Notizie testimonianze proposte per gli amici dei missionari Burundi Camerun CIAD Congo R. D. Mozambico Sierra Leone Bangladesh Filippine Giappone Indonesia Taiwan amazzonia BRASILE COLOMBIA MESSICO CSAM Centro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780 – Fax 030.3772781 E-mail: [email protected] Direttore: Marcello Storgato Redazione: Diego Piovani Direttore responsabile: Marcello Storgato Regist. Trib. di PR 07-03-1967 - n. 400 Fruisce di contributi statali (legge 270/1990) In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio P. T. Brescia C.M.P., detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa 2012 GENNAIO n. 1 Aprendo il calendario All’inizio dell’anno vorremmo sapere... L o scorso novembre Missionari Saveriani ha offerto, a tutti i lettori e lettrici, il nostro calendario, portatore dei nostri auguri per l’anno nuovo. è un utile strumento che permette di contare i giorni che Dio ci dona per farci “giungere alla sapienza del cuore”. Il tempo sembra accorciarsi sempre Padre Tonino Melis, in Camerun, si augura che il suo piccolo amico possa avere un futuro di giustizia e pace. più con il suo passare. Non vi sembra, infatti, ieri il capodanno del 2011? Come erano interminabili le stagioni, soprattutto gli anni scolastici, quando eravamo ragazzi; e come invece scivolano via in fretta oggi le settimane! Vorrei scrutare, sapere... Sfogliando il calendario, è spontaneo chiederci che cosa ci porterà il nuovo anno; vorremmo sapere che cosa ci riserva, e magari determinarne il corso. Ogni cultura e ogni epoca per scrutare il futuro ha metodi propri, basati di solito su credenze religiose o magiche, forme di divinazione o di interpretazione dei sogni. Con l’affermarsi della scienza, questi metodi si sono perfezionati, grazie anche alla fisica e alla matematica. Oggi cresce la fiducia di riu- p. GABRIELE FERRARI, sx scire a calcolare non solo la durata dell’universo - cosa per sé accessibile -, ma anche a prevedere la fine del mondo e a prolungare la vita umana. Qualche mese fa in un giornale nazionale - che si crede serio - è apparso un articolo che apriva con questa frase: “I primi esseri umani destinati a vivere fino alla soglia dei mille anni sono quasi certamente già nati”. Sarà vero? Le pretese della scienza sembrano senza limiti. E non da oggi. Scriveva Pierre-Simon de Laplace (morto nel 1827): “Un’intelligenza che, in un dato istante, potesse conoscere con precisione lo stato dell’universo e che fosse abbastanza grande da sottoporre questi dati all’analisi, potrebbe ricavarne l’evoluzione dei più grandi corpi e dell’atomo più leggero: nulla ne risultereb- “NON SO PIù COSA FARE!” Come educarci alla giustizia e alla pace p. MARCELLO STORGATO, sx e un messagU ngiotitolo didattico, quello di Benedetto XVI per la giornata mondiale della pace 2012: «Educare i giovani alla giustizia e alla pace». «Si tratta di comunicare ai giovani l’apprezzamento per il valore positivo della vita, suscitando in essi il desiderio di spenderla al servizio del bene», scrive giustamente il Papa. Non è cosa da poco; più facile dirlo che farlo. Ancor più se sono le nuove generazioni a dover essere «educate». Ma tutti ne percepiamo l’importanza e l’urgenza. È un compito che ci coinvolge tutti e a tutti i livelli, in modo globale. Per questo motivo, mi sono permesso di portare una piccola modifica al titolo con: «educarci con i giovani alla giustizia e alla pace». Anche la prospettiva è modificata: dobbiamo prima educare noi stessi, per educare i giovani alla giustizia e alla pace. E qui è proprio il caso di dirlo, di cantarlo in tutti i toni con il super «Molleggiato»: «Non so più cosa fare...». Cosa facciamo, appunto? Un corso accelerato, con poche lezio- ni ben fatte? O un master con tanto di diploma da appendere alla parete? Occorre ben altro. Non è tanto questione di imparare teorie, di studiare libri o fare ricerche su internet... Vale la pena citare la famosa convinzione di Paolo VI: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri; o se ascolta i maestri, lo fa perché sono testimoni”. Era vero trenta anni fa. Oggi forse, anche i testimoni hanno i tempi duri! I gran maestri, infatti - quelli che danno lezioni a tutti, su tutto - li sentiamo gridare che «non accettano lezioni da nessuno». Come potranno essere testimoni, se loro stessi non vogliono ascoltare? Parafrasando l’apostolo Giovanni, possiamo dire che solo «ciò che noi ascoltiamo e vediamo, che tocchiamo e facciamo nella pratica» ha valore di testimonianza, da poter essere annunciato agli altri, e soprattutto ai giovani. «Manca la forza motivante, capace di indurre (condurre) i singoli e i gruppi sociali a fare rinunce e sacrifici», semplicemente perché «fare il bene è bello, esserci per gli altri è bello», ha detto Benedetto XVI agli amici della Curia romana, appena prima di Natale. Eppure, la posta in gioco è talmente importante per noi, per i giovani e per le generazioni future - in Italia e nel mondo intero - che non possiamo star lì a litigare: a chi tocca per primo...; chi ha il dovere di...; di chi è la colpa...; e altre simili scuse infantili. Non ci resta che prenderci ognuno il nostro residuo di buona volontà e metterci insieme alla scuola gli uni degli altri, per praticare un po’ di più la giustizia e la pace, a cominciare dalla nostra vita quotidiana, per estendere il nostro impegno alle altre sfere della vita: famigliare, sociale, politica, economica, generazionale. Con la pazienza tipica di Dio e con la testardaggine di chi crede che - in queste cose soprattutto - la fretta non paga. Si tratta, infatti, di porre rimedio alla superficialità, di non arrendersi alla rassegnazione, di non dare per scontato che ormai il mondo va a rotoli, e noi con lui. Perché davvero «fare il bene è bello»; e farlo insie■ me è meglio ancora. Stampa: Tipografia Camuna S.p.A. - Brescia Contributo annuo € 10,00 - Contiene I. R. Poste Italiane. Sped. A.P. D.L. 353 03 (conv. L.27/02/04 n° 46) art. 2, comma 2, DCB Brescia. Envoi par Abonnement Postal - Taxe Perçue be incerto; l’avvenire come il passato sarebbe presente ai suoi occhi”. L’illusione del successo Ma pensare di prevedere l’avvenire, e magari anche il comportamento umano, è un’illusione. Perché l’uomo, dotato dal Creatore di una scintilla della sua libertà sovrana, rimane pur sempre una persona libera che annulla ogni previsione esatta sul suo comportamento. E anche perché la fisica dei quanti ha scoperto che nella materia si annida “un’eliminabile indeterminazione” che manda in tilt il mondo delle scienze esatte; figuriamoci il mondo etico, politico o sociale! Eppure anche oggi persiste la voglia di conoscere, spiegare e determinare il futuro delle persone e della società. Questo spiega il successo degli oroscopi - quotidiani, mensili e annuali -, ricercati come un oracolo sicuro, per la gioia e il lucro dei ciarlatani che li pubblicano. Spiega il successo anche delle previsioni finanziarie ed economiche, sti late con intelligente tempismo e sicumera da consulenti finanziari dell’economia (le agenzie di rating), a cui poco interessa l’esattezza delle previsioni, e meno ancora i rischi cui sottopongono il sistema economico con grave danno di tutti coloro che vogliono vivere con serietà. inestirpabile della natura umana, refrattaria anche alle controprove più evidenti, ha però un altro effetto negativo: quello di paralizzare la necessaria reazione e l’impegno a costruire il futuro. È un fatto evidente: meno si crede in Dio, relegandolo ai margini della vita, e più ci si affida agli oroscopi e alle chiacchiere umane. Non sono solo i nostri fratelli più poveri in Africa, Asia e America Latina, vittime dell’ignoranza, a credere agli stregoni e agli sciamani. Anche nel nostro mondo moderno, illuminato e razionale, impera la creduloneria. La fede invece, all’inizio dell’anno nuovo, ci insegna a invocare lo Spirito Santo perché ci illumini per vedere dove si deve andare, ci sostenga nell’affrontare giorno per giorno la vita e infine ci aiuti a immettere nella storia quella carica di carità e di verità, di fraternità e di solidarietà che la renda umana. Dio nel nostro cuore La Parola ci assicura che i nostri giorni “sono nelle mani di Dio” (salmo 31) e ci richiama un’affermazione risuonata molti secoli fa e sempre vera: “Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare con tenerezza e camminare umilmente con il tuo Dio” (Michea 6,8). A questa, fa eco una parola di Gesù nel vangelo di Luca (12,30-32) che possiamo tradurre così: “Non state in ansia per il vostro futuro. Il Padre vostro conosce i vostri bisogni. Al cuore della vostra vita mettete Dio, e il resto vi sarà dato in aggiunta. E non abbiate paura”. ■ Le chiacchiere e la fede La creduloneria, componente Buon anno, carissimi lettori! 2012 gennaio n. ANNO 65° 1 2 Riparatori di brecce 3 Evangelizzare giustizia e pace 4/5 Sapere per capire... 6 I nostri primi giorni di missione Padre Uccelli, amico di san Giuseppe Due diaconi e primo saveriano “santal” I missionari cercano di fare la loro parte Tre belle inziative a cui aderire 2012 GENNAIO m is sion e e spirito missione FAMIGLIA I nostri primi giorni in missione Il viaggio, l’amicizia, la casetta e... il calendario C iao a tutti! Siamo sopravvissuti al lungo viaggio in aereo, da Roma a San Paolo di Brasile e poi fino a Curitiba. Siamo stati fortunati, perché ci hanno sistemato in una postazione per chi viaggia con bambini piccoli. All’aeroporto ci hanno dato la precedenza. Che soddisfazione passare davanti a tutti, con una figlia che sbraita nel passeggino e un figlio che spinge i carrelli come se fosse su una pista di go-kart! La bella città del sud Alessandro - Arrivati a Curitiba dopo due giorni di viaggio, eravamo stanchi. Abbiamo solo telefonato ai genitori per dire che era andato tutto bene. È venuto a prenderci p. Sante, che ci ha scattato la prima foto in terra brasiliana. Per tre giorni siamo stati ospiti degli studenti saveriani di filosofia. Ci hanno accolto con molto affetto e ci siamo sentiti subito a casa, anche se lontani dalle nostre famiglie. È una grande grazia vedere come l’amicizia si rinnova e allarga. Abbiamo fatto un giro per la città: un parco pulito, con giochi, laghetto e percorso ginnico; e i grattacieli sullo sfondo. Qui non ci sono favelas, con le fogne a cielo aperto... In effetti, Curitiba è una città ricca. Ci hanno spiegato che in Brasile è il contrario dell’Italia: più scendi al sud più aumenta la ricchezza. Alessandra - Cerchiamo di inculturarci: bere solo l’acqua filtrata, non avere il bidet e, soprattutto, ricordarci di non gettare la carta igienica nel water, ma nel cestino (proprio così!). E i bimbi? Miriam mangia quantità di riso, fagioli e tutto il resto; Francesco, dopo due giorni di riso (la base di ogni pasto), ha assaggiato il mango (buono!), e ha chiesto... quando andremo dai nonni? Ce lo aspettavamo! La nostra nuova casetta Alessandro - Sabato matti- MISSIONE BAMBINI PADRE PIETRO UCCELLI Il saveriano amico di san Giuseppe POF, sx F ong-Shenfu: così lo chiamavano i cinesi, cioè “Uccelli padre spirituale”. Era partito da Barco, sulle colline Reggiane per arrivare fin là, inseguendo il sogno di san Francesco Saverio e di san Guido Conforti. Fa un sacco di fatica per imparare il cinese, una lingua difficile! Ma il suo amore per i bambini, i poveri e i malati lo aiuta a superare le difficoltà. Dall’amico cinese Lo Pa-hong aveva scoperto che san Giuseppe faceva tante belle cose. Un giorno san Guido gli scrive di tornare dalla Cina; vuole mandarlo a Vicenza per formare nuovi missionari. Anche qui egli trova san Giuseppe e con lui riesce a fare un sacco di cose, soprattutto a non far patire la fame ai ragazzi che studiavano. Per esempio, se c’era bisogno di patate, padre Pietro scriveva “patate” su un pezzo di carta e lo metteva ai piedi della statuetta di san Giuseppe. Dopo un po’, arrivaPadre Pietro Uccelli, il saveriano vano le patate e il cuoco le faceva reggiano amico di san Giuseppe bollire per i ragazzi. I ragazzi spesso sentivano da lui queste parole: ”Fate a modo. Mi raccomando, da bravi, fate a modo. A far bene è meno fatica che a far male, ve lo dico io”. Quando i ragazzi sbagliavano, lui non si arrabbiava, perché ricordava il proverbio cinese: ”Quando si ha fretta, il cavallo s’impenna”. Se li vedeva distratti, si tirava la barbetta e li riempiva di racconti sulla vita missionaria. Ma padre Pietro faceva anche altre cose... strane. Vi racconto una storia. Nel 1953 nasce un bambino di nome Angelo. Dopo pochi mesi, i genitori si accorgono che sta male e lo portano all’ospedale. I medici fanno tutto il possibile, ma alla fine dicono alla mamma: ”Signora, noi non sappiamo cosa abbia il suo bambino. Più di così non sappiamo fare”. Un giorno il papà, che lavorava nei campi, prende alcuni vestitini del bambino e va via, non si sa dove. Al ritorno, la mamma dà da mangiare al bambino, che comincia a sentirsi meglio e si riprende. Allora la mamma, curiosa, chiede al marito: dove sei andato? Il papà risponde che era stato a Vicenza da padre Uccelli, che gli aveva detto: ”Io lo benedico il tuo Angelo, ma abbi fede anche tu, giovanotto. Perché se hai fede, acquisti; ma se non hai fede, hai fatto la strada per niente!”. 2 Un’altra cosa curiosa: padre Pietro è ora sepolto nella chiesetta dei saveriani, in Viale Trento a Vicenza. Lì vicino c’è il convento dove - qualche centinaio di anni prima - era passato il giovane Francesco Saverio. I santi si danno sempre appuntamento nella storia! ■ ALE & ALE ANDREOLI na siamo partiti da Curitiba alla volta di Laranjeiras, a bordo della jeep di p. Diego. Il viaggio - 500 chilometri - non è andato male, ma pioveva a secchiate e non vedevamo niente! La nostra nuova casa è vicina a quella dove abitano i due saveriani, responsabili della missione. C’è un parco, dove p. Diego alleva ogni sorta di animali: pecore, galline, tacchini, conigli…; c’è anche la cavalla “Gina”. Tutti al pascolo, liberi nel parco. Una volta che hai preso confidenza con le varie “cacche” disseminate dappertutto, è molto suggestivo! Chi si diverte di più sono Miriam e Francesco, che possono stare allo “stato brado”. Hanno già iniziato a dar da mangiare agli animali, insieme a p. Diego. Alessandra - La nostra casa è piccolina: un soggiorno e due camerette; ma per noi vanno bene. In una stiamo io e Ale; nell’altra Franci e Miriam. Abbiamo anche due piccoli bagni, con la doccia appiccicata al water; ma abbiamo scoperto che c’è un tubicino attaccato alla doccia, che può essere usato in alternativa al bidet: che soddisfazione! Abbiamo Dopo l’anno dedicato al Conforti, riprendiamo l’impostazione di prima, dividendo la pagina in tre parti, destinate alla famiglia, ai giovani, ai bambini. Alessandro e Alessandra sono giovani sposi: lui marchigiano; lei friulana. Si sono conosciuti agli incontri del “laicato saveriano”: quei laici che cercano di vivere seguendo la spiritualità missionaria di san Guido Conforti. Hanno due figli: Francesco di 5 e Miriam di 2 anni. Il 25 ottobre, dopo aver partecipato alla canonizzazione di san Guido, sono partiti per il Brasile: passeranno un anno con i saveriani di Laranjeiras. Ogni mese ci racconteranno un pezzo della loro vita missionaria, a puntate. Li ringraziamo per questo impegno e li accompagniamo con la preghiera e l’affetto. comprato un letto matrimoniale in legno, che è costato un quarto del materasso. Abbiamo spostato qualche armadio e tavolo, e praticamente siamo a posto. Siamo andati anche al supermercato popolare: un posto inte- La famiglia Andreoli al completo, in terra brasiliana ressante, con i prezzi bassi. Il proprietario ha comprato un pezzo di terra adiacente il mercato, dove vengono coltivati frutta e ortaggi venduti a “km 0”: una bella idea! La nostra vita insieme La nostra squadra è al completo: p. Diego Pelizzari e p. Gabriele Guarnieri, saveriani, uno bergamasco e l’altro cremonese; noi due e i nostri due figli. Abbiamo subito iniziato a pregare insieme la sera, dopo cena, cercando di condividere il vissuto della giornata e coinvolgendo i bambini. Abbiamo anche cominciato a organizzarci per le attività future, ma il primo passo sarà appendere un calendario in cucina, su cui scrivere le cose in programma, perché qui ognuno è abituato a muoversi in autonomia! Un bacione a tutti. Alla prossima! ■ missione GIOVANI Se rovesciamo le domande... C ari amici, dopo un anno di pausa per lasciar spazio a san Guido Conforti, torna la rubrica “Missione Giovani”, che per tutto il 2012 avrò il piacere di seguire. In realtà, protagonista di questi racconti non sono io, ma voi, che sento come compagni di viaggio. Quest’anno ancora di più, perché abbiamo deciso di cambiare un po’ le modalità di questa rubrica, interpretando alcune richieste che ci sono arrivate: vogliamo puntare sulle vostre domande, per rendere la rubrica più… interattiva, dialogante, interessante. Cosa c’è di meglio, infatti, dei pensieri, delle preoccupazioni, delle speranze dei giovani, come spunto per parlare di ciò che accade intorno a noi, delle difficoltà di una vita di fede, dell’urgenza di essere missionari oggi? Perciò attendiamo i vostri contributi, per creare un piccolo blog tra noi giovani sulle colonne di “Missionari Saveriani”. Non abbiamo i mezzi per creare forum rapidi e continui, ma non è detto che un argomento si esaurisca in una puntata, anzi. Se il dibattito è interessante, è giusto riprenderlo e approfondirlo, senza del resto pretendere di avere in mano la verità. Intanto, iniziamo l’anno con due domande impegnative, che ho raccolto durante un bel confronto, in occasione della canonizzazione di san Guido Conforti, a Roma. Le ho sentite rivolgere a un missionario, durante una DIEGO PIOVANI - [email protected] pausa di quelle intense giornate. Un cristiano vero deve essere gioioso! E chi è triste? Il dialogo era privato. Non ho potuto ascoltare la risposta: avrei fatto la figura dello spione. Ma avrei voluto essere una mosca per girare attorno a quei due e ascoltare il dialogo. Poi, ho rivolto a me stesso la domanda, e ho pensato che anche un credente senza la… tonaca dovrebbe essere in grado di rispondere, magari ribaltando la domanda. Spesso, sbagliando, viviamo la fede come un codice della strada; come un elenco di cose che non possiamo fare, che limitano il nostro campo d’azione e che ci danno brivido solo se le trasgrediamo. Che brutta immagine! Essere cristiani significherebbe vivere da mortificati, da persone tristi. Ma chi l’ha detto, chi l’ha scritto? Ve lo immaginate un missionario incavolato nero, mai sorridente, sempre pronto a sottolineare i problemi, a rassegnarsi alle prime difficoltà? E noi giovani, se non vivessimo con gioia il nostro essere cristiani, la preghiera, INTENZIONE MISSIONARIA E PREGHIERA DEL MESE L’impegno dei cristiani per la pace sia occasione per testimoniare il vangelo di Cristo a tutti gli uomini. Le vittime dei disastri naturali ricevano il conforto e il sostegno necessario per ricostruire la loro vita. Uccelli: “Fate a modo! A far bene è meno fatica che a far male”. la Messa, l’incontro con gli altri, saremmo davvero dei frustrati! Entrare in chiesa senza il broncio, fermarsi a parlare con chi ha bisogno di conforto, superare la tristezza stando un po’ con Dio: è un buon inizio per essere cristiani giovani e belli. Che ne dite? Come fate a vivere e dispensare la gioia? Come faccio a riconoscere Gesù nella sofferenza? Qui bisognerebbe avere la possibilità di usare le… intercettazioni telefoniche. Non sono in grado di rispondere, perché la sofferenza e il dolore sono davvero un mistero inspiegabile. Però, anche in questo caso, ribalterei la questione. Perché dovrei riconoscere Gesù nelle situazioni di successo o di gioia? Solo perché mi va bene? È come se io avessi in mano il telecomando su Dio: se s’inceppa sono dolori. Io credo che Gesù ci sia vicino sia quando ci gira bene, sia quando sembra non ci siano vie d’uscita. M’immagino che Lui stesso mi metta sulle spalle uno zaino, che a me può sembrare pesante, insopportabile. Ma se penso che là dentro c’è anche Lui, il mio cammino sarà meno faticoso e forse riuscirò a mettere le ali ai piedi. Sono proprio i missionari a insegnarcelo: sofferenze, dolori e guerre sono vincitori apparenti. Là dove sembra sia tutto perduto, c’è ancora un motivo per con■ tinuare a vivere la fede. 2012 GENNAIO V ITA S AV ERIA NA Riparatori di brecce p. DANIELE SARZI SARTORI, sx “Ho visto il grido; ho visto l’uomo” Dal “Quaderno” 2011/3 del Centro Studi Asiatico, pubblichiamo uno stralcio del lungo articolo di p. Daniele, saveriano Mantovano in Giappone. Intravvediamo la com-passione del missionario. sopravvissuto al terreU nmoto e allo tsunami che hanno devastato le regioni nord orientali del Giappone lo scorso 11 marzo 2011, mi disse: “Non si sa da che parte andare e non si sa se ha ancora senso andare. Un grido scuote l’abisso del mio cuore. Non può più essere come prima”. Queste parole descrivono il dolore che ha attraversato un intero popolo, come se la vita avesse subito un’improvvisa accelerazione o un vertiginoso salto all’indietro, che ridisegna un nuovo atlante nella terra e nel cuore di ciascuno. Anche se i mezzi di comu- mare, dove si trovavano moglie e figlio. Gli occhi ancora fissi su pareti che non esistevano più, le braccia avvinte a volti e vite che il mare non ha più restituito. L’ho visto vagare sulle rive del mare alla ricerca dei suoi cari, accarezzando ogni piccola sporgenza che affiorava, come se allungasse la mano ai resti della sua vita. L’ho visto in una mamma che, allo stremo di forze, mi ha donato la foto del figlio, dopo averla riportata alla luce dal fango, come a generarlo di nuovo, dicendomi: “Te lo affido”. Non erano rimaste che increspature di colo- La grande sfida per noi Mi accorgo così che la comprensione di questo tempo passa per la com-passione con cui avvicino l’orecchio e il cuore all’uomo, per cercare di capire la sete che lo alimenta, i desideri nascosti, le ansie di libertà. È l’uomo la strada maestra della chiesa, sempre. Un uomo che Dio è ancora intento a fare e a rifare nuovo. Sta proprio qui la grande sfida per noi! Ho visto questo uomo nuovo nelle mani tese di tanti volontari, giovani, anziani, stranieri, rifugiati, venire da tutto il Paese a svuotare e ripulire intere abitazioni o asciugare foto o riavvolgere un bimbo con una coperta. Oppure scavare con le mani il terreno per risanarlo da quel sale velenoso che per tanti anni ancora impedirà alla terra di portare frutto. L’ho visto in un giovane hikikomori (“isolato”) che ha trascorso anni a costruire modellini di automobili cestinandoli subito dopo, trascinato fuori dal suo isolamento dall’urto dell’onda, molto più forte della sua paura di uscirne. “Voglio guarire. Aiutami!” - mi disse, confidandomi come si sentisse sperduto, come se si fossero spezzati i ponti verso gli altri. L’ho invitato a essere DUE NUOVI DIACONI SUPERIORE IN BANGLADESH Il 3 dicembre scorso a Yaoundé (Camerun) è stato ordinato diacono il giovane parmense Carlo Salvadori. Con lui, anche il giovane indonesiano Hieronimus Harum Rony. Tra i partecipanti, due persone speciali: i genitori venuti da Parma. “Ringrazio il Signore, perché in tutti i momenti cruciali della mia vita ho avuto accanto mamma e papà”, ha scritto il figlio commosso. Al termine della Messa domenicale in parrocchia, una lunga coda di gente danzante si è snodata attorno al diacono e ai suo genitori, per dare loro il “benvenuto” ufficiale. La scena più bella: un bambino paffuto che dormiva in braccio al papà che danzava a tutto ritmo! Il 7 dicembre, invece, è stato ordinato diacono Andrea Facchetti, giovane di Viadana (MN), nel santuario “San Guido Conforti” a Parma. Ha presieduto il vescovo mons. Solmi, successore del Conforti. Dopo la laurea in scienze della comunicazione, Andrea ha deciso di dedicare la vita alla missione con i saveriani. Alla Messa e al ricevimento erano presenti anche amici delle carceri, dove presta servizio con la Caritas, e amici musulmani, che egli segue nel dialogo interculturale, oltre ai tanti giovani amici della sua parrocchia di origine a Viadana. ■ I saveriani del Bangladesh, riuniti in capitolo a metà settembre 2011, hanno eletto la nuova “direzione”. Superiore eletto è p. Giacomo Gobbi, saveriano marchigiano in Bangladesh dal 1980; vice superiore è il bergamasco p. Lorenzo Valoti; consiglieri sono il cagliaritano p. Alfio Coni, il messicano p. Melecio Cuevas e il bresciano p. Sergio Targa. Auguriamo loro e ai confratelli un “buon servizio” per l’impegnativa missione di evangelizzazione, dialogo e promozione umana. ■ nicazione hanno ormai spento i riflettori, si comprende che lo tsunami ha fatto breccia nei cuori e sta avanzando ben oltre i confini già violati, aprendo ferite e feritoie di grazia. Non possiamo non interrogarci su cosa quel grido intenda dirci e chiederci, a quale condivisione e conversione ci chiami. Vorrei raccontare il grido Vorrei provare a raccontare quel grido attraverso le parole e gli sguardi di coloro che ho incontrato nei giorni trascorsi insieme ad altri volontari nelle regioni colpite, subito dopo l’evento, cercando di comprendere se e come esso possa aiutarci a rispondere alle sfide della missione. Un grido che mi sembra davvero di vedere. L’ho visto in un anziano medico che dalla sua clinica è fuggito verso casa, in prossimità del LAICATO SAVERIANO “Verso la tenda di Dio” In ricordo dell’amico Gigi Tapparo p. MODESTO TODESCHI, sx Gigi Tapparo, classe 1935, era grande amico di p. Bruno Ghiotto a Vicenza, entrambi cresciuti e formati nello scoutismo negli anni della loro giovinezza. Avevano sempre mantenuto i contatti, anche quando l’amico Bruno aveva deciso di consacrarsi alla missione. Nel 2002, Gigi rimase vedovo, con grande sofferenza perché, come ci confidava, “ci volevamo un bene immenso, dell’immensità di Dio”. Poi, pian piano, Gigi trovò una soluzione che lo fece rivivere: pensò di colmare la sua solitudine venendo periodicamente in Burundi ad aiutare l’amico p. Bruno, nelle missioni di Gisanze e di Bugwana, trascorrendovi due-tre mesi l’anno. Viaggiava e lavorava con p. Bruno; guidava il camion Toyota; pregava e viveva con la comunità; era come uno di noi. Godeva della vita missionaria; non tralasciava di darci qualche saggio consiglio pratico o farci qualche osservazione da fratello maggiore. Essendo fotografo di professione, documentava i momenti importanti della vita di missione. Nel 2003, il compianto p. Luigi Arnoldi gli aveva affidato l’incarico di visitare e fotografare tutte le missioni, per preparare un video sui 40 anni di attività dei missionari saveriani in Burundi. In viaggio sulle strade del Burundi, Gigi mi diceva: “Vi debbo moltissimo: non finirò mai di ringraziare Dio per l’amicizia che ho avuto con p. Bruno e con voi”. Anche l’anno scorso, prima di ripartire per l’Italia, mi aveva detto: “Godo molto questi mesi con voi, vi ammiro e vi incoraggio! Permettetemi di tornare ancora!”. Era facile rispondergli che noi eravamo altrettanto riconoscenti e orgogliosi di lui. Ai primi di luglio del 2011 abbiamo ricevuto la dolorosa notizia che i medici gli avevano diagnosticato un tumore avanzato e il 24 luglio Gigi era già partito per il cielo. Troppo in fretta... E dire che ci felicitavamo con lui per come portava i suoi 76 anni. Aggiungo qualche pensiero che Gigi Tapparo ci ha scritto nei suoi ultimi giorni di vita. “Ho bisogno di tanta speranza. Sento il fisico diventare debole. Mi sento incapace di fare quello che vorrei. Non so se è questo l’inizio di un percorso nuovo di sofferenza, ma so che non voglio perdere la speranza e la fiducia. Il Signore me le ha date per tanto tempo! Non mi possono abbandonare, ora che mi trovo nel mezzo della discarica dei poveri, dai quali ho ricevuto speranza e fede e ai quali devo tanto della mia vita. Non so come sarà domani; so solo, Signore, che sono nelle tue mani!”