MICHELE GIRARDI FONTI FRANCESI DEL FALSTAFF E ALCUNI ASPETTI DI DRAMMATURGIA MUSICALE1 Counterfeit? I lie, I am no counterfeit. To die is to be a counterfeit, for he is but the counterfeit of a man who hath not the life of a man. But to counterfeit dying when a man thereby live is to be no counterfeit, but the true and perfect image of life indeed. (W. SHAKESPEARE, The History of Henry the Fourth, V.5, 113-118). Il contributo di Boito alla realizzazione del Falstaff presenta multiformi aspetti. Scopo di questo saggio è di fornire una sintetica chiave di lettura del rapporto fra il libretto e le sue fonti letterarie esaminando soprattutto le due parti di Henry the Fourth, e solo marginalmente le Merry Wives of Windsor di Shakespeare - e di riservare qualche considerazione agli effetti che versi e situazioni ideate dallartista padovano ebbero sulla musica di Verdi. Motiva ulteriormente questindagine la convinzione che la drammaturgia musicale dellultimo capolavoro del Maestro di Busseto sia fortemente determinata Questo articolo è basato su una copia con annotazioni autografe di Boito di cui si darà ampiamente conto nel testo: Oeuvres complètes / de / W. Shakespeare / traduites par / FrançoisVictor Hugo / Tome troisième / Paris / Alfonse Lemerre, Éditeur / 27-31, Passage Choiseul, 27-31, s.d. (ma 1871 e segg.) [= HUGO], contenente la prima (pp. 1-149) e la seconda parte (pp. 153-320) dellHenry IV. Nellappendice 1 i brani del testo utilizzati da Boito vengono confrontati col libretto del Falstaff edito da Ricordi (cop. 1893): i riferimenti in grassetto sono rivolti alla prima (I) o seconda parte (II), alla scena - la traduzione francese non segue la divisione in atti - e al numero di pagina; sulla stessa linea i riferimenti alloriginale inglese sono tratti da The History of Henry the Fourth (= 1 HIV) e da The Second Part of Henry the Fourth (= 2 HIV ), in William Shakespeare / The complete Works, ed. by S. Wells and G. Taylor, Clarendon Press, Oxford 1988. Nellappendice 2 sono trascritti ampi stralci dalla stessa fonte francese verso cui Boito dimostrò un particolare interesse. Infine lappendice 3 (Il testo originale) contiene i versi di Shakespeare dellappendice 1, seguendo lordine di atti e scene dei due drammi. Il rimando alla parte dellopera in cui sono stati inseriti dovrebbe chiarificare ulteriormente il lavoro di collage attuato da Boito. Ringrazio amici e colleghi che hanno letto la prima stesura di questo articolo contribuendo, con preziosi suggerimenti, a migliorarlo: Julian Budden, Marisa Casati, Maria Luisa Franco, Giovanni Morelli, Pierluigi Petrobelli, Harold Powers, Alessandro Roccatagliati, Alison Terbell Nikitopoulos. 1 396 MICHELE GIRARDI dalle scelte di Boito, e che una ricerca vòlta a chiarire lapproccio preliminare a Shakespeare sia necessaria per comprendere meglio lopera. Peraltro un nuovo articolo su questo argomento avrebbe poco senso, visto che il tema è già stato trattato in modo stimolante, se non fosse basato su documenti sinora poco conosciuti.2 Piero Nardi aveva rilevato fin dal 1942, nella sua biografia di Boito, come questi conoscesse poco la lingua inglese.3 Nardi fu molto preciso nellindicare le competenze linguistiche dellartista, e dunque da oltre mezzo secolo il dato era a disposizione degli studiosi italiani. Mentre qualsiasi lettore di lingua inglese avrebbe dovuto valutare attentamente la ben nota testimonianza della cantante Blanche Roosevelt, che aveva parlato a lungo con Boito durante il banchetto in occasione della prima assoluta di Otello. Pur sostenendo la buona 2 Lindagine specifica piú dettagliata è quella condotta da James Hepokoski nel suo Giuseppe Verdi. Falstaff, Cambridge University Press, Cambridge 1983 («Cambridge Opera Handbooks»), in particolare al capitolo The Forging of the Libretto, pp. 19-34; molto ampio è anche lo spazio che, nel capitolo relativo allopera, Julian Budden dedica al rapporto fra Shakespeare e Boito, contestualmente allanalisi musicale. Cfr. J. BUDDEN, The Operas of Verdi, 3 voll., London, Cassell 1973-1978 (rev. edit.: Clarendon Press, Oxford 1992, «Clarendon Paperbaks»); trad. it.: Le opere di Verdi, Torino, Edt/Musica 1985-1988, vol. III, Da Don Carlos a Falstaff, pp. 435-561. Entrambi gli studiosi hanno valutato con pari acume il rapporto con la fonte direttamente sul testo inglese. Hepokoski stesso, in uno studio successivo riguardante la genesi librettistica dellOtello, mostra di conoscere la biblioteca di Boito di cui si parlerà poco oltre. Le sue attenzioni sono rivolte peraltro alla copia di Othello nella traduzione di Victor Hugo fils conservata presso il museo teatrale alla Scala (Oeuvres complètes / de William Shakespeare, François-Victor Hugo traducteur, première edition, Paris, Pagnerre, 1859-1864, 14 voll., ma cfr. nota 10) «Containing personal underlinings, markings, and general reactions, it was, as we shall see, the practical working source of the Otello libretto». Cfr. J. HEPOKOSKI, Boito and F.-V. Hugos «Magnificent Translation»: A Study in the Genesis of the Otello libretto, in Reading Opera, ed. by A. Groos and R. Parker, Princeton University Press, Princeton 1988, pp. 34-59: 40. Cfr. inoltre J. HEPOKOSKI, Giuseppe Verdi. Otello, Cambridge University Press, Cambridge 1987 («Cambridge Opera Handbooks»). 