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ao
lo
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i ns
Il beato
Pietro
Casani
i
an
POSTE ITALIANE SPA
Spedizione in abbonamento postale
D.L. 353/2003
(conv. in L. 27/02/2004 n. 46)
art. 1, comma 1, CN/AN
Le parole
della fede:
“Signore,
da chi
andremo?”
Ce
dal
n. 3 - MARZO 2011
nt
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INDIC AZIONI UTILI
ORARI
TELEFONI
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA
Basilica della Santa Casa
ore 6.15-20 (aprile-settembre)
ore 6.45-19 (ottobre-marzo)
La Santa Casa rimane chiusa tutti i
giorni dalle 12.30 alle 14.30.
Sagrestia Basilica
tel. e fax 071.9747.155
Sante Messe
Sabato e giorni feriali
ore 7, 8, 9, 10 ,11 (7.30 in S. Casa)
ore 17 e 18.30 (aprile-settembre)
ore 16.30 e 18 (ottobre-marzo)
Rosario: ore 18 (17.30 ottobre-marzo)
Domenica e giorni festivi
ore 7, 8, 9, 10, 11, 12
ore 17, 18, 19 (aprile-settembre)
ore 16, 17, 18 (ottobre-marzo)
Congregazione Santa Casa
tel. 071.970104 - fax 071.9747.176
Confessioni
Giorni feriali
ore 7-12.10
ore 16.00-19 (aprile-settembre)
ore 15.30-18.30 (ottobre-marzo)
Giorni festivi
ore 7-12.30
ore 16-19.30 (aprile-settembre)
ore 15.30-18.30 (ottobre-marzo)
Adorazione eucaristica quotidiana
Lunedì - Venerdì: 9.30-18; Sabato: 9.30-12
Sagrestia Basilica
Dalle ore 7 alle 12; dalle ore 16 alle 19.
Prenotazioni Sante Messe, stesso orario.
Celebrazione Battesimo
Prima domenica di ogni mese:
ore 17 (Basilica Santa Casa).
Celebrazione Cresima
Primo sabato di ogni mese:
ore 18 (ore 18.30 aprile-settembre)
Presentarsi un’ora prima per la registrazione dei documenti.
Celebrazione Matrimonio
Informazioni presso il Parroco della
Santa Casa: ore 10-12.
Congregazione Santa Casa-Negozio
(a sinistra della facciata della basilica).
Ufficio accoglienza pellegrini e informazioni, con negozio ricordi e stampe
del santuario, abbonamento alla rivista
e iscrizioni alle Messe Perpetue.
Ore 8.30-12.30; 14.30-18.30 (15-19 giugno-settembre).
Ufficio Postale Loreto
Orario: 8-13.30; sabato 8-12.30.
QUOTA ASSOCIATIVA A
“IL MESSAGGIO della SANTA CASA”
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Sostenitore ………………… Euro 35,00
Benemerito ………………… Euro 40,00
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Mensile del santuario di Loreto
Delegazione Pontificia
Congregazione Universale della Santa Casa
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Parroco della Santa Casa
tel. 071.977130
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Iscritto nel ROC con il numero 2120
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Redattore
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Loreto, 20 febbraio 2011
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Dal 4 novembre al 9 aprile chiuso da
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Dal 9 aprile al 4 novembre aperto tutti i giorni, tranne il lunedì, con orario:
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“Il Messaggio” esce anche in inglese:
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COME RAGGIUNGERCI…
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Roma-Pescara-Ancona:
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Linee ferroviarie
Milano-Bologna-Ancona-Lecce con discesa
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alle stazioni di Loreto e
Ancona, e Roma-Falconara-Ancona, con servizio di autocorriere da
Ancona *.
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* Servizio Autobus ANCONA PER LORETO
Feriale: 5.45 - 6.45 - 7.45 - 8.45 - 9.45 - 10.15 - 11.15 - 12.10
13.15 - 14.15 - 15.30 - 16.45 - 17.30 - 18.30 - 19.30 - 22.15
Festivo: 8.00 - 10.20 - 12.40 - 15.00 - 17.45 - 20.15
Servizio Autobus LORETO PER ANCONA
Feriale: 5.40 - 6.35 - 7.05 - 7.45 - 8.30 - 9.30 - 10.45 - 12.00
13.00 - 13.45 - 15.00 - 16.00 - 17.05 - 18.15 - 20.25
Festivo: 6.55 - 9.20 - 11.40 - 14.00 - 16.40 - 19.15
Servizio Autobus Loreto stazione per Loreto
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Festivo: 7.55 - 8.15 - 10.55 - 11.45 - 14.15 - 16.20 - 17.05 - 18.15
Servizio Autobus Loreto per Loreto stazione
Feriale: 6.30 - 6.50 - 7.15 - 8.10 - 8.30 - 10.30 - 11.10 - 13.50
14.30 - 15.35 - 16.28 - 17.55.
Festivo: 7.35 - 8.00 - 10.35 - 11.10 - 13.50 - 15.35 - 16.30 - 17.55
S
84
EDITORIALE
L’Annunciazione nell’arte lauretana
p. Giuseppe Santarelli
In copertina:
Andrea
Sansovino,
Annunciazione
(particolare),
Loreto,
Rivestimento
marmoreo della
Santa Casa (15181522), capolavoro
della scultura
lauretana (vedi
editoriale).
OMMARIO
85
LA PAROLA DELL’ARCIVESCOVO
Abigail, donna di buon senso e di bell’aspetto
mons. Giovanni Tonucci
86
LETTERE AL “MESSAGGIO”
SPIRITUALITÀ
87
“Signore, da chi andremo?”
Le parole della fede in Gesù, pane di vita
fr. Stefano Vita
89
“La solitudine”
sor. Francesca Entisciò
90
“Sia fatta la tua volontà”
Giovanni Fermani
91
M come Maria (di Nàzaret)
sr. Maria Elisabetta Patrizi
96
SIMBOLOGIA MARIANA
Arrampicati sull’albero di Jesse
Filippo Di Cuffa
n. 3 - MARZO 2011
97
“Loreto, dopo Nazaret,
è il luogo ideale per pregare
meditando il mistero
dell’Incarnazione del Figlio di Dio.”
Benedetto XVI
OGNI SANTITÀ PASSA A LORETO
Beato Pietro Casani (1572-1647)
p. Marcello Montanari
99
103
inserto giovani
dal Centro
Giovanni Paolo ll
IL “MESSAGGIO” INTERVISTA…
Il prof. Cervigni sul poema lauretano
“Il Tempio Peregrino” di Giulio Acquaticci
Vito Punzi
87
97
STORIA ARTE E CULTURA LAURETANA
105
Figure bibliche dell’Eucaristia
nell’arte lauretana /2
p. Giuseppe Santarelli
108
Madonna di Senigallia… o Madonna di Loreto?
p. Giuseppe Santarelli
111
Ricordo del fotografo Benedetto Trani
VITA DEL SANTUARIO
108
111
112
113
114
116
Incontro di preghiera con mons. Giuseppe Betori
Incontro dei giornalisti cattolici delle Marche
Concerto di presentazione del primo disco
della «Collana Centro Studi Lauretani»
NOTIZIE FLASH
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
EDITORIALE
L’Annunciazione
nell’arte lauretana
P. GIUSEPPE SANTARELLI
- DIRETTORE
L’
84
Andrea
Sansovino,
Annunciazione,
Loreto,
Rivestimento
marmoreo della
Santa Casa.
Annunciazione del Signore, che cade il 25 marzo, è di per sé la vera e principale festa della Santa Casa di Loreto, perché ivi si è compiuto l’evento salvifico. La sua celebrazione nel
santuario è segnalata dal primo documento d’archivio che lo riguarda, datato 1315, nel quale si
legge che alcuni ghibellini recanatesi spogliarono il sacello di doni votivi anche nella festa mariana di marzo, che è l’Annunciazione.
Non desta meraviglia allora se le raffigurazioni dell’Annunciazione nel santuario siano numerose e di alta qualità, recanti la firma di celebri artisti: Andrea Sansovino, Antonio da Faenza, Giovanni Baglione, Federico Barocci, Cristoforo Roncalli, detto il Pomarancio, Giuseppe
Mazzuoli, Ludovico Seitz e una schiera di pittori contemporanei, tra i quali emergono i nomi
di Enrico Manfrini, Silvio Consodori e Gigino Falconi.
Su tutte si eleva il capolavoro di Andrea Sansovino, autore della sovrana scultura nella parete ovest del Rivestimento marmoreo, eseguita negli anni 1518-1522. Essa funge da pala d’altare, rammentando al pellegrino il mistero principale di cui fa viva e quotidiana memoria la Santa Casa: l’Incarnazione del Figlio di Dio. La scultura balza immediatamente agli occhi del pellegrino che entra dall’ingresso principale della basilica e, attraverso la cosiddetta «finestra dell’Angelo», contemplando l’Annunciazione, si porta già spiritualmente dentro la Santa Casa.
Il Sansovino ha raffigurato la Madonna nella sua Casa di Nazaret, immaginata come una stanza di gusto rinascimentale, con elementi di domestica intimità. La
Vergine è seduta e stringe nella mano sinistra la Bibbia,
divino alimento delle sue elevazioni al Signore. È colta
nel momento del turbamento, suscitato in lei dall’apparizione dell’angelo che, nelle sue forme accuratissime,
sembra vivente e, per dirla con il Vasari, «non di marmo, ma pare veramente celeste e che di bocca gli esca
“Ave Maria”». Il turbamento viene espresso anche dal
gattino che fugge sull’estremo lato destro: è tutto il cosmo che viene come misticamente scosso dall’evento
dell’Incarnazione, con l’ingresso del divino nell’umano,
dell’eterno nel tempo. Tutta la creazione ne percepisce il
mistero, turbandosi.
In questa Annunciazione è figurata tutta la Santissima
Trinità, che per la prima volta viene rivelata nei testi biblici ed evangelici: in alto, a sinistra, sta Dio Padre portato dagli angeli, modellato su quello della Creazione di Adamo dipinta da Michelangelo nella
Cappella Sistina; lo Spirito Santo, sotto forma di colomba, poggia su un raggio che si diparte
dalla gloria del Padre; il Figlio, non visibile, si fa uomo nel grembo della Vergine.
Uno stuolo di angeli accompagna Gabriele, secondo una tradizione letteraria lauretana, la
quale sottolinea che più angeli fecero da scorta all’arcangelo, prendendo come possesso della
casa nazaretana e proteggendola nella sua traslazione a Loreto.
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
LA PAROLA DELL’ARCIVESCOVO
Abigail, donna di buon
senso e di bell’aspetto
MONS. GIOVANNI TONUCCI
- ARCIVESCOVO DI LORETO
Lionello Spada, Abigail e Davide,
affresco del 1615, Reggio Emilia,
Santuario Madonna della Ghiara.
85
A
bbiamo già accennato al fatto che Davide, per sfuggire alla persecuzione del re Saul, visse per qualche
tempo come un guerrigliero, o come capo di una banda
di predoni, muovendosi in regioni deserte o poco abitate, e cercando di trovare il modo di sopravvivere, insieme con i suoi uomini.
La storia a cui facciamo oggi riferimento è raccontata
nel capitolo 25 del 1° libro di Samuele. Nella regione in
cui Davide viveva, c’era un ricco possidente, di nome
Nabal, il quale stava tosando le pecore. Questa ricorrenza annuale dava occasione per una festa, nel corso della
quale si preparava molto cibo da condividere con tutti i
lavoratori. Davide mandò quindi qualcuno dei suoi uomini per chiedere a Nabal una parte di quel cibo, per
nutrire la sua banda. La richiesta aveva senso, perché,
durante i mesi trascorsi, i guerrieri di Davide non si era-
no approfittati dei beni del ricco vicino e anzi li avevano
protetti da ladruncoli o da bestie feroci. Ma Nabal, da
stolto arrogante, rispose male agli inviati, usò parole oltraggiose nei confronti di Davide e rifiutò di dare loro
qualcosa. Quando Davide ne fu informato, decise subito di far pagare l’offesa a Nabal e si mise in marcia con
quattrocento dei suoi uomini.
Frattanto, un servo informò dell’accaduto Abigail, la
moglie di Nabal: ricordò il bene fatto ad essi dai soldati
di Davide e comunicò alla padrona la convinzione che,
se non si poneva qualche rimedio, sarebbe capitato a
tutti qualcosa di brutto. Dirlo a Nabal era impossibile:
“Egli è troppo cattivo e non gli si può dire una parola”.
Abigail, che era stata già presentata come “donna di
buon senso e di bell’aspetto”, capì il pericolo nel quale si
stava trovando l’intera famiglia ed agì subito. Fece prepaIL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
LETTERE AL “MESSAGGIO”
86
rare una grande quantità di vivande e la fece portare sugli asini incontro a Davide. Lei stessa seguì,
cavalcando a sua volta un asinello. Giunta di fronte
a Davide, Abigail si prostrò a terra, prese su di sé la
colpa di quello che era accaduto, perché lei non si
era accorta dell’arrivo degli emissari di Davide: ma
ora egli poteva accettare il dono che lei stava portando, per gli uomini che stavano con lui.
La donna non perde l’occasione di deprecare la
stoltezza del marito, ma è grata per la possibilità
di evitare una strage inutile: quando Davide, per
grazia di Dio, avrà conquistato il regno, non sentirà nel suo cuore il rimorso di aver sparso sangue
inutilmente e di essersi fatto giustizia da solo.
Davide fu subito riconoscente verso Abigail
per il suo intervento provvidenziale: la sua saggezza gli aveva impedito di fare del male, ponendosi ad amministrare la giustizia al posto di Dio.
Per questo Davide loda il Signore, Dio d’Israele,
che aveva voluto questo incontro.
La storia non si concluse qui, ma ebbe una breve continuazione. Lo stolto Nabal non si era reso
conto di nulla, e quando Abigail rientrò in casa
dalla sua spedizione di salvezza, era troppo
ubriaco per capire qualsiasi cosa. Ma la mattina
dopo la moglie l’informò di tutto quello che era
accaduto: “Il cuore gli si tramortì nel petto, ed egli
rimase come una pietra”. Dieci giorni dopo, Nabal morì, e ancora una volta Davide ringraziò il
Signore, che “ha trattenuto il suo servo dal male e
ha rivolto sul capo di Nabal la sua iniquità”.
A questo punto, Davide ripensò ad una frase
detta da Abigail alla fine del loro incontro: “Il Signore ti farà prosperare, ma tu vorrai ricordarti
della tua schiava”. Una donna così abile poteva
essere una buona moglie per lui. Mandò quindi
dei messaggeri a farle conoscere il suo desiderio
ed Abigail accolse volentieri la proposta, con una
espressione quasi esagerata di devozione: “Ecco,
la tua schiava sarà come una schiava per lavare i
piedi ai servi del mio signore”.
Più tardi, nel riferire che Davide era salito sul
trono d’Israele, lo scrittore sacro ricorda i nomi dei
vari figli che erano nati a Davide durante il periodo della sua permanenza ad Hebron. Si menziona
anche “Kileàb, da Abigail già moglie di Nabal”. Di
questo giovane non sappiamo altro. Tra i figli di
Davide, sono diversi quelli che si comportarono
molto male e finirono male. Piace pensare che Kileàb, figlio di una madre saggia, fu capace di stare
lontano dai guai, perché ben educato da una donna che sapeva unire il buon senso al bell’aspetto.
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
Sotto la protezione della Vergine Lauretana
Non si contano le lettere che pervengono alla Congregazione Universale della Santa Casa di persone e di famiglie che
attestano di aver avuto una speciale protezione della Vergine
iscrivendosi alla Congregazione e ottenendo, così, i benefici
spirituali di una messa perpetua che si celebra ogni giorno
nel santuario alle ore 8, acquistando l’indulgenza plenaria il
giorno dell’iscrizione e ogni anno il 10 dicembre, festa della
Madonna di Loreto, e partecipando alle preghiere e alle opere
buone che si compiono nell’ordine dei frati cappuccini.
Segnaliamo una delle tante lettere di una signora di un
piccolo paese della provincia di Ancona, che, oltre al resto,
esprime una tenera fiducia nell’intercessione della Madonna.
Gentile padre, è da circa quattro anni che ho iscritto la
mia famiglia alla Congregazione Universale della Santa
Casa. Da allora la mia vita è totalmente cambiata, sia dal
lato spirituale che da quello individuale.
Il mio spirito ha ritrovato una grandissima serenità e la
mia anima la strada della guarigione, avendo avuto un incontro così intenso con la Beata Vergine, e da allora, appena posso, torno molto volentieri a Loreto.
La cosa ancor più bella che mi è capitata è che la mia
famiglia, dopo le tante preghiere, si è consolidata e i miei
due figli si sono sposati regalandomi - da parte del maggiore - anche una bellissima nipotina. Ora le mie preghiere
sono rivolte alla Santa Madre per il desiderio di ricevere
un nipotino anche dall’altro figlio.
