AUDIO-LIBRO
Racconti e storie della famiglia Marini e di Pieve Torina.
Le interviste di Kai Nebel con l'audio originale.
imarini.com
anno di stampa 2011
I
Introduzione
L'idea di fare interviste ai residenti di Pievetorina mi è venuta dagli studi per la tesi
che scrissi alla Princeton University.
I miei genitori erano immigrati.
Io ho molti amici di discendenza italiana i cui genitori erano immigrati nei primi
anni del 1900.
Decisi di fare la mia tesi su "L'integrazione degli immigrati Italiani tra il 1900 e il
1950 a Geneva, New York", mia città natale.
Questo studio, precursore di quello realizzato a Pievetorina, ha richiesto numerose
interviste e cattura frammenti di vita prima che possano svanire nel passato.
Spero di salvare, ancora una volta, un pezzetto di storia prima che vada perduto.
Ringrazio Ugo Paolo Marini per il suo generoso impegno, senza il quale nessuna
pubblicazione sarebbe stata possibile.
Dedico questo lavoro alla mia amata moglie, Maria Marini, che ho da poco perduto.
Kai Nebel
introduzione
II
L'elenco delle interviste, qui sotto riportato dal sito internet comprende un primo gruppo
di parenti o quasi parenti (fino a Mario Salvi), seguito da una serie di personaggi che
raccontano soprattutto episodi relativi alla seconda guerra; nel gruppo finale (da
Fernando Mattioni in poi) ci sono le altre senza un ordine particolare.
personaggio
leggi e
ascolta
durata
pagina
Venanzo Marini
45
1
Adorna e Maria 1
46
8
Adorna e Maria 2
45
21
Adorna e Maria 3
46
32
Lucio Antognoli
18
50
Alessio Marchetti
45
56
Mario Salvi
10
65
Fausto Servili 1 + 2
53
68
Fausto Servili 3
37
84
Mario Bettacchi
43
92
Giuseppe Simoni 1 + 2
60
103
intervistato
introduzione
minuti
nel libro
III
Remigio Matteucci 1/5
30
122
Remigio Matteucci 2/5
30
127
Remigio Matteucci 3/5
30
132
Remigio Matteucci 4/5
30
139
Remigio Matteucci 5/5
30
145
Fernando Fulgenzi
31
150
Fernando Mattioni
39
157
Amilcare Carioli
59
169
Angelo e Pierina
39
190
Enzo Luzi e moglie
25
200
Maria Lapucci
46
208
Raffaele Bellanti
16
220
introduzione
IV
introduzione
1
Venanzio Marini
Venanzio Marini
Venanzio Marini, 20 maggio 1929 a Foligno. La mia famiglia si è trasferita in quell’anno,
nel mese di marzo, da Camerino a Foligno. Mio padre aveva l’ufficio postale di Camerino,
aveva fatto un concorso e si è trasferito a Foligno. Tutti si ricordano la neve del 29,
ancora dopo tanti anni.
Mio padre comprò una casa (a Foligno) con un bel giardino e la famiglia si trasferì il mese
di marzo.
Il mese di febbraio era famoso perché ci fu la Conciliazione tra la chiesa e lo stato: ci fu
un patto tra Mussolini e il Vaticano. Perché prima lo stato e la chiesa non si
riconoscevano a vicenda… tu sai la storia: Roma nel 1870 è stata conquistata e allora
quando le truppe italiane sono entrate in Vaticano è finito il regno temporale dei papi e i
papi non parlavano più con il re. Dicevano: “non possumus” (non possiamo) perché loro
consideravano che Roma apparteneva al papa. Prima la capitale stava a Torino, poi da
Torino a Firenze …però la capitale naturale era Roma, ma Roma non si poteva fare
perché c’era il papa che era protetto anche dai francesi. Aveva provato Garibaldi a
conquistare Roma, ci fu una battaglia anche, ma sono arrivate le truppe… Il 20 settembre
era quando sono arrivati gli italiani, ma Garibaldi ci aveva provato prima, però sono
arrivati i francesi a difendere perché Garibaldi contro il papa vinceva facile, però
Napoleone 3° (mi sembra) che era il re dei francesi, proteggeva il papa. Per questa
ragione Garibaldi non riuscì a… ci fu una battaglia a Mentana, prima di Roma, e Garibaldi
perse e finì la cosa.
Allora, l’11 febbraio del 1929 Mussolini e il Vaticano fecero un patto, la Conciliazione.
Essendo l’Italia un paese cattolico fu un avvenimento importante: era un giorno vacanza
per le scuole. Si considerava importante per la pacificazione delle persone… perché tanta
gente, ad esempio i cattolici, non riconoscevano molto lo stato, non partecipavano alla
vita politica (quelli che erano fedeli). Per la nobiltà di Roma il 20 settembre era giorno di
lutto perché per tutti quelli che erano vicini al papa era la fine di un’epoca.
Questo a Febbraio. A Marzo mio padre si è trasferito da Camerino e c’aveva 3 figli e mia
madre era in cinta di me e dopo due mesi sono nato a Foligno, il 20 maggio 1929.
Kai: e c’è una festa di quel giorno adesso?
Una festa nazionale! (ridono)
Io la faccio ogni 10 anni: l’abbiamo fatta su a Castelluccio due anni fa, ti ricordi?
Venanzio Marini
2
Le prime cose che ricordo … il terremoto a Foligno nel 1935, avevo 6 o 7 anni: buttò giù
il camino, si andò a dormire fuori. Ricordo mio padre in divisa da ufficiale, perché tutti gli
anni andava a Roma all’aeroporto di Ciampino a fare training per pilotare (era pilota)…
andava a casa dei Salvi … ed era una buona entrata perché lui era ufficiale, era capitano,
e allora lo pagavano.
Di Foligno mi ricordo diversi anni: dopo è nata Maria e Adorna.
Quando nacque Adorna è forse uno dei primi ricordi che ho, perché è nata a casa (io
avevo 3 anni) c’era la zia, c’era la mamma di Giuseppina… ho un vago ricordo della
nascita di Adorna: avevo 3 anni e mezzo perché lei è nata il 7 novembre, io il 20 maggio
di 3 anni prima.
In politica mi ricordo molto bene quando gli italiani sono andati in Abissinia, la presa nel
1935, il nuovo impero con Mussolini che entrò…
Mi ricordo la guerra di Spagna. Mi ricordo ancora di giornali: “Barcellona occupata!”
Perché c’era la guerra civile in Spagna e Mussolini era con Franco, molti invece erano
dall’altra parte: francesi, inglesi, volontari, anche americani. Morirono anche parecchi
italiani: a Camerino il fratello di Gabriella è morto in Spagna. Erano quasi volontari
quando andavano a combattere dalla parte di Franco: da un punto di vista militare non fu
un bella battaglia per gli italiani, non fu un grande onore.
Poi ricordo molto bene quando ci siamo trasferiti da Foligno a Ferrara quando avevo 7-8
anni.
Poi a Ferrara siamo stati 5 anni, dal 37 al 42.
Nel 41 mio padre fu chiamato di nuovo militare per la guerra e allora la famiglia si
trasferì a Camerino per studiare. Andavamo a Pievetorina e a Camerino.
Quando scoppiò la guerra nel 41 mio padre e Peppino vennero richiamati. Peppino
doveva partire per la Russia, poi sapeva che mio padre era andato in Libia e allora chiese
di andare in Libia anche lui e si sono visti diverse volte.
Quando siamo stati in Libia noi, Peppino ci è venuto a trovare e ci ha fatto vedere
l’aeroporto che comandava babbo che stava vicino alla Tunisia. Ci siamo stati insieme
con mamma; Albina pure se lo ricorda.
Io sono stato in Libia 4-5 anni e sono venuti a trovarmi tutti i fratelli e anche mia madre;
Maria no, solo i fratelli: Giovanni è venuto ad accompagnare mamma e poi a riprenderla
è venuto Peppino con Albina. Era la prima volta che Albina volava con l’aeroplano, credo,
(prima non voleva volare). Allora andammo a visitare i posti… perché 4 o 5 volte si sono
incontrati… perché mio padre fino al 1929 era pilota, dopo, siccome aveva un polipo al
naso, passò ai servizi: c’era scritto AARS Arma Aeronautica Ruolo Servizi, prima invece
era ruolo Naviganti.
Tutte ste robe però mi sembrano che siano un pò eccessive… tutti sti dettagli… questi
riguardano più la famiglia che l’ambiente…
Kai: quali sono i tuoi primi ricordi di Mussolini?
Eravamo balilla: il sabato si andava vestiti da Balilla, anche a Ferrara.
Mi ricordo per esempio quando è scoppiata la guerra c’era la raccolta del rame perché
l’Italia c’aveva poco rame e allora tutte le famiglie che avevano oggetti di rame dovevano
regalarli e mi ricordo quando ci fu la guerra con l’Abissinia, con l’Etiopia, le nazioni unite
di allora, allora non si chiamava l’ONU, fecero le sanzioni contro l’Italia, ma erano più
sanzioni all’acqua di rose (nessuno dove commerciare con l’Italia). Allora per rispondere
a queste sanzioni, Mussolini (questo me lo ricordo molto bene) tutte le donne italiane
davano la fede, l’oro che c’era a casa, e ti davano un anello di acciaio. Era una cosa
volontaria, ma se tu portavi un anello d’oro la gente ti guardava come un po’ disfattista.
Questo me lo ricordo molto bene, risale credo al 1935. Poi nel 41 la raccolta del rame
(tutti portavano gli oggetti di rame) che doveva servire per fare le bombe e queste cose
qui…
L’unico a casa che non è stato mai fascista, anche da giovane, era Peppino.
Peppino leggeva, cercava di leggere giornali per avere informazioni: leggere i libri
contrari non era facile. Per leggere il Manifesto di Marx per esempio (tu non potevi
comprarlo), ma c’era un cugino che aveva un’enciclopedia di economia politica per cui tra
20 volumi c’era anche quello… per cui c’era poca diffusione, l’informazione era molto
limitata, però Peppino anche quando aveva 18-20 anni era sempre un po’ contrario
Venanzio Marini
3
all’idea di Mussolini.
Dopo la guerra la ricordo giorno per giorno.
Quando scoppiò la guerra stavamo a Pieve Torina, c’era mio padre, era il settembre del
39. Perché nel 39 scoppiò la guerra fra la Germania e l’Inghilterra; l’Italia entrò un anno
dopo. Siccome in principio la guerra andava molto bene, Mussolini aveva fretta (andò
anche in Francia con la speranza di prendere un pezzo di…). Io mi ricordo per le strade si
facevano le manifestazioni: Nizza e Savoia. Volevamo che Nizza ritornasse all’Italia… la
Tunisia, la Corsica. Dopo la guerra invece i francesi si sono presi una cittadina italiana
che si chiama Mentone, noi volevamo andare avanti e siamo andati avanti, ma pochi
giorni prima che la Francia cadesse. La guerra tra Francia e Germani era già decisa:
Mussolini arrivò giusto per poter prendere qualche cosa.
Le manifestazioni si facevano a scuola (favorevoli alla guerra): “noi dobbiamo combattere
contro la perfida Albione! (Albione sarebbe l’Inghilterra) che mangiano cinque volte al
giorno!” Questa era una propaganda del fascismo… ma si capisce perché allora mangiare
cinque volte al giorno era un privilegio di pochi… era contro la plutocrazia, contro la
ricchezza, era presentata così. E c’era anche una parte di verità, diciamo pure, perché di
fronte all’Inghilterra e all’America e anche di fronte alla Francia l’Italia (specie l’Italia
Meridionale, la Sardegna) stava… L’Italia del Nord era molto più avanzata, ma l’Italia
meridionale … anche le stesse Marche dove vivevamo noi… Tu devi pensare che Pieve
Torina aveva tremila abitanti nella prima guerra mondiale (più del doppio di adesso) e
non c’era nessun industria, nessuna attività, erano quasi tutti in agricoltura… Per esempio
la terra che avevamo noi a Villanova era considerata di prima qualità perché molti
l’avevano verso la montagna.
Racconta Raffaele Bellanti che sopra a Roti c’era un campo che lo chiamavano tri tri tri,
perché mettevi un quintale di grano e ne raccoglievi tre quintali: per dire quanto rendeva
poco. Adesso se metti un quintale di grano ne raccogli 60 quintali.
Non era questa la regola per Pieve Torina perché il raccolto era basso, ma non così
basso: ma avevano messo a coltura anche dei terreni pieni di sassi, in discesa, per cui tu
pensa quanto lavoro … mettevi un quintale per raccoglierne tre quintali.
Nell’ambiente dove il 90 per cento viveva nell’ agricoltura, noi eravamo una famiglia
relativamente ricca perché nonna veniva da un’impiego delle poste, aveva uno stipendio
…
Poi allora c’era la differenza che nonno, il mio omonimo, era proprietario terriero: uno era
proprietario della terra, gli altri erano mezzadri, c’era la mezzadria; e difficilmente un
mezzadrio si sposava un proprietario della terra, erano due categorie…
C’erano i mezzadri, i coltivatori diretti che lavoravano la terra ed erano proprietari, poi
c’erano i proprietari come mia madre; poi c’erano i professionisti: il farmacista, il medico,
il prete e alcuni artigiani, il falegname, il fabbro che era molto importante allora più di
adesso perché le vacche che servivano per lavorare la terra… i trattori non esistevano (il
primo trattore è venuto dopo la guerra) allora alle vacche (come anche al cavallo)
bisognava fargli le scarpe sotto, dei pezzi di ferro per andare a lavorare, e allora il fabbro
aveva una grande attività. In qualche posto ancora si vede: la vacca veniva fissata su un
pezzo di legno e poi dopo tagliavano l’unghia e ci mettevano… come fanno anche adesso
per il cavallo…
Adesso se tu mi domandi qualche cosa perché sennò…
Kay: c’era la guerra?
La guerra me la ricordo quando scoppiò, (come ti ho detto) stavamo a Pieve Torina e
vedevo babbo… a settembre.
Poi l’altra invece quando entrò l’Italia il 10 giugno: stavamo con Mario e Santa Brusciotti
a Vari e allora mia zia (la sorella di mio padre) c’aveva la radio. Era una cosa grossa
averci la radio e tutto il paese veniva a sentire, era l’unica radio del paese.
Questo nel 40. Nel 38 c’erano i campionati mondiali di calcio (che sai che in Italia è molto
importante) e noi stavamo a Ferrara e nel nostro vicinato c’era una certa fruttivendola
che si chiamava Malvina che c’aveva la radio e mio padre mi mandò a casa di questa
fruttivendola per sapere (perché quell’anno l’Italia vinse il campionato mondiale)… c’era
l’ultima partita (non mi ricordo se era con la Francia o con la …) e allora lui mi disse “vai
a sentire”… Questo nel 38, quando in America… tu pensa che la televisione… nel 55
Venanzio Marini
4
quando io venni negli Stati Uniti la televisione già avevano tanti programmi; in Italia
furono i primi. Io mandai i soldi a casa per comprare la televisione (in parte per lo meno)
e ce n’erano due a Pieve Torina allora nel 55-56 e tutti quanti venivano o a casa nostra o
a casa di Mosca perché…
Anzi mi ricordo nelle lettere che scrivevo: “pensate che qui l’uomo che viene a fare le
pulizie c’ha una televisione! E ne vuole comprare un’altra perché quando lui vede un
programma i figli ne vogliono vedere un altro…!” Era una favola… perché in America un
operaio… noi eravamo una delle famiglie più benestanti e c’avevamo questa televisione…
Kai: com’era l’Italia dopo la resa?
Questo lo ricordo bene. Mi ricordo tanti fatti importanti della guerra.
Mi ricordo quando affondarono una nave (non mi ricordo come si chiamava) la prima
nave tedesca che io già seguivo … C’era una nave tedesca che era seguita dagli inglesi…
Kai: la Bismark
Si la Bismark, che stava in Sud America… Mi ricordo molto la guerra tra Finlandia e
Russia…
Kai: anch’io mi ricordo quello…
Mi ricordo che i finlandesi erano degli eroi… mi sembra che era il generale Mannaimen
(un nome pressappoco così, era il capo dello stato finlandese) che lottavano vicino al lago
(la Doga, lassù verso Pietroburgo).
Mi ricordo poi quando i tedeschi sono arrivati in Austria (in Austria poco ma in
Cecoslovacchia...). Quando hanno occupato la Cecoslovacchia prima della guerra…
Mi ricordo il discorso di Mussolini, mi ricordo le sconfitte italiane… in Grecia…
Mi ricordo una frase particolare del discorso di Mussolini perché ci fu un momento in cui
gli italiani si erano ritirati: “noi spezzeremo le reni alla Grecia!” e tutti a battere le mani!
(ridono).
Che ci aveva fatto la Grecia? C’era questa guerra pechè due anni prima avevamo
occupato l’Albania… allora i greci erano aiutati dagli inglesi e avanzavano… Però la gente
si rendeva conto che noi non eravamo preparati… I soldati c’avevano delle fasce per
coprirsi qua (le calzature…) invece di averlo come l’abbiamo adesso noi, c’era un pezzo di
stoffa che tu lo mettevi attorno (che costava meno, era più economico). Ma c’avevano
anche…
Dopo man a mano che è scoppiata la guerra… ci fu un momento quando gli italiani
arrivarono ad El Alamein, ci fu un momento che sembrava che… noi c’abbiamo un libro,
se vuoi te lo faccio leggere, dove parla di Curzio Malaparte.
Curzio Malaparte è uno scrittore italiano molto famoso (c’ha una villa giù a Capri, ci
siamo stati insieme… quella villa che si vedeva…) questa villa di Malaparte lui l’ha lasciata
ai cinesi pechè in ultimo era molto amico con i cinesi. Lui ha cominciato a fare il
giornalista in guerra che aveva 16-17 anni: prima è stato favorevole a Mussolini, poi è
stato un po’ contrario. Questa villa adesso è stata lasciata all’associazione per l’amicizia
tra Italia e Cina e questo libro parla di mio zio Mazzolini (Serafino Mazzolini per la biografia clicca
qui) che stava a Derna con Mussolini, una cittadina ai confini con l’Egitto, e si preparavano
(non ad attaccare perché loro non erano coi soldati) per entrare al Cairo con i cavalli
bianchi. Questo Mazzolini era stato ambasciatore in Egitto e doveva diventare
governatore: erano così sicuri che … ne parla in un libro che si chiama “Kaputt”… per dire
che c’era un momento che sembrava sicuro che … poi invece da allora ha cominciato a
fare marcia indietro fino a quando… mi ricordo quando ci fu, mi sembra il 13 marzo (non
lo so) quando l’Italia lasciò tutta l’Africa del Nord, la Tunisia, e andarono… Mio padre
andò prigioniero con i francesi e Peppino con gli inglesi. Peppino lo portarono in Egitto,
mio padre in Algeria dove hanno avuto un trattamento pessimo. Gli inglesi fecero un
trattamento normale da prigionieri di guerra, invece i francesi non rispettavano molto
quelle che sono le convenzioni…
Mi ricordo dopo l’8 settembre (già c’avevo 14 anni) babbo era prigioniero con i francesi,
Peppino con gli inglesi, Gabriele si era nascosto. Gabriele e Mario dovevano andare a fare
il militare: loro aveva rifiutato di fare il militare e si andarono a nascondere su a
Montecavallo: quando vai sulla strada dal paese per andare a Collattoni, a metà strada,
sulla sinistra, c’è una casa e in quella casa si rifugiarono loro due insieme ad un amico
Venanzio Marini
5
loro (mi pare si chiamasse Marcello; Nicola stava da un’altra parte). Allora, siccome io
avevo 14 anni, andavo in giro, gli portavo le notizie…
Mi ricordo benissimo, mi dicevano (perché io non c’ero mai stato): “tu troverai un ponte…
e in questo ponte ci avevano fatto una freccia… e allora noi stiamo lì vicino… questo il
mese di ottobre-novembre… però stavano sulla strada e potevano arrivare i tedeschi.
Quella era la loro base, però la mattina uscivano e avevano fatto sulla montagna in un
posto dove ci fa il nido l’aquila, avevano messo una tenda nascosta in mezzo alle piante.
Se c’erano i tedeschi o i fascisti mettevano un lenzuolo bianco e allora si capiva che non
potevano tornare a casa.
Questo risale subito dopo l’8 settembre perché davano dei premi a chi faceva la spia per
catturare questi qui… perché dovevano presentarsi per il militare, chi non si presentava
rischiava la pena di morte.
Io ero abbastanza… anche se c’era un compagno di scuola che c’aveva due anni più di me
che anche se era giovane, era Innocenzi (erano due fratelli li presero e li portarono in
Germania…) perciò io stavo un po’ ai limiti perché questo compagno di scuola che c’aveva
appena due anni più di me, era del 27, te lo ricordi Innocenzi? Tempo fa ci ha invitato qui
a mangiare fuori…
E’ un’ora che parlo ancora siamo arrivati ancora a 13-14 anni…
Ti ho detto, a Pieve Torina erano quasi tutti contadini, era un livello piuttosto povero, non
c’erano… le strade non erano asfaltate per esempio, le automobili ce n’erano due o tre:
c’era il medico che c’aveva l’automobile, il veterinario… Tu pensa che quando il
veterinario andava in giro con la moglie e arrivava alla Maddalena, alla curva faceva
scendere la moglie per vedere se sulla strada c’era qualcuno!
Maria: è peggio di te Kai! (ridono)
Lui veniva da Pieve Bovigliana, passava alla Maddalena e la moglie scendeva… questo ti
da un’idea…
Noi avevamo questo zio Marchetti di Lucciano che era geometra (zio Checco) e questo ti
può dare l’idea di cos’era la proprietà terriera perché allora si faceva guerra per una
pianta. Molte cause andavano dagli avvocati per dire: “questa quercia appartiene a me!”
perché delle volte stava a metà fra il confine… c’era un attaccamento enorme alla
proprietà terriera e quando questo qui … i Marchetti erano una delle famiglie più ricche…
erano quattro fratelli.
Questo episodio c’è da riportarlo a futura memoria: erano tre ragazzi e una ragazza che
era coetanea di mamma, si chiamava Anna (Annetta e morì giovane a 26 anni durante la
guerra…) la mamma per consolare i figli, i fratelli che piangevano disse: rallegratevi
perché avete da pagare una dote di meno! Perché la proprietà rimaneva ai maschi; alle
femmine gli si dava una somma, la dote, il corredo…
Maria: la madre disse: “vi ha risparmiato tanti soldi!”.
Questo per dire… era una donna conosciuta, si chiamava Santina… allora di questi tre
fratelli uno studiava ingegneria a Torino (è morto perché ci fu una fuga di gas in albergo)
poi uno era geometra e uno era medico (noi lo chiamavamo lo zio medico). Un giorno
questi due si incontrarono e dissero: “ci dobbiamo decidere: o sposi tu o sposo io!”,
perché non si poteva concepire che tutti e due si sposavano perché dopo avrebbero
diviso la proprietà! Perciò doveva sposare uno solo e quello che non si sposava doveva
lasciare.
Maria: doveva giurare di lasciare tutto all’altro!
E così hanno fatto: uno non si è sposato, l’altro si è sposato e ha ereditato tutta quanta
la terra perché era la terra quello che ti dava prestigio, ricchezza e tutto quanto…
Prima c’era la mezzadria, che poi è migliorata un po’ perché nella mezzadria le piante
erano del padrone, raccoglieva il padrone l’uva, ecc…, poi dopo si è fatto tutto alla metà e
dopo la guerra ci fu un po’ di ribellione da parte dei contadini e De Gasperi fece una
legge, lo chiamavano il Lodo De Gasperi che i contadini prendevano un po’ più della
metà. Non proprio 60 e 40, ma ci fu un fatto grosso e poi dopo la mezzadria è morta di
morte naturale perché tutti i contadini andavano via … apposta a Pieve Torina da 3000 si
è ridotta perché… lo sbocco di Pieve Torina era Roma. A Roma molti facevano attività
come fornai, come portinai (ogni palazzo c’aveva una specie di custode, nei palazzi ricchi
ancora c’è…).
Venanzio Marini
6
Così a Pieve Torina la gente diminuiva; si ritrovava d’estate che era un turismo di ritorno:
erano i pievetorinesi che stavano fuori e ritornavano…
La piccola prima industria (che poi è stata una disgrazia per Pieve Torina) è stata quella
dei maiali…
Maria: tanto che babbo ebbe un attacco al cuore! (da come me lo disse Mario nostro) …
si era messo d’accordo con Fidelia e Giovanni Salvi di non vendere ad Angiolini, così non
si sarebbe fatta: il giorno dopo scoprì che Giovanni e Fidelia si erano riuniti e
vendettero…
Ma non era proprio così… ad ogni modo se non trovavano la terra lì la trovavano… per
fare uno stabilimento non è che ci volesse.
Maria: per tanti anni Mario non parlò ai Salvi a Giovanni…
Questo non lo so, perché io nel 55 lasciai…stavo in America…
Quando ritornò babbo dalla prigionia io, insieme a Peppino, seguii babbo a Cagliari;
l’università l’ho cominciata a Cagliari. Il primo anno praticamente lo feci a Cagliari.
Andavo avanti e indietro, ancora mi ricordo tutte le stazioni: ma poi le abbiamo viste
insieme no? Siamo stati a Iglesias…
Poi siamo andati a Milano e appena laureato cercavo per andare all’estero: scrissi 70
lettere…
Poco dopo laureato cercai di andare in Africa fondamentalmente; io ho fatto la tesi in
psichiatria: o pensavo di fare lo psichiatra in Italia, o il medico generico …
Kai: qual’è il nome della tesi?
Sulle terapie da shock: c’è l’elettroshock che è un’invenzione italiana, lo sai com’è nato
l’elettroshock? Il direttore del manicomio di Roma un giorno andò ai macelli, dove
uccidevano i maiali, e vedeva che sparavano un colpo al maiale con una scarica elettrica
per fargli perdere la coscienza e poi dopo con questo maiale lo aprivano e… Lui si era
accorto che se per caso ritardavano a levargli il sangue, ad aprirlo, a lavorarlo, il maiale
ritornava vivo: era una morte apparente, andava in coma. Allora gli venne in mente,
siccome per la schizofrenia non c’era nessuna cura, dice: “chissà che cosa succede se
facciamo la stessa cosa alle persone…
Allora trovarono uno che non c’aveva famiglia a Roma, alla stazione che aveva problemi
mentali e fecero la prima. Sai in cosa consiste l’elettroshock? E’ una scarica elettrica che
ti fanno che tu c’hai come un attacco epilettico, era uno spettacolo brutto. Quando io l’ho
fatta su al manicomio di Milano che è una piccola città, circa 2000 persone c’erano, allora
tu vedevi queste corsie con 30-40 letti e passava questo medico a fare l’elettroshock e
tutti gli altri vedevano. Era considerata un pò come una punizione: “se fai il cattivo te lo
faccio anche a te”! Adesso la fanno in una stanza, con più garbo, danno dei rilassanti:
ancora si fa, anche se in certi paesi (non so se anche in America) ci vuole per lo meno
l’opinione di due medici. Le fanno molto poco… nei casi di depressioni persistenti, quando
c’è tendenza al suicidio… è una cosa rara però non è stato abolito completamente.
Allora io feci la tesi sulle terapie da shock, perché oltre a questa terapia fatta con
l’elettricità, c’erano altre tre terapie che si facevano con le medicine, una era con
l’insulina. Se tu ti fai l’insulina e c’hai la glicemia alta, torna normale… ma se tu fai
l’insulina ad uno che è già normale, l’abbassi, c’hai l’ipoglicemia e allora vai in coma, sudi
molto e quella è ancora più pericolosa dell’elettroshock: c’era una certa mortalità, non
molto alta, ma c’era. E allora tu vedevi che questi qui dal sudore bagnavano
completamente il letto, dovevano essere cambiati. Poi c’era una medicina che si dava per
il cuore che si chiamava Cardiazol che si faceva endovena ad un certo dosaggio e tu
avevi lo stesso effetto. Poi gli italiani ne avevano inventata ancora un’altra con un altro
medicinale, ma l’effetto era lo stesso per cui la tesi era sulle terapie da shock.
Maria: (a Kai) quando cercarono di controllare il tuo apparecchio defibrillatore per vedere
se funzionava ti fecero una specie di shock, no? Lui sobbalzò di mezzo metro… per
vedere se funzionava…
Si però quello era al cuore, questo era al cervello, perdevi la coscienza: tu sei rimasto
cosciente?
Kai: no, perché mi hanno dato un dosaggio fatale.
Venanzio Marini
7
No fatale, quasi fatale perché se fatale allora non stavi qui: fatale vuol dire che è
mortale, che muori.
Kai: si muori. Muori e poi ti mettono questo…
Maria: allora lui muore e poi l’apparecchio lo fa resuscitare.. quindi lui morì!
B’è, morì, nel senso che il cuore per un momento non aveva…
Kai: non era abbastanza per…
Per andare in paradiso! (ridono)
Kai: ma si sentiva come funzionava questo fibrillatore dopo perché quello funzionava, e
tu avevi un altro shock per cominciare il cuore….
Maria: oh, Jacopo che piacere vederti!
Kai: Ciao Jacopo!
Venanzio Marini
8
Adorna e Maria Marini 1/3
Adorna Marini
Adorna: io sono Adorna Marini, sono nata a Foligno il 7 novembre del 1932.
I ricordi che ho di Foligno sono pochissimi. Il primo che ricordo (e lo ricordo con un po’ di
paura) è il terremoto: ricordo che babbo, mamma e i fratelli dal terrazzo buttavano i
materassi perché andammo a dormire nell’orto. E questo mi rimase molto impresso con
paura.
Kai: quanti anni avevi?
Adorna: il terremoto non ricordo che anno era… forse 3 anni.
Poi di Foligno ho un altro ricordo: che veniva la nostra cugina Elisa Lucarelli. Era ospite di
mamma perché era venuta ad imparare a fare la sarta. Era venuta a scuola di taglio.
Kai: chi era?
Adorna: Elisa Lucarelli, la sorella di Gianbattista, di Giannina, di Adele. E mi ricordo che
eravamo a sedere vicino al focolare e lei mi faceva i boccoli nei capelli con strisce di
carta: prendeva la carta, faceva tutte strisce e mi faceva questi boccoli.
Poi mi ricordo di Foligno un’altra cosa: che avevamo un orto che per me era grandissimo,
che c’erano due filari di frutta (che erano pere, non mi ricordo se che frutta era), poi
ricordo la casa di Belluccini (lui faceva il ferroviere) che aveva dei figli che suppergiù
avevano la nostra età (di Gabriele, di Mario, di Venanzo e forse anche di Maria e la mia).
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Perché anche loro erano 3 maschi e 3 femmine (me sembra, Maria forse ricorda meglio).
Ricordo questa casa che era sopra la nostra, più su, e andavamo a giocare lì.
Mi ricordo della signora… lui si chiamava Belluccini Eugenio e lei… non mi viene in mente!
(Maria se lo ricorda). E mi ricordo però che la casa loro era… da noi c’erano più piante…
questa casa era un 30-40 metri più su, grande… dalla finestra parlavamo… la signora,
come si chiamava la Belluccini Maria?
Maria: Sora Dina.
Adorna: Sora Dina! Volevo dirlo la signora Dina, però mi sembrava che non mi suonava,
e Sor Eugenio: ho ricordo di loro. Poi ho ricordo nella strada di sotto ho ricordi di Foligno,
non molti, e poi ricordo di Foligno che noi partimmo col treno a Foligno e ci venne a
salutare Paglialunga (però io ero un po’ più grandina) perché andavamo a Ferrara e
salimmo sul treno (e lì proprio rimasi male e questo ricordo che Venanzo me lo ricorda
sempre): io salii sul treno e mi feci la pipì addosso! Te lo ricordi?
Maria: no questo non me lo ricordo.
Adorna: questo me lo ricordo perché io diventai rossa rossa e ci accompagnò al treno con
il ca…
Maria: con la macchina zio Checco.
Adorna: no! A Foligno vene Paglialunga te lo ricordi?
Maria: si Paglialunga me lo ricordo.
Adorna: e non mi ricordo con chi andammo là… ci venne a salutare lì al treno e io mi
ricordo proprio che ero salita (sul treno c’è quel pezzetto) e mi feci la pipì. Che Venanzo
me lo ricorda sempr … o Venanzo o Mario non me ricordo.
Maria: perché non osavamo dire “devo andare in bagno”
Adorna: no, perché feci brutta figura!
Maria: ma anche perchè te la facesti addosso perché fino ad allora non potevamo dire
“devo andare al bagno”
Adorna: no, me la feci addosso, Maria. Me l’ha fatta addosso! Se perché non lo so
(ridono): non c’è scusante!
Maria: si c’è, c’è: non osavamo dire niente Adorna mia. Io non osavo nemmeno dire ciò
sete!
Adorna: ecco io di Foligno per esempio non mi ricordo né di Peppino, né di Gabriele, né di
Mario, per me non
Maria: ricordo di babbo che aveva lasciato l’ombrello e il cappello nella sala d’aspetto
Adorna: sul treno, sì, anch’io!
Maria: allora eravamo già sul treno belli e tranquilli… vedo babbo di corsa “oh il cappello
e l’ombrello!” saltare i binari (perché invece bisognava andar sotto), invece vedo queste
gambe lunghe di babbo saltare i binari … per… noi che guardavamo
Adorna: e noi sul treno ad aspettarlo!
Maria: e ritornò col cappello e l’ombrello.
Adorna: si, questo me lo ricordo anch’io. Però sennò di Foligno non ricordo neanche… che
siamo andati dalle suore, no? Io no!
Maria: io si, all’asilo con Venanzo: le suore erano proprio cattive Adorna! Qualsiasi cosa si
rompeva era colpa o mia o di Venanzo. Forse perché tutte le altre bambine erano molto
ricche: le madri venivano, dicevano alle suore quello che volevano per la figlia loro,
mentre mamma, sai, sempre molto modesta, ma ci incolpavano sempre di tutto. E io mi
sentivo proprio un complesso, ma capii che c’era giustizia in questo mondo quando
andammo… l’ultimo giorno di scuola mamma andò a ritirare i vari quaderni di disegno e
siccome i miei, mi ricordo, erano tutti molto brutti perché non li sapevo fare e loro non
mi aiutavano… però quel giorno non riuscivano a trovare il mio quaderno, allora me
dettero uno di un’altra (di un’altra ragazza che forse ne aveva due, non lo so), ma
insomma erano tanto belli che dissi: vedi, il Signore ha fatto giustizia; il mio era brutto e
adesso c’ho quello della più brava della classe! E mi ricordo questo come fosse adesso
perché era una grande ingiustizia.
Adorna: del terremoto ti ricordi tu?
Maria: mi ricordo, ma tu pure.
Adorna: mi ricordo solo che dal terrazzo (te lo ricordi?) buttavano giù i materassi, le
lenzuola, per andare a dormire in cima a questo orto che a me sembrava immenso che
poi invece ho rivisto è piccolissimo.
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Maria: però nell’ultimo angolo c’era la casina dei polli: lì, dietro lì, misero su la tenda
dopo questo terremoto che babbo diceva che gli era caduta la bicicletta che aveva
appoggiato contro il muro era caduta fuori e io stavo male, stavo a letto nella camera di
sopra e stavo lì tutta tranquilla e contenta perché vedevo questi calcinacci che cadevano,
Adorna, e facevano un disegno sulla coperta rossa nel letto e tranquilla mi stavo a vedere
i disegni…
Adorna: era la coperta quella rossa di seta che mamma poi ce l’ha messa negli stracci.
Maria: comunque, poi vedo mamma che precipitosamente arriva e dice “figlia mia vieni,
vieni, vieni”. Mi prese su con tutta la coperta e mi ricordo come fosse adesso andò giù
per le scale così in fretta che quasi cadeva e si teneva alla ringhiera e mi portò fuori.
Kai: e tu?
Adorna: io no, questo non lo ricordo. Ricordo che mamma… (io stavo in fondo alle scale)
andò a prendere Maria e ricordo queste scale che facevano così… poi andammo fuori che
buttavano questi materassi per dormire la notte.
Kai: era pomeriggio?
Adorna: non mi ricordo neanche che anno era…
Maria: c’era il sole… durante il giorno, era metà giorno.
Adorna: era inverno, estate, che era?
Maria: era estate o mezza stagione perché stavamo fuori a dormire tranquilli per più di
una notte.
Adorna: si che poi mamma aveva tanta paura, mamma aveva tanta paura. Poi di Elisa
Lucarelli ti ricordi niente tu?
Maria: che veniva ad imparare il taglio e dopo faceva la sarta per mamma, faceva
qualche cosa per mamma e per noi ci fece quei due vestitini con le rondini in fondo,
bellissimi.
Adorna: molto belli. C’abbiamo le fotografie (mi sembra?), ce l’avevamo. Poi io di Foligno
i ricordi di Peppino, Gabriele e Mario non ne ho.
Maria: io ne ho nel senso che facevano arrabbià mamma, mamma si spazientiva delle
volte e diceva: “via, fuori! Andate fuori”. E mi ricordo che ero gelosa perché loro delle
volte andavano a giocare dai loro amici maschietti e non mi ci volevano a me.
Adorna: ah, ecco, mi ricordo questo: che ci tiravano i sassi! Ecco, mi ricordo che erano su
da Belluccini, su in cima alla strada; noi (ecco, vedi, adesso mi ricordo) non ci volevano
far entrare, ci tiravano i sassi!
Kai: mamma, che fratelli!
Adorna: a me sembravano grossi, no Kai? Però mi ricordo che una volta ci fu questo
lancio ...
Maria: perché non volevano che li seguissimo
Adorna: poi mi ricordo una volta che la Belluccini mise un figlio in castigo, non so chi era,
e l’aveva chiuso dentro una stanza e lui comunicava con noi dalla finestra. Mi ricordo che
diceva “non posso uscire, mi hanno…
Maria: Fernando?
Adorna: non mi ricordo. Era un figlio. Perché era molto severa questa Belluccini, credo
che picchiava… anche lei aveva 3 maschi e 3 femmine, no? Era Rosella, Mariola e
quell’altra com’è che si chiamava? Va bene. Poi c’era Nando, Angelo e quello che è
morto…
Maria: quello era Nando, Nando morì.
Adorna: Nando morì, poi c’è Angelo che vive ancora, poi c’è quell’altro che è più giovane
che tante volte veniva a Pieve Torina, com’è che si chiamava?
Maria: si durante la guerra…
Adorna: quello che veniva durante la guerra, ecco, l’unico…
Kai: allora, andando a Ferrara?
Maria: prima di lasciare Foligno voglio dire che mi ispirò. Nando era un po’ artistico: ci
fece vedere il presepio un Natale, ti ricordi? Che l’aveva fatto in cantina e lui l’aveva fatto
con delle carte blu il cielo, poi aveva ritagliato tutte le stelle e poi aveva fatto piccole
montagne con pezzi di legno ricoperti di muschio e poi queste figurine che andavano
verso la chiesa… 3 o 4 edifici che l’aveva fatti col sughero delle botti: ritagliava il
sughero, col rosso faceva le finestrine, la porta, ma mi ispirò talmente tanto, Adorna, che
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io credo che da lì cominciò il mio amore per l’arte, cioè per fare quello facile no?
Disegnare…
Kai: chi ha fatto quello?
Maria: Nando, questo che poi è morto perché c’aveva la tubercolosi, mi sembra.
Adorna: sì, era malato di tubercolosi e per curarla non è come adesso, Kai, che ti danno i
soldi, ti aiutano: vendettero la casa per curare il figlio! Che poi morì. Hanno venduto la
casa, quella sopra a noi.
Kai: mamma mia.
Adorna: eh, e poi andarono proprio ad abitare in una casetta di … glie la dettero i
ferrovieri, siccome lui era un ferroviere, ti ricordi? Adesso non succede perché ti
aiutano... lui vendette la casa!
Maria: quindi tutti questi esempi, Kai, di generosità, è quello che ci hanno formato a noi
ad essere generosi come … anche come genitori, no? Io corro sempre: se un figlio c’ha
bisogno io sò pronta…
Adorna: si, ma anche mamma, babbo, anche i Salvi l’aiutarono questi Belluccini perché
andò a Roma a curarsi Nando e zia Nicolina ospitava, i genitori aiutava… capito?
Maria: si, ma quello come minimo, come minimo, ma tutti gli esempi che ci faceva
mamma: “pensa” diceva “guarda, guardate, vedete come sono bravi”. ...Allora dopo da lì
andammo a Ferrara e io mi ricordo il trasloco perché mi ricordo avevo paura che mi
lasciassero lì!
Adorna: è forse il trasloco dove io sul treno, quando ho fatto la…
Maria: eh, sì, forse.
Adorna: eh sì, perché c’erano tutti a salutare … i Paglialunga, i Belluccini…erano tutti lì al
treno che ci salutavano: era il trasloco per Ferrara.
Maria: ed io avevo tanta paura che mi lasciassero lì e allora stavo sempre vicino ad un
comò, un cassetto lì … lo tenevo proprio per mano per paura che mi lasciassero lì.
Adorna: poi Foligno…
Maria: la vita di Foligno niente, solo quella in famiglia, di questi figli, di questi fratelli che
erano, che appunto… però ci volevano bene perché giocavamo insieme: per questo io ero
offesa quando loro uscivano e non ci volevano più perché andavano a giocare con gli
amici. Allora ero un po’ offesa, un po’ gelosa.
Adorna: io non me lo ricordo.
Kai: tu ricordi quel tempo quando Venanzo ti teneva…
Adorna: coglievi le mele; le pere.
Maria: quello me lo ricordo come una storia che diceva sempre mamma: che un giorno
andarono… mamma aprì la porta dell’orto… oppure era andata a far la spesa
Adorna: era andata a far la spesa e aveva lasciato Venanzo come guardiano mio e tuo.
Maria: e quando tornò trovò che io col grembiule tenevo il grembiole così, la gonna forse
così e Venanzo raccoglieva le pere e metteva le pere sul grembiule.
Adorna: ma le pere non erano mature però!
Maria: non erano mature, no, non era ora.
Adorna: lo trovò che stava cogliendo tutta la frutta. Ecco vedi io non esisto in queste
storie!
Maria: Venanzo ed io perché eravamo più vicini.
Adorna: non me le ricordo proprio: io proprio Peppino, Mario… Gabriele… proprio niente!
Non lo so perché. Dopo magari…
Kai: forse eri troppo giovane.
Adorna: no è un anno Kai…
Maria: ma un anno vuol dire tanto.
Adorna: no, ma il fatto è che quando lei dice qualcosa, allora mi viene in mente!
Kai: certo
Adorna: per esempio io non ricordo niente di quando mi hanno lasciato qui che sono
andata a Vari.
Maria: per un anno intero!
Adorna: sì, non ricordo il giorno se ho pianto, se… non mi ricordo niente… perché invece
raccontavano, mamma raccontava che una volta Maria era piccola e zia Blandina se la
portò a Vari.
Maria: ma c’avevo 2-3 anni, due forse nemmeno … perché non parlavo.
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Adorna: no parlavi, parlavi. Allora si andava da Pieve Torina a Vari… zia aveva un somaro
e il carretto e veniva giù zia col somaro, guidava lei. E portò via Maria e mamma diceva
“non prenderla stanotte perchè la notte è difficile” e infatti Maria quando si fece buio
volle tornare a casa. Piangeva.
Maria: e dicevo a zia Blandina: “metteme le tappette mia (perché non sapevo parlare,
no?) e portami giù da mamma”. E zia Blandina, pensa quanto psicologa, gentile, che
capiva che a quell’età era traumatico di sentirsi sola senza la madre, attaccò il carretto e
mi portò giù a casa era più di mezzanotte, le due.
Adorna: tardissimo, era notte.
Maria: le due o le tre di notte era. Quindi io questo l’ho sempre ammirata zia.
Adorna: ma io l’ho ammirata anche per altre cose. Io invece non mi ricordo quando sono
andata da zia Blandina facevo la terza per cui dovrei ricordami: io non mi ricordo né il
giorno che sono andata, non mi ricordo di niente!
Maria: perché, uno dice, cancella i ricordi brutti. Si cancellano dalla memoria.
Adorna: ma non so se sono brutti però!
Maria: e si! Star via sola per tanto tempo... vedere noi riman
Adorna: io ricordo solo di… le cose che mi sono successe a Vari, mentre ero lì. E poi mi
ricordo quando è finito l’anno e a luglio sono tornati da Ferrara loro, ci siamo incontrati in
questa casa.
Maria: venimmo qua.
Adorna: zia Blandina mi ha portato qui proprio; mentre salivamo le scale però io mi
sentivo, non una sorella, mi sentivo estranea! Estranea con mamma, estranea con tutti.
Kai: con tutti certo.
Adorna: come se io fossi una così…
Maria: e ma in quei tempi, a quell’età un anno intero…
Adorna: però non mi ricordo di essere stata dispiaciuta, niente!
Maria: dice che si cancellano no, queste cose…
Kai: si, si, si.
Adorna: e no, magari non…
Maria: non soffrivi? E no, come no.
Adorna: non lo so; non ce l’ho.
Maria: io infatti mi ricordo i discorsi che si facevano prima di decidere di lasciarti.
Adorna: ecco, vedi, io non me li ricordo.
Maria: e perché forse tu non c’eri, no? Mamma diceva con babbo: “ma sarà bene? Sarà
male? Ma dobbiamo lasciarla o poi sarà male che la lasciamo?” E poi ci fu, la forza fu che
avevamo bisogno di una razione extra di pane perché Venanzo mangiava questi panini
tutti interi solo per merenda, Kai! Quindi mamma poverina non mangiava più il pane, era
dimagrita moltissimo perché non mangiava la sua razione per lasciarla a noi e se la
mangiava tutta Venanzo perché aveva 14 anni e cresceva come un…
Adorna: io mi ricordo che quando ero a Vari, zia Laura (la sorella di babbo) andava a
Ferrara. Io ero a Vari lei andava a Ferrara a trovarli e poi scriveva a zia Blandina “manda
subito un pacco con della roba da mangiare a Ugo perché lassù stanno morendo di
fame”. Zia Laura non capiva molto perché lei la famiglia non ce l’aveva, ma io però non
capisco (lo chiesto anche a Venanzo) se perché zia Laura, sola, con l’ufficio che lei aveva
ereditato che poteva averlo zio Ivo, poteva averlo babbo…
Maria: aveva ereditato l’ufficio postale no?
Adorna: lei non ha mai aiutato babbo! Mentre zia Blandina dava tutto, Kai, zia Laura
dava tutto alla chiesa. Anche il corredo, tutta la roba che era bella, aveva lasciato scritto
di darla alla chiesa.
Maria: alle suore.
Adorna: alle suore. Perciò, volevo dire, come mai sta zia, che babbo pure voleva molto
bene…
Maria: era tanto intelligente e non capiva che era più facile per lei portare da mangiare a
noi quando ci veniva a trovare anziché zia Blandina a fare dei pacchi e il pane arrivava
tutto secco.
Adorna: ecco, zia Blandina si arrabbiava: non si arrabbiava perché doveva fare il pacco,
però si arrabbiava perché zia Laura faceva un po’ di confusioni, no Kai?
Kai: si.
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Adorna: perché io invece ricordo che babbo quando andava a trovare zia Laura a
Fontespina, quando comprò quella casa, la comprò proprio per zia Laura, per la sorella.
Perché disse "almeno tu hai una casa tua e non stai lì a …", capito?
Maria: a girovagare di qua e di là come una zingara.
Adorna: perché sennò lei, Kai, non consumava niente perché viveva con un vestito nero
d’estate e d’inverno sempre uguale e tutti i soldi che prendeva …
Maria: tutto alla chiesa, tutto alle suore.
Adorna: ne prendeva perché babbo ci manteneva una famiglia. Aveva comprato una casa
a Loreto che proprio era una stanza sopra e una sotto e sotto il gabinetto. Te la ricordi?
Maria: si, si, me la ricordo.
Kai: a Loreto?
Adorna: a Loreto zia Laura, dopo in ultimo, comprò una casa proprio vicino alla Madonna
Maria: alla basilica
Adorna: qui c’è la basilica, no Kai?, proprio a fianco scendevi … in modo che lei doveva
stare vicino alla Madonna. Invece dove pensare anche a zio Ivo per dire no?
Maria: ai nipoti.
Adorna: bhè, i nipoti lasciali fare, però anche i fratelli… E mamma diceva: “ogni volta che
viene Laura a casa ci fa mandare di traverso il pranzo!”
Maria: dice “ se cominciamo bene…” nonno Venanzo diceva “Laura mia..." alla fine
"cominciamo il pranzo sempre bene e felici e tu ce lo fai…"
[interruzione audio]
Maria: dopo però arrivammo… si però dopo arrivammo… si, avevo paura di essere
lasciata lì quindi stavo sempre vicino. Però dopo non so se… ci fu un qualcosa, qualcosa
cadde…
Adorna: quando andammo a Ferrara, Giovanni era nato?
Maria: si, si.
Adorna: no perché Giovanni è nato dopo che siamo andati via da Foligno.
Maria: Giovanni è nato a Pieve Torina.
