NOTIZIARIO
DICEMBRE
2015
GENNAIO
2016
Comunità Pastorale “Beata Maria Vergine Addolorata”
Parrocchia “S. Alessandro Martire” Robbiate
Carissimi parrocchiani,
si sta avvicinando a grandi passi il S. Natale, e anche la benedizione delle famiglie e delle case è ormai a buon punto.
E’ come sempre un’esperienza consolante e gioiosa il potervi incontrare.
Un’esperienza che quest’anno, almeno fino ad oggi mentre sto scrivendo, è anche favorita dal bel tempo, al contrario
dello scorso anno, in cui spesso rientravo in casa alla sera bagnato fino al midollo.
Vi ringrazio di cuore per l’accoglienza amichevole che da tutti ricevo, e per la generosità con cui provvedete ai bisogni della parrocchia con la vostra offerta.
Penso che questo Natale 2015 dobbiamo metterlo sotto il segno della misericordia, visto che è il Natale dell’Anno
Santo, voluto da papa Francesco come Giubileo straordinario della misericordia.
Vi trascrivo queste parole con cui il papa inizia la Misericordiae Vultus, la bolla di indizione del Giubileo.
Gesù Cristo è il volto della misericordia del Padre. Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth. Il Padre,
“ricco di misericordia” (Ef 2,4), dopo aver rivelato il suo nome a Mosè come “Dio misericordioso e pietoso,
lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà” (Es 34,6), non ha cessato di far conoscere in vari modi e in tanti momenti della storia la sua natura divina. Nella “pienezza del tempo” (Gal 4,4), quando tutto era disposto secondo il suo piano di salvezza, Egli mandò suo Figlio nato dalla Vergine Maria per rivelare a noi in modo definitivo il suo amore. Chi vede Lui vede il Padre (cfr Gv 14,9). Gesù di Nazareth con la sua parola, con i suoi gesti e
con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio.
Contemplando quel Bambino appena nato nella mangiatoia di Betlemme, possiamo vedere il Volto della misericordia
di Dio!
Io mi permetto di suggerirvi di fare due cose.
La prima è quella di confessarci per Natale e di fare la S. Comunione: la Confessione è per eccellenza il sacramento
della misericordia di Dio, perché Egli in essa ci perdona tutto e sempre. E poi nella S. Comunione natalizia possiamo
nutrirci di Dio stesso, a cui non è bastato farsi carne, ma ha voluto anche farsi pane, proprio per farsi mangiare da
noi.
La seconda cosa che vi suggerisco (e lo dico per prima cosa a me stesso!) è quella di praticare anche noi la misericordia verso il prossimo come Dio usa misericordia verso di noi: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli.” – dice Gesù nel Vangelo - , da cui papa Francesco ha preso lo slogan dell’anno santo:
MISERICORDIOSI COME IL PADRE.
Cosa fare per essere misericordiosi? Le 7 opere di misericordia corporale e le 7 opere di misericordia spirituale ce lo
dicono con grande concretezza. Andiamo a rileggerle: si trovano nel libretto di preghiere che ho distribuito a tutte le
famiglie nella benedizione dello scorso anno.
Ma basterebbe recitare il Padre Nostro con la partecipazione del cuore e della mente e non solo delle labbra: lì c’è
tutta la misericordia di questo Padre che è Dio, il quale ci vuole tutti fratelli, capaci di perdonarci a vicenda e di condividere il pane che Lui dà per tutti.
E con questo invito alla preghiera vi saluto e auguro a tutti un Natale pieno di pace nelle vostre famiglie e con tutti.
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Ma ce ne sono tanti dove le porte blindate sono diventate normali. Non dobbiamo arrenderci all’idea di dover applicare questo sistema a tutta la nostra vita, alla
vita della famiglia, della città, della società. E tanto
meno alla vita della Chiesa. Sarebbe terribile! Una
Chiesa inospitale, così come una famiglia rinchiusa su
sé stessa, mortifica il Vangelo e inaridisce il mondo.
Niente porte blindate nella Chiesa, niente! Tutto aperto!
La gestione simbolica delle “porte” – delle soglie, dei
passaggi, delle frontiere – è diventata cruciale. La porta deve custodire, certo, ma non respingere. La porta
non dev’essere forzata, al contrario, si chiede permesso, perché l’ospitalità risplende nella libertà
dell’accoglienza, e si oscura nella prepotenza
dell’invasione. La porta si apre frequentemente, per
vedere se fuori c’è qualcuno che aspetta, e magari non
ha il coraggio, forse neppure la forza di bussare.
Quanta gente ha perso la fiducia, non ha il coraggio di
bussare alla porta del nostro cuore cristiano, alle porte
delle nostre chiese … E sono lì, non hanno il coraggio, gli abbiamo tolto la fiducia: per favore, che questo non accada mai. La porta dice molte cose della
casa, e anche della Chiesa. La gestione della porta
richiede attento discernimento e, al tempo stesso, deve
ispirare grande fiducia. Vorrei spendere una parola di
gratitudine per tutti i custodi delle porte: dei nostri
condomini, delle istituzioni civiche, delle stesse chiese. Spesso l’accortezza e la gentilezza della portineria
sono capaci di offrire un’immagine di umanità e di
accoglienza all’intera casa, già dall’ingresso. C’è da
imparare da questi uomini e donne, che sono custodi
dei luoghi di incontro e di accoglienza della città
dell’uomo! A tutti voi custodi di tante porte, siano
porte di abitazioni, siano porte delle chiese, grazie
tante! Ma sempre con un sorriso, sempre mostrando
l’accoglienza di quella casa, di quella chiesa, così la
gente si sente felice e accolta in quel posto.
In verità, sappiamo bene che noi stessi siamo i custodi
e i servi della Porta di Dio, e la porta di Dio come si
chiama? Gesù! Egli ci illumina su tutte le porte della
vita, comprese quelle della nostra nascita e della nostra morte. Egli stesso l’ha affermato: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e
uscirà e troverà pascolo» (Gv 10,9). Gesù è la porta
che ci fa entrare e uscire. Perché l’ovile di Dio è un
riparo, non è una prigione! La casa di Dio è un riparo,
non è una prigione, e la porta si chiama Gesù! E se la
porta è chiusa, diciamo: “Signore, apri la porta!”. Gesù è la porta e ci fa entrare e uscire. Sono i ladri, quelli che cercano di evitare la porta: è curioso, i ladri cercano sempre di entrare da un’altra parte, dalla finestra,
dal tetto ma evitano la porta, perché hanno intenzioni
cattive, e si intrufolano nell’ovile per ingannare le pecore e approfittare di loro. Noi dobbiamo passare per
la porta e ascoltare la voce di Gesù: se sentiamo il suo
tono di voce, siamo sicuri, siamo salvi. Possiamo en-
LA PORTA DELLA MISERICORDIA
Papa Francesco - udienza generale
Mercoledì, 18 novembre 2015 La porta dell’accoglienza
Con questa riflessione siamo arrivati alle soglie del
Giubileo, è vicino. Davanti a noi sta la porta,
ma non solo la porta santa, l’altra: la grande porta
della Misericordia di Dio
- e quella è una porta bella! -, che accoglie il nostro pentimento offrendo
la grazia del suo perdono.
La porta è generosamente
aperta, ci vuole un po’ di
coraggio da parte nostra
per varcare la soglia. Ognuno di noi ha dentro di
sé cose che pesano. Tutti
siamo peccatori! Approfittiamo di questo momento
che viene e varchiamo la soglia di questa misericordia
di Dio che mai si stanca di perdonare, mai si stanca di
aspettarci! Ci guarda, è sempre accanto a noi. Coraggio! Entriamo per questa porta!
Dal Sinodo dei Vescovi, che abbiamo celebrato nello
scorso mese di ottobre, tutte le famiglie, e la Chiesa
intera, hanno ricevuto un grande incoraggiamento a
incontrarsi sulla soglia di questa porta aperta. La
Chiesa è stata incoraggiata ad aprire le sue porte, per
uscire con il Signore incontro ai figli e alle figlie in
cammino, a volte incerti, a volte smarriti, in questi
tempi difficili. Le famiglie cristiane, in particolare,
sono state incoraggiate ad aprire la porta al Signore
che attende di entrare, portando la sua benedizione e
la sua amicizia. E se la porta della misericordia di Dio
è sempre aperta, anche le porte delle nostre chiese,
delle nostre comunità, delle nostre parrocchie, delle
nostre istituzioni, delle nostre diocesi, devono essere
aperte, perché così tutti possiamo uscire a portare
questa misericordia di Dio. Il Giubileo significa la
grande porta della misericordia di Dio ma anche le
piccole porte delle nostre chiese aperte per lasciare
entrare il Signore - o tante volte uscire il Signore prigioniero delle nostre strutture, del nostro egoismo
e di tante cose. Il Signore non forza mai la porta: anche Lui chiede il permesso di entrare. Il Libro
dell’Apocalisse dice: «Io sto alla porta e busso. Se
qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io
verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3,20).
Ma immaginiamoci il Signore che bussa alla porta del
nostro cuore! E nell’ultima grande visione di questo
Libro dell’Apocalisse, così si profetizza della Città di
Dio: «Le sue porte non si chiuderanno mai durante il
giorno», il che significa per sempre, perché «non vi
sarà più notte» (21,25). Ci sono posti nel mondo in
cui non si chiudono le porte a chiave, ancora ci sono.
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trare senza timore e uscire senza pericolo. In questo
bellissimo discorso di Gesù, si parla anche del guardiano, che ha il compito di aprire al buon Pastore (cfr
Gv 10,2). Se il guardiano ascolta la voce del Pastore,
allora apre, e fa entrare tutte le pecore che il Pastore
porta, tutte, comprese quelle sperdute nei boschi, che
il buon Pastore si è andato a riprendere. Le pecore
non le sceglie il guardiano, non le sceglie il segretario parrocchiale o la segretaria della parrocchia; le
pecore sono tutte invitate, sono scelte dal buon Pastore. Il guardiano – anche lui – obbedisce alla voce del
Pastore. Ecco, potremmo ben dire che noi dobbiamo
essere come quel guardiano. La Chiesa è la portinaia
della casa del Signore, non è la padrona della casa del
Signore.