3 P. NARDI, Vita di Arrigo Boito, Mondadori, Verona 1942, p. 566. Il problema delle reali conoscenze linguistiche di Boito è stato ampiamente dibattuto nelle giornate di questo convegno, specie in relazione alle traduzioni da Shakespeare approntate per la Duse e altri grandi attori: per ognuna di esse Boito poté utilizzare la versione di Victor Hugo fils. Piú spinoso il problema delle traduzioni dal tedesco, e soprattutto delle opere di Wagner pubblicate da Lucca e successivamente da Ricordi, per la cui soluzione si è ipotizzato un rapporto di conoscenza diretta con la lingua. Mentre la traduzione francese del Tristano e Isotta era correntemente disponibile (oltre a quella dalloriginale di Zanardini) non erano note versioni francesi del Rienzi (rappresentato a Venezia in prima italiana nel 1874). In realtà lo spartito francese era disponibile FONTI FRANCESI DEL FALSTAFF 397 capacità di comprensione dellinglese da parte del letterato, la giornalista cita una frase del suo interlocutore, che affermava di aver capito appieno Shakespeare soprattutto grazie alla «magnifica traduzione di François Hugo».4 Nelle lettere scambiate con Verdi piú volte si parla di «controlli» sul testo originale, ma sono tutti miranti a chiarire problemi metrici. Il librettista esortò Verdi a rivolgersi alla competenza di Giuseppina Strepponi sulla specifica questione dellaccento sulla penultima dei bisillabi inglesi, da «Windsor» a «Falstaff» - e si ricordi la confessione epistolare di Boito di aver infranto coscientemente questo principio in funzione musicale nello scrivere «Quandero paggio del Duca di Norfòlk».5 Nardi poté studiare la biblioteca lasciata da Boito in eredità al senatore Albertini, e indicò genericamente in una traduzione francese la fonte per Otello e Falstaff .6 Ora gran parte di questi volumi, dopo vicende travagliate trascinatesi negli anni, sono custoditi presso il Conservatorio di Parma, dove curatori sensibili hanno cercato pazientemente di ricostruire lambiente di lavoro del letterato padovano. - e si veda R. WAGNER, Rienzi, opéra en cinq actes [...], Traduction française de Ch. Nuitter et J. Guilliaume, Partition chant et piano, G. Flaxland, Paris [1869] (copia è reperibile presso la British Library, segnatura F 530A). In effetti la traduzione di Boito aveva destato piú duna perplessità negli specialisti - e si vedano le dure critiche di Guido Manacorda: «non posso non esprimere meraviglia e dolore, che Arrigo Boito abbia apposto il proprio nome, altamente e giustamente onorato, sotto quellindecorosa raffazzonatura, per non dire sciagurato macello, che è il libretto italiano del Rienzi» (Riccardo Wagner / Rienzi, versione, introduzione e commento di G. Manacorda, Firenze, Sansoni 1919, p. XV). Proprio il ricorso alla versione di Nuitter spiegherebbe differenze e riduzioni testuali altrimenti difficilmente giustificabili. La cultura francese, dunque, rappresentava per Boito un tramite indispensabile per accostarsi alle piú diverse realtà culturali. 4 BL. ROOSEVELT, Verdi: Milan and Othello, London, Ward and Downey 1887, p. 240. Unaffermazione che va dunque al di là della semplice rivendicazione di competenza linguistica, e indica chiaramente lopera di mediazione estetica di quella traduzione. 5 Cfr. Carteggio Verdi-Boito, a cura di M. Medici e M. Conati, 2 voll., Parma, Istituto di studi verdiani 1978, I, lettera n. 162 [22 o 29 marzo 1891], pp. 181-2. 6 «Non è esatto quanto si è piú volte affermato, chegli [Boito] leggesse tutto negli originali. Pel libretto del Mefistofele, per esempio, si serviva di una traduzione francese, di cui si conservano pagine, segnate e annotate allo scopo fra le carte di lui. Pei libretti dellOtello e del Falstaff, ricorreva ancora a traduzioni francesi, come possono far fede esemplari, pure segnati 398 MICHELE GIRARDI Nello studio di Boito la presenza delle opere di Shakespeare è massiccia, e ben tre sono le edizioni integrali del suo teatro e delle poesie in lingua inglese. La piú antica risale al 1854, la seconda al 1883, lultima, in formato tascabile, è databile agli anni novanta.7 Boito aveva labitudine di segnare con precisione e puntiglio i passi che utilizzava, o semplicemente studiava, ricorrendo a linee a matita e piú raramente a penna poste lateralmente al testo, ad accenti circonflessi, a sottolineature di periodi e frasi. Il volume del 1854 reca scarne annotazioni su The Merchant of Venice e pochi appunti su Othello, ledizione tascabile è intonsa, mentre quella del 1883 porta sottolineature sulle Merry Wives of Windsor, ma solo per poche battute allinizio del primo atto e nella quinta scena del secondo, questultime riguardanti la reazione di Falstaff alla beffa del Tamigi.8 e annotati allo scopo, che ho potuti esaminare [...]» (P. NARDI, op. cit., p. 566). Hepokoski scrive che «The existence of this volume with Boitos markings was first noted - briefly - by Piero Nardi [...]. Nardi mentions that Boitos copies of the Hugo translations of The Merry Wives of Windsor and the two parts of Henry IV also contain marginal annotations and were the immediate sources of the Falstaff libretto. Those plays, however, are less thoroughly marked than is Othello; moreover, some non-Verdian Shakespearian plays are similary annotated. Whether the Hugo translations played the same role in the creation of Falstaff, then, remains uncertain.» (J. HEPOKOSKI, The genesis cit., p. 41, n. 23). In realtà, come spero dimostrerà il prosieguo del presente saggio, la copia qui presa in esame dellHenry IV svolge un ruolo analogo a quello brillantemente messo in rilievo da Hepokoski nel caso di Otello. 