Adorna: perché io ricordo che sul treno Giovanni era su un cuscino dove uno dorme: un
cuscino con la fodera bianca e avevano messo Giovanni su questo cuscino.
Maria: allora era piccolo piccolo.
Adorna: però Giovanni è nato nel 38, io avevo 6 anni… sì era nato. No.
Maria: era nato quell’estate.
Adorana: io a 6 anni a Foligno non c’eravamo.
Maria: no tu no. Io ne avevo 5 perché andavo all’asilo.
Adorna: io ne avevo 4.
Maria: tu 4 … 3 e mezzo
Adorna: perciò il ricordo di Giovanni è da Ferrara a Camerino. Io ricordo questo Giovanni
sul treno da Camerino a Ferrara: quando qui è nato, ad agosto
Maria: nel 38. Allora babbo era già a Camerino?
Adorna: no! Giovanni quando è nato, agosto del 38, a settembre cominciano le scuole
siamo andati a Ferrara. Giovanni è stato a Ferrara. E’ nato qui a Montalbano, noi
eravamo da zia Laura, te lo ricordi?
Maria: e come no, Adorna mia, che le suore mi fecero finire il pranzo e io vomitai tutto
perché mi forzarono, no?
Kai: non si sente niente!
Maria: dovevo finire il piatto, dovevo pulire il piatto e allora mi ricordo che io vomitai, ma
tra di noi dicevamo: “tu che preferisci una sorellina o un fratellino” e dicevamo “sarebbe
meglio una sorella, no?” senonchè sapevamo che babbo voleva un maschio dicevamo
“però, lo stesso, se è un maschio sarà lo stesso perché piace a babbo.” Te lo ricordi
questo?
Adorna: no. Mi ricordo solo che ce lo disse zia Laura “dobbiamo ritornare, dobbiamo
ritornare a Pieve Torina perché è nato… avete un fratellino”. E mi ricordo che zia Laura
prese una macchina: con che ritornammo? Prese un taxi.
Maria: un taxi? Quello non me lo ricordo.
Adorna: arrivammo a Pieve Torina, andammo a casa lì a Montalbano, Giovanni era in
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mezzo al letto dove dormite voi.
Maria: su in cima, in cima.
Adorna: io mi ricordo che rimasi sulla porta a guardalo così: era biondo biondo. E lo
guardavo però non mi accostavo.
Maria: e perché?
Adorna: non lo so, lo guardavo, lo guardavo… così… ciò questo ricordo, però non so se
sia vero.
Maria: e sì perché ci avevano tenuto così lontano, non dovevamo vedere.
Adorna: non dovevamo sapere da dove era venuto questo figlio.
Maria: aveva paura zia Laura che gli chiedessimo come era nato Giovanni.
Adorna: come era nato.
Kai: ah, questo è interessante, eh?
Adorna: si, niente!
Maria: quindi arrivammo e vedemmo questo bambino … credo che fu babbo. Babbo ci
disse: “venite qua, venite qua” e ci portò vicino al letto.
Adorna: ma c’erano anche altre persone, mi ricordo che c’erano anche parecchie
persone.
Maria: e mi ricordo, siccome piangeva Giovanni (aveva solo un giorno o due) babbo
faceva su un pezzettino di stoffa, un fazzolettino, metteva un po’ di zucchero, lo bagnava
nell’acqua e lo faceva succhiare a Giovanni. Sai quanto era bravo babbo? Perché poi io
per ogni figlio che ho avuto, Adorna,
Adorna: facevi così?
Maria: per quando lo portavo all’ospedale, urlavano come pazzi: ma il latte mio non era
ancora arrivato, l’ospedale non m’aveva dato niente oppure mi dava l’acqua, mi dicevo
“dagli l’acqua”, ma i bambini urlavano e m’ero ricordata di babbo, però non mi venne…
non lo feci.
Adorna: me lo ricordo anch’io, facevano così: mettevano così, poi facevano così e poi
facevano …
Maria: sui fazzolettini, esatto.
Kai: allora che ricordi avete di Pieve Torina a quel tempo?
Maria: casa, solo casa. Io mi ricordo solo di casa, Kai. Mi ricordo solo che casa era tanto
grande perché per me era un castello, perché tutte quelle scale per andar su, poi altre
scale e poi scura, molto scura, buia no? C’erano tante porte, perché adesso abbiamo tolto
due muri, quello della cucina e quello della sala da pranzo di là
Adorna: non c’era la luce: c’era una lampada celeste, te la ricordi?
Maria: si, di ceramica.
Adorna: ceramica, bhè vetro ceramica, quelle belle, antiche.
Maria: no, no, era proprio un bel celeste.
Adorna: era celeste, un bel celeste, si.
Kai: si metteva l’olio dentro?
Adorna: si, e andavamo con questa…
Maria: ne avevamo 2 o 3. Chi andava prima su portava una e quell’altro un’altra…
Adorna: e noi, noi dormivamo nella camera dove avete fatto il bagno: c’era una camera
che c'erano i materassi fatti di foglie di granturco.
Maria: si, ancora adesso ce l’hanno alcuni contadini, no?
Adorna: no, non ce l’ha nessuno, non credo (ridono).
Kai: non credo, ma quando io arrivai a Pieve Torina c’erano ancora.
Adorna: si, 40 anni fa c’erano si, si.
Kai: 50 anni fa.
Adorna: 50 anni fa, c’erano, c’erano.
Maria: quindi a me Pieve Torina, la casa di Pieve Torina mi piaceva per tutti queste porte,
finestre, tuguri… ma invece a Mario e Venanzo non hanno mai detto…
Adorna: ma noi avevamo sotto Teresina no? Che c’erano i mattoni che erano buchi, che
Teresina diceva che ero io che buttavo giù il grano.
Maria: infatti noi per dispetto gli buttavamo giù il grano!
Adorna: ha detto che ero io.
Maria: eri tu? Ma no tutti e tre.
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Kai: come? Non ho capito.
Adorna: allora, sai su dove c’è il camino su, sopra?
Kai: si
Maria: nel corridoio era.
Adorna: nel corridoio, proprio nella finestra per andare in quella stanza, proprio appena
tu vai su, lì i mattoni erano tutti, Kai, aperti.
Kai: ah!
Maria: c’eratra uno e l’altro … era andata via … la calce., allora si vedeva sotto.
Adorna: se tu guardavi vedevi quello che faceva sotto zia Ninetta. Allora siccome zio Ivo
aveva sempre il grano per le galline, i piccioni, allora andavamo a prendere questo grano
e poi glielo buttavamo giù (ridono) dice che ero io che glielo buttavo, Teresina.
Maria: ma forse tu si, però insieme: tu, io e chi c’era … Vanda delle volte che glielo
avevamo fatto vedere… chi era quell’altro che giocavamo insieme?
Adorna: poi a Montalbano il ricordo quello brutto è quando io mi nascosi dietro una porta
che non c’è più, quando si entrava (c’è il muro) dove c’è il camino, quando entri.
Maria: tra la porta e il camino c’era un muro.
Adorna: la porta, quando tu l’aprivi, Kai, non si apriva tutta, rimaneva angolo, perché
c’era il muro, non si apriva tutta e rimaneva così… qui è il muro, rimaneva così: io mi ero
nascosta qui.
Maria: ma nemmeno apposta…
Adorna: io o feci per fare… ma non mi ricordo se… per fare uno scherzo forse.
Maria: oppure proprio per coincidenza: si aprì la porta e tu stavi lì, qualcuno entrò e la
porta, quando si spalancava la porta così creava quest’angolo e non si vedeva che c’era
dietro e allora tu ti trovasti rinchiusa così, ti piacque forse al principio, non uscisti fuori
subito.
Adorna: però, io non uscii, però sentivo che tutti mi cercavano e mi ricordo che Teresina
e un’altra persona dice “sono arrivati fino al fiume, al ponte, sono arrivati al ponte, ma
non c’è”!
Maria: a cercare Adorna... "a Capecchiara anche!", andammo a Capecchiara…
Adorna: perciò era passato… dunque mi ricordo questo tavolo, Kai, quello lì dove
mangiate voi adesso, che era lì in quella posizione, che era apparecchiato, la tavola
bianca, ma eravamo tanti perché era pieno pieno!
Maria: e tu lo vedevi...
Adorna: no è il ricordo. Il mio ricordo è che… e c’erano gli spaghetti al pomodoro, però
non so se è vero: questo è il mio ricordo.
Kai: si, si, va bene.
Adorna: allora, io sentivo tutte queste cose, però tremavo, avevo paura di uscire perché
…
Maria: noi eravamo tutti preoccupati e aveva paura…
Adorna: allora dico “adesso se esco che succede”?
Maria: la picchiavamo, capisci?
Adorna: avevo paura delle botte: avevo paura proprio di prendere le botte!
Maria: certo perché ci aveva fatto disperare.
Adorna: e mi ricordo proprio questo che dice “sono andati perfino al ponte!” (quel ponte
che quando si va su quando tu giri, capito? Lì. “Non c’è, non c’è da nessuna parte…”
Maria: io mi ricordo a Capecchiara, perché andavamo a prendere l’acqua a Capecchiara,
ti ricordi? Babbo ci mandava con il fiasco.
Adorna: si perché babbo per…
Maria: e allora dice “sarà andata a Capecchiara”: tutti di corsa a Capecchiara e invece
non c’era; e allora più il tempo passava e più lei si impauriva.
Adorna: mi ero impaurita. Quando alla fine …
Maria: uno ha chiuso la porta
Adorna: non lo so com’è successo
Maria: perché era ora di pranzo, gli spaghetti erano a tavola
Adorna: era tutto tutto apparecchiato, gli spaghetti, tutti i piatti pieni, Kai!
Kai: si…
Adorna: quando mi trovarono … cominciai a piangere e mi ricordo che babbo mi prese in
braccio e io piangevo, piangevo. Però non lo so se è vero.
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Maria: si, vero, è vero. Io me lo ricordo perché dicevo: “ma quant’è stupida: adesso che
è stata ritrovata perché piange, no? Piangerai prima no…?” (ridono)
Adorna: mamma mia, me ricordo che io ero lì che dicevo “adesso se esco me menano,
perciò non posso uscire!”
Maria: infatti, avrei pensato anch’io così.
Adorna: e… allora ero lì, ero lì, e sentivo tutti questi.
Kai: era naturale
Maria: e sì, perché sai mamma diceva: “ma dove si sarà ficcata?” no? Gli dava…
Adorna: si ma dopo un certo momento erano tutti preoccupati…
Maria: è cerco perché fino al ponte.
Adorna: mi ricordo che Teresina era venuta qua e forse era lì a far compagnia a mamma.
Maria: e certo, a cercare anche lei…
Kai: Teresina …?
Adorna: quella che è morta, quindi potevamo chiederlo a lei… Lei, Teresina, si ricordava
di tante cose…
Poi Montalbano mi ricordo questo letto con questi materassi che quando venivamo fuori,
che dopo che zia Vincenza ha sposato era pieno di scarpe, te lo ricordi? Non te lo ricordi?
Zia Vincenza ce metteva le scarpe e le lasciava!
Maria: dentro a dove?
Adorna: sotto al letto!
Maria: sotto al letto? Ma pensa!
Adorna: non ti ricordi!
Maria: questo no. Mi ricordo che arrivammo un giorno e c’era una bella torta (ciambella)
sopra al tavolo, quel tavolo dove mangiamo, una bella ciambella, e mamma disse “ma
che pensiero gentile Vincenza mia, proprio giusto giusto siamo stanchi morti!” (perché
venivamo da Ferrara, dovevamo cambiare il treno ad Albacina, poi Camerino a
Castelraimondo a Camerino, Kai era un macello eravamo stanchi stanchi …) “No, no, no!”
Lei mise le mani davanti alla torte e disse: “No, per carità non lo toccate perché questo è
per domani per gli aiutanti”. Per la trebbiatura, for the workman…
Kai: mamma mia.
Maria: ma ne vuoi dare un pezzettino, magari, eh!
Adorna: questo Mario lo raccontava con tanto astio, te ricordi (ridono).
Maria: soprattutto perché aveva offeso mamma, no? Se mamma avesse detto: “ma certo
mica è per noi, no?” E’ sempre la reazione dei genitori che fa effetto sui figli, io ho
scoperto, troppo tardi forse. Perché quando un figlio casca e tu dici “oddio, oddio,
poverino, caro mio, piccolino, un bacione qua, vuol dire che… invece bisognerebbe
lasciarli alzare da soli e far finta che non è niente. Ma tutto quello che fai, fai male con
loro.
Adorna: io no, io non ce l’ho i figli! (ride)
Kai: mha…
Adorna: però, ecco, mo ora Ferrara, perché da Foligno, a Pieve Torina andavamo…
perché poi da Ferrara si andava anche a Fontespina al mare, ti ricordi?
Maria: ogni anno, dopo che ci siamo trasferiti a Ferrara, noi venivamo in vacanza, no? Il
primo mese al mare, il secondo e il terzo a Pieve Torina. Un mese di mare e due mesi di
montagna.
Adorna: prendeva una casa in affitto, mamma. Mamma non è mai andata al mare, mai,
mai in spiaggia.
Maria: mai in spiaggia, però ci portava sempre. Per un mese; perché faceva bene alla
salute; così non prendevamo i raffreddori d’inverno, queste cose così c’erano, queste
idee, no?
Adorna: era un lusso, era!
Maria: Se lo dico adesso, dice “ma allora eravate milionari, eravate tanto ricchi” eh, dico,
sì, sì! (ridono) dico, che vuoi dire? Io dico, io mi sentivo molto privilegiata, certo, però
c’erano i ricchi veri ricchi…
Adorna: si, perché poi quando andavamo al mare, non eravamo soli, venivano sempre
uno o due Salvi, capito?
Kai: si.
Adorna e Maria 3/3
17
Adorna: perciò mamma aveva sette figli più due nove. Sempre due, minimo.
Maria: c’abbiamo le foto con Pietro, Giovanni, Mario, tutti e tre delle volte. E poi a Pieve
Torina però era quello che ci gustava di più perché c’erano i cugini: io mi ricordo c’era
Roberto dell’età mia (o un anno di più)
Adorna: io Roberto non lo ricordo.
Maria: un anno di più Roberto, io me lo ricordo bene perché spesso se uscivamo da
Montalbano dove lui era venuto con zia Nicolina o coi fratelli, facevamo il bagno insieme
… sai tu vedi gli sguardi della gente che ti vede “guarda un po’ che bella coppietta che
passa” no? Io mi vergognavo da morire perché io avevo 12 anni, lui 13, ma me lo ricordo
bene perché a babbo gli gustava sempre farci fare le gare di matematica. Diceva “chi sa
meglio la tabella del 4”? “4x1, 4” e allora io moltiplicavo più svelta di Roberto e vincevo
io sempre, babbo tutto contento. Solo perché ero più veloce, perché babbo me le faceva
ripetere, no? 4, 8, 12, 16, 20, 24, 28, 32, sai io andavo bru bru bru bru e babbo tutto
contento.
Adorna: io anche Roberto non me lo ricordo. Chissà, io tante cose non mi ricordo.
Maria: embè, perché appunto siccome aveva un anno più di me, non veniva nè con te nè
con me perché…, né con …, con me veniva perché aveva un anno più, meno, un anno
meno.
Adorna: più, è del 30 era.
Maria: lui è del 30, quindi un anno più di me: tu eri troppo piccola no?
Adorna: nooo! 32!
Maria: però di novembre: avevi 3 anni di meno.
Adorna: va bè, io comunque non ricordo!
Maria: e poi eri sempre piccolina, Adorna mia!
Adorna: noo! Comunque ricordo a Foligno, che avevo 4 anni … certe cose proprio me le
ricordo … e invece le cose che c’avevo 6, 8 anni non me le ricordo!
Kai: si, così siamo.
Adorna: ah! Tutti?
Kai: si tutti, tutti.
Adorna: mha.
Maria: forse perché io ancora adesso mi ricordo quello che mi provoca o gioia o dolore o
offesa. Se una cosa mi umilia, mi offende, mi fa sentire male, non me la dimenticherò
mai.
Kai: allora parliamo di Ferrara.
Maria: parliamo di Ferrara. Lui mi riporta sempre…
Adorna: al dovere.
Maria: allora a Ferrara io facevo la terza elementare, penso, e tu?
Adorna: io ho cominciato con la prima. Perché quando abbiamo fatto la prima comunione
che ho visto il ricordino (ce l’hai tu?) che è del 19…
Maria: 38, quando è nato Giovanni.
Adorna: 38, per cui io avevo sei anni.
Maria: tu ne avevi 6 e io 7 o 8
Adorna: e no, 7.
Kai: tuo padre era uscito dalla casa per il militare a quel punto per un anno?
Maria: no, babbo non faceva il militare a quel tempo.
Adorna: no in quel periodo no; quando siamo stati a Ferrara no, perché quando eravamo
a Ferrara e lui è partito noi da Ferrara siamo venuti via e non siamo più andati. Quando
lui è andato in guerra babbo, che è partito volontario, eravamo tutti a Ferrara. Da lì è
partito, no?
Maria: però da lì, sul treno, no…da lì perché c’abbiamo… Quando è partito lui per la
guerra…
Adorna: ma era venuto in visita!
Maria: ah, si?
Adorna: era venuto lì con … Giovanni
Maria: e c’abbiamo le foto.
Adorna: e c’abbiamo le foto: lui era in divisa, ma credo che era venuto come… come si
dice, come vacanza, credo. Perché …
Adorna e Maria 3/3
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Maria: non me lo ricordo.
Adorna: non me lo ricordo neanch’io! Però mi ricordo che a Ferrara siamo andati… Io non
sono più andata a Ferrara! Da Vari io non sono più andata a Ferrara.
Maria: e nemmeno noi.
Adorna: e nemmeno loro.
Maria: stavamo a Pieve Torina tutta la guerra.
Adorna: perciò per me, bisogna sentire Venanzo, ma per me babbo è partito quel
periodo, capito? Quel periodo che io ho finito … Vari e non siamo più andati. E infatti io
dopo sono andata a scuola a Pieve Torina.
Maria: e noi a Camerino.
Kai: allora parla di Vari.
Adorna: ah! Vari. Con zia Blandina… Ho detto: non ricordo né quando sono arrivata, né
non ricordo…
Maria: ti ricordi di zia Blandina che ti faceva mangiare…
Adorna: mi ricordo di zia Blandina che mi dava sempre l’uovo battuto
Maria: ogni mattina
Adorna: sì, mi teneva molto, molto bene. Poi zia Blandina aveva due contadini che
avevano dei figli che però erano più grandi di me e tutti mi facevano giocare, tutti mi
volevano bene.
Maria: certo, perché tu eri piccolina…
Adorna: adesso vivono ancora due.
Kai: è Gino…?
Adorna: Gino andavamo a scuola insieme: siccome si andava da Vari ad Appennino,
andavamo a a piedi, tutte le mattine a piedi e poi ritornavamo a piedi. Ed eravamo di
Vari, eravamo 7 - 8. Per cui ci trovavamo tutti lì davanti a casa di zia e poi andavamo su.
Perché c’era una maestra Kai, che faceva tutte e cinque le classi. Quelli di Vari e quelli di
Appennino.
Maria: tutti insieme.
Adorna: lei faceva tutti insieme. Poi c’aveva la scuola e la casa. C’aveva una figlia, che è
morta, Giovannina no?
Maria: a si? Giovannina? Veniva a scuola con te allora?
Adorna: ebbè è la più piccola, è del 35 c’aveva 3 anni meno di me. Lei andava a
Cucinare, Kai, ci lasciava soli, mi ricordo che… andavamo a scuola, ma era più per
giocare.
Kai: a scuola?
Adorna: sì.
Maria: perché la maestra continuava a cucinare per la famiglia, c’aveva marito, c’aveva
figli…
Kai: la scuola non c’era?
Maria: si c’era una scuola, ma era attaccata alla casa.
Adorna: la scuola era nella casa della maestra. La maestra aveva una casa molto bella
che era proprio quella di Pasqualini, e lei aveva affittato una stanza alle scuole, al
comune, e dentro casa sua andavamo a scuola. Perciò lei, sai, c’aveva quello della prima,
quello della seconda, quello della terza, ma ne aveva 3 o 4 capito? Cioè era una gran
confusione, no Kai?
Maria: come poteva insegnare? Perché nello stesso tempo lei cucinava, Kai…
Adorna: no, no, anche non cucinare, una maestra che fa cinque classi, Kai…
Maria: bhè, quello era di moda, anche in America. In America se tu vai in certi paesetti
c’è solo una casa...
Adorna: certo, se gli alunni non sono molti
Maria: certo non sono molti per questo li mettono insieme, perché…
Adorna: noi di Vari eravamo anche … c’erano anche i figli di Cencio… 3 erano, poi le figlie
de La Pucci, Gino, c’aveva Anita, Maria …
Maria: tre o quattro
Adorna: insomma eravamo parecchi. Poi io non mi ricordo mai di aver fatto i compiti.
Kai: ah!
Adorna: non ricordo, non ricordo!
Adorna e Maria 3/3
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Maria: pensa un po’…
Adorna: ricordo che qualche volta so andata da sola da Vari a Appennino il pomeriggio,
non so se dovevo comprare una cosa, e mi ricordo, un paio di volte mi ricordo io… però
se è vero… credo di sì che è vero perché si doveva passare davanti al cimitero, Kai, allora
facevo un pezzo tutto di corsa perché avevo paura. Però non mi ricordo come mai zia
Blandina mi mandò da sola.
Maria: magari la maestra ti voleva vedere nel pomeriggio per fare i compiti…
Adorna: no, no, perché andavo e tornavo.
Kai: quell’uomo che è già proprietario di questo alimentari
Maria: Miconi
Adorna: Miconi
Kai: lui era con voi a quel tempo?
Maria: è più giovane, penso
Adorna: lui, io ricordo per esempio molto bene, i Miconi avevano il negozio anche allora
quando c’ero io, e sposò… Lui c’aveva una sorella e mi ricordo che andammo … perché
buttavano i confetti e noi andammo a raccogliere questi confetti con tutti quanti. Dalla
scuola uscimmo perché sposava questa, il matrimonio di questo Miconi.
Maria: della figlia di quello del negozio.
Adorna: … del negozio, magari anche lui, non so, quanti anni avrà?
Maria: lui mi sembra più giovane
Adorna: mi sa che è più giovane, Kai
Kai: più giovane
Adorna: ma sarà il figlio?
Kai: il figlio, si
Adorna: no, anche il figlio è un po’… di quella che ha sposato!
Maria: nooo
Kai: forse si.
Maria: no, allora dovrebbe avere
Adorna: ne dovrebbe avere 50.
Maria: quindi dovrebbe avere 20 anni più di te, perché se tu ne hai … oggi
Adorna: no, meno, se è il figlio di quello…
Maria: è, … 20 anni di meno, perché quella non ha avuto un figlio da…
Adorna: sai dopo i miei ricordi… magari, che non era la sorella, perciò la sorella non…
lui…
Maria: poteva essere più piccola, poteva essere più grande…
Kai: allora a Ferrara? Come era Ferrara a quel tempo?
Adorna: a Ferrara ricordo la scuola, bene, ricordo che c’erano un 3 o 4 compagni… Una
che era molto ricca, me ricordo c’ho la fotografia me la ricordo; che un giorno sò andata
a casa e mi ricordo che, rimasi, che andai… non ero stata invitata, lei mi disse passa.
Passai a casa sua e c’aveva la crema! Non era festa!
Maria: non aspettava inviti…
Adorna: noi la crema la facevamo, Kai, quando era festa, no? Invece la trovai …
Maria: già fatta!
Adorna: e mi dette, e mi fece mangiare questa crema e una casa… bellissima! Guardavo:
una casa bellissima! Infatti nella fotografia … ce l’ho. Mi sa che sta vicino a me. Poi mi
ricordo…
Maria: non sarà stata Checchi? Il cognome te lo ricordi?
Adorna: e, non me lo ricordo…
Maria: perché appunto io andando a scuola incontrai questa mia amica che veniva a
scuola con lo schaffer
Adorna: magari erano sorelle
Maria: e che mi aprì la porta per farmi salire. Senonchè mamma con tutte le istruzioni:
“per carità non parlate con nessuno”, “non andate se vi invitano in qualche posto”, io mi
infilai in un negozio lì di macelleria, perché pensavo a quello che mi aveva detto mamma:
avevo paura che mi stavano per rapire! E invece quello della macelleria dice “Và su, no?
Vedi che ti portano in macchina!”. E salii e per fortuna vidi subito la mia amica sennò al
volante c’era un uomo che io non avevo mai visto prima. E anche quella era molto ricca,
Adorna e Maria 3/3
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si me lo ricordo, e non credo che successe anche altre volte, oppure successe, ma io
oramai ero tranquilla.
Adorna: io non so; con questa ci volevamo tanto bene, ma non so perché. Poi quando
andavamo a scuola mi ricordo la strada. Mi ricordo quei pezzi di legno si mangiavano, ti
ricordi?
Maria: si muccicavano
Adorna: si muccicavano
Maria: era legno… zucchero di legno
Adorna: no. Il legno che si mastica lo sai tu come si chiama?
Kai: sugar can?
Lucio: no, liquirizia era.
Adorna: no, non era liquirizia.
Maria: la canna da zucchero.
Adorna: non era la liquirizia, era proprio legno.
Maria: legno.
Lucio: è legno. Legno che fa la liquirizia: dopo lo spremono e ci fanno la liquirizia.
Adorna: aahh, allora forse noi mangiavamo…
Lucio: ce l’avevamo noi là al campo
Adorna: si forse non la mangevamo quando non era ancora liquirizia...
Lucio: noo! Se mangia anche in quella maniera anche: se succhia, se tene
Adorna: da Malvina, lo compravamo da una che si chiamava Malvina
Maria: quella della frutta
Adorna: della frutta: grassa, grossa, te ricordi?
Maria: eh, come no.
Adorna: poi vicino c'era quello del gelato, che mamma la domen
[interruzione audio]
Adorna e Maria 3/3
21
Adorna e Maria Marini 2/3
Maria Marini
Kai: allora… andiamo?
Maria: allora, ritorniamo a Ferrara che abitavamo vicino al Montagnone, che era
leggermente fuori Ferrara, ma molto bello.
Adorna: ma nello stesso tempo vicino però al centro.
Maria: al centro, perché a piedi andavamo a scuola, andavamo a piazza Ariostea, vuol
dire che la casa dell’Ariosto era lì vicino, il palazzo dei Diamanti… tante cose belle e un
gran giardino che poi io ho ritrovato su quel romanzo che abbiamo letto …
Adorna: i Conti Fonzini
Maria: il diario dei Conti Fonzini?
Lucio: il giardino!
Maria: il giardino dei Conti Finzini! [Il giardino dei Finzi Contini] Che ciò ritrovato tutte
queste cose: le vie, il Montagnone… infatti lei parla dove abitava lei, il giardino confinava
con il Montagnone, saltava la siepe ed era lì. Noi delle volte andavamo a camminare
lungo questo Montagnone.
Adorna: si perché era 200 metri … come qui la madonna dei Lumi. E a scuola eravamo
tantissime.
Maria: a scuola eravamo tante. Io a scuola mi ricordo
Adorna e Maria 3/3
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Adorna: io ho fatto la prima
Maria: tu la prima io la terza, mi pare, la prima passavamo davanti a via Mortara
Adorna: tu la prima l’hai fatta a Foligno?
Maria: prima e seconda a Foligno… no, la seconda devo averla fatta a Ferrara.
Adorna: perché a sette anni, io a sei anni, tu a sette anni abbiamo fatto la prima
comunione: tu a sette anni eri a Ferrara facevi la seconda.
Maria: dalle suore. La seconda dalle suore. Alla terza tornammo alla scuola pubblica; e
passavamo da via Mortara. Si, si, e mi ricordo che mamma era innamorata di una
ragazza, un’amica che veniva a scuola con me che abitava di fronte a noi. Non so se era
figlia dell’osteria lì…
Kai: un po’ più alto…
Maria: Siccome era biondina, Kai, era tutta di pelle bianca, così tutta trasparente,
mamma diceva: “io mi incanto a vedere quella bella bambina, sempre pulita, sempre
pettinata!” Era bionda: per questo sembrava sempre più pulita di noi, no? Mamma ci
insegnava le cose portandoci altre ragazze per esempio. Non diceva: “vatti a pettinare”,
“sei spettinata”, “rifatti le trecce” … non so che c’avevamo a quel tempo, no: diceva
“guarda quant’è bella quella ragazza, pulita sempre, no?
Adorna: poi vicino a noi c’era come una casa si campagna grande
Maria: una villa
Adorna: tipo casolare, un casolare molto grande
Maria: ah, tu dici di Vasco
Adorna: di Antonietta… Antonio
Maria: bhè prima c’era Vasco e la Sora Lia che c’aveva tre figlie.
Adorna: ecco, allora, si, però in questo casolare c’era un appartamentino piccolino, un
giar con tutti i fiori… e c’era una signora, che si chiamava signora Gorinna, che aveva
l’amante! Era un pittore.
Maria: ah, si?
Adorna: si! Che dentro la sua casa andavamo a vedere tutte cose… cuscini, tutta roba un
po’…
Maria: un po’ barocca.
Adorna: un po’ barocca. E’ quelli che fecero la fotografia a Giovanni quando aveva 9
mesi: gliela fece questa signora Gorinna, che c’aveva questo signore che era pittore.
Perciò per noi era una signora. Invece i vicini non erano ricchi.
Maria: erano contadini.
Adorna: erano contadini e le figlie venivano con noi.
Maria: c’aveva un gran campo.
Adorna: un gran campo, e le figlie una aveva l’età mia, una aveva l’età tua.
Maria: una aveva l’età mia, sì, sì.
Adorna: e mamma ci mandava lì, io, Maria e Giovanni. Io mi ricordo di Giovanni che era
piccolo, piccolo.
Maria: per giocare…
Adorna: per giocare e delle volte si litigava, allora tornevamo a casa a piangere, io mi
ricordo che mamma diceva: “tu non dar fastidio che nessuno…”
Maria: “…che nessuno dà fastidio a te!”
Adorna: e non ci ha mai difeso!
Maria: Mai, mai, mai. Non dava mai la colpa a nessuno: era colpa nostra!
Adorna: colpa nostra …
Maria: perché se tu stai nel tuo, se tu sei brava, nessuno ti disturba!
Adorna: e allora raccontava che lei a Foligno, Kai, aveva le sue amiche, no? Appunto
ricordo anch’io quelle sotto casa, eccetera, che delle volte litigavano e una volta
andarono a finire in tribunale.
Maria: perché quella aveva detto che quello aveva detto questo, aveva detto quell’altro…
Adorna: e la denunciò
Maria: e mamma ci raccontava: “a me in tribunale non mi ha mai portato nessuno perché
io ho fatto sempre…
Maria: il motto di mamma era: “il silenzio è d’oro!” Quindi non parlare e nessuno ti
accuserà mai di niente! Hai capito? Infatti noi non parlavamo, Adorna, molto quando
eravamo più giovani: non parlavamo per niente!
Adorna e Maria 3/3
23
Adorna: e mi ricordo questo gran camerone, che mamma…, andavamo lì per giocare con
queste tavole di legno, nella casa che c’era questa stufa.
Maria: e sotto c’era il vino, c’erano quelli che vendevano il vino…
Adorna: e a me sembra che noi andavamo a levare le etichette…
Maria: eh, si… per far chè? Perché ce lo dicevano loro?
Adorna: non lo so, facevamo qualcosa magari ce regalava il vino, non lo so. Io mi ricordo
che stavamo lì a … mi sembra, però, non me lo ricordo.
Maria: io non me lo ricordo. Mi ricordo che Venanzo faceva gli esperimenti nella stufa e
ad un certo momento scoppiava e mamma con la scopa gli andava dietro: “Venanzo,
basta! Esci di casa! Se non esci tu esco io: mi fai impazzire!” Ti ricordi?
Adorna: mi ricordo mamma sempre con la scopa.
Maria: glielo detto a Venanzo, ma si è offeso! Si è offeso perchè lui vuole essere il figlio
perfetto.
Adorna: e invece di Venanzo anche Mario raccontava che quando erano a Ferrara, Kai,
che uscivano dalla scuola Peppino, Gabriele, Mario, Venanzo, uscivano sempre insieme
no? Loro andavano vicino, loro andavano tranquilli… e Venanzo o davanti o di dietro o gli
cosava, gli faceva con le gambe…
Maria: li disturbava sempre.
Adorna: ha detto disturbava sempre.
Maria: ed io devo confessare … poi ad un certo momento uscivo anch’io dallo stesso
ginnasio, no? E mi ricordo che Venanzo a 14 anni o 15, a quell’età era brutto Adorna!
C’aveva tutti questi denti…
Adorna: sì perché era alto, ancora non era alto abbastanza.
Maria: era magro.
Adorna: magro, magro
Maria: era magro, era un po’ giù
Adorna: mamma gli dava più da mangiare
Maria: sì, ma con le gambe secche, secche, Kai
Adorna: come Jacopo.
Maria: come Jacopo, ma di più: Jacopo adesso è bello, 5 o 6 anni fa quando era… e allora
io mi vergognavo, non dicevo alle mie amiche che era mio fratello! Non glielo dire eh?
Per carità! Perché mi vergognavo, perché lui appunto cercava di stuzzicarmi. Capisci?
Adorna: no, io glielo dico: quand’eri piccolo…siccome doveva…
Maria: forse un po’ come Jonatan che stuzzica la sorella, Venanzo stuzzicava a me perché
voleva farsi vedere dalle amiche, forse. E io non dicevo che era mio fratello! Era bruttino,
il naso lungo
Adorna: era un momento che era, che non aveva finito ancora a … tutte gambe … tutto…
questi gran denti.
Maria: tutti denti!
Adorna: e poi mi ricordo quando abbiamo fatto la prima comunione, che noi eravamo
molto… dovevamo, partivamo la mattina e tornavamo la sera.
Maria: perché era dalle suore, eravamo state mandate dalle suore
Adorna: tre giorni, tutte preghiere, Kai, dovevamo fare le prove della confessione, e poi,
ma una cosa…
Maria: dovevamo essere pure.
Adorna: io avevo paura di fare questa comunione, proprio avevo paura!
Maria: sì perché ci avevano fatto sentire peccatrici, no? Perché per prendere la
comunione, per tre giorni non dovevamo parlare, non dovevamo pensare cose brutte,
dovevamo essere pure, Kai, pure, pure, no?
Adorne: la vanità, non dovevamo essere vanitose.
Maria: non dovevamo vestirci, non dovevamo guardare i nostri vestiti l’una con l’altra; se
tu dicevi “oh, guarda che bel golf…” anche lo pensavi… non dovevi pensarle le cose!
Finalmente la comunione arrivò…
Adorna: si, che ci dicevano che il peccato era anche nel pensiero!
Maria: e come no!
Adorna: queste proprio mi sono rimaste qui dentro. E quando tornavamo a casa la sera,
Kai, mi ricordo
Kai: dopo quanti giorni? tre giorni?
Adorna e Maria 3/3
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Adorni: questi tre giorni, tornavamo a casa che era notte, era l’ora di cena.
Maria: anche a casa non dovevamo parlare.
Adorna: non dovevamo parlare, dovevamo stare zit… e i fratelli ci stuzzicavano! Ti
ricordi? Ti ricordi?
Maria: si, si…
Adorna: e mamma che faceva: “basta, basta…” e noi zitte, lì.
Kai: (ride) poverine.
Adorna: e mi ricordo poi che ecco, noi non potev…, io non potevo, lei non lo so, io non
potevo mettere neanche un fiocco.
Maria: e come no, io mi ricordo le parole di Venanzo, me li tirava vie e diceva: “non
essere stupida come tutte le altre!” Peppino e Venanzo perché Mario non era … Mario era
un po’ più gentile.
Adorna: io te l’ho detto, non mi ricordo che era, ma so che…
Maria: “non essere così stupida come tutte le altre … stupidine…”
Adorna: io ecco il ricordo mio di più di tutti è Giovanni, che era piccolino lì a Ferrara, e di
Venanzo, un po’, ma sennò non mi ricordo niente. Altri fratelli per me non esistono.
Maria: Peppino aveva 10 anni di più…
Kai: e c’era la guerra a quel tempo?
Maria: no, non ancora, fino alla prima comunione non c’era la guerra.
Adorna: dopo la prima comunione… dunque la guerra quand’è che è cominciata?
Maria: nel 38 o 39…
Kai: forse si
Adorna: nel quaran… quand’è cominciata la guerra, Lucio?
Lucio: nel 40.
Maria: e l’Italia è entrata nel 40, sì.
Adorna: nel 40 è cominciata…
Kai: prima di quello c’era la guerra con la Libia, … Abissinia, mi sembra, o Algeria.
Adorna: però babbo è partito nel 40; allora nel 39 io ero a Vari.
Kai: ho capito. 39? Ah, bene...
Adorna: eh, si. Infatti avevo 7 o 8 anni.
Maria: e si, perché … era razionata, c’avevamo la tessera… era per risparmiare la tessera,
no?
Adorna: per risparmiare la…, però babbo ancora non era partito. Babbo era ancora a
Ferrara. E c’era Giovanni infatti, le fotografie di Giovanni e Ferrara piccolino.
Maria: e fu quell’anno che Peppino partì volontario, no?
Adorna: si, e partì babbo.
Maria: e babbo, stesso anno. Lo stesso anno allora.
Adorna: perché noi… ci sono le fotografie di Giovanni con Gabriele a Ferrara, no? E c’è
una fotografia di Gabriele a Ferrara che accompagna babbo.
Maria: che accompagna babbo e un’altra con Giovanni piccolino di 3 anni (guarda le
foto!).
Adorna: Gabriele accompagnava babbo per la partenza per la guerra?
Maria: bhè, non è che lo accompagnava, loro attraversavano la piazza…
Adorna: no, mi sembrava che c’era una partenza?
Maria: no, in quella foto no, non credo, l’accompagnava perché
Adorna: non era in divisa babbo?
Maria: si era in divisa quindi era quei giorni che si preparava senz’altro, però lì erano a
Ferrara, attraversavano una strada e c’erano quei fotografi a quei tempi che ti scattavano
e te la davano subito, no?
Adorna: ce ne so tante di fotografie così, no?
Maria: così estemporanee.
Adorna: Peppino per esempio con Nanda Servili, da studenti a Camerino. Ecco allora io
non ricordo più quel periodo, però non mi ricordo… mi ricordo di Vari
Maria: io ricordo…
Kai: tu ricordi come sei stato in militare a quel tempo?
Maria: mha, io ricordo Mussolini, tu te lo ricordi?
Adorna e Maria 3/3
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Adorna: mi ricordo a Ferrara che arrivò…
Maria: c’eri anche tu, piccola italiana che marciammo fino…
Adorna: con la divisa, mi ricordo, questa fascia qui, che andammo tutte quante insieme
Maria: tutta la scuola, no? E io andai…
Adorna: una volta venne Ciano, chi era? Ciano, che mettemmo fuori dalla fin…, ti ricordi
quella volta nella finestra… o era morto? Che si mise la bandiera a lutto…
Maria: ah, la nera, la bandiera nera, forse…
Adorna: insomma due volte. Quando venne Mussolini eravamo vestite …
Maria: da piccole balill… da piccola italiana. E i maschi erano piccoli balilla. E allora…
Adorna: io una volta sola però.
Maria: tu una volta sola. Allora la prima volta, forse tu eri troppo piccola, io arrivai tardi,
perché con mamma, sai tanti figli, non è che mi accompagnava a scuola, no?
Adorna: no, non ci accompagnava; andavamo da sole.
Maria: da sole. Mi ricordo corri, corri, corri, corri, arrivai tardi. La maestra mi rimproverò
perché oramai le file erano state fatte. Due per due, due per due. Allora mi mise davanti:
da sola davanti al battaglione, no? E io una paura che non trovavo il passo, che
camminavo troppo svelta o troppo piano, però mi ricordo l’orgoglio di essere lì di fronte e
tutta la gente dalla finestra che guardava a noi.
Adorna: si tutte le finestre, tutti a guardare.
Kai: tenevi una bandiera?
Maria: e forse tenevo anche la bandiera, ma non mi ricordo. Comunque arrivate allo
stadio facemmo: “evviva il duce!” Marciando a destra, a sinistra, ci mettemmo in fila:
“evviva il duce!”
Adorna: no questo io no; mi ricordo che ero in fila così, però non mi ricordo di aver fatto
niente.
Maria: e formavi la linea senza saperlo, perché la maestra ci aveva messo in fila lì. E si
vedevano tutte le camicette bianche, capisci?
Adorna: mi ricordo che c’erano dei problemi in questo vestito che avevamo, che mamma
prese, non mi ricordo se era per il berretto, prese un bottone, non te lo ricordi?
Maria: no.
Adorna: mi ricordo che doveva farci un berretto, bianco, e mi ricordo che ci mise un…
Mamma fece…
Maria: e ci fece il berretto?
Adorna: mamma ci cuciva i vestiti, a me e Maria ce li faceva mamma.
Maria: qualche volta… E dopo… la guerra, cominciò la guerra no? Però prima della guerra
mi ricordo quando Gabriele, Mario e Giovanni Salvi partirono in bicicletta per andare a …
Adorna: e questo però me lo ricordo anch’io, c’ero anch’io a Ferrara.
Maria: c’eri anche tu, ti ricordi?
Adorna: andammo a salutarli al cancello.
Maria: al cancello, brava.
Kai: che cosa?
Maria: in bicicletta, Giovanni e Peppino, Giovanni Salvi, in bicicletta decisero di andare a
Pieve Torina! Però mamma era preoccupatissima, quindi dovevano, non so, in due o tre
punti loro dovevano o telefonare… ma come si telefonava? Non c’era il telefono.
Adorna: no, no.
Maria: allora dovevano lasciare un…
Kai: un telegramma forse?
Adorna: non mi ricordo.
Maria: mamma, babbo aveva escogitato un modo; che si fermavano in qualche ufficio
postale...
Adorna: in qualche ufficio postale con babbo, forse.
Maria: probabilmente da zia Laura.
Kai: … loro potevano mandare … un telegramma
Adorna: si.
Maria: ecco, a Civitanova senz’altro da zia Laura dovevano fermarsi… a Fontespina.
Adorna: a Civitanova erano arrivati …
Maria: embè, tutta la montagna…
Adorna: però mi ricordo che, quando decisero di partire, Peppino tutto entusiasta,
Adorna e Maria 3/3
26
Giovanni era entusiasta però … aveva paura!
Maria: aveva …. Aveva paura di non farcela.
Adorna: non c’aveva la forza e allora diceva: “…ma Peppino, per davero? Andremo?
Maria: fino all’ultimo diceva: “… ma sei sicuro?”
Adorna: aveva paura.
Maria: voleva tornare indietro.
Adorna: questo mi è rimasto impresso.
Maria: eh, si, come no.
Kai: Giovanni Salvi?
Adorna: Giovanni Salvi, si.
Maria: e poi era gracilino, no? Io avevo paura anch’io che ci sarebbe arrivato!
Kai: e che faceva lui a Ferrara?
Maria: a Ferrara cosa era venuto a fare?
Adorna: ma venivano spessissimo i Salvi.
Maria: per stare con i cugini. Si volevano tanto bene.
Adorna: poi babbo a Ferrara aveva fatto venire Gian Battista Lucarelli, che voleva che
prendesse il diploma, per farlo studiare. Poi abbiamo avuto il fratello di Beppe Cianni a
Ferrara, perciò noi…
Maria: che ha finito gli studi a Ferrara
Adorna: perché lui era in seminario e quando uscì dal seminario, babbo voleva che
seguitasse, che prendesse il diploma da maestro. Allora lo fece venire a studiare a
Ferrara, due anni.
Maria: certo perché la famiglia stava a Pieve Bovigliana e non c’era modo.
Adorna: perciò due anni, Kai, mamma c’aveva: noi sette figli,
Maria: Vittorio e Nino
Adorana: c’aveva Nino Cianni, più il figlio di un amico di babbo di Pieve Torina, Vittorio
Rivelli, che babbo gli aveva trovato una pensione, ma questo qui non voleva stare in
pensione, veniva …
Maria: dovette stare a casa di mamma perché
Adorna: aveva paura, non ci voleva stare.
Maria: aveva la nostalgia della famiglia sua.
Adorna: era timido timido, non mangiava… e babbo se lo portò a casa. Eravamo in 11!
Kai: mamma mia!
Adorna: ti ricordi?
Maria: e poi arrivò zia Anita e Vittorio, anche loro stettero da noi prima che trovassero
una casa
Adorna: mamma era stanca
Maria: era stanca, era proprio stanca.
Adorna: babbo chiamava tutti i parenti, babbo faceva venir tutti!
Maria: senza chieder niente a mamma, senza dirglielo. Glielo diceva dopo.
Adorna: Allora venne questa zia Anita, che era la cugina di babbo da piccolo…
Maria: tu l’hai conosciuta.
Kai: si
Adorna: di parte di Mazzolini, ecco; che non ci sentiva, il marito era già… era morto zio
Alessandro?
Maria: si, si, come no.
Adorna: e il figlio babbo lo fece venire, ma lei era uno molto signora, Kai…
Maria: molto esigente, no?
Adorna: molto esigente, si faceva servire, aveva la donna, ma la cosa più grande che
mamma ci diceva: “ma volete sapere che cosa ha fatto Anita? Ha comprato un tavolo per
stirare! Un tavolo lungo…” te lo ricordi?
Maria: “… apposta per stirare le lenzuola!”
Adorna: e poi, Kai, si venivano a prestare i soldi da babbo!
Kai: mamma mia!
Adorna: perché lei alla fine del mese non ci arrivava mai, mai, mai.
Kai: come Quinto è?
Adorna: eh, si, come zio Quinto. E allora mamma si lamentava e dice “quella lì…”
Kai: povera Peppina.
Adorna e Maria 3/3
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Adorna: però lei faceva le ripetizioni, ti ricordi?
Maria: zia Anita.
Adorna: zia Anita perché era professoressa.
Maria: anche Vittorio faceva ripetizioni.
Adorna: anche Vittorio, però lei… e avevano una donna che costava… poi faceva una
vita… una casa che doveva essere bella … la casa, Kai, mobili… ma quello che io ricordo
quando mamma disse “ma vuoi sapere? Anita ha comprato un tavolo per stirare!
Kai: non per lei, ma per nonna Peppina?
Adorna: no, no, per lei, alla donna perché stirava le lenzuola… era molto esigente,
capito?
Maria: e che faceva spese stupide, no? Perché si può usare lo stesso tavolo della cucina
per stirare, no?
Adorna: poi mamma c’aveva, Kai, per fare la spesa, vediamo se te lo ricordi…
Maria: si, si…
Adorna: una borsa di cuoio, era fatta…
Maria: di pelle
Adorna: di pelle. Era fatta tutta a quadretti così, fatta così, di pelle e mamma ci faceva la
spesa. E non so come, andò da zia Anita e Anita gliela prese.
Maria: no; era a casa nostra, dove portarsi a casa qualcosa e mamma gliela imprestò,
dice “mi impresti la borsa?” per metterci dei libri o qualcosa che mamma magari da
mangiare che gli aveva fatto mamma! E poi finalmente dopo un anno, ma dopo tanti
mesi…
Adorna: non gliela ridata mai!
Maria: non gliela ridette mai, però continuava a dire, ogni volta che veniva a trovarci:
“ecco Peppina, tu mi hai imprestato quella borsa ed hai fatto male perché io adesso te la
devo ridare!”
Adorna: la devo ricomprare: non gliela ridata più!
Kai: (ride)
Maria: non gliela ridata mai!
Adorna: no, per dire di mamma…
[interruzione audio]
Adorna: babbo, quando veniva questo amico suo, che mamma, lo capiva solo mamma.
Kai: si
Adorna: mamma era molto brava ad interpretare questa sua parlata, perché aveva
questa gola, aveva questo tumore e parlava male; e babbo ogni tanto se lo portava a
pranzo, ma non avvisava mamma. Non è che diceva “Peppa, oggi viene…” no? Allora
babbo stava a capotavola col signore a fianco, prendeva il piatto e babbo gli dava da
mangiare. Mamma dice “devo fare la cattiva” perché babbo non pensava che poi doveva
dar da mangiare a tutti i figli: questo qui gli dava, giù! Hai capito? Babbo non… gli diceva
mamma: “ma Ugo, ma devono mangiare tutti!” Hai capito?
Kai: si, si.
Adorna: lui a quello che gli stava vicino, a quel signore gli dava… e noi eravamo lì che
guardavamo…
Kai: la fame!
Adorna: non la fame no, perché mamma faceva sempre tanto, infatti…, però voglio dire,
babbo non aveva un’idea di quello che era, di quello che mamma poteva aver cucinato,
che questo signore era venuto all’improvviso, no? Venuto all’improvviso… bisogna che tu
gli dici che … Allora lui sempre, babbo sempre, sempre, sempre, quando dava il piatto a
quello vicino buttava giù, e mamma dice “devo fare la cattiva, devo levare il piatto,
sennò noi non se mangia!”
