Nomadelfia
è uNa proposta
Nomadelfia è una popolazione comunitaria cattolica sull’esempio delle prime comunità cristiane.
Beni in comune, lavoro e scuole all’interno. Le famiglie accolgono figli in stato di abbandono.
C
ambiai radicalmente tenore di vita. Finalmente ero
libero, volavo nella mia orbita vitale. Tutto in me era libertà, a
contatto con tutti, ricchi e poveri,
giovani, ragazzine, vecchi e vecchiette, sacerdoti, socialisti e anarchici, gente onesta e delinquenti,
lavoratori e fannulloni, sobri e
ubriaconi, giovani libertini e puri,
gente di preghiera e bestemmiatori.
Vivevo la libertà della giovinezza,
nella Fede vivente.
Don Zeno
Anno della fede
N. 1 - 2013
Sono uscito in tua compagnia
e siamo ancora in viaggio
Negli ultimi anni di vita, don Zeno
ripercorre spesso i momenti salienti
della sua vocazione che coincidono
con il rifiuto della scuola tradizionale
(1914), per immergersi nella cultura
del popolo e il contraddittorio con
l’amico anarchico (1920), che lo porta a decidere che non sarà mai né servo né padrone. Sono i momenti iniziali di un percorso improntato a
“cambiare civiltà in se stesso”. In questa “Dimidia hora” del 23 ottobre
1970, don Zeno, ripercorre la sua vita riconoscendo la presenza di Gesù in
queste tappe fondamentali.
S
ignore,
mi sono spesso domandato
perché rifiutai ad un certo
momento di continuare ad andare
a scuola, avendo solamente quattordici anni, come raccontai a molti in tante occasioni. Io dico che sei
stato tu a strapparmi via.
Tra le ragioni che portavo c’era anche
questa sulla quale insistevo molto e
convintissimo: dicevo che volevo
conoscere la cultura del popolo nel
quale ero immerso come padroncino, ma con il quale lavoravo le terre.
Dicevo che il popolo aveva una cultura superiore ai professori, perché
possedeva ancora viva e semplice
una vita e una conoscenza della vita millenaria, derivante dalla creazione dell’uomo fino ad oggi. E come facevo a dirlo, mio caro Gesù?
Oramai sono rimasto convinto che
mi guidavi tu, perché era stato un
passo troppo misterioso.
La scuola tradizionale non mi riguardava. Ecco tutto. Io avevo
“cambiato rotta” senza saperlo. Volevo vivere.
2
Nomadelfia
è uNa proposta
Carpi (MO), 1926.
Novi di Modena, 1929. Zeno, con il badile
in spalla, tra i contadini.
Infatti cambiai radicalmente tenore di vita. Finalmente ero libero,
volavo nella mia orbita vitale. Tutto in me era libertà, a contatto con
tutti, ricchi e poveri, giovani, ragazzine, vecchi e vecchiette, sacerdoti, socialisti e anarchici, gente
onesta e delinquenti, lavoratori e
fannulloni, sobri e ubriaconi, giovani libertini e puri, gente di preghiera e bestemmiatori.
Vivevo la libertà della giovinezza,
nella Fede vivente.
Perché vivente? Perché oramai tu
mi tormentavi e mi mettevi tra
mille e mille realtà viventi; le quali
mi imponevano a decidere un
comportamento. Avevo abbandonato una scuola di banchi e di
lezioni, per entrare come in un
mondo senza muri e senza banchi e
senza confini.
Prima dell’abbandono o rifiuto
della scuola mi eri ancora lontano,
là in cielo al di sopra delle nubi, sia
pure presente per un atto di Fede;
ma dopo mi eri vicino come instancabile tormento.
Chiunque e qualsiasi situazione di
incontri avessi avuto occasione di
vivere: danze, lavoro, conferenze,
giochi, corse, impegni di affari, serenate, confessioni anche un poco
difficili, contrasti in famiglia, fuori
di famiglia, con don Sisto, nelle
associazioni, tra i cattolici e tra i socialisti, dovunque mi permettevi di
imbattermi. Ad un certo momento mi prendevi per i capelli e mi
traevi in salvo.
Anche sotto le armi, dove fui chiamato a diciassette anni e mezzo,
quante trappole mi erano tese! Mi
tiravi via al momento giusto. In
quegli anni ogni tanto ti cercavo e
ti sentivo vicino e ti vedevo attraverso mille e mille esperienze e ogni
tanto né ti cercavo, né ti vedevo vicino, come se tu non esistessi…
Nel subito dopoguerra (1918) mi
buttasti nei labirinti della rivoluzione
politico-religiosa. Quante paure mi
hai fatto passare e quanti assalti a
quel mondo in cerca di giustizia mi
facevi dare come pagliuzza temeraria
a molestare un gigante in marcia verso la strage minacciata dagli eventi.
Oramai ero circondato da amici
che la pensavano come me; ma
eravamo tutti molto confusi.
Da qual parte dello schieramento
eri tu? E dove ti vedevo io? Io ti vedevo dalla mia parte e per questo
mi battevo. E perché mi battevo?
Credevo che i cattolici avessero ragione; ma adesso dico che avevano
torto, perché nel tuo nome difendevano i loro tradizionali privilegi
che, ancora, dopo tanti disordini
sociali e politici, difendono, a costo di vedere la terra rosseggiare di
sangue a fiumi causati dalla tua
vendetta attraverso gli oppressi
esasperati.
Tu mi eri vicino, infatti viaggiavi
con me e mi portavi, già deluso e
provato dalla falsità dei privilegiati
che difendevo nel tuo nome, pure
proponendo la tua giustizia della
solidarietà universale; privilegi che
mi hai fatto odiare in quel momento che mi hai sollevato di peso
e mi hai messo di fronte al mio
amico anarchico nella caserma del
terzo genio telegrafisti a Firenze.
E da quel contraddittorio, mi trasportasti solo in quella stanza del
mio amico sergente, ed ivi mi hai
finalmente scarnato e ridato alla
vera libertà: “né padrone né servo;
né vendo né compro sudore umano per tutta l’esistenza”. Così decidemmo. Ero in ginocchio e là ti
parlavo e là mi parlavi; sono uscito
da quella stanza in tua compagnia
e siamo ancora in viaggio per proporre alla Chiesa e al mondo la nostra rivoluzione, tua come autore,
io come tuo aiutante unitamente a
quanti ci hanno seguito.
Ognuno di questi ha passato i miei
traumi in tua compagnia e hanno
vinto ogni giorno le tue vittorie,
tue come autore della Rivoluzione,
nostra come tuoi aiutanti come te
e con te e per te rivoluzionari.
abbiamo fatto e sottoscritto un patto
e uscendo da quella stanza di così
dolorante convegno, siamo usciti “a
braccetto” e da allora viaggiamo a
braccetto,
rivoluzionari
taumaturghi, e portiamo in mano le
galassie, l’universo. Il mondo ci
Carpi (MO), 1916. Zeno studente (autore
ignoto)
Carpi (MO), 1920. Zeno Saltini sotto le
armi (foto libretto postale)
Puoi dirlo, Gesù Salvatore del
mondo, puoi dirlo che ti vogliamo
veramente bene e che ti abbiamo
seguito in compagnia in tutte le
ore liete, drammatiche e tragiche.
Tu costruisci e noi in tuo aiuto costruiamo la nuova civiltà.
Le potestà della terra nulla potranno contro di noi, perché non appena lo tentano si trovano davanti a
colossi che sanno andare al martirio
cioè sanno in tua compagnia andare al Getsemani, al Sinedrio, a Pilato, al Calvario crocifissi con te, in te
per te... Ma la rivoluzione tua sociale sarà fatta, la faremo insieme, ti
aiuteremo a farla fino a salire al Calvario dissanguati con te, per te in te.
... E il mondo avrà il dono immenso di vedersi avvolto dalla tua
civiltà, fondata sulla Fede e sul
sangue tuo e dei nostri martiri.
Siamo usciti insieme, in compagnia,
come due meravigliosi e affezionati
amici, dalla camera del mio amico
sergente, là eravamo soli e là in quella stanza ci siamo messi d’accordo,
guarda e ci ascolta, ci attende, non sa
che gli doneremo la Nuova Civiltà.
Tu pregasti così: “Padre quello che
è tuo è mio e quello che è mio è
tuo...” camminiamo Signore con i
nostri fratelli che ci sono venuti
con tanta generosità in aiuto.
Camminiamo, Gesù Salvatore del
mondo, su, camminiamo più solleciti, non lasciarci a terra, ma
cammina con noi, veloci con te
più del pensiero umano, arrestiamo il mondo che è in discesa scivolante nelle sabbie mobili dell’animalità umanistica.
Io e noi ti vediamo in nostra compagnia e ti ubbidiamo.
Che cosa vuoi di più da noi? Dillo
e, avvolti dallo Spirito Santo, solidali al Padre nostro come figli, “liberi figli di Dio”, con te arresteremo il mondo e lo faremo risalire alle sorgenti della tua Redenzione, nel tuo Regno, la Nuova
civiltà concreta e non fatta di simboli e di chiacchiere.
