica (quindi del centro destra), propone oggi questa “deregulation” con enfasi, convinto di star realizzando una
straordinaria riforma. E pensare che fino a ieri il
ministro Alfano, dichiarava ai quattro venti la bontà delle proposte di riforma delle professioni presentategli dalle categorie professionali, che se ne
sarebbe occupato personalmente prima della fine
della legislatura.
Molto probabilmente, sotto a queste novità, c’è
qualcosa di diverso. Vista la difficoltà delle attuali
maggioranza e minoranza, può darsi che si stiano
delineando nuovi accordi e nuove strategie per la
votazione dei provvedimenti in itinere oggi e domani, magari anche con la formazione di nuove alleanze e di nuovi accordi trasversali.
Quindi mentre noi ci lamentiamo per gli attacchi
degli ingegneri alle nostre competenze e gli ingegneri non pensano ad altro che a distruggerci, il
politico di turno riscopre la parola magica “liberalizzazione” e ci frega tutti, applicando anche a noi,
i principi della libertà d’impresa, tanto cari alla
Marcegaglia, ai Montezemolo, un tempo ai Bersani
ed alle sinistre ed ora pare, anche alle destre.
Professionisti dunque senza restrizioni, resi tali
senza esami di abilitazione, in una società che rende libera ogni attività professionale e dopo che l’ha
resa libera, può anche cancellarla.
Purtroppo, bisogna prendere atto che la nostra politica non capisce nulla della nostra realtà. Non conosce la differenza tra il lavoro d’impresa, finalizzato unicamente al profitto, con il lavoro intellettuale,
finalizzato invece alla garanzia della terzietà, nell’interesse dello stato e del cittadino.
Ma questi accordi, non passeranno così facilmente
sopra la testa del mondo professionale, oggi e domani, ancora garanzia di qualità e di progresso per
tutti.
Vita del Collegio
FORUM PA ROMA 12 MAGGIO 2011
Il giorno 12 Maggio 2011, alla
22° edizione del FORUM PA
2011, presso la Fiera di Roma si
è tenuto il convegno intitolato:
“Professionisti e dematerializzazione degli adempimenti”.
All’incontro hanno partecipato
diverse importanti categorie di
professionisti: architetti, geometri e geometri laureati e consulenti del lavoro.
Per il Collegio dei Geometri e
Geometri Laureati della Provincia di Sassari erano presenti il
Tesoriere Geom. Nicola Angelo
Murgia ed il Consigliere Elisabetta Daga.
Il Convegno ha avuto inizio alle
ore l0.00, sono intervenuti: Claudio Bodini - Consiglio Nazionale
dell’Ordine dei dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, Matteo Capuani - Presidente Dip.
Progetto e Innovazione - Consiglio Nazionale Architetti, Antonio Gatto - Presidente Ordine
degli Architetti della Provincia di
Venezia, Pietro Panzetta - Tesoriere Consiglio Nazionale dei
Consulenti del Lavoro, Fausto
Savoldi - Presidente CNG - Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati, Giuliano Vitti Consigliere Collegio Provinciale
geometri e geometri laureati Forlì-Cesena.
L’argomento trattato dai vari relatori è di particolare rilevanza per i
professionisti, in quanto, attraverso una “scrivania comune”,
sulla base del decreto legislativo
n. 235/2010 è possibile trasmettere on-line anche le pratiche edilizie, con riflessi decisivi su costi,
tempistica ed efficienza.
Il Ministro per la Pubblica Amministrazione Renato BRUNETTA
con la nuova riforma ha indicato
come obbiettivo cardine la semplificazione amministrativa e la dematerializzazione dei documenti.
Infatti, attraverso il nuovo codice
di amministrazione digitale le PA
si stanno organizzando affinché
tutti gli uffici pubblici siano in
grado di ricevere e trasmettere
qualsiasi tipo di atto in via telematica.
Numero sette
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A partire dal 25 aprile 2011, così
come previsto dal D.Lgs. n.
235/2010, sono entrate in vigore
le norme che riconoscono ai cittadini e alle imprese il diritto di “richiedere ed ottenere l’uso delle
tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni”, stabiliscono che “ogni
atto e documento può essere trasmesso alle pubbliche amministrazioni con l’uso delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione” e conferiscono piena validità legale all’invio da parte del
cittadino di istanze e comunicazioni alla pubblica amministrazione mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata.
Ancitel SpA (Associazione Nazionale Comuni Italiani), in collaborazione con il Consiglio Nazionale
dei Geometri e dei Geometri Laureati (CNGeGL) e la Cassa Italiana di Previdenza ed Assistenza
dei Geometri Liberi Professionisti
(CIPAG), ha realizzato SIPEM Sistema Informativo Pratiche Edilizie e Monitoraggio, un innovativo
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Vita del Collegio
strumento di gestione e monitoraggio delle pratiche edilizie, utile
sia per i comuni che per i professionisti del settore. SIPEM permette di gestire tutte le istanze
edilizie previste dalla normativa
vigente: dalla Denuncia di Inizio
Attività (DIA) al Permesso di Costruire (PdC), dalla Segnalazione
Certificata di Inizio Attività (SCIA)
alle nuove Comunicazioni di Inizio Lavori (CIL), con e senza asseverazione, nonché le istanze relative al Piano Casa.
SIPEM offre al Professionista i
seguenti plus:
Tramite SIPEM il Professionista potrà scaricare l’attestazione di ricezione PEC, avente
valore legale ai fini della decorrenza dei termini relativi
all’istanza. SIPEM assegna un
identificativo univoco alla cartella elettronica e, dopo la ricezione, il Comune inserisce il
numero di protocollo generale
sul sistema.
L’avvenuta consegna e la protocollazione saranno comunicate tempestivamente sia al
Professionista che al Comune
mediante messaggi di avviso
su posta elettronica ordinaria
e, laddove necessario, da messaggi di PEC; tutte le informazioni saranno comunque sempre disponibili su SIPEM.
1) Predisposizione di una cartella elettronica contenente
l’istanza e la documentazione a corredo.
Il Professionista abilitato, dovutamente incaricato dal cittadino/avente titolo, può predisporre le cartelle elettroniche relative alle singole istanze, in qualsiasi momento,
complete di tutta la documentazione necessaria e apponendo, laddove richiesta, la propria firma digitale sui singoli
documenti per copia conforme o sottoscrizione. Della
stessa fanno parte anche i documenti scansionati e sottoscritti dall’avente titolo cittadino.
3) Pagamenti on line
Il servizio consente di gestire
completamente on line il pagamento al Comune dei diritti
di segreteria e la tariffa SIPEM.
Tali pagamenti possono essere effettuati mediante due diversi canali: il POS Virtuale
predisposto da Ancitel, per il
pagamento della tariffa di servizio, e il canale di GEOWEB,
per il pagamento sia della tariffa di servizio che dei diritti
di segreteria.
2) Invio della cartella, rilascio
di ricevuta e protocollo del
Comune, tutto attraverso
canale certificato.
SIPEM, utilizzando il canale
della Posta Elettronica Certificata (PEC), consente al Professionista di provvedere comodamente e in modo del tutto trasparente alla trasmissione della cartella contenente
l’istanza al Comune, che potrà
accedervi sia tramite il sistema SIPEM stesso, sia tramite
la casella di PEC assegnatagli
gratuitamente da Ancitel all’atto della convenzione.
4) Gestione telematica delle
comunicazioni interprocedimentali con il Comune.
SIPEM, utilizzando il canale
della Posta Elettronica Certificata (PEC), consente al Professionista di gestire tutte le
comunicazioni con il Comune,
incluse le integrazioni documentali, fino alla dichiarazione di fine lavori. Le comunicazioni e i documenti sono archiviati per un periodo di almeno 5 anni dall’inoltro dell’istanza e possono essere
consultati e scaricati in qualsiasi momento.
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5) Supporto tecnico e giuridico - amministrativo.
