i n P RO S P E T T I VA P E R S O N A “Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1/ TE” M E N S I L E D I I N F O R M A Z I O N E E C U LT U R A Anno XLI - n.5 giugno 2014 Reg. n. 119 del 17-10-1974 - Tribunale di Teramo - R.O.C. n. 5615 Così muore la libertà di un Paese A proposito di Ue Il Rapporto 2014 della Corte dei Conti è tornato a dirci Questo meccanismo - che poi si chiama democrazia - è che siamo il Paese più tartassato d’Europa: alla fine del stato scardinato a livello nazionale in molti modi. 2013 il 43,8% del Pil se n'è andato in tasse, tre punti più Pensiamo alle leggi elettorali che non ammettono la del 2000 e quattro punti in più rispetto alla media degli scelta di candidati né partiti (ci hanno perfino persuaso altri Paesi Ue (poi, com’è noto, c'è chi fornisce dati che ci sottraevano le preferenze “per il nostro bene”) e ancora più cupi). In pratica siamo a livelda “leggi truffa” (presenti e future) per cui li da esproprio (per non parlare degli delle minoranze finiscono per avere immobili). abnormi maggioranze parlamentari. Lavoriamo gratis per un padrone, lo A livello internazionale il principio è stato Stato, per oltre metà dell’anno, senza travolto da progressive e colossali cessioni avere in cambio servizi almeno decenti e di sovranità che ci hanno sottratto il assistendo, anzi, ad uno spettacolo di governo della moneta, delle politiche sprechi, ruberie e corruzione che fa ribolfiscali ed economiche cosicché tutti oggi lire il sangue. ci sentiamo governati da tecnocrazie che Nonostante un dissanguamento così non abbiamo eletto (dalla Bce alla pesante la situazione non migliora. Siamo Commissione europea) o da governi, già al terzo anno di cura “illuminata” delcome quello tedesco, eletti da altri (con l’economia e in due anni 20.000 aziende annessa Bundesbank). hanno chiuso, dal 2007 la produzione è E siamo in balia di altre tecnocrazie sovracrollata del 25,5 % (mentre nel mondo nazionali (come il Fmi o il Wto) che deciaumentava del 10%). Dal 2001 abbiamo dono le sorti dei popoli e degli Stati (il caso perso più di un milione di posti di lavoro. greco, ma anche il caso italiano, dovrebbeL’(op)pressione fiscale è sempre più H.Bosch, morte e miseria,1490. ro farci chiedere se siamo ancora popoli forte,il debito pubblico continua a cresceche possono eleggere i loro governi). re e la disoccupazione aumenta senza tregua. A ciò si Da ultimo, in Italia c’è in cantiere pure una legge, quelaggiungono le mille oppressioni burocratiche, che limi- la contro la cosiddetta omofobia, che rischia di introdurtano o rendono impossibile la libertà di intrapresa, e la re perfino il reato d’opinione. Inconcepibile in democraperdita progressiva della nostra competitività... zia. E stante la indeterminatezza, se approvata come è Conclusione: la nostra libertà economica è morta. O stata proposta, metterà il bavaglio a chi esprime idee almeno morente. ‘non allineate’ alla nouvelle vague del pensiero dominanÈ noto infatti il principio liberale su cui sono nate le te, con la conseguente violazione dei diritti costituzionademocrazie moderne: “no taxation without representation”. li, della libertà di manifestazione del pensiero, della Tale principio dice che - contrariamente a quanto si libertà religiosa e della libertà di educazione dei genitopensa in Italia, specie a sinistra - le tasse non sono un ri verso i figli, comprendente anche l’educazione sessuasalasso dovuto al sovrano-Stato perché sperperi miliardi, le. A tal proposito, il movimento delle “Sentinelle in magari sotto la bandiera ideologica (fasulla) della redi- piedi”, costituito in molte città per opporsi a questo Ddl, stribuzione del reddito, come se i contribuenti fossero in queste settimane, durante le sue manifestazioni silendei rei da punire per i soldi guadagnati che - secondo gli ziose, è stato sottoposto in più casi ad atti di intolleranstatalisti - sarebbero sottratti ai “poveri”. Al contrario za inammissibili, di fronte ai quali le autorità e i media sono nuova ricchezza prodotta col loro lavoro. sono pressoché indifferenti. Tale tributo deve essere governato da coloro che i Politikon (tar)tassati hanno eletto per amministrare i loro soldi. (Liberamente ispirato da un articolo di Antonio Socci) Scrive Marcello Veneziani che è’ iniziato il semestre europeo a guida italiana e l’Anonimo Europeo invia il seguente messaggio in bottiglia. L’Europa non aderisce ai popoli perché è un guanto indossato a rovescio: è morbido e accogliente all’esterno, ispido e rigido all’interno. È permeabile fuori e impermeabile dentro. L’Europa si veste quando è in casa e si spoglia quando esce; indossa l’elmo (tedesco) e l’uniforme (bancaria) tra le pareti domestiche e invece esce in pigiama e pantofole. Dentro rompe le scatole, fuori rompe le righe. Fiscale con gli indigeni, inerme con gli allogeni.Che l’Europa sia un guanto indossato a rovescio lo si capisce anche dal nome in codice che usa: si fa chiamare Ue anziché Eu che è il suo prefisso e che in greco indica ciò che è bene e volge al meglio. I simboli a rovescio hanno sempre qualcosa di funesto: la svastica è simbolo di luce ma i nazisti la ruotarono al contrario, in direzione inversa. Simboli e metafora rispecchiano perfettamente la realtà europea. Uniforme all’interno, dove occorrerebbe riconoscere e valorizzare le differenze, informe all’esterno, cioè incapace di esprimere una politica estera univoca o almeno concorde, di darsi una comune linea strategica, militare e per fronteggiare l’immigrazione, l’importazione, la concorrenza extraeuropea e le forme striscianti di colonizzazione. L’incapacità di presentarsi unita all’esterno viene assurdamente compensata dalla rigidità dei suoi parametri all’interno. Rovesciate il guanto. E per i popoli mediterranei meno guanti e più ventagli”. Un’idea per la Nazionale di calcio Eliminati dal mondiale di calcio, è iniziato il Toto Ct della nazionale. L’Italia, umiliata dai lottatori di Costarica ed Uruguay ha offerto uno spettacolo deprimente anche per chi non fa del calcio una ragione di vita e di conversazione: quando gioca la Nazionale l’orgoglio patrio si sveglia ma il mondiale ha dimostrato che non vale il binomio genio e sregolatezza, paravento per le nostre vittorie, e forse sarebbe meglio un po’ di regolatezza, ammesso che ci sia davvero il genio nella compagine schierata da un Ct. poco grintoso, poco incoraggiante anche a bordo campo. Il gioco è stato lo specchio di una nazione senza attributi, di un popolo alquanto rammollito, esterofilo, incapace di stimolare e coltivare i talenti autoctoni, pronto ad arrangiarsi per vie traverse, volto al compromesso, disposto ad osannare il personaggio di turno senza vederne i limiti... ma tant’è gli italiani sono fatti così! Per i calciatori troppi agi, troppi soldi, troppe coccole, troppe chiacchiere e troppe copertine. Mancano pragmatismo, disciplina, umiltà, senso della nazione, della comunità, del gruppo. Come succede in Parlamento: privilegi e fiumi di parole. Però ora è arrivato Renzi, nuovo Ct del governo.Comanda con pugno fermo, annuncia mirabilie, vende il suo prodotto con straordinaria maestria: offerte speciali di 80 euro, donne (possibilmente belle) in pole position nelle liste, spot martellanti sulla velocità delle riforme, dei pagamenti dei debiti della P.A. alle aziende, movimiento movimiento! Tasi e aumenti vari, sono come gol presi in amichevole... Non fanno male!!!! Vinceremo! Affidiamo a Renzi, come ho letto, pure la Nazionale! Accorpando gli incarichi risparmiamo i soldi dati a Prandelli, Lui ha certo una ricetta vincente, ama accentrare il gioco, creare un gruppo di fedelissimi/e, gestire tutto o quasi tutto e dovunque ‘mette Come ogni anno LaTenda va la faccia’. Facciamo un in vacanza. Sappiamo che sarà sondaggio: per il 40,8% triste un’estate senza il nostro sarebbe un ottimo Ct: mensile ma siamo certi che in tre settimane ricosaprete resistere! struisce il team, in 15 Auguriamo buone vacanze a giorni sistema i giocatutti e arrivederci a settembre. tori atleticamente e tatPer vincere la nostalgia potete ticamente, in 7 giorni fa rileggere i numeri del giornale fare tre amichevoli e un sul sito: mese dopo ci qualifiwww.prospettivapersona.it chiamo per l’europeo ! La magnifica redazione Ai lettori VACANZE PER TUTTI Filastrocca vola e va del bambino rimasto in città. Chi va al mare ha vita serena e fa castelli con la rena, chi va ai monti fa le scalate e prende la doccia delle cascate.. E chi quattrini non ne ha? Solo resta in città: si sdraia al sole sul marciapiede, se non c'è un vigile che lo vede, e i suoi battelli sottomarini fanno vela nei tombini. Quando divento Presidente faccio un decreto a tutta la gente: - Ordinanza numero uno: in città non resta nessuno; ordinanza che viene poi, tutti al mare, paghiamo noi; inoltre le Alpi e gli Appennini sono donati a tutti i bambini. Chi non rispetta il decreto va in prigione difilato. Gianni Rodari APPUNTI E SPUNTI 2 Il Liberty - Forlì, Musei di San Domenico Arte? Mah !Piuttosto voglia di rinnovare le stucchevoli case borghesi di mezza Europa, liberandole dal buffet e controbuffet neogotici, neoclassici o quel che volete ,in favore di snelli e arricciati salottini, di bovindo azzurro cielo, di ingressi con le conchiglie per appendere il cappello e