Don Zeno
Nomadelfia
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Castel Gandolfo (Roma),12 agosto 1980. Incontro con il Papa, Giovanni Paolo II. Era presente don Zeno.
NOMADELFIA cammina nella sua storia
sempre unita alla CHIESA e al PAPA
N
omadelfia cammina nella sua
storia sempre
unita alla Chiesa e al Papa. Don Zeno ci ha insegnato con la sua vita e
con le sue parole che non
esiste altra strada per vivere la nostra vocazione.
Non si tratta di una esaltazione acritica delle persone, come scriveva don
Zeno nel 1953, nel libro
“Non siamo d’accordo”:
Non è un Dio, non è un
“divo”; sarebbe grave peccato vederlo e trattarlo così perché sarebbe idolatria
ed anche di quella molto
offensiva. Non è un uomo
come tutti gli uomini, anzi è il solo sulla terra diverso da noi, che tuttavia
4
Nomadelfia
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può avere i nostri difetti,
le nostre angustie, le nostre
insidie: come in noi, forse
più mordenti che in noi.
Non si tratta neanche di
simpatia nei confronti di
uno o dell’altro dei Papi
che si sono succeduti fino a Benedetto XVI, ma
si tratta di leggere la storia con l’occhio della fede, che vede oltre gli
aspetti umani per concentrarsi sul Vangelo, che
mette in luce la missione
che Gesù affida a Pietro e
ai suoi successori.
Ogni papa “è Pietro”, e
Nomadelfia cammina
sulla strada che la Chiesa
attraverso di lui indica.
E noi che viviamo oggi
non possiamo che espri-
Piazza S. Pietro, 17 febbraio 2013. La folla presente all'Angelus di papa Benedetto XVI.
mere la nostra profonda gratitudine a papa Benedetto XVI, che in
questi anni ha guidato con sicurezza e con grande umiltà la Chiesa.
Anche la sua rinuncia ha rappresentato un atto di magistero,
ricordandoci la grande verità che
è Cristo la roccia su cui è fondata Chiesa, al di là delle persone.
Don Zeno nel 1939, in occasione
della morte di papa Pio XI, scriveva sul giornalino: “Chi sarà il
nuovo papa?”
Non dimenticate mai che il Papa è
scelto dallo Spirito Santo, è sempre
l’uomo dei tempi, per cui non aspettatevi un Papa che vi dia ragione in
tutte le vostre cose, ma aspettatevi
con certezza matematica un Divino
Medico chirurgo che, a costo di
qualunque costo, taglia via molti
ascessi di scostumatezze e di errori
che oggi disonorano, intossicano la
circolazione del sangue nella testa
della gente moderna di tutti i ceti e
di tutte le professioni e confessioni.
Prima di curare gli altri, il nuovo
Papa si troverà di fronte alla urgente necessità di mettere giudizio a settecento milioni di cattolici che, a voler essere oggettivi, oramai sono una
massa troppo malata, la cui atmosfera è inquinata fino alla nausea.
Non aspettatevi un Papa politico,
non un grande scienziato, ma arriverà un Santo, disposto a bruciare
vivo pur di proiettare in questo secolo malato la Luce e il fuoco della Verità. Aspettatevi quello che è, e sarà
sempre il Papa: il Vicario di Cristo
in terra, contro il quale “Portae inferi non prevalebunt”. Quindi dirà
e seguirà ad ogni costo la Verità.
Con lo stesso spirito, noi Nomadelfi viviamo in attesa del nuovo
Papa, per il quale riaffermiamo il
nostro amore sincero.
Francesco di Nomadelfia
Piazza S. Pietro, 24 febbraio 2013. Angelus di papa Benedetto XVI.
Nomadelfia
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Come guardare all’apertura dell’Anno speciale della Fede?
S
Anno della fede
Tre domande
a DON FERDINANDO,
successore di don Zeno
NOMADELFIA
È UN ATTO DI FEDE
DISSE IL VESCOVO PRANZINI
A DON ZENO
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Nomadelfia
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i sta consumando uno di quei
passaggi generazionali che
porterà il mondo a non essere
più quello di prima.
I linguaggi simbolici tradizionali
che hanno comunicato valori, unanimemente riconosciuti per generazioni, oggi dicono poco o niente.
Ma i bisogni di noi uomini non variano. Eppure, in questo cambiamento di carte in tavola, non si
sa più dove andarli a pescare.
La privazione del soddisfacimento
di alcune esigenze umane fondamentali rischia di produrre disturbi gravi, a livello personale e
collettivo.
Benedetto XVI, da profondo conoscitore dell’uomo, (com’è stato riconosciuto anche al di fuori dell’ambiente ecclesiastico e religioso)
ha affermato con forza che non si
può fare a meno di esprimere una
credenza religiosa.
Indicendo l’Anno della Fede il Papa dice ai cristiani che, con l’aiuto
dello Spirito Santo, sono riusciti a
preservare sostanzialmente intatta
la vita di fede nel nuovo contesto
culturale: “Dite a tutti come avete
fatto perché altri siano aiutati a farlo”. Si tratta di trovare un nuovo
equilibrio nel quale la sostanza rimanga intatta anche se i linguaggi
espressivi mutano veicolati da tecnologie di avanguardia.
Il problema di fondo è vivere
quello che si propone. Lo diceva
già Paolo VI: “Più di maestri il
mondo moderno ha bisogno di testimoni”.
Come vivere personalmente e socialmente l’Anno della Fede?
Se l’aspetto personale e quello sociale della fede non procedono
uniti, il Vangelo di Cristo rischia
di diventare un optional del quale
si può fare tranquillamente a meno. L’Anno della Fede, a cinquanta anni dal Concilio, rappresenta un’ulteriore spinta a far sì
che la Chiesa si ponga, nei vertici
e nella base, a servizio della fraternità degli uomini, in nome di
Dio, Padre di tutti. Altrimenti il
cristianesimo scivola inevitabilmente verso pratiche consolatorie
e formalità più o meno decorative
che non incidono nella vita. Il
mettersi insieme e spendersi gli
uni a servizio degli altri, come aveva insegnato Cristo, fu la forma
più efficace di evangelizzazione
dei primi cristiani.
Siamo certi che altrettanta efficacia, la stessa cosa potrebbe avere in
questa era mediatica.
Dietro all’annuncio, oggi più di ieri, si esige che esistano famiglie e
comunità aperte e accoglienti.
Ritorna la sfida dell’apostolo Giacomo: la fede va mostrata con le
opere.
Come si muove Nomadelfia per vivere pienamente questo dono?
Già negli anni Trenta don Zeno
aveva intuito che bisognava portare la buona notizia del Vangelo là
dove la gente suole ritrovarsi spontaneamente.
Sono nate le sue catechesi tra il primo e il secondo tempo del cinema.
La gente lo ascoltava volentieri.
Come pure allestire spettacoli nelle piazze, dove messaggi positivi
sono offerti tra una danza folkloristica e un’altra, con sapiente dosaggio. Oggi non l’avrebbe spaventato
la piazza mediatica. Sono sicuro
che vi si sarebbe esposto con ammirevole coraggio.
Per il semplice fatto di essere Vangelo vivente, a livello personale e
Don Zeno
aveva intuito
l’importanza
di proclamare
il vangelo
dove la gente
si radunava
liberamente
Milano novembre 1949.
Don Zeno parla al Lirico,
presentato dall’allora
sindaco Greppi.
(Foto di Federico Patellani)
come impostazione di vita di tutta
la popolazione, Nomadelfia è per
sua natura posta sul monte. Vivere l’Anno della Fede per noi è un
richiamo forte alla coerenza, perché tutta la nostra vita ha nella fede la vera ragione d’essere. La fede
accompagna la vita e questo domanda una vigilanza continua nei
compor tamenti e nelle scelte
piccole e grandi. Nomadelfia è un
piccolo mistero, se a questa parola
si attribuisce il significato dell’azione di Dio nella storia. Mi ha
stupito un’espressione di don Zeno negli ultimi anni della sua vita:
“Finalmente comincio a capire
Nomadelfia”.
Nel corso di tutta la sua vita, Nomadelfia era stata oggetto di esaltazioni e di beffe, considerata ora
utopia, ora insulto, ora meravigliosa realizzazione. E don Zeno,
sempre sofferente e sempre sorridente, aveva fatto sgorgare dal suo
cuore fiumi di amore attinti alla
sorgente stessa dell’amore, al Cuore di Cristo.
La fede continua oggi a chiedere
questo a noi seguaci di don Zeno.
Nomadelfia
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22 gennaio 1933
22 gennaio 2013
80 anni
di vita di
Nomadelfia
Da 80 anni
ha fatto sua
la proposta
di don Zeno
di cambiare
strada
puntando
sul Vangelo
I
l 22 gennaio 1933 il vescovo di
Carpi, mons. Giovanni Pranzini, era a S. Giacomo Roncole
per benedire il nuovo cinema, con
impianto sonoro. Si trattava di uno
dei primi della zona. Al di là del
fatto in sé, il vescovo riconosce che
attorno alla figura del giovane cappellano di S. Giacomo, don Zeno,
sta nascendo una nuova realtà nella Chiesa.