7 The / Complete Works / of / William Shakespeare. / THE TEXT / regulated by the Old Copies and by the Recently Discovered Folio of 1632 / Containing Early Manuscript Emendations. / With / Notes, Selected and Original, / A Copious and Almost New Glossary, / THE POETS LIFE AND PORTRAIT / Leipzig / Printed for Baumgärtner / 1854; The «Chandos Classic» / The Works of Shakespeare / REPRINTED FROM THE EARLY EDITIONS / Including Life, Glossary, etc. / London: / Frederick Warne and Co. / Bedford Street, Strand [data di stampa a p. 748: 31/ 5/83]; Shakespeare, The Handy-volume / Shakespeare, 13 voll., London, Bradbury, Agnew and Co. [post 1890]. Ringrazio il dott. Gaspare Nello Vetro e il personale direttivo e ausiliare del Conservatorio di Parmaper la cortesia dimostratami in occasione delle ricerche presso lo studio di Boito. 8 Alcuni brevi passi sono marcati lateralmente alle pp. 29-30 (I.1), e alle pp. 34-5 (II.2), questultime riguardanti lincontro di Falstaff con Master Brook. Lunico punto sottolineato riguarda il monologo di Falstaff dopo la beffa del Tamigi: «Have I lived to be carried in a basket, like a barrow of butchers offal, and to be thrown in the Thames? [...] The rogues slighted me into the river with as little remorse as they would have drowned a bitchs blind puppies, fifteen i the litter: and you may know by my size, that I have a kind of alacrity in sinking; if the bottom were as deep as hell, I should down» (III.5, p. 39). FONTI FRANCESI DEL FALSTAFF 399 Se ne ricava limpressione che si tratti di una semplice verifica sporadica sul testo, non certamente di una fonte primaria per la riduzione. Manca invece nello studio ogni traduzione italiana di Shakespeare sia la piú recente di Càrcano, edita tra il 1875 e il 1882, sia quella di Rusconi del 1838, né dallepistolario ricaviamo notizie che questultima sia stata consultata, comera avvenuto invece in occasione dellOtello.9 Invece ci sono ben due raccolte complete francesi curate da François Victor Hugo fils, autore di una prosa dallo stile vivace, ricco e pittoresco che ricrea loriginale allinterno della ricezione romantica francese di Shakespeare. Ledizione maggiore in quindici volumi risulta praticamente intonsa, salvo Macbeth ,10 mentre la ristampa in formato tascabile (ca. 1883) è inequivocabilmente il testo su cui Boito ha elaborato la complessa strategia drammatica del libretto per Verdi. Solo alcuni indizi probatori di questa tesi verranno qui presi in esame, mentre chi intendesse trovare ulteriori riscontri potrà rivolgersi allappendice 2, in cui vengono riportati i passi marcati da Boito nellHenry Quatre relativi al grasso deuteragonista.11 Lespressione «Il diavolo cavalca sullarco di un violino» è pronunciata nel testo inglese dal Principe («Heigh, heigh, the devil rides upon a fiddlestick!»), mentre nel libretto viene detta da Falstaff. Vedremo altri casi in cui singole frasi e interi brani passano da un personaggio allaltro con precisi intenti drammatici, ma è curioso rilevare come nella versione di Hugo la frase «Le diable chevauche sur 9 Teatro / completo / di / Shakespeare / tradotto / dalloriginale inglese in prosa italiana / da Carlo Rusconi, 2 voll., Padova, coi tipi della Minerva 1838; varie rist., fra cui la quarta edizione in 7 voll. (Torino, UTET 1858-59, e 1873-74); Opere / di / Shakspeare / traduzione di Giulio Càrcano, 12 voll., Milano - Napoli - Pisa, Hoepli 1875-82. Il lavoro dei traduttori si differenzia sostanzialmente perché la versione di Rusconi è in prosa, quella di Càrcano in endecasillabi sciolti, con pochi passaggi resi in prosa o con altri tipi di verso. Per i controlli sulloriginale si veda soprattutto la lettera di Verdi dell8 maggio 1886, in Carteggio Verdi-Boito cit., p. 103 (n. 74). 10 Oeuvres complètes / de William Shakespeare, François-Victor Hugo traducteur, deuxième edition, Paris, Pagnerre, 1865-1873, 15 voll., piú 3 di apocrifi. La raccolta è divisa per affinità tra le materie dei drammi. Boito ne possedeva dunque due copie, visto che la prima edizione con le annotazioni su Otello è conservata al museo teatrale alla Scala (cfr. J. HEPOKOSKI, The genesis cit., p. 40). 11 Cfr. la n. 1 per la citazione della fonte. Per il criterio seguito nella trascrizione si veda la nota alla fine dellapp. 2. 400 MICHELE GIRARDI un archet de violon» sia direttamente pronunziata da Falstaff (HUGO, p. 72; app. 1/1 ). Unulteriore traccia: a p. 51 del testo francese (app. 2) Boito scrisse un rimando a p. 75, e lo stesso fece a p. 75. Si confrontino i passi: in ambedue il Principe parla di ruberìe ai danni di qualcuno, nel primo caso loste, nel secondo Falstaff dalle cui tasche Poins estrae una lista di debiti. Questo brano forní lo spunto effettivamente utilizzato nellopera quando il protagonista legge lammontare del conto a cui non può far fronte (app. 1/C ). Un ultimo, significativo esempio. Accanto alla frase «Adieu, printemps dernier! Adieu été de la Toussaint», pronunciata da Hal - nomignolo del futuro Enrico Quinto-, si trova lannotazione «A. I / sc. 1a / lestate di San Martino» (HUGO, p. 15, app. 1/E ). In realtà lespressione, fedelmente riprodotta in francese («lété de la Saint Martin») dalla parola inglese «martlemas», è rivolta con ironia da Poins allindirizzo di Falstaff nella seconda parte (HUGO, p. 199; app. 