SIPEM include moduli standard precompilati per le diverse tipologie di istanze e comunicazioni per eventuali ulteriori richieste del Comune
previste dalla normativa locale. Un sistema di help on-line
supporta il professionista in
ogni fase di utilizzo del servizio, a disposizione anche un
manuale utente scaricabile e
consultabile on-line, un servizio informativo sulla normativa in materia edilizia, una sezione FAQ ed un centro assistenza clienti.
Il FORUM PA 2011 si è concluso
con l’intervento del Ministro Renato BRUNETTA, il quale ha annunciato un programma di modernizzazione della PA attraverso
l’utilizzo di tecnologie più avanzate come ad esempio il Cloud
Computing e gli Open Data.
Il Ministro inoltre ha evidenziato
che “Non basta cambiare le leggi,
per consolidare l’innovazione nel
Paese bisogna vincere i freni e le
resistenze e ottenere una risposta pronta anche da parte delle
imprese”.
“Lo Stato ha fatto la sua parte,
ora tocca al mercato. Non basta
aver approvato la norma e neppur aver applicato la sanzione –
ha sottolineato Brunetta – il
cambiamento strutturale non
può che passare attraverso il
processo di partecipazione dei
cittadini e delle imprese alla sfera amministrativa”.
Il Ministro alla chiusura del FORUM, ha inoltre annunciato l’imminente apertura a Torino di un
centro per l’E-gov che si impegnerà ad implementare le tecnologie della PA ed a vincere le resistenze alla modernizzazione.
I RELATORI
Geom. Elisabetta Daga
Geom. Nicola Murgia
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C.N.G.
Consiglio Nazionale
Geometri e Geometri Laureati
Oggetto:
Prot. N. 0008600
del 06/09/2011
ESENZIONE ICI DEI FABBRICATI RURALI
Il decreto cosiddetto “Sviluppo” (D.L. 13 maggio
2011, n. 70 convertito nella Legge n.
106/2011), ha introdotto un nuovo adempimento
per il riconoscimento della ruralità dei fabbricati
accatastati, ai fini della loro esenzione dall’ICI.
Si tratta dei commi 2 bis, ter e quater dell’art. 7
del D.L. citato i quali prevedono:
Comma 2 bis:
la presentazione (da parte dei soggetti interessati) all’Agenzia del Territorio, entro il 30 settembre prossimo, di una domanda di variazione della categoria catastale già assegnata ai
fabbricati censiti, nelle categorie A/6 per le residenze e D/10 per gli immobili ad uso strumentale, ai fini del riconoscimento della loro
ruralità ai sensi del celeberrimo art. 9 del D.L.
n. 557 del 30 dicembre 1993, convertito con
modificazioni, nella L. 26 febbraio 1994, n.
133 e successive modificazioni.
Alla “domanda” deve essere allegata un’autocertificazione dei soggetti interessati, in merito all’esistenza (per i fabbricati in oggetto) da
almeno cinque anni continuativi, dei requisiti
previsti dal D.L. citato, per il riconoscimento
della ruralità.
Comma 2 ter:
la verifica dei requisiti di cui sopra, da parte
dell’Agenzia del Territorio, con convalida entro
il 20 novembre della certificazione prodotta
dalla parte e conseguente riconoscimento della
nuova categoria catastale richiesta. Qualora
l’Amministrazione Finanziaria non si pronunci
entro il 20 novembre, il proprietario potrà assumersi per un anno in via provvisoria, l’attribuzione della nuova categoria catastale, in
una specie di silenzio assenso.
Per contro, l’Agenzia può negare motivatamente l’attribuzione della nuova categoria catastale, per cui il richiedente sarà tenuto al pagamento di tutte le imposte dovute e non versate,
in maniera doppia rispetto a quelle previste
dalla normativa vigente.
Comma 2 quater:
Le modalità operative ed applicative saranno
chiarite da un apposito Decreto Ministeriale,
ancora da emanare, soprattutto per gli accertamenti dell’Agenzia e del Comune.
Questo provvedimento è stato determinato a seguito delle note sentenze della Cassazione, 18565 e
18570 del 21 agosto 2010 e di altre simili, che avevano stabilito la possibilità di concedere l’esenzione
dalle imposte (ICI ed altre) per i soli fabbricati rurali, accatastati e censiti nelle categorie A/6 e D/10.
Tutti sanno però, quanto le sentenze di cui sopra
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siano inadeguate alla realtà delle situazioni di cui
trattasi.
L’Agenzia del Territorio ha formalmente, più volte
ed invano, espresso parere contrario alla norma in
parola, pur comprendendo quanto possa essere difficile ed inopportuno, mettere in discussione una
sentenza della Suprema Corte.
Ma la motivazione dell’Agenzia è indiscutibilmente
e significativamente corretta, specialmente per
quanto riguarda la categoria A/6, ormai soppressa
ed inutilizzata già dal 1993, con una apposita pubblica circolare della stessa Agenzia, dove veniva dichiarata la completa inesistenza sul territorio e
quindi l’anacronistica presenza in banca dati, di
siffatta categoria catastale.
È evidente, peraltro, che la sentenza della Cassazione voleva dare una definizione precisa e puntuale della classificazione catastale, della quale potersi
avvalere al fini di una inequivocabile esenzione fiscale per ruralità. Anche probabilmente riconoscendo la possibilità per i Comuni di incassare l’ICI
dovuta con chiarezza e trasparenza nelle situazioni
di esenzione dubbie e/o discutibili.
Ma la Cassazione, probabilmente, non ha osservato
che la Categoria A/6 non riguarda unità immobiliari “rurali”, ma riguarda invece unità immobiliari
“urbane”, con caratteristiche rurali, che, come detto, nella realtà non esistono più.
Tutte le unità immobiliari catastali sono di fatto
u.i.u. (urbane) ed ancora non esistono le u.i.r. (rurali), per cui, se del caso, bisognerebbe appena istituirle.
In Italia ci sono oltre 1.000 Comuni dove le A/6 non
esistono per nulla nei quadri di classificazione catastale, perché non previste e non esistenti al momento della formazione del Catasto Urbano per cui
anche qui, se del caso, bisognerebbe appena istituirle in questi Comuni.
Le norme catastali intervenute nel tempo, hanno di
fatto equiparato gli accatastamenti dei fabbricati
rurali a quelli urbani, obbligando correttamente le
parti a presentare le relative denunce di accatastamento per tutto l’edificato.
Questo per concretizzare una banca dati catastale
puntuale, precisa, con finalità inventariali, oltreché
fiscali, quindi geometricamente e descrittivamente
coerente e rappresentativa della equità e dello stato
di fatto.
Conseguentemente, anche l’attribuzione delle categorie e delle classi catastali di merito alle singole
unità immobiliari è diventata assolutamente in linea con la corretta rappresentazione delle consistenze, che identificano, ormai in via informatica e
digitale, ogni caratteristica intrinseca ed estrinseca
dell’immobile.
Le indicazioni catastali hanno, ormai da anni, catalogato gli accatastamenti delle costruzioni del
“mondo rurale” in due grandi sezioni, quella delle
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unità immobiliari a destinazione “abitativa” e quella delle unità immobiliari destinate ad “attività produttive agricole”.
Le prime devono essere classate nella categoria ordinaria più rispondente tra quelle presenti nei quadri di qualificazione vigenti.
Le seconde (art. 3 comma 156 della L. n. 662/1996
e relativo regolamento) devono essere censite nella
categoria speciale D/10 “fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole”, considerando poi (come per tutte le unità immobiliari di tipo
D) che questi immobili debbono avere le caratteristiche tipologiche e di destinazione tali da non consentirne destinazioni d’uso diverse da quelle per
cui sono stati edificati, senza radicali interventi di
trasformazione e di modifica.
Per cui quelle unità immobiliari diverse da queste
ultime, che non hanno tali caratteristiche, ma che
sono comunque rurali ad uso produttivo, devono
essere censite nelle categorie ordinarie più consone
(C/2, C/3, C/6, C/7, ecc.).
Per cui le residenze agricole vanno censite nel
gruppo “A” ed i fabbricati strumentali e produttivi
nella categoria “D/10” o nel gruppo “C”.