Kai: (ride)
Adorna: e babbo dava tutti i soldi a mamma, perché era mamma che amministrava,
perché babbo non aveva il senso del … babbo ha guadagnato sempre molto perchè ha
fatto, oltre che andava in ufficio, andava sempre a fare … siccome era aviatore, andava a
fare degli esercizi che lo pagavano bene, e lì guadagnava, no Maria? Babbo ha
guadagnato sempre molto, si ingegnava.
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Maria: aveva sempre qualche extra…
Adorna: però lui non aveva il senso dei soldi, Kai, lui…
Maria: ma nemmeno del valore delle cose, ti ricordi quando stavamo a Milano …
Kai: questo dopo
Maria: ah, aspetta, questo dopo… perché lui deve andare preciso… per carità, vai, vai!
Adorna: sì, allora a Ferrara, ecco questo qui, poi dopo appunto Gian Battista, lui dice
“venite a casa nostra!” e faceva venire… avevamo sempre, sempre persone.
Maria: “si, si, a Peppina gli piace, sai? A Peppina gli piace!” (ironica)
Adorna: e quando abbiamo fatto la prima comunione, era venuta zia Nannina, zia
Blandina… ma dove andavamo a dormire Maria?
Maria: bhè, zia Blandina non venne…
Adorna: chi era? La madrina tua chi era? Zia Blandina!
Maria: però l’avrà fatta per procura.
Adorna: perché a me zia Blandina me la ricordo bene!
Maria: si, quella me la ricordo.
Adorna: allora è zia Laura? Le tue madrine chi erano? Io ciò avuto Zia Nannina, sia per il
battesimo che per la cresima, e tu?
Maria: io invece zia Blandina…
Adorna: e quell’altra chi era?
Maria: zia Laura
Adorna: zia Laura. Allora c’era zia Laura. Insomma… e mamma faceva tutto a casa, Kai
Kai: si… allora basta per oggi.
Adorna: oggi basta.
[interruzione audio]
Adorna: a Ferrara eravamo noi sette figli, perché c’era già anche Giovanni no?
Kai: parla un po’ più alto
Adorna: e babbo sia i figli delle sorelle di mamma, Gian Battista, poi c’era il cugino Nino
Cianni che era uscito dal seminario, e babbo lo portò a casa per fargli prendere la licenza
da maestro. Poi il figlio di un amico di babbo, Vittorio, per fargli prendere la terza scuola
media per poi metterlo, impiegarlo nelle poste. Infatti è stata la sua carriera: è diventato
direttore dell’ufficio in provincia di Pesaro. Poi è venuto Gian Battista che poi però non
durò molto (non aveva voglia di studiare) e niente e partì.
Maria: ma vedi l’idea di babbo che c’erano questi ragazzi di 17 anni, 18, voleva che
dovevano studiare, che dovevano prendere un… era molto intelligente babbo no?
Dovevano prendere un diploma o per lo meno la terza media, l’ottavo grado, perché
avrebbero trovato il posto sennò a quei tempi che facevi senza niente? Se non eri andato
a scuola che poteva fa uno che aveva solo la quinta elementare? Come Fausto: solo se
c’avevi il negozio potevi lavorare, sennò ti impiegavi dove? Dove ti impiegavi?
Adorna: ma Gian Battista non aveva bisogno di lavorare…
Maria: Gian Battista era ricco già, aveva tante terre… quindi venne, ma credo che durò
una settimana lontano da casa o un mese…
Adorna: non me ricordo, un mese sicuro però. Però andò via. O venne a dar l’esame?
Forse venne a dar l’esame perché studiava a Camerino, infatti Lucio ricorda che andava a
fare i compiti con Gian Battista.
Maria: no…
Adorna: si, perché stava con lo zio Rodolfo, te lo ricordi?
Maria: a pensione?
Adorna: no, lo zio Rodolfo lo teneva, ma erano ricchi, era molto ricco, e Lucio andava a
fare i compiti con Gian Battista ed era contento perché c’aveva sempre il dolce e poi le
fette di pane con ciabuscolo! A detto che andava lì a Gian Battista e faceva una grande
merenda.
Maria: questa è una tradizione che poi Gian Battista ha continuato, ti ricordi?
Adorna: ha continuato.
Maria: mi ricordo ogni volta che andavamo a trovarlo
Adorna: dovevamo mangiare.
Maria: ciauscolo e salame!
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Adorna: allora, studiava a Camerino, però non riusciva a prendere la licenza. Siccome
babbo a Ferrara conosceva i professori… (ti ricordi anche come per Nino Cianni?)
conosceva i professori e volle che andasse a Ferrara per dare l’esame della terza scuola
media. Però non mi ricordo (dillo un po’ a Venanzo), non credo che …
Maria: che ci riuscì
Adorna: dette qualche esame e poi mi sa che andò via. Però era per dà la terza.
Kai: e che tipo di corsi ha fatto tuo padre? Hai detto che ha fatto sempre qualche cosa…
Adorna: sì, a Ferrara però andava sempre perché lui, essendo aviatore, ogni tanto
andava …
Maria: per un mese lo richiamavano, faceva il volontario.
Adorna: e Venanzo dice che quando lui andava a Roma gli davano molti soldi.
Maria: perché era uno straordinario.
Adorna: però io non ti so dire che cosa lui andava a fare.
Maria: ma era sempre in combinazione con l’aviazione, con la sua carriera di pilota.
Adorna: si perché poi mi ricordo che Mario Salvi… Mario Salvi ho un ricordo che babbo…
babbo ogni tanto prendeva un brevetto perché inventava qualche cosa.
Kai: mmm!
Adorna: allora Mario Salvi si ricorda che aveva inventato … che lo metteva fuori dalla
finestra (me lo racconta sempre) non so io che
Maria: un termometro?
Adorna: un affare, un termometro, ma no, che si poteva vedere da lontano … io bisogna
che da Mario Salvi me lo faccio spiegare bene … lui a Roma appunto quando andava … e
aveva preso questo brevetto, che poi c’ha un nome, Mario me l’ha detto.
Maria: ma tu pensa che noi siamo talmente modesti, mamma è talmente modesta che
non abbiamo mai parlato di questa grande qualità di babbo!
Adorna: tante cose di brevetti… un altro brevetto era (che c’avevamo in soffitta) una
cassa in legno era, tipo cassa, che era per dividere il riso!
Maria: ma pensa!
Adorna: per pulire il riso! Adesso non mi ricordo com’era, era qualche cosa del riso, non
mi ricordo…
Maria: io mi ricordo di una macchina pure che lui inventò per misurare il grano: quando
trebbiavano…
Adorna: e forse io dico il riso, invece era grano.
Maria: ecco, quando trebbiavano…
Kai: forse tutte e due le cose
Adorna: non lo so
Maria: il grano doveva essere diviso in due: metà il contadino, quindi un sacco al
contadino e un sacco a babbo; e dovevano sempre misurare sulla bilancia. Babbo aveva
inventato uno strumento che invece lo mettevi… tu buttavi il grano in una stanza, tutto
insieme: dall’altezza di questa macchina vedevi quant’era! Quanti quintali, quanti chili.
Infatti è l’apparecchio che tu dici stava in soffitta, era tipo un pezzo di metallo con una
cosa che veniva su e giù, ma Venanzo lo saprà senz’altro.
Adorna: Venanzo lo saprà senz’altro, certo.
Maria: perché era più grande di noi…
Adorna: e poi io, noi certe cose, io le sentivo, però non è che …
Maria: ma Mario mi disse un giorno che 19 brevetti babbo aveva! Diciannove!
Adorna: aveva … molto… si
Maria: molta inventiva, una mente molto creativa.
Kai: si, e ricordi qualcosa della sua carriera come pilota?
Adorna: io ricordo che quando eravamo a Foligno, mamma raccontava (l’ha sempre
raccontato mamma), che babbo passò capitano. Era, prima di capitano che cos’era?
Tenente?
Kai: si, tenente.
Adorna: era stato promosso capitano e andarono a casa a Foligno, babbo non c’era,
bussarono e dissero
Maria: per annunziarlo a mamma…
Adorna: no, no, chiedevano “capitano Marini?” e mamma diceva “no”, mamma lo sapeva
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già che era capitano però non…
Maria: diceva “no, no, no, avete sbagliato casa!”
Adorna: “no, no, qui capitano!” ecco mamma ci ha sempre raccontato questo fatto, tanto
che io, Kai, quando a Camerino (vedi me lo so sempre ricordato di questo fatto di
mamma che ci ha sempre detto che non dovevamo mai… essere molto superiori, hai
capito? Dire quello che…)
Maria: essere superiori o superbi…
Adorna: ero diventata direttore dell’ufficio postale di Camerino, no?
Maria: e non lo dicesti a nessuno!
Adorna: no non lo dissi a nessuno. Però mi ricordo che Polone, Polone Napoleoni
Maria: il marito della sorella di Lucio
Adorna: il marito della sorella di Lucio, siccome che c’era stato un problema col
tribunale… insomma in poche parole aveva visto che avevo firmato una cosa… il direttore
Adorna Marini. Allora venne in ufficio (venne lui con Amelia) a farmi i rallegramenti e io
gli dissi: “ma, va là che è tutte stupidaggini”. Allora Amelia fece: “ah, ma allora non è
vero?” Hai capito? Perché io…
Maria: perché troppo, talmente modesti siamo, Kai, che la gente pensa che: io non ho
mai studiato, che lei non ha mai fatto niente, chissà che cosa pensano, perché quando lui
disse “rallegramenti, so che sei stata promossa direttrice!” lei disse ma, no che vuoi che
sia, ma non è niente, no? E allora Amelia dice “ma allora non è vero?”
Adorna: perché io avevo firmato però, direttore Adorna Marini.
Maria: “…allora” dice “hai firmato falso?”
Adorna: lei non disse questo: lei disse “allora non è vero!”.
Maria: ma voleva dire quello. Per dirti quanto siamo modeste fino alla stupidità. Fino alla
stupidità!
Kai: si, si.
Adorna: ti volevo dirti questo per dirti come mamma questo fatto di babbo che era
diventato che è … era una cosa…
Maria: lo raccontava come… con grande … con orgoglio! Che lei i titoli … non gli
importava niente dei titoli, non valevano niente. Anche i marchesi, i conti… Di zio Quinto
Mazzolini diceva sempre “si, so conti a nome, ma mica di fatto!” Perché lui arriva con
tanti regali, manda fiori, portava i cioccolatini e poi arrivavano quelli a riscuotere i soldi!
Adorna: e babbo pagava i conti.
Maria: e mamma doveva pagare.
Adorna: anche Giovanni per esempio: Giovanni ha parlato in televisione, ma l’abbiamo
visto per combinazione!
Maria: più di una volta!
Adorna: più di una volta. E una volta mi ricordo che proprio l’ho sentito … parlava… era
un dottore, no? Non ha mai detto niente!
Maria: nemmeno i figli!
Adorna: nemmeno i figli lo sapevano, Kai! E allora io adesso mi accorgo che veramente
mamma proprio…
Maria: troppo!
Adorna: ma tante, tante cose: ecco ho raccontato quella lì di Amelia per dire come…
Maria: fino a che punto!
Adorna: fino a che punto.
Kai: ci sono qualche storie sulla vita come pilota?
Maria: come pilota me lo ricordo io; che mi raccontavano sempre che lui era molto
spericolato, voleva volare a qualsiasi costo, e c’era la regola, la legge proprio, che
quando è una giornata di pioggia non devono, i piloti non dovevano volare. E allora c’era
il comandante dell’aeroporto (che proprio doveva addestrarli) che passeggiava lì
nell’aeroporto con il suo assistente (o un altro capitano) e fa: “chi è quello stupido che
sta volando con questo tempo?” Era babbo. Era babbo e babbo doveva atterrare, no?
Volava con la pioggia e doveva atterrare proprio davanti a lui, davanti a questo
comandante! Credo che gli dette… non so, lo punì, lo punì … o gli dette un grado più
basso, che non gli fece passare quell’esame, insomma lo punì molto.
Adorna: poi quella volta che atterrò nel campo?
Adorna e Maria 3/3
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Maria: ah, quella volta che atterrò qua nel campo, si
Kai: che cos’è questo?
Maria: l’aeroplano c’aveva l’elica…
Adorna: era fatto, sai quegli aeroplani, Kai, che erano scoperti, no? Il pilota si vedeva
fuori, no? Erano le tavole, le ali scoperte…
Kai: si, si.
Maria: e prendevano quota, cominciavano… cioè si accendeva il motore girando l’elica.
Kai: si, si.
Maria: dovevi girare l’elica. Allora lui un giorno atterrò in un campo di contadini e chiamò
i contadini per aiutarlo a girare l’elica, perché era rimasto li…
Adorna: però il problema era che lui, si era rotto l’aereo, doveva atterrare e trovò questo
campo che era lavorato.
Maria: era stato arato.
Adorna: arato. Allora dice che babbo con questo aereo faceva bububum bububum e
rimase… e dovette chiamare…
Maria: rimase incastrato lì
Adorna: i contadini per tirarlo fuori.
Maria: dovette chiamare i contadini per tirarlo fuori. Poi gli chiese di girare l’elica perché
sperava di…
Kai: come poteva alzarsi se c’era un problema con l’aereo?
Maria: e ma loro l’hanno aiutato a venir fuori…
Adorna: non so se, Maria, lui poi è ripartito perché l’aereo s’era rovin, era rotto.
Maria: bhè, io so che babbo raccontava che poi lui è riuscito a ripartire e l’elica ancora
girava… perché forse c’era un problema dove fino all’ultimo… e ha visto questi due
contadini per aria, con le gambe e le zampe tutti rivoltati perché sono stati caporivoltati
per aria! Mentre lui partiva, vedeva questi due su per aria che giravano e cadevano per
terra. E però non si so fatti niente perché appunto c’era … la terra era così. Babbo
descriveva questi due che piroettavano nell’aria, ridendo! Ma io dicevo “ma che
coraggio!” Come si può ridere di due che magari si so feriti, chissà… era spericolato
Adorna: quando era studente, a Camerino, lui ha preso un serpente! Sai un serpente?
Lungo, lungo: se l’è portato a scuola! Hai capito? E poi faceva le…
Kai: sii
Maria: l’ha messo sotto la cattedra della maestra, della professoressa!
Adorna: era molto…
Maria: oppure in una scatola… che lei aprì la scatola e questo serpente stava dentro…
Adorna: so che questo serpente fu una cosa proprio… questo fu la prima cosa che noi di
babbo
Maria: gli urli della professoressa…
Adorna: di babbo che racconta poi quando… era bravo a scuola: quando fecero l’esame,
in questo problema che c’era di matematica, che era molto difficile, lui (insieme ad un
altro di Pieve Torina, Palmieri e questo padre di Angela Prusciotti, Giuseppe Prusciotti)
fecero questo problema, Kai, l’hanno risolto superiore a quello che si poteva fare (si vede
in due volte). So che loro fecero …
Maria: ancora di più.
Adorna: ancora di più. Poi andarono a leggere i risultati, furono bocciati!
Maria: perché i professori non avevano capito!
Adorna: l’avevano bocciati, tutti e tre! Sai cosa fecero? Presero i banchi della scuola e li
buttarono tutti dalla finestra!
Maria: babbo e questi altri due
Adorna: babbo e loro tre, babbo
Maria: si arrabbiarono molto
Adorna: ma, molto probabilmente babbo sarà stato…
Maria: si arrabbiarono così tanto che tutti i banchi della scuola, uno per uno, li buttarono
fuori dalla finestra. E la scuola, Kai, aveva le finestre sopra le mura, sopra le mura di
Camerino, tu pensa!
Kai: mamma mia!
Maria: e caddero tutte queste cose giù sotto, che magari era fuori alle mura, sottocorte,
probabilmente quella parte sotto l’università di Camerino, no? Sotto corte.
Adorna e Maria 3/3
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Adorna: e allora raccontavano… adesso se è vero: l’ho detto ad Angela ...Angela neanche
lo sapeva! Raccontava sempre babbo, furono espulsi da tutte le scuole del regno! Perciò
non potevano più… allora questo Brusciotti, che era molto ricco, aveva terreni, che lui
non aveva bisogno di studiare per guadagnare la vita, si prese la responsabilità lui: disse
che era stato solo lui.
Maria: che l’idea era stata la sua.
Adorna: allora babbo e questo Palmieri hanno seguitato.
Kai: mamma mia!
Maria: ritornarono a scuola.
Adorna: io la sapevo così, tu?
Maria: io? Bhè questa è un’aggiunta che mi fa piacere…
Adorna: io la sapevo così, però non so se è verità…
Maria: io sapevo che l’idea era stata di Peppe, di Giuseppe, dall’inizio; e io non sapevo la
cosa degli esami. Cioè io pensavo che così, un giorno, un’idea … si erano annoiati e
cominciarono a buttare…
Adorna: no! no, no, no no,
Maria: e questo dell’esame è una bella aggiunta
Adorna: però io non lo so se è giusto: io la ricordo così.
Maria: e si, sennò come te la inventavi?
Adorna: ecco, questo qui bisognerebbe chiederlo a Venanzo. Perché questo io l’ho sentito
una volta, due volte… venti volte questo discorso; l’hanno raccontato tante volte, Kai,
però magari adesso faccio confusione.
Maria: però quando adesso dici che Peppe si prese la… sì adesso mi viene in mente.
Adorna: ti viene in mente?
Maria: si, quello si.
Adorna: siccome veramente era ricco, però c’aveva una moglie, Kai, che gli ha speso
tanti di quei soldi che è rimasto senza…
Kai: mamma mia.
Adorna: che in ultimo, Angela (quella che è stata a pranzo…) è lei che ha mantenuto il
fratello più piccolo alla scuola, è lei che ha fatto tutto… che hanno venduto tutto, tutto,
tutto: non avevano neanche casa
Maria: e per fortuna lei aveva studiato ragioneria e trovò un posto
Adorna: all’ufficio delle imposte.
Maria: e manteneva la famiglia. Pagava proprio…
Adorna: perché invece Santa andò via a 20 anni, credo.
Maria: Santa si, anche Santa trovò il posto come maestra, ma talmente difficile era
trovare un posto che lei trovò ad insegnare in un piccolo paese sopra Collattoni (sai
quando andiamo a Collattoni?)
Kai: si
Adorna: Selvapiana.
Maria: Selvapiana, più piccolo ancora. Però erano solo 4 bambini e la scuola apriva solo
se ce n’erano 5: allora lei si portò il fratellino che aveva 4 o 5 anni, per fare cinque! E
così gli dettero il posto da maestra dell’asilo in questo piccolo paese che un giorno,
raccontava Santa, un giorno questo fratellino si ammalò di scarlattina (sai quelle malattie
dei bambini): lei, (non c’era il dottore a Selvapiana e c’era la neve così alta) lei con
questo fratellino in braccio e gli scarponi fino a qui, gli stivaloni, da Selvapiana fino a
Muccia, Kai, in braccio con questo bambino per andare dal dottore!
Kai: mamma mia.
Maria: sai perché quelle malattie dei bambini delle volte sono pericolose
Kai: molto pericolose … molti morti.
Maria: e questo lo raccontava Santa.
Adorna: si, no, questo non lo sapevo.
Kai: e altre storie di tuo babbo?
Adorna: babbo tante, kai.
Kai: come pilota nella guerra? Lui mi ha sempre detto qualche storia che lui ha violato
un’amnistia con un bombardamento…
Adorna: ah, questo non lo sapevo… ha violato un’amnistia?
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Kai: un’amnistia con un bombardamento… come si dice?
Adorna: ah, ha fatto bombardare?
Kai: ma gli Austriaci lo hanno messo in carcere per un po’, e poi avevano bisogno di un
oratore [traduttore], per uno che parlava…
Maria: questo non me lo ricordo
Kai: tu, tu mi hai detto… e poi lo hanno tolto di prigione per fare questo lavoro di
traduttore…
Maria: ma questo nella seconda guerra mondiale?
Kai: no prima.
Maria: nella prima guerra mondiale, però non me lo ricordo.
Kai: si, si, e anche lui mi diceva che giocava a biliardo con il sindaco della città di New
York.
Adorna: ah, giocava a biliardo… babbo giocava molto: babbo giocava a carte, a biliardo…
Maria: come si chiamava?
Kai: La Guardia
Maria: La Guardia
Adorna: ah, sii? Io non lo sapevo.
Maria: il sindaco La Guardia che era il sindaco di New York. Ed erano tutti e due (perché
a quei tempi, nella prima guerra mondiale?)
Kai: si
Maria: l’Italia è stata alleata con gli americani.
Kai: si
Maria: per cui molti americani hanno combattuto in Italia nella prima guerra mondiale, e
infatti io qualche volta li ho conosciuti: “ah, si, in Italia… io ci sono stato … nella prima
guerra mondiale…” e molti erano figli e nipoti di italiani. Erano italo-americani e La
Guardia era uno di questi, italo americano, che poi dopo, dopo diventò sindaco di New
York.
Kai: si
Maria: dopo, quando ha fatto carriera è tornato a New York… poi raccontava babbo
un’altra storia per dire quant’era … quant’era distinto e ben educato il duca d’Aosta.
Un’altra volta era in un banchetto dove c’era il duca d’Aosta …
Kai: questo vuol dire…
Maria: duca d’Aosta. Duca d’Aosta vuol dire un duca…
Adorna: fratello del re, era.
Maria: che era fratello del re
Adorna: cugino
Maria: o cugino ed era duca di questo ducato in Aosta, in Piemonte. In Piemonte c’è una
cittadina che si chiama Aosta, Asti, Aosta e lui era duca di questa contea, di questo
ducato … ma che belle scarpine Adorna!
Adorna: si, dai adesso non infierire… (ride)
Kai: Maria! Maria! Come? … Cambia discorso! (ride)
Maria: ma è più bello così, no? E allora, dice quant’era educatissimo quest’uomo, era una
tavolata lunghissima, Kai, babbo arrivò un po’ in ritardo e stava seduto in fondo, in
fondo, lui stava in cima, e ad un certo momento avevano tutti finito a mangiare e il duca
si alza e si alzano tutti. Tutti i soldati si alzano, i capitani, i maggiori, perché lui doveva
essere il primo ad alzarsi. Lui si alza e sta per uscire dalla stanza quando vede che babbo
ancora sta mangiando ritorna al suo posto, tutti seduti per aspettare babbo che doveva
finire a mangiare. Ha detto “quanto era…”… vedi che …”
Kai: tuo padre non si era alzato? (ride)
Maria: no, no, lui… bhè lui aveva visto … lui adesso esce io finisco a mangiare, magari
aveva fame, eh?
Kai: (ride)
Maria: si, ogni tanto raccontava qualche storia così… ogni tanto.
Adorna: si, si, e mamma diceva “tu, Ugo, dovevi rimanere a comandare una caserma!”
“una caserma di soldati, dovevi…”
Maria: di soldati… doveva essere generale!
Adorna: dovevi fare
Maria: era un generale, veramente, per quello che era; era un generale anche con noi,
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con tutti.
Adorna: ma infatti, quando babbo rimase prigioniero e in Italia successero tante cose,
no? Tra le quali … anche quando morì Gabriele, no?
Kai: si
Adorna: ah, dopo raccontiamo una, si, importante… eh… mamma, no, mamma e tutti fu
detto: “forse è stato bene che babbo era prigioniero!”
Kai: esatto
Adorna: “perché se stava qui…”
Maria: si sarebbero ammazzati…
Adorna: avrebbe… insomma non sarebbe stato fermo, tranquillo, no. Allora quando lui
era sposato da poco e stava a Camerino, Came
[interruzione audio]
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Adorna e Maria Marini 3/3
Adorna: un’altra storia di babbo, che raccontavano: erano sposati da poco, erano a
Camerino, e babbo veniva tutte le domeniche, tutte le feste a Pieve Torina dalla mamma,
perché lui era molto attaccato alla mamma e alle sorelle, più che al babbo e a zio Ivo. Si,
palava sempre di… Io non so bene, non ricordo, so che c’era un corteo
Kai: corteo vuol dire?
Adorna: un corteo politico, come un… un corteo!
Maria: c’era un discorso, qualcuno faceva un discorso
Kai: si, si
Adorna: e in questo corteo, però io non ti so dire se, per quale motivo…
Maria: c’era chi era fascista e chi era antifascista
Adorna: in questo corteo c’era, che era anche amico di babbo, un Benzo Antonelli,
avvocato, che come dice Maria o era sindaco o era stato sindaco, non so… Babbo
credette opportuno che questo qui non doveva andare a questo corteo, allora babbo andò
là, forse prima ebbe una discussione con questo, non lo so, so che gli dette un cazzotto.
Lo picchiò. Un pugno. Lo picchiò. Naturalmente questo lo ha denunciato e babbo fu
condannato a sei mesi di esilio, cioè per 6 mesi lui non potette venire a Pieve Torina. Lui
aveva l’ufficio postale di Camerino, e per sei mesi non… ebbe questa condanna.
Maria: è che veniva a Pieve Torina ogni sabato, anzi mamma diceva non ogni domenica,
tornava dalla madre ogni festa. Quindi se durante la settimana era San Giovanni, Santo
Stefano, Sant Antonio, tornava anche durante le feste.
Adorna: per la mamma! E tutte le volte portava la cioccolata. Alla mamma gli portava la
cioccolata.
Giuseppina Mazzolini e Ugo Marini con i nipoti Roberto e Gabriele
Maria: io è lì che ho preso … da nonna… Mazzolini
Adorna: perché nonna la cioccolata la nascondeva. Faceva come Lucio con la sorella:
nascondeva la cioccolata perché la mangiava solo lei, non la dava neanche ai figli! Al
marito poi niente.
Maria: il marito non c’era abituato…
Adorna: non c’era abituato, faceva il contadino! Come me che faccio la contadina
adesso… eh… Poi babbo tante cose babbo…
Kai: si. Fausto mi ha detto che Ugo era un fascista, ma lui aveva un argomento… qualche
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cosa che … era stato fascista di Camerino e per quella ragione che lui andò a Foligno?
Adorna: ah, no, no. Lui andò… a Foligno babbo andò perché vinse il concorso, non perché
per via della politica, Maria. Babbo cominciò…
Maria: Fausto ha detto questo? Ma è folle.
Adorna: ha detto Fausto, ma no, perché babbo poi dette un’altra volta il … allora c’erano i
concorsi: secondo tu come avevi… da Foligno andò a Ferrara. Lui aumentava sempre,
sempre aumentava di grado perché lì si andava a gradi insomma. Una volta … eh… no,
no, io non ho mai saputo questo, Maria.
Maria: no, nemmeno io.
Adorna: ma magari avrà avuto sì dei problemi, perché babbo litigava con tutti! Quando
ritornò da Milano babbo si presentò in comune nella lista della democrazia cristiana, te lo
ricordi?
Maria: a Pieve Torina o a Camerino?
Adorna: Camerino. A Camerino l’abbiamo votato noi! Io mi sembra che il primo voto…
Maria: io venni da Milano per votarlo.
Adorna: per votare babbo. E fu eletto. Fu eletto e lui era… non era sindaco, però…
Maria: assessore
Adorna: assessore.
Kai: di dove?
Adorna: del comune di Camerino. Cominciò, cominciarono a comandar a prendere decis
Kai: questo è dopo Milano.
Adorna: si, si. Quando da Milano ritornò a Camerino. Aveva 65 anni, 64… 60, dopo i
sessant’anni. Che dopo un po’ andò in pensione. E naturalmente tutto quello che
facevano a babbo non andava bene, Kai. Effettivamente aveva ragione: c’era un certo
Cingolani che era elettricista, è anche lui amico di babbo (che la figlia veniva a scuola con
te); quando c’erano… nel comune c’erano le ditte che dovevano fare un lavoro, no?
C’erano come si dice…
Maria: i concorsi
Kai: gli appalti
Adorna: cioè ci sono tante ditte che fanno…
Kai: gli appalti
Adorna: gli appalti! Elettricista… lo prendeva sempre questo Cingolani, capito? E invece
babbo non voleva. Voleva le cose giuste, allora cominciò a litigare con uno, litigò con un
altro, alla fine dovette dimettersi perché non … le cose erano tutte fatte male. Per quello
che raccontava babbo era vero. Era vero. Perché si metteva anche contro gli amici!
Contro Cingolani te lo ricordi?
Maria: ehh, pensa, io non lo sapevo.
Adorna: eh, dopo c’era un altro per esempio che faceva l’elettricista ed era poveretto
(Cingolani era ricco, era proprio…) siccome lui era iscritto alla democrazia cristiana,
Cingolani, l’altro no, babbo queste cose non le poteva vedere.
Maria: le ingiustizie
Adorna: le ingiustizie non le poteva vedere e fu costretto a andar via.
Maria: si lo cacciarono quasi via
Adorna: fu costretto ad un certo momento perché… litigava con tutti. Ma litigava
giustamente.
Kai: anche (forse Venanzo mi ha detto) che lui litigava con qualcuno in Africa: aveva
scoperto un collega che aveva venduto benzina a…
Adorna: a sì, può darsi. Io ho sentito, questo della benzina no, io sentii solo che babbo
non poteva vedere quelli della croce rossa. Della croce rossa babbo diceva che non erano
onesti (c’ha sempre detto) perché quando ci fu questa ritirata, tutti quanti (i maggiori)
portavano via l’argento (perché allora quando andavano a pranzo questi colonnelli
avevano tutte robe… gran lusso, Kai, tutte robe in argento) e anche la croce rossa dice
che portavano via, rubavano. Rubavano.
Maria: pensavano che facevano un’opera buona, no?
Adorna: tu pensavi, magari si, tu davi 10, 5 l’avranno date ad opera buona, ma babbo
voleva che se tu davi 10 ne dessero 11 per opera buona, lui; hai capito Kai?
Kai: si, si.
Adorna: ecco. A noi ci ha detto sempre male della croce rossa.
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Kai: anche i soldati americani hanno detto sempre male della croce rossa.
Adorna: a si? E babbo è tornato… Babbo diceva
Maria: “non date un soldo alla croce rossa”
Adorna: ecco, e poi diceva che i suoi capitani, colonnelli, son tornati a casa tutti con la
roba. E babbo non è tornato neanche con un cucchiaino, per dire, no? Per dire la
differenza.
Kai: si, si. E allora adesso voi siete “piccole italiane” in Ferrara?
Maria: siamo "piccole italiane”!
Kai: parla di quello…
Adorna: e si, però qui Kai, di Ferrara io so partita e non so più tornata.
Maria: abbiamo chiesto anche a Venanzo se si ricordava…
Adorna: eh, ma però Venanzo non vuol dire
Maria: Venanzo non vuol dire qualcosa,
Adorna: Venanzo non vuol dire perché io gli ho detto “Venanzo…”
Maria: non vuol parlare.
Adorna: “Venanzo per favore dimmi se io ho pianto, se io ho… perché io non ricordo
proprio niente!” Allora lui ha detto: “no, sei andata perché avevamo bisogno della
tessera…”, però la cosa è finita così senza… non so se io ho subito. Io non mi ricordo
perciò non ho subito niente, Kai.
Kai: si, si.
Adorna: io so che a Ferrara non so più tornata.
Kai: tu andavi da zia…
Maria: Blandina, a Vari.
Adorna: da zia Blandina… si, ecco Venanzo ha detto che quando loro son tornati, che io
parlavo in dialetto
Maria: marchigiano.
Adorna: in dialetto… infatti io ricordo quello che dice Maria, che lei mi raccontava una
cosa e io… Però io avevo soggezione: per loro … non è che quando li ho visti ho fatto …
ero contenta quando io li ho visti, io non ricordo, Maria: perché a quell’età che sei un
anno distaccata… non ti ricordi
Adorna: non ricordo proprio se quando ho visto mamma se ho fatto festa, non ricordo
niente. Ricordo solo che Maria mi raccontava una storia, ma non ricordo che storia…
Maria: ti dissi: “hai saputo, lo sai che andiamo ad abitare giù dall’ufficio postale”
Adorna: ahhh
Maria: erano riusciti a mandar via…
Adorna: Filipponi
Maria: Filipponi dalla casa, non dall’ufficio. Sarebbe rimasto nell’ufficio, ma noi andavamo
nella casa. Entravamo…
Adorna: nel… come quando Kai è venuto…
Maria: dal giardino, mi sembra?
Adorna: si, anche quando è venuto Kai si entrava dal giardino.
Maria: si, si entrava dal giardino. E murarono la porta che adesso da sulle scale, no? E io
dissi “sai che andiamo…”, io ero tutta contenta, non so perché. Perché mi piaceva questa
casa, però credo laggiù… c’era più gente, c’era… si giocava forse, c’erano più …
Adorna: e non c’erano zia Vincenza e zio Ivo!
Maria: Gabriella Bellanti, no?
Adorna: ma non c’era, dico, neanche …
Maria: e non c’era zia Vincenza che con mamma si stuzzicavano, sai Adorna.
Adorna: no, infatti non c’era zia Vincenza perché zio Ivo non credo che abbia dato…
Maria: eh, oh, zio Ivo per tanti anni solo zio Ivo, mamma cucinava anche per lui… è stato
sempre bello. Ma quando arrivammo e zia Vincenza aveva questa torta sul tavolo e
mamma disse “ma che bel pensiero, che pensiero gentile, Vincenza mia!” no? Perché noi
eravamo tutti stanchi, mamma mi ricordo con Giovanni in braccio, tu piccolina… Perché
anche se tu c’avevi solo due anni meno di me, ma eri tanto più piccolina.
Adorna: ma io uno meno di te!
Maria: ma… anche due! Eri tanto più piccolina! Perché non mangiavi!
Kai: (ride)
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Adorna: anche tre, diciamo, va!
Maria: non mangiavi, Adorna, ti ricordi? Che dovevamo raccontarti…
Adorna: appunto! adesso io vorrei venire qui …
Maria: mamma ti imboccava…
Adorna: vorrei venire qui a lavarti i piatti perché tu mi dici sempre che mamma diceva
“lasciamola fa …” e tu lavavi i piatti.
Maria: “lasciala giocà” no, io asciugavo, mamma lavava sempre i piatti.
Adorna: ah. Sennò vorrei venì qui a contraccambiare!
Maria: ah, ah, hai capito?
Adorna: lei ha lavato per me… adesso io lavo per te!
Maria: è quello che dico io alle figlie no? Mi rimproverano perché loro non hanno vestito
mai bene, mentre le amiche loro erano sempre vestite con tutti questi “nomi” no? E
invece loro erano sempre quelle più modeste e allora io adesso ogni tanto (quando è il
compleanno e …) gli do i soldi invece. Dico: “andata a comprare tutti i vestiti più belli del
mondo!”
Adorna: che volete? (ride)
Kai: ecco; allora, parla un po’ dell’esperienza come “piccole italiane”
Adorna: no, io ce so stata poco perché dopo so venuta via, Kai. Ho fatto solo una… una
sola volta. E mi ricordo quando è morto… era Italo Balbo che morì?
Maria: o Ciano…
Adorna: Ciano? mi ricordo che…
Maria: era il marito della figlia di Mussolini.
Adorna: che mettemmo fuori, a Ferrara, la bandiera e fu messa a lutto. E mi ricordo
Maria: c’era un nastro nero.
Adorna: un nastro nero che mi sembrava un’idea. Perché… che era la cravatta nera di
babbo!
Maria: può darsi.
Adorna: embè adesso mi è venuto!
Maria: mamma mica andava a comprà il fiocco.
Adorna: però vedi che ricordi uno ha?
Maria: queste stupidaggini… questo è un bel ricordo!
Adorna: infatti adesso, quando Lucio c’è… festeggiano la libertà… no? Invece lui fa lutto!
Lui fa lutto, mette fuori la bandiera e la lega con un nastro nero no? Cerca un nastro e gli
ho detto “prendi la cravatta, nera, come ha fatto mamma!”
Maria: certo
Adorna: però magari non è vero, Kai! Magari è un’idea mia così…
Maria: ma però va bene, combacia molto con…
Kai: questo quando?
Adorna: però a Ferrara, perciò, dopo…
Maria: quando Mussolini dette ordine di uccidere il marito della figlia.
Kai: il marito della figlia: quello era molto tardi.
Adorna: che anno era però? Era molto tardi come dice Kai.
Maria: verso la fine della guerra.
Kai: si
Adorna: no, no, non era quello lì. Era… doveva essere un grand… a me me sembrava…
che nome ho detto io?
Maria: Italo Balbo. Può darsi Italo Balbo?
Kai: non lo so.
Adorna: no, non lo so. Io so che era morto un pezzo grosso dovevamo mettere la
bandiera a lutto e ho sempre pensato a Italo Balbo che poi invece magari non c’entra.
Kai: si, forse è Italo Balbo.
Maria: ma forse era Italo Balbo, mi sa, si forse era… … tutti insieme…
Adorna: ah, poi volevo chiedere a Venanzo se è vero che andavamo, piccoline, lì da
quello che vendeva il vino… a levare l’etichette sui fiaschi.
Maria: ah, a levare l’etichette sui fiaschi, bhè, ma quello lui non se lo ricorderebbe
Kai: che cosa facevi?
Adorna: io, ma non è vero magari.
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Maria: c’era sotto a noi, sotto l’appartamento nostro, c’era un grande magazzino che
vendeva il vino, vendeva vino nelle damigiane, nelle botti, in tutti i modi…
Adorna: era un cortile grandissimo, Kai, c’entravano col camion: era un cortile, metti, da
là fino a qua. Molto grande.
Maria: e io me lo ricordo perché io rubavo i tappi delle botti, perché so belli grossi, no? E
ci facevo le casine per il presepio.
Kai: ah!
Maria: come avevo visto a fare questo amico nostro a Foligno, il figlio dell’amico di
mamma a Foligno, no? Che mi ha… per tutta la vita! Io adesso faccio collezione di
presepi!
Adorna: come Luigino.
Maria: come Luigino: non l’ho detto perché sennò me ne dava uno subito, no?
Adorna: embè? Era meglio che lo dicevi! (ride)
Maria: ma anche lui tutti piccolini? Io ce n’ho uno così, Adorna, proprio così con le
figurine piccolissime
Adorna: davvero?
Maria: che viene dal Messico.
Adorna: da quand’è che lo fai? Da quanti anni?
Maria: uno dal Messico, uno dal Guatemala… quando vedo qualcosa, specialmente quelli
di altri posti, no? Ma ce n’avrò una decina. Dopo facendo, cambiando casa, Adorna mia,
ma lo sai che non c'avevo nemmeno uno scaffaletto così da mettere niente! Ma lo sai che
non mi so portata nemmeno il ferro? Il ferro...
Adorna: da stiro
Maria: no il ferro da stiro... la tavola per stirare, perchè non c'avevo posto: tutti gli
armadi a muro tutti pieni, e non c'avevo posto per cui li ho messi su un coso di plastica;
dico bhe, li terrò sulla plastica, su un sacchetto finchè non trovo posto... però non c'era
posto per il sacchetto, Adorna mia. Noi quando arrivammo all'appartamento, il giorno
dopo o la stessa sera del trascloco
Kai: dove?
Maria: a Chicago
Kai: oh, questo non...
Maria: Dete, a dete street, il giorno dopo incontravamo la gente nell'ascensore, no? Io
cercavo di fare amicizia, dico: "Hello, io sono Maria Nebel e questo e mio marito Kai
Nebel..." "ah, voi siete quelli dei tanti mobili? voi siete arrivati ieri con tanti mobili?"
Perchè le regole sono che per le 4 deve essere tutto a posto perchè l'ascensore deve
essere lasciato per quelli che tornano dal lavoro. Ci sono due ascensori, però tutti e due
devono essere usati da quelli. E noi posponemmo di mezzora, Adorna mia, questi poveri
ragazzi che poi gli demmo un extra, 10 dollari extra perchè giovani...
[interruzione audio]
Maria: allora adesso a Ferrara è finito perchè è partita Adorna...
Kai: no, tu non hai parlato dei...
Adorna: no tu dopo che hai fatto?
Maria: io della "piccola italiana" mi ricordo solo che arrivai tardi, stetti la davanti al tutto
lo squadrone e mi sentivo imbarazzata perchè non sapevo se andavo troppo forte... Tu
devi andare al passo, no? Io non sapevo andare al passo, nemmeno... Oppure dovevi
andare sicura che tutte le altre andassero al passo, insomma, mi sentivo un pò nervosa,
però nello stesso tempo orgogliosa perchè tutte a guardarci dalle finestra, a battere le
mani, sventolavano le bandiere...
Adorna: anche tu fu poi l'ultimo? Non ne hai fatti più poi di saggi?
Maria: di saggi quello fu l'ultimo.
Adorna: eh, vedi, fu l'ultimo, Kai.
Maria: fu l'ultimo perchè poi la guerra, poi andammo a Pieve Torina.
Adorna: ecco, dopo ci fu... no, dopo tu rimanest, voi rimaneste un anno ed io venni a
Vari.
Maria: tu andesti a Vari...
Adorna: e babbo partì?
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Maria: quindi noi l'anno dopo allora andammo a Pieve Torina, l'anno dopo per sempre.
Adorna: quando andammo a casa Filipponi...
Maria: no, prima venimmo qui. L'incontro con te fu qui.
Adorna: qui, me ricordo, sulle scale.
Maria: vicino alla porta, vicino alle scale.
Adorna: io adesso non ricordo se quelle scale o queste scale
Maria: penso queste perchè c'era quella porta, c'era il muro e tu dicesti
Adorna: io so quasi sicura che era a metà scale lì perchè mi ricordo questa grande luce,
mi ricordo queste scale grandi...
Maria: allora sarà così
Adorna: però, mi ricordo, però non è detto.
Maria: ma io ero tanto... mi ricordo che ero eccitata, perchè vedevo mia sorellina, che
volevo e che volevamo ... saremmo andati giù... chissà perchè andando giù mi sembrava
di andare in città! In città.
Adorna: ma anche la casa, no?
Maria: forse la casa più moderna... forse la casa più moderna, ma no proprio mi
sembrava di andare in città, vicino ai negozi, capisci? E allora ero molto eccitata e tu
dicesti "lo sapìu!" A me mi si gelò il cuore ti devo dire, Adorna, perchè in quel momento ti
sentii che
Adorna: ero un'altra!
Maria: che venivi da un'altro mondo!
Adorna: infatti io, per me erano tutte persone estranee.
Maria: venivi da un'altro mondo.
Adorna: no, io... ma perchè io avevo dimenticato così?
Maria: perchè forse zia Blandina non te ne parlava molto e siccome non c'era il telefono
Adorna: ma no, mi ricordo le lettere. Ricordo le lettere di zia Laura che scriveva... le
lettere di mamma no che da me, per me non mi ha scritto mai nessuno.
Maria: vedi?
Adorna: non ricordo mai di aver avuto una lettera.
Maria: quindi
Adorna: no, ma magari...
Maria: non avendo le lettere, non parlando con nessuno magari per telefono...
Adorna: no, ma magari hanno scritto: so io che non ricordo!
Maria: ma no.
Adorna: so io che non ricordo.
Kai: non c'era il telefono.
Adorna: io ricordo solo questo fatto che zia... che si pensava sempre a voi a Ferrara che
non avevate da mangiare.
Maria: eh, sì, quello è vero.
Adorna: questo era un incubo di zia Laura.
Maria: ma questa stupida zia Laura che diceva "fai i pacchi!" Zia Blandina ci mandava i
pacchi con una grande fila di pane, Kai, così! Ma per quando arrivava era il pane era
secco, secco. Mi ricordo che mamma lo metteva a bagno, però non era, non ci sfamava
come quello fresco, no? Però senz'altro aiutava perchè mamma ci faceva il brodo, no? ci
faceva cose...
Adorna: eh, io non capisco poi perchè zia Laura, lei stava in ufficio postale, era più al
centro...
Maria: più vicina
Adorna: l'ho chiesto a Venanzo, Venanzo non risponde.
Maria: non risponde
Adorna: cioè, o non ha capito la mia domanda.
Kai: ci sono certe cose che Venanzo non vuole dire?
Adorna: no! Magari non ... non lo so!
Maria: Venanzo non è per ricordare troppo: bisogna andargli davanti.
Adorna: anche Giovanni, eh?
Maria: bisogna essere presenti e davanti.
Adorna: anche Giovanni; Giovanni dice: "lascia perdere".
Maria: perchè lui stesso non vuol pensarci.
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Adorna: anche lui non...
Kai: la vita è qui a Pieve Torina a quel tempo? Com'era?
Maria: la vita a Pieve Torina era di una semplicità estrema. Tutto semplice semplice
semplice. I divertimenti erano tra
Adorna: tra compagni.
Maria: tra compagni, tra amiche, ma tutte fatte a mano. Per esempio tic-tac-to: si faceva
il disegno sulla strada, sul pavimento
Adorna: sul monumento
Maria: sul monumento, giocavamo sul monumento, infatti giocavamo molto e a quel
tempo era molto amica la nipote di Irma. Irma quella che fece...
Adorna: Maria Luisa.
Maria: Maria Luisa, che poi è andata in Belgio...
Adorna: no, no no.
Maria: sai che fine ha fatto?
Adorna: è a Cappadocia.
Maria: a Cappadocia?
Adorna: sta a Roma, sposata con figli.
Maria: ah, bene, bene. Diventammo amiche quell'estate, ti ricordi?
Adorna: si lei solo d'estate, pechè veniva solo d'estate.
Maria: solo d'estate, pechè lei veniva da Roma...
Adorna: però non ... Erano poche le famiglie che babbo e mamma ci mandavano. Non
avevamo molto...
Maria: molte amiche.
Adorna: mamma preferiva che le compagne venivano a casa, ma se noi dovevamo
andare a casa di un'amica, venivano (veniva Bianca) venivano le amiche e dicevano: "
sor Ugo, che manda Maria e Adorna a casa stasera?" Babbo diceva sempre di si. Però, ti
ricordi? Se non gli andava bene la famiglia o non gli andava bene che noi uscivamo, a
mamma gli diceva: "adesso tu fai in modo di non mandarle!"
Maria: digli di no.
Adorna: hai capito? era mamma. Lui diceva ...
Maria: lui diceva di si perchè voleva essere...
Adorna: generoso
Maria: e voleva essere simpatico, voleva che noi gli volessimo bene, però a mamma
diceva "tu digli di no".
Kai: perchè?
Maria: perchè non gli piaceva il padre, la madre...
Adorna: non voleva, non... non piaceva che noi uscivamo: babbo non era molto
contento. Ci teneva molto... io me ricordo babbo non...
Maria: si, si, eh, figuriamoci.
Adorna: zia Laura, avevamo già 20 anni Maria, anche più... zia Laura era ospite... è
l'ultimo dell'anno, era qui da noi a Pieve Torina, e noi andammo a casa di una famiglia
che si chiamava Rossetti che c'aveva due figlie come me e Maria
Maria: Bianca Maria e la sorella erano
Adorna: ah, Bianca Maria e la sorella; e andavamo a giocare... in tanti eravamo, tanti di
Pieve Torina, tanti ragazzi e ragazze e andavamo a giocare per aspettare l'anno nuovo.
Zia Laura non voleva, ti ricordi? Allora Kai...
Kai: che età avevate? c'era la guerra?
Adorna: più di vent'anni, avevamo vent'anni...
Kai: ...più tardi, dopo la guerra.
Adorna: si, si, si, si. Perciò 20 anni Kai, era nel 50... 52, 53.
Kai: si, si.
Adorna: anche babbo era qui... E allora... si eravamo tornati da Milano, nel 54 sarà stato.
Allora noi eravamo a giocare, Kai. Sai cosa fece zia Laura? Prima non voleva che
c'andassimo, diceva "Peppina non mandarle!" Poi alla fine, quando era verso le 11 e
mezzo, ci vennero a chiamare a me e a Maria di andare subito a casa perchè zia Laura
stava morendo! Ma te lo ricordi? Tornammo a casa prima della mezzanotte e trovammo
zia Laura nella camera dove dorme Roberto, mi ricordo, che stava male, che doveva
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morire... Hai capito?
Kai: si
Adorna: come eravamo noi?
Maria: l'influenza di zia Laura su noi e su babbo anche perchè babbo pure era così.
Adorna: perchè babbo voleva molto bene, più a zia Blandina forse, però voleva molto
bene alle sorelle e a zia Laura; e allora era influenzato dalle idee di zia Laura. Zia Laura ci
diceva che dietro lo specchio c'era il diavolo, Kai. Non ci dovevamo specchiare!
Kai: mamma mia.... Mamma mia!
Adorna: siccome io ero stupida, non mi specchiavo. Maria no! Maria non ci credeva.
Maria: non ci credevo, facevo così... (ride)
Adorna: io invece ci credevo che dietro lo specchio... "No! Dietro lo speccio c'è il diavolo!
Non vi specchiate!"
Kai: mamma mia!
Adorna: tu pensa: eravamo piccole così... fino a che... non è morta.
Kai: questo lei diceva sempre a voi?
Adorna: a noi, sempre! Poi dopo noi andavamo al mare da zia Laura, io e Maria
andavamo al mare: quando mamma non veniva più... andavamo da zia Laura. Zia Laura
ci portava alla mattina dalle suore! Ti ricordi? Noi eravamo sempre dalle suore. Con tutti
bambini, pieno pieno, noi eravamo lì...