divanetti a volute. Questa è ,più o meno, l’opinione di molti riguardo al Liberty, considerato più un estetismo applicato alle arti che arte vera e propria. Eppure la mostra di Forlì ci ricorda che questo stile, affermatosi alla fine dell’800 in Europa e oltre, ha avuto illustri maestri, addirittura Botticelli, evidente nelle forme sinuose, allungate e nei chiari colori pastello e Michelangelo, così presente negli scultorei nudi di atleti G.Boldini, donna al piano che campeggiano nei manifesti dei Fratelli Treves o negli olii di Giulio Aristide Sartorio. Un bisogno di grandeur e, insieme, una stilizzazione estrema del segno grafico che riproduce, sì, fiori, foglie, pavoni, intricate foreste, ramages e profonde acque turchine, ma sempre senza intenzioni realistiche. Tutto è simbolico, misterioso, fluttuante, ed anche sensuale, come i nudi mollemente atteggiati e adagiati, spesso soffusi di violenti riflessi rosso-arancio : sono ninfe, dee, creature magiche colte nella loro purezza irraggiungibile, come recitano i titoli dei quadri, ma in realtà fortemente ambigue ed allusive. Ed anche lo slancio eroico degli atleti , novelli ercoli, è solo un’utopia che gli imminenti venti di guerra avrebbero presto ridimensionato. Il Liberty ha influenzato quasi tutti gli artisti e gli artigiani dell’epoca, e la mostra espone perciò oli, pastelli, sculture, ceramiche, vetri, arazzi, costumi e mobili intagliati: arduo e noioso sarebbe accennare a tutti, meglio sorvolare sui più noti , come Previati, Boldini o Boccioni, ed anche sui “cugini” europei come Klimt, o Beardsley o BurneJones, per sponsorizzare glorie locali, come il romano Aristide Sartorio, il faentino Domenico Baccarini, il toscano Galileo Chini. Baccarini è presente con i suoi autoritratti a matita, fortemente intimi ed espressivi, ma anche con capolavori in maiolica come “ Volata di donne”, che si avvitano danzanti intorno ad un vaso, e ci lascia un po’ in sospeso la sua morte precoce che ha interrotto bruscamente chissà quali sviluppi. Chini, pittore e ceramista ,oltre che mille altre cose, come l’eclettismo artigianale di quegli anni richiedeva, ha realizzato tele, fregi, splendidi vasi e pannelli importanti, tra cui “La primavera classica” alla maniera di Klimt. A Sartorio, infine, il compito di celebrare Roma Capitale con il suo stile aulico e solenne, i suoi fregi neoclassici e monumentali, rivisitati tuttavia in chiave fortemente simbolica. Giorni felici…così conclude il dépliant della mostra…la borghesia del primo novecento celebra il suo stile…prima dell’uragano. Artemisia Le ciglia d’Oriente Stevka Šmitran , Le ciglia d’Oriente, (la Vita Felice Milano 2013). Nel libro, presentato per la prima volta a Teramo (sua città del cuore) il 3 luglio u.s., Stevka Šmitran fonde ricordi, emozioni, vicissitudini dalle ‘ciglia d’Oriente’ dal sapore amaro con immagini oscillanti tra ombre e luci della terra d’Abruzzo (le ultime poesie sono dedicate a suo marito Luigi, recentemente scomparso). Città, luoghi, persone, brevi excursus sono come affratellati da un vincolo di amore e umanità che la poetessa, cittadina del mondo, caparbiamente offre al lettore. Stevka Smitran è nata a Bosanska Gradiška, città della Bosnia-Erzegovina dove ha trascorso l’infanzia, fulcro della sua biografia e della sua poetica. Dopo gli studi universitari a Belgrado, si trasferisce in Italia. Poetessa, traduttrice e docente universitaria (insegna presso la Facoltà di Scienze Politiche di Teramo Lingua e letteratura russa). Ha pubblicato numerosi saggi sulla poesia slava , ha tradotto opere di Ivo Andri e altri autori. Ha pubblicato il libro di storia Gli uscocchi. Pirati, ribelli, guerrieri tra gli imperi ottomano e asburgico e la Repubblica di Venezia (2009). Segretario del premio internazionale “NordSud” di letteratura e Scienze presso la fondazione Pescarabruzzo. Ha vinto premi per le traduzione per la poesia edita e inedita. Nel 2007 ha ricevuto il riconoscimento Great Women of the 21st Century dall’American Biographical Institute. G.D.L. Viaggio in Persia Eccoci tornati dalla Persia, noi donne ci siamo sfilate lo hijab, cioè il velo, dalla Isfahan è tutta chiara, luminosa, circondata dai monti e vanta una delle piaztesta (che non è poi tutta ‘sta tragedia, a parte, naturalmente, il peso simbolico ze più grandi e belle del mondo, patrimonio dell’Unesco, con diverse che riveste), felici di smentire gli amici-corvi rimasti a casa che non mollano il moschee e l’antico palazzo governativo dove, per gradoni di pietra quasi da loro scetticismo su una nazione ‘ostile e piena di pericoli’. Ma di che si ragiona? scalare, si accede ad una sala della musica con i soffitti traforati e destinati a Mai vista gente così cordiale e disponibile, ci hanno sorriso, ci hanno fotogra- contenere maioliche, per il diletto del sovrano e delle sue favorite. Man mano fato (eravamo quelli ‘vestiti strani’ rispetto a loro), ci hanno chiesto notizie di che si scende a Sud i chador si fanno tutti neri e stretti in viso, mentre l’archinoi e del nostro viaggio, curiosissimi di sapere qualcosa di tettura si fa più solare e policroma, con maioliche multiun occidente estraneo e lontano più dell’effettiva distancolori, stucchi e pannelli intarsiati che tolgono il fiato, za geografica. La nostra guida, Sorab, esperto in italiano cupole, altari e torri del vento, perfetti meccanismi di e molto molto ‘scafato’ in accoglienza turistica, ci ha conaereazione degli edifici. dotto da Nord a Sud su questo immenso altopiano, A Yazd siamo saliti, al tramonto, su un’altura dove c’è mostrandoci i pezzi forti della collezione. una ‘Torre del silenzio’, cimiteri zoroastriani en plein air, Teheran è stata una delusione, e forse è meglio vederla dove i defunti venivano lasciati come preda degli uccelper prima : è senza stile, un brutto agglomerato di edifici li, perché la morte non corrompesse madre terra: difficile traffico caotico, e persino il palazzo reale del Golestan mente si può trovare un posto pieno di pace e di raccoresta soffocato da mostri moderni in cemento, che nemglimento come quello, forse solo in montagna. meno Farah Diba riuscì, a suo tempo, ad evitare. Però i E alla fine, a Shiraz, arriva il piatto forte: come aperitisuoi musei vantano una produzione antichissima ed Persepoli, palazzo di Dario vo, le rovine di Pasargad, con la tomba di Ciro il Grande, eccelsa di manufatti di ogni tipo, vasi, statuette, decoraper pranzo, gli spettacolari bassorilievi sassanidi sui zioni murarie, i bassorilievi ed il trono di Dario e poi oggetti in vetro raffina- monti Zagros e, per dolce, l’area archeologica di Persepoli, imponente ed tissimi, da tenere testa tranquillamente anche a Murano. I palazzi sono deco- estesa, dove puoi immaginare facilmente la magnificenza, anche solo con rati con migliaia di tessere di specchio, un ricamo di luce che investe pareti, quello che rimane dopo che i macedoni hanno dato tutto alle fiamme. Re e soffitti, vetrate, ed anche se qualcuno ha arricciato il naso, sommerso dall’ef- popoli interi sfilano verso Dario: Parti, Medi, Assiri, Egiziani, Elamiti, Frigi, fetto un po’ kitsch di tanto brillare, vi assicuro che a quei livelli c’è solo da rima- Armeni portano in dono cavalli, elefanti, cammelli, armi, cibo, pecore e leonnere storditi e guardare ammirati. cini , tutti devoti e sottomessi in una processione lenta e ordinata, ferma nella Scendendo per centinaia di chilometri verso Isfahan, ci si ferma a visitare pietra per l’eternità. moschee, madrase, giardini, ottocentesche case di notabili, dove c’è un tripu- Ultimo atto, una visita ad un santuario normalmente proibito agli ‘infedeli’, dio di fontane, lunghe piscine che nel riflesso raddoppiano i porticati e le d’obbligo un buffo chador bianco a fiorellini: in un fantastico ambiente di arcate dei palazzi e dove i mirabili decori raccontano antiche storie, come specchi, intorno alla tomba del santo, brulicava una moltitudine di gente quella della bella Shyrin (sirena?) nuda al bagno, che lasciò languire il suo seduta, in preghiera, in picnic coi bambini, in chiacchiere, in silenzio, una reliinnamorato per sposare un principe… giosità familiare e colloquiale, molto diversa dalla nostra. Ma, attenzione, le Ma anche i villaggi più piccoli, tutti in caratteristici mattoncini gialli locali, ragazze hanno il velo ormai lontano dalla fronte, e si appartano sotto i bellisfango e paglia, raccontano storie lontane, come quelle dei seguaci di simi ponti di Isfahan al tramonto, come da noi… Zoroastro che adorano il fuoco in alto sulle colline, e tragiche storie vicine, …Khomeini ha salvato il popolo persiano dallo Scià…il futuro, inarrestabile, fissate per sempre nelle foto dei figli soldati, morti combattendo contro l’Iraq lo salverà da Khomeini… con buona pace di Allah! e immortalati ovunque, sui muri delle case e sui pali elettrici lungo le strade. Lucia Pompei, hijab style 2 la tenda n.5 giugno 2014 CULTURA 3 La Selva delle lettere : Giorgio Bassani Le varie esperienze esistenziali segnano profondamente Giorgio Bassani portandolo a ricercare nei suoi scritti (in cui è quasi sempre coincidente con i suoi personaggi) una vena intimistica e sentimentale che si lega indissolubilmente al tema della solitudine e dell’emarginazione ed è accompagnata da una profonda inquietudine che