Per questo motivo tutti i giorni recito il santo rosario e
imploro Dio di farmi questa grandissima grazia, visto che
questo mio figlio ha dedicato due anni della sua vita andando in America Latina per volontariato attraverso
un’associazione ed è qui che ha incontrato la sua sposa,
anche lei molto affezionata alla stessa associazione […]
Io con le mie preghiere glielo auguro con tutto il cuore,
sperando che la nostra Santissima Madre ascolti le mie invocazioni e protegga sempre queste due nuove famiglie che
desidero iscrivere alla Congregazione Universale, indicando i nomi dei loro componenti.
Oriana V.
Particolare dello stendardo
della Congregazione Universale della Santa Casa, lavorato nel 1894, con l’immagine della Madonna e il
Bambino sopra la Casa di
Nazaret, simbolo della protezione della Vergine Lauretana su tutte le case o famiglie e su tutti gli iscritti
alla stessa Congregazione.
SPIRITUALITÀ
FR. STEFANO VITA
FFB
Verso il Congresso Eucaristico
“Signore, da chi andremo?”
Le parole della fede
in Gesù, pane di vita
L’esemplare
fede di Pietro
in Gesù,
pane di vita
“S
beve il mio sangue ha la vita eterna”. È Gesù la vera vita. È
Lui la via, la verità e la vita. La grande domanda che Gesù
rivolge ai Dodici, e cioè “volete andarvene anche voi?”, è allora come una spada che divide la storia in due campi. Da
un lato c’è chi si tira indietro, come fecero molti discepoli
in quel momento, spaventato da un messaggio che supera
le esigenze e gli orizzonti semplicemente umani, per introdurci nell’infinito di Dio. In questo campo c’è chi tradisce, chi ha paura, chi è attaccato alle sue idee, chi vuole rimanere nel guscio ovattato dei suoi interessi gretti, immediati ed egoistici. Poi ci sono le parole di Pietro, “Signore,
da chi andremo?”, che aprono la strada all’altro campo,
quello di coloro che professano la fede in Gesù, in Colui
che ha parole di vita eterna, che è la verità.
ignore, da
chi andremo?”. Queste parole sono la risposta di Pietro alla domanda che Gesù rivolge agli Apostoli
al termine del celebre discorso eucaristico (Gv 6,22-71),
pronunciato nella sinagoga di Cafarnao. Ormai il discorso
si sta concludendo e intorno al Signore si crea una sorta di
cortina di sospetto e di freddezza. E subito si leva una voce, che esprime lo sconcerto collettivo: “Questa parola è dura; chi può ascoltarla?”, e cioè queste parole che ci ha rivolto
sono incomprensibili, fantasiose, persino offensive alla raLa lotta della fede contro
gionevolezza umana. E da quel momento molti dei suoi
la tentazione della mormorazione
discepoli lasciarono Gesù. Allora, rivolgendosi ai Dodici,
il Signore dice: “Volete andarvene anche voi?”. Da qui la riDi fronte al mistero della persona divina di Gesù, che
sposta di Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vi- ogni giorno si fa pane di vita per noi, siamo esortati a non
ta eterna”. Ma qual è il contenuto di questo sorprendente “mormorare”, come fecero invece gran parte dei discepoli
discorso sul pane di vita, che ha fatto allontanare tanti di- nel discorso eucaristico, contestando le parole pronunciascepoli? Gesù pronuncia questo lungo discorso, racco- te dal Signore: “Io sono il pane disceso dal cielo”. A queste
gliendo il suggerimento biblico avanzato dai suoi ascolta- parole essi infatti reagirono così: “Costui non è forse Gesù, il
tori: “Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre?
Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel Come dunque può dire: Sono disceso dal cielo?”. La mormoradeserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal zione biblicamente esprime incredulità, freddezza, sfiducielo”. Gesù vuole dimostrare che la vicenda della manna cia, sospetto e dubbio. Le parole di Pietro, al contrario, ci
nel deserto, avvenuta durante l’esodo del popolo d’Israe- spronano a fidarci di Gesù, ad annunciarlo, perché abbiale, ora sta nuovamente attuandosi, ma in formo sperimentato che Lui è il Santo di Dio e
In alto: Arazzo rafma definitiva e suprema. Dio Padre sta offrencioè Lui è la verità, è Dio fatto uomo, è l’amore
do all’umanità – affamata di verità, di luce e di faellesco del secolo che si fa “pane quotidiano” per noi.
XVII, San Pietro in
pienezza di vita – il pane vero, l’unico che veginocchio davanti a
ramente discende dal cielo e dà la vita al monLa contemplazione, via per
Gesù nella pesca
do. Così si esprime il Signore: “Io sono il pane
accogliere il mistero dell’Eucaristia
miracolosa (partivivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pa- colare), Loreto, Mune vivrà in eterno. […] Chi mangia la mia carne e
seo-Antico Tesoro.
Questo episodio della vita di Gesù e dei
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
87
Dal discorso sul pane di vita
Allora gli dissero: «Quale segno tu
compi perché vediamo e ti crediamo?
Quale opera fai? I nostri padri hanno
mangiato la manna nel deserto, come
sta scritto: Diede loro da mangiare un
pane dal cielo». Rispose loro Gesù: «In
verità, in verità vi dico: non è Mosè che
vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo,
quello vero; infatti il pane di Dio è colui
che discende dal cielo e dà la vita al
mondo». Allora gli dissero: «Signore,
dacci sempre questo pane». Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi
viene a me non avrà più fame e chi
crede in me non avrà più sete. […] Allora i Giudei si misero a mormorare
contro di lui perché aveva detto: «Io
sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio
di Giuseppe? Di lui non conosciamo il
padre e la madre? Come dunque può
dire: “Sono disceso dal cielo”?». […] In
verità, in verità io vi dico: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il
pane che io darò è la mia carne per la
vita del mondo». […] Chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue ha la
vita eterna. […] Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. […] Molti dei suoi discepoli,
dopo aver ascoltato, dissero: «Questa
parola è dura; chi può ascoltarla?».
[…] Da quel momento molti dei suoi
discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù
ai Dodici: «Volete andarvene anche
voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
(Gv cap. 6)
88
Dodici ci dice che, di fronte al mistero dell’Eucaristia,
siamo chiamati ad assumere lo stesso atteggiamento
che assunse Maria di fronte al mistero della volontà di
Dio, che si manifestava nella vita di suo Figlio: “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19).
Nell’originale greco meditare esprime il concetto di
mettere insieme per capire il “simbolo” e cioè il significato ultimo e profondo di quella situazione, di quella
realtà o esperienza. Di fronte al mistero dell’Eucaristia
siamo chiamati a “mettere insieme” le parole di Gesù,
duemila anni di fede della Chiesa nell’Eucaristia, la testimonianza di amore e devozione per l’Eucaristia di
tanti santi, i tanti miracoli eucaristici che Dio ha donato
all’umanità, le nostre esperienze personali. Solo allora
saremo avvolti e penetrati dal mistero dell’amore di
Dio, che si attua e si rivela in maniera del tutto speciale
nel sacramento della Eucaristia: il più grande e straordinario miracolo dell’amore di Dio. Solo allora anche noi,
con Pietro, potremo esclamare: “Signore, da chi andremo?
Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo
creduto e conosciuto che tu sei il
Santo di Dio!”.
L’Eucaristia:
risposta alla cultura
del relativismo
colare vi è un cibo che il mondo vuole imporci: la cultura del relativismo. Cos’è il relativismo? È la pretesa di
ritenere che l’uomo non sia capace della verità, in quanto, per questa cultura, non esiste una verità oggettiva e
assoluta. Ogni uomo ha la sua verità, quello che lui
pensa sia giusto, quello che lui sente come vero per sé.
Il relativismo è allora la cultura che non riconosce nulla
come definitivo e che lascia come ultimo criterio di giudizio e valutazione il proprio io con le sue voglie. Pertanto, il relativismo spalanca le porte del cuore dell’uomo all’egoismo: ciò che conta sono solo io, con i miei
pensieri, desideri e affetti; è la logica dell’usa e getta:
finché mi piace, finché mi sento; è la logica del tutto e
subito: la disciplina e il sacrificio sono termini che non
appartengono più al vocabolario educativo della nostra
società. Da ciò deriva fragilità psicologica e caratteriale,
deriva l’incapacità di affrontare la vita con le sue gioie,
ma anche con le sue difficoltà, derivano frustrazione e
rabbia. Questa cultura, rispetto al Vangelo di Cristo,
userebbe quindi le stesse parole che hanno usato i Giudei, ascoltando il discorso eucaristico di Gesù: “Questa
parola è dura; chi può ascoltarla?”.
Conclusione
Gesù è il pane di vita, che dona la vita eterna. Nel
Vangelo di Giovanni l’espressione “vita eterna” è sinoDi fronte al mistero del- nimo di “vita divina”. Gesù, facendosi pane eucaristil’Eucaristia, tutti gli altri “ci- co, ci dona la vita stessa di Dio, che illumina il mistero
bi” che il mondo ci vuole of- della nostra esistenza e le dona il vero significato. Di
frire svaniscono. In parti- fronte alla cultura del relativismo, siamo allora chiamati a reagire con le parole di Pietro: “Signore, da
chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”, credenLudovico Seitz, Maria, particolado che l’Eucaristia è un incontro personale e core dell’Annunciazione, Loreto,
munitario con il Cristo Risorto, è un segno saCappella Tedesca. «Maria sercramentale dell’amore gratuito, personale, infibava tutte queste cose, medinito e continuo di Dio per l’uomo.
tandole nel suo cuore».
SPIRITUALITÀ
SOR. FRANCESCA ENTISCIÒ
FFB
“La solitudine”
Un uomo disperava dell’amore di
Dio. Un giorno, mentre errava sulle
colline che attorniavano la sua
città, incontrò un pastore. Questi,
vedendolo afflitto, gli chiese: «Che
cosa ti turba, amico?». «Mi sento
immensamente solo». «Anch’io sono
solo, eppure non sono triste». «Forse
perché Dio ti fa compagnia». «Hai
indovinato». «Io invece non ho la
compagnia di Dio. Non riesco a credere che Lui mi ami e mi ascolti. Come è possibile che ami proprio me?».
«Vedi laggiù la nostra città? - gli
chiese il pastore - Vedi le case? Vedi
le finestre?». «Vedo tutto questo»,
rispose il pellegrino. «Allora non
devi disperare. Il sole è uno solo, ma
ogni finestra della città, anche la
più piccola e la più nascosta, ogni
giorno viene baciata dal sole. Forse
tu disperi perché tieni chiusa la tua
finestra». (Anonimo)
L
a solitudine e la tristezza sono
due sentimenti dilaganti nella
nostra società, piene ne sono le case
e le strade, gli occhi della gente.
Tante cose da fare e da risolvere, poco tempo per sé, vite che corrono e
che scorrono sfiorando solo lievemente la presenza di Dio. Mi è capitato tante volte di camminare per le
strade affollate di grandi città e
scorgere gli “immensamente soli”,
che neppure sanno perché stanno
male e vorrebbero ridere, ma non
sanno più come si fa.
Cosa manca a chi pensa di avere
tutto? Perché non siamo mai felici?
Risposte facili e banali ne potremmo
citare molte, ma sarebbe comunque
troppo poco, il vuoto resta lo stesso
e le domande si fanno più grandi.
Eppure sappiamo nel fondo del
cuore che dietro un’assenza, un bisogno detto o taciuto, si nasconde
sempre un desiderio, una gran voglia di vederci chiaro e di incontrare
un amore più grande, un amore che
si accorga di me.
Forse possiamo, in questo tempo
propizio, rientrare in noi stessi e fare spazio, ossia silenzio, quiete, pace dei pensieri e delle agitazioni, per
incominciare ad ascoltare il mormorio del vento leggero, quello che
precede la Parola di Dio.
89
Riconoscere il Padre
La domanda del pellegrino ce la
siamo posta tutti almeno una volta
nella vita: come è possibile che Dio
ami proprio me? Eppure fin da piccoli ci hanno insegnato che Dio è
buono e ci ha creati per amore e che
con Lui nessuno sarebbe più rimasto
solo. Poi si cresce e in questo amore
non ci si crede più, si comincia a vagare finché non si incontra qualcuno
che ci sveglia da questo torpore e ci
richiama alla nostra vera identità di
figli amati da sempre. Riconosciamo
in lui un’immagine che credevamo
perduta: quella di un figlio di Dio.
Forse il motivo per cui tanti hanno
smesso di credere all’amore unico e
personale di Dio è proprio questa solitudine spirituale che procura la tristezza nelle relazioni e rende gli uomini opportunisti, incapaci di vedere
il bene e di farlo. Tutti barricati dietro
muri di indifferenza, non riusciamo a
far entrare la luce, ci rendiamo incapaci di dare e ricevere amore.
Lasciarsi illuminare
La soluzione che propone il pastore a questa tristezza nel cuore
del pellegrino è semplice, ma decisamente non scontata: lo esorta a rivedere le cose di sempre come la
città, le case e le strade, la sua quotidianità insomma, con occhi nuovi,
occhi convertiti, occhi da cui passa
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
SPIRITUALITÀ
90
la luce e grazie alla
quale si può riconoscere il bene.
Sentirsi amati da
Dio è proprio ridonare
al nostro cuore questo
sguardo buono sulle
cose e sulle persone, la
capacità di vedere se
stessi e gli altri come
fratelli amati e apprezzare le piccole cose insignificanti di ogni
giorno, senza le quali
però la nostra vita diventa vuota e triste. Il
risultato è una gioia
immensa e contagiosa
che permea tutta la
persona e la rende tutta luminosa. Non importa se siamo i più
piccoli o i più nascosti,
quello che conta è lasciar entrare la luce
nel cuore.
In questa Quaresima lasciamoci prendere per mano da
Maria, lei che per prima ha
spalancato la porta del suo
cuore per accogliere Gesù, e insieme a lei percorriamo volentieri la lunga strada della vita,
sicuri di non essere soli, mai.
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
“S
ia fatta la tua volontà”. Riecheggia tra le fronde degli ulivi
questa forte esclamazione che il Cristo
della Passione consegna nelle mani di
Dio. Gesù accetta con mitezza quella
terribile esperienza della morte, avendo la certezza di avere dalla sua parte
la volontà del Padre. Questa Passione
è la madre di ogni passione che l’uomo sulla terra sperimenta ogni giorno. In essa c’è la volontà di Dio, un disegno preciso, personalizzato, che
non viene mai a caso.
Lo sapeva Maria che con dignità e
consapevolezza aveva accettato la potenza dello Spirito Santo per concepire un figlio destinato a due passaggi
cruciali: la morte con la Passione, la
nuova vita con la Resurrezione. Ad
ogni passione si affianca un rinnovamento, un essere diversi. Cambia il
modo di concepire la vita, il rapporto
con gli altri e soprattutto con Dio.
“Perché mi fai questo?”. È una domanda intima, diretta a colui la cui volontà
esige una sola risposta: “Siamo chiamati almeno una volta nella vita ad essere
santi”. La santità in Dio è prova di dolore, coraggio, eroicità. Tutti coloro che
sono chiamati santi hanno percorso questa strada.
E allora le prove a cui siamo chiamati sono figlie della “volontà di Dio”, sono “parole del Vangelo che si fanno vita”, che non cercano particolari esegesi.
II confrontarsi con la sofferenza è un’avversità della vita o riusciamo a cogliere il senso salvifico che è in essa? Io che a mia volta voglio compiere la santissima
Volontà di Dio, seguendo le orme del Maestro, potrò lamentarmi se trovo la sofferenza come compagna di strada? Sarà un segno certo della mia filiazione, perché Egli mi
tratta come il suo divino Figlio. E, da allora, come Lui, potrò gemere e piangere solo
nel mio Getsemani, ma prostrato a terra, riconoscendo il mio nulla, salirà fino al Signore un grido sgorgato dall’intimo della mia anima: Pater mi, Abba, Pater, … fiat!
(Via Crucis, 1° Stazione, n. 1 Josè Maria Escrivà).
Non ci siamo mai accorti che ogni giorno vaghiamo senza una meta ben precisa “nel nostro Getsemani”, dove essere “santi in Dio” ha prove ben definite
che spesso non vogliamo conoscere. Prove tremende che mettono a rischio anche la presenza delle persone più care e possono spegnere il loro sorriso, il loro
essere presenti, la certezza del loro affetto, del loro amore. Se in questa prova
entra una figlia, il Getsemani si amplia, la volontà di Dio diventa un macigno
impossibile da sostenere. Eppure c’è un soffio di speranza in
In alto: Biagio
ogni avversità, e non sarebbe diversamente: nella croce troBiagetti, Gesù
viamo le risposte che ci mancavano, i perché che non abbianel Getsemani,
mo chiesto, l’attenzione che abbiamo negato. Dio ci scuote,
Loreto, Cappella
ci richiama al nostro essere santi e lo fa anche e soprattutto
del Crocifisso,
con le persone che più amiamo e attende il nostro “Sia fatta
decorata negli
la tua volontà”. Volontà del Padre, volontà d’amore.
anni 1928-1932.