La Santa Famiglia di Nazareth sa bene che cosa significa una porta aperta o chiusa, per chi aspetta un
figlio, per chi non ha riparo, per chi deve scampare al
pericolo. Le famiglie cristiane facciano della loro
soglia di casa un piccolo grande segno della Porta
della misericordia e dell'accoglienza di Dio. E’ proprio così che la Chiesa dovrà essere riconosciuta, in
ogni angolo della terra: come la custode di un Dio
che bussa, come l’accoglienza di un Dio che non ti
chiude la porta in faccia, con la scusa che non sei di
casa. Con questo spirito ci avviciniamo al Giubileo:
ci sarà la porta santa, ma c’è la porta della grande
misericordia di Dio! Ci sia anche la porta del nostro
cuore per ricevere tutti il perdono di Dio e dare a nostra volta il nostro perdono, accogliendo tutti quelli
che bussano alla nostra porta.
tanto, il problema non è “quando” accadranno i segni
premonitori degli ultimi tempi, ma il farsi trovare
pronti all’incontro. E non si tratta nemmeno di sapere
“come” avverranno queste cose, ma “come” dobbiamo comportarci, oggi, nell’attesa di esse. Siamo chiamati a vivere il presente, costruendo il nostro futuro
con serenità e fiducia in Dio. La parabola del fico che
germoglia, come segno dell’estate ormai vicina (cfr vv.
28-29), dice che la prospettiva della fine non ci distoglie dalla vita presente, ma ci fa guardare ai nostri
giorni in un’ottica di speranza. E’ quella virtù tanto
difficile da vivere: la speranza, la più piccola delle
virtù, ma la più forte. E la nostra speranza ha un volto:
il volto del Signore risorto, che viene «con grande potenza e gloria» (v. 26), che cioè manifesta il suo amore
crocifisso trasfigurato nella risurrezione. Il trionfo di
Gesù alla fine dei tempi sarà il trionfo della Croce, la
dimostrazione che il sacrificio di se stessi per amore
del prossimo, ad imitazione di Cristo, è l’unica potenza
vittoriosa e l’unico punto fermo in mezzo agli sconvolgimenti e alle tragedie del mondo.
Il Signore Gesù non è solo il punto di arrivo del pellegrinaggio terreno, ma è una presenza costante nella
nostra vita: è sempre accanto a noi, ci accompagna
sempre; per questo quando parla del futuro, e ci
proietta verso di esso, è sempre per ricondurci al presente. Egli si pone contro i falsi profeti, contro i veggenti che prevedono vicina la fine del mondo, e contro
il fatalismo. Lui è accanto, cammina con noi, ci vuole
bene. Vuole sottrarre i suoi discepoli di ogni epoca
alla curiosità per le date, le previsioni, gli oroscopi, e
concentra la nostra attenzione sull’oggi della storia. Io
avrei voglia di domandarvi - ma non rispondete, ognuno risponda dentro -: quanti di voi leggono l’oroscopo
del giorno? Ognuno risponda. E quando ti viene voglia
di leggere l’oroscopo, guarda a Gesù, che è con te. E’
meglio, ti farà meglio. Questa presenza di Gesù ci richiama all’attesa e alla vigilanza, che escludono tanto
l’impazienza quanto l’assopimento, tanto le fughe in
avanti quanto il rimanere imprigionati nel tempo attuale e nella mondanità.
Anche ai nostri giorni non mancano calamità naturali
e morali, e nemmeno avversità e traversie di ogni genere. Tutto passa – ci ricorda il Signore –; soltanto
Lui, la sua Parola rimane come luce che guida, rinfranca i nostri passi e ci perdona sempre, perché è accanto a noi. Soltanto è necessario guardarlo e ci cambia il cuore. La Vergine Maria ci aiuti a confidare in
Gesù, il saldo fondamento della nostra vita, e a perseverare con gioia nel suo amore.
PACE – GIUSTIZIA – PERDONO
frutti di un cuore nuovo
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Il Vangelo di questa penultima domenica dell’anno
liturgico propone una parte del discorso di Gesù sugli
avvenimenti ultimi della storia umana, orientata verso
il pieno compimento del regno di Dio (cfr Mc 13,2432). E’ un discorso che Gesù fece a Gerusalemme,
prima della sua ultima Pasqua. Esso contiene alcuni
elementi apocalittici, come guerre, carestie, catastrofi
cosmiche: «Il sole si oscurerà, la luna non darà più la
sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che
sono nei cieli verranno sconvolte» (vv. 24-25). Tuttavia questi elementi non sono la cosa essenziale del
messaggio. Il nucleo centrale attorno a cui ruota il
discorso di Gesù è Lui stesso, il mistero della sua persona e della sua morte e risurrezione, e il suo ritorno
alla fine dei tempi.
La nostra meta finale è l’incontro con il Signore risorto. E io vorrei domandarvi: quanti di voi pensano
a questo? Ci sarà un giorno in cui io incontrerò faccia a faccia il Signore. E’ questa la nostra meta: questo incontro. Noi non attendiamo un tempo o un luogo, ma andiamo incontro a una persona: Gesù. Per-
Dopo l'Angelus
Cari fratelli e sorelle, desidero esprimere il mio dolore
per gli attacchi terroristici che nella tarda serata di
venerdì hanno insanguinato la Francia, causando numerose vittime. Al Presidente della Repubblica Francese e a tutti i cittadini porgo l’espressione del mio
fraterno cordoglio. Sono vicino in particolare ai familiari di quanti hanno perso la vita e ai feriti. Tanta
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barbarie ci lascia sgomenti e ci si chiede come possa
il cuore dell’uomo ideare e realizzare eventi così orribili,
che
h a n n o
sconvolto
non solo la
Francia
ma il mondo intero.
Dinanzi a
tali
atti,
non si può
non condannare l’inqualificabile affronto alla dignità della
persona umana. Voglio riaffermare con vigore che la
strada della violenza e dell’odio non risolve i problemi
dell’umanità e che utilizzare il nome di Dio per giustificare questa strada è una bestemmia! Vi invito ad unirvi alla mia preghiera: affidiamo alla misericordia
di Dio le inermi vittime di questa tragedia. La Vergine
Maria, Madre di misericordia, susciti nei cuori di tutti
pensieri di saggezza e propositi di pace. A Lei chiediamo di proteggere e vegliare sulla cara Nazione francese, la prima figlia della Chiesa, sull’Europa e sul
mondo intero. Tutti insieme preghiamo un po’ in silenzio e poi recitiamo l’Ave Maria.
S. Giovanni Paolo II - messaggio per la celebrazione della giornata mondiale della pace
1° gennaio 2002
Questo 2015 si è aperto all’insegna del terrorismo a
Parigi e si conclude con l’incredibile e inumana ferocia di un folle massacro di persone inermi, sempre a
Parigi. Quando succedono
queste cose si scatenano per
giorni le televisioni, i telegiornali non terminano mai, si
fanno tavole rotonde, quadrate, ottagonali, … sempre con i
soliti personaggi, che dicono
le solite parole; una cosa esagerata e a volte disgustosa. E’
scandalosa la differenza di
spazio e di emozioni per le
stesse cose quando avvengono in casa dei paesi del
cosiddetto occidente piuttosto che altrove; anche i fatti
più orrendi e mostruosi, se sono fuori dal recinto di
casa non fanno notizia. Dio però non fa preferenza di
persone e come cristiani dobbiamo imparare da Lui e
fare così anche noi. Invece di capire, per averlo sperimentato da vicino, il dolore e l’angoscia di chi da decenni convive con queste cose, si parla di come attaccare e distruggere queste tremende minacce al solito
modo, quello più comodo: fare guerra, bombardare,
invadere, … ecc … ecc.
Pensandoci bene invece sono del parere che costerebbe molto meno contribuire a dare pace e benessere alle
regioni in guerra, pacificando le zone dei conflitti disinnescandone le cause, invece di acuirli e fomentarli
per interessi indicibili.
Quando una nazione vive in pace, e prospera nel benessere, se ne guarda bene dal fare guerre e attentati;
ci pensano le sue stesse persone per bene a fermare le
poche deviate che cercano di portare, in casa loro e
fuori, la violenza. Portando bombardamenti e guerra
invece noi costringiamo la gente onesta, che può permettersi di fuggire, ad andarsene dal suo paese, ed è
quanto sta succedendo su larga scala. Rimandando i
profughi da dove sono venuti con la violenza poi non
facciamo altro che creare le premesse per l’emergere
di nuovo terrorismo.
Per ragionare fuori dai soliti schemi però bisogna cambiare mentalità, vedere le cose in un altro modo, mettere in atto concretamente la Dottrina Sociale della
Chiesa Cattolica, che ancora troppo pochi sanno che
c’è, a partire dalla Rerum Novarum di leone XIII del
1891, fino ai nostri giorni con la Laudato Sì di papa
Francesco. Se pochissimi sanno dell’esistenza di questi documenti penso che siano molti di meno quanti li
hanno letti.
E’ vero che la pace è la “tranquillità nell’ordine”, però
è soprattutto vero che quella autentica di pace, dono
del Signore, è quella del cuore in pace, del cuore aperto agli altri, del cuore innamorato della natura e del
Papa Francesco Angelus di domenica 15 novembre 2015
NON C' È PACE SENZA GIUSTIZIA NON C' È GIUSTIZIA SENZA PERDONO
1. Quest'anno la Giornata Mondiale della Pace viene
celebrata sullo sfondo dei drammatici eventi dell'11
settembre scorso. In quel giorno fu perpetrato un crimine di terribile gravità: nel giro di pochi minuti migliaia di persone innocenti, di varie provenienze etniche, furono orrendamente massacrate. Da allora, la
gente in tutto il mondo ha sperimentato con intensità
nuova la consapevolezza della vulnerabilità personale
ed ha cominciato a guardare al futuro con un senso
fino ad allora ignoto di intima paura. Di fronte a questi stati d'animo la Chiesa desidera testimoniare la sua
speranza, basata sulla convinzione che il male, il
mysterium iniquitatis, non ha l'ultima parola nelle vicende umane. La storia della salvezza, delineata nella
Sacra Scrittura, proietta grande luce sull'intera storia
del mondo, mostrando come questa sia sempre accompagnata dalla sollecitudine misericordiosa e provvida
di Dio, che conosce le vie per toccare gli stessi cuori
più induriti e trarre frutti buoni anche da un terreno
arido e infecondo. È’ questa la speranza che sostiene
la Chiesa all'inizio del 2002: con la grazia di Dio il
mondo, in cui il potere del male sembra ancora una
volta avere la meglio, sarà realmente trasformato in
un mondo in cui le aspirazioni più nobili del cuore
umano potranno essere soddisfatte, un mondo nel quale prevarrà la vera pace. …
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prossimo, del cuore colmo dell’amore di Dio, invaso
dalla tenerezza dello Spirito Santo; un cuore simile a
quello di Gesù, che ha tanto amato il mondo da dare la
vita in croce, un cuore pieno di misericordia il suo, un
cuore che si è lasciato squarciare per amore e dal quale
sono scaturiti il lavacro delle nostre colpe e la grazia
che ci ha riconciliati per sempre con Dio.