lo porta a non essere mai contento dei suoi testi che ritocca continuamente per tutto il tempo in cui è attivo come scrittore. Palcoscenico e perno della sua narrativa, ambientata negli anni della dittatura fascista e del dopoguerra, è la città di Ferrara con il suo microcosmo ebraico chiuso nel proprio egoismo, privo di ideali, di coraggio civile e fervore morale. Nei suoi racconti si intrecciano fatti vissuti e situazioni immaginate, i suoi personaggi escono dalla fantasia o sono tratti dalla realtà contribuendo alla nascita di quella letteratura della “memoria” ebraicaitaliana che ci offre un accurato, umano e partecipato ritratto dei comportamenti della ricca borghesia ebraica di una Ferrara terreno di coltura del Fascismo, città chiusa e borghese, appartata dalla campagna da cui detrae la sua ricchezza, città isolata nelle sue lotte intestine, nelle sue crudeli discriminazioni (basti pensare all’emarginazione sofferta dal protagonista de “Gli occhiali d'oro”reo, per la sua omosessualità, di contaminare quel culto della forza e incontenibile virilità caratteristica del tempo), nella sua innata ipocrisia, nel suo opportunismo cinico e freddamente gestito dai suoi protagonisti. Il suo moralismo anticonformista lo avvicina ai “diversi”, ai solitari, alle figure storicamente perdenti, ai sentimenti offesi dalla brutalità delle convenzioni e dei conformismi sociali (l’Edgardo Limentani dè “L’airone” che solo nel pensiero della morte trova la giustificazione del vivere ai margini di una realtà incomprensibile). Nelle sue opere Bassani chiede al lettore di “non dimenticare” gli orrori della dittatura, delle persecuzioni razziali, del Nazismo e, se da una parte in lui è fortissima la sfiducia nella storia, dall’altra la memoria tende alla conservazione gelosa e riservata dei sentimenti “umani”. Vuole essere il narratore, il testimone degli offesi, degli eroi vittime, degli oppositori, senti di appartenere a quella specie di narratori che non vogliono e non possono disinteressarsi del mondo, della “realtà nazionale” contemporanea, vuole essere il testimone-poeta che vive storicamente in mezzo alla gente, la scruta, la giudica, la “racconta”. Nelle sue opere troviamo da una parte l'ebreo ricchissimo proprietario terriero appartato custode dei valori dell'ebraismo tradizionale:cultura raffinata, ricchezza, spirito di superiorità, culto delle tradizioni ebraiche, la consapevolezza ereditaria che le persecuzioni non finiranno mai (“Il giardino dei Finzi-Contini”); dall’altra il tipico ebreo italiano, professionista borghese assimilato al suo tempo, iscritto al Partito Fascista, ben pensante, colto, impotente davanti alla progressiva emarginazione e persecuzione antisemita, eppure ambedue destinati all'annientamento. Negli anni ’50 per Bassani si delinea una sorta di ostilità, di damnatio da parte delle nuove avanguardie, diventa uno scrittore “scomodo” in un’epoca in cui il mondo ebraico italiano predilige il rientro nella società senza suscitare problemi; sono gli anni della normalizzazione sociale, gli ebrei non vogliono parlare delle persecuzioni subite, l’opinione pubblica italiana non ha voglia di rivelare le sue vigliaccherie: quel mondo “morto” sembra l’ultima testimonianza di un’Italia “antica” che nessuno vuole più. E se da una parte Bassani è profondamente compromesso con il giudizio morale dello scrittore che si scioglie nella costante presenza, intorno ai suoi personaggi, del coro della società di cui sono parte, tutto è rappresentato con ferma e contenuta indignazione in cui si fondono una profonda pietas del passato e una drammatica denuncia morale: il dramma collettivo è filtrato nel grigiore della realtà quotidiana, in una anonima angoscia, costruendo una fisionomia precisa e inconfondibile dell’evento storico (significativa l’autobiografica riflessione dell’io-personaggio protagonista di “Dietro la porta”). Modesta Corda Nasce a Bologna nel1916, da una ricca famiglia della buona borghesia ebraica ferrarese.A Ferrara Bassani trascorre l'infanzia e la giovinezza fino alla maturità classica. A Bologna, dove si laurea in Lettere, è parte integrante di quel parterre culturale cittadino da cui usciranno alcuni dei più bei nomi della cultura contemporanea.Esordisce nel 1940 e pubblica, sotto lo pseudonimo di Giovanni Marchi, il volume “Una città di pianura”. L’esperienza della guerra e le persecuzioni razziali lo costringono a trasferirsi a Roma dove è parte attiva nella Resistenza: viene arrestato per antifascismo nel ‘43 e trascorre circa tre mesi in carcere. Lascia Roma dopo la promulgazione delle leggi razziali abbandonando l’attivià letteraria e l’insegnamento nelle scuole pubbliche. Continua tuttavia ad insegnare in una scuola privata israelitica impegnandosi a trasmettere agli alunni quei valori etici universali che arricchiscono l’animo dell’essere umano e sono patrimonio di tutti senza distinzione di razza. Collaboratore e redattore di numerose riviste culturali, narratore, poeta,saggista, traduttore molto apprezzato, sceneggiatore cinematografico collabora con i maggiori registi del tempo. Responsabile per la narrativa di varie case editrici, con l’editore Feltrinelli ha il merito di aver pubblicato il “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa da molti rifiutato. Riceve numerosi premi e prestigiosi riconoscimenti in Italia e all’estero...insomma: un intellettuale di grande spessore. Muore a Roma nel 2000. Matisse, la figura. La forza della linea,l’emozione, il colore Ferrara, un grande centro artistico inserito nel 1995 dall’UNESCO nella lista dei Patrimoni dell’Umanità come città del Rinascimento, è stata essa stessa una delle corti più sfarzose dell’epoca tanto da attirare grandi artisti, pittori, scultori e letterati, nomi illustri come Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, Niccolò Copernico, Andrea Mantegna e Tiziano, solo per citarne alcuni. Vale la pena girarla a piedi o sulle due ruote essendo definita “la capitale italiana della bicicletta”: Ferrara è infatti perfetta se assaporata dolcemente per non perdere nemmeno uno scorcio tra le antiche mura, i vicoli medievali, le botteghe, i monumenti e le belle architetture come il Palazzo dei Diamanti, un prezioso edificio progettato nel 1492 da Biagio Rossetti per conto di Sigismondo d’Este. Il suo nome è dovuto alla presenza di 8.500 blocchi di marmo che compongono il bugnato con quella caratteristica forma a punta di diamante. Fino al 15 giugno u. s. ha ospitato la mostra “Matisse, la figura. La forza della linea, l’emozione del colore”. In esposizione oltre 100 opere, provenienti dai musei più importanti del mondo, hanno permesso di conoscere uno dei più noti artisti del XX secolo, illustre esponente del Fauvismo, corrente artistica il cui tratto dominante era l’uso del colore come strumento di comunicazione e di espressione emotiva. Matisse, considerato oggi il fondatore del modernismo insieme a Picasso, auspicava il libero uso del colore e la sua influenza si avverte fino agli esperimenti più radicali degli artisti del XX secolo: i suoi dipinti continuano ad infondere equilibrio, purezza e tranquillità. Il genio di Matisse ha cambiato il corso dell’arte del Novecento, imprimendo la sua visione nuova ad ogni genere artistico ma nessuno di questi l’ha affascinato quanto la rappresentazione della figura, soprattutto femminile, al punto da impegnarlo per l’intero arco della sua carriera in una ricerca incessante attraverso tutte le tecniche. L’esposizione ci ha dato la sensazione di passeggiare all’interno del suo atelier, tra dipinti, sculture e opere su carta, dalle opere giovanili a quelle della maturità, seguendo l’avventura creativa grazie alla quale Matisse ha dato forma tangibile all’emozione risvegliata dai suoi modelli e al piacere stesso di ritrarli. Un’esplosione di gioiosa vitalità accende le icone giovanili, raggianti di colori puri, e fa danzare leggeri i corpi nei capolavori della prima maturità. Lo stesso slancio percorre le opere dell’ultima fase, dove gli oggetti e l’ambiente sembrano risuonare dell’energia emanata dalla figura. Quel che più mi interessa non è né la natura morta, né il paesaggio, ma la figura. La figura mi permette ben più degli altri temi di esprimere il sentimento, diciamo religioso, che ho della vita (Henri Matisse, 1908) . Straordinarie e inattese le sculture in mostra, passaggio intermedio verso quello stile definitivo che si coglie nelle tele: i volti delle modelle, i riflessi della luce sulla figura, il mistero delle espressioni rivivono in ritratti dal fascino magnetico, in ambienti dagli arredi esotici... immagini che sono un inno alla bellezza e all’arte. Matisse si è ispirato alla figura, il più antico dei temi artistici, e ne ha sovvertito la rappresentazione tradizionale: con semplici sagome colorate ha composto sinfonie di forme quasi astratte che si espandono in uno spazio infinito. A chiudere la retrospettiva su uno dei più celebrati artisti della prima metà del Novecento sono le “testimonianze della stupefacente vitalità e dell’inesauribile forza d’immaginazione dell’ormai anziano e malato maestro”. Come la “Giovane donna in bianco, sfondo rosso”, icona della mostra, o “Interno blu con due ragazze”, o ancora opere rivoluzionarie come il celebre libro Jazz e la serie degli