Si tratta dei primi passi di Nomadelfia. E il vescovo riconoscerà
questo fatto, sostenendo di fronte
al popolo accorso al cinema, che
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Nomadelfia
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tutti – credenti e non credenti –
sono riuniti assieme perché il sacerdote rappresenta Dio Padre di
tutti.
A 80 anni di distanza abbiamo vissuto un’esperienza simile, pochi
giorni fa, il 13 gennaio quando abbiamo proposto alla città di
Grosseto la commedia musicale “I
ragazzi di don Zeno”.
Il Teatro Moderno, con i suoi oltre
1000 posti a sedere, si è rivelato insufficiente per accogliere amici e
tanta gente che voleva conoscere
meglio Nomadelfia. Diverse perso-
ne sono dovute tornare indietro.
Si è vissuto un grande coinvolgimento tra palcoscenico e
spettatori, come se si fosse tutti a
casa. È questo il richiamo che Nomadelfia fa con la sua presenza da
80 anni: siamo tutti fratelli, anche
se non sappiamo o non riusciamo
a riconoscerlo.
E ogni volta che ne facciamo esperienza, riscopriamo una delle
caratteristiche fondamentali del
nostro essere uomini.
In questa situazione di emergenza
sociale, recentemente, il card. Ba-
S. Giacomo Roncole
(MO), 22 gennaio
1933. Il numero de
"L'Apostolo", il periodico dedicato alla visita del Vescovo mons.
Giovanni Pranzini,
con l'inaugurazione
del cinema sonoro.
gnasco affermava: “È il sistema che
va posto in discussione [...]
abbandonando la logica delle
“illusioni” che ha fatalmente mostrato la propria assoluta inadeguatezza morale e pratica. C’è da
rivoluzionare il modello grazie al
supporto di un pensiero nuovo”.
Cosa ha fatto e cosa può fare Nomadelfia, in questo contesto?
Nomadelfia, da 80 anni, ha fatto
sua la proposta di don Zeno di
“cambiare strada”, puntando sul
Vangelo.
Non siamo più di fronte a religiosi, uomini o donne, ma c’è un
piccolo popolo fatto di famiglie
che cerca di costruire una società
alternativa, in cui la logica sia quella della fraternità. E proprio questa
logica evangelica può essere una
via percorribile per gli uomini di
oggi, perché solo nella solidarietà
si può intravvedere un futuro.
I
l giovane Zeno, nel 1920, aveva iniziato da solo, dopo uno
scontro verbale con un giovane
anarchico al servizio militare, e si
era ripromesso di cambiare civiltà,
cominciando da se stesso.
È possibile perciò anche per ciascuno di noi, perché Nomadelfia
non è fatta da persone senza difetti, ma di uomini che sono andati controcorrente rispetto alla
mentalità dominante.
Se si costruiscono relazioni umane
più fraterne, allora ne consegue
che cambia anche lo stile di vita: il
consumismo cede il posto alla sobrietà, perché non posso buttare
via mentre il fratello è senza.
In questa prospettiva di Nuova
Evangelizzazione, certamente i cristiani devono percorrere i sentieri
di Internet, ma diventeranno credibili quando alle parole si aggiungerà una testimonianza coerente per cui sia possibile riconoscerli: “Da questo tutti sapranno
che siete miei discepoli: se avrete
S. Giacomo Roncole (MO), 22 gennaio 1933.
Grosseto,13 gennaio 2013. Il pubblico applaude dopo la prima della commedia musicale “I
ragazzi di don Zeno”
amore gli uni per gli altri”.
Non è la nostra esperienza una “soluzione di tutti i mali”, ma continua ad essere, fondandosi sulla fe-
de, una piccola realtà che richiama
la fondamentale vocazione di ogni
uomo: essere fratello.
Francesco di Nomadelfia
Nomadelfia
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LA BATTAGLIA PER LA VITA
È LA BATTAGLIA PER IL FUTURO
In occasione della Giornata
mondiale dei diritti umani, il
10 dicembre 2012, in Campidoglio è stato consegnato il
premio europeo per la vita
“Madre Teresa di Calcutta” alle mamme d’Europa.
Roma, Campidoglio 10 dicembre 2012. L'on. Carlo Casini e il sindaco Gianni Alemanno
consegnano il premio a Irene.
“I
l diritto alla vita è il più
basilare di tutti. Perché
senza vita non ci sono altri
diritti”. Nella sala della Protomoteca in Campidoglio, il ministro per la Cooperazione e l’integrazione, con delega alla Famiglia,
apre così, senza giri di parole la V
edizione della premiazione.
Alla tavola rotonda, moderata dal
direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, interviene oltre al ministro
Riccardi anche il presidente del
Movimento per la vita, l’eurodeputato Carlo Casini; il direttore del
centro studi malattie ereditarie della Cattolica, don Roberto Colombo; il vicepresidente di Quercia
millenaria, il ginecologo Giuseppe
Noia. A consegnare i premi, il sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Presentate tre storie di eroismo
quotidiano. Chiara Corbella Petrillo, giovane sposa romana che a
28 anni ha scelto di donare la sua
vita per non compromettere con
le cure antitumorali quella del figlio Francesco in arrivo. Storia
che, raccontata dal marito Enrico,
fa vibrare la sala di commozione.
Proprio il marito Enrico riceve in
nome della moglie il premio.
Premiata anche Sabrina Pietrangeli
Salussi, presidente dell’associazione
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Nomadelfia
è uNa proposta
Quercia millenaria, l’associazione
che aiuta le famiglie di concepiti
con diagnosi di malformazioni a
difendere queste vite preziose e più
difficili. La “Quercia millenaria” nasce dall’esperienza personale di Sabrina Pietrangeli Saluzzi che, grazie
alla fede, ha scelto di impegnarsi
sempre più. “Noi siamo attivi dal
2004, cioè esattamente un anno dopo la nascita di nostro figlio Giona.
Centinaia di bambini salvati dall’aborto, curati anche prima della
nascita che oggi stanno bene in
braccio alle loro mamme”.
Il terzo premio viene assegnato a
Irene Bertoni, 90 anni, conosciuta meglio come “mamma Irene” di Nomadelfia che, all’età di
18 anni, scappando da casa si presentò a don Zeno per fare da
mamma ai bambini di strada.
Don Zeno manifestò la paternità
verso i figli che entravano e uscivano dalla prigione con un atto pubblico: volle che alla sua prima messa nel duomo di Carpi il 6 gennaio 1931 ci fosse, tra le autorità, un
giovane di 18 anni: Danilo, il primo di 5000 figli. Nessuno in Italia
e nel mondo pensava che i bambini abbandonati e i piccoli delinquenti avessero bisogno non di un
istituto ma di una famiglia. “Io ho
avuto 58 figli, tutti piccoli, però!
Loro hanno bisogno di tutto:
hanno bisogno della carezza, del
bacio, di essere un po’ sgridati...
hanno proprio bisogno di tutto
questo! Perché la donna è diversa:
il Signore ha messo dentro al nostro cuore un qualcosa di grande... Io penso che nessuna persona, per quanto intelligente, sia capace di spiegare quello che c’è
dentro il cuore di una mamma, di
una vera mamma”.
Riccardi sottolinea “una contraddizione nella cultura europea: mentre si sta realizzando il sogno antico
di vivere a lungo, la nostra società
dice agli anziani che sono di troppo. Una contraddizione ancora più
insanabile per la fase più debole,
germinale, ma decisiva della vita
che è la nascita”. ... “Forse qualcuno ci considera fondamentalisti
fuori dal tempo. Lo si è se si resta
legati anacronisticamente al passato. Ma lo si può essere anche perché profetici: e la battaglia per la
vita è la battaglia per il fututo”.
La premiazione ci ha presentato tre
mamme impegnate su fronti diversi ma sempre a favore della vita,
partendo dal più indifeso, il bambino, curandone i diritti.
Monica di Nomadelfia
3 ORE di SPETTACOLO
CON LA GIOIA DI RACCONTARE
UN’INCREDIBILE STORIA
L
’8 dicembre, la Commedia
musicale “I ragazzi di don
Zeno” ha fatto il suo esordio davanti alla popolazione di
Nomadelfia. Dopo 2 anni di
“laboratorio teatrale”, diretto da
Anna Cianca, assistita dalla scenografa Franca De Angelis, la prima messa in scena è stata un
grande spettacolo: rac contare
l’esperienza travagliata di don Zeno e dei primi Nomadelfi che è
anche la nostra storia ed è patrimonio comune. Grazie alla sceneggiatura veramente ispirata, lo
spettacolo ha conquistato l’attenzione e gli applausi del pubblico
con l’alternarsi di scene serie e intermezzi comici. La storia messa
in scena è viva in loro e vuole
continuare a vivere in tutti noi.
Lo stesso è avvenuto il 26 dicembre.
Nomadelfia
è uNa proposta
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VOGLIA E GIOIA DI RACCONTARE
LA STORIA DI NOMADELFIA
RAPPRESENTATA DAI
RAGAZZI DI DON ZENO
I
sono rappresentati dagli stessi figli
della comunità.