Nel cuore dell’uomo al contrario, alla minima contrarietà (non parliamo poi in caso di gravi danni o di forti
offese), c’è una molla che scatta subito e sempre: il
desiderio di vendetta. C’è un proverbio che dice che la
miglior vendetta è il perdono però, si sa, è solo un proverbio … si fa per dire.
L’uomo non è istintivamente portato al perdono ma lo
può fare con l’aiuto di Dio, l’uomo che perdona è sempre abitato dallo Spirito Santo, e questo a prescindere
dal suo credo religioso. Abbiamo bisogno tutti di diventare persone di pace; questo però è possibile solo
con l’aiuto di Dio a cui nulla è impossibile.
“Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza
perdono”. E’ questo il titolo del messaggio del Santo
Padre Giovanni Paolo II per la giornata della pace del
1° gennaio 2002. Questo messaggio giungeva dopo
l’attentato dell’11 settembre 2001 alle torri gemelle,
fatto che aveva cambiato il corso della storia contemporanea. La risposta è stata la “guerra preventiva” in
Iraq; doveva essere un blitz, è in atto ancora oggi.
Diceva spesso il Card. Martini, innamorato di Gerusalemme e della Terra Santa, che quando ci sarà pace in
Terrasanta ci sarà pace in tutto il mondo. In questa terra però non c’è pace neppure adesso, e guerre e sommosse sono in atto da decenni; dall’occupazione anglo
-americana della Palestina del 1948 si sono avute diverse guerre: quella dei 6 giorni nel 1967, del Kippur
del 1973… Proprio qui, all’inizio degli anni 70, con
l’organizzazione Settembre Nero, è nato il terrorismo,
che si è poi diffuso in tutto il mondo come nuova forma di guerra. Leggendo la Bibbia si constata che in
questa terra non c’è pace da millenni.
Il Papa, domenica 15 novembre, si è chiesto sgomento
come sia possibile che un cuore umano possa concepire azioni così sconvolgenti. Anche io me lo sono chiesto subito, però non mi meraviglio più di tanto perché
questa è la domanda che si pone l’uomo onesto di
sempre. Non mi meraviglio, perché la storia insegna
che è così da secoli, da millenni.
Come ha potuto Caino fracassare la testa del fratello
Abele, inerme e pacifico? Come hanno potuto tanti
malvagi combinarne di tutti i colori lungo i secoli?
Come è stato possibile per uomini di cultura, amanti
della musica e dell’arte, ben preparati nelle scienze
matematiche e naturali, del popolo tedesco, concepire
lo sterminio di massa, in modo lucido e pianificato nei
dettagli, di tutte le persone ritenute scomode o non
conformi al concetto di cultura dominante, milioni di
persone? Come hanno potuto eliminare altri milioni di
persone, tra enormi sofferenze, in modo atroce e a livello industriale, i gerarchi stalinisti? Come hanno po-
tuto tenere sottomesse, con il terrore e la tortura, intere
nazioni i vari dittatori dell’America latina, dell’Africa,
dell’Asia, per decenni?
Come si può tollerare che questo succeda ancora oggi
in tante parti del mondo? Come hanno potuto? Come è
possibile? La risposta mi è data tutte le volte che leggo, o sento leggere, la passione di nostro Signore. Se
hanno trattato in quel modo Lui il venerdì santo non
mi meraviglio più di niente.
Qualche anno fa nella nostra Parrocchia le Quarantore
sono state tenute dai Missionari del Preziosissimo Sangue di Albano Laziale. Il predicatore aveva distribuito
un libriccino ed una coroncina per la recita di alcune
preghiere, che spesso rileggo, tra le quali queste due:
O Agnello di Dio, immolato per noi, insegnaci il perdono delle offese e l’amore ai nemici. E tu, Madre del
Signore e nostra, rivelaci la potenza e le ricchezze del
Sangue prezioso.
O Cuore adorabile, trafitto per noi, accogli le nostre
preghiere, le attese dei poveri, le lacrime dei sofferenti, le speranze dei popoli, perché tutta l’umanità si riunisca nel tuo regno d’amore, di giustizia e di pace.
Preghiamo per la Terra santa, per il Medio Oriente, per
tutte le terre insanguinate da tremende guerre civili,
per tutti i paesi del mondo in guerra, e sono tanti, troppi. Preghiamo per la pace nel mondo, custodendo nel
cuore la speranza e meditando le parole del card. Martini: “Quando ci sarà pace a Gerusalemme ci sarà pace
in tutto il mondo”; e soprattutto quelle di S. Giovanni
Paolo II: “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”.
Perché sia così al più presto chiediamo questo stupendo dono al Principe della pace, al Bambino Gesù, in
questo S. Natale.
Giovanni Magni
“Misericordia e giustizia
nell’edificazione della società plurale”
Discorso alla città del Card. Angelo Scola
Come ogni anno, nel corso della celebrazione vigiliare
della solennità di S. Ambrogio il 6 dicembre,
l’Arcivescovo di Milano ha tenuto il “discorso alla città”. Quelli sotto riportati
sono alcuni stralci tratti
da un commento posto
sul portale del sito della
Chiesa di Milano.
È fuori dubbio che il
fenomeno
migratorio,
visto in tutti i suoi aspetti anche negativi, ha bisogno, come da tempo
chiede l’insegnamento
sociale della Chiesa, di
un nuovo ordine mondiale. Anche perché il fenomeno si
continua ad alimentare tragicamente provocato da gravi
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cipio di giustizia, attraverso le relazioni costitutive di
sposi, genitori, sorelle e fratelli, nonni, parenti, amici,
vicini ...
La democrazia italiana deve molto all’influsso che il
cristianesimo ha esercitato sul sistema delle leggi che ci
viene offerto dall’ordinamento costituzionale. Il principio personalista, su cui è improntata la nostra Costituzione, considera l’uomo nelle sue relazioni costitutive,
in seno alla famiglia e alla società. Il punto di partenza
non è l’individuo isolato, né una visione contrattualistica delle sue azioni, ma la persona nella sua strutturale
apertura all’altro come parte dello stesso corpo sociale,
dotata di diritti, ma anche di doveri, da vedere sempre in
connessione con le leggi.
Scola ha sollecitato l’impegno concreto dei cristiani nel
mondo, a maggior ragione in una stagione come quella
che stiamo vivendo: «Sia come fedeli, sia come cittadini
della metropoli milanese, non possiamo esimerci
dall’essere testimoni, dall’auto esporci, soprattutto in
questi tempi minacciosi, affinché queste due dimensioni
fioriscano attraverso le virtù teologali di fede, speranza
e carità e quelle cardinali di giustizia, prudenza, fortezza
e temperanza, generando comunione nella Chiesa e autentica amicizia nella società civile».
Un pensiero all’invito del Santo Padre: «Lungi
dall’essere un invito moralistico, quella del Papa è una
lettura acuta delle falle che si sono aperte nel nostro
mondo globalizzato. In questa realtà, infatti, tutte le periferie si somigliano. Perciò guardare il mondo dal punto di vista degli esclusi conduce a ridurre l’auto giustificazione del sistema che genera tale esclusione. Anche
Milano patisce le contraddizioni sociali proprie di questo stato di cose: cito solo l’esclusione dei giovani dalla
possibilità di vivere da protagonisti, negli affetti e nel
lavoro».
ingiustizie, da guerre, persecuzioni e fame, prodotte da
ingenti interessi economici. Ha denunciato infatti
l’Arcivescovo: Non basta focalizzarsi sulle disumane,
inaccettabili condizioni del viaggio dei migranti. Si deve
guardare bene in faccia a un dato: queste persone sono
costrette a sostenere simili fatiche per ragioni di assoluta
necessità, come la difesa della vita, della libertà o la
determinazione a lasciarsi alle spalle la fame e la miseria.
Davanti alle autorità civili, militari e religiose di Milano
e della Diocesi, Scola ha riflettuto di misericordia e giustizia nell’edificazione di una società plurale alla vigilia
dell’apertura del Giubileo e in un contesto internazionale segnato dai lutti provocati da azioni terroristiche. Talora percepiamo, sia a livello personale, sia a livello sociale, la tensione tra giustizia e misericordia, che si fa
forte di fronte all’esperienza del male, alla necessità di
espiare la pena per riparare al danno inferto e alla pratica del perdono. Vi sono inoltre delitti efferati, come i
terribili casi di terrorismo, in cui sembra non esserci
alcuna possibilità di riparare. Il male, in questo caso,
appare come assolutamente irrimediabile. Giustizia e
misericordia sarebbero in tal modo in conflitto. E tuttavia dalla correlazione di questi due fattori deriva una
serie di conseguenze che incidono in termini decisivi
sulla qualità della vita dei singoli e della società civile.
Per la vita buona della società occorre stabilire un ordine di giustizia e aderirvi, cosa in sé assolutamente necessaria; significa allora che, sulla scena pubblica, il
rendere giustizia può essere giustificato solo se genera
una crescita per tutta la famiglia umana, che non può
limitarsi al benessere materiale e neppure all’ordine
pubblico. Tutto questo richiede un di più di dialogo e
confronto tra posizioni diverse, in una società frammentata e plurale. Se la giustizia ha a che fare con la costruzione di vita buona nella società si deve riconoscere che,
in un contesto sociale plurale come il nostro, è assai difficile reperire un insieme di valori pacificamente condiviso. Questo non significa che non sia possibile una
“società giusta”, significa che la strada per realizzarla è
più complessa.