1/E ). Ma Boito percepí un chiaro legame fra questi due punti, e combinò con estrema raffinatezza i due concetti in ununica figura: «Guardate. Io sono ancora una piacente estate / Di San Martino». In questo modo forní al protagonista una splendida occasione di mostrare un tocco dinfantile vanagloria, non senza un pizzico di consolatoria autoironia - che Verdi recepí al volo prescrivendo al baritono di emettere il fa acuto a mezza voce. In questa scelta fu probabilmente agevolato dal fatto che laddio del Principe al suo corpulento Fool - «Farewell, the latter spring; farewell, Halhallown summer.» - perda nel corrispondente passaggio francese - «Adieu, printemps dernier! [...]» - una parte del suo sarcasmo, acquistando nel contempo un valore poetico piú alto e un contenuto emotivo piú rilevante. È dunque difficile credere che Boito avrebbe potuto annotare rimandi cosí articolati e complessi su un testo che non avesse utilizzato in modo primario. Una motivazione pratica perché egli abbia preferito il francese, che del resto padroneggiava esattamente come la propria lingua, potrebbe essere la volontà di evitare ogni contatto con una traduzione italiana in prosa o in versi tale da condizionare la sua creatività linguistica. Ma è legittimo supporre che lessersi rivolto proprio a quella versione comporti anche una scelta di natura estetica. FONTI FRANCESI DEL FALSTAFF 401 Basti ricordare la fondamentale Préface al suo dramma Cromwell, scritta da Victor Hugo nel settembre del 1827, per comprendere come il tramite della cultura francese avesse avuto un ruolo preminente per linterpretazione romantica di Shakespeare. Particolarmente in relazione al soggetto prescelto e al complesso personaggio di Falstaff Hugo offre una chiave ermeneutica imprescindibile: [...] En effet, dans la poésie nouvelle, tandis que le sublime représentera lâme telle quelle est, épurée par la moral chrétienne, [le grotesque] jouera le rôle de la bête humaine. [...] prendra tous les ridicules, toutes les infirmités, toutes les laideurs. Dans ce partage de lhumanité et de la création, cest à lui que reviendront les passions, les vices, les crimes; cest lui qui sera luxurieux, rampant, gourmand, avare, perfide, brouillon, hypocrite; cest lui qui sera tour à tour Iago, Tartuffe, Basile; Polonius, Harpagon, Bartholo; Falstaff, Scapin, Figaro. Le beau na quun type; le laid en a mille.12 [...] Shakespeare, cest le drame; et le drame, qui fond sous un même souffle le grotesque et le sublime, le terrible et le bouffon, la tragédie et la comédie, le drame est le caractère propre de la troisième époque de la poésie, de la littérature actuelle.13 [...] le temps modernes sont dramatiques. Lode chante léternité, lépopée solennise lhistoire, le drame peint la vie. Le caractère de la première poésie est la naïveté, le caractère de la seconde est la simplicité, le caractère de la troisième, la verité [...]. Lode vit de lidéal, lépopée du grandiose, le drame du réel. Enfin, cette triple poésie découle de trois grandes sources: la Bible, Homère, Shakespeare.14 Difficilmente Boito avrebbe potuto ignorare queste parole specie affrontando una commedia farsesca come le Merry Wives, genere fra tutti per definizione il piú realistico. E come non pensare che sia anche risalito al concetto di mescolanza fra diverse componenti proprio per evitare alla musica di Verdi di soffocare nelle tipologie scontate della commedia dellarte e nelle convenzioni della tradizione dellopera buffa Sette-Ottocentesca (del tutto assenti in Falstaff), con lambizioso proposito di dare al comico un respiro che valicasse ogni confine di maniera, elevandolo al rango dei capolavori del teatro universale? Come si sa, le Merry Wives of Windsor sono la fonte principale del Falstaff. Un controllo sulledizione annotata da Boito consente di precisare che egli sottolineò ogni passaggio effettivamente utilizzato con estrema diligenza, senza mostrare tentennamenti o ripensamen12 13 14 V. HUGO, Cromwell, Paris, Garnier Flammarion 1968, Préface, p. 73. Ivi, p. 75. Ivi, p. 76. 402 MICHELE GIRARDI ti.15 Il flusso diacronico della commedia, fatti salvi i noti cambiamenti dovuti a necessità di sintesi drammatica - sfoltimento dei personaggi e riduzione a due delle beffe, cambio di nomi e prole fra le coppie16 , procede parallelamente al libretto, costituendone il preciso canovaccio. Le idee di Boito nei confronti delle linee generali della trama sono dunque state chiarissime sin dalla fase del progetto. Ben diverso è il trattamento destinato alle due parti di Henry the Fourth , ma specialmente alla prima. Boito seguí la trama in tutto il suo sviluppo con estrema attenzione, marcando interi brani di dialogo, monologhi e molto altro. Il cospicuo numero di accenti circonflessi da lui posti in relazione al testo sono il segno del suo maggiore interesse verso certi passaggi, e numerose sono altresí le annotazioni che manifestano le sue intenzioni nei confronti del libretto in corso di ideazione, indicando la collocazione degli stessi allinterno della trama delle Merry Wives. Non sempre i luoghi corrisponderanno alla sistemazione definitiva, il che sta a significare quanto travagliato e meditato sia stato lapproccio a una fonte di rango poetico tanto elevato. Laver cercato ispirazione nelle due parti di Henry the Fourth è la decisione piú importante presa da Boito, perché vengono da lí gran parte dei passaggi che nel