Il sindaco ha aggiunto che la città
di Grosseto è “contenta di partecipare a questo spettacolo proprio al
teatro Moderno, luogo importante
della città, e soprattutto di accogliere il messaggio che No-
Francesco ha sottolineato come il
13 gennaio è per Nomadelfia una
data importante perchè è l’anniversario dell’ultimo giorno in cui don
Zeno ha potuto parlare ai nomadelfi, e anche perchè Nomadelfia
festeggia 80 anni della sua fondazione. Ottant’anni di vita che oggi
Grosseto, sala del Consiglio
Comunale, 3 gennaio
2013. Francesco, presidente di Nomadelfia, il sindaco Emilio Bonifazi, la
regista Anna Cianca e la
sceneggiatrice Franca De
Angelis attorniati da alcuni interpreti del musical.
l 3 gennaio 2013, è stata presentata nella sala Consiliare del
Comune di Grosseto la
commedia musicale “I ragazzi di
don Zeno”, realizzata dalla Comunità di Nomadelfia.
Erano presenti il Sindaco di Grosseto, Emilio Bonifazi, la regista
Anna Cianca, la sceneggiatrice
Franca De Angelis e Francesco,
Presidente di Nomadelfia.
La conferenza si è aperta con il saluto del presidente della comunità
che ha ringraziato la città di Grosseto perchè ospita lo spettacolo
presso il Teatro Moderno, domenica 13 gennaio.
12
Nomadelfia
è uNa proposta
madelfia propone a tutti noi, alla
comunità di Grosseto, alla comunità mondiale”.
La parola è poi passata alla sceneggiatrice della commedia musicale,
Franca De Angelis. “Ho incontrato
Nomadelfia in occasione di un film
di RAI 1 sulla vita di don Zeno, gi-
rato nel 2008. Per me è stato un
incontro straordinario, ho continuato a frequentare Nomadelfia e
ad un certo punto è nato da parte
di Nomadelfia il desiderio e la volontà di realizzare una commedia
musicale sulla propria storia. E
questo mi è sembrato abbastanza
ovvio, perché nel carisma di don
Zeno la comunicazione e lo spettacolo erano un punto cardine per
trasmettere dei valori”.
Un testo adattato ai ragazzi diventati attori, tratto dalla documentazione scritta o dalle registrazioni di
don Zeno con l’aggiunta di una documentazione reale, vissuta, la conoscenza delle persone.
“Tutto questo ha contribuito a scrivere lo spettacolo – ha sottolineato
Anna Cianca – e questo porta
qualcosa di diverso rispetto a tutto
ciò che è stato realizzato su Nomadelfia e su don Zeno. Io credo
che il valore aggiunto siano proprio
i ragazzi di Nomadelfia, che portano in scena la loro storia, i loro sentimenti, il loro lavoro. I nomadelfi
sono presenti in questa operazione,
con la voglia e la gioia di raccontare
tutta questa storia. Lo spettacolo
vuole parlare anche ai non credenti,
perchè incentrato sulla possibilità di
combattere per un mondo migliore
indipendentemente dal proprio credo e dalla propria fede”.
TESTIMONIANZE
I RAGAZZI DI DON ZENO
parole, musica, contenuti
I
eri 13 gennaio alle ore 17,15 è
andato in scena, al Teatro
Moderno di Grosseto, il musical “I ragazzi di don Zeno”.
Una grande folla era in attesa per
l’apertura del teatro, che si è rivelato insufficiente, nonostante gli
oltre 1000 posti, a contenere tutti
gli intervenuti.
Dopo 2 anni di laboratorio teatrale, condotto con entusiasmo e
professionalità da Anna Cianca, lo
spettacolo si è presentato impaziente di entrare negli occhi e nei
cuori del pubblico con un vertiginoso susseguirsi di storie, luci, musica e parole. Il protagonista è don
Zeno Saltini, padre di Nomadelfia
e uomo che vive per realizzare
quello che per gli altri sembra impossibile.
Gli spettatori, sorpresi, si sono la-
sciati coinvolgere dalla magia del
teatro, frutto di una avventura veramente collettiva, di 87 attori e
tante altre persone dal lavoro nascosto dietro le quinte.
Quando si sono accese le luci in sala, il pubblico continuava ad applaudire in piedi, dopo aver seguito intensamente quasi 3 ore di
rappresentazione.
Un successo al di là di ogni più rosea aspettativa. Ma lo spettacolo “I
ragazzi di don Zeno” è portatore di
un messaggio di speranza, talmente attuale e coinvolgente, che
non può accontentarsi del bagno
di folla di ieri, ma deve proporsi a
molte altre persone, in molte altre
località.
È possibile un mondo diverso?
“Questo spettacolo – spiega Francesco – racconta sprazzi della nostra
storia ponendo una domanda oggi
urgente: è possibile un mondo diverso? Che cosa dobbiamo fare per
cambiare la società? Se vogliamo un
mondo diverso, dobbiamo cominciare a viverlo oggi. E noi cercando
di costruirlo attraverso la legge fondamentale della fraternità”.
Paolo
Nomadelfia
è uNa proposta
13
I RAGAZZI DI DON ZENO
TESTIMONIANZE
UNO STILE EDUCATIVO
BASATO SULL’IMPEGNO
SOCIALE
13 gennaio 2013. Un’intera giornata di pioggia. Il grigiore di una
domenica invernale come tante.
Qualcosa di veramente bello e originale: canti, balli, monologhi, dialoghi serrati tra i giovani interpreti,
senza cali di tensione, in una cornice scenografica suggestiva ed essenziale. Un pubblico coinvolto ed entusiasta per la bravura di ottantasette ragazzi e per la profondità del
messaggio.
Con Nomadelfia, Don Zeno Saltini fu un autentico precursore di ciò
che in Italia si è realizzato a livello
normativo negli ultimi due decenni del secolo scorso: la chiusura definitiva degli istituti.
Nella convinzione che il Vangelo
non è una teoria consolatoria ed
estranea al mondo, Don Zeno intuì che solo cambiando le cause
delle ingiustizie sociali si può umanizzare questo mondo.
La storia di Nomadelfia non è più
solo una proposta di come potrebbe diventare il mondo se si ispirasse al Vangelo e al modello delle prime comunità cristiane. Oggi Nomadelfia è ancora più attuale perché fa vedere coi fatti quali sono le
conseguenze di una educazione solidale dove le famiglie non vengono lasciate sole e i figli crescono
con dei solidi punti di riferimento
in un contesto di amicizia, di aiuto
e di sostegno reciproco.
Considero un prezioso dono l’amicizia di alcuni figli di Don Zeno.
Ho respirato alcuni valori che mi
hanno aiutato a condividere da
14
Nomadelfia
è uNa proposta
lontano il loro stile educativo e
l’impegno sociale. Diverse volte ho
organizzato “gite d’istruzione” con
le studentesse del mio Istituto.
Ogni volta è emersa la sensazione
di avere a che fare con una “setta”
composta da persone “fuori” di testa e dal mondo: senza televisione
in camera, senza negozi, senza discoteca, senza ... Mi fanno riflettere , da qualche anno a questa parte,
i cosiddetti frutti della società con
un televisore per camera, con centri commerciali sempre più grandi,
con divertimenti notturni, con...
tutto quello che si sa.
Le ingiustizie sociali, le differenze
tra i “du mucc” (ricchi e poveri)
esistono ancora e sono sempre più
intollerabili, il crollo del mito del
consumismo senza limiti e il diffuso pessimismo che si respira
dovunque, confermano le profezie
di Don Zeno.
I FIGLI DI DON ZENO
All’uscita del teatro la pioggia mi ha
sorpreso. Sono entrato nel furgoncino un pochino bagnato. La sua
intensità è aumentata proprio nel
momento in cui stavo entrando in
casa. Bagnato abbastanza bene sono
andato in camera ad asciugarmi per
niente seccato o dispiaciuto. Ero
felicemente contento. Ho cenato
alle 21. Tutti a tavola si “nutrivano”
del mio stesso stato di beatitudine.
Nella gioia dell’anima, seppure i
giorni trascorrevano, rivivevo il musical. Le facce degli attori mi passavano davanti agli occhi come una
pellicola. Mai ho visto in un film, in
un documentario o in una commedia volti così luminosi, sinceri e
trasparenti come quelli dei figli di
don Zeno, dei miei piccoli fratelli.
Mario di Nomadelfia
Tre ore di spettacolo
per dirmi ancora che
Gesù è vivo, che la fede
è veramente la “ceramica” della vita, che la
società cristiana non è
un’utopia.
Pienza, 15 gennaio
Antonio Mammana
FAMIGLIE IN RICERCA
UN CAMMINO
DI SPERANZA
Il 27 e 28 dicembre cinque famiglie
si sono ritrovate al gruppo familiare
di Roma “Giovanni Paolo II” per
approfondire e condividere le proprie
aspirazioni e ricerche.
D
on Ferdinando, successore di don Zeno, Francesco
presidente di Nomadelfia
e tutto il gruppo familiare, hanno
accolto e accompagnato le famiglie con i loro figli in questo cammino. Dalle presentazioni è emersa, una profonda aspirazione ad
una vita più umana, nella quale i
rapporti non siano più dettati
dall’interesse economico, dal desiderio di prevalere, ma da una ricerca sincera di una vita a misura
d’uomo, una vita dignitosa dove ci
sia posto per la famiglia, i rapporti personali, rapporti basati sulla
stima, sulla fiducia. Insomma,
un’utopia?