“Sia fatta la
tua volontà”
Quand’ero ragazzino,
mamma mia me diceva:
“Ricordati fijolo,
quando te senti veramente solo
tu prova a recità ‘n’ Ave Maria,
l’anima tua da sola spicca er volo
e se solleva, come pe’ maggia”.
Ormai so’ vecchio,
er tempo m’è volato;
da un pezzo s’è addormita
la vecchietta,
ma quer consijo
nun l’ho mai scordato.
Come me sento veramente solo
io prego la Madonna benedetta
e l’anima da sola pija er volo!
(Trilussa)
GIOVANNI FERMANI
SPIRITUALITÀ
SR. MARIA ELISABETTA PATRIZI
SFM
L’alfabeto della cultura cristiana, dalla A alla Z
M
come Maria (di Nàzaret)
IL VILLAGGIO DI NÀZARET
«A
l sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in
una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (Lc 1,26-27).
Dire “città” fa venire in mente ben altro, rispetto a ciò
che era, realmente, il piccolo villaggio di Nàzaret… umile
agglomerato di case – anche fino alla prima metà del XX
secolo – su una collina della Galilea! Non era, dunque,
niente di “éclatant”, o di notevole agli occhi del mondo!
Del resto, proprio Colui che sta per essere annunciato e poi
liberamente concepito dalla Vergine Maria, per opera dello Spirito Santo, sarà un «segno di contraddizione» (Lc 2,34).
E proprio a Nàzaret, dopo il ritorno dall’Egitto, Gesù vivrà
umilmente «sottomesso» (ivi, 51) a Maria e a Giuseppe.
LA DIMORA
Maria è la prima dimora (o “tabernacolo”) voluta da
Dio, preparata dal Santo Pneuma(1), «dove il suo Figlio e
il suo Spirito possono abitare tra gli uomini»(2) in modo
confacente. Poi lo sarà la grotta, con le tre povere mura
antistanti, che costituiscono l’umile casa che oggi si venera a Loreto, in Italia. Qui la tradizione vuole che Maria abitasse, già da fanciulla, e proprio qui, tra queste
mura, che sia avvenuta l’Annunciazione.
LA VITA NASCOSTA
Ecco, vogliamo considerare il tempo della “vita nascosta” di Maria Vergine: dapprima solo “promessa sposa” a
Giuseppe, e che pertanto non viveva ancora con lui, e poi
quando vissero insieme, anche con Gesù, il Figlio di Dio.
Contempleremo alcuni dei momenti, o eventi, racchiusi
nei così detti “misteri gaudiosi” … ma non ci soffermeremo,
in dettaglio, su tutti. Infatti, è l’umiltà, è la fede, è l’amore
incondizionato per Dio che vogliamo illustrare, sotto il
profilo della “vita nascosta” di Maria di Nàzaret, ma anche
di Giuseppe e del Figlio di Dio… Tutto ciò, più o meno, fi-
no all’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare,
quindi tra il 19 agosto del 28 d.C. e il 18 agosto del 29, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea… e Gesù, il
Nazareno, aveva circa trent’anni. Ma torniamo indietro…
L’ANNUNCIAZIONE
«Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28),
vale a dire: “Gioisci, perché sei amata e prescelta da Dio!”.
È un invito alla gioia messianica(3), eco dell’annuncio
dei profeti alla Figlia di Sion «e, come esso, motivato dalla
venuta di Dio in mezzo al suo popolo (cfr. Is 12,6; Sof 3,1415)»(4). E quel «piena di grazia» significa letteralmente: «Tu
che sei stata e rimani colmata dal favore divino»(5). L’attesa plurisecolare del Messia, certo desiderato e invocato anche
dalla giovinetta Maria di Nàzaret, sta per compiersi! Ora
lei stessa si sente annunciare da quello spirito angelico, inviato da Dio: «Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e
lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo (…) e il suo regno non avrà mai fine» (Lc 1,31-33).
Maria non si lasciò “coinvolgere” superficialmente nella prospettiva di una maternità straordinaria, né ebbe
fretta di rispondere: la vanagloria non la sfiorò nemmeno! Solo la fedeltà al suo Dio, ad un impegno già preso,
sembra muovere la sua domanda all’angelo Gabriele(6).
Prendendo “alla lettera” il testo lucano, come fa “La
Bibbia di Gerusalemme”, sembra che «nulla nel testo impone l’idea di un voto di verginità»(7), ma la concezione
verginale di Gesù è ben presente in Lc 1,26-38 e Mt
1,18-23, due tradizioni letterarie indipendenti l’una dall’altra. Inoltre, è anche confermata da alcuni antichi manoscritti latini di Gv 1,13, dove c’è il singolare: «il quale
non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio è stato generato». Per di più, – come già
Mt 1,23 – la Tradizione, i Padri leggono nella concezione
verginale di Gesù il compimento dell’oracolo di Is
7,14: «Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio, che
chiamerà Emanuele». Egli, nel “Dio con noi,” allude al regno messianico definitivo, pur parlando direttamente
della nascita di un figlio del re Acaz. Questa profezia
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
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sull’Emanuele superava l’immediato contesto e perciò, legittimamente, gli evangelisti (letteralmente Mt
1,23) e poi «tutta la tradizione cristiana, vi hanno riconosciuto l’annuncio della nascita di Cristo»(8) e del suo
concepimento da Maria di Nàzaret.
LA SCELTA DELLA VERGINITÀ
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Sebbene in Israele non si desse grande valore alla scelta di rimanere vergine ma, anzi, per una donna restare
senza posterità era considerata una disgrazia, o almeno
un disonore (cfr. Gdc 11,37), al tempo di Maria di Nàzaret,
presso gli “anawim” (o “poveri di Jahvè”) e presso gli Esseni – come risulta da alcuni papiri di Qumrân – la scelta
celibataria e verginale sembra rivalutata, sia pure per diversi motivi. Comunque, al di là di usi e costumi, Maria è
la «piena di grazia» (Lc 1,28) e la Tradizione e il Magistero
della Chiesa leggeranno in questo “nome” quella esenzione dal peccato originale e quella “immacolatezza” del tutto
singolare(9), datale da Dio, proprio in vista della maternità
divina e per i meriti, anticipati, del Redentore. Non meraviglia, pertanto, che Maria avesse già maturato una libera e totale dedicazione a YHWH, a quel Dio che è il solo
veramente santo, sussistente, fedele e che agisce nella storia del suo popolo e dell’umanità dirigendola verso un fine di salvezza(10). Tuttavia, a quell’epoca, «una giovane che volesse custodire la verginità, difficilmente poteva rifiutare un matrimonio imposto da suo padre»(11).
Ci si domanda allora: forse
anche Giuseppe «poiché era uomo
giusto» (Mt 1,19) – cioè in tutto
timorato di Dio e all’unisono
con Lui – era incline ad un patto
segreto di amore verginale, per
servire più esclusivamente il loro Dio? Forse entrambi, quei
giovani, volevano vivere riamando Dio solo con quella pienezza sponsale dell’anima che
Dt 6,5 esprime nel comandamento: «amerai il Signore, tuo
Dio, con tutto il cuore, con tutta
l’anima e con tutte le forze», come
Antonio Mazzone dei Dominichi
di Faenza, Annunciazione, con il
profeta Isaia che esibisce il celebre
vaticinio e san Luca che lo trascrive nel suo Vangelo. Loreto, MuseoAntico Tesoro.
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
YHWH stesso ama il suo popolo? Lo Spirito Santo li
aveva preparati entrambi?
Comunque sia, la vergine Maria sembra aver fatto radicalmente suo l’invito appassionato dei profeti (Osea,
Geremia, Ezechiele…), dei Salmi (ad es. Sal 16; 23; 42 ecc.)
e del Cantico dei Cantici. Non è inverosimile che Maria
di Nàzaret chiedesse a YHWH: «Secondo il tuo amore fammi vivere» (Sal 119 [118], 88) ed affermasse con cuore integro: «mai dimenticherò i tuoi precetti» (ivi, 93) o che esclamasse, con profonda verità: «Quanto amo la Tua Legge! La
medito tutto il giorno» (ivi, 97), oppure «Quanto sono dolci al
mio palato le tue promesse, più del miele per la mia bocca» (ivi,
103) e perciò fosse prudente con l’angelo Gabriele perché
sapeva di aver «giurato e lo confermo, di osservare i Tuoi giusti giudizi» (ivi, 106) senza divisione del cuore, perché
amava Dio sopra ogni cosa… Ma forse aveva “giurato”
tutto ciò anche a titolo “riparatore” – quasi novella Ester –
per le tante infedeltà e pericoli del suo popolo?
Sia come sia, è certo che Maria di Nàzaret era, da sempre, una anima prediletta, «una proprietà particolare» (Es
19,5) ed esclusiva di Jahvè. Ella anelava al suo Dio, in
modo singolare ed elevato come chi è già «consacrato»
(Dt 7,6), messo da parte, «scelto per essere il suo popolo»
(ivi), piccola porzione privilegiata, chiamata ad una
sponsalità divina. Non era forse questo il destino di
Israele ed ora quello del “piccolo reso la regione montuosa, in una città di
sto”? Essere «sua sposa per sempre»
Giuda» (ivi), oggi identificata con
(cfr. Os 2,21), con la Legge ormai
Ain-Karim, a 6 Km a ovest di Geruscritta nel “cuore nuovo” inabitato
salemme, e dove la venerazione
dallo Spirito nuovo (cfr. Ger 31,31della “Visitazione” è assai antica.
34; Ez 36,26-27),… non era forse
Dopo qualche giorno di cammiquesto il modo di essere e la prono, «entrata nella casa di Zaccaria,
esistenza di Maria di Nàzaret?
salutò Elisabetta. Appena Elisabetta
Essere la sposa di YHWH nelebbe udito il saluto di Maria, il baml’amore (termine ebraico: hésed),
bino sussultò nel suo grembo. Elisain quell’amore divino che «espribetta fu colmata di Spirito Santo ed
me la fedeltà alla sua alleanza e la
esclamò a gran voce: “Benedetta tu
bontà che ne sgorga nei riguardi
fra le donne e benedetto il frutto
del popolo eletto (la “grazia”, cfr. Cristoforo Roncalli, detto il Pomarancio, del tuo grembo. A che cosa devo che
Es 34,6)… ed esige anche nell’uo- Visitazione (particolare), Sala del Tesoro la Madre del mio Signore venga a
mo l’hésed, cioè il dono dell’anima, (1605-1610).
me?» (Lc 1,39-43).
l’amicizia fiduciosa, l’abbandono,
Il bimbo – Giovanni Battista –
la tenerezza, la “pietà”, in una parola: l’amore che si tra- viene santificato e sussulta di gioia, poiché «per mezzo
duce in una sottomissione gioiosa alla volontà di Dio di Maria, lo Spirito Santo comincia a mettere in comue nella carità verso il prossimo»(12)… non era questo, di nione con Cristo gli uomini oggetto dell’amore miserigià, l’essere e il vivere di Maria?
cordioso di Dio»(13).
Inoltre, lo Spirito Santo ci fa ricordare, a lode della
Pertanto, quando l’angelo, rispondendo alla domanda della Vergine, le chiarì ogni cosa, ella rispose a Dio, grande fede di Maria di Nàzaret, quelle parole che Egli
tramite quel messaggero celeste: «Ecco la serva del Signo- stesso pone sulle labbra di Elisabetta: «E beata colei che
re: avvenga di me secondo la tua parola» (Lc 1,38a). Maria si ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le
rese pienamente disponibile a quel piano nascosto da ha detto» (Lc 1,45). Allora Maria fa rimbalzare, a gloria
secoli in Dio, col quale Egli ci aveva predestinati «ad es- di Dio solo, la splendida lode del “Magnificat” e tesse la
sere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il trama della divina sapienza e fedeltà che, implicitamendisegno d’amore della sua volontà, a lode dello splen- te, si ispira al cantico di Anna, mamma di Samuele (1Sam
dore della sua grazia…» (Ef 1,4-5). Era giunta «la pienez- 2,1-10) e a molti altri passi dell’Antico Testamento.
Qui si rivela tutta la spiritualità di Maria, una “piccoza del tempo» e col «sì» di Maria «il Verbo si fece carne e
venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14).
la”, forse dei “poveri di Jahvè”, un’anima che “si appogIn quel tempo l’attesa del Messia era assai viva in alcu- gia” a Dio solo, e pone in Lui la sua fiducia piena, nuni membri del popolo eletto e colei che forse aveva invo- trendosi della Parola della Legge e dei profeti che per lei
cato Dio, più e più volte: «Venga a me Signore il tuo amore, la sono «lampada ai miei passi» (Sal 119 [118],105).
tua salvezza secondo la tua promessa» (Sal 119 [118],41), ora
Il “Magnificat” che Luca le attribuisce, anche se non
«si trovò incinta per opera dello Spirito Santo» (Mt 1,18; 20). E fosse letteralmente suo, ne rivela comunque la straordinaquando ciò fu rivelato a Giuseppe da un angelo del Si- ria esperienza di Dio, a partire proprio dalla consapevognore (cfr. v. 20), egli «fece come gli aveva ordinato l’angelo del lezza dello sguardo misericordioso di YHWH sulla “picSignore e prese con sé la sua sposa, senza che egli la conoscesse» colezza”, o insignificanza sociale, di lei, a cui il Signore ha
(Mt 1,24-25), cioè senza unirsi a lei nell’atto coniugale… guardato (cfr. Lc 1,48; Sal 119 [118],141); e da quel favore
rispettando castamente la divina maternità di Maria.
divino (cfr. Dt 7,6), conseguente all’amore e alla fedeltà
dell’Altissimo alla promessa che Egli fece ad Abramo
(Gen 15,1; 17,1). Ora quella promessa è compiuta proprio
LA VISITAZIONE
nel concepimento verginale del Signore che ella porta nel
Pochi paragrafi addietro, ricordavamo come l’hésed esi- suo grembo. È ormai inaugurato il tempo nuovo della
ga anche la carità verso il prossimo. Perciò Maria, aven- salvezza, preludio dell’éschaton, o della fine dei tempi,
do saputo dall’angelo che «Elisabetta, tua parente, nella sua che la Vergine celebra già nel “Magnificat”. Col “sì” di
vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto me- Maria «a partire da quell’evento muteranno i rapporti
se per lei, che era detta sterile…» (Lc 1,37), non esitò a met- nella storia del mondo. Dio infatti rovescerà i potenti, ditersi in cammino, proprio in quei giorni. Anzi, ella «andò sperderà i superbi, affamerà i ricchi (tutti aoristi incoatiin fretta» (ivi, 39), con fraterna ed umile sollecitudine, «ver- vi) e adempirà tutte le promesse legate all’alleanza»(14).
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LA NATIVITÀ
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«In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si
facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento
fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria» (Lc 2,1-2).
In verità, esso non riguardò “tutta la terra” ma soltanto
la Giudea e fu l’occasione per riorganizzare il territorio come provincia dipendente dall’amministrazione romana,
dopo la deposizione del tetrarca Archelao, figlio di Erode.
«Infatti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria
città» (Lc 2,3). «Anche Giuseppe» poiché «apparteneva alla
casa e alla famiglia di Davide» (ivi, 5), salì in Giudea «alla
città di Davide» (ivi, 4), poiché egli «doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta» (ivi, 5).
Era inverno e fare tutti quei chilometri, da Nàzaret a
Betlemme a piedi, forse con un asinello per Maria e le
scarse provviste, non era certo fatica da poco! Quale fedeltà e obbedienza! E così sarà sempre nella loro vita! A
farli partire forse influì anche la consapevolezza che
quel Figlio era davvero l’Emanuele, il discendente di
Davide, promesso ad Abramo ed annunciato più volte
agli antichi padri. Comunque, Maria, la serva del Signore, e Giuseppe, uomo giusto, erano sempre pronti – come Abramo – all’adempimento della volontà di Dio
(cfr. Mt 1,24) e ad accoglierne le permissioni.
Ed ecco, «mentre si trovavano in quel luogo (=Betlemme),
si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo
figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’albergo» (Lc 2,67). Il termine greco “Katalyma”, in effetti, può voler dire
anche “stanza” (cfr. Lc 22,11). Comunque, annessa ad essa c’era una stalla con la mangiatoia per gli animali. Per
Maria e Giuseppe fu un ripiego nella necessità, un rifugio nella povertà e nel freddo della notte. Dio provvide.