Per esempio, le cantine, i laboratori, i capannoni
con caratteristiche precipue di fabbricati produttivi
di nuova e consolidata attività agricola aziendale,
sono certamente da accatastare nella recente categoria istituita delle “D/10”, mentre le vecchie stalle, tettoie, ripostigli, magazzini e locali diversi dalle
residenze, magari in compendi rurali antichi e non
autonomi, sono state accatastate e possono esserlo
ancora anche nel gruppo “C”.
Naturalmente, ciò presuppone che qualora esistessero situazioni di esenzione fiscale, queste dovranno essere dimostrate dagli aventi diritto, nelle sedi
più opportune (Agenzia delle Entrate, Uffici comunali dei tributi, ecc.).
Quindi anche i Geometri, ormai autori puntuali di
ogni aggiornamento catastale (nella fattispecie
agricola, non senza difficoltà con il mondo rurale),
hanno ormai da tempo compreso, scelto e praticato, la strada più corretta negli accatastamenti che è
quella indicata dalle norme, dal buon senso e dalla
equità e che consiste nell’accatastare gli immobili
secondo le loro precipue qualità e caratteristiche
intrinseche ed estrinseche, soprattutto nel rispetto
del triangolo della corrispondenza tra edificato, assentito ed accatastato.
Essendo l’Agenzia del Territorio contraria al ripristino od alla istituzione di una apposita categoria
A/6, solamente con finalità di esenzione fiscale
(che rischierebbe di inquinare il lavoro fin qui svolto per la corretta archiviazione inventariale dell’edificato) a tutt’oggi, non ha previsto alcuna modalità
operativa per adempiere alle indicazioni della norma in oggetto, anche perché deve di certo attendere l’emissione del previsto decreto ministeriale.
Quindi ancora non è dato sapere se si tratterà della presentazione di un nuovo DOCFA, magari semplificato, visto che la norma parla di domanda e
non di denuncia o di dichiarazione, oppure di chissà quale altra possibile procedura.
Per cui, non sapendo ancora l’iter procedurale che
potrà essere ufficialmente indicato, è oggi lecito ritenere che si possa e si debba presentare un’istanza generica, allegando l’autocertificazione richiesta.
La cosa più sensata parrebbe, per il momento,
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quella di presentare all’Agenzia ed al Comune, una
semplice ed informale istanza, che chieda il cambio
di categoria delle unità già accatastate nelle A/6 e
nelle D/10, in base alla L. n. 106/2011, ai soli fini
dell’esenzione fiscale.
Questa scelta appare la più opportuna in quanto,
qualora un immobile sia correttamente accatastato, potrà continuare ad esserlo, consentendo contemporaneamente al richiedente ed all’Agenzia, la
possibilità di inserire una apposita annotazione in
banca dati, a chiarimento dell’esenzione fiscale e
della motivazione della evidente disparità di risultanza reddituale, al di fuori dei canoni corretti dell’accatastamento.
Detta annotazione consentirebbe (anche a futura
memoria ed ad eventuate cessazione dei requisiti
soggettivi agricoli dei titolari), che l’immobile possa
e debba rimanere accatastato correttamente.
È appena il caso di sottolineare che la norma in parola riguarda i fabbricati rurali accatastati all’Urbano correttamente e censiti nelle categorie ordinarie puntuali. Quindi non si tratta di accatastare
quelli (per altri motivi o in mora) non ancora accatastati.
Ciò per i tecnici sarà motivo di preoccupazione e di
attrito con la committenza e le organizzazioni di categoria, che ora potrebbero pretendere l’esecuzione
dei loro accatastamenti nelle categorie indicate dalla norma per l’esenzione fiscale, pur nella consapevolezza che le Agenzie del Territorio non potrebbero
accettarle.
Per cui sembra attualmente evidente che la migliore soluzione possa essere la produzione di un apposito DOCFA semplificato, che consenta unicamente una annotazione di merito nella banca dati
catastale, in ossequio alla norma che lo prevede,
eventualmente utile anche per gli immobili ancora
da accatastare oppure in corso di accatastamento.
Rimane l’incognita del termine, al solito troppo ristretto, a causa del quale sarà difficile poter ottemperare in tutti i casi ed in tutte le svariate tipologie
di situazioni esistenti.
Evidentemente la scadenza (fine settembre per
l’istanza di parte e 20 novembre per la verifica dell’Ufficio) mira a garantire la riscossione dell’ICI per
l’anno in corso, che viene pagata in dicembre.
In conclusione, va ribadito che, per ora, nell’interesse della committenza e dei tecnici professionisti,
sembra opportuna la presentazione della sola
istanza generica all’Agenzia e per conoscenza al Comune, che chieda quanto indicato dalla legge, allegando la prevista autocertificazione.
I riferimenti normativi per i requisiti della ruralità,
sono l’art. 9 del D.L. n. 557/93, integrato dal DPR
n. 139/98 e dall’art. 42 bis del D.L. n. 159/2007.
Come noto, questi requisiti riguardano le destinazioni d’uso degli immobili, gli abitanti delle residenze, le attività agricole aziendali che vi si svolgono,
gli elementi reddituali, le superfici dei fondi, i requisiti soggettivi degli imprenditori agricoli, ecc.
Con i migliori saluti.
Il Presidente
Geom. Fausto Savoldi
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Catasto
LA DICHIARAZIONE DI CONFORMITÀ TRA LO STATO DI FATTO
DELL’IMMOBILE CHE SI TRATTA NELL’ATTO E LA PLANIMETRIA CATASTALE
Il Geometra è la figura più adatta ad interpretare il ruolo di certificatore,
nell’interesse della committenza e dei notai
L’attività del Geometra si è molto modificata negli
ultimi anni ed a ciò ha contribuito anche il Catasto,
il quale a partire dagli anni ottanta, ha incominciato a modernizzare ed aggiornare le procedure per la
conservazione e l’aggiornamento dei propri atti.
Tra tutte le categorie professionali, quella dei Geometri è quella più attenta ed interessata alle vicende catastali ed in questo settore, ha acquisito una
competenza ed un’esperienza che sono diventati le
condizioni principali per un corretto aggiornamento della banca dati catastale.
La disponibilità e l’attenzione dei Geometri nei riguardi del Catasto, hanno permesso l’attivazione di
nuove procedure, la modernizzazione degli archivi
ed il pagamento dell’aggiornamento, che è bene
non dimenticare, avviene regolarmente, a spese dei
cittadini, attraverso l’incarico professionale che
conferiscono ai Geometri,
Oggi i Geometri forniscono prestazioni di grande
qualità, assumendosene la responsabilità nei confronti del cliente, ma anche della società.
Quindi il lavoro qualificato dei Geometri, si inserisce a pieno titolo nella necessità dell’ammodernamento del Catasto, nell’allineamento delle banche
dati e nella realizzazione di un inventario degli immobili sempre più preciso e puntuale.
Sono definitivamente finiti tempi in cui il Catasto
veniva considerato come un mero strumento di fiscalità, annebbiato dagli archivi obsoleti e polverosi pieni di inesattezze ed imprecisioni, così come
sono definitivamente finiti i tempi in cui il Geometra, produceva aggiornamenti catastali mirati a
salvaguardare unicamente il risparmio fiscale del
proprio cliente.
I Geometri sono i protagonisti principali dell’aggiornamento del Catasto.
L’articolo 19 della legge 122/2010 ex decreto 78, titola proprio “Aggiornamento del Catasto” e quindi
si tratta del nostro argomento.
La norma contiene diversi aspetti ai quali la categoria dei Geometri è molto interessata e soprattutto, indirizzano le nuove procedure verso la concretizzazione della “civiltà dell’edilizia”, ossia nel rispetto del triangolo della corrispondenza tra edificato, assentito ed accatastato.
Obiettivo questo, ampiamente disatteso in tutta
Italia, per lo meno dal dopoguerra fino agli anni del
condono edilizio.
Con il maturare della cultura ambientalistica e
l’aumento dell’interesse delle nuove generazioni nei
confronti del territorio, ci si è accorti che l’ltalia era
stata ricostruita e forse, anche troppo.