Oggi pare così, ma c’è ancora chi
pensa che un’altra strada sia percorribile e si impegna per cercare
nuove possibilità di vita.
Queste famiglie si sono confrontate, hanno condiviso le proprie paure, i sogni, le speranze.
Hanno approfondito la vita di
Nomadelfia che può essere un valido aiuto ed un invito a credere
che è possibile andare contro
corrente: importante in questo
cammino è unirsi. Nomadelfia
per quanto riguarda la famiglie
offre una testimonianza. A No-
madelfia non vivono isolate ma,
tre o quattro famiglie condividono gli ambienti diurni e sopprattutto condividono la vita.
Condividono la formazione e
l’educazione dei figli. Oggi che il
mondo spinge ad un individualismo imperante e ad una solitudine grande, le famiglie di
Nomadelfia spronano ad unirsi, a
non guardare solo al “proprio figlio” ma a tutti i figli. Don Zeno,
fondatore di Nomadelfia, citava
spesso una frase del Vangelo di S.
Giovanni: “La donna quando sta
per partorire, soffre ma, quando il
bambino è nato, è lieta perché è
nato un uomo al mondo” sottolineando la corresponsabilità che
ogni uomo ha nei confronti dei
bambini che nascono. È una visione opposta in controtendenza
alla cultura odierna. È vero però
che una foresta nasce da piccoli
semi portati dal vento. Il seme
della fraternità ci può portare a
vedere crescere una foresta dove
oltre alla famiglia, le aspirazioni
di tutti gli uomini, ed anche il
creato possono trovare riparo, ristoro, vita.
Nomadelfia di Roma, 27 dicembre 2012.
Incontro con le famiglie in ricerca.
Monica di Nomadelfia
Nomadelfia
è uNa proposta
15
UN SEGNO PROFETICO
L’UNIONE CON IL PAESE DI
MONTORSAIO
1963
D
opo la ripresa dell’esercizio
sacerdotale, nel 1962, nasce la collaborazione con un
paese toscano, Montorsaio. Un fatto
nuovo si presenta: in questo picccolo
paese, 37 famiglie decidono di unirsi ai nomadelfi in una seconda forma. Anche se l’esperienza non è proseguita nel tempo, è comunque un segno profetico. Il beato Giovanni Paolo II nell’incontro che ha avuto a Castelgandolfo con don Zeno e i nomadelfi il 12 agosto 1980, sottolinea: “Se siamo vocati ad essere figli
di Dio e tra noi fratelli, la regola che
si chiama Nomadelfia è un preavviso ed un preannuncio di questo mondo futuro, dove siamo chiamati tutti”. La fraternità è l’aspirazione e la
necessità più profonda dell’uomo, insita nella sua vita, nel suo esprimersi. Dovrà l’uomo di oggi trovare le
forme per realizzare questa aspirazione, questo bisogno che è impresso
nel suo codice genetico. Le sconfitte
non ci devono preoccupare più di
tanto perché: “Chi combatte con Cristo vince sempre”.
Questa esperienza nata e finita ormai 50 anni fa, ci sprona a cercare
nuove strade, nuovi sentieri per realizzare nel mondo la fraternità.
“Che cosa nascerà da Montorsaio?
Dio solo lo sa. Ho voluto immaginare un’invasione di Nomadelfia nel mondo. Tutta la terra tra-
16
Nomadelfia
è uNa proposta
puntata da croci luminose sotto
ciascuna delle quali vibra un popolo nella Fede”.
Era il lunedì di Pasqua del 1962 e
così don Zeno immaginava l’espansione di Nomadelfia che proprio in quei primi mesi dell’anno
andava pian piano a prendere forma con il tentativo di collaborazione con il piccolo paese di Montorsaio, vicino a Nomadelfia.
L’iniziativa era partita dai Montorsaioli.
Nomadelfia aveva prestato al paese
un caterpillar per livellare la strada
che arrivava alla cava di gesso. Un
gesto semplice, di quelli di buon
vicinato, che però suscita curiosità,
interesse, interrogativi che si tramutano in desiderio di dar vita ad
“un’alleanza fraterna”.
Per Nomadelfia la fraternità è da
sempre una prerogativa importante. Non è una parola, uno stato
d’animo o un sentimento che si
può prendere alla leggera, ma una
legge sulla quale fondare la vita.
In questi frangenti, però, l’entusia-
smo non può farla da padrone; don
Zeno prega, medita da solo e con i
Nomadelfi, chiede consiglio. “Nomadelfia si trova nella necessità di
fare un passo avanti”. Già nel 1946
a S. Giacomo Roncole in provincia
di Modena c’era stato un tentativo
di unione dei capi famiglia della
parrocchia in cui don Zeno aveva
iniziato a proporre il ritorno
all’esperienza dei primi cristiani,
ma l’esperimento non aveva fatto il
salto di qualità indispensabile:
creare un’autentica esperienza di
fraternità. Ora un popolo si ripresenta a Nomadelfia e insieme
saranno espressioni di un solo popolo nuovo, fondamento di una
nuova civiltà.
In una meditazione dell’epoca don
Zeno scrive: “Mentre il mondo si
trova in una crisi spirituale, morale e sociale di enorme portata storica, e non si sa a quale porto potrà approdare, e non si sa se
approderà ad un porto o se andrà
alla deriva, la minuscola Nomadelfia si trova di fronte alla prova
più delicata che abbia mai passato”.
Nomadelfia infatti ha superato prove durissime nel corso della sua storia: dal 1920 anno nel quale don
Zeno decide di cambiare rotta, al
1931 anno nel quale viene ordinato
sacerdote prendendo come figlio
Danilo ed altri fanciulli accolti dall’abbandono, al 1941 anno nel quale entra Irene a portare la maternità, al 1947 anno nel quale nell’ex
campo di concentramento di Fossoli l’Opera Piccoli Apostoli viene
trasformata in Nomadelfia, una
nuova popolazione comunitaria.
Dopo la persecuzione del 1952 e le
lotte per sopravvivere di un decennio, il 22 gennaio 1962, con la
ripresa dell’esercizio del sacerdozio
di don Zeno, segna un trionfo che
porta il riconoscimento di fatto
della Santa Sede.
E nel 1963?
“Adesso i Nomadelfi – scrive don
Zeno - si trovano di fronte il mondo esterno, che desidera entrare a
far parte di essa sotto una forma di
fraternità fondata sulla Fede, con
un patto di alleanza che potrebbe
estendersi a chissà quali proporNomadelfia
è uNa proposta
17
UN SEGNO
PROFETICO
L’UNIONE CON
IL PAESE DI
MONTORSAIO
1963
zioni. Sono pronti i Nomadelfi a
dare il via ad un’alleanza così
impegnativa? All’apertura di un
fatto che potrebbe dare una svolta
alla stessa concezione sociale e politica degli uomini di buona volontà, assetati sinceramente di giustizia, infuocati dal desiderio di salvare il mondo dalla sua non impossibile autodistruzione?”.
I Nomadelfi sembrano pronti. “La
nuova civiltà sta facendo passi da
gigante e noi dobbiamo essere lieti
e grandi di vedute e di generosità scrive don Zeno in una lettera ad
Irene - perché questa è un’ora di
quelle che in Nomadelfia si chiamano ore di Dio, nel senso che sono ore di carattere straordinario,
nelle quali si sta a vedere l’apparire
dei segni per procedere a nuove
conquiste”.
Infatti, dopo aver stipulato il primo
abbozzo di una forma di collaborazione sociale, il 5 novembre 1962
quaranta uomini appartenenti a 37
famiglie di Montorsaio iniziano a
lavorare e a vivere in unione con i
Nomadelfi: coltivano e bonificano
la tenuta, fanno lavori artigianali,
costruiscono un capannone, mentre le donne aiutano in casa o
frequentano lo studentato.
Con un pullman messo a disposizione della comunità i Mon18
Nomadelfia
è uNa proposta
torsaioli arrivano a Nomadelfia
ogni mattina e condividono la vita
quotidiana, partecipando non solo
ai lavori ma anche ai momenti di
cultura e incontri, ricevendo una
piccola paga a fine settimana.
A Montorsaio è pure presente una
piccola bottega rifornita da Nomadelfia dove le famiglie che hanno
aderito al “patto di fraternità” possono accedere senza spese.
Nella forma di Montorsaio i beni
che sono strettamente di uso dei
singoli individui e delle famiglie
come tali, non sono in comune.
Non si è obbligati ad accogliere figli abbandonati e non si è obbligati a vivere nei gruppi familiari.
Per tutto il resto del vivere, giacché
si è tenuti per natura della fraternità nell’una e nell’altra forma a un
tenore di vita uguale per tutti, importante è l’aiuto reciproco e la
mutua assistenza tra famiglia e
famiglia, tra individuo e individuo. I nuovi ammessi vengono
considerati “postulanti” secondo
l’allora costituzione della “Popolazione dei Nomadelfi”
Il 19 marzo 1963 i Montorsaioli
firmano la costituzione di Nomadelfia.