In una realtà di sofferenza spesso si fa appello al perdono. Ma cosa vuol dire? Ha risposto il Cardinale: «Una
corretta visione del perdono permette di meglio cogliere
il rapporto che intercorre tra la misericordia di Dio e la
sua giustizia nei confronti dell’uomo. Cos’è infatti il
perdono di Dio manifestato in Gesù? Non è il far finta
di nulla, il non vedere il male, il lasciar correre, il ritenere che non sia successo nulla, ma piuttosto il salvare
mediante la forza dell’amore avendo chiara la coscienza
del male e della sua forza distruttiva. Chi perdona vede
bene la gravità del male subito e non lo sottovaluta in
alcun modo: piuttosto non cessa di amare chi lo ha commesso; cerca di imparare da Gesù che pur essendo stato
ferito dalla colpa dell’altro coltiva il desiderio di vederlo
riscattato attraverso la contrizione, sostiene con gioia il
suo impegno di conversione».
Ambito primario per vivere il perdono è la famiglia: La
famiglia è l’ambito primario e insostituibile dove si impara sia il principio di gratuità (misericordia), sia il prin-
LA STORIA DEL QUARTO SAGGIO
(Una storia di Natale
che porta alla Pasqua)
La storia del quarto Saggio parla delle avventure capitate al quarto dei Re Magi. Il Vangelo parla di tre saggi
venuti dall’oriente, questa è la storia del quarto, giunto
in ritardo all’appuntamento per la partenza verso Betlemme, e quindi messosi in cammino da solo alla ricerca
del “Re”.
Questo quarto saggio, di nome Artaban, aveva investigato gli astri e gli scritti profetici, insieme ai suoi tre
amici: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, giungendo
alla conclusione che il tempo era compiuto e il Re dei re
sarebbe nato in Giudea. Artaban, in attesa di partire con
i compagni, vendette la casa e i beni per acquistare i
doni da portare al Principe di Israele: uno zaffiro, un
rubino, ed una perla di grande valore.
Il Consiglio dei saggi, cui si era rivolto per un parere,
sconsigliò Artaban dall’intraprendere il viaggio, però
Abgaro, il più anziano, che lo amava molto, gli disse:
“Figlio mio, può essere che in questo segno apparso nei
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Artaban s’incamminò per il lungo viaggio, attraversando molti territori, e finalmente giunse ai fiumi di Damasco e quindi alle pendici dell’Hermon; attraversò il Giodano e il lago di Galilea, le pianure di Esdrelon, le colline di Efraim, i monti della Giudea, finchè arrivò a Betlemme.
Era il terzo giorno dopo che i tre saggi vi erano giunti ed
avevano offerto al Bambino Gesù, con Maria e Giuseppe, i loro doni: oro, incenso e mirra. L’altro saggio
s’inoltrò stanco e pieno di speranza recando il rubino e
la perla da offrire al Re. Ora, disse, lo troverò certamente, benché da solo e più tardi dei miei fratelli, questo è il
luogo di cui mi disse il povero ebreo e qui vedrò il sorgere della Grande Luce. Devo però informarmi a quale
casa la stella ha portato i miei fratelli.
Le strade erano però tutte deserte e da una porta socchiusa Artaban sentì il canto sommesso di una donna.
Entrato trovò una giovane madre che cercava di calmare
e addormentare il suo bambino.
La donna raccontò di come in paese fossero giunti tre
Magi che avevano offerto i loro doni al figlio di Maria e
di Giuseppe; come Giuseppe fosse poi partito in fretta
con Maria e il Bambino verso l’Egitto. Artaban ascoltava in silenzio, mentre il bimbo gli sorrideva, toccando la
sua veste. La donna gli offrì quanto aveva da mangiare e
il bambino si addormentò in pace. D’un tratto si sentì
uno strepito e rumore di cavalli, erano i soldati mandati
da Erode per la strage dei bambini. La madre terrorizzata si nascose in un angolo coprendo il figlio perché non
si svegliasse e piangesse e l’imponente Artaban stette
sulla porta. I soldati, che venivano dalla strada con spade insanguinate, alla vista dello straniero esitarono sorpresi, il capitano cercò di spostarlo per entrare ma egli
fu irremovibile e disse: “Io qui sono solo e darò questo
rubino se ve ne andate”. Il capitano arraffò il rubino,
disse “Qui non c’è nessun bambino” e se ne andò via
insieme agli altri soldati.
Entrato nella casa Artaban pregò dicendo: “Dio di verità
perdonami, ho detto ciò che non è per salvare la vita di
un bambino. Ecco, due dei doni sono andati, ho speso
per l’uomo ciò che era destinato a Dio. Sarò mai degno
di vedere la faccia del Re?”. Ma la voce della donna,
tremante di gioia dietro di lui disse dolcemente: “Possa
il Signore benedirti e proteggerti, perché hai salvato la
vita del mio bambino”. Artaban continuò il suo viaggio
in Egitto, che percorse per parecchio tempo in lungo e
in largo, chiedendo del re. Ad Alessandria un venerando
rabbì ebreo, curvo sui rotoli di pergamena che parlavano
delle sofferenze del Messia, gli disse: “Ricorda, figlio
mio, il re che cerchi non lo troverai in un palazzo, né tra
i ricchi o i potenti, non avrà il potere di Giuseppe in Egitto o del re Salomone; la luce che il mondo aspetta è
una luce nuova, è lo splendore della sofferenza paziente
e trionfante. Ed il regno che sarà stabilito per sempre è
un nuovo regno: la sovranità del perfetto, insuperabile
amore. Coloro che cercano il Messia faranno bene a
cercarlo fra i poveri e gli umili, fra gli addolorati e gli
oppressi”.
Così il “saggio” riprese il suo pellegrinare di luogo in
luogo, dove la piccola famiglia di Betlemme poteva aver trovato rifugio, attraversò paesi dove faceva strage
cieli sia la luce della verità, che ti condurrà al Principe,
al Grande Splendore, oppure può essere solo un’ombra
della luce e chi la segue si perderà in un lungo pellegrinaggio e in una vana ricerca. Ma è meglio seguire anche
l’ombra di ciò che è il
meglio piuttosto che
restare paghi del peggio. E coloro che vogliono vedere cose meravigliose devono sovente essere pronti a
viaggiare soli”. Apparve nel cielo la stella,
Artaban chinò il capo,
si coprì il volto con le
mani e disse: “E’ il
segno, il Re viene e io
vado ad incontrarlo”.
Prima dell’alba l’altro saggio era già in sella e cavalcava
velocemente verso occidente. Egli doveva correre veloce perché la strada era lunga e il tempo per raggiungere
i tre amici poco, dieci giorni. Alla fine del decimo giorno era sotto le mura di Babilonia, luogo
dell’appuntamento. Qui il cavallo si fermò inquieto davanti ad un uomo, steso a terra morente. La sua mano
tremante afferrò la veste del saggio, era un povero ebreo. Artaban fu molto contristato perché se non fosse subito partito in fretta non sarebbe arrivato per tempo
all’appuntamento e avrebbe perso l’opportunità, coronare la sua ricerca; se però non avesse soccorso il poveretto, questi certamente sarebbe morto. Il suo cuore si turbò: doveva egli rischiare la grande ricompensa della sua
fede divina per un atto d’amore umano? Doveva smettere di seguire la stella per dare un sorso d’acqua ad un
morente?
Artaban non esitò, essendo anche medico curò il
pover’uomo per tutto il tempo necessario, finchè questi
si riebbe e gli chiese “Chi sei, tu che mi hai salvato?”. Il
saggio rispose: “Io sono Artaban, il mago, e vado a Gerusalemme in cerca di uno che sta per nascere e che sarà
il Principe liberatore degli uomini. Non posso fermarmi
perché la carovana che mi aspetta partirebbe senza di
me; eccoti quanto mi resta del mio pane e del mio vino e
un po’ di erbe risanatrici”.
L’ebreo rispose: “Possa il Dio di Abramo, di Isacco e di
Giacobbe benedire il tuo viaggio. Non ho nulla da darti
in cambio ma posso dirti dove trovare il Messia; i nostri
Profeti hanno detto che non nascerà a Gerusalemme ma
in Betlemme di Giudea. Possa il Signore condurti salvo
in quel luogo, poichè tu avesti pietà di me”.
La mezzanotte era passata da tempo ed Artaban galoppava veloce. Al luogo dell’appuntamento scorse una
pergamena, la raccolse e lesse: “Abbiamo aspettato fin
dopo mezzanotte e non possiamo indugiare oltre. Noi
andiamo a trovare il Re, seguici attraverso il deserto”.
Artaban si coprì il volto e sedette disperato: “Come posso attraversare il deserto senza cibo e con un cavallo
esausto? Devo tornare in Babilonia, vendere lo zaffiro
per comprare provviste. Non potrò raggiungere i miei
amici e solo Dio sa se perderò di vista il Re per aver
usato misericordia”.
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vano terrorizzati. Artaban e la fanciulla riscattata sedettero per terra accanto alle mura del pretorio.
Aveva dato l’ultimo tributo per il re, si era separato
dall’ultima speranza di trovarlo. La ricerca era finita e,
in questo pensiero accettato ed abbracciato, c’era una
infinita pace, capiva di aver fatto il meglio possibile.
Una scossa di terremoto mosse le tegole ed una pesante,
staccatasi dal tetto, colpì il vecchio alla tempia. Egli
giacque, pallido e senza respiro, con la testa canuta china sulla spalla della giovinetta mentre il sangue sgorgava dalla ferita.
Com’essa si curvò su di lui credendolo morto si udì nel
crepuscolo una voce lieve e sommessa, le parole erano
indistinte. La fanciulla si volse a guardare se qualcuno
avesse parlato, ma non vide nessuno. Allora le labbra
del vecchio cominciarono a muoversi come in risposta
alla voce ed essa lo udì dire: “No, mio Signore, quando
mai ti vidi affamato e ti nutrii, assetato e ti diedi da bere? Quando ti vidi straniero e ti accolsi presso di me? O
ignudo e ti rivestii? Quando ti vidi malato o prigioniero
e venni a te? Trentatré anni ti ho cercato, ma non ho mai
visto la tua faccia, né mai ti ho servito mio Re!”. Egli
tacque e la dolce voce tornò a farsi sentire. La fanciulla
l’udì, debole e lontana, ma ora le parve di comprenderne
le parole: “In verità, io ti dico, quanto tu hai fatto ad uno
degli ultimi miei fratelli l’hai fatto a me”.