Maria: e non ci guardavano nemmeno...
Adorna: con tutti trovatelli: chi erano?
Maria: si, un orfanotrofio.
Adorna: un orfanotrofio: ci mandava lì, mica andavamo alla spiaggia eh? mica ce
mandava in spiaggia...
Kai: mamma mia.
Maria: bhè, torniamo indietro quando eravamo a Pieve Torina, durante la guerra ancora,
non era finita
Kai: si, si.
Maria: e allora... però si mangiava meglio perchè c'avevamo...
Adorna: zia Blandina
Maria: ...il contadino e quindi c'avevamo il grano, e anche infatti mamma dava il grano
alle persone, lo dava via perchè c'erano tante persone che avevano bisogno di mangiare
e non c'era. E rimase tanto male quando un giorno vennero i carabinieri a casa a vedere
pechè gli avevano fatto la spia! Avevano detto che mamma aveva grano nel magazzino,
e trovarono 2 o 3 sacchi di grano e gli fecero la multa! E lo faceva per opera di bene, no?
Lo dava proprio alle persone, alle persone: mi ricordo come ci rimase mamma!
Adorna: si, noi quando eravamo piccole, Kai, il venerdì, due giorni la settimana, una
volta mamma una volta zia Margherita, ci mandavano a portare il pranzo a due vecchie.
Poverette: una era, te la ricordi? Alla Rocca...
Maria: alla Rocca si, ma il nome non me lo ricordo.
Adorna: si chiamava... oddio, vabbè, non me viene in mente.
Maria: una vecchietta era; e un'altra? a Capecchiara?
Adorna: eh, non me ricordo. Erano due, sia mamma che la sorella Margherita
Maria: la madre di Gian Battista
Adorna: la mamma di Gian Battista. Allora noi una volta la settimana vacevamo questa
carit... andavamo a portargli il pranzo, te lo ricordi? Ginevra! Una si chiamava Ginevra.
Ginevra, che una volta, me ricordo, la trovai che fumava il sigaro! Fumava il sigaro, Kai!
Maria: si, si; ma mamma no, queste cose non è che... se è un'altra persona dice "se
fuma il sigaro io non glielo porto da mangiare, no?"
Kai: si, si.
Maria: potrebbe spendere quei soldi... mamma accettava questi difetti delle persone...
Kai: ma questo grano, lei aveva il grano nel magazzino: che poteva fare senza grano?
come potevano fare la multa se...
Adorna: perchè si portava all'ammasso, Kai: il grano, quello che era in più, si doveva
portare allora se diceva "all'ammasso".
Kai: all'ammasso?
Maria: dovevi darlo al comune
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Adorna: dovevi darlo al comune, loro magari lo pagavano un pò, senz'altro, capito? però
era obbligatorio.
Kai: ah, capito.
Adorna: per te ne potevi tenere tanto, però non più di quello.
Maria: dovevi denunciare tutto quello che c'avevi, tutto. E io mi ricordo sotto i letti pieno
di patate, un'altro letto pieno di mele ... quindi c'era abbondanza per mangiare, per
questo mamma tornò a Pieve Torina, proprio per queste ragioni, perchè non avevamo
tanto cibo a Ferrara. E poi anche i bombardamenti erano cominciati...
Adorna: e perchè poi babbo non c'era più che lavorava a Ferrara, babbo non c'era...
Maria: non c'era bisogno che stessimo a Ferrrara, babbo era già partito. Quindi era molto
più semplice e però più sicura. Più sicura. Andavamo a Camerino a studiare, no? Con
l'autobus.
Adorna: dopo andammo in collegio però noi!
Maria: ah, vero: in principio in collegio, credo dopo andammo...
Kai: collegio di...?
Adorna: dalle suore!
Maria: e tu che ricordo hai del collegio delle suore?
Adorna: io il collegio delle suore ho il ricordo di una suora che quando si arrabbiava
diceva: "te possa venì la gobba di cioccolata! Così te la mangi..." Te la ricordi quella li?
Maria: nooo!
Adorna: "te possa venire una gobba di cioccolata!"
Kai: ah, si
Maria: così te la mangi...
Adorna: bhè, era una cosa bella no? La gobba di cioccolata...
Maria: perchè la suora non può dire "che te possino..."
Adorna: perchè le suore, Kai, avevano un reparto che tu, ragazze, non potevi entrare.
Nella cucina, nelle camere, perchè loro dormivano in ogni camerata... eravamo tante, te
ricordi?
Maria: tantissime
Adorna: in ogni camerata in fondo c'era una... come un separè con la tenda che lì
dormiva una suora, per controllare tutti noi; dovevamo... zitti! Poi la preghiera, il rosario,
no? Lei però dietro la tenda perchè non si dovevano far vedere senza cuffia, senza ... e
poi non potevamo entrare in cucina. Allora me ricordo che io, eravamo con altre ragazze,
che quando vedevamo le porte aperte andavamo in cucina a vedere, no?
Kai: si, si.
Adorna: allora questa suora che diceva: "te possa venire la gobba di cioccolata"! (ride)
Me lo ricordo sempre.
Kai: (ride) ... la gobba di cioccolata...
Adorna: perchè loro non devono dire...
Maria: come zia Margherita che diceva "mannaggia ai pesci fritti sulla padella!" (ridono)
Adorna: non dicevano le parolacce, Kai
Kai: si, si.
Adorna: adesso diciamo le parolacce, no?
Kai: si, si.
Adorna: allora questa della gobba di cioccolata... Gabriella Bellanti vedrai che se lo
ricorda: glielo voglio chiedere.
Kai: si, si. E quando vennero i tedeschi?
Adorna: ah, quello fu brutto, quello fu un periodo brutto, di paura. Io avevo tanta paura.
Kai: parla un pò di quello.
Adorna: bhè, perchè magari Maria si ricorda forse di più, perchè noi abitavamo sempre
quaggiù, qui dov'è casa adesso di Gabriele e Roberto, però alla mattina andavamo alla
Rocca a casa di zia Margherita perchè passavano di continuo questi tedeschi, Kai...
Maria: was the retrit
Kai: si, si.
Adorna: era la ritirata. Ah, io forse ho sbagliato, ho parlato della ritirata.
Maria: vai troppo in fretta.
Adorna: si, tu allora parla prima.
Adorna e Maria 3/3
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Maria: quando... ebbè si, quando vennero i tedeschi cominciarono...
Adorna: però prima, prima quando morì Gabriele, io parlo dopo.
Maria: bhè certo. Prima morì Gabriele e morì quando appunto c'erano i partigiani
Kai: si
Maria: i partigiani scendevano di notte a rubare, a prendere i soldi ...
Adorna: e andavano a casa dei fascisti
Maria: e andavano a casa dei fascisti, quindi andarono a casa di zio Duilio che abitava
vicino a noi
Adorna: Ceccarelli
Maria: e mamma sentiva che dicevano "dove stanno i soldi? dateci i soldi sennò
v'ammazzo!" Sentiva colpi... e chiuse tutte le finestre, tutte le porte perchè che poteva
fare una madre con sei figli senza il marito e Mario già stava...
Adorna: ce dormiva zio Ivo con noi
Maria: ce dormiva zio Ivo eh? Mamma già stava ... Mario già stava nascosto per star via
dai partigiani e dai tedeschi, da tutti. Era nascosto verso Muccia, no? In quelle montagne
verso Collattoni...
Kai: tu hai detto sopra Montecavallo
Adorna: sopra Montecavallo, si.
Maria: ho detto Muccia, intendevo dire sopra Montecavallo.
Adorna: sopra Montecavallo, a coso, si chiama, aspetta, dopo me viene in mente il
nome...
Maria: verso il ponte, sai, dal ponte andavi su...
Adorna: si chiama... Valcaldara?
Maria: bhè, non lo so
Adorna: Valcaldara mi sembra che il paese verso...
Maria: ma, mi ricordo che Venanzo andava su in bicicletta a portargli da mangiare...
Adorna: era insieme a tutti questi, Remo Cairoli ...
Maria: Mario era insieme a Nicola Scamaci e Venanzo c'aveva un segnale da rispettare:
se i tedeschi stavano in giro a Pieve Torina, metteva, su questo ponte lui metteva non so
un pezzo di carta, un qualcosa bianco, qualcosa bianco sul ponte, per cui loro vedevano
da lontano e non scendevano a prendere da mangiare, sarebbero venuti un'altra volta.
Perchè c'era il pericolo delle spie: anche se la grotta era ben nascosta loro dovevano
sapere se ... bhè questo Venanzo certo se lo ricorda...
Adorna: si, ha raccontato poco tempo fa, lo ha raccontato.
Maria: devono sapere... così non sarebbero usciti dalla grotta; se invece c'era un segnale
giusto potevano uscire dalla grotta, magari, e andare ...
Adorna: c'era un segnale sia da parte di Venanzo che da parte loro.
Maria: ma mi ricordo anche di un prete di Seggiole...
Adorna: don Mario
Maria: eh, don Mario, che veniva, confabulava, anche lui era un spia!
Adorna: eh, ma poi è andato, l'hanno messo in carcere, lo sai? E' finito male eh?
Maria: era una spia.
Kai: spia per i tedeschi?
Adorna: lui era un tipo molto, molto brillante e i ragazzi gli andavano molto appresso:
quello che diceva lui era molto.... capito? E allora lui ha combinato un pò di... fatto
molte... è andato a finire in galera anche dopo la guerra...dopo tutto...
Maria: veniva a trovare a mamma in cucina, mi ricordo mamma cucinava e lui lì che
parlava con Gabriele e forse a mamma non piaceva perchè voleva attirare Gabriele dalla
sua parte. E quindi tante cose so successe durante quel periodo.
Adorna: tante, tantissime.
Maria: e io avevo questo terrore che i tedeschi venissero e buttassero giù la porta che ci
separava dall'ufficio postale ... e ci... e ci ammazzassero.
Adorna: appunto dopo Gabriele, venne... facevano...
Maria: allora siccome avveniva questo di notte, ebbero questa idea di formare una specie
di guardia; una guardia nottura per non permettere a questi partigiani di venire nelle
case.
Adorna: per difendere i paesani.
Kai: si, perchè ci sono stati quegli slavi che sono stati in prigione a Colfiorito...
Adorna e Maria 3/3
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Adorna: si, si. Come sta succedendo adesso quelli che hanno preso quelle due ragazze,
no?
Kai: si, si.
Adorna: dice che l'hanno prese, che ha detto la il principe... ha detto che l'hanno preso i
delinquenti, diciamo. Una banda che non c'ha niente a che fare col governo ... l'ha detto
re Hussein, come si chiama quello...
Maria: si, si.
Adorna: che domani va a Roma, no?
Maria: quello della Giordania.
Adorna: quello della Giordania, si.
Kai: re di Giordania, molto bravo.
Adorna: molto bravo, dice, perchè il padre era molto bravo, vero?
Kai: si, si.
Adorna: ecco anche lì erano delle bande che non c'entravano niente, Kai, nè con i fascisti
nè con i comunisti.
Kai: si, sono stati i banditi.
Maria: erano banditi.
Adorna: erano banditi; dopo mi ricordo che ammazzarono uno di Foligno, che era andato
alla Rocca, che aveva ammazzato non so chi, che poi ci furono i funerali... lo seppellirono
fuori del cimitero! Te lo ricordi? Fuori del cancello.
Maria: me lo ricordo benissimo perchè mamma aveva perduto Gabriele nel gennaio del
25,
Kai: del 24
Maria: 25, gennaio
Kai: 25?
Adorna: si, 25.
Kai: 25 ok.
Maria: e 10 giorni dopo, a febbraio, 10 o 15, 2 settimane dopo, vennero a chiamare
mamma, dissero: "c'è un ragazzo dell'età di Gabriele, 20 anni, che sta morendo alla
Rocca nella casa di uno perchè l'avevano portato lì per aiutarlo, perchè era stato ferito
dai partigiani in uno scontro;
Kai: uhm
Maria: in uno scontro; allora lo portarono in questa casa alla Rocca per metterlo su al
letto, per vedere se potevano aiutarlo, non c'era nemmeno il dottore a quei tempi, non
esisteva nessuno. E allora...
Adorna: si, c'era magari però non ... difficile da trovare...
Maria: mi ricordo mamma che si mise il cappotto e andò su, si mise il velo e anche il
fazzoletto in testa, e andò su per assistere questo ragazzo ventenne a morire. Perchè era
proprio ferito molto grave.
Adorna: ci furono due morti però.
Maria: due?
Adorna: perchè uno lo seppellirono dentro al cimitero e uno lo seppellirono, te lo ricordi?
Maria: quello fuori, si.
Adorna: fuori del cancello. Quando tu...
Kai: perchè fuori?
Adorna: perchè allora Kai, se tu non eri...
Maria: cattolico
Adorna: avevi commesso, per esempio... se tu ti ammazzavi allora no? Come fu anche di
Gabriella ... non eri ammesso nè in chiesa, nè al cimitero, eh!
Kai: ah!
Adorna: poi è cambiato. Poi ci volevano permessi speciali... dimostravi..., ma allora se tu
avevi commesso qualche cosa non potevi entrare neanche al cimitero. E quello lì aveva
ammazzato appunto quell'altro e mi ricordo che lo seppellirono fuori del cimitero, fuori al
muro.
Kai: chi ammazzò?
Adorna: era uno di Foligno che era, come dici tu, un bandito, che aveva ammazzato
questo ragazzo che poi mamma andò ad assistere.
Maria: ma sembrava che fosse un incidente...
Adorna e Maria 3/3
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Adorna: ma no, no, fu una cosa grave. Per lo meno io la ricordo così. Ricordo che questo
funerale che ... uno buono e uno cattivo, ecco.
Maria: uno dentro e uno fuori.
Adorna: e infatti era uno dentro al cimitero e uno fuori del cimitero.
Maria: comunque mamma andò e lui gli parlò e gli disse di dare i suoi baci a sua madre,
disse di dov'era, era di Bevagna.
Adorna: ecco, vedi, Foligno, Bevagna...
Maria: e mamma tornò piangendo ... perchè...
Kai: si.
Adorna: si, quello è stato il periodo più brutto.
Kai: e i soldati tedeschi dove sono stati? sulla strada? a Camerino?
Maria: si mettevano, prendevano le case più grandi e facevano lì il loro centro.
Kai: questo è prima di questa ritirata.
Maria: prima della ritirata
Adorna: prima della ritirata, si.
Maria: prima della ritirata erano buoni, erano bravi...
Adorna: ma no, anche nella ritirata, cioè, se tu non davi fastidio... a noi non hanno mai
dato fastidio. Mi ricordo che mamma raccontava...
Maria: ah, poi io racconto sempre questo, anche in America lo racconto...
Kai: questo è la ritirata?
Maria: questa è la ritirata, però è simile, Kai.
Adorna: è simile, è tutto...
Maria: perchè anche prima loro andavano dal Sud a Nord. Venivano da Roma e si
fermavano nei paesi sulla strada: a casa di zia Blandina si fermarono, si fermarono...
volevano fermarsi qui. Per fortuna Teresina, perchè dice "qui grandi signori, grande casa:
dove avete tutte le cose?" No? Volevano l'argento, volevano i soldi... e Teresina disse:
"ma no, casa non nostra, noi siamo in affitto!" Diceva, per far vedere che non era ricca,
non voleva dire che era ricca, dice: "noi in affitto, questa casa non è nostra!" E allora non
si fermarono qui, ma vennero giù, a casa di Gabriele e Roberto, volevano fermarsi lì! Ti
ricordi? Tu c'eri?
Adorna: perchè gli dissero: "qui, in questa casa c'è stato un morto!" Mamma
raccontava...
Maria: lui vide,vide la fotografia di Gabriele tra nonno e nonna...
Kai: questa è la ritirata?
Adorna: questo nella ritirata
Maria: nella ritirata. Si è vero, ma è questione di mesi.
Adorna: è sempre tutto un pò mescolato.
Maria: è tutto un miscuglio, Kai, è difficile. Quando non erano in ritirata facevano la
stessa cosa: si fermavano nelle grandi case, ammazzavano la vacca, mangiavano la
vacca o ammazzavano il maiale, ammazzavano tutto quello di cui avevano bisogno.
Prendevano tutto, quindi hanno continuato così anche nella ritirata, andando da un paese
all'altro e da Pieve Torina infatti andarono a Camerino. E a Camerino, si fermarono anche
a Camerino e infatti quando vennero gli americani, Venanzo fu il primo ad entrare a
Camerino in bicicletta! Perchè i tedeschi erano partiti da Camerino, avevano lasciato
Camerino, e Venanzo arrivò e ha detto: tornando indietro a Pieve Torina incontrò gli
americani sulla salita (o la discesa lì di Ponti o di Strada) e gli chiesero: "sò partiti i
tedeschi?" Gli chiesero se erano partiti tutti i tedeschi.
Adorna: e allora dice sì
Maria: allora andarono, perchè non volevano confrontarsi con le armi, no? volevano
essere in pace, volevano fare tutto in pace. E poi ci sono tante storie di Venanzo con
Vittorio Mazzolini.
Adorna: perchè Vittorio Mazzolini al tempo dei fascisti era antifascita, Kai, quando è
caduto il fascismo, lui diventò fascista!
Kai: ah!
Adorna: andò in galera. Andò in galera prima perchè non era, dopo perchè... Hai capito?
Kai: si.
Maria: quindi era sempre in battaglia con qualcuno.
Adorna: lui era un gran fumatore, Vittorio... fumava...
Adorna e Maria 3/3
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Maria: una dietro l'altra
Adorna: una dietro l'altra. Era proprio tutto nero, bruciato. Quando vennero gli
americani, lui era andato a Vari da zia Blandina, incontrarono a metà strada, le sigarette
non si trovavano... lui le faceva, Kai, con le foglie, prendeva la carta, le faceva con
tutto... per fumare. Gli offrirono gli americani le sigarette e Vittorio gli rispose "non fumo,
grazie!" Perchè non le volle da... capito?
Maria: non le voleva dagli americani.
Adorna: dagli americani non volle le sigarette perchè lui era cambiato, era diventato...
hai capito?
Maria: era diventato anti governo.
Adorna: ... era con Venanzo, no? ... tutte ste sigarette... Vittorio che era un gran
fumatore rispose: "non fumo, grazie!" (ride)
Kai: ah, che tipo.
Adorna: era matto.
Maria: ma tante storie... quello bisognerebbe farselo dire da Venanzo.
Adorna: quello Venanzo bisognerebbe che scrivesse tutto. Ma Vittorio era un pò... dopo
lo misero in carcere a Camerino.
Kai: Vittorio.
Adorna: Vittorio, si, si. Poi me ricordo c'aveva la mamma che andava, Kai, nelle carceri e
lo chiamava dalla finestra "Vittorio!"
Maria: perchè non la facevano entrare...
Kai: questo a Camerino?
Adorna: a Camerino.
Maria: a Camerino o a Ancona a Fano...
Adorna: no a Camerino, anche Camerino, io me ricordo a Camerino...
Maria: era Camerino forse
Adorna: ... che zia Anita andava sotto le finestre e chiamava
Maria: siccome lui era completamente ...
Adorna: isolato.
Maria: isolato, non poteva ricevere nemmeno la madre!
Adorna: forse come dici tu: non era Camerino.
Maria: perchè era veramente un sacrificio per zia Anita di andare con l'autobus, col
treno... dove andare lì, Kai, e da sotto la finestra chiamava: "Vittorio!" e Vittorio da
dentro al carcere chiamava "mamma!" e così si visitavano così, Kai.
Adorna: perchè tra di loro è stato un rapporto madre e figlio...
Maria: molto, molto stretto, perchè era figlio unico, poi il padre non sentiva e mi ricordo
e questa è la storia e anche un'altra storia di Vittorio, più tardi quando mi insegnava
matematica a me perchè dovevo dare gli esami, non so... ci insegnava un pò a tutti...
Adorna: si perchè lui era laureato in fisica, no?
Maria: fisica e matematica
Adorna: però insegnava matematica. Lui faceva sempre il contrario di quello... era
bravissimo poi in matematica, però faceva sempre il ...
Maria: e mentre mi insegnava, poi insegnava bene eh, perchè io dopo so stata brava
proprio per lui, insegnava con tanta logica, no? Però mangiava la carta, Kai! Quando
faceva un esempio, non so un teorema ... poi lo attorcigliava tutto, se lo metteva in
bocca e lo mangiava, lo mangiava.
Adorna: perchè lui quand'era stato coi tedeschi ...dov'era stato?
Maria: perchè lui quand'era stato coi tedeschi era stato molto male. Si, coi tedeschi, dice
li lasciavano per fare i bisogni, no? Il treno si fermava per... e lasciavano... mangiavano
l'erba dei binari.
Adorna: e bevevano l'urina!
Maria: mamma mia, quello non lo sapevo.
Adorna: a mamma fece impressione quella volta che dormì, la prima volta che dormì in
camera, no?
Maria: eh...
Adorna: che aveva fatto l'urina negli scarponi, non era andato al bagno ed era appunto
tutta... aveva mangiato la carta ... aveva in camera, dormiva, e non era andato al
bagno: aveva fatto l'orina negli scarponi! Mamma lo raccontava sempre.
Adorna e Maria 3/3
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Kai: ma questo quando?
Adorna: lui era ritornato allora dalla guerra. Era ritornato dalle carceri... ancora seguitava
a mangiare la carta.
Kai: ma i tedeschi lo hanno portato via?
Adorna: l'avevano portato via? questo non...
Maria: l'avevano richiamato in guerra
Kai: che guerra?
Maria: perchè reclutavano i giovani, per questo Mario e ...
Adorna: andarono in montagna.
Maria: ... e Nicola si nascosero nelle montagne.
Kai: si, si.
Maria: perchè i tedeschi e i fascisti...
Adorna: però Vittorio era molto più grande, più di Peppino, perciò!
Maria: eh, ma loro prendevano tutti, tutti, tutti.
Adorna: ma no, bisognerebbe sapere lui quand'è venuto che lo avevano messo in
carcere, dove era stato? Non lo sappiamo: se era stato in prigione, prigioniero, forse era
prigioniero, non lo so.
Maria: era stato in Austria o in Germania, forse in Germania
Adorna: ecco lì, babbo, zia Anita era una cugina di babbo
Kai: si.
Adorna: babbo se la portò prima a Ferrara, Kai
Maria: con Vittorio pure
Adorna: con Vittorio. Poi dopo babbo è venuto via da Ferrara, è venuto a Camerino.
Maria: e ha trovato anche il posto a Vittorio.
Adorna: a Vittorio, insegnava a Camerino. Babbo se l'è port... zia Anita, poi babbo, da
Camerino è venuto via, a Pieve Torina, zia Anita, hai capito?
Kai: si
Adorna: babbo a questi cugini...
Maria: dava tutti questi compiti a mamma, tutto a mamma
Adorna: ... gli trovava la pensione
Maria: gli trovava la pensione, gli trovava il posto del lavoro, e gli trovava anche casa!
Cioè, li metteva a casa nostra per un pò...
Adorna: poi gli trovava la pensione, Kai, poi venivano a mangiare a casa nostra, molto
spesso
Kai: questo è Vittorio?
Maria: e la madre.
Adorna: Vittorio, la madre, ma no, ancora zio Tonio
Maria: zio Tonio
Adorna: un'altro cugino di babbo, figlio di un fratello di nonna
Maria: il fratello di Quinto Serafino Mazzolini
Adorna: il più grande si chiamava Antonio
Maria: Antonio
Adorna: non era sposato neanche lui, quando andò in pensione...
Maria: babbo lo invitò a Pieve Torina.
Adorna: venne qui in pensione. Gli trovò una pensione e venne a fare la vecchiaia a Pieve
Torina. Babbo diceva: "venite, venite!".
Maria: questo grande desiderio di aiutare la gente ...
Adorna: Venanzo
Maria: Venanzo ce l'ha anche lui, certo...
Kai: si, si.
Adorna: come ha preso zia Vincenza... Venanzo prese zia Vincenza, la prese Venanzo.
Maria: però...
Adorna: io non l'avrei presa!
Maria: ma in quel caso c'era, Adorna, veniva pagato. Babbo non veniva pagato.
Adorna: ah, no, babbo niente.
Maria: non lo pagavano nessuno
Adorna: ma babbo ...
Maria: la povera mamma...
Adorna e Maria 3/3
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Adorna: il conte Tonio Mazzolini, Quinto, quello che era a Roma, Kai, che aveva una casa
bellissima!
Kai: a Roma, si.
Adorna: aveva una donna...
Maria: una cameriera
Adorna: no, ma anche la donna...
[interruzione audio]
Adorna e Maria 3/3
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Lucio Antognoli
Lucio Antonioli
Lucio: … Antognoli. Sono nato a Camerino. Vivo a Pieve Torina causa terremoto e c’ho la
bell’età di 80 anni a gennaio. Anche più di 80 anni… Oggi siamo il 2 o 3… bho. 2 o 3 luglio
del …
Kai: no, no, agosto!
Lucio: agosto del 2001. E niente, se devo dire qualcosa della mia vita, oddio, ci sarebbe
da scrivere un romanzo! Però mi attengo un pò ai fatti quelli che sono un po’ più specifici,
un po’ più importanti per la mia vita, non tanto importanti per chi mi sente perché eh, chi
sente ha vissuto come me, specialmente se c’ha la mia età.
In quei tempi, quando io ero ragazzino e vivevo a Camerino, ho fatta una vita molto,
molto, molto avventurosa in seguito, ma da ragazzo ho cercato sempre… ho studiato per
carità, però ho cercato sempre di lavorare e di rendermi indipendente.
Il bello era che purtroppo, per questi signori che non vogliono capire, in quei momenti
erano momenti di gioia: perché bastava poco per essere felici in quei tempi! No come
oggi che per essere felici bisogna prende la droga! Allora ce bastava un’amicizia. Queste
amicizie erano sincere: no amicizie di oggi che te ne fai nei night, in questi posti dove si
balla, dove si piglia le pasticche, se pigliano le droghe, se ammazzano i genitori, e se fa…
poi voi lo vedete meglio di me quello che succede. Allora queste cose, non dico che non
succedevano, ma non erano così frequenti: na porcheria quella che è oggi. Un branco
d’assassini, un branco de delinquenti e basta: allora c’erano, nessuno lo può negare che
c’erano anche allora, ma non era così sfacciatamente, così numerosi da mette paura.
Io me ricordo che da ragazzo … non so, andavamo a spasso, sai sti signori ai giardini ai
cosi … lasciavano per caso (sembra un detto, ma purtroppo è verità, purtroppo perché
non succede più) lasciavano la loro giacca … se dimenticavano qualche cosa sulla
panchina del giardino, il giorno dopo se ricordavano, andavano giù, la rtrovavano lì:
questa era l’Italia di allora!
Loro dice c’era stata la dittatura, ma quala dittatura?
Ma la dittatura bisogna andare fuori a trovare, bisogna andarla a trovare in Russia,
bisogna andare a trovare in Cina, bisogna andarla a trovare… quella era un ordine, una
disciplina, che se venisse oggi un po’ d’ordine e di disciplina, non dico fascismo, perché il
fascismo è superato (poi chiudo, in politica) fascismo è superato, però un po’ d’ordine…
tu fermi qualsiasi persona e dici “vorresti un po’ d’ordine in Italia?”.
“Eccome no! E tutti lo desideriamo.”
Perché allora l’amicizia era l’amicizia, l’affetto della famiglia era l’affetto della famiglia, si
Lucio Antognoli
51
rispettavano i desideri dell’altri (fino a che non andavi a stuzzicare quelli del vicino è
logico: ognuno deve avere il suo campo e non oltrepassare a dà fastidio agli altri, questo
è chiaro) … oggi non è più. Oggi non c’è un amico, non ti puoi fidare dell’amicizia.
Non dico dalle parti nostre perché voi … non ci dobbiamo basare su Pieve Torina,
Camerino, oddio, Camerino aggià comincia a travalicare i confini, ma basiamoci sulle
grandi città, perché qui ancora c’è amicizia, c’è affetto, c’è famiglia, c’è tutto quello che
volete … e però nelle città non ci sta più queste cose qui. Una volta, era diverso.
Se uno pensa che da ragazzo io me ne andavo, dopo alle vacanze, me ne andavo dai
nonni e i nonni erano a mezzadria (e c’avevano il terreno che non so … lo sapete meglio
di me, raccoglievano 100 quintali di grano, 50 anzi 45 circa al mezzadro e 55 al padrone,
era chiamata la mezzadria.
Cioè se lavorava a mezzadria, che poi oggi non esiste più. Io non lo so, non voglio
discutere se era un bene o un male eccetera, però si lavorava. E quando io avevo fame,
perché sai da ragazzi io c’avevo sempre fame come tutti i ragazzi, e prendevo un bel
pezzo di pane fatto a casa, lì da nonna, e me ne andavo giù l’orto, me n’andavo giù il
campo. Pigliavo una mela: me mangiavo il pane con una mela. Oppure una fetta di pane
con un coso, con un raspo d’uva, raspo d’uva… per me era la cosa più bona che esista al
mondo! La cosa più bona che esisteva al mondo. Ebbene, mangiatela oggi una mela che
comprate col pane che comprate, mangiatela, diteme un anziano gli voglio chiede se
sente lo stesso sapore di quello di una volta.
Con questo voglio dire che tutto è cambiato, che la società va avanti. Io su questo so
d’accordo: c’è la televisione, ce sta il computer, ce sta tutto quello che volete voi, però la
vita felice e gioiosa come una volta, non c’è più.
E non verrà più!
Perché qui noi ce ammazziamo uno co un antro, ce ammazziamo uno co un antro.
Perché? Per delle sciocchezze, per delle stupidaggini … e de quillo perchè glie vole fregà
lu moturino, quell’artro perché … non si vive in questo….
Noi anziani, ma pure è vero, anche vero che ogni persona anziana ricorda e dice che era
meglio prima. Questo so pienamente d’accordo perché l’evoluzione l’anziano la segue
poco. Si la segue nel senso che gli da fastidio questa evoluzione, ma in un certo senso se
non ci fosse questa evoluzione saremmo rimasti ai tempi di Adamo ed Eva e giù di lì. No?
L’evoluzione … va bè, però l’evoluzione porta con se tante colpevolezze, tante mancanze,
tante cattiverie, tanti … dov’è andato a finì per esempio il comandamento “onora il padre
e la madre”, “ama il tuo prossimo come te stesso”, ma quando mai?
Una volta si. Una volta se aiutavano tra vicini, se … adesso solo cattiverie.
Io ricordo quesso lì.
Poi c’è stata la gioventù. La gioventù mia un po’ scura, una gioventù … scura per gli altri,
per me è tutta gioia eh? Per carità, io ho fatto le mie guerre, ho fatto … sono stato in
Albania poco tempo, poi ho fatto la Marcia di Giovinezza, o fatto … l’Africa, Bir El Gobi,
sono venuto in Italia ho fatto con la Repubblica Sociale perchè io ho mantenuto al mio
giuramento, poi sono stato in campo di concentramento mi hanno messo, poi so stato
incarcerato per18 mesi come fascista repubblichino…
Poi non so voluto uscire dal carcere, non ho voluto accettare la legge, il condono
dell’onorevolissimo comunista Togliatti, ho voluto la causa, mi è stato fatto il processo,
sono stato assolto per non aver commesso fatti che possono oltraggiare la mia persona e
gli altri.
E poi so stato epurato, ho vinto il concorso a Camerino al comune so stato epurato, ma
questa è una storia che riguarda me, non riguarda gli altri.
Io sono contento.
Se potessi ritornà giovane rifarei tutto e non se ne parla più.
Questo, chiudiamo la parentesi.
Per quanto concerne (ritorniamo alla vita di una volta) me ricordo che quando stavo dalla
pora nonna, io andavo sempre da nonna perché le vacanze me piacea … dovevo parà i
maiali, c’avevo due pecore e c’avevo una passione enorme per queste cose qui …
La sera, perché più di tutti ci radunavamo la sera perché a mezzogiorno c’era il
“bocconcillo” chiamato il bocconcillo che se portava da mangià sul posto, no?
E la sera ci trovavamo con questi piattini piccolini, tutta una intavolata de nipoti, de
Lucio Antognoli
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vecchi, eccetera, e se faceva li cosi, i “tagliolini co lu schioppo”, … molti sanno quello che
è, tanti non lo sanno, i vecchi lo sanno: c’erano dei tagliolini fatti senz’uovi e il fuoco che
boll…, l’acqua che bolliva, al momento del bollore se mettevano giù e
contemporaneamente se metteva giù lo “spritticcio” chiamato.
Mentre mettevano giù pak: facìano il lampo. Una specie de lampo, no? Perché questo
frigg… erano chiamati i tagliolini co lu lampu.
E noi eravamo felici di questo: pensate dove arrivava la nostra giovinezza! La nostra
contentezza quando eravamo giovani. Questo, i tagliolini… oppure un pezzettuccio de
salciccia, ma pocu, pocu, pocu, che ce doveva bastà per tutta la giornata. Però eravamo
felici.
Faccio come Cesare quando quell’oratore che dicea che Bruto aveva ammazzato Cesare
però Bruto era una brava persona. E ce gustava. Poi pè merenda, al di fuori del pasto
principale che poi si risolveva quasi tutto qui, io me arrangiavo, come dicevo prima, col
pane e la mela eravamo felici. Anzi c’erano dei contadini che dove c’era l’uva bona,
mettevano dei fili spinati per non mandà su noi a mangialla! Allora senza perde tempo,
noi vedevamo già qual’era l’uva bona!
(ride) stavamo lì… “guarda che lì l’ha recintata: l’uva è bona!”
E pulivamo quell’albero lì.
E’ tutto qui.
E ora mi dicono di parlare un po’ di me, raccontando questa mia piccola e grande storia,
e dei fatti militari e dei fatti politici e dei fatti di allora che in molti ha creato lutti e
purtroppo ogni nazione ha avuto la sua battaglia interna diciamo, no?
E allora voglio dire solo questo.
Ma io non è che mi voglio vantare o mi voglio sminuire o aumentare la mia personalità in
fatto di politica e in fatto di coso...
Io di politica ho seguito sempre le mie idee e rimarrò sempre delle mie idee senza mai
aver dato fastidio a nessuno.
Ho cercato di aiutare tutti quelli che ho potuto in campo politico e in campo personale, e
tutti lo sanno.
Io ho lavorato a Pieve Torina con le ditte, ho fatto le strade … la strada da Pieve Torina a
Colfiorito e ho messo tutti operai di Pieve Torina. Ho fatta la strada da Maddalena, ho
fatta… i dipendenti dell’impresa dove stavo io… e… io ero dirigente, eccetera.
Avevo fatto dalla Maddalena a Visso, avevo messo tutti operai di Pieve Torina, nessuno
mai… ho fatto lavorare… ho aiutato più … ma comunque questo non è un vanto, è
naturale nelle cose.
Dico: per carità non è che io mi voglio vantare di questo, ci mancherebbe altro! Voglio
dire che io ho fatto il mio dovere; nel bene o nel male ho fatto il mio dovere.
Se pensate che io a 14-15 anni già facevo i campeggi Lux e a 18 anni ho prestato
giuramento al partito… io de giuramento ne mantengo solo uno… ho pigliato moglie, ho
giurato davanti all’altare: ancora c’ho questa qui che me sta appresso!
E perciò io i giuramenti li mantengo.
E poi a 18 anni sono sbarcato in Albania, e poi so tornato il giorno dopo perché la
destinazione nostra era un’altra! Prima avevo fatto la Marcia di Giovinezza famosa
partendo da Genova, famosa nel senso di gioventù, di allegria, di festeggi, di gioie, di
tutto quello che volete…
Lucio Antognoli
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Sarà per questi quattro che non sono d’accordo, sarà stata una tristezza per loro, ma noi
eravamo felici, eravamo giovani, eravamo spensierati: non mi vengano a dire che ci
tenevano legati perché eravamo liberi di ridere, di giocare, eccetera, ma logicamente non
eravamo liberi di insultare chi ce comandava e che oggi invece si fa ogni giorno, ogni
minuto, ogni ora.
Poi a 18 anni sono partito volontario per l’Africa e ho fatto la guerra in Africa coi giovani
fascisti; e io lì … eravamo in 24 mila, siamo tornati in 800 perciò pensate che razza di
fortuna che c’ho avuto!
E abbiamo combattuto veramente: è stata una battaglie … battaglie nel deserto, mai in
un posto di ristoro, sempre noi avanti, avanti, avanti.
Eravamo i migliori attrezzati, avevamo i 47-32 famosi che agli inglesi gli avevamo (eh!)
consumato tutti i carri armati; dopo è intervenuta l’America ha portato quello che ha
portato, per noi la guerra era finita.
Lucio Antognoli
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Poi il sottoscritto è venuto in Italia, si è salvato con l’ultimo aereo e siccome avevamo
iniziato una guerra e io, non volendola finire col tradimento nei miei riguardi da un
giuramento che avevo prestato, ho aderito immediatamente alla Repubblica Sociale
Italiana.
O nel bene, o nel male. O per quello ho sbagliato, per me ho indovinato: per quello che
mi stava addietro posso avè indovinato, quest’altro posso avè sbagliato, quello ho
indovinato, a me riguarda quello che penso io, io, io, me, me stesso. Io penso di aver
fatto bene nella mia coscienza.
Ho fatto la Repubblica Sociale, come dicevo sopra, e… quello che ho potuto fare ho
aiutato tutti, ho cercato a Camerino sempre di tenere le paci finché non ci hanno dato
disgraziatamente l’assalto alla caserma dove c’è stato un morto e… bho, circa 70-80-90
partigiani, noi eravamo 5 che stavamo a, 5 o 6 che stavamo a tenè d’occhio le finestre
che di notte non fossero illuminate pé gli aerei sennò ce bombardavano, e … tutto qui.
Dopo la Liberazione hanno messo dentro tutti, sti pori missini, sti pori repubblichini, e a
me non mi hanno toccato perché dice Lucio, diceano che Lucio non era da fagli niente.
Sennonché, passati 4 o 5 mesi vennero a prendere anche a me. Vennero a prendere
anche a me e me portarono prima in campo di concentramento a Piediripa, vicino
Macerata, poi me portarono alle carceri di Camerino dove ho fatto 18 mesi. 18 mesi di
gioia nel senso. Nel senso che loro dicevano che ci tenevano lì perché … perché… per
salvaguardare … sennò ce facevano fuori, c’è ammazzavano: ma chi c’è ammazzava? …
non ci ammazzava nessuno perché del male non ne avevamo fatto a nessuno.
Sennonché dopo 17 mesi arriva l’ordine di uscire dalle patrie galere perché… perché
Togliatti aveva fatto il condono, l’amnistia. Togliatti era diventato ministro della Giustizia
… pensate un po’!
E mandò questo … siccome voleva tirà fuori dei partigiani, perché la storia bisogna dirla
quella che è: voleva tirà fuori dei partigiani che s’erano … avevano fatto dei crimini
proprio brutti. Avevano ammazzato le… quelli dei partigiani bianchi insomma io non lo so,
avevano fatto tutte queste… allora dice “damo l’amnistia, ce chiappamo quessi quattro
tanto, quessi repubblichini tanto li dovemo tirà fuori, e fece l’amnistia.
E io invece la rifiutai. La rifiutai l’amnistia: io non ho bisogno dell’amnistia, né da
Togliatti, né da altri bianchi, rossi o verdi. Io non ho bisogno. Io non ho fatto niente,
voglio la causa!
Allora il giudice venia ogni giorno, me dicea:
“Lucio vuoi uscire?”
“No, non esco!”
“Ma guarda che sei rimasto solo!”
“E che me frega a me? Sto meglio solo, no?”
E infatti dopo una ventina di giorni, 20-22-23 giorni, me arrivò… venne il giudice e mi
disse è stata fatta la causa, questa è la carta, ecco, sei assolto in istruttoria. Allora sono
uscito.
Sono uscito, ho fatto il concorso, il concorso al comune e c’erano, eravamo 120-130
Lucio Antognoli
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concorrenti, c’erano 4 posti, venne una commissione d’Ancona, non mi conoscea, e vinsi
io, arrivai terzo.
Se era una commissione di Camerino arrivavo… se erano 108 arrivavo 109! Ma no per
quello che potevo sapere, per quello che… è perché ancora c’era quella cattiveria, uno
contro un’andro e…; iniziata quando volete, voi dite che è iniziata il 22, facciamo che sia
iniziata il 22, io che vi devo dire.
Ad ogni modo … il concorso, presi il posto, lavorai un mese.
Un ex fascista, quando annava a prenne lo stipendio, stava ad aspettammi per le scale,
ed era assessore, mi disse “guarda Lucio che tu non puoi venire più a lavorare”. Questa
io la chiamo epurazione e delinquenza bella e buona. Non c’è niente da fare: è
delinquenza. E me mandarono via.
Trovai meglio, dopo so stato meglio, per carità (ride): è stata una fortuna. Però appunto
questo…
Io chiudo, non è perché… voglio dire chiudendo che ho detto questo no perché … sa, sono
cose che uno c’ha dentro bisogna che ogni volta, ogni tanto le esterna perché sennò
moreno dentro de me. La gente tanto me conosce, sa quello che sono, sa come la penso,
sa che morirò con queste idee e non do fastidio a nessuno. Grazie. Grazie di cuore a
questa intervista che mi hanno voluto fare.
Lucio Antonioli
Lucio Antognoli
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Alessio Marchetti
Kai Nebel e Alessio Marchetti
Mi chiamo Alessio Marchetti, adesso faccio l’agricoltore a tempo pieno. In passato ho
fatto il medico facendo carriera negli ospedali italiani. Sono internista: mi sono occupato
di malattie cardiovascolari e sono stato per lunghi anni primario negli ospedali italiani.
Poi sono andato in pensione e mi sono dedicato all’altra passione che ho sempre avuto
oltre la medicina: l’agricoltura. Ho smesso di fare il medico e faccio l’agricoltore.
Ho ripreso a condurre un’azienda di famiglia: la nostra azienda è una delle più antiche
aziende agricole qui nella zona e quando dico qui nella nostra zona parlo dell’alta collina e
della montagna della provincia di Macerata nella zona di Camerino.
Camerino è un’antichissima città (adesso è una piccola città) e ha avuto una grande
storia in epoca pre romana, era abitata dagli umbri, da popolazioni umbre e poi ha molto
collaborato con i romani tanto che ai tempi di Caio Mario in una battaglia contro i Galli
Zeloni i soldati camerinesi combatterono tanto bene che furono fatti sul campo: furono
promossi cittadini romani.
Sembra che Caio Mario abbia pronunciato questa frase in latino “estote cives adque
pugnate camertes” cioè una promozione sul campo.
Questa zona quindi ha radici antichissime. E’ una zona prevalentemente agricola fin da
quei tempi, poi c’è stato il medioevo con il suo degrado e questa zona fu occupata dai
Longobardi che hanno dominato per tanto tempo, adesso non so dire con precisione, ma
c’era un ducato longobardo di Spoleto e un ducato longobardo di Camerino che durò
meno tempo, comunque successivamente ci fu questa influenza del ducato longobardo di
Spoleto, tant’è che in questo paese dove siamo, nella zona di Camerino e noi siamo a
Pieve Torina, a pochi chilometri di qui a valle sul Chienti, c’era il confine tra una zona di
influenza del ducato di Spoleto e la signoria dei Varano di Camerino, prima che i Varano
si espandessero anche a scapito di questi territori un tempo occupati dai longobardi.
Qui a ridosso della nostra zona, nelle nostre montagne, in una famiglia di miei parenti c’è
stato a suo tempo un condottiero che ha vinto una battaglia, la famosa battaglia di
Alessio Marchetti
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Sellano (famosa qui da noi, sconosciuta altrove) tra gli spoletini ed i camerinesi e fu vinta
da Spoleto e le truppe di Spoleto erano comandate dal capitano Corzi appartenente ad
una famiglia qui a Dignano nel comune di Serravalle a pochi chilometri in linea d’aria. La
famiglia adesso è estinta, ma praticamente ci siamo imparentati anche noi con questa
famiglia che adesso è estinta. Quindi loro combattevano contro Camerino e questa
origine prima umbra nella zona di Camerino, longobarda qui da noi, ha fatto dire ad
Emilio Betti (il drammaturgo) parlando delle popolazioni di questa zona ristretta: “Umbria
non fu, Umbria non è, ne fu mai Marche”. Tanto per dire che c’è questa specificità,
questa particolarità delle popolazioni che hanno vissuto qui.
Durante la signoria dei Varano, la zona di Montecavallo, pochi chilometri distante dal
posto dove noi stiamo, da Pieve Torina, c’era il castello della famiglia Baschi: famiglia di
Foligno che si contrapponeva ai Varano, quindi questa è una zona di confine tra i Varano
di Camerino e le signorie che son seguite ai longobardi nella zona di Spoleto.
Poi i da Varano si sono espansi e siamo diventati tutti marca di Camerino perché il ducato
di Varano era molto, molto esteso; era molto importante.
A quei tempi la città di Camerino era molto fiorente, aveva piccole industrie, soprattutto
della seta, della lana e soprattutto aveva ricchissimi commerci.
Sotto i Varano Camerino ha raggiunto il massimo della ricchezza, il massimo dello
splendore anche da un punto di vista culturale: c’è stata una scuola pittorica, ci sono
stati degli studiosi, degli scrittori.
Quindi era una vera e propria corte e con la scomparsa dei da Varano incomincia il
declino di Camerino ed incomincia anche il declino di questa zona perché noi siamo stati
poi condizionati dallo splendore camerinese.
Dopo i Varano questo territorio è caduto sotto la camera apostolica, sotto il diretto
dominio del papa; mi sembra che la data fosse intorno al 1570, posso sbagliare di
qualche anno, quando Camerino fu dominata dalla camera apostolica che però ha lasciato
una larga autonomia.
C’era il vescovo e c’era un legato pontificio che controllava, però il governo era in mano
al patriziato di Camerino che era composto da 90 membri (mi sembra) che erano eletti
da tre terzieri, da tre quartieri.
Per tanti anni, fino all’occupazione napoleonica nel 1797, ha comandato il patriziato
camerinese; poi è arrivato Napoleone e ha cambiato completamente le regole.
Questa zona era una zona agricola e man mano che Camerino si impoveriva, che perdeva
i suoi traffici, è sempre dipesa dall’agricoltura, ma l’agricoltura è sempre stata molto
povera.
Perché è stata molto povera? Perché noi siamo alta collina e montagna.
La mia azienda, la mia casa padronale qui dove parliamo, siamo a 550 metri sul livello
del mare, ma io arrivo ad aver terre fino a 1300-1400 metri e bisogna fare 15 chilometri
per arrivare in cima a quei monti! Questo per dire che noi sfruttiamo i boschi e sfruttiamo
il pascolo di alta montagna, ma essendo il nostro Appennino dell’Italia centrale d’estate
molto siccitoso (come quest’anno: un’annata come quest’anno … quando non arriva la
pioggia le bestie soffrono molto) la produzione è molto limitata.
Alessio Marchetti
58
Quindi la produzione agricola è stata sempre scarsa. Per ovviare a questa povertà,
intrinseca a questa scarsa produzione, si era sviluppato un sistema economico basato
sulla zootecnia, sull’allevamento delle pecore in particolare, tra le nostre montagne e la
Maremma laziale e la Maremma toscana.
La Maremma è una vasta zona che comprende l’alto Lazio e la bassa Toscana (Grosseto)
ed erano zone molto selvagge, acquitrinose, povere, però c’era un clima abbastanza
buono che consentiva d’inverno di pascolare vasti pascoli e vasti boschi. In questa
Maremma c’era il latifondo, cioè c’erano delle grosse famiglie nobili, signorili, che
avevano migliaia di ettari e li affittavano a dei mercanti i quali d’inverno svernavano con
greggi di migliaia e migliaia di capi in Maremma e d’estate venivano a fare l’alpeggio nei
nostri monti.
Questo era favorito dal governo pontificio che aveva regolato le cose in maniera tale che
questi grossi mercanti potessero utilizzare le nostre montagne, cioè gli alti pascoli,
utilizzando vecchi diritti feudali che appartenevano ai grossi feudatari, ai grossi conventi
e alla camera apostolica che era subentrata alle vecchie signorie.
Queste vecchie signorie, questi nobili feudatari, avevano diritto di tagliare la legna,
avevano diritto di pascolare ed anche nelle proprietà private dei piccoli proprietari, dopo
fatto il primo raccolto avevano il diritto loro di pascolare. Quindi praticamente facevano
gestire a persone da loro delegate questi diritti e si era creato un sistema economico
basato sulla transumanza.
Transumanza, cioè grosse greggi venivano d’estate sulla cima delle montagne e d’inverno
andavano a svernare in Maremma. Il personale era a basso costo perché questa povera
gente delle nostre montagne in alternativa alla fame e alla morte per fame, per miseria,
si accontentava di magri stipendi e di una vita randagia perché in Maremma non c’erano
abitati, non c’erano le case, non c’erano le costruzioni, si abitava in capanne fatte con
l’erba, con gli arbusti e c’era tutta una serie di regole, c’era un sistema gerarchico molto
rigido che regolava la vita di questi pastori.
