Quel “Posto Occupato” dall’Altra Metà del Cielo
Per l’8 Marzo dinnanzi la Sede Alpina un drappo rosso sopra una sedia vuota contro la violenza
sulle donne e una gerla per ricordare le Portatrici Carniche nel Centenario della Grande Guerra
Questa sedia vuota è per Sara, questa sedia vuota è per Maria, questa sedia vuota è per
Melita, per Giovanna e per Rosa, questa sedia vuota è per Laura, Gabriella e Anna … . E di
nomi ne potremmo elencare ancora tanti, tantissimi, centinaia e centinaia, perché è spaventosamente lungo l’elenco dei nomi delle donne che sono state vi$ime di violenza e oggi
non ci sono più. Il 2013 in Italia è stato l’anno peggiore di sempre, con 179 femminicidi registrati, e il
2014 si allontana di solo poche decine da questo numero agghiacciante. Il posto che loro occupavano
oggi è vuoto e niente e nessuno potrà colmarlo. Questa sedia ci deve ricordare che queste donne non
sono solo un numero, loro sono sorelle, mogli, madri e amiche di chi ora è straziato dall’assenza, da
un silenzio assordante, da gesti che non potranno mai più essere. Questo simbolo rappresenta proprio tu$o ciò. E’ il sorriso di tua figlia che ti faceva sognare e che non rivedrai mai più, è il caffè della
domenica ma$ina che ti veniva preparato da tua moglie e che d’ora in poi non avrà lo stesso profumo, è il bacio della buonano$e che un bimbo la sera nella sua camere$a non riceverà e quel bacio gli
mancherà per sempre. Quindi quel vuoto non è solo il vuoto fisico che la loro morte ha lasciato, ma è
tu$o quello che una donna può dare e dà nel corso della sua esistenza a chi gli sta accanto. Quel vuoto è la vita che è stata strappata via. Strappata via da un mostro, da chi si è preso un diri$o che nessuno può avere. Una donna non è una cosa che può essere tenuta o bu$ata, perché nessuno possiede
nessun’altro. Nessun essere umano può scegliere di far cessare una vita a suo piacimento. Non ci
sono motivazioni o a$enuanti che tengano. Non si ha mai il diri$o di maltra$are, so$ome$ere, vio-
Le Portatrici Carniche della Grande Guerra
Tra il 1915 e il 1917 la Zona Carnia che va dal Monte Peralba (sorgenti del Piave) a
Montemaggiore (sorgenti del Natisone), con le Valli dell’Alto Tagliamento, del Degano,
del But e della Fella era considerata di vitale importanza nella strategia della guerra.
Nella sottosettore dell’Alto But e in Val Chiarsò operava un contingente di 10-12 mila
soldati che ogni giorno dovevano essere riforniti di munizioni, medicinali, materiali di
rafforzamento delle posizioni. I magazzini e i depositi militari erano dislocati a fondo
valle e in mancanza di mulattiere il trasporto avveniva quasi esclusivamente a spalla.
Accogliendo il suggerimento del curato don Floreano Dorotea (prè Florio) il Comando
Logistico della zona rivolse un appello alla popolazione civile per sostituire le migliaia di
soldati impegnati come portatori. Ma nei paesi gli uomini validi erano tutti al fronte ed
allora le donne risposero in massa. Da Timau e da Cleulis, frazioni di Paluzza in provin- Maria Plozner Mentil
(1884-1916)
cia di Udine, risposero in un centinaio e in breve tempo se ne aggiunsero molte altre
(archivio Associazione
arrivando a formare una folta schiera di portatrici che superava le 2000 unità. Questo
Nazionale Alpini)
numeroso gruppo di donne, di età compresa tra i 12 e i 60 anni, diede un supporto insostituibile ai soldati. Inizialmente chiamate “trasportatrici”, non vennero sottoposte alla disciplina militare, ma si
imposero autonomamente un codice di comportamento ispirato alla fedele e scrupolosa osservanza del gravoso
impegno assunto. Vennero munite di un libretto personale di lavoro, sul quale venivano registrati dai militari addetti ai vari magazzini, tutti i viaggi compiuti e i materiali trasportati. Ognuna di queste ausiliarie venne inoltre
dotata di un bracciale rosso con stampigliato il numero del reparto per il quale lavorava. Tutti i giorni all’alba,
anche se in caso di emergenza potevano essere chiamate a qualsiasi ora del giorno e della notte, le portatrici
dovevano presentarsi ai magazzini e depositi disposti a fondo valle, su una estensione di circa sei chilometri; le
gerle, svuotate delle messi e dei generi di necessità per casa e stalla, venivano riempite di munizioni, provviste e
altri materiali, per un peso che poteva raggiungere i trenta-quaranta chili. Caricata la gerla in spalla, partivano a
gruppi di 15-20, senza apposite guide, e percorso qualche chilometro in fondo valle, cominciavano la scalata alla