libretto, valicando il tono di commedia, delineano lo sfaccettato carattere del protagonista nelle sue complesse relazioni col mondo che lo circonda. Per comprenderne la portata varrà un rapido riferimento alla prima opera intitolata Falstaff o sia Le tre burle composta da Antonio Salieri nel 1799, la cui unica fonte sono le Merry Wives a cui il librettista De Franceschi si mostrò molto fedele: un monotono carattere di farsa vi prevale, e le esigenze buffe dellintreccio danno luogo a combinazioni testuali e musicali scontate, perfettamente allineate al codice del tempo. E anche se la musica di Cfr.Oeuvres complètes / de / W. Shakespeare / traduites par / François-Victor Hugo / Tome huitième / Paris / Alfonse Lemerre, Éditeur / 27-31, Passage Choiseul, 27-31, s.d.: Les Joyeuses Épouses de Windsor, pp. 291-446. Non è scopo del presente saggio dar conto preciso del lavoro di Boito sulla commedia, ma è certo opportuno auspicare uno studio in cui lintero libretto di Falstaff venga posto a confronto diretto con le tre fonti da cui è tratto, verso dopo verso. 16 A questo proposito si veda soprattutto J. HEPOKOSKI, Giuseppe Verdi: Falstaff cit., pp. 24-26, oppure M. GIRARDI, «Dal labbro il canto estasïato vola ...» Sir John Falstaff da Shakespeare a Boito fino a Verdi, in Falstaff di Giuseppe Verdi, Parma, Teatro Regio 1986, pp. 35-52 (programma di sala). 15 FONTI FRANCESI DEL FALSTAFF 403 Otto Nicolai per le Lustigen Weiber von Windsor è di miglior livello, specie nella scena ambientata nel parco, ladattamento di Mosenthal soffre di analoghi limiti. Almeno parte del problema del salto di genere sta dunque nella fonte adottata: le Merry Wives, solida base per il trattamento buffo, non consentono di oltrepassare i confini della convenzionalità. Lintuizione somma di Boito fu quella di comprendere che alla fine del secolo unopera buffa tout court avrebbe avuto ben poco senso. Inoltre rivolgendosi al dramma egli ripercorse inconsapevolmente un itinerario creativo che era stato dello stesso Shakespeare. Secondo le piú recenti cronologie, dopo aver messo in scena nel 1596 The History of Henry the Fourth, Shakespeare dovette interrompere il lavoro sul prosieguo del dramma storico per una commedia centrata sulla figura di Falstaff. Le Merry Wives vennero con ogni probabilità rappresentate il 23 aprile 1597, e lanno successivo fu la volta della Second part of Henry the Fourth. La contiguità diacronica e creativa di questi tre lavori anche se pare sempre piú convincente la tesi che la commedia sia in realtà un centone di inconsueto livello - fu intuitivamente còlta da Boito, alla ricerca di un fil rouge che portasse sino al Sir John da lui immaginato.17 Questo percorso ha alcuni aspetti che simpongono allattenzione, a partire dal concetto di mescolanza dei generi, commedia e dramma. Esso è lassunto di partenza, pure si osservi con quanta perizia e attenzione verso i particolari è stato condotto. È come entrare nella bottega di un orafo: Boito non si limitò a costruire molti squarci, come si è detto, accostando brani situati in diversi momenti spesso tra loro molto lontani, ma mise sovente in bocca a Falstaff espressioni che 17 Cfr. William Shakespeare / The complete Works cit. alla n. 1, p. 483. La precedente datazione delle Merry Wives faceva risalire la commedia al 1602. Anche se non si è tuttora in grado di stabilire esattamente quanti e quali passaggi siano stati direttamente scritti per la commedia (né materialmente da quale collaboratore di Shakespeare), il diverso itinerario creativo comporta una sorta di osmosi con 2 HIV. Ovviamente Boito non svolse precisi studi storici al proposito, e la sua fu solo una felice intuizione artistica. Un evidente esempio dincrocio tra le due plays è lidea di spedire lettere a diversi personaggi per rimpinguare la propria borsa, che Falstaff attua sia nel primo atto della commedia (sc. 3) - ed è il luogo utilizzato nel libretto - sia nel secondo atto del dramma storico (sc. 2). 404 MICHELE GIRARDI nel dramma appartenevano al giovane Principe, o ad altri personaggi.18 Un lavoro di cucitura che giunge sino al dettaglio: nellopera Sir John declama il conto pòrtogli dalloste, mentre nella prima parte del dramma Poins laveva sfilato dalle sue tasche per ordine di Hal (app. 1/C ). Il libretto prosegue con lordine di Falstaff a Bardolfo di frugare nella borsa, particolare che viene dalla seconda parte, quando, dopo aver chiesto ironicamente un prestito a «Le grand Juge» («Lord Chief Justice»), egli ordina al paggio di verificare la consistenza dei suoi averi (2 HIV, I.2, 235-38). Anche il breve bozzetto iniziale di Bardolfo è derivato da due diversi passaggi: la sua vocazione al bere e il naso «ardentissimo» («So che se andiam la notte») sono descritti direttamente da Falstaff nel passo corrispondente del terzo atto del dramma (1 HIV, III.3, 36-47), ma trovano riscontro anche nel sarcastico rimprovero che gli rivolge il Principe nel secondo (1 HIV, II.5, 317-21; app. 1/C ). La sua domanda «Quel est linstinct qui te poussait?», del resto, precede direttamente un breve dialogo collocato da Boito in altro luogo dellopera: nel libretto Bardolfo si lamenta dei mali del suo intestino e mostra la sua «meteora» a Cajus, mentre nel dramma la additava a Hal, dopo aver intonato una lagnanza ricorrente di Falstaff riguardo alluso degli osti di mettere la calce nel vino (app. 1/A ). Lelenco potrebbe