. “La malattia mi rende vivo e sincero fra le braccia del Signore… Ieri andavo con lo zaino in spalla, ne ero fiero. Lo zaino è rassicurante, dà pace e tranquillità. Oggi il mio zaino è la fatica a fare pochi passi, a respirare come vorrei. Ma sto andando verso la tenda di Dio”. Grazie Gigi: prega per noi e continua a farci visita! Gigi Tapparo re su un volto appena abbozzato, che sembrava invitarmi a ricomporre l’immagine perduta della bellezza di Cristo. lui stesso ponte con tanti fratelli sofferenti... E ha iniziato a creare modellini di auto per bambini. Era come se nessuno gli avesse mai chiesto di fare qualcosa per qualcun altro prima di allora. Essere missionari di prua Si tratta di cominciare: ora, qui, fra queste rovine, con il rischio di restarne prigionieri. Ed essere come la Veronica per Gesù. A lei mi ha fatto pensare quella mamma che mi donò la foto del figlio. L’ho vista piangere di gioia dopo aver scoperto sotto il fango un fiore, come se per la prima volta vedesse il sole e gli occhi di suo figlio. Sempre lei, poco dopo, mi consegnò un piccolo origami di due gru legate da un’ala comune, dicendomi: “Sii un prete forte e sensibile. Allunga la mano a chi chiede di sollevare le speranze spente, che ancora ci aspettano”. E non aggiunse altro. Questo e tanti altri appelli e sfide siano la nuova primavera del Giappone e della missione. Essere missionari di prua, cercando l’orizzonte futuro, e non di poppa, volti all’indietro. Non evadere; stare in mezzo al mondo e alle sue piaghe, e prendersene cura. Essere “riparatori di brecce”, come voleva il profeta Isaia (58,12): non per caso né occasionalmente; ma come progetto, con la perseveranza e l’impazienza di “colui che attende la ■ fine della notte”. Padre Marandi, primo saveriano santal Padre Giacomo Gobbi, superiore in Bangladesh, presiede la Messa a conclusione del capitolo saveriano PRIMO SAVERIANO “santal” Paharpur (villaggio sul colle) è un piccolo villaggio a nord del Bangladesh, abitato dall’antica etnia “santal”, proveniente dal Bihar indiano. Qui è nato Lucas Marandi nel 1975, uno dei pochi ragazzi che ha frequentato regolarmente la scuola. Terminati gli studi superiori, Lucas ha espresso il desiderio di diventare missionario. Padre Meli, missionario del Pime, gli ha consigliato di rivolgersi ai saveriani. Dopo aver studiato teologia a Manila, Lucas è stato ordinato sacerdote per il mondo il 9 settembre 2011. La chiesa del villaggio era troppo piccola per contenere i cristiani in festa; si è dovuto allestire un grande tendone all’aperto. Padre Lucas, primo “santal” saveriano, è già in Brasile: lo studio della lingua e cultura brasiliana è l’ultima tappa di preparazione alla missione. Il Signore lo benedica! ■ 3 2012 GENNAIO PER EVANGELIZZARE LA GIUSTIZIA E LA PACE TERRASANTA SE HAI DIO NEL CUORE... Le tante cose che turbano la pace p. LUIGI ANZALONE, sx Padre Luigi ha accompagnato i missionari che hanno partecipato al corso di aggiornamento di tre mesi a Tavernerio (CO) nel loro pellegrinaggio in “terra santa”. Dalla terra di Gesù la sua mente spazia sul mondo intero. La missione infatti inizia proprio dalla Palestina, dove Gesù ha annunciato il suo vangelo, allargandosi fino ai confini della terra. Le evocazioni sono tante e ci lasciano inquieti... S ono sul monte Carmelo, nel bel monastero dei carmelitani. Stiamo facendo gli “esercizi spirituali”. In questo privilegiato silenzio sto pregando per tutti gli amici e i fratelli sparsi nel mondo. Il mantra che mi sta martellato in testa in questi giorni è proprio della più illustre carmelitana, santa Teresa d’Avila: “Nada te turbe, nada te espante; todo se pasa, Dios no se muda. La paciencia todo lo alcanza. Quien a Dios tiene nada le falta, solo Dios basta”. Traduco liberamente: “Nulla ti turbi, nulla ti rattristi; tutto passa, solo Dio non muta. La pazienza tutto conquista. Se hai Dio nel cuore nulla ti manca, solo Dio basta”. Nada te turbe?… E invece ci sono delle cose che anche in questo santo pellegrinaggio mi turbano e come! Addirittura mi indignano; e tuttavia mi fanno crescere in umanità e in solidarietà. Primo: saper piangere Al Kibbuz Lavi, abbiamo conosciuto la signora Eva, anziana. Ci ha raccontato la storia e la vita del primo gruppo di ebrei arrivato in quel pezzo di terra nell’immediato dopo-guerra. Alla mia domanda del perché avesse lasciato la Svizzera per venire in Israele, lei ha risposto nel suo stentato italiano: “I genitori nostri erano molto religiosi e ci parlavano spesso della terra promessa… Quando poi ho visto che non sono più tornati da Auschwitz, allora ho deciso di venire qui!”. Così dicendo, le lacrime le sono venute agli occhi. Al museo dell’olocausto di Gerusalemme, poi, da piangere è venuto anche a me! Nada te turbe? Secondo: il vero amor di patria Al ritorno da Gerico, prima di arrivare al checkpoint, la nostra guida p. Gabriele Ferrari ci consiglia di non dire che veniamo da Gerico, ma semplicemente dal Mar Morto. Questo consiglio è per non urtare la sensibilità dei giovani soldati israeliani! Gerico infatti fa parte dei territori palestinesi. Perfino dire una semplice verità può urtare gli animi di chi deve sentirsi “nemico”. In questi giorni ho letto che sono aumentati i suicidi tra le giovani soldatesse e i giovani soldati israeliani, che devono fare tre anni di leva: per la patria! Nada te turbe? Terzo: speriamo sempre nella pace A Qumran - vicino agli scavi e alle grotte che in questi ultimi 60 anni hanno dato alla luce tanti testi dell’Antico Testamento e della comunità ascetica che vi risiedeva ai tempi di Cristo -, mentre cercavo qualcosa nel supermercato annesso al ristorante, mi si avvicina un giovane commesso al quale chiedo se parla spagnolo… “Sì, parlo spagnolo”, risponde. Ci scambiamo quattro battute. Vengo a sapere che Zari - così si chiama il giovane - è un venezuelano (subito mi si drizzano le orecchie, perché la mia famiglia vive in Venezuela da oltre 50 anni!). Ha perso il lavoro quando il presidente Ugo Chávez ha chiuso l’ambasciata di Venezuela in Israele… Mi dice: “Come sai, in Venezuela non potrò fare carriera diplomatica; è meglio che resti qui…”. A fare? Il commesso in un supermercato! Mi permetto di fargli un’altra domanda: “Di che religione sei?”. “Sono musulmano”, mi dice. “E come sono i rapporti tra ebrei e musulmani?”. “I rapporti sono tesi, ma speriamo sempre nella pace; che non si arrivi mai alla guerra”. Nada te turbe? Quarto: i muri ostacolano la pace Per andare a Betania abbiamo dovuto fare un lungo giro costeggiando il “muro della vergogna” per chilometri. Anche se Betania è vicinissima a Gerusalemme, ci vuole tanto tempo per arrivarci, proprio per questo maledetto muro, alto nove metri, costruito in questi ultimi anni per evitare ogni contagio. Uscendo poi dalla chiesa di Betania, già con un piede sul pullman, alcuni di noi hanno salutato i giovani palestinesi con la parola “shalom” (in ebraico); e loro per tutta risposta: “No shalom, no shalom!… Salam, salam! (in arabo)…”. Nada te turbe? Quinto: imparare le lingue degli altri L’ultima tappa del nostro cammino in terra santa, prima di affrontare la lunga fila e l’interrogatorio e le perquisizioni dei poliziotti israeliani in aeroporto, è un piccolo villaggio che si Padre Anzalone al muro del pianto durante il pellegrinaggio chiama: Nevé Shalom (in ebraico) - Wat as-Salam (in arabo) nella Terra Santa ancora in attesa della pace - Oasi di pace (in italiano). Un posto politicamente non corretto, sia per gli israeliani sia per i palestinesi, perché lì non solo la parola “pace” si declina ANONIMO contemporaneamente nelle due lingue, All’aeroporto echeggia l’annuncio di un lungo ritardo del volo, per motivi atmosferima i bambini a scuola imparano a parci. La giovane in attesa decide di comprare un libro per ammazzare il tempo, e anche un lare ognuno nella lingua dell’altro. pacchetto di biscotti, e va a sedersi nella sala dei vip per stare più tranquilla. Accanto a Le 60 famiglie che vivono nel villei, la sedia con i biscotti, e più in là un distinto signore che legge il giornale. laggio sono metà ebree e metà arabe; e Quando lei prende il primo biscotto, anche l’uomo ne prende uno. La giovane si sente tra le famiglie arabe ci sono islamici e indignata, ma non dice nulla e continua a leggere il suo libro. Tra sé pensa: “Ma guarda cristiani. Vivono insieme da ormai 50 che tipo! Se avessi un po’ più di coraggio, gli avrei già dato un pugno...”. Così ogni volta anni, per dimostrare che la pace è posche lei prende un biscotto, l’uomo accanto, senza scomporsi, ne prende uno anche lui. I sibile: senza muri e senza armi, abbatdue continuano fino a che rimane un solo biscotto, e la giovane donna pensa: “Voglio tendo tutti i pregiudizi e apprezzando proprio vedere cosa mi dice quando sono finiti tutti!”. ognuno i valori, la cultura e la religioL’uomo prende l’ultimo biscotto e lo divide a metà! “Ah, questo è troppo!”, pensa la ne dell’altro… Nada te turbe? giovane indignata, che prende le sue cose - libro e borsa - e s’incammina verso l’uscita IL PACCHETTO DEI BISCOTTI della sala d’attesa. Quando si sente un po’ meglio e la rabbia è passata, si adagia su una sedia in corridoio per non attirare l’attenzione ed evitare altri dispiaceri. Fa per infilare il libro nella borsa, ma nell’aprirla, vede il pacchetto dei biscotti ancora intatto nel suo interno. Solo allora capisce che il pacchetto dei biscotti uguale al suo era del distinto signore seduto accanto: aveva diviso i suoi biscotti con lei, senza sentirsi indignato. Al contrario di lei, che si era sentita ferita nell’orgoglio. Quante volte mangiamo i biscotti di un altro, senza saperlo? Prima di arrivare a una conclusione affrettata e prima di pensar male degli altri, non è meglio pensarci su e guardare le cose con attenzione e simpatia? Spesso le cose - e le persone - non sono come ci sembrano! Grazie per tutte le volte che hai diviso i tuoi biscotti con me... 4 2012 GENNAIO Cosa ci manca di più? Sì, cara la mia santa Teresa d’Avila, comincio a capire cosa vuoi dire quando canti che “la paciencia todo lo alcanza! - la pazienza tutto conquista!”. Perciò, carissimi, i miei auguri di quest’anno - anche se politicamente e religiosamente non corretti - vanno sul ritmo del “nada te turbe - nulla ti turbi” … Non nel senso che ognuno vada per la propria strada senza badare agli altri, ma che si armi di santa pazienza, affinché la gioia e la pace che Dio vuole donare agli uomini che egli ama, corrisponda alla verità e alla coerenza delle nostre scelte. “Se hai Dio nel cuore, nulla ti manca!”. ■ I MISSIONARI CERCANO DI FARE LA LORO PARTE p. MARCELLO STORGATO, sx Padre Giuseppe Sartori con i bambini di strada di Medellin, in Colombia, ospiti del centro d’accoglienza “L’albero” AMAZZONIA “TI VOGLIO BENE!” p. DOMENICO MENEGUZZI, sx Il modo migliore per vivere in pace due pagine centrali si ispirano al messaggio di Q ueste Benedetto XVI per la giornata mondiale della pace F 2012: “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. Giustizia e pace sono due temi profondamente biblici ed evangelici; sono due “beni” del regno di Dio; sono due pilastri dell’evangelizzazione. orse questa storiella l’avrete già letta o sentita, ma vale la pena ripresentarla per gustare di più il grande mistero del Figlio di Dio che è venuto sul nostro pianeta terra ed è entrato nella nostra vita, dandovi un significato tutto speciale. Noi missionari ne sentiamo l’urgenza sulla nostra pelle e possiamo affermare - con tutta modestia - che cerchiamo di fare la nostra parte, sia pur piccola, di fronte all’immensità delle situazioni umane in cui giustizia e pace sono negate e ingiuriate. La potenza delle forze contrarie, infatti, è praticamente senza limiti e senza ritegni. Mentre le uniche “armi” dei missionari - come affermava san Conforti - sono il Crocifisso, il vangelo, e poco più. Ma Dio ha scelto i deboli per manifestare la sua grazia. Il regalo più bello dell’uomo Dopo aver terminato l’opera della creazione, Dio dichiarò il settimo giorno “giorno di festa”. Tutte le creature nuove si dettero da fare per trovare un regalo e si misero in fila per donarlo al Creatore. Gli scoiattoli portarono le noci; i conigli carote e radici dolci; le pecore offrirono lana e le mucche latte integrale appena munto. Milioni di angeli cominciarono a cantare una musica celestiale. L’uomo, aspettando pazientemente in fila il suo momento per dire “grazie” al Signore, pensava tra sé: “Cosa posso dare al buon Dio? I fiori hanno il loro profumo; le api il miele; gli elefanti offrono l’acqua perché il Signore si lavi e rinfreschi… E io?”. La fila stava ormai terminando e arrivò il momento dell’uomo. Fece ciò che nessun animale aveva fatto (e neppure era in condizioni di farlo!). Si mise a correre e si gettò tra le braccia del Signore Dio, si strinse al suo collo, lo baciò e gli disse: “Ti voglio bene!”. Il volto del Signore s’illuminò e tutta la creazione capì che l’uomo aveva offerto al Padre Celeste il regalo più prezioso. E l’universo intero esplose in un “Alleluia” cosmico! Come sarebbe bello e gustoso (certamente “originale!”) se, dopo aver rivolto ai nostri cari i soliti convenevoli auguri e saluti, potessimo aggiungere anche un “Ti voglio bene!”. In fondo si tratta di una realtà che sta dentro al nostro cuore, ma che abbiamo imbarazzo a manifestare. Come mai?... Proponiamo perciò alcune esperienze missionarie, che rivelano come agiscono gli operatori di pace e di giustizia in varie parti del mondo; cosa passa nella loro mente e di cosa è pieno il loro cuore, a contatto con i popoli che anelano ai “beni promessi”. Sono piccoli segni che cercano di arginare le valanghe che trascinano nel fango tanta parte di umanità. Alla luce del mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio Salvatore: “Gli infelici incontrano un fratello, gli oppressi un liberatore, i bambini un amico, i saggi un maestro, i capi un modello, la stessa morte un vincitore. Rallegriamoci dunque nel Signore, come la terra si allegra ogni giorno allo spuntare del sole che viene a liberarla dalle tenebre” (Guido Conforti, 1927). ■ foto archivio MS / O. Ferro - Camerun La luce che si è accesa p. ANTONIO GERMANO, sx BANGLADESH NATALE, OGNI GIORNO p. GABRIELE SPIGA, sx Il mio Gesù Bambino disabile C ome scappa il tempo! Abbiamo già passato il Natale e siamo entrati nel nuovo anno! Sapete, il mio Gesù Bambino quest’anno... ha i piedi storti! Mi spiego. Bissojit è un bambino hindu di appena nove anni. Ha i piedi terribilmente storti e contorti. Da circa un anno sta con me, nella “Casa della speranza” a Bagaciara, un paesino del Bangladesh. La sua e la mia speranza era che prima di Natale, con l’arrivo dei dottori italiani, potesse essere operato. Ma purtroppo non è stato così. Bissojit ha anche altre gravi malformazioni: la gobba, il torace incassato, un polmone atrofizzato, il cuore schiacciato, la spina bifida. Per cui gli anestesisti italiani dell’équipe medica - che ogni anno viene in Bangladesh per operare miracoli con loro grande dispiacere e per paura che ci scappi il morto, hanno deciso di rinunciare all’operazione. Così il piccolo Bissojit, non potendo camminare in avanti, ché gli si incespicano i piedi, continuerà a camminare di traverso, come i gamberi, poverino. Quando corre, velocissimo così di traverso - a volte anche a quattro zampe - è proprio impressionante. Ma è allegro, intelligente, e pur con le sue deformità, non rinuncia a giocare come tutti i bambinidel mondo. Insieme a qualche altro disabile musulmano e hindu, continuerò a tenerlo con me... nel mio “presepio”, fin che Dio vorrà. In un villaggio vicino, dove la domenica mi reco per celebrare la Messa con la comunità cristiana, si è soliti inventare qualcosa di visivamente significativo in attesa del Natale. Quest’anno quattro bambù intorno al tabernacolo danno l’idea della capanna di Betlemme. A fianco, una grande scritta con le parole di Giovanni Battista: “In mezzo a voi c’è uno che non conoscete” (Gv.1,26). Dio voglia che ogni giorno del nuovo anno possiamo riconoscerlo e accoglierlo, in qualunque modo egli si presenti a noi. “Natale ogni giorno”, è stato il tema della mia breve predica la notte di Natale. Mi affido anche alle vostre preghiere, perché tutto non si risolva in “pie inutili parole”. Dal mio “piccolo presepio”..., cioè dalla mia “piccola missione”, con tanto affetto, vostro, [email protected] ■ Bambini, giovani e adulti riuniti per un incontro formativo a Chuknagar, in Bangladesh (foto A. Germano) C ari amici, il 2011 è stato carico di benedizioni qui a Chuknagar, nel sud del Bangladesh. A settembre, dopo un percorso di sei anni, 70 catecumeni hanno ricevuto il battesimo; a fine ottobre è stato inaugurato il centro dedicato a “San Guido Conforti”, coronando un sogno che durava da anni. Abbiamo celebrato il Natale nella nuova chiesa, dedicata a “Maria Regina dei poveri”. Sul piano dell’educazione e della promozione umana, 60 studenti hanno sostenuto gli esami per il diploma. Nel 1980, quando iniziava la nostra presenza tra i fuori-casta, nessuno avrebbe mai scommesso su una tale fioritura. Abbiamo quindi tanti motivi per ringraziare il Signore. Dentro, però, ci portiamo anche qualche ferita. Una larga zona, dove ci sono le nostre piccole scuole, è andata sott’acqua, rimanendovi per alcuni mesi. Quasi tutti sono stati costretti a lasciare le loro abitazioni e accamparsi in tendopoli di fortuna. C’è anche un’altra ferita, ancor più lacerante per la nostra gente. Ogni giorno, infatti, si verificano episodi di violenza e discriminazione nei loro confronti. In questa vicenda noi missionari non possiamo rimanere asettici; dobbiamo seguire l’esempio di Gesù, “mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per rimettere in libertà gli oppressi”. Proprio a Chuknagar, lo scorso 15 novembre migliaia di fuori-casta sono convenuti in una pacifica manifestazione di protesta contro i soprusi nei loro confronti. Sono sicuro che nessuno potrà spegnere la luce che si è accesa dentro di loro, perché è la luce salvifica di Gesù Cristo. Un felice anno a voi. ■ [email protected] Con le mamme, a servizio della vita In tutte le diocesi del Brasile funziona la “Pastoral da criança”, ossia persone che si occupano dei bambini fino all’età di sei anni. Le storie che meritano di essere raccontate sono numerose. Ne scelgo una, pur sapendo che ce ne sono tante altre interessanti. “Mi chiamo Teresinha Gomes Oliveira. Partecipo alla scuola parrocchiale che da anni prepara le persone perché siano in grado di accompagnare i bambini nella loro crescita. Mi sento molto felice, e sono ancora più felice nell’accompagnare le gestanti e i loro piccoli, specialmente quando incontro una mamma povera, che a volte ha la tentazione di abortire, perché ha già altri figli e sia lei che il marito sono senza lavoro. Per molte donne la gravidanza e la nascita di un figlio non è una festa, ma una preoccupazione. Grazie però al nostro lavoro e alle nostre visite, molte vite sono salvate. Tante mamme hanno potuto vivere la bella esperienza di confidare in Dio e generare la vita!”. L’amore rasserena la vita Di donne come Teresinha qui ad Abaetetuba e in tutto il Brasile se ne trovano tante, sempre generose nell’aiutare le mamme a crescere i loro piccoli bene e sani. Ringraziamo il Signore! Vivere la nostra fede cristiana significa scoprire il volto di Gesù nei volti che incontriamo in ogni momento lungo il nostro cammino. Significa essere presenza di amore sincero, di speranza e di pace nella vita di ogni persona, specialmente dei fratelli e delle sorelle che sono in difficoltà. Così la nostra vita si rasserena, nonostante le tante nubi che avvolgono questo nostro mondo. ■ COLOMBIA L’ALBERO DOVE RIFUGIARSI Un posto caldo per i bambini di strada p. GIUSEPPE SARTORI, sx celebrato il Natale, accogliendo il “Dio-con-noi”, A bbiamo Emanuele: Dio è solidale e non ci lascia soli. Per noi non si tratta di essere solo più buoni, ma più solidali, come Lui. Quasi ci spaventa questo mistero, e lo facciamo diventare il Natale del sentimento. Così possiamo “controllarlo” meglio, “inquadrarlo” nello schema delle cose possibili quotidiane, e non lasciarci cambiare in profondità, come il mistero invece richiede. Sono davvero felice! Sono felice, soprattutto perché in questo Natale si è realizzato un sogno che avevo da molti anni: abbiamo aperto una casa per accogliere i bambini “en situación de calle”: bambi- ni che passano tutto il giorno per strada, in un quartiere povero della città di Medellin, in Colombia. Sono bambini che rischiano di entrare nelle bande violente o essere manovali dei narco trafficanti. Molte volte non hanno famiglia; a volte vivono con la nonna, che non può stare con loro perché deve lavorare... Molti di questi bambini hanno visto ammazzare i genitori o vengono da famiglie sfollate dalla violenza. A uno dei ragazzi - ha solo 9 anni - hanno sparato in faccia: per fortuna la pallottola ha fatto danni solo alla bocca e ai denti. Sono cose “brutte”, ma come missionario non posso ignorarle. Nella casa ospitiamo venti bambini, dai 4 ai 10 anni: diamo loro cibo, vestiti, medicine, protezione, accompagnamento psicologico. Speriamo che diventi la loro casa. L’abbiamo chiamata “L’albero”; vogliamo essere l’albero di cui parla Gesù nel vangelo: “il regno di Dio è come un albero dove gli uccelli trovano rifugio”. Il vero presepio di Medellin L’anno scorso, quando sono venuto in Italia, ho conosciuto a Parma l’associazione Ger Onlus, che ci sta aiutando con le spese logistiche e il cibo per i bambini. Altre persone generose aiutano con l’adozione a distanza. Prendo l’occasione per ringraziare tutti. Quello che ci viene dato per i bambini lo stiamo usando tutto per loro. La nostra casa sembra proprio un presepe, o meglio “il” presepe! Non ci sono l’asino e il bue, non c’è la grotta, non c’è la mangiatoia, non c’è la neve... Ma ci sono Maria e Giuseppe che, nonostante i loro limiti, vogliono accogliere i bambini e dar loro un posto “caldo” dove riposare… Soprattutto c’è Lui, il Bambino: piccolo e povero, ma vera presenza di Dio in mezzo agli uomini. ■ RD CONGO IL MIO INNO ALL’ AFRICA p. MARCO CAMPAGNOLO, sx Natale 2001. Ero nella missione di Kampene, nella repubblica democratica del Congo, tra due guerre, due prigionie e due liberazioni. Avevo allora inviato agli amici una composizione, sgorgata dai sentimenti del momento: tristezza per la situazione e speranza per l’avvenire. Gli stessi sentimenti m’invadono e condivido, dieci anni dopo, Natale 2011 a Roma, con occhi e cuore rivolti al Congo, ai luoghi dove ho vissuto, e agli amici con cui ho condiviso cammini entusiasti di vita, di sofferenza e di speranza. E ai quali con gioia auguro: Felice Anno 2012. Le povertà dell’Africa Africa, dalla tua sagoma scolpita dai millenni, appare un volto umano: evoluzione di un continente verso una nuova umanità. Africa, guardo di notte il tuo cielo: poche stelle brillanti raggruppate in poche costellazioni. Africa povera di stelle. Africa, non vedo che il verde della foresta, I’ocra della terra e dell’acqua dei fiumi, il bianco del cielo e il nero degli uomini. Africa povera di colori. Africa, sento suoni di armi, grida di gente, paura dell’avvenire: ovunque guerre, saccheggi, massacri. Africa povera di pace. Africa, continente in pericolo, epidemie, fame, profughi: un libro di statistiche a rischio. Africa povera di speranza. L’Africa della speranza L’arcobaleno appare: sono i colori di un’Africa nuova, dove intinge la freschezza della sua gioventù, la vitalità delle sue culture e dei suoi popoli. Africa tavolozza di colori. Nella penombra, una miriade di stelle, brillanti, grandi, gioiose: sono gli occhi dei bambini. Africa, firmamento di stelle. Si annunciano dialoghi, trattative, mediazioni; si avverte la stanchezza dell’odio e la monotonia della guerra. Africa continente di pace. Si parla di soccorsi, di vaccini e d’istruzione; si sveglia la volontà di lottare, di vincere, di uscire dalla fossa. Africa, vuol dire speranza. “L’Africa è il polmone spirituale dell’umanità, il continente della speranza” (Benedetto XVI, Benin 2011). 5 2012 GENNAIO il m on do in casa SUD/NORD NOTIZIE Nell'incertezza! Egitto: il futuro? La protesta di piazza Tahrir si è focalizzata sui metodi brutali della polizia e dell’esercito. Ma una parte della popolazione giustifica questo atteggiamento in nome del ritorno all’ordine. “È sempre più difficile - racconta p. Verdoscia, missionario comboniano a Il Cairo - interpretare l’evoluzione politica e sociale egiziana. Da una parte vi sono le forze intellettuali progressiste, dall’altra la maggior parte degli elettori ha votato per i fratelli musulmani o i salafiti. E all’interno dei fratelli musulmani non si capisce che tipo di orientamento prevarrà. Saranno loro a guidare il Paese, mentre si parla sempre più spesso di un’intesa raggiunta prima delle elezioni con l’esercito”. Intanto, c’è sempre meno sicurezza per i cristiani copti, che desiderano partecipare attivamente alla vita della nazione. ● Congo RD: c’è tensione. La presenza militare a Kinshasa è massiccia. Non si placa il confronto tra il presidente Kabila e il leader dell’opposizione Tshisekedi che si considera il “presidente eletto”, nonostante la Corte Suprema abbia confermato la vittoria di Kabila alle elezioni ● Sapere per capire... pagina a cura di DIEGO PIOVANI del 28 novembre scorso. In questa delicata fase, p. Loris Cattani, portavoce di “Rete Pace per il Congo”, lancia l’allarme sul futuro del Paese. “Proteste dell’opposizione, la mano pesante delle forze militari, morti fra i civili, tensioni tra province sostenitrici dell’uno o dell’altro candidato, dichiarazioni riguardo alle modalità del voto e del conteggio, prese di posizioni di singoli... Il tempo scorre, mentre l’animo della popolazione è inquieto. È importante tenere gli occhi aperti sul Congo. Dobbiamo portare questo popolo nell’ambito del nostro interesse e della nostra solidarietà”. ■ Promesse da marinaio? ● Gas serra: stop dal 2020! Per un accordo sulle emissioni di gas serra vincolante per tutti bisognerà aspettare il 2020: lo prevede un piano adottato all’ultima ora del vertice Onu sui cambiamenti climatici che si è tenuto a Durban. Il compromesso tra gli oltre 190 paesi partecipanti al vertice sostituirà il Protocollo di Kyoto con la differenza che avrà “forza di legge” per tutti i maggiori inquinatori del pianeta. Non mancano le critiche di numerose organizzazioni, secondo le quali il rinvio dell’entrata in vigore di un trattato vincolante è un crimine di proporzioni globali: “Una crescita delle temperature di quattro gradi, consentita da questa piattaforma, è una condanna a morte per l’Africa, i piccoli Stati insulari, i poveri e vulnerabili di tutto il mondo”. ● Amazzonia: foresta in pericolo. Il Senato brasiliano ha approvato una nuova normativa ambientale che alleggerisce le restrizioni alla deforestazione dell’Amazzonia. Dati recenti dicono che la distruzione del polmone del pianeta è scesa al suo minimo storico. Per il governo, è frutto di una rigida applicazione della legge esistente; per gli ambientalisti è dovuta alla diminuzione temporanea della domanda di prodotti come soia, legname e carne bovina. La legge passerà ora alla Camera, dove i promotori, espressione politica delle federazioni dei grandi agricoltori, non vogliono modifiche. Secondo uno studio britannico, il Brasile è attualmente il sesto paese emissore di gas nocivi del pianeta: il 75% di queste emissioni sono generate dalla devastazione delle sue foreste. MISSIONI NOTIZIE Premi e premiati Cuore Amico. È stato consegnato a Brescia il 21° premio missionario “Cuore Amico”. Per il 2011 la scelta è andata sui comboniani Alberto e Renato Modonesi, due fratelli missionari rispettivamente in Sudan e in RD Congo. Tra le religiose è stata premiata suor Maria Lucia Bianchi, delle benedettine della Provvidenza di Genova, missionaria in Burundi; per i laici Ernestina Cornacchia che lavora in Brasile come assistente sanitaria. Inoltre, è stata proposta una menzione speciale in memoria della dottoressa Maria Grazia Buggiani, medico in Zimbabwe. ● Premio per la pace. Un premio per la Pace è stato assegnato, postumo, a p. Fausto Tentorio, missionario del Pime assassinato il 17 ottobre scorso ad Akaran, nelle Filippine. Il riconoscimento a p. Tentorio è motivato dalla sua attività a favore dei tribali, per i quali ha dato la vita. Padre Tentorio aveva 59 anni e da oltre 32 si trovava nelle Filippine; è stato ucciso all’uscita dalla casa parrocchiale di Akaran da un uomo che gli ha sparato. Le indagini per scoprire i responsabili sono ancora in alto mare. ● ● Il volontario dell’anno. L’associazione Focsiv-Volontari nel Mondo ha consegnato il pre- 6 mio del volontariato internazionale 2011 a Riccardo Giavarini, impegnato con ProgettoMondo Mlal, a La Paz in Bolivia. Riccardo ha 56 anni e da 35 vive in America latina dove il tema dei diritti umani è stato sempre il filo conduttore di ogni sua scelta. Dal 2005 ha promosso la costruzione del primo Centro rieducativo per minori della Bolivia, che prevede percorsi di riabilitazione e formazione per favorire il reintegro nella società dei giovani detenuti. ■ Tre belle iniziative ● Giornata dei malati di lebbra. Si celebra domenica 29 gennaio la 59ª Giornata mondiale dei malati di lebbra, istituita da Raoul Follerau nel 1954. Migliaia di volontari AIFO offriranno nelle piazze italiane il “miele della solidarietà” per sostenere le iniziative di cura e recupero delle persone colpite da lebbra. I sacchetti di iuta che contengono i vasetti sono confezionati dagli ex malati di lebbra del progetto Sumana Halli, a Bangalore in India. Complessivamente, i progetti sostenuti dall’associazione nel 2010 hanno raggiunto quasi mezzo milione di persone. I nuovi casi di lebbra diagnosticati nei progetti sono stati circa 18mila. ● Segnidipace. L’istituto Fantoni di Clusone (BG) organizza an- Invitiamo i lettori, dotati di computer e internet, a consultare la MISNA (Agenzia missionaria di informazione) per allargare la mente al mondo intero: www.misna.org Visitate anche il nostro sito www.saverianibrescia.com per leggere tutte le notizie, le testimonianze e le proposte del nostro mensile, comprese le edizioni locali e la versione in formato pdf. Infine, segnaliamo il rinnovato sito della Direzione generale dei saveriani: www.saveriani.com che quest’anno l’iniziativa “Segnidipace”, un’idea dell’artista e insegnante Umberto Gamba. Si tratta di una raccolta di disegni e vignette per tornare a ri-dire la pace. Protagonisti dell’iniziativa sono la matita, l’ironia… e la creatività. Il titolo suggerito per l’edizione 2011-2012 è: “Pace, tra rassegn-azione e rivol-azione”. La partecipazione è aperta a tutti i giovani tra i 14 e i 23 anni; può essere individuale o di gruppo. I lavori dovranno essere inviati o consegnati entro e non oltre il 18 febbraio 2012. Quelli più meritevoli verranno esposti in una grande mostra. Per iscrizioni e modalità di partecipazione: www.istitutofantoni.it Le fiamme della rivolta di piazza Tahrir, a Il Cairo, raggiungono l’Accademia: il tesoro di libri e manoscritti ora conta migliaia di pagine della storia andate in fumo ● Mine antiuomo: luci e ombre. Ci sono luci e ombre nel rapporto annuale sull’uso delle mine anti-persona. A fronte di una superficie di 200 chilometri quadrati di territori bonificati (dato record!), nel 2010 tre governi hanno fatto uso di mine. A utilizzare questi ordigni sono stati in particolare Israele, il Myanmar MESSAGGIO ALLE CHIESE EDUCARE I GIOVANI A GIUSTIZIA E PACE BENEDETTO XVI Dal Messaggio del Papa per la 45ª Giornata mondiale della pace (1° gennaio). Oggi sono molti gli aspetti che i giovani vivono con apprensione: il desiderio di ricevere una formazione, la difficoltà a formare una famiglia e a trovare un posto stabile di lavoro, l’effettiva capacità di contribuire alla costruzione di una società dal volto più umano e solidale. È importante che questi fermenti trovino la dovuta attenzione in tutte le componenti della società. L’educazione è l’avventura più affascinante e difficile della vita. Per questo sono più che mai necessari autentici testimoni, e non tanto semplici dispensatori di regole e informazioni. Il testimone è colui che vive per primo il cammino che propone. Ogni ambiente educativo possa essere luogo di apertura al trascendente e agli altri; luogo di dialogo, coesione e ascolto, in cui il giovane si senta valorizzato. La pace è frutto della giustizia ed effetto della carità. La pace è anzitutto dono di Dio. Noi cristiani crediamo che Cristo è la nostra vera pace. Ma la pace non è soltanto dono da ricevere, bensì opera da costruire. Per essere veramente operatori di pace, dobbiamo educarci alla compassione, alla solidarietà, alla collaborazione, alla fraternità, essere attivi all’interno della comunità... Cari giovani, voi siete un dono prezioso per la società. Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà e non abbandonatevi a false soluzioni. Non abbiate paura di affrontare la fatica e il sacrificio, di scegliere le vie che richiedono fedeltà e costanza, umiltà e dedizione. Vivete con fiducia la vostra giovinezza e quei profondi desideri che provate di felicità, verità, bellezza e amore vero! Non siete mai soli. La chiesa ha fiducia in voi, vi segue, vi incoraggia e desidera offrirvi quanto ha di più prezioso: la possibilità di alzare gli occhi a Dio, di incontrare Gesù, Colui che è la giustizia e la pace. Una storia speciale Il candidato in bici. Di mestiere è “tolekista”, tassista in bicicletta, ed è in sella che ha condotto la sua campagna per farsi eleggere deputato all’Assemblea nazionale. Alphonse Awenze ha goduto di un inaspettato sostegno e delle simpatie di tutta Kisangani, grande città dell’est congolese. Tutti i ‘tolekisti’ lo hanno sponsorizzato e hanno organizzato raccolte fondi per finanziare la sua campagna, ad esempio vendendo le sue foto nelle strade e nei mercati. Fare il “tolekista” è un lavoro diffuso e in molti si riconoscono nella figura di Awenze. Rappresenta il candidato dei poveri e un’alternativa a una classe dirigente che ha deluso molte aspettative. Ma è anche una persona preparata: ha studiato scienze politiche ed è stato rappresentante sindacale per un’azienda locale. Dopo essere stato licenziato insieme ad altri dipendenti, è diventato ‘tolekista’. ■ ● ● Giovani a convegno! Il settore giovani della Fondazione Missio organizza a Frascati (Roma), dal 28 aprile al 1 maggio 2012, il Co.Mi.Gi. (Convegno missionario giovanile). Il tema è: “Da discepoli a testimoni. La Parabola di Pietro”. Per l’occasione è stata creata una nuova pagina web, www.comigi.missioitalia.it, interamente dedicata al CoMiGi 2012. Da qui e la Libia; in più, diversi gruppi armati ne hanno fatto uso in Afghanistan, Colombia, Pakistan e ancora Myanmar. Anche in Siria, l’esercito ha disposto mine lungo il confine con il Libano. Un altro dato negativo riguarda l’aumento del numero delle vittime: il 5% in più rispetto all’anno precedente. ■ è possibile reperire tutte le informazioni e iscriversi direttamente on-line. Calorosamente invitiamo i nostri giovani a visitare il sito, a iscriversi e a partecipare con i loro amici: ne saranno en■ tusiasti. 2012 GENNAIO D I A L O G O E SO LID A RIETÀ lettere al direttore p. Marcello Storgato MISSIONARI SAVERIANI Via Piamarta 9 - 25121 Brescia E-Mail: [email protected] Pagina web: saveriani.bs.it/missionari_giornale BUONA STAMPA E BUONE COMPAGNIE Caro direttore, prendo... il maus (mouse) al volo e mi metto a scriverti, perché ho sotto gli occhi il brillantissimo calendario 2012 di “Missionari Saveriani”. Grazie di cuore! È molto bello e molto denso... Puoi mandarmene ancora alcune copie? Mi piacerebbe darne uno a ogni comunità sparsa nel Congo. E io ne vorrei una copia per me, in camera! Leggendo la tua schietta, simpatica e compassionevole risposta, che condivido al 101 per cento, al sacerdote sardo don Gino (nov. 2011, Lettere al direttore), mi è venuto da pensare a quante esistenze cristiane sono rifiorite per essere state ossigenate proprio dallo spirito missionario, e a quante vocazioni missionarie sono nate proprio grazie alla stampa missionaria! Sarebbe bello documentarle. Cito solo il caso di p. Piero Sartorio che, non conoscendo direttamente un missionario, grazie solo alla stampa missionaria ha trovato l’indirizzo e la strada della missione. E anche io, dalla “rossa” Toscana, ho trovato la strada dei saveriani proprio grazie all’indirizzo trovato su un numero di “Voci d’Oltremare”, lasciato nella scuola della campagna senese che frequentavo, dal compianto p. Domenico Milani, in un suo rapido passaggio. Basta così, altrimenti il maus mi scappa via. Anche perché c’è ben altro nell’aria, in attesa dei risultati elettorali e soprattutto del dopo! Pregate anche per il nostro incredibile Congo! p. Antonio - Bukavu, Congo RD Ho ricevuto lo splendido calendario 2012 di “Missionari Saveriani” e desidero ringraziarvi e complimentarmi con voi. È un’idea originale; le immagini sono belle e significative; l’avete realizzato in tempo record e siete riusciti a far rivivere l’atmosfera di “santità” di quei tre giorni splendidi a Roma. Grazie anche a nome della mia famiglia. P.S. - Ma che tristezza leggere del parroco che cestina la stampa missionaria... Perché almeno non passa il giornale a chi lo leggerebbe volentieri; forse il parroco non si rende conto del valore della stampa missionaria. Paola - Pizzighettone (CR) Cari amici e amiche, mi fa piacere che sia piaciuto il calendario 2012 e che desideriate averlo a portata di vista. L’abbiamo fatto apposta per questo: per essere un aiuto a vivere la “santità quotidiana” insieme a Guido Conforti, un santo vescovo e missionario davvero simpatico a tutti! Grazie anche per aver espresso la convinzione di quanto importante e misteriosamente efficace sia la “stampa missionaria”, fino a suscitare vocazioni tra i giovani. Non solo, ma anche “internet” - basta digitare “saveriani” sul motore di ricerca - è sempre più importante per la nostra comunicazione. Sono tanti coloro che entrano sui nostri siti e ci scrivono, commentano articoli e foto, chiedono notizie e contatti. Sono giovani e adulti laici, e anche vari sacerdoti, convinti di avere un ruolo ben diverso da quello di... “cestinare”. La “buona stampa” è come le “buone compagnie”: ci incoraggiano nel bene. Saluti fraterni a tutti e tutte, p. Marcello, sx STRUMENTI D'ANIMAZIONE è questione di stile, di vita Le fiabe nei barattoli è un libro per ragazzi. L’autore Marco Aime fa parlare le cose della vita quotidiana: i barattoli del supermercato, il tappeto, la vecchia bicicletta... per rivelare ai bambini, uomini del domani, i segreti di un mondo che anche loro possono capire e cominciare a cambiare: in meglio! Le illustrazioni sono di Valentina Gottardi. Emi, 80 pagine, € 11 Guida al consumo critico (sesta edizione) ci informa su cosa e come acquistiamo. Se compriamo alla cieca, rischiamo di renderci complici di misfatti. Perciò è importante il consumo critico, scegliendo i prodotti non solo in base al prezzo e alla qualità, ma anche alla loro storia e al comportamento delle imprese. Un consumatore informato è un consumatore sovrano. Emi, 590 pagine, € 18,50 Richiedere a: • Libreria dei popoli, Brescia Tel. 030 3772780 int. 2; Fax 030 3772781; E-mail: [email protected] I MISSIONARI SCRIVONO Da Belém: “Ho consegnato le chiavi a p. Matteo” Cari amici, il Natale ci ha riuniti attorno a un Bimbo, volto umano di Dio e volto divino dell’uomo. Chi ci chiama, uno ad uno, per donarcelo è una giovane donna: Maria. Lo pone nelle nostre braccia e ci dice: portatelo nel mondo intero, perché sia il Salvatore dei bambini, dei giovani, degli adulti, e porti pace e fratellanza fra gli uomini di ogni cultura e nazione, senza distinzione di razza o colore, appartenenti tutti alla stessa umanità. San Guido Conforti, fondatore dei saveriani, diceva ai suoi missionari che partivano per la Cina: “andate e fate del mondo una sola famiglia”. è questo il nostro impegno di oggi e di sempre! Tutte le parrocchie della diocesi hanno risposto all’invito del vescovo per un “Natale senza fame”. La nostra comunità è riuscita a raccogliere 372 pacchi natalizi, per i 372 bimbi poveri iscritti nell’elenco parrocchiale e siamo riusciti a dare qualcosa a tutte le famiglie che ne hanno richiesto. Siamo andati di casa in casa per rallegrare il cuore dei bambini poveri e delle loro famiglie. È stata una felicità per tutti. Ho consegnato le chiavi della parrocchia a p. Matteo Antonello. Era entrato tra i saveriani quando io ero rettore della casa di VicenP. Zurlo passa a p. Antonello le consegne della parrocchia saveriana di Belém za. È giovane e pieno di zelo; guiderà la parrocchia con saggezza. Ne sono contento. Ho approfittato della sua disponibilità per ritirarmi con dignità, per il bene della gente e anche mio! Io rimango qui con i miei soliti impegni, ma libero da responsabilità. Ci sono ancora tante opere da portare a termine in questa grande comunità cristiana. Voi continuate ad aiutarmi con la preghiera; anch’io lo farò per voi, con il mio grazie quotidiano nell’Eucaristia. p. Marcello Zurlo, sx - Belém, Brasile Anche a Salerno il cenone tra fratelli La cena di fine anno con i fratelli e le sorelle che vengono da tante parti del mondo e che sono sbarcati nella nostra città, è un appuntamento importante. Spesso li incontriamo per strada, cerchiamo di conoscerli e di fare amicizia. Alcuni vengono accolti nel nostro dormitorio nel periodo invernale. Ma il 31 dicembre è qualcosa di speciale. I volontari, giovani dal cuore d’oro e di tanta pazienza, li vanno a recuperare un po’ dappertutto e li portano qui, nella nostra casa saveriana di Salerno, per farli sentire a casa loro. Condividiamo con loro il pasto e tanto affetto, per non far sentire troppo la lontananza dalla loro terra e dagli affetti. Sono tante storie che si intrecciano. Non si può fare molto, ma continuiamo a fare qualcosa: alla piccola goccia nell’oceano, se ognuno aggiunge la sua, molti potranno dissetarsi. p. Oliviero Ferro, sx - Salerno, Italia Il piacere d’incontrarsi nel Sol Levante Anche nel 2011, 24.mo anno di vita della nostra casa di preghiera e centro di dialogo interreligioso “Shinmeizan”, le attività sono state molte e interessanti; non solo quelle svolte in casa, ma anche i vari incontri svolti insieme a tante persone e comunità in Giappone e all’estero. Quasi ogni giorno giungono al nostro centro individui e gruppi per pregare, per ritiri spirituali, per incontri sul dialogo tra le religioni. Abbiamo avuto anche il grande piacere di ospitare per alcuni giorni un bel gruppo di vescovi, sacerdoti, seminaristi e suore, venuti dall’Italia e guidati dal saveriano p. Stefano Berton; con loro, anche mons. Gianni Cesena, direttore dell’ufficio nazionale per la cooperazione tra le chiese. Sono venuti anche alcuni monaci, guidati da fr. Matteo N. Zani della comunità di Bose, per incontrare i monaci buddhisti giapponesi, per un dialogo interreligioso monastico. Siamo riconoscenti a Dio e a voi tutti, che condividete il nostro cammino missionario, e auguriamo un felice anno 2012. p. Franco Sottocornola, sx - Shinmeizan, Giappone solidarietÀ CAMERUN: CENTRO PER DISABILI A BAMENDA Nel momento del bisogno mi rivolgo alla generosità dei lettori di “Missionari Saveriani” per un aiuto al lavoro missionario in Camerun. La missione “San Paolo”, nella diocesi di Bamenda, è in una zona sotto sviluppata. Soprattutto nei villaggi lontani, il sistema di vita è ancora molto povero e primitivo. Come missionari, ci siamo adoperati molto nell’ambito sociale con le scuole e gli ambulatori, l’acqua potabile e l’elettricità, la preparazione professionale al lavoro. Ma esiste una categoria di persone per le quali non c’è alcuna assistenza: i disabili fisici o mentali. Sono lasciati soli per mancanza di cure, e vivono ai margini della società. In molti casi, basterebbe un minimo di assistenza qualificata per curarli e ridare loro una vita normale. Il centro per disabili a Bamenda è a buon punto, ma abbiamo dovuto interrompere i lavori: il pavimento e l’intonaco, la cucina e i servizi igienici, l’acqua e l’elettricità, gli strumenti adatti all’assistenza medica. Per rendere operativo il centro abbiamo bisogno di 20.000 euro. Ogni aiuto sarà per noi e per i disabili un dono della Divina Provvidenza, di cui vi ringraziamo di cuore. p. Italo Lovat, sx - Camerun piccoli progetti 1/2012 - CAMERUN Centro per disabili Per completare e rendere operativo il “Centro disabili” nella missione di Bamenda, in Camerun, occorrono 20.000 euro: pavimento, cucina, servizi igienici e strumenti di cura e riabilitazione. Ogni aiuto sarà un dono della Provvidenza per questi fratelli disabili. • Responsabile del progetto è il saveriano trevigiano p. Italo Lovat. 6/2011 - CAMERUN Scuola a Nefa Un sogno: dare una scuola a tutti i villaggi della grande missione di Bafoussam, in Camerun. La più urgente è quella di Nefa, per mille alunni. Occorrono almeno 12 aule, a 4.000 euro per aula, per un totale di 48.000 euro. I missionari chiedono una mano. • Responsabile del progetto è il saveriano bresciano p. Gianni Abeni. Chi desidera partecipare alla realizzazione di questi progetti, può utilizzare l’accluso Conto corrente postale, oppure può inviare l’offerta direttamente al C/c.p. 00204438, intestato a: Procura delle Missioni Saveriane, Viale S. Martino 8 - 43100 PARMA oppure bonifico bancario su C/c 000072443526 CARIPR&PC - Ag. 6, via Farini 71, 43100 Parma IBAN IT86 P062 3012 7060 0007 2443 526 Si prega di specificare l’intenzione e il numero di Progetto sul C/c.p. Grazie. 2012 GENNAIO ALZANO 24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4 Tel. 035 513343 - Fax 035 511210 E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247 Con gli occhi dell’anima A Roma per san Guido, nonostante tutto... Padre Mario ci aveva chiesto di scrivere le nostre impressioni sul pellegrinaggio a Roma per la canonizzazione di mons. Conforti. Noi abbiamo preferito lasciar parlare altri due pellegrini: i coniugi Oriana e Fabio Pasinetti, entrambi non-vedenti e nostri insostituibili amici. Ecco il loro racconto. Elisabetta Gotti Viganò A marzo dell’anno scorso i nostri amici Angelo ed Elisabetta ci hanno proposto di condividere con loro un viaggio a Roma dal 22 al 24 ottobre. Istintivamente ho risposto subito sì, senza chiedermi il motivo del viaggio, tanto ero contenta; e rivolgendomi a Fabio, mio marito, ho detto: “Vero che andiamo?”. Un viaggio in compagnia dei nostri amici è per me un grande regalo, e Fabio non mi delude mai sapendo quanto sono importanti per me certe scelte; perciò è stato un sì definitivo da subito. Quando poi Elisabetta mi ha spiegato che si trattava di un pellegrinaggio per la canonizza- zione di Guido Conforti, fondatore dei saveriani, congregazione a cui apparteneva suo fratello compianto p. Renato Gotti, sono stata felicissima. Ero anche un po’ perplessa per Fabio, che non è particolarmente interessato a questo tipo di esperienze; ma lui mi ha rassicurata e ha tranquillizzato anche i nostri amici. Aria festosa, in attesa di… Finalmente arriva il giorno della partenza. Che meraviglia! Tre giorni a Roma con i nostri amici e condividere con loro la gioia e l’emozione di un pellegrinaggio così importante! Salita sul pullman, ho subito avuto la sensazione che per qualche giorno avrei accantonato le preoccupazioni e i problemi del quotidiano per poter interiorizzare e gustare questo cammino di santità. Giunti a Roma, a San Giovanni in Laterano, ho avuto esperienze indimenticabili: oltre alla minuziosa descrizione della basilica fattaci da Angelo, che ci ha permesso di vedere senza l’ausilio degli occhi, mi ha felicemente stupito sentire voci gio- ORIANA PASINETTI iose e strette di mano calorose. Tante persone erano lì da tutto il mondo, per la stessa ragione: fare festa per il nuovo santo Guido Conforti - e condividere la propria gioia! L’aria era davvero festosa, serena e gioiosa: tutti aspettavamo l’indomani, il grande giorno. Quella serenità interiore… Alla veglia di preghiera del sabato pomeriggio, sentivo crescere dentro di me un’immensa pace e serenità. I nostri amici ci descrivevano i minimi particolari di ciò che accadeva sul palco e intorno a noi. Ma mi bastavano le voci, le musiche, le parole dette, per capire quanto siano importanti gli occhi dell’anima… Domenica 23 ottobre è il grande giorno. In piazza San Pietro il freddo ci infastidiva, ma il rito della canonizzazione era così solenne e commovente che ciò che mi circondava non aveva importanza. Mons. Conforti, fino a ieri a me poco noto, nell’essere proclamato santo mi ha donato una serenità interiore che anche ora, giorno dopo giorno, mi accompagna nel quotidiano. In Amazzonia da 37 anni è bello stare tra la gente semplice C ari amici, sto completando il 37° anno di presenza in Amazzonia, ma a me sembra di aver lasciato la Bergamasca ieri. Tra l’altro, se parlo con me stesso, uso sempre la nostra bella lingua per non dimenticare e restare… allenato. 8 Una chiesa vicina al popolo Qui si vive il clima delle comunità, anzi delle comunità ecclesiali di base. Qualcuno dice che la “teologia della liberazione” sia passata di moda. Ma non è così. Non c’è più quell’euforia di trent’anni fa, ma la sostanza c’è ancora. Soprattutto non manca lo spirito nuovo che ha portato quella teologia. Abbiamo messo il popolo povero al centro dei nostri interessi, stimolando il processo di liberazione dalla povertà e dalla sudditanza. L’abbiamo fatto, cercando di costruire una chiesa di Cristo più vicina al popolo, più povera e con il minimo di strutture. Andando nelle nostre comunità della foresta, noi missionari avvertiamo quanto profonda sia stata la conversione e il rinnovamento, pur tra numerose dif- p. ILARIO TRAPLETTI, sx ficoltà e contraddizioni. È bello stare tra il popolo semplice, povero e umile che frequentiamo, e condividere la vita semplice della gente. Padre Ilario Trapletti, veterano della missione in Amazzonia, con i tuberi di manioca, il cibo dei poveri rappresentavano il mondo intero! È stata una celebrazione corale e coreografica, ma soprattutto ricca di sentimenti di fratellanza e d’amore. “Così vogliamo i missionari” Veramente il regno di Dio è dei poveri! Qui non abbiamo molte strutture all’infuori di modeste cappelle. Il popolo ci vuole bene così. Se dormiamo nell’amaca come loro, se mangiamo la manioca come loro, sono contenti e ci dicono “così vogliamo i nostri missionari!”. È una pena che il vento della modernità tenti di soffiare anche dentro la nostra foresta, stravolgendo millenarie abitudini. Noi siamo qui con loro e per loro; e ci riteniamo fortunati di stare lontani dalle tante diavolerie del mondo d’oggi, con cui non riusciamo più a identificarci. Ricordiamoci nelle preghiere e restiamo uniti. ■ Grazie. Guida, luce e conforto In questi tre stupendi giorni ognuno di noi ha fatto tesoro di tante cose e di sentimenti che diverranno per noi guida nel quotidiano, luce e conforto nei momenti di scoraggiamento… Ringrazio i miei amici che hanno voluto condividere con noi questi giorni santi. Ringrazio Fabio di questo San Guido Conforti si mostra anche a chi non ha occhi per vederlo, ma tanto cuore per accoglierlo regalo condiviso, perché anche Il lunedì 24 ottobre, in San lui è tornato con una grande ricPaolo fuori le Mura, abbiamo chezza nel cuore. Ringrazio tutti partecipato alla meravigliosa coloro che ho conosciuto. Messa di ringraziamento. In Ringrazio te Signore, Luce e quella chiesa, così enorme che Guida a ogni mio passo: rendimi per me era davvero faticoso percapace di condividere con gli alcepire la sua reale grandezza, tri la gioia di questa canonizzaerano presenti tante persone che ■ zione. MAMMA MARIA HA RAGGIUNTO IL PARADISO I FIGLI A Sarnico, il 28 novembre si è spenta la signora Maria Rolli, 97 anni, sorella del saveriano p. Romano. Esempio di fede e di carità per tutti coloro che l’hanno conosciuta, mamma Maria ha sempre trovato tempo da dedicare agli altri e al Signore, nonostante la numerosa famiglia. Fin dall’ordinazione del fratello padre Romano, si è interessata alla vita delle missioni e non ha mai fatto mancare il suo sostegno ai saveriani e agli altri missionari. Ogni anno ci teneva a partecipare all’incontro dei famigliari dei saveriani ad Alzano. Ed era molto contenta quando incontrava qualche missionario che era stato in missione con suo fratello. Per lei la preghiera aveva grande importanza; e altrettanto importante era il lavoro. Entrando in casa, la trovavi sempre indaffarata a fare qualcosa. Mai una volta stava con le mani in mano. Un giorno smistava gli indumenti che le avevano portato per le missioni, un altro cuciva pantaloncini e casacche per i bambini poveri, un altro ancora scriveva a qualche missionario… “Famosi” erano i suoi pacchi: tutti ordinati, sigillati, rivestiti di stoffa per evitare che si rompessero durante il viaggio. E dentro, c’erano doni per i bambini e un pensiero per i missionari. Mamma Maria ha raggiunto così terre lontane in Africa, Nord Europa, Asia, America. Anche dal paradiso continuerà a vegliare sui missionari. Maria Rolli, sorella del saveriano p. Romano e amica delle missioni, è salita al cielo il 28 novembre 2011 2012 GENNAIO BRESCIA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 Don Ciotti: il coraggio e la speranza Incontro dopo incontro La festa di Saverio con mons. Monari I saveriani di Brescia quest’anno hanno giocato d’anticipo e giovedì 1° dicembre hanno celebrato la festa di san Francesco Saverio, patrono delle missioni, ospitando i sacerdoti della diocesi per la tradizionale mattinata di riflessione, guidata da mons. Luciano Monari. Il vescovo ha condotto un parallelo tra mons. Conforti e il Saverio, a cui il fondatore dei saveriani ha intitolato la sua famiglia di missionari. L’anima vale l’eternità Conforti ammira la vocazione missionaria di san Francesco Saverio: “Ha compreso il nulla delle cose della terra e la preziosità dell’anima umana, perché immortale, fatta a immagine di Dio e redenta dal sangue di Cristo, salvata la quale tutto è salvato, e perduta la quale tutto è perduto e per sempre. Questa verità l’ha Mons. Monari durante l’incontro con i sacerdoti per la festa di S. Francesco Saverio; accanto a lui un ascoltatore d’eccezione: san Guido Conforti 2 dicembre, don V enerdì Luigi Ciotti, presidente di a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx reso uomo tutto celeste”. “È l’immagine che Conforti ha di Saverio - ricorda il vescovo; ma è anche il suo auto ritratto, quello che l’ha spinto a essere vescovo missionario. L’anima è tutto, vale l’eternità. Il resto passa, non appare, è nulla. Dirlo è la cosa più semplice, ma interiorizzare questo modo di valutare le cose, richiede una conversione profonda del pensiero e una correzione dei sentimenti, perché il mondo con tutte le sue realtà s’impone alla nostra vita, ai sensi, all’immaginazione, per cui condiziona desideri e decisioni. Com’è possibile fare ciò? La risposta sta nella meditazione. Nella spiritualità del Conforti, la meditazione è stata una dimensione decisiva della sua vita, perché il modo in cui vive scaturisce da quello che lui medita, legge nella Parola di Dio e assimila ■ progressivamente”. “Libera”, è stato ospite dei saveriani di Brescia dove ha aperto le iniziative della “Tenda della solidarietà 2011”. L’incontro, seguito da un folto pubblico, aveva come tema “Tratta degli esseri umani: le nuove mafie”. Alla serata hanno partecipato anche Franco Valenti, che ha tratteggiato un quadro sull’immigrazione bresciana e lombarda, e il procuratore aggiunto Fabio Salamone, che ha spiegato come nella magistratura si osservi un’attenzione positiva e culturalmente corretta al fenomeno dell’immigrazione: “la gente, ancor più dei provvedimenti giuridici, capisce che è importante confrontarsi, cogliendo gli aspetti positivi che una cultura diversa può darci”. Lo sfruttamento culturale Don Ciotti ha fotografato la realtà che incontra con “Libera”, associazione impegnata a solle- Una sera d’inverno a S. Cristo Seconda edizione di “Caro autore ti chiedo” quest’anno la LibreA nche ria dei popoli dei saveriani di Brescia ripropone l’iniziativa “Caro autore ti chiedo… Una sera d’inverno a S. Cristo”. Dopo la prima edizione del 2010-2011, che ha riscosso un buon interesse sia nella versione invernale che in quella primaverile, nella sala del Romanino sono ripresi gli incontri del terzo ciclo. Una bella sinergia! La prima novità, rispetto allo scorso anno, è la preziosa collaborazione della libreria Paoline di Brescia, che ha deciso di sostenere l’iniziativa. Due realtà ben radicate e conosciute in città hanno deciso di unire le forze. È un segnale importante di lavoro comune per offrire proposte interessanti ai cittadini. La rassegna mette al centro la presentazione di alcuni libri 8 di diverso tema, con la presenza dell’autore, che è chiamato a interagire con rappresentanti del mondo universitario e giornalistico, ma anche con il pubblico. La parola, infatti, viene data a chiunque desideri intervenire per esprimere un’opinione sul libro e l’argomento trattato. Il primo appuntamento si è tenuto il 6 dicembre. Marino Ruzzenenti, collaboratore di “Missione Oggi”, ha proposto il suo libro “Shoah - Le colpe degli italiani” (Manifestolibri), dialogando con Bruno Segre, direttore della rivista ebraica Keshet, e con i partecipanti che hanno assistito a un vivace dibattito su un tema scottante. Il volume, infatti, offre un contributo sulle responsabilità italiane (e bresciane) per lo sterminio degli ebrei. Tematiche importanti I prossimi incontri si svolge- Brunetto Salvarani, al centro, tra Bruno Segre e Marino Ruzzenenti (a destra) al primo incontro di “Caro autore ti chiedo...” 