Acrobati. È qui che Matisse inventa la tecnica delle gouches dècoupèes: “Ritaglia forme e motivi da fogli di carta dipinti con colori puri e brillanti per poi assemblarli attraverso il collage. Queste creazioni incarnano l’essenza dell’arte di Matisse, capace con pochi segni di toccare le corde più profonde dell’animo e di infondere un senso di perfetta armonia, esercitando una straordinaria influenza sugli artisti del suo tempo e delle generazioni a venire”. la tenda n. 5 giugno 2014 3 PARLIAMO DI... 4 Cristina da Pizzano Cristina (Christine) da Pizzano (de Pizan) nacque a Venezia nel 1365, ma visse in Francia fin dalla più tenera età, dato che il padre, medico, astrologo e cattedratico, era tenuto in grande considerazione da reali e nobili parigini. Sposa a 15 anni, a 25 vedova con tre figli, e in stato di povertà, si lamenterà sempre della condizione di vedovanza ma con determinazione mise a frutto la sua formazione, voluta da suo padre a dispetto del sesso, scrivendo ballate dedicate a personaggi illustri, traendone vantaggi economici: fu dunque il primo scrittore professionista della letteratura francese. Nessuno prima di lei aveva fatto della penna un mezzo per vivere! Perfezionò la sua cultura letteraria, leggendo le opere degli antichi e dei contemporanei e il suo ‘sapere’, esteso ed eclettico, le valse la qualifica di umanista. S’impegnò nella poesia lirica, poesia di corte, creando componimenti prevalentemente di carattere personale e amoroso. Quando scrive d’amore, divaga su temi convenzionali ma sempre invoca la sua esperienza, i dolori della vedovanza, le sue difficoltà materiali, l’autenticità della sua esperienza di donna. Il femminismo astratto delle precedente poesia lirica lei lo volle trasferire sul piano della vita pratica: per attirare sì compassione ma collegando i problemi individuali a questioni di morale che già fanno intravedere il suo gusto per la filosofia. Il successo delle sue opere, negli ultimi anni del secolo, migliorò notevolmente la sua situazione economica. Un dibattito letterario su Le roman de la rose, in cui difese con successo il femminismo almeno a livello intellettuale, la rese di colpo una figura letteraria di primo piano. Gli anni 1402-1407 furono per Cristina un periodo di produzione intensa che meraviglia per il numero e l’estensione delle sue composizioni in uno spazio di tempo così breve. La sua vita sembrò allora confondersi con le sue opere. Ebbe fama nel campo della poesia lirica ma le opere di carattere moralizzante la coinvolsero maggiormente. Il solo riassunto delle opere basta a rivelare la sua tecnica di composizione, basata sull’accumulazione di “exempla” presi dalle fonti Donne più diverse e sull’allegoria. Leggerle oggi non è facile ma nel basso Medioevo questi procedimenti erano il fondamento stesso della creazione letteraria: da qui il successo immediato e considerevole , a dispetto della difficoltà di una lingua talvolta oscura, spesso appesantita dall’accumulazione delle subordinate, delle parentesi e degli incisi. Fu, dunque, una vera professionista della scrittura: donna di lettere, abile manager della sua carriera e della diffusione delle sue opere. Se la ‘politica editoriale’ di Cristina fu estremamente attenta, la politica, nel senso proprio del termine, appare invece molto più fluttuante, opportunista, dettata dalle necessità del momento. Negli scritti politici, sotto il guazzabuglio degli exempla, propone concrete soluzioni ai problemi che dilaniavano la Francia secondo un ideale politico che restò saldo nel corso degli anni: un desiderio di pace civile che richiedeva la concordia dei diversi “états” e una concezione vigorosa della crescita del bene pubblico. L’uno e l’altro potevano essere garantiti solo da un re degno, incontestato e circondato da consiglieri illuminati e disinteressati. Questa fermezza sui principi spiega paradossalmente la successione degli atti di fedeltà di Cristina a vari prìncipi. Come la sua politica, così la sua morale passa per un coacervo di luoghi comuni: l’onnipresenza del tema della Fortuna sarebbe la piatta espressione di un pessimismo alla moda nel corso dell’autunno del Medioevo. L’esistenza stessa di Cristina prova, invece, che la fatalità può essere combattuta. Trascorse gli ultimi anni della sua vita in convento e morì intorno al 1430. La sua opera ampiamente letta e copiata, poi stampata nel corso dei secc. XV e XVI, conobbe l’inevitabile eclissi del secolo XVII. Riscoperta, verso la metà dei secolo XVIII, da allora è stata incessantemente studiata, e persino usata da nazionalisti e da femministe. Oggi è oggetto di studi eruditi ma poco conosciuta dal grande pubblico. Il nome di Cristina, come simbolo della creazione letteraria femminile del Medioevo, continua tuttavia a parlare alla memoria collettiva. Giacomo Puccini - Gianni Schicchi Il 14 dicembre 1918 il Metropolitan di New York metteva in scena il “Trittico”, l’insieme delle tre opere brevi di Puccini: Gianni Schicchi, Suor Angelice e Tabarro. La prima opera, composta nella primavera del 1918 su libretto di Giovacchino Forzano, si riferiva a un sensazionale episodio di cronaca nera, avvenuto intorno al 1250 a Firenze, che aveva avuto come protagonisti personaggi di due delle famiglie più importanti di Firenze: i Cavalcanti e i Donati. Il fatto, centrato sulla sostituzione di persona, e dunque sull’inganno, dietro la spinta dell’avidità, aveva destato grande scalpore, tanto che circa 30 anni dopo Dante ne riferisce nel 30° canto dell’Inferno, dove incontra Gianni Schicchi tra i falsari, collocati nella X bolgia; altre notizie dell’episodio il Forzano attinge da un anonimo fiorentino del XIV secolo, commentatore di Dante. Il protagonista è reo di essersi sostituto ad altri “…falsificando sé in altrui forma …per guadagnar la donna de la torma...” avendo voluto “falsificare in sé Buoso Donati, testando e dando al testamento norma.” L’incontro fra il genio del poeta fiorentino e il grande musicista lucchese, entrambi partecipi del gusto per la beffa e l’umorismo nero tipici dello spirito toscano, produce un’opera breve, ma indimenticabile, che ruota intorno a un testamento, asse portante dell’intreccio. L’opera narra la vicenda con accenti veri, informandoci minuziosamente sull’età e i rapporti di parentela dei protagonisti, poiché deve essere chiaro il ruolo dei lasciti inseriti nel testamento. I numerosi personaggi sono delineati in base alle caratteristiche psicologiche, mediante diversi stili vocali; la narrazione è ricca di riferimenti storici e paesaggistici e di espressioni vernacolari, in perfetto stile verista, anzi questa si può considerare l’opera più verista di Puccini. I personaggi in scena sono tanti, ma i veri protagonisti sono Gianni, imparentato con la famiglia dei Cavalcanti, sua figlia Lauretta e Ranuccio Donati, figlio di Buoso e fidanzato di Lauretta. Lo stile musicale è piuttosto buffone- Lirica sco, con l’eccezione dell’aria di Lauretta, lirica e delicata, interpretata da tutti i più grandi soprani. L’azione inizia in una camera da letto dove giace Buoso Donati, appena deceduto, circondato dai parenti. Il tono grottesco dell’opera si manifesta quando i familiari, preoccupati perché sanno di essere diseredati a favore di un convento, cercano un modo per cambiare il testamento. Al tema dell’avidità s’intreccia quello dell’amore, poiché Ranuccio Donati è innamorato di Lauretta, che non è accettata dalla sua famiglia perché è senza dote, perciò quando trova il testamento lo consegna ai parenti solo dopo che questi consentono al suo matrimonio conla ragazza, figlia di Gianni Schicchi. Sarà proprio lo Schicci, uomo ingegnoso e amante della burla, molto abile nel “contraffare ogni uomo”, a escogitare un ingegnoso piano per accontentare gli eredi del morto. Dopo un’accesa discussione, che termina con l’aria di Lauretta (O mio babbino caro), egli fa nascondere il morto e si finge Buoso che sta per morire e vuole fare testamento, imitandone l’aspetto e la voce, tanto da trarre in inganno il notaio, chiamato a raccogliere le ultime volontà del moribondo. Molto esilarante il momento in cui il finto Buoso, dopo aver diviso parte del patrimonio tra i vari eredi legittimi, riserva al suo “caro amico” Gianni Schicchi importanti lasciti fra cui la villa di Firenze e una bellissima mula, senza che i presenti possano opporsi, sia per non compromettere tutto l’affare sia per evitare le dure sanzioni previste per il reato di falso (addio Firenze, addio). Dopo l’uscita del notaio tutti si scagliano contro Schicchi, ma egli li scaccia dalla casa che è diventata sua. Lauretta e Ranuccio esultano per la felicità, mentre Gianni chiude l’opera rivolgendosi direttamente al pubblico: Per questa bizzarrìa m’ha cacciato all’inferno... e così sia. Ma con licenza del gran padre Dante, se questa sera vi siete divertiti, concedetemi voi … l’attenuante” Emilia Perri Tempo d’estate...alta tecnologia da indossare Dopo i Google Glass ancora una novità per l’alta tecnologia da indossare. Stiamo parlando degli smartwatch, un tocco di vero glamour per l’estate visto che la loro uscita, stando al mondo Android, è prevista per la fine di giugno. Si vocifera sia in arrivo il G Watch della LG, il primo smartwatch con Android Wear e sembra che arriverà anche in Italia. L’utilizzo