NOTIZIARIO DICEMBRE 2015 GENNAIO 2016 Comunità Pastorale “Beata Maria Vergine Addolorata” Parrocchia “S. Alessandro Martire” Robbiate Carissimi parrocchiani, si sta avvicinando a grandi passi il S. Natale, e anche la benedizione delle famiglie e delle case è ormai a buon punto. E’ come sempre un’esperienza consolante e gioiosa il potervi incontrare. Un’esperienza che quest’anno, almeno fino ad oggi mentre sto scrivendo, è anche favorita dal bel tempo, al contrario dello scorso anno, in cui spesso rientravo in casa alla sera bagnato fino al midollo. Vi ringrazio di cuore per l’accoglienza amichevole che da tutti ricevo, e per la generosità con cui provvedete ai bisogni della parrocchia con la vostra offerta. Penso che questo Natale 2015 dobbiamo metterlo sotto il segno della misericordia, visto che è il Natale dell’Anno Santo, voluto da papa Francesco come Giubileo straordinario della misericordia. Vi trascrivo queste parole con cui il papa inizia la Misericordiae Vultus, la bolla di indizione del Giubileo. Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth. Il Padre, “ricco di misericordia” (Ef 2,4), dopo aver rivelato il suo nome a Mosè come “Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà” (Es 34,6), non ha cessato di far conoscere in vari modi e in tanti momenti della storia la sua natura divina. Nella “pienezza del tempo” (Gal 4,4), quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre (cfr Gv 14,9). Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio. Contemplando quel Bambino appena nato nella mangiatoia di Betlemme, possiamo vedere il Volto della misericordia di Dio! Io mi permetto di suggerirvi di fare due cose. La prima è quella di confessarci per Natale e di fare la S. Comunione: la Confessione è per eccellenza il sacramento della misericordia di Dio, perché Egli in essa ci perdona tutto e sempre. E poi nella S. Comunione natalizia possiamo nutrirci di Dio stesso, a cui non è bastato farsi carne, ma ha voluto anche farsi pane, proprio per farsi mangiare da noi. La seconda cosa che vi suggerisco (e lo dico per prima cosa a me stesso!) è quella di praticare anche noi la misericordia verso il prossimo come Dio usa misericordia verso di noi: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli.” – dice Gesù nel Vangelo - , da cui papa Francesco ha preso lo slogan dell’anno santo: MISERICORDIOSI COME IL PADRE. Cosa fare per essere misericordiosi? Le 7 opere di misericordia corporale e le 7 opere di misericordia spirituale ce lo dicono con grande concretezza. Andiamo a rileggerle: si trovano nel libretto di preghiere che ho distribuito a tutte le famiglie nella benedizione dello scorso anno. Ma basterebbe recitare il Padre Nostro con la partecipazione del cuore e della mente e non solo delle labbra: lì c’è tutta la misericordia di questo Padre che è Dio, il quale ci vuole tutti fratelli, capaci di perdonarci a vicenda e di condividere il pane che Lui dà per tutti. E con questo invito alla preghiera vi saluto e auguro a tutti un Natale pieno di pace nelle vostre famiglie e con tutti. 1 Ma ce ne sono tanti dove le porte blindate sono diventate normali. Non dobbiamo arrenderci all’idea di dover applicare questo sistema a tutta la nostra vita, alla vita della famiglia, della città, della società. E tanto meno alla vita della Chiesa. Sarebbe terribile! Una Chiesa inospitale, così come una famiglia rinchiusa su sé stessa, mortifica il Vangelo e inaridisce il mondo. Niente porte blindate nella Chiesa, niente! Tutto aperto! La gestione simbolica delle “porte” – delle soglie, dei passaggi, delle frontiere – è diventata cruciale. La porta deve custodire, certo, ma non respingere. La porta non dev’essere forzata, al contrario, si chiede permesso, perché l’ospitalità risplende nella libertà dell’accoglienza, e si oscura nella prepotenza dell’invasione. La porta si apre frequentemente, per vedere se fuori c’è qualcuno che aspetta, e magari non ha il coraggio, forse neppure la forza di bussare. Quanta gente ha perso la fiducia, non ha il coraggio di bussare alla porta del nostro cuore cristiano, alle porte delle nostre chiese … E sono lì, non hanno il coraggio, gli abbiamo tolto la fiducia: per favore, che questo non accada mai. La porta dice molte cose della casa, e anche della Chiesa. La gestione della porta richiede attento discernimento e, al tempo stesso, deve ispirare grande fiducia. Vorrei spendere una parola di gratitudine per tutti i custodi delle porte: dei nostri condomini, delle istituzioni civiche, delle stesse chiese. Spesso l’accortezza e la gentilezza della portineria sono capaci di offrire un’immagine di umanità e di accoglienza all’intera casa, già dall’ingresso. C’è da imparare da questi uomini e donne, che sono custodi dei luoghi di incontro e di accoglienza della città dell’uomo! A tutti voi custodi di tante porte, siano porte di abitazioni, siano porte delle chiese, grazie tante! Ma sempre con un sorriso, sempre mostrando l’accoglienza di quella casa, di quella chiesa, così la gente si sente felice e accolta in quel posto. In verità, sappiamo bene che noi stessi siamo i custodi e i servi della Porta di Dio, e la porta di Dio come si chiama? Gesù! Egli ci illumina su tutte le porte della vita, comprese quelle della nostra nascita e della nostra morte. Egli stesso l’ha affermato: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,9). Gesù è la porta che ci fa entrare e uscire. Perché l’ovile di Dio è un riparo, non è una prigione! La casa di Dio è un riparo, non è una prigione, e la porta si chiama Gesù! E se la porta è chiusa, diciamo: “Signore, apri la porta!”. Gesù è la porta e ci fa entrare e uscire. Sono i ladri, quelli che cercano di evitare la porta: è curioso, i ladri cercano sempre di entrare da un’altra parte, dalla finestra, dal tetto ma evitano la porta, perché hanno intenzioni cattive, e si intrufolano nell’ovile per ingannare le pecore e approfittare di loro. Noi dobbiamo passare per la porta e ascoltare la voce di Gesù: se sentiamo il suo tono di voce, siamo sicuri, siamo salvi. Possiamo en- LA PORTA DELLA MISERICORDIA Papa Francesco - udienza generale Mercoledì, 18 novembre 2015 La porta dell’accoglienza Con questa riflessione siamo arrivati alle soglie del Giubileo, è vicino. Davanti a noi sta la porta, ma non solo la porta santa, l’altra: la grande porta della Misericordia di Dio - e quella è una porta bella! -, che accoglie il nostro pentimento offrendo la grazia del suo perdono. La porta è generosamente aperta, ci vuole un po’ di coraggio da parte nostra per varcare la soglia. Ognuno di noi ha dentro di sé cose che pesano. Tutti siamo peccatori! Approfittiamo di questo momento che viene e varchiamo la soglia di questa misericordia di Dio che mai si stanca di perdonare, mai si stanca di aspettarci! Ci guarda, è sempre accanto a noi. Coraggio! Entriamo per questa porta! Dal Sinodo dei Vescovi, che abbiamo celebrato nello scorso mese di ottobre, tutte le famiglie, e la Chiesa intera, hanno ricevuto un grande incoraggiamento a incontrarsi sulla soglia di questa porta aperta. La Chiesa è stata incoraggiata ad aprire le sue porte, per uscire con il Signore incontro ai figli e alle figlie in cammino, a volte incerti, a volte smarriti, in questi tempi difficili. Le famiglie cristiane, in particolare, sono state incoraggiate ad aprire la porta al Signore che attende di entrare, portando la sua benedizione e la sua amicizia. E se la porta della misericordia di Dio è sempre aperta, anche le porte delle nostre chiese, delle nostre comunità, delle nostre parrocchie, delle nostre istituzioni, delle nostre diocesi, devono essere aperte, perché così tutti possiamo uscire a portare questa misericordia di Dio. Il Giubileo significa la grande porta della misericordia di Dio ma anche le piccole porte delle nostre chiese aperte per lasciare entrare il Signore - o tante volte uscire il Signore prigioniero delle nostre strutture, del nostro egoismo e di tante cose. Il Signore non forza mai la porta: anche Lui chiede il permesso di entrare. Il Libro dell’Apocalisse dice: «Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3,20). Ma immaginiamoci il Signore che bussa alla porta del nostro cuore! E nell’ultima grande visione di questo Libro dell’Apocalisse, così si profetizza della Città di Dio: «Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno», il che significa per sempre, perché «non vi sarà più notte» (21,25). Ci sono posti nel mondo in cui non si chiudono le porte a chiave, ancora ci sono. 2 trare senza timore e uscire senza pericolo. In questo bellissimo discorso di Gesù, si parla anche del guardiano, che ha il compito di aprire al buon Pastore (cfr Gv 10,2). Se il guardiano ascolta la voce del Pastore, allora apre, e fa entrare tutte le pecore che il Pastore porta, tutte, comprese quelle sperdute nei boschi, che il buon Pastore si è andato a riprendere. Le pecore non le sceglie il guardiano, non le sceglie il segretario parrocchiale o la segretaria della parrocchia; le pecore sono tutte invitate, sono scelte dal buon Pastore. Il guardiano – anche lui – obbedisce alla voce del Pastore. Ecco, potremmo ben dire che noi dobbiamo essere come quel guardiano. La Chiesa è la portinaia della casa del Signore, non è la padrona della casa