2011-2012 DIEGO PIOVANI ranno tra gennaio e febbraio, sempre di martedì alle ore 18. Martedì 24 gennaio: Brunetto Salvarani illustra la sua ultima fatica “Il dialogo è finito?” (Emi), dialogando con Mauro Castagnaro, giornalista esperto di ecumenismo, e Annachiara Valle, direttrice di “Madre”. Il libro cerca la ragione nella crisi del dialogo, interrogandosi su quanto accaduto. Martedì 14 febbraio: Enzo Pace parlerà di “Vecchi e nuovi dei - La geografia religiosa che cambia” (Paoline); è chiamato a confrontarsi con Marco Dal Corso, docente di teologia delle religioni, e Paolo Naso, docente di scienza politica. In un’Italia che sta cambiando anche dal punto di vista religioso, è fondamentale avere una bussola per orientarsi. Martedì 28 febbraio: Antonio Nanni e Antonella Fucecchi presentano “Come nasce un italiano”; come interlocutori hanno Marino Ruzzenenti e Lucrezia Pedrali, condirettrice di “Cem Mondialità”. Gli autori ipotizzano una nuova legge sulla cittadinanza e una più forte integrazione dell’Italia nell’Ue, quale parte essenziale dell’unità nel mosaico dei popoli. Vi aspettiamo numerosi, alle ■ ore 18 in punto! Don Luigi Ciotti a San Cristo citare nella società la lotta alle mafie e a promuovere legalità e giustizia. È partito dal traffico di organi nel nostro Paese e da “quell’intuizione che il procuratore Pace ebbe per primo, osservando una moto che trasportava disabili dall’estero e che tornava indietro senza passeggeri”. Poi ha raccontato del traffico di neonati, per superare i tempi lunghi delle adozioni internazionali e della tratta a fini sessuali, i cui veri numeri restano incerti. Don Ciotti racconta brevi, atroci storie di cui “Libera” è testimone: dalla ragazzina albanese scappata dal circuito della prostituzione, a cui per vendetta gli sfruttatori hanno sgozzato la sorella quindicenne, alle donne italiane espulse dal mercato del lavoro e costrette a prostituirsi. “Non si può generalizzare e non si deve semplificare - dice don Ciotti - ma c’è una domanda sulle nostre strade che va indagata. Il problema sono anche i signori clienti…”. Racconta poi dello sfruttamento nel lavoro e si chiede: “Chi conosce il patrimonio culturale dei giovani stranieri giunti qui da tutto il mondo e diventati vittime di sfruttamento? La maggior parte ha un diploma di scuola media, il 29% una laurea. Abbiamo bisogno di pensiero profondo per renderci più responsabili. Ci deve essere una rivolta dentro le nostre coscienze. Il mio invito è a rafforzare la giustizia sociale e la legalità, veri presupposti per la pace, e ad avere il coraggio del dubbio. Perché la speranza non è in ven■ dita!”. troppe armi nellA POVERA africA don MARIO NEVA Pubblichiamo parte di una riflessione scritta da don Mario, “fidei donum” in Benin, dopo i tragici eventi di Kiremba. È un dolore grande quello che si prova e per tanti motivi. Il furto, purtroppo, è diventato una delle prime cause di uccisione dei missionari e volontari; qualche volta è l’odio ideologico a provocare la morte; in altre zone dell’Africa i cooperatori internazionali sono adoperati come strumenti di baratto. Chi ha esperienza di missione sa che qui non c’è niente da rubare: qui la giornata inizia quando ancora è buio, inghiottiti in una natura non piegata dall’uomo. La ricchezza delle missioni è l’accoglienza continua e incessante di persone, la realizzazione di progetti umanitari, il tentativo di valorizzare gli abitanti del luogo, il servizio per gli ultimi. Il denaro che arriva dagli amici svanisce presto in mille rivoli di solidarietà, certamente insufficiente al reale bisogno. La sobrietà è una regola di testimonianza e di condivisione e la jeep una necessità. Un altro pensiero va ai giovani, alle armi che essi impugnano. Troppe armi in Africa! Troppi commercianti! Troppi profittatori dei mali altrui, troppi inutili costruttori e venditori di morte! Qui in Africa la fusione dei metalli si è fermata alla costruzione di spade rudimentali. Tutto il resto, viene da fuori. Il nobile sacrificio di fratelli e sorelle, però, non ci deve fermare; anzi, diventa il seme fecondo per nuove straordinarie imprese, soprattutto per i più giovani ai quali non possiamo continuamente rubare il futuro, la speranza, l’ottimismo e la bellezza della vita. Raccogliamo insieme le energie che ci Suor Carla Brienza, restano per sperare in un mondo migliore. ferita a Kiremba 2012 GENNAIO CAGLIARI 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 340 0840200 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Il fotoreporter Mariano Casti, a sinistra, con p. Tonino Melis e la volontaria laica Maria Pia Guerra in Ciad Una micro università agricola In Ciad si realizza una vera missione ecclesiale chiesa di San NicoN ella lò di Guspini, il vescovo mons. Giovanni Dettori ha dato il mandato missionario ai partenti volontari per la missione lavorativa in Ciad, fra cui Maria Pia Guerra, infermiera in pensione, sorella del saveriano p. Mario. Alcuni parrocchiani e amici di don Angelo Pittau sono partiti volontari per completare la ristrutturazione dell’edificio parrocchiale di Siekè, per farne il primo nucleo della libera Università agro-zootecnica. L’operosità di don Angelo La vecchia missione di Siekè è stata donata nel 2009 dal vescovo di Pala Jean-Claude Bouchard, perché diventasse sede della facoltà con aule, laboratori e il soggiorno per i docenti. Il villaggio è poco distante da Bongor, sul fiume Logone. La missione è stata chiusa perché la strada nazionale non passa più da Siekè. Il governo del Ciad ha donato alla facoltà agro-zootecnica cento ettari di terreno, perché è stata riconosciuta opera di utilità pubblica. Si tratta di un vero esempio di solidarietà e collaborazione internazionale per lo sviluppo della regione del Majo Kebbi, dove in gran parte la popolazione appartiene all’etnia dei masa. Don Angelo Pittau, parroco di San Nicolò a Guspini, si è impegnato con alcuni organismi della diocesi di Ales a seguire la ristrutturazione dell’università, cercando muratori, idraulici, elettricisti e falegnami sardi, alla spedizione di due container p. DINO MARCONI, sx pieni di finestre, porte, materiale elettrico e idraulico, arredo scolastico (banchi, cattedre, armadi, computer, lampade) e attrezzature varie. Una solidarietà universale La Caritas diocesana, l’ufficio missionario e il gruppo diocesano della mondialità hanno sostenuto il progetto, che veramente si può definire “ecclesiale”. Il vescovo di Ales Terralba, mons. Giovanni Dettori, aveva già inviato due seminaristi teologi per apprendere lo spirito missionario sul campo di lavoro, con un insegnante d’eccezione: il saveriano p. Tonino Melis, originario di Tuili. Don Angelo, sul bollettino della parrocchia, ha scritto: “In Africa, nel Ciad, la popolazio- Il mio saluto a tutti gli amici La missione è dura, bella e gratificante canzone “Qualcosa N ella di ben più grande”, che si rifà alla lettera del Conforti scritta ai giovani, c’è una frase significativa: “È una vocazione tanto dura e bella, vale la pena seguirla”. In questi ultimi giorni sto sperimentando proprio questi due aspetti della missione: la difficoltà e la sofferenza, e allo stesso tempo, la bellezza e la grandezza di poter continuare la missione iniziata da Cristo. Perché la missione è “dura” Sei anni fa, quando ancora mi trovavo in Africa, mi è stato chiesto di mettermi a servizio della famiglia missionaria e di stare alcuni anni in Italia, a Salerno. Ora vado in Asia, in Thailandia, e questo mi fa paura, mi mette un po’ in crisi, tanto da chiedermi se sarò all’altezza. Ho 8 accettato di andare in Thailandia, ma sono consapevole che per me non sarà una passeggiata, perché dovrò studiare più lingue e perché devo andare in un posto che sento molto distante da me. La missione è “dura” per me oggi anche per un altro motivo. Sono chiamato a trasmettere un messaggio - quello di Dio - che spesso contrasta con il mio essere. Limiti ed errori rendono più difficile la missione che Dio mi affida ogni giorno. Perché la missione è “bella” La missione riempie la vita. Tante volte in questi anni mi è capitato di confrontarmi con i giovani sul senso della vita, sull’importanza di fare delle scelte che ci diano pienezza. Questa pienezza io l’ho trovata nella missione, nella partenza, Padre Alessandro Brai, saveriano di Palmas Arborea (OR), destinato alla missione in Thailandia, ha trovato il tempo per visitare la mostra interculturale 2011, allestita dai saveriani a Macomer, e di interagire con i bambini delle scuole p. ALEX BRAI, sx nell’accogliere la chiamata di Dio non come un peso, ma come un dono, una grazia, una sfida. La missione è “bella” perché ci fa scoprire di più la gioia di essere cristiani. Fin da piccolo mi chiedevo: come fa una persona a desiderare di andare in un posto pieno di mille difficoltà, così diverso dal suo? Stare in Africa è stato per me un motivo di grande gioia, ma lo è stata anche l’esperienza a Salerno. Un “grazie” che si moltiplica Ho avuto tanto da tutti. Il mio primo grazie va alla comunità saveriana di Salerno. La diversità di età e di pensiero non ci hanno impedito di vivere serenamente. Ringrazio le saveriane, perché in ogni famiglia ci vuole un tocco femminile. Ringrazio i laici saveriani: siete stati per me una grande scoperta. Ammiro il vostro impegno nelle parrocchie e nelle vostre famiglie, dove cercate di comunicare lo spirito missionario. Grazie a sacerdoti, religiosi e religiose: ho avuto modo di confrontarmi, di condividere, di arricchirmi con voi. Il grazie più grande va a giovani e giovanissimi. Grazie per esservi fidati di me. Avete aperto il vostro cuore e mi avete comunicato umanità e affetto. Continuate il cammino di fede nelle parrocchie, continuate ad arricchirvi con il cammino missionario in compagnia dei saveriani. E credete sempre di più in voi stes■ si e a Gesù. ne ha tante aspettative e noi facciamo quello che possiamo, considerando che anche in Italia si stanno passando momenti difficili. Però, in tutto questo c’è una ricaduta del lavoro anche a Guspini, perché buona parte del materiale della costruzione è stato comprato e costruito a Guspini. Abbiamo dato lavoro in Ciad e a Guspini esaltando la generosità e il volontariato per una concreta sinergia di solidarietà universale, quindi missionaria nel vero senso della parola”. Tuttus in paris! In Ciad, nella regione sud occidentale del Mayo Kebby, lavorano due saveriani sardi: p. Tonino Melis e p. Marco Bertoni. Entrambi hanno scritto libri e fatto ricerche etnologiche e linguistiche sulle etnie masa e musey. Dal 2000 si portano avanti progetti di educazione e assistenza che vanno dai bambini delle scuole rurali dei villaggi ai giovani con la creazione della prima facoltà universitaria di studi agrari della zona. Tre giovani insegnanti ciadiani sono stati aiutati a studiare agraria a Villacidro e Sassari. La libera università “Lulez” per studi agro-zootecnici ha lo scopo di garantire il rendimento dell’agricoltura di sussistenza, alimentare e ambientale, migliorare l’organizzazione del lavoro e ridurre la povertà, per costruire una prospettiva di sviluppo endogeno autonomo e sostenibile nel tempo. Come dicono i sardi: “tuttus in paris”. Questa volta si è aggiunto ai volontari il fotoreporter Mariano Casti, che ci ha raccontato il viaggio attraverso sms, fotografie ed e-mail. Ecco la sua testi■ monianza. (continua nel riquadro) L’ AFRICA TI RIPAGA... SEMPRE MARIANO CASTI La prima settimana a Siekè, in Ciad, ti sembra di morire; tutto quello che vedi è lontano anni luce da ciò che hai anche solo immaginato: una città, che di città non ha nulla, un popolo che dal mattino presto si riversa in strada per il mercato, che di “mercato” non ha nulla! La regina è la polvere, la strada asfaltata è una sola; il resto è sabbia, sabbia e polvere. Hanno il cellulare, la birra e la coca cola, ma non hanno ancora il concetto di igiene. Il veicolo principale di molte malattie è l’acqua! Le fogne sono in strada… Assurdo! Però sono felici! Non ho visto un bambino triste; sorridono sempre. La vita è questa per loro. Dopo dieci giorni inizi a sopportare il caldo e si va al mercato a comprare la carne… La tocchi per scegliere quale pezzo di filetto comprare, senza pensare al fatto che è piena di mosche e che altre persone come te l’hanno toccata. Perchè qui si tocca tutto con le mani e ci si deve adeguare. Certo i primi giorni devi chiudere occhi, bocca e naso quando vai a comprare, visto che al mercato di Bongor, vicino al “settore carni”, c’è la fogna a cielo aperto. Cose assurde per noi, abituati al marchio Cee... Poi però arriva il tramonto che è qualcosa di paurosamente bello! Una luce calda invade tutto ciò che ti circonda; filtrano i raggi tra la polvere e rendono l’atmosfera surreale e tu, con calma, te lo devi gustare... In Africa nessuno ha fretta. Il nostro concetto di tempo qui non funziona; tutto è sfasato e diverso, ma una cosa è certa: se dai il tuo tempo all’Africa, lei ti ripagherà con qualcosa che non hai mai nemmeno osato immaginare! Un tramonto a Bongor, in Ciad, secondo Mariano Casti 2012 GENNAIO CREMONA 26100 CREMONA CR - Via Bonomelli, 81 Tel. 0372 456267 - Fax 0372 39699 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00272260 Missionario, chimico dello spirito Il saveriano viadanese p. Piero Sartorio C on p. Piero Sartorio ho viaggiato nel 1981 da Kitutu a Shabunda, quando i ponti, che separano le due parrocchie, erano ancora in piedi. Siamo partiti in Landrover alle quattro del mattino per arrivare a destinazione con la pioggia, alle 23. Il viaggio era di circa 300 chilometri. I giovani lo ammiravano Lo scopo era visitare la comunità saveriana della parrocchia più lontana e più estesa della regione. L’occasione era unica per un viaggio in compagnia di p. Piero, allora nostro superiore. Non avevo mai avuto la possibilità di incontrarlo prima. Nelle numerose ore di strada abbiamo parlato, raccontato, scambiato opinioni e pregato. È nata così una stima reciproca. Dietro le lenti dei suoi occhiali, p. Piero guardava la persona che incontrava con simpatia, voleva bene, entrava in relazione, faceva domande, ascoltava e commentava, proponeva prospettive di fede. Aveva contatti con tante persone, soprattutto con i giovani. Li ospitava e li introduceva al vero senso della vita, della vocazione, delle cose. I giovani lo ammiravano, erano attirati dal suo esempio e lo seguivano negli incontri di formazione. L’amore per i detenuti Era laureato in chimica e amava la natura. Era contemplativo, ammirava gli alberi e i fiori, il cielo e gli uccelli, la musica e i cori, l’arte e la pittura… Gustava p. GIUSEPPE DOVIGO, sx la frutta e il cibo saporito. Sapeva condividere e affascinare. Le persone sensibili e sincere si affezionavano a lui. Non sopportava, invece, la durezza del cuore umano. Padre Piero aveva grande sensibilità e profondo amore per i detenuti. Li visitava nelle pessime condizioni delle carceri congolesi. Andavo con lui, qualche volta, nel mio soggiorno a Goma; entravo in quei luoghi disumani, dove l’aria era puzzolente e irrespirabile, e dove il caldo era insopportabile. Con coraggio, p. Piero intraprendeva iniziative per denunciare le gravi violazioni dei diritti umani nelle prigioni. Le sue richieste non sempre erano accolte volentieri e, il più delle volte, ricevevano solo pro■ messe vaghe. Viadana, terra di missionari Andrea Facchetti ordinato diacono 7 dicembre, AnM ercoledì drea Facchetti, giovane viadanese che lo scorso 24 ottobre ha emesso la professione perpetua tra i missionari saveriani, è stato ordinato diacono. La celebrazione si è svolta nel santuario “San Guido Conforti”, presso la casa madre dei saveriani, a Parma. Cresciuto all’oratorio Castello e formatosi nel gruppo scout, Andrea ha frequentato il liceo scientifico cittadino e si è laureato in scienze della comunicazione a Reggio Emilia. Nel settembre 2004, conclusa l’università, ha deciso di diventare missionario: un cammino formativo di otto anni, iniziato a Milano con il biennio teologico, e continuato ad Ancona con due anni di noviziato; a Parma terminerà gli studi in primavera e sarà ordinato sacerdote. Oltre allo studio, il giovane viadanese è impegnato in diverse attività pastorali. Da tre anni è catechista e volontario Caritas presso il carcere di Parma. “Accompagno i detenuti - spiega Facchetti - anche all’esterno, nell’aiuto a cercare il lavoro o la casa, o semplicemente nel dialogo e nell’ascolto... All’amico Mustafà che capisce poco l’italiano, quando l’altro giorno mi chiedeva chi è il diacono, ho risposto senza pensarci più di tanto, che «è quasi prete». In re- don CLAUDIO RASOLI altà, la parola diacono in greco significa servo e indica un cammino verso il basso, seguendo i passi di Gesù che prima di essere ucciso lascia alle persone che ama l’insegnamento di lavare i ■ piedi agli altri”. “La vita è bella e da vivere con gioia” p. SANDRO PARMIGGIANI, sx C osì mi scriveva dal Congo, il grande amico e confratello p. Piero Sartorio, nato a Carrobio di Viadana il 23 giugno 1929. Suo papà si chiamava Defendente e sua mamma Ida Scaglioni, donna molto religiosa e piena di carità; ha saputo donare ai suoi due figli un’educazione cristiana profondamente radicata nella vita concreta di ogni giorno. Missionario a 26 anni Piero era stato uno studente brillante. Subito dopo la laurea in chimica, aveva iniziato il lavoro in azienda per poter aiutare la sua famiglia ed era fidanzato con una brava ragazza. Ma Dio aveva altri piani per lui! Gli aveva fatto incontrare i saveriani all’università di Parma. Così aveva deciso di dedicare la sua vita a Cristo e alle missioni, entrando nel noviziato di S. Pietro in Vincoli (Ravenna) l’8 ottobre 1955. Tre anni dopo aveva fatto la professione perpetua tra i saveriani. Era stato ordinato sacerdote il 16 ottobre 1960, insieme ad altri 25 saveriani, nella chie- sa dell’istituto a Parma. In quegli anni c’ero anch’io, con altri quattro cremonesi e 98 giovani teologi provenienti da molte regioni d’Italia. Il suo sogno era l’Africa, dove ha vissuto e lavorato dal 1961, eccetto un periodo di sette anni trascorsi in Italia (dal 1971 al 1978). Gli occhi pieni di luce Il 15 ottobre 2011, sono stato invitato a Parma per festeggiare il 50° anniversario della mia ordinazione sacerdotale con tutti i saveriani presenti in comunità. Tra loro c’era anche p. Piero, da poco tornato dal Congo. Mi sono avvicinato a lui poco prima della Comunione per l’abbraccio della pace; mi aveva accolto senza dire una parola, ma con un sorriso silenzioso e con gli occhi pieni di luce. È stato il saluto più bello e più eloquente di tutti. Padre Piero è morto all’alba del 21 novembre 2011. Due giorni dopo, ho festeggiato il mio compleanno partecipando al suo funerale. Per lui un giorno di festa, per me di rimpianto. Ciao, p. Piero: “Jam■ bo Sana”. Padre Sartorio con p. Olvera e il vescovo di Bukavu, mons. Rusengo, durante le celebrazioni per il 50° di indipendenza del Congo nel 2010 SAVERIO CHIAMA, CONFORTI RISPONDE Celebrazione con il vescovo e i sacerdoti don CLAUDIO RASOLI Padre Borelli e i segni di speranza RICCARDO NEGRI saveriano di ViadaU nnaaltro è p. Emanuele Borelli, 8 che in occasione del suo rientro in Italia per un periodo di riposo, ha incontrato numerosi fedeli viadanesi, cui ha offerto una preziosa testimonianza sul significato della carità cristiana. Padre Emanuele lavora a Marikina, una parrocchia di 100mila abitanti nell’immensa periferia di Manila. Gran parte della popolazione è formata da famiglie che vivono in baracche lungo il fiume, nella precarietà estrema. La situazione igienica è indescrivibile; alcolismo e violenza fanno da padroni. “Noi missionari cerchiamo di essere tra la gente, di portare un conforto spirituale e materiale a tutti, anche ai non cattolici; di promuovere educazione, pace e giustizia. È un piccolo segno di speranza per questa gente che altrimenti sarebbe esclusa e dimenticata da tutti. Ai giovani viadanesi dico di non accontentarsi di comunicare solo su internet, ma di incontrare le persone e ascoltarle, darsi da fare in oratorio e nei gruppi. Ai pensionati consiglio di non sedersi davanti alla tv o ai tavolini di un bar, ma di rendersi ancora utili nelle associazioni o nelle scuole”. ■ Andrea Facchetti, ordinato diacono il 7 dicembre a Parma, e p. Emanuele Borelli, missionario nelle Filippine: sono di Viadana, così come p. Parmiggiani e il compianto p. Sartorio La serata di sabato 3 dicembre, presso la casa dei saveriani, il vescovo Lafranconi ha celebrato l’Eucaristia in memoria di san Francesco Saverio, patrono della famiglia missionaria fondata da san Guido Conforti nel 1895. Durante la Messa, i cinque saveriani della comunità cremonese hanno rinnovato i voti religiosi. Ogni anno, in occasione della memoria liturgica del Saverio, la casa dei saveriani in via Bonomelli accoglie sacerdoti, autorità, benefattori e amici dell’istituto missionario. In prima fila c’erano il vicesindaco Malvezzi, il consigliere provinciale Torchio e altre persone amiche. La liturgia è stata animata dalla corale di Corte de’ Frati. Nell’omelia, mons. Lafranconi ha preso lo spunto dalle letture bibliche della seconda domenica d’Avvento. Isaia invita a gridare la liberazione di Dio, cosa che fece Francesco Saverio nella sua infaticabile opera missionaria tra India, Giappone e Malesia. “Questo grido - ha spiegato il vescovo - risuonò nel cuore di mons. Conforti e lo spinse non solo a diventare missionario, ma anche a creare una congregazione missionaria che si spende per il vangelo”. In una meditazione, il Conforti fece un confronto tra il Saverio e Gesù: “Il cristiano - spiegò il santo vescovo di Parma - è un altro Cristo e questo noi lo vediamo luminosamente anche nel nostro protettore san Francesco Saverio. Fu copia fedele di Cristo. Cercò una cosa sola: la gloria di Dio, facendolo conoscere a coloro che giacciono nelle tenebre”. Terminata la Messa, vescovo, sacerdoti e benefattori si sono intrattenuti a cena con i saveriani. 2012 GENNAIO DESIO 20033 DESIO MB - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 625035 - Fax 0362 624274 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 I relatori della “tavola rotonda” su san Guido Conforti che si è tenuta dai saveriani di Desio; da destra: p. Lino Maggioni, p. Giuliano Perozzi, p. Rosario e mons. Ennio Apeciti San Guido... a una tavola rotonda “Vedere, cercare, amare Dio in tutto e in tutti!” è il pensiero che mi sta accompagnando da diverso tempo, conoscendo giorno dopo giorno san Guido. Lo stesso pensiero ho ritrovato durante la “tavola rotonda”, a cui ho partecipato il 13 ottobre 2011 nella casa saveriana di Desio. Con questo sguardo, desidero riassumere gli interventi dei relatori di quella sera, nella speranza che chi non ha potuto parteciparvi possa sentire il cuore che si riscalda, come io l’ho sentito attraverso le parole e le esperienze di mons. Ennio Apeciti e dei saveriani p. Lino Maggioni e p. Giuliano Perozzi. Coraggiosi e innamorati Vedere Dio in tutto, ma con quali occhi? Direi gli occhi di un innamorato di Cristo, come san Guido. Un innamorato, che non era il solo ad avere questo sguardo! Mons. Ennio ha paragonato, infatti, la vita di san Guido a quella del suo maestro, il beato card. Andrea Ferrari. Cosa significhi vedere Dio per noi oggi, stimolati dall’esempio di questi due grandi uomini, è stato ben descritto da mons. Ennio. Si tratta di fare sul serio e dare sempre il massimo, fino in fondo. È il coraggio di essere sempre ottimisti, sapendo che “l’avvenire sarà della scienza cristiana, della fratellanza evangelica, della luce religiosa”. È il coraggio di pensare alla grande. Il coraggio di prendere il largo, come Pietro, uscendo dal nostro quieto mare: “se la gente non viene più in chiesa, siamo noi a dover andare a cercarla”. Il coraggio alla santità: meno che santi non si può essere fecondi! Vedere Dio in tutto è essere innamorati di un Cristo che ci rende veri uomini e vere donne: allora sì che il mondo riesce a cambiare! La forza dell’obbedienza Cercare Dio in tutto, in che modo? Una strada percorsa da san Guido ce l’ha offerta, con la sua narrazione, padre Lino: il cammino dell’obbedienza! NORMA CANIZZARO San Guido obbedì al cercare Dio, non se stesso, non la propria gloria, non la propria storia: forte dell’aver visto Dio, scelse di percorrere il cammino che porta alla conferma di questa continua e tenace, instancabile ricerca. Infatti, quando mons. Angelo Roncalli chiese a mons. Guido Conforti di ritirarsi e lasciare l’Unione missionaria del clero (di cui era presidente), per seguire un modello di missione fatta dalla comunione di tutte le forze (sostenuta dal giovane Roncalli a nome del Papa), il Conforti si fermò e obbedì. Questo ci insegna che saper mettere da parte i propri progetti e obbedire, non è sinonimo di sconfitta; pur forti di argomentazioni e motivazioni, ciò che ci rende santi è fare spazio alla volontà di Dio, abbracciando i progetti di pienezza che Dio riserva a ciascuno di noi. La capacità di amare Amare Dio in tutto, forti di Partiamo insieme verso la vita! L’animazione missionaria nei nostri oratori è nata nove anL’ iniziativa ni fa con l’intento di far tuffare le comunità parrocchiali della zona di Desio nel mare della missionarietà. Un pomeriggio di giochi, preghiera e laboratori vuole aiutare le ragazze e i ragazzi, gli animatori e gli educatori, tutta la comunità a capire che ci sono missioni che tutti noi siamo chiamati a vivere da protagonisti, sul nostro territorio e nella vita di tutti i giorni. Sì, ne vale la pena! Una sera di novembre nella casa saveriana di Desio, i giovani e gli animatori si sono ritrovati per rispondere a una domanda: “Ha senso oggi presentare 8 ancora questa iniziativa?”. Sarà stata la recente santificazione del Conforti, sarà perché dentro ciascuno di noi non riesce a spegnersi la fiamma dell’animazione, ma quella sera abbiamo detto: “Sì, vale la pena!”