::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 1 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 2 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 3 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 4 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 5 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 6 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 7 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 8 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 9 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 10 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 11 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 12 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 13 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 14 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 15 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 16 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 17 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 18 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 19 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 20 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 21 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 22 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 23 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 24 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 25 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 26 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 27 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 28 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 29 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 30 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 31 ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 32 ONDAROCK (record of the month) http://www.ondarock.it/recensioni/2006_newsom.htm Joanna Newsom. Ventiquattro anni, californiana senza sembrarlo minimamente. Arpista, un terzo donna, un terzo elfo, un terzo bambina. Viso e smorfiette da attrice, l'impressione di vivere in un mondo tutto suo. Un album, "The Milk-Eyed Mender", delizioso, sorprendente, acclamato. Dodici vignette, tenere e gracchianti, dodici favole fra folk tradizionale e cantautorato indipendente (vi rimando alla recensione di Onda Rock per i doverosi approfondimenti). L'aggettivo che più si trova in riferimento è childish. Lei non gradisce, ma si coglie nel segno. Due anni per capovolgere un mondo. La cantante improvvisata guarda oltre, oltre quella che era già una sorpresa. Prepara cinque composizioni, dai sette ai sedici minuti. Affonda ancor più nelle radici, a partire dall'artwork, in cui diviene bellezza medievale, capelli biondi sciolti e mossi, corona di fiori, finestra sul fiume e sulle montagne, una tenda rossa. "Ys", questo il nome dell'opera seconda, vive una lunga gestazione. Le prove dal vivo, gli arrangiamenti di archi, le collaborazioni eccellenti. Il primo lavoro è la stesura, per voce ed arpa, e il primo nome pesante speso è quello di Steve Albini. Il secondo è l'orchestrazione (per la quale verranno usati trenta elementi), affidata all'immenso maestro Van Dyke Parks, al quale la Newsom presenta direttive e idee, soprattutto riguardo il mood. Infine, il terzo, dopo la registrazione, è il missaggio, affidato a Jim O'Rourke. E' esattamente in questo momento che marketing e ambizione si fondono. Filtrano i nomi, inizia il chiacchiericcio: finisce che "Ys", la cui uscita è prevista per novembre, diviene reperibile online sin da settembre. La storia non è poi tanto diversa da quella degli Arctic Monkeys, anzi "Ys" è per l'indie-indie quello che "Whatever..." era per l'indie-mainstream. E finire in rete molto tempo prima aiuta parecchio la Newsom, il cui disco è di digeribilità non affatto semplice. E' la spinta finale. I sacri aiutanti, le sacre riviste specializzate, la voce, sacra per la sua diversità, le composizioni, sacre per la loro lunghezza e difficoltà. Infatuazione intellettuale che non è poi diversa da infatuazione giovanil-ignorante. Il classico disco di cui non si può parlare male, anzi si deve dir bene. Approccio così a "Ys" con sentimenti contrastanti: la certezza di un talento, la puzza di un imbroglio, il timore che l'ambizione mandi a puttane le qualità, la speranza che puntando in alto si tiri fuori un capolavoro. Ad accogliermi è l'immaginifica storia di "Emily", che, col senno di poi, rappresenta anche la cifra stilistica dell'intero disco. Non è una canzone, piuttosto un lungo racconto musicato, intriso di poesia (occhi ai testi). C'è ben poco di rock, c'è molto di folk: il grosso, però, è personalità. L'arpa accompagna, facendo da chitarra, la voce, che è la vera protagonista, assieme alle melodie. La Newsom ha tagliato le asprezze, che pure erano un valore, del disco d'esordio. Il canto è più misurato, centrato e potente: adattato al campo d'azione di "Ys". Quel che ha perso in vispezza ha preso in focalizzazione. Il suo è un dono divino, è qualcosa di unico. A venire in mente è Bjork, ma il paragone regge a metà, laddove all'angelicità dell'islandese, la giovane californiana contrappone un timbro molto più umano, e proprio per questo più raro. Melodicamente colpisce invece la grazia delle linee, che han rotto i ponti con i riferimenti contemporanei, affondando in paesaggi più lontani, eppure meno esplorati, in quanto la Newsom si ritaglia spazi personali, rifuggendo soluzioni sentite, o quanto meno, comode, riuscendo a suonar nuova pur basandosi sull'antico. L'altro elemento caratteristico sono gli archi, psichedelici, stranianti, spesse volte semplicemente sovrapposti allo sviluppo della canzone, volando su, o entrando in tagli, anche profondi, con l'intento di rappresentare un piano ulteriore, un effetto allucinante (hallucinatory effect, come testualmente afferma la stessa Newsom). Il risultato, già bellissimo di per sé, è poi nobilitato dal finale, con la voce che cresce e il brano che si velocizza, scandendo in modo accorato quello che potrebbe essere riconosciuto come inciso; andando poi a morire nel congiungimento di arpa e orchestra. La seconda traccia, "Monkey & Bear", storia di un amore impossibile, porta invece in scena una rappresentazione più tradizionale, se non nella struttura, che resta unica (seppur maggiormente lineare che negli altri pezzi), sicuramente nella melodia e negli archi, dal taglio fortemente classico; eppure sorpesa da un finale thrilling. La terza, "Sawdust & Diamonds", presenta un'altra variazione al canone, spogliandosi dell'orchestra e basandosi su un ficcante pizzicare d'arpa, a mo' di sonata di piano, appaiato a una recitazione dolce e intensa, scossa dalle aperture emozionali della melodia. Sono i due brani "minori" del disco, pur viaggiando, soprattutto quest'ultima, su livelli di alta scuola. D'altro canto, "Only Skin" è l'apice della raccolta. Gli elementi di "Emily" sono tutti presenti, ed estremizzati, in sedici minuti e passa di inseguimenti di melodie, a disegnare una meravigliosa struttura in movimento, che scorre fluida grazie ai giochi di rallentamento-ripartenza, dovuti alla deliziosa linea melodica principale, sottolineata, tra gli altri, da fisarmonica e fiati (il suono compatto non permette però di apprezzare più di tanto il singolo apporto, quanto il disegno finale). Il clou, anche in questo caso, è la svolta finale, quando, dopo un lungo passeggiare sugli spuntoni dei violini, Newsom inizia a squittire lanciando il tema principale, cantato in un impeto di grandeur a doppia voce con Bill Callahan (con cui sarà in tour tra qualche giorno) e il baritono di lui molla le redini alle arrampicate di lei, con tanto di note di banjo e percussioni secche a fare da sfondo. Conclude, senza sfigurare affatto (anzi), "Cosmia", la più "canzone": arpeggi aggraziati e archi gonfi d'emozione, strepitoso sussulto strumentale folkloristico a metà brano, melodia aperta, ed esplicita, come mai era avvenuto ("and I miss your precious heart"), portata al massimo dell'espressività proprio nell'ultimo minuto. Il gusto che resta è agrodolce, pregno di emozione, con la consapevolezza di aver preso parte a una piccola opera d'arte. Già, perché smentendo tutti i timori di partenza, è proprio questo che è "Ys". A dispetto di una pesantezza strutturale, vuoi per la lontananza da canoni noti, vuoi per la scelta di usare gli archi (e non solo) in modo spesso disturbante, ci si trova proprio una piccola opera d'arte. Che forse manca della fruibilità, e della forza espressiva in quantità tale da essere dichiarato un capolavoro, ma che non fa rimpiangere la svolta neanche per un secondo uno, regalandoci, anzi, la conferma, ormai certissima, di un'artista curiosa e geniale. Un gran disco, un disco unico, senza dubbio tra i migliori dell'anno. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 33 IL POPOLO DEL BLUES http://www.ilpopolodelblues.com/rev/ottobre2006/recensione/joanna-newsom.html A small dysneyan living paradise comes alive for our listening pleasure thanks to young Joanna and the fantastic chart by the Great Van Dyke Parks Antico e modernissimo allo stesso tempo il nuovo album di Joanna Newsom è una delle uscite più attese dell’autunno 2006. La giovanissima arpista di Santa Cruz si propose come una mosca bianca sul panorama internazionale solo due anni fa con il bellissimo “The Milk Eyes Mender “ e letteralmente raccolta e spinta avanti quasi di forza dalla critica britannica che è riuscita ad imporla a un pubblico vasto, finalità quest’ultima portata a termine grazie anche a un paio di importanti spot televisivi. Per una giovane artista quale la Newsom così tanto in così poco poteva essere davvero troppo ma Joanna vive in un mondo tutto suo e non tutto di quello che le è accaduto intorno le ha alterato le percezioni. Vista un paio di volte dal vivo nel corso dell’estate 2005 ( Montreux, The Green Man Festival) l’impressione è stata quella di trovarsi davanti a una artista profondamente calata in un mondo onirico, sensazione avuta incrociando e incontrando la ragazza di persona e che non può fortificare le sue doti artistiche. “Ys” nuovo album di Joanna Newsom era stato anticipato da tutte le informazioni del caso : registrato da Steve Albini a Los Angeles, mixato da Jim O’Rourke a New York ma soprattutto arrangiato da Van Dyke Parks, il braccio destro di Brian Wilson e autore di arrangiamenti sopraffini d Randy Newman agli U2 di “Joshua Tree”, tutti sapevano che saremmo andati incontro a un disco di contenuti e non di sostanza, in altre parole cinque lunghi brani spalmati in 56 minuti. “Emily”, dedicato alla madre, “Monkey &Bear”, la più sfaccettata e già suonata dal vivo un paio d’anni fa, “Sawdust & Diamonds”, dai toni bardici e medioevali con Parks alla fisarmonica, “ Only Skin”, il brano più epico e cinematografico dal finale straordinario, vero e puro stile americana ante litteram, e la conclusiva “Cosmia”, incontro fra Broadway anni trenta e una confessional song appalachiana che si accende nella coda, sono le cinque composizioni di “Ys” ( titolo, per inciso già usato dai napoletani Il Balletto di Bronzo di Gianni Leone nel 1971, disco Polydor….) la cui copertina, opera del del pittore Benjamin Vierling di Grass valley, Ca, pare uscita direttamente dal XVI secolo. La Newsom afferma che cercava e aveva richiesta a Van Dyke Parks che il lavoro orchestrale scorresse parallelo al binomio arpa/voce e così è. Richiesta, quella della giovane californiana invero infantile perché in musica a un arrangiatore di cotanta caratura si chiede esattamente il contrario e cioè di amalgamare. Ascoltando il disco il motivo in questa richiesta – peraltro realizzata con risultati che neanche la Newsom, presumiamo, si attendeva ! – appare chiaro; Joanna Newsom scrive infatti per arpa e voce e non con l’arpa per la voce. Il tutt’uno è quindi inscindibile e inseparabile e tant’è. Van Dyke si è armato di pazienza – il rapporto con Wilson lo deve aver forgiato ben bene – e si è messo al lavoro impiegando otto mesi per scrivere gli arrangiamenti di “Ys”. La Newsom lo ha lasciato fare dandogli però indicazioni secondo il suo gusto e il suo modus operandi. Sulla scrivania di Parks sono state riversate dalla intrigante biondina fotografie, disegni, brandelli di colori e stoffe, tessuti damascati e drappi, fiori secchi, libri, scene di film e cartoni animati, fragranze e profumi, frutta esotica, pergamene scritte con piuma d’oca, anche una macchinina giocattolo ed un bottone. Il risultato è un album che sta già facendo tendenza prima ancora di essere in circolazione. Fateci caso : più o meno in contemporanea esce Sting con un disco di canti medioevali per liuto. Casuale ? Non direi e aspettatevi molto altro in scia. Poco importa, comunque. E’ importante invece che Joanna Newsom sia tornata all’analogico e che abbia dato a Van Dyke Parks, un gigante degli arrangiamenti, pane per la sua mente e per la sua penna e che abbia avuto indietro ciò che cercava per un disco davvero diverso e rispettoso del passato remoto ma fortemente attuale. “Ys” è oasi pura di rigorosa semplicità e dimostrazione di cosa si può fare se solo si vuole investendo nelle proprie forze senza ausilio di tanti marchingegni, un piccolo paradiso terreste disneyano che prende vita davanti a noi. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 34 GQ ONLINE http://www.gqonline.it/cont/020zoo/021art/0609/1800/ Le vacanze sono ormai un vago ricordo. Fagocitati nuovamente dal tran tran quotidiano, abbiamo già dimenticato cosa significa rilassarsi. Ecco un paio di ottimi ricostituenti musicali per ritemprare orecchie e anima. Buon ascolto! Di lei e della sua melodiosa arpa avevamo già parlato qui. Questa volta però entrambe ritornano accompagnate da un'intera orchestra. Arrangiato da Van Dyke Parks (già collaboratore di Brian Wilson, Frank Zappa, Byrds, Laurie Anderson...) e prodotto alla vecchia maniera (analogicamente) agli Abbey Road Studios, Ys riconferma il talento della Newsom, che ci regala 5 brani (55 minuti in tutto) dalle atmosfere lievi e calde. Su tutti Cosmia, un vero gioiellino sonoro. ROCKLINE http://www.rockline.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=1375 Pura poesia. Ys (uno "Yes" letto "iiis"), quarto full-length del talento californiano Joanna Newsom, è una di quelle opere talmente complesse e genialmente strutturate che un recensore trova serie difficoltà nell’elogiarne le qualità. L’album registrato da Albini è infatti come un’opera voluta da tempo da Joanna stessa, la quale ambiva fortemente a una collaborazione con un’intera orchestra; da qui tale volontà ha portato a un lavoro di approfondita progettazione che si traduce in un disco raffinato, godibile da un ampio pubblico, per la mancanza di un genere definito, ma soprattutto bello, oltre che stilisticamente, anche esteticamente (l’artwork è un dipinto di Benjamin Vierling, realizzato secondo tecniche del XVI secolo; il booklet poi è molto curato ed elegante). Premesse dunque l’assoluta originalità e immortalità di un disco che evade i limiti temporali della musica, andando a ripescare arrangiamenti orchestrali seicenteschi, si può passare a parlare della colossale collaborazione tra questa fantastica artista, Van Dyke Parks, per l’arrangiamento delle basi sonore di voci e arpa fornitegli da Joanna – che ha potuto con ampio anticipo (un anno) dare spazio al suo talento in assoluta quiete e spontaneità – e l’abile mixaggio di Jim O’Rourke. Si trattava infatti di rendere omogenee due componenti, quella centrale di voce e arpa della Newsom e quella di una vera e propria orchestra, evitando la contaminazione delle due fonti artistiche e lasciando quindi indipendenti e supreme le linee melodiche appassionanti di voci e arpa. Un’impresa epica insomma, se si guarda soprattutto alla complessa strutturazione di un’orchestra caratterizzata da corde, fiati, ottoni più dulcimer, marimba, molteplici percussioni, banjo, mandolino, basso elettrico (Lee Sklar), chitarra elettrica (interpretata dal famoso jazzista Grant Geisseman) e fisarmonica, suonata dallo stesso Van Dyke. Il pericolo dunque di cadere in un grossolano collage sarebbe la norma per molti artisti con tanto di collaboratori, ma qui invece prende forma un disco di cinque perle (alcuni arrangiamenti delle quali sono vecchie conoscenze live dei fan, oltre alla dolcissima e poetica Cosmia che costituisce proprio un classico), per una durata di cinquantacinque minuti. Sono dipinte dolci, eteree e oniriche melodie, a metà tra il rinascimentale e il moderno, tra la malinconia e il surreale, che consacreranno sicuramente questa uscita tra le migliori dell’anno. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 35 VITAMINIC http://www.vitaminic.it/2006/10/joanna_newsom_queen_of_new_fol_1.html Ma quanto è bella Joanna Newsom? Diciamoci la verità, sembra che l'abbiano rubata dallo scaffale di bambole di porcellana di uno di quei negozietti gestiti da un piccolo ed anziano uomo occhialuto, che ne ha lucidato le guance per anni. Invece Joanna è di carne ed ossa e, ben consapevole del potere della sua immagine, ha trovato lo stile più incredibilmente "in fit" col suo allure da donna giocattolo (in senso rigorosamente buono, eh). Ys, il suo secondo disco, esce il 14 novembre per Drag City ed infatti porta alle estreme conseguenze musicali il linguaggio immaginario del suo personaggio: cinque canzoni, solo cinque, molte delle quali della durata mostruosa di una quindicina di minuti e tutte ispirate alla mitologia, alla fiaba, al racconto fantastico. E non basta. Perchè proprio queste cinque fiabe sono prodotte, registrate e mixate da dei veri e propri guru della scena. Chi? Beh, Steve Albini, Van Dyke Parks e Jim O'Rourke e scusate se è poco...senza contare che il suo amante, lo straordinario Smog, ci ha messo una vera e propria mano, più che lo zampino. Insomma, Ys è così unico che Joanna questo mese si è presa la copertina dello spocchiosissimo magazine inglese The Wire, onore riservato fin'ora solo a poche altre donne, come Bjork ed Electrelane. E da lì, immersa nella luce di museo di Boston, guarda immobile la pagina di un grosso libro, cosciente esempio di art vivant. XL ONLINE http://xl.repubblica.it/recensionidettaglio/31901 Will Oldham l’ha voluta con sé nel tour di un paio d’anni fa.?La leggenda del folk Vashti Bunyan le ha affidato le parti di arpa nel disco che ha segnato il suo atteso ritorno. I bene informati la paragonano a Devendra Banhart e CocoRosie, ma la sua voce ricorda piuttosto Björk e Kate Bush. Joanna Newson si muove in un universo folk sospeso, dai contorni fiabeschi. Ys contiene appena cinque tracce: affascinanti ma fin troppo dilatate. La ripetitività soffoca l’emozione della sorpresa e l’innegabile bellezza di questa musica intima, evocativa e presuntuosa. FREKAOUT http://www.freakout-online.com/album.aspx?idalbum=1054 La copertina di "YS", ultimo lavoro di Joanna Newsom, opera del pittore Benjamin Vierling, pare uscita direttamente dal XVI secolo. E non è un caso che il disco sia stato arrangiato da Van Dyke Parks, già collaboratore di Brian Wilson e i Beach Boys, e autore di arrangiamenti sopraffini da Randy Newman agli U2 di “Joshua Tree". La Newsom gli ha chiesto l'arrangiamento orchestrale andasse in parallelo con il binomio voce/arpa, senza voler assolutamente amalgamare il tutto. Cosa abbastanza insolita da chiedere a una persona del calibro di Van Dyke Parks che, armato di pazienza, impiega otto mesi per dar vita agli arrangiamenti del disco. Insomma alla fine si sapeva che si sarebbe andati incontro ad un disco dal forte impatto contenutistico. Un lavoro camaleontico: un disco vero e proprio (56 minuti) o un EP (sono solo 5 le tracce)? “Emily”, dedicato alla madre, “Sawdust & Diamonds”, dai toni bardici e medioevali con Parks alla fisarmonica, “ Only Skin”, il brano più epico e cinematografico dal finale straordinario e la conclusiva “Cosmia”, una confessional song, sono le cinque composizioni di “Ys” (titolo, per inciso già usato dai napoletani Il Balletto di Bronzo di Gianni Leone nel 1971, Polydor.). Beh, quale è stata lo vostra fiaba preferita, quale quella che da piccoli, vi raccontavano per farvi addormentare? Rileggetela e ascoltate questo disco, il resto verrà da se. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 36 DEBASER http://debaser.it/recensionidb/ID_14136/Joanna_Newsom_Ys.htm Controverso. Forse perchè ormai abituato alla presunzione spesso gratutita e irritante di tutti coloro che non sapendo neanche strimpellare "Yesterday" con una chitarra trovano la sfrontatezza di giudicare il lavoro, il sudore, il talento altrui sparando un "inutile", o un "troppo ambizioso" per descrivere al mondo opere di cui non hanno ascoltato che i primi e gli ultimi due minuti (quando non si sono fermati al nome o ai colori sbiaditi della copertina); forse per questo ascoltando per la prima volta questo nuovo capitolo nella precocissima e folgorante carriera di Joanna Newsom mi ritrovo profondamente colpito ma anche un po' perplesso, un po' stordito… Profondamente colpito perché queste cinque lunghe composizioni di, di… ecco la difficoltà di descrivere a parole la complessità delle emozioni che vengono sprigionate da questi voli pindarici vocali… Joanna sa esprimersi attraverso questi lunghi monologhi dell'anima, un'anima, è stato detto e ridetto, di "fanciullino" non nel suo senso svilito di infantilità, di inesperienza, di acerbità ma che, come gli occhi di un bambino, ha la purezza e le visioni della curiosità, il motore di ogni scoperta, la causa di ogni sorpresa. La causa anche quindi delle cadute, delle scivolate che possono rendere la strada più impervia ma allo stesso tempo più ricca di fascino. Joanna ci fa scoprire il suo mondo con la sua compagna di viaggi, quell'arpa così esotica nel mondo Rock, che lei tratta con una maestria dichiaratamente classica ma mai fredda e intellettuale, che costruisce la fragile struttura dorata sulla quale leggera e pulita come una piuma bianca dalle traiettorie imprevedibili si libra in volo la candida e preziosissima voce della Newsom.. Una voce che è la landa desolata islandese di Bjork, che spesso vola in un Giappone di origami di carta e dei colori semplici e chiari di quelle illustrazioni naif del Settecento, che fa su e giù dalle colline di Hollywood inseguendo quella dell'eterna Joni Mitchell, che per scavare invece nella sua psiche si fa aiutare dalla introversa ma orgogliosa Lisa Germano e che per la struggente intensità di alcuni passaggi sembra persino rievocare lo spirito più "medievale" di Tim Buckley… Ma ho anche provato un vago senso di stordimento; di una leggerezza, una leggiadria talmente impalpabili che se vengono "forzate" anche solo per un attimo possono perdere quello straordinario e incantevole equilibrio al quale mirano.. E a Joanna è forse capitato in alcuni momenti di questo bellissimo disco, come quando il debito con le altre "maestre del canto" (lo diventerà anche lei..), soprattutto Bjork, si fa ancora percepire troppo.. E' capitato anche e soprattutto, secondo me, per la presenza spesso troppo accentuata degli arrangiamenti affidati al guru Van Dyke Parks che non è riuscito a non essere invadente in particolar modo con gli archi barocchi a lui tanto congeniali; infatti un tale prodigio di voce e inventiva non avrebbe per nulla bisogna di arrangiamenti ridondanti (mi viene in mente "Goodbye And Hello" di Buckley) e spero che questo verrà compreso in futuro. Quindi dopo aver ascoltato "Ys" solo una volta in più, il suo essere controverso diventa un pregio, il pregio dell'opera d'arte di una giovanissima artista che ha molto di nuovo da dire e molto tempo davanti per farlo nel migliore dei modi.. Quindi, sempre ammesso che il voto abbia un qualche significato, il quattro (e mezzo) è per me quella imperfezione, quel qualcosa in più o in meno di quest'album che è la fiducia per un (mi auguro) molto prossimo capolavoro.. Nota: l'album non so se sia già uscito in Italia; il mio l'ho ordinato dall'Olanda.. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 37 KALPORZ http://www.kalporz.com/recensioni/ys-joannanewsom.htm Quando la canzone più breve di un disco dura più di sette minuti, il titolo si riferisce a una leggenda celtica e la copertina è un dipinto che sembra provenire da altri tempi, è facile pensare a una parolaccia: prog. Eppure, in queste cinque canzoni non c’è una sola traccia di pesantezza: tutto fluisce come acqua, un torrente trasparente di suoni che non puoi smettere di contemplare. È un incanto, questo “Ys”, il secondo disco di Joanna Newsom, e fa quasi rabbia pensare al talento di una ragazza di soli ventiquattro anni capace di concepire un album così ricco, avvolgente, completamente fuori da ogni percorso. La voce di Joanna si è addomesticata, si è fatta meno stridula, e gli scheletri affascinanti d’arpa di “The milk-eyed mender” si sono coperti degli abiti più sontuosi: un’intera orchestra, arrangiata e diretta con mano leggerissima da Van Dyke Parks, accompagna queste cinque storie. Storie, non canzoni: ascoltarle è come entrare nei mondi – ora incantati, ora terribili – descritti dalle favole, dove l’amore impossibile tra una scimmia e un orso diventa perfettamente reale, o dove il desiderio è tensione di carne acerba e pensiero che occupa tutto (“Sawdust and diamonds”, con quel desire ripetuto all’infinito, ingenuo e carnale come “The kick inside” di Kate Bush). “Ys” non è solo un disco: è un’opera completa, sorretta da una visione che stimola sensi che la musica di solito non tocca, dalla vista (il quadro zeppo di simbolismi che ritrae Joanna come una dama rinascimentale, bella ed enigmatica) al tatto (i rilievi del retrocopertina, il dipinto riprodotto all’interno). Spegnere di colpo lo stereo mentre si ascoltano queste canzoni riporta a quando eravamo piccoli, quando mamma chiudeva il libro delle favole e rimboccava le coperte, e tu rimanevi a fissare il buio, quasi offeso perché ti avevano strappato a un mondo infinitamente più bello del reale, da quelle parole così semplici, ma con il potere di portarti altrove. Questo disco scorre leggero, incurante dei minuti che passano: vive in una dimensione estranea a tutto. Ed è talmente bello da lasciarti incredulo. MUSICCLUB http://www.musicclub.it/musicclub/jsp/rubriche/default_one.jsp?id_rubrica=71&id_numero=1163064240389 0&id_testo=11630670275970 E’ riapparsa dopo due anni e mezzi trascorsi a concertare in giro per il mondo con un nuovo album che sembra una spremuta di primizie undergorund e non. Steve Albini ha registrato voce e arpa di Joanna in primis, Van Dyke Parks ha arrangiato i pezzi (ci troviamo in presenza di una vera e propria orchestra: corde, fiati, ottoni, dulcimer, marimba, percussioni varie ecc. ecc.) e Jim O’Rourke ha curato il mix finale. Che dire se non... ECHECCAZZO!! Insomma niente di più lontano dall’ottica DIY vecchia maniera, anche se mi piace l’elaborazione per tessere che è stata fatta (la corrispondenza stretta fra Joanna e Van Dyke Parks per l’arrangiamento dei pezzi sulle tracce voce\arpa, mi sa tanto di collaborazione figlia dei moderni communication media anche se tutto è orgogliosamente registrato in analogico). I cinquantacinque minuti (per cinque pezzi) di flusso sonoro voce\arpa\orchestra trascorrono piacevolmente anche se lentamente. Continui saliscendi, note carezzevoli, arrangiamenti essenziali e puntuali (la massa di strumentazione usata fa veramente da contorno a Joanna che è sempre al centro della scena, come del suono). Atmosfere medioevaleggianti a partire dalla copertina (dipinta con stile e tecnica desunte dal XV secolo), per finire nel suono che più che ad Alan Stivell fa pensare ad una Kate Bush con il corsetto e valanghe di sottane e crini (dio, non è un’immagine edificante... o si?). Inevitabilmente tutto cade in secondo piano se solo ci si concentra sulla combinazione voce bambinesca e cantilenante con arpa sognante. Rimango spesso rapito da quanto quel che si ritrova Joanna per natura (in parte) sia magico. Bel disco, ma non penso che il risultato sia equiparabile agli sforzi. Un flusso di madrigali e nenie progressive (in senso lato, diciamo pre-romantiche) che però fanno un po’ rimpiangere The Milk Eyed Mender (e la memoria della forma canzone) ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 38 ALLABOUTJAZZ http://italia.allaboutjazz.com/php/article.php?id=894 I grandi occhi chiari e la voce anomala, a metà tra una bimba e la rugosità blues di una Karen Dalton. L'abbiamo conosciuta con The Milk-Eyed Mender, con l'inseparabile arpa e le melodie oblique, infantili e stranianti. Ci ha incuriosito, l'abbiamo amata, ma in questa onda folk che sembra più lunga del mare stesso avremmo rischiato di vederla galleggiare insieme a tante altre cose cui tenevamo. Tornata per smentirci, Joanna Newsom lo fa nel modo più intenso e alla fine meno facile: raccontandosi certo - è quello che sa fare, è quello che sente - e partendo dall'arpa e dalla voce, ma non accontentandosi di frammentare i suoi racconti dentro le scatole delle canzoni. Un racconto non ammette limiti e Joanna vuole dircelo fino in fondo: solo cinque brani in un'ora scarsa di disco significano una media di oltre dieci minuti a brano. I racconti però a volte chiedono di non essere lasciati da soli e Joanna, che pure è artista estremamente riservata, si fa fare compagnia! E che compagnia! Registrato da Steve Albini e mixato da Jim O'Rourke, Ys questo il titolo della sua nuova fatica - trova negli archi arrangiati da Van Dyke Parks [sì, avete letto bene, proprio il geniale alter-ego di Brian Wilson in Smile e autore a sua volta di quell'inestimabile tesoro della musica americana che è Song Cycle] una formidabile occasione di dialettica di piani sonori. Nonostante la produzione a dir poco strepitosa, Ys ci mette un po' a farsi amare: in tempi di rapidità e zapping sonoro, non siamo forse più abituati a “entrare” totalmente dentro un pensiero musicale e la Newsom oggi richiede questo, richiede che le sue parole vadano seguite [fatelo, ci sono nel libretto e sono la chiave emotiva di tutto], che ci si perda nel vagare melodico senza aspettare un ritornello, che tutto trovi i suoi tempi per svolgersi. Superatela in fretta la fase di perplessità/tedio che il disco suscita in superficie - e che è alla fine non un errore di valutazione, ma un necessario passaggio di consapevolezza, nulla di cui vergognarsi - e lasciate che narrazioni come “Emily” o “Sawdust & Diamonds” vi coinvolgano totalmente. L'arpa si accartoccia attorno a note secondo linee ritmiche apparentemente trasognate, ma in realtà pulsanti di un cuore profondissimo, invisibile; la voce accarezza le parole, a volte le lacera con improvvise impennate o raschia i margini di una sillaba, ci imbecca con un fondo di petulanza, plana sugli accenti con delicate sfasature di tono, ci scioglie con innocenza, sembra cantare melodie di sempre, ma inafferrabili. Ha soli ventiquattro anni, Joanna Newsom, ritratta in modo classico nella copertina [anche un po' kitsch, a dire il vero], in grado di confrontarsi con voce, arpa e archi, libera di narrarsi in ogni sfumatura. Da ascoltare nelle sere d'autunno, talismano che svela storie magiche. Un disco molto bello. VELVET GOLDMINE http://velvetgoldmine.iobloggo.com/archive.php?eid=273 Se n'è parlato tanto della seconda e ultima fatica della fatina Joanna, anche per colpa della circolazione di Ys via Web ancora prima che uscisse, ed ora eccolo qui tra le mie mani. La bellezza estetica della cover (ritratto dipinto da Benjamin Vierling, in perfetto stile del XVI secolo) è forse un po' kich e colpisce da subito; i dati delle registrazioni spaventano: la registrazione iniziale è di Steve Albini, l'orchestrazione è ad opera di Van Dike Parks (via corrispondenza) mentre il mix è gestito da Jim O'Rourke. Il folk non è mai stato così regale, le orchestrazioni girano come in una danza perfetta intorno alla voce ed all'arpa di Joanna; le due sostanze sono così vicine e così lontane da impreziosire ulteriormente le cinque storielle (per un totale di 56 minuti circa) che devono essere ascoltate tutte in un fiato. Se pensate che un lavoro del genere possa annoiare o cadere nel tedio vi sbagliate. Inutile preferire la storia di "Emily" che apre le porte ad un lungo storytelling, esultare per la storia d'amore in "Monkey & Bear" o per la lunga (17 minuti circa) melodia di "Only Skin" (cantata nel finale assieme a Smog). Tutto viaggia perfettamente nei binari giusti, è una straordinaria fusione di tutte le sue caratteristiche (compresa la voce particolare di Joanna Newsom). Credo sia già nelle liste di ognuno di noi come miglior album del 2006, Grandioso! ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 39 MESCALINA http://www.mescalina.it/musica/recensioni/recensioni-musica.php?id=1715 Un paio d’anni dopo l’esordio a 33 giri, “The milk-eyed mender”, la giovane Joanna Newsom si conferma una delle voci più straordinarie del cantautorato al femminile, sponda new-folk indipendente. Con questo secondo album, “Ys”, la cantautrice americana farà contenti tutti coloro che apprezzandone già le doti espressive sprigionate dall’incontro-scontro fra una seducente voce ed un’arpa “fatata”, si sia almeno una volta immaginata la Newsom accompagnata da un’orchestra. Infatti, non nuovi agli estimatori della folksinger perché già proposti duranti i concerti, i brani contenuti, concepiti inizialmente per arpa e voce e registrati sotto la regia di Steve Albini, hanno subito successivamente l’intervento da parte del leggendario Van Dyke Parks che ha posto le sue mani sugli arrangiamenti, donando una nuova veste sonora con l’aggiunta di ulteriori strumenti e riproducendo una vera e propria orchestrina. Forte di una voce particolarmente aggraziata, “Ys” è un album che richiama decisamente il filone folk di stampo psichedelico, e come ogni disco del genere che si rispetti, esprime tutta la sua prestanza in cinque lunghe piéce musicali per più di cinquanta minuti di pura melodia. Come si deduce dai brani è la voce il vero elemento catalizzatore del disco, attorno alla quale sono state cucite melodie riprodotte oltre che dalla solita arpa anche da altri strumenti, tra i quali troviamo quelli di estrazione classica come archi, fiati, ottoni, banjo e mandolino, o elettrica come il basso suonato per l’occasione da Lee Sklar, la chitarra eseguita da un grande del jazz come Grant Geisseman ed una fisarmonica sulla quale si è cimentato lo stesso Van Dyke Parks. Tra le cinque composizioni si distinguono soprattutto “Only skin” per il duetto con Bill Callahm degli Smog e “Cosmia” per la consueta struttura alla Joanna Newsom fatta solo di voce ed arpa. A completare l’opera una copertina di tutto rispetto con un ritratto dipinto da Benjamin Vierling. Un’artista che vale la pena tenere in considerazione anche per il futuro. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 40 SENTIREASCOLTARE http://www.sentireascoltare.com/CriticaMusicale/Monografie/JoannaNewsom.html#ys Come capita spesso (più di quanto non si sia portati a pensare) è l’identità a vincere. Non la diversità. O almeno non esattamente, proprio l’identità, che in tempi di generation ipod è, del resto, merce sempre più rara. Per intenderci: Joanna è diversa dalle “altre”, è ovvio. L’unico vero paragone che viene in mente a questo punto è Cat Power e non parliamo di musica, o di genere (almeno, non solo) ma di completezza di personaggio, rotondità di immagine, finitezza del dettaglio personale ed unico - quello che fa dire, ecco, il resto è emulazione, imitazione, declinazione trascurabile e persino volgare. Pensate ad una colata di rame: informe, liquida, bollente, un amalgama di quelle particelle elementari che aspetta di essere versata e plasmata una volta per tutte. Mentre il rame precipita nella forma si aggiusta, si raffredda, diventa qualcosa di distinto, unico, a partire dalle piccole imperfezioni agli intarsi fatti a mano sulla superficie. Ecco, potremmo dire che la cantautrice in potenza di The Milk Eyed Mender si è (o è stata) versata in Ys come la colata di rame era stata preparata per diventare un magnifico bracciale, uno di quelli a spirale, di cui segui il disegno con gli occhi mille volte comprendendone la geometria superficiale, ma non afferrandone mai quella intima, come succede con le forme pure. Così, Ys è un trionfo di matematica. Una matematica speciale, certo, la matematica astrusa delle formule magiche, fatta degli algoritmi dell’immaginazione sfrenata. Il suo primo numero è il 5, visto che è diviso in 5 momenti o movimenti, tutti compresi nella durata anti-forma-canzone che va dai 13 ai 9 minuti. Ma anche il secondo numero è il 5, che conta i componenti già citati dell’equipe che lo ha realizzato: Van Dyke Parks, Steve Albini, Smog, Jim O’Rourke, e, infine, ovviamente, lei, la bestia stregata, l’arpa antropomorfa, Joanna stessa, tenutaria di un harem allo specchio che rigira gli assiomi di una poligamia sonora. Ed il cui figlio è un disco che assomiglia spaventosamente ad una madre che assomiglia finalmente, veramente, a se stessa. Perché, insomma, è lei l’equazione finale. Joanna ha finalmente trovato la chiave della porta magica, ovvero scrivere una musica che suona come un riflesso profondo di tutto quello che il suo viso, i suoi vestiti, la sua guance, le sue labbra, i suoi capelli richiamano alla mente in maniera collettiva, inconscia ed impulsiva. Scrivere una musica silenziosamente ed ingenuamente erotica, che appartiene ad un luogo nascosto, un giardino segreto e segregato in cui le parole danzano e diventano animali e poi diventano stelle (che danzano) e fiumi che brillano sotto la luna trasformandosi alla fine in sabbia di pietre preziose. E dunque, per quanto potremmo stare qui a vivisezionare una per una le trame bislacche delle 5 fiabe di Ys e la produzione perfetta che separa e ricompone e separa le perfette scie di arpa, archi, voce, controvoci e scacciapensieri, preferiamo non fare un torto alla struttura unica e solida che le governa. Un po’ perché Cosmia, la bellissima Monkey And Bear, la decisamente meno bella Sawdust And Diamonds, Only Skin ed Emily si riflettono l’una nell’altra senza mai divergere sostanzialmente tra loro ed un po’ perché, dopotutto, il vero valore di Ys è proprio questo, l’abbiamo detto, il principio sacro dell’id-entità. (7.5/10) ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 41 KRONIC http://www.kronic.it/artGet.aspx?aID=2&sID=14281 Joanna Newsom è un`artista speciale, non perché suoni con il cuore in mano uno strumento inusuale (arpa), non per le sue frequentazioni alte a livello freak (Devendra, la cricca folk, esce pure con Smog), nemmeno, e non è poco, per aver dato alle stampe un disco osannato dalla critica (ma c`è Jim O’Rourke, c`è Steve Albini, ma è così bello, ma siamo tutti così unanimi a dire che è e sarà influente in modo indiscutibile almeno fino alla prossima glaciazione, e via così), semplicemente per aver dato in pasto a noi, bieche bestie, un album che ci aveva toccato nel profondo: "The Milk Eyed Mender" era talmente out – non semplicemente out folk – da risultare in sé e per sé perfetto. Ed allora discutiamo e polemizziamo (quel che basta), perché le canzoni ci sono, maestose e perfette per il rinascimento descritto dalla copertina, così come i cambi di toni, i colori e la ricerca continua del particolare, affibbiata alla mastodontica orchestrazione, fra fiati, archi, fisarmonica e tutto quello passato per la mente di Van Dyke Pars . Con l’arpa ovviamente, che in “Sawdust And Diamonds” tende a limitare i (tanti) compagni ed esaltarne la tensione melodica, pur perdendo qualche punto nei doverosi (per il caso in questione) tempi supplementari finali. Così, se “Cosmia” è, fra tutti e cinque gli episodi, il solo a donare tutto se stesso nel tempo a disposizione (e sono sempre quasi sette minuti) con aperture generose e straboccamenti emotivi, il molto che resta è folk d’autore e di grande talento, ma privo della semplicità aggraziata di ieri, immersa in cantilene cigolanti e sospiri di mano. Chi parla di prog-folk cerca la lite, ma pazzo non sembra: l’incipit di “Emily” è una sorta di romanzo basato su una voce anche troppo perfetta, memore di una Bjork non robotica, ricco di sfaccettature ed ostile a quella pura asprezza passata, pur giocando con archi in superficie allucinati. Il seguito di “Monkey And Bear” spiazza nella sospensione conclusiva, eppure è forse il brano che più conferma il paradigma di un album in cui le molte variazioni provocano una curiosa sensazione di monotona ammirazione, privata dell’aggettivo quando in “Only Skin” si scatta e ci si ferma in continuazione, esaltando l’’attitudine attuale di Joanna per sedici minuti destinati a terminare in coppia con un Bill Callahan baritonale, impegnato a lasciare il giusto spazio alla compagna nell’occasione rivitalizzata da banjo e percussioni. Sappiamo che dappertutto si leggono – e si sentono – solo lodi sperticate. Di quelle da una ogni dieci anni. E quindi, per un artista, cercare qualche nuova via (qui, la magniloquente produzione) per non incastrarsi è un ottimo modo per non lasciare i fan senza l`effetto sorpresa. Eppure no, miracolo no. Eravamo (e siamo) ancora così legati alla vecchia Joanna Newsom che non possiamo dirci pienamente soddisfatti da "Ys": soprattutto perché pensare che prima di questo, ottimo, incredibile, sfaccettato disco, c`era un lavoro semplicemente e puramente pop. Squisitamente pop. E quindi, più per quello che c`è – ed è tanto – stiamo attenti a quello che manca. Ed è tanto. DISCOCLUB http://www.discoclub65.