Don Zeno vede Montorsaio “come
una vivissima e miracolosa espres-
sione rivoluzionaria di Nomadelfia” e il segno evidente che “l’umile Maremma è l’epicentro di una
nuova scossa sociale e cristiana”,
come scriverà al vescovo di Grosseto, Galeazzi.
Don Zeno aveva visto dei segni di
Dio, il popolo era sincero ed entusiasta, ma i tempi probabilmente
non erano maturi. In pochi anni
questa unione finì.
“Mi pareva di vederle, quelle croci
luminose, e mi pareva che il mondo così trapuntato da quelle croci
fosse preludio della Tua Gloria
Eterna, seppure tra nemici violenti
ma ormai incapaci di riconquistare
la terra”, dirà don Zeno.
La croce luminosa di Montorsaio
cadde in seguito ad un fulmine,
ma ciò non toglie che, a distanza di
cinquant’anni da questo evento,
non possiamo riflettere sugli avvenimenti, considerando il coraggio
con il quale, fidandosi del Signore,
questi uomini hanno compiuto un
tentativo di rivoluzione in campo
sociale per percorrere le strade dei
primi cristiani. Forse anche i loro
umili passi sono da riprendere perché si creino “i cieli nuovi e la terra nuova”, in cui dimorino la giustizia e la fraternità.
Sefora
MEMORIA DI UNA
ESPERIENZA ANCORA VIVA
SUBIACO
Forse non tutti sanno che per ben
quindici anni, dal 1964 al 1979, don
Zeno e Nomadelfia hanno intrecciato
la loro vicenda con la vita della città
di Subiaco, in particolare con i monaci Benedettini dei monasteri di S.
Scolastica e del Sacro Speco, culla dell’ordine dell’Europa occidentale.
Questo rapporto è maturato grazie
alla stima reciproca tra l’abate di
allora P. Egidio Gavazzi e don Zeno,
le cui spiritualità anche se diverse
erano unite da profondo amore alla
Chiesa e al desiderio di cogliere nuovi segni di tempi dello Spirito, che il
Concilio Vaticano II aveva evidenziato, per la auspicabile testimonianza nel popolo di una vita
fraterna esemplare.
Su sollecitazione insistente del prof.
Giuseppe Cicolini e la relativa richiesta dell’Università Popolare di Subiaco, tramite il suo Presidente dott. Benedetto Appodia, il giorno 1 dicembre
2012, nella sala del convitto S. Benedetto, si è voluto riportare alla memoria una esperienza che ancora oggi vive nella riflessione di tanti, i quali ebbero modo di fare questo incontro con
Nomadelfia, e al desiderio che fosse
rivisitata, per la conoscenza delle
nuova generazione che ne ha solo
saltuariamente sentito parlare.
Il tema proposto con invito al Postulatore della causa di “beatificazione” di don Zeno, Tommaso di
Nomadelfia, sublacense, é stato il seguente:
“Il Servo di Dio, don Zeno Saltini, Fondatore di Nomadelfia:
Vita ed opere, con particolare riferimento al breve periodo di
insediamento a Subiaco.”
Il pubblico è convenuto numeroso, ha seguito attento l’ascolto delle vicende significative e
dolorose di don Zeno, le sue caratteristiche spirituali, il suo essere
profeta con il particolare approfondimento sulla venuta a Subiaco. Alcuni volti erano anche commossi. Ne è seguito un dialogo
partecipato.
M
a come sono andate le
cose e cosa possiamo dire di questa vicenda, a
distanza di quaranta anni? In sintesi: dopo che don Zeno alla fine di
luglio del 1964 era rimasto per
qualche giorno di riflessione, nel
monastero di S. Scolastica, iniziarono scambi reciproci di visite e di
dialogo costruttivo, che ebbero
una svolta nell’autunno del 1969,
con gli Esercizi Spirituali di don
Zeno predicati ai monaci
benedettini. Di li a poco seguiranno corsi di Esercizi dei Nomadelfi
a Subiaco.
Si consoliderà il rapporto che porterà alla realizzazione del comodato gratuito della Rocca abbaziale
per nove anni a Nomadelfia,
unitamente al convento di S.
Francesco con annessi terreni.
Fu una presenza inizialmente proficua, con progetti e speranze che
portarono alla realizzazione di due
gruppi familiari di Nomadelfi
installati a Subiaco e al progetto di
un Centro di Studi negli ambienti
della Rocca, programmato con
l’auspicio della collaborazione con
i PP. Benedettini. Una specie di
Università Popolare, nella quale si
sarebbero approfondite le tematiche della rivelazione cristiana
e della pedagogia evangelica con
lo studio del Creato, aperta a tut-
Nomadelfia
è uNa proposta
19
Subiaco (RM). Panoramica della città con il monastero benedettino di S.Scolastica in primo piano.
ti i volontari. Accanto a questa ini- saggio - testimonianza così ardito
ziativa ne sorsero altre come quella per un ambiente sostanzialmente
di un “impegno per la giustizia”, tradizionalista, nel tessuto sociale
ed ecclesiale, sorprese e di fatto
non fu avallato e sostenuto nella
MEMORIA DI UNA prospettiva.
Venne a mancare una collaESPERIENZA
borazione piena con i monaci in
ag
giunta ad una resistenza e diffiANCORA VIVA
denza generalizzata, così che si
cioè un aiuto concreto ai più po- dovette lentamente rivisitare i proveri, attraverso un monitoraggio getti.
delle famiglie e persone in disagio, Molto era stato speso nella ricon un ufficio nei locali adiacenti strutturazione degli ambienti della
alla concattedrale di S. Andrea, e Rocca, con la collocazione anche
una responsabile di Nomadelfia dell’Archivio di Nomadelfia. Si
(Graziella)
interlocutrice
e concretizzarono incontri e dicoordinatrice di questa progetto.
battiti, vennero personalità, ma
Fu una iniziativa giovane e corag- lentamente il progetto sfumò, per
giosa, insieme a un polo di attra- ragioni che non lasciano capire anzione che significò per molti aper- cora bene il vero perché. La saltura e speranza, ma questo mes- datura ideale e pratica tra Subiaco e
20
Nomadelfia
è uNa proposta
Nomadelfia non si era verificata, se
non in alcune persone. Di queste
alcuni giovani entrarono e restano
ancora in Nomadelfia come membri effettivi. Si disse che quella realtà sociale non era ancora preparata ad una esperienza all’avanguardia del genere, ma anche che
fu un’occasione mancata per il territorio.
Quello che è interessante constatare invece è che non è andato tutto perduto, anche se i Nomadelfi,
fedeli al comodato novennale,
resteranno a Subiaco fino al 1978
con una presenza significativa e
collaborante. Comodato che non
verrà rinnovato e che vedrà la partenza definitiva degli ultimi Nomadelfi da Subiaco ai primi giorni
del 1979.
Tommaso di Nomadelfia
Nomadelfia
in breve
Taizé
UN PELLEGRINAGGIO DI FIDUCIA A ROMA
Un modo diverso per passare il
Capodanno. Un pellegrinaggio di
gioia, fede, speranza.
D
al 28 dicembre al 2
gennaio tanti volti di giovani hanno ravvivato le
strade di Roma e affollato le sue
chiese principali. Provenienti da
tutti gli stati europei, circa 40.000
si sono mischiati ai romani e ai turisti per passare un Capodanno diverso nel segno dell’incontro, della preghiera, della condivisione e
della riflessione. Anche il gruppo
familiare di Roma ha accolto 25 ragazzi croati, tedeschi, polacchi,
bielorussi che pernottavano da noi.
Per colazione gli ospiti diventavano
una cinquantina perché si univano
a noi anche le 20 ragazze ospitate
dalle monache benedettine e altre
ragazze ospitate nelle vicinanze. Alcuni giovani da Nomadelfia si sono
uniti a questo gruppo europeo
Ogni mattina si pregava insieme
nelle diverse lingue e poi, divisi in
piccoli gruppi internazionali, si
condividevano le nostre esperienze di vita e di fede. Dalle 11.30 i
pellegrini dovevano raggiungere il
Circo Massimo dove erano distribuiti il pranzo e la cena.
Solitamente alle 14 si svolgeva
una preghiera comune nelle grandi chiese di Roma, mentre alle 16
iniziavano i laboratori su tematiche d’impegno sociale, fede e vita
interiore, creazione artistica. Queste occasioni di condivisione ci
hanno dato la possibilità di parlare della nostra esperienza a Noma-
Nomadelfia di Roma, 2 gennaio 2013. Foto di gruppo con i giovani di Taizé. Sotto: Interno del monastero S. Giovanni Battista e esterno del gruppo familiare di Nomadelfia a
Roma, monte Mario.
delfia suscitando grande interesse
tra i partecipanti. La sera alle
19.30 ci si trovava di nuovo a
pregare nelle diverse lingue europee nelle grandi Chiese di Roma.