. L’impegno missionario ci appartiene. In un mondo di tanti cambiamenti, diventa sempre più importante “essere trasmettitori di fede”, ed esserlo con esperienze di vita, con scelte personali e comunitarie: “Sì, vale la pena!”, dicevano i nostri volti con entusiasmo. “Fare del mondo una sola famiglia”: questo è stato il titolo di quest’anno. Riconoscerci come appartenenti alla stessa fami- I bambini sono pronti a suonare i tamburi alla giornata di festa degli oratori, per dire: “Usiamo il cuore, perché noi crediamo nell’amore” ELISABETTA GRIMOLDI glia, pur nella diversità, in ogni angolo della terra, è la missione che ci siamo affidati. Andiamo contro corrente… I bambini sanno essere grandi missionari e riescono sempre a provocare molte riflessioni (oltre al fatto che tutti non sopportano il “grande fratello” in tv!). Ecco alcune riflessioni che mi sono rimaste dentro l’anima. “Fermati e riconosci che esiste un’altra umanità, fatta da tanti fratelli e sorelle che abitano in tutto il mondo”. Com’è facile per le nuove generazioni pensare al mondo come se fosse il posto in cui vivo. Le nuove tecnologie aiutano ad abbattere barriere geografiche. “Condividi ciò che hai, compresa la tua fede, la tua vita. Non pensare a chi ha bisogno, solo come a una persona da aiutare, ma a una persona con cui condividere”. La condivisione parte dall’accorgersi che vicino a me ci sono persone che hanno bisogno di qualcosa che io ho, a volte anche della mia povertà. “Usiamo il cuore e non le armi, perché noi crediamo nell’amore”. Sfidiamoci a vivere con il necessario; andiamo controcorrente. E allora partiamo insieme verso la vita, il mondo, la gioia! ■ averlo visto, di averlo continuato a cercare, siamo chiamati al più alto compito: l’amore, lasciandoci innanzitutto amare e capaci di generare amore! Dalla testimonianza di padre Giuliano, mi sembra di cogliere alcuni elementi che caratterizzano la capacità di amare. Oggi in Cina la presenza dei cristiani è molto modesta. I saveriani s’impegnano, per motivi politici e sociali, solo in due ambiti: l’insegnamento e la promozione umana. Molti potrebbero criticare tale presenza, ma questo è l’amore; questo è amare Dio in tutto, come emerge nelle parole di padre Giuliano: “la missione è seminare, testimoniare il vangelo con la vita, suscitare domande e interesse nelle persone che ci avvicinano. Una cosa molto dimessa e che non appare; anzi, scompare nella società”. L’amore c’è pur non vedendosi; la presenza di Dio c’è pur nel silenzio operoso dei missionari e fa risplendere il messaggio evangelico attraverso la testimonianza. Dice p. Giuliano: “Come l’acqua, il vero bene cerca i posti più bassi e più umili, quelli che gli altri evitano”. Questo è amare Dio in tutto e in tutti! ■ Notizie e appuntamenti Gennaio è il mese della pace. Il tema scelto per quest’anno è: “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. Il Papa ci invita ad “ascoltare e valorizzare le nuove generazioni nella realizzazione del bene comune e nell’affermazione di un ordine sociale giusto e pacifico, dove possano essere pienamente espressi e realizzati i diritti e le libertà fondamentali dell’uomo”. Non dimentichiamo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, dal 18 al 25 gennaio. Quest’anno il titolo è: “Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore” (cfr. 1 Cor 15,51-58). Quando i cristiani comprendono il valore e l’efficacia della preghiera in comune, essi cominciano ad essere trasformati in ciò per cui stanno pregando. OGNI PREGHIERA FA LA DIFFERENZA p. PAOLO ANDREOLLI, sx Cari amici Desio, dopo tre bei mesi di riposo in Italia, sono di nuovo in Amazzonica. Le attività sono riprese a pieno ritmo: festa del patrono San Félix, Avvento, Natale... Ma porto ancora nel cuore le numerose emozioni vissute; prima tra tutte, la canonizzazione di san Guido Conforti, a Roma. È indescrivibile l’esperienza vissuta in quei giorni: vedere il nostro padre Guido, proposto come modello di santità per la chiesa universale; respirare mondialità nella chiesa di San Paolo fuori le Mura durante la professione perpetua e il mandato missionario a giovani coraggiosi, tra cui una giovane famiglia partente per il Brasile... Tutto mi ri- P. Andreolli durante le sue vacanze in Italia è passato anche a Desio suona nel cuore e lo riscalda. Nei mesi di riposo, ho incontrato tanti giovani e adulti; ho anche raccolto i frutti della vostra generosità, da portare nella missione di San Félix. Ringrazio le tante persone che hanno offerto il frutto del loro sacrificio, in questo tempo di crisi economica mondiale: il Signore vi ricompensi con larghezza infinita. Vi chiedo di continuare a pregare con tutto il cuore il Signore, perché mandi operai nella sua messe. Coraggio giovani: non abbiate timore! Abbiamo tutti una sola vita, e credetemi, donarla a Dio per la missione ne vale proprio la pena! Il Signore vi benedica per il molto che state facendo per la missione. Non smettete di pregare per noi missionari. Vi posso confermare che ogni vostra preghiera fa la differenza nel cuore dei missionari. San Guido Conforti benedica la sua famiglia missionaria e tutti coloro che la sostengono con la loro generosità. 2012 GENNAIO FRIULI 33100 UDINE UD - Via Monte S. Michele, 70 Tel. 0432 471818 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 210336 La festa di san Guido Conforti Tre vescovi, tanti sacerdoti e la missione P osticipando di tre giorni la festa del nostro santo fondatore, per permettere la partecipazione di vescovi e sacerdoti della diocesi di Udine, l’8 novembre 2011 abbiamo celebrato la solennità di san Guido Conforti. La partecipazione di sacerdoti, religiosi e religiose è stata numerosa; ma quello che ha sottolineato ancora di più la solennità dell’evento è stata la partecipazione dell’arcivescovo di Udine mons. Andrea Bruno Mazzocato e dei due arcivescovi emeriti mons. Alfredo Battisti e mons. Pietro Brollo. p. CARMELO BOESSO, sx Pensieri e opere, secondo don Manfredi Dopo una calorosa accoglienza, si è svolto l’incontro. Don Angelo Manfredi, sacerdote di Lodi con laurea in storia della chiesa e autore di una biografia bella e ben documentata sul nostro fondatore, ha presentato il Saveriani e sacerdoti di Udine hanno partecipato numerosi alla festa in onore di san Guido Conforti; ha presieduto mons. Andrea Mazzocato, arcivescovo della diocesi Pellegrini friulani s’incontrano Racconti, testimonianze e... prodotti tipici I l 20 novembre scorso, presso la casa dei saveriani di Udine, c’è stata una bella festa in onore di san Guido Conforti. È stato un ritrovo di tanti parenti dei missionari insieme a chi si era recato a Roma in occasione della canonizzazione del fondatore. La festa prevedeva la santa Messa celebrata da p. Carmelo Boesso e p. Giuseppe Marano; poi il pranzo, per il quale ognuno ha contribuito con prodotti tipici friulani da condividere, accompagnando il tutto con ottime bevande, solo ed esclusivamente friulane. 8 Un’altra bella giornata! Dopo pranzo non poteva mancare il racconto - allegro al punto giusto - del viaggio a Roma, realizzato con belle fotografie arricchite da commenti divertenti. Al termine, ci siamo salutati con l’intenzione di rivederci ancora per non perdere il collegamento tra noi e con i missionari, nonché con l’amato Guido Conforti, nostro apprezzato compagno di viaggio. Il clima della festa è stato davvero gioioso e arricchente. Abbiamo trascorso una di quelle giornate che “ti riconciliano con la vita e con il mondo”! Non poteva che andare così, visto che anche il pellegrinaggio a Roma ha funzionato alla perfezione. È stato un viaggio ricco di allegria, serenità, gioia di stare insieme, voglia di conoscere di più mons. Conforti, desiderio di pregarlo e invocarlo: emozioni, ricordi, impegno per la missione. Amicizia, preghiera e gioia Cento friulani, guidati da p. Carmelo e p. Giuseppe, sono partiti dal Friuli per raggiungere Loreto, cittadella mariana in cui siamo stati accolti e in cui abbiamo affidato alla Madonna la nostra vita. Poi l’arrivo all’albergo di Fiano Romano, dove ci siamo sentiti a casa, grazie alla calorosa accoglienza degli albergatori. I tre giorni romani, con pieno respiro missionario e Confortiano, sono stati davvero un evento di quelli che segnano la vita, per- p. GIUSEPPE MARANO, sx ché non capita ogni anno di poter assistere a un evento così bello, così grande e così straordinario. Quando abbiamo visto, seppur da lontano, il bambino miracolato da san Guido, l’emozione è stata tanta! Per non parlare poi della splendida Messa nella basilica di San Paolo, che ci ha dato energia e ci ha accompagnato anche nel viaggio di ritorno. Grazie, Signore, per averci donato san Guido, lo zelo missionario, l’amicizia vera e sincera, e tanta voglia di gioire insieme. L’appuntamento è per la prossima occasione! Abbiamo voglia di incontrarci ancora e scambiarci energie, in vista della missione da compiere ogni giorno, ognuno nel luogo in cui vive. ■ Padre Marano, tra p. Boesso e p. Codutti, ha celebrato la Messa con i parenti dei saveriani e i pellegrini, reduci dal pellegrinaggio a Roma per san Conforti profilo del santo. Ha cominciato con alcuni cenni biografici, per inquadrare la figura del Conforti nella storia civile e religiosa del suo tempo. Si è poi soffermato più dettagliatamente sulla sua azione pastorale come arcivescovo di Ravenna e vescovo di Parma, ma con la mente e il cuore sempre tesi verso il mondo. Questo anelito missionario, che lui non ha potuto realizzare personalmente per problemi di salute e che comunque lo ha accompagnato sempre nella sua vita, si è andato concretizzando nella fondazione dell’istituto saveriano, nell’apertura della missione in Cina, nella fondazione della Unione missionaria del clero, di cui fu primo presidente, nel suo viaggio faticoso in Cina per visitare i suoi missionari, ma soprattutto nella sua dedizione amorevole alla crescita dell’istituto stesso e alla formazione dei suoi missionari. La santità del quotidiano Ovviamente non sono mancati cenni alla sua spiritualità, vissuta con semplicità nella vita di ogni giorno. La santità del Conforti si potrebbe definire una santità del quotidiano, vissuto in maniera straordinaria: “fede viva che faccia vedere Dio, cercare Dio, amare Dio in tutto”; Cristo crocifisso come manifestazione massima dell’amore di Dio; Cristo come modello di santità per tutti, ma soprattutto per chi occupa ruoli di responsabilità nella chiesa e nella società: vescovi, sacerdoti, missionari, maestri, genitori… La conferenza è stata molto apprezzata non solo per i contenuti, ma anche per la vivacità dell’esposizione e per il linguaggio sempre brillante del sacerdote relatore. Una ricorrenza speciale Dopo un breve intervallo, è iniziata la celebrazione Eucaristica, presieduta dall’arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato con la partecipazione degli arcivescovi emeriti e dei sacerdoti presenti. Nell’omelia, dopo un breve pensiero su san Guido, il vescovo ha sottolineato l’apporto del nostro istituto saveriano nella diocesi di Udine, non solo per una crescita nello spirito missionario, ma anche per la generosa e aperta collaborazione nella vita pastorale. In particolare, l’arcivescovo ha ricordato che quest’anno ricorre il 65.mo anniversario della presenza dei missionari saveriani in Friuli. La fondazione risale all’8 settembre 1946, con il consenso dell’arcivescovo mons. Giuseppe Nogara, che si era dichiarato “ben felice di accogliere nella sua diocesi i figli di mons. Conforti”. Da allora sono stati 65 i missionari friulani che sono entrati a far parte della famiglia saveriana. Un “grazie” reciproco, quindi, è doveroso. Il bel tutto si è concluso nella gioia con l’agape fraterna, che ha suggellato questo giorno speciale di fraternità sacerdotale. ■ LA SANTITà ACCESSIBILE A TUTTI san GUIDO CONFORTI Il Signore vi ha fatto comprendere che la santità che egli esige da voi consiste non già nel compiere opere grandi, ma nel compimento dei doveri che giorno per giorno, momento per momento c’incombono: adempiteli dunque questi doveri con fedeltà e costanza. Alcuni si santificarono fra lo splendore del trono e gli agi delle ricchezze, e non pochi all’ombra delle pareti domestiche e fra le angustie della povertà. Altri raggiunsero l’apice della perfezione cristiana in età avanzata, ed altri invece in pochi anni di vita percorsero il gran cammino e diedero al mondo l’esempio delle più sublimi virtù. Furono ottimi genitori che educarono i propri figli al culto d’ogni più bella virtù religiosa e civile. Furono spose esemplari che fra i muri domestici tennero accesa la lampada della fede, da cui attinsero la forza, l’energia per sopportare pazientemente i maltrattamenti e le infedeltà. Furono angeliche creature che, o per prestare pietoso aiuto ai genitori resi impotenti dall’età o dalla malferma salute, ovvero per allevare i fratellini rimasti orfani, rinunciarono generosamente alle pure gioie della famiglia… Furono giovanetti e donzelle che, nonostante le occasioni pericolose di fronte alle quali si trovarono, seppero mantenersi puri, guardandosi dalla contaminazione del peccato. Furono ricchi che vissero distaccati con il cuore dai beni della terra; poveri che non imprecarono alla loro sorte, ma la santificarono con la rassegnazione cristiana; operai onesti che con il sudore della fronte camparono la vita onorata; afflitti, perseguitati, oppressi dalle infermità, che con invitta fortezza tollerarono le avversità della vita, fisso lo sguardo al premio eterno. 2012 GENNAIO MACOMER 08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9 Tel. 0785 70120 - Fax 0785 70706 E-mail: [email protected] - C/c. postale 207084 Ti racconto una storia, c’era un volto Una bella esposizione interculturale e dinamica p. DINO MARCONI, sx L a frase del sottotitolo si può leggere sulle vetrate dell’ingresso. Nel salone al piano terra, tre poster con scritte e foto spiegano “chi siamo”: l’identità, la spiritualità e il carisma dei saveriani. Il primo poster richiama l’articolo 7 delle nostre Costitituzioni saveriane: “La nostra missione ci chiede di proclamare il regno di Dio là dove non è riconosciuto”. Il vangelo di Gesù è il bel dono che possiamo condividere con l’umanità. Il secondo poster chiarisce il fondamento della nostra spiritualità: Cristo al centro di tutto. Lo zelo apostolico si esprime nello spirito di fede e di obbedienza, nell’amore per la famiglia saveriana e nell’apertura a tutta l’umanità e a tutte le culture. La missione ci invita a lasciarci interpellare dai valori delle altre religioni, dalle tradizioni di altri popoli. Il terzo poster chiarisce il nostro carisma di annunciare il vangelo ai non cristiani: “Guai a me se non predicassi il vangelo”. L’annuncio del vangelo di Gesù costituisce la forma prima e preferenziale per l’attuazione del nostro carisma saveriano. La ricerca e le gru di Sadako Il percorso della mostra si svolge in quattro sale e inizia con la visione della proiezione del video della mostra. Il gioco dei volti sui quattro sassolini delle età della vita, difficili da tenere insieme per le difficoltà di unire le quattro generazioni una dopo l’altra - e contempora- neamente con le altre. Nella prima sala al piano superiore vediamo bambini sorridenti. Si può vedere il grande quadro incorniciato di un volto sconosciuto e serio di un ragazzo che ci pone domande sui diritti dei bambini nel mondo: famiglia, gioco, studio, salute, cibo, bambini soldati, bambini sposi, bambini lavoratori, bambini vittime. Si può svolgere anche la ricerca di un bambino dei cinque continenti, su una foto da identificare e rintracciare con una scheda. La piccola foto della statua di Sadako Sasaki mostra una gru d’oro verso il cielo nel centro della sala e invita alla speranza. Sadako aveva due anni quando scoppiò la bomba atomica a Hiroshima, ma solo a 11 si manifestarono i sintomi della leuce- Il mio saluto a tutti gli amici La missione è dura, bella e gratificante canzone “Qualcosa di N ella ben più grande”, che si rifà alla lettera del Conforti scritta ai giovani, c’è una frase significativa: “È una vocazione tanto dura e bella, vale la pena seguirla”. In questi giorni sto sperimentando proprio questi due aspetti della missione: la difficoltà e la sofferenza, e allo stesso tempo, la bellezza e la grandezza di poter continuare la missione iniziata da Cristo. Perché la missione è “dura” Sei anni fa, quando ancora mi trovavo in Africa, mi è stato chiesto di mettermi a servizio della famiglia missionaria e di stare alcuni anni in Italia, a Salerno. Ora vado in Asia, in Thailandia, e questo mi fa paura, mi mette un po’ in crisi, tanto da chiedermi se sarò all’altezza. Ho accettato di andare in Thailandia, 8 ma sono consapevole che per me non sarà una passeggiata, perché dovrò studiare più lingue e perché devo andare in un posto che sento molto distante da me. La missione è “dura” per me oggi anche per un altro motivo. Sono chiamato a trasmettere un messaggio - quello di Dio - che spesso contrasta con il mio essere. Limiti ed errori rendono più difficile la missione che Dio mi affida ogni giorno. Perché la missione è “bella” La missione riempie la vita. Tante volte in questi anni mi è capitato di confrontarmi con i giovani sul senso della vita, sull’importanza di fare delle scelte che ci diano pienezza. Questa pienezza io l’ho trovata nella missione, nella partenza, nell’accogliere la chiamata di Padre Alessandro Brai, saveriano di Palmas Arborea (OR), destinato alla missione in Thailandia, ha trovato il tempo per visitare la mostra interculturale 2011, allestita dai saveriani a Macomer, e di interagire con i bambini delle scuole p. ALEX BRAI, sx Dio non come un peso, ma come un dono, una grazia, una sfida. La missione è “bella” perché ci fa scoprire di più la gioia di essere cristiani. Fin da piccolo mi chiedevo: come fa una persona a desiderare di andare in un posto pieno di mille difficoltà, così diverso dal suo? Stare in Africa è stato per me un motivo di grande gioia, ma lo è stata anche l’esperienza a Salerno. Un “grazie” che si moltiplica Ho avuto tanto da tutti. Il mio primo grazie va alla comunità saveriana di Salerno. La diversità di età e di pensiero non ci hanno impedito di vivere serenamente. Ringrazio le saveriane, perché in ogni famiglia ci vuole un tocco femminile. Ringrazio i laici saveriani: siete stati per me una grande scoperta. Ammiro il vostro impegno nelle parrocchie e nelle vostre famiglie, dove cercate di comunicare lo spirito missionario. Grazie a sacerdoti, religiosi e religiose: ho avuto modo di confrontarmi, di condividere, di arricchirmi con voi. Il grazie più grande va a giovani e giovanissimi. Grazie per esservi fidati di me. Avete aperto il vostro cuore e mi avete comunicato umanità e affetto. Continuate il cammino di fede nelle parrocchie, continuate ad arricchirvi con il cammino missionario in compagnia dei saveriani. E credete sempre di più in voi stes■ si e a Gesù. I bambini della scuola “Abbasanta” alla mostra interculturale “Ti racconto una storia, c’era un volto”, allestita dai saveriani di Macomer mia. Un’antica leggenda giapponese racconta che chi riuscisse a creare mille gru, simbolo di lunga vita, potrebbe realizzare un desiderio. Sadako lavorò fino al 1955 per porre fine alle sofferenze, curare tutte le vittime accanto a lei, e portare la pace “costruendo gru” con la tecnica dell’origami. Giovani nel futuro e gli anziani La seconda sala mostra i volti degli adulti, accompagnati dallo slogan, “Ci metto la faccia”. Sono il simbolo della denuncia per la giustizia, il volontariato, la missione, la solidarietà. Spiccano il grande quadro con la cornice dorata della birmana Aung San Suu Kyi, il poster di Martin King e i lavoratori anonimi con il casco. Ci sono volti noti da ricercare, volti dei premiati Nobel e di persone importanti. Qui si può fare il gioco di mettere la propria faccia nel quadrato preferito dei cinque motivi della vita, rappresentati da un personaggio simbolo. I bambini si specchiano nel futuro della propria vita immaginandosi adulti e rispondono su un foglio alla domanda: “cosa farò da grande e perché?”. La terza sala è divisa in due, per l’età di giovani e di anziani, separati da un muro, simbolo di comunicazione e di divisione nella vita. C’è l’anziano saggio capo-villaggio africano, che racconta la sua storia. La sedia a rotelle ricorda gli infermi, mentre la poltrona con il giornale è simbolo del riposo dei nostri anziani. Domande provocatorie sono scritte sui biglietti da appendere al muro: Quale colpa hanno i vecchi? Perché i bambini servono e i vecchi no?”... ■ (continua nel riquadro) ANCHE QUESTA è MISSIONE ! p. D. MARCONI, sx La sala del volto giovane incorniciato, anonimo senza storia, è il simbolo dei giovani nelle diverse culture del mondo. Ci sono immagini di giovani motivati da sport, musica, tradizioni, mezzi tecnologici, impegno nel volontariato, violenza e tenerezza. Ci sono le sedie girevoli del dialogo fra amici. Il muro è uno spazio da decorare attraverso murales, messaggi amorosi, volgari, enigmatici... -, in modo da trasformarlo “da muro che separa a un muro che comunica”. Nel corridoio, ci sono i mattoni girevoli su cui scrivere un motivo di speranza. Nelle quattro sale oggetti vari riassumono i mille volti di tutte le età della nostra vita nelle culture e tradizioni dei popoli, con i loro problemi. È un cammino di riflessione fatto di immagini e di domande, di giochi a cui rispondere, per imparare a vivere bene e fare le nostre scelte. Una versione della storia di Sadako racconta che sia riuscita a completare 1.300 gru prima di morire; secondo un’altra, ne avrebbe completate solo 644, mentre le restanti 356 sarebbero state aggiunte dai suoi amici. Ciò significa che anche a noi tocca il compito di collaborare per comporre le gru di origami, l’arte di piegare la carta: la carta della nostra vita per realizzare un desiderio. Ringraziamo le guide, giovani e laici saveriani volontari di Salerno e di Macomer, che per mezzo di dinamiche interattive hanno reso più stimolante e profondo il percorso della mostra. Attraverso volti e storie, raccontano, sognano e si impegnano per un mondo più giusto, più fraterno, più bello per tutti! Anche questa è missione! Una mostra così bella, che è impossibile non fotografarla! 2012 GENNAIO MARCHE 60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40 Tel. 071 895368 - Fax 071 2812639 E-mail: [email protected] - C/c. postale 330605 DIARIO DELLA COMUNITà I cinque colori della missione Con i sacerdoti e il vescovo di Ancona dicembre, il primo O gni giovedì del mese, abbia- mo la gioia di celebrare la festa di san Francesco Saverio con i sacerdoti della diocesi di Ancona - Osimo e gli incaricati degli uffici missionari delle Marche. Anche quest’anno abbiamo celebrato insieme. All’inizio dell’incontro, noi saveriani abbiamo presentato ai sacerdoti i temi dell’animazione missionaria e vocazionale che stiamo realizzando con alcuni gruppi giovanili. Evidentemente, offriamo alle parrocchie anche l’aiuto per celebrare le Messe e per le confessioni. Volto umano e famiglia Memori della canonizzazione del nostro fondatore mons. Guido Conforti, avvenuta a Roma lo scorso 23 ottobre, abbiamo fatto risaltare le cinque caratteristiche del missionario, proposte dalla p. ENZO TONINI, sx sua spiritualità. Lo stesso fondatore afferma che il missionario è “la personificazione più bella e sublime della vita ideale”. Ecco dunque i cinque colori che formano l’arcobaleno di questa “vita bella”. Il primo colore è il “volto umano”. Questo mondo ha bisogno di volti umani. Troppo abbruttito ormai dal volto della “bestia”, che a volte viene osannato, il mondo vuole vedere vol- Padre Enzo Tonini durante l’incontro con i sacerdoti per la festa di san Francesco Saverio, a cui ha partecipato anche mons. Menichelli SPAZIO GIOVANI Corre chi avvista la preda L’animazione missionaria con i ragazzi antico narra di U nunracconto giovane monaco che domanda al padre priore: “Come mai tanti abbandonano la vita consacrata?”. Il priore rispose raccontando una storia. Un branco di cani da caccia stava sonnecchiando al sole del pomeriggio. Uno dei cani avvista una lepre; si alza e comincia a correre. Gli altri cani, al vedere il compagno, si alzano e lo seguono con gran confusione. Ma poi, uno ad uno i cani si ritirano, non sapendo dove andare. Continua la corsa solo il cane che aveva avvistato la lepre. 8 L’entusiasmo e la costanza Qualcosa di simile può succedere anche ai nostri giovani e ragazzi, quando organizziamo gli incontri di animazione e formazione missionaria nelle parrocchie. Porto un esempio. Al campo estivo di Cingoli, hanno partecipato una cinquantina di ragazzi e animatori di quattro parrocchie. L’esperienza era stata molto gradita e i ragazzi ne erano entusiasti. Perciò abbiamo organizzato un secondo incontro, per rivederci e iniziare un cammino di crescita insieme. Ma alla riunione sono venuti solo un quarto dei ragazzi. Come mai? Ricordando il racconto del priore, non rimaniamo sorpresi. Nel campo estivo, ci si era incontrati e conosciuti, avevamo assaporato nuove amicizie, ci eravamo entusiasmati, giocando e pregando insieme. Poi, gli impegni per la scuola, per lo sport, per il gruppo di amichetti..., hanno distolto l’attenzione da quella bella esperienza estiva. Forse, è mancata... la lepre! Dobbiamo avvistare Gesù La lepre è Cristo. Chi riesce Una giovane con in testa... il mondo ai campi estivi 2011 ti umani, assetati di amore e non più di odio. Il secondo colore è la famiglia. Il volto umano comincia a formarsi proprio in famiglia, non nell’individualismo che imbruttisce e ci rende freddi. Il missionario non vive solo; vuole e desidera sempre costruire una famiglia. La vita comune aiuta a creare lo spirito di famiglia, necessario a tutti noi. Cristo, impegno e partenza Come tutti gli artisti abbiamo bisogno di un modello, che ispiri e dia dinamicità. Ecco allora il terzo colore: Cristo, volto umano per eccellenza, costruttore sicuro e unico di famiglia. Cristo è la ragione iniziale della missione; è anche l’unico centro del nostro pensare e del nostro agire. Il quarto colore è la consacrazione religiosa. La missione, infatti, non è solo un sogno di gioventù, né un modo per occupare il tempo libero, ma impegno totale di tutta la vita. Il missionario non dà una parte del suo tempo; è missionario a tempo pieno. Questo progetto non è limitato a uno spazio geografico, a un’isola felice (che non c’è, come dice la canzone). Il progetto si realizza con la partenza: uscendo dalla propria terra e dalla propria cultura, dal proprio mondo, per calpestare una nuova terra e costruire, con la forza dello Spirito e la parola del vangelo, la nuova umanità del regno di Dio. Questo è il quinto colore: la partenza per la missione. Una bella sinergia Il nostro vescovo ha coronato l’incontro con la celebrazione dell’Eucaristia. Durante l’omelia, ha messo in risalto gli aspetti che rendono san Francesco Saverio ancora attuale; non solo per i missionari, ma anche per i sacerdoti. Saverio si è speso completamente per la missione, senza alcuna riserva. Non era guidato dall’attivismo, ma da un’intimità profonda con Cristo. Nell’insegnamento del cristianesimo andava alle cose essenziali. Infine, esortava i giovani a diventare missionari per annunciare Cristo nel mondo. Perché tutti hanno bisogno del vangelo di Cristo, ma coloro che lo annunciano sono sempre troppo pochi. Abbiamo concluso la giornata con il pranzo in fraterna amicizia. I sacerdoti ci hanno ringraziato. Ma siamo noi a ringraziare loro, che ci chiamano ad animare le loro comunità, per avere uno sguardo che superi i confini del piccolo ■ spazio parrocchiale. SPAZIO GIOVANI p. SERGE TCHATCHé, sx ad avvistarlo, a gustarne il sapore, lo insegue più facilmente e si lascia affascinare da lui. Ne era convinto san Paolo, che correva per poter afferrare il Cristo che amava. Gli altri sembrano correre, ma senza una meta precisa si stancano e piantano lì: “correre dietro a chi?”, si domandano. Dobbiamo avvistare Gesù per avere il motivo di correre. Ecco, Gesù si presenta adesso a noi come un Bambino, un Neonato. E sembra che abbia bisogno di noi. Ci sono troppi Erodi che lo vogliono eliminare. A noi il compito di difendere questo Pargolo. Difenderlo vuol dire “perdere il tempo” per stare con lui. E non si tratta di fare lunghe conversazioni, ma di guardarlo, di contemplarlo. Allora quel Neonato crescerà in noi, diventerà grande: tanto grande che saremo noi a essere guardati e difesi da lui. In quel secondo incontro, c’erano vari ragazzi “nuovi”, che partecipavano per la prima volta. Nel pomeriggio sono arrivati anche i genitori. Abbiamo concluso con la santa Messa. Ci auguriamo che tutti - o almeno qualcuno di loro - abbia avvista■ to la preda! FACEGOD, UNA VITA “TAGGATA” DA DIO p. S. TCHATCHé, sx Questo è il titolo di un libro, che è stato usato come tema conduttore della “due giorni” che alcuni giovani di Ancona hanno trascorso nella casa dei saveriani, un sabato e domenica di dicembre. Erano 23 ragazzi di 16 - 17 anni, conosciuti durante l’ultimo campo estivo dell’AC diocesana. Desiderosi di incontrarsi ancora, erano accompagnati dai loro animatori Marcello, Enrica, Camilla, Annamaria e Matteo. Hanno trascorso questi giorni approfondendo il tema della “Chiamata”. Una vita “taggata” da Dio, è l’invito a prendere consapevolezza di quale sia la nostra origine e soprattutto quale sia la nostra identità: persone (chi)amate, desiderate, volute dal Signore, anche grazie ai nostri genitori. Attraverso filmati e spot, partendo da un’indagine sulle varie immagini di Dio, abbiamo cercato di capire quale sia il senso del nostro essere al mondo. Abbiamo cercato di renderci conto dei condizionamenti a cui siamo esposti nella vita quotidiana e come la società voglia far passare un’immagine distorta di Dio e della fede cristiana. Abbiamo scoperto che una vita “taggata” da Dio è una vita da persone libere, non schiave; è una vita dove Dio non è un rivale ma il Padre che ci conosce e valorizza; una vita che non esalta le proprie imperfezioni o quelle degli altri, ma che sa di essere una “meraviglia stupenda” e di portare in sé una scintilla di bellezza, riflesso della bellezza di Dio. Ragazzi e animatori dell’Azione cattolica si sono trovati dai saveriani di Ancona per due giorni di ritiro spirituale 2012 GENNAIO PARMA 43123 PARMA PR - Viale S. Martino, 8 Tel. 0521 920511 - Fax 0521 920502 E-mail: [email protected] - C/c. postale 153437 Nuovi volti e nuove storie... I nuovi teologi saveriani si presentano a Cristo è anzitutL’ adesione to un’adesione individua- le, come risposta alla chiamata di Dio, ma si concretizza meglio nel contesto di una comunità, “luogo di gratuità e amicizia, di perdono e