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1073&Itemid=36 Quello che spesso manca, nell’orizzonte pop moderno, tanto “alternativo” che “di consumo”, è la voglia di osare. Andare oltre i confini soliti di quel che si fa (country, pop, rock, improvvisazione) e rischiare con dischi che abbiano caratteristiche e contenuti ambiziosi. Forse, la paura è quella di emulare i rovinosi eccessi dei tardi anni ’70. Forse, semplicemente, ognuno sta comodo con il suo pubblico e il suo stile. “Ys”, seconda prova per l’arpista e cantante Joanna Newsom, è un disco che esce dal bozzolo (in questo caso, il nuovo folk) per fornire una visione grandiosa della musica. Cinque brani per quasi un’ora di durata; melodie, arrangiamenti, produzione ed esecuzione sopraffini; personalità pronunciata e fascinosa. Un disco veramente per tutti. Non perché sia facile. Perché è bellissimo ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 42 ROCKSHOCK http://www.rockshock.it/news.asp?id=2341 Cantastorie contemporanea e raffinata musicista, la ventiquattrenne Joanna Newsom, alla sua seconda prova, riesce a creare una vera e propria opera d’arte: intensa, complessa, inusuale, spiazzante. E straordinariamente magica Guardando una foto della californiana Joanna Newsom, ci si trova di fronte a una creatura incredibilmente delicata, fragile, candida: difficile andare oltre questo guscio di gracilità e cogliere la straordinaria forza espressiva della giovane. La Newsom aveva già dimostrato il suo precoce talento nel 2004, anno di pubblicazione del suo primo album, The Milk-Eyed Mender ; adesso riconferma le sue doti con questo disco, Ys, contenente cinque, densissimi, brani. Le tracks sono molto lunghe (dai sette ai sedici minuti), dalle sonorità ricche, realizzate con strumenti numerosi e inusuali i (c’è ad esempio un grande uso dell’arpa, di cui la Newsom è una esperta esecutrice, oppure degli archi, che donano alle canzoni un apparato sontuoso e surreale), e arricchite dalla voce magnetica, quasi ultraterrena, della cantate, che è una perfetta sintesi tra l’originalità del timbro vocale di Bjork e i sussurri infantili del canto delle Cocorosie. A portare a perfezione il disco contribuiscono i testi: vere e proprie poesie costituite da parole ricercate, unite insieme da giochi di sonorità per descrivere scene suggestive ed emblematiche. Il primo brano, Emily è struggente e riflessivo, con una ben calibrata alchimia tra voce (davvero emozionante), archi e arpa. La successiva Monkey & Bear ricorda a tratti certe filastrocche per bambini: è un pezzo più scanzonato del precedente che non perde però la consueta atmosfera magica e oscura. Il quarto brano, Only Skin è forse il brano più denso: arpa e archi uniti insieme in una melodia dalle sfumature curiosamente orientali, che accompagna la voce della Newsom in continue scale ed evoluzioni tonali,davvero da brividi. Un disco sorprendente e affascinante, capace di proiettarti in un mondo parallelo e migliore, dove le piccole cose di tutti i giorni hanno il potere di incantare e di far vivere vibranti momenti di magia. (8.5/10) LIVEROCK http://www.liverock.it/tuttarec.php?chiave=742&chiave2=Joanna%5ENewsom Ambizione. Ecco la chiave di lettura del secondo lavoro di Joanna Newsom: un’opera d’arte pregiata e rilevante cui è impossibile non attribuire un valore elevato destinato, quanto meno, a farsi ricordare quanto punto di riferimento all’interno della sempre più fervente scena folk contemporanea. In “Ys”, infatti, la Newson si apre a prospettive ben più ampie di quelle battute in precedenza, cambiando, prima di tutto, attitudine. “Ys” consta di cinque tracce ed una durata complessiva di oltre 55 minuti e al fianco della Newsom e la sua arpa vede la collaborazione di un’intera orchestra sinfonica di ben trenta elementi, al centro della quale la voce della nostra si pone in perfetta simbiosi con essa. Ciò che scaturisce da questo incontro è tutt’altro che un disco di facile comprensione: le trame intessute non sono di certo immediate ed accomodanti –la ricercatezza melodica è sempre alta, come, d’altronde, quella lirica e testuale- e il peso specifico del disco può apparire, ad un approccio superficiale, eccessivo. E’ con la dovuta attenzione e dedizione, però, che “Ys” svela la sua caratura, mostrandosi come l’opera di un talento sorprendente, classico ed un’ambizione coraggiosa e disinteressata. Il prestigio del secondo album della Newsom è, poi, ulteriormente garantito dai nomi di chi ha accompagnato Joanna nella realizzazione di queste cinque canzoni: Steve Albini ha prodotto e registrato la “base” –voce ed arpa- del disco, sulla quale Van Dyke Parks ha composto gli arrangiamenti orchestrali che Jim O’Rourke si è premurato di mixare –ottimamente- in un corpus unitario. Negli oltre quindici minuti di Only skin, a nostro vedere, risiede il punto più alto di “Ys”, il cui gradimento personale –ovviamente individuale e in ogni caso legittimo- è destinato a crescere con pazienza ed applicazione. Chi vorrà, si troverà di fronte ad un disco cui non potrà fare a meno di dedicare un’attenzione speciale. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 43 LIFEGATE http://www.lifegate.it/lg_radio/cd.php?idcd=316 Joanna Newsom, 24 anni e solamente un disco alle spalle, "The Milk Eyed Mender", accolto con giustificato entusiasmo ormai due anni or sono. La sua voce da bambina scorre sulle melliflue note che escono dalla sua arpa. Strumento atipico per un personaggio fuori dal comune, non a caso adottato da Devendra Banhardt e compagni, la combriccola che solitamente viene catalogata come nuovo folk americano.5 brani, uno più lungo dell'altro, per una durata di 55 minuti, vanno a comporre un album memorabile, che prosegue sulla falsariga dell'esordio ma evolvendosi in maniera inaspettata. Arrangiato dal mitico Van Dyke Parks, registrato da Steve Albini (Pixies, Nirvana e PJ Harvey alcuni degli altri artisiti prodotti) e, come se non bastasse, mixati dal genio di Jim O'Rourke. Il tutto masterizzato negli studi di Abbey Road. "Ys" sarà ricordato tra i dischi dell'anno, e non solo. TAXI-DRIVER http://www.taxi-driver.it/recensioni.php?id=RECENSIONE:autore=Joanna+Newsom:titolo=Ys Essendo il disco più chiacchierato dell'anno potevano forse esimerci di recensirlo? Anche perchè i nostri lettori, per quanto abituati a suoni ben diversi, tramite il chiacchierio potrebbero essere tentati di farlo anche loro disco dell'anno... Nel nostro piccolo potremo semplicemente definirlo disco natalizio, senza togliere indubbi meriti. Ma si sà, l'hype porta antipatia o cieca devozione, quindi nolenti finiremo nella cerchia dei "bastian contrario". Joanna, pur con il suo visino angelico e la voce da fatina è una arguta calcolatrice. Il che non sarebbe un male se non provenisse dal retroterra indie dell'"arrangiati con quello che puoi". Quindi, mantiene le credenziali registrando il disco da Steve Albini. Un disco senza chitarre nè batteria. Come andare dai Daft Punk e fargli produrre il nuovo dei Black Flag. Poi vai da mister-noia Jim O'Rourke e glielo fai mixare. Non prima di chiamare quel monumento vivente di Van Dyke Parks e convincerlo a inserire arrangiamenti orchestrali sul nulla più assoluto. Aggiungiamo un po' di sponsorizzazioni buone come Devendra Banhart e Smog, un visino da copertina e la spocchia del disco indistruggibile (per i nomi di cui sopra). Ne viene fuori un disco di folk-prog, un po' Walt Disney, parecchio verboso, i cui meriti andrebbero attribuiti solamente a Van Dyke Parks. Stupisce tutto questo clamore quando nelle polverose sezioni "celtica" o "cartoni animati" dei negozi di dischi si può trovare di meglio. Stupisce perchè questo "YS" (prog fin dal titolo, chi ricorda Il Balletto Di Bronzo?) mostra il tentativo del pubblico indie di staccarsi dai soliti clichè pompando un album solo per i nomi coinvolti, ma di fatto verrà ascoltato e capito da una quantità ridotta di loro. Guardando il minutaggio delle singole composizioni (tra i 9 e i 15 minuti cadauno) qualcuno penserà alla risposta folk al postrock o allo Spiderland delle cantautrici. Per il sottoscritto invece sembra solo una Loreena Mckennitt distribuita malamente. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 44 INDIEPOP http://www.indiepop.it/articoli/youjust_1.htm Ebbi un gran da fare qualche anno fa, nel mio doveroso tentativo di aggiornare la mia autorità critica con gli amici, nel sostenere le grandi doti di “The Milk-Eyed Mender”, primo long playing della californiana Joanna Newsom. Mi piaceva l’idea di sostenere una causa sì improbabile col piglio del talent scout visionario spostando dal Nevada appena un po’ più a ovest i miei personali paura e disgusto critici. La ragazza è giovine, dispone del bel visino che mentre scrivo questo ogni rotativa del mondo musicale alternativo che si rispetti sta plastificando e moltiplicando con il roboante sottotitolo “Best of 2006” in ogni angolo del submondo indiepop. Se ne evincono labbra avvolgenti e penetranti occhi chiari, che da soli, insieme alle raccomandazioni di Bill Callahan, primo beneficiario delle loro puledrissime virtù, devono avere a priori incantato un team di primissimo ordine. Passo ad elencare: dal remoto Van Dyke Parks (arrangiamenti), al guru dell’hardcore Steve Albini ( -che sembra qui avere sbagliato accezione al suo genere prediletto- alla registrazione) e infine l’uomo più sopravvalutato del terzo pianeta dal Sole Jim O’Rourke al missaggio. Arrangiamento, registrazione e missaggio che si sarebbero potuti realizzare spendendo qualche centinaio di migliaia di dollari in meno, ma che hanno tuttavia la subitanea virtù di risollevare con la loro presenza grafica le sorti di una copertina singolarmente kitsch, per la quale l’artista confessa di avere lungamente collaborato con l’artefice. Del resto, chiunque concorderà nel trovare il lavoro di Albini essenziale per la riuscita di questo disco, dei suoi ineffabili pezzi dalla durata media di dieci minuti come da tradizione hardcore più evoluta: la mano di Albini sveltisce qualche intermezzo couperiniano, e mitiga l’influenza di Debussy, altrimenti soverchiante. Da parte sua Parks con i suoi puntuali interventi d’arrangiamento via posta (sul modello Postal Service) fornisce alla nostra un contrappunto mai generico, che sembra concepito per questo disco dalla notte dei tempi, praticamente da sempre, forse ancora prima che per Song Cycle. Di O’Rourke non ho mai saputo che dire e di certo non mi proverò adesso, che per queste cose c’è chi è più quotato. Il missaggio c’è però, e attraverso esso una lussureggiante orchestrazione si spartisce il campo con l’arpa paralitica (o diremmo metafisica?) della nostra. Deve molto alla riproposizione di questo affascinante strumento, Joanna. Il suono avvolgente eppure penetrante, la magnificente, sfavillante intelaiatura ed infine la possente sensazione di serietà accademica et spirituale pregnanza che conferisce a chi la accarezzi conferiscono all’autrice un’aura fuori dal tempo (55 appunto interminabili minuti) ed il pretesto più coerente per non spartire il proscenio con una cantante in carne ed ossa, magari di colore dal timbro profondo, che se forse aiuterebbe il disco ad essere vagamente più ascoltabile dall’inizio alla fine, forse spezzerebbe la mesmerica corrispondenza di amorosi sensi tra Joanna ed il suo pubblico pagante. In sintesi non riesco ad immaginare qualcuno che approvi questo disco per motivi immediatamente intrinseci al disco stesso; scusatemi, forse sono un po’ rozzo ma sono fatto così. E’ la mia prima recensione su indiepop.it e ci tenevo a non celare la mia vera sanguigna natura. C’è chi apprezzerà la donna Joanna, la totale assenza d’affettazione che la porta a traslare le sue incantevoli ventiquattro primavere davanti a obiettivi fotografici posti nei paraggi di fiumi e sperdute baite appalachiane, quando potrebbe semplicemente prendere a prestito i luoghi delle copertine di Smog gratis. C’è chi apprezza ancora nel 2006 il tentativo, già da lungi portato a buon fine, della distruzione del canone di bellezza classica e c’è chi usa Joanna per una sfida di resistenza personale. C’è poi chi scrive recensioni, che, per prendere tempo e riflettere con oculatezza su come stroncarla al prossimo passo discografico, oggi l’adora. Noi, costretti dalla nostra odiosa coscienza ad andare controcorrente qui ponemmo greve, indelicata, maliziosa (ma estremamente liberatoria) stroncatura. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 45 DIRADIO http://www.diradio.it/files/index.cfm?id_rst=6&id_art=28&idr=33517 Ne parlano tutti. Ed in effetti un motivo c’è. Nel mare magnum dell’omologazione corrente, questo nuovo album di Joanna Newsom è atipico, spiazzante, eccentrico e tutto fuorché lineare. Un gotha ragguardevole la coadiuva: Steve Albini per la registrazione; Van Dyke Parks arrangia e suona la fisarmonica; Jim O’Rourke al missaggio, più alcuni musicisti di esperienza ed alto lignaggio, a suonare ogni genere di stramberia; persino il teschio di un cavallo! Si tratta di cinque brani per cinquantacinque minuti (altra bizzarria, dati i tempi che corrono) già nel repertorio dell’artista ma che vengono eseguiti in maniera diversa, per lo più centrati su arpa e voce. E la voce è la ciliegina sulla torta: sghemba, contorta, imperfetta ed assolutamente personale, intima. Infatti, anche se potrebbe ricordare per approccio ed intonazione quella di Bjork, il suo segreto è che ognuno degli ascoltatori ha l’impressione di un dialogo assolutamente personale, esclusivo con sé stesso. Un disco di grande spessore. D’altri tempi. Per Diradio: Luciano Marcolin PREAVY ROTATION http://andreaprevignano.blog.deejay.it/ Joanna Newsom è nata 24 anni fa al confine tra Nevada e California, suona l'arpa, l'arpsicordo, il piano e la chitarra. Due anni fa ha pubblicato "The Milk-Eyed Mender" su Drag City. Quest'anno è tornata con "Ys", sulla stessa etichetta. L'album viene considerato uno dei più coraggiosi e brillanti di quest'anno, e il severo (oggi forse meno di un tempo, eccepibile, ma autorevole) The Wire le ha regalato una copertina dove compare con la grazia e bellezza di una ragazza di vermeer. "Ys" risulterà ostico ed eccessivamente articolato agli ascoltatori più distratti, risuonerà invece fresco all'attenzione di chi voglia avventurarsi in un viaggio fiabesco, progressivo, orchestrale, carrolliano, misterioso. Impressionanti i mezzi dispiegati: un'orchestra sinfonica di 32 elementi diretta da Van Dyke Parks, un'ottetto di impostazione rock, la produzione di Steve Albini (che ha ripreso la voce e l'arpa della Newsom) e il missaggio di Jim O'Rourke, il tutto presso gli Abbey Road Studios di Londra. Impressionante il risultato: 56 minuti di intrecci tra suggestioni disparate, frutto della formazione musicale della Newsom: la poliritmia della kora, il folk (quello appalachiano, sua grande passione), la canzone d'autore al femminile, un'articolazione prog, il tutto percorso con la velocità e la precisione dell'arpeggio di una musicista di formazione classica. C'è una delicatezza e al tempo stesso una lucida e quasi arrabbiata risolutezza nel folk colto e nella voce esile della Newsom, dotata di una scrittura lirica poetica non indifferente: "Told: the meteorite is the source of the light/And the meteor's just what we see/ And the meteoroid is a stone that's devoid of the fire that propelled it to thee/And the meteorite is just what causes the light/And the meteor's how it's perceived/And the meteoroid's a bone from the void that lies quiet in offering to thee". Per fan di: Mary Timony, Solex, CocoRosie ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 46 STORIA DELLA MUSICA http://www.storiadellamusica.it/Joanna_Newsom_%E2%80%93_Ys_(Drag_City,_2006).p0-r308 Mi imbarazza un pochettino parlare di un disco controverso come questo di Joanna Newsom, artista giunta alla seconda prova e improvvisamente fatta oggetto di amore ed odio da parte di un pubblico sorpreso da un lavoro personale e sicuramente non facile. Mi imbarazza perché sono stato colpito da questa arpista dalla voce particolare sin dalla suo primo disco, il delicato "The Milk-Eyed Mender", ed apprezzo molto questo monumentale doppio dal titolo misterioso che richiama antiche leggende e che contiene solo cinque brani di notevole durata. Ho parlato di amore ed odio... Spero di esagerare, naturalmente, ma ascoltando giudizi e discussioni ho percepito chiaramente che una parte del pubblico non ha apprezzato l'opera e si è spinta a giudicarla secondo parametri eccessivamente soggettivi, insistendo in particolare sulla noia che l'ascolto provocherebbe, sulla scarsa originalità dell'impresa e, dulcis in fundo, esprimendo più di una riserva sulle doti canore della Newsom, colpevole secondo alcuni di snocciolare versi su versi senza mai fermarsi per tutta la durata del disco. Si tratta