del Signore. La Santa Famiglia di Nazareth sa bene che cosa significa una porta aperta o chiusa, per chi aspetta un figlio, per chi non ha riparo, per chi deve scampare al pericolo. Le famiglie cristiane facciano della loro soglia di casa un piccolo grande segno della Porta della misericordia e dell'accoglienza di Dio. E’ proprio così che la Chiesa dovrà essere riconosciuta, in ogni angolo della terra: come la custode di un Dio che bussa, come l’accoglienza di un Dio che non ti chiude la porta in faccia, con la scusa che non sei di casa. Con questo spirito ci avviciniamo al Giubileo: ci sarà la porta santa, ma c’è la porta della grande misericordia di Dio! Ci sia anche la porta del nostro cuore per ricevere tutti il perdono di Dio e dare a nostra volta il nostro perdono, accogliendo tutti quelli che bussano alla nostra porta. tanto, il problema non è “quando” accadranno i segni premonitori degli ultimi tempi, ma il farsi trovare pronti all’incontro. E non si tratta nemmeno di sapere “come” avverranno queste cose, ma “come” dobbiamo comportarci, oggi, nell’attesa di esse. Siamo chiamati a vivere il presente, costruendo il nostro futuro con serenità e fiducia in Dio. La parabola del fico che germoglia, come segno dell’estate ormai vicina (cfr vv. 28-29), dice che la prospettiva della fine non ci distoglie dalla vita presente, ma ci fa guardare ai nostri giorni in un’ottica di speranza. E’ quella virtù tanto difficile da vivere: la speranza, la più piccola delle virtù, ma la più forte. E la nostra speranza ha un volto: il volto del Signore risorto, che viene «con grande potenza e gloria» (v. 26), che cioè manifesta il suo amore crocifisso trasfigurato nella risurrezione. Il trionfo di Gesù alla fine dei tempi sarà il trionfo della Croce, la dimostrazione che il sacrificio di se stessi per amore del prossimo, ad imitazione di Cristo, è l’unica potenza vittoriosa e l’unico punto fermo in mezzo agli sconvolgimenti e alle tragedie del mondo. Il Signore Gesù non è solo il punto di arrivo del pellegrinaggio terreno, ma è una presenza costante nella nostra vita: è sempre accanto a noi, ci accompagna sempre; per questo quando parla del futuro, e ci proietta verso di esso, è sempre per ricondurci al presente. Egli si pone contro i falsi profeti, contro i veggenti che prevedono vicina la fine del mondo, e contro il fatalismo. Lui è accanto, cammina con noi, ci vuole bene. Vuole sottrarre i suoi discepoli di ogni epoca alla curiosità per le date, le previsioni, gli oroscopi, e concentra la nostra attenzione sull’oggi della storia. Io avrei voglia di domandarvi - ma non rispondete, ognuno risponda dentro -: quanti di voi leggono l’oroscopo del giorno? Ognuno risponda. E quando ti viene voglia di leggere l’oroscopo, guarda a Gesù, che è con te. E’ meglio, ti farà meglio. Questa presenza di Gesù ci richiama all’attesa e alla vigilanza, che escludono tanto l’impazienza quanto l’assopimento, tanto le fughe in avanti quanto il rimanere imprigionati nel tempo attuale e nella mondanità. Anche ai nostri giorni non mancano calamità naturali e morali, e nemmeno avversità e traversie di ogni genere. Tutto passa – ci ricorda il Signore –; soltanto Lui, la sua Parola rimane come luce che guida, rinfranca i nostri passi e ci perdona sempre, perché è accanto a noi. Soltanto è necessario guardarlo e ci cambia il cuore. La Vergine Maria ci aiuti a confidare in Gesù, il saldo fondamento della nostra vita, e a perseverare con gioia nel suo amore. PACE – GIUSTIZIA – PERDONO frutti di un cuore nuovo Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Il Vangelo di questa penultima domenica dell’anno liturgico propone una parte del discorso di Gesù sugli avvenimenti ultimi della storia umana, orientata verso il pieno compimento del regno di Dio (cfr Mc 13,2432). E’ un discorso che Gesù fece a Gerusalemme, prima della sua ultima Pasqua. Esso contiene alcuni elementi apocalittici, come guerre, carestie, catastrofi cosmiche: «Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli verranno sconvolte» (vv. 24-25). Tuttavia questi elementi non sono la cosa essenziale del messaggio. Il nucleo centrale attorno a cui ruota il discorso di Gesù è Lui stesso, il mistero della sua persona e della sua morte e risurrezione, e il suo ritorno alla fine dei tempi. La nostra meta finale è l’incontro con il Signore risorto. E io vorrei domandarvi: quanti di voi pensano a questo? Ci sarà un giorno in cui io incontrerò faccia a faccia il Signore. E’ questa la nostra meta: questo incontro. Noi non attendiamo un tempo o un luogo, ma andiamo incontro a una persona: Gesù. Per- Dopo l'Angelus Cari fratelli e sorelle, desidero esprimere il mio dolore per gli attacchi terroristici che nella tarda serata di venerdì hanno insanguinato la Francia, causando numerose vittime. Al Presidente della Repubblica Francese e a tutti i cittadini porgo l’espressione del mio fraterno cordoglio. Sono vicino in particolare ai familiari di quanti hanno perso la vita e ai feriti. Tanta 3 barbarie ci lascia sgomenti e ci si chiede come possa il cuore dell’uomo ideare e realizzare eventi così orribili, che h a n n o sconvolto non solo la Francia ma il mondo intero. Dinanzi a tali atti, non si può non condannare l’inqualificabile affronto alla dignità della persona umana. Voglio riaffermare con vigore che la strada della violenza e dell’odio non risolve i problemi dell’umanità e che utilizzare il nome di Dio per giustificare questa strada è una bestemmia! Vi invito ad unirvi alla mia preghiera: affidiamo alla misericordia di Dio le inermi vittime di questa tragedia. La Vergine Maria, Madre di misericordia, susciti nei cuori di tutti pensieri di saggezza e propositi di pace. A Lei chiediamo di proteggere e vegliare sulla cara Nazione francese, la prima figlia della Chiesa, sull’Europa e sul mondo intero. Tutti insieme preghiamo un po’ in silenzio e poi recitiamo l’Ave Maria. S. Giovanni Paolo II - messaggio per la celebrazione della giornata mondiale della pace 1° gennaio 2002 Questo 2015 si è aperto all’insegna del terrorismo a Parigi e si conclude con l’incredibile e inumana ferocia di un folle massacro di persone inermi, sempre a Parigi. Quando succedono queste cose si scatenano per giorni le televisioni, i telegiornali non terminano mai, si fanno tavole rotonde, quadrate, ottagonali, … sempre con i soliti personaggi, che dicono le solite parole; una cosa esagerata e a volte disgustosa. E’ scandalosa la differenza di spazio e di emozioni per le stesse cose quando avvengono in casa dei paesi del cosiddetto occidente piuttosto che altrove; anche i fatti più orrendi e mostruosi, se sono fuori dal recinto di casa non fanno notizia. Dio però non fa preferenza di persone e come cristiani dobbiamo imparare da Lui e fare così anche noi. Invece di capire, per averlo sperimentato da vicino, il dolore e l’angoscia di chi da decenni convive con queste cose, si parla di come attaccare e distruggere queste tremende minacce al solito modo, quello più comodo: fare guerra, bombardare, invadere, … ecc … ecc. Pensandoci bene invece sono del parere che costerebbe molto meno contribuire a dare pace e benessere alle regioni in guerra, pacificando le zone dei conflitti disinnescandone le cause, invece di acuirli e fomentarli per interessi indicibili. Quando una nazione vive in pace, e prospera nel benessere, se ne guarda bene dal fare guerre e attentati; ci pensano le sue stesse persone per bene a fermare le poche deviate che cercano di portare, in casa loro e fuori, la violenza. Portando bombardamenti e guerra invece noi costringiamo la gente onesta, che può permettersi di fuggire, ad andarsene dal suo paese, ed è quanto sta succedendo su larga scala. Rimandando i profughi da dove sono venuti con la violenza poi non facciamo altro che creare le premesse per l’emergere di nuovo terrorismo. Per ragionare fuori dai soliti schemi però bisogna cambiare mentalità, vedere le cose in un altro modo, mettere in atto concretamente la Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica, che ancora troppo pochi sanno che c’è, a partire dalla Rerum Novarum di leone XIII del 1891, fino ai nostri giorni con la Laudato Sì di papa Francesco. Se pochissimi sanno dell’esistenza di questi documenti penso che siano molti di meno quanti li hanno letti. E’ vero che la pace è la “tranquillità nell’ordine”, però è soprattutto vero che quella autentica di pace, dono del Signore, è quella del cuore in pace, del cuore aperto agli altri, del cuore innamorato della natura e del Papa Francesco Angelus di domenica 15 novembre 2015 NON C' È PACE SENZA GIUSTIZIA NON C' È GIUSTIZIA SENZA PERDONO 1. Quest'anno la Giornata Mondiale della Pace viene celebrata sullo sfondo dei drammatici eventi dell'11 settembre scorso. In quel giorno fu perpetrato un crimine di terribile gravità: nel giro di pochi minuti migliaia di persone innocenti, di varie provenienze etniche, furono orrendamente massacrate. Da allora, la gente in tutto il mondo ha sperimentato con intensità nuova la consapevolezza della vulnerabilità personale ed ha cominciato a guardare al futuro con un senso fino ad allora ignoto di intima paura. Di fronte a questi stati d'animo la Chiesa desidera testimoniare la sua speranza, basata sulla convinzione che