crescita nella santità”, come afferma san Guido. Dopo la partenza di Bernard, Petrus e Thiago, ormai presbiteri saveriani, la comunità dello studentato internazionale di Parma ha accolto sei nuovi confratelli. È una comunità composta attualmente da 17 studenti e 4 formatori. Gli studenti vengono dall’Africa (quattro dal Congo, due dal Burundi, uno dalla Sierra Leone), dalle Americhe (quattro dal Brasile, due dal Messico), dall’Asia (due dall’Indonesia) e dall’Europa (due dall’Italia). I formatori vengono dall’Italia e dal Messico. a cura di JACQUES e FRANCISCO Queste sette nazionalità rappresentano il carattere multiculturale e internazionale della nostra comunità. Presentiamo i nuovi arrivati. Da Lissone, Alessio Crippa Ho 30 anni e sono originario di Lissone, provincia di Monza Brianza. Il mio cammino di formazione con i saveriani è cominciato cinque anni fa, trascorsi a Desio e ad Ancona. Ho conosciuto i saveriani nel 2000, partecipando all’ordinazione sacerdotale di p. Sante Gatto, originario della mia parrocchia e ora missionario in Brasile. Da quel momento la comunità dei saveriani di Desio è stata per me testimone di un modo diverso di essere cristiano: uno stile capace di scelte radicali, aperto all’incontro con gli altri - musulmani o buddisti, marocchini o Alessio Crippa, da Lissone (MB) zingari - alla ricerca di momenti di condivisione e di festa, camminando sulle strade della gente alla luce della Parola, provando a correre il rischio di vivere il vangelo. Tutto ciò mi ha fatto innamo- Altri volti e altre storie... I nuovi teologi si presentano / 2 C ontinuiamo a scoprire chi sono i nuovi arrivati nella comunità degli studenti di teologia a Parma. Dal Messico, Francisco Il mio nome competo è Francisco Valadez Ledesma. Ho 24 anni e sono del Messico. Ho conosciuto i saveriani quando ero da mio zio nella città di Salamanca. Con lui ero andato a parlare con il promotore vocazionale di quella comunità: mi ha invitato a partecipare ad alcuni incontri di ragazzi. Così ho fatto per circa due anni; poi, durante le scuole superiori, ho conosciuto diversi saveriani che rientravano dalle loro esperien- 8 Francisco Valadez Ledesma dal Messico za di missione. Attirato dalle loro testimonianze, sono entrato in seminario per completare gli studi. Con la professione dei voti religiosi, nel 2007 sono diventato saveriano. Ho studiato filosofia a Guadalajara; sono stati tre anni d’intensa attività, apostolato e servizio. Ho svolto l’animazione missionaria e vocazionale in un quartiere della periferia. Nel luglio 2010 sono stato destinato alla comunità di San Juan del Rio, per collaborare come prefetto degli aspiranti missionari nel nostro seminario. Ora continuo la mia formazione nella teologia internazionale di Parma, dove sto imparando la lingua italiana, importante per studiare bene. Dall’Indonesia, Hotman Mi chiamo Hotman Parluhutan Sitanggang e vengo da Sumatra, una delle isole dell’arcipelago Indonesiano. Ho 29 anni e sono il secondo di nove figli. Quando ero piccolo, volevo diventare insegnante; ma poi ho scoperto che Dio aveva altri piani su di me. Dopo la scuola superiore, ho deciso di entrare in seminario; ma il mio parroco mi ha indicato i saveriani. Così, nel 2003 sono entrato nella casa di formazione saveriana a Yogyakarta. Tre anni dopo, ho emesso la prima professione dei voti religiosi e dal 2006 al 2010 ho a cura di JACQUES e FRANCISCO rare di Cristo e mi ha portato a quel “sì” pronunciato il 10 luglio ad Ancona, in occasione della mia prima professione religiosa. Grato a tutti i saveriani che ho conosciuto e che hanno “segnato” la mia vita, sono contento oggi di poter vivere qui, in una comunità dove posso crescere con un respiro pienamente “internazionale”, assieme ai miei fratelli. Dall’Indonesia, Juang Romualdus Sono nato 27 anni fa in un piccolo villaggio dell’isola di Flores, quinto di otto figli. Sono cresciuto in una famiglia cattolica fervente. Mia madre partecipa alle attività spirituali della comunità e anch’io sono stato abituato a seguire questi impegni, specialmente la Messa e il catechismo domenicale. Il nostro parroco era un verbita tedesco. Le sue omelie erano piene di entusiasmo e il suo spirito di dedizione era straordinario. Così è sorto nel mio cuore il desiderio di diventare come lui. Finito il liceo, ho fatto domanda di entrare tra i saveriani che avevo conosciuto attraverso un libretto che raccontava la vita di san Francesco Saverio. Quei racconti mi avevano molto impressionato, tanto da voler imitare lo spirito missionario. L’indonesiano Juang Romualdus Ho letto la storia della congregazione saveriana e ho chiesto informazioni. Sapendo che i saveriani si dedicavano all’annuncio del vangelo ai non cristiani, il mio desiderio di diventare missionario come il mio parroco si è rafforzato. Ho seguito la trafila della formazione e ora sono pronto per l’anno di studio della lingua italiana, per frequentare gli studi teologici a Parma. Dei saveriani mi piace lo spirito missionario, lo spirito di preghiera costante, la fraternità e il senso di famiglia, l’entusiasmo nello studio, l’amore per le altre culture. Considero tutto ciò come un grande dono del Signore e un bagaglio di ricchezza nel mio cammino vocazionale come sa■ veriano. ULTIMI VOLTI, ULTIME STORIE I nuovi teologi si presentano / 3 a cura di JACQUES e FRANCISCO Dal Burundi, Jean-Baptiste Hotman Sitanggang, giovane saveriano dell’Indonesia studiato filosofia a Jakarta. In questi anni, ho ricevuto l’incarico di seguire varie attività apostoliche vicino a Jakarta: la pastorale sociale tra i bambini dei pescatori, l’insegnamento religioso nella scuola superiore, l’accompagnamento dei catecumeni in parrocchia e all’università Cattolica, l’assistenza dei lavoratori e il dialogo interreligioso. Completati gli studi, ho vissuto un anno di esperienza missionaria nella parrocchia Santa Maria Assunta a Siberut, nelle isole Mentawai. Dopo tutto questo cammino, ora sono a Parma e sto imparando l’italiano per continuare bene gli studi in teologia. ■ Il mio cognome è Congera; sono burundese della diocesi di Gitega. Fin dall’infanzia ho visto i missionari italiani “fidei donum” nella mia parrocchia. Stando con loro, mi domandavo come avrei potuto diventare anch’io missionario. Così, a metà dei miei studi, sono entrato nel seminario minore di Bugenyuzi. Qui ho conosciuto per la prima volta i saveriani e dal 2004 ho partecipato a diversi incontri organizzati durante le vacanze. Nel 2007, ho cominciato la formazione saveriana nella comunità di Bujumbura, sentendo in me il desiderio di propagare il regno di Dio ovunque. Il noviziato è stato per me un’opportunità per approfondire il carisma saveriano e conoscere meglio san Guido Conforti. Ora la Provvidenza mi ha mandato in Italia per continuare il mio cammino nella comunità dello studentato di Parma, in cui sto ima parando la lingua italiana. Ne sono felice e Jean Baptiste Conger dal Burundi ringrazio il Signore per tutto. Dal Messico, padre Ernesto Sono p. Ernesto Moriel Guerrero e sono messicano. Sono l’ultimo di otto fratelli e in famiglia siamo tre sacerdoti: due diocesani e io saveriano. Sono stato ordinato nel 1989. Dopo sette anni in Messico come animatore vocazionale, formatore ed economo degli aspiranti missionari, per dieci anni sono stato missionario in Giappone. Sono stato chiamato a servire la comunità della teologia internazionale di Parma, dove mi trovo molto bene. Padre Ernesto Guerrero, messicano, vicerettore della teologia saveriana di Parma 2012 GENNAIO PIACENZA 25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9 Tel. 030 3772780 - Fax 030 3772781 E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259 Don Ciotti: il coraggio e la speranza Incontro dopo incontro La festa di Saverio con mons. Monari I saveriani di Brescia quest’anno hanno giocato d’anticipo e giovedì 1° dicembre hanno celebrato la festa di san Francesco Saverio, patrono delle missioni, ospitando i sacerdoti della diocesi per la tradizionale mattinata di riflessione, guidata da mons. Luciano Monari. Il vescovo ha condotto un parallelo tra mons. Conforti e il Saverio, a cui il fondatore dei saveriani ha intitolato la sua famiglia di missionari. L’anima vale l’eternità Conforti ammira la vocazione missionaria di san Francesco Saverio: “Ha compreso il nulla delle cose della terra e la preziosità dell’anima umana, perché immortale, fatta a immagine di Dio e redenta dal sangue di Cristo, salvata la quale tutto è salvato, e Mons. Monari durante l’incontro con i sacerdoti per la festa di S. Francesco Saverio; accanto a lui un ascoltatore d’eccezione: san Guido Conforti 2 dicembre, don V enerdì Luigi Ciotti, presidente di a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx perduta la quale tutto è perduto e per sempre. Questa verità l’ha reso uomo tutto celeste”. “È l’immagine che Conforti ha di Saverio - ricorda il vescovo; ma è anche il suo auto ritratto, quello che l’ha spinto a essere vescovo missionario. L’anima è tutto, vale l’eternità. Il resto passa, non appare, è nulla. Dirlo è la cosa più semplice, ma interiorizzare questo modo di valutare le cose, richiede una conversione profonda del pensiero e una correzione dei sentimenti, perché il mondo con tutte le sue realtà s’impone alla nostra vita, ai sensi, all’immaginazione, per cui condiziona desideri e decisioni. Com’è possibile fare ciò? La risposta sta nella meditazione. Nella spiritualità del Conforti, la meditazione è stata una dimensione decisiva della sua vita, perché il modo in cui vive scaturisce da quello che lui medita, legge nella Parola di Dio e assimila ■ progressivamente”. “Libera”, è stato ospite dei saveriani di Brescia dove ha aperto le iniziative della “Tenda della solidarietà 2011”. L’incontro, seguito da un folto pubblico, aveva come tema “Tratta degli esseri umani: le nuove mafie”. Alla serata hanno partecipato anche Franco Valenti, che ha tratteggiato un quadro sull’immigrazione bresciana e lombarda, e il procuratore aggiunto Fabio Salamone, che ha spiegato come nella magistratura si osservi un’attenzione positiva e culturalmente corretta al fenomeno dell’immigrazione: “la gente, ancor più dei provvedimenti giuridici, capisce che è importante confrontarsi, cogliendo gli aspetti positivi che una cultura diversa può darci”. Lo sfruttamento culturale Don Ciotti ha fotografato la realtà che incontra con “Libera”, associazione impegnata a sollecitare nella società la lotta alle mafie e a promuovere legalità La bambina e il fratellino Ciò che conta è salvare la vita umana A Tavernerio, Clementine, ci ha commosso con il racconto dell’assalto subito dalle saveriane, qualche tempo fa a Luvungi, in Congo. Un terribile mattino si trovarono costrette ad abbandonare la missione, perché i militari, scesi dalle montagne che fanno da corona al popoloso villaggio, stavano incendiando le capanne della gente e saccheggiando anche l’ambulatorio della missione. 8 Un guizzo… felino In quei momenti le saveriane capirono una cosa sola: dovevano unirsi alle gente che scappava, per evitare gesti inconsulti che, in quella situazione, avrebbero trasformato le violenze in tragedia. Fra paura e tensione, capitò qualcosa di imprevisto che cambiò il senso delle cose. Nel cortile della missione era entrata una bambina che portava sulla schiena il fratellino più piccolo di lei. Aveva camminato tutta notte per sentieri di montagna, sospinta da un’idea che le martellava in testa: “Devo raggiungere l’ambulatorio delle suore perché mio fratellino ha una pallottola dentro il piedino”. Il mattino precedente, infatti, i soldati avevano portato scompiglio nei villaggi a monte. A un certo punto avevano fatto irruzione nella capanna dove quella bambina aveva trovato riparo insieme a sua madre, che portava il fratellino sulla schiena. In un attimo, con un guizzo di quelli che riescono solo ai bambini, si era nascosta dietro la porta; da qui La saveriana Clementine ha raccontato la storia vera della bambina che ha salvato il suo fratellino p. LINO MAGGIONI, sx aveva sentito sparare due colpi. E, mentre i soldati continuavano a vociare in modo concitato, lei era riuscita a raggiungere il vicino bananeto. Una lezione importante Là aveva trascorso la notte in un’attesa interminabile. Al calare del sole si azzardò a rientrare nella capanna. Sua madre era supina, per terra, in una pozza di sangue. Il fratellino era ancora vivo, tutto rannicchiato sulla schiena della madre. La bambina si rese conto di esser rimasta sola, senza più nessuno al mondo. Aveva capito che toccava a lei salvare la vita al fratellino. Al vedere quella bambina, suor Clementine abbandonò la fila dei profughi e prese la strada verso un ospedale distante 60 chilometri. Là il fratellino della bambina fu curato. Tutti e due furono accolti in una delle tante famiglie che, anche quando fuggono dalla guerra, non dimenticano di salvare la vita degli altri. Suor Clementine ha concluso la sua testimonianza ricordando che, quella mattina, una bambina congolese senza nome, le ha insegnato che la cosa più importante è salvare la vita umana. ■ Don Luigi Ciotti a San Cristo e giustizia. È partito dal traffico di organi nel nostro Paese e da “quell’intuizione che il procuratore Pace ebbe per primo, osservando una moto che trasportava disabili dall’estero e che tornava indietro senza passeggeri”. Poi ha raccontato del traffico di neonati, per superare i tempi lunghi delle adozioni internazionali e della tratta a fini sessuali, i cui veri numeri restano incerti. Don Ciotti racconta brevi, atroci storie di cui “Libera” è testimone: dalla ragazzina albanese scappata dal circuito della prostituzione, a cui per vendetta gli sfruttatori hanno sgozzato la sorella quindicenne, alle donne italiane espulse dal mercato del lavoro e costrette a prostituirsi. “Non si può generalizzare e non si deve semplificare - dice don Ciotti - ma c’è una domanda sulle nostre strade che va indagata. Il problema sono anche i signori clienti…”. Racconta poi dello sfruttamento nel lavoro e si chiede: “Chi conosce il patrimonio culturale dei giovani stranieri giunti qui da tutto il mondo e diventati vittime di sfruttamento? La maggior parte ha un diploma di scuola media, il 29% una laurea. Abbiamo bisogno di pensiero profondo per renderci più responsabili. Ci deve essere una rivolta dentro le nostre coscienze. Il mio invito è a rafforzare la giustizia sociale e la legalità, veri presupposti per la pace, e ad avere il coraggio del dubbio. Perché la speranza non è in ven■ dita!”. UN GRANO DI SALE p. LINO MAGGIONI, sx Ricordo il primo incontro con alcuni anziani della tribù dei bashi, in Africa. “Padre, tu sei ancora giovane, ma è bene che sappia come è iniziata l’evangelizzazione qui in Congo. Verso la fine del 1800, giunsero nella nostra regione due uomini di Dio. Provenivano dalla Tanzania. Avevano camminato a piedi per 2.500 chilometri. I due bianchi non diedero importanza al fuggi-fuggi generale che aveva suscitato la loro comparsa. I due stesero le mani in avanti. Nel palmo tenevano alcuni grani di sale. Seguirono momenti di disagio. Poi, le capre si mossero per prime. Andarono a leccare le mani dei due uomini di Dio. Dopo le capre, arrivarono i bambini, anche loro a leccare i grani di sale. I bambini andarono a chiamare i genitori. Padre, è grazie a un grano di sale che la gente oggi popola le nostre chiese. È grazie a quel grano di sale che la chiesa in Congo ha religiose, preti e vescovi. Quel grano di sale è il seme dei numerosi martiri della nostra chiesa. Voi, giovani missionari, non dovete dimenticare che la nostra fede è come un grano di sale…”. Queste parole mi sono tornate in mente vedendo il Papa in Africa per la visita in Benin, dove ha chiesto agli africani di insegnare anche a noi europei che la fede, quando è grande come un grano di sale, basta e avanza. Papa Benedetto XVI stringe mani durante la sua visita in Africa 2012 GENNAIO PIEMONTE e liguria 20033 DESIO MI - Via Don Milani, 2 Tel. 0362 630591 - Fax 0362 301980 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00358200 è Natale anche in Africa Ognuno con il proprio ruolo e con un dono nasce un bambiQ uando no, vuole far sentire che è arrivato e piange. La mamma lo prende tra le sue braccia e lo coccola con amore. La medesima cosa succede in Africa. I bambini, sulla schiena della mamma, quasi fossero un fagotto, ti guardano con i loro occhioni: vogliono sapere chi sei. Quando ti avvicini, si nascondono per un momento. Poi rifanno capolino e si aprono al sorriso. Sono tutti uguali i bambini del mondo. Tutti vogliono sentirsi amati. Tutta la comunità in fermento Anche il Bambin Gesù, prima di nascere, stava al sicuro nel grembo di Maria, mentre Giuseppe cercava un posto dove farlo nascere. Poi, in mezzo alla paglia, riscaldato dall’asino e dal bue e cullato dagli angeli, è venuto a stare in mezzo a noi. La sua nascita ha fatto compagnia a tanti altri bambini nel mondo. Laggiù in Africa, Natale è un giorno bellissimo. Certo, non c’è la neve, ma c’è l’atmosfera giusta. Le famiglie sono abituate ad accogliere i bambini. Sono la loro ricchezza e cercano di dare loro amore (anche se a volte qualcuno si dimentica). E con l’amore, celebrare il Natale diventa più semplice. Tutta la comunità si prepara. Chi pensa ai canti - e le corali danno il meglio di loro stesse. Si pulisce la chiesa, la si riempie di fiori e addobbi. Tutto intorno si lavora per togliere le erbacce, in modo che chi verrà, si senta bene accolto. Le mamme pensano a cosa faranno da mangiare per la grande festa. I soldi, anche lì, sono sempre troppo pochi, ma per Natale si farà qualcosa di buono: un bel pollo arrostito, erbe e patatine fritte, e l’in- p. OLIVIERO FERRO, sx variabile risotto (riso con erbe e spezie). L’importante è stare insieme e far festa. È bello sognare cose buone C’è l’attesa della Messa della notte, dove tutti si ritrovano per accogliere il Bambino Gesù (e tutti i bambini del mondo). La corale comincia “a scaldarsi” con canti dolci che invitano alla riflessione. La processione comincia e il canto e la danza l’accompagnano. È festa, giorno di festa, e non si può stare fermi. All’omelia, il sacerdote raccoglie quello che sta nascosto nel cuore di ognuno e lo mescola con la Parola di Dio appena ascoltata. È sicuro che gli angeli, che hanno appena cantato il “Gloria a Dio…”, porteranno alla capanna i desideri e i progetti di questi fratelli e sorelle dell’Africa. Non possono dimenticarli, anche perché all’offertorio ognuno di loro MISSIONE E PREGHIERA / 21 Pellegrini di pace tutto l’anno Sulla via indicata da san Benedetto S i apre davanti a noi il cammino di un nuovo anno, dono di Dio. Inoltriamoci dunque in esso con il cuore pieno di speranza. All’inizio del nostro pellegrinaggio troviamo ad accoglierci Colei che il concilio di Efeso ha riconosciuto “Madre di Dio”. Maria regge sulle ginocchia il Re della Pace, Colui che è la nostra pace. Felicemente perciò la chiesa ha scelto di celebrare proprio il 1° gennaio anche la “giornata della pace”, che quest’anno ha un tema bello e impegnativo: “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. Ecco un campo di lavoro per tutti! 8 Una proposta di pace Nella concezione biblica, la pace è il compendio di tutti i beni della salvezza, il frutto che matura sull’albero della giustizia e dell’amore; è la palma della vittoria riportata sul peccato e sulla morte. Proprio in questa prospettiva san Benedetto traccia la sua Regola, che è sostanzialmente una proposta per un cammino di pace: proposta valida non solo per i monaci, ma per ogni cristiano, per ogni uomo di buona volontà e in particolare per i giovani. San Benedetto, infatti, era appena ventenne, quando lasciò Roma, rinunziando radicalmente al miraggio dei falsi valori da molti perseguiti con astuzia e forza. Ritiratosi in orante solitudine, sostenne nel suo cuore una dura lotta per vincere le inclinazioni al male iscritte nella natura. E si formò così alla pace, ossia si conformò a Cristo, mite e umile di cuore. Come uomo di pace egli – dietro insistente richiesta – uscì dalla solitudine per diventare sapiente guida nel cammino spirituale. Nel prologo alla Regola, si rivolge al discepolo indicandogli la via della pace come la San Benedetto, maestro spirituale della vera pace M. ANNA MARIA CàNOPI, osb [email protected] via della vita: “Se vuoi avere la vera ed eterna vita, …sta’ lontano dal male e fa’ il bene, cerca la pace e perseguila”. Gli strumenti della pace Condizione indispensabile per perseguire la pace è la rinuncia a ogni forma di orgoglio e di auto affermazione, in cui è nascosto il germe della violenza e della discordia. Tra i numerosi “strumenti per le buone opere”, che san Benedetto mette in mano al discepolo per dissodare la dura terra del proprio cuore, ricorrono insistentemente quelli riguardanti la carità e la pace. Eccone alcuni: “Non portare ad effetto i moti dell’ira; non riservarti un tempo per sfogare la collera; non tenere inganno nel cuore; ama i nemici; non avere spirito di contestazione; torna in pace con chi è in discordia, prima che tramonti il sole…”. Vissuto così, l’anno cronologico diventerà un tempo di grazia, un tempo riscattato dalla schiavitù del male e dilatato nella dimensione trascendente della perenne giovinezza, in cui l’uomo, anziché invecchiare e morire, diventa sempre più giovane, perché partecipe della vita di Dio e cittadino del suo regno di giustizia ■ e di pace. Gesù Bambino è nato ancora una volta anche in Africa (foto G. Dovigo) porta il suo dono. E la Messa continua... Al canto finale, la gioia si scatena. Ormai è buio, ma le stelle brillano luminose nel cielo. Si torna insieme, cantando, nelle proprie case. I bambini verranno il giorno dopo a far festa al loro amico Gesù. Ora stanno dormendo e sognando tante belle cose. Forse anche il bel pranzo di domani. Non fa male sognare le cose buone. Dove batte un cuore… Il giorno dopo è tutto per loro, i bambini. Si alzano allegri per esprimere la loro gioia a Gesù. Sperano che il sacerdote “non la tiri troppo in lungo”, perché vorrebbero tornare a casa presto. Ma sanno che non è possibile. La mamma sta ancora lavorando per tutta la famiglia e allora: è meglio fermarsi a cantare e danzare tutti insieme. Poi, pian piano, tra risate e scherzi, se ne tornano a casa. Chissà cosa li aspetta? Già sentono un qualcosa in fondo in fondo che dice loro: “Buona festa!”. È la vita semplice, fatta di condivisione e accoglienza, senza dimenticare i problemi di ogni giorno. Gesù non viene per cambiare da solo la nostra vita; vuole farlo insieme a noi. I missionari gli danno una mano volentieri; anche loro sono stati bambini tanti anni fa. Ora sono lontani dai propri paesi, ma si sentono bene insieme a questi nuovi amici, perché “dove batte un cuore, là c’è sempre un po’ dell’amore di Gesù”. E allora, anche quest’anno, anche se fisicamente lontano dall’Africa, mi vien da dire: “Joyeux Noel à tout le monde” - Felice Natale a tutti! ■ UN GRANO DI SALE p. LINO MAGGIONI, sx Ricordo il primo incontro con alcuni anziani della tribù dei bashi, in Africa. “Padre, tu sei ancora giovane, ma è bene che sappia come è iniziata l’evangelizzazione qui in Congo. Verso la fine del 1800, giunsero nella nostra regione due uomini di Dio. Provenivano dalla Tanzania. Avevano camminato a piedi per 2.500 chilometri. I due bianchi non diedero importanza al fuggi-fuggi generale che aveva suscitato la loro comparsa. I due stesero le mani in avanti. Nel palmo tenevano alcuni grani di sale. Seguirono momenti di disagio. Poi, le capre si mossero per prime. Andarono a leccare le mani dei due uomini di Dio. Dopo le capre, arrivarono i bambini, anche loro a leccare i grani di sale. I bambini andarono a chiamare i genitori. Padre, è grazie a un grano di sale che la gente oggi popola le nostre chiese. È grazie a quel grano di sale che la chiesa in Congo ha religiose, preti e vescovi. Quel grano di sale è il seme dei numerosi martiri della nostra chiesa. Voi, giovani missionari, non dovete dimenticare che la nostra fede è come un grano di sale…”. Queste parole mi sono tornate in mente vedendo il Papa in Africa per la visita in Benin, dove ha chiesto agli africani di insegnare anche a noi europei che la fede, quando è grande come un grano di sale, basta e avanza. Papa Benedetto XVI stringe mani durante la sua visita in Africa 2012 GENNAIO PUGLIA 74122 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15 Tel. 099 7773186 - Fax 099 7772558 E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747 Il pugliese p. Gianvito Nitti con una suora clarissa in Bangladesh, di cui è assistente spirituale; sullo sfondo, il bel campo di riso che le clarisse coltivano I miei 25 anni in Bangladesh Saveriano pugliese di Castellana Grotte Nato nel 1950, all’età di 27 anni, padre Gianvito iniziava la sua avventura con i missionari saveriani, come egli stesso ci racconta. S ono stato ordinato sacerdote a Parma nel 1983 a settembre. Un anno dopo sono andato a Londra per studiare l’inglese. In seguito i superiori mi hanno chiesto di partire per il Bangladesh dove, grazie alla visita di Giovanni Paolo II nel marzo del 1987, ho avuto il visto per entrare. Ero felice: finalmente si realizzava il sogno che avevo coltivato fin da bambino: andare in missione! Il prossimo marzo celebrerò 25 anni di missione. Con i poveri contadini Appena arrivato in Bangladesh, mi sono buttato nello studio della lingua e della cultura bengalese. Ma nel gennaio 1988, ero nuovamente in Italia a causa di un’emorragia all’occhio destro. Ho vissuto la prima sconfitta: la vergogna di abbandonare la missione dopo neanche un anno, per motivi di salute. Fortunatamente, dopo un mese di cure, tornavo in Bangladesh, destinato nella missione di Baradal, insieme a p. Antonio Germano e in mezzo a gente veramente povera. Qui sono stato viceparroco e preside della scuola della missione con circa 500 alunni, dalla prima classe fino all’ottava. Erano ragazzi e ragazze di diversa estrazione culturale e religiosa: musulmani, hindu e cristiani. Nel dicembre dello stesso anno la nostra zona è stata colpita da un forte ciclone che ha provocato la morte di 20mila persone. Anche nella nostra missione p. GIANVITO NITTI, sx ci sono state vittime e rovine ingenti. E la gente è diventata ancora più povera. In questo contesto, il mio cammino di fede si è approfondito sempre più. Tra i non cristiani fuori-casta Nel 1991, sono stato inviato nella missione di Chuknagar, dove gli unici cristiani eravamo noi quattro saveriani inviati per un progetto di dopo-scuola tra i fuori-casta hindu e i musulmani poveri. Al mattino bambini, ragazzi e giovani andavano in classe; nel pomeriggio venivano alla missione per il dopo-scuola. Seguivamo anche una dozzina di villaggi, dove veniva portato avanti un programma di alfabetizzazione, coinvolgendo i giovani più grandi che, oltre a frequentare la scuola e a studiare, dovevano a loro volta insegnare ai loro fratelli e sorelle più pic- Ritiri e catechesi biblica Con le clarisse e altre suore del Bangladesh 2000 sono stato inviato N elcome parroco nella missio- ne di Jamalkhan in Chittagong, la seconda città più importante del paese per la presenza del porto sul golfo del Bengala. La parrocchia era piccola; c’erano circa 700 cristiani cattolici su una popolazione di quasi 20mila persone. “Cappellano del mare” Oltre alla parrocchia, che non assorbiva tutto il mio tempo, ho svolto il servizio di cappellano del mare: il ministero tra i marinai delle navi che arrivavano nel porto da varie parti del mondo, soprattutto dai Paesi asiatici. Ho anche continuato la catechesi biblica nel noviziato di suore missionarie francesi, le figlie di nostra Signora delle missioni. Sono stato in questa missione per sei anni. Qui mi sembra di aver appreso in modo più pro- fondo la solidarietà con la gente e la responsabilità di essere inseriti, per opera e grazia di Dio, nel mistero più grande della salvezza. In questi anni ho approfondito la vocazione di essere pastore e discepolo: sempre alla scuola del Maestro Gesù, con la consapevolezza di essere inviato, affinché il Signore continui a compiere il suo progetto di liberazione e di salvezza dell’uomo. Ritorno alla formazione Nel 2006 sono stato nuovamente richiamato nella capitale Dhaka, come rettore della casa di formazione. Questa casa è il piccolo seminario saveriano in cui i giovani bengalesi cercano di conoscere la volontà di Dio su di loro attraverso la preghiera, lo studio dell’inglese e frequentando