C’era un vergaro, c’erano i capi pastori, c’erano dei servi, era molto molto complessa e
questo sistema è durato fino alla prima metà del secolo trascorso cioè praticamente è
cessato nel dopoguerra, dopo la seconda guerra mondiale, con la riforma agraria che è
stata fatta dai governi:
praticamente c’è stata l’espropriazione dei grossi proprietari e l’affidamento di questa
terra espropriata ai coltivatori diretti, ai contadini insomma.
Quindi non essendoci più nella Maremma questo latifondo che veniva affittato a basso
prezzo a questi grossi mercanti che avevano grossi greggi …almeno di 3000-4000-5000
pecore e poi ognuno aveva magari più di uno di questi greggi, magari aveva 2 o 3 greggi
di 3000-4000 pecore ciascuna: le 3000-4000 pecore era una unità produttiva e c’era chi
aveva più di una unità produttiva.
Quindi si era creato un sistema economico basato sulla transumanza; per il resto chi
faceva agricoltura in quelle zone, mancando o essendo scarsissimi i grossi proprietari
(prima ce n’era qualcuno a Camerino, adesso non ce n’è più praticamente perché sono
rimasti coinvolti nella crisi agricola italiana degli ultimi anni, le trasformazioni che ci sono
state… praticamente l’attività agricola in queste zone in mano a piccoli e medio piccoli
proprietari era molto aleatoria, molto povera.
Alessio Marchetti
59
Noi apparteniamo ad una famiglia di proprietari non piccoli, forse medi proprietari non
grandi proprietari. Io dico, quando ho occasione di parlare della nostra famiglia, che noi
eravamo forse i più piccoli dei grandi proprietari perché la nostra dimensione era al di
sopra di quella del piccolo proprietario coltivatore. Noi praticamente anche 200 anni fa …
le mie carte, il mio cartiglio arriva fino ai primi del 700: questa casa è stata rogitata nel
1698 … quindi abbiamo 3 secoli di documenti in casa… e praticamente noi la facevamo
arare dai mezzadri.
Il mezzadro era una evoluzione dei “clientes romani”, del tardo impero romano, cioè
erano gli addetti alle coltivazioni. Erano gente legata alla terra, qui da noi non c’era la
servitù della gleba dei secoli scorsi, però c’era stata forse in Italia, e praticamente il
mezzadro era colui che coltivava la terra per conto di un proprietario e nella nostra zona
c’era la zona che il capitale fondiario lo anticipasse il proprietario, cioè la casa, il terreno.
Invece il capitale mobile, cioè il bestiame, doveva essere anticipato per metà dal
proprietario e per metà dal mezzadro, quindi questo mezzadro non era un mero
dipendente, anche lui era un piccolo imprenditore, tanto che i migliori mezzadri
seguitavano a fare i mezzadri presso un proprietario, ma a loro volta avevo uno o due
mezzadri.
Io ho conosciuto dei mezzadri ricchi, e ne abbiamo avuto anche noi uno particolarmente
ricco, che investiva in borsa! Ma parlo prima della seconda guerra mondiale. Avevano dei
soldi forse più del proprietario. Perché erano famiglie numerose dove c’era un capo
famiglia e due o tre figli sposati, tutti lavoravano sotto lo stesso tetto, c’era una gerarchia
inflessibile, c’era l’autoconsumo.
Praticamente non si comprava niente fuori perché loro producevano il grano,
producevano il vino, solo l’olio e il sale si comprava perché non ci sono gli ulivi nella
nostra zona, e non compravano neanche la stoffa perché d’inverno le donne e anche gli
uomini tessevano la stoffa e in queste nostre case, in ogni casa c’è un telaio. Tu l’avrai
visto nel museo della nostra terra. Quindi era una famiglia che si dedicava
all’autoconsumo, in più veniva venduto il vino eccedente il consumo perché si faceva la
vigna, c’erano degli alberi… C’era una forma particolare di produzione del vino: si
piantavano degli alberi che erano aceri e ci si maritava la vite. Si chiamava “vite
maritata”. Non era un vigneto, c’erano pochi vigneti, ma spesso c’erano tutte queste
alberature nei campi che adesso non ci sono più praticamente.
Soprattutto questa zona 200 anni fa era ricca la produzione del baco da seta; c’era
l’allevamento del frugello. C’erano i gelsi e soprattutto le donne (mentre gli uomini
andavano ad arare o facevano la stalla) badavano al baco da seta. Quindi, tutto
sommato, 200 anni fa la gestione della terra in questa zona era più intelligente di quello
che facciamo oggi. Perché loro differenziavano la produzione mentre noi tendiamo alla
monocultura. L’evoluzione politica di questa zona è stata quella dello stato pontificio che
poi fu incrinato fortemente dall’occupazione napoleonica, e quella è stata una grossa
frattura e forse val la pena che ci spendiamo un attimo di tempo.
Perché? Perché noi siamo a 25 chilometri da Tolentino dove fu firmato, nel 1797 mi
sembra, il trattato di Tolentino tra l’invasore Napoleone Buonaparte ed il Papa.
Naturalmente Napoleone poi rispettò fino ad un certo punto questo trattato tant’è che poi
Roma fu occupata e ci furono due anni di repubblica romana.
Durante la repubblica romana qui fu sovvertito ogni ordine costituito. Praticamente ci fu
un ordinamento politico amministrativo che era tutto il contrario, tutto diverso da quello
Alessio Marchetti
60
che c’era prima. Ma non solo era diverso il modo di amministrare, ma era tutto diverso
quella che era la volontà politica e la mentalità degli amministratori. Cioè praticamente
c’è stato un ribaltamento generale di quello che era l’amministrazione papalina prima:
molto conservatrice, molto miope e soprattutto arcaica. Cioè praticamente tutti i segnali
che arrivavano dalla Francia, ma anche prima della rivoluzione francese c’era
l’illuminismo, arrivavano qua. Perché nelle famiglie nobili, nelle famiglie ricche a livello di
studiosi, c’erano l’enciclopedie di Dideròt, però lì si fermava, non travasava nelle
istituzioni, nel modo di vivere. Mentre in Toscana l’arciduca fece un serie di riforme,
qualche altro stato italiano impostò piani di riforme (riforma agraria, caute riforme) lo
stato pontificio niente, tutto fermo, tutto retrogrado.
Quindi nello stato pontificio l’occupazione francese è stata più destruente, ha fatto più
effetto perché ha trovato un sistema più arcaico, più chiuso. Praticamente cosa hanno
fatto i francesi? Prima di tutto hanno cambiato le sedi amministrative ed il modo di
amministrare. Cioè hanno diviso le Marche in vari dipartimenti che non coincidevano con
quelli che c’erano prima, per tagliare il potere a quelli che c’erano prima.
Noi fummo messi sotto il dipartimento di Fermo. Ma per punire Camerino, che a parer dei
francesi era troppo papalina perché c’era l’arcivescovo potente, c’erano questi nobili,
questi patrizi molto potenti (erano tutti papalini con le dovute eccezioni: c’erano uno o
due che erano abbastanza Giacobini, cioè avevano sposato le tesi della rivoluzione
francese), per demolire questo potere conservatore a Camerino, invece di fare un solo
dipartimento ne hanno fatti tre.
Pardon: più che dipartimenti (il dipartimento era quello di Fermo) erano dette
municipalità.
Quindi Camerino, invece di fare una municipalità ne hanno fatte tre: municipalità del
centro storico, municipalità del contado di Camerino e municipalità a se stante di Pieve
Torina, qui dove siamo noi.
Quindi hanno messo gli esclusi, gli oppressi contro i padroni. Noi eravamo sempre sotto
Camerino … ci hanno dato un’individualità amministrativa, con il capo della municipalità,
con un’amministrazione nostra, col nostro gendarme o due gendarmi.
Ci hanno imposto l’assunzione di un maestro (non c’era mai stato un maestro a Pieve
Torina) con uno stipendio di 220 scudi! Dato che il maestro non poteva seguire tutta
questa municipalità, nelle frazioni l’istruzione era stata affidata ai parroci però a loro
venivano dati 22 scudi, non 220! Però era imposto l’obbligo.
Poi l’amministrazione era divisa in quattro o cinque uffici: boreau de justice, cioè l’ufficio
della giustizia che c’era la polizia e penso la magistratura giudicante per cause piccole,
erano escluse le cause criminali, le pene detentive lunghe e la pena di morte. Poi c’era
l’ufficio degli approvvigionamenti, dell’istruzione… c’erano cinque uffici in tutto che prima
non esistevano.
C’era l’obbligo di fare il corpo dei gendarmi, di amministrare, di rifornirsi, di curare i
rifornimenti per la popolazione eccetera eccetera. Quindi è stato fatto uno strappo
enorme.
Successivamente c’è stato dopo breve interregno, l’occupazione napoleonica con il regno
d’Italia che è durato fino al 1814 con la caduta definitiva di Napoleone. Noi siamo entrati
nel regno d’Italia nel 1807- 1808 ed è rimasta più o meno la stessa impostazione però
Alessio Marchetti
61
invece che essere dipartimento di Fermo siamo stati creati come dipartimento del
Musone, ci hanno unito con Recanati, con Loreto praticamente, però l’impostazione è la
stessa.
Venivano assunti localmente i cosiddetti edili che erano funzionari che erano a contatto
con il popolo e tra questi edili, quando poi c’è stato il crollo del sistema napoleonico e la
restaurazione, tra queste persone che erano state assunte con Napoleone, ci sono state
quelle che sono stati i semi, i germogli del nostro Risorgimento. Perché avevano sposato
la causa francese e non intendevano più vivere in un sistema oppressivo circoscritto, del
papa re praticamente, che in certe occasioni governava con il gendarme e con la forca.
Lui (il papa) lasciava molto vivere però non ci si poteva permettere il lusso di pensare
con la propria testa: non veniva tollerata la cosa politica. Se uno si accontentava di
vivacchiare, divivere e di dire signor si, allora forse si viveva meglio a quei tempi, però se
uno si permetteva di dire no allora veniva cacciato o esiliato o addirittura giustiziato.
Tantè che nel 1817, due anni dopo la Restaurazione, furono denunciati e condannati (in
prima istanza 7 condanne a morte) mi sembra 180 cittadini marchigiani nella provincia di
Macerata proprio,e ci sono stati tanti processi perché erano i Carbonari, gente che non ci
stava più a stare sotto il Papa e gente che credeva nella “libertè, egalitè e ugualitè
insomma, e praticamente sono stati coloro che hanno gettato le basi del Risorgimento
nazionale che non è che ne possiamo parlare adesso: è stata una gestione abbastanza
travagliata che ha portato all’Unità d’Italia, ma che è stata una cosa d’elite, non è stato
un movimento popolare. Anche se molti popolani in ogni occasione di battaglie nel
Risorgimento, andavano volontari: noi abbiamo degli esempi qui nelle Marche … Perché
parlo delle Marche perché insisto con le Marche?
Le Marche hanno avuto pochi riconoscimenti, ma tanti meriti: perché erano forse una
delle popolazioni più compresse che ha cercato di esplodere. Praticamente la piccola
borghesia, la media borghesia e pochissimi della nobiltà sono stati quelli che hanno
partecipato al Risorgimento e devo dire molti del popolo, però non il popolo, erano pochi
quelli del popolo però ce n’erano.
Noi abbiamo un Leopoldo Elia, che è stato presidente della Corte Costituzionale adesso,
qualche anno fa: suo nonno, che si chiamava Leopoldo Elia, era il capitano di una piccola
barca del porto di Ancona e lui è stato uno dei carbonari, uno dei più rivoluzionari, ed i
suoi figli lo stesso.
Pieve Torina ha dato due volontari nella guerra del 1848, andarono su in Piemonte nella
prima guerra di indipendenza: un Bellanti e un altro non mi ricordo come si chiamava. Ma
dalle Marche, soprattutto Tolentino e Macerata, (dico Tolentino perché era stata
un’enclave di simpatie napoleoniche diciamo: lì c’era stata sia il …. di Tolentino, sia i
comandi dell’esercito francese per lungo tempo e poi, caduto Napoleone, c’è stata la
sconfitta di Gioacchino Murat proprio a Tolentino). E Tolentino e Macerata e le zone
limitrofe hanno dato molti molti volontari a tutte le campagne del Risorgimento e ne
partivano in tanti, centinaia e centinaia.
Ti porto un esempio alla battaglia di Mentana, 1867, che fu la sconfitta di Garibaldi alle
porte di Roma, fu un tentativo di liberare Roma con forze italiane di gente che non
credeva nel re, ma erano repubblicani. Cioè loro non volevano che Roma fosse annessa
all’Italia per merito dei Savoia (prima c’era Cavour che poi è morto nel 1862, c’era lo
stato sabaudo che cercava di mettersi d’accordo per via diplomatica oppure aspettava di
occupare Roma militarmente) e c’era un comitato a Roma che era filo monarchico e un
Alessio Marchetti
62
altro comitato che era estremista, era repubblicano, e questo comitato repubblicano
organizzò un motto del 1867 che fallì miseramente a Villa Glori con l’uccisione dei fratelli
Cairoli ed a Mentana con la sconfitta di Garibaldi. Garbaldi occorse generosamente, ma….
partì una colonna garibaldina da Macerata: di 120 uomini ne sono tornati 18 o 19, gli altri
ferito o morti. Li comandava un certo Ciccarelli di famiglia operaia di Macerata, erano 3
fratelli, solo questo era sopravvissuto. Questo per dire era gente che ci lasciava la pelle,
è gente che ci credeva. Io ho letto qualcosa di quando c’era il tam tam per partire e
c’erano ragazzi di 17-18 anni che vedevano partire la gente e partivano anche loro senza
dire niente al padre a alla madre, cioè era una cosa così, era gente che ci credeva anche
per uscire da questa società…
Diciamo che nelle nostre famiglie piccolo borghesi ci sono stati molti che hanno… io sono
orgoglioso di dire anche nella nostra famiglia… io sono stato nel comitato romano
rivoluzionario, però in quello moderato.
E abbiamo invece un cugino loro, questi si chiamano Raffaele e Filippo Marchetti che sono
figli di quel Leo Marchetti che è uscito da questa casa, era fratello del il mio bisnonno o
trisnonno. Abitano a Roma, uno era un grosso avvocato uno un musicista abbastanza
affermato, e tutti e due erano nel comitato. L’avvocato difese Monti e Toglietti che furono
gli ultimi due decapitati dal Papa Pio IX e sono stati quelli che hanno messo le mine nel
movimento rivoluzionario del 1867 sotto la caserma Serristori per ammazzare gli Zuavi
Francesi; invece gli Zuavi Reggimento, gli armati erano usciti perché su spiata erano
andati ad intercettare in una vigna vicino a Porta San Paolo il convoglio delle armi degli
insorti e in questa caserma erano rimasti solo quelli della banda degli Zuavi e sono morti
solo quelli della banda poveretti. Monti era un paesano nostro di Fermo, un marchigiano
di 31 anni, muratore, Tognetti era il suo aiutante muratore, romano, e furono processati
e decapitati sulla ghigliottina e furono difesi da questo Raffaele Marchetti (io ho l’arringa
a casa). Perché lui non solo era del comitato, lui li ha difesi e nello stesso tempo ha dato
l’apporto del comitato liberale e gli aiuti alla famiglia di questi poveretti, di sicuro. Questo
Raffaele che era una persona politica di primo piano a quei tempi a Roma, è entrato nella
prima giunta dopo la liberazione di Roma, dopo che i bersaglieri sono entrati a Porta Pia,
dopo quattro giorni lui è stato eletto, insieme ad altri, nella prima giunta che ha condotto
il comune di Roma. Poi subito dopo è stato eletto deputato ed è stato consigliere a Roma,
ma soprattutto è stato tra i primi amministratori di Roma dopo che è stata tolta al Papa
ed è passata sotto l’Italia. Quindi molto importante.
Un cugino di questi due Marchetti è stato garibaldino: io sto facendo una ricerca e mi
risulta che abbia combattuto nel Veneto nel 66 e a Mentana con Garibaldi nel 67. Quindi
era uno di quei 18-19 ritornati da Mentana con la legione marchigiana.
Dopo che è stato fatto il Regno d’Italia questa zona ha vivacchiato perché è stata sempre
una zona molto marginale: l’attività agricola era molto limitata e praticamente la zona
d’alta montagna viveva sulla transumanza e noi su modeste porzioni di vino e di grano e
di lana di piccole greggi.
Nella mia famiglia è stato capito subito che non si poteva vivere solo di agricoltura e fin
dalla metà dell’800 c’è sempre stato in ogni situazione almeno un professionista. Per tale
motivo noi abbiamo conservato la proprietà di queste terre perché con i guadagni “extra
agricoli” c’è stato un po’ di benessere in casa. Quindi il padre di mio padre che è nato nel
1850 era un geometra, ha avuto tre figli maschi: due laureati ed un diplomato. Uno era
geometra, gli altri due, uno medico (che era mio padre) ed uno ingegnere che è stato
Alessio Marchetti
63
molto sfortunato: una persona di eccelse qualità intellettive che si laureò in elettrotecnica
a Torino e morì per una disgraziata fuga di gas in albergo appena laureato.
Una giovane vita stroncata. Lui era un persona di un’intelligenza superiore: io ho delle
lettere e anche la sua tesi di laurea che mio figlio (laureato in Fisica) ha apprezzato molto
per la modernità dell’impostazione.
Mio padre è morto nel 1948, mio zio è morto nel 1950 e praticamente abbiamo ereditato
un’azienda abbastanza dotata di bestiame, di macchine,… poi io ho fatto il medico ed i
miei guadagni sono stati riversati in azienda e noi speriamo di sopravvivere, ma sarà
molto difficile perché c’è una crisi agricola per le aree marginali che non è semplice.
Io non so per quanto riguarda il terzo millennio quali sono le nostre prospettive.
Io prevedo che la sopravvivenza di un’azienda come questa non è basata sulla quantità,
ma sulla qualità di quello che produciamo. Noi qui (l’avrai sentito anche tu) abbiamo una
carne finissima, di un sapore squisito ed io già adesso sono sul mercato con dei prezzi
che sono molto più alti di quelli del mercato normale. Diciamo che se l’Australia o la
Nuova Zelanda o gli Stati Uniti dove stai tu, riescono a portare in Europa la carne a 2500
lire al chilo, cioè poco più di un dollaro al chilo in carcassa, se certi allevamenti europei
riescono a portare la carne a 2 dollari in carcassa, io prendo più di 3 dollari sul vivo. Cioè
io prendo 4 o 5 volte di più degli australiani e dei neozelandesi e prendo il doppio o il
triplo… Noi la vendiamo in macellerie specializzate (ce ne sono qualche centinaio in Italia
centrale) dove vendono carne di origine garantita, DOC, che deriva dalle antiche razze
italiane. Io produco con il metodo biologico, cioè rispettando la terra e rispettando gli
animali. Prima di tutto non adopero concimi o pesticidi, niente che sia di sintesi chimica:
tutto naturale deve essere. Quindi come concimi do il letame della mia stalla
(opportunamente trattato, io faccio il compostaggio) per rinforzare la fertilità del suolo
alterniamo colture di leguminose alla colture graminace (le leguminose catturano l’azoto
atmosferico e arricchiscono il suolo).
Cioè io preservo la fertilità del suolo sia dando i concimi organici della mia azienda, cioè il
letame, sia alternando colture che arricchiscono il terreno a quelle che lo impoveriscono.
Cioè noi abbiamo una categoria di piante che noi chiamiamo leguminose, la fava, i piselli,
l’erba medica (l’alfa alfa la chiamate negli Stati Uniti, no?) che hanno degli orfanelli nelle
radici che captano l’azoto atmosferico e lo mettono sotto terra. L’anno dopo io metto il
grano che impoverisce la terra e gode di questo azoto atmosferico catturato dalle
leguminose e in più metto il mio letame e quindi riesco a mantenere la sostanza organica
del suolo e la fertilità del suolo. Da due anni non compro più un chilo di concime.
Gli animali vengono allevati nel rispetto delle loro esigenze vitali e biologiche, cioè
devono avere possibilità di muoversi liberamente, quindi è vietata la catena.
Io ho due stalle una libera e una a catena e ho una deroga di due anni cioè entro il
prossimo anno debbo eliminare la catena sennò mi tolgono …
Cioè per chi entra nel metodo biologico e ha una stalla alla vecchia maniera con bestie
legate (tradizionalmente qui da noi… negli Stati Uniti già le bestie sono tutte libere, qui
da noi in montagna resiste qualche stalla con la catena) la catena è proibita, non è
accettata dal biologico: le bestie devono essere libere e devono andare al pascolo. Quindi
se uno ha una stalla con bestie legate alla catena ha due anni di tempo per fare stalle
libere.
Alessio Marchetti
64
Quindi preserviamo la fertilità del suolo rispettandolo, rispettiamo le bestie che debbono
avere la libertà di muoversi e soprattutto devono avere a disposizione il pascolo perché
quando la bestia sta fuori sta bene, si sente libera. Riescono a partorire tranquillamente
da sole le bestie, ci sono meno incidenti di parto fuori che dentro perché la bestia è
libera, si muove, fa esercizio. C’è maggiore fertilità perché il toro è con loro e soprattutto
ingrassiamo questi vitelli che nascono da questi bovini prevalentemente con erba.
Alessio Marchetti
65
Mario Salvi
Sono Mario Salvi.
Quello che vi racconto, non è che l’ho vissuto, è perché me lo ha raccontato il mio povero
padre.
Io sono nato nel 28, quindi non posso raccontare, però, avendoci avuto la fortuna di non
averci la televisione, il mio telegiornale era mio padre, e logicamente poverello, 6 anni di
guerra (dal 13 al 18, la grande guerra) ce ne aveva da raccontare quanto uno ne voleva.
Mario Salvi
In modo particolare, ricordava che era riuscito una volta ad avere un contatto con
Vittorio Emanuele, no perché era nessuno, ma il Re andava spesso in mezzo ai soldati …
imbattutisi con lui, lui cominciò a protestare (mio padre) perché dice: “Maestà, qui noi
stiamo facendo la guerra ai carabinieri, non agli austriaci, perché loro ammazzano noi,
noi ammazziamo loro!”
Infatti a scuola non ce l’hanno mai insegnato, ma dopo ho trovato su delle letture che
addirittura furono 6000 i soldati italiani fucilati dai carabinieri italiani perché quando c’era
Cadorna, come generale (stiamo parlando sempre della guerra 13-18, no?) quando c’era
Cadorna dava l’ordine di dare l’assalto, a petto nudo, sulle colline … tanti ne partivano e
tanti ne rimanevano morti lì per terra.
Qualche plotone che si rifiutava, arrivano i carabinieri … che allora si erano scambiati i
segnali gli aereoplani, e quindi i soldati sparavano ai carabinieri perché i carabinieri
facevano la decimazione.
Questo è un fatto storico che a noi non ce l’ha raccontato nessuno.
Quindi quando riuscì, secondo mio padre … così, porello, a parlare con Vittorio Emanuele,
dirgli appunto che facevano la guerra più ai carabinieri più che agli Austriaci, dopo poco
arrivò Diaz … ma può darsi che neanche il Re manco l’avrà visto mio padre (tanto per
dirti), però con Diaz le cose cambiarono, perché il primo ordine proibì le fucilazioni, tanto
che si arrivò alla vittoria.
Queste storie, sono andato io in onore de mì padre, sia a Verona che … primo
bombardamento austriaco, dove le gente rimanevano appiccicate sulle colonne, dove
avevano fatto le trincee, sul monte Grappa, monte Nero, eccetera, proprio in onore a lui,
eccetera … però, primo impatto politico (questo me lo porto ancora dietro): dopo questi
anni qui di sacrifici, mio padre fu congedato e raccontava … ve immaginate ragazzi, a noi
figli, quando il treno entrò alla stazione Termini a di Roma, cioè a casa, prima che
Mario Salvi
66
finissero a fermarsi, io con tutto il drappello dei bersaglieri (che era bersagliere mio
padre) scendemmo giù di corsa trionfanti e felici.
Non l’avessimo fatto mai.
Le due ali di gente che ci stava ad aspettare cominciano a sputarci addosso: prendemmo
una doccia dai capelli fin agli scarponi di questa gente.
E allora noi, indignati (ragazzini) a papà: “ma perché non li ammazzavi?”
E lui diceva: “e no, sennò andavo in galera.”
Però io vi posso garantire che tolti i proiettili dal moschetto, me ne servivo come
bastone, lo sanno le costole …
Chi era quelli che gli sputava?
Erano i signori bolscevici.
Perché ormai, vinta la rivoluzione in Russia nel 17, cioè appena l’anno prima, questo
bolscevismo che dilagava, se la prendevano a morte con i soldati e con i poliziotti, perché
diceva, voi zozzi soldati difendete il Re e noi non lo vogliamo più. Non volevano più la
monarchia. Erano un po’ i padri dei comunisti d’oggi che soprattutto non volevano il
governo, ma soprattutto non volevano il Padrone. E quindi giù botte e ste cose …
Il periodo più difficile d’Italia fu appunto quello 19-20, perché la nazione era stremata, i
governi cascavano ogni 15-20 giorni; Vittorio Emanuele nominava un altro, ma non c’era
più… non era facile mettere… Poi per di più questi benedetti o maledetti bolscevici
complicavano la vita perché addirittura si permettevano di fermare i treni in aperta
campagna per controllare i passeggeri: se trovano un prete, un frate o una monaca …”o
scendi e abbandoniamo qui, o il treno non riparte!”
Generi di queste violenze me ne ha raccontate tante mì padre.
Tutto fino al 1920, quando nell’ultimo periodo, il capo del governo Facta, (forse Antonio)
comunque Facta, non sapendo più che pesci prendere, fece la legge del 50 per cento.
Io lo so perché me l’ha raccontata mio padre, a scuola non me l’hanno insegnata questa,
neanche a te.
Allora che cos’era questo 50 per cento?
Da domani mattina gli stipendi e le pensioni tutte la metà! Lo stato non può far meglio di
questo.
Quindi baraonde, impicci … che poi, dopo qualche mese… mì padre raccontava … certo la
gente mugugnava, i pensionati che c’avevano 80 lire ne prendevano 40 de pensione, chi
c’aveva 100 lire di stipendio 50, però si dovevano adattare su quello.
Il disastro del 50 per cento, raccontava sempre mio padre, quando lo mise sulle merci.
Quindi mettendo sulle merci il 50 per cento chi ti vendeva un prodotto a metà prezzo,
non c’aveva più soldi per ricompralo. Era un problema tecnico, più che finanziario.
E questo portò a saccheggi dei negozi, a semirivoluzioni, eccetera.
Perché, mi diceva mio padre, noi dicemmo: “grazie Signore che c’hai dato l’uomo della
provvidenza!” (che era Mussolini)?
Perché questo signor socialista, Mussolini, accettò l’incarico. Stava a Bologna, era il
fondatore del giornale dei socialisti, l’Avanti: fondatore Benito Mussolini.
Quindi arrivò sto Mussolini, ebbe il coraggio d’accettare l’incarico, e l’accettò anche con
una certa autorità perché gli bastarono 3 o 4 mesi per varare una legge proprio sugli
stipendi.
Ossia, tagliò le gambe ai sindacati in questo modo.
Disse: “Signori impiegati – raccontava mio padre – signori impiegati, lo stipendio lo
stabilisce il parlamento perché è l’ente supremo della nazione!”
Perciò sindacati e partiti tutti sciolti, via!
Ripeto, detto oggi così sembrerebbe chissà quale sopruso, ma nei disagi che vivevano
quelli, mio padre disse, noi ci inginocchiavamo e dicevamo “Signore grazie che ci hai dato
l’uomo della provvidenza!”
Sennò non si viveva più, capisci?
Dopo … l’ultimo atto a contatto di Mussolini, perché dal 30 al 39 furono fatti enormi lavori
in Italia: uno dei più grossi la bonifica Pontina.
Perché sò questo? Perché alla prima trebbiatura del grano, che ci serviva (l’Inghilterra ci
aveva fatto l’embargo, le sanzioni… non ci dava né petrolio né grano) però fu puntati i
piedi, la gente lavoravamo tutti, per la patria (non c’era tutto sto sabotaggio de adesso)
Mario Salvi
67
…
Le prime trebbiature del grano della pianura Pontina, un campo con 80 chilometri di lato,
da Velletri a Terracina, veniva personalmente Mussolini, andavamo giù 100-200 ragazzini
delle scuole romane, per fare il passamano, le cove, da quei grossi mucchi fino a… non
c’era la mietitrebbia, non te confondere: toccava trebbiarlo uno per uno fino a notte
inoltrata. Questa era diventato per noi un rito, questa battaglia del grano eccetera.
Poi l’altro grossissimo pallino di Mussolini era il carbone bianco che tu non sai che cos’è,
te lo spiego io: è l’energia elettrica fatta con l’acqua, l’idroelettrica.
Tanto che proprio in quegli anni lì nacque il più grosso impianto d’Italia (tuttora
funzionante) da Amatrice Campotosto fino giù a Pescara, tutto intubato con le gallerie,
cinque scalini, cinque centrali; è la più grossa centrale.
Poi gli piaceva stare a contatto coi giovani.
Un po’ le scuole: non esistevano le scuole medie. Fatte le elementari noi dovevamo
l’avviamento al lavoro; proprio soprattutto era quello per creare la mentalità che lavorare
non è vergogna.
Quello che invece purtroppo adesso è tutto l’incontrario.
Allora in modo particolare avviamento al lavoro, andavamo a portare la birra dentro
queste gallerie (il lago ancora non era fatto) … ecco però vorrei che tu cominciassi un po’
…; le gallerie venivano fatte con la mazza, la mazzetta, lo scalpello, la pala, il piccone,
non è che c’erano come adesso le “talpe”, eccetera.
Però, mi ricordo che noi scaricavamo quella po’ di birra che caricavamo a Via Alessandria
da Peroni, dentro ste gallerie con un po’ di cerini, con qualche candeletta, poi
s’accendevano i riflettori, arrivava Mussolini.
E andava addosso alla parete, quella sfondata il giorno prima: “Bravi ragazzi! Altri 40
centimetri!”
Per darti un po’ il concetto di come siamo vissuti noi.
Mario Salvi
68
Fausto Servili (intervista doppia del 17-10-2000)
Fausto Servili, luglio 2003.
Dunque, gennaio 1924 …
Kai: 24? Molto giovani.
Si, si.
Kai: e la famiglia?
La famiglia era composta di altri due fratelli, Giovanni e Silvio e Giuseppina, una
femmina.
I miei genitori, Bianca e Luigi. E mia nonna Annunziata, Lucarini.
Kai: è questa nella fotografia?
Si. Mio nonno era morto. Servili Domenico era morto da qualche anno.
Kai: allora, che cosa faceva la tua famiglia?
C’avevano un negozietto di articoli misti… tipo… allora i negozi erano… prendevi gli
alimentari, pasta, riso, mercerie, magliettine, era un po’ negozi… non erano come adesso
tutti specifici.
I negozi erano un po’ unici.
Kai: in Pievetorina?
Sempre a Pievetorina, sullo stesso posto.
Kai: e ci sono stati altri negozi?
Si.
Kai: che negozi c’erano?
C’erano sempre negozi di alimentari essenzialmente. Essenzialmente alimentari. Perché
per esempio scarpe non c’erano; abbigliamenti e le confezioni ancora non esistevano:
sono arrivate dopo gli anni 45-50, della guerra. Le confezioni non esistevano: tutti i
tessuti a metraggio. Le donne prendevano la stoffa e poi cucivano loro le camice, le
mutande per gli uomini. Per le giacche c’era il sarto, artigiano, che faceva i vestiti. Però
come confezioni sono arrivate dopo la guerra, prima non esistevano.
Kai: e che alimentari?
Alimentari per mangiare: pasta, riso, spaghetti, conserva, tonno, alici, tutte queste cose
qui. Conserve per fare il sugo rosso, per fare la pasta, no? Non è che c’era molto, cerano
spezie, il pepe la cannella… c’era queste che era chiamate le spezie era chiamate, per
Fausto Servili
69
saporire un po’ i prodotti.
I negozi erano tutti quanti articoli misti, tutti. Poi vicino a queste qui c’erano i tessuti, no?
E la gente comprava magari la camicia e il tonno per mangiare… che posso dire… poi
comprava… e venivano tutti la domenica perché la domenica erano aperti gli uffici, era
aperto il comune, le poste... la caserma, il sindaco, un po’ tutto quanto, allora la gente
venivano tutti la domenica perché la campagna attorno gli altri giorni lavorava.
Questo negli anni però che io ero piccolo; fino alla guerra, nel 40, esisteva ancora il
sistema unico, antico, di una volta.
Kai: e in quel tempo nei paesi c’erano le automobili? Che cosa c’erano?
Poche, poche macchine, poche macchine: ce l’avevamo noi, qualche commerciante,
qualche commerciante di legna, ma le altre categorie non potevano permettersi il lusso
della macchina.
Kai: con che cosa andavano? Camminavano?
Camminavano a piedi oppure prendevano i muli, i somari, i cavalli col carrettino, col
birroccio, e venivano giù in quattro, cinque a secondo. Le donne anche a piedi. Quando la
donna veniva sola, veniva a piedi. A piedi scalza, poi quando s’arrivava al paese se
metteva le ciabatte, gli zoccoli.
Kai: gli zoccoli che cosa sono?
Di legno, come quelli che c’hanno le infermiere che so bianchi, no? All’ospedale gli
infermieri c’hanno…
Kai: questi zoccoli. Chi ha fatto questi zoccoli?
Da per loro. Gli uomini prendevano il legno, c’avevano la cosa…
Kai: il padre di queste famiglie faceva gli zoccoli?
Si…, faceva gli zoccoli.
Kai: e che legno?
Il legno quello che capitava, la quercia più che altro perché c’era la quercia allora.
Kai: si, si.
Il legno di quercia, li cosavano, venivano tutti fori colorati, anche bianchi. Erano anche
chiari, non bianchi proprio, però… E gli uomini facevano anche per loro, per il fondo della
scarpa, il fondo era di legno. Poi, questa è chiamata la tomaia, no? Sotto era di legno, e
la tomaia con le … la cosavano, la fermavano. Però era sempre freddo, il legno era… la
tomaia pelava perché, senza calzini…
Loro i calzini li facevano con il cotone: compravano le matassine, matasse di cotone e
con i ferri facevano i calzini.
Kai: sempre in casa?
Sempre in casa, tutto in casa.
Kai: c’era qualcuno che faceva...
Imparavano da loro, da loro stessi. Oppure dopo prendevano la lana, la filavano e ci
facevano i guanti. Sapevano fare i guanti le donne, anche i calzini sapevano fare.
Dovevano saper fare tutto perché non se trovava niente.
Kai: e le donne facevano i vestiti?
C’erano le sarte. Però la donna di casa già era un po’ pratica, quindi faceva la sarta, gli
aiutava.
Aiutava la sarta: non so, sottopunti, tagliavano gli orli, no? Perché la sarta misurava e
faceva la sarta, ma anche le sarte erano poche.
Kai: come era Pievetorina al quel tempo, quanti casi?
Pievetorina faceva 3500 abitanti.
Kai: ma con altri piccoli posti?
Con le frazioni. Pievetorina centro era piccola, perché tutti sulle frazioni, no? La
campagna… qui c’era poche case.
Kai: e nella prima guerra mondiale ci sono stati tanti morti di qua.
Si. Più di 100 morti nella guerra 15-18.
Kai: e c’erano molte famiglie senza padri, senza uomini a quel tempo?
Si, si, si.
Kai: che faceva una famiglia senza uomini?
Qui lo stato gli dava qualche cosa. Era chiamato sussidio, però non bastava per vivere,
allora doveva arrangiarsi in tutte quante le maniere. Quindi ci so stati per esempio tanti
Fausto Servili
70
ragazzi piccoli che andavano a pascere le pecore. Gli passavano da mangiare e basta:
senza soldi, senza niente. Molte donne lavavano i panni a qualcuno, però il coso era
sempre misero, perché anche chi si serviva di queste donne, non aveva molte possibilità
finanziarie per pagare queste. Allora, non so, se facevano un lavoro di 100 lire (a quei
tempi) gliene davano 50 perché non ce le avevano e quelle si contentavano. Mangiavano
magari a casa, il pane… Io ho visto i lavoratori, per cui rimasi molto male, che vuotando
quelle portine… quei porta pranzi, no? Che s’avvitavano… c’erano pane e l’erbe soltanto,
senza carne, senza niente.
Kai: senza niente.
Senza vino, senza niente… appena glie davi un goccetto de vino… quindi, era proprio
misera la giornata.
Kai: davvero.
Mangiare pane e verdure sempre per uno che lavorava, con il freddo poi.
Kai: e per l’acqua?
Per l’acqua… l’acqua c’era, però…
Kai: nella casa?
No fuori, fuori.
Kai: e dove andavano a prenderla?
Eh, andavano… dunque, mettiamo, lì dove sta il bar…
Kai: questo è il bar di Gino, di Genio?
Di Genio. C’era quella fontana che sta alla Cassa di Risparmio: stava lì. Ci si andava a
prendere l’acqua; i privati e anche le bestie, per bere. Infatti era sempre sporco per
terra, perché le bestie… Poi ce ne stava un’altra giù vicino al comune vecchio, lungo
borgo, giù, la fontanina. Poi c’era a Roti, c’era quella alla Rocca che adesso è…
Kai: varie fontane…
Però per le bestie più che altro, non c’erano. Preparavano… uno stava alla Rocca, no? Su,
vicino a casa… sulla strada che va a Gagliole, quella strada che va su: ci siamo passati,
no?
Kai: si.
Lì a casa di Alberto Marchetti c’era una fontana che ancora c’è.
Kai: si ho visto.
Quella fontana era per abbeveratoi anche e per i privati.
Kai: e l’uva? Il vino?
Il vino ce n’era molto però era aspro, acido. Ma lo bevevano lo stesso perché c’era quello
solo. Mano a mano che si è evoluto verso un’altra qualità, il vino nostro non è più adatto.
Infatti non c’è più vino, hanno tolto tutte le viti.
Kai: si, si.
Prima c’erano coloni che raccoglievano 100 quintali di mosto, di uva, di vino. Era una
bella risorsa il vino. E poi mano mano che … che si è sviluppato la legge, il grado di
acidità, di alcool, no? Non era più bono; allora hanno tagliato le piante, hanno distrutti
tutti i vigneti, le pianti grandi perché poi so arrivati i trattori e lavorano meglio, capito?
Hanno tagliato le piante perchè…
Kai: tu… può fare domande anche lei…
Fausto Servili
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sfida a ruzzola, 1946.
Questa foto … io ero un bravo giocatore di ruzzola. La ruzzola era una cosa rotonda come
una forma di formaggio.
Kai: come era, di legno era?
Di legno, di legno. Era da una parte un po’ più piana perché, si chiamava il basso, perché
se la strada era un po’ ondulata, bisognava mandarla un po’ … in un’altra direzione senno
andava subito sulla fratta. Allora da una parte era un po’ più consumata.
Ospite: Smussata.
Smussata, più bassa e tu mettevi il basso lì. C’era… qui mettevi lo spago; lo spago, no?
Kai: che cos’era?
Mettevi lo spago qui al coso, qui al braccio… Poi mettevi 2 giri, 2 giri e mezzo te regolavi,
sulla ruzzola, di spago. Di spago, no? Non si vede adesso do sta lo spago. Poi prendevi la
rincorsa e via! Lanciavi.
Kai: si.
Facevi, no? così… qui c’era la …
Kai: così!
Facevi i passi lunghi, con slancio. Io c’avevo uno slancio forte.
Kai: bravo.
Ero più forte…
Kai: qui … dov’è questo?
Qui stavamo a giocare… questo è Venanzo.
Kai: si.
Qui stavamo a giocare…
Kai: e questo, è tu?
Questo sono io, … perché per (evitare?) il campione, no? Questo era il parroco di allora, e
gli altri non li conosci, qui non conosci nessuno.
Kai: difficile.
Questa strada era il pezzo che va … sai quella strada che è il casino?
Kai: dove?
Piccola, che è stata chiamata casino, dopo, venendo su dalla Madonna dei Lumi…
Kai: non lo fanno più?
Passano le macchine, Però lo fanno: fanno i campionati nazionali adesso.
Kai: adesso?
Si, trovano delle zone dove ci sono le strade e fanno i campionati nazionali.
Ospite: non è più legno, ma so di plastica adesso.
Kai: ah.
E c’erano anche di formaggio.
Kai: anche di formaggio?
Fausto Servili
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Quando si spaccava il formaggio, se rompeva, tutti a corre a rubà il formaggio.
Questa strada è quella quando vieni su dalla chiesetta di Marini, no?
Kai: si.
C’è poi la pinturetta di Lucciano? La strada che va a Lucciano…
Kai: si, Gagliole. Quella strada che va a Lucciano?
Si, allora noi da lì, dalla strada di Lucciano, arrivavamo fino qui al paese.
Kai:mamma mia.
Fino qui al paese, perché si andava sempre avanti, no?
Kai: si, si.
Chi stava avanti vinceva. Si faceva il primo tiro. Arrivato lì si ripartiva. S’arrivava qui e si
ripartiva. Poi chi andava più su del segno dell’arrivo, vinceva.
E lì siccome lì le strade ancora passava qualche macchine, questa gara è stata fatta in
quella strada lì: dalla Pintura di Lucciano fino all’ingresso del paese.
Kai: questo in che anno?
Questo sarà stato nel 45.
Kai: 45? Dopo la guerra?
Dopo la guerra, si. Si perché allora c’era Leonardo, questo era Beppe Marchetti, questo è
Nicola Scamacci, Fonesi (?) il parroco… Erano…
Ospite: i divertimenti di una volta.
Eh, tanta gente, si andava anche fuori a giocare. Io ho fatto anche il campionato
provinciale! So arrivato secondo. Secondo so arrivato.
Kai: ah, bene, bene.
E qui c’era… dunque il parroco… chi è che ho visto… parente di coso…
Kai: e che scuola c’era in Pievetorina a quei tempi, prima della guerra, che scuole?
Scuole? Solo le elementari.
Kai: solo le elementari.
Prima, seconda, terza, quarta e quinta.
Kai: e dopo di quello dove…
Dopo di quello, pochissimi perché non c’era…, andavano a studiare a Camerino.
Kai: si.
A Camerino c’era tutte le scuole.
Kai: si, per andare a Camerino… che cosa facevi?
Per andare a Camerino stavano nelle pensioni; trovavano una famiglia, perché erano
pochi gli studenti, no? Trovavano una famiglia che gli davi, non so, dieci lire al mese e gli
passava vitto e alloggio.
Kai: ah. Capito.
Anche la figlia mia prima, la Cristina, è stata in una casa, in una famiglia perché ancora
non c’era le corriere.
Ospite: oppure questo era il pullman degli studenti.
Dopo so arrivate le corriere. Dopo la guerra, perché dopo la guerra c’è stato lo sviluppo
tutto una volta, e allora le corriere facevano l’orario. Partivano alle 7 e mezzo, come
adesso, e tornavano a quell’ora lì.
Kai: bene.
Però anche lui, lui pure è stato su una famiglia, non andava con la corriera.
Ospite: perché le corriere a quel tempo andavano il mattino alle 6
Kai: molto presto.
Ospite: e tornavano alle 2, alle 3. Allora, sa, tutta la giornata si stava in viaggio.
Kai: si, si, vero.
Poi il freddo… allora le famiglie… i ragazzi, che erano pochi, andavano dalle famiglie che
si conoscevano.
Fausto Servili
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documento d'identità all'epoca del Partito Nazionale Fascista
Kai: si, si. E la politica prima della guerra: che c’era quel partito di…
Prima della guerra?
Kai: si.
Partito Nazionale Fascista.
Kai: soltanto quello?
Si, soltanto quello. Dopo c’erano la dittatura, dovevi essere fascista: se volevi lavorare la
prima cosa dovevi presentare la tessera. Se dovevi prendere un impiego, la prima cosa
iscritto al partito, se dovevi andare…. Quelli non iscritti al partito se la passavano male.
Venivano tenuti d’occhio, capito? Dovevano, dovevano… non so, tante persone quando
passava, non so, col gagliardetto fascista che usavano il cappello, non salutavano: le
botte, le botte, le botte.
Anche Fronzi, ti ricordi Fronzi?
Kai: si.
Domenico, mi raccontava che lui, io non sapevo niente, stavo lì a Ponte Garibaldi col
cappello, così, allora andava i cappelli, passavano quelli, tutto un momento purupum
purupu, il cappello nel fiume, perché stava a Ponte Garibaldi, no? Il cappello nel fiume, le
botte che gli dettero.
Kai: chi ha fatto quello?
I fascisti. Perché Fronzi non si levò il cappello. E non salutò.
Ospite: quando passava la fanfara col gagliardetto, sarebbe il fascio… no? Tutti dovevano
togliersi il cappello. Chi non se lo toglieva, gli menava.
Salutare sull’attenti, no? Saluto militare. E qualcuno i primi tempi non ci faceva caso.
Kai: si è dimenticato.
Fronzi che era un po’ così…, era giovane, allora non si levò il cappello ne niente: le
botte… il cappello nel fiume, gli cascò e se lo portò via e un sacco di botte. Cioè non si
poteva non essere fascisti, perché senno non c’era lavoro.
Kai: e chi era l’amministratore?
Qui? Il Podestà, che era nominato sempre però da loro. Tesserato(?) provinciale del
Partito Fascista. Allora c’era… a Pievetorina faceva un po’ de indagini, quello… Podestà,
facciamo quello perché è una persona che ci può stare, ma deve essere iscritto e doveva
ubbidire agli ordini del partito. Capito? Governavano sempre … se al partito non gli
andava bene, via, alla sera lo mandava via, alla mattina pronto un altro.
Fausto Servili
74
Ugo Marini
Kai: e tu ricordi Ugo Marini?
Si, si, si. Ugo Marini era un focolaio, era un po’ impulsivo, prendeva subito posizione, era
fascista anche lui.
Kai: ma lui aveva qualche difficoltà con quel Podestà?
No, no. Si, so una volta con Benzo Antonelli, non so per quale motivo, ero piccolo… Però
Marini Ugo prendeva subito le cose di petto. Subito, era… ragionava poco, subito era…
Kai: si, si. E tu…
E la famiglia Marini era tutta quanta, anche Peppino era andato via volontario in Africa.
Poi da fascisti so diventati tutti quanti comunisti. Non si spiega. Era cattolici, tutti atei.
Kai: non ho capito.
Era una famiglia molto cattolica, fascista.
Kai: quale era?
Ugo Marini, i figli: tutti fascisti. Dopo la guerra so diventati tutti quanti comunisti.
Cominciò Peppino, ha proseguito Giovanni, ha proseguito Mario, insomma hanno
rinnegato un po’ quello che erano. E anche per la Chiesa, per il cattolicesimo, era una
famiglia molto cattolica. La madre di coso… anche Ugo, la madre Peppina, sora Peppina
era… po te la ricordi: tutta de chiesa.
Kai: si, si, si.
E i figli alla ….(?) la pagavano tutti quanti. Ha cominciato Peppino.
Kai: anche tua famiglia era…
Si.
Kai: tutte le famiglie…
Tutte le famiglie era … perché la Chiesa era un po’ il richiamo della gente, non so, molta
gente che, vedi diceva Beppe ieri, le lettere le mandava il parroco perché i genitori non
erano in grado di scrivere. Allora andavano tutti quanti dal parroco a chiedere aiuto, a
chiedere consiglio. Quando non sapevano notizie… allora il parroco insomma… I parroci si
davano da fare per poter aiutare queste famiglie, quindi c’era anche questo motivo di…
anche per interesse magari, che te posso di? Perché il parroco era sempre la persona a
cui andare a ricorrere in questi casi, in difficoltà, capito?
Fausto Servili
75
Kai: si.
Il parroco o la maestra. C’era i maestri pure…
Kai: i maestri di scuola?
Si, delle scuole. Insomma la gente si affidava anche a loro per queste cose. Per le notizie,
per le lettere, anche tra fidanzati che non sapevano scrivere, andava dal prete o dalla
maestra si faceva scrive la lettera al fidanzato.
Kai: ah, capito, interessante…
Molti, molti scrivevano al fidanzato, perché a scuola ci andavano pochi eh, la campagna
… faceva la prima la seconda e la terza.
Kai: si.
Terza elementare imparavano poco perché …
Kai: e tu ricordi i genitori di Ugo o erano già morti?
I genitori di Ugo no, non li ricordo.
Kai: c’era anche la nonna, la madre di Ugo.
La madre di Ugo? Mi pare il padre di Ugo l’ho conosciuto, l’ho visto, me sa, mi ricordo
guardando le fotografie una fisionomia che ho visto, però da piccolo. Perché Ugo era
dell’età di mio padre, no?
Quindi il padre era ancora più vecchio.
Bologna: porticato San Luca (sullo sfondo)
Kai: anche tu eri soldato?
Un soldato? Si. Io sono partito quando la guerra stava per finire.
Kai: ah.
