POESIE DELLA NOTTE E DEL GHIACCIO Penna, Saba, Caproni, un po’ di Palazzeschi. Ma anche Lear, Scialoja. Un’eco di primi versi montaliani. Lei ama molto Wisława Szymborska. E, naturalmente, Andersen, la sua dolcissima malinconia. La storia della lingua poetica è una storia di amori. La lingua ha sempre dei padri, ma una voce autentica trova il suo vestito, ha il suo timbro di voce. Quel vestito a sua volta può diventare padre, la sua voce madre di tante poesie figlie, diluizioni del tono, canti filastrocche ninne nanne, favole della città incantate come i luoghi delle fiabe: il castello, il villaggio, il bosco. Mentre la lingua canta si svolgono, come il lenzuolo stellato della notte, la meraviglia e il dolore del mondo. È un’unica voce il canto di Vivian Lamarque, che scriva d’amore per il suo analista junghiano o intoni versi da carillon per la neve, il ghiaccio o la notte. È sempre poesia di cristallo, i suoi versi fili di vetro, dondolii ritmici, fiori teneri offerti a cuori gelati. Un omino di neve può avere il cuore vero, come un omino vero il cuore di gelo; la luna è fiorita con petali di margherita, ma gli occhi dei grandi non la vedono, “hanno un velo, una tendina”. Un canto da culla, una preghiera, può sembrare la poesia di Vivian Lamarque, nei suoi libri per bambini (o per adultibambini) o nei testi raccolti per l’Oscar Mondadori del 2002 Poesie 1972-2002 (Mondadori, Milano 2002, 250 pagine): Gentile luna luna gentile ma li vedi tutti proprio tutti i bambini? Lo sai che certi certi hanno un dolore chiuso a chiave dentro il cuore? Luna gentile gentile luna ma li vedi tutti proprio tutti i vecchini? Lo sai che a volte nei loro angolini piangono proprio come fanno i bambini? Gentile luna luna gentile ma li vedi tutti gli animaletti? Lo sai che l’uomo li tratta male lo sai che piange il regno animale?1 Una poesia così dolce, così bambolina, nasce dallo sguardo del dolore, anche una cantilena ha una consapevolezza adulta. Così “[…] la notte / nera nera / è solo un giorno / in vestito da sera” 2. È il sonno bambino, la cameretta, ma mentre il bimbo dorme sul suo cuscino un’ombra leggera esce dalla stanza, è l’ombra dell’infanzia: “qualche volta / tornerà ancora / sarà ancora bambino / come allora”.3 I disegni di ghiaccio azzurro, o bianco, o le trasparenze dell’acquarello di Alessandro Sanna in Poesie di dicembre 4, dove macchie di blu o verde o rosso si uniscono a linee fluide e nasce il profilo di un gatto o di un albero solitario sul dorso di una collina di neve, danno vita a un paesaggio di anime dicembrine dove tornano i simboli-germogli della poesia di Vivian Lamarque: la notte, la neve, il ghiaccio e, per traslato, il sonno e il risveglio, il sogno e gli occhi dei bambini, la realtà e lo sguardo degli adulti. Un albero si risveglia in una casa, non ha più nessuno: la sua pineta, i suoi amici, nessun firmamento, solo una luce che chiamano tivù: Aiuto! Aiuto! Ma dove sono? Sarà solo un brutto sogno? Questa mattina Poesie della notte, disegni di Sophie Farus, Rizzoli, Milano 2009, p. 20. Ivi, p. 4. 3 Ivi, p. 8. 4 Poesie di dicembre, immagini di Alessandro Sanna, Emme Edizioni Edizioni EL, San Dorligo della Valle (Trieste) 2010, 32 pagine. 1 2 2 | ROBERTO LAMANTEA, POESIE DELLA NOTTE E DEL GHIACCIO mi sono svegliato ma dove sono capitato? Non c’è più la mia pineta e dei miei amici nemmeno uno nemmeno un cielo nemmeno un prato dove, aiuto! mi sono svegliato? E la sera nessun firmamento si accende una scatola con dentro una luce che loro chiamano tivù: è il loro cielo ma è senza luna e di stelle nemmeno una. 5 Può un albero essere solo? Può essere strappato al suo bosco, al suo cielo, come un animale libero – una tigre, una gazzella – incarcerato nella gabbia di uno zoo? È questa poesia bambina ad essere, nella sua innocenza, poesia dell’infanzia spezzata, della libertà negata? Richiudo gli occhi forse era un sogno forse a riaprirli sarò a casa mia nella mia pineta tra prato e cielo e con le stelle e la bianca luna… Aiuto aiuto! Sono ancora qui e mi hanno ficcato in testa un puntale dicono che sono un albero di Natale. E mi hanno messo tre stelle e una luna e poi le hanno accese ma mi scottano un po’. Ma che stelle sono? Ma che luna è? 5 Ivi, pp. 14-15. 