i corsi di filosofia nel seminario maggiore del Bangladesh. Verso la fine del 2008, ho Padre Gianvito con le novizie delle suore “Shanti Rani” (Regina della pace) a Dinajpur, davanti alla cappellina dedicata a san Giuseppe 8 p. G. NITTI, sx chiesto e ottenuto di fare un “anno sabbatico” a Roma dove, sempre come uditore, ho frequentato per un anno l’istituto Biblico. La scuola, lo studio e l’attività pastorale mi hanno permesso di entrare sempre di più nella conoscenza del mistero di Dio e dell’uomo. Un anno dopo, a febbraio 2010, sono tornato in Bangladesh. Una fede da approfondire Ora mi trovo ancora nella casa saveriana a Dhaka. Conduco la catechesi biblica e i ritiri spirituali. Sono impegnato con quattro comunità al nord del paese: tre a Dinajpur e una a Mymensigh. A Dinajpur ci sono due comunità di suore “Shanti Rani” (Regina della Pace) con le novizie, le aspiranti e le studentesse universitarie. Questa congregazione ha come carisma la catechesi soprattutto nei villaggi tra i poveri; è una famiglia di missionarie locali fondata dai missionari del Pime. Approfondisco con loro la fede nella persona di Gesù. Inoltre, accompagno con il ministero della Parola e i ritiri spirituali le suore clarisse. Esse, con il classico impegno del lavoro e della preghiera, vivono la missione nella clausura intercedendo per la gente, soprattutto per i poveri, gli oppressi e quanti sono nella difficoltà, sapendo che essi sono preziosi agli occhi ■ di Cristo. coli. Così i bambini, i ragazzi e i giovani erano tutti impegnati nell’apprendimento e nell’insegnamento, non solo accademico ma nell’educazione più ampia ai valori umani. Cercavamo anche di promuovere il dialogo con i musulmani e gli hindu attraverso il dopo-scuola e la sanità, grazie a un piccolo ambulatorio, mentre mandavamo i malati più gravi nel nostro ospedale di Jessore, portato avanti dai medici saveriani Remo Bucari e Gildo Coperchio. L’insegnamento biblico Nell’agosto del 1992 i miei problemi alla vista si sono aggravati; ho avuto un’emorragia all’occhio sinistro, l’unico buono, e così sono rientrato una se- conda volta in Italia per cure mediche. Mentre ero sotto osservazione, ho frequentato per un anno come uditore all’istituto Biblico di Roma, seguendo i corsi in Sacra Scrittura ed esegesi dell’Antico e Nuovo Testamento. Tornato in Bangladesh nel novembre del 1993, sono stato impegnato principalmente nel ministero pastorale e nella catechesi biblica nelle varie comunità religiose di formazione. Risiedevo a Dhaka, la capitale, nella casa dei saveriani. In questo contesto, potevo offrire la catechesi biblica anche al noviziato delle suore di Maria Bambina e altrove, senza trascurare la disponibilità e l’aiuto alla vicina parrocchia di Tej■ gaon. (continua a lato) La visita di padre Menin Padre Mario Menin, direttore della rivista saveriana “Missione Oggi” (nella foto con p. Angelo Berton), è stato ospite della nostra comunità a metà novembre per guidare il ritiro mensile del clero della diocesi di Taranto. Il ritiro era dedicato alla figura e spiritualità di Guido Conforti, canonizzato da Papa Benedetto XVI il 23 ottobre 2011. Titolo della riflessione: “San Guido Conforti, tutto per amore”. GIORNATA MISSIONARIA SACERDOTALE p. PIERO PIEROBON, sx Giovedì primo dicembre, presso la comunità dei saveriani di Taranto, abbiamo celebrato la festa (anticipata) di san Francesco Saverio, patrono delle missioni e dei saveriani. Ci siamo ritrovati con i sacerdoti della zona e il nostro arcivescovo, mons. Benigno Papa. Come ogni anno, è stata un’occasione per crescere nell’amicizia, nella fraternità e per rinnovare l’impegno comune al servizio della missione della chiesa. Abbiamo colto questa felice opportunità per ringraziare e salutare il vescovo Benigno che lascia la guida della diocesi, mentre allo stesso tempo diamo il benvenuto al suo successore mons. Filippo Santoro. Saveriani e sacerdoti della diocesi riuniti con il vescovo mons. Papa per la giornata missionaria sacerdotale, a Taranto 2012 GENNAIO REGGIO CALABRIA 89135 GALLICO SUPERIORE RC - Via Rimembranze Santuario Madonna della Grazia Tel. 0965 370304 - Fax 0965 373137 - E-mail: [email protected] - C/c. postale 10444891 è Natale anche in Africa Ognuno con il proprio ruolo e con un dono nasce un bambiQ uando no, vuole far sentire che è arrivato e piange. La mamma lo prende tra le sue braccia e lo coccola con amore. La medesima cosa succede in Africa. I bambini, sulla schiena della mamma, quasi fossero un fagotto, ti guardano con i loro occhioni: vogliono sapere chi sei. Quando ti avvicini, si nascondono per un momento. Poi rifanno capolino e si aprono al sorriso. Sono tutti uguali i bambini del mondo. Tutti vogliono sentirsi amati. Tutta la comunità in fermento Anche il Bambin Gesù, prima di nascere, stava al sicuro nel grembo di Maria, mentre Giuseppe cercava un posto dove farlo nascere. Poi, in mezzo alla paglia, riscaldato dall’asino e dal bue e cullato dagli angeli, è venuto a stare in mezzo a noi. La sua nascita ha fatto compagnia a tanti altri bambini nel mondo. Laggiù in Africa, Natale è un giorno bellissimo. Certo, non c’è la neve, ma c’è l’atmosfera giusta. Le famiglie sono abituate ad accogliere i bambini. Sono la loro ricchezza e cercano di dare loro amore (anche se a volte qualcuno si dimentica). E con l’amore, celebrare il Natale diventa più semplice. Tutta la comunità si prepara. Chi pensa ai canti - e le corali danno il meglio di loro stesse. Si pulisce la chiesa, la si riempie di fiori e addobbi. Tutto intorno si lavora per togliere le erbacce, in modo che chi verrà, si senta bene accolto. Le mamme pensano a cosa faranno da mangiare per la grande festa. I soldi, anche lì, sono sempre troppo pochi, ma per Natale si farà qualcosa di buono: un bel pollo arrostito, erbe e patatine fritte, e l’invariabile risotto (riso con erbe e spezie). L’importante è stare insieme e far festa. È bello sognare cose buone C’è l’attesa della Messa della notte, dove tutti si ritrovano per accogliere il Bambino Gesù (e tutti i bambini del mondo). La corale comincia “a scaldarsi” con canti dolci che invitano alla riflessione. La processione comincia e il canto e la danza l’accompagnano. È festa, giorno di festa, e non si può stare fermi. All’omelia, il sacerdote raccoglie quello che sta nascosto nel p. OLIVIERO FERRO, sx cuore di ognuno e lo mescola con la Parola di Dio appena ascoltata. È sicuro che gli angeli, che hanno appena cantato il “Gloria a Dio…”, porteranno alla capanna i desideri e i progetti di questi fratelli e sorelle dell’Africa. Non possono dimenticarli, anche perché all’offertorio ognuno di loro porta il suo dono. E la Messa continua... Al canto finale, la gioia si scatena. Ormai è buio, ma le stelle brillano luminose nel cielo. Si torna insieme, cantando, nelle proprie case. I bambini verranno il giorno dopo a far festa al loro amico Gesù. Ora stanno dormendo e sognando tante belle cose. Forse anche il bel pranzo di domani. Non fa male sognare le cose buone. Dove batte un cuore… Il giorno dopo è tutto per loro, i bambini. Si alzano allegri per esprimere la loro gioia a Gesù. Sperano che il sacerdote “non la tiri troppo in lungo”, perché vorrebbero tornare a casa presto. Ma sanno che non è possibile. La mamma sta ancora lavorando per tutta la famiglia e allora: è meglio fermarsi a cantare e danzare tutti insieme. Poi, pian Franchina Romano è una persona geniale, tutta cuore: pittrice, scultrice, poetessa. È appassionata soprattutto per ogni forma di bene. Dirige da vera mamma una scuola per l’infanzia. Ha conosciuto p. Aurelio Cannizzaro e ne è rimasta ammirata. Ha poi riversato il suo affetto su tutti i missionari che ha incontrato. Dedica questa poesia proprio a padre Aurelio; per esigenze grafiche, la pubblichiamo a linea continua. zando la mano, con dolcezza e coraggio, il Crocifisso veder facevi e dicevi: “Questa è l’arma dell’amore, che tutti salvi a voi vuole!”. di non avere. Ma i tuoi occhi sono pronti a lacrimare e col pensiero dietro vuoi tornare al villaggio che dovesti lasciare. 8 Specie i bambini, del tuo amore han voluto privare. Ti domandarono perché eri lì: “Sei venuto a combattere con noi? Avanti! Dicci... Rispondi... Quale arma vuoi?”. L’arma in cuore avevi e al- FRANCHINA ROMANO E in quel terreno arido e incolto, ti mettesti a lavorare e senza mai stancare, vecchi, giovani, bambini e ammalati ti mettesti a curare. Dalle tenebre alla luce li facesti passare, che nessuno li seppe mai accettare. In una cella ti han portato, ti calunniarono, ti bastonarono, e il rosario dalle mani via ti buttarono. In piedi, notte e giorno, in una cella ti lasciarono. Dentro la cella il rosario ti mettesti a recitare e per corona le sbarre della cella ti mettesti a contare, per ogni “Ave” che calavi una sbarra tu toccavi. un lungo cammino ti D aritiri, stanchezza dici Il mai dimenticato p. Aurelio Cannizzarro piano, tra risate e scherzi, se ne tornano a casa. Chissà cosa li aspetta? Già sentono un qualcosa in fondo in fondo che dice loro: “Buona festa!”. È la vita semplice, fatta di condivisione e accoglienza, senza dimenticare i problemi di ogni giorno. Gesù non viene per cambiare da solo la nostra vita; vuole farlo insieme a noi. I missionari gli danno una ma- no volentieri; anche loro sono stati bambini tanti anni fa. Ora sono lontani dai propri paesi, ma si sentono bene insieme a questi nuovi amici, perché “dove batte un cuore, là c’è sempre un po’ dell’amore di Gesù”. E allora, anche quest’anno, anche se fisicamente lontano dall’Africa, mi vien da dire: “Joyeux Noel à tout le monde” - Fe■ lice Natale a tutti! UN GRANO DI SALE PER IL NUOVO ANNO p. LINO MAGGIONI, sx Dedicata a padre Aurelio Un ricordo affettuoso del missionario Gesù Bambino è nato ancora una volta anche in Africa (foto G. Dovigo) A tutti i costi ti vollero cacciare, espulso ti han voluto mandare. Mogio mogio al tuo paese sei tornato, la corona in capo non hai portato. Davanti a Dio vittorioso sei stato e noi tutti con amore ti abbiamo ammirato e ancor oggi ti ricordiamo e ti vediamo, nelle belle opere che ci hai la■ sciato. Ricordo il primo incontro con alcuni anziani della tribù dei bashi, in Africa. “Padre, tu sei ancora giovane, ma è bene che sappia come è iniziata l’evangelizzazione qui in Congo. Verso la fine del 1800, giunsero nella nostra regione due uomini di Dio. Provenivano dalla Tanzania. Avevano camminato a piedi per 2.500 chilometri. I due bianchi non diedero importanza al fuggi-fuggi generale che aveva suscitato la loro comparsa. I due stesero le mani in avanti. Nel palmo tenevano alcuni grani di sale. Seguirono momenti di disagio. Poi, le capre si mossero per prime. Andarono a leccare le mani dei due uomini di Dio. Dopo le capre, arrivarono i bambini, anche loro a leccare i grani di sale. I bambini andarono a chiamare i genitori. Padre, è grazie a un grano di sale che la gente oggi popola le nostre chiese. È grazie a quel grano di sale che la chiesa in Congo ha religiose, preti e vescovi. Quel grano di sale è il seme dei numerosi martiri della nostra chiesa. Voi, giovani missionari, non dovete dimenticare che la nostra fede è come un grano di sale…”. Queste parole mi sono tornate in mente vedendo il Papa in Africa per la visita in Benin, dove ha chiesto agli africani di insegnare anche a noi europei che la fede, quando è grande come un grano di sale, basta e avanza. Papa Benedetto XVI stringe mani durante la sua visita in Africa 2012 GENNAIO ROMA 00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287 Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925 E-mail: [email protected] - C/c. postale 45206000 Due incontri per due comunità Conforti e Saverio con i saveriani di Roma ultimi mesi dell’anno, N egli le comunità saveriane “ro- mane” - la comunità della Direzione generale in viale Vaticano e la comunità “Collegio Conforti” in via Aurelia - si sono incontrate in due momenti molto significativi: il 5 novembre, festa liturgica di san Guido Conforti, e il 3 di dicembre, festa liturgica di san Francesco Saverio. San Guido, conosciuto e amato In entrambe le occasioni ci siamo preparati con un ritiro spirituale seguito, il giorno do- po, dalla celebrazione dell’Eucaristia e da un momento di fraternità insieme. Sono venuti anche vari amici e conoscenti e le saveriane, che hanno una comunità a Roma, in via Trionfale. Il 5 novembre, nella casa di viale Vaticano, p. Luigi Zucchinelli ci ha regalato una stimolante riflessione sulla vita e la spiritualità di san Guido Conforti. Per lui tutto è nato dalla contemplazione del Crocifisso, il libro che ancora oggi ispira la missione e la vita dei suoi figli. I suoi missionari sono chiamati a rapportarsi tra loro con genti- La Messa per la festa di san Guido Conforti, il 5 novembre, è stata celebrata presso la casa generalizia dei saveriani di Roma p. FILIPPO ROTA MARTIR, sx lezza, come principi, ma anche come fratelli, vivendo concretamente la fraternità nella propria famiglia religiosa e mettendosi a totale servizio della missione nella chiesa locale. Dopo il ritiro, abbiamo celebrato l’Eucaristia, presieduta da p. Romero Jesùs, consigliere generale messicano. Durante l’omelia, varie persone hanno parlato della recente canonizzazione del fondatore. Siamo felici di notare che san Guido viene sempre più scoperto e valorizzato, non solo dai saveriani, ma anche dai laici, dai sacerdoti e dalle comunità cristiane. La sua vita rappresenta un segno forte e un grande dono fatto a tutta la chiesa, affinché diventi sempre più missionaria, aperta al mondo e alle sue sfide. Saverio, innamorato di Cristo Il 3 dicembre abbiamo celebrato san Francesco Saverio con un altro ritiro spirituale, al quale hanno partecipato vari saveriani, questa volta ospiti della comunità in via Aurelia. Il rettore p. Ivano Marchesin ci ha proposto una bella riflessione ispirata alla vita Lo spirito pacifico di Assisi “Senza Dio non c’è pace per il mondo” P apa Benedetto ad Assisi ci ha stupiti di nuovo, e noi missionari vogliamo sottolineare con piacere il significato straordinario e universale di quel gesto coraggioso. Egli ha condotto 300 leader religiosi sulle orme ecumeniche di Francesco d’Assisi, seguendo l’esempio dei predecessori papa Roncalli e papa Wojtyla. La religione non è per la guerra Nella capitale del pacifismo, tra campane a festa e pellegrini, papa Benedetto ha ascoltato tutti. In piazza ha accompagnato con il sorriso i canti rock e i co- 8 ri. Tutto intorno, i rappresentanti di musulmani, hindu, buddhisti, jainisti. Il pontefice smentisce gli stereotipi, i pregiudizi, i sospetti, e rilancia lo spirito di Assisi contro il conflitto di civiltà. La religione vera non può metterci gli uni contro gli altri, nonostante la diversità che ci caratterizza. La violenza è contro Dio, che è amore. La violenza non manifesta il vero volto di Dio, ma un uso sbagliato del nome di Dio, trasversale a tutte le religioni. Con grande coraggio e umiltà il Papa fa il “mea culpa” e ammette che purtroppo “anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza”. Benedetto XVI con i rappresentanti delle religioni, ad Assisi, ottobre 2011 p. FILIPPO R. MARTIR, sx Il rischio di avidità e potere Però violenza e il terrore hanno spesso una seconda causa. La violenza viene anche da una società nella quale Dio è assente. È il grande tema del pontificato di papa Ratzinger. Se Dio scompare dal cuore della società, rimane solo il vuoto e non c’è più futuro di pace per l’umanità. Gli orrori dei lager lo dimostrano. Ma c’è un altro pericolo che costituisce una contro-religione, da cui dobbiamo guardarci: “l’adorazione di mammona, dell’avere e del potere, in cui non conta più l’uomo, ma solo il vantaggio personale”. Benedetto XVI unisce le religioni su ciò che più le accomuna: lo sforzo per la pace e per la giustizia. “Restiamo uniti contro la guerra e l’ingiustizia - ha detto. Mai più violenza, mai più guerra, mai più terrorismo. In nome di Dio, ogni religione porti sulla terra giustizia e pace, perdono e vita, amore”. Vogliamo accogliere questo grande appello e darci da fare per realizzarlo nella vita, ■ in noi e attorno a noi. Alla giornata missionaria sacerdotale in onore di san Francesco Saverio, il 3 dicembre, hanno partecipato tante persone, tra cui le saveriane e numerosi amici laici; la Messa è stata celebrata da p. Katindi del Saverio. All’inizio del suo cammino spirituale, quando ancora studiava a Parigi, Saverio era una persona “dura e difficoltosa”. Ma ha saputo cambiare le sue asprezze e inclinazioni, giorno dopo giorno. La sua è stata una vita breve, giacché è morto a soli 46 anni, mentre si trovava alle porte della Cina, che voleva evangelizzare. Ci siamo chiesti come sia stato possibile per lui convertire in così poco tempo - appena dieci anni di attività - migliaia di persone in diversi paesi dell’Asia. Tra l’altro, Francesco conosceva pochissimo le difficili lingue locali. C’è una sola risposta che può spiegare questo enorme “successo”: il suo grande amore per Cristo, da cui è stato conquistato fin dagli anni della giovi- nezza. Francesco trasmetteva a chi incontrava sul suo cammino una luce intensa, al punto che poi molti di loro, una volta diventati cristiani, erano disposti a morire piuttosto che tradire la fede ricevuta. Ciò che accomuna i due santi - Saverio e Conforti, così diversi per tanti aspetti - è la loro profonda comunione e fiducia illimitata in Dio, che li ha spinti a mettersi totalmente nelle sue mani. Dopo il ritiro spirituale, abbiamo celebrato l’Eucaristia, presieduta da p. Katindi, consigliere generale congolese, seguita dalla cena insieme. Gli invitati - amici, conoscenti e saveriane - sono tornati alle proprie case soddisfatti del bel clima di famiglia e di fraternità missionaria che hanno trovato in casa no■ stra. NOTIZIE SAVERIANE DA ROMA p. FILIPPO R. MARTIR, sx Mercoledì 30 novembre ho partecipato, insieme a p. Vitus, saveriano indonesiano che studia Sacra Scrittura, a una manifestazione contro la pena di morte al Colosseo, organizzata dalla comunità di Sant’Egidio. Hanno dato le loro testimonianze persone che lottano contro la pena di morte e sono passate per esperienze molto dolorose. Il 6 novembre p. Fabien Kalehezo, saveriano congolese, ha terminato i suoi studi in Sacra Scrittura. È tornato al suo paese per rivedere la famiglia; poi andrà a Londra per studiare l’inglese e prepararsi alla missione in Giappone. Dal Giappone, invece, è arrivato a Roma p. Gianpaolo Succu, saveriano sardo, per continuare gli studi di “dottorato” in Sacra Scrittura. 2012 GENNAIO ROMAGNA 48125 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7 Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482 Ringraziamento e gioia fraterna Il 3 dicembre con i vescovi e i sacerdoti L a festa del nostro santo patrono, il grande missionario che san Guido Conforti ha dato ai saveriani come esempio da seguire, è stato un giorno di ringraziamento e di gioia nella comunità saveriana di San Pietro in Vincoli. Anche se cadeva di sabato, giorno in cui gli impegni pastorali sono maggiori, molti sacerdoti si sono dati appuntamento nella nostra casa per la consueta festa del 3 dicembre. Erano presenti una quarantina di sacerdoti, appartenenti alle diocesi romagnole nelle quali aiutiamo con il ministero pastorale. Il vescovo di Faenza, mons. Claudio, ha presieduto la celebrazione, in cui noi saveriani p. LINO SGARBOSSA, sx abbiamo rinnovato i voti religiosi. Il nostro vescovo mons. Lino Pizzi ha concelebrato, assieme a tanti altri sacerdoti. “Copie fedeli di Cristo” Prima della celebrazione Eucaristica, p. Luigi Zucchinelli, che ha coordinato gli eventi della canonizzazione di san Guido a Vescovi e sacerdoti di Forlì, Ravenna e Faenza riuniti dai saveriani di San Pietro in Vincoli per celebrare la giornata sacerdotale missionaria, il 3 dicembre scorso, in onore di san Francesco Saverio Ravenna, “la Cina d’Italia” Veglia missionaria con san Guido Conforti La chiesa di Ravenna si è riunita con il suo vescovo mons. Giuseppe Verucchi per pregare, con lo sguardo e il cuore rivolti alla missione. L a veglia missionaria di venerdì 14 ottobre è stata centrata su mons. Guido Conforti, arcivescovo di Ravenna e fondatore dei saveriani, proclamato “santo” il 23 ottobre scorso. Le parole dei canti, intonati dal coro degli studenti saveriani di Parma, sono state accolte nei cuori dei partecipanti con particolare intensità, scandite dai ritmi di chitarre e tamburi. La missione dovunque In tutta l’assemblea è sorto il desiderio di conformare la propria vita all’ideale di mons. Conforti, secondo le sue parole: 8 “fare del mondo una sola famiglia; vedere, cercare e amare Dio in tutto e in tutti”. In questo modo, non ha più importanza dove siamo - in Cina o Giappone, in Brasile o Congo, a Ravenna o a Palermo... Dovunque siamo, lì noi amiamo e viviamo la missione. Era presente il mondo missionario rappresentato da voci, suoni, ritmi di terre lontane, da persone che hanno scelto di seguire l’esempio e il carisma di Conforti, testimoniando lo spirito universale della chiesa. A san Guido si è ispirata anche la testimonianza di p. Guglielmo Camera, che ha messo l’accento sulla santità nella vita quotidiana di Conforti: “fare cose ordinarie con dedizione e accuratezza”, avendo nel cuore l’amore per l’annuncio del vangelo ai non Tamburi, chitarre e canti del mondo: così gli studenti saveriani di Parma hanno animato la veglia missionaria a Ravenna, in onore di san Guido Conforti STUDENTI SAVERIANI cristiani, e allo stesso tempo prendendosi cura del gregge di Ravenna e Parma. Un bel clima di fraternità Anche il vescovo, nella sua riflessione, ha richiamato la figura del suo santo predecessore e l’amore che aveva per il popolo, raccontandoci l’ingresso di Conforti nella diocesi Ravennate. Tale evento fu infatti caratterizzato da un modesto benvenuto di un piccolo gruppo di giovani, mentre un altro gruppo aveva organizzato una protesta in stazione. Conforti, avvisato del pericolo, scese alla stazione prima e raggiunse il vescovado in carrozza, quasi di nascosto… Erano anni difficili, tali da chiamare Ravenna “la Cina d’Italia”! Constatando la partecipazione attiva dei ravennati alla veglia, si può affermare che “Conforti ha tirato fuori casa molte persone; ha radunato nuovamente il suo gregge”: così ha detto il vescovo. Nella cattedrale di Ravenna abbiamo percepito un calore particolare per Guido Conforti e i suoi missionari; una comunione che ha raggiunto i popoli per i quali abbiamo pregato. Gli studenti saveriani di Parma, che hanno animato la celebrazione, sono tornati a casa contenti di aver respirato un clima di fraternità e di grande attenzione ■ alla missione e al mondo. Roma, ha parlato della spiritualità missionaria che deve animare il sacerdote diocesano. Padre Luigi ha preso lo spunto dalla vita di san Francesco Saverio e di san Guido Conforti per sottolineare che anche il sacerdote diocesano deve essere missionario, animato cioè da un forte desiderio di essere “uomo di Dio” e di fare la sua volontà per il bene dei fratelli, specialmente coloro che sono lontani. San Guido Conforti non ha fatto altro che vivere come sacerdote diocesano e come vescovo questo stesso spirito. Fondatore di una congregazione missionaria, il suo grande desiderio era quello di diventare lui stesso “copia fedele di Cristo” e ha desiderato che anche i suoi missionari fossero così. Raccomandava loro di tenere sempre Cristo innanzi agli occhi della mente, per essere accompagnati da lui ovunque. Per il Conforti, la santità consiste nel saper “vedere, cercare e amare Dio in tutto e in tutti” e nel fare la sua santa volontà. Valori attuali e necessari Il Conforti visse in un periodo storico difficile. Furono anni di repressione, di soppressione dei beni ecclesiastici, di violenza statale alle libertà personali e religiose, di odio anti clericale... Basti pensare al suo ingresso come arcivescovo di Ravenna, avvenuta di notte, per evitare possibili dimostrazioni anti clericali... Conforti ci indica la strada per una nuova visione nella nostra pastorale, oggi. In che cosa consiste questa strada? Padre Luigi ha presentato ai sacerdoti alcuni valori molto attuali, di cui tutti abbiamo bisogno, e che il Conforti ha vissuto integralmente: il primato di Dio nella sua vita e il suo donarsi totalmente al prossimo; l’amore per la chiesa; la promozione della pace; lo spirito missionario. “Cristo in tutti e in tutto!” Conforti, pur essendo vescovo di una diocesi, si è aperto ai bisogni di tutta la chiesa, fondando un istituto missionario, divenendo animatore missionario della chiesa, specialmente attraverso la sua azione di primo presidente dell’Unione missionaria del clero. Era convinto che continuare la missione di Cristo fino agli estremi confini del mondo, non era una cosa opzionale, ma uno stretto dovere dei vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici. Ecco come si esprime il primo giorno come arcivescovo di Ravenna: “La mia parola d’ordine sarà sempre quella che ho voluto incisa nel mio stemma episcopale: «In omnibus Christus!»”. L’incontro si è concluso con l’agape fraterna: un pranzo tipico romagnolo in cui abbiamo avuto l’occasione di condividere con i sacerdoti le nostre esperienze ed esprimere loro il nostro “grazie”, perché ci permettono di diffondere il nostro carisma missionario nelle parrocchie, sempre disposti a servire con lo stesso Spirito che ci ha lasciato il nostro ■ santo fondatore. UN BERGAMASCO IN ROMAGNA Padre Guglielmo è nella nostra comunità p. LINO SGARBOSSA, sx Nato ad Ardesio (Bergamo), è entrato come primo aspirante missionario nella nuova casa saveriana di Cremona. Subito dopo l’ordinazione è stato insegnante e formatore degli aspiranti saveriani ad Alzano, Cagliari e Cremona, continuando allo stesso tempo gli studi in campo teologico, pedagogico e letterario. Destinato alla Sierra Leone, anche là ha continuato il lavoro di formatore e insegnante del clero locale in diversi seminari. La guerra civile che ha devastato la Sierra Leone e la Liberia, l’ha costretto a diversi rientri in Italia. Infine è stato rettore della nostra teologia internazionale a Parma. Ha passato gli ultimi dieci anni a Roma come visitatore dei seminari maggiori in Italia a nome della Pontificia unione missionaria, e soprattutto come postulatore di diverse “cause” di canonizzazione, due delle quali hanno raggiunto il traguardo previsto: madre Adorni, beatificata a Parma il 3 ottobre 2010, e mons. Conforti, canonizzato da Benedetto XVI a San Pietro il 23 ottobre 2011. Ora è parte della nostra comunità saveriana a S. Pietro in Vincoli. Si dedicherà all’animazione missionaria nelle parrocchie e allo stesso tempo terrà viva la memoria di san Guido Conforti nel Ravennate, di cui è stato eccellente pastore. Siamo felici di P. Guglielmo Camera a figliale colloquio con averlo con noi e gli facciamo i il Papa, dopo la proclamazione di san Guido migliori auguri! Conforti, il 23 ottobre scorso 2012 GENNAIO SALERNO 84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4 Tel. 089 792051 - Fax 089 796284 E-mail: [email protected] - C/c. postale 00205849 Il mio cordiale saluto a Salerno La missione è dura, ma anche bella e gratificante p. ALEX BRAI, sx N ella canzone “Qualcosa di ben più grande”, che si ispira alla lettera del Conforti ai giovani, c’è una frase significativa: “È una vocazione tanto dura e bella, vale la pena seguirla”. In questi ultimi giorni a Salerno, sto sperimentando proprio questi due aspetti della missione: la difficoltà e la sofferenza e, allo stesso tempo, la bellezza e la grandezza di poter continuare la missione iniziata da Cristo. Perché la missione è dura Sei anni fa, quando ero ancora in Africa, mi è stato chiesto di mettermi a servizio della famiglia missionaria e di stare alcuni anni in Italia, a Salerno. In questo tempo, vi ho tormentato con il desiderio di tornare in una ter- ra che sento come “casa mia”. Ora andrò in Asia, in Thailandia, e questo mi fa paura, mi mette un po’ in crisi, tanto da chiedermi se sarò all’altezza. Ho accettato di andare in Thailandia, ma sono consapevole che per me non sarà una passeggiata: dovrò studiare più lingue e vivere in un luogo che sento molto distante da me. Padre Alex Brai in mezzo ad alcuni dei “suoi” ragazzi; dopo sei anni a Salerno come animatore giovanile, ora lo attende la missione in Thailandia Saluti, abbracci e commozione Con padre Alex, casa e chiesa piene di giovani S abato 12 novembre: il sagrato della parrocchia San Paolo del Rione Petrosino a Salerno è stracolmo di gente. Sono tutti lì per salutare p. Alex Brai, missionario saveriano in partenza per la Thailandia. La visione delle strade si presenta insolita: una marea di auto parcheggiate alla meglio per non perdere l’importante cerimonia di “arrivederci”. La chiesa stracolma Dopo le 21, i giovani cantori in chiesa intonano qualche canto per preparare i fedeli e gli amici alla preghiera. Finalmente, dopo 8 un po’ di trepidazione, una piccola processione parte dal fondo della chiesa. A guidarla ci sono alcuni giovani, due dei quali portano due grossi ceri accesi e un Crocifisso; al seguito ci sono p. Benigno, superiore della comunità saveriana, p. Simone e naturalmente p. Alex. La scenografia è bellissima. In chiesa molti sono in piedi. Non c’è più posto. Tanti amici e studenti dell’università di Salerno sono presenti. Padre Alex inizia il suo appassionato e sincero discorso, subito interrotto da un’evidente e comprensibile emozione che coinvolge tanti dei presenti. Parte Padre Alex Brai, vestito alla “thailandese” durante il saluto agli amici di Salerno; accanto a lui, p. Benigno Franceschetti lo osserva incuriosito PAOLO CIBELLI un grande applauso come segno di affetto e d’incoraggiamento a continuare. Le sue parole sono di ringraziamento a tanti e a tutti, in particolare verso i giovani che hanno confidato in lui. La casa piena di giovani Quando un saveriano va via dalla casa di Salerno, è consuetudine che lasci in eredità un bel ricordo che lo caratterizza in modo speciale. Padre Alex non si è sottratto a questa tradizione, perché da quando lui è arrivato a Salerno la casa è sempre stata piena di giovani. Le iniziative in casa si sono susseguite numerose, comprese le belle mostre allestite che hanno coinvolto tanti istituti scolastici. Inoltre, in tutti questi anni padre Alex ha lavorato come cappellano all’università di Salerno. Ora il suo posto l’ha preso p. Simone Piccolo. Ad Alex diciamo: “Grazie, perché sei venuto tra noi; da te abbiamo imparato tante cose di Dio. Per la tua nuova missione in Thailandia, ti accompagniamo con la nostra preghiera, sicuri che il resto lo farà il Signore. Ricordarti di noi nelle tue preghie■ re. Buona missione!”