principale sarà quello per leggere e interagire con le notifiche ricevute sullo smartphone accoppiato e per impartire comandi vocali, come spiega la stessa casa produttrice in questo passaggio: “Questo [Android Wear] si compone di due sezioni fondamentali: quella per 4 la tenda n.5 giugno 2014 Cyberspace ricevere le notifiche e informazioni contestuali (grazie a Google Now) e un’altra per chiedere informazioni o impartire comandi vocali. In concreto, tutte le volte che si riceve una chiamata, un messaggio di chat in Hangout o una email, è possibile averne immediata notifica grazie appunto all’orologio. D’altra parte l’integrazione con Google Now permette di avere sempre sott’occhio il meteo, eventuali voli, gli ultimi risultati della squadra del cuore.” Lo smartwatch, dunque, funge da specchietto dello smartphone, forse ci indurrà a usare meno il telefono o forse no. Lo dirà soltanto l’uso che se ne farà! Annarita Petrino TERAMO E DINTORNI 5 All’ombra del campanile Libro in vetrina Maurizio Di Biagio “All’ombra del campanile”Galleria di personaggi teramani- (Artemia edizioni, Teramo 2014) Il titolo evocativo e poetico viene definito nella sua concretezza semantica dal sottotitolo che ne chiarisce anche il genere letterario. La recente pubblicazione di Maurizio Di Biagio, giornalista del quotidiano “Il Messaggero”, presentata il 15 maggio nella sala S.Carlo del Museo Archelogico, è una rassegna di personaggi noti o invisibili che costituiscono la microstoria cittadina. Alcuni sono ancora attivi ed inseriti nel tessuto sociale di Teramo, altri sono passati a miglior vita ma continuano ad essere vivi nel cuore e nella memoria di chi resta. L’opera, infatti, è una raccolta di articoli scritti dall’autore nell’arco di 15/20 anni e già pubblicati su mensili (Il cittadino e Teramani), su settimanali (L’araldo abruzzese), su quotidiani (Il Messaggero), e da ultimo anche sul suo blog “Il senso”. È arricchita inoltre TEr...amo e odio! Sei come una vecchia/abbandonata/ in un letto sghembo /disfatto,/ la polvere ti vela, / le rughe ti solcano/ mentre mollemente ti adagi /tra due testate /consunte. / Somigli/a quelle civiltà / in decadenza / con i segni della carne corrotta /dopo il vizio. / Ti odio, / così piena di buche, /sventrata in una piazza dall’ipogeo /e da un parcheggio sotterraneo nell’altra, / con le pietre del teatro romano / immolate all’usura del tempo, / e quelle del teatro ottocentesco /demolite per il commercio, / via gli enti, la caserma, la telefonia, / via anche i cervelli giovani, / città dormiente ormai, /a misura di vecchi e bambini./ Ti amo disperatamente / per il macigno del Gan Sasso sul cuore,/ l’aria fresca di Magnanella / nelle sere afose,/ l’abbraccio muto e virente / delle tue colline, / il richiamo appassionato /e ciarliero del tuo Duomo/e dei tuoi resti medioevali /che risuonano di echi lontani,/ per l’orizzonte che si spalanca/ sull’azzurro di quel mare vicino./ Ti amo ed odio/ come una cartolina ingiallita /dal colore dei miei sogni. Elisabetta Di Biagio da una decina di ritratti a matita eseguiti dallo stesso scrittore e da un disegno policromo del Duomo di Teramo realizzato in copertina dall’artista Enzo D’Ignazio. “Ritratti a memoria” li definisce il prof. Elso Simone Serpentini nella sua dotta prefazione, parafrasando un titolo del filosofo Russell, o piuttosto“schizzi” e non ritratti a tutto tondo,, dapprima abbozzati e poi perfezionati con il tratteggio per restituire “pienamente il senso della loro esistenza e della loro presenza in una città spesso, troppo spesso, indifferente...”. La memoria li consegna alla storia prolungando la loro vita perchè, come dice Cicerone,”è tesoro e custode di tutte le cose”, fissando per sempre il loro sorriso o la loro lacrima e il loro dolore che nel ricordo diventano eterni. Anche perchè a scrivere di loro non è solo un giornalista ma uno scrittore che non si è limitato a raccontarne le storie ma ha frugato con curiosità umana nelle loro anime. Sala Cristina da Pizzano Venerdì 13 giugno, si è svolta la cerimonia di intitolazione a Cristina da Pizzano (1364-1430?) della Sala polifunzionale della Provincia di Teramo. L’iniziativa è stata promossa dal comitato “Se non Ora Quando?” nell’ambito del concorso scolastico sulla toponomastica femminile “Sulle vie della parità”. La classe IIA del Liceo scientifico ‘Einstein’ di Teramo ha individuato in Cristina da Pizzano,intellettuale europea, letterata e filosofa, antesignana dell’emancipazione femminile, il personaggio di rilievo a cui intitolare la Sala Polifunzionale, sito ideale in quanto sede di convegni, incontri e altre occasioni di scambio culturale. Ricordiamo che la scrittrice teramana Aida Stoppa è autrice del romanzo Io, Cristina. Storia di Cristina da Pizzano. Alle origini della Querelle des femmes (Galaad 2012). Per notizie in breve sul personaggio: andare a pag.4 Città sciatta Le manifestazioni per la festa della Madonna delle Grazie, a Teramo, il 2 luglio u.s., prevedevano un concerto della Banda di Ailano.Ebbene il concerto c’è stato ma ha provocato ‘sconcerto’, anzi INDIGNAZIONE profonda nel pubblico presente: la musica a tutto volume proveniente dal Luna Park ha di fatto mortificato in modo indecoroso l’esibizione della Banda di Ailano. Si può solo dire che è stata una mancanza di civiltà e di rispetto verso l’arte e la musica. Il valentissimo M° Nicola Samale ha diretto brani d’opera nel frastuono assordante (decibel a go go) del luna Park.Molte persone erano esasperate. Ci si chiede: chi ha permesso tanti decibel di rumore al punto da rendere la buona musica della Banda inascoltabile? Dobbiamo chiedere scusa ai bandisti e al loro Direttore M°. Nicola Samale a nome dell’intera città. Inciviltà e approssimazione: sul manifesto era sbagliato persino il riferimento del professor Samale, musicista assai noto, indicato come un generico ignoto M° Nicola!!!! . OSSERVATORIO TERAMANO Buon appetito! “Niente c’è di definitivo nel mondo, ma le cose meno definitive di questo mondo sono le vittorie elettorali”. (Benito Mussolini, Scritti e discorsi, 1914/39). Mi pare che il pensiero del Dux calci a pennello. Dopo la sbornia elettorale. Adesso bisogna davvero mettersi a pensare come dare una svolta a Teramo e alla sua popolazione. Svolta che coinvolga quelli che non hanno lavoro. Svolta per quelli che cercano la luce dietro l’angolo. Teramo deve sapersi riappropriare del suo ruolo di capoluogo. Lo ha perso nel tempo. Lo ha perso seguendo quanti hanno deciso di disseminare sul territorio eccellenze che dovevano restare a Teramo. Adesso qualcuno sta cercando di fare l’esatto contrario, riportare a Teramo quelle eccellenze sparse sul territorio provinciale, eccellenze che nonno avuto soltanto un ruolo politico per strappare voti. E basta. Riusciremo a rivedere la Teramo d’altri tempi. Scriveva il maestro Fernando Aurini “Teramo è una piccola incompiuta, tutto ciò che si intraprende resta sospeso, interrotto, e infatti la città si sviluppa caoticamente. Se vivesse una vita densa di contenuti morali, culturali e sociali sarebbe una splendida opera verdiana, traboccante di vitalità, appassionata, onesta e diretta”. Rifletterci sopra dovrebbe essere il minimo. Ma c’è tanto da fare nel nostro pubblico. Spero di vedere realizzate alcune delle strombazzate opere annunciate durante la campagna elettorale avvelenata e strillata fino alla esasperazione. D’altra parte la situazione non pare sia mutata. E’ identica quella creatasi dopo le ultime elezioni. Insomma vorrei sbagliare ma di nuovo c’è poco. All’ombra del Duomo teramano. Dunque riflessioni e poi tutti al mare ovviamente chi potrà ancora permetterselo. Al ritorno troveremo le rotonde annunciate (alcune iniziate), troveremo forse i sotto passi di piazza Garibaldi ultimati e rimessi a nuovo, troveremo insomma quanto è stato annunciata con tanto di fanfara prima delle elezioni. E al mare che troveremo? Solito balletto di bandiere blu che confermeranno la bontà delle nostre acque fino al primo divieto di balneazione. Nulla di nuovo e allora che fare, come evitare di affondare nel desolante panorama del post elezioni? Scriveva Aurini “Quando si parla del senso voluttuario dei teramani, nati come pochi privilegiati con il gusto ed il piacere della buona tavola, educati al culto della cucina, portati per istinto e per temperamento verso il mangiare ed il bere, bisogna tenere presente che gli abitanti dell’Intermania Urbs da secoli e secoli hanno fatto del vino e della buona tavola il loro tempio più sacro. Annodiamoci ancora, come una volta, in tutta serenità il tovagliolo dietro la nuca (anche se non è più chic), allunghiamo i piedi sotto la tavola e pronunciamo di nuovo l’augurio sacro dei nostri antichi. Salute e buon appetito”. Ma si buon appetito. A tutti ai vincitori, agli sconfitti, ai trombati. Nessun problema comunque ci sarà tempo per riprovarci. Tanto se le elezioni servissero a qualche cosa probabilmente ce le avrebbero negate. Ma questa è un’altra storia. Gustavo Bruno TOYOTA Di Ferdinando Vetrina della Libreria Cattolica- Teramo, via della verdura La Libreria Cattolica offre le novità editoriali nazionali ed internazionali a prezzi vantaggiosi All’interno sono inoltre in vendita vestiti per la Prima Comunione, semplici ed economici, oggetti dell’artigianato