il male, il mysterium iniquitatis, non ha l'ultima parola nelle vicende umane. La storia della salvezza, delineata nella Sacra Scrittura, proietta grande luce sull'intera storia del mondo, mostrando come questa sia sempre accompagnata dalla sollecitudine misericordiosa e provvida di Dio, che conosce le vie per toccare gli stessi cuori più induriti e trarre frutti buoni anche da un terreno arido e infecondo. È’ questa la speranza che sostiene la Chiesa all'inizio del 2002: con la grazia di Dio il mondo, in cui il potere del male sembra ancora una volta avere la meglio, sarà realmente trasformato in un mondo in cui le aspirazioni più nobili del cuore umano potranno essere soddisfatte, un mondo nel quale prevarrà la vera pace. … 4 prossimo, del cuore colmo dell’amore di Dio, invaso dalla tenerezza dello Spirito Santo; un cuore simile a quello di Gesù, che ha tanto amato il mondo da dare la vita in croce, un cuore pieno di misericordia il suo, un cuore che si è lasciato squarciare per amore e dal quale sono scaturiti il lavacro delle nostre colpe e la grazia che ci ha riconciliati per sempre con Dio. Nel cuore dell’uomo al contrario, alla minima contrarietà (non parliamo poi in caso di gravi danni o di forti offese), c’è una molla che scatta subito e sempre: il desiderio di vendetta. C’è un proverbio che dice che la miglior vendetta è il perdono però, si sa, è solo un proverbio … si fa per dire. L’uomo non è istintivamente portato al perdono ma lo può fare con l’aiuto di Dio, l’uomo che perdona è sempre abitato dallo Spirito Santo, e questo a prescindere dal suo credo religioso. Abbiamo bisogno tutti di diventare persone di pace; questo però è possibile solo con l’aiuto di Dio a cui nulla è impossibile. “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”. E’ questo il titolo del messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II per la giornata della pace del 1° gennaio 2002. Questo messaggio giungeva dopo l’attentato dell’11 settembre 2001 alle torri gemelle, fatto che aveva cambiato il corso della storia contemporanea. La risposta è stata la “guerra preventiva” in Iraq; doveva essere un blitz, è in atto ancora oggi. Diceva spesso il Card. Martini, innamorato di Gerusalemme e della Terra Santa, che quando ci sarà pace in Terrasanta ci sarà pace in tutto il mondo. In questa terra però non c’è pace neppure adesso, e guerre e sommosse sono in atto da decenni; dall’occupazione anglo -americana della Palestina del 1948 si sono avute diverse guerre: quella dei 6 giorni nel 1967, del Kippur del 1973… Proprio qui, all’inizio degli anni 70, con l’organizzazione Settembre Nero, è nato il terrorismo, che si è poi diffuso in tutto il mondo come nuova forma di guerra. Leggendo la Bibbia si constata che in questa terra non c’è pace da millenni. Il Papa, domenica 15 novembre, si è chiesto sgomento come sia possibile che un cuore umano possa concepire azioni così sconvolgenti. Anche io me lo sono chiesto subito, però non mi meraviglio più di tanto perché questa è la domanda che si pone l’uomo onesto di sempre. Non mi meraviglio, perché la storia insegna che è così da secoli, da millenni. Come ha potuto Caino fracassare la testa del fratello Abele, inerme e pacifico? Come hanno potuto tanti malvagi combinarne di tutti i colori lungo i secoli? Come è stato possibile per uomini di cultura, amanti della musica e dell’arte, ben preparati nelle scienze matematiche e naturali, del popolo tedesco, concepire lo sterminio di massa, in modo lucido e pianificato nei dettagli, di tutte le persone ritenute scomode o non conformi al concetto di cultura dominante, milioni di persone? Come hanno potuto eliminare altri milioni di persone, tra enormi sofferenze, in modo atroce e a livello industriale, i gerarchi stalinisti? Come hanno po- tuto tenere sottomesse, con il terrore e la tortura, intere nazioni i vari dittatori dell’America latina, dell’Africa, dell’Asia, per decenni? Come si può tollerare che questo succeda ancora oggi in tante parti del mondo? Come hanno potuto? Come è possibile? La risposta mi è data tutte le volte che leggo, o sento leggere, la passione di nostro Signore. Se hanno trattato in quel modo Lui il venerdì santo non mi meraviglio più di niente. Qualche anno fa nella nostra Parrocchia le Quarantore sono state tenute dai Missionari del Preziosissimo Sangue di Albano Laziale. Il predicatore aveva distribuito un libriccino ed una coroncina per la recita di alcune preghiere, che spesso rileggo, tra le quali queste due: O Agnello di Dio, immolato per noi, insegnaci il perdono delle offese e l’amore ai nemici. E tu, Madre del Signore e nostra, rivelaci la potenza e le ricchezze del Sangue prezioso. O Cuore adorabile, trafitto per noi, accogli le nostre preghiere, le attese dei poveri, le lacrime dei sofferenti, le speranze dei popoli, perché tutta l’umanità si riunisca nel tuo regno d’amore, di giustizia e di pace. Preghiamo per la Terra santa, per il Medio Oriente, per tutte le terre insanguinate da tremende guerre civili, per tutti i paesi del mondo in guerra, e sono tanti, troppi. Preghiamo per la pace nel mondo, custodendo nel cuore la speranza e meditando le parole del card. Martini: “Quando ci sarà pace a Gerusalemme ci sarà pace in tutto il mondo”; e soprattutto quelle di S. Giovanni Paolo II: “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”. Perché sia così al più presto chiediamo questo stupendo dono al Principe della pace, al Bambino Gesù, in questo S. Natale. Giovanni Magni “Misericordia e giustizia nell’edificazione della società plurale” Discorso alla città del Card. Angelo Scola Come ogni anno, nel corso della celebrazione vigiliare della solennità di S. Ambrogio il 6 dicembre, l’Arcivescovo di Milano ha tenuto il “discorso alla città”. Quelli sotto riportati sono alcuni stralci tratti da un commento posto sul portale del sito della Chiesa di Milano. È fuori dubbio che il fenomeno migratorio, visto in tutti i suoi aspetti anche negativi, ha bisogno, come da tempo chiede l’insegnamento sociale della Chiesa, di un nuovo ordine mondiale. Anche perché il fenomeno si continua ad alimentare tragicamente provocato da gravi 5 cipio di giustizia, attraverso le relazioni costitutive di sposi, genitori, sorelle e fratelli, nonni, parenti, amici, vicini ... La democrazia italiana deve molto all’influsso che il cristianesimo ha esercitato sul sistema delle leggi che ci viene offerto dall’ordinamento costituzionale. Il principio personalista, su cui è improntata la nostra Costituzione, considera l’uomo nelle sue relazioni costitutive, in seno alla famiglia e alla società. Il punto di partenza non è l’individuo isolato, né una visione contrattualistica delle sue azioni, ma la persona nella sua strutturale apertura all’altro come parte dello stesso corpo sociale, dotata di diritti, ma anche di doveri, da vedere sempre in connessione con le leggi. Scola ha sollecitato l’impegno concreto dei cristiani nel mondo, a maggior ragione in una stagione come quella che stiamo vivendo: «Sia come fedeli, sia come cittadini della metropoli milanese, non possiamo esimerci dall’essere testimoni, dall’auto esporci, soprattutto in questi tempi minacciosi, affinché queste due dimensioni fioriscano attraverso le virtù teologali di fede, speranza e carità e quelle cardinali di giustizia, prudenza, fortezza e temperanza, generando comunione nella Chiesa e autentica amicizia nella società civile». Un pensiero all’invito del Santo Padre: «Lungi dall’essere un invito moralistico, quella del Papa è una lettura acuta delle falle che si sono aperte nel nostro mondo globalizzato. In questa realtà, infatti, tutte le periferie si somigliano. Perciò guardare il mondo dal punto di vista degli esclusi conduce a ridurre l’auto giustificazione del sistema che genera tale esclusione. Anche Milano patisce le contraddizioni sociali proprie di questo stato di cose: cito solo l’esclusione dei giovani dalla possibilità di vivere da protagonisti, negli affetti e nel lavoro». ingiustizie, da guerre, persecuzioni e fame, prodotte da ingenti interessi economici. Ha denunciato infatti l’Arcivescovo: Non basta focalizzarsi sulle disumane, inaccettabili condizioni del viaggio dei migranti. Si deve guardare bene in faccia a un dato: queste persone sono costrette a sostenere simili fatiche per ragioni di assoluta necessità, come la difesa della vita, della libertà o la determinazione a lasciarsi alle spalle la fame e la miseria. Davanti alle autorità civili, militari e religiose di Milano e della Diocesi, Scola ha riflettuto di misericordia e giustizia nell’edificazione di una società plurale alla vigilia dell’apertura del Giubileo e in un contesto internazionale segnato dai lutti provocati da azioni terroristiche. Talora percepiamo, sia a livello personale, sia a livello sociale, la tensione tra giustizia e misericordia, che si fa forte di fronte all’esperienza del male, alla necessità di espiare la pena per riparare al danno inferto e alla pratica del perdono. Vi sono inoltre delitti efferati, come i terribili casi di terrorismo, in cui sembra non esserci alcuna possibilità di riparare. Il male, in questo caso, appare come assolutamente irrimediabile. Giustizia e misericordia sarebbero in tal modo in conflitto. E