Perché c’aveva chiamato un anno prima. Peppe un anno prima, no? A noi ancora un anno
prima. Quindi io c’avevo 18 anni quando so partito. Stavo sui Bersaglieri. Eh, nei
Bersaglieri c’era da sgobbare eh? C’era da correre. Però presi la patente della macchina e
allora riuscii ad andare a fa l’autista con i camion con… si chiamava Autocentro.
Kai: capito.
Io stavo al 6°. A Bologna c’era il 6° Bersaglieri, il 6° Autocentro, il 6° Genio, tutti…
Ospite: a Bologna è stato lui.
Kai: si.
E a Bologna facevamo scuola guida, trasportavamo soldati di qua e de là, andavo su
verso…
Kai: che anno?
43, primavera 43.
Fausto Servili
76
Kai: e che cosa è successo nella guerra?
A Bologna si, a Bologna dunque… bombardavano spesso, la notte, e noi dormivamo sotto
il colonnato di San Luca. Probabilmente sei stato a Bologna, si? San Luca sta su alto, no,
la chiesa, e c’è tutte le colonne, tutta la strada sotto le colonne; gradini e coperta… com’è
chiamata? I portici, sotto i portici: so 5 chilometri, eh? Allora raccontavo una volta a lui
che hanno bombardato, alla stazione di Bologna i traditori lasciarono due cose di … due
convogli ferroviari carichi di materiale bellico: bombe, eccetera. Arrivarono gli Americani
con le fortezze volanti… bianche erano… allora quella sera c’era la luna… l’allarme, noi a
corre su sti, sotto questi porticati per andare su in alto. Su in alto le fortezze volanti ce
passavano a 100 metri.
Kai: mamma mia.
Perchè da li si abbassavano. Noi sentiamo questi scoppi, una paura, corri, corri, corri,
corri, corri, corri… abbiamo corso fino a che s’è fatto giorno. Quindi avremo fatto 20-30
chilometri, non lo so, senza sapere dove stavamo: dove starà Bologna?
Ospite: di notte era, no?
Kai: si, si.
Dopo s’è fatto giorno, però la direzione di Bologna non… allora sentivamo qualche
scoppio, allora da quella parte: cammina, cammina, cammina, insomma…
Kai: cammina, a piedi?
A piedi, a piedi. Ad andà via tutta de corsa l’abbiamo fatta, abbiamo corso sempre dalla
paura, quindi non ci siamo resi conto di quanto eravamo andati lontano da Bologna. Poi,
piano piano, siamo rientrati così, un po’ a occhio, sentivamo un po’ gli scoppi, siamo
arrivati in caserma a mezzogiorno, l’una: stanchi… avevamo fatto 30 chilometri di corsa e
30 al passo.
Kai: mamma mia.
Perché la paura era tanta. Scoppiavano lì… il finimondo, il finimondo, era proprio… infatti
misero subito la cosa… quando non se po’ uscì, com’è?
Ospite: coprifuoco.
Coprifuoco: più di tre persone insieme non se andava senno te arrestavano subito:
coprifuoco. Tre persone massimo, se andavi in quattro te arrestavano. Era chiamato
coprifuoco e potevi uscire dalle 9 alla mattina alle 6 della sera.
Kai: i soldati non potevano uscire?
Neanche i civili.
Ospite: neanche i civili: quando c’è il coprifuoco di notte non poteva uscì nessuno, sennò
ti ammazzavano.
Kai: chi ammazzavano, i fascisti?
Ospite: i soldati stessi.
I soldati: c’era le ronde che facevano servizio…
Ospite: era tipo polizia militare.
Kai: si.
Ospite: se vedeva in giro più di 3 persone glie sparavano. Alla notte chi vedevano
sparavano, perché c’era il coprifuoco.
Avevano paura dei complotti, capito? 10 persone avrebbero potuto fare un’azione, non
so…
Kai: certo.
Allora al massimo 3 persone. Madre, Madre e figlio. Se avevano un altro figlio, a casa il
figlio, solo un uomo: tre persone.
Kai: e quando l’Italia si è arresa?
Questo è stato verso i primi di luglio, quando già i Tedesc…, si, i cosi, sbarcarono allora in
Sicilia.
Kai: si, si.
Che Mussolini diceva: “Li fermeremo sul bagnasciuga!” Sulla spiaggia. Invece sbarcarono
con li carrarmati e… capirai! Vennero su… E poi bombardarono ancora sempre Bologna,
spesso, tanto che una volta facevamo scola guida e vedevamo tutti i ciclisti correre, le
persone a piedi correre, le… ma do vanno tutti quanti con questa fuga, no? Alla fine
arrivava un ciclista, ce passa avanti, e ci ferma. Dice: “A terra! A terra!
Bombardamento!” C’era un sole, era sempre più… le fortezze volanti, bianche, sull’occhi
Fausto Servili
77
sbattevano… (?) uuuuu, allora, sotto le piante di frutta… perché a testa bassa, bum
bruuuuuum, la frutta sopra la testa… bum, le bombe a 100 metri, 200 metri, perché
erano tremende… bum, noi, sta frutta, fermi, così coperti di frutta …
Kai: ci sono state mele o…
Tutta la frutta con l’aria… erano pesche, erano di mele, era un po’ tutta, e dopo tanto,
dopo una mezzora, tutti sti mucchi di frutta per terra… perché con lo spostamento d’aria,
la bomba…
Kai: quando era, 43?
43, sempre 43.
Kai: ma questi frutti non sono stati maturi?
Eh, forse erano anche maturi, però chi li portava?
Ospite: lo spostamento d’aria, no?
Kai: si, si.
Tutti assieme li portavano. Prima li prendeva un po’ per volta, no?
Kai: si, si.
Invece tutt’assieme, io che fine anno fatta non lo so, perché … fino a che dopo, l’8
settembre, venne l’armistizio. E non stavamo a Bologna, c’avevano portato a Castel San
Pietro dell’Emilia.
Kai: Emilia, si.
Eravamo mobilitati perché dovevamo andare in zona operazione. Quando uno era
mobilitato…
Ospite: ti portavano in zona di guerra.
Allora andammo in Juguslavia, però…
Kai: come soldato o come?
No, no, come autista. Come soldato: ti davano il camion e tu guidavi…
Kai: ma in Italia non c’erano più i fascisti, il governo più?
C’era, c’era. Fino all’8 settembre c’era. E noi in Jugoslavia dispiaceva perché … [fine
nastro]
Kai: allora continuiamo, ieri tu sei stato in Jugoslavia …
Come autista dell’esercito… però siamo ritornati perché è arrivato l’8 settembre.
Kai: si.
Allora ci siamo salvati. Siamo tornati indietro, siamo ritornati al comando a Bologna, da
Bologna a Castel San Pietro in Emilia dove c’eravamo prima di partire. Siamo ritornati…
in quel tempo, in quei giorni, il giorno dopo, l’ordine era di fermare i Tedeschi. Perché i
Tedeschi venivano giù, volevano occupare l’Italia, cioè dal Brennero si spingevano verso
il Sud per occupare l’Italia.
Kai: si.
Perché l’Italia aveva tradito e quindi andava diciamo… Senonchè i primi 2 o 3 giorni i
Tedeschi passavano in 4 o 5 un po’ spaiati, un po’ sbandati, noi cercavamo di fermarli,
ma questi o dovevamo sparare, con il rischio della vita, oppure non fare niente. E allora,
siccome erano pochi, 3 poi 5, poi 2, non valeva la pena di andare alle maniere forti. Solo
che dopo il 4°-5° giorno cominciavano a venire i famosi Tigre tedeschi, i carri armati.
I tedeschi prima hanno cercato di invadere così, poi piano piano hanno messo le mani
forti perché dovevano occupare l’Italia, no? Sennò era un nemico alle spalle. Allora so
arrivati con questi carri armati, primi carri armati Tigre di 30 tonnellate che sembravano
enormi, no?
Per sti tempi, allora noi, gli ufficiali non c’era più nessuno, i primi traditori sono stati gli
ufficiali, si sono messi in borghese e sono andati a casa. Noi di soldati abbiamo cercato di
trovare qualche vestito borghese, sennò ti riconoscevano e te prendevano.
Io c’avevo una persona di qui di Montecavallo sposata a Bologna, nella quale io avevo
lasciato il vestito da borghese e alla sera in libera uscita andavo lì perché uscivo in
borghese. Feci parecchi stratagemmi per trovare questa casa, per non farmi prendere,
quando andai per il vestito mi disse “sono passati altri e glieli ho dovuti dare” perché la
gente, veramente, collaborava. Allora presi per la campagna, andai in un casolare e una
signora mi disse “ti posso dare questa camicia”.
Metto una camicia di una stoffa speciale, Kai, che è durata 20 anni.
Metto sta camicia, poi prendo il treno: i treni affollati, sopra i treni… siamo partiti di
Fausto Servili
78
notte, siamo andati a Civitanova con un amico mio.
Da Civitanova questo mi disse: “prendiamo la ferrovia perché non c’è nessuno”.
Senonchè la ferrovia al primo ponte c’erano le guardie con le cose, con le … perché
sorvegliavano che la ferrovia non fosse rovinata. Allora siamo dovuti tornare, pensa
troviamo una bicicletta nella stazione, questo mi dice “salisci”, la rubò, io salii.
Ma io non mi sentivo, non ero di quelli che si mettono a rubà una bicicletta, io non l’avrei
mai toccata una bicicletta, questo invece in canna abbiamo fatto una ventina di chilometri
fino a Civitanova, in bicicletta. Fino a Macerata cioè, fino a Macerata.
Lui andava a Corridonia e io per venire a casa presi il treno e andai a Camerino. Perché
corteggiavo Fernanda, sapevo che stava a Camerino.
Kai: tu sei stato sposato a quel tempo?
No, no. Però corteggiavo. E allora a Camerino e poi tornai a Macerata. Per vedere un po’
a Macerata…
Kai: i tedeschi non sono…
I tedeschi arrivavano, ma c’erano anche i militari italiani e trovai qui Rossi, che lo
presero. E allora mi misi dentro un coso, dentro un gabinetto della stazione, poi presi la
bicicletta a noleggio, gli lasciai 25 lire (perché a quei tempi…) e venni a casa.
Kai: in bicicletta.
In bicicletta. Però poi la dovetti riportare giù. Allora riportar giù serviva come scusa per
ritornare a Camerino, e ripassà a Camerino e rivedè Fernanda.
Poi venni a casa. E passò un po’ di giorni che non… insomma stavamo ognuno così, ad un
certo punto mettono un manifesto: “tutti i militari fuggiti devono ripresentarsi, causa
fucilazione”. Mica scherzi. Allora tutti per le montagne.
Fernanda e Fausto sposi nel 1948
Kai: Anche tu?
Anche io. Io stavo qui a Rota Nera, ti ricordi quando andavo a spasso dicevo questa è
Rota Nera?
Kai: si, si.
Fausto Servili
79
Perché stavo con Cairoli che faceva i boscaioli. Quello che c’ha la ferramenta, no? Loro
lavoravano nei boschi, operavano nei boschi. Allora io facevo da boscaiolo, anche se non
lo sapevo fare, e stavo lì, dormivamo sotto la tenda. Ce portavano da mangiare, ma di
nascosto, la notte, perché se ci trovavano…
Kai: chi portavano da mangiare?
Le famiglie. Veniva uno per tutti. Portava su, non so…
Kai: si, si.
Portava su, non so… poi c’avevamo lì un caldaio che cuocevamo la pasta però c’era
sempre pericolo che il fumo potesse fare da spia. Però ci siamo arrangiati lì. Poi è venuto
l’inverno e d’inverno si stava male. E siamo tornati a casa, tutti dentro le case, nascosti.
Io ho fatto una buca di fronte al campo, lì, papà era bravo, … in caso di necessità mi
mettevo dentro sta buca, copriva…
Kai: dove era questa casa?
Vicino a casa, in fondo a casa, questa casa dove sto adesso, allora c’era il campo, no?
Preparavo una buca con delle tavole sopra, con l’erba, di modo che … poteva anche
capitare che pistavano lì, però difficile perché… Dopo però che è successo?
Che a questi sono subentrati i così detti Partigiani, i quali hanno rovinato tutto perché
andavano per le case a rubare, da mangiare non è che dicevano dammi una fila di pane:
entravano dentro casa pigliavano quello che trovano, vestiti… a noi ce svaligiavano il
negozio, un sacco di anni proprio.
Poi che succedeva? Che quando passavano i tedeschi loro gli sparavano da 300 metri,
per cui i tedeschi passavano più che altro…
Kai: con la ritirata o prima della guerra?
Dopo, andando avanti, dopo l’8 settembre, dopo l’armistizio, noi eravamo… la guerra
proseguiva contro i tedeschi, quindi noi avevamo fatto un grande tradimento, alto
tradimento perché da alleati siamo passati a nemici.
Kai: sono passati?
Gli italiani erano alleati dei Tedeschi, no? L’8 settembre, con l’armistizio, gli italiani so
andati contro i tedeschi. Non è che hanno alzato le braccia e basta: hanno, si sono
riorganizzati contro i tedeschi. Perché, naturalmente, agli inglesi e agli americani
facevano comodo anche gli italiani, no? Allora i tedeschi qui più che altro passavano con
le sidecar, perché uno guidava la motocicletta e quello col sidecar stava col moschetto…
allora questi (?) partigiani sparavano da lontano e i tedeschi si fermavano. Fino a che,
verso la strada dopo Polverina, una volta spararono ai tedeschi, questi fecero finta di
niente, la mattina dopo circondarono le … di Pozzuolo, no? Quella parte laggiù, presero
tutti quelli che trovavano e li fucilarono tutti: 67 – 68.
Kai: mamma mia. Ma non c’erano tedeschi uccisi?
Tutti rifugiati. Questi erano lì dietro una chiesa che se vai a vederla ti fa… c’è una cosa in
discesa così …
Kai: ma i partigiani avevano uccisi quanti?
Perché i partigiani, stupidamente, … non avevano ucciso nessuno. Però hanno sparato più
volte su quelle curve dopo la Polverina, no? Di nascosto, dietro… I tedeschi se uno li
lasciava fare, non dicevano niente, passavano e via. Perché anche c’era qui, più che
tedeschi c’erano austriaci, i quali erano più benevoli. Capito?
Kai: si.
Quindi se tu li lasciavi fare, se anche ti chiedevano da mangiare, li facevi mangiare:
“Arrivederci, arrivederci!” Ti salutavano. Se tu però davi fastidio...
Kai: certo.
Come a Roma, no? Le Fosse Ardeatine, quello sciocco mise quella bomba, no? C’erano i
bandi, i manifesti che per ogni tedesco ucciso, dieci… con quella bomba ne uccisero 34 e
alle Fosse Ardeatine, i tedeschi ce ne devono sta 340, perché la legge marziale vigeva e
quindi quello… dove essere fucilato anche quello che ha fatto l’attentato, no? perché ha
messo a repentaglio la vita di 350 cittadini, tra i quali anche le persone per bene. Perché
loro, quelli sono usciti, la sera quelli che hanno trovato, c’era anche qualche birbante, ma
c’era anche qualche persona per bene. Perciò non si agisce a tradimento.
Troppo tradimento c’è stato verso i tedeschi.
E questo è stato pagato a caro prezzo. Perché poi a fine guerra, i partigiani tutti con la
medaglia, quell’altri nessuno.
Fausto Servili
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Se c’era libero un posto: partigiano? Primo in classifica. Entrava in un posto e non lo
gridava perché quello poteva far ammazzare altre persone. Quindi prelevavano, non so,
persone… io volevo essere fascista perché, così… per mangiare, ho ripiegato, … ma se vai
alle comunali, per esempio a Pievebovigliana una brava persona c’aveva cinque figli, lo
presero di notte e lo fucilarono in campagna, poi lasciato lì con cinque figli a carico. A
Visso, impiegato di banca che era segretario del partito, impiegato modello, con la
moglie, una famiglia proprio per bene, presero di notte, fucilato, giovane, c’aveva 35, 30
anni.
Kai: chi ha fucilato chi?
I partigiani fucilavano questi qui, capito? Erano fascisti nel senso … perchè per piglià il
posto erano fascisti, no? Però anche questi partigiani, c’erano anche i fascisti che
avevano cambiato faccia, capito?
Kai: si, si.
Essendo anche loro fascisti, hanno fatto finta, hanno finto di non essere fascisti, invece
erano stati fascisti anche loro e malgrado questo facevano del male ai loro commilitoni di
qualche anno prima. Perciò è stata una guerra civile ingiusta, ingrata, proprio senza…
Kai: si, proprio ingrata. Terribile.
I tedeschi poi erano rispettosi.
La linea di Cassino, non so se tu la storia l’hai studiata, Cassino hanno fatto la linea del
fronte. Cassino era l’abbazia più bella del mondo, no?
Kai: esatto.
Del mondo. I tedeschi quando hanno visto, hanno capito che gli inglesi, gli americani
volevano bombardare, hanno lasciato Cassino.
Kai: gli americani…
Gli americani l’hanno distrutta lo stesso.
Kai: si, si, sono stati così stupidi.
Gli americani non guardano a niente.
Kai: bum bum bum bum.
Su questo lato gli americano sono più cattivi di noi perché non …
Kai: si, si, certo.
Rilasciano la bomba con facilità. Se colpisce, colpisce, sennò se invece dell’ospedale
colpisce una chiesa per loro è lo stesso e distrussero l’abbazia di Montecassino mentre
invece i tedeschi, pensa, benché erano tedeschi, l’avevano sgombrata per non farla
bombardare. Quindi fecero un atto proprio di grande solidarietà, di grande … benevolenza
verso la Chiesa, verso tutto quanto. Invece gli inglesi, gli americani distrussero Cassino lo
stesso. Sfondato Cassino, passarono le truppe e finì in ritirata e su su fino all’epilogo, al
Dongo dove a passare … presero Mussolini, no? Con tutto il tesoro con l’amante, con la
Petacci, lo portarono a piazza Loreto a Milano e lo appiccarono a testa in giù e
l’ammazzarono.
Mentre invece gli inglesi e gli americani lo volevano vivo Mussolini.
Kai: devono?
Lo volevano vivo, non morto. Lo volevano vivo perché lo ritenevano forse una mente,
non so … per quale motivo, oppure non so, per la storia, per l’avvenire, mentre invece
sempre i partigiani li fucilarono. Quello fu un atto barbaro, no? In piazza, a testa per in
giù …
Kai: si, Piazza Loreto.
Poi da lì la guerra tracollò e finì la guerra così.
Fausto Servili
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Benito Mussolini e Claretta Petacci, Piazzale Loreto 29 aprile 1945
Kai: si, si. E questo… quando i tedeschi si sono ritirati, sono andati via, per questa via,
per via Roma?
Hanno preso… questa qui era la strada… la Valnerina era più nascosta come strada, non
era esposta. Mentre invece quella di Spoleto è esposta, no?
Kai: molto…, si, si…
Questa invece era stretta, tutta piena di scogli, di piante. Perché adesso l’hanno
accomodata meglio, ma prima prima era proprio… tutta la zona lì del Perugino, a Terni
venendo su, era una strada in cui gli apparecchi non… era difficile individuare una
colonna autocarri, perché era la strada era più stretta di adesso, era tutta piena di alberi,
di macchie e i tedeschi preferivano questa strada per passare.
Kai: certo.
Capito? Anziché la strada statale.
Kai: e hanno passato per qua?
Si, si. Tanti, tanti. Eh! Passavano notte e giorno, camion, carrozze, cose… molte, molte,
molte, loro c’avevano molte sidecar.
Kai: e di andare dove? Dove sono andati?
Da qui dopo andavano verso Roma, no? A venì giù prendevano verso l’adriatica, poi
andavano su dalla parte dell’Adriatico, verso là, verso quella parte di Ancona, Fano,
andavano su. Facevano l’esse qui. Perché venivano tutti da questa parte e poi
prendevano l’altra strada. Attraversavano dal Tirreno all’Adriatico, no?
Kai: si.
Come facciamo adesso noi. Attraversavano dal Tirreno all’Adriatico, in questa traversa c’è
la strada nostra.
Kai: capito.
La strada nostra, da Roma, no, viene in qua poi va in Ancona, se uno vuole. Prosegui vai
in Ancona, tutto il giro.
Kai: si.
Loro facevano il giro, ma poi dopo quando si ritiravano, camminavano, andavano su.
Kai: si. E quando passavano non hanno fatto niente?
Qua buttavano giù qualche ponte, poi se avevano fame si fermavano in qualche posto,
loro prendevano più che altro i maiali.
C’era la famiglia, la famiglia era brava perché aveva paura, no? Non ti potevi rifiutare.
Fausto Servili
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Kai: no.
Allora c’aveva un maiale… “C’avete un maiale?” Non è che però te lo levavano… diceva
“Si, prendi il maiale”. Lo scotennavano loro lì, dentro una caldaia facevano bollire l’acqua,
metteva dentro sto maiale e lo mangiavano così a pezzi. Non come noi che facciamo
salsiccia, loro mangiavano… anche la fame…
Kai: si, lo credo.
E i tedeschi erano, oramai esausti, no? Finito tutto quanto erano distrutti, no? Perché
erano rimasti soli, soli contro il mondo, no?
Kai: si.
Perché la Russia la, la Polonia contro, la Francia contro, la Slovenia, la Jugoslavia non ne
parliamo, peggio ancora, l’Italia contro, la Grecia contro e quindi erano rimasti isolati.
Hanno fatto le battaglie, diceva la cosa la… “I Tedeschi vincono tutte le battaglie, ma
perdono poi tutte le guerre.”
Perché vincevano le battaglie perché cominciavano contro uno, contro un altro e
c’andavano con tutti i sentimenti, però poi, quando so rimasti soli, non potevano più
cosare. La battaglia di Stalingrado è stata… l’hai seguita Stalingrado?
Kai: si.
La storia di Stalingrado è durata mesi e mesi, casa casa, finestra per finestra, perché se
prendevano Stalingrado, i tedeschi se prendevano Stalingrado…
Kai: era finito.
Eh, potevano ancora cosare perché bloccavano tutti gli aiuti russi, tutto quanto.
Perché i tedeschi, non so se tu l’hai saputo, in Russia si sono trovati male perché i treni
non avevano lo stesso binario.
Kai: si.
Capito?
Kai: si, per il diverso…
Hai saputo questo?
Kai: si.
Eh, lì si so trovati male no? Perché se si trovava gli stessi binari semo(?) arrivati sei mesi
prima.
Kai: certo.
E allora… perché Stalingrado era un punto importante.
Kai: si, si.
Hanno fatto la battaglia di Stalingrado, noi per radio perché ancora non c’era ancora la
televisione, si sentiva proprio, raccontavano gli inviati, proprio hanno fatto la guerra casa
casa, finestra per finestra, proprio da uno all’altro.
Kai: si. E voi a quei tempi avete il radio?
Si, la radio.
Kai: la radio?
Si, radio. La sera c’era radio Londra che parlava, c’era Appelius che parlava… per ultimo
diceva “Iddio stramaledica gli inglesi!”. Per questo…
Kai: come?
“Iddio stramaledica gli inglesi!”
Kai: ah, capito.
Cioè maledice, no? Stramaledice è più grave. Si dice “sia maledetto… un nome” tiri su,
no? Tanti dicono sia benedetto o maledetto, li era “stramaledetto”, era più grave, capito?
Kai: si. Tu hai sentito, hai ascoltato a Mussolini quando, prima della guerra o hai visto
Mussolini?
Mussolini?
Kai: si.
Da vicino no.
Kai: da lontano?
Da lontano si. Perché Mussolini una volta è venuto a Macerata e allora qui tutto pronto
perché la macchina, passa Mussolini, tutti i manifesti, tutti i gerarchi, perché ti obbligava
a fare la divisa eh? Mussolini in divisa: stivaloni, pantaloni e giacca d’orbace: i soldi non
tutti ce l’avevano per fasse… però lo dovevi fare per forza. Invece che prese? Arrivò con
l’aereo a Sfarzacosta, che c’era… A Sfarzacosta c’era un campo d’aviazione.
Fausto Servili
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Kai: un campo di?
Di atterraggio.
Kai: Atterraggio, ah, capito.
Adesso non c’è più, adesso c’è… così partì da Roma e atterrò a Sfarzacosta. Da lì andò a
Macerata. Quindi tutti i preparativi per le strade: a monte. Tutti a bocca larga.
Mi ricordo mio padre, allora era Podestà, dovette andare a Macerata anche lui, eh?
Vestito, si metteva gli stivaloni, vestiva col… tutti quanti, tutti i Podestà, tutti i segretari
politici, tutte le autorità a Macerata. E venne Mussolini. Prima della guerra, poco prima
della guerra.
Kai: e dopo la guerra che cosa succede con voi e la vostra famiglia, che cosa avete fatto?
La nostra famiglia, tutti abbiamo dovuto ricominciare da capo. Tutti da capo.
Perché noi, il negozio, c’avevano svaligiato, quindi erano tempi un po’ duri. E, non so, in
campagna tanti, che stavano sulle strade, magari c’avevano 10 maiali, ne facevano 8:
erano rimasti con 2 maiali. E, non so, a qualcuno qualche affresso(?) qualche cosa. Tutti
hanno subito qualche cosa. E poi la produzione era stata meno, no? Perché per i campi la
gente ci andava meno, aveva paura. Le donne non uscivano. E allora… gli artigiani non
lavoravano, lavoravano poco, non so, le scarpe se rompevano non c’era chi le
accomodava, e allora tutti un po’ nascosti. Poi, piano piano, c’è stata una ripresa
abbastanza buona, perché la gente si è messa a lavorare di lena e piano piano… Poi so
venuti i mezzi di comunicazione, le macchine, so aumentate, capito le…, prima invece la
macchina non c’era: per andà a Macerata bisognava andare o in bicicletta o con la
motocicletta, io pure avevo comprato una motocicletta per andare in giro, poi piano piano
con la macchina fino… Dopo gli anni 50 la gente ha cominciato a muoversi di più; sono
cominciati molti matrimoni, perché tutti quelli che avevano fatto il militare…
Kai: si.
Quindi i paesi si sono ripopolati. Si sono ripopolati, si sono aggiornati, e poi dopo invece,
più tardi, tutti i coloni lasciavano la terra per andare a Roma a fare i portierati. I portieri
su li palazzi. Andava dall’aria aperta e pura come qui, andava dentro quelle case a pulì le
scale a lavare le scale che era un lavoraccio. Chi è rimasto qui, con la terra, si è difeso
bene. Ed è rimasto con più salute, con più cose…
Kai: si, si. Allora qualche altra cosa che vuoi dire della guerra, di come è andata la guerra
con voi, o abbiamo finito?
La guerra?
Kai: finito la guerra?
Finito la guerra…
Kai: c’è qualcosa che vuoi dire?
Dunque la guerra è finita… noi abbiamo … Abbiamo mancato nell’aiuto ai tedeschi, in
Albania per esempio, no? Gli albanesi sconfissero e arrivò la Germania, aiutò. Laggiù in
Africa, come diceva Simoni, dice la ritirata su una posizione, invece era la ritirata perché
quelli stavano dietro, diventavano prigionieri, quindi non… Dopo finita la guerra, che altro
ti posso dire?
Kai: questo conflitto fra comunisti e gli altri?
Si, si. Uh! Dopo del quarant… [fine nastro]
Fausto Servili
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Fausto Servili
(foto del 1948)
Io sono Servili Fausto. Oggi è il giorno 14 luglio 2003.
Con l’amico Kai vogliamo fare un po’ di cronistoria per il primo secolo…
Passiamo alla vita dei coloni, alla vita dei campi: era una vita molto magra, molto …
quasi c’era la fame! In quanto il raccolto era diviso tra contadino e proprietario, però non
esistevano mezzi meccanici, concimi… la terra dava poco: un quintale di grano ne creava
120 chili, quindi c’era un 15-20% massimo di raccolto.
E non bastava per le famiglie tutte numerose; perché le famiglie piccole non c’erano. Le
case erano sparse, non c’erano centri grossi, grandi, popolati, ma erano tutti piccoli
nuclei, di poche famiglie, per cui si battevano in grande povertà.
Perché appunto il raccolto non essendo sufficiente, il proprietario gli andava incontro, ma
poi il raccolto gli prendeva quello che gli aveva dato.
E nelle famiglie dove non c’erano i maschi era difficile trovare il lavoro, perché il padrone
voleva una famiglia con i figli maschi perché lavoravano di più. Mentre invece le donne
lavoravano di meno perché stavano a casa e si dedicavano soltanto all’allevamento dei
figli in quanto le famiglie erano numerose.
Poi con l’evolversi dei tempi, fino alla prima guerra mondiale, cominciò a svegliarsi un po’
l’agricoltura, ma sempre in misura molto magra.
Kai: c’era la scuola?
Le scuole c’erano, ma i bambini non andavano a scuola, la maggioranza era analfabeta,
cioè non sapeva né leggere né scrivere, in quanto c’era la pastorizia e allora i bambini li
mandavano con le pecore e sti pori bambini andavano lì e la scuola…
Quindi pochissimi riuscivano a fare la quinta elementare, neanche il 10%.
Appunto, con l’avvento della prima guerra allora si è svegliato un po’… nel 1920 circa
così, allora si è mosso un po’ perché la guerra ha scosso un po’ tutti.
E quindi hanno cominciato a fare le scuole nei piccoli centri; e il medico… in farmacia non
ci s’andava perché non c’era l’assistenza; non circolava la moneta e quindi non circolava
niente perché quello che producevano era per la famiglia e non riuscivano a vendere un
capo di bestiame, niente, in quanto gli prendeva i soldi tutti il proprietario che gli faceva
il prestito per comprarsi magari le scarpe o qualche altra cosa.
Quindi questi bambini purtroppo andavano tutti quanti in campagna … poi è cominciato…
Kai: senza scarpe?
Senza scarpe, si, venivano a scuola…
Io c’avevo dei poveri amici di famiglia che stavano a quattro chilometri. Venivano giù con
gli zoccoli. Se pioveva, se nevicava … allora l’inverno era brutto, faceva la neve da
novembre fino a marzo. Le scuole non erano riscaldate. S’era a scuola al mattino, poi il
pomeriggio, quindi dovevano trovare una famiglia che li ospitava in quelle tre ore di
chiusura delle scuole e andavano così, dove… ognuno vedeva in giro sti ragazzi e li
faceva entrare in casa, magari. E facevano 4 e 4, 8 chilometri, così.
Le donne che stavano nelle frazioni, venivano scalze, con le strade non asfaltate,
sassose, con le scarpe o le ciabatte in mano, quando erano in periferia ritiravano le
scarpe e andavano al centro del paese, benché piccolo, quindi i piedi di queste povere
donne erano tutti quanti callosi, proprio brutti insomma, perché non c’avevano le scarpe
da mettersi per fare il viaggio.
Kai: non c’era un animale col carretto per…
No, no, gli animali no. Chi stava in montagna c’aveva un asino, un somaro ecco, un asino
così, ma serviva più che altro per la campagna, per portare su in alto magari un sacco di
semi, portare su le frasche e le legne per l’inverno perché bisognava arrangiarsi.
Da questo siamo passati a varie guerre, qui in Europa.
Kai: c’erano molti morti nella guerra mondiale?
Si, nella guerra mondiale questo paesetto di 3000 anime ha avuto 100 morti; giusti,
giusti.
Fausto Servili
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Una percentuale altissima, perché appunto gente di campagna i quali andavano tutti
quanti al fronte perché erano più abituati, erano più forti, più di salute perché quelli che
non avevano la salute morivano, perchè le medicine non c’erano.
Passata la guerra … ha cominciato a funzionare un po’ meglio tutto quanto. Perché hanno
cominciato a fare i gruppi organizzati, avevano cominciato a fare i sindacalisti … cercando
di risvegliare un po’ la monotonia di questa gente che non riusciva a vivere. Poi piano
piano…
Kai: Mussolini?
Poi è arrivato Mussolini il quale effettivamente ha dato una scossa forte. Ha cominciato a
fare rispettare la legge, rimettere ordine, dare consigli, lavori importanti. Ha fatto una
politica nei primi anni è stata anche buona.
Molta gente che stava in campagna che non sopravviveva, si è trovata ad un certo punto
erano vecchi, con una piccola pensione, in quanto aveva obbligato i proprietari a pagare i
contributi dei dipendenti.
Siccome la stampa non c’era, non leggevano i giornali, questi uomini non sapevano
niente: si sono visti arrivare questa pensioncina … che li ha un po’ avvantaggiati, li ha un
po’ favoriti, li ha un po’ incoraggiati. Hanno visto qualche soldo, e piano piano insomma
tutta la popolazione era sotto protezione sia per l’assistenza sociale, sia per l’assistenza
medica, sia per le scuole, sia per … per tutto insomma. Quindi … l’analfabetismo era
scomparso.
Io che appunto ero giovane a quei tempi lì, ho fatto parte di questa generazione la quale
si è trovata avviata bene.
Kai: e la vostra famiglia aveva il negozio a quel tempo?
Si, si. Mio padre aveva un piccolo negozietto, insomma e siamo stati sempre
discretamente …
Kai: non vendevano vestiti ma tutti i materiali …
Si, tutto: non c’era un negozio di vestiario, abbigliamento, non c’era niente. Tutta roba
da mangiare, così: olio, pasta, zucchero, farina… negozio senza orario, senza niente, la
gente veniva a mezzogiorno, all’una, alle otto, non c’era orario, bisognava stà sempre lì.
Poi non se lo pagavano, pagavano al raccolto; se il raccolto andava male purtroppo
questi non potevano pagare, quindi era un po’ dura la vita anche al negozio perché se
non si riscuoteva non si poteva comprare la merce e quindi …
Da questo siamo passati adesso andiamo … dove passiamo Kai?
Kai: come vuoi… per esempio che facevano con i vini per esempio, con l’uva.
L’uva? Dunque per raccogliere il grano tutto a mano: facevano la gobba questi poveri
contadini perché abbassati con la falcetta, poi “rabbocchiavano”, poi lo portavano all’aia,
poi veniva la trebbia, trebbiavano (la trebbia sarebbe la macchina che batteva le spighe)
e il grano andava da una parte e la pula, la paglia, dall’altra. Facevano i pagliai, erano
chiamati pagliai, la paglia ammucchiata era chiamata un pagliaio; con quella si
sfamavano le bestie d’inverno. Ma non era erba bona, era paglia, quindi… però l’erba non
c’era più di quella e quindi era una vita …
Dopo col tempo sono arrivati i macchinari, i trattori, gli aratri con le macchine, quindi la
terra cominciava a rendere di più, non so il 35-40% e allora si sono avviati…
Però al tempo stesso c’è stato l’esodo perché annava tutti quanti in città, quindi le
campagne sò rimaste spopolate.
Perché la gente andava… qui maggiormente andava a Roma, infatti Roma è piena di
marchigiani.
Perché noi marchigiani, modestia a parte, siamo una regione di lavoratori, di persone
oneste, una delle meglio regioni dell’Italia.
Quindi dove andava il marchigiano era ben accetto in quanto era sottomesso, lavorava e
anche onesto. E allora si era fatto la strada, perché le sofferenze della famiglia l’aveva
abituati a sacrificarsi anche in città. E facendo sacrifici tutti riuscivano ad aprire, specie
nel ramo dei fornai, tutti i forni erano di queste zone. Roma era piena…
Fausto Servili
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Kai: quello dei Salvi?
Si. Poi mano a mano questi qui che si sistemavano, chiamavano questi ragazzi piccoli e li
portavano loro in città per farsi aiutare e poi li instradavano e tutti quanti si sono fatti
una bella posizione.
Moltissimi ragazzi, quasi tutti hanno avuto l’occasione a Roma di lavorare insieme, poi
dividersi, ognuno faceva il suo negozio, poi quell’altro e quell’altro e poi d’estate venivano
a villeggiare, un mese circa, al paesello.
Allora al paesello, qui, facevano la loro casa, se la preparavano, l’arredavano e davano
movimento anche al paese.
Poi piano piano anche questo è calato, perché quelli che erano andati via giovani, si
invecchiavano, quindi non tornavano più. Qualcuno è venuto qui, però non tutti, e quindi
lo spopolamento, l’esodo dei cittadini è continuato. Adesso siamo ridotti ad un terzo dei
residenti, delle persone che c’erano negli anni 1920-1930, così. Quindi da 3800 abitanti
siamo ridotti a 1300 adesso nel 2000. Allora siamo un po’ …
D’altra parte c’era anche la categoria dei braccianti; per la legna, per la …
Kai: ricordi dell’uva?
L’uva… per l’uva prendevano la scala; la scala a pioli si chiamava, la scala a pioli di legno,
e albero per albero tagliavano i tralci e mettevano l’uva nei “bigonzi”: chiamato bigonzo,
un secchio di legno che poi mettevano sul carro o sul somarello, lo mettevano nei …
chiamati canali … sarebbe non canali nel senso… erano tipo pozzo, pozzo in muratura e la
pigiavano con i piedi, l’uva, e poi usciva il mosto; il mosto nelle botti, nelle botti bolliva;
poi cambiavano la botte quando il vino era bollito perché bisognava fare questo lavoro in
quanto la botte primitiva conteneva anche gli acini… quindi bisognava pulire, fare il vino
pulito. Quindi era un lavoro pure enorme, lungo, faticoso, per tirare fuori un po’ di vino
che poi era, essendo una zona qui un po’ collinare, non era un vino buono, era un vino
buono per chi c’era abituato, ma se veniva una persona da fuori che beveva questo vino
era (geloso?) era un vino che dava fastidio insomma.
Kai: si, si, il vino di nonno Ugo.
E allora… tant’è vero… non so se riesco a farmi capire… quando andavano i bambini,
quando nascevano … li … andavano di corpo, li lavavano con il vino: mettevano il vino in
bocca alle mamme per riscaldarlo, poi lo spruzzavano sul sedere di questi bambini!
Allora per ridere si diceva “questo vino è buono per lavare il sedere ai bambini!” allora
grandi risate perché era vero. Le donne facevano così … e anche a me l’hanno fatto
perché .… (…)
Kai: e le donne in casa che facevano? Facevano qualche vestito?
Le donne tutte sapevano un po’ cucire: imparavano per forza perché i vestiti ne facevano
pochi, perché non c’era la possibilità, però qualche sartina scappava fuori e qualche
vestitino così lo facevano, ma era sempre vestitini semplici, di stoffa…, le confezioni non
c’erano.
La roba confezionata è venuta dopo la guerra, dopo la seconda guerra negli anni 50
quando dall’America venivano imballati i sacchi di juta pieni di vestiti, sia portati che
nuovi.
Allora lì, sballavano questi vestiti, portavano sulle piazze a vendere … le confezioni sono
venute così: dall’America a Napoli arrivavano tutti questi vestiti su dei, noi le
chiamavamo delle balle insomma, dei sacchi, grossi però, e dopo li, li versavano a basso
prezzo o anche niente perché li mandavano dalla… e lì è cominciato questo commercio di
confezioni. Poi dopo sono arrivate le ditte industriali, hanno messo su i laboratori, hanno
perfezionato questo campo e quindi negli anni 50 si era in piena evoluzione con la roba e
anche noi nel negozio abbiamo messo su queste confezioni.
Poi mano a mano sono stati abbondanti: la produzione addirittura superava l’offerta.
Perché la gente era satura di queste …
Kai: e il lavoro delle scarpe com’è cominciato?
Il lavoro delle scarpe è cominciato che i vecchi facevano i cosiddetti zoccoli da loro. Lo
zoccolo sarebbe una ciabatta di legno, dura. Poi chiedono sempre i pezzi di gomma delle
Fausto Servili
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macchine quando che le gomme erano finite o scoppiavano perché allora erano … E da
loro facevano il sopra con i chiodi e camminavano con questi “zoccoli” chiamati.
Noi in gergo marchigiano diciamo i “ciocchi”, i ciocchi., però la parola esatta è zoccoli di
legno. Perché le scarpe appunto non esistevano, non c’erano i calzolai così… Poi anche lì
sono arrivati i calzolai, hanno imparato a fare le scarpe, anche nuove: però scarpe da
montagna, scarpe pesanti, non facevano le scarpe diciamo per camminare normale, era
tutta roba da montagna, grossolani perché non erano pratici, non sapevano bene il
mestiere, inventavano loro. Poi invece, piano piano, anche lì son venuti con le scarpe,
sempre nel dopoguerra, con l’evoluzione degli altri abiti, con le confezioni, anche la
produzione di scarpe. E qui nella zona nostra, verso il mare, c’è stato un boom di questi
scarpari che hanno aperto, lavoratori, hanno fatto…, hanno esportato le scarpe
dappertutto in tutta Europa, dappertutto. Proprio ha arricchito la zona costiera, da
Civitanova, scendendo giù sino a San Benedetto del Tronto, quella parte lì proprio si è
arricchita con le scarpe, dove tutt’ora … però saranno anche un po’ in crisi, ma comunque
vanno bene abbastanza.
Poi c’è il lavoro di muratura, che era dura. Perché i muratori non avevano lavoro, allora
andavano a chiedere lavoro anche per un giorno, due giorni, perché proprio le case
nuove non le faceva nessuno.
E a me mi è rimasto impresso, mi fece colpo che ancora ce l’ho in mente, che a casa
nostra c’erano due muratori che abitavano a cento metri di distanza e quanno era l’ora di
pranzo io pensavo che andassero a pranzo a casa loro, invece avevano aperto un
contenitore di alluminio … io ho visto pieno d’erbe e un pezzo di, diciamo così, di grasso e
magro, di lardo di … ho visto… mamma mia: questo come pranza così? Con le erbe sole?
Mi ha fatto caso no? Perché un muratore che lavora … neanche il vino si era portato da
casa, perché non ce l’avevano. Solamente le erbe e questo pezzo di grasso che … tant’è
vero che poi mamma gli portò qualche cosa da mangiare… un po’ di vino… tutto
soddisfatto. Per dire, mangiavano soltanto l’erbe, l’erbe con un pezzo di grasso così:
apposta non andavano a casa perché anche a casa avrebbero mangiato così. E per loro
era una vita ancora più dura perché mentre l’agricoltura poteva produrre e mangiare,
l’operaio se non lavorava non aveva soldi per comprare da mangià.
E allora si raccomandavano proprio per fare qualche giornata di lavoro per dà da
mangiare ai figli. Facevano pena perché … si raccomandavano.
Poi invece adesso tutti hanno costruito le case, tutti hanno costruito la loro villetta, e il
lavoro da muratore, o come lo vogliamo chiamare … , è stato un lavoro che adesso
guadagnano bene, è un artigianato che guadagna bene, più di un impiegato.
Kai: e come hanno fatto questo carbone di legno, tu le hai visti? Siamo andati a
Montecavallo e abbiamo visto dove… come hanno fatto quel tipo di carbone?
Ah, il carbone? … i carbonari. Questi sono i boscaioli. Andavano a tagliare la legna fino a
1500-2000 metri d’altezza e li portavano giù con le spalle o con il somaro, così, … e poi la
produzione di carbone.
Il carbone s’accendeva … il carbone è stato l’anteprima del gas e del petrolio, perché non
c’erano.
Quindi bisognava accendere il carbone con una chiamata “ventola” si faceva aria per farlo
prendere, come un mantice, un mantice di un fabbro.
Allora per fare il carbone facevano un lavoro enorme. Una grande spiazzale, poi la legna
fatta uno per uno, poi un altro e poi un altro fino all’altezza di 4 o 5 metri e sopra sembra
restringere. Quindi veniva un rotondo, un rotondo simpatico come i cosi del circo. Come i
capannoni del circo, rotondo così. Poi davano fuoco e questo per otto giorni ardeva.
Ardeva, ardeva però non doveva fare la fiamma, sennò … doveva ardere solamente…
doveva bruciare senza fiamma questo legno. (…)
Allora diventava… se era secco cascava e “tin”, diventava carbone.
Il carbone faceva tutta polvere nera, questi tutti neri sul viso, sugli occhi, sul naso… lo
mettevano nei sacchi e portavano il carbone nei distretti vicino: Macerata, Camerino,
però la produzione era sempre questa qui. Poi anche il carbone serviva per fare il fuoco a
casa, per fare non so anche cibi cotti nella brace, no? Com’è chiamata la graticola, non
usiamo graticola, alla brace insomma.
La graticola era un attrezzo in cui si metteva sopra la carne o qualche altra cosa che non
Fausto Servili
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cadeva sopra la brace, e sotto la brace si sventolava … quindi il carbone era utilissimo.
Poi con l’avvento del gas, del metano, questo carbone è quasi scomparso solo c’è qualche
trattoria che dice, mette fuori dei cartelli “bistecca alla brace”, allora il cliente… siccome
la carne cotta alla brace è più bona, ancora c’è chi ci tiene. Mentre in famiglia non si usa
più. Perché poi c’è il fuoco… (puoi vedere il video di "linea verde" sui carbonari cliccando
qui)
Kai: e per sport che cosa hanno fatto?
Per?
Kai: per sport, per giocare…
Ah, i campetti di calcio. Poi ogni paesino ha fatto un piccolo campo da calcio, ma così
per… anzi il nostro è abbastanza regolare, bello. Noi giocavamo per 5 o 6 ore consecutive
perché… scalzi, correvamo scalzi… E poi hanno costruito un po’ le scuole, la ginnastica e
la pallavolo e la pallacanestro, un po’ tutto quanto.
Io stavo anche, ero un bravo giocatore, ho fatto delle belle partite. Anche la
pallacanestro abbiamo fatto una finale a Macerata! Pensate, un paesino... Siamo stati a
fare la finale di pallacanestro a Macerata e Macerata ci ha battuti perché era capoluogo di
provincia quindi c’aveva una squadra più forte, però abbiamo avuto la soddisfazione di
arrivare alla finale provinciale. Siamo partiti con una macchina scassatissima, eravamo 78 ragazzi, ci pareva di andare sul cielo! Perché capirai… a Macerata… c’era lì un collegio
abbastanza quotato, rinomato, per famiglie danarose, per cui i figli… C’erano i Salesiani,
no, a Macerata, e allora era un buon collegio dove i figli potevano imparare bene.
Kai: e giocare con le carte?
Ah bè, il loro passatempo era per questi qui l’osteria, chiamata così, dove vendevano il
vino, perché … allora la gente andava a fare la partita a carte, tuttora ancora adesso ci
sono i liquori, ci sono i cioccolati, i biscotti, allora c’era solamente il vino e i nostri
antenati bevevano il vino. E c’era gente che si beveva anche 2-3-4 litri di vino, non gli
faceva niente.
Loro sopportavano perché era di gradazione bassa quindi non … però era acidoso, non
era vino buono. Adesso ancora c’è questa attrattiva perché uno si trova con gli amici, fa
una partita a carte, fare un po’ di sfottò, perché quello vince, quello perde, allora crea,
mantiene dei rapporti di amicizia queste riunioni così nei bar per fare la partita. Altrimenti
non ci sarebbe altro posto per trovarsi. Quindi insomma si manda avanti ancora questa
passione.
Kai: tu hai qualche domanda?
Gabriele: no, no.
Kai: qualche cosa del tipo la vita del campo?
Poi che c’è rimasto da dire?
Kai: possiamo fermare un pò.
Sì, ecco.
…
Gabriele: Qui a Pieve Torina, se uno doveva fare la pipì cosa faceva?
Ti appoggiavi al muro.
Gabriele: ah, si?
E faceva pipì.
Gabriele: e le donne come facevano?
Negli angoli… passavano anche … diciamo … anche lì a casa tua sì, passava uno e si
appoggiava…
Gabriele: l’uomo, ma la donna?
Embè la donna forse andava… faceva vicino casa, facevano qualche piccolo coso, una
capannina che ti posso dire …
Gabriele: c’erano quindi degli ambienti chiusi…
Si, si. Allora vogliamo parlare di un argomento molto bello perché non c’era allora il
cosiddetto “il bagno”, il gabinetto non c’era nelle case, allora si andava in campagna e le
Fausto Servili
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donne aspettavano o che se facesse notte… L’uomo passava per strada, si appoggiava in
un muro e faceva la pipì. Poi la notte andavamo in campagna, sotto i ponti, per fare i
bisogni corporali insomma.
E quindi era un po’… poi dopo piano piano qualcuno ha fatto la tazza con una fossa ai
confini della casa, con sopra delle tavole le quali dopo un po’ di mesi venivano portate via
di notte lasciando un puzzo letale in tutto il paese perché questa fossa lì, quando si
riempiva, bisognava vuotarla.
Quindi era un martirio andare di corpo.
Poi dopo piano … prima era chiamato cesso, poi bagno, poi gabinetto, poi tutto quanto…
C’erano delle cose che sembrano impossibili, però era così. S’andava sotto i ponti, noi
ragazzi andavamo sotto i ponti a fare i nostri … però era così per tutti.
Gabriele: per l’acqua come facevate?
Per l’acqua c’era una fonte pubblica, s’andava a prenderla lì. L’acqua dentro casa è
venuta nel 58.