POC (Piccola Opera Caritas) di Giulianova adatti per regali e bomboniere. Si ricorda che è disponibile un punto Internet, è attivo il servizio fax, fotocopie, ricarica dei cellulari, carte telefoniche internazionali e pagamento utenze varie. Vieni nel nostro salone per scegliere la tua nuova Toyota! V. CAMELI 15/23 - TERAMO (TE) Tel. 0861 242312 Fax. 0861 244034 [email protected] la tenda n.5. giugno 2014 5 MOLESKINE - 6 La comfort zone È una specie di ‘nicchia’ della mente, un rifugio dove mille ragioni ti inducono a pensare, nel caos generale, come sia meglio ‘lasciar perdere’, ché tanto tutto è inutile. È più o meno così che l’individuo, in quel momento supremo di reciprocità, comune a molti, inesistente per i più, in cui l’altro dovrebbe diventare il tuo prossimo e chiederti una risposta all’unico imperativo per cui ha senso vivere, fornisce la sonnacchiosa risposta di cui sopra… Eppure è quel preciso momento che può cambiare l’animalità in etica. È soprattutto quella grossa fetta di umanità che, tutto sommato, se la passa ‘non c’è male’ che continua a far finta di non saper che fare. Si concentra sui fatti suoi, lancia piatte invettive, vaniloquio socio-politico approssimativo e inutile almeno quanto i programi, tutti identici, dei vari ‘signori del potere’ di turno. Idee di parte che ognuno sbandiera e propugna come buone …all’immobilismo del potere. In barba a quel pensiero filosofico che sostiene il miglioramento della società dipendere da quello del singolo, individuo per individuo. Qualcuno che ci crede esiste, però, e quel qualcuno fa la differenza, come a dire tiene ancora alto sulla bilancia il piatto dei ‘buoni’ “Uscire dalla comfort zone in cui si assiste passivi a ciò che accade” è ciò che sostiene, fra gli altri, Nicoletta Iacobacci, una donna che ha fatto di tutto perseguendo lo scopo di svegliare il pensiero e l’azione dove poteva, dal Arte in Centro giornalismo al teatro, ad altri innovativi mezzi di comunicazione, coordinatrice delle TV pubbliche d’Europa, che sta studiando il modo per creare programmi partecipativi e propositivi fra le varie nazioni con la possibilità di interagire in tempo reale. Per aiutare il cambiamento di metodiche infruttuose prendendo atto del ruolo ormai fondante, sempre più completo e irrinunciabile che ha nella vita umana l’apparato tecnologico. Farlo conoscere realmente e possedere ai giovani, senza compromettere il ruolo dei libri ma anzi considerandoli un momento di riscontro gaudioso, teoria imperitura di ciò che si applica con le macchine. “Credo che il mondo evolva solo quando i coraggiosi si prendono dei rischi”. Così in una esplosione di creatività e con la speranza che ciò che sta facendo sia sempre più accettato, esorta la scuola ad avere “zero pigrizia” per esprimersi attraverso una didattica veramente partecipata, svegliando i sonni tra i banchi, inventando, creando insieme nuove forme di apprendimento aiutandosi con quel mezzo che solo è andato veramente avanti sfidando quasi lo stesso cervello umano e che è, appunto la tecnologia. Sicché la lezione, corale, recitata, fotografata, creata tra docenti e discenti diventi palpitante, vero lavoro comune, non dia tregua, interessi, coinvolga. Creando, si spera, gli ‘svegli’ di domani. abc Estate ricca nella macroregione culturale del centro Italia: Ascoli Piceno, Civitella del Tronto, Teramo, Castelbasso, Atri, Loreto Aprutino, Pescara ospiteranno nove mostre: 100 artisti internazionali, nove curatori, una decina di sedi espositive, due regioni, tre provincie, sei enti culturali. Sono i ragguardevoli numeri di “Arte in Centro. Cultura contemporanea nei borghi e nelle città”, un insieme di mostre che dal 4 luglio al 28 settembre animerà nel segno dell'arte contemporanea un vasto territorio, dalla Marca ascolana alla provincia pescarese passando per i centri storici del Teramano, creando nell'arco dell'estate un museo diffuso tra Marche e Abruzzo. Ricomponendo in un quadro complessivo le nove mostre di “Arte in Centro”, la proposta va dai maestri storicizzati degli anni Sessanta alla nuova ricerca, in un’ampia varietà di poetiche, linguaggi, medium, tra pittura, scultura, fotografia, video, installazione, performance. CALENDARIO SINTETICO Ascoli Piceno - galleria d’arte “O. Licini” (7 luglio/28 settembre?- “Amalasunta Collaudi. Dieci artisti e Licini”. Castelbasso - (13 luglio/31 agosto) due mostre:. “C’era una volta a Roma. Gli anni Sessanta intorno a piazza del Popolo” - mostra opere artisti contemporanei “Paesaggi della mente” dedicata al pittore avezzanese Alberto Di Fabio, Teramo - ARCA - “Visioni. Enzo Cucchi” - (5 luglio/31 agosto). Civitella del Tronto (Te) - (6 luglio/28 settembre),due mostre “Visioni. Gianluigi Colin” - opere e istallazioni “Visioni. Visione Territoriale” - mostra di creazioni in ceramica. (segue a p. 8) Alma Tadema e i pittori dell’800 inglese La mostra dedicata ad Alma Tadema e i pittori dell’800 inglese, da poco conclusasi presso il Chiostro del Bramante, a Roma, ha dato a molti visitatori l’opportunità di scoprire o riapprezzare e, perché no, anche criticare opere di artisti che comunque, al di là del gusto personale hanno segnato un lungo periodo dell’arte inglese. Ci riferiamo ai pittori dell’Aesthetic Movement (vedi box) accomunati da tendenze simili, ma ognuno con la sua personalità, i suoi temi prediletti, il suo personalissimo stile: da Millais e Rossetti, i padri preraffaelliti, insieme al poco più giovane Burnes Jones, fino al genio di sir Alma Tadema e le sue tele dedicate al mondo della Grecia e della Roma Imperiale, che hanno ispirato i film mitologici fino agli anni ’70. Olandese di origine, naturalizzato inglese, AlmaTadema, ebbe una passione particolarssima per la storia, l’archeologia e la vita quotidiana dell’antichità: era affascinato dall’architettura, dagli oggetti, dagli abiti di Roma antica, dalla bellezza formale della statuaria classica, ed ebbe la genialità di introdurre tutti questi elementi in composizioni che alludono ai costumi e allo stile di vita vittoriani. Sono tele, quelle in mostra, che ruotano intorno alla mitologia , al Medioevo e ai drammi shakespeariani, ma anche a scene di apparente quotidianità che si trasformano in quadri di enigmatica bellezza fino all’apoteosi della storia antica che diviene leggenda, come nel capolavoro di Alma Tadema “Le rose di Eliogabalo”, una tela colossale esposta alla Royal Academy nel 1888 e ispirata sia dalla Historia Augusta, sia soprattutto al romanziere Huysmans, autore di À rebours, manifesto del Decadentismo europeo. In essa si vede il crudele imperatore romano di origine siriana che schiaccia gli ospiti sotto una cascata di rose. Decadente e al tempo stesso precisissima nella 6 la tenda n.5 giugno 2012 definizione dei particolari, ha per protagonista non un eroe ma un un uomo, crudele e omicida. Il dipinto divenne simbolo del gusto decadente contemporaneo. Un tema centrale del Movimento Estetico è la donna: muse o modelle, femmes fatales, eroine d’amore, streghe, incantatrici, princi- Lawrence Alma - Tadema, rose di Eliogabalo pesse; l’essere angelicato che può diventare demonio, la salvezza che può diventare tentazione. Nelle opere di questi artisti il corpo femminile non è più prigioniero come nella vita quotidiana, bensì denudato, e simboleggia una forma di voluttà. Le donne sono tutte eroine dell’Antichità e del Medio Evo; natura lussureggiante e palazzi sontuosi fanno da sfondo a queste figure sublimi, lascive, sensuali.Questi pittori conobbero il disprezzo e le opere subirono un vero diktat del gusto. Un collezionista messicano, Pérez Simòn, che ha messo a disposizione le opere in mostra, in tempi di oblio le ha cercate ed acquistate fino ad avere una delle raccolte private più importanti dell’America Latina. La sua passione è l’amore per la bellezza, oltre che la pittura raffinata. E chi meglio di questi artisti riesce a unire in un connubio così pregevole queste due passioni? Nella metà del XIX secolo, nel Regno Unito emerge un ideale chiaro e rivoluzionario: la ricerca di una nuova bellezza. Gli artisti che aderiscono al gruppo Aesthetic Movement non cercano nient'altro che una forma d'arte libera, affrancata dalle convenzioni sociali, in aperto contrasto con il puritanesimo vittoriano. La tendenza investe l’arte ma anche altre discipline quali l’incisione, la rilegatura, la moda e perfino la fotografia contagiando tutte le forme di arti decorative. È l’avvento dell’arte per l’arte, di un’arte la cui unica vocazione è la bellezza. I quadri dipinti dagli “esteti” non hanno intenti narrativi, né morali; le loro sculture sono semplicemente una fonte di delizia, evocatrice di piaceri sensuali, per occhi e mani; la loro poesia ha la pretesa di essere “pura”. Gli aderenti al Movement adottano la teoria parnassiana diffusa, nel 1835, da Théophile Gautier. Oscar Wilde (1854-1900) si proclama primo guru dello stile, ne diffonde gli ideali che si ispirano alle vicende storiche del passato e ai paesi lontani: l’Oriente, la Grecia, l’antico Egitto e il Giappone. Gli eccessi e la leziosità dei suoi adepti, indebolirono, forse, la forza creativa del Movimento… la bellezza sfiorisce. Inoltre, nella sua fase tardiva, l’estetismo è associato all’idea di decadenza, e perde definitivamente la sua carica innovativa