tuttavia dalla correlazione di questi due fattori deriva una serie di conseguenze che incidono in termini decisivi sulla qualità della vita dei singoli e della società civile. Per la vita buona della società occorre stabilire un ordine di giustizia e aderirvi, cosa in sé assolutamente necessaria; significa allora che, sulla scena pubblica, il rendere giustizia può essere giustificato solo se genera una crescita per tutta la famiglia umana, che non può limitarsi al benessere materiale e neppure all’ordine pubblico. Tutto questo richiede un di più di dialogo e confronto tra posizioni diverse, in una società frammentata e plurale. Se la giustizia ha a che fare con la costruzione di vita buona nella società si deve riconoscere che, in un contesto sociale plurale come il nostro, è assai difficile reperire un insieme di valori pacificamente condiviso. Questo non significa che non sia possibile una “società giusta”, significa che la strada per realizzarla è più complessa. In una realtà di sofferenza spesso si fa appello al perdono. Ma cosa vuol dire? Ha risposto il Cardinale: «Una corretta visione del perdono permette di meglio cogliere il rapporto che intercorre tra la misericordia di Dio e la sua giustizia nei confronti dell’uomo. Cos’è infatti il perdono di Dio manifestato in Gesù? Non è il far finta di nulla, il non vedere il male, il lasciar correre, il ritenere che non sia successo nulla, ma piuttosto il salvare mediante la forza dell’amore avendo chiara la coscienza del male e della sua forza distruttiva. Chi perdona vede bene la gravità del male subito e non lo sottovaluta in alcun modo: piuttosto non cessa di amare chi lo ha commesso; cerca di imparare da Gesù che pur essendo stato ferito dalla colpa dell’altro coltiva il desiderio di vederlo riscattato attraverso la contrizione, sostiene con gioia il suo impegno di conversione». Ambito primario per vivere il perdono è la famiglia: La famiglia è l’ambito primario e insostituibile dove si impara sia il principio di gratuità (misericordia), sia il prin- LA STORIA DEL QUARTO SAGGIO (Una storia di Natale che porta alla Pasqua) La storia del quarto Saggio parla delle avventure capitate al quarto dei Re Magi. Il Vangelo parla di tre saggi venuti dall’oriente, questa è la storia del quarto, giunto in ritardo all’appuntamento per la partenza verso Betlemme, e quindi messosi in cammino da solo alla ricerca del “Re”. Questo quarto saggio, di nome Artaban, aveva investigato gli astri e gli scritti profetici, insieme ai suoi tre amici: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, giungendo alla conclusione che il tempo era compiuto e il Re dei re sarebbe nato in Giudea. Artaban, in attesa di partire con i compagni, vendette la casa e i beni per acquistare i doni da portare al Principe di Israele: uno zaffiro, un rubino, ed una perla di grande valore. Il Consiglio dei saggi, cui si era rivolto per un parere, sconsigliò Artaban dall’intraprendere il viaggio, però Abgaro, il più anziano, che lo amava molto, gli disse: “Figlio mio, può essere che in questo segno apparso nei 6 Artaban s’incamminò per il lungo viaggio, attraversando molti territori, e finalmente giunse ai fiumi di Damasco e quindi alle pendici dell’Hermon; attraversò il Giodano e il lago di Galilea, le pianure di Esdrelon, le colline di Efraim, i monti della Giudea, finchè arrivò a Betlemme. Era il terzo giorno dopo che i tre saggi vi erano giunti ed avevano offerto al Bambino Gesù, con Maria e Giuseppe, i loro doni: oro, incenso e mirra. L’altro saggio s’inoltrò stanco e pieno di speranza recando il rubino e la perla da offrire al Re. Ora, disse, lo troverò certamente, benché da solo e più tardi dei miei fratelli, questo è il luogo di cui mi disse il povero ebreo e qui vedrò il sorgere della Grande Luce. Devo però informarmi a quale casa la stella ha portato i miei fratelli. Le strade erano però tutte deserte e da una porta socchiusa Artaban sentì il canto sommesso di una donna. Entrato trovò una giovane madre che cercava di calmare e addormentare il suo bambino. La donna raccontò di come in paese fossero giunti tre Magi che avevano offerto i loro doni al figlio di Maria e di Giuseppe; come Giuseppe fosse poi partito in fretta con Maria e il Bambino verso l’Egitto. Artaban ascoltava in silenzio, mentre il bimbo gli sorrideva, toccando la sua veste. La donna gli offrì quanto aveva da mangiare e il bambino si addormentò in pace. D’un tratto si sentì uno strepito e rumore di cavalli, erano i soldati mandati da Erode per la strage dei bambini. La madre terrorizzata si nascose in un angolo coprendo il figlio perché non si svegliasse e piangesse e l’imponente Artaban stette sulla porta. I soldati, che venivano dalla strada con spade insanguinate, alla vista dello straniero esitarono sorpresi, il capitano cercò di spostarlo per entrare ma egli fu irremovibile e disse: “Io qui sono solo e darò questo rubino se ve ne andate”. Il capitano arraffò il rubino, disse “Qui non c’è nessun bambino” e se ne andò via insieme agli altri soldati. Entrato nella casa Artaban pregò dicendo: “Dio di verità perdonami, ho detto ciò che non è per salvare la vita di un bambino. Ecco, due dei doni sono andati, ho speso per l’uomo ciò che era destinato a Dio. Sarò mai degno di vedere la faccia del Re?”. Ma la voce della donna, tremante di gioia dietro di lui disse dolcemente: “Possa il Signore benedirti e proteggerti, perché hai salvato la vita del mio bambino”. Artaban continuò il suo viaggio in Egitto, che percorse per parecchio tempo in lungo e in largo, chiedendo del re. Ad Alessandria un venerando rabbì ebreo, curvo sui rotoli di pergamena che parlavano delle sofferenze del Messia, gli disse: “Ricorda, figlio mio, il re che cerchi non lo troverai in un palazzo, né tra i ricchi o i potenti, non avrà il potere di Giuseppe in Egitto o del re Salomone; la luce che il mondo aspetta è una luce nuova, è lo splendore della sofferenza paziente e trionfante. Ed il regno che sarà stabilito per sempre è un nuovo regno: la sovranità del perfetto, insuperabile amore. Coloro che cercano il Messia faranno bene a cercarlo fra i poveri e gli umili, fra gli addolorati e gli oppressi”. Così il “saggio” riprese il suo pellegrinare di luogo in luogo, dove la piccola famiglia di Betlemme poteva aver trovato rifugio, attraversò paesi dove faceva strage cieli sia la luce della verità, che ti condurrà al Principe, al Grande Splendore, oppure può essere solo un’ombra della luce e chi la segue si perderà in un lungo pellegrinaggio e in una vana ricerca. Ma è meglio seguire anche l’ombra di ciò che è il meglio piuttosto che restare paghi del peggio. E coloro che vogliono vedere cose meravigliose devono sovente essere pronti a viaggiare soli”. Apparve nel cielo la stella, Artaban chinò il capo, si coprì il volto con le mani e disse: “E’ il segno, il Re viene e io vado ad incontrarlo”. Prima dell’alba l’altro saggio era già in sella e cavalcava velocemente verso occidente. Egli doveva correre veloce perché la strada era lunga e il tempo per raggiungere i tre amici poco, dieci giorni. Alla fine del decimo giorno era sotto le mura di Babilonia, luogo dell’appuntamento. Qui il cavallo si fermò inquieto davanti ad un uomo, steso a terra morente. La sua mano tremante afferrò la veste del saggio, era un povero ebreo. Artaban fu molto contristato perché se non fosse subito partito in fretta non sarebbe arrivato per tempo all’appuntamento e avrebbe perso l’opportunità, coronare la sua ricerca; se però non avesse soccorso il poveretto, questi certamente sarebbe morto. Il suo cuore si turbò: doveva egli rischiare la grande ricompensa della sua fede divina per un atto d’amore umano? Doveva smettere di seguire la stella per dare un sorso d’acqua ad un morente? Artaban non esitò, essendo anche medico curò il pover’uomo per tutto il tempo necessario, finchè questi si riebbe e gli chiese “Chi sei, tu che mi hai salvato?”. Il saggio rispose: “Io sono Artaban, il mago, e vado a Gerusalemme in cerca di uno che sta per nascere e che sarà il Principe liberatore degli uomini. Non posso fermarmi perché la carovana che mi aspetta partirebbe senza di me; eccoti quanto mi resta del mio pane e del mio vino e un po’ di erbe risanatrici”. L’ebreo rispose: “Possa il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe benedire il tuo viaggio. Non ho nulla da darti in cambio ma posso dirti dove trovare il Messia; i nostri Profeti hanno detto che non nascerà a Gerusalemme ma in Betlemme di Giudea. Possa il Signore condurti salvo in quel luogo, poichè tu avesti pietà di me”. La mezzanotte era passata da tempo ed Artaban galoppava veloce. Al luogo dell’appuntamento scorse una pergamena, la raccolse e lesse: “Abbiamo aspettato fin dopo mezzanotte e non possiamo indugiare oltre. Noi andiamo a trovare il Re, seguici attraverso il deserto”. Artaban si coprì il volto e sedette disperato: “Come posso attraversare il deserto senza cibo e con un cavallo esausto? Devo tornare in Babilonia, vendere lo zaffiro per comprare provviste. Non potrò raggiungere i miei amici e solo Dio sa se perderò di vista il Re per aver usato misericordia”. 