Come continuazione, in coerenza con la scelta che Dio
fa dei piccoli e dei poveri, l’evangelista Luca pone l’annuncio ai pastori e la loro venuta a Betlemme. Ma in contrasto con essa – come già preannunciato da Maria nel
“Magnificat” – ecco la gloria di Dio e la «pace agli uomini che
egli ama» (Lc 2,14), a «quelli che lo temono» (Lc 1,50), nel senso di rispettare, amare, custodire e compiere la sua Parola.
MARIA DONNA DI FEDE
Questo “custodire e meditare nel proprio cuore” parole
ed eventi, alla luce di Dio, sarà un atteggiamento costante di Maria: donna umile, riflessiva, prudente, adoratrice silenziosa ed amante del suo Dio ma, verosimilmente, sottomessa alle medesime oscurità del cammino
di fede di tutti i credenti. Anzi, Maria è modello proprio nella fede, ancor più di Abramo – come scrisse
Giovanni Paolo II nell’enciclica “Redemptoris Mater” – e
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
Annibale Carracci,
Natale, Loreto,
Museo-Antico Tesoro.
ci procede nella speranza e nella carità. Anche la cugina Elisabetta la proclamò “beata” (Lc 1,45) proprio «per
la sua fede nella salvezza promessa»(15).
Quando, poi, presentò Gesù, primogenito maschio
(Es 13,11-16), nel tempio, con l’offerta di due colombi,
come era proprio dei poveri, «udì Simeone profetizzare
che il figlio sarebbe divenuto segno di contraddizione e
che una spada avrebbe trafitto l’anima della Madre,
perché fossero svelati i pensieri di molti cuori (cfr. Lc
2,34-35)»(16). Allora su Maria piombò un grande dolore e
nella fede visse l’attesa costante del compimento di quella profezia. Ed ecco… poco dopo, deve affrontare il doloroso esilio in Egitto per sfuggire alla tremenda persecuzione di Erode. Partono, nel cuore della notte, come un
angelo aveva ordinato a Giuseppe: «Alzati, prendi con te il
bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti
avvertirò. Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo»
(Mt 2,13). “Resta là … finché”. Fino a quando? Trascorsero circa sei anni… lì, tra un popolo dalla lingua e cultura
totalmente “altre” rispetto alle proprie. Quante difficoltà!
«Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a
Giuseppe in Egitto e gli disse: “Alzati, prendi con te il
bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono
morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino» (Mt
2,19-20). Giuseppe obbedì. Tornò in Israele ma temeva
di recarsi in Giudea dove ora regnava Archelao e «avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e
andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si
compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: “Sarà
chiamato Nazareno”» (ivi, 22-23).
Tornati finalmente a Nàzaret, ecco la fatica di riprendere in mano il proprio mestiere di falegname e l’incertezza di trovare clienti e di poter guadagnare il pane quotidiano… mentre il Bambino cresceva. E Maria lo guardava con amore come suo vero figlio e come figlio dell’Altissimo. Ella sapeva, infatti, da Chi era stato generato.
LA FAMIGLIA DI NÀZARET
«Con Gesù e con Giuseppe nella contemplazione del Verbo
Incarnato, nell’umiltà del lavoro», in quella povera casa
che oggi si conserva a Loreto, tu Maria «servisti il Signore, preparando il tuo spirito al grande sacrificio, che
insieme con quello del tuo divin Figlio avresti offerto
sul Calvario, per divenire la Madre di tutti gli uomini redenti dal sangue di Gesù»(17).
Quando Gesù ebbe raggiunto l’età di circa dodici anni, Maria e Giuseppe salirono con lui ed altri parenti a
Gerusalemme, per la festa di Pasqua. Al ritorno, credendolo fra i coetanei, nell’insieme della comitiva, lo persero di vista. «Fecero un giorno di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti. Non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme» (Lc 2,44-45). Solo dopo
tre giorni e «averlo cercato con angoscia , i suoi genitori lo
trovarono nel tempio, occupato nelle cose del Padre suo, e non
compresero le sue parole. E la madre sua conservava tutte
queste cose in cuor suo e le meditava (cfr. Lc 2,41-51)»(18).
Sì, la fede di Maria raccoglie e anticipa, eleva, nutre e
fa risplendere quella del popolo di Dio e di ogni credente: «una fede umile che si approfondisce di continuo, attraverso le oscurità e le prove, nella meditazione della
salvezza e nel servizio generoso del prossimo, che illumina a poco a poco lo sguardo del fedele (cfr. Gv 3,21)»(19).
Sarà poi Gesù stesso, nel pieno del suo ministero pubblico, ad esaltare la fedeltà di sua madre nel custodire in
cuore e nel vivere la Parola. Per questo egli la proclamerà “beata” (Lc 11,28; cfr. Lc 8,21). Maria ha creduto e,
dopo gli anni di Nàzaret, lei contemplerà «con occhi di
Madre e di credente il volto accogliente di Cristo maestro
di sapienza che invitava a sé tutti i cuori per ricolmarli di
felicità, il volto serio del profeta che piangeva sulla sorte
di Gerusalemme, il volto insanguinato del Servo di
YHWH che offriva la sua vita in riscatto per la moltitudine, il volto radioso del Risorto che donava agli apostoli
lo Spirito e la pace, il volto benedicente del Figlio dell’uomo che lasciava il mondo e ritornava al Padre»(20).
VERSO LA PARUSIA
Sì, Maria, durante il lungo tirocinio della “vita nascosta”
a Nàzaret, apprese e rafforzò la piena solidità della propria fede, che la renderà capace di vivere lo “stabat” ai piedi della croce di suo Figlio (cfr. Gv 19,25). Poi conoscerà lo
splendore della Pentecoste ma anche i difficili inizi della
Chiesa a Gerusalemme, la fuga in Asia Minore, lo stabilirsi ad Efeso, in città, e dopo sul “monte dell’usignolo” a
Meryem-Ana-Evi(21), di nuovo in una “vita nascosta”.
Oggi, per tutta la Chiesa, Maria rimane esempio significativo di attesa del ritorno di Cristo. Ella ci invita a guardare avanti, verso il Signore che ritornerà (…).
Sì, quante volte avrà cantato o implorato anche lei, con
i fedeli cristiani: Maranathà, Vieni Signore Gesù!
Note
Cfr. M.E. PATRIZI, L’alfabeto della cultura cristiana, dalla
A alla Z – “I” come Immacolata, in: “Il Messaggio della
Santa Casa – Loreto”, Novembre 2010, pp. 329-332.
(2)
Catechismo della Chiesa Cattolica (= CCC), 721.
(3)
Cfr. M.E. PATRIZI, L’alfabeto della cultura cristiana, dalla
A alla Z – “G” come Gioia, in: “Il Messaggio della Santa
Casa – Loreto”, Luglio-Agosto 2010, pp. 249-252.
(4)
“La Bibbia di Gerusalemme”, EDB, Bologna 2009, nota a
Lc 1,38, p. 2435.
(5)
Ibidem.
(6)
Cfr. M.E. PATRIZI, «Il Vangelo della “piena di grazia” –
Orationes meditativae», pro manuscripto, Roma 1998.
(7)
“La Bibbia di Gerusalemme”, o.c., nota a Lc 1,34, p. 2435.
(8)
Idem, cfr. nota a Is 7,14, pp. 1717-1718.
(9)
Vedi il mio articolo sull’Immacolata, qui citato alla nota 1.
(10)
Cfr. “La Bibbia di Gerusalemme”, o.c., nota ad Es 3,1315, pp. 130-131.
(11)
AA.VV., Vocabulaire de Théologie Biblique, Xavier LeonDufour (a cura di), Ed. du Cerf, Paris 1966, col. 584. (E
ciò perdurò, ad es. in Italia – come ne siamo testimoni –
anche fino a metà del XX secolo).
(12)
“La Bibbia di Gerusalemme”, o.c., nota ad Os 2,21, p.
2150.
(13)
CCC, 725.
(14)
STEFANO DE FIORES, smm, “Senza speranza non si può vivere”, in: “Madre di Dio”, n. 4, aprile 2010, p. 10.
(15)
Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica “Lumen Gentium”, 57.
(16)
Ibidem.
(17)
Preghiera diffusa dalla Congregazione Universale
della Santa Casa di Loreto.
(18)
Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica “Lumen Gentium”, 57.
(19)
AA.VV., Vocabulaire de Theologie Biblique, o.c., col. 587.
(20)
S. DE FIORES, smm, art. cit., p. 10.
(21)
Cfr. M.E. PATRIZI, Sinfonia Mariana, cap. XIV, LEV, Roma 2009, pp. 353-368.
(1)
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
95
SIMBOLOGIA MARIANA
C
96
FILIPPO DI CUFFA
Arrampicati
sull’albero di Jesse
hi non ha mai sognato di ricostruire
pazientemente le proprie radici, le
radici storiche della propria famiglia?
Chi, insomma, non ha mai pensato, neppure per una volta, a ridar vita al proprio
albero genealogico, risalendo così alle generazioni dei propri avi, nella segreta speranza di scoprire eroi, cavalieri o santi?
Ebbene, se c’è qualcuno di voi caduto in questa innocua “tentazione”, sappia che le origini del concetto di
albero genealogico allignano addirittura nell’Antico Testamento e vengono associate alla profezia biblica della
Vergine che partorisce il Figlio di Dio.
Sembrerà strano, dunque, ma le raffigurazioni grafiche
delle generazioni di una famiglia, che tanto hanno il sapore di nobiltà arcaiche o di blasoni araldici, derivano proprio da un simbolo mariano, quell’albero di Jesse indicato
nelle pagine del profeta Isaia. Nel capitolo 11 di questo libro della Bibbia, infatti, si preannuncia che “un germoglio
sorgerà dal tronco di Jesse e un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di
fortezza, spirito di conoscenza e di
timore del Signore”.
Chi è, allora, questo “Jesse” di
cui parla Isaia?
È il padre di Davide, il grande re
del popolo ebraico, autore e compositore di molti salmi, il quale è
all’origine della stirpe da cui, secoli dopo, nascerà Maria di Nazaret.
Il tronco di Jesse, perciò, venne
rappresentato nel Medioevo come l’albero genealogico del Cristo, nato, secondo la profezia, da
una vergine della genia di Davide, figlio di Jesse. Dai rami di
quest’albero, alla cui base giaceva
per l’appunto il corpo di Jesse,
fuoriuscivano le immagini dei re
della tribù di Giuda e in cima
campeggiava trionfante la figura
della Madonna col Bambino.
Questo motivo iconografico
era così popolare da riempire la
Ludovico Seitz, Albero di Jesse, Loreto,
Vetrata della Cappella Tedesca (1905).
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
miniatura libraria dell’intero continente europeo: codici
miniati e libri di preghiere erano colmi di raffigurazioni
dell’albero di Jesse, sovrastato dall’immagine della Madonna che aveva in braccio Gesù.
Talvolta capitava finanche che tale albero venisse
confuso con l’Albero della Vita o con quello della conoscenza del bene e del male, le piante che il libro della
Genesi localizza nel Paradiso terrestre.
Anzi, capitò persino che, con fulmineo intuito teologico, qualche oscuro monaco benedettino lavorasse con ardimento sulle immagini dei testi miniati, sostituendo alla regalità di Jesse il corpo esangue di Adamo, su cui nasceva così
l’albero della Croce, che avrebbe
redento il primo uomo e, con lui,
l’intera umanità. Maria, insomma,
concepisce il Cristo che, appeso alla pianta della Croce, versa il proprio sangue per salvare ogni uomo, proprio a partire da Adamo.
L’albero di Jesse, dunque, si
trasforma misteriosamente nell’albero della Croce, prendendo
spunto da una suggestiva vicenda medievale: la Croce sarebbe
nata proprio dal legno di un albero sorto dai semi paradisiaci posti dal figlio Seth tra le labbra del
padre morente Adamo. Il legno
di quest’albero (cedro, olivo e fico i principali “sospettati”) sarebbe servito per il tempio di Salomone, per la piscina di Betsabea
e, quindi, per realizzare la Croce
a cui appendere Gesù.
Un lungo asse “ereditario”,
quindi, avrebbe dato origine alla
croce cristiana, proprio a partire
da quel simbolo mariano che è
l’albero di Jesse. Il tempo lineare
profetico incontra così la poesia
della leggenda.
OGNI SANTITÀ PASSA A LORETO
P. MARCELLO MONTANARI
Beato
Pietro Casani
(1572-1647)
P
ietro Casani, nato a Lucca nel
1572, dopo una giovinezza virtuosa ed edificante, a 22 anni decise
di entrare nella Congregazione della Madre di Dio, fondata a Lucca da
san Giovanni Leonardi. Si applicò
con frutto negli studi e si impegnò a
crescere nella vita spirituale. Il santo fondatore, constatata la vita edificante e la vasta cultura del giovane, benché fosse ancora soltanto
chierico, lo scelse come suo collaboratore nei suoi numerosi impegni
pastorali a Roma.
Terminati gli studi teologici, fu ordinato sacerdote a Roma nel 1600.
Affascinato dalla vita religiosa, ebbe
anche “un mirabile talento per attrarre i giovani alla sequela di Cristo”.
Fu questo il suo carisma specifico che
seppe bene impiegare per tutta la sua
vita. Perfino suo padre, piuttosto rigido e autoritario, rimasto vedovo,
finì per seguire il figlio entrando nella Congregazione come fratello laico.
Portato all’apostolato tra i giovani,
istituì a Lucca (1604) un’apposita associazione mariana dalla quale uscirono numerose vocazioni religiose.
Uomo di fiducia di san Giovanni
Leonardi, ebbe anche l’incarico di
preparare il testo delle Costituzioni
del suo Istituto. Il santo aveva molto
a cuore quest’opera tanto che decise
di recarsi per la seconda volta in pellegrinaggio alla Santa Casa di Loreto
(1601) e volle con sé anche il p. Pietro
Casani. Ambedue i pellegrini, mossi
da una profonda devozione alla Ver-
gine Maria, avevano l’intento di
chiedere lumi
per il definitivo
assetto delle Costituzioni. Il Leonardi riteneva
infatti che “solo
in quel luogo si
poteva ben decisamente e saldamente apprendere in perfetta
armonia una vita intima, familiare, altamente
spirituale, consona in tutto e
per tutto alla
semplicità evangelica, che qui fu vissuta dalla nazaretana famiglia in
massimo grado”. Così sappiamo che
anche il beato Pietro Casani è stato
pellegrino alla Santa Casa, dove ha
potuto esprimere tutto il suo filiale
amore alla Madonna.
Dopo la morte di san Giovanni
Leonardi (1609) il Casani fu a contatto con san Giuseppe Calasanzio, sacerdote spagnolo trapiantato a Roma, dove stava operando una singolare “rivoluzione sociale e religiosa”
dando vita alle ‘Scuole Pie’, totalmente gratuite, finalizzate a liberare
i ragazzi poveri dall’ignoranza e
dalla strada. Si trattava della prima
esperienza del genere. Pietro Casani
ne fu affascinato tanto che optò per
una collaborazione tra la Congrega-
97
zione lucchese e le Scuole Pie.
Nel 1614 papa Paolo V approvò
la fusione dei due Istituti, ma l’esperimento durò solo tre anni. Nel
1617, venuto a mancare lo sperato
aiuto della Congregazione lucchese,
l’unione si sciolse. Il Casani, avendo
facoltà di scelta, passò definitivamente al nuovo Istituto delle Scuole
Pie (chiamato popolarmente degli
Scolopi), attratto soprattutto dall’impegno a vivere nella povertà accanto ai ragazzi poveri (infatti sarà
chiamato ‘Pietro il povero’).
Fu il principale collaboratore del
Calasanzio e ricoprì numerosi incarichi. Fu rettore delle scuole di San
Pantaleo a Roma, insegnante di filosofia e teologia, poi assistente generale e visitatore dei collegi; si impeIL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
98
gnò alla diffusione delle
Scuole Pie in Italia e in
Germania. Nel 1627 si
spostò a Napoli e lavorò
molto per la diffusione
delle Scuole Pie nell’Italia
meridionale. Fu a lungo
maestro dei novizi, che
“si lasciavano contagiare
dal fervore che emanava
dalla persona del maestro”. Tra i suoi novizi
brilla la figura del venerabile Glicerio Landriani
(1588-1618), morto all’età
di trent’anni e anche lui
pellegrino alla Santa Casa di Loreto nel 1614.
Considerato da tutti
grande teologo e uomo
insigne per virtù e cultura, il beato Pietro era do-
Guarita da
un tumore
al seno per
intercessione
della Madonna
di Loreto
La signora
Scalese con
il marito in
Santa Casa
il 29 gennaio
2011.
(Foto Montesi)
vunque chiamato il “padre santo” e alle sue prediche accorrevano migliaia di fedeli. Alla fama
di santità contribuirono
anche gli straordinari effetti ottenuti con i suoi
‘esorcismi’ e le sue preghiere di liberazione dal
demonio e da vari mali
del corpo e dello spirito.