Sabato 29 dicembre questa folla
variopinta ha illuminato piazza
San Pietro, dove il Papa ha dato il
suo personale benvenuto ai pellegrini
incoraggiandoli
al l’impegno per la pace. Ogni giovane ha festeggiato l’arrivo del
nuovo anno nella parrocchia dove
era ospitato. A Nomadelfia eravamo circa 70 persone e abbiamo
aspettato il nuovo anno pregando
per la Pace nel mondo con i canti
di Taizé. Dopo la mezzanotte abbiamo potuto ammirare dalla terrazza tantissimi fuochi d’artificio
che si alzavano da ogni quartiere
della capitale. Poi, fino alle 3 abbiamo fatto festa, cantando,
suonando e ballando. Prima della
Nomadelfia
è uNa proposta
21
messa del primo dell’anno abbiamo fatto vedere ai nostri ospiti
il documentario, seguito da tantissime domande. Mercoledì i nostri
amici sono ripartiti per i loro paesi e tutti hanno voluto lasciare un
segno di ringraziamento ai componenti del gruppo familiare, che
si sono adoperati in tutto per far
sentire i giovani a loro agio, nonostante la difficoltà della comunicazione in lingua inglese o francese.
Ma soprattutto questi giovani si
sono portati a casa un po’ di questa proposta che è Nomadelfia.
La preghiera di Taizé, risuonata
nella capitale, invitandoci ad essere operatori di pace e di dialogo
fra gli uomini, ha sicuramente lasciato il segno. Vedere tanti giovani che decidono di dedicare il
Capodanno alla preghiera e alla
condivisione dimostra che silenziosi passi in avanti sono possibili, tante donne e uomini di buona
volontà si mettono continuamente
in gioco per creare occasioni di vero progresso umano. Incontrare
tanti giovani che cercano un futuro migliore rende più chiara la
missione per chi ha un messaggio
di speranza per questo nostro
mondo.
Alessio
Nomadelfia di Roma, Capodanno 2013. Momenti di
vita con i giovani di Taizé.
A sinistra, fratel Saverio con i volontari che hanno organizzato le giornate di Roma.
22
Nomadelfia
è uNa proposta
Nomadelfia
in breve
Festa insieme COMUNITÀ EMET
e COMPAGNI di EMMAUS
T
ommaso e Nazarena hanno partecipato agli incontri promossi da Emet nei
giorni 7 e 8 Dicembre a Villalta di
Fagagna e Torreano di Martignacco in provincia di Udine.
Sono stati momenti intensi nei
quali oltre alla partecipazione attiva con relativi interventi in Chiesa e in altre strutture, si è assaporata la gioia della fraternità
cementata nel corso di questi anni.
Erano presenti numerose famiglie
che gravitano attente e collaborative intorno a queste comunità.
L’impressione positiva di questa
breve permanenza e partecipazione, apre lo sguardo alla vitalità
multiforme dei carismi nel popolo
di Dio, e per quanto concerne in
particolare quello specifico di
Nomadelfia, invita a riflettere sulla
possibilità di una tappa intermedia
nel discernimento definitivo per
una scelta radicale per diverse
famiglie. L’esperienza delle due famiglie che con il diacono Rezio
formano Emet, è inserita continuamente
nell’ambito
parrocchiale, sociale, scolastico e lavorativo dove queste famiglie vivono.
Ma vivono una forma comunitaria
e questo è già un grande passo.
Per essere fratelli le possibilità sono
tante, perché Dio è più grande di
noi e lo scenario è grande nella vigna del Signore.
Torreano di Martignacco
(UD), 8 dicembre 2012.
Tommaso e Nazarena di
Nomadelfia partecipano
alla festa di Emet, alla
quale sono presenti anche
don Galiano e i Compagni
di Emmaus.
Nomadelfia
è uNa proposta
23
NOMADELFIA patto di Fraternità
I
l 20 gennaio, in occasione dell’ottantesimo riconoscimento
della vitalità prodotta da don
Zeno nella parrocchia di S. Giacomo Roncole che diventerà, poi,
Nomadelfia; abbiamo vissuto la
giornata con tre momenti significativi durante la Santa Messa. È
stato amministrato il sacramento
del battesimo a tre bambini nati
negli ultimi mesi: Isacco, Donata,
Nicolas. Sono stati presentati alla
popolazione due nuovi postulanti:
Agnese, giovane di 22 anni e don
Virginio, sacerdote della diocesi di
Anagni che conosce Nomadelfia da
molti anni e, da un anno e mezzo
vive nel gruppo familiare di Roma
“Giovanni Paolo II”. Durante la
messa è stato firmato il “Patto di
fraternità” con la famiglia di
Gianfranco e Rita Marta che hanno voluto stringersi con un impegno maggiore al popolo di Nomadelfia e soprattutto all’ideale di
vita che propone.
Da tanti anni una collaborazione
silenziosa e tenace ha preparato la
strada a questo avvenimento che
arricchisce Nomadelfia e questa
famiglia. Sono piccoli segni, ma
testimoniano una vitalità che non
si lascia scoraggiare e si apre ad
una prospettiva di fede.
24
Nomadelfia
è uNa proposta
Nomadelfia (GR),
20 gennaio 2013.
80° anniversario
della fondazione.
Nella celebrazione
si sono celebrati
i battesimi,
si sono presentati
due nuovi postulanti
e la famiglia
di Gianfranco e Rita
ha firmato il patto
di fraternità.
Nomadelfia
in breve
Esercizi Spirituali per sacerdoti e diaconi permanenti
“Il sacerdote, il popolo di Dio, la vita fraterna”
Nomadelfia (Roma), gennaio 2013. Incontro tra sacerdoti, diaconi, e laiche consacrate.
D
al 14 al 18 gennaio al
gruppo familiare Giovanni
Paolo II di Roma si sono
svolti gli esercizi spirituali, rivolti a
sacerdoti e diaconi, per approfondire la figura di don Zeno, che ha
vissuto il sacerdozio in maniera
profetica per i nostri giorni.
Un piccolo gruppo di persone: 12
sacerdoti, 3 diaconi, 3 giovani in
ricerca vocazionale, 3 consacrate
hanno condiviso questi giorni con
i Nomadelfi del gruppo familiare
“Giovanni Paolo II” di Roma.
È stata questa la prima caratteristica di questo corso di Esercizi: un’esperienza condivisa con
alcune famiglie, in un clima
autenticamente familiare.
Don Ferdinando, successore di
don Zeno, ha coordinato i momenti di riflessione partendo dall’esperienza del fondatore di Nomadelfia ed enucleandone alcuni
aspetti caratteristici.
Prima di tutto, si è messo in luce
che la nostra epoca non rappresenta la fine dell’era cristiana, ma – come spesso sottolineava don Zeno –
siamo ancora all’alba del cristiane-
simo, che deve diventare esperienza unificante nella vita quotidiana
del credente. Sta infatti finendo un
periodo in cui sono rimasti i segni
del cristianesimo, senza una vita
concreta. L’uomo di oggi non è
insensibile al fascino del Vangelo,
ma come potremmo essere più credibili nel testimoniarne la bellezza?
Non si tratta di aumentare il “fare”,
ma di curare le relazioni umane
perché ogni uomo ha bisogno di
qualcuno che lo accolga, che lo accompagni nel cammino, che condivida le sue gioie e sofferenze.
Ogni uomo ha bisogno di sentirsi
a casa nella comunità cristiana.
In Nomadelfia don Zeno ha assunto la paternità.
Nella prima Messa in duomo a Carpi prende Danilo come figlio. Con
la sua vita, don Zeno vuole ripetere
la vita di Cristo e far conoscere il
volto di Dio come Padre. E nel ministero mette in luce una paternità
concreta nei confronti di questi figli,
che vengono dall’abbandono. Se
riconosciamo Dio come Padre, non
possiamo che poi riconoscerci gli
uni e gli altri come fratelli.
Essere fratelli è l’asse attorno a cui
gira la vita di Nomadelfia. Una
persona disprezzata da tutti sente
un fratello che lo ascolti, si lega:
l’amore è una forza irresistibile.
Questa forza ha la capacità di trasformare il mondo.
Ma, a cinquant’anni dal Concilio,
che cosa nel concreto ha costruito
don Zeno? Che strada dobbiamo
prendere per ricostituire questa rete di popolo di Dio?
Senza dubbio le famiglie unite, come a Nomadelfia nel gruppo familiare, rappresentano una grande
opportunità per dimostrare che il
Vangelo può far superare le barriere che si creano normalmente.
Punto di partenza è ristabilire questa comunione, espressa negli Atti
degli Apostoli: “un cuore solo e
un’anima sola”, dove il legame che
unisce non è costituito da interessi
particolari, né da parentela, ma
trova la sua origine nel Vangelo.
E i cristiani d’oggi sono chiamati a
testimoniare questa verità perché
il mondo diventi la casa di tutti.
Nomadelfia
è uNa proposta
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SANTIFICANDO
TUTTE LE FORME DELLA VITA UMANA
Questa frase, tratta dalla preghiera
di Nomadelfia, ci sprona a vivere
anche la festa in modo nuovo. Così
alla festa di Capodanno, interrotte le
danze, tutta la popolazione si è raccolta in un momento di preghiera e
ringraziamento, preparato dai giovani alla presenza dell’ Eucarestia. La
loro immediatezza e freschezza ci insegnano che la speranza cammina al
nostro fianco. Importante è cogliere i
segni che ci aiutano a credere che un
mondo migliore è possibile.