7 vano terrorizzati. Artaban e la fanciulla riscattata sedettero per terra accanto alle mura del pretorio. Aveva dato l’ultimo tributo per il re, si era separato dall’ultima speranza di trovarlo. La ricerca era finita e, in questo pensiero accettato ed abbracciato, c’era una infinita pace, capiva di aver fatto il meglio possibile. Una scossa di terremoto mosse le tegole ed una pesante, staccatasi dal tetto, colpì il vecchio alla tempia. Egli giacque, pallido e senza respiro, con la testa canuta china sulla spalla della giovinetta mentre il sangue sgorgava dalla ferita. Com’essa si curvò su di lui credendolo morto si udì nel crepuscolo una voce lieve e sommessa, le parole erano indistinte. La fanciulla si volse a guardare se qualcuno avesse parlato, ma non vide nessuno. Allora le labbra del vecchio cominciarono a muoversi come in risposta alla voce ed essa lo udì dire: “No, mio Signore, quando mai ti vidi affamato e ti nutrii, assetato e ti diedi da bere? Quando ti vidi straniero e ti accolsi presso di me? O ignudo e ti rivestii? Quando ti vidi malato o prigioniero e venni a te? Trentatré anni ti ho cercato, ma non ho mai visto la tua faccia, né mai ti ho servito mio Re!”. Egli tacque e la dolce voce tornò a farsi sentire. La fanciulla l’udì, debole e lontana, ma ora le parve di comprenderne le parole: “In verità, io ti dico, quanto tu hai fatto ad uno degli ultimi miei fratelli l’hai fatto a me”. Uno splendore colmo di gioia e di meraviglia illuminò il volto pallido di Artaban e le sue labbra esalarono sorridendo un ultimo lungo sospiro di sollievo. Il viaggio era finito! I suoi tesori erano accettati! L’altro saggio aveva trovato il Re. la carestia e i poveri chiedevano pane, dimorò in città colpite dalla peste, visitò afflitti, oppressi, carcerati. Qui non trovava nessuno da adorare ma molti da aiutare. Cibava gli affamati, vestiva gli ignudi, curava gli infermi, confortava i prigionieri, e i suoi anni passavano rapidamente. Sembrava quasi aver dimenticato la sua ricerca. Una volta, sulla porta di una prigione romana, trasse la sua perla e si mise a contemplarla in silenzio, mentre il sole la rendeva iridescente, bellissima. Trentatrè anni della vita di Artaban erano trascorsi ed egli ancora pellegrinava in cerca della Luce. I suoi capelli, un tempo corvini, erano candidi; gli occhi, in passato balenanti come folgore, spenti e appannati. Stanco, logoro, presso a morire, ma pur sempre alla ricerca del re, era venuto ancora una volta a Gerusalemme, dove spesso aveva cercato la famiglia di Nazareth. Stavolta qualcosa gli sussurrava che avrebbe potuto riuscire nell’intento. Era il tempo di Pasqua, nella città si accalcavano stranieri e figli di Israele sparsi nei vari paesi. Quel giorno la moltitudine era in preda ad una singolare agitazione, e il cielo ottenebrato da una strana caligine. Artaban domandò quale fosse la ragione di tale fermento e dove andasse tutta quella gente. Risposero: “Andiamo al luogo del Golgota, fuori le mura della città dove deve aver luogo una esecuzione. Due ladri devono essere crocifissi e con essi anche Gesù di Nazareth, uno che ha compiuto cose meravigliose, e che il popolo ama, ma che i sacerdoti e gli anziani hanno detto che deve morire perché si è detto “Figlio di Dio”. E Pilato lo ha condannato alla croce perché ha detto di essere “Re degli Ebrei”. Queste parole caddero sul cuore stanco di Artaban, esse lo avevano condotto tutta la sua vita per terre e per mari ed ora gli giungevano misteriose e oscure, come un disperato messaggio. Il re era sorto, ma era staro rinnegato e rifiutato e stava per morire. Forse era già morto. E se fosse quello nato a Betlemme 33 anni prima, annunciato dalla stella in cielo? Il cuore di Artaban batteva agitato ed egli disse tra sé: “Le vie del Signore sono più strane dei pensieri degli uomini, può essere che io arrivi in tempo a riscattarlo con la mia perla prima che muoia”. Seguì la moltitudine verso la porta di Damasco, quando vide dei soldati trascinare una fanciulla dalle vesti lacere. Si fermò a guardarla pieno di compassione ed ella divincolatasi si gettò ai suoi piedi gridando di essere salvata, perché stava per essere venduta schiava per i debiti del padre. Artaban tremò. Ancora una volta il conflitto della sua anima tra l’aspettativa della fede e l’impulso dell’amore. Già due volte il dono consacrato all’adorazione religiosa era uscito dalle sue mani per servire l’umanità. Questa era la terza prova, l’irrevocabile scelta finale. Era la sua grande opportunità o l’ultima tentazione? Trasse dal suo seno la perla, che mai gli era sembrata così bella e lucente, e la pose nella mano della schiava dicendo: “ecco il tuo riscatto figliuola, è l’ultimo dei miei tesori e lo tenevo per il Re”. Mentre parlava il cielo si fece ancora più cupo e scosse di terremoto scuotevano la terra; i muri delle case ondeggiavano, i soldati fuggi- La persona che mi ha inviato il fascicolo con questo racconto, che ho cercato di riassumere al meglio, lo ha accompagnato con queste due righe: Caro Giovanni, ti mando questa “storia” che io amo molto e che leggo con commozione nel periodo di Natale. Questo 4° Saggio è per me l’essenza più umana e anche più spirituale dell’amore. Anche lui ha incontrato il Cristo, ma solo dopo 33 anni! E’ forse più facile per chi ha una fede? E’ più breve? Ho risposto così: Incontrare il Signore non è più facile, né più breve, per chi dice di credere. Incontrarlo non è mai facile per nessuno, perché incontrarlo vuol dire: rinnegare se stessi, prendere su di sé la propria croce e servirlo nei poveri, negli ultimi, negli emarginati, negli esclusi, … solo così lo si trova, solo così si ha veramente fede, solo così ci si realizza nella vita. Il nostro cammino nel tempo è una continua ricerca di bene, di bello, di felicità, … in una parola di verità. Sant’Agostino l’ha cercata in mille modi e in mille cose la verità, ma non riusciva a trovarla. Un giorno, prima della sua conversione, S. Ambrogio gli ha raccomandato di non perdersi d’animo e proseguire la sua onesta ricerca, avvisandolo però che non sarebbe stato lui a trovare la verità ma la Verità ad andargli incontro, perché la verità è una persona: Cristo. Se ti commuove la lettura della storia del quarto Saggio … sei sulla buona strada. Leggi il Vangelo e vi troverai quello che cercava il 4° Saggio. Peccato che dopo 2000 anni molti cristiani non 8 si sono ancora fatti toccare il cuore da queste parole. Il loro cuore, come diceva Gandhi, è come un sasso immerso nell’acqua che, anche dopo secoli, dentro è sempre asciutto … e il comportamento viene di conseguenza. Giovanni LETTERE DI SAN PAOLO Profilo biografico di Paolo Paolo è nato a Tarso in Cilicia (Turchia meridionale) tra il 5 e il 10 d. C. All’atto della circoncisione i genitori gli diedero il nome ebraico di Saulo e probabilmente anche il nome latino di Paolo, in quanto la famiglia godeva del diritto di cittadinanza romana. Come apostolo egli userà il nome di Paolo. A Tarso il giovane Saulo ricevette la prima educazione religiosa ebraica e respirò il clima cosmopolita della città. Dopo la fanciullezza fu inviato a Gerusalemme a completare la sua formazione biblico – giudaica alla scuola di un maestro di prestigio: Gamaliele. Della formazione greca di Saulo non si sa nulla ma se ne trovano tracce evidenti nelle sue lettere e, indubbio segno della duplice cultura acquisita, è la perfetta padronanza della lingua greca e di quella ebraico – aramaica. Non si sa se Saulo abbia avuto diretti rapporti con Gesù ma compare subito come un temibile avversario della Chiesa nascente. Dopo l’uccisione di Stefano, cui prese parte, Saulo si recò a Damasco per dare la caccia ai Cristiani. Mentre stava per raggiungere la città però fu folgorato da una visione di Cristo che gli si rivelò in pienezza. Il fatto, avvenuto intorno al 35 d. C., mutò radicalmente il corso della sua vita. Dopo il battesimo Paolo si ritirò per un po’ di tempo nella solitudine dell’Arabia, quindi tornò a Damasco. Si recò poi a Gerusalemme per prendere contatto con Pietro ma, per sottrarsi all’ostilità giudaica contro di lui, accettò il consiglio di tornare a Tarso. Dopo qualche tempo Barnaba, un cristiano molto stimato dagli Apostoli, lo condusse con sé ad Antiochia di Siria. Per un intero anno essi lavorarono insieme in quella chiesa fiorente istruendo grandi folle. Da Antiochia partirono le grandi spedizioni missionarie di Paolo. Un primo viaggio missionario, in compagnia di Barnaba, lo condusse da Antiochia a Cipro, e successivamente nelle regioni meridionali della Turchia, dove si formarono delle comunità locali cui furono preposti dei capi chiamati “Anziani” o “Presbiteri”. In una seconda spedizione missionaria, con Sila e Timoteo, Paolo attraversò la Turchia da Tarso a Troade, spingendosi poi verso l’Europa annunciando il vangelo a Filippi, Tessalonica, Atene, Corinto, dove sostò per due anni. Siamo negli anni 51 – 52 e da Corinto Paolo invia la lettera ai Tessalonicesi, il più antico scritto del Nuovo Testamento. Da Corinto fece poi Ritorno ad Antiochia. Dopo non molto tempo una terza spedizione missionaria ebbe per centro la grande città di Efeso, dove Paolo dimorò oltre due anni, tenendosi in contatto colle comunità fondate in precedenza. Da Efeso scrisse la prima lettera ai Corinzi e la lettera ai Galati. Costretto a fuggire da Efeso si recò in Macedonia, dove