Uno splendore colmo di gioia e di meraviglia illuminò il
volto pallido di Artaban e le sue labbra esalarono sorridendo un ultimo lungo sospiro di sollievo. Il viaggio era
finito! I suoi tesori erano accettati! L’altro saggio aveva
trovato il Re.
la carestia e i poveri chiedevano pane, dimorò in città
colpite dalla peste, visitò afflitti, oppressi, carcerati. Qui
non trovava nessuno da adorare ma molti da aiutare.
Cibava gli affamati, vestiva gli ignudi, curava gli infermi, confortava i prigionieri, e i suoi anni passavano rapidamente. Sembrava quasi aver dimenticato la sua ricerca. Una volta, sulla porta di una prigione romana,
trasse la sua perla e si mise a contemplarla in silenzio,
mentre il sole la rendeva iridescente, bellissima.
Trentatrè anni della vita di Artaban erano trascorsi ed
egli ancora pellegrinava in cerca della Luce. I suoi capelli, un tempo corvini, erano candidi; gli occhi, in passato balenanti come folgore, spenti e appannati. Stanco,
logoro, presso a morire, ma pur sempre alla ricerca del
re, era venuto ancora una volta a Gerusalemme, dove
spesso aveva cercato la famiglia di Nazareth. Stavolta
qualcosa gli sussurrava che avrebbe potuto riuscire
nell’intento.
Era il tempo di Pasqua, nella città si accalcavano stranieri e figli di Israele sparsi nei vari paesi. Quel giorno
la moltitudine era in preda ad una singolare agitazione, e
il cielo ottenebrato da una strana caligine. Artaban domandò quale fosse la ragione di tale fermento e dove
andasse tutta quella gente. Risposero: “Andiamo al luogo del Golgota, fuori le mura della città dove deve aver
luogo una esecuzione. Due ladri devono essere crocifissi
e con essi anche Gesù di Nazareth, uno che ha compiuto
cose meravigliose, e che il popolo ama, ma che i sacerdoti e gli anziani hanno detto che deve morire perché si
è detto “Figlio di Dio”. E Pilato lo ha condannato alla
croce perché ha detto di essere “Re degli Ebrei”. Queste
parole caddero sul cuore stanco di Artaban, esse lo avevano condotto tutta la sua vita per terre e per mari ed ora
gli giungevano misteriose e oscure, come un disperato
messaggio. Il re era sorto, ma era staro rinnegato e rifiutato e stava per morire. Forse era già morto. E se fosse
quello nato a Betlemme 33 anni prima, annunciato dalla
stella in cielo?
Il cuore di Artaban batteva agitato ed egli disse tra sé:
“Le vie del Signore sono più strane dei pensieri degli
uomini, può essere che io arrivi in tempo a riscattarlo
con la mia perla prima che muoia”. Seguì la moltitudine
verso la porta di Damasco, quando vide dei soldati trascinare una fanciulla dalle vesti lacere.
Si fermò a guardarla pieno di compassione ed ella divincolatasi si gettò ai suoi piedi gridando di essere salvata,
perché stava per essere venduta schiava per i debiti del
padre. Artaban tremò. Ancora una volta il conflitto della
sua anima tra l’aspettativa della fede e l’impulso
dell’amore. Già due volte il dono consacrato
all’adorazione religiosa era uscito dalle sue mani per
servire l’umanità. Questa era la terza prova,
l’irrevocabile scelta finale.
Era la sua grande opportunità o l’ultima tentazione?
Trasse dal suo seno la perla, che mai gli era sembrata
così bella e lucente, e la pose nella mano della schiava
dicendo: “ecco il tuo riscatto figliuola, è l’ultimo dei
miei tesori e lo tenevo per il Re”. Mentre parlava il cielo
si fece ancora più cupo e scosse di terremoto scuotevano
la terra; i muri delle case ondeggiavano, i soldati fuggi-
La persona che mi ha inviato il fascicolo con questo
racconto, che ho cercato di riassumere al meglio, lo ha
accompagnato con queste due righe: Caro Giovanni, ti
mando questa “storia” che io amo molto e che leggo
con commozione nel periodo di Natale. Questo 4° Saggio è per me l’essenza più umana e anche più spirituale
dell’amore. Anche lui ha incontrato il Cristo, ma solo
dopo 33 anni! E’ forse più facile per chi ha una fede?
E’ più breve?
Ho risposto così: Incontrare il Signore non è più facile,
né più breve, per chi dice di credere. Incontrarlo non è
mai facile per nessuno, perché incontrarlo vuol dire:
rinnegare se stessi, prendere su di sé la propria croce e
servirlo nei poveri, negli ultimi, negli emarginati, negli
esclusi, … solo così lo si trova, solo così si ha veramente fede, solo così ci si realizza nella vita.
Il nostro cammino nel tempo è una continua ricerca di
bene, di bello, di felicità, … in una parola di verità.
Sant’Agostino l’ha cercata in mille modi e in mille cose
la verità, ma non riusciva a trovarla. Un giorno, prima
della sua conversione, S. Ambrogio gli ha raccomandato di non perdersi d’animo e proseguire la sua onesta
ricerca, avvisandolo però che non sarebbe stato lui a
trovare la verità ma la Verità ad andargli incontro, perché la verità è una persona: Cristo.
Se ti commuove la lettura della storia del quarto Saggio
… sei sulla buona strada.
Leggi il Vangelo e vi troverai quello che cercava il 4°
Saggio. Peccato che dopo 2000 anni molti cristiani non
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si sono ancora fatti toccare il cuore da queste parole. Il
loro cuore, come diceva Gandhi, è come un sasso immerso nell’acqua che, anche dopo secoli, dentro è sempre asciutto … e il comportamento viene di conseguenza.
Giovanni
LETTERE DI SAN PAOLO
Profilo biografico di Paolo
Paolo è nato a Tarso in Cilicia (Turchia meridionale) tra
il 5 e il 10 d. C. All’atto della circoncisione i genitori gli
diedero il nome ebraico di Saulo e probabilmente anche
il nome latino di Paolo, in quanto la famiglia godeva del
diritto di cittadinanza romana. Come apostolo egli userà
il nome di Paolo. A Tarso il giovane Saulo ricevette la
prima educazione religiosa ebraica e respirò il clima
cosmopolita della città. Dopo la fanciullezza fu inviato a
Gerusalemme a completare la sua formazione biblico –
giudaica alla scuola di un maestro di prestigio: Gamaliele.
Della formazione greca di Saulo non si sa nulla ma se
ne trovano tracce evidenti nelle sue lettere e, indubbio
segno della duplice cultura acquisita, è la perfetta padronanza della lingua greca e di quella ebraico – aramaica.
Non si sa se Saulo abbia avuto diretti rapporti con Gesù
ma compare subito come un temibile avversario della
Chiesa nascente.
Dopo l’uccisione di Stefano, cui prese parte, Saulo si
recò a Damasco per dare la caccia ai Cristiani. Mentre
stava per raggiungere la città però fu folgorato da una
visione di Cristo che gli si rivelò in pienezza. Il fatto,
avvenuto intorno al 35 d. C., mutò radicalmente il corso
della sua vita.
Dopo il battesimo Paolo si ritirò per un po’ di tempo
nella solitudine dell’Arabia, quindi tornò a Damasco. Si
recò poi a Gerusalemme per prendere contatto con Pietro ma, per sottrarsi all’ostilità giudaica contro di lui,
accettò il consiglio di tornare a Tarso.
Dopo qualche tempo Barnaba, un cristiano molto stimato dagli Apostoli, lo condusse con sé ad Antiochia di
Siria. Per un intero anno essi lavorarono insieme in
quella chiesa fiorente istruendo grandi folle. Da Antiochia partirono le grandi spedizioni missionarie di Paolo.
Un primo viaggio missionario, in compagnia di Barnaba, lo condusse da Antiochia a Cipro, e successivamente
nelle regioni meridionali della Turchia, dove si formarono delle comunità locali cui furono preposti dei capi
chiamati “Anziani” o “Presbiteri”.
In una seconda spedizione missionaria, con Sila e Timoteo, Paolo attraversò la Turchia da Tarso a Troade, spingendosi poi verso l’Europa annunciando il vangelo a
Filippi, Tessalonica, Atene, Corinto, dove sostò per due
anni. Siamo negli anni 51 – 52 e da Corinto Paolo invia
la lettera ai Tessalonicesi, il più antico scritto del Nuovo
Testamento. Da Corinto fece poi Ritorno ad Antiochia.
Dopo non molto tempo una terza spedizione missionaria
ebbe per centro la grande città di Efeso, dove Paolo dimorò oltre due anni, tenendosi in contatto colle comunità fondate in precedenza. Da Efeso scrisse la prima lettera ai Corinzi e la lettera ai Galati. Costretto a fuggire
da Efeso si recò in Macedonia, dove scrisse la seconda
lettera ai Corinzi, e poi a Corinto dove trascorse
l’inverno del 57 – 58 scrivendo la grande lettera ai Romani.
Da Corinto Paolo si recò a Gerusalemme per la consegna delle offerte raccolte a favore dei Cristiani di quella
DIFFUSIONE DEI VANGELI
Con questo articolo termina la parte dedicata alla panoramica generale sulla
Bibbia; con il prossimo
numero saranno brevemente illustrati ciascuno
dei 73 libri in essa riportati.
Come dicevo la volta
scorsa,
alla
morte
dell’ultimo apostolo, S.
Giovanni Evangelista, gli scritti su quanto detto e fatto
da Gesù si sono diffusi subito, e nel corso dei primi secoli della vita della Chiesa di questi libri ne circolavano
molti e di diverso tipo. Sempre in questi primi secoli,
sono sorte anche diverse eresie, per confutare le quali si
sono tenuti degli importantissimi concili ecumenici.
Nel 1546 il Concilio di Trento confermò l’uso antico di
considerare canonici 73 libri, 46 dell'Antico e 27 del
Nuovo Testamento, riprendendo l'elencazione proposta
dal Concilio di Firenze nel 1442 che accoglieva l'elenco
dei libri contenuti nella Vulgata di S. Girolamo, il quale
seguì le indicazioni di papa Damaso che nel 382 fissò Il
canone cattolico. Questo canone è stato confermato dal
Concilio Vaticano II. La Chiesa Cattolica riconosce pertanto come canonici 73 Libri: 46 dell’Antico e 27 del
Nuovo Testamento.