Per cui si è sentita ineludibile, la necessità di ordinare l’intero settore, che stava pericolosamente rotolando verso l’anarchia dell’edilizia, diretta antica-
Numero sette
mera della definitiva compromissione del territorio
e dell’ambiente.
Il Condono edilizio ha dato il via a questa ripresa di
coscienza e le norme che si sono susseguite fino ad
oggi, hanno tutte confermato questa tendenza, rincorrendo sempre con maggior attenzione e responsabilità, la correttezza dei momenti autorizzativi ed
inventariali, nei confronti dell’effettivo edificato.
Il Geometra quotidianamente si imbatte e lavora
per risolvere le problematiche che la norma cerca
di dipanare; si tratta del corretto accatastamento,
della corretta
edificazione e
IMPORTANZA
della garanzia
DEL
CORRETTO
CENSIMENTO
complessiva
DELL’EDIFICATO
che il prodotto “immobile”
INDIPENDENZA CATASTALE
sia
davvero
DALLE NORME URBANISTICHE
un buon prodotto e che
non sia invece una fonte di guai, di spese e di contenziosi per chi lo tratta, in caso d’uso.
Le nuove tecnologie, le nuove procedure e la mole
enorme di pratiche da regolarizzare, hanno ormai
convinto l’Amministrazione a “fidarsi” della responsabile professionalità dei tecnici professionisti
esterni.
I Geometri, non intendono tradire questa fiducia,
anche perché i problemi catastali sono per l’intera
categoria, un’opportunità ed una fonte perpetua di
lavoro.
L’importanza fiscale del Catasto dei Fabbricati si è
concretizzata nei primi anni ‘80, alla scadenza dell’antica esenzione venticinquennale del dopoguerra, che premiava con l’esenzione fiscale tutte le
nuove costruzioni residenziali.
Fino alla valenza dell’esenzione venticinquennale
infatti, il Catasto dei fabbricati non incideva molto
nel panorama della fiscalità nazionale e dunque
per questo, lo Stato non se ne occupava con grande interesse e tale evidente disinteresse, aveva tacitamente consentito l’inventariazione approssimata
di tutto l’edificato, che veniva spesso eseguita in
assenza di criteri rigorosi.
La legge 47/85 del Condono edilizio, ha di fatto rivalutato il Catasto in generale, recuperandone il
grande livello inventariale necessario e qualificando (attraverso il lavoro dei professionisti esterni) la
banca dati immobiliare.
Da quei tempi ad oggi, la rincorsa ad un aggiornamento corretto della banca dati catastali è diventata una necessità, per tutti gli utenti, pubblici e privati. Tant’è che addirittura, le specificazioni tecniche e procedurali intervenute ed in continua implementazione, stanno lentamente trasformando il
Catasto dei Possessori in Catasto dei Proprietari,
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Catasto
attribuendo sempre maggior valenza e certezza alle
iscrizioni catastali, tanto da avvicinare il sistema
del Catasto Italiano alla probatorietà.
Oggi, essendo i protagonisti principali dell’aggiornamento catastale, siamo pronti ad attestare la
conformità dello stato di fatto con la situazione catastale dell’immobile e ce ne assumiamo la responsabilità.
Questa responsabile competenza, si concretizza in
una dichiarazione di conformità resa sulla base
delle disposizioni vigenti in materia catastale.
Oggi, ma la norma ancora non lo impone, potremmo certificare anche la conformità edilizio/urbanistica, anche se di fatto, già lo facciamo, quasi ovunque.
La responsabile presenza del Geometra nelle pieghe dell’atto di trasferimento di un immobile, è un
fatto tecnico significativo che può e deve diventare
uno strumento di garanzia indispensabile per i notai per le agenzie immobiliari, per i cittadini e per
chiunque tratti gli immobili, nel cosiddetto “caso
d’uso”.
Statisticamente è provato che come minimo con ricorrenza trentennale, gli immobili vengono trattati,
per compravendita, per successione, per divisione,
per demolizione, ristrutturazione, o altro e questo,
è il momento più significativo per la concretizzazione del “caso d’uso”.
Nel “caso d’uso” si evidenzia la necessità di “sistemare” tutte le procedure, le pratiche e le attività
tecniche che possono e debbono garantire la commerciabilità del bene nel rispetto della legge 47/85,
ma anche la corrispondenza catastale, edilizia ed
urbanistica dello stato di fatto, a tutela dei proprietari venditori e soprattutto acquirenti.
Questa “sistemazione” preventiva e propedeutica
all’atto, impone le conoscenze tecniche necessarie,
ma anche quelle dei luoghi e delle persone, caratteristica precipua del Geometra, conosciuto da tutti e
che a sua volta egli stesso, conosce tutti.
Questa “sistemazione” è indispensabile e doverosa
ovunque nel tempo, siano state alterate le situazioni immobiliari approvate e denunciate, in assenza
di una convincente ed efficace “regolarizzazione”.
Le incoerenze che debbono essere sanate prima
dell’atto, sono principalmente quelle che hanno
comportato una modifica della consistenza dell’immobile e quindi, anche della rendita catastale e
conseguentemente, anche del valore catastale.
Normalmente i casi più significativi riguardano gli
immobili realizzati antecedentemente all’entrata in
vigore della legge 47/85, quando le variazioni e le
autorizzazioni non avevano grande significato ed
erano comunemente tollerate, anche in assenza di
normative specifiche.
È infatti del tutto evidente che gli immobili costruiti dopo, a partire dagli anni novanta, hanno una
maggior certezza di conformità rispetto ai progetti,
alle autorizzazioni, alle certificazioni, alle verifiche
e quando sono stati costruiti, generalmente hanno
rispettato i canoni e le norme previste oppure, sono
stati certamente oggetto di più accurati controlli,
rispetto al passato.
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Invece i fabbricati costruiti negli anni sessanta e
settanta, spesso scontano autorizzazioni edilizie incerte ed a volte incoerenti, varianti non presentate,
accatastamenti approssimati, censimenti presentati in Catasto sulla scorta del solo progetto originario, agibilità incoerenti rilasciate com’era d’uso
corrente quasi ovunque con semplicistica approssimazione e cose del genere.
Per questi immobili, i proprietari, magari inconsciamente, ritengono e spesso in buona fede, che i
loro immobili siano completamente a posto, mentre
in realtà, non lo sono per nulla.
Quindi né i proprietari, né i notai, né tantomeno le
agenzie immobiliari possono essere in grado di individuare con certezza la corrispondenza richiesta
oggi dalla norma e cioè, se veramente il fabbricato
che si sta trattando, sia stato costruito in conformità di quanto accatastato.
Spostamenti, modifiche, ampliamenti, demolizioni,
ammodernamenti ed adeguamenti, molto spesso
sono stati eseguiti in assenza di procedure tecniche
autorizzative e spesso si è ritenuto superfluo se
non addirittura inutile, aggiornare il Catasto con
queste modificazioni semplici e per molti ritenute
insignificanti.
In altri casi, gli aggiornamenti non sono stati eseguiti soltanto per evitare l’inasprimento fiscale che
si temeva, oppure per la semplice necessità di non
dover sostenere ulteriori spese tecniche.
Ma non si tratta di verificare unicamente la puntualità della planimetria dell’accatastamento presso il Catasto dei Fabbricati. Doverosamente il controllo deve riguardare anche la situazione “di mappa” dove molto spesso le difformità grafiche sono
ignorate e non considerate importanti. In realtà le
difformità mappali sono molto gravi, poiché contribuiscono a determinare un dannoso disallineamento delle banche dati, oltreché un deprorevole
scadimento della valenza cartografica della mappa
e della consistenza dei beni, che si ripercuote negativamente anche sui diritti colà rappresentati.
Di tutto ciò noi esperti del settore, ce ne accorgiamo ogni giorno, nei nostri studi, nel nostro lavoro,
nella nostra conoscenza dei luoghi e delle persone,
nei rapporti interpersonali con i clienti e nella conoscenza delle procedure e degli atti.