Nel piccolo centro c’era nella casa di Ciccarelli fino casa qui c’era, perché c’era l’acqua di
Caspriano che avevano portata coi tubi sul campanile; dal campanile veniva giù. E
quando fecero questo lavoro, il sindaco di allora disse anziché prendere i tubi da 20,
prendiamoli da 10 che costano meno, quindi l’acqua ce ne arrivava poca no? Un discorso
assurdo: prendere i tubi piccoli perché costano meno, invece bisognava pigliargli più
grossi, che costavano di più, ma che portavano l’acqua dappertutto.
Quindi l’acqua tanti facevano anche 100-200 metri con la brocca sopre alla testa,
mettevano un fazzolettone girato, che non acciaccava tanto, con la brocca di 10-15 di
acqua era chiamata brocca, di coccio.
Kai: quando arrivai c’era qualcuno di quelli nella fontana pubblica e ho visto qualche
donna che andava…
Si, oppure qualche volta c’erano gli uomini che con una carriola, con una ruota, con il
(sesto?) ci mettevano due brocche; però ci volevano gli uomini perché il tragitto era
lungo. Faceva anche 100 anche 200 metri, 300 metri per prendere l’acqua.
Anche per il bestiame, c’erano le stalle lontane, bisognava portare il bestiame qui al
centro.
Quella fontana che stava sulla Cassa di Risparmio tu te la ricordi qui? Qui nella piazza di
Montalbano?
Kai: sì.
Adesso… lì c’andavano le vacche no? Per terra era sempre sporco… perché appunto non
avevano l’acqua.
Kai: e tu parlavi della luce prima di quello: che luce avevano?
Allora avevano… erano chiamati lumi a petrolio. Il lume. Però ci mettevano l’olio perché il
petrolio schizzava … Con lo stoppino accendevano e andavano in giro con questo
chiamamolo così, con questo lampione, questo … fatto artigianalmente da un fabbro
qualunque e portavano… che faceva poi fumo nero, per cui le case erano poi tutte nere,
le (ossa?) nere, gli occhi neri, perché emanava un fumo nero… La luce elettrica poi l’ha
portata un maestro che …(?) dopo tante lotte riuscì a portare lui la luce qui al centro e
poi piano piano le frazioni. Però fu quasi un privato che lottò coraggiosamente perché era
un uomo di coraggio, era un uomo di sentimento proprio. Tant’è vero che si fece tanti
nemici che dovette emigrare in Sicilia e portò la luce in Sicilia.
Mentre essere amici, tutti contro di lui perché portava questa luce perché dava il
benessere.
Cioè a questi diseredati gli dava la possibilità di emergere, allora qualcuno non voleva
che questi emergessero perché l’operaio che ha bisogno lavora per forza, invece l’operaio
che si può difendere …
Anno portato la luce negli anni 28-30, forse anche prima: dal 24 al 30 ha portato la luce
non proprio a mille metri, però nei paesi bassi è riuscito a fare questo lavoro con buon
merito che gli fu riconosciuto.
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Gabriele: ti ricordi quando venne qui la prima automobile?
La prima automobile non lo so, comunque mio padre è stato uno dei primi ad averci la
macchina.
Pensa c’aveva un’Isotta Fraschini che ne aveva fatta due prototipi Isotta Fraschini:
solamente un fanale, tutto in ferro battuto, in bronzo, che faceva una luce enorme
perché era pesantissimo. C’aveva un … penso che oggi si parla che li cercano a prezzo di
miliardi questi cosi di Isotta Fraschini e noi, papà e la (…) ci fecero una nocetta per
riparare gli uccelli, pensa! Se avessi tenuto quella macchina … Solamente quei fari
Gabriele era una cosa … quando li chiudevi faceva “plon”, “plon” proprio …
Kai: e la caccia a quel tempo? C’era la caccia?
Si, si, la caccia c’era. La caccia dava moltissimo perché c’erano tanti bracconieri … gli
animali c’erano, le zone qui boschive erano piene di animali: lepri, starne, pernici, aquile,
ma l’aquila non è che era mangiabile, però insomma c’erano tanti animali per cui tanti
ammazzavano 30-40 lepri in due mesi, tre mesi e campavano con quello. Poi c’erano
starne, beccacce, tutti gli animali …
Kai: io non ho mai visto una lepre qua.
Lepre? C’era Fronzi, come usciva ammazzava una lepre… (…) li vedi così… perché andava
verso Quartignano… era bravo come cacciatore perché gli animali non li ammazzava,
però la lepre lui la trovava sempre, verso Quartignano là… lui ha ammazzato tante lepri
Fronzi che uno neanche se l’immagina.
Voi c’avete due o tre zii che erano proprio cacciatori … i Marchetti erano cacciatori
famosi, Marchetti Fernando, Felisio, e ammazzavano anche 20 beccacce. La beccaccia è
un’animale transitorio che quando era nuvolo si rifugiava nelle macchie dove c’erano
vicino proprio ai carbonari, quelli che facevano il carbone, andavano lì vicino perchè
trovano da mangiare.
Invece se era sereno, partivano; perché con le stelle e col chiarore… Quindi se tu andavi
a beccacce quando era sereno, non le trovavi; se c’annavi quanno era nuvolo, ne
passava anche venti.
Kai: si, si. Ma cerano molte più … colombe a quei tempi.
Le colombe, eho…, passavano… oscuravano il sole, passavano… noi li chiamiamo un
branco, come si dice sennò? Un branco di colombe, proprio, a centinaia, centinaia.
Quando ero ragazzo .. sembrava un’apparecchio che passasse… e facevano i richiami:
dalle colline, una colomba che la tiravano col laccio … faceva eh… quelle vedevano quella
che si posava e giù si posavano. Questi erano appostati, contavano fino a tre: “uno, due,
tre, blum!” una scarica di …
Kai: incredibile
E ammazzavano 10 colombe per volta; perché si posava il branco, perché era una specie
di richiamo no?
Kai: non ci sono più.
No, non passano, sono svaniti.
Perché era un’animale che migrava dalle zone… dalla Polonia, dalle zone fredde e
venivano giù. Hanno attribuito che con la guerra hanno tagliato tutti i boschi, tutte le
cose e non ha fatto più i nidi. Come le rondini, no? Qui non vengono più.
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Kai: si, si.
Prima di rondini erano pieni i fili della luce: non vengono perché nei tetti in muratura non
possono fare il nido. Prima invece i tetti erano di legno e potevano fare il nido, le rondini,
invece adesso…
Kai: noi ne abbiamo alcune di qua; in questa casa ci sono i nidi, qui sotto il tetto.
Però pochi, prima tanti: la mattina sui fili della luce era pieno di rondini.
Kai: si ricordo quello: tutta una fila!
Si, si, si, tutti in fila: erano belli!
Kai: si, si, molto belli.
Fausto Servili
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Mario Bettacchi
Mario Bettacchi, 7-6-1918 / 18-7-2010
Io sono nato il 7 giugno dell’anno 1918.
Kai: tuo nome?
Il mio nome è Mario Bettacchi.
Sono nato qui nella parte interna del paese, che è via Vignoli, e diciamo la parte vecchia
che è chiamata il Borgo. Sono nato nella casa dove attualmente abita Pasquale Scriboni
al numero civico numero 26. Lì sono nato e ad un anno di età sono stato trasferito qui in
via Roma, attualmente che è via Roma, in questo edificio che appunto vero, abito dal
1919; perché sono nato nell’anno 1918, nell’anno 1919 sono venuto ad abitare qui.
Kai: hai avuto qualche fratelli?
Dunque io ho una sorella.
Kai: una sorella, sì.
Che è nata nell’anno 1915 e attualmente abita in quella casa che è qui vicino al ponte.
Kai: ancora vive?
E’ vivente. E’ vivente. C’ha una memoria di ferro. E’ lucida, si ricorda di tutto.
Kai: ah, bene.
E puntualizza anche le date, cosa che non accade a me perché io ricordo moltissime cose,
no?
Kai: sì, sì.
Però non riesco a focalizzare vero, la data esatta. Invece mia sorella è, in questo campo
è perfetta.
Kai: come è diverso oggi il tempo … come era Pievetorina in quel tempo?
Ah, Pievetorina in quel tempo era tutta diversa da come è oggi.
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Kai: come? Descrive.
Si viveva diciamo così, più famigliarmente, vero? Ci frequentavamo, vero, le famiglie si
frequentavano di più. Adesso magari c’è più isolamento, perché ognuno cerca di fare le
cose a suo modo; il tempo passato era tutto diverso.
Kai: e non ci sono automobili, non ci sono macchine?
Dunque le prime macchine che sono transitate in questo paese, c’è una fotografia che è
anche riprodotta su al museo, in questa fotografia c’è la corriera che passava penso
giornalmente, ma la prima volta che è transitata a Pievetorina fecero appunto questa
fotografia e mio padre si era messo come viaggiatore ed era affacciato appunto in questa
… una cosa, diciamo al tempo di oggi, un cosa antidiluviana perché era una corriera
proprio alle prime…
In posa davanti al passaggio della corriera, 1911.
Kai: chi collegava?
Questa corriera penso che collegava Visso a Camerino passando per Pievetorina, la
Muccia …
Kai: lui era passeggero?
Sì, sì. Era una corriera che trasportava i passeggeri, era al servizio del pubblico.
Kai: sì, sì. Ci sono stati tanti passeggeri in quel tempo?
mah, come disponibilità di spazio non era molto grande, penso che in ultimo potevano
salirci una quindicina di persone al massimo.
Kai: perciò che anno era quello, più o meno?
Eh, guardi, mah io non ricordo esattamente.
Kai: che anni avevi?
Sicuramente sarà stato intorno agli anni 20. E sì, senz’altro. Ma a quei tempi diciamo era
già un avvenimento perché io ricordo perfettamente, vero, che il servizio ad esempio
postale, veniva svolto attraverso i cavalli. Perché c’era ad esempio un collegamento del
servizio postale svolto da persone che viaggiavano, vero, con le carrozze e i cavalli.
Kai: e c’erano tanti bui per lavorare i campi …?
No, no, i cavalli, mah diciamo vero, la zona era piuttosto agricola quindi contadini,
mezzadri, di persone diciamo intellettuali ce n’erano pochissime…
Kai: e tutti andava a scuola o no? Non c’era scuola?
sì, bè per dire l’età che ho vissuto l’infanzia io, c’erano le scuole elementari e poi i più
abbienti e quelli disposti allo studio andavano a Camerino.
Kai: anche per scuola media?
sì; le magistrali, erano le scuole magistrali, e poi dopo c’erano anche le scuole superiori
perché Camerino è una città molto antica e quindi c’ha un’Università, vero, che c’ha delle
tradizioni proprio diciamo molto antiche.
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Kai: tu hai qualche ricordo della famiglia Marini?
Dunque, della famiglia Marini, io ero ragazzo e … dunque in chiesa c’era l’insegnamento
della dottrina e questo insegnamento veniva svolto non in chiesa, ma nella casa privata
di, sarebbe stata una zia della sua signora.
Kai: zia Laura? Da parte di padre?
Sì, si chiamava Marini Laura e noi gli dicevamo Laurina. Questa donna che era… questa
signorina perché non era sposata.
Kai: non era sposata.
Non era sposata. L’ufficio postale, Poste e Telegrafo, perché a suo tempo c’era il
telegrafo, no? Con l’alfabeto Morse, e stava in quel locale dove attualmente c’è un
esercizio di generi alimentari. E’ qui in fondo alla via Roma, di fronte al giornalaio. Lì c’era
l’ufficio postale e questa signorina c’aveva l’abitazione a piano terra. A noi ci insegnava la
dottrina e nell’intervallo, per farci anche un po’ divertire, ci faceva conversare attraverso
il telefono perché un apparecchio ce l’aveva dentro all’ufficio, e dalla parte di dietro
c’aveva una cabina che era tutta quanta imbottita, vero, quindi non assorbiva i rumori e
quindi uno si metteva in cabina e un altro parlava dall’ufficio e quindi conversavamo
attraverso il telefono.
Era una donna molto devota. Molto devota, sì, sì. Ed era appunto la sorella di Ugo, che
Ugo sarebbe il padre della sua signora, poi c’aveva anche un altro fratello che si
chiamava Ivo, Ivo Marini.
Kai: sì, era molto simpatico.
Ivo Marini
Giocatore di terziglio, terziglio o quintiglio.
Kai: terziglio vuol dire?
Eh, terziglio si gioca in tre persone: è una specie di tre sette che si gioca in tre persone.
Kai: e quell’altro gioco che era? C’era un altro tipo di giocare?
Eh, questo era un appassionato di questo gioco. C’ho giocato anche io, sa, perché è
vissuto a lungo.
Kai: ogni sera?
Eh, sì, sì.
Kai: al bar?
Il ritrovo era su, nella parte alta del paese, chiamato Montalbano, lì c’erano, c’era una
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cantina, c’era un’osteria e c’era la sala da gioco. Era tutto quanto un pò circoscritto lì nel
paese.
carte napoletane
Kai: sì. E il prete al quel tempo chi era?
Il parroco in quel tempo era Don Pietro Rosati, che a Pievetorina venne attorno all’anno
1920 perché io ad esempio sono stato battezzato e a me mi ha battezzato…, il parroco
era il parroco Cristallini, il nome non me lo ricordo…
Kai: non importa.
Questo Cristallini poi si dimise e subentrò questo Don Pietro Rosati che era di Serravalle
di Chienti.
Kai: tu hai qualche ricordi dei genitori di Ugo Marini?
Di Ugo Marini sì, ma io li ho conosciuti, eh?
Kai: c’era Maria, la madre di …
Li ho conosciuti: loro abitavano nella casa dove attualmente abita…
Kai: noi!
La famiglia… no, dove abita attualmente la famiglia Terenzi. Abitavano su, li a
Montalbano in fondo al vicolo, via Ascolani è quella lì, abitavano lassù.
Kai: sì, sì. E come era lui, il padre, che faceva?
Eh, persone molto simpatiche, persone apprezzate nel paese perché erano già, vero,
diciamo di un livello culturale un po’ più elevato rispetto alla massa perché, come ripeto,
qui era…, la maggior parte erano mezzadri, ecco, gente di campagna.
Kai: lui aveva la sua terra?
Sì, sì, erano proprietari, come no, proprietari della terra.
Kai: e la madre di lui?
Eh, la madre pure, li ho conosciuti tutti e due, ma erano molto già anziani.
Kai: sì, quella era la contessa, mi sembra, era di Gubbio, mi sembra.
Sinceramente le origini proprio io non le ricordo, ma neanche le conosco.
Kai: sì. Avete qualche ricordo di loro, della madre di Ugo?
Eh, bè, non, sinceramente non…
Kai: no, no…
Mia sorella ne potrebbe sapere di più.
Kai: ah, sì?
Perché mia sorella si ricorda molto delle cose, io c’ho un ricordo sempre molto vago del
passato.
Kai: allora a quel tempo venne il fascismo, Mussolini.
Eh, come no? Eravamo proprio nel periodo del fascismo.
Kai: come era a quel tempo durante i 20 e i 30?
A quei tempi diciamo erano tutti fascisti… sì perché non c’era alternativa. Io c’ho delle
fotografie ad esempio che sono pubblicate anche … perché, non ricordo esattamente se,
ma attraverso la Cassa Rurale sono stati pubblicati due libri delle fotografie del tempo
passato e in uno di questo libro c’è una fotografia che io l’ho fatto riprodurre in grande:
c’è una schiera di ragazzi come me vestiti da Balilla.
Kai: ah, sì, come Maria. Anche Maria era un piccolo fascista quando Balilla…
La sua signora?
Kai: sì, sì, la mia signora.
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Figli della lupa e Piccole Italiane, Pievetorina anni 20
E questo gruppo in posizione un po’ sopraelevata, ci sono le Piccole Italiane, che erano
donne. Di queste donne attualmente è vivente una soltanto.
Ossia, sono vivente io perché gli altri, i maschi, sono morti tutti. E delle donne c’è
rimasta soltanto una Lucchini Lina mi sembra che si chiami, che sarebbe la sorella di Don
Peppe Lucchini, il parroco che sta a San Benedetto, qui a Montecavallo.
Kai: sì, sì.
Quella è ancora vivente. E c’ha qualche anno più di me.
Kai: quanti anni avrebbe?
Eh, quelle ce ne dovrebbe avere attorno a novant’anni.
Kai: e allora che facevi come questo, come hai chiamato, Balillo?
Balilla. Avanguardisti e poi su su, c’erano la Milizia Volontaria. La Milizia Volontaria la
chiamavano per la sicurezza nazionale, quelli erano inquadrati, anche armati erano. Qui
c’abbiamo avuto degli esponenti, insomma c’era il segretario politico, c’era tutta la
gerarchia diciamo del regime. Era una cosa più che naturale.
Kai: sì certo. E allora tu diventava soldato quando?
Dunque io sono andato militare il primo aprile dell’anno 1939.
Kai: 29, e come, volontario?
Nell’anno 1939.
Kai: 39, e volontario o?
No, no, no. Sono stato chiamato di soldato di leva.
Kai: soldato di leva.
Soldato di leva. Sono partito, diciamo, attraverso il distretto militare e io sono andato a
Bologna.
A Bologna sono stato, diciamo, assegnato al 6° Centro Automobilistico. Sì, adesso è un
corpo che è stato disciolto, attualmente fa parte, diciamo, dell’alba(?) dei trasporti e dei
materiali; è stato unificato.
Io ho fatto il militare a Bologna.
Kai: a Bologna; e dopo di quello?
Dopo, diciamo nell’anno 1940 è scoppiata la …, l’Italia è entrata in guerra. Sono stato
mobilitato e sono stato assegnato in un reparto, eravamo circa 70 persone, un’officina
mobile pesante: 18° Officina Mobile Pesante.
Ho fatto la campagna slava, poi dopo siamo rientrati in Italia.
Kai: slavia dove?
Jugoslavia.
Kai: Jugoslavia. In che parte? Ricordi?
Sono stato in Croazia, fino a Ogulin. Noi ci siamo fermati a Ogulin. Lì, diciamo, è finita la
campagna, siamo rientrati in Italia e da Verona siamo stati mobilitati e c’hanno portato in
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Russia.
Kai: Russia?
Io sono stato due anni in Russia, sono andato in Russia con il corpo di spedizione.
Kai: mamma mia.
Sì. Che lo comandava il generale Messe, Giovanni Messe.
Kai: Giovanni Messe, un italiano?
Sì, sì, sì, italiano. E poi dopo, l’anno successivo è venuta l’armata. Dal corpo di
spedizione si è passati all’armata che era chiamato ARMIR.
Giovanni Messe
Kai: e che hai fatto?
Eh, dunque io della Russia ne ho fatta parecchia: sono arrivato fino sul Donetz. Dopo da
lì c’è stata la ritirata e siamo ritornati in Italia. Dopo c’hanno fatto girare un po’ perché il
problema diciamo del movimento sul territorio era un po’ condizionato, vero, dal
comando tedesco. A noi ci portavano sempre nelle zone più, diciamo, più remote per
lasciare libere le vie di transito, vero, alle truppe combattenti. Noi facevamo parte dei
servizi, quindi eravamo un po’, diciamo, di secondo ordine.
Kai: sì, sì, non c’era…
Però siamo arrivati fino nella Russia bianca, a Gomel. mah, c’ho tutto l’itinerario io, tappa
per tappa, come ho vissuto la campagna di Russia, ce l’ho tutta segnata.
Kai: tutta segnata?
Data, chilometri, tutto…
Kai: bravissimo.
Sì, sì.
Kai: questo scritto è qua?
Ce l’ho, ce l’ho a casa, ce l’ho qui di sopra.
Kai: ah, bene.
Sì, sì.
Kai: mi piacerebbe vederlo qualche volta.
Come?
Kai: mi piacerebbe vederlo.
Ma io glie lo faccio vedere, adesso se mia moglie si ferma un attimo qui, possiamo salire
di sopra e ti faccio vedere. Chiuda, chiuda.
Kai: e voi avete i ritornati a Italia primo aprile del 43? E dopo di quello,che succede?
Dunque dopo di quello il reparto mio non è stato sciolto perché sennò le truppe, diciamo
combattenti, ritornate in Italia venivano smobilitate, vero, e quindi ognuno ritornava ai
suoi reparti.
Noi invece, siccome eravamo un reperto autonomo, siamo stati, dopo la contumacia,
periodo della contumacia, poi la licenza per il rientro in patria, siamo ritornati a Verona e
l’Officina ha cominciato a lavorare un’altra volta. E riparavamo tutte questi stock di
macchine che erano rientrate dalla Russia a Verona. A Verona lì è avvenuto l’armistizio, si
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è disciolto l’esercito, io sono ritornato da Verona a piedi fino a Budrio, nei dintorni di
Bologna.
Kai: a piedi?
A piedi. E da lì poi dopo ho preso il treno e sono ritornato a casa, qua.
Kai: e durante quel periodo, durante la caduta di Italia, dopo l’armistizio?
Dopo l’armistizio…
Kai: c’era quasi guerra civile, mi sembra.
Eh, che erano i tedeschi. I tedeschi so rientrati…, noi lavoravamo con quest’Officina,
diciamo era accampata, c’era una serie di padiglioni dietro alla caserma del 4° Centro
Automobilistico a Verona. Noi eravamo appunto in uno di quei padiglioni lì. Abbiamo visto
i tedeschi entrà dalla porta della caserma ufficiali del 4° Centro Automobilistico. Noi
abbiamo saltato le mura e siamo andati, ci siamo sbandati e siamo venuti a casa. E lungo
la strada, facevamo tutte strade secondarie per non incappare nelle pattuglie tedesche
perché già incominciavano a…
Kai: a prendere i giovani.
Eh, come no; eh, diamine.
Kai: e qui a Pievetorina era tanto pericoloso. Per esempio Mario Marini è andato nella
montagna per evitare…
Ci sono stato anch’io, diciamo…
Kai: fuori? Nelle montagne?
Sì, sì.
Kai: per nascondere?
Eh, dunque, il fatto è avvenuto in questo modo, che ritornati a casa, poi dopo c’è stato
diciamo così, c’è stato un proclama per essere un’altra volta ripresentati nell’esercito, ma
noi assieme a tanti altri ci siamo sbandati, non ci siamo presentati a questo proclama che
aveva fatto il maresciallo Badoglio, no?
Kai: sì.
Per ricostituire l’esercito …
Kai: sì, quello non hai fatto.
E altri sono andati, si sono caricati con la Repubblica Sociale.
Kai: sì, per esempio Lucio.
Noi ci siamo dati alla macchia. Siamo andati, noi, il posto nostro di rifugio era qui a
Lecentare, dove c’ha la proprietà i Marchetti di Lucciano.
Kai: ha, ho capito.
Stavamo lassù.
Kai: sì, sì.
E vivevamo, vero, lì alla giornata.
Kai: e i tedeschi sono stati qua a Pievetorina?
Eh, i tedeschi ne hanno fatte. A raccontare tutte le cose avvenute, diciamo, non è una
cosa semplice così a voce.
Kai: no.
Sì, bè, bisognerebbe ricordare scrivendo, ma ad esempio, quando che noi ci siamo dati
alla, diciamo così, alla macchia, siamo partiti da Pievetorina siamo andati su a
Valsantangelo, quindi a Lecentare.
Mentre che noi salivamo la strada che da Pievetorina va oltre Valsantangelo, che va verso
la Pintura di Ciglia, il valico, s’erano, diciamo così, sbandati tutti gli internati del
Montenegro che l’avevano portati a Colfiorito.
Kai: a Colfiorito, sì, sì.
Quelli, come noi, hanno rotto i cancelli e si sono dati così girovaghi. Infatti attorno lì alle
montagne di Valsantagelo era pieno di questi Montenegrini che poi dopo sono scesi,
qualcuno è venuto anche assieme a noi, perché noi eravamo tutti abusivi, no?
Kai: sì.
Abitavamo dentro le case disabitate di Lecentare. E questi Montenegrini sono venuti, poi
dopo qualche giorno si sono anche armati. Noi cercavamo di mangiare perché il mangiare
ce n’era poco. Questi invece si sono subito riarmati.
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Kai: a quel tempo è morto il fratello di Maria.
Quello è il fatto che io l’ho vissuto in prima persona.
Kai: sì?
Perché uno di questi Montenegrini che si chiamava Giugo e doveva soggiornare qui a
Antico, che cosa è avvento? Che qui a Pievetorina si era costituito un gruppo di
partigiani, no?
Kai: sì.
Che operavano in collegamento con questi di Massaprofoglio, altri stavano a Collebianchi,
qui vicino a Montecavallo, e qui questo gruppo lo capeggiava Domenico Lorenzetti.
Ragioniere Domenico Lorenzetti che attualmente la moglie ancora vive, Adorna, la figlia è
la dottoressa…
Kai: sì, sì, sì, la conosco, è molto simpatica.
A Camerino.
Kai: sì, sì, sì.
Un’altra è, dovrebbe essere un’esperta in commercio.
Kai: sì, sì.
Sta con una fabbrica di borse di un nome molto pregiato, neanche lo ricordo; Paola si
chiama.
E questo Domenico Lorenzetti, appunto che era un ex ufficiale dell’esercito, capeggiava
questo gruppo di Pievetorinesi che cercavano di salvaguardare un povero, la quiete
pubblica.
Kai: sì.
E quindi …
Kai: e che vogliono fare, che vogliono?
Facevano delle pattuglie notturne. Io vivevo in disparte perché ho sempre partecipato,
ma siccome ero reduce dalla Russia e di tribolazioni (eh eh) ne avevo affrontate
parecchie, allora a Domenico Lorenzetti che eravamo amici del banco di scuola gli dissi
oh, dico, a me lasciami in pace, io sto con voi, ma cerco di stare anche un po’ riparato
qui a casa, perché …
Kai: sì, sì, sì.
Alla notte mi piaceva andà a dormì sul letto. E allora qui, venuto da Roma, viveva un
certo Vincenzo Micarelli. Questo Vincenzo Micarelli era un direttore di un gruppo di
alimentaristi a Roma, una persona per bene, e veniva qui a casa mia perché ascoltavamo
radio Londra. E radio Londra non si poteva ascoltare perché te portavano via, te
mettevano in galera.
Allora una sera, io non ricordo appunto la data, perché a me le date non c’ho proprio
memoria, stavamo ascoltando radio Londra in quel locale dove attualmente adesso c’è la
cucina, lì in basso, e sentimmo uno sparo. Proprio lì come adesso c’è l’ingresso
dell’abitazione, questo disse che questo colpo gli era partito per disgrazia. Lo investì
sull’addome.
Kai: sì, sì.
E noi sentimmo questo colpo e scendemmo giù, e questo poveraccio, Gabriele, lo
portammo appresso a qui a confine, allora ci abitava Fronzi con il forno, Duilia, che era la
moglie di Domenico Fronzi, sarebbero stati i genitori di Alberto e Sandro Fronzi.
Attualmente stanno in disparte, ma il forno ancora è gestito a nome loro. E fu sdraiato
sopra un lettino, venne giù la madre, Peppina, e questo ragazzo, che era lucidissimo, non
faceva altro che raccomandargli di non inveire contro nessuno perché questo colpo,
secondo quello che diceva lui, era partito per disgrazia.
Kai: per un incidente, non era…
Un incidente.
Kai: non era intenzionale.
Disse.
Kai: disse, ma …
Lui insisté a dire, che si trattava di un colpo partito per incidente. Incidentalmente.
Io uscii da casa, allora c’era l’oscuramento non si vedeva niente di notte, andetti su qui
alla Rocca, che ci abitava un certo Giovagnoli Pietro, però gli dicevano Ninì, e c’aveva un
servizio pubblico, una macchina adibita a servizio pubblico e non si voleva alzare perché
era andato a letto, era di notte, c’era l’oscuramento.
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Kai: c’erano ancora i tedeschi?
Era zona libera. I tedeschi stavano a Macerata…
Kai: sì e altre parti.
Qui come ripeto la zona era un po’ sorvegliata da questo gruppo di partigiani locali.
Kai: sì.
E, come ripeto, venne giù, fu caricato su questa, era una Balilla a tre marce, una
macchina piccola, e fu portato a Camerino.
Il mattino dopo è deceduto.
Kai: sì, a quel tempo non era possibile salvarlo … che peccato. Ma che pensi tu, era
intenzionale? Chi ha fatto questo colpo, uno di questi slavi?
Questo montenegrino, che lo chiamavano Giugo, una persona irruenta, proprio una
persona da tenere in disparte, era in pattuglia assieme a questo Marini Gabriele. Loro
due soli. Pattugliavano il paese.
Kai: sì, sì.
Quindi è avvenuto così, senza testimoni.
Gabriele Marini
Kai, sì. Chi lo sa. E quando sono partiti i tedeschi di queste parti c’è stato questo esercito
che ha camminato tutto…
E, dunque, diciamo, qui si tratta sempre di date, di giorni che io non ricordo, però
sommariamente avevano occupato, ossia, c’era diciamo una radio trasmittente che s’era
collocata su al campanile, in cima al campanile, ed era in collegamento con altri gruppi
che stavano in Umbria. La maggior parte dei tedeschi alloggiava dentro qui al palazzo
dove attualmente c’è la sede dell’Aereonautica, il palazzo che poi era di Cancellieri
Vincenzo che era adibito ad ammasso di granaglie, che poi dopo questo palazzo qui
l’hanno comprato gli Aquini (?). E quello era pieno di tedeschi.
Kai: ah, sì.
I tedeschi quella mattina c’era un movimento con tutte queste bombe diciamo che le
andavano collocando nei ponti, nei punti di passaggio e poi un’altra parte aveva occupato
anche la casa di Ciccarelli, qui di fronte a me.
Kai: sì.
Verso l’una, così, nel pomeriggio, nel primissimo pomeriggio, in brevissimo tempo, si so
dati una radunata tutti quanti, hanno incominciato ad andar via, via, via, e sono partiti
così senza far niente.
Io mi ricordo che l’ultimo tedesco che è uscito dal paese era un ufficiale che viaggiava
con un sidecar, una motocicletta col sidecar, e si dimenticò, questo ufficiale qui, si
dimenticò il fucile mitragliatore dove attualmente lì c’è la banca delle Marche e c’è quella
fontana, lì la fontana non c’era c’erano delle panchine, e si dimenticò il fucile
mitragliatore lì.
Kai: ah.
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Io quasi quasi avevo tentato di scende giù e piglià sto fucile, invece quello ritornò indietro
di corsa col sidecar e riprese sto fucile e poi andò via. Ecco come è avvenuta
l’evacuazione da Pievetorina, è avvenuta appunto in brevissimo tempo. Da diciamo
attorno all’una, all’una e mezza era tutto sgombero.
Kai: interessante, sì. E dopo la guerra è un po’ difficile la vita?
E, dopo la guerra ognuno ha cercato di fare il possibile per sopravvivere.
Kai: e voi avete questo negozio sotto?
Il negozio c’era sempre, in negozio era mia madre e mia sorella, ma diciamo, eravamo
sprovvisti quasi di tutto. Anche, diciamo, le fonti di approvvigionamento non c’erano, no?
Uno cercava di comperare, venivano ad esempio non so a Tolentino, venivano
saltuariamente gente che viaggiava dal nord, portava giù la roba, insomma ognuno
cercava di arrangiarsi come meglio poteva.
Kai: lei aveva qualche campo per crescere i vegetali…
No, no, no, noi non avevamo estensioni di terreno.
Kai: e voi avete figli?
En, dunque, io dopo mi sono sposato, ma molto dopo la guerra.
Kai: sì, sì. Che anno?
Nel 50, mi sa. Nell’anno 1950.
Kai: e ci sono stati figli?
Io c’ho avuto un figlio, no? Che attualmente c’ha lo studio da ingegneria, fa l’ingegnere.
Kai: ah, ho capito, dove?
Qui a Pievetorina. C’ha lo studio lì sopra alla banche delle Marche. Lui occupa tutto
l’appartamento della banca delle Marche.
Kai: non lo sapevo.
Sì, sì. Antonio si chiama. Ma lo conoscono, i parenti di sua moglie lo conoscono bene.
Kai: sì, sì. Allora, dimmi un po’ di quel bombardamento in Russi dove era; il
bombardamento dei Russi contro voi.
E, lì c’erano, diciamo, alla sera nel periodo … c’erano…
Kai: dove era? Quando?
A Gomel. Ma i bombardamenti, noi ad esempio quando eravamo a Bonoscinograd(?), i
bombardamenti erano giornalieri perché … c’ho anche delle fotografie dove eravamo noi
con l’Officina, cadde uno spezzone da un aereo, fece una buca enorme. Io me ricordo che
dalla parte di dietro dove c’era l’ingresso che cadde questo spezzone di bomba e c’era
una porta grandissima, e stava entrando uno con una motocicletta col sidecar, con lo
spostamento dell’aria lo schizzò dentro come un proiettile… eh sì.
Kai: sì, sì.
E, la guerra era così.
Kai: terribile.
Noi non eravamo truppe combattenti, però là la guerra era per tutti, non risparmiava
nessuno.
Kai: esatto; voi portava qualche materiale per aiuto ai soldati? Che cosa…
Dunque io ero il magazziniere della 18° Officina Mobile Pesante e c’avevo in consegna
tutto il materiale… noi c’avevamo 8 autocarri carichi di tutti i pezzi di ricambio, vero, delle
varie macchine, vero, che operavano sul territorio. Più 4 automezzi sui quali veniva
caricata tutta l’attrezzatura dell’Officina.
Kai: sì, sì, bene. Allora, pensa lei di qualche altra cosa che vuole dire?
Che gli posso dire?
Kai: … abbiamo finito.
mah, ci sarebbe tanto da dire, ma come ripeto…
Kai: ma tu ricordi qualche altra cosa?
Così a braccio è sempre una cosa difficile a riferire le cose anche perché poi io c’ho
un’istruzione elementare. Io ho fatto la quinta elementare, non è che sono andato oltre.
Kai: non importa molto. Allora molto molto grazie.
Ma di che cosa? Ma per carità.
Kai: è interessante.
Ma ci sarebbe da parlare, avoglia …
Mario Bettacchi
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Kai: sì, sì, bello.
Adesso glie voglio fa vedere qualche fotografia ...
Mario Bettacchi
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Giuseppe Simoni (intervista doppia del 16-10-2000)
Giuseppe Simoni
… nipote de Ita … de lu benzinaro.
Fernando Mattioni: va bè, sci.
E la madre pure di Venanzino…
Fernando: Briccoli?
Briccoli è. Che già stava con me là e lui era rimasto là.
E allora passavo lì avanti e gli dicio: “se scrivi a casa, digli che io sò prigioniero!”
Come se scrivo io glie dico che tu stai qui, no? … che dopo tra di loro se lo dicono, no?
Allora, mentre che camminavamo e andavamo in giù per due, mentre camminavo io
guardavo in là al cancello e parlavo con questo e glie dicevo questo qui, no?
Allora so andato fuori fila.
Allora è venuto su il caporale inglese lì, e….
Dù bastonate qui. Porca … Momenti me butta per terra …
Kai: si.
Eppoi m’ha cosato il nome, bum, bam… m’ha portato dal capitano, c’è con l’interprete, mi
dice: “Ma che hai fatto? Che hai fatto?”
Eh, coscì, coscì, coscì, coscì, perché mi è successo cuscì…”.
Io glie dicevo: “quillo sta vicino a casa mia, semo amici, i cosi, le famiglie, che gli
dicesse, se scrive a casa, che io so prigioniero, stavo bene, che io glie dico de lui…
Fernando: come s’era finito.
Quess’altro cuscì. Allora l’interprete eh…, c’era il colonnello lì, eh…
Giuseppe Simoni
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“Ma come, comm’è stato allora?”
“Eh, così, così, – dico io – eh,”. E poi… so scoppiato a piangere. Perché… dico ma c’ho
fatto? No? non ho fatto niente de male, no? Mo quisto… Perché poi te mandavano al
campo de punizione dopo, no? Se… Se avevi commesso qualcosa di grave te mandavano
al campo de punizione.
Kai: mamma mia.
Al campo fascisti e al 305 che lì era…
Fernando: tutti fascisti era.
Peggio ancora.
E allora misso a piange e allora sto colonnello m’ha guardato, poi gli dice all’interprete,
ma com’è allora digli un po’ com’e stato.
Eh, è stato coscì, è stato coscì e poi … piagnevo giù come un ragazzino perché so
momenti che, bhè, non lo so perché per far passare lì… E allora sto colonnello…
Fausto: vai, vai, vai, vai…
Non andate via… e allora sto colonnello e su a casa c’ho la fotografia ancora … la guardo
sempre perché tante volte m’ha salvato.
Fernando: e dopo s’è annato, e dopo t’hanno portato in Palestina invece?
Dopo siamo andati in Palestina, invece siamo andati in Palestina. Siamo andati là, si
doveva anche lavorà e dice do ce portano ce portano, noi dicevamo. La fame ce n’era
tanta lì, sa? Mica, ehoh, ce stava… otto giorni, per Dio, un biscottino così ce davano e
mezzo bicchiere di tè alle 10 e poi niente più. E allora la fame… dice: “se ce portano
anche in mezzo a un campu d’erba…”. Veramente semo annati là in Palestina ci stava
l’erba, c’erano li cardi, noi li chiamamo.
Fernando: I cardi. I cardi. Li conosci i cardi?
Li cardi quelli che oggi… noi li mangiava, li somari se magnavano, co li spini, co le cose…
C’erano i cardi coscì arti: co quattro giorni li semo magnati tutti!
Perché se trovavamo un po’ di negozio… li mettevamo a bollì un tant… una sbollentatina
poco poco così, no? poi ce li prendeva l’inglesi ce li buttava via, non se potia cosà. Però
dentro a st’accampamento coscì, tutta st’erba glie avevamo dato un’ammosciatella, in
quattro o cinque, poi ce spartivame ste pallocchette de ste cosi, ma mezzi crudì, cosci,
senza sale, senza olio, senza niente, eh, però… Però li magnavamo perché la fame, chi
non l’ha provata…
Kai: certo.
Chi non l’ha provata non sa de che cosè la fame. La fame era quella era la fame, non è
come qui, io sento tanti, dice: “io ce vò che vado a mangià che ciò una fame che non ce
vedo più!” No?
Tante volte a mezzogiorno può esse tardi, no? “Ciò una fame che non ci vedo!”
Kai: si, si.
Ma che fame è quella? Ma da quant’è che non hai mangiato? Hai mangiato stamattina,
mangiato ieri sera. Ma lì era la fame …de mesi! No? Che non ce …. non c’era da magnà. E
allora, che voi fa?
Fernando: dopo de lì stavi abbastanza bene?
Eh, so stato un po’ di tempo lì… e poi dopo ito a lavorà, voliano chi vuole collaborà, chi…
no, no, noi niente cosi, qui, l’altro, volia sapè se… Dopo c’erano li fascisti, c’erano … quelli
che… e ancora… poi dopo siamo stati lì…
Poi dopo c’hanno dato un branco de cavalli, muli, da custodì quelli lì; e allora
custodivamo questi cavalli e muli.
Fernando: da mangiare era un po’ meglio dopo lì?
Eh, pochetto sempre, però dopo lì c’arrangiavamo, no? Perché a li cavalli li davano l’orzo,
granturcu, mais, no? Gli davano le cherrube.
Fernando: le carrube, le…
Kai: si, si.
Le noccioline, le cose, allora noi ce magnavamo tutto… A magnà lo granturco coscì
adesso sembra… Però non potevi magnarlo, perché non te potevi fa vedè dall’inglese,
però noi quando che c’era li cavalli, andavi su tra un cavallo e un’altro e mettei…
Fernando: le carrucole, le carrucole bhè, so bone.
Le carrube erano bone, ma lo granturco … te… bocca piena, facevi su, magnavi jù cose…
Giuseppe Simoni
105
però te dovevi, te ficcavi tra un cavallo e l’altro
Fernando: perché se te vedevano…
Perché se te vedevano, menaano. Quillo c’avia… e allora, però, anche lo granturco coscì
se magnava, no? Mangiavamo tutto…. Quello che trovavi… eh, non era bono, ma con
quella fame, la fame, te l’ho detto, non … non c’ha confronti, la fame è brutta, no?
Kai: si, si, si.
Eh, il primo campo di concentramento… poi gli inglesi c’hanno tenuto 3 giorni e 3 notte
inquadrati per 5, e lì pure ho pigliato un’altra bastonata…
Stavamo per 5, giorno e notte; ce davano un bicchiere de tè, alla mattina, con un
biscottino cuscì, 3 giorni e 3 notti sempre lì inquadrati, non te potevi move, dovei andà
anche a fa la cosa, “scusate – facevi vedè che… - te scansavi lì due passi, andavi a fa li
bisogni tue, e po’ te rimettevi lì. Andavi a piscià perché l’atro non mi piaceva farlo…
Fernando: dimmi una cosa: e i vestiti che vestiti erano? Vi avevano dato i vestivi novi?
No, no, i vestiti dopo ce li hanno dati dopo. Dopo c’hanno vestito da inglesi.
Fernando: vestito da inglesi.
Dopo del 43, quando che è finita la guerra no? dopo c’hanno vestito, c’hanno dato la
divisa inglese.
Fausto: Da civili?
Fernando: inglese, inglese, da militare.
C’hanno dato la divisa da militare con l’Italy qui.
Fernando: co scritto Italia.
Sennò prima da prigionieri c’avevamo, c’aveano date un paio di pantaloncini co tutte
pezze: un quadro là al sedere, un quadro qui, un altro qui. Sulla camicia, dietro le spalle,
un altro quadro qui; da prigionieri.
Fernando: per riconoscerli.
Invece dopo c’hanno data la divisa inglese. Qui c’avevamo…. mo te faccio vedè la divisa
inglese…
Qui c’è il cappellano, c’è …
Fernando: ah, qui vestiti da inglesi.
Eccole quelle più …. qui stamo alla messa…
Fernando: Ah, bhè ecco questi… però ma qui stavate grassi, mi pare, dopo mangiavate
perché. Co lo granturco, non lo so, però mangiavate…
No, dopo no, dopo… dopo fatto lu cosu… Si, ma io i primi tempi, quando so andato là
Africa de coso, ero arrivato a 92 chili, da militare, da recluta, dopo quando so andato in
cucina, ero cuciniere…
Fernando: e dopo quando si venuto giù per ultimo, là quanto pesavi? Non lo sai.
56 chili.
Fernando: da 90 chili a 56.
Kai: mamma mia.
E allora, che vo fa, e dopo da lì c’hanno cambiato posto, dopo chi voleva ji a fa il cuoco,
chi il cameriere,
Fernando: ma tu de casa non sapevi notizie, sennò? De casa, qui.
De casa l’ho saputo, ho saputo … che m’ha scritto povero Pietro da per mezzo della croce
rossa, io già da novembre già da militare ero già un paio di mesi che non sapevo più
notizie e ho saputo notizie l’anno dopo a maggio; dal mese d’ottobre a maggio l’anno
dopo, del 42, ho saputo notizie da casa che stavano bene. E loro, per mezzo della croce
rossa, poro Don Pietro, ha detto che io ero prigioniero. Però se dove stavo e dove non
stavo non sapevano niente.
Fernando: ma tu hai partecipato alla battaglia di Alamein sul deserto?
Per la madonne! L’ultima divisione del deserto era la Pavia. L’ultima divisione…
Fernando: ah, la Pavia, co la Pavia.
Alle sabbie mobili, vicino alle sabbie mobili.
Kai: che cosa mobili?
Fernando: C’erano… nel deserto c’era una parte di sabbia mobile.
Kai: ah si, si si.
Fernando: e lui stava lì, da quella zona lì.
Te se tirava jù, no, le cose.
Giuseppe Simoni
106
Fernando: la sabbia gli affondava.
Più te movevi, rmanei incastrato lì, te affondavi come nel mare… l’acqua.
Fernando: ma c’è stati tanti morti laggiù ci furono?
No, morti pochissimi. Morti pochissimi perché c’hanno pigliato per prigionieri, c’hanno
pigliato prigionieri. E il giorno di Tutti i Santi, primo novembre, stavamo alla messa, c’era
la messa fuori, tenente…
Fernando: tenente cappellano
Dicea la mesa fuori stavamo tutti … sopra lu lì l’apparecchio, c’era le cose… dopo dice non
possono lascià perde la messa è conclusa e lasciate perde la messa … il cappellano…
Fernando: c’era la messa, no? Gli è arrivati gli aerei, li aveva già circondati, lui ha
lasciato perde la messa…
Tutti… semo scappati tutti… una martellata di bombardava de fori l’artiglieria, le cose, le
mitraglie, chi scappava da una parte, chi dall’altra, però… semo tornati indietro e poi
dopo la sera, la sera è cominciata la ritirata. Cominiciata la ritirata il primo novembre, la
sera … è cominciata la ritirata.
Fernando: si, si.
Ci ritiravamo tutti. E allora tutta sta ritirata avemo caminato 3-4 giorni…
Fernando: sempre a piedi.
Eh!
Fernando: non c’era camion nè niente?
Ma che c’era? A piedi, noi divisione fanteria.
Fausto: non c’erano mezzi capito?
Fernando: e po’ stavano solo lungo la costa stava.
No e poi …
Fausto: non ce l’avevano, sennò, se avevano i mezzi…
Si, qualche mezzo, però…
Fausto: c’aveva già gli americani ad Alessandria girava.
Fernando: bhè su deserto, sul deserto…
Sul deserto là, qualche camion c’era, mica perché non c’era, però nel deserto non c’era
niente: noialtri non c’avevamo niente. Allora sto tenente dice, noi qui dicino che era la
manovra, era la manovra, faceva la ritirata. Probabilmente noi credevamo alla ritirata
perché n’avevamo fatte altre due. Perché là in Africa hanno fatto sempre avanti e dietro,
no?
A novembre - dicembre coscì faceva rit.. se ritirava, pò in primavera andaveno avanti, e
via e sempre coscì hanno fatto. Allora diceano che questa era una ritirata, la manovra, la
ritirata, che poi c’era il contrattacco, gli attaccavano, venivano le cose, tutto l’altro…
veramente doveano, dovea esse un contrattacco, li cosi. C’era la corrazzata, l’Arieti.
Fernando: L’Ariete. L’Ariete era un gruppo di carri armati chiamata l’Ariete che era tutti
carri armati.
Si, tutti carri armati.
Fernando: era una divisione corrazzata, era.
Giuseppe Simoni
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El Alamein - Colonna di carri della "Ariete"
Dopo c’era la forza mobilitata al rientro, la Trieste, quella più motorizzata. Quelle però
stavano…
Fernando: lungo la costa.
Lungo la costa. Che doveano attaccà quando il momento… e noialtri sempre contenti che
se facea sta ritirata. Poi io c’avevo la licenza per venì a casa … cercavo de scappà no?
Tantè vero che a questo nipote de…
Fernando: del Briccoli.
Del Briccoli, mentre scappavamo così, no, tutti stanchi nel deserto senza magnà,
senz’acqua, senza niente, là, aho! Mica ce staia… Allora io glie chiedio… cosava… dice:
“ma do vai, ma do vai?” Eh dico, dice: “non glie la faccio, non ce la faccio!”
Dico: “ma fatte piglià prigioniero.” Perché … i prigionieri … ce veniano addosso… i
prigionieri invece de cosalli… però non ce davano fastidio perché tanto sapevano che
noialtri già eravamo accerchiati. Allora glie dicevo, dico: “ma tu…” Lui era venuto là che
era poco, no, là in Africa, doveva venì a da il cambio a noi, allora glie dicio, “ma… se non
glie la fai, do voli ji che… fatte piglià prigioniero… – dico – io mo so, è 4 anni a momenti
che sto qua, e non posso, ancora non me rmandino a casa – dico – cerco de scappà. Ma
tu se devi fa 3 o 4 anni, i fatto 5 o 6 mesi, se te pigliano prigioniero dopo finirà la guerra!
L’Italia …
Dopo invece lu capitano la sera c’ha detto: “ragazzi qui non è una manovra, non è la
monovra de Rommel, non è questo, non è quill’altro: questa è una vera ritirata. Gli
inglesi vengono avanti, gli… vengono avanti, chi ci po salvà, chi salva il mio per se, Dio
per tutti!”
Kai: che cosa? Non ho capito.
Fernando: Dice, il capitano, il tenente disse: “questa è una ritirata, chi se po’ salvà se
salvi, speranza in Dio!”. E via; capito?
Kai: capito.
E allora lì in mezzo al deserto, do và? Tutti scappi, scappi, scappi, cercavamo sempre de
ji…
Fernando: verso la costa.
Verso la costa, verso la litoranea, la strada che se potea…
Fernando: verso il mare.
Verso il mare. Però cammina, cammina… e poi c’hanno preso… na camionetta… alza le
mani.
Kai: c’erano inglesi che con i mezzi sono andati…
Fernando: gli inglesi li avevano circondati, arrivarono lì…
Ma loro non ci davano tanto coso, perché tanto sapevano che noialtri eravamo già
accerchiati. Noi cercavamo de scappà, ma non scappavamo mai, no? E non ce cosavano.
Fausto: li avevano presi da dietro…
Giuseppe Simoni
108
Fernando: ma erano solo inglesi o c’erano pure gli americani?
No, no, gli americani io non l’ho visti.
Fernando: non li visti, solo inglesi.