continuare, ma già questi spunti ci rivelano come lo scambio di battute da un personaggio allaltro e laccostamento di luoghi tra loro distanti e diversi sia sistematico. Una miracolosa quanto ingegnosa ragnatela, il cui risultato non può che avvincere ulteriormente se comparato alla fonte. Boito, ovviamente, non era tenuto a rispettare 18 Spesso, come nel caso prima segnalato dell«Estate di San Martino», Hal si rivolge a Falstaff in tono sprezzante o sarcastico. Lintento di Shakespeare è quello di costruire gradatamente le premesse a che il futuro Henry V si possa sbarazzare del suo compagno di avventure nel momento di salire sul trono, pessimista metafora sulle crudeli regole del potere. Ma Boito utilizza tali ironie come tasselli per delineare i tratti piú tipici del carattere del Pancione, o quasi per immaginare il suo stesso aspetto fisico. Fra i numerosi esempi si veda il passo in cui Falstaff torna in scena e viene apostrofato dal Principe con le sferzanti parole «maigre Jack» e «créature ampoulée» (app. 1/H e app. 2; HUGO pp. 64-65, 1 HIV, II.5, 329-30). E poco oltre quando Hal definisce crudamente limmaginaria corona di Falstaff come «un pitoyable crâne chauve!» (app. 2; HUGO p. 67, 1 HIV, II.5, 384-85), tutte espressioni debitamente sottolineate dal librettista. FONTI FRANCESI DEL FALSTAFF 405 regole aristoteliche verso i drammi, trama invisibile del libretto, ma solo nei riguardi della commedia. Nello scambiare frasi fra i primi attori non fece altro che ricreare liberamente uno degli stilemi piú tipici del teatro elisabettiano svincolandolo da costrizioni drammatiche contingenti: il Fool che può dire la verità al nobile. Togliendo dalla bocca del Principe battute sovente dominate dallironia, e passandole a Falstaff conferí al nuovo protagonista unico un rango che neppure in Shakespeare era cosí elevato. Soprattutto nei monologhi del primo e terzo atto Falstaff trova la sua autentica statura drammatica. La saldatura fra dramma e commedia è magistrale quando egli affronta il tema dellonore. La sezione iniziale («Voi siete ligi allonor vostro») tratta dalle Merry Wives, dà una risposta brusca al voltafaccia dei servi, ma quando il protagonista passa a esporre la sua filosofia spicciola è ancora il personaggio di Henry the Fourth che parla direttamente dal campo di battaglia («[...] honour prick me on. Yea, but how if honour prick me off when I come on? How then? [...]», 1 HIV, V.1, 129-140; app. 1/F). E anche se nellopera non ci sono i cadaveri che motivano il riferimento alla chirurgia, Boito riuscí mirabilmente a ricostruire un sistema di relazioni, e valicando le giustificazioni realistiche consegnò a Verdi una massima universale. Ma il vertice di questa tecnica di riferimenti incrociati per costruire un monologo Boito lo raggiunse allinizio del terzo atto. Il risultato è un brano di carattere che dalla situazione prosaica dellumiliazione subita solleva il protagonista in unepicurea esaltazione dei conforti della vita, primo fra tutti il prediletto «vin caldo». La relazione col dramma savvia dalla risentita interiezione «Mondo reo» (app. 1/ L ): il consolatorio «Va ton chemin» («Va, vecchio John») era già stato sfruttato nel secondo atto, ma allora Boito si era valso dellanalogo passo tratto dalle Merry Wives. Shakespeare, o chi per esso, aveva infatti ripreso questo spunto dalla prima parte di Henry the Fourth, dandogli un carattere ottimista in accordo con le attese seduttive del Pancione. Lamarezza e la disillusione qui motivano lo scatto dorgoglio, la sua fiera reazione alla ineluttabilità che con lui scompaia «la vera virilità dal mondo». Ma era anche necessario che egli prendesse coscienza della sua reale condizione fisica, e mancando in questo 406 MICHELE GIRARDI punto un riferimento diretto nel dramma, Boito andò a scovare nella seconda parte il realistico ritratto della caducità del protagonista, con cui il «Grand Juge» replica alle vanterie del gentiluomo (2 HIV, I.2, 182-6). Infine il progressivo rianimarsi: «Buono. - ber del vin dolce e sbottonarsi al sole»: sono due espressioni ironiche del Principe rivolte al grasso compagno fuse da Boito in una sola frase (1 HIV, I.2, 2-4 e II.5, 119-21). Tutta questa costruzione sfocia in uno fra i piú celebri ditirambi, ricavato da un lungo monologo della seconda parte (2 HIV, IV.2, 92-110). Su di esso poi, come aveva ben rilevato Nardi,19 Boito recupera lidea del trillo come segno dellebbrezza dal proprio libretto Iràm scritto per Cesare Dominiceti nel 1874, fornendo a Verdi una delle tante occasioni per un effetto musicale memorabile (quel virtuosistico trillo a piena orchestra che è scorcio da manuale). Torniamo ora al primo atto dellopera per un ulteriore esempio in cui i riferimenti incrociati al dramma hanno esito in uninvenzione autonoma. Falstaff proclama ai servi la necessità della sua pinguedine. Il monito sul pericolo del dimagrire («Se Falstaff sassottiglia») viene dalla penultima scena della prima parte di Henry the Fourth, quando Falstaff, mentendo spudoratamente, sattribuisce il merito di aver ucciso Hotspur, chiedendosi se dovrà cambiar vita per onorare la sua conquistata dignità di Lord («Si je deviens grand, je diminuirai [...]», HUGO, I, 18; «If I do grow great, Ill grow less [...]», 1 HIV, V.4: app. 1/ C ). La lode delladdome in cui stanno «migliaia di lingue» osannanti è sita in tuttaltro punto, un breve ma significativo