ZURIGO Gentile Lea Norma sas Via Paris 16 - 64100 Teramo Tel. 0861.245441 - 0861.240755 Fax 0861.253877 7 Caccia al tesoro d’arte...teatrale Siracusa è un tesoro d’arte di per sè. Quando poi si assiste alla rappresentazione di una tragedia greca nel teatro greco della città, allora l’emozione si aggiunge al fascino, e diventa difficile farne a meno! Quest’anno, per il Festival del Centenario dell’Inda-Istituto Nazionale Dramma Antico - è stata messa in scena l’Orestea, l’unica trilogia tragica rimasta nella sua interezza, con cui Eschilo vinse nelle Grandi Dionisie del 458 a. C. in Atene. Due serate intense: Agamennone nella prima e Coefore e Eumenidi nella seconda. Lo spettacolo inizia quando il sole scende dietro la gradinata più alta e la luce è ancora chiara, l’atmosfera è sospesa, scende il silenzio sugli spalti e si accende la magia dell’antica poesia che ancora oggi commuove e fa riflettere. La scenografia straordinaria, quest’anno ideata da Arnaldo Pomodoro, è essenziale: le porte monumentali della reggia di Argo, elemento unico e fondamentale della scena, quando si dischiudono per l’ingresso dei personaggi sembrano pagine di quel libro che ci viene raccontato. Inizia la storia l’Agamennone: la scena è ricoperta di terra scura da cui ‘emergono’ lenti e tristi i vecchi argivi, il coro: non riescono a gioire del ritorno del signore, presagiscono il dolore che si abbatterà sulla città, intonano il canto, un lamento narrativo che ricorda la piana di Troia ricca dei morti di una guerra empia, la solitudine decennale della città di Argo, la catastrofe che incombe. La terra scura come ciò che è stato, è e sarà, è preludio all’ingresso di Clitennestra, vera protagonista della tragedia, che grida lo strazio della sua maternità ferita, che è vittima e carnefice posseduta dal demone inevitabile della vendetta, amante appassionata di Egisto di cui ha assorbito tutto il rancore per lo scempio subito dal padre Tieste. E poi Cassandra che ‘sa’, ma per volere divino non è creduta, sa bene cosa sta per succedere ed è impotente di fronte alla ineluttabilità degli eventi. Tragedia statica, a tratti lenta, incombente che, con l’uccisione di Agamennone si conclude e chiama il ‘sangue’ che sarà sparso nelle Coefore. Poesia potentissima, linguaggio ardito nell’originale, un po’ troppo semplificato dalla traduzione proposta. Ma la suggestione del luogo, della recitazione (particolarmente di Clitennestra e Cassandra), delle luci che si accendono nel teatro prima che scenda la notte ci hanno proiettato in quel mondo arcaico, in quell’Atene del V secolo in cui i tragediografi a teatro, attraveso fatti remoti, comunicavano i princìpi fondanti della civile convivenza, le regole della polis: l’uomo deve imparare a conoscere i suoi limiti, non deve macchiarsi di hybris, di tracotanza, perché violando le leggi etiche impersonate da Zeus, che è anche Giustizia, provoca una catena di delitti nella sua stirpe, che non può essere spezzata da mano umana. Sangue chiama sangue. Il libero arbitrio dell’uomo è un’apparenza, egli non ha scampo, l’unica via di redenzione è contrassegnata dal dolore che conduce alla conoscenza e all’accettazione del male di vivere.Siamo di fronte al simbolo della irrazionalità della sorte umana, irrazionalità che conosce un ‘tentennamento’ nella seconda tragedia, Coefore, cioè le portatrici di libagioni. Quando ha fatto il suo ingresso (parodo) il coro delle Coefore, prigioniere troiane, vestite di nero con un incedere solenne e tradizionale, la suggestione è stata fortissima. Il monologo di Oreste che esita sul da farsi, quello di Elettra, scissa tra l’ubbidienza alla madre Clitennestra che le ordina di portare offerte Saving Mr. Banks - sulla tomba di Agamennone e l’amore per il padre ucciso, il riconoscimento di Oreste, l’abbraccio tenerissimo tra i due... hanno scandito momenti di grande commozione. L’acme, tuttavia, con grande bravura scenica è stato raggiunto quando sulla tomba del padre, Oreste, Elettra e il coro piangono la sorte amara del re, ne invocano l’aiuto per compiere l’atto di vendetta: dolore e odio si confondono e Oreste, vero eroe tragico, di fronte all’alternativa tra due azioni colpevoli, matricidio o rinuncia a vendicare suo padre, ineluttabilmente sceglie di uccidere la madre. Egli ha obbedito ad Apollo, nel rispetto del volere del dio ha scontato le colpe remote, il germe per tranciare la catena di delitti è lanciato: una lunga e dolorosa espiazione e l’intervento della divinità segneranno il passaggio dall’irrazionale al razionale, la fine dell’automatica ‘trasmissione della colpa’. Siamo alla terza tragedia, Eumenidi. Testo meno poetico rispetto alle altre ma molto denso di spunti su cui riflettere e dibattere. Entrano in scena le Erinni, dee delle terra, con parrucche scarmigliate, orribili, agitando bandiere nere si scatenano in una lunga danza quasi macabra, prolungata, ossessiva e, secondo noi, eccessiva (indulgenza alla moderna cultura dell’immagine che esige ‘visioni’). Apollo (Ugo Pagliai) arriva su un trespolo alto spinto a mano come deus ex machina, Atena (Piera degli Esposti) è assisa sul trono, ieratica e volutamente inespressiva (bravi attori, magari un po’ troppo avanti negli anni... ma era il festival del Centenario!). Si fronteggiano. La scena è affollata, Oreste supplice è in mezzo. Atena istituisce un tribunale di 12 ateniesi, l’Areopago, preposto a giudicare: tra le antiche dee sostenitrici del principio matriarcale e Apollo intervenuto in nome della supremazia del sangue paterno ha luogo un dibattito in stile forense. Oreste è assolto grazie al voto determinante di Atena che promette alle Erinni perpetui onori nella città di Atene. Esse diventano Eumenidi, benigne, e un canto di benedizione, di pace e prosperità per l’Attica, chiude la trilogia. Molte le concessioni ‘visive’ da parte del regista che però non sminuiscono la LA SAGA degli ATRIDI resa scenica nè il valore del messaggio: si sancisce il superamento del ‘principio Atreo, padre di Agamennone, del taglione’. La comunità assume diret- uccide i figli di suo fratello Tieste tamente l’amministrazione della giusti- per brama di potere e gliene dà in zia affermandosi come norma suprema pasto le carni. Si salva solo il picdel vivere sociale. Per il colpevole si con- colo Egisto. Passano gli anni e sidereranno il movente, le circostanze, Agamennone, tornato vincitore le attenuanti e si interromperà la catena da Troia dopo aver sacrificato la delle uccisioni imponendo l’atto sovra- figlia Ifigenia per permettere alla no di una pacificazione, l’assoluzione. flotta greca di salpare, viene ucciLa salvezza, tuttavia, resta comunque so da Clitennestra, sua moglie, in sancita dalla divinità: non stupisce per- accordo col suo amante Egisto. ché Eschilo è uomo del V secolo, ‘reli- Anni dopo, Oreste, figlio di gioso’ e fermamente convinto che divi- Agamennone e Clitennestra, con nità e giustizia coincidano. il sostegno di Elettra sua sorella, Turista curioso uccide la madre e il suo amante. (un film delizioso) Uscito nell’inverno scorso, il film racconta le vicende della trasposizione cinematografica della storia di Mary Poppins. Pamela Lyndon Travers è una scrittrice di romanzi per l’infanzia che vive a Londra e fa impazzire il suo editore perché da vent'anni rifiuta di cedere i diritti di “Mary Poppins” a Walt Disney. Ossessionato dalla promessa fatta alle sue figlie, Mr. Disney sogna di realizzarne un musical in technicolor e infine riesce a persuadere la cocciuta e bisbetica Miss Travers a partire per la California. Impermeabile agli ossequi e all’amabilità di Walt Disney e dei suoi assistenti, Pamela si siede in cattedra e passa in rassegna lo script e la sua infanzia, sublimata nei suoi romanzi. Cresciuta in Australia da una madre fragile e un padre sognatore, costretto a lavorare in banca e deciso ad affogare la propria vita nell’alcol, Pamela ha inventato Mary Poppins per salvare il suo papà e i Mr. Banks del mondo. Di questo parla Saving Mr. Banks, ricordandoci la possibilità di aprirci ad altri mondi, per fuggire dalla realtà e poi magari ritornarci con un maggiore grado di consapevolezza. La breccia verso l’altro mondo intuita da bambina e sognata da adulta, Pamela l’ha trovata nella sua governante volante che, mentre rassetta, converte i genitori al culto dell’immaginazione, delizia i bambini e si prende cura dei loro padri in ambasce. E i padri sono i destinatari di questa commedia che è una contesa tra due personaggi e due movimenti, uno di resistenza (Miss Travers) e uno di assedio (Mr. Disney). Da vent’anni Disney prova ad acquistare i diritti di “Mary Poppins” perché ha fatto una promessa alle sue figlie, da altrettanti la Travers resiste perché ha fatto una promessa a suo padre. Promesse che rivelano un rimosso, un’infanzia ingrata e una ‘domanda di padre’ mai accolta. Realizzare l’adattamento cinematografico di “Mary Poppins” consente allora ai protagonisti di fare i conti col genitore e di ‘riparare’ con l’immaginazione. Alla maniera di Mary Poppins, il film di J. L. Hancock è coinvolgente e spruzzato di un gradevole sentimentalismo. Uno spettacolo popolare che nasconde un segreto e ribadisce il fascino inalterato di Mary Poppins, tata volante portata dal vento che inventa parole e manda giù pillole amare con