scrisse la seconda lettera ai Corinzi, e poi a Corinto dove trascorse l’inverno del 57 – 58 scrivendo la grande lettera ai Romani. Da Corinto Paolo si recò a Gerusalemme per la consegna delle offerte raccolte a favore dei Cristiani di quella DIFFUSIONE DEI VANGELI Con questo articolo termina la parte dedicata alla panoramica generale sulla Bibbia; con il prossimo numero saranno brevemente illustrati ciascuno dei 73 libri in essa riportati. Come dicevo la volta scorsa, alla morte dell’ultimo apostolo, S. Giovanni Evangelista, gli scritti su quanto detto e fatto da Gesù si sono diffusi subito, e nel corso dei primi secoli della vita della Chiesa di questi libri ne circolavano molti e di diverso tipo. Sempre in questi primi secoli, sono sorte anche diverse eresie, per confutare le quali si sono tenuti degli importantissimi concili ecumenici. Nel 1546 il Concilio di Trento confermò l’uso antico di considerare canonici 73 libri, 46 dell'Antico e 27 del Nuovo Testamento, riprendendo l'elencazione proposta dal Concilio di Firenze nel 1442 che accoglieva l'elenco dei libri contenuti nella Vulgata di S. Girolamo, il quale seguì le indicazioni di papa Damaso che nel 382 fissò Il canone cattolico. Questo canone è stato confermato dal Concilio Vaticano II. La Chiesa Cattolica riconosce pertanto come canonici 73 Libri: 46 dell’Antico e 27 del Nuovo Testamento. Il canone protestante è diverso da quello cattolico, perché non accetta alcuni libri, e a maggior ragione lo è quello ebraico che, oltre a non comprendere i 27 libri del Nuovo Testamento, esclude anche quelli il cui manoscritto originale non è redatto in lingua ebraica o aramaica. Il concilio Vaticano II, del quale l’8 dicembre ricorrono i 50 anni dalla conclusione, ha anche prodotto dei documenti per stimolare il dialogo interreligioso, il dialogo ebraico–cristiano, e soprattutto il dialogo ecumenico perché, con l’aiuto dello Spirito santo, tutti i cristiani confluiscano in un’unica Chiesa. Il concilio Vaticano II poi, con la “Dei Verbum”, invita caldamente tutto il popolo di Dio a riaccostarsi alla Bibbia. Con la controriforma, sancita dal concilio di Trento, di fatto era stata proibita la lettura della Bibbia temendo, data la scarsa cultura della gente di allora, che si estendessero le eresie calviniste e luterane. Ora è tempo di una lettura personale dei testi, sempre però attenti a quanto indicato dal Magistero della Chiesa, dal tempo dei Padri fino ad oggi. Una corretta lettura dei testi della Bibbia unisce a quanto scritto nei suoi libri il commento esegetico del Magistero. 9 Le più brevi di queste lettere e precisamente la seconda di Pietro, la terza di Giovanni e quella di Giuda, incontrarono qualche incertezza per entrare nel canone ufficiale della Chiesa. comunità. A Gerusalemme è notato da Giudei ostili che gli sollevano contro la folla. Dopo un drammatico arresto da parte del tribuno romano, Paolo è trascinato in un lungo processo a Gerusalemme, che si concluderà poi a Roma essendosi egli appellato a Cesare. A Roma Paolo arrivò nella primavera dell’anno 60 – 61 e vi rimase in domicilio coatto fino all’anno 63, in attesa di un processo che non ebbe luogo. Da Roma scrisse le lettere ai Filippesi, agli Efesini, ai Colossesi ed il biglietto a Filemone. Dopo il 63 non ci sono più notizie sicure. Alcuni ipotizzano già il 64 come anno del martirio, mentre altri collocano qui il viaggio in Spagna. Si hanno anche notizie di un altro viaggio in Asia Minore dove lasciò Timoteo a capo della Chiesa di Efeso ed affidò a Tito la comunità di Creta. Troviamo poi Paolo ancora a Roma, in una severa prigionia, nel corso della quale avrebbe scritto le lettere a Timoteo e a Tito. Il processo questa volta si concluse colla condanna alla decapitazione, avvenuta secondo la tradizione alle Acque Salvie, lungo la via Ostiense, a cinque chilometri dalle mura di Roma, nell’anno 67 d. C. Ciascuna lettera possiede un carattere proprio ed una propria finalità; anche la forma e lo stile sono diversi. Queste lettere sono come omelie pastorali, redatte in forma di lettera per favorirne la diffusione. I temi che vi si svolgono vanno oltre l’interesse di un gruppo particolare di lettori e riguardano l’intera comunità cristiana. Rappresentano pertanto un modello degli insegnamenti cristiani dati alle prime comunità, e di qui la differenza con le lettere di san Paolo. APOCALISSE Apocalisse significa “Rivelazione” e designa un genere letterario che presenta la storia passata come predizione del futuro sotto forma di visioni, simboli, immagini mitiche e numeri. Il Nuovo Testamento ha accolto nel canone una Apocalisse il cui autore dichiara di essere Giovanni, rinchiuso nell’isola di Patmos a motivo della fede cristiana. Una tradizione risalente al II secolo lo identifica con l’apostolo Giovanni, e si pensa che lo scritto sia stato composto sotto Domiziano, verso il 95 d. C. La divisione del libro è abbastanza chiara. Un’introduzione che comprende l’intestazione, i vari destinatari e la grande visione inaugurale. Il corpo del libro si compone di due parti: una sezione pastorale con le lettere alle sette chiese (le cose riguardanti il presente) e la sezione propriamente apocalittica, cioè le cose che accadranno dopo, nelle quali non si devono cercare avvenimenti futuri ma vedere la condizione della Chiesa in ogni tempo. L’epilogo è dominato dall’invocazione “Vieni, Signore Gesù” con la risposta “Sì, vengo presto”. L’autore presenta le sue visioni in serie di settenari (7 sigilli, 7 trombe, 7 coppe) in cui descrive la situazione della Chiesa perseguitata e i giudizi di Dio sui persecutori, fino al giudizio finale che annienterà ogni forza ostile e donerà ai fedeli la felicità eterna. L’Apocalisse appare come la grande epopea della speranza cristiana che anima la Chiesa, sempre perseguitata nel mondo, ma sostenuta dal suo Signore. Giovanni Magni Le Lettere Le lettere giunte a noi col nome di Paolo basterebbero da sole a collocarlo tra i grandi scrittori dell’antichità. Più che la quantità colpisce l’acutezza del pensiero e l’immediatezza esistenziale. Esse sono nate a servizio della missione e come sua integrazione. Tredici lettere hanno come mittente il nome di Paolo e sono indirizzate: ai Romani, ai Corinzi (2), ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi, ai Tessalonicesi (2), a Timoteo (2), a Tito, a Filemone. Una quattordicesima, la lettera agli Ebrei, gli è stata attribuita fin dal II secolo ma non è scritta da lui. Sette sono ritenute da tutti autentiche: 1 Tessalonicesi, 1 – 2 Corinti, Galati, Romani, Filippesi, Filemone. Sono apparse tra gli anni 50 e 60 e sono gli scritti più antichi del cristianesimo. Nelle altre lettere c’è forse la mano di qualche discepolo. Si tratta di vere e proprie lettere, ma anche quando tratta problemi immediati per i suoi destinatari Paolo li accosta con argomentazioni teologiche. Vi si trovano quindi questioni dottrinali che vanno ben al di là delle questioni contingenti. Le lettere ai Galati ed ai Romani sono trattazioni teologiche, anche se conservano il carattere di vere e proprie lettere alle rispettive comunità. Sono dunque lettere occasionali nate dalle esigenze della missione, ma nel contempo lettere pastorali ed apostoliche, destinate a costruire le comunità cristiane di ogni tempo. AMORE PER LA CHIESA (anche per le sue miserie) LETTERE CATTOLICHE Si chiamano cattoliche sette lettere del Nuovo Testamento che non sono indirizzate a nessuna comunità in particolare e sono attribuite: due a Pietro, una a Giacomo, una a Giuda e tre a Giovanni. Forse a suggerire l’appellativo “Cattoliche” è stata proprio l’assenza di particolari destinatari. La raccolta si attesta nel secolo IV. La Volgata ha imposto la prassi di collocarle tra le lettere di San Paolo e l’Apocalisse di San Giovanni. La Chiesa è santa per il fatto che a capo c’è Cristo, suo sposo. E’ però anche fatta da poveri uomini, da poveri peccatori, e quindi non sempre perfetta. Come cristiani dobbiamo però sempre amare la Chiesa e difenderla. Questo senza scusare inutilmente errori indifendibili, avvenuti nel corso della storia e in atto ancora oggi, a causa dei difetti, degli errori e dei peccati degli uomini. 