Il canone protestante è diverso da quello cattolico, perché non accetta alcuni libri, e a maggior ragione lo è
quello ebraico che, oltre a non comprendere i 27 libri
del Nuovo Testamento, esclude anche quelli il cui manoscritto originale non è redatto in lingua ebraica o aramaica.
Il concilio Vaticano II, del quale l’8 dicembre ricorrono
i 50 anni dalla conclusione, ha anche prodotto dei documenti per stimolare il dialogo interreligioso, il dialogo
ebraico–cristiano, e soprattutto il dialogo ecumenico
perché, con l’aiuto dello Spirito santo, tutti i cristiani
confluiscano in un’unica Chiesa.
Il concilio Vaticano II poi, con la “Dei Verbum”, invita
caldamente tutto il popolo di Dio a riaccostarsi alla Bibbia. Con la controriforma, sancita dal concilio di Trento,
di fatto era stata proibita la lettura della Bibbia temendo,
data la scarsa cultura della gente di allora, che si estendessero le eresie calviniste e luterane. Ora è tempo di
una lettura personale dei testi, sempre però attenti a
quanto indicato dal Magistero della Chiesa, dal tempo
dei Padri fino ad oggi. Una corretta lettura dei testi
della Bibbia unisce a quanto scritto nei suoi libri il
commento esegetico del Magistero.
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Le più brevi di queste lettere e precisamente la seconda
di Pietro, la terza di Giovanni e quella di Giuda, incontrarono qualche incertezza per entrare nel canone ufficiale della Chiesa.
comunità. A Gerusalemme è notato da Giudei ostili che
gli sollevano contro la folla. Dopo un drammatico arresto da parte del tribuno romano, Paolo è trascinato in un
lungo processo a Gerusalemme, che si concluderà poi a
Roma essendosi egli appellato a Cesare.
A Roma Paolo arrivò nella primavera dell’anno 60 – 61
e vi rimase in domicilio coatto fino all’anno 63, in attesa
di un processo che non ebbe luogo. Da Roma scrisse le
lettere ai Filippesi, agli Efesini, ai Colossesi ed il biglietto a Filemone. Dopo il 63 non ci sono più notizie
sicure. Alcuni ipotizzano già il 64 come anno del martirio, mentre altri collocano qui il viaggio in Spagna. Si
hanno anche notizie di un altro viaggio in Asia Minore
dove lasciò Timoteo a capo della Chiesa di Efeso ed
affidò a Tito la comunità di Creta. Troviamo poi Paolo
ancora a Roma, in una severa prigionia, nel corso della
quale avrebbe scritto le lettere a Timoteo e a Tito. Il
processo questa volta si concluse colla condanna alla
decapitazione, avvenuta secondo la tradizione alle Acque Salvie, lungo la via Ostiense, a cinque chilometri
dalle mura di Roma, nell’anno 67 d. C.
Ciascuna lettera possiede un carattere proprio ed una
propria finalità; anche la forma e lo stile sono diversi.
Queste lettere sono come omelie pastorali, redatte in
forma di lettera per favorirne la diffusione. I temi che vi
si svolgono vanno oltre l’interesse di un gruppo particolare di lettori e riguardano l’intera comunità cristiana.
Rappresentano pertanto un modello degli insegnamenti
cristiani dati alle prime comunità, e di qui la differenza
con le lettere di san Paolo.
APOCALISSE
Apocalisse significa “Rivelazione” e designa un genere
letterario che presenta la storia passata come predizione
del futuro sotto forma di visioni, simboli, immagini mitiche e numeri.
Il Nuovo Testamento ha accolto nel canone una Apocalisse il cui autore dichiara di essere Giovanni, rinchiuso
nell’isola di Patmos a motivo della fede cristiana. Una
tradizione risalente al II secolo lo identifica con
l’apostolo Giovanni, e si pensa che lo scritto sia stato
composto sotto Domiziano, verso il 95 d. C.
La divisione del libro è abbastanza chiara.
Un’introduzione che comprende l’intestazione, i vari
destinatari e la grande visione inaugurale. Il corpo del
libro si compone di due parti: una sezione pastorale con
le lettere alle sette chiese (le cose riguardanti il presente) e la sezione propriamente apocalittica, cioè le cose
che accadranno dopo, nelle quali non si devono cercare
avvenimenti futuri ma vedere la condizione della Chiesa in ogni tempo.
L’epilogo è dominato dall’invocazione “Vieni, Signore
Gesù” con la risposta “Sì, vengo presto”.
L’autore presenta le sue visioni in serie di settenari (7
sigilli, 7 trombe, 7 coppe) in cui descrive la situazione
della Chiesa perseguitata e i giudizi di Dio sui persecutori, fino al giudizio finale che annienterà ogni forza
ostile e donerà ai fedeli la felicità eterna.
L’Apocalisse appare come la grande epopea della speranza cristiana che anima la Chiesa, sempre perseguitata
nel mondo, ma sostenuta dal suo Signore.
Giovanni Magni
Le Lettere
Le lettere giunte a noi col nome di Paolo basterebbero
da sole a collocarlo tra i grandi scrittori dell’antichità.
Più che la quantità colpisce l’acutezza del pensiero e
l’immediatezza esistenziale. Esse sono nate a servizio
della missione e come sua integrazione.
Tredici lettere hanno come mittente il nome di Paolo e
sono indirizzate: ai Romani, ai Corinzi (2), ai Galati,
agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi, ai Tessalonicesi
(2), a Timoteo (2), a Tito, a Filemone. Una quattordicesima, la lettera agli Ebrei, gli è stata attribuita fin dal II
secolo ma non è scritta da lui. Sette sono ritenute da tutti
autentiche: 1 Tessalonicesi, 1 – 2 Corinti, Galati, Romani, Filippesi, Filemone. Sono apparse tra gli anni 50 e
60 e sono gli scritti più antichi del cristianesimo. Nelle
altre lettere c’è forse la mano di qualche discepolo.
Si tratta di vere e proprie lettere, ma anche quando tratta
problemi immediati per i suoi destinatari Paolo li accosta con argomentazioni teologiche. Vi si trovano quindi
questioni dottrinali che vanno ben al di là delle questioni contingenti. Le lettere ai Galati ed ai Romani sono
trattazioni teologiche, anche se conservano il carattere
di vere e proprie lettere alle rispettive comunità.
Sono dunque lettere occasionali nate dalle esigenze della missione, ma nel contempo lettere pastorali ed apostoliche, destinate a costruire le comunità cristiane di
ogni tempo.
AMORE PER LA CHIESA
(anche per le sue miserie)
LETTERE CATTOLICHE
Si chiamano cattoliche sette lettere del Nuovo Testamento che non sono indirizzate a nessuna comunità in
particolare e sono attribuite: due a Pietro, una a Giacomo, una a Giuda e tre a Giovanni.
Forse a suggerire l’appellativo “Cattoliche” è stata proprio l’assenza di particolari destinatari. La raccolta si
attesta nel secolo IV. La Volgata ha imposto la prassi di
collocarle tra le lettere di San Paolo e l’Apocalisse di
San Giovanni.
La Chiesa è santa per il fatto che a capo c’è Cristo, suo
sposo. E’ però anche fatta da poveri uomini, da poveri
peccatori, e quindi non sempre perfetta. Come cristiani
dobbiamo però sempre amare la Chiesa e difenderla.
Questo senza scusare inutilmente errori indifendibili,
avvenuti nel corso della storia e in atto ancora oggi, a
causa dei difetti, degli errori e dei peccati degli uomini.
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dell’Oratorio, tenendone presente il progetto educativo,
insieme al parroco.
La formazione di una comunità educante vuole diminuire la frammentazione dei diversi ambiti dell’Oratorio, in
modo da non farlo diventare un grande contenitore di
molte cose e attività che non si relazionano tra di loro.
Questo nuovo modo di concepire il Consiglio recupera i
compiti di quest’ultimo con la ferma volontà di garantire più unità ad ogni cosa pensata e fatta.
La comunità educante si riunisce mensilmente con i
componenti del precedente Consiglio dell’Oratorio, e
aggiunge ad essi le persone che sono coinvolte o vogliono coinvolgersi nell’attività oratoriana.
Va messo in risalto il tanto bene, il tanto bello e le opere
meravigliose da lei compiute nel corso dei secoli; bene e
bello testimoniato da una moltitudine di santi, anche ai
nostri giorni.
Giovanni Magni
LA RICCHEZZA DEL NATALE
La ricchezza vera è questo Bambino che viene nel mondo, il Bambino Gesù. Il resto, strombazzato
dappertutto in mille modi, con la
pubblicità e nei centri commerciali,
rischia di essere solo falsità e noia,
la
sagra
dell’ipocrisia,
l’ostentazione
dell’indifferenza
verso i poveri, gli esclusi, gli emarginati, i dimenticati da quella che
Papa Francesco definisce la cultura
dello scarto; il resto ci allontana da Dio, ci imbottisce di
cose che suonano come campane rotte e ci riempiono di
vuoto.
Il Natale cristiano fa l’esperienza di Dio che scende tra
di noi per portarci a Lui, che viene a salvarci, che mostra la sua misericordia, il suo immenso amore, in questo Bambino che si fa uomo per ricondurci alla vita piena, nuova, eterna, da condividere come figli amati.
Dio ci lascia liberi di scegliere quale vita condurre e per
quale strada camminare: la sua, donata in questo Bambino, o quella del nostro orgoglio e del nostro egoismo
che ci allontana da Lui. Egli ci ama comunque sempre, e
sempre aspetta il nostro ritorno, la nostra conversione, il
nostro sì.
Siamo circondati da tante povertà materiali, morali, spirituali, che ci interpellano chiedendo un po’ dei nostri
mezzi, un po’ del nostro tempo. Dio ci è sempre vicino,
solidale con noi. Ricambiamo questo amore e questa
solidarietà con un vicendevole amore solidale. Buon
Natale.