È quindi del tutto evidente come il Geometra, sia la
figura tecnica migliore per attestare la conformità
oggi richiesta, liberando da questa incombenza i
notai e soprattutto le parti, spesso troppo inconsapevoli, per essere dotti a sottoscrivere a cuor leggero, una dichiarazione così impegnativa.
Per cui il Geometra offre alla “civiltà dell’edilizia” il
proprio lavoro, che diventa una garanzia di competenza e di professionalità.
Il Geometra, rapportandosi con equilibrio tra la
committenza e le norme, deve saper andare con la
propria consulenza, ben oltre alla semplice conoscenza degli estremi delle concessioni edilizie o della visura catastale, proprio grazie alla diretta e capillare conoscenza approfondita di tutto l’edificato,
di tutti gli edificatori e dell’intero territorio.
Le norme per l’accatastamento prevedono anche la
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Catasto
corretta identificazione in mappa dei fabbricati, che
ormai, sono tutti da accatastare, senza eccezione
alcuna, siano nuovi, ristrutturati, demoliti, ampliati o comunque soggetti al “caso d’uso”.
Nemmeno i fabbricati rurali sono più esentabili da
questa necessaria inventariazione (nonostante la
comprensibile resistenza delle organizzazioni sindacali agricole), proprio perché ormai l’accatastamento diventa prioritariamente un fatto di civiltà
dell’inventariazione, prima di essere un mero fatto
fiscale.
Anche i fabbricati rurali vanno accatastati, poiché
l’unica condizione che può permettere l’esenzione
da questo obbligo, è quella che gli stessi siano già
correttamente introdotti in mappa al Catasto dei
Terreni. Tutti sanno che esistono migliaia di immobili censiti nelle categorie A/5 (ultrapopolari) ed
A/6 (rurali), categorie che non rappresentano più
la realtà dell’edificato e basterebbe il buon senso,
oltre alla volontà di trasparenza ed equità, ad evidenziarne la necessità di procedere con i dovuti aggiornamenti.
Il Catasto conserva un grandissimo numero di fabbricati non correttamente accatastati, in danno in
primo luogo degli stessi proprietari (acquirenti o
venditori che siano), della pubblicità immobiliare
indispensabile in una moderna società, per non
parlare poi, del danno erariale derivato dall’evidente evasione fiscale che questo comporta.
In questo momento, la norma di cui trattiamo, diventa una grande opportunità per il cittadino e per
la pubblica amministrazione, al fine di aggiornare
compiutamente la banca dati catastale ed affinare
puntualmente un’archivio ed un sistema che aspira a diventare l’inventario più importante dello Stato.
La possibilità offerta dalla norma in parola, di avvalersi (nell’atto di trasferimento dei diritti degli immobili) di una apposita attestazione di un tecnico
abilitato in materia catastale, potrebbe essere considerata a ragione una necessità se non addirittura
un obbligo, anche per la specifica consulenza tecnica che il professionista può fornire al fine di fugare dubbi e perplessità al Notaio rogante.
Quando il Geometra si rende conto che la conformità può essere dichiarata, lo consiglia alle parti ed
al Notaio, oppure la redige personalmente o addirittura potrebbe attestarla in atto.
Per contro è evidente che, qualora il Geometra incaricato si accorgesse dell’esistenza di incongruenze che impediscano la corretta certificazione, si trova egli stesso nelle condizioni ideali per attivare
tutte le procedure possibili e redigere tutti gli atti
necessari, per fare in modo di poter poi certificare
responsabilmente, l’agognata corrispondenza.
La conformità della planimetria catastale allo stato
di fatto dell’immobile, diventa così un passo fondamentale nella crescita complessiva di tutti gli operatori (pubblici e privati) nella “civiltà dell’edilizia”
dove tutti possono riconoscersi con soddisfazione,
senza temere sanzioni, contenziosi e difficoltà.
IMPIANTI FOTOVOLTAICI ED EOLICI
NELLA CATEGORIA D/1 DEL CATASTO
Opifici, produttori di rendita, soggetti all’Ici: le nuove regole del catasto
Anche i moduli fotovoltaici saranno soggetti all’accatastamento. Lo stabilisce l’Agenzia
del Territorio, secondo cui gli impianti fotovoltaici ed eolici devono essere accatastati nella
categoria D/1, “opifici”, con attribuzione di rendita. Con la risoluzione n. 3/T del 6 novembre 2008, i moduli fotovoltaici sono definiti “unità immobiliari”, pertanto, una volta costruita la centrale solare sulla copertura di un edificio, è necessario accatastare in primis il lastrico solare, attribuendogli rendita pari a zero.
Quando l’impianto è completo, deve essere iscritto nel catasto nella categoria D/1 con rendita pari a circa 2 euro per metro quadro.
Se invece l’impianto è realizzato a terra, la superficie rientra nella classifica di “ente urbano”,
il reddito è pari a zero e l’impianto segue le stesse regole su indicate.
Questa stessa procedura di accatastamento, riguarda anche gli impianti realizzati dagli imprenditori agricoli sui loro terreni. La rendita del terreno su cui poggia l’impianto è azzerata e l’impianto è iscritto nella categoria D/1.
In questo modo, però, sugli impianti scatta l’imponibilità dell’Ici, da cui sono esenti soltanto impianti di piccole dimensioni situati sugli edifici, destinati alla produzione di energia elettrica a fini domestici.
L’imponibilità ci è valida anche per i generatori di energia da fonte eolica, in quanto considerato opificio, oggetto di due circolari dell’Agenzia del Territorio, la n. 4/T/06 e la 14/T/07.
La produzione di energia è considerata fonte di reddito.
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Professione
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LE SUCCESSIONI - ISTRUZIONI PER L’USO
da “Il Geometra Veronese”, marzo 2011
Il sistema della successione ereditaria nell’ordinamento giuridico italiano è disegnato in funzione
della massima tutela degli stretti familiari del
defunto. Non solo questo accade quando la
successione si apre senza che l’interessato abbia
lasciato il testamento (ambito nel quale capeggia la
regola secondo cui l’eredità si devolve ai familiari
più prossimi), ma anche quando il de cuius
intenda beneficiare con donazione o con lascito
testamentario uno o più soggetti bisogna tener
conto della regola per la quale queste attribuzioni
non possono avere la conseguenza di limitare o
annullare quanto la legge riserva d’obbligo al
coniuge e ai figli.
È poi da considerare che quando si parla di
“famiglia” del de cuius si allude solamente al
concetto di famiglia “tradizionale” o “adottiva”: in
altri termini, nella legge ereditaria non ha spazio
il riconoscimento di aggregazioni non fondate sui
rapporti di matrimonio o di sangue, a meno che
non si tratti di rapporti adottivi.
L’unico cedimento che la legge ha consentito
rispetto alla rigidità della “legittima” è quello
derivato, in nome della continuità dell’impresa
nonostante la morte dell’imprenditore, dalla legge
55/2006, che ha introdotto il “patto di famiglia”,
contratto con il quale l’imprenditore trasferisce
l’azienda a taluno dei suoi discendenti e costoro, in
cambio, compensano gli altri familiari partecipanti
alla stipula del patto. Il pregio di questa formula è
che il patto di famiglia non può essere messo in
discussione dopo la morte del de cuius, nel caso in
cui il valore delle attribuzioni ricevute da coloro che
hanno partecipato al patto non sia in linea con
quanto loro spetterebbe applicando le ordinarie
regole che disciplinano la quota di legittima. In altri
termini, la stipula del patto di famiglia consente,
senza timore di contestazioni, di destinare la
proprietà dell’azienda con sufficiente anticipo
rispetto alla successione ereditaria dell’imprenditore e di individuare per tempo il soggetto che ne
assumerà la guida una volta che l’imprenditore
abbia passato la mano.
L’ACCETTAZIONE
L’OK ESPLICITO...
Il chiamato all’eredità può formulare la sua
accettazione in forma espressa, e cioè mediante un
atto (normalmente notarile) nel quale dichiara di
accettare l’eredità o assume la qualità di erede.