10 dell’Oratorio, tenendone presente il progetto educativo, insieme al parroco. La formazione di una comunità educante vuole diminuire la frammentazione dei diversi ambiti dell’Oratorio, in modo da non farlo diventare un grande contenitore di molte cose e attività che non si relazionano tra di loro. Questo nuovo modo di concepire il Consiglio recupera i compiti di quest’ultimo con la ferma volontà di garantire più unità ad ogni cosa pensata e fatta. La comunità educante si riunisce mensilmente con i componenti del precedente Consiglio dell’Oratorio, e aggiunge ad essi le persone che sono coinvolte o vogliono coinvolgersi nell’attività oratoriana. Va messo in risalto il tanto bene, il tanto bello e le opere meravigliose da lei compiute nel corso dei secoli; bene e bello testimoniato da una moltitudine di santi, anche ai nostri giorni. Giovanni Magni LA RICCHEZZA DEL NATALE La ricchezza vera è questo Bambino che viene nel mondo, il Bambino Gesù. Il resto, strombazzato dappertutto in mille modi, con la pubblicità e nei centri commerciali, rischia di essere solo falsità e noia, la sagra dell’ipocrisia, l’ostentazione dell’indifferenza verso i poveri, gli esclusi, gli emarginati, i dimenticati da quella che Papa Francesco definisce la cultura dello scarto; il resto ci allontana da Dio, ci imbottisce di cose che suonano come campane rotte e ci riempiono di vuoto. Il Natale cristiano fa l’esperienza di Dio che scende tra di noi per portarci a Lui, che viene a salvarci, che mostra la sua misericordia, il suo immenso amore, in questo Bambino che si fa uomo per ricondurci alla vita piena, nuova, eterna, da condividere come figli amati. Dio ci lascia liberi di scegliere quale vita condurre e per quale strada camminare: la sua, donata in questo Bambino, o quella del nostro orgoglio e del nostro egoismo che ci allontana da Lui. Egli ci ama comunque sempre, e sempre aspetta il nostro ritorno, la nostra conversione, il nostro sì. Siamo circondati da tante povertà materiali, morali, spirituali, che ci interpellano chiedendo un po’ dei nostri mezzi, un po’ del nostro tempo. Dio ci è sempre vicino, solidale con noi. Ricambiamo questo amore e questa solidarietà con un vicendevole amore solidale. Buon Natale. Comunità educante Incontro di martedì 1° dicembre 2015 L'incontro si apre con una riflessione proposta da Don Marco sul tema della misericordia. Alla vigilia dell’apertura dell’anno giubilare straordinario, dedicato alla misericordia, il Papa apre la prima porta santa lontano da Roma, in centro Africa. Insolito sicuramente. Forse questa stranezza dovrebbe farci interrogare su come sentiamo parlare di questa misericordia e come è da intendere. Il termine è inflazionato, ma cos’è e cosa centra con noi? Don Marco continua dicendo che “la misericordia è il volto di Dio che è presente e perdona […] questa misericordia si sperimenta nella preghiera e anche negli altri e bisogna imparare ad esprimerla nell’amore verso i fratelli; poiché Gesù stesso ha detto: siate misericordiosi”. “Questa primavera, quando sono stato a Roma coi miei compagni diaconi, abbiamo avuto la grazia di poter chiedere direttamente a Papa Francesco cosa sia per lui la misericordia. Diversa dalla rigidezza e dal buonismo indifferente, essa sta in mezzo: è quell’amore che costa e si fa carico del prossimo.” Infine si è parlato di come sia importante, anche in Oratorio, avere spazi di misericordia nei quali si accoglie l’altro non semplicemente coi cancelli aperti, ma nella qualità delle relazioni che rispecchiano – e devono rispecchiare sempre maggiormente – un amore più grande che dia un senso ed uno stile unico al modo di abitare questo spazio che è un grande dono e una grande peculiarità della nostra diocesi ambrosiana. Si è passati poi al seguente O. D. G. : verifica del mese di novembre; calendario prossimi appuntamenti; varie ed eventuali LA COMUNITA’ EDUCANTE PREMESSA: cos’è la comunità educante Verifica mese di novembre La comunità educante nasce nella nostra parrocchia nel settembre del 2014, prendendo spunto dalla lettera pastorale del cardinale Angelo Scola e declinandola nel concreto in un nuovo assetto del Consiglio dell’Oratorio. Al Consiglio dell’Oratorio è dato il compito di organizzare, pensare e attuare le attività Domenica 8 novembre; la quinta elementare, nella domenica in cui aveva l’animazione della Messa domenicale, si è fermata in Oratorio per un pranzo con le famiglie dei ragazzi e le catechiste. La risposta da parte delle famiglie è stata buona alla Messa e all’incontro con don Paolo, un po’ più scarsa per il pranzo: molti hanno scelto di lasciare solo i ragazzi per impegni con gli altri figli. Chi ha partecipato è rimasto contento e soddisfatto dell’iniziativa. Anche per le catechiste molto positiva l’esperienza, soprattutto perché nel pranzo c’è occasione di dialogo e conoscenza. Si pensa di riproporla. Nello stesso giorno, in serata, si sono trovati i giovani di tutta la comunità pastorale per pregare insieme e cenare cuci11 sempre alle 17 nando da soli le pizze. Buona la partecipazione, ottimo il clima tra i giovani. Domeniche pomeriggio; la partecipazione non eccezionale ai laboratori, complice la presenza del teatro che coinvolge molti e sta procedendo bene. Comunque si pensa di continuare a proporre qualcosa di alternativo al teatro per coloro a cui non piace o che non possono parteciparvi. La presenza degli animatori, come dei bambini, è altalenante. Pappa & ciccia; domenica 29 novembre ha aperto per un laboratorio di cucina. La partecipazione buona, minore rispetto al solito causa molti malati. Clima bello e bimbi contenti. Biscotti buonissimi. La prossima data di apertura del Pappa & ciccia sarà a gennaio; più avanti maggiori dettagli. Anche l’avventura del Pappa & ciccia infrasettimanale continua bene e con buona partecipazione. Avvento; i calendari sono stati tutti distribuiti, qualcuno è rimasto senza ma si provvederà a cercare di recuperare qualche calendario dalle parrocchie della comunità pastorale. Gli adesivi ritirati la domenica sono un buon numero, che quindi rispecchia una buona costanza della partecipazione dei ragazzi. Per la Messa del giorno di Natale verrà pensato un gesto che dia compimento a tutto il cammino di avvento. La porta costruita davanti alla chiesa, che richiama il titolo dell’avvento “come Gesù, porta la pace”, e l’inizio ormai imminente del giubileo straordinario della misericordia, sembrano aver avuto un buon impatto; dai prossimi giorni la porta verrà illuminata tutte le sere. Come carità d’avvento ai ragazzi dell’iniziazione cristiana e ai preadolescenti, si è chiesto di portare in chiesa viveri per la caritas parrocchiale. Nel complesso i viveri raccolti sono un buon numero. Domenica 29 novembre il coretto dei bimbi ha invitato tutti i ragazzi delle elementari alla Messa delle 11 per cantare insieme. La risposta è stata buona, molti bambini hanno partecipato. Si pensa di riproporre più avanti. -Venerdì 18 dicembre: ore 21 a Verderio Inferiore, adorazione e confessioni per 18/19enni e giovani di tutto il decanato -Sabato 19 dicembre: ore 16 confessioni ragazzi 1a media. In serata in Oratorio cena U.S. Orobia -Domenica 20 dicembre: ore 9.30 in chiesa parrocchiale Messa animata dall’U.S. Orobia con la partecipazione delle associazioni di Robbiate. Ore 17 nel centro polifunzionale “Carlo Maria Martini” teatro di Natale realizzato dal gruppo teatrale dell’Oratorio -Lunedì 21 dicembre: ore 21 a Paderno confessioni per gli adolescenti di tutta la comunità pastorale -Martedì 22 dicembre: al termine della novena, in chiesa parrocchiale, confessioni ragazzi di 5a elementare -Mercoledì 23 dicembre: al termine della novena, in chiesa parrocchiale, confessioni preAdo -Giovedì 24 dicembre: ore 23 in chiesa parrocchiale Messa di mezzanotte; al termine, fuori dalla chiesa cioccolata/vin brulé e panettone per tutti -Mercoledì 6 gennaio: Epifania; bacio di Gesù Bambino animato dai ragazzi di 3a elementare -Sabato 9 gennaio: ore 20.45 nel centro polifunzionale “Carlo Maria Martini” recital a cura dei ragazzi dell’Oratorio di Acquate, paese natale di don Marco Varie ed eventuali Vista la visita del pontefice per il 7 maggio dell’anno venturo – in concomitanza delle cresime – la data del sacramento della Confermazione è posticipata a sabato 14 maggio e sarà presieduta dal decano don Costantino Prina. Le prime comunioni saranno, come già comunicato, domenica 8 maggio. A gennaio verrà aperta dalle rispettive equipe di educatori una riflessione su preadolescenti e adolescenti in Oratorio, per incentivarli a vedere in questo luogo un posto in cui trovarsi, prima di tutto, tra di loro ed abitarlo; per far vivere l’Oratorio innanzitutto come un cortile in cui passare parte del loro tempo, con un certo stile. Tra le varie iniziative si potrebbe proporre anche un momento di ritrovo al sabato sera per la visione di un film, o un piccolo torneo di giochi da tavolo; da qui poi ripartire per coinvolgerli nell’animazione domenicale e nei vari possibili servizi che ci sono in Oratorio. Un occhio particolare andrà anche al carnevale, per il quale servono nuove forze per la realizzazione dei costumi coi bambini. Inoltre si è riscontrata la necessità di una presenza di animatori nel campetto da calcio dove molti ragazzi giocano. Si stanno programmando per gennaio due serate: una dedicata alla spiegazione del giubileo della misericordia e una che proporrà lo spettacolo di magia di un giovane mago. Più avanti le date. La comunità educante si riunirà di nuovo lunedì 4 gennaio. Mafalda Montanini Calendario prossimi appuntamenti -Venerdì 11 dicembre: cena per tutti i suonatori e i cantori dei coretti in Oratorio. -Sabato 12 dicembre: ore 17 in Oratorio ritiro preAdo. Ore 18.30 in chiesa parrocchiale Messa animata dal gruppo di teatro, a seguire cena in Oratorio e prove generali. Ore 20.30 in Oratorio – sedie rosse – riunione per saldo vacanza invernale adolescenti -Domenica 13 dicembre: ore 15 in chiesa parrocchiale concerto natalizio della Schola cantorum robbiatese; in Oratorio laboratorio natalizio “costruiamo il presepe” per i bambini delle elementari e delle medie -Lunedì 14 dicembre: ore 17 in chiesa parrocchiale inizio novena di Natale per i ragazzi. La novena continua fino al 23 dicembre ( esclusi sabato 19 e domenica 20) 12 