Morì a Roma il 17 ottobre 1647 nella Casa di San
Pantaleo, assistito dal Calasanzio, che morirà 10
mesi dopo. I suoi funerali
furono un’apoteosi. Le
sue spoglie riposano accanto a quelle del santo
fondatore. È stato dichiarato beato da Giovanni
Paolo II il 1° ottobre 1995.
l 29 gennaio la signora Arcangela Scalese di Gravina di Puglia (Bari), accompagnata dal marito, ha riferito quanto segue alla redazione del «Messaggio».
Nel maggio 2010 le fu individuato,
attraverso appropriate analisi mediche,
un tumore al seno con triplice diramazione. Il 7-8 agosto fece un pellegrinaggio a Loreto per invocare la protezione
della Madonna sulla sua salute, seriamente compromessa. Sostò in preghiera dentro la Santa Casa e fece il giro con
le ginocchia sul gradino del Rivestimento marmoreo, con grande devozione e
fiducia nella potente intercessione della
Vergine Lauretana.
Nella notte tra l’11 e il 12 settembre,
festa del Nome di Maria, nel sonno sentì
come una mano che passava sul suo petto e un calore inesplicabile. Pensò che
fosse la mano dello sposo, sempre premurosamente accanto a lei nella dolorosa infermità. Seguì un’insonnia fino all’alba, quando, alzatasi, constatò con sommo
stupore che la ferita era del tutto scomparsa e che il capezzolo era riemerso integro e sano. Chiamò il marito, il quale,
I
osservando la parte prima malata e ora
tornata completamente sana, cominciò a
piangere dalla commozione. Il giorno 12
settembre, domenica, Arcangela volle
ascoltare la messa per televisione su Rai
1. Quale fu il suo stupore nel vedere che
la messa veniva trasmessa proprio dal
santuario di Loreto in occasione del 90°
della Patrona dell’Aviazione! Fu facile per
lei ricollegare la guarigione con una speciale protezione della Vergine Lauretana,
alla quale si era recata in pellegrinaggio
poco più di un mese prima.
Presentatasi alla dottoressa, questa si
meravigliò altamente dell’improvvisa
scomparsa del male. I medici, tuttavia,
procedettero a un intervento chirurgico
già programmato, dal quale risultò la
scomparsa totale del tumore, come peraltro aveva già evidenziato l’esame radiografico effettuato dopo il 12 settembre. L’istantaneità della guarigione induce a pensare a una segnalatissima grazia
della Madonna di Loreto, alla quale la signora Scalese, tornando a Loreto il 29
gennaio, ha voluto esprimere insieme allo sposo la più viva e sincera gratitudine.
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DON GIACOMO RUGGERI
[email protected]
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EDITORIALE
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Conversione?
Ad ogni
parola
il suo
significato.
Vero.
l tempo della Quaresima è il cammino preparatorio alla Pasqua.
Nell’opinione pubblica cosa indica il
termine «Quaresima»? Significa ancora qualcosa? È triste affermarlo,
ma credo si abbia una idea molto vaga, e a volte confusa, relegata più all’immaginario della cucina, dei cibi
da non mangiare a favore di altri.
Ma il tempo di preparazione alla Pasqua è un tempo importante. Lo afferma bene papa Benedetto XVI nel
Messaggio per la Gmg a Madrid. Egli
parla della fede come relazione personale con Gesù Cristo. Leggiamo e
riflettiamo sul testo:“La fede cristiana non è solo credere a delle verità,
ma è anzitutto una relazione personale con Gesù Cristo, è l’incontro con
il Figlio di Dio, che dà a tutta l’esistenza un dinamismo nuovo. Quando
entriamo in rapporto personale con
Lui, Cristo ci rivela la nostra identità,
e, nella sua amicizia, la vita cresce e
si realizza in pienezza. C’è un momento, da giovani, in cui ognuno di
noi si domanda: che senso ha la mia
vita, quale scopo, quale direzione dovrei darle? È una fase fondamentale,
che può turbare l’animo, a volte anche a lungo. Si pensa al tipo di lavoro
da intraprendere, a quali relazioni
I
sociali stabilire, a quali affetti sviluppare. In questo contesto, ripenso alla
mia giovinezza. In qualche modo ho
avuto ben presto la consapevolezza
che il Signore mi voleva sacerdote.
Ma poi, dopo la Guerra, quando in
seminario e all’università ero in cammino verso questa meta, ho dovuto
riconquistare questa certezza. Ho
dovuto chiedermi: è questa veramente la mia strada? È veramente questa
la volontà del Signore per me? Sarò
capace di rimanere fedele a Lui e di
essere totalmente disponibile per
Lui, al Suo servizio? Una tale decisione deve anche essere sofferta. Non
può essere diversamente. Ma poi è
sorta la certezza: è bene così! Sì, il Signore mi vuole, pertanto mi darà anche la forza. Nell’ascoltarlo, nell’andare insieme con Lui divento veramente me stesso. Non conta la realizzazione dei miei propri desideri,
ma la Sua volontà. Così la vita diventa autentica”.
Ecco tratteggiato un programma per
la Quaresima, la Pasqua e il tempo
di Pasqua. Non andiamo alla ricerca
di chissà quali alchimie pastorali per
convincere le persone della parroc-
chia; puntiamo all’essenziale, al cuore della fede. I genitori ritornino a
spiegare ai propri figli, piccoli e adolescenti, l’importanza dei seguenti
termini (da tradurre poi in scelte
concrete di vita): preghiera, digiuno,
carità. Preghiera come tempo personale e in famiglia in cui si legge assieme il Vangelo del giorno o un brano della Bibbia. Digiuno come impegno a rivedere il proprio stile di vita
(nel mangiare, nel vestire, nello stare
tanto tempo al computer, attaccati
al cellulare come una protesi, all’uso
dei soldi, ecc.) e saper digiunare
vuol dire imparare a gestire bene il
tempo, non sprecandolo nelle cose
inutili. La carità non è quella dell’elemosina. La carità è imparare giorno per giorno ad avere attenzione
verso chi ci sta vicino, non chiudere
occhi e orecchi verso chi ha bisogno
di noi e abita nella porta accanto,
nella via vicina. Il più vicino è il più
lontano. Quaresima, allora, come
tempo per ritornare a dare il vero significato alle parole che usiamo,
ascoltiamo, scriviamo. La conversione inizi dalle parole: nel dirle corrisponda, poi, l’agire.
dal Centro Giovanni Paolo ll • Marzo 2011
MONS. MARIANO CROCIATA
(NELLA FOTO) AL CENTRO GIOVANNI
PAOLO II PER IL CONVEGNO DELLA
PASTORALE INTEGRATA DELLA CEM
no sguardo «nuovo», capace di farci osservare oltre i
confini dell’“orto” e, riprendendo le parole dello psicologo sociale Gabriele Calvi, di «ciò che
cresce all’ombra del campanile». Questo il tema che ha dato
spunto al convegno promosso
domenica 6 febbraio dalla Conferenza Episcopale Marchigiana e dal Tavolo comune
regionale per la Pastorale
integrata, con l’intento di coinvolgere i vari Uffici e i Servizi
Pastorali, i movimenti e le associazioni delle Marche a riflettere
su proposte concrete da attuare
insieme, all’inizio del cammino
U
a cura di FRANCESCA CIPOLLONI
“Responsabilità ecclesiale e
segnato dagli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano
per il decennio 2010-20, «Educare alla vita buona del Vangelo». Un incontro denso di significati e ricco di interventi
espressi da più punti di vista,
coniugati in un “caleidoscopio”
di esperienze che, come sottolineato da don Francesco Pierpaoli, direttore del Centro Giovanni Paolo II che ha ospitato
l’appuntamento, permettono di
affrontare in sinergia la «sfida
educativa» attraverso «la volontà di seguire gli Orientamenti che ci interpellano tutti, nella
reciproca verifica di percorsi
formativi
diversi».
Ad aprire la
giornata,
Che cos’è il Tavolo
comune regionale
opo il Convegno Ecclesiale svoltosi a Verona
nel 2006, le diocesi marchigiane hanno ritenuto
opportuno seguire le direttive scaturite dall’incontro creando un Tavolo comune regionale per la Pastorale integrata al servizio dell’educazione. L’Ufficio
della Pastorale sociale e del lavoro, la Pastorale giovanile, la Caritas, l’Azione Cattolica, il Csi e il Movimento dei Focolari sono stati i promotori che hanno dato vita a questo organo. Puntando sull’attenzione volta alla persona e sulla capacità di lavorare
in sinergia, alla luce, anche, delle linee guida dettate
dagli Orientamenti pastorali per il decennio 20102020, la Pastorale integrata vuole dunque porsi quale strumento di riflessione nell’attuale emergenza
educativa, concretizzatosi appunto nell’incontro appena svoltosi a Loreto e realizzato grazie ad un
«percorso» costruito insieme a: la Pastorale giovanile, l’Ufficio per la Pastorale sociale, la Caritas, l’Ufficio scuola, l’Ufficio per l’educazione e l’università, la
Pastorale della salute, l’Ufficio famiglia, l’Azione Cattolica, gli Scout Agesci, le Acli, il Csi e il Movimento
dei Focolari. Il Tavolo non vuole né fare iniziative, né
pianificare le agende, ma offrire alle diocesi marchigiane la possibilità di lavorare, mettendo l’attenzione
sulla persona piuttosto che sui “settori” pastorali, e
cominciare così a progettare insieme: il desiderio
autentico, infatti, è quello di «confrontarsi con lo
sguardo e la lettura della realtà italiana a partire dalla sfida educativa, nell’ottica della Pastorale integrata
secondo le indicazioni dei nostri vescovi».
D
dal Centro Giovanni Paolo ll • Marzo 2011
il saluto e la preghiera guidata
da mons. Silvano Montevecchi,
vescovo di Ascoli Piceno che,
assieme ai presuli di AnconaOsimo, Fabriano-Matelica, Senigallia e Loreto, ha seguito lo
svolgimento dei lavori. Lavori
introdotti e poi sintetizzati da
un “relatore” d’eccezione: il segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, mons.
Mariano Crociata. «Tra ruoli
svolti in ambiti differenti e competenze diversificate - ha sottolineato il responsabile della CEI,
ascoltando le numerose sollecitazioni emerse nel dibattito intravedo come nota costante
la volontà di condividere la
stessa responsabilità e sensibilità ecclesiale». Senza dimenticare che «la vita è una continua
lezione e il dramma, spesso, è il
“Occhi educativi? È avere occhi
che sappiano guardare con un
campo più ampio di quello di ciascuna singola Pastorale. Devono
incrociare lo sguardo di tutte le
altre realtà pastorali. Dal nostro
confronto, dal nostro ‘mettere a
sistema’ possiamo intercettare
più da vicino la realtà in cui la
nostra Chiesa, particolare realtà
associativa, opera”.
“La Chiesa, e più in
particolare la comunità, è una risorsa e lo
sarà sempre: è uno dei
pochissimi luoghi in cui
i diversi sguardi, in una
azione anzitutto spirituale, ma anche democratica ed elaborativa,
riescono a diventare
uno sguardo unico”.
… dal
convegno
non voler aprire gli occhi ad
una dimensione educativa». Parole impegnative, quelle pronunciate da mons. Crociata, che
ha richiamato l’attenzione anche sul rilancio del «Prestito
della speranza», affinché «l’appello sociale delle nostre coscienze si trasformi in volontà
politica». Molte le prospettive
future e le «buone prassi»
emerse nel pomeriggio, durante
la restituzione plenaria dei laboratori, i quali hanno messo in
luce un obiettivo principale: per
fare una Pastorale integrata occorre costruire una solida «alleanza» e sentirsi parte di un’unica Chiesa e individuare la «verità dei bisogni» richiesti dalle
nostre comunità. «Non siamo
noi a dover dare quello “sguardo nuovo” - ha concluso don
Cosa è
emerso…
“È necessaria una educazione che riveli il
positivo che c’è nelle
persone, nel loro quotidiano, accompagnandole in questa loro
evoluzione, crescita”.
“Famiglia: non intendiamo
solo genitori. Parliamo delle
persone ai margini (malattia, disagio sociale). Guardare ai giovani e stare loro accanto per accompagnarne la
solitudine dell’essere studente, la ricerca del lavoro, nella
scelta e nell’equilibrio della
sessualità. Solo con la vicinanza si può fare un’azione
pastorale importante”.
volontà politica”
Pierpaoli, prima della celebrazione eucaristica - ma di certo
siamo chiamati a far sgorgare
dal cuore e della mente
quell’“entusiasmo“ per far sì
che le tante parole spese oggi
si declinino, passo dopo passo,
nelle diocesi a cui apparteniamo: sarebbe un ottimo punto
di partenza verso il secondo
Convegno Ecclesiale Regionale sull’iniziazione cristiana, in
programma per il 2013».
“Da parte del Tavolo comune regionale c’è la
disponibilità a un’azione concreta all’interno
delle Chiese particolari. La scelta di non allestire un ufficio ad hoc (l’ennesimo) ma di continuare a lavorare ognuno nel proprio contesto
specifico è un segno della volontà di «tenerci
leggeri» per meglio arrivare ad affrontare nel
concreto gli obiettivi che ci diamo insieme”.
Egitto e Tunisia: Chiesa
e comunità ferita
Solidali
e vicini
con la mano
di Maria
DON FRANCESCO PIERPAOLI
I vescovi cattolici del Nord
Africa «riconoscono negli
eventi che stanno sconvolgendo la Tunisia, l’Egitto... una rivendicazione
di libertà e dignità, in particolare da parte
delle giovani generazioni della nostra regione, che si traduce nella volontà che
tutti siano riconosciuti come cittadini, e
cittadini responsabili». Lo si legge in una
nota che ha concluso la riunione della
Conferenza Episcopale delle diocesi del
Nord Africa (Cerna), svoltasi ad Algeri dal
29 gennaio al 3 febbraio. Riprendendo il
messaggio del primo gennaio del Santo
Padre, i vescovi della Cerna «riconoscono
che la libertà religiosa è la garanzia di un
rispetto completo e reciproco tra le persone. Essa si traduce innanzitutto nella libertà di coscienza riconosciuta a tutte le
persone, la libertà di cercare la verità. Essa presuppone il rispetto dell’altro, della
sua dignità, fondamento della legittimità
morale di ogni norma sociale o giuridica.
La libertà di coscienza e la cittadinanza
saranno senz'altro sempre più al cuore
del dialogo tra credenti musulmani e cristiani che abitano nel Maghreb». Nel corso della riunione, i vescovi della Cerna
hanno anche visitato sotto la neve il monastero di Notre-Dame di Tibhirine, teatro della strage di monaci rappresentata
dal recente film ‘Uomini di Dio’. Siamo
dal Centro Giovanni Paolo ll • Marzo 2011
consapevoli che oggi le Chiese del
Nord Africa rappresentano la Chiesa
di frontiera, capace di essere vicina all’uomo del nostro tempo, con il valore aggiunto della speranza.
Riprendendo le loro parole, con i giovani dei paesi europei e del Mediterraneo che aderiscono al progetto ormai decennale chiamato ‘Agorà dei
Giovani del Mediterraneo’, vogliamo
manifestare tutta la nostra partecipazione e prossimità. Sappiamo che i
giovani sono in prima fila in questo
processo, simile a quanto accaduto in
Europa nel 1989, con la caduta del
muro di Berlino.
Non siete soli. Siamo con voi nella preghiera e nella condivisione della fede.
La Madonna di Loreto, ponte tra
oriente e occidente, tra nord e sud
del mondo, ci aiuti ad abbattere i
muri dell’inimicizia e dell’ingiustizia.
KAROL
un beato
tra i giovani
La storia di Gabri:
“Non sopportavo preti
e Papa. Poi quel
segno di croce…”
uando mi hanno chiesto di dire chi è
stato per me Giovanni Paolo II è stata
subito una grande gioia. Avrei voluto
dirglielo di persona, se solo avessi avuto il
coraggio o la sfrontatezza di scrivere tutto
quello che ancora sento nel cuore, cioè dirgli
il mio Grazie. Non è facile dire quello che ho
dentro, un po’ per timidezza e un po’ per riservatezza, ma questa volta ci provo. Nella
mia adolescenza non vedevo di buon occhio i
preti e soprattutto il Papa: criticavo i viaggi e
qualsiasi cosa facesse, tutto questo non perché lo credessi veramente, ma perché sentivo discorsi di critica nella mia famiglia e negli
ambienti che frequentavo. Poi, un giorno, era
di mercoledì, mio zio Agostino mi invitò ad
andare a Roma ad una udienza del Papa con i
malati dell’Unitalsi del mio paese. Ero nella
sala delle udienze accompagnando Giovanna
(detta Nannina) nella sua carrozzina. Il Santo
Padre passò a benedire con il segno di croce
sulla fronte i malati e le persone che erano con loro e così anche io ho ricevuto la sua
benedizione. Beh, da lì non
l’ho più criticato, anzi, da lì è
iniziata la mia conversione
come cristiana. Come penso
a Giovanni Paolo II mi viene
in mente la frase “siate testimoni credibili di Cristo”, una
frase che mi ha accompagnato per un lungo periodo
della mia vita. Ancora adesso spesso mi torna in mente
e mi sprona ad essere testimone “credibile nella vita di
tutti i giorni”.