...E QUELLO TACITO
L’accettazione può avvenire anche in forma tacita,
mediante il compimento di un atto che presuppone
la volontà di accettare e che non si avrebbe il
diritto di compiere se non nella qualità di erede. Si
Numero sette
pensi all’erede che vende un bene nella
consapevolezza che era di proprietà del defunto.
L’ALTRA OPZIONE
La legge considera erede anche il chiamato
all’eredità che, essendo nel “possesso” dei beni
ereditari, non formula, entro tre mesi dall’apertura
della successione, una dichiarazione di rinuncia
all’eredità o di accettazione con beneficio di
inventario.
È il caso dei familiari conviventi con il defunto che
continuano ad abitare nella casa già di proprietà
del defunto o che continuano ad utilizzare beni che
gli appartenevano.
LE QUESTIONI PATRIMONIALI
CHI SUCCEDE
Succedono al defunto “eredi” o “legatari”. L’erede
subentra nell’intero patrimonio del de cuius o in
una quota di esso; il legatario consegue singoli beni
(ad esempio; una casa).
I DEBITI
L’erede risponde dei debiti del defunto anche in
misura superiore al valore dei beni ereditati. Il
legatario non risponde, di regola, dei debiti
ereditari e la sua responsabilità è limitata al valore
dei beni che gli sono stati attribuiti.
L’ACCETTAZIONE
Mentre il legatario consegue il legato automaticamente, per il solo fatto dell’apertura della
successione (con la morte del de cuius), l’erede
diviene tale solo con la sua accettazione
dell’eredità: proprio perché risponde anche dei
debiti del defunto, la legge richiede una
manifestazione di volontà.
Il legatario invece consegue di regola un beneficio
e quindi la sua volontà di accettare si presume
(comunque egli è sempre libero di rinunciare al
legato).
LA RINUNCIA
IL BIVIO
Il chiamato all’eredità che teme di dover rispondere
dei debiti del defunto ha due strade:
1) la rinuncia all’eredità (che si effettua con atto
notarile o con atto ricevuto da un cancelliere del
tribunale);
2) l’accettazione con beneficio di inventario
(sempre con atto notarile o in tribunale).
IL BENEFICIO DI INVENTARIO
La procedura di beneficio di inventario (che
presuppone la formazione dell’inventario dei
rapporti attivi e passivi del defunto) serve a
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Professione
identificare i debiti del de cuius e a destinare
l’attivo ereditario a soddisfare tali debiti.
L’ATTIVO
Se l’attivo è sufficiente, ciò che residua dopo il
pagamento dei creditori viene incamerato
dall’erede; se l’attivo è insufficiente, i creditori
rimangono insoddisfatti delle loro ragioni e l’erede
non vede il proprio patrimonio intaccato dalle loro
pretese.
Se invece l’erede accetta l’eredità senza il beneficio
di inventario, le pretese dei creditori possono
dirigersi verso il suo patrimonio, anche al di là dei
beni che componevano l’eredità.
IL PATRIMONIO IN UNA FIRMA
Nel nostro ordinamento non è consentito designare
i beneficiari di una successione ereditaria e
individuare le attribuzioni patrimoniali a loro
favore se non mediante testamento. In mancanza,
l’individuazione degli eredi è disposta direttamente
dalla legge (si tratta delle regole della successione
legittima).
Il Codice civile comprime la libertà di disporre
della propria eredità mediante testamento, e ciò
per effetto dalle regole della “successione
necessaria”, vale a dire le norme che impongono di
riversare a favore di determinati stretti congiunti
una rilevante quota di patrimonio (la “legittima”).
Per tanto non si può, mediante donazione o
testamento, violare le norme sulla quota di
legittima e quando si redige un testamento queste
regole vanno tenute presenti per evitare di creare
situazioni conflittuali tra gli eredi. Il testamento
non è irreversibile, anzi, è in qualsiasi momento
revocabile in quanto la legge consente che il
testatore possa mutare la propria volontà fino
all’ultimo minuto della sua vita.
La revoca può avvenire sia in forma esplicita (e ciò
redigendo un nuovo testamento e indicando che il
precedente testamento deve appunto considerarsi
revocato), sia in forma tacita: nella misura in cui il
nuovo testamento sia in tutto o in parte incompatibile
con il testamento precedente, questo deve
corrispondentemente intendersi in tutto o in parte
abrogato. Le principali forme di testamento ammesse
dalla legge sono tre: il testamento “olografo”, il
testamento “pubblico” e il testamento “segreto”.
Il testamento olografo è la forma più facile,
economica e riservata, in quanto richiede solo tre
requisiti: che il testo sia per intero scritto a mano
dal testatore, che il testatore scriva la data in cui
redige il testamento e che il testatore apponga la
propria firma alla fine delle sue disposizioni. Il
pregio è quindi la semplicità; i punti critici sono
invece quelli dell’assenza della guida di uno
specialista e della reperibilità del testamento dopo
la morte del de cuius. A tali difetti rimedia il
testamento pubblico, che è un testamento
necessariamente redatto da un notaio: in questo
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caso non solo il testatore beneficia dell’assistenza
di un esperto della materia per la confezione del
testamento, ma anche dell’obbligo del notaio di
conservare il testamento con la massima diligenza
nel tempo.
A cavallo tra il testamento pubblico e il testamento
olografo sta il testamento segreto: si tratta di un
foglio scritto (a mano o a macchina) dal testatore che
può essere consegnato in una busta a un notaio.
NIENTE TASSE PER UN MILIONE A TESTA
L’incremento patrimoniale di cui eredi e legatari
beneficiano per effetto della trasmissione patrimoniale a seguito dell’apertura di una successione
ereditaria provoca l’emersione di materia fiscalmente imponibile e, in particolare, l’applicazione
dell’imposta di successione nonché, se nell’asse
ereditario sono presenti beni immobili, dell’imposte
ipotecarie e catastali.
L’entità dell’imposta di successione dipende dal più
o meno stretto rapporto di familiarità tra il defunto
e i suoi successori. Infatti:
• Se si tratta di successioni tra coniugi o parenti in
linea retta, l’aliquota è del 4 per cento;
• Se si tratta di successioni tra fratelli e sorelle
oppure tra gli altri parenti fino al quarto grado
(ad esempio, tra zio e nipote o tra cugini), tra
affini in linea retta oppure tra affini in linea
collaterale fino al terzo grado, l’aliquota sale al 6
per cento;
• In ogni altro caso, l’aliquota è attestata all’8 per
cento.
Occorre in oltre precisare che, nel caso di
successione tra coniugi o parenti in linea retta, ogni
successore beneficia della franchigia di un milione
di euro: in altri termini, se il defunto lascia il
coniuge e due figli, il valore imponibile dell’eredità
è tassato solo se si supera la soglia di 3 milioni di
euro. Nel caso della successione tra fratelli e sorelle,
la franchigia è invece fissata in 100 mila euro.