scorcio della seconda parte (2 HIV, IV.2, 18-20). Una frase dalle Merry Wives, relativa alla necessità dingrandire il suo regno, precede l«Immenso Falstaff» che conclude questa sezione, esclamazione inventata ma strettamente relata al passo precedente. Una sequenza sfaccettata, e insieme una ghiotta occasione che Verdi non si fece scappare, dise19 «Per esempio, è come se Boito vi si allenasse [nellIràm ] già alle celebri allitterazioni che fanno toccare a certi versi del Falstaff quei limiti estremi al di là dei quali si entra nel regno della musica. Ecco il canto dellebbrezza dIràm: Il mondo è un trillo / Per luomo brillo / [...] / Trilla nel calice / La birra bionda, / Trilla nel salice / La molle fronda / Tra lerba e il grillo / Strilla il suo trillo / Trillando tremolano / Laure sui fior, / Trillando palpitano / Le fibre in cor. // Il mondo è un trillo / Per luomo brillo. / Vedo trillare / Il cielo, il mare / Lotre la ciotola, / Il fumaiuol. / Oscilla e rotola / E trilla il suol.» (P. NARDI, op. cit., pp. 363-364). Il modello allitterante, applicato su vasta scala, non poteva che sollecitare pari effetto nella musica. FONTI FRANCESI DEL FALSTAFF 407 gnando musicalmente laborrita magrezza mediante il raddoppio della voce da parte di ottavino insieme al cello a distanza di quattro ottave, fino allautocitazione da Aida («Immenso Ftà»). Sia nel caso del monologo del vino, sia in questa sezione del primo atto, la parola è decisiva per determinare leffetto musicale. E in ambedue Boito seppe realizzare una sintesi mirabile di vari punti di Henry the Fourth, ricreando Shakespeare in funzione del nuovo protagonista. Proprio i passaggi che vengono dal dramma danno origine ad alcuni tra i momenti piú originali del Falstaff, dove la musica valica di slancio i limiti delle convenzioni, recuperando lantica pittura sonora, un importante aspetto di drammaturgia musicale a cui è dedicata la conclusione di questo saggio. Ma prima va menzionato un ultimo passo, la riscossa finale di Falstaff di fronte alle umiliazioni della gente di Windsor. La sua rivalsa su Bardolfo, presupposto dellironica constatazione «Ogni sorta di gente dozzinale» viene dalla scherzosa commedia improvvisata da Jack che impersona prima il Re, difendendo se stesso, e poi Hal mentre il Principe assume il ruolo di suo padre, attaccando il grasso compagno di scelleratezze (1 Hiv, II.5, 245-54). Un piccolo inserto metateatrale, che porta Falstaff a una gustosa e colorita tirata a fil di fiato, tantè che il Principe gli replica «Allons, reprend haleine et puis recommence!» («Well, breathe awhile, and then tot again [...]»; app. 1/N ). La rottura dellillusione scenica singigantisce nellopera e diviene «Un poco di pausa, sono stanco»: un velo di malinconica dignità cala sul personaggio sbeffeggiato, e si pone come necessaria premessa anche per lultimo gesto, lemozionante licenza in forma di fuga in cui si celebra con vitalità e senza trionfalismi la fine di una stagione indimenticabile del melodramma.20 20 Nel concludere il Don Giovanni Mozart aveva trovato una soluzione al problema della rottura dellillusione scenica mediante la licenza, che presenta alcune analogie tecniche con quella di Verdi, forse il riflesso di qualche somiglianza fra i protagonisti al di là del diversissimo rango che rivestono e della differente statura drammatica. In entrambe le opere agisce un seduttore incallito quanto sfortunato, piú volte beffato, e infine sconfitto, anche se Don Giovanni paga con la vita la sua condotta mentre Falstaff troverà con Ford e gli altri una riconciliata armonia. Mozart scrisse la morale della sua storia in stile fugato a tre voci («Questo è il fin di chi fa mal»). Forse Verdi ripensò a questa conclusione, e sviluppò lidea di una soluzione tecnica di altissimo livello, fino a comporre una fuga reale di vaste proporzioni: lartificio coinvolge tutti nella beffa, e tutti riscatta al tempo stesso. Che Verdi avesse già riflettuto sul 408 MICHELE GIRARDI Il peso delle scelte di Boito, e la complessa strategia attuata nel riprendere passi di Henry the Fourth, avrebbe bisogno di piú estese riflessioni, ma ogni lettore potrà agevolmente condurle leggendo lappendice 2. Senza la fonte francese annotata sarebbe stato piú difficile individuare esattamente alcuni passaggi su cui pure anche in questo caso sono occorse delle congetture: leggere quellHenry IV significa ricostruire la storia di un processo creativo senza precedenti. Il debito che la musica ha nei confronti dei versi è enorme. Verdi creò una partitura raffinatissima, antica e moderna al tempo stesso, proprio perché per la prima volta poté contare senza riserve su di un librettista di genio. Al puro scopo di fornire ulteriori indizi, e restando al monologo sullonore, si vedano, oltre ai due già citati («Se Falstaff sassottiglia» e «Immenso Falstaff»), altri tre esempi: a) «usare / Stratagemmi ed equivoci»: la melodia del baritono, doppiata dai violini, scende e risale tracciando una ambigua settima diminuita e incontra la linea degli archi gravi che procede per moto contrario; lottavino e il corno a due ottave di distanza percorrono il tetracordo discendente Sol-Re passando per un intervallo cromatico: da questa combinazione timbrica manca il registro centrale, e il suono magro suggerisce per metafora larguzia del protagonista (cfr. es. mus. n. 1);21 b) «Cè dellaria che vola»: le quartine legate dei flauti in progressione verso lacuto formano un tappeto impalpabile su cui poggia un violoncello che segue la voce di Falstaff sino al sol acuto da emettersi piú che pianissimo, mentre una pausa di croma spezza la parola «vola» perché anche il fiato del cantante possa contribuire a realizzare levento (cfr. es. mus. n. 2); capolavoro di Mozart lo dimostra bene Pierluigi Petrobelli nel suo saggio Don Giovanni in Italia. La fortuna dellopera e il suo successo, in «Analecta Musicologica», 18 («Colloquium Mozart und Italien», Roma 1974), Köln 1978, pp. 30-51. Cfr. inoltre P. PETROBELLI, Verdi e il Don Giovanni. Osservazioni sulla scena iniziale del Rigoletto (Atti del I Congresso internazionale di studi verdiani. Venezia, 31 luglio-2 agosto 1966, Parma, Istituto di studi verdiani 1969, pp. 232-246). 