Un altro ricordo indelebile
nella mia mente è il Giubileo
del 2000. Sono partita come volontaria per la GMG,
sono stata a Roma 15 giorni vivendo in una caserma
di militari con regole ed
orari rigidi da rispettare e
turni massacranti, specialmente gli ultimi giorni prima della GMG. Ma tutte le
sofferenze e tutta la fatica
Q
dei giorni passati ne sono valse veramente la
pena per la grande gioia che ho provato a Tor
Vergata. Con qualche peripezia siamo riusciti
ad andare alla veglia e alla santa messa della
domenica. Mi ricordo bene come alla veglia
del sabato mi sono sentita un pezzetto di
qualche cosa di grande. Dico sempre: mi sono sentita un pezzetto di cielo, mi sono sentita parte della Chiesa. Mi sono sentita amata
per come sono, con i miei difetti. Il Giubileo e
la GMG del 2000 sono stati per me un pozzo
di grazia da cui ho attinto la forza, per alcuni
anni, di affrontare il tumore che ho sconfitto e
le difficoltà che la vita mi ha presentato.
Ho un grande rimpianto: non aver detto il
mio Grazie al mio amato Giovanni Paolo II
per averci insegnato come si vive da cristiani la sofferenza. Grazie per averci fatto conoscere, con il dialogo, le altre religioni così
da non averne paura, grazie per averci amato. Quando ho sentito l’annuncio della sua
morte mentre ero ad una veglia di preghiera
per lui insieme ad altri giovani, ho pianto
tantissimo, mi sono sentita persa, mi sono
detta: “Ora chi ci amerà come lui?”. Ma Dio
vede e provvede.
Gabri
10 ottobre 2009, Centro GP2 di Montorso
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comunicazione coi vostri coetanei
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La nostra Comunità:
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Suore Oblate di Maria Vergine di Fatima:sr.Michela,sr.Alfonsina,sr.Cecilia
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Editoriale a cura di
Don Giacomo Ruggeri
parroco e direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali - Fano
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CENTRO GIOVANNI PAOLO II
Via Montorso n. 3 - 60025 Loreto (AN)
tel. 071.7501552 www.giovaniloreto.it
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IL “MESSAGGIO” INTERVISTA…
VITO PUNZI
UFFICIO STAMPA SANTUARIO DI LORETO
Il prof. Cervigni sul poema
lauretano “Il Tempio Peregrino”
di Giulio Acquaticci
I
l prof. Dino S. Cervigni insegna torno a due centri – GerusaLingue Romanze e Letterature lemme e Roma, la Terra SanComparate presso l’Università “No- ta e l’Italia – durante gli ultitre Dame” di Chapel Hill, negli mi anni del secolo XIII, incoUSA. Esperto in particolare di lette- minciando dal 1291. Gerusaratura medievale e rinascimentale, lemme è già caduta in mano
ha curato di recente la riedizione di al sultano d’Egitto, che proun poema modellato sulla tradizio- cede alla conquista delle alne epica in voga alla fine del Cin- tre città della Palestina e si
quecento e durante il Seicento, Il Tempio Peregrino (pubblicato nel 1685) di Giulio Acquaticci (Treia, 1603-1688). La
particolarità di questa corposa
composizione (ora con introduzione, apparato critico e testo a cura di Dino S. Cervigni.
Roma, Aracne Editrice, 2010.
Pp. LXXVIII + 513) è quella di
essere motivata dalla fede nella traslazione della casa di Nazaret dalla Terra Santa nel territorio di Recanati, poi divenuto Loreto, e senz’altro è uno Il prof. Dino S. Cervigni.
fra i maggiori capolavori epici
sta infatti avvicinando a Nazaret. La
e sacri della letteratura italiana.
casa della Sacra Famiglia è in periProf. Cervigni, Il Tempio Pere- colo, ma la Vergine supplica Iddio
grino di Giulio Acquaticci è un ca- perché non venga profanata la Sanpolavoro della civiltà letteraria ta Casa, che infatti viene trasportata
italiana che meritava di uscire una da Maria e dagli angeli dalla Terra
volta per sempre dall’oblio di più di Santa in Istria, precisamente a Tertre secoli e di riapparire in una ve- satto, vicino a Fiume. Il governatore
ste degna. Suo grande merito è di es- di Fiume e di Tersatto, Nicolò Fransere riuscito in questo e di averlo gipani, decide allora di inviare in
ottimamente curato. Ci racconta in Palestina dei messaggeri perché
due parole la trama di questo poe- possano verificare personalmente
che la Santa Casa non si trova più a
ma di oltre 15.000 versi?
La storia ufficiale è imperniata at- Nazaret. Ritornati in Istria, i mes-
103
saggeri riferiscono al governatore di
Fiume e Tersatto la loro testimonianza. Questi allora invia Eliseo,
testimone oculare della translatio, al
Papa, mentre Alessandro, il rettore
di Tersatto, si avvia verso la Germania per comunicare all’Imperatore
l’evento portentoso.
Eliseo sarà poi testimone anche
della seconda traslazione…
Sì, dopo aver annunciato finalmente a Celestino V la translatio della Santa Casa, riprende il viaggio
verso Tersatto, passa per Tolentino,
prosegue per Ricina, dove si ammala. Qui Eliseo, per la seconda volta,
diventa testimone della traslazione
della Santa Casa, che da Tersatto vieIL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
ne trasferita sul colle di Recanati. Infine, negli ultimi cinque canti del
poema, altri messaggeri vanno dal
Piceno in Terra Santa per verificare
la realtà della traslazione; quindi, altre tempeste marine, altri incontri rischiosi, eventi miracolosi e ulteriori
conferme della autenticità della translatio. La fabula epica si concentra infine sul Tempio Peregrino, ormai situato stabilmente sui colli lauretani.
104
Lei nell’introduzione al poema
parla del mythos che sta alla base
dell’opera dell’Acquaticci: ci riassume brevemente in che cosa consiste?
Poiché non è più possibile ai cristiani di andare in pellegrinaggio ai
luoghi sacri della Terra Santa, ecco
allora che il luogo sacro in cui abitò
la Sacra Famiglia a Nazaret si fa esso stesso pellegrino, lasciando la Palestina e trasferendosi prima in
Istria e poi nel Piceno, a Loreto. Poiché Gerusalemme non è più liberata,
la Santa Casa, quasi simbolo visibile
della Terra Santa che i cristiani non
Probabile ritratto del poeta Giulio Acquaticci.
possono più visitare, diventa essa
stessa “pellegrina”, trasferendosi in
luoghi più degni.
Ritiene che il poema debba essere
letto come semplice celebrazione
dell’evento miracoloso della traslazione o piuttosto si possono fare altre considerazioni riguardanti l’intera cristianità?
Il poema si sviluppa come celebrazione di tutto il mondo cristiano, dall’epoca precristiana a quella cristiana, fino all’epoca in cui
visse Giulio Acquaticci. Impegnato come fu per quasi tutta la vita,
fino a pochi anni prima della morte, alla composizione di questo
poema sacro-eroico, Acquaticci sapeva benissimo quali intenti poetici e religiosi affidare alla sua opera: offrire all’Italia e alla cristianità
un’epopea sacra che racchiudesse
in sé tutta la storia del cristianesimo, il passaggio del sacro dall’Oriente all’Occidente, fino, addirittura, all’instaurazione di un nuovo centro sacro: non più Roma,
quasi del tutto abbandonata dai
Sommi Pontefici al tempo della
translatio, bensì il Piceno, prescelto
da Dio come sede non più trasferibile del “Tempio Peregrino”.
Sottoscrizione per
il restauro degli affreschi
della Sala del Pomarancio
ttraverso conferenze stampa e tavole rotonde e a
mezzo dei mass media,anche a livello nazionale,nonché su questa rivista, è stata resa nota l’iniziativa promossa dalla Delegazione Pontificia per il restauro degli affreschi, degli stucchi e degli armadi della Sala del Tesoro o
del Pomarancio nel santuario di Loreto, a 400 anni dalla
sua inaugurazione. Sono pervenuti già segni di solidarietà di alcuni amici e amanti dell’arte, per cui siamo stati
stimolati ad aprire una sottoscrizione, invitando tutti i devoti del santuario della Santa Casa a dare un contributo.
Finora sono pervenute le seguenti elargizioni:
A
offerente anonimo ............................................................................€ 20,00
M. R. di Torino ......................................................................................€ 600,00
offerente anonimo ............................................................................€ 20,00
offerente anonimo ............................................................................€ 20,00
M. G. di Gravina ..................................................................................€ 500,00
Prof. Italo D’Angelo e famiglia di Ancona ................€ 650,00
STORIA ARTE E CULTURA LAURETANA
P. GIUSEPPE SANTARELLI
Verso il Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona (3-11 settembre 2011)
Figure bibliche dell’Eucaristia
nell’arte lauretana /2
È
noto che le due classiche «figure» dell’Eucaristia presenti nell’Antico Testamento sono il
Sacrificio di Melchisedek e la Manna. Nel santuario
di Loreto esistono due raffigurazioni del primo
soggetto, l’una di Lorenzo Lotto e l’altra di Francesco Menzocchi, e una del secondo soggetto, dello stesso Menzocchi.
Il “Sacrificio di Melchisedek”
dipinto da Lorenzo Lotto
Il Sacrificio di Melchisedek è stato raffigurato da Lorenzo Lotto (1480-1556) in una tela a olio (cm
169x247), esposta nel Museo-Antico Tesoro. In origine il dipinto, insieme alle altre tele del pittore, si trovava nell’antico Coro del Santuario, oggi Cappella
Spagnola, da dove nel 1853 fu trasferito nei locali del
Palazzo Apostolico e poi, nel secolo XX, nel Museo.
Tra le opere messe in vendita dal celebre pittore
veneto nella Loggia dei Mercanti ad Ancona nel
1550, figura anche un «quadro grande con il Sacrificio del re et sommo sacerdote Melchisedech quando
andò incontro ad Abramo». Gli studiosi per lungo
tempo lo hanno identificato con questo di Loreto,
ma altri, in tempi più recenti, hanno espresso il parere che esso sia andato perduto e suppongono che
quello esposto ora nel Museo-Antico Tesoro sia stato eseguito a Loreto, nel programma della decorazione del Coro della Basilica con tele nuove e vecchie del pittore. In tal caso il dipinto andrebbe datato tra il 1552, anno dell’arrivo dell’artista a Loreto, e
il 1556, anno della sua morte. Penserei che la proposta degli antichi studiosi sia da preferire.
Nel passato l’identificazione del soggetto è stata
incerta. Il Vasari - che lo vide sopra gli stalli del
Coro nel 1566 - lo interpretò per «David quando
faceva sacrificare», e il Ricci, nel 1834, riprendendo
tale lettura, vi vide «David quando offriva a Dio
ostie propiziatorie», mentre il Cavalcaselle e il Mo-
relli, nel 1892, lo denominarono: «Mosè con i pani
azzimi e Aronne».
Ma lo stesso soggetto raffigurato dal Lotto nelle
tarsie del Coro di S. Maria Maggiore a Bergamo, che
ripropone la medesima impaginazione figurativa
del dipinto di Loreto, con poche varianti, e reca la
scritta: Melchisedech panem et vinum protulit (Melchisedek offrì pane e vino), e la citata denominazione
del quadro messo in vendita ad Ancona fugano
ogni dubbio sull’identificazione del soggetto.
La scena è immersa in un vasto e articolato paesaggio, punteggiato da bianche lepri in fuga. Nel
mezzo campeggia l’altare coperto da un manto
bianco, con sopra i pani e il vaso dorato del vino per
l’offerta rituale. A sinistra sta Melchisedek in un gesto di invocazione all’Altissimo. Dietro a lui stanno
gli inservienti e il suo seguito e a destra è raffigurato Abramo con i suoi guerrieri di ritorno dalla vittoriosa battaglia di Chedorlaòmer (Gen 14,17-20).
Recita il testo biblico:
«Quando Abram fu di ritorno, dopo la sconfitta
di Chedorlaòmer e dei re che erano con lui, il re di
Sodoma gli uscì incontro nella valle di Save, cioè la
valle del Re. Intanto Melchisedek, re di Salem, offrì
pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: Sia benedetto
Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della
terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici. Ed egli diede a lui la decima del tutto».
Per l’autore della Lettera agli Ebrei, Melchisedek,
re e sacerdote, diventa una figura profetica del sacerdozio unico ed eterno di Cristo. Egli mette in evidenza soprattutto tre circostanze: l’etimologia dei
nomi, in forza della quale Melchisedek, re di Salem,
significa re di giustizia e re di pace, qualità proprie
del Regno del Messia; il silenzio insolito della Scrittura sugli antenati e sui discendenti di Melchisedek,
segno che il sacerdozio da lui esercitato è eterno ed
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
105
Lorenzo Lotto,
Sacrificio di Melchisedek,
Loreto, Museo-Antico Tesoro.
106
è figura di quello di Cristo
che non ha padre umano,
non ha principio e non ha fine; Abramo, concedendo la
decima a Melchisedek e accettando la sua benedizione,
riconosce la propria inferiorità e l’inferiorità della sua
discendenza - compresa la
classe sacerdotale dei figli di
Levi - di fronte a Colui del
quale il sacerdote di Salem
non era che la figura.
L’episodio biblico di Melchisedek è figura dell’Eucaristia come Sacrificio e Lorenzo Lotto lo mette in risalto molto bene con l’altare
munito di due protomi elefantine di sostegno, sul quale sono posti i pani e il vaso
Francesco Menzocchi, Sacrificio di Melchisedek, Loreto, Palazzo Apostolico.
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
di vino - materia della celebrazione eucaristica - e
con il gesto orante del sacerdote di Salem. Si tratta
di un vero rito all’aperto, entro un paesaggio dalle
tinte e dagli accenti tipicamente lotteschi.
Il “Sacrificio di Melchisedek”
raffigurato dal Menzocchi
Il secondo dipinto raffigurante il Sacrificio di Melchisedek si deve al pittore forlivese Francesco Menzocchi (1502-1584), che lo eseguì nell’antica Cappella
del Sacramento della basilica lauretana intorno al
1545, insieme ad altri affreschi di soggetto eucaristico. Questo affresco, insieme a quello della Manna e
ad altri eseguiti in quella cappella, fu staccato dalla
parete e riportato su tela nel 1890 da Ottaviano Ottaviani. Ora è custodito nel Palazzo Apostolico.
Il pittore ha raffigurato, a destra dell’osservatore, Abramo con il suo seguito di persone e di animali, davanti a Melchisedek che sta in piedi, con
vesti sacerdotali, mentre eleva la mano destra al
cielo con l’indice dispiegato verso il «Dio altissimo» e regge nella mano sinistra una specie di coppa con sopra un pane e un’ampolla di vino rosso.
L’artista mette in evidenza il gesto offertoriale di
Melchisedek, che in qualche modo richiama quello
del sacerdote nella celebrazione dell’Eucaristia.
popolo, donne e uomini, vecchi e bambini, in una
miriade di variati gesti.
L’episodio si legge nel libro dell’Esodo (16,13-35).
Gli israeliti vaganti nel deserto, in preda alla fame,
dopo aver mormorato contro Mosè e Aronne, per la
potenza e la bontà di Dio poterono nutrirsi di «una
cosa fine e granulosa, minuta come è la brina sulla
terra», la manna appunto. Disse loro Mosè: «È il pane che il Signore vi ha dato in cibo».
L’alimento della manna è figura del cibo eucaristico. Nel Vangelo di Giovanni (6,30-34) si legge
quanto segue:
«Allora gli dissero: Quale segno tu compi perché
vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta
scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”.
Rispose Gesù: In verità, in verità vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio
che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane
di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al
mondo. Allora gli dissero: Signore, dacci questo pane. Gesù rispose loro: Io sono il pane della vita...».
Se il precedente episodio biblico è figura dell’Eucaristia come Sacrificio, questo della manna è figura
dell’Eucaristia come Sacramento, che è nutrimento
spirituale dell’anima.
La “Raccolta della
manna” dipinta
dal Menzocchi
Il Menzocchi in questo
affresco eseguito intorno al
1545 nell’antica Cappella
del Sacramento, riportato
su tela e custodito nei locali del Palazzo Apostolico,
ha raffigurato la Raccolta
della manna. Vi ha rappresentato Mosè in piedi, accanto alla tenda, mentre
solleva la verga con la mano destra e indica con la
mano sinistra la raccolta
della manna, alla quale si
dedica una moltitudine di
Francesco Menzocchi, Raccolta della manna, Loreto, Museo-Antico Tesoro.