Se già dall’analisi di aliquote e franchigie si nota
che l’imposizione successoria in Italia è
particolarmente affievolita, questa considerazione
diventa ancor più fondata quando si prende in
esame la base imponibile cui queste aliquote vanno
applicate. Infatti, mentre il denaro liquido va
considerato per il suo valore nominale e i titoli
quotati vanno considerati per il loro valore di
mercato, per altri beni la legge concede notevoli
agevolazioni:
a) gli immobili vanno infatti considerati al valore
catastale (fatta eccezione per le aree edificabili,
che devono essere valutate con il loro valore di
mercato); su tale valore catastale occorre anche
applicare l’imposta ipotecaria (con l’aliquota del
2 per cento) e l’imposta catastale (con l’aliquota
dell’1 per cento) che però degradano a 168 euro
ciascuna se l’erede beneficia dell’agevolazione
“prima casa”;
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Professione
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A CIASCUNO IL SUO
Come viene attribuito agli eredi legittimi il patrimonio del defunto in assenza di testamento
LA QUOTA
CHE SPETTA
LA QUOTA
CHE SPETTA
Coniuge
Tutta
Coniuge divorziato
Nessuna quota (*)
Coniuge più un figlio
Metà al coniuge; metà al figlio
Un figlio
Tutta
Coniuge più due
o più figli
Un terzo al coniuge; due terzi da
dividersi in parti uguali tra i figli
Due o più figli
Suddivisione in parti uguali tra
tutti i figli
Coniuge più fratelli
e/o fratelli
Due terzi al coniuge;
un terzo da dividersi in parti
uguali tra le sorelle e i fratelli
germani (entrambi i genitori in
comune), a quelli unilaterali
spetta la metà della quota che
spetta a ciascuno dei germani
Un figlio o più due
nipoti (figli di un
secondo figlio morto
prima dei genitori)
Metà al figlio;
un quarto al primo nipote;
un quarto al secondo nipote
Coniuge più un
nipote (figlio di un
fratello o di una
sorella defunti)
Due terzi al coniuge;
un terzo al nipote
Padre più madre
Metà al padre;
metà alla madre
Coniuge più
entrambi i genitori
Due terzi al coniuge;
un sesto al padre,
un sesto alla madre
Un genitore soltanto
Tutta
Due terzi al coniuge;
un terzo al genitore
Nonni paterni
più nonni materni o
altri ascendenti
Metà agli ascendenti paterni;
metà agli ascendenti materni (se
nella linea paterna o materna c’è
solo un ascendente, a questi va
ugualmente metà dell’eredità
Nonni più bisnonni
(senza coniuge, né
figli; genitori, fratelli
e/o sorelle o loro
ascendenti)
Tutta al nonno o ai nipoti
superstiti, in quanto l’eredità
è devoluta all’ascendente
di grado più vicino senza
distinzioni di linea
Fratelli e/o sorelle
(senza coniuge, né
figli o genitori)
Suddivisione in parti uguali tra
tutti (fratelli e sorelle unilaterali
hanno diritto a metà della quota
spettante ai germani)
Coniuge più genitori
Un terzo ai genitori;
due terzi al coniuge
Altri parenti
Tutta ai parenti più prossimi di
grado, senza distinzioni di linea;
in caso di più parenti dello stesso
grado, si suddivida in parti uguali;
se non ci sono parenti entro il
sesto grado, l’eredità va allo Stato
Coniuge più un solo
genitore
Due terzi al coniuge;
un dodicesimo ai
Coniuge più genitori
fratelli o alle sorelle
o altri ascendenti più
(da dividersi in parti uguali tra
fratelli e/o sorelle
tutti); tre dodicesimi ai genitori o
agli altri ascendenti
Coniuge separato:
* cui non è stata
addebitata la
Stesse quote spettanti al coniuge
separazione con
non separato
sentenza passata in
giudizio (*)
Assegno vitalizio, se al momento
dell’apertura della successione
* cui è stata
godeva degli alimenti a carico del
addebitata la
coniuge decaduto
separazione con
sentenza passata in
giudizio (*)
(*) Può però aver
diritto ad una parte
della pensione di
reversibilità o a un
vitalizio
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Professione
b) gli immobili soggetti a vincolo storico/artistico
sono esenti da imposta di successione;
c) le quote di società appartenute al defunto e
l’azienda individuale che era condotta dal
defunto vanno considerate per il valore del loro
patrimonio netto contabile;
d) i titoli di Stato sono esenti da imposta di
successione;
e) le quote di fondo comune di investimento
mobiliare vanno considerate al loro valore
corrente, percentualmente diminuito in misura
pari al “peso” percentuale che, nel patrimonio
del fondo, hanno i titoli di Stato.
SUCCESSIONE NECESSARIA
Il Codice civile riserva necessariamente (cioè senza
possibilità di eccezioni) a determinati strettissimi
congiunti (coniuge, discendenti e ascendenti, detti
legittimari o eredi necessari) una rilevante quota
dell’asse ereditario, che il de cuius durante la sua
vita non può intaccare né con donazioni, né con la
redazione di un testamento nel quale i predetti
congiunti siano preteriti (cioè dimenticati) o
addirittura diseredati. Nel redigere il proprio
testamento il de cuius è dunque pienamente libero
solamente con riguardo a una quota del suo
patrimonio (chiamata “quota disponibile”, in
contrapposizione a quella destinata necessariamente ai suoi stretti congiunti, e perciò
denominata “quota riservata” o “legittima”).
Beninteso, le donazioni e il testamento che ledano
i diritti dei legittimari (o eredi necessari) non sono
invalidi o inefficaci: questi atti sono pienamente
validi fino al momento in cui l’erede legittimario
pretermesso (cioè dimenticato) o leso o diseredato
non agiscano in giudizio con la cosiddetta azione
di riduzione delle donazioni o delle disposizioni
testamentarie lesive della quota di legittima, al
fine di conseguire appunto la quota loro spettante.
Le persone a favore delle quali la legge riserva una
quota di eredità sono: il coniuge, i discendenti e, in
mancanza di discendenti, gli ascendenti.
Al coniuge è riservata la metà del patrimonio del de
cuius, se non vi è concorso con i figli.
La quota si riduce in caso di concorso con i figli e
precisamente a un terzo del patrimonio nel caso di
concorso con un solo figlio e a un quarto nel caso
di concorso con più figli. Nel caso di concorso con
ascendenti legittimi, la quota del coniuge rimane
invece sempre pari alla metà dell’asse ereditario. Al
coniuge superstite, anche se concorre con gli altri
chiamati, sono sempre riservati i diritti di
abitazione sulla casa adibita a residenza familiare
e di uso sui mobili che la corredano. A favore dei
figli legittimi e naturali, se non vi è concorso con
il coniuge, è riservata la metà del patrimonio se il
genitore lascia un figlio solo; se i figli sono più di
uno, è loro riservata una quota di due terzi del
patrimonio ereditario da dividersi in parti uguali.
Numero sette
Gli ascendenti legittimi (genitori, nonni, bisnonni
eccetera) sono eredi necessari qualora il defunto
non lasci figli legittimi o naturali. Se infine gli
ascendenti non sono di grado uguale, l’eredità è
devoluta al più vicino, senza distinzione di linea.
SUCCESSIONE LEGITTIMA
Le successioni regolate da un testamento nella
realtà pratica sono assai poche, segno che è
generalmente apprezzata la disciplina contenuta
nel Codice civile per ripartire tra gli eredi del
patrimonio ereditario nel caso in cui il testamento
non c’è. La successione legittima si fonda sulla
presunzione che, se il defunto avesse lasciato un
testamento, avrebbe molto probabilmente disposto
dei suoi beni in favore dei suoi familiari più vicini.
Questa presunzione, tuttavia, non può operare
fino a limiti eccessivi, e cioè quando il rapporto di
parentela sia talmente labile da far ritenere che
nessun contatto vi fosse tra il defunto e i parenti
tanto lontani. È quindi per questo motivo che il
Codice civile dispone che, se il de cuius non ha
parenti entro il sesto grado, l’intero suo patrimonio
si devolve allo Stato. Coloro che succedono per
successione legittima si dicono "eredi legittimi";
sull’utilizzo di questa espressione bisogna però
fare attenzione, in quanto gli eredi legittimi non
vanno confusi con i "legittimari", e cioè con coloro
cui la legge necessariamente riserva una quota
del patrimonio ereditario e che possono impugnare
le donazioni e le disposizioni testamentarie con le
quali il de cuius abbia violato questa riserva.
La confusione è generata anche dal fatto che
spesso la qualità di erede legittimo e di erede
legittimario coincidono.
Vediamo l’esempio che segue per chiarire le idee:
Mario, sposato con due figli, era proprietario di
cinque appartamenti, di pressoché identico valore;
immaginiamo che Mario abbia donato, durante la
propria vita, quattro di questi appartamenti al figlio
Giovanni e che nella sua successione sia rimasto
solo il quinto appartamento; immaginiamo anche
che Mario sia deceduto senza lasciare testamento e
che nel patrimonio del defunto non ci sia altro che
questo appartamento.