montagna dirigendosi ogni gruppo, a raggiera, verso la linea del fronte. Le donne accompagnavano l’avanzata
con preghiere e canti, che nascevano spontanei per vincere la paura provocata da spari e granate. Alcune ne
approfittavano anche per lavorare a maglia, con i ferri da calza, a memoria. Quando finalmente giungevano a
destinazione, indubbiamente provate dalla marcia, scaricavano la gerla e si concedevano un breve riposo, durante il quale riferivano magari le novità del paese agli Alpini, in maggioranza di reclutamento locale, e raccoglie-
lentare o uccidere … mai. La violenza purtroppo è nascosta ovunque, a volte è un amore rifiutato, a volte è un fidanzato geloso e insicuro a volte è un padre o un marito
che non acce$ano che chi vive con loro possa avere una
personalità propria. Troppo spesso la violenza nasce proprio tra le mura domestiche e ha il volto di chi dovrebbe
amarci e proteggerci. Un sondaggio condo$o tra il 2010 e il
2014 ci consegna un altro terrificante numero. Una donna
su tre tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica. Ma come
è possibile? Perché? Davvero c’è un numero così alto di
uomini che vengono sopraffa$i dalla frustrazione? Davvero sono così tanti quelli incapaci di reagire con dignità ad
un rifiuto? Così tanti coloro che non hanno imparato a gestire uno scontro? Quelli così ignobili da sentirsi potenti
solo con la violenza? La risposta purtroppo è “sì”. Un “sì” amarissimo che dovrebbe portarci a rifle$ere ogni giorno su dove sia il senso di valore e rispe$o per la vita stessa. E allora, questa sedia
vuota è per Yara, questa sedia vuota è per Manuela, questa sedia vuota è per Veronica, Federica e
Francesca, questa sedia vuota è per Isabella, Marika e Stella … . Questa sedia vuota è anche per te
Chiara. Dolcissima Chiara. Tu che una sedia invece la occupi ancora, ma purtroppo si tra$a di una
sedia a rotelle. Te ne stai lì con i tuoi occhi belli e grandi, aperti e sgranati, per tu$o il giorno. Senza
poterti più muovere, senza poter più parlare. I medici dicono che hai l’80% del cervello danneggiato
e che solo un miracolo potrebbe restituirti la vita vera. L’uomo con il quale vivevi non ha saputo acvano nelle gerle il vestiario che doveva essere
lavato. Si rimettevano poi in marcia per tornare
a valle, dove le attendevano la cura della famiglia, nonché il governo della casa e della stalla.
E il processo si ripeteva uguale il giorno successivo. Ogni viaggio veniva compensato con una
lira e cinquanta centesimi, pagate una volta al
mese, ma va detto che la maggior parte delle
portatrici era mossa dall’amor di Patria. Ad ulteriore riprova di questa dedizione vale la pena
menzionare gli avvenimenti del 26 e 27 marzo
1916, quando, durante i violentissimi attacchi
nemici che portarono alla perdita del Pal Piccolo
e alla sua sofferta riconquista, le donne di Timau chiesero agli artiglieri di poter dare il loro
Gruppo di portatrici di ritorno dalla prima linea nel 1916
(archivio Associazione Nazionale Alpini)
contributo servendo ai pezzi di artiglieria, e persino di essere tutte armate di fucile. Pur non
concretizzatosi, il loro gesto rincuorò i combattenti, suscitandone l’ammirato riconoscimento. Sono diverse, infatti, le donne rimaste ferite nell’adempimento dei loro compiti. Una di queste, Maria Plozner Mentil,
Mentil di 32 anni,
madre di quattro bambini e con il marito combattente su un altro fronte, giunta con il suo carico fino alla Casera
Malpasso, sopra Timau, il 15 febbraio 1916 fu colpita a morte da un cecchino austriaco. Soccorsa, venne trasportata dagli Alpini a valle nell’ospedaletto da campo di Paluzza, nella vana speranza di salvarle la vita. La salma fu sepolta nel cimitero di Paluzza, per poi essere traslata nel 1937 nel Tempio Ossario di Timau, accanto a
quelle degli oltre 1.700 soldati caduti combattendo sul fronte sovrastante. Un ulteriore segno di riconoscimento
per queste donne si ebbe nel 1956, quando venne intitolata a Maria Plozner Mentil la caserma degli Alpini di
Paluzza,, unica in Italia a portare il nome di una donna. Nel 1997 l’allora Presidente della Repubblica, Oscar
Luigi Scalfaro,
Scalfaro si recò nel paesino carnico per una cerimonia celebrativa delle portatrici, nel corso della quale
appuntò di persona al petto della figlia di Maria Plozner Mentil,
Mentil Dorina,
Dorina la medaglia d’oro al valor militare conferita in memoria alla madre. L’ultima portatrice carnica,, Lina Della Pietra,
Pietra nativa di Zovello, una frazione del comune di Ravascletto, in provincia di Udine, è scomparsa nel novembre 2005, all’età di 104 anni. (1)