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
107
STORIA ARTE E CULTURA LAURETANA
P. GIUSEPPE SANTARELLI
Ipotesi su un capolavoro di Piero della Francesca
Madonna di Senigallia
… o Madonna di Loreto?
N
108
ella mostra delle opere di Melozzo da Forlì, allestita nei Musei Civici di San Domenico a Forlì
nel gennaio scorso, tra gli altri capolavori di eccelsi artisti rinascimentali, figura anche la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, magistralmente restaurata per l’occasione
nell’Istituto Superiore di Restauro
(Roma), diretto da Gisella Capponi,
con la rimozione di ridipinture ottocentesche sulle numerose lacune.
Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, l’ha definita: «Una delle
opere più belle e più importanti del
mondo» (N. Encolpio, Resto del Carlino, 18 gennaio 2011, p. 21).
La tavola, delle dimensioni di appena un metro quadro, è stata eseguita dal pittore negli anni Settanta del
secolo XV. Pietro Zampetti la assegna
al 1472 e la ricollega al matrimonio di
Giovanna Feltria, figlia di Federico da
Montefeltro, con Giovanni della Rovere, signore di Senigallia. Il dipinto
proviene dalla chiesa di S. Maria delle
Grazie di Senigallia - da cui la denominazione - da dove, negli anni Trenta del secolo XX, fu trasferito nella
prestigiosa Galleria Nazionale delle
Marche a Urbino, per motivi di sicurezza, su disposizione del soprintendente Luigi Serra (P. Zampetti, Pittura
nelle Marche, II, Firenze 1989, p. 40).
Una Madonna di Loreto?
Il quadro è stato studiato e ristudiato sotto svariati aspetti ma, per
quanto mi risulta, pochi sono i cenni
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
Piero della Francesca, Madonna di Senigallia, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.
sul soggetto mariano rappresentato.
A me parrebbe che il dipinto sia di
soggetto mariano-lauretano perché
esistono numerose analogie tematiche con altri dipinti coevi, sicuramente lauretani. Elenco di seguito
gli indizi che supportano l’ipotesi.
È da premettere che Piero della
Francesca, secondo una duplice attestazione dello storico Giorgio Vasari, fu a Loreto insieme con Domenico Veneziano per dipingere la vol-
ta della Sagrestia di San Giovanni,
interrotta per il sopraggiungere della peste e decorata più tardi da Luca
Signorelli (G. Vasari, Vite, II, pp. 492,
674-75). Il pittore conosceva quindi
il santuario di Loreto e l’iconografia
della Vergine Lauretana.
La scena è ambientata
all’interno di una casa
Questo dato è di una evidenza
palmare, perché è
confermato dalla
porta e dalle finestre sul lato sinistro e dalla nicchia dove sono riposte una cesta
con la biancheria
e, sopra, una scatola cilindrica e
un cofanetto. Scrive a riguardo Pietro Zampetti: «La
monumentale
astrazione dell’insieme non ostacola
la tenerezza di certi particolari, rivelati dalla luce, nell’interno di un’intimità domestica
quieta e solenne»
Andrea
(p. 42).
Delitio, Madonna di LoIl pittore trareto, Atri, Cattedrale. Si nosforma in stanza il ti il Bambino con la collana di
tempietto portato coralli rossi, simile a quella dida due o più ange- pinta da Piero della Francesca.
li che la pittura
coeva aggregava all’immagine della (vedi foto a pag. 92); e gli
Madonna di Loreto. Non desta mera- scultori Baccio Bandinelli (1519) e
viglia il fatto che Piero idealizzi l’am- Raffaele da Montelupo (1531-34), in
biente, perché anche altri artisti del un pannello del Rivestimento marRinascimento fecero lo stesso: Anto- moreo della Santa Casa, raffigurante
nio Mazzone dei Domenichi da Faen- la Natività di Maria, immaginano la
za, nella splendida Annunciazione Camera di Nazaret, venerata a Loreeseguita nel 1513 per le portelle del- to, dove Maria nacque, come una
l’organo del santuario di Loreto, immagina che la Vergine si
trovi non nell’umile casa nazaretana, ma dentro un sontuoso
edificio con volte, archi e colonne dalle forme di una solenne basilica rinascimentale
Pittore della fine del secolo XV
e degli inizi del secolo XVI,
Madonna di Loreto, particolare,
Pieve di Corticelle (Brescia). Si
noti la collana di coralli con
pendagli sul petto del Bambino
che benedice a tre dita spiegate,
quasi identico a quello dipinto
da Piero della Francesca.
stanza di stile rinascimentale, con
splendida alcova
ed elegante caminetto; altrettanto
ha fatto il Sansovino (vedi copertina)
nell’Annunciazione
dello stesso Rivestimento (1518 1522). Era un vezzo del tempo.
I due angeli
Le raffigurazioni della Madonna
di Loreto del secolo XV presentano
abitualmente la
Madonna sotto un
tempietto con due
angeli o più ai lati
che lo sostengono.
Nel dipinto della
Madonna di Senigallia i due angeli
vengono rappresentati ai lati della
Madonna con le mani al petto, in
una vigorosa astrazione di segno
monumentale. Il pittore interpreta il
soggetto con grande libertà. A ogni
modo, la presenza dei due angeli si
spiega bene con un riferimento alla
tradizione iconografica lauretana,
che associa gli angeli eretti ai lati alla
figura della Madonna con il
Bambino al centro.
Il Bambino
L’elemento più stringente
di segno lauretano è costituito
dalla figura di Gesù Bambino,
per due ragioni. Anzitutto per
il gesto benedicente con la
mano destra e tre dita spiegate, come si riscontra in numerosi dipinti lauretani del tempo e non solo. Qui il Bambino
nella mano destra stringe un
fiore. In altri dipinti lauretani
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
109
110
del tempo tiene un uccellino, o un pomo o un
altro oggetto, secondo il
gusto e l’inventiva dei
vari pittori. Raramente
tiene il globo sormontato da croce, come sarà
nei secoli successivi.
Inoltre, un dato inconfondibile dell’iconografia lauretana è la rossa collana di coralli rotondi con un pezzo non
lavorato a mo’ di pendaglio sul petto del Bambino. Si trovano esempi
identici del genere in alcune raffigurazioni della Madonna di Loreto
coeve a questa di Piero:
nella nota Traslazione
della cattedrale di Atri
(TE), attribuita ad Andrea Delitio, documentato dal 1445 al 1473 (E.
Amorosi, in L’iconografia
della Vergine di Loreto nelCampilio di Spoleto, La Vergine di Loreto sotto un
l’arte, Loreto 1995, pp.
tempietto con due angeli ai lati e Gesù Bambino che
86-89); in un dipinto atbenedice con tre dita spiegate. Affresco del 1482 esitribuito a Paolo Antonio
stente a Spelonca di Arquata del Tronto (AP).
De Scazoli, attivo a Cremona negli anni 1475-1506 (Messaggio della Santa Casa, 1988, pp. 204-05);
nell’affresco esistente nella Pieve di Corticelle (Brescia), dove il Bambino,
benedicente con la mano destra a tre dita spiegate, reca sul collo la collana di coralli rossi con un pendaglio quasi identico a quello dipinto da Piero (Il Messaggio della S. Casa, 2010, pp. 347-48); nell’affresco dell’oratorio di
San Rocco a Fiastra (MC), attribuito al Folchetti e databile attorno al 1513;
e in qualche altro dipinto. Si tratta quindi di un vero topos iconografico.
Forse la collana corrisponde alla descrizione della Madonna con il
Bambino in Santa Casa di un inventario del 1469, dove si legge della
«piccola immagine della Vergine Maria con il Figlio in braccio con una
corona al collo con bottone di perle e cordone d’oro».
Si sa che la collana di coralli rossi costituisce un antichissimo simbolo
di protezione dei bambini, una specie di portafortuna, il quale però nei
dipinti sacri ha avuto sempre il valore di una profezia della passione e
morte di Cristo per il colore rosso-sangue (P. Conti, Corriere della Sera, 17
gennaio 2011, p. 31).
In conclusione, alla luce della presente ipotesi, ci si troverebbe davanti a una Madonna di Loreto monumentalizzata e idealizzata in una
astrazione di vigoroso segno evocativo: la Signora della Casa con il
Bambino in braccio, quasi deambulante, con i due angeli oranti ai lati
che la accompagnano come due guardie d’onore.
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
Monteleone
di Spoleto
(PG) si trova
la chiesa di
San Francesco dei minori conventuali, sorta nel secolo XIV su
un precedente edificio sacro benedettino. È divisa in due navate che sono separate da pilastri a sostegno di archi.
Nella navata destra si ammira un affresco che Ansano Fabbi data al 1533.
Rappresenta la Santa Casa con la Madonna e il Bambino sul tetto. Una scritta sottostante, in parte mutila, dichiara
il soggetto e il committente dell’affresco: Sancta Maria de Lorete F(ece) f(are)
Ser Angelo de Ciascho.
Si tratta di una raffigurazione non
rara nei primi decenni del secolo XVI,
come dimostrano l’unica porta sulla
parete lunga della Casa, la sottostante
testa di un serafino e la figura ignuda
del Bambino con una collana rossa al
collo, tutti elementi iconografici caratteristici di raffigurazioni lauretane del
genere in quel torno di tempo.
L’affresco, mancante nella sezione
destra, è stato restaurato negli anni Sessanta del secolo XX e reca i segni di un
artista locale, attivo nella Valnerina. Si
tratta di una delle numerose e preziose
testimonianze del culto mariano-lauretano in territorio umbro, che vanta
esemplari molto antichi, come l’affresco
nella chiesa di San Francesco a Gubbio.
Un affresco
lauretano a
Monteleone
di Spoleto
A
STORIA ARTE E CULTURA LAURETANA
Ricordo del fotografo
Benedetto Trani
I
l 19 dicembre è morto, all’età di 92 anni, Benedetto
Trani, grande fotografo, residente ad Ancona, che ha
avuto stretti legami di lavoro con il santuario di Loreto
tramite la Congregazione Universale della Santa Casa.
Negli anni Cinquanta del secolo XX, padre Angelo
d’Anghiari, direttore della Congregazione Universale,
commissionò all’esimio fotografo una serie di vedute
dell’interno e dell’esterno del santuario che ancora si
fanno ammirare per nitore, impostazione e sensibilità.
In parte sono state pubblicate in un volume in folio
sul Santuario di Loreto del 1957, curato dallo stesso padre Angelo, e riproposte recentemente nel prestigioso
volume su Ludovico Seitz e la Cappella Tedesca, pubblicato dalle Edizioni Santa Casa, a cura di M. Apa e G.
Santarelli, nel 2008.
Quelle foto sono una lucida testimonianza della situazione del santuario in quel periodo e un segno vivo
della maestria di un obiettivo, che ha reso mirabilmente
l’immagine di un santuario, difficile da cogliere nel suo
mistico fascino.
Negli anni Settanta dello stesso secolo, il Trani ha ese-
guito una serie di
foto sulla vita dei
cappuccini attivi nel
santuario, con scatti
immediati che, in
vividi riflessi di luce
policroma, fissano i vari religiosi o nel confessionale, intenti alla pastorale penitenziale, o nella celebrazione eucaristica o in un mistico raccoglimento. Sono autentici
capolavori di arte fotografica, pubblicati con giusta enfasi dalla rivista della Regione Marche alcuni anni or sono.
Giancarlo Galeazzi ha dedicato al grande fotografo
un puntuale profilo, apparso su questa rivista nell’aprile 2010 (pp. 148-149), individuandone le caratteristiche
e gli indiscussi pregi e meriti.
Sotto, a sinistra: Benedetto Trani, Un sacerdote cappuccino –
p. Settimio Spinaci da Monsano – al termine della santa
messa ritorna in sagrestia.
Qui sotto: Confessori cappuccini a Loreto.
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
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VITA DEL SANTUARIO
Giornata
di preghiera
dell’Istituto
Sacra Famiglia
L’
annuale incontro a Loreto dell’Istituto Sacra Famiglia, fondato dal paolino don Stefano Lamera, ha avuto luogo il
23 gennaio con l’adesione di circa mille
associati, molti dei quali si sono accostati
alla confessione prima di partecipare alla
conferenza nella basilica inferiore e poi
alla santa messa nella basilica superiore,
celebrata dall’arcivescovo Giovanni Tonucci. Nel pomeriggio hanno partecipato all’adorazione eucaristica. Tutto si è svolto con decoro e con profitto spirituale delle numerose famiglie che prendono proprio a modello di vita cristiana la Santa Famiglia di Nazaret. (Foto Montesi)
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Incontro di preghiera con mons. Giuseppe Betori
in preparazione al Congresso Eucaristico Nazionale
I
l 26 gennaio, nel contesto della riunione
del Consiglio permanente della CEl,
svoltosi ad Ancona, sede del Congresso
Eucaristico Nazionale (3-11 settembre
2011), a Loreto, nell’Auditorium “Giovanni Paolo II”, alle ore 21.15, ha avuto luogo
un incontro di preghiera, con una approfondita riflessione di mons. Giuseppe
Betori, arcivescovo di Firenze, il quale ha illustrato il seguente tema, proprio del Congresso: «Signore da
chi andremo? L’Eucaristia per la vita
quotidiana». Numerosi e attenti
sono stati i fedeli intervenuti all’incontro.
Nell’occasione l’arcivescovo Giovanni Tonucci ha fatto omaggio all’illustre ospite di tre volumi su Loreto,
come mostra la foto. (Foto Montesi)
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
VITA DEL SANTUARIO
Simposio per penitenzieri
I
l santuario di Loreto è noto, oltre al resto, come santuario della riconciliazione per gli innumerevoli pellegrini
che ivi si accostano al sacramento della penitenza in ogni
giorno dell’anno, soprattutto nelle domeniche e nelle festività. Per questo la Delegazione Pontificia, con il patrocinio della Penitenzieria Apostolica, ha pensato bene di
promuovere un simposio di formazione e di aggiorna-
mento per i penitenzieri della basilica, aperto
a tutti i sacerdoti di ogni parte d’Italia. Il tema del simposio di quest’anno, svoltosi nei
giorni 24-25 gennaio, è stato il seguente: «Il
sacramento della riconciliazione di fronte alle problematiche del matrimonio».
Ha introdotto i lavori l’arcivescovo Giovanni Tonucci e hanno tenuto le relazioni mons.
Gianfranco Girotti, reggente della Penitenzieria Apostolica, che ha svolto il tema sulle «Problematiche di indole matrimoniale che interpellano la Penitenzieria»; padre Maurizio Faggioni, ordinario di teologia morale presso l’Alfonsianum e prelato consigliere della Penitenzieria Apostolica, che ha parlato su «La vita familiare tra inizio e fine dell’esistenza: problematiche
emergenti»; padre Sabino Majorano, ordinario di teologia morale presso l’Alfonsianum, che ha trattato l’argomento «Da
un’etica individualistica a un’etica della responsabilità nel contesto della vita matrimoniale»; e don Mario Sodi, ordinario di sacramentaria presso l’Università Salesiana e presidente della Pontificia Accademia di Teologia, che ha illustrato il
seguente argomento: «Dal rito del matrimonio alla spiritualità coniugale: tra temi e sfide, dalla celebrazione alla vita».
Notevole è stata la partecipazione dei sacerdoti, che hanno animato il simposio con pertinenti dibattiti. Nella foto in alto, da destra a sinistra: mons. Girotti, mons. Tonucci e don Sodi. (Foto Montesi)
l 22 gennaio ha avuto luogo a Loreto l’incontro annuale dei giornalisti cat-
IFrancesco
tolici delle Marche, in prossimità della ricorrenza della festa del patrono san
Incontro
de Sales. Dopo aver partecipato alla messa celebrata dall’arcivescodei giornalisti vo Giovanni Tonucci, i giornalisti si sono riuniti nella Sala Paolo VI per un dibattito riguardante la loro attività e le relative problematiche. Vincenzo Varagona, giornalista Rai, ha guidato l’incontro, al quale ha partecipato, tra gli alcattolici
tri, Giannetto Rossetti, presidente dell’Ordine dei giornalisti delle Marche.
delle Marche Nella foto, da sinistra a destra: Francesca Cipolloni, Carlo Camoranesi, Vincenzo Varagona e Franco Maresca dell’UCSI nazionale. (Foto Montesi)
113
VITA DEL SANTUARIO
Concerto di
presentazione del
primo disco della
«Collana Centro
Studi Lauretani»
I
114
l 14 gennaio, nella basilica di Loreto, alle
ore 21.30, ha avuto luogo un concerto
per presentare il primo disco della «Collana Centro Studi Lauretani», un progetto
scaturito dalla collaborazione tra la casa discografica «Tactus» di Bologna e il medesimo Centro.