L’appartamento oggetto di eredità, in applicazione
delle regole della successione legittima, dovrebbe
essere suddiviso tra il coniuge superstite e i due
figli per un terzo ciascuno (si tratta di eredi
legittimi); tuttavia, avendo il figlio Giovanni già
ricevuto ben più della sua quota di riserva (pari a
un quarto del valore dei cinque appartamenti) egli
non solo non concorre alla eredità sul quinto
appartamento ma pure deve ridare alla madre e al
fratello (anch’essi eredi legittimari) una parte di
quanto gli è stato donato affinché conseguano la
loro quota di legittima, e cioè almeno un quarto del
valore dei cinque appartamenti.
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Sentenza
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L’ABOLIZIONE MINIMI TARIFFARI
NON OPERA IN SEDE DI LIQUIDAZIONE DA PARTE DEL GIUDICE
Geom. Mocchi Luciano - Fonte: “PROFESSIONE GEOMETRA” dell’Associazione Nazionale Donne Geometra
La Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 7293 del 30 marzo 2011,
ha stabilito che l’eliminazione dei minimi tariffari disposta dall’art. 2 del d.l. n. 223 del 2006
opera tra cliente e professionista, ma non anche in sede di liquidazione da parte del giudice in
ossequio al principio della soccombenza.
La Corte ha anche precisato che, in tema di liquidazione di spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione degli onorari, in misura inferiore a quelli esposti, ma ha l’onere di dare adeguata
motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata.
Ordinanza n. 7293 del 30 marzo 2011
Ritenuto che la Sig.ra X impugna per cassazione,
con ricorso notificato al Comune di Y, la sentenza
n. 15325, depositata il 9 luglio 2009, con la quale il
Tribunale di Y ha accolto l’appello da lei proposto
avverso la pronuncia del Giudice di pace di Y, che
aveva accolto la sua opposizione a cartella esattoriale e tuttavia aveva compensato le spese di lite;
che, con la sentenza impugnata, il Tribunale di Y,
ha accolto il gravame, perché la statuizione di compensazione era del tutto immotivata, e, in applicazione del principio della soccombenza, ha condannato il Comune al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate complessivamente
in euro 280,00 oltre oneri, avuto riguardo alla natura del procedimento; che la ricorrente propone
due motivi di ricorso; che, con il primo, deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 1 d.m. 8 aprile
2004, n. 127 e dell’art. 4 del capo I delle tariffe ad
esso allegate, dolendosi del fatto che il Tribunale
abbia derogato ai minimi degli onorari e dei diritti
fissati dalla tariffa professionale; che, con il secondo motivo, la ricorrente deduce nuovamente violazione o falsa applicazione dell’art. 1 d.m. 8 aprile
2004, n. 127 e dell’art. 4 del capo I delle tariffe ad
esso allegate, dolendosi del fatto che il Tribunale
abbia ridotto le somme esposte nella nota spese depositata senza illustrare le ragioni ditale riduzione;
che l’intimato Comune di Y resiste con contro ricorso; che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. Civ., che è stata comunicata alle parti e al Pubblico Ministero.
Rilevato che il relatore designato, nella relazione
depositata il 10 novembre 2010 e comunicata alle
parti e al Pubblico Ministero, ha formulato la seguente proposta di decisione:
“Deve preliminarmente essere disattesa l’eccezione
di inammissibilità del ricorso per inidoneità dei
quesiti di diritto formulati a conclusione di entrambi i motivi di ricorso.
La sentenza impugnata è infatti stata depositata il
9 luglio 2009 ed è quindi soggetta all’applicazione
della legge n. 69 del 2009 – entrata in vigore il 4 lu-
Numero sette
glio 2009 e applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma
5, alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la
pubblicazione, depositato successivamente alla
detta data in entrata in vigore – la quale ha disposto l’abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. Civ.
Il ricorso è fondato.
Non può infatti essere condivisa la tesi del Comune
di Y, secondo cui sarebbe venuta meno l’obbligatorietà dei minimi tariffari con riferimento alla liquidazione giudiziale delle spese di lite.
Se è vero, infatti, che, il d.l. n. 223 del 2006 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del
2006), ha disposto all’art. 2, comma 1, che, “In
conformità a principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle
persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare
agli utenti un’effettiva facoltà di scelta nell’esercizio
dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali: a) l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al
raggiungimento degli obiettivi perseguiti”, è altresì
vero che al comma 2 il medesimo articolo dispone
che “Sono fatte salve le disposizioni riguardanti
l’esercizio delle professioni reso nell’ambito del Servizio sanitario nazionale o in rapporto convenzionale con lo stesso, nonché le eventuali tariffe massime prefissate in via generale a tutela degli utenti. Il
giudice provvede alla liquidazione delle spese di
giudizio e dei compensi professionali, in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, sulla
base della tariffa professionale”.
Risulta quindi evidente che l’abolizione dei minimi
tariffari può operare nei rapporti tra professionista
e cliente, ma l’esistenza della tariffa mantiene la
propria efficacia allorquando il giudice debba procedere alla regolamentazione delle spese del giudizio in applicazione del criterio della soccombenza.
Nel caso di specie, il Tribunale di Y è incorso nelle
denunciate violazioni sia perché ha liquidato cu-
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Sentenza
mulativamente le spese del giudizio di primo e di
secondo grado, sia perché la misura complessivamente liquidata appare lesiva delle tariffe professionali specificate nel ricorso, sia infine perché lo
scostamento dalla nota spese depositata dal difensore non è sorretto da alcuna motivazione. In tema
di liquidazione di spese processuali, infatti, il giudice, in presenza d’una nota specifica prodotta dalla
parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale
determinazione dei diritti di procuratore e degli
onorari di avvocato, in misura inferiore a quelli
esposti, ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui
operata. E il Tribunale si è limitato a determinare
gli onorari, in misura onnicomprensiva, in considerazione della natura del procedimento, adottando
cioè – contrariamente a quanto sostenuto dal Comune – un provvedimento inidoneo a dare conto
della scelta operata (Cass., n. 14563 del 2008).
Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazio-
ne del ricorso in camera di consiglio, perché il ricorso è manifestamente fondato.
Considerato che il Collegio condivide la proposta di
decisione ora richiamata, alla quale non sono state
rivolte critiche di sorta; che la sentenza impugnata
va quindi cassata in relazione ai motivi accolti, con
rinvio al Tribunale di Roma che, in diversa composizione, provvederà a nuova determinazione delle
spese del giudizio di primo grado e di quello di appello, oltre che alla regolamentazione delle spese
del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Y in diversa composizione.
Così deciso in Y, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 dicembre 2010.
Fisco
COME PREVENIRE L’ACCERTAMENTO
Lettere del Fisco per prevenire l’accertamento da redditometro
I destinatari delle missive dell’Agenzia delle Entrate, sono quei contribuenti che hanno lasciato traccia, nelle diverse banche dati a
disposizione dei controlli fiscali, di spese sostenute nel 2009
notevolmente superiori – di almeno un quinto (20%) – alle
entrate dichiarate.
L’Agenzia si è avvalsa di dati estrapolati dall’anagrafe tributaria,
dai database del Catasto, dell’Inps e dell’Inail.
Si chiede al contribuente di verificare i dati esposti nella lettera e:
- nel caso di errori, comunicarli ai centri di assistenza via web o telefono;
- in caso di infedeli dichiarazioni, ravvedersi entro il 30 settembre 2011 (le sanzioni saranno quelle stabilite prima della legge 122/2010 pari a un decimo del
minimo, ex lett. b) dell’art. 13 del D.Lgs. 472/97, non ad un ottavo come riportato nella lettera);
- in caso di spiegazioni diverse, fornirle nell’eventuale accertamento (non è automatico per i destinatari).
È da segnalare che in molti casi il campanello d’allarme del Fisco è costituito dal
possesso di un immobile, anche quando il forte scostamento è palesemente giustificato: una casalinga, dunque un contribuente senza reddito, si è vista recapitare
la lettera in oggetto per il fatto di aver avuto intestata metà della casa comprata dal
marito nel 2009.
Giugno 2011
Numero sette
LUGLIO 2011
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luglio 2011 - Collegio Geometri e Geometri Laureati di Sassari