S. NATALE 2015 CALENDARIO LITURGICO Da Lunedì 14 dicembre a Mercoledì 23 dicembre (esclusi sabato 19 e domenica 20 dicembre), alle ore 17.00, in Chiesa parrocchiale, Novena in preparazione al S. Natale Sabato 19 Domenica 20 Martedì 22 Mercoledì 23 Giovedì 24 Festa della Sacra Famiglia Ore 11.00 S. Messa solenne Domenica 07 Festa della Vita Ore 11.00 S. Messa Vigilia del S.Natale Ore 16.00 Confessioni Ore 23.00 Veglia Natalizia e S.Messa della Notte in Chiesa Domenica 10, ore 11, S. Messa per la presentazione dei battezzandi Sabato 9, ore 16, all’asilo Elena, incontro per i genitori Domenica 17, ore 11 e ore 16, celebrazione dei Battesimi BATTESIMI DI FEBBRAIO Sabato 20, ore 16, all’asilo Elena, incontro per i genitori Domenica 21, ore 11, S. Messa per la presentazione dei battezzandi S. Stefano Ore 9.30 S. Messa Ore 18.30 S. Messa prefestiva della domenica Domenica 28, ore 11 e ore 16, celebrazione dei Battesimi BATTESIMI DI MARZO Ore 15.00 Canto del Te Deum in Chiesa Ore 18.30 S. Messa prefestiva Sabato 12, ore 6, all’asilo Elena, incontro per i genitori Domenica 13, ore 11, S. Messa per la presentazione dei battezzandi Domenica 20, solo ore 11 e sabato 26 ore 21 (veglia pasquale), celebrazione dei Battesimi GENNAIO 2016 Venerdì 01 Domenica 24 BATTESIMI DI GENNAIO Ore 9.30 S. Messa Ore 11.00 S. Messa Solenne Ore 18.00 S. Messa Giovedì 31 Festa del Battesimo di Gesù Ore 11.00 S. Messa con presentazione dei battezzandi e Festa dei Bambini Battezzati nell’anno 2014 Ore 16.00 Confessioni 1^ Media Ore 9.30 S. Messa delle Associazioni Ore 17.00 Confessioni 5^ Elementare Ore 20.45 Confessioni Comunitarie degli Adulti Ore 17.00 Confessioni preadolescenti, 2^ e 3^ Media Venerdì 25 S. Natale Sabato 26 Domenica 10 Ore 9.30 S. Messa Ore 11.00 S. Messa Ore 15.00 Canto del Veni Creator in Chiesa Ore 18.00 S. Messa Sabato 02 Ore 18.30 S. Messa prefestiva Domenica 03 Ore 9.30 S. Messa Ore 11.00 S. Messa Ore 18.00 S. Messa Martedì 05 Ore 18.30 S. Messa prefestiva Mercoledì 06 Epifania Ore 9.30 Ore 11.00 Ore 18.00 Ore 15.00 S. Messa S. Messa S. Messa Bacio di Gesù Bambino in Chiesa CARITAS PARROCCHIALE AVVENTO DI FRATERNITA’ 12-13 dicembre 2015 – Giornata della Caritas Parrocchiale Nei giorni di sabato 12 e domenica 13 dicembre, presso la Chiesa Parrocchiale, negli orari delle Sante Messe, si venderanno: panettoni, ciclamini, stelle di Natale, torte. A TUTTI AUGURI DI UN SANTO NATALE S. Natale 2015 Al Gruppo Caritas i nostri auguri per un sereno e santo Natale nella luce e nella gioia di Betlemme. Il nato Bambino sia per tutti voi portatore di tante grazie, benedizioni celesti e sempre nuove speranze per un futuro migliore, fatto di pace e serenità. Auguri per un anno nuovo ricco di tanto bene. Cari Saluti. Suore di Sibiu 13 L’ORATORIO “Noi qui facciamo consistere la santità nello stare molto allegri” Don Bosco Credo sia questo il filo rosso della vita oratoriana. Dalla catechesi delle varie classi al teatro, dallo spazio dove far giocare i più piccoli al campetto sintetico, dalle attività della domenica alle chiacchierate prima del catechismo. L’Oratorio, specialmente per i ragazzi e per i giovani, è un luogo privilegiato dove imparare a vivere nel concreto lo stile del Vangelo e capire che la santità – ovvero essere amici di Gesù – è cosa realizzabile ed è cosa di tutti. Insomma: in Oratorio ci vuole stile e deve essere uno stile riconoscibile, quello della gioia, la gioia dello stare insieme, con un Amico in più. L’anno solare si chiude, ma quello oratoriano è appena iniziato; alle spalle lasciamo tanti pomeriggi di giochi e attività, mille incontri di catechismo, le partire a calcio, le preghiere in chiesina o sul campo prima di iniziare le attività, le riunioni con gli animatori, i caffè al bar, tutti i volti di chi è entrato in Oratorio e i tanti sorrisi. Un grazie a tutti quelli che nei diversi modi hanno reso possibili questi bei momenti e a chi ha partecipato. Guardando al futuro ci sono altrettante cose da fare, con entusiasmo e passione, prima fra tutte la novena per prepararsi bene al Natale. Avanti con gioia. Mafalda Montanini 6 gennaio celebrazione dell’epifania animata dalla III elementare alle 0re 15 per vivere bene il Natale CONFESSIONI in chiesa parrocchiale CONCERTO DI NATALE 19 dicembre Ore 16 I media DOMENICA 13 DICEMBRE 2015 - ORE 15,00 presso la Chiesa Parrocchiale CONCERTO DI NATALE eseguito dalla SCHOLA CANTORUM “S. ALESSANDRO” DI ROBBIATE Verranno proposte partiture corali, a più voci, tratte dalla tradizione natalizia internazionale 22dicembre dopo la novena V elementare 23 dicembre dopo la novena preAdo CENONE DI CAPODANNO Ci sarà il Capodanno in oratorio. CENONE PRESSO IL BAR. Per le iscrizioni rivolgersi a: BISSOLA ANGELA 039/510358 BOSISIO LINA 039/510273 La catechesi riprende da giovedi 7 gennaio secondo i giorni e gli orari delle rispettive classi 14 METTIAMOCI IN GIOCO! Spazio pomeridiano per i bimbi della Scuola dell’Infanzia Eccoci, dopo quasi due mesi, a parlare della nostra piccola esperienza dello SPAZIO POMERIDIANO “METTIAMOCI IN GIOCO” Siamo un gruppo di mamme della Scuola dell’Infanzia “Elena” e, dopo tante chiacchere al Parco di Villa Concordia, è nato in noi il desiderio di trovare un luogo dove poterci incontrare anche in giornate uggiose e fredde. Questo perché per i nostri bimbi è bello sperimentarsi insieme nel gioco libero anche al di fuori dell’asilo. Ma, cosa altrettanto importante, questo ci dà la possibilità di poterci incontrare e confrontare tra noi adulti. Ognuno di noi ha la propria quotidianità: lavoro, casa, amicizie. Ma riteniamo importante poter conoscere persone nuove che hanno bimbi dell’età dei nostri. Questa opportunità ci è stata data dall’Oratorio di Robbiate, negli spazi del“Pappa e Ciccia”. Dal 20 Ottobre ecco i nostri orari: MARTEDI’ e VENERDI’ dalle 16,00 alle 18,00. Pertutti i bimbi delle Scuole dell’Infanzia Cosa facciamo? I pomeriggi sono molto liberi nel gioco. A volte facciamo qualche attività più strutturata (uso di tempere, creazione di maschere per halloween , etc.)ma sempre nella libertà dei piccoli di scegliere se partecipare o meno. Così facendo i bambini hanno modo di conoscere coetanei con cui non si rapportano normalmente ed è bello vedere come interagiscano tra loro. In occasione dell’avvicinarsi del Natale venerdì 18 Dicembre organizzeremo una TOMBOLATA FIGURATA. Ognuno di noi porterà un piccolo pensierino (pacchetto di cioccolatini, caramelle, etc. ) incartato e senza nome e condivideremo insieme i premi. Una bella merenda offerta da noi mamme e… ci scambieremogli auguri!!! Aperture durante la chiusura natalizia della Scuola dell’Infanzia: 23 dicembre 2015 Dalle 15,00 alle 18,00 5 Gennaio 2016 Dalle 15,00 alle 18,00 (Orario un po’ più “lungo” proprio perché i nostri bimbi sono a casa in vacanza) Dall’8 Gennaio ricominceremo con i consueti giorni e orari. Vi aspettiamo numerosi!!! 15 Ciao! Siamo il “GRAZIOSO CORETTO” che anima di solito la S. Messa delle ore 11 la domenica mattina. Con questo articolo volevamo farci conoscere un po’, raccontarvi “come siamo nati”, cosa facciamo e, perché no, invitarvi ad unirvi a noi! Dalla Festa degli Oratori del 2014 il gruppo storico dei “cantori”e “suonatori” della S. Messa delle 11 si è “arricchito” di un sempre più numeroso CORETTO DI BAMBINI di tutte le età, desiderosi di cantare, stare insieme e vivere in modo diverso e più partecipe la Liturgia. A loro si è unito anche un bel gruppetto di GENITORI che, oltre a sostenere i bimbi nel canto, aiutano anche nell’organizzazione delle varie attività ad esso correlate. Ad oggi fanno parte del coretto una ventina di bimbi e una decina di genitori. Di solito animiamo la S. Messa delle ore 11 ma nelle feste solenni, quando in questo orario è presente la Schola Cantorum, ci “spostiamo” alle 9,30. Ci troviamo di norma il sabato pomeriggio per fare le prove. Da domenica 29 novembre e per le domeniche in cui la liturgia non prevede particolari celebrazioni (ad esempio i battesimi) abbiamo pensato di sederci sulle prime panche della navata centrale della Chiesa in modo che tutti i bimbi e ragazzi possano sedersi vicino a noi per vivere insieme la S. Messa. Le date verranno comunicate al catechismo e esposte nelle bacheche. Per il mese di DICEMBRE le prove saranno il SABATO in Chiesa alle ore 15,45 A NATALE ANIMEREMO LA S. MESSA DELLE 9,30. BAMBINI VI ASPETTIAMO!!! RICORDA! Cerchiamo chitarristi, organisti, suonatori di bongo, ma soprattutto … altri bambini che vogliano cantare con noi! Inoltre, siamo alla ricerca anche di strumenti musicali in buono stato. Per qualsiasi informazione: Luca: 377-1731914 Mariangela: 333-6896347 Da Lunedì 28 Dicembre la celebrazione delle messe feriali riprenderà l’orario consueto. ORARIO S. MESSE Festive TELEFONI Riferimenti pastorali Sabato sera ore 18.30 Sacerdoti: Domenica ore 9.30 - 11.00 - 18.00 Don Antonio Caldirola Don Paolo Bizzarri cell. Don Marco Albertoni Feriali Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì ore ore ore ore ore 18.00 18.00 18.00 18.00 9.00 M.del Pianto Parrocchia M.del Pianto Parrocchia Parrocchia 039 9515929 039 510660 366 4431440 335 1657066 Rev. Suore Scuola Materna Elena 039.511206 1° giovedì del mese ore 21.00 Adorazione Eucaristica Caritas 16 039.513163