Il disco, intitolato «Richard Wagner - Organ trascriptions», è dedicato alle virtuosistiche trascrizioni per organo di
notissime pagine wagneriane, firmate da Edwin Lamare. L’incisione, effettuata sul grande organo «Mascioni» della basilica lauretana dal m° Giulio Mercati, costituisce il primo frutto di collaborazione tra l’importante casa discografica e
il Centro Studi, che attende alla promozione culturale della Delegazione Pontificia. Ha partecipato alla manifestazione
la Cappella della Santa Casa, diretta dal m° p. Giuliano Viabile, la quale ha magistralmente eseguito scelti brani.
Il disco ha inaugurato la «Collana» del Centro Studi, che ogni anno proporrà una nuova incisione, sempre legata alla spiritualità e alla storia musicale del santuario. La seconda incisione riguarderà l’opera di Giovanni Tebaldini, maestro della Cappella di Loreto dal 1902 al 1925. Il primo disco su Wagner può essere richiesto anche alla
Congregazione Universale. Nella foto: l’organista
Giulio Mercati con la Cappella della Santa Casa di
Loreto. (Foto Montesi)
Festa di
sant’Antonio abate
a tradizionale festa di sant’Antonio abate, protettore degli animali
domestici, è stata celebrata quest’anno il 16 gennaio. Dopo la messa delle
ore 11.00 l’arcivescovo Tonucci, dal
sagrato della basilica, ha impartito la
benedizione agli animali presenti,
portati dai loro padroni, invocando su
tutti la protezione del santo. Facevano
un bella scena e piacevole musica lo
scodinzolare, il miagolio, l’abbaio e il
brusio dei vari animali. (Foto Montesi)
L
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
VITA DEL SANTUARIO
Ciclo di conferenze
sui problemi
della famiglia
ella Sala Paolo VI del santuario di Loreto si è tenuto un ciclo di conferenze, promosso dall’Editrice «Controvento» e dalla Delegazione Pontificia, dal titolo: «La
famiglia, trampolino di lancio verso
la vita». Le conferenze si sono svolte di sabato, alle ore 17, secondo il
seguente programma: 15 gennaio:
«Abusi sui minori»; 29 gennaio:
«Difficoltà nelle relazioni»; 12 febbraio: «Problematiche dell’adolescenza»; 26 febbraio: «Il valore della vita vince sulla morte»; 12 marzo:
«Recuperare i valori?... Si può attraverso gli affetti e la famiglia». Hanno tenuto le relazioni Alfredo Canavaro, psichiatra, autore del libro
«Quando volano i cormorani», Stefania Giglio, psicologa, Vincenzo
N
(Foto Montesi)
Oliveri, giornalista, Francesco Segi,
psichiatra, Piernicola Silvis, vice
questore di Macerata, e p. Stefano
Vita, vicario generale della Delegazione Pontificia. Ha moderato gli
incontri Benedetta Grendene. Ha
partecipato l’arcivescovo Giovanni
Tonucci con alcune autorità comu-
nali. Sono intervenuti Piernicola
Silvis (15 gennaio), Cinzia Ricci (29
gennaio), A. Maria Ragaini (29 gennaio e 26 febbraio), Marta Migliosi
(12 febbraio), Pina Pezzullo (26
febbraio) e Luciana Gioacchini (12
marzo). La foto si riferisce al primo
incontro del 15 gennaio.
La Santa Casa Lcristiana che, nella Santa Famiglia di Nazaret, ivi vissuta, trova un modello
di vita e una protezione. Anche per questo molti chiedono di celebrare il loro
matrimonio nel santuario. Prima del Concilio Vaticano II i riti matrimoniali a
santuario
Loreto erano numerosi. In qualche sabato vi si celebravano fino a 25 matrimoni.
della famiglia Oggi sono più rari, ma più preparati. Segnaliamo, a mo’ di esempio di un fenoa Santa Casa è stata sempre indicata dai papi come santuario della famiglia
meno religioso interessante, il matrimonio di Claudia Morelli - figlia di Franca
Vergari, nostra impiegata nella Congregazione Universale - con Michele
Barchiesi, celebrato il 31 dicembre nella Cripta del Crocifisso. Ha presieduto la cerimonia mons. Decio Cipolloni e ha concelebrato p. Marcello Montanari, già segretario della Congregazione Universale. (Foto Montesi)
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NOTIZIE FLASH
La battaglia di Castelfidardo
doveva denominarsi battaglia di Loreto
116
Nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia si moltiplicano gli studi sui vari avvenimenti, anche bellici, che portarono a quell’importante traguardo storico. Dopo lo
scontro del 18 settembre 1860 tra le truppe pontificie,
guidate dal generale Lamoriciére, e quelle piemontesi,
capeggiate dal generale Cialdini, svoltosi nelle campagne di Castelfidardo, non lontano da Loreto - da dove si
era mosso l’esercito pontificio - dovendosi dare una denominazione alla battaglia, il primo ministro Cavour si
sentì proporre il nome di Loreto, noto in tutto il mondo
cattolico per il suo celebre santuario, il quale, quindi, meglio avrebbe messo in risalto il significato laico della vittoria contro il potere temporale del papato. Gli storici
però sottolineano che Cavour, per evitare inutili rimostranze da parte degli Stati cattolici, che consideravano
quella conquista militare un’ingiusta aggressione, optò
per il nome del poco noto centro abitato di Castelfidardo.
Un servizio sul santuario di Loreto alla Rai
Nella rubrica Mattina in famiglia di Rai 1, il 2 gennaio
è andato in onda un servizio sul santuario della Santa
Casa, attraverso raccordi anche con il santuario di
Lourdes, in riferimento ai pellegrinaggi dei malati trasportati dall’Unitalsi. È stata rievocata la traslazione
della Santa Casa insieme con alcuni fatti salienti della
storia del santuario.
Motoraduno nazionale
Il 2 gennaio un gran numero di motociclisti si sono
dati appuntamento a Loreto e, dopo aver partecipato alla santa messa celebrata dall’arcivescovo Giovanni Tonucci, hanno ricevuto dallo stesso la benedizione in
Piazza della Madonna, gremita di moto di ogni cilindrata e tipo che, al termine, tra l’assordante rombo dei motori, sono sfilate per le vie del centro storico.
Da Mosca laurea «Honoris causa»
all’arcivescovo Capovilla
Ai primi di gennaio è stata diffusa la notizia del conferimento di una laurea Honoris causa all’arcivescovo
Loris F. Capovilla, già segretario particolare di Giovanni
XXIII e per 17 anni delegato pontificio e prelato di Loreto. Il conferimento è venuto dall’Istituto Europeo delIL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
l’Accademia Russa delle Scienze. La decisione del prestigioso riconoscimento si deve al direttore dell’Istituto,
Nikolai Shmeliov - già consigliere del presidente
Mikhail Gorbaciov - che l’ha resa nota attraverso Antoly
Krasikov, direttore del Centro Studi Socio-religiosi del
medesimo Istituto. La laurea è stata conferita all’arcivescovo Capovilla «in riconoscimento del suo apporto
personale allo studio dell’eredità spirituale» di Giovanni XXIII, «protagonista della storia del Novecento, promotore del dialogo delle religioni nel mondo contemporaneo, grande operatore di pace».
Missione mariano-lauretana
nella diocesi di Bologna
Nei giorni 11-26 gennaio si è tenuta nella parrocchia
di San Paolo a Ravone (BO) una missione mariana con
la statua della Madonna di Loreto prelevata dal santuario della Santa Casa. Successivamente la statua è stata
consegnata alla parrocchia di San Venanzio di Galliera
(BO) per un’altra missione mariana che si è tenuta nei
giorni 6-13 febbraio.
Loreto alla mostra su Melozzo allestita a Forlì
I mass media hanno dato grande risalto a una mostra allestita nei Musei Civici di San Domenico a Forlì
dalla Fondazione Cassa di Risparmio del luogo, dedicata al pittore Melozzo degli Ambrogi, detto da Forlì
(1438-1494). Vi sono state esposte le sue principali opere, insieme con quelle di grandi artisti a lui contemporanei, come Piero della Francesca, Mantegna e Raffaello. È noto che Melozzo ha affrescato tra il 1478 e il 1482
la Sagrestia di San Marco nella basilica di Loreto, uno
straordinario ciclo pittorico incompiuto della pittura
del Quattrocento, con angeli recanti i simboli della Passione e profeti recanti scritte allusive allo stesso mistero
nella volta, e con l’unica scena eseguita nelle pareti verticali raffigurante l’Ingresso di Gesù a Gerusalemme. Nella mostra questo ciclo pittorico - definito da Marco Germinati «un capolavoro di sapienza prospettica e di bellezza ideale» (Il Sole 24 Ore, 16 gennaio 2011) - è stato
reso presente virtualmente. Infatti, la società «Rinnova» ha realizzato la ricostruzione in 3D della Sagrestia
di San Marco. Servendosi di una stereoscopia 3D e attraverso occhialini polarizzati, «Rinnova» ha reso possibile la visione ingrandita della volta.
Seminario a Loreto su sport e religione
Nei giorni 15-16 gennaio si è tenuto a Loreto, nel
Centro di Montorso, un seminario sul seguente argomento: «Sport, Carità, Eucaristia – Il cristianesimo come motore di sviluppo per lo sport». Il seminario, promosso in preparazione del Congresso Eucaristico Nazionale che si terrà ad Ancona dal 3 all’11 settembre
prossimo, è stato organizzato dalla Commissione regionale per la Pastorale del tempo libero, turismo e
sport della Conferenza Episcopale Marchigiana, con il
patrocinio del rispettivo Ufficio nazionale della CEI.
Verso la Giornata Mondiale della Gioventù
Dal 16 al 21 agosto prossimo si terrà a Madrid la Giornata Mondiale della Gioventù, alla quale parteciperà Benedetto XVI. L’incontro sarà preceduto da un devoto trasporto da Loreto a Madrid della statua della Vergine
Lauretana, che nel 2010 è stata utilizzata per una peregrinazione in tutte le diocesi delle Marche. La statua partirà da Loreto per Assisi il 7 agosto ed effettuerà le seguenti tappe: Arezzo, Firenze, Viareggio, Genova, Barcellona, Saragozza, Toledo, dove avrà luogo il rito di un
gemellaggio, e Madrid, dove giungerà il 17 agosto. Guiderà questo speciale pellegrinaggio di 250 giovani mons.
Giovanni Tonucci, arcivescovo di Loreto, il quale a Madrid farà dono della statua lauretana alla Giornata Mondiale della Gioventù a nome dei giovani d’Italia.
Una guida del santuario di Loreto
per non vedenti
Il Museo Omero di Ancona, che si occupa di problemi dei non vedenti, in collaborazione con le Edizioni
Santa Casa, tramite Andrea Socrati, artista e docente
presso lo stesso Museo, ha approntato una guida del
santuario di Loreto destinata ai non vedenti. Nella copertina è stata riprodotta un’antica xilografia della Traslazione della Santa Casa che il non vedente può percepire tattilmente. La guida si può richiedere anche alla
Congregazione Universale della Santa Casa.
Pubblicati gli «Scritti Minori»
del professore Bolognini
Nel 2003 questa rivista segnalava una corposa pubblicazione del professore universitario Franco Bolognini, dal titolo: Itinerarium cordis. Scritti Minori. Ultimamente (2010) sono stati pubblicati il volume II e III,
con il medesimo titolo, di più ridotte dimensioni. Si
tratta di una copiosa serie di studi di diritto, principalmente canonico, già pubblicati o inediti, che caratterizzano l’intensa attività scientifica dell’insigne docente. Il titolo vuole mettere in risalto il sentimento intimo e gli ideali alti, ai quali sempre l’autore si è ispirato nella ricerca e nell’insegnamento universitario. I volumi sono stati pubblicati da Giuffrè Editore (Via Busto Arsizio, 40 - 20151 Milano).
Veglie missionarie a Loreto
l Segretariato delle Missioni Estere dei Frati Cappuccini delle Marche organizza nel santuario di Loreto, ogni
terzo venerdì del mese, alle ore 21.00, una veglia di preghiera e di riflessione intonata al tema missionario. Per i
prossimi mesi si avrà questa successione: 18 marzo, 15
aprile, 20 maggio, 17 giugno, 21 ottobre, 18 novembre.
I
IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
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PUBBLICAZIONI
promosse dalla Delegazione Pontificia del Santuario della Santa Casa
di Loreto - c.c.p. 311605 - Tel. 071970104
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artistica, Ancona 1996, edizioni italiana,
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G. SANTARELLI, Guida illustrata in polacco, 1992, € 10,00.
G. SANTARELLI, Loreto nella storia e
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Giovanni Paolo II e del cardinale Joseph Ratzinger ora Benedetto XVI,
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Ai sensi del d.lgs 196 del 30/06/2003 la informiamo che i dati personali che verranno
forniti saranno oggetto di trattamento a mezzo di sistemi informatici. La Redazione,
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IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA - LORETO • Marzo 2011
CONGREGAZIONE UNIVERSALE DELLA SANTA CASA
Fondata nel 1883, ha le seguenti finalità:
• Diffondere la conoscenza e la devozione verso la Madonna e la sua Santa
•
•
Casa, dove ha avuto inizio la storia della nostra salvezza con l’Annunciazione
e l’Incarnazione;
Curare la promozione e il decoro del santuario con offerte e lasciti vari;
Accogliere i pellegrini orientandoli a vivere i messaggi del santuario, la vita
della S. Famiglia, le feste della Madonna.
L’ISCRIZIONE alla Congregazione è aperta a quanti desiderano collaborare alle sue
finalità. Con l’iscrizione si partecipa in perpetuo ai benefici spirituali delle preghiere e di una Messa che si celebra ogni giorno alle ore 8 nel santuario (Messe
Perpetue); agli iscritti è concessa inoltre l’indulgenza plenaria alle solite condizioni nel giorno dell’iscrizione e nella festa della Madonna di Loreto (10 dicembre).
NORME PER L’ISCRIZIONE
• Farne richiesta, anche con lettera, alla Direzione. Possono essere iscritti vivi e defunti, persone singole e
famiglie. Viene rilasciato un diploma di iscrizione.
• La partecipazione ai beni spirituali, comprese le Messe perpetue, è perpetua, cioè per sempre.
• Gli iscritti non hanno obblighi particolari, tranne l’impegno di vivere cristianamente.
• Si raccomanda la recita dell’Angelus tre volte al giorno e la recita frequente del Rosario e delle Litanie
Lauretane.
• La quota d’iscrizione è di € 10,00 (per l’iscrizione individuale) o di € 16,00 (per l’iscrizione di più persone
o di una famiglia).
La Congregazione Universale pubblica la rivista mensile “IL MESSAGGIO DELLA SANTA CASA”, che informa sulla vita
del santuario e funge da collegamento con gli animatori e gli iscritti. Promuove inoltre gli studi e le pubblicazioni
sulla storia della S. Casa e del santuario. Chi desidera collaborare più intensamente agli scopi della Congregazione
Universale può chiedere di far parte del gruppo degli AMICI DELLA SACRA FAMIGLIA che riunisce gli Zelatori e le
Zelatrici della Santa Casa. Essi riceveranno particolari incarichi insieme ad un nostro tesserino d’iscrizione. Per l’invio di corrispondenza e di offerte servirsi del seguente indirizzo:
DELEGAZIONE PONTIFICIA - CONGREGAZIONE UNIVERSALE DELLA SANTA CASA
60025 Loreto (AN), Italia - Tel. 071.97.01.04 - Fax 071.97.47.176 - C.C.P. n. 311605
MESSE PERPETUE
Iscrivi te stesso e i tuoi familiari alla Congregazione Universale della Santa Casa.
Potrai usufruire di vari benefici spirituali, in primo luogo delle messe perpetue:
cioè, di una messa celebrata ogni giorno nel santuario della Santa Casa alle ore 8.
Puoi iscrivere te stesso o altra persona singola, viva o defunta (offerta € 10,00)
Puoi iscrivere la tua famiglia o altre famiglie, per vivi e/o defunti (offerta € 16,00)
Invia la tua offerta tramite C.C.P. n. 311605 intestato a:
Delegazione Pontificia - Congregazione Universale Santa Casa - 60025 Loreto (AN)
oppure tramite bonifico bancario:
Banca delle Marche cod. IBAN: IT70O0605537380000000000941 BIC: BAMAIT3A
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•
Chi intende inviare l’offerta tramite bonifico bancario è pregato di comunicare il proprio recapito tramite lettera, fax o e-mail per consentire una risposta.
Per contattarci: tel. 071.970104 - fax 071.9747176 Sito: www.santuarioloreto.it e-mail: [email protected]
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MSG Marzo 2011