lo zucchero. Interpretato senza sbavature e cedimenti descrittivi da Emma Thompson e Tom Hanks, bravi a scavare nella coscienza dei propri personaggi scovando la propria attitudine fanciullesca, Saving Mr. Banks sparge una gioia misteriosa che alleggerisce i toni drammatici, assorbe il pragmatismo magico della tata perfetta e compensa la mancanza del padre reale con la produzione lirica di uno immaginario. Un padre che i movimenti coreografici, le invenzioni sceniche, gli sfondi a disegni animati e una rosa di canzoni indimenticabili permettono di salvare e celebrare, restituendo a Pamela e a Walt tutto il senso della loro eredità di figli. Questo è il segreto intimo di Saving Mr. Banks, comprare con due penny carta e spago, riparando il proprio aquilone e la propria infanzia. da M.M. la tenda n. 5 giugno 2014 7 SATURA LANX 8 Gusto letterario Acqua fonte di vita e abisso di morte, barriera invalicabile e insperata via per l’eroe che con esso ingannò il ciclope Polifemo, creatura mostruosa, ostaggio un ritorno alle cose lasciate e credute perse. Il mare e Odisseo sono due crea- della sua dimensione terragna e incapace di comprendere la libertà infinita ture inscindibili che trovano senso l’una nell’altra. Cangiante come l’acqua che nasce dalla vastità delle distese marine. che solca con la sua nave, il greco acquista nel tempo una sempre maggiore Ugo Foscolo fa di Ulisse il centro emotivo del sonetto A Zacinto, confessiocognizione di ciò che lo circonda. L’autocoscienza però lo condanna alla soli- ne di un poeta-bambino in cui le ossessioni biografiche si rincorrono come tudine nella sopravvivenza: egli non riesce a rendere partecipi del suo desti- onde. Dall’acqua, principium vitae, nascono l’isola natale del poeta, indimenno i compagni che periranno per la loro insulsaggine. Nel XII libro Odisseo ticata Terra Madre, e Venere, dea dell’Amore e della Fecondità. Le due conclude dunque la narrazione della sua epopea e immagini femminili, la simbolica e la mitica, sono archivia il passato; la nave con i suoi compagni a Zeus tuonò e insieme scagliò il fulmine sulla accomunate dal canto di Omero, visto come Origine bordo affonda tra Scilla e Cariddi ed egli rimane nave e questa (…) roteò tutta su se stessa (…); i della Poesia e metaforica figura paterna del Foscolo. solo. Il naufragio di Odisseo, il suo peregrinare per Come dal mare sono nate Zacinto e Venere, così il compagni caddero fuori (…), intorno alla nave il Mediterraneo e l’inesausta volontà di tornare ad canto di Omero genera Ulisse, “bello di fama e di svenItaca non sono elementi narrativi che rimangono scura erano trasportati dalle onde: un dio li tura” che, dopo tanto errare, “baciò la sua petrosa circoscritti al solo poema omerico, ma sono diven- privò del ritorno . Itaca”. Alla classicità dell’eroe greco si contrappone tati nel tempo universali letterari reinterpretati semOmero, Odissea XII 415-419 romanticamente lo stesso Foscolo: nati dalla stessa pre diversamente da scrittori come Joyce, Saba, terra e dallo stessa acqua, essi sono segnati da un Foscolo e Dante. destino differente; infatti all’approdo di Ulisse in Il ridotto spazio di una giornata, dalle otto del mattino alle due di notte, patria fa da contrappunto il “non-ritorno” a Zacinto del Foscolo, il quale potrà copre il viaggio di Odisseo [Ulisse]/ Leopold Bloom nel romanzo ‘Ulysses’ di sfiorare la sua terra natale solo idealmente e attraverso il messaggio simboliJ. Joyce. All’epico continuum del poema omerico si sostituisce la straniante e co dei suoi versi. minuziosa cronaca di una qualunque giornata vissuta da un commesso viag- Dopo Omero, Dante è il poeta che meglio ha interpretato il titanismo di un giatore qualsiasi, l’ebreo dublinese Leopold Bloom che vagabonda per la sua eroe che vuole fino all’ultimo allargare il proprio campo di azione. All’Ulisse città osservando attentamente la vita che scorre accanto a lui. Sposato ad una dantesco non è più sufficiente Itaca che pure è stata per lui l’agognata meta donna che lo tradisce, Molly, sensuale e grottesca antitesi della testarda e della sua maturità. L’isola è diventata la prigione della mente per Ulisse che raziocinante Penelope, Bloom durante l’arco del romanzo segue il corso dei ha invece sete di conoscere; la sua è però un’arsura che solo l’acqua del mare suoi pensieri che vagano tra passato e presente, tra desideri, paure e intimi può placare. Lucidamente convince altri compagni ad intraprendere un “folle ricordi. La vicenda, di per sé piatta e banale, trae però vitalità dal linguaggio volo” verso Occidente, dove muore il Sole e dove l’Oceano si confonde con particolare e innovativo usato dallo scrittore. Lontanissimo dalle formule lin- l’Oscurità. Non è ybris quella che muove Ulisse ma esigenza di rimanere vivo guistiche di Omero che affidava il suo messaggio poetico all’energia dell’af- mentalmente, tramite l’esperienza distillata attraverso l’uso dei sensi (“d’i fabulazione orale e della memoria dei cantori, la lingua di Joyce è fatta per nostri sensi ch’è del rimanente non vogliate negar l’esperienza (…) del mondo sanza essere letta, assimilata e meditata. Lo scrittore attraverso la corrente ininter- gente”). Egli fa dunque appello alla curiositas dei suoi compagni (“considerate rotta dei pensieri del protagonista, fa dello sperimentalismo linguistico l’asse la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoportante dell’opera. La prosa di Joyce può essere a ragione considerata il scenza”). La meta coincide con l’esplorazione della Terra di Nessuno, ipotetimare attraente e insidioso sul quale naviga il protagonista con la zattera del co e ultimo Regno di Ulisse oltre il Mediterraneo e le Colonne d’Ercole. Le flusso di coscienza che lo anima; questo però è il mare sul quale è costretto a aspirazioni dei naviganti però si infrangono contro una “ montagna bruna per navigare anche il lettore che, nella complessità dello stile dello scrittore, spes- la distanza”, alta più di qualsiasi altra vetta del mondo conosciuto: è la monso rischia di essere sommerso nel gorgo della dissoluzione delle rassicuranti tagna del Purgatorio, il regno del pentimento e della purificazione cristiana, e sclerotizzate forme strutturali e linguistiche del romanzo borghese tra ‘800 inconciliabile con la visione pagana del mondo di Ulisse. L’eroe quindi muore e ‘900. perché estraneo alla realtà morale in cui è immerso Dante. Impietosa è quinPer Umberto Saba l’eroe della sua poesia Ulisse, coincide con l’In(de)finito da di la cronaca della fine del greco e dei suoi compagni: “Un turbo nacque esplorare. È un vecchio quello che confida al mare le sue segrete pulsioni. narra l’eroe dantesco - e percosse il legno al primo canto. Tre volte il fé girar con Sintetiche e suggestive note paesaggistiche accompagnano i richiami alla gio- tutte l’acque; e la quarta levar la poppa in suso e la prora ire in giù, com’altrui vinezza dell’eroe: “nella mia giovinezza - egli confessa - ho navigato lungo le piacque infin che l’mar fu sovra noi richiuso”. Curiosamente i versi danteschi coste dalmate”. Dalla visione incantata emergono “isolotti (…) a fior d’onda (…) richiamano quelli del XII libro dell’Odissea, in un’ideale composizione ad anelcoperti d’alghe, scivolosi, al sole belli come smeraldi”, lacerti di terraferma da evi- lo dove le medesime tematiche si rincorrono attraverso l’acqua dei secoli. “La tare nei viaggi notturni “per sfuggirne l’insidia”. È chiaro come Ulisse sia saggezza di Ulisse si dispiega negli spazi e della favola contro avversari mostruosi refrattario al richiamo della riva per tendere invece al mare, alla liquida e manifesti”*, ma nulla può la saggezza umana nei confronti dell’impronta immensità nella quale perdersi , quella che Saba chiama “terra di nessuno” che indecifrabile di Dio che rimarrà per Ulisse un mistero insondabile quanto la rappresenta la tensione estrema del vecchio marinaio dal “non domato spiri- profondità del mare che lo sommerge per sempre. to”. Il poeta sottolinea quindi l’appartenenza dell’eroe al mare il quale diven- *Vittorio Sermonti B.D.C. ta il Regno di Ulisse, la Terra di Nessuno, dove Nessuno è il nome occulto del- TACCUINO Arte in centro (da p. 6) Atri (Te)- Museo capitolare--(11 luglio/ 10 settembre) "Stills of Peace and Everyday Life. Italia e Pakistan: una ricerca del senso del contemporaneo" - fotografia, video arte di artisti contemporanei italiani e pakistani. Pescara, palazzetto Albanese (12 luglio/12 settembre). “Vita Activa. Figure del lavoro nell’arte contemporanea” - mostra di pittura. Loreto Aprutino (Pe)- Centr o storico (4 luglio/7settembre) “Loretoview. Festival di fotografia del paesaggio”. Info: 0861 508000, arteincentro.com. Redazione Sala di Lettura - Via N. Palma, 33 - Teramo Tel. 0861.243307 [email protected] Direttore responsabile Attilio Danese Via Torre Bruciata, 17 64100 Teramo Tel. 0861.244763 - Fax 0861.245982 e-mail: [email protected] Ricordando Alfonso Di Patrizio, improvvisamente scomparso. Alla moglie Egle, ai figli e ai parenti tutti, le condoglianze della redazione. La Tenda vivrà con il tuo abbonamento: annuale 15 euro, sostenitore 20 euro, cumulativo con la rivista “Prospettiva persona” 37 euro c/c n. 10759645 intestato a CRP, Via N. 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