naturalmente di giudizi personali, che tuttavia dimostrano come l'album non abbia lasciato il pubblico indifferente. Anzi, a dispetto di chi punta il dito contro il download ritenendolo responsabile del calo di vendita dei dischi originali, dobbiamo far notare un fatto abbastanza emblematico: nonostante "Ys" fosse disponibile in rete due mesi prima dell'uscita è andato subito esaurito. La benemerita etichetta Drag City, nobilitata dalla presenza in studio di Steve Albini e di un compositore del calibro di Van Dyke Pars, rispettivamente produttore e responsabile degli arrangiamenti orchestrali, probabilmente ha sottovalutato il potenziale commerciale dell'album, che effettivamente sembrerebbe provenire da quei territori oscuri in cui il passaparola del pubblico si fonde con le nebbie impalpabili del "trend". Probabilmente non è casuale il contemporaneo successo di Sting alle prese con le ballate di Dowland o il nuovo interesse nei confronti di gruppi dalla chiara matrice folk come i Pentangle. "Ys", abbiamo detto, non è un disco facile. E' un'opera fatta di melodie orchestrali mai invadenti, di ipnotiche trame psichedeliche, di suggestioni poetiche intense, ma soprattutto dominata dall'interiorità dell'autrice, che accompagna il canto, drammatico come quello di un bardo, con le note di cristallo dell'arpa. Il primo termine di paragone che oserei proporre è con il capolavoro di Van Morrison "Astral Weeks": suggestione musicale simile, atmosfere sfocate, rugiada, giardini bagnati di pioggia, tormento e pace interiore, lirismo e visionarietà. Il primo brano, "Emily", dedicato alla madre, è la prima delle cinque lunghe canzoni. Canzoni, certo, non suites... La costruzione musicale si articola in strofe e ritornelli, e l'orchestra di venti elementi sullo sfondo consuma liquide evoluzioni senza mai passare in primo piano, quasi si trattasse di un monologo interiore. Chi rimprovera al disco una eccessiva verbosità dovrebbe considerare questo aspetto di trance ipnotica con la quale l'artista si immerge nel proprio mondo, dove personaggi reali convivono con esseri da fiaba, come nell'apologo "Monkey & Bear". L'"effetto allucinatorio" (espressione della Newsom) dato dall'orchestra contribuisce a rendere ancora più straniante il suono, eccellentemente mixato da Jim 'O Rourke. In "Sawdust & Diamonds", tuttavia, l'orchestra tace, e la voce di Joanna duetta con la sola arpa. Di costruzione più complessa sono gli altri due brani, "Only Skin" e "Cosmia". In quest'ultimo la Newsom duetta con Bill Callahan. Ciò che resta al termine dell'ascolto è difficile da esprimere: il ricordo di una melodia in dissolvenza, una farfalla, un tendaggio rosso, incisioni sbiadite, gli occhi di Joanna che riflettono ricordi lontani. ::: PROMORAMA ::: PRESS ::: BAND: JOANNA NEWSOM TITLE: YS LABEL: DRAG CITY PAG. 47 SANDS-ZINE http://www.sands-zine.com/recensioni.php?IDrec=778 Joanna Newsom, dopo un buon primo disco, giunge con “Ys” alla ‘sperata’ conferma. Il CD è stato presentato con una campagna promozionale eccessiva, con copertine ‘ottenute’ a destra e a manca e con immagini patinate e artificiose più indicate per riviste di moda che per riviste musicali. La stessa copertina, invero orrenda, si adatterebbe più ad una confezione di caramelle Sperlari o di panforte Sapori che ad un CD, e la 'coincidenza' di una pubblicazione prenatalizia ci fa pensare che l’idea del ‘pacco’ regalo ha come minimo sfiorato la mente di chi ha gestito tutta l’operazione. Personalmente non sopporto i regali natalizi, le foto troppo artefatte, le facce dei musicisti nelle copertine dei giornali, le riviste di moda, le caramelle Sperlari, il panforte Sapori (preferisco gli ottimi panforti artigianali che ormai si trovano anche al di fuori del senese) e quindi il primo impulso è stato quello di gettare il disco in un angolo ben nascosto. Ma potrebbe trattarsi di un disco fondamentale, viste le buone accoglienze che ha ricevuto, quindi una recensione s'impone e credo che sia sempre estremamente ‘scorretto’, sia nei confronti del suo autore sia nei confronti del lettore, giudicare un 'prodotto' musicale senza averlo prima attentamente ascoltato. E poi non sarebbe la prima volta che orribili confezioni e campagne promozionali prive di gusto nascondono delle realizzazioni sonore estremamente interessanti. Ma purtroppo non è il nostro caso e l’ascolto prolungato conferma che “Ys” è un ‘pacco’ tout court. La cantautrice, o chi per lei, azzarda l’operazione a suo tempo fallita da Joni Mitchell in “Don Juan’s Reckless Daughter” del 1977 (uno dei suoi dischi peggiori), e la Mitchell del 1977 (se non altro per esperienza dal momento che all’epoca aveva già pubblicato ben 8 dischi) mi sembra essere un personaggio di ben altro spessore rispetto all’immatura Joanna Newsom. Ma ecco che così ho già svelato l’arcano che ne cela le sostanza: “Ys” è un disco per arpa, voce e pesanti arrangiamenti orchestrali, con tanto di orribili e gratuiti svolazzi barocchi; ridicolo a tratti, quasi sempre noioso e sempre pretenzioso. Ridicolo quando, per esempio, in Sawdust & Diamonds (e anche altrove) viene scimmiottata palesemente Björk. Pretenzioso negli arrangiamenti e nelle sue pretese letterarie (con testi chilometrici): possono esistere una musica dalle caratteristiche narrative ed una letteratura con un ritmo musicale, ma il confondere musica e letteratura (due discipline estremamente diverse e che rispondo a leggi diverse) equivale al confondere gli sport sciistici con il gioco degli scacchi. Esiste, certo, anche il reading poetico, ma è apprezzabile dal punto di vista sonoro soprattutto quando la voce ha spiccate, particolari e personali caratteristiche espressive e, in tal caso, non abbisogna certo di essere caricata con passatisti arrangiamenti orchestrali. Perché, quindi, non lasciare libero il fluire delle parole? Quale ruolo rivestono le fioriture orchestrali? Non hanno magari la funzione di mascherare le lacune della voce nel caso fosse lasciata a se stessa? Tutte domande senza risposta ma comunque legittime. Noioso, di conseguenza, per tutti i motivi già descritti e per una dinosauresca prosopopea più che manifesta. E anche per la voce, che un tempo sarebbe potuta sembrare sgraziata mentre oggi, dopo 30 anni di nefandezze beefheartiane, suona perfettamente 'patinata' e 'impostata'. Ma c’è dell’altro, e come nel caso dell’ultimo Current 93 (un altro disco piuttosto bruttarello) le note di copertina si dilungano in un’autentica parata di stelle (giochetto ben congegnato per accalappiare quanti più polli è possibile): Van Dyke Parks co-produce il disco e si occupa degli arrangiamenti orchestrali, Steve Albini registra arpa e voce, Jim O’Rourke mixa il tutto e Nick Webb effettua la masterizzazione finale ai mitici studi Abbey Road di Londra, …azzo!?!! A questo punto mi sembra evidente che c’è uno scollamento all’interno della produzione musicale indipendente, da una parte valori quali produzioni a basso costo e spontaneità dei protagonisti e dall’altra produzioni sempre più ‘eccessive’ con atteggiamenti divistici da parte dei musicisti, e personalmente consiglierei ad alcuni di essi di tornare con i piedi per terra. L’ultima domanda che mi/vi pongo è se ha senso recensire dischi simili, che in tutto e per tutto sono lavori major, in una rivista come sands-zine dedicata alla produzione indipendente (anche perché, detto fra noi, si tratta di roba da rotocalco e non da rivista musicale, un po’ come ‘era’ successo per le Cocorosie e altri fenomeni simili del ‘passa e va’). La memoria è cosa breve e gli orrori della storia, come potete ben vedere, tendono a ripetersi. Tutte le notti, dopo aver ascoltato “Ys”, sogno un nuovo ’77 che porti scompiglio in questo ‘degrado ambientale’. Ce n’è davvero bisogno. E veniamo alla nostra ribaltina dove la Newsom, ben consapevole del suo charme così appariscente, cercherebbe di accaparrarsi il ripiano superiore, quello ben in vista, dove si mettono quei ritratti e quegli oggetti che devono dare nell'occhio, e lo userebbe per disporre ben in ordine i suoi dischi e alcune sue foto, magari con cornici laccate in argento. Si tratta comunque della sistemazione più soggetta all'azione offuscante della polvere, a quella impertinente degli insetti e a quella deturpante del tempo, mentre dovrebbe avere più d'un motivo per riguardarsi dal logorio di tali calamità.