Comunità educante
Incontro di martedì 1° dicembre 2015
L'incontro si apre con una riflessione proposta da Don
Marco sul tema della misericordia. Alla vigilia
dell’apertura dell’anno giubilare straordinario, dedicato
alla misericordia, il Papa apre la prima porta santa lontano da Roma, in centro Africa. Insolito sicuramente.
Forse questa stranezza dovrebbe farci interrogare su
come sentiamo parlare di questa misericordia e come è
da intendere. Il termine è inflazionato, ma cos’è e cosa
centra con noi? Don Marco continua dicendo che “la
misericordia è il volto di Dio che è presente e perdona
[…] questa misericordia si sperimenta nella preghiera e
anche negli altri e bisogna imparare ad esprimerla
nell’amore verso i fratelli; poiché Gesù stesso ha detto:
siate misericordiosi”. “Questa primavera, quando sono
stato a Roma coi miei compagni diaconi, abbiamo avuto
la grazia di poter chiedere direttamente a Papa Francesco cosa sia per lui la misericordia. Diversa dalla rigidezza e dal buonismo indifferente, essa sta in mezzo: è
quell’amore che costa e si fa carico del prossimo.” Infine si è parlato di come sia importante, anche in Oratorio, avere spazi di misericordia nei quali si accoglie
l’altro non semplicemente coi cancelli aperti, ma nella
qualità delle relazioni che rispecchiano – e devono rispecchiare sempre maggiormente – un amore più grande
che dia un senso ed uno stile unico al modo di abitare
questo spazio che è un grande dono e una grande peculiarità della nostra diocesi ambrosiana.
Si è passati poi al seguente O. D. G. : verifica del mese
di novembre; calendario prossimi appuntamenti; varie
ed eventuali
LA COMUNITA’ EDUCANTE
PREMESSA: cos’è la comunità educante
Verifica mese di novembre
La comunità educante nasce nella nostra parrocchia nel
settembre del 2014, prendendo spunto dalla lettera pastorale del cardinale Angelo Scola e declinandola nel
concreto in un nuovo assetto del Consiglio
dell’Oratorio. Al Consiglio dell’Oratorio è dato il compito di organizzare, pensare e attuare le attività
Domenica 8 novembre; la quinta elementare, nella domenica in cui aveva l’animazione della Messa domenicale, si è fermata in Oratorio per un pranzo con le famiglie dei ragazzi e le catechiste. La risposta da parte delle
famiglie è stata buona alla Messa e all’incontro con don
Paolo, un po’ più scarsa per il pranzo: molti hanno scelto di lasciare solo i ragazzi per impegni con gli altri figli. Chi ha partecipato è rimasto contento e soddisfatto
dell’iniziativa. Anche per le catechiste molto positiva
l’esperienza, soprattutto perché nel pranzo c’è occasione
di dialogo e conoscenza. Si pensa di riproporla. Nello
stesso giorno, in serata, si sono trovati i giovani di tutta
la comunità pastorale per pregare insieme e cenare cuci11
sempre alle 17
nando da soli le pizze.
Buona la partecipazione, ottimo il clima tra i
giovani.
Domeniche pomeriggio; la partecipazione
non eccezionale ai laboratori, complice la
presenza del teatro che
coinvolge molti e sta procedendo bene. Comunque si
pensa di continuare a proporre qualcosa di alternativo al
teatro per coloro a cui non piace o che non possono parteciparvi. La presenza degli animatori, come dei bambini, è altalenante.
Pappa & ciccia; domenica 29 novembre ha aperto per
un laboratorio di cucina. La partecipazione buona, minore rispetto al solito causa molti malati. Clima bello e
bimbi contenti. Biscotti buonissimi. La prossima data di
apertura del Pappa & ciccia sarà a gennaio; più avanti
maggiori dettagli. Anche l’avventura del Pappa & ciccia
infrasettimanale continua bene e con buona partecipazione.
Avvento; i calendari sono stati tutti distribuiti, qualcuno
è rimasto senza ma si provvederà a cercare di recuperare
qualche calendario dalle parrocchie della comunità pastorale. Gli adesivi ritirati la domenica sono un buon
numero, che quindi rispecchia una buona costanza della
partecipazione dei ragazzi.
Per la Messa del giorno di Natale verrà pensato un gesto
che dia compimento a tutto il cammino di avvento. La
porta costruita davanti alla chiesa, che richiama il titolo
dell’avvento “come Gesù, porta la pace”, e l’inizio ormai imminente del giubileo straordinario della misericordia, sembrano aver avuto un buon impatto; dai prossimi giorni la porta verrà illuminata tutte le sere.
Come carità d’avvento ai ragazzi dell’iniziazione cristiana e ai preadolescenti, si è chiesto di portare in chiesa viveri per la caritas parrocchiale. Nel complesso i
viveri raccolti sono un buon numero. Domenica 29 novembre il coretto dei bimbi ha invitato tutti i ragazzi
delle elementari alla Messa delle 11 per cantare insieme.
La risposta è stata buona, molti bambini hanno partecipato. Si pensa di riproporre più avanti.
-Venerdì 18 dicembre: ore 21 a Verderio Inferiore, adorazione e confessioni per 18/19enni e giovani di tutto il
decanato
-Sabato 19 dicembre: ore 16 confessioni ragazzi 1a media. In serata in Oratorio cena U.S. Orobia
-Domenica 20 dicembre: ore 9.30 in chiesa parrocchiale
Messa animata dall’U.S. Orobia con la partecipazione
delle associazioni di Robbiate. Ore 17 nel centro polifunzionale “Carlo Maria Martini” teatro di Natale realizzato dal gruppo teatrale dell’Oratorio
-Lunedì 21 dicembre: ore 21 a Paderno confessioni per
gli adolescenti di tutta la comunità pastorale
-Martedì 22 dicembre: al termine della novena, in chiesa parrocchiale, confessioni ragazzi di 5a elementare
-Mercoledì 23 dicembre: al termine della novena, in
chiesa parrocchiale, confessioni preAdo
-Giovedì 24 dicembre: ore 23 in chiesa parrocchiale
Messa di mezzanotte; al termine, fuori dalla chiesa
cioccolata/vin brulé e panettone per tutti
-Mercoledì 6 gennaio: Epifania; bacio di Gesù Bambino
animato dai ragazzi di 3a elementare
-Sabato 9 gennaio: ore 20.45 nel centro polifunzionale
“Carlo Maria Martini” recital a cura dei ragazzi
dell’Oratorio di Acquate, paese natale di don Marco
Varie ed eventuali
Vista la visita del pontefice per il 7 maggio dell’anno
venturo – in concomitanza delle cresime – la data del
sacramento della Confermazione è posticipata a sabato
14 maggio e sarà presieduta dal decano don Costantino
Prina.
Le prime comunioni saranno, come già comunicato,
domenica 8 maggio.
A gennaio verrà aperta dalle rispettive equipe di educatori una riflessione su preadolescenti e adolescenti in
Oratorio, per incentivarli a vedere in questo luogo un
posto in cui trovarsi, prima di tutto, tra di loro ed abitarlo; per far vivere l’Oratorio innanzitutto come un cortile
in cui passare parte del loro tempo, con un certo stile.
Tra le varie iniziative si potrebbe proporre anche un momento di ritrovo al sabato sera per la visione di un film,
o un piccolo torneo di giochi da tavolo; da qui poi ripartire per coinvolgerli nell’animazione domenicale e nei
vari possibili servizi che ci sono in Oratorio.
Un occhio particolare andrà anche al carnevale, per il
quale servono nuove forze per la realizzazione dei costumi coi bambini. Inoltre si è riscontrata la necessità di
una presenza di animatori nel campetto da calcio dove
molti ragazzi giocano.
Si stanno programmando per gennaio due serate: una
dedicata alla spiegazione del giubileo della misericordia
e una che proporrà lo spettacolo di magia di un giovane
mago. Più avanti le date.
La comunità educante si riunirà di nuovo lunedì 4
gennaio.
Mafalda Montanini
Calendario prossimi appuntamenti
-Venerdì 11 dicembre: cena per tutti i suonatori e i cantori dei coretti in Oratorio.
-Sabato 12 dicembre: ore 17 in Oratorio ritiro preAdo.
Ore 18.30 in chiesa parrocchiale Messa animata dal
gruppo di teatro, a seguire cena in Oratorio e prove generali. Ore 20.30 in Oratorio – sedie rosse – riunione per
saldo vacanza invernale adolescenti
-Domenica 13 dicembre: ore 15 in chiesa parrocchiale
concerto natalizio della Schola cantorum robbiatese;
in Oratorio laboratorio natalizio “costruiamo il presepe”
per i bambini delle elementari e delle medie
-Lunedì 14 dicembre: ore 17 in chiesa parrocchiale inizio novena di Natale per i ragazzi. La novena continua
fino al 23 dicembre ( esclusi sabato 19 e domenica 20)
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S. NATALE 2015
CALENDARIO LITURGICO
Da Lunedì 14 dicembre a Mercoledì 23 dicembre
(esclusi sabato 19 e domenica 20 dicembre), alle ore
17.00, in Chiesa parrocchiale, Novena in preparazione al S. Natale
Sabato 19
Domenica 20
Martedì 22
Mercoledì 23
Giovedì 24
Festa della Sacra Famiglia
Ore 11.00 S. Messa solenne
Domenica 07
Festa della Vita
Ore 11.00 S. Messa
Vigilia del S.Natale
Ore 16.00 Confessioni
Ore 23.00 Veglia Natalizia e S.Messa
della Notte in Chiesa
Domenica 10,
ore 11, S. Messa per la presentazione dei battezzandi
Sabato 9,
ore 16, all’asilo Elena,
incontro per i genitori
Domenica 17,
ore 11 e ore 16, celebrazione dei Battesimi
BATTESIMI DI FEBBRAIO
Sabato 20,
ore 16, all’asilo Elena, incontro per i genitori
Domenica 21,
ore 11, S. Messa per la presentazione dei battezzandi
S. Stefano
Ore 9.30 S. Messa
Ore 18.30 S. Messa prefestiva della
domenica
Domenica 28,
ore 11 e ore 16, celebrazione dei Battesimi
BATTESIMI DI MARZO
Ore 15.00 Canto del Te Deum
in Chiesa
Ore 18.30 S. Messa prefestiva
Sabato 12, ore 6, all’asilo Elena, incontro per i genitori
Domenica 13, ore 11, S. Messa per la presentazione
dei battezzandi
Domenica 20, solo ore 11 e sabato 26 ore 21
(veglia pasquale),
celebrazione dei Battesimi
GENNAIO 2016
Venerdì 01
Domenica 24
BATTESIMI DI GENNAIO
Ore 9.30 S. Messa
Ore 11.00 S. Messa Solenne
Ore 18.00 S. Messa
Giovedì 31
Festa del Battesimo di Gesù
Ore 11.00 S. Messa con presentazione
dei battezzandi e Festa dei
Bambini Battezzati
nell’anno 2014
Ore 16.00 Confessioni 1^ Media
Ore 9.30 S. Messa delle Associazioni
Ore 17.00 Confessioni 5^ Elementare
Ore 20.45 Confessioni Comunitarie
degli Adulti
Ore 17.00 Confessioni preadolescenti,
2^ e 3^ Media
Venerdì 25 S. Natale
Sabato 26
Domenica 10
Ore 9.30 S. Messa
Ore 11.00 S. Messa
Ore 15.00 Canto del Veni Creator
in Chiesa
Ore 18.00 S. Messa
Sabato 02
Ore 18.30 S. Messa prefestiva
Domenica 03
Ore 9.30 S. Messa
Ore 11.00 S. Messa
Ore 18.00 S. Messa
Martedì 05
Ore 18.30 S. Messa prefestiva
Mercoledì 06
Epifania
Ore 9.30
Ore 11.00
Ore 18.00
Ore 15.00
S. Messa
S. Messa
S. Messa
Bacio di Gesù
Bambino in Chiesa
CARITAS PARROCCHIALE
AVVENTO DI FRATERNITA’
12-13 dicembre 2015 – Giornata della Caritas
Parrocchiale
Nei giorni di sabato 12 e domenica 13 dicembre, presso
la Chiesa Parrocchiale, negli orari delle Sante Messe,
si venderanno: panettoni, ciclamini, stelle di Natale,
torte.