. La missione è dura per me oggi anche per un altro motivo. Sono chiamato a trasmettere un messaggio, un annuncio - quello di Dio - che spesso contrasta con il mio essere. Limiti ed errori rendono più difficile la missione che Dio mi affida ogni giorno. Pensando anche a questi anni vissuti a Salerno, chiedo scusa di non essere sempre stato coerente con ciò che ho annunciato. Perché la missione è bella La missione riempie la vita. Tante volte, in questi anni, mi è capitato di confrontarmi con i giovani sul senso della vita, sull’importanza di fare delle scelte che ci diano pienezza. Questa pienezza io l’ho trovata nella missione, nella partenza, nell’accogliere la chiamata di Dio non come un peso, ma come un dono, una grazia, una sfida. La missione è bella perché ci fa scoprire di più la gioia di essere cristiani. Fin da piccolo mi chiedevo: come fa una persona a desiderare di andare in un posto pieno di mille difficoltà, così diverso dal suo? Stare in Africa è stato per me un motivo di grande gioia; ma lo è stata anche l’esperienza qui a Salerno. Penso alla vostra accoglienza, alla vostra vitalità e alla condivisione di tante esperienze. Il nostro stare insieme, la realizzazione di tante iniziative, lo spirito di famiglia, dove piccoli e grandi, belli e brutti, simpatici e meno simpatici stanno bene insieme, dove c’è lo sforzo di non escludere nessuno. “Fare del mondo una sola famiglia” è un sogno che qui, grazie alla presenza di tutti, è diventato realtà. Il “grazie” che si moltiplica Ognuno di voi mi ha dato tanto; ognuno di voi a modo suo mi ha accompagnato durante l’avventura salernitana. Il mio primo grazie va alla famiglia saveriana, di cui faccio parte. La diversità di età e di pensiero non ci ha impedito di fare comunità e di vivere serenamente. Ringrazio le saveriane, perché in ogni famiglia ci vuole un tocco femminile. La presenza a Cava de’ Tirreni e la loro vicinanza, rappresentano tanto per noi saveriani. Ringrazio gli ultimi arrivati della famiglia saveriana: i laici. Siete stati per me una grande scoperta. Ammiro il vostro impegno nelle parrocchie e nelle vostre famiglie, dove cercate di comunicare lo spirito missionario. Grazie a tutti i sacerdoti, ai religiosi e alle religiose. In diversi ambiti, ho avuto modo di confrontarmi, di condividere, di arricchirmi con voi. Il grazie più grande va ai giovani e giovanissimi. Grazie per esservi fidati di me. Avete aperto il vostro cuore e mi avete comunicato umanità e affetto. È il tesoro più grande che porto con me: le vostre vite, le vostre sfide, i vostri sogni e la vostra energia. Continuate il cammino di fede nelle parrocchie, continuate ad arricchirvi con il cammino missionario in compagnia dei saveriani, e credete sempre di più in voi. ■ UNA NEW ENTRY E LA NUOVA MOSTRA p. OLIVIERO FERRO, sx Alla notizia della partenza di p. Alex, c’è quella del nuovo arrivato nella comunità saveriana di Salerno: p. François Noah, proveniente dal Camerun. Il suo italiano è ancora un po’ incerto, ma la sua simpatia è già immediata. Ecco le sue prime parole: “Mi chiamo padre François. Vengo dal Camerun, dove ho studiato filosofia. Poi ho vissuto l’anno di noviziato a Kinshasa, in Congo. Ho studiato teologia negli Stati Uniti e sono stato ordinato sacerdote in luglio. Sono stato inviato a Salerno per lavorare nell’animazione missionaria e vocazionale. Adesso sto studiando l’italiano. Sono contento di essere qui e di lavorare a Salerno con i ragazzi e i giovani”. Padre François Noah, nuovo volto dei saveriani di Salerno Una seconda novità importante è l’allestimento della settima mostra interculturale, organizzata dal Centro di documentazione sulla mondialità, in collaborazione con i missionari e i laici saveriani. La mostra, chiamata “Oi Dialogoi - Segni, Suoni e Parole”, è ospitata presso i saveriani di Salerno, dal 1 marzo al 22 aprile 2012. Il progetto prevede un ampio percorso interattivo, dedicato al tema delle lingue del mondo nelle sue dimensioni antropologiche, sociali, culturali, etiche e religiose. Durante il periodo di apertura si svolgeranno, inoltre, varie manifestazioni artistiche, culturali e ricreative, legate al tema principale. La mostra sarà aperta alle scolaresche dal lunedì al sabato dalle ore 9 alle 13. Per informazioni, si può scrivere un messaggio al seguente indirizzo e-mail: [email protected] 2012 GENNAIO 22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15 Tel. 031 426007 - Fax 031 360304 E-mail: [email protected] C/c. postale 267229; Banca Raiffeisen, Chiasso C/c.p. 69-452-6 TAVERNERIO I ragionamenti dei missionari Il corso di tre mesi nell’anno di san Guido I l corso di formazione e aggiornamento di tre mesi si è appena concluso. Vi hanno partecipato missionari di otto nazionalità differenti che lavorano in undici Paesi di missione. Ricorderemo questo corso, perché si è svolto nell’anno della canonizzazione di san Guido Conforti. Lo ricorderemo anche perché è stato un ulteriore “scampolo” di quella famiglia di Dio che abbraccia tutto il mondo, auspicata da san Guido. Il giorno della canonizzazione, uno dei corsisti mi ha confidato: “Partecipando a questa celebrazione mi sono reso conto che Conforti è diventato santo perché ha saputo ricominciare sempre da capo, anche dopo le sorprese non sempre lieti della vita”. Neusarina e il dono di sé Neusarina è una saveriana p. LINO MAGGIONI, sx nata e cresciuta a Barcarena, in Amazzonia. È un piccolo villaggio, lontano da tante cose: dalla città, dal supermercato, da una chiesa. “Nel mio villaggio - dice - si celebrava una sola Messa l’anno, nel giorno di san Francesco Saverio. Così voleva una tradizione antica di trecento anni, inaugurata dai padri gesuiti”. Neusarina aveva 16 anni quando altri missionari erano giunti I partecipanti al corso di aggiornamento e formazione missionaria di “tre mesi”, edizione 2011, nella casa saveriana di Tavernerio La bambina e il fratellino Ciò che conta è salvare la vita umana A Tavernerio, Clementine, ci ha commosso con il racconto dell’assalto subito dalle saveriane, qualche tempo fa a Luvungi, in Congo. Un terribile mattino si trovarono costrette ad abbandonare la missione, perché i militari, scesi dalle montagne che fanno da corona al popoloso villaggio, stavano incendiando le capanne della gente e saccheggiando anche l’ambulatorio della missione. 8 Un guizzo… felino In quei momenti le saveriane capirono una cosa sola: dovevano unirsi alle gente che scappava, per evitare gesti inconsulti che, in quella situazione, avrebbero trasformato le violenze in tragedia. Fra paura e tensione, capitò qualcosa di imprevisto che cambiò il senso delle cose. Nel cortile della missione era entrata una bambina che portava sulla schiena il fratellino più piccolo di lei. Aveva camminato tutta notte per sentieri di montagna, sospinta da un’idea che le martellava in testa: “Devo raggiungere l’ambulatorio delle suore perché mio fratellino ha una pallottola dentro il piedino”. Il mattino precedente, infatti, i soldati avevano portato scompiglio nei villaggi a monte. A un certo punto avevano fatto irruzione nella capanna dove quella bambina aveva trovato riparo insieme a sua madre, che portava il fratellino sulla schiena. In un attimo, con un guizzo di quelli che riescono solo ai bambini, si era nascosta dietro la porta; da qui La saveriana Clementine ha raccontato la storia vera della bambina che ha salvato il suo fratellino a Barcarena, con l’intenzione di fondarvi una missione. Fecero delle riunioni di preghiera nelle case della gente: “I miei genitori furono tra i primi ad aprire loro la porta di casa. Ma, più ancora, decisero di donare una parte del campo di famiglia per costruirvi la chiesa. Il loro gesto mi colpì al punto da pensare che se io non avevo un terreno da regalare al Signore, potevo però donare me stessa. Uscii di casa a ventidue anni e bussai alla porta delle saveriane, che conoscevo dalla mia prima Comunione. Non avevo idea di cosa volesse dire diventare missionaria. Dopo tre anni sono uscita dal mio paese per venire in Italia. E ho appreso che andare in missione significa anche dedicare tempo per imparare lingue che non si conoscono. Purtroppo svanì la possibilità di andare in Sierra Leone, dove alcune saveriane erano state sequestrate per 56 giorni, e in Congo, a causa della guerra scoppiata nella regione dove le missionarie lavoravano. Alla fine, ho capito che il Signore mi aspettava nel deserto del Ciad, dove mi hanno affidato l’incarico di seguire le mamme, catechiste dei loro bambini. Erano mamme buone, ma analfabete. Potevano solo imparare a memoria il vangelo e il catechismo, e io con loro. Mi sono sentita come una bambina; e ho compreso che Dio sta veramente in mezzo a noi con la sua misericordia”. Yakobus, fratello di tutti Padre Yakobus Sriyatmoko è nato nell’isola di Java, in Indonesia, il paese musulmano più grande del mondo. Era professore di chimica e frequentava la comunità cristiana. Una sera, durante la novena a santa Teresa del Bambin Gesù, il Signore gli ha incendiato il cuore. Rivolgendosi alla santa ha detto: “Io sarò tuo fratello”. Lei gli ha fatto incontrare i saveriani, l’ha aiutato a lasciare lavoro e affetti; divenuto prete, l’ha accompagnato nella missione in Camerun. “Al primo impatto con gli africani ho avuto l’impressione che la gente soffra per tanti problemi, ma ha un grande desiderio di vivere. Ho deciso di restare per donare speranza, non attraverso il denaro, ma vivendo con la gente, condividendone gioie e sofferenze. Ma questo non basta; devo condividere anche la fede, la speranza, l’amore e tutto quello che anch’io ho ricevuto in dono. Per me la missione è diventata visitare le famiglie e i sofferenti. Non potrò trovare le soluzioni a tutti i loro problemi, ma quando la gente si sente ascoltata, torna a casa sollevata, ancor più incoraggiando tutti ad avere fiducia nel Signore, che non ci abbandona mai. Quando si è sparsa la voce che avrei lasciato il Camerun, tanti sono venuti a dirmi che per loro ■ io ero come un fratello”. p. LINO MAGGIONI, sx aveva sentito sparare due colpi. E, mentre i soldati continuavano a vociare in modo concitato, lei era riuscita a raggiungere il vicino bananeto. Una lezione importante Là aveva trascorso la notte in un’attesa interminabile. Al calare del sole si azzardò a rientrare nella capanna. Sua madre era supina, per terra, in una pozza di sangue. Il fratellino era ancora vivo, tutto rannicchiato sulla schiena della madre. La bambina si rese conto di esser rimasta sola, senza più nessuno al mondo. Aveva capito che toccava a lei salvare la vita al fratellino. Al vedere quella bambina, suor Clementine abbandonò la fila dei profughi e prese la strada verso un ospedale distante 60 chilometri. Là il fratellino della bambina fu curato. Tutti e due furono accolti in una delle tante famiglie che, anche quando fuggono dalla guerra, non dimenticano di salvare la vita degli altri. Suor Clementine ha concluso la sua testimonianza ricordando che, quella mattina, una bambina congolese senza nome, le ha insegnato che la cosa più importante è salvare la vita umana. ■ UN GRANO DI SALE PER IL NUOVO ANNO p. LINO MAGGIONI, sx Ricordo il primo incontro con alcuni anziani della tribù dei bashi, in Africa. “Padre, tu sei ancora giovane, ma è bene che sappia come è iniziata l’evangelizzazione qui in Congo. Verso la fine del 1800, giunsero nella nostra regione due uomini di Dio. Provenivano dalla Tanzania. Avevano camminato a piedi per 2.500 chilometri. I due bianchi non diedero importanza al fuggi-fuggi generale che aveva suscitato la loro comparsa. I due stesero le mani in avanti. Nel palmo tenevano alcuni grani di sale. Seguirono momenti di disagio. Poi, le capre si mossero per prime. Andarono a leccare le mani dei due uomini di Dio. Dopo le capre, arrivarono i bambini, anche loro a leccare i grani di sale. I bambini andarono a chiamare i genitori. Padre, è grazie a un grano di sale che la gente oggi popola le nostre chiese. È grazie a quel grano di sale che la chiesa in Congo ha religiose, preti e vescovi. Quel grano di sale è il seme dei numerosi martiri della nostra chiesa. Voi, giovani missionari, non dovete dimenticare che la nostra fede è come un grano di sale…”. Queste parole mi sono tornate in mente vedendo il Papa in Africa per la visita in Benin, dove ha chiesto agli africani di insegnare anche a noi europei che la fede, quando è grande come un grano di sale, basta e avanza. Papa Benedetto XVI stringe mani durante la sua visita in Africa 2012 GENNAIO VICENZA 36100 VICENZA VI - Viale Trento, 119 Tel. 0444 288399 - Fax 0444 288376 E-mail: [email protected] - C/c. postale 13616362 Mi presento “ufficialmente” A Vicenza, con la Madonna e padre Uccelli C on vero piacere approfitto di questa opportunità per salutare tutti voi, lettori e amici di “Missionari Saveriani”. Molti già mi conoscono, perché abbiamo avuto l’opportunità di farlo, specialmente durante il pellegrinaggio a Roma per la canonizzazione del nostro grande santo Guido Conforti. Ma mi hanno detto che devo farlo anche “ufficialmente”, come “superiore” della comunità saveriana a Vicenza. Ed eccomi a voi. La Colombia, primo amore! Il mio nome completo è Elio Cosma, cittadellese. Ho una buona età, giacché sono stato ordinato sacerdote nel 1963, a Parma, dal primo cardinale africano Rugambwa, assieme ad altri 27 saveriani. Compiuto il tempo della formazione, si sono aperte davanti a me le porte del mondo saveriano. Le prime esperienze sacerdotali sono state in Spagna, dove ho lavorato per 11 anni. Sono stati tempi difficili e molto attivi, ma belli, molto belli! Nel gennaio del 1975 ho fatto il grande balzo dell’oceano Atlantico, per iniziare l’esperienza saveriana nella nostra nuova missione in Colombia. Sono stati i primi passi con afro americani nel sud del Paese, nella città di Buenaventura. Vi assicuro - giacché Gesù dice che non conviene giurare - che è stata per me un’esperienza molto bella: è stato proprio quel “primo amore” che mi ha incantato! Una matematica... elastica Un giorno passò da quelle parti un nostro superiore in visita: “cerco un saveriano come te”, p. ELIO COSMA, sx mi diceva. “In Messico i saveriani stanno iniziando l’animazione vocazionale con i giovani e c’è bisogno di uno che possa dare una mano, che conosca già la lingua spagnola...”. A dire la verità, non ci credevo molto. Ma tra fratelli, fa sempre bene darsi una mano. L’unico inconveniente è stato il seguente: l’esperienza in terra messicana avrebbe dovuto durare tre, al massimo quattro anni. Invece è durata ben 31 anni! Nel regno di Dio i progetti e la matematica contano, e come! Ma sono sempre piuttosto elastici... Da un anno e mezzo mi trovo in Italia e da pochi mesi sono qui a Vicenza, sotto lo sguardo della Madonna di Monte Berico e all’ombra dei resti mortali del “servo di Dio” p. Pietro Uccelli: per me è davvero una Dal Saverio al santo Natale Immagini di un dicembre “super”! p. LUCIANO BICEGO, sx Padre Elio Cosma, “nuovo” superiore dei saveriani di Vicenza, incantato dai presepi cosa straordinaria! Tante belle attività Vi dico questo perché, quando il nostro superiore in Italia mi ha proposto di venire a Vicenza, la Madonna e padre Uccelli sono state le prime cose a occupare la mia mente e a rallegrare il mio cuore. Nel lontano 1949, infatti, iniziai la mia avventura saveriana proprio qui a Vicenza, dove viveva l’anima bella di padre Uccelli, che godeva di quell’impressionante alone di simpatia e di venerazione. E ora? Qui ho trovato l’ambiente della mia terra natale, una comunità di confratelli piuttosto anziani, ricchi di esperienza e simpatia. Certo, la casa ha perso la vivacità di un tempo: le risate, gli schiamazzi, le corse. Sono subentrati gli acciacchi, ma c’è movimento: ci sono tanti gruppi di giovani e anche di persone con “gioventù accumulata”, tutti con interessi missionari. E quindi non mancano le riunioni, gli incontri, le assemblee, anche se sento che tutto ciò non sembra più essere “pane per i miei denti”, come lo era una volta. La cosa straordinaria che più mi meraviglia è la mostra dei presepi, che abbiamo vissuto dal 20 novembre: non avrei mai immaginato uno spettacolo così singolare e unico per originalità, provenienza e splendore: tanti modelli, veramente belli, per non dire splendidi! Da tutto questo, pur non avendolo ancora detto, avrete capito che io qui a Vicenza mi trovo bene: sono contento e spero di poter essere utile, finché il cerchio ■ non si chiude. FESTA DEI BAMBINI VICENTINI Attorno al presepio missionario Per la giornata missionaria sacerdotale abbiamo avuto ospiti il vescovo mons. Pizziol e alcuni sacerdoti della diocesi; insieme abbiamo riflettuto sulla missione, ispirati anche dal bell’esempio del nostro fondatore san Guido Conforti. Natale ha sempre qualcosa di magico; ancor di più i presepi in mostra dai saveriani di Vicenza che piacciono sempre a grandi e piccini. p. LUCIANO BICEGO, sx Molte scolaresche sono venute nella casa dei missionari saveriani a Vicenza per visitare la mostra dei presepi. In tanti si sono portati a casa il “pozzo magico”, in cui collocare i propri risparmi, fatti nel periodo di Avvento e Natale per aiutare i bambini del Messico. Domenica 15 gennaio, è prevista la festa dei bimbi attorno a Gesù Bambino. Nel pomeriggio, iniziando alle ore 15, assieme ai re magi e agli zampognari, i bambini porteranno il loro piccolo presepio con i doni alla culla di Gesù. Poi, vivremo un pomeriggio missionario con un’estrazione a premi adatta ai bambini e una rappresentazione di burattini, oltre a canti e filmati con immagini della vita della gente in Messico. Concluderemo così la nostra mostra del “presepio missionario”, che anche quest’anno ha avuto numerosissimi visitatori. I presepi sono così belli che c’è da rimanere… a bocca aperta! 8 Bambini di una scuola elementare vicentina con il presepio-salvadanaio 2012 GENNAIO ZELARINO 30174 ZELARINO VE - Via Visinoni, 16 Tel. 041 907261 - Fax 041 5460410 E-mail: [email protected] - C/c. postale 228304 Zelo missionario a tutto campo La festa del Saverio con le parole di san Guido C on la partecipazione di una trentina di sacerdoti della diocesi di Venezia e parrocchie limitrofe, martedì 6 dicembre abbiamo celebrato la festa di san Francesco Saverio. Erano presenti anche alcuni membri del Gams (Gruppo amici missionari saveriani). Ha presieduto la celebrazione Eucaristica don Danilo Barlese, moderatore di curia del patriarcato, l’autorità maggiore in attesa del nuovo patriarca di Venezia. Un atteggiamento profetico Don Danilo ha ricordato che veniva dai saveriani fin dalle elementari, per una partita a pallone o per un ritiro spirituale. Quando la struttura principale passò alla curia, fu il primo a portarvi l’ufficio della pastorale giovanile, di cui era responsabile. Ha ringraziato i saveriani per il ministero che svolgono in diocesi, in aiuto ai parroci, e si è augurato che la collaborazione continui per tanti anni ancora. Nell’omelia ha voluto commemorare il nuovo santo Guido Maria Conforti, che leggendo la vita di san Francesco Saverio ha tratto ispirazione per la sua vocazione missionaria e poi per la fondazione dell’istituto “Saveriano”. Nel breve accenno agli avvenimenti più importanti della vita di san Guido, don Danilo ha sottolineato la sua attività come primo presidente dell’Unione missionaria del clero, fondata dal beato p. Paolo Manna, per attivare lo zelo missionario nei sacerdoti. Profetico è stato anche il suo atteggiamento per cui p. FRANCO LIZZIT, sx si sentiva pastore non solo della propria diocesi, ma del mondo intero: un atteggiamento che deve essere vissuto da ogni sacerdote, anzi da ogni cristiano. “Cristo in tutti e tutto” Citando poi gli scritti di san Guido, don Danilo ha sottolineato alcuni aspetti della sua spiritualità e del suo insegnamento. In omnibus Christus, è il motto del suo episcopato: amore di Cristo per noi e il nostro amore per lui. Ecco le citazioni tratte dalla lettera pastorale sul Sacro Cuore: “Il suo Cuore dolcissimo ha voluto provare tutti gli affetti e i sentimenti del cuore umano, ha voluto sperimentare tutte le nostre miserie e tutti i nostri bisogni... Nella sua vita, nei suoi atti, nelle sue parole, tutto spira La cerimonia di “adesione” Azione cattolica per evangelizzare il mondo cattolica italiana è L’ Azione la più antica, ampia e dif- fusa tra le associazioni laiche in Italia. Si suddivide in varie branchie, per età, lavoro, qualifica… Attualmente conta circa 400mila soci e, secondo i dati emersi da alcune ricerche della Conferenza episcopale italiana, alle sue attività partecipano complessivamente ogni anno oltre un milione di cattolici italiani, donne e uomini. Il Signore chiama anche te Nella festa dell’Immacolata Concezione i membri rinnovano la loro adesione: un “sì” al Signore che “chiama anche te”, come suona il tema dell’anno 2012. È bello ed emozionante assistere alla cerimonia: vedere la serietà e l’impegno con cui ragazzi delle elementari, mamme e papà di famiglia, ma anche nonni e nonne, recitano la formula e firmano la tessera. Se chi vi assiste, poi, è un missionario, vede tanti collaboratori e collaboratrici alla mis- sione dell’evangelizzazione del mondo. Difatti l’Azione cattolica è nata per evangelizzare: l’annuncio di Cristo come l’unico Salvatore del mondo è il “pensiero fisso” che anima la sua preghiera, motiva la sua azione, qualifica la sua formazione. E come un tempo si è fatta carico della cura della fede di quanti avevano compiuto una scelta di vita cristiana, oggi essa intende farsi carico della non fede o della fede incerta di tanti. Tre importanti consegne Risuonano poi le chiare parole che il beato papa Giovanni Paolo II aveva detto a Loreto il 5 settembre del 2004: “Carissimi, vi invito a rinnovare il vostro “sì” e vi affido tre consegne. La prima è “contemplazione”: impegnatevi a camminare sulla strada della santità, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, unico Maestro e Salvatore di tutti. La seconda consegna è “comunione”: cercate di promuo- p. FRANCO LIZZIT, sx vere la spiritualità dell’unità con i pastori della chiesa, con tutti i fratelli di fede e con le altre aggregazioni ecclesiali. Siate fermento di dialogo con tutti gli uomini di buona volontà. La terza consegna è “missione”: portate da laici il fermento del vangelo nelle case e nelle scuole, nei luoghi del lavoro e del tempo libero. Il vangelo è parola di speranza e di salvezza per il mondo”. San Guido Conforti istituì e promosse l’Azione cattolica nella diocesi di Parma e ne difese con forza e determinazione i membri aderenti, angariati dalla gioventù fascista, solo perché portavano il distintivo dell’AC, denunciando alle alte autorità i responsabili di tali “abusi” di identità cristiana. Dal mio cuore missionario sale una preghiera: l’adesione di tante persone - donne e uomini diventi un “sì” totale e per sempre a servizio dell’evangelizza■ zione nel mondo. Ragazzi e giovani dell’Azione cattolica di San Liberale di Marcon (VE) dopo la loro “adesione” 8 Don Danilo Barlese, rappresentante del patriarcato di Venezia, ha celebrato la giornata missionaria sacerdotale con i saveriani di Zelarino e i sacerdoti della diocesi dolcezza e bontà. Le sue preferenze sono per i poveri, perché soffrono; le sue delizie sono stare in mezzo ai fanciulli, che accarezza e benedice perché puri ed innocenti”. Ed ecco quale deve essere la risposta a questo amore: “Non basta che l’immagine del Cuore adorabile di Gesù campeggi sulle pareti delle nostre abitazioni, aleggi nelle nostre famiglie e domini, in tutti i membri che le compongono, il suo spirito vivificante, che è spirito di amore, purezza, operosità, sacrificio, giustizia, concordia e pace. E tutto questo perché il regno di Dio deve trovarsi innanzi tutto dentro di noi”. Per una vita di fede Parlando della fede, il santo vescovo così scriveva in una lettera pastorale: “Una fede, perché sia degna di questo nome, deve informare i pensieri, gli affetti e le opere di chi la professa. Non basta credere, ma bisogna vivere in conformità della propria fede, interrogarla in tutti gli incontri, in tutte le contingenze della vita e regolarsi, non secondo l’andazzo del tempo, ma secondo i suoi insegnamenti, con la persuasione di seguire la verità e di praticare la giustizia”. E infine l’esortazione all’imitazione di Gesù, valida non solo per i saveriani, ma anche per i sacerdoti e per tutti i fedeli: “Vivremo di questa vita di fede se in tutte le contingenze terremo Cristo innanzi agli occhi della nostra mente, ed egli ci accompagnerà dovunque... E in tutto prenderemo da lui ispirazione, in modo che le nostre azioni esteriori siano la manifestazione della vita interiore di Cristo in noi”. La concelebrazione della santa Mensa ha contribuito ad approfondire i legami di amicizia e stima con i sacerdoti e con tutta la diocesi, per una migliore collaborazione ■ nel campo missionario. UN GRANO DI SALE p. LINO MAGGIONI, sx Ricordo il primo incontro con alcuni anziani della tribù dei bashi, in Africa. “Padre, tu sei ancora giovane, ma è bene che sappia come è iniziata l’evangelizzazione qui in Congo. Verso la fine del 1800, giunsero nella nostra regione due uomini di Dio. Provenivano dalla Tanzania. Avevano camminato a piedi per 2.500 chilometri. I due bianchi non diedero importanza al fuggi-fuggi generale che aveva suscitato la loro comparsa. I due stesero le mani in avanti. Nel palmo tenevano alcuni grani di sale. Seguirono momenti di disagio. Poi, le capre si mossero per prime. Andarono a leccare le mani dei due uomini di Dio. Dopo le capre, arrivarono i bambini, anche loro a leccare i grani di sale. I bambini andarono a chiamare i genitori. Padre, è grazie a un grano di sale che la gente oggi popola le nostre chiese. È grazie a quel grano di sale che la chiesa in Congo ha religiose, preti e vescovi. Quel grano di sale è il seme dei numerosi martiri della nostra chiesa. Voi, giovani missionari, non dovete dimenticare che la nostra fede è come un grano di sale…”. Queste parole mi sono tornate in mente vedendo il Papa in Africa per la visita in Benin, dove ha chiesto agli africani di insegnare anche a noi europei che la fede, quando è grande come un grano di sale, basta e avanza. Papa Benedetto XVI stringe mani durante la sua visita in Africa