(1) Informazioni tratte dal web
ce$are l’interruzione di una relazione che aveva già dato segni di violenza. Tu, colpevole di avere il
diri$o di scegliere. Chi diceva di amarti ti ha rido$a in fin di vita massacrandoti di bo$e. Un vegetale
per il resto dei tuoi giorni. “Un omicidio con respiro” come ricorda in una intervista il tuo papà. Ma a
nulla sono serviti i suoi forti e commoventi appelli. A nulla le numerose fiaccolate per te. Al tuo ex
fidanzato nel novembre 2015 la legge riduce la pena perché sei sopravvissuta. Perché il tuo corpo la
sedia la occupa ancora. Peccato che l’essenza della tua vita invece non c’è più, strappata via come
quella delle altre donne. E se la legge a volte è così insensata cosa possiamo fare davanti a questa impotenza? Come madri, padri, zii, nonni … insegnare alle nostre figlie che se lui non
acce$a un “no” allora non è amore e ai nostri figli che un vero uomo è chi sa perdere
con dignità. Affinché scarpe rosse siano solo indossate e accompagnate magari da un
bel vestito. E affinché la sedia vuota sia solo per dieci minuti, al ristorante, giusto perché si sa, alle donne piace farsi a$endere.
Annalisa Riva
(Operatrice teatrale)
WOMAN
by John Lennon
(1980)
DONNA
di John Lennon
(1980)
Woman is the nigger of the world
Yes she is...think about it
Woman is the nigger of the world
Think about it... do something about it
La donna è la negra del mondo
Sì lo è… pensaci
La donna è la negra del mondo
Pensaci… fa’ qualcosa in proposito
We make her paint her face and dance
If she won't be a slave, we say that she don't love us
If she's real, we say she's trying to be a man
While putting her down, we pretend that she's above us
La costringiamo a dipingersi la faccia e a ballare
Se non vuole essere una schiava, le diciamo che non ci ama
Se è vera, le diciamo che cerca di essere un uomo
Mentre la umiliamo, fingiamo che ci si sia superiore
Woman is the nigger of the world... yes she is
If you don't believe me, take a look at the one you're with
Woman is the slave of the slaves
Ah, yeah... better scream about it
La donna è la negra del mondo… sì lo è
Se non mi credi, dà un’occhiata a quella con cui stai
La donna è la schiava degli schiavi
Ah, sì… meglio che tu lo gridi forte
We make her bear and raise our children
And then we leave her flat for being a fat old mother hen
We tell her home is the only place she should be
Then we complain that she's too unworldly to be our friend
La costringiamo a portare in grembo e allevare i nostri figli
E poi la lasciamo avvilita perché è diventata una femmina vecchia
e grassa
Le diciamo che a casa è l’unico posto dove deve stare
E poi ci lamentiamo che è troppo ingenua per esserci amica
Woman is the nigger of the world... yes she is
If you don't believe me, take a look at the one you're with
Woman is the slave to the slaves
Yeah...alright...hit it!
La donna è la negra del mondo… sì lo è
Se non mi credi, dà un’occhiata a quella con cui stai
La donna è la schiava degli schiavi
Sì… va bene… pensaci!
We insult her every day on TV
And wonder why she has no guts or confidence
When she's young we kill her will to be free
While telling her not to be so smart
We put her down for being so dumb
La insultiamo tutti i giorni in TV
E ci meravigliamo perché non ha coraggio o fiducia
Quando è giovane uccidiamo la sua voglia di essere libera
Mentre le diciamo di non essere così brillante
La disprezziamo per essere così stupida
Woman is the nigger of the world
Yes she is... if you don't believe me,
Take a look at the one you're with
Woman is the slave to the slaves
Yes she is...if you believe me, you better scream about it
La donna è la negra del mondo
Sì lo è… se non mi credi
Dà un’occhiata a quella con cui stai
La donna è la schiava degli schiavi
Sì lo è… se mi credi, è meglio che tu lo grida forte
We make her paint her face and dance
We make her paint her face and dance
We make her paint her face and dance
We make her paint her face and dance
We make her paint her face and dance
We make her paint her face and dance
La costringiamo a dipingersi la faccia e a ballare
La costringiamo a dipingersi la faccia e a ballare
La costringiamo a dipingersi la faccia e a ballare
La costringiamo a dipingersi la faccia e a ballare
La costringiamo a dipingersi la faccia e a ballare
La costringiamo a dipingersi la faccia e a ballare
Traduzione tratta dal web
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Giornalino 2015 - Gruppo Alpini Carvico