A TUTTI AUGURI DI UN SANTO NATALE
S. Natale 2015
Al Gruppo Caritas i nostri auguri per un sereno e santo
Natale nella luce e nella gioia di Betlemme. Il nato Bambino sia per tutti voi portatore di tante grazie, benedizioni
celesti e sempre nuove speranze per un futuro migliore,
fatto di pace e serenità. Auguri per un anno nuovo ricco
di tanto bene. Cari Saluti.
Suore di Sibiu
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L’ORATORIO
“Noi qui facciamo consistere la santità
nello stare molto allegri”
Don Bosco
Credo sia questo il filo rosso della vita oratoriana. Dalla
catechesi delle varie classi al teatro, dallo spazio dove
far giocare i più piccoli al campetto sintetico, dalle attività della domenica
alle chiacchierate
prima del catechismo.
L’Oratorio,
specialmente per i
ragazzi e per i giovani, è un luogo
privilegiato
dove
imparare a vivere nel concreto lo stile del Vangelo e
capire che la santità – ovvero essere amici di Gesù – è
cosa realizzabile ed è cosa di tutti. Insomma: in Oratorio
ci vuole stile e deve essere uno stile riconoscibile, quello della gioia, la gioia dello stare insieme, con un Amico
in più.
L’anno solare si chiude, ma quello oratoriano è appena
iniziato; alle spalle lasciamo tanti pomeriggi di giochi e
attività, mille incontri di catechismo, le partire a calcio,
le preghiere in chiesina o sul campo prima di iniziare le
attività, le riunioni con gli animatori, i caffè al bar, tutti i
volti di chi è entrato in Oratorio e i tanti sorrisi. Un grazie a tutti quelli che nei diversi modi hanno reso possibili questi bei momenti e a chi ha partecipato. Guardando
al futuro ci sono altrettante cose da fare, con entusiasmo
e passione, prima fra tutte la novena per prepararsi bene
al Natale. Avanti con gioia.
Mafalda Montanini
6 gennaio
celebrazione dell’epifania
animata dalla III elementare
alle 0re 15
per vivere bene il Natale
CONFESSIONI
in chiesa parrocchiale
CONCERTO DI NATALE
19 dicembre
Ore 16
I media
DOMENICA 13 DICEMBRE 2015 - ORE 15,00
presso la Chiesa Parrocchiale
CONCERTO DI NATALE
eseguito dalla SCHOLA CANTORUM
“S. ALESSANDRO” DI ROBBIATE
Verranno proposte partiture corali, a più voci,
tratte dalla tradizione natalizia internazionale
22dicembre
dopo la novena
V elementare
23 dicembre
dopo la novena
preAdo
CENONE DI CAPODANNO
Ci sarà il Capodanno in oratorio.
CENONE PRESSO IL BAR.
Per le iscrizioni rivolgersi a:
BISSOLA ANGELA 039/510358
BOSISIO LINA 039/510273
La catechesi
riprende
da giovedi 7 gennaio
secondo i giorni e gli orari
delle rispettive classi
14
METTIAMOCI IN GIOCO!
Spazio pomeridiano per i bimbi della Scuola dell’Infanzia
Eccoci, dopo quasi due mesi, a parlare della nostra piccola esperienza dello SPAZIO POMERIDIANO
“METTIAMOCI IN GIOCO”
Siamo un gruppo di mamme della Scuola dell’Infanzia “Elena” e, dopo tante chiacchere al Parco di Villa Concordia, è nato in noi il desiderio di trovare un luogo dove poterci incontrare anche in giornate uggiose e fredde.
Questo perché per i nostri bimbi è bello sperimentarsi insieme nel gioco libero anche al di fuori dell’asilo. Ma,
cosa altrettanto importante, questo ci dà la possibilità di poterci incontrare e confrontare tra noi adulti.
Ognuno di noi ha la propria quotidianità: lavoro, casa, amicizie. Ma riteniamo importante poter conoscere persone nuove che hanno bimbi dell’età dei nostri.
Questa opportunità ci è stata data dall’Oratorio di Robbiate, negli spazi del“Pappa e Ciccia”.
Dal 20 Ottobre ecco i nostri orari:
MARTEDI’ e VENERDI’ dalle 16,00 alle 18,00.
Pertutti i bimbi delle Scuole dell’Infanzia
Cosa facciamo?
I pomeriggi sono molto liberi nel gioco. A volte facciamo qualche attività più strutturata (uso di tempere, creazione di maschere per halloween , etc.)ma sempre nella libertà dei piccoli di scegliere se partecipare o meno.
Così facendo i bambini hanno modo di conoscere coetanei con cui non si rapportano normalmente ed è bello
vedere come interagiscano tra loro.
In occasione dell’avvicinarsi del Natale venerdì 18 Dicembre organizzeremo una TOMBOLATA FIGURATA.
Ognuno di noi porterà un piccolo pensierino (pacchetto di cioccolatini, caramelle, etc. ) incartato e senza nome e
condivideremo insieme i premi.
Una bella merenda offerta da noi mamme e… ci scambieremogli auguri!!!
Aperture durante la chiusura natalizia della Scuola dell’Infanzia:
23 dicembre 2015
Dalle 15,00 alle 18,00
5 Gennaio 2016
Dalle 15,00 alle 18,00
(Orario un po’ più “lungo” proprio perché i nostri bimbi sono a casa in vacanza)
Dall’8 Gennaio ricominceremo con i consueti giorni e orari.
Vi aspettiamo numerosi!!!
15
Ciao!
Siamo il “GRAZIOSO CORETTO” che anima di solito la S. Messa delle ore 11 la domenica mattina.
Con questo articolo volevamo farci conoscere un po’, raccontarvi “come
siamo nati”, cosa facciamo e, perché no, invitarvi ad unirvi a noi!
Dalla Festa degli Oratori del 2014 il gruppo storico dei “cantori”e “suonatori”
della S. Messa delle 11 si è “arricchito” di un sempre più numeroso
CORETTO DI BAMBINI di tutte le età, desiderosi di cantare, stare insieme
e vivere in modo diverso e più partecipe la Liturgia. A loro si è unito anche
un bel gruppetto di GENITORI che, oltre a sostenere i bimbi nel canto,
aiutano anche nell’organizzazione delle varie attività ad esso correlate.
Ad oggi fanno parte del coretto una ventina di bimbi e una decina di genitori.
Di solito animiamo la S. Messa delle ore 11 ma nelle feste solenni, quando in questo orario è presente la
Schola Cantorum, ci “spostiamo” alle 9,30.
Ci troviamo di norma il sabato pomeriggio per fare le prove.
Da domenica 29 novembre e per le domeniche in cui la liturgia non prevede particolari
celebrazioni (ad esempio i battesimi) abbiamo pensato di sederci sulle prime panche
della navata centrale della Chiesa in modo che tutti i bimbi e ragazzi possano sedersi
vicino a noi per vivere insieme la S. Messa. Le date verranno comunicate al catechismo
e esposte nelle bacheche.
Per il mese di DICEMBRE le prove saranno
il SABATO in Chiesa alle ore 15,45
A NATALE ANIMEREMO LA S. MESSA DELLE 9,30.
BAMBINI VI ASPETTIAMO!!!
RICORDA! Cerchiamo chitarristi, organisti, suonatori di bongo, ma soprattutto … altri bambini che vogliano
cantare con noi!
Inoltre, siamo alla ricerca anche di strumenti musicali in buono stato.
Per qualsiasi informazione:
Luca: 377-1731914
Mariangela: 333-6896347
Da Lunedì 28 Dicembre la celebrazione delle messe feriali riprenderà l’orario consueto.
ORARIO S. MESSE
Festive
TELEFONI
Riferimenti pastorali
Sabato sera ore 18.30
Sacerdoti:
Domenica
ore 9.30 - 11.00 - 18.00
Don Antonio Caldirola
Don Paolo Bizzarri
cell.
Don Marco Albertoni
Feriali
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
ore
ore
ore
ore
ore
18.00
18.00
18.00
18.00
9.00
M.del Pianto
Parrocchia
M.del Pianto
Parrocchia
Parrocchia
039 9515929
039 510660
366 4431440
335 1657066
Rev. Suore
Scuola Materna Elena 039.511206
1° giovedì del mese ore 21.00
Adorazione Eucaristica
Caritas
16
039.513163
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NOTIZIARIO DICEMBRE 2015 GENNAIO 2016