21 I tre esempi sono tratti dalla partitura dorchestra del Falstaff (Milano, G. Ricordi & C., cop. 1893, rist. 1978, P.R. 154), rispettivamente alle pp. 49 (es. n. 1, 22 dopo 14), 5253 (es. n. 2, 14 dopo 15), 51 e 53 (es. n. 3a, 15 e 19 dopo 15), 54 (es. n. 3b, 5 prima di 16); la riduzione sintetica è stata realizzata dallo scrivnte. 409 FONTI FRANCESI DEL FALSTAFF Es. mus. n. 1 Ott. Cr. Falstaff u sa re stra ta gem mi ed e qui vo ci, destreg giar, bordeg gia re. Vl I Vl II Vle Vlc. Es. mus. n. 2 Allegro agitato = 120 2 Fl. Falstaff leggeriss. I Solo Cello Falstaff legato C’è dell’a pizz. 3 ria che vo la. 3 Es. mus. n. 3b Es. mus. n. 3a voce grossa 3 3 Ott. 2 Fl. I Cr. 3 3 Può l’o no re ... a mezza voce 3 ri empir vi la 3 I Cl. Gr. C. pan cia? Falstaff per chè 3 a tor to Lo gon fian le lu singhe Vl. I legg. e stacc. L’o no re lo può sen tir chi è mor to? 3 legg. 2 Vle sole 3 3 3 3 3 I Vlc. solo Trbn. Fag. Vlc. Cb pizz. 3 3 3 410 MICHELE GIRARDI c) «perché a torto lo gonfian le lusinghe»: nelle battute precedenti Falstaff aveva declamato domande retoriche senza accompagnamento, e ogni suo «no» veniva sottolineato dal re grave pizzicato da due contrabbassi e colorito da fagotto e clarinetto; dopo questa breve stasi lorchestra torna a muoversi progressivamente con leggerezza (cfr. es. mus. n. 3b) riprendendo per frammenti intrecciati la linea vocale precedente (cfr. es. mus. n. 3a): ciò riflette lazione delle «lusinghe». Il catalogo potrebbe essere esteso con facilità a gran parte dellopera, e la lista allungarsi a dismisura, ma ciò ci porterebbe ad aprire un altro capitolo tutto da percorrere. Il Falstaff non è fatto di reminiscenze, o motivi, o temi, ma di motti che si porgono allelaborazione musicale, mediante luso del ritmo e del timbro orchestrale. Un aspetto che già Massimo Mila aveva còlto nellultima produzione di Verdi individuando un [declamato vocale che] possiede lattitudine a secondare i minimi incisi del discorso, sempre con corrispondente giustificazione musicale, e può dar vita a brevissimi quadretti espressivi che colgono in due battute ogni piú fuggevole suggerimento del testo, senza bisogno di sciorinarsi in ampie forme musicali.22 La parola, in definitiva, ha larga parte nel determinare la situazione musicale, ed è ovvio che in tal caso il peso della fonte di alto lignaggio sia decisivo. Senza questa trama invisibile a Verdi sarebbe forse mancata molta di quellarguzia e di quello slancio che portano al capolavoro. M. MILA, Larte di Verdi, Torino, Einaudi 1980, p. 239. Nel capitolo dedicato al Falstaff, corredato da un buon numero di esempi (pp. 236-255) Mila definí piú estesamente la presenza nellopera di «un declamato melodico ininterrotto che non sacrifica i diritti della melodia. [...] Naturalmente scrivere per lorchestra in maniera piú sapiente e raffinata è modo di dire che non ha alcun senso, separatamente dalle idee musicali che allorchestra si vogliono affidare e dal rapporto in cui la si pone con le voci. E i differenti aspetti della trasformazione che si produce nellarte di Verdi [...] si compendiano nella creazione duna nuova polifonia vocale e strumentale, che non permette piú di separare una melodia da un accompagnamento, perché in essa tutto canta, dal tenore al contrabbasso, dal soprano alla stessa percussione» (p. 347). Anche Mila si era soffermato sul primo dei tre esempi qui presentati cosí descrivendolo: «la linea melodica si avvolge in un intrico di tortuose contorsioni, come di chi si pieghi da tutte le parti per sfuggire a qualche obbligo spiacevole» (p. 240). 22 FONTI FRANCESI DEL FALSTAFF 411 Boito avrebbe avuto tutti i diritti di rivendicare i suoi meriti, pure non lo fece mai. Ma quando Verdi gli comunicò sobriamente di aver terminato il primo atto «senza nissun cambiamento nella poesia»23 ciò equivalse a mille di quelle lodi sperticate che spesso si distribuiscono a sproposito. Il 20 agosto 1889, allinizio del lavoro, Boito aveva scritto a Verdi: [...] Nei primi giorni ero disperato. Schizzare i tipi con pochi segni, mover lintrigo, estrarre tutto il sugo di quella enorme melarancia Shakespeariana senza che nel piccolo bicchiere guizzino i semi inutili, scrivere colorito e chiaro e corto, delineare la pianta musicale della scena affinché ne risulti ununità organica che sia un pezzo di musica e non lo sia, far vivere lallegra commedia da cima a fondo, farla vivere dunallegria naturale e comunicativa è difficile, difficile, difficile ma bisogna che sembri facile, facile, facile.24 23 24 Carteggio Verdi-Boito cit., I, lettera n. 142, 17 marzo 1890, p. 163. Ivi, p. 153-155 (n. 129).