N
ell’episodio evangelico
della guarigione del cieco
nato possiamo cogliere degli importanti insegnamenti.
Gesù, invita a non guardare agli
handicap umani come disgrazia
dovuta al peccato, perché ogni
individuo ha un’importante missione: manifestare con la sua vita la
gloria di Dio.
Gesù, inoltre, ci fa capire che spesso noi, pur possedendo la vista, siamo “ciechi” perché non riusciamo
a vedere la luce della Verità.
Ripensando all’anno trascorso
Ripensando a questo anno passato
vogliamo chiedere perdono al Signore per la sofferenza e l’ingiustizia che ancora dilagano nel mondo.
Per gli innocenti a cui viene sottratta la possibilità di vivere ancora
prima di nascere, per quelli sfruttati, vittime di conflitti dettati dalla
logica del guadagno e dell’egoismo.
Per tutti coloro che continuano a
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Nomadelfia
è uNa proposta
subire guerre, per chi è costretto a
vivere privato della propria dignità,
per chiunque venga scandalizzato e
ferito nel profondo dell’ anima.
Perdona ogni nostro gesto egoistico, ogni nostra mancanza di rispetto e solidarietà verso il prossimo... insomma per tutte quelle
volte che non siamo stati capaci, o
forse non abbiamo voluto scorgere
in ogni persona la Tua presenza.
Noi ti lodiamo, ti benediciamo e ti
ringraziamo Padre, per l’universo e
tutte le bellezze che ne fanno parte.
Lungo il nostro cammino verso la
Salvezza, aiutaci a superare gli ostacoli del male.
Veglia su di noi e perdonaci quando davanti alle difficoltà della vita
ci allontaniamo da Te.
Custodisci il popolo di Nomadelfia, affinché attraverso
l’insegnamento delle prime comunità cristiane, raggiunga quella santità sociale propria della civiltà del
mondo futuro.
Accompagna noi giovani nelle
scelte della vita affinché non cadiamo nei tranelli della società
odierna.
Tu sei la nostra unica speranza, a
te ci affidiamo.
Siamo Cristiani, no? Allora non ci
può essere nel nostro cuore e nella nostra mente spazio per il
pessimismo e la disperazione se
siamo veramente convinti che lo
Spirito del Signore opera con potenza nella storia.
Dobbiamo essere coscienti che con
il diventare evangelizzatori del
messaggio di Cristo dobbiamo affrontare una dura lotta contro il
male, ma ciò poco importa se ci affidiamo nelle mani del Signore,
perché come ci ha ricordato il S.
Padre non siamo noi a portare
avanti l’opera di evangelizzazione,
ma Dio.
“La prima parola, l’iniziativa vera,
l’attività vera viene da Dio e solo
inserendoci in questa iniziativa divina, solo implorando questa iniziativa divina, possiamo anche noi
divenire – con Lui e in Lui – evangelizzatori”
Quindi con cuore sincero Ti chiediamo di aiutarci a diventare
quella piccola e semplice matita
nelle tue mani, affinché si compia
in noi il tuo disegno.
“accompagna
noi giovani
nelle scelte
della vita
affinché
non cadiamo
nei tranelli
della società
moderna”
I giovani di Nomadelfia
Nomadelfia
è uNa proposta
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Essere
sorgente
di vita
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Nomadelfia
è uNa proposta
Prepariamoci alla santa Pasqua con la consapevolezza
che possiamo essere salvezza e
speranza per le persone che ci
vivono accanto. Se sappiamo
accogliere l’altro come fratello,
possiamo essere risurrezione
l’uno per l’altro.
DON ZENO
21 marzo 1951
Q
uesta è la vostra Pasqua:
una risurrezione, una vita
più vasta. Vi ho detto che
Cristo ha detto che Egli stesso è
sorgente di vita. Io vorrei che ciascuna mamma, ciascuna ragazza,
ciascun uomo, ciascun giovane, ciascun fanciullo pensasse di essere
imitatore di Cristo così. E pensasse
di avere l’idea nell’anima: io posso
essere sorgente di vita come Cristo.
Badate che è una gioia dell’altro
mondo, una gioia formidabile. Io
sono sorgente di vita. Chi viene a
me, chi parla con me avrà sollievo. Chi è stanco chi è sofferente viene da me ed io saprò illuminarlo e aiutarlo. Chi incontra me in contra un sorriso,
incontra un aiuto, incontra un
fratello, incontra una sorella, incontra una mam ma. Chi mi
chiede aiuto, ha aiuto. Chi mi
chiede un consiglio avrà un consiglio. Chi mi chiede un esempio
avrà da me un esempio. E io sono
sorgente di vita, sorgente d’acqua
pura. Provate ad arrivare lì con la
vostra immaginazione, con la vostra aspirazione, dire: io devo essere sorgente di vita. E non vi
propongo una cosa impossibile. È
sempre quello, ve l’ho detto tante
volte. È l’imitazione di Cristo. È
S. Paolo che poteva dire e tanti
altri santi l’hanno potuto dire “io
sono imitatore di Cristo; siate voi
miei imitatori come io lo sono di
Cristo”. Provate ad arrivare alla
Pasqua con questo pensiero: Io
sono sorgente, voglio essere sorgente di vita nuova, di risurrezione. “Io sono la Vita, io sono la
Risurrezione. Chi crede in me,
anche se sarà morto vivrà”.
Nomadelfia
è uNa proposta
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Nomadelfia
proposta pedagogica
Nell’arte di educare, don Zeno può essere considerato un vero maestro, un innovatore, che
va oltre gli schemi di una pedagogia tradizionale per una attenzione alla realtà concreta.
Pensare al futuro, per una società, è pensare ad investire sulla famiglia, perché nella
famiglia si formano le future generazioni.
Oggi, essere genitori richiede maggior fatica e impegno perché non c’è un modello
unico di riferimento, anzi siamo in una
società che cerca in tutte le maniere di far
aumentare le attese, i desideri, i consumi.
Il senso di inadeguatezza e di frustrazione
può colpire tanti adulti impegnati in questo
compito così urgente.
Non si può perciò lasciare sola la famiglia,
va sostenuta da una attenzione che la ponga al centro dei progetti politici, economici
e sociali.
Questa non è una
scuola di idee,
è una scuola di vita.
Quello che si dice
va messo in pratica...
(don Zeno)
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Nomadelfia
è uNa proposta
omadelfia accoglie i fanciulli che moralmente o materialmente hanno
perso la famiglia. Ma questa è una
legge naturale perché il fanciullo ha bisogno
della famiglia, non può farne a meno e se vive
fuori dalla famiglia cresce male e ha bisogno di
una famiglia intelligente che lo sappia educare. Avendo bisogno è chiaro che chi può, deve
dare a lui la famiglia.
Allora ecco la Fede, amare secondo il cuore di
Dio. Ora tutto il Vangelo è in favore dei fanciulli e tutta la Sacra Scrittura, tutto in favore di questo: ridare la mamma e il babbo a
chi l’ha perduto, la famiglia, la fraternità, sicché il bambino è salvo. “Qualunque cosa
avrete fatto a quel bambino l’avrete fatta a
N
me”. È dimostrato che il fanciullo per sua natura ha bisogno; adesso gli scienziati chiamano questo affetto che si deve ai bambini “affetto nutriente”, è una nutrizione senza della
quale a loro manca qualche cosa per cui ne risentiranno per tutta la vita.
Nei brefotrofi muoiono bambini per mancanza d’amore, danno loro da mangiare quello
che vogliono, ma loro muoiono. Non sono
amati, è un bisogno che hanno, diventano tristi e muoiono.
(30 gennaio 1962)
Come si fa a educare i ragazzi? Non c’è nessun
metodo, è inutile stare a pensare. È il fatto di
una trasmissione, di una comunicazione di vita che è molto diversa da tutti i metodi. Il metodo è fatto per gli animali. Se domandate a
quelli che domano i leoni, quelli hanno un
metodo, sanno già che la bestia si prende così
e così, ma l’uomo no.
Quando tu credi di essere riuscito a domare
un giovane e averlo formato è l’ora che tu hai
sbagliato in pieno, perché tutto quello che hai
messo di te stesso è quasi tutto sbagliato.
Ognuno ha la propria fisionomia. Quando
uno crede di trasmettere se stesso sbaglia in
pieno: o è sicuro di trasmettere la propria fede, oppure niente da fare. Trasmettere se stessi non è possibile.
Adesso noi ci lamentiamo perché i giovani sono qui e là, bisogna vedere se noi facciamo
crescere degli angeli o dei mostri, questo è il
punto. Loro sono degli angeli incarnati, innocenti.
(26 maggio 1972)
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Teatro Moderno - Grosseto
Sabato 6 aprile ore 20.45
Domenica 7 aprile ore 17.15
Ingresso gratuito
NELLE TERRE TERREMOTATE
Teatro Tenda –Mirandola
Da domenica 21 aprile
a giovedì 25 aprile
Matinée per le scuole
Ingresso gratuito
Nomadelfia è uNa proposta
N. 1 2013
Anno XLVI - Trimestrale • Aut. Trib. di Grosseto N. 1 - 8.3.1968 • Dir. Resp.: Pietro Carena
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