3 | ROBERTO LAMANTEA, POESIE DELLA NOTTE E DEL GHIACCIO Quelle del cielo non sono così quelle del cielo le rivedrò?6 Sempre in Poesie di dicembre un pettirosso nella neve ha fame. Chiede aiuto a “un omino che cammina”, un uomo vero ma dal cuore di neve “che non vuole bene / ho un cuore di gelo / ma nessuno lo sa”.7 L’omino che cammina deve correre, non si può fermare, “non mi seccare / se hai fame arrangiati / che io ho da fare”. L’omino di neve, che ha “dentro un cuore / che non è di neve / ho un cuore vero / ma non si vede / ho un cuore vero / ma nessuno lo sa” invece invita il pettirosso: vieni, gli dice, “mangiami il naso / che è di carota / mangiami gli occhi / che sono biscotti / mangiami il cuore / che è tiepidino / vieni vieni / poverino”. È ancora una poesia bambina? Una poesia-giocattolo con la dolcezza di un carillon e il tono di una fiaba? O – come ogni fiaba – è poesia metafora, quindi (anche) poesia per adulti? E l’oggettolibro, incantato nei disegni e nella carta, dove i versi sono cullati dallo spazio e dai colori, è un libro (solo) per bambini? La neve, il ghiaccio, la notte sono il paesaggio – le stanze – delle poesie di Vivian Lamarque. Le fiabe del Nord sono fiabe della neve, di boschi e villaggi, di animali parlanti e giocherelloni, di bambini saggi, un po’ anderseniane sono queste poesie. Bellissimo è anche Poesie di ghiaccio (illustrazioni di Alessandro Sanna, il raffinato disegnatore anche di Poesie di dicembre)8, dove la neve, il re del ghiaccio, la nebbia non hanno la magia delle fiabe ma, pur in versi incantati, sono sorelle della morte: Ha occhi di ghiaccio e di ghiaccio le mani ha un cuore freddo freddo gelato la neve è un bambino che non si è mai svegliato.9 Ivi, p. 16. Ivi, pp. 22-23. 8 Poesie di ghiaccio, Einaudi Ragazzi Edizioni EL, San Dorligo della Valle (Trieste) 2004, 98 pagine, collana “Pesci d’argento”. 9 Ivi, p. 15. 6 7 4 | ROBERTO LAMANTEA, POESIE DELLA NOTTE E DEL GHIACCIO Il libro, precedente agli altri due, anche se l’intonazione, l’accordatura delle parole e dei versi è quella unica della Lamarque, più degli altri è un libro del dramma: Un omino senza casa sogna una casa calda calda sogna una tazza di latte bollente e una trapunta e una sciarpa avvolgente. Quando si sveglia e il sogno svanisce muore di freddo, la vita finisce.10 O anche (nella sequenza “Torna ti prego”): Torna ti prego il letto è ghiacciato lenzuola di neve di neve il cuscino il letto mi vuole dove si muore.11 Un gioiello tipografico e di poesia è Nel bianco, dedicato “a chi ama la neve”12, un inno di carta bianca con gli stupendi disegni di Sonia M.L. Possentini: un rametto innevato, il volto di una bambina dietro il vetro nero della finestra – quasi un fantasma – la stessa bambina che danza nell’aria, musini bianchi di lepri, il viso accennato di un gufo – gli occhi, il becco, un leggero profilo, nient’altro – uno stormo di uccelli, due bellissimi cigni con il collo arcuato nel silenzio, la nevicata sul bosco – anche qui gli alberi sfumati dal velo dei fiocchi – una colombella solitaria, il tondo pieno della luna, forse un cucciolo d’orso, di nuovo la bambina, il viso all’angolo sinistro della doppia pagina, incorporea, ella stessa un sogno. Immagini dove “gioca il mondo / a nascondino”13, un mondo incantato dove “gli alberi hanno mani / che si chiamano rami // con sopra un velo / di farina bianca… / il vento li spolvera / il vento li danza. // Il lago li lava / il lago li canta”14. “Dentro gli Ivi, p. 44. Ivi, p. 78. 12 Nel bianco, con Sonia M.L. Possentini, La Margherita edizioni, Milano 2010, 28 pagine. 13 Ivi, p. 6. 14 Ivi, pp. 18-19. 10 11 5 | ROBERTO LAMANTEA, POESIE DELLA NOTTE E DEL GHIACCIO occhi / di una bambina / il bianco del mondo / si è rifugiato”.15 Nella sua incantevole e incantata semplicità, nel suo essere insieme canto e fiaba, nella tecnica sapiente che sa quando giocare con la rima – come in una cantilena, una ninna-nanna, una filastrocca – la poesia di Vivian Lamarque ha una grazia antica, senza tempo, ma lascia intravvedere in filigrana la nostalgia di un candore smarrito, o forse solo sognato, un’innocenza stupita. Scoperta da Raboni e da Giudici, Vivian Lamarque è da sempre fedele al suo timbro di voce, non distingue tra poesie per bambini e poesie per adulti, “Vivian Lamarque canta, anzi canticchia e saltella. Vola in un’altalena in un bel parco, e non c’è bisogno che qualcuno la spinga. Il ritmo ce l’ha nel cuore e nelle vene”16. I suoi versi sono “color pastello”17. Ma in questa delicatezza traluce, pascolianamente, sempre la ferita dell’infanzia, l’autobiografia della Lamarque da un paesino in provincia di Trento (Tesero) a Milano. Il pensiero della morte – come abbiamo visto in Poesie di ghiaccio – è anche nel delizioso libretto che l’autrice trentina-milanese ha dedicato al suo gatto Ignazio, autobiografia di un amore18, con un distico-omaggio della Szymborska: “Morire / questo a un gatto non si fa”. E la fiaba resta bambina diventando adulta. GENNAIO 2011 Ivi, p. 24. GIORGIO MANACORDA, “Una vita vissuta per le rime”, la Repubblica, 22 aprile 1989. 17 PAOLO MAURI, “Vivian Lamarque versi color pastello”, la Repubblica, 19 dicembre 2002, recensione dell’Oscar Mondadori a lei dedicato. 18 Poesie per un gatto, Mondadori, Milano 2007, pagine 167. 15 16 6 | ROBERTO LAMANTEA, POESIE DELLA NOTTE E DEL GHIACCIO