Solo inglesi.
Kai: si, questa battaglia è stata inglesi…
Fernando: c’era Montgomery, no?
Kai: si, c’era Montgomery prima di noi, noi siamo…
Fernando: dopo.
Kai: un po’ dopo.
Fernando: però c’avevano già i carri armati americani, c’aveano gli Sherman, gli inglesi
c’avevano già gli Sherman.
Kai: si, si…
Fernando: le armi erano.
Kai: si, le armi si. Avevano quello; i soldati no. No gli americani, no.
Fernando: gli americani so venuti nel 42, gli americani.
Si, dopo, eh, ma dopo noi…
Fernando: ma c’erano , erano inglesi, neozelandesi, indiani, erano…
Ma combattenti erano gli australiani, gli indiani, li cosi, li scozzesi, ma gli inglesi, tranne il
comandate, ma sennò i soldati non c’erano gli inglesi. C’erano tutte truppe de…
Fernando: quelli delle colonie erano, no? quelli delle colonie.
Si, delle colonie, sennò gli inglesi se ne…
Fernando: come qui quando nel 40, nel 44 le truppe maggiormente erano marocchini,
no, capito? Tutti questi de le colonie francesi, no? Algerini, marocchini…
Eh, bhè, ma là era lo stesso era là: gli inglesi proprio ne vedevi pochi.
E dopo noi cemmo portati lì sullo campo degli inglesi…
Fernando: dopo l’hai girata tutta la Palestina, hai detto?
Oh! La Palestina la conosco come Pievetorina! Gerusalemme, Betlemme, Nazaret, Haifa,
Kaifa, Beirut, tutta la Palestina… A Tel Aviv ce javamo anche 3-4 volte alla settimana ce
javamo; per lavoro, per servizi.
Kai: sempre in un campo?
Fernando: no, dopo era libero, dopo andava in giro…
No, no!
Fernando: vi spostavano coi campi?
Il campo era sempre quello, però lavoravamo e tante volte se andava per servizio, no?
Io…
Kai: che tipo di servizio?
E lì c’era tutto, venivano… pulizie del campo, dopo c’era quilli che c’aveano li cavalli,
doveo cambiarli. Dopo, figurati, se sapessi che so jito a fa…
Fernando: non lo so.
Facìo batman!
Fernando: che significa?
A legis, english.
Fernando: che significa? Che significa, che facevi?
Attendente.
Fernando: ah, l’attendente.
Alle donne, alle ufficialesse inglesi.
Fernando: attendente alle donne!
Un sacrificio!
Kai: che cosa facevi?
Fernando: che facevi lì? Glie preparavi… glie pulivi…
Niente. E… dormivo sotto le tende, loro pure, no, allora la mattina andavo là alla mensa,
pigliavo il tè, gli portavo il tè.
Fernando: gli portavi il tè.
Co la cosa… dopo glie facevi tutti i servizi… faglie il letto, fai tutti sti lavori qui.
Fausto: pulì la cucina, faglie i piatti…
No, quelli andavano in mensa c’era i camerieri, c’era gli italiani, no, che facevano le cose
li, è tutto… tutti sti lavori qui.
Giuseppe Simoni
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Fausto: era un lavoro che si poteva fare quello. Era un lavoro che se poteva fa.
Si. Era uno strazio Fausto mio! Ma allora c’avevo 22-23 anni!
Fernando: è uno strazio, dice!
No, poi adesso non perché… se po’ di, no? La gente, quella gente grossa, era coscì no,
quando andavi là c’erano quattro de ste donne, soldatesse.
Fernando: soldatesse via. Ufficialesse era?
Quelle erano ufficialesse.
Fernando: ufficialesse.
Kai: come?
Fernando: ufficiali erano. Donne ufficiale.
Kai: ah, donne ufficiale, capito.
Tutte della staff diciamo, del comando.
Kai: si, si.
Allora dormivano una qui un letto, una brandina per coso, no, li andavi là, gli mettevi il tè
lì sopre e poi dopo quando che ce s’alzavano dovei lucidargli le scarpe, portaglie li panni
alla lavanderia; c’era una lavanderia larghe, portavi là, quando in lavanderia glie andavi a
piglià, dopo pranzo jamo … se javi là per le due dovevamo rientrà là. Andavamo là la
mensa. Pigliava lu tè, perché loro sempre il tè, no?
Fernando: sempre il tè.
Kai: ma sono stati simpatici o no?
Eh?
Fernando: erano simpatiche quelle, dice il dottore…
Bene e male, bene e male, bene e male, però …
Fausto: ….
No, ma ce cosavano, no perché delle volte java pure bene! Però, io, a me, io non volevo
fa quello che volevo fa agli ufficiali, no, a quelle li… però il tenente, quello, il sergente che
ci comandava… io ero un po’ tontolone, cuscì no… “No tu devi fa questo qui perché sei
più adatto per questo qui…” però l’attendente, dice, alle donne è ito sempre in prigione,
intanto.
Fernando: ah, dice, l’attendente delle donne spesso li metteva in prigione perché davano
fastidio alle donne, no?
Ma non è che gli davano fastidio…
Kai: no, no, no: erano gelosi, gelosi sono stati!
No, ma te tentavano, no? C’erano, c’aveano, là perché fa caldo, no?
Fernando: fa caldo…
Po’ allora, adesso bhè, il mondo è cambiato anche qui no, ma allora, do l’avevi visto mai?
Fernando: mai visto donne, dice, tutte vestite le ha viste qui, non l’aveva viste…
C’avevano quelle zanzariere grosse, no…
Fernando: si, le zanzariere, per le zanzare, quelle…
Kai: si, si, si…
Sopra la branda, no?
Fernando: sopra la tenda.
Pigliavano tutta la branda, no? … tutta la branda. Di là dopo mezzogiorno queste 3-4
tazzine di tè sullo cabaret, cuscì, guardavi, poi glie mettevi sul tavolinetto, quella stava lì,
poesse che stava lì bella nuda… Porca madò quello tè delle volte…
Fernando: tremava!
Per la madosca…
Fernando: buttava il tè…
Se glie bozzavi quella lì, ma, orca madone… Dopo quesse, dopo pranzo le cose dopo
pigliato il tè le cose andavano al mare, no, perché c’era la spiaggia vicino, lì c’era il mare,
andava al mare… Eh, che voli fa? Toccava sempre fa sti lavori qui, però allora t’ho detto,
no? Io c’avevo 23-24 anni allora, no, eh, vedè un’affare del genere… che ne so! Era 5 o 6
anni che non stavo più, non avevo vista più una donna sposata, italiana, le cose eh…
Fausto: tutta quella grazia di Dio, che?
Dopo quesse, quesse vicino al mare, dopo c’era da spalmarglie la doccia per il sole, no?
Fernando: gli metteva la crema, no? La crema gli metteva!
Allora coso, sai sulle spalle… mette tutta la crema su cose…
Kai: oh, mamma mia.
Giuseppe Simoni
110
Però sentivo quella pelle liscia, porca madosca! Che vuoi fa? Sopportamo!
Fernando: sopportamo!
Dopo m’hanno voluto raccontà delle cose, però, ti giuro, un giorno andavo là ce n’era una
sola.
Perché delle volte mica… java bene pure. Perché noi eravamo curiosi, per esempio no?
Perché c’erano, là in Palestina c’erano l’arabe, le ebree, queste nere, queste cose, no, …
non ci volevo lascià soddisfazione, dice: “chissà come sarà questa…”
Fernando: quella nera.
“…quella nera, questa francese, questa spagnola…” e anche loro però per gli italiani ci
tengono perché gli inglesi so un po’ fiacchi eh? … E allora anche loro mica se cosano.
Allora… andiamo al mare, preso il tè, cosa, poi, damme la pomata, … eh, va bene… mò
pure le gambe?
Fausto: sai che …
Mannaggia la madosca… spalmargli lo coso su… mannaggia la madosca … e che ne sai se
che dovia fa, che ne so io, bho? Dopo invece entrava una superiora, questa era un
sottotenente, è arrivata una capitanessa e questa fa: “Aaaahhh!” … e va bene, mo… dice:
“M’ha cosato…” e quella dice: “c’ha fatto, c’ha fatto? “M’ha dato fastidio…” Eh, no, io non
gli ho fatto niente, gli spalmavo la pomata sotto le gambe…
E va bene, via, a rapporto! Con l’interprete dal colonnello…
Quello colonnello lì era bravo perché m’ha salvato tante volte, allora con l’interprete dice,
ma che hai fatto, che non hai fatto, cuscì, cuscì, cuscì, cuscì, e questo, quello, questo e
questo. “Come le è successo?” “Signor colonnello è successo cuscì, cuscì, cuscì.”
“Ma veramente come?”
“Si, coscì – dico - che ne so io, io non gli ho fatto niente però bho che ne so… Eh, - dico,
po’ gli ho fatto - ma signor colonnello - con l’interprete dico - io c’ho 23-24 anni, non ho
visto più una donna nuda, questa mi fa mette la cosa per le spalle, su per le cosce, va
bene, glie la passo sempre perché andava al mare, ma giù per le gambe se lo potia fa
pure da sola, no? Allora – dico - perché me lo facea fa a me!” Così, cosà… “Poi - dico dopo è entrata quella, questa a di che glie davo fastidio, ma io non l’ho toccata. Non lo so
che gli avevo fatto…”
Fernando: non lo so che gli avevo fatto!
Kai: ma quelle donne erano completamente nude?
Fernando: nude? Portavano le mutandine, che portavano?
Niente!
Fernando: niente?
Niente! Proprio cuscì, per Dio!
E allora sto colonnello, “ma veramente cuscì è stato? Ma veramente cuscì è stato?” “Eh,
si, cuscì è stato.” E poi me lo faceva rdì, me lo face rdì, ma come, dimmi, raccontami, e
se metteva a ride, raccontami, ma com’è stato… “Signor colonnello…”
“Va via!” Eh, l’interprete: “va via.” “Dico però io lì non ci vado più!”
Fernando: non ce vado più, capito?
Dice: “vai, vai, vai, vai…” Dopo c’era un tenente che ci comandava, la mattina so rjito là,
gli ho detto: “io non ci vado più!” “No, tu devi andà là!” “Io non ci vado più, io se devo fa
l’attendente faccio l’attendente agli ufficiali, dalle donne non ci vado più!” “No, devi fa
quello tu perché tu sei… devi andà dalle donne” e quella lì, però quella che l’ha messa lì,
il giorno dopo è sparita, non c’era più.
Fernando: non c’era più.
E allora seguita a fa quello lì, che voi fa?
Fernando: dimmi una cosa e là con gli arabi come stavate…?
Con l’arabi, noi, tanti…
Fernando: con l’arabe pure, anche con l’arabe, eh?
Era sempre quelle no, perché tanto le donne pure è come gli omini …
Fausto: però era coperte le donne…
Si, ma se scopriano pure!
Fernando: dice: “erano coperte, ma se scopria!
Perché tò detto no, dopo semo curiosi pure noi, pure loro no, per l’italiano, per noialtri
per quello… Però noi non dovevamo parlà con i civili non dovevamo…
Fausto: parlare…
Giuseppe Simoni
111
Non se poteva cosà, i primi tempi, però se parlava, se cosava…
Fernando: ma come parlavate, come facevate a capirvi?
Ma, avoglia! Si perché dopo poi là in Palestina parlano tutte le lingue: parlano americano,
parlano in inglese, parlano tedesco, parlano l’arabo, l’ebreo. Parlano tutte le lingue …
Fernando: in Palestina tutte…
Un po’, le parole un po’ in italiano, un po’ in inglese, un po’ la pronuncia se uno ce
sente…
Fernando: che avevi imparato anche tu le parole inglesi anche tu? Si.
Bhè si, un pochetto si. Ce capivamo. Poi dopo quando che uno te dice le parolacce, le
cose… ma so carucci pure come te le dicono pure, no? Avoglia tu: se te mandeno pure a
quel paese, la madonna se capivi! Fuck off…
Kai: allora, abbiamo cominciato questo… quando…
Fausto: questo racconto…
Kai: questo racconto, ma non abbiamo cominciato la prima parte. Per esempio il tuo
nome, vuoi dire il tuo nome, la famiglia, quando sei nato, dove sei nato…
Fernando: eh si. Quando sei nato, dove sei nato, quanti eravate in famiglia, che lavoro
facevi… racconta un po’ la vita tua, ecco, cuscì.
Fausto: l’origine. Arriva lì? Prende bene? Più vicino?
Fernando: no, no, no.
Kai: … un po’…
Fernando: ok, avviciniamo…
Ma dopo quisso….
Fernando: non te preoccupare…
Io so nato a Pontelatrave.
Kai: ah.
Fausto: Pontelatrave, si, si…
Comune di Pievebovigliana.
Fernando: anche l’anno, tutto quanto.
1920, il 2 gennaio.
Kai: ah.
Fausto: … la professione, la famiglia…
Fernando: quanti in famiglia eravate…
Io ero mi padre, mi madre, ciò tre sorelle.
Kai: e che lavoro facevi?
Eh… agricoltore.
Fausto: lavoratore dei campi.
Lavoratore dei campi. Mezzadro.
Kai: in quel tempo com’è andata la vita politica? Mussolini era di nuovo quando…
No.
Fernando: Mussolini era…
Fausto: è venuto dopo…
Fernando: … Mussolini è arrivato nel 22…
Si, bhè, però io me lo ricordo Mussolini… tante cose…
Fernando: ma de che… erano tutti per Mussolini quando eri ragazzo tu, quando eri
giovanottello?
Nooo, manco c’erano… Oddio, dovevi essere coso perché io me ricordo per esempio de…
balilla, giovani fascisti, avanguardisti, cosi no, da monelli ce facevano venì a fa le…
Fausto: sabato fascista, no?
Sabato fascita. Tutti li sabati dovio venì a fa per lo militare.
Fernando: per il militare.
E se veniva giù al comune. Laggiù faceano l’appello poi se venia tutti al campo sportivo e
se facevano istruzioni, no? C’era Pacciani, c’era Petecchi, c’era Cancellieri Nino…
Fernando: voleva dire che erano fascisti per forza, tutti.
Kai: tutti erano: è stato così sempre?
Si, questo…
Fausto: però molti ragazzi, anziché andà co le pecore, preferivano venì qui il sabato, no?
Giuseppe Simoni
112
Qualcuno…
E si, tocca venicce. Tocca venicce perché io… Io due o tre volte, magari eravamo anche
canaglie eh? Perché sennò c’era anche Bedetti, c’era un maresciallo dei carabinieri qui,
quellu con l’occhio cosato…
Fausto: Gioacchino?
Non me ricordo come se chiamava, che erano, andava a caccia, venia sempre a Piècollina
che c’aveva tante amicizie col poro mi padre, no? Allora con mi madre dicea: “madonna –
dice – co sti per i militari…” “Si, ma – dice – quisso, io c’ho da lavorà, c’ha da gli a parà li
cosi, a fa l’erba, le vacche, le cose della campagna, no? Dice: “deve venì lo sabbeto…”
delle vorte scomodava a venì…
Kai: si, si.
A fa per li militari, no? Perché… Allora stu maresciallo dice: “mha, se non ce pole venì,
allora diglie…” Invece dopo noialtri eravamo veniti pure perché ci java a rucola pure.
Fernando: rucula, quello che…
Quando che avevamo fatto per il militare, l’appello, là a un certo punto quando venivamo
su c’era lì da Penna, no?
Fausto: si, … Costante…
No, da Penna sta su, Costante… lì da Penna che c’era l’osteria, no? Dove sta Simolona.
Fausto: si.
C’era le ruzzole. Quando venivamo su, ogni tanto ce squagliavamo noi, pigliavamo le
ruzzole javamo a giocà a ruzzola su pe lu campusantu. Dice, l’appello l’imo fatto, mo non
ce jmo a fa le istruzioni, no? Jamo a giocà a ruzzola. E dopo quissi quando … ce faceano
venì là la caserma dal maresciallo… Allora presso lu maresciallo dice: “ma che hai fatto?
Perché sei ito a giocà a ruzzola?”
Mha, l’appello lo iamo fatto… porca madosca… Noi ce jamo a divertì, no? Ce faceva pulì
un po’ là pe la caserma qui, la caserma dei Carabinieri stava qui dietro, no?
Fernando: stava qui dietro.
Allora, qui c’era le scole, no?
Fausto: si, si, si.
Fernando: sopra!
Anche, ma anche qui c’era la scola.
Fernando: sotto non me ricordo. Sopra me ricordo. Le scuole, qui c’erano le scuole sopra
lì.
Mi figlio veniva a scuola qui e ce so venuto tante volte io… Allora lì sto maresciallo ce
faceva pulì un po’ là pe la caserma, un po’ li vetri ce facia lavà, cosà, poi a casa.
Fernando: te mandava a casa.
E via.
Kai: e quando ti sei sposato, in che anno? 40?
Fernando: 40
40.
Fernando: c’avei 20 anni, c’avei.
20 anni appena c’aveo!
Fernando: c’aveva appena 20 anni quando è partito per…
So nato il 2 febbraio, so nato il 2 gennaio, so partito il 2 febbraio.
Kai: tu e tutti gli altri dove siete andati per le istruzioni, qualche posto in Italia prima di
partire?
Fernando: prima di partire, dove sei stato a fa le istruzioni?
Sempre qui a Pievetorina.
Fernando: no, no. Quando sei partito per fa il militare, t’hanno portato prima a fa
istruzioni co le armi, no? Il CAR, quello che si chiama il CAR do l’hai fatto?
Fausto: ancora non c’era, non ha fatto a tempo lui.
Fernando: tu appena partito, do sei andato?
A Macerata, poi c’hanno vestiti a Bologna.
Fernando: e partiti?
Eh, ma…. Per Dio!
Fernando: no ma non sei stato un po’ di giorni qui in Italia per preparatte?
Il 16 di febbraio so partito per la Libia! So partito il 2, so arrivato a Bologna…, a Pieve de
Giuseppe Simoni
113
Cento so stato 5 o 6 giorni a Pieve de Cento semo stati e poi il 16 febbraio so partito per
la Libia.
Fernando: le armi le sapevi adoperà? Non va imparato un po’ a sparà qui?
Si, c’ha portato a sparà un volte lo farmacista su pe la ...
Fernando: no, no, dico sotto l’armi non va fatte un po’ di istruzioni?
Sotto l’armi, dopo là in Africa avoglia giù, dopo, dopo le facevi…
Fausto: la divisione sua era stata trasferita in Africa, allora quelli che andavano in quella
divisione li portavano subito in Africa.
Fernando: senza… senza niente.
Fausto: li portavano giù, senza niente.
No, quella già era del 39 la Pavia era…
Fernando: ha capito? La Pavia perché la divisione sua già era partita e lui è partito
appresso.
Lì c’erano li richiamati del 2.
Fausto: quelli anziani pure c’erano?
Me pare c’era pure uno della Pieve, non me ricordo come se chiamava, bho… c’erano
tanti de quelli del 2 che erano, noialtri semo andati a cambià quelli e dopo è rimasti.
Fernando: quelli so tornati a casa.
Quelli so tornati a casa quando semo andati, prima che cominciasse la guerra e dopo ci
so rimasti quelli del 17, 18 trattenuti. Dopo quelli so venuti a casa dopo cominciata la
guerra quelli so venuti a casa a tempo de guerra ancora so venuti a casa. Dopo dovevo
venì a casa pure io però ci doveano mandà…
Fernando: quelli che 38 anni li mandarono a casa e allora andarono giù loro e ce
lasciarono solo quelli che erano nati nel 1917, 18, 19 e 20.
Kai: si, si, si, capito.
Si dopo lo 21 è andato più che parte l’hanno portato in Russia, no?
Fernando: ah, quelli del 21 li portarono in Russia.
Poretti, quelli stavano anche peggio di noi. Perché noialtri le sofferenze si, tante,
prigionieri, fame, sete, le cose della guerra, però de morti tanti tanti, no.
Kai: si, si.
Fernando: in Russia so morti tutti, quasi. In Russia de 100 mila ne tornarono 20, 18 mila.
Kai: incredibile.
Invece quelli del 20 là in Africa, si, tanti prigionieri…
Fausto: in Africa… li accerchiavano… tutti…
Fernando: sul deserto, loro stavano nell’interno nel deserto, andavano a cercà la
litoranea, li accerchiarono.
Fausto: … manco sapevi da dove venivano, perché sbarcavano sulla costa e stavano là,
no?
Dopo so stato, io so stato 5 o 6 mesi all’accerchiamento di Tobruk.
Fernando: a Tobruch.
Nave San Giorgio.
Fernando: … la nave San Giorgio, lì dove morì Don Balbo, no?
Fausto: Tobruk, era un caposaldo
Ehia! (sta attento a lu…)
Fausto: Tobruk era un caposaldo…
Fernando: per sbaglio, per sbaglio, dice per sbaglio.
No, no…
Fernando: Italo Balbo, mai sentito dire Italo Balbo?
Kai: si, si.
Fernando: Allora a Tobruk c’era una corazzata italiana sul porto.
San Giorgio.
Fernando: quando che arrivavano gli inglesi li bombardavano.
Kai: si.
Fernando: e arrivò Italo Balbo, gli spararono pure a lui! Dicono per sbaglio spararono
pure all’aereo di Italo Balbo che andava là, invece dopo si è sparsa la voce che gli hanno
sparato apposta. Gli italiani gli hanno sparato apposta a Italo Balbo!
Kai: Balbo è stato negli Stati Uniti.
Fernando: si, bhè, con la trasvolata atlantica no? Quando fecero…
Giuseppe Simoni
114
Kai: esatto; infatti…
Balbo morì subito, morì…
Fernando: si, cascò con l’aereo, morì…
Fausto: è venuto Bruno! Il figlio di Mussolini era morto, no? Bruno…
Kai: non lo so.
Fausto: Bruno era il figlio de Mussolini faceva l’aviazione anche lui.
Kai: ah!
Fausto: allora morì: Bruno, Balbo… allora diceano: “E’ venuto Bruno, è venuto Balbo,
verrà Benito!” Le tre B.
Fernando: perché, capito?
Fausto: tre B.
Fernando: secondo loro gli italiani gli spararono a lo figlio de Mussolini e a Balbo, e
aspettavano che arrivasse anche Mussolini co l’aereo per sparaglie, capito?
Fausto: allora le tre B: Bruno, Balbo, Benito! Capito? Mo verrà Benito…: Bruno, Balbo,
mò verrà Benito!
Kai: ah, capito. Si, si, si.
Ah, io Italo Balbo l’ho visto quando emo fatto il giuramento: c’ha…
Fernando: avevate fatto il giuramento e Italo Balbo vi ha passato in revista!
Si, comandava, eh allora comandava le forze armate in …
Fernando: si, si, in Cirenaica.
Kai: noi abbiamo una strada chiamata Balbo in Chicago, che lui arrivò in Chicago…
Fernando: era Francoise ...
Dopo venne Graziani, no?
Fernando: dopo Graziani venne.
Badoglio, Graziani, se Graziani ce mette le mani…
Fernando: com’era, com’era, com’era? Se Graziani…
Perchè, aveano fatto la prima ritirata, no?
Fernando: eh.
Eravamo arrivati a Marsa Matruh, Sidi El Barrani, erano arrivati… poi simo ritornati
indietro, fino a Sirte.
Fernando: fino al golfo della Sirte, si.
Si, fino a Sirte. Io quella prima ritirata non l’ho fatta, stavo sul fronte della Tunisia.
Quando ce stava la guerra con la Francia, io stavo, ho fatto il fronte della Tunisia.
Fernando: de la Tunisia.
Poi dopo de là hanno fatto la ritirata e c’hanno riportato qua. E questi venivano indietro e
noialtri ce portavano su. Quilli venivano indietro tant’è vero che l’artiglieria del coso
nostro, con la divisione Pavia l’ha presa prigionieri durante, andava su, mentre che
andavano su ne hanno pigliati senza combatte. Andava su in prima linea. E noialtri semo
arrivati dopo, semo arrivati a Sirte. Dopo da lì imo cominciato ad avanzare un’altra
volta… Allora avevano perso, erano arrivati là, dopo doveano fa l’avanzata che diceano
che, no? E’ venuto Graziani, finito Balbo era venuto Graziani, allora diceano: “se Graziani
ce mette le mani, Marsa Matruh...” Doviano riconquistarlo.
Fernando: Dunque, era una rivalità, Marsa Matruh e Sidi El Barrani, allora dicea, se
Graziani ce mette le mani, te diamo Marsa Matruh e Sidi El Barrani, capito? Erano le
due…
Kai: si, si, si.
E Tobruk c’era rimasti gli inglesi…
Fernando: … accerchiare gli inglesi a Tobruk…
Non lo so io, lì se cosavano, no? se cosavano ogni sei mesi…
Fernando: a turno.
Fino alla caduta de Tobruk perché Tobruk è caduto il 21 giugno del 42.
Fernando: ma lì c’era un sacco de roba dentro però, eh?
Tobruk?
Fernando: eh, dentro c’era tanti di qui viveri, tante vettovaglie c’erano.
Mha, c’era… io dentro Tobruk ce so stato 5 o 6 mesi all’accerchiamento di Tobruk, non so
quante mine avemo messo, perché noi facevamo campo minato, costruzioni,
spostamenti, queste cose cuscì facevamo noialtri del genio, no?
Giuseppe Simoni
115
Fernando: era del genio.
Tutta la notte mettevamo mine. Mine anticarro, mine cose, queste qui… però dentro
Tobruk non ce so stato mai, perché quand’è caduto Tobruk, il 21 giugno andà lì era… la
marina, l’aerei, l’artiglieria, le cose, era un inferno de foco, de cose… allora sti inglesi so
scappati via tutti, se so arresi, so scappati, chi scappava verso… e noialtri semo rimasti li
coso… po’ dopo il 26 giugno semo partiti, a piedi. Semo arrivati fino che su a… dopo 40
giorni, il 6 agosto semo arrivati là.
Fernando: dimmi una cosa, come eravate vestiti voialtri?
Militari, cuscì.
Fernando: no, dico, ma portavate le fasce ancora?
No, no, no, no.
Fernando: pantaloni corti niente?
Eh, quilli porteamo!
Fernando: pantaloni corti. E scarpe che erano?
Scarpe, scarponi.
Fernando: gli scarponi.
Scarponi e via.
Fernando: coi chiodi, no.
No, no, i chiodi no.
Fernando: ma che ne so io…
Dopo c’erano le scarpe… quelle da ginnastica, de…, ste cosi, così. Dopo più che altro gli
scarponi…
Fernando: e d’armamento che portavi?
Noi portavamo il moschetto…
Fernando: fucile 91.
Eh, moschetto…
Fausto: moschetto…
Come quisso dei carabinieri, qui, moschetto…
Fernando: le giberne.
Giberne della 2° guerra mondiale.
Le giberne, le bombe a mano.
Fernando: spettate, scusa un attimo; te faccio vedè se erano queste le giberne.
C’hai pure le bombe a mano?
Fausto: speriamo no scoppia…
C’era… c’avevamo i caricatori… questo pieno de caricatori…
Fernando: e qui c’era lu cosu, taccatu.
Giuseppe Simoni
116
No, quisso noi non ce l’avevamo.
Fernando: non ce l’avevate?
No, perché su lo moschetto c’è innestata la baionetta, no?
Fernando: si, si. Quello perché se innestava, eh?
Si, si. E questo per un fucile, per un 91. Noi c’avevamo, il genio c’aveva le cose, un
moschetto queste più come quilli che c’ha li carabinieri, no? Non era lu fucile…
Fernando: questo così era, eh? Questo è per una difesa…
Questo è pieno di caricatori…
Fernando: e questo invece che era?
Questo era… io non me lo ricordo…
Fernando: e sembra che questo sembra quello del 40, eh?
Sempre cose però, sempre giberne.
Fernando: si, so giberne queste se metteano cuscì, no? Queste invece co la baionetta
stavano cuscì, no, queste. Queste invece stavano in questa maniera, no? Praticamente
stavano attorno… attorno cuscì stavano quesse.
Si, si, si, si…
Fernando: al rovescio, sta al rovescio, via…
Fausto: stanno davanti…
Fernando: ce metti le cartucce, co le cartucce, qui. Ah, tu c’avevi quesse in pratica.
Si, però non…
Fernando: non c’avevi la baionetta.
No, perché stava innestata su…
Fernando: si, si, quessa. Invece quessa c’ha… scusa anche questa ce da innestarla.
Sullo fucile, invece quelle noi c’avevamo il moschetto co la baionetta innestata, il
moschetto quellu picculo, no?
Fernando: ve l’hanno data per lo museo, no? Ve l’hanno data per il museo, pochi giorni
fa.
Bomba a mano Breda.
C’avevamo le cose… le bombe a mano. Bombe a mano le balilla, le Breda.
Fernando: quelle rosse.
Quelle rosse.
Fausto: quelle le portava sul tascapane? Che c’aveva un tascapane per quelle?
Quelle portavamo su dove ce combinava, su lu cosu lì … in saccoccia…
Giuseppe Simoni
117
Fausto: dovevi sta attento, se scappava…
Eh, bhè, se le saccocce sennò c’hanno la sicura, no? Mettevi la sicura… una volta c’era
Vito de Scuri, no? Vito Scuri stava là … era della sanità, portaferiti; allora, loro stanno
sempre indietro, stanno sempre lì al sicuro, no? Allora le cose, le bombe a mano, il
moschetto, le cose non ne sapevano, le mine, le cose non ne sapevano niente, no? Allora
so andato là un giorno, stava sotto la tenda, stava così dormì per terra, stava a cosà…
dice “ah – dico – te so venuto a trovà – dico – t’ho portato du caramelle…”. Jò!
Fernando: du bombe gli si tirato?
Gliel’ho tirate di là… “fermalo, fermalo!”…
Fernando: ma erano… c’era la sicura messa?
Si, eh, bhè con la sicura non so pericolose, no? Dio c’era la cosa, se non tiri la cosa,
allora dopo la tiri e ce vole…
Fernando: spettete un attimo te faccio vedè un’ altra cosa…
Perché, cosa no… allora questo non le conoscia le bombe a mano per niente perché noi…
Fausto: un altro corpo c’ha…
Le cose, le macchinette per punture conosceva, perché della croce rossa era, portaferiti,
le medicine quelle le conoscia, ma l’armi non ne sapeva niente, no?
Allora: “fermo, fermo…!” “Eh, t’ho portato du caramelle…” “Vattene via, sa…!”
Fausto: erano bombe a mano, grosse come un ovo? Più grosse?
Eh, si, un po’ più corte.
Fausto: come una mela.
La balilla, dopo c’era la breda le cose…
Fausto: come una mela, glie levavi la sicura, poi aspettavi …
No, te dovevi sbrigà a buttalla via perché sennò pò esse che era pericolosa, che … sulle
mani.
Fernando: che erano queste? Queste che se magna, no?
Per le munizioni…
Fernando: per caricatori e cartucce; però de mitragliatrice questa è.
Sarà delli cosi, della mitragliatrice…
Fernando: quesse le portavano sulle spalle perché c’erano i … neri, lo vedi?
Quesse sulle spalle le portavano, con la mitraglia, dopo quello mitraglia…
Fausto: so tanti perché … non sparava, no? Uno mitraglia, uno metteva qui sopra, no?
Si, la mitraglia tanti la … co la mitraglia cosata… senza cosi… ma quessa io non l’ho
cosata.
Fausto: quando ce sparavano sulla costa a Antico, eravamo scappati lì de casa, no?
Arrivati li fascisti, traversa il ponte lì, … io e Marcello… allora lo ponte de lo coso “ehi,
arriva i fascisti…” Allora vidi io che uno se mise coscì, tu te metti sopra la mitragliatrice,
poi… para-para-para-para … la marianna! Noialtri a corre a carponi che sopre tutte le
piante vi-vi-vi-vi, tutte le cose, le…
Eh, ma la mitraglia non c’hanno lu caricatore, c’hanno la cosa no? C’hanno un nastru
cosu che tira su…
Fausto: allora ce ... tutte… fiu-fiu-fiu… veniva ju la segatura sembrava …
Fernando: cioè questa, questa è la cinta è?
Come no, per Dio, quessa e la cinta.
Fernando: la cinta per li pantaloni.
Ce l’avio pure io, quessa è la cinta per li pantaloni, no?
Fausto: tanti ce faceano ogni anno che se salvavano che te faceano…
Si, lo segno.
Fausto: un segno. Però erano di cuio quelle lì. Ogni anno de militare facevano un segno…
Kai: molto bene, interessante.
Fernando: si, si, ma è simpatico quando racconta; è simpatico quando racconta quesso.
Kai: e come si chiama lei?
Io? Giuseppe
Kai: Giuseppe…
Fernando: Giuseppe
Simoni.
Fernando: Simoni Giuseppe.
Giuseppe Simoni
118
Kai: Simoni Giuseppe. Allora… parli di…
Okkai, l’inglesi però m’hanno, io… non gli ho voluto mai bene!
Kai: … con eccezione delle donne, eh?
Però, m’hanno fatto, m’hanno rilasciato un coso è stato molto, molto bravo, pieno di
fiducia, lavoratore instancabile.
Fernando: gli hanno lasciato un attestato: “Uomo di fiducia e lavoratore instancabile.”
Fausto: ebbè perché lui effettivamente… questo ancora lavora come…
Eh no, no, questo m’hanno fatto… e poi m’hanno fatto un coso che, però quello io non
l’ho fatto, io ho fatto, non ho fatto l’attendente, non ho fatto il batman: white!
Kai: white?
Eh! For two year
Kai: for two years
I working white
Kai: you worked in … white?
Two years, white.
Kai: white in Italian?
No, no, là in prigionia. Alla 26° compagnia italiana compagnia italiana.
Kai: non ho capito esattamente, ho capito qualche parola…
Fernando: dillo in italiano perché capisce…
No, quando gli inglesi m’hanno detto, m’hanno fatto un cosu che so stato, ho lavorato
nella 26° compagnia, 26 - 11 compagnia italiana, operatori italiani, come cameriere per
circa due anni sono stato pieno di fiducia, lavoratore instancabile, condotta militare molto
buona, tutto, tutte ste lodi qui.
Fernando: eh, te bastonava…
Eh?
Fausto: vaffer… che significava?
Cameriere!
Fernando: cameriere.
Loro cameriere com’è in inglese? Wake.
Fernando: cameriere in inglese come se dice?
Kai: waiter.
Fernando: bhe, lui forse la pronuncia sbaglia…
Kai: waiter, capito adesso, si, si, capito.
Fernando: bhè, la pronuncia non è… perché in inglese è difficile la pronuncia.
Kai: molto difficile.
Fernando: è difficile la pronuncia…
Eh, si, bhè, ma, loro, noi dicevamo in inglese, ma loro diceano l’italiano era molto più
difficile…
Fernando: ah si? Loro dicevano che erano difficili gli italiani?
Vedi quesso coso de lu meidicu, de lu prete?
Fausto: Don del Piano?
Don del Piano. Auguri della Pasqua del 45-46, quanno è?
Fernando: fa un po’ vedè; questo pezzetto de carta dentro lì?
Questo qui, mo voglio vedè; guarda. Parroco stava co loro.
Kai: ah, si.
Fatte gli auguri.
Kai: ah, bene.
Fernando: se è in inglese, mo lo facciamo tradurre… eccolo qua, in inglese glie l’hanno
lasciato.
Te lo piglio, ho fatto la fotocopia l’ho fatta fa da Mario l’altro giorno…
Kai: questo dice che lui è stato un cameriere, impiegato cameriere, per quasi due anni e
lui ha fatto il suo lavoro in maniera molto bravo e poi lui è molto efficiente, lavoro tanto e
molto bravo…
Di quando è questa?
Fernando: questa è marzo del 46.
Marzo del 46…
Kai: e questo è fatto per cosa?
Eh?
Giuseppe Simoni
119
Kai: questo inglesi hanno fatto?
Fernando: si, l’hanno fatto gli inglesi quesso.
Kai: per il militare molto buono, bravo…
Ecco, qui lo legge il maestro, qua…
Fernando: no, ma lo legge lei pure, sa.
Kai: si, si, è molto buono, sei stato degno di fiducia e lavoratore instancabile.
Fernando: gli hanno tradotto, capito?
Kai: si, si.
A me quisso me l’ha fatta coso, Roberto l’altro giorno, ho fatto fa la fotocopia per non…
Fernando: per non farlo rovinà.
Ce l’avio qui, no.
Fernando: questo è l’originale no è? E allora era rotto, ha fatto fa una fotocopia. Quesso
è l’originale proprio che hanno rilasciato.
Kai: si, tu vuoi una copia di questa cosa per…
Fernando: ma dopo glielo dico anche dopo co lui, casomai…
E quissa ormai se scosata tutta…
Fernando: sci, sci, bhè questa a forza di sta piegata…
So quasi 60 anni, no, 54-55…
Fernando: è del 46, so 54 anni.
Kai: 54 anni… 60 … e chi ha fatto queste fotografie di voi? Chi ha fatto queste fotografie?
Fernando: le fotografie chi ve l’ha fatte queste?
Queste qui? Eh, io le facevo là, no, le facevamo …
Fernando: chi è che te le faceva, dico, chi ve le faceva?
Eh…, avevamo un fotografo.
Fernando: da un fotografo.
Kai: un fotografo inglese?
Fernando: inglese era?
Inglese, si, là arabi, ebrei, tutti… inglesi no…
Fernando: le fotografie chi ve l’ha fatte, gli inglesi o altri?
No, no, anche l’arabi ce le faceano.
Fernando: anche l’arabi.
Eh, qui è tutto…
Fernando: qui do stai qui tu?
Eh, qui.
Fernando: questo qui?
Fausto: orca madosca.
Fernando: t’eri ingrassato qui! Avei rpigliato… questo qui è, lu primo è!
Importante che mi facevo cosà, co lo spalmà la crema…
Fernando: ha detto che …
Kai: per quello non era…
Fernando: dice co lo spalmà la crema, dice, m’ero ingrassato pure! E qui do stai invece?
E qui, ecco.
Fernando: ecco, ecco, si, si.
Questo è il colonnello, qui stamo alla messa, la messa…
Fernando: ecco, lui è questo quaggiù, sempre questo qui è.
Kai: si, si.
Ce sarà poi la cosa…
Kai: il colonnello dov’è, questo qua?
Fernando: colonnello che è, italiano era?
No, no. Questo è l’ingle… quello che me salvava sempre.
Fernando: quale, questo qui?
Questo qui.
Kai: che bravo, eh?
Qui era la messa, andeamo alla messa mentre qui pigliavamo, qui c’era l’altro prete che
iava a fa la comunione, sarà de Pasqua, de Natale, ce sarà scritto dietro pure.
Fernando: tu eri uno dei più grossi, quiss’artri tutti piccoletti era.
Per fortuna io stavo avanti.
Fernando: bhè, va bè, stava avanti però se vede che…
Giuseppe Simoni
120
Fausto: il prete questo è?
Si, si.
Fausto: e na madosca assomiglia a lu figlio quesso…
Si, si.
Fernando: assomiglia più allu figliu che anche il cappellano è italiano?
Si, si. Ecco che c’è un altro…
Fernando: si, si, che t’ha mandato gli auguri.
Kai: allora, molte grazie.
Sto colonnello, stu colonnello un’altra volta perché poi dopo noi, qui vedi quando siamo
vestiti dagli inglesi tutti cosi…
Fernando: a qui quando stavate al campo de concentramento era?
Si.
Allora questo colonnello quando che dopo qui, dopo, dopo il 43, dopo quando comincia la
guerra nel 43, c’hanno data, c’hanno vestito gli inglesi e stavamo nel campo e c’avevamo
5 miglia di circonferenza avevamo dentro…
Fernando: si, era abbastanza, …. grosso era.
Si, però noi scappavamo dopo andavamo per le campagne, là st’ebrei, ste… c’hanno lì i
cosi, no, javamo a iutàie a faticà un po’ eccete, javamo a frecà un po’ d’aranci, javamo a
caccià le patate, e a coglie l’uva, e… scappeamo coscì, no, tutti…
Kai: questo… andavate fuori dal campo?
Si, c’avevamo i 5000 sempre, dopo però ce davano pure, lo chiedevamo il permesso.
Fernando: permesso, chiedevano il permesso per uscire.
Per andà a Gerusalemme, Betlemme, Haifa, tutti questi… per girà tutta la Palestina.
Tante volte ce s’annava per servizio, ma io dopo…
Fernando: con che c’andavate, scusami, con che c’andavate?
Corriera, mezzi de fortuna.
Fernando: anche mezzi de fortuna.
Anche mezzi de fortuna. Allora chiedevi il permesso e andavi in giro un giorno coscì, no?
E pigliavi la corriera, no mezzi de fortuna perché poi dopo anche i militari, i militari co se
cose, mezzo de foruna se gli facevi un segnale te fermava.
Fernando: te faceano salire.
Te faceano salire, te portaveno. E sennò con la corriera ji e te lo facevi lu permesso, ogni
tanto.
Però noialtri, perché dopo gli italiani semo un po… , scappeamo via pure. Se javamo pure
senza permesso. Quando le signori inglesi, noi c’avamo scritto Italy qui, leveamo l’Italy:
eravamo inglesi!
Fernando: erano inglesi!
Dopo loro c’aveano la ha, c’aveano anche le mense, la mapi loro la chiama, lo spaccio
militare che davano a mangià lì, pagaeno poco, perché era per i militari, no?
Kai: si, si.
Allora noi anche lì ce appicchevamo.
Fernando: hai capito che facea?
Senza permesso…
Fernando: se levaano, staccavano Italia, no, in modo che, sembravano inglesi, nessuno
glie dicea niente, no?
Una volta su un treno ho trovata… madonna me so messo… eravamo in due che eravamo
scappati via così, senza permesso, senza niente, arriamo al lago di Tiberiade.
Fernando: al lago di Tiberiade.
Allora si andava giù, sala su la corriera, me so messo là, quillo un po’ più su, c’era una
donna lì, se mette a sedè vicino a me… Allora comincia a parlà, dove vai, dove non vai,
eh, allora bhò…
Kai: in che lingua?
Eh?
Kai: in che lingua?
E loro parlavano inglese, arabo, dopo tutti quanti, dopo noi pure una parola in arabo, una
parola in inglese, una parola de coso, non se capiva, non ce raccapezzeamo più niente. E
Giuseppe Simoni
121
allora…
Kai: donne e uomini sempre possono comunicare.
Si. Allora dice dove vai, dove non vai, vado de qua, vado de là… e poi questa m’ha fatto,
dice: “ma perché non parli l’italiano che ce capimo meglio!”
Fernando: era italiana era.
Che te piglia un corpu. “Ah, io – dico – l’italiano, non lo conosco…”
Fernando: non lo conosco!
… E che glie vo di? Io l’italiano non lo conosco… Ma no, dice, parla in italiano che ce
capimo meglio, no? Era un’ebrea che era stata a Roma, prima della guerra, perché
c’erano le ebre, dopo c’erano tanti ebrei che…
Fernando: lu bagno? Sta lassù un bagnetto fattu bene, guarda, sai dove…
E allora… perché prima tanti, gli ebrei tanti stavano anche a Roma, no?
Kai: si, si.
C’aveano anche tanti… erano signori tanti ebrei, Roma, Italia, c’erano, no? Dopo co la
guerra, co lo coso l’hanno …
Kai: si, si.
Scappati, l’hanno cacciati via tutti, che ne so, bho, dopo c’era quilli de la… polacchi, de
cosi, no?
Kai: certo.
Allora, allora questa era stata a Roma, avea cosato… dice: “ma parla in italiano che ci
capiamo meglio…”
E io non lo so, ho detto … ma come, io qua, là, lì, io so stata a … porca madosca…
Kai: allora…
Fernando: perché lui non se voleva scoprire.
No, perché per dinci, iavamo senza permesso, senza… scappavamo via, le cose, quando
non c’aveamo da fa… che ne sai che chi è, chi non è, no, mica potevi fidatti, non te
potevi fidà de nessuno là perché qualsiasi cosa poi…
Kai: e voi avete un po’ di soldi che possono spendere…
Soldi… ce pagavano pure, no?
Kai: ah, bene.
Ci davano la deca come militari, come militari italiani, no? Ci davano…
Fernando: ogni 10 giorni pagano…
[fine cassetta]
Giuseppe Simoni
122
Remigio Matteucci 1/5
Remigio Matteucci, nato nel 1914.
Kai: dove?
A Pievetorina, verso il comune. Stavo a dieci passi dal comune.
Da lì ho conosciuto un ragazzo che era Vittorio Mazzolini, il quale veniva tutti gli anni con
la mamma ed il papà, che era un professore. La madre era una Marini, una signora di
Pievetorina.
Il quale mi chiamava per giocare assieme. E questo l’ho conosciuto, potevo avere io tre
anni. E ch’aveva casa proprio di fronte al comune, il quale dentro li ce stava il notaio
Catulli; e così loro avevano l’appartamento proprio di fronte a questo qui e gli piaceva
giocà con me: portava tutte cosette…
Kai: questo era Vittorio Mazzolini?
Vittorio Mazzolini, il quale poi è ritornato a Pievetorina sopre, vicino alla piazza insieme
con il padre e la madre e so stati assieme parecchio tempo.
All’età di 10 anni io mi misi a fare il barbieretto e allora Laura Marini, tutta contenta:
“Remigio, come te danno due soldi, un soldo, quattro soldi li porti da me, te li metto
dentro al libretto, te faccio un libretto. “
E allora io non vedevo l’ora quando avevo due soldi, tac, andavo a trovare la signorina
Marini: “va bene così Remi, tu fa sempre così…”.
Pievetorina Anni 40: il bambino a sinistra è Antonello Biagioli abbracciato da Remo Carioli;
il bambino al centro è Mario Bellanti, il bambino a destra è Francesco Biagioli;
in bici Giuseppe Aringoli, il più in alto è Celso Palmieri che appoggia il braccio sulla spalla di Mario Marconi;
a sinistra, in doppiopetto, Rino Rossi, il maestro;
quello tagliato a metà è Aldo Micarelli, dietro di lui Pietro Petetti, il sarto.
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Dopo un paio d’anni che facevo questo barbieretto, ma a me piaceva a farlo, che la sera
questi ragazzetti che non c’aveva un soldo, mi chiamavano de notte lì la bottega, e gli
tagliavo li capelli, mi piaceva a fa… e per la barba ce veniva Rosolino, era uno un po’
sciapicotto, che se prestava, intanto gli facevo la barba, e li facevo di tutti i colori.
Solo che a dodici anni, mentre stavo leggendo la Domenica del Corriere, perché la
leggevo sempre perché metteva sempre tutte le canzoni napoletane, scritte e musica e io
imparavo la musica, mi piaceva anche questo.
Kai: come hai imparato poi qualche strumento?
Si, ne ho suonati.
Kai: che cosa?
Prima la cornetta, poi il trombone, il tenore.
E allora, quando è stato un lunedì de giugno, venne una pariglia di cavalli, passò perché
manco l’avevo vista bene io, con una signora grossa. Faceva su li 130 chili. Entrò dentro
la bottega e dice: “Dov’è il parrucchiere?”
“So io!”
“Tu?”
Allora misi la poltrona a posto, ma non c’entrava.
Kai: non c’entrava?
Non c’entrava. Mò c’avevo una sedia che per carità, quella, il sedere era grande… Poi
c’era l’ottomana, così metto via tutto e metto quella di fronte allo specchio e io gli saltavo
un pezzo qui e un pezzo là… “qui si sto bene” ha detto… e gli ho tagliato i capelli.
Mi faceva tante domande questa,
Kai: chi era?
Eh, questa … dice “tu, …” E, dico, io sto solo, non c’ho più mamma, mi è morta, dico,
c’avevo due anni, poi mio padre stette via in guerra, ero rimasto solo in balia di tutti. E
allora, detto, questo, che fai, che non fai, per mangià, per tutte ste cose, (intanto gli
tagliavo li capelli, ma ne portava un fascio ne portava, tanti) e allora, dopo tutte ste
cose, glie dicevo pure … che facevo qualche soldino e lo portavo a Laura Marini, lì
all’ufficio postale, me li mette lì sul libretto, … la verità che li figli la dicono, le bugie non
le dicono. E allora fatto, tagliati li capelli, ma poi li avevo fatti bene, un par d’ore c’avevo
messo, e dice qui quello che te da, non te da, ma non me da niente, me da due lire per
tutto quello che mi può dare… so lavorante, perché, dico, quando che è mezzogiorno,
eccetera, c’ho sempre qualche contadino che mi dice, “Remì, c’ho quelli monelli, vanne
un pò a fa li capelli”. Allora c’annavo l’ora di mezzogiorno, perché mangiavo sicuro!
E così gli raccontavo a questa tutto quello che era.
Si alza e mi dice “queste due lire le metti nel cassetto del padrone, e queste cinque le
metti sul libretto tuo.”
Kai: ah, brava.
Io, alla sora Laura, mi dice subito “do li pigliati sti soldi?” … allora… “com’è? 5 lire?” …
non te lo posso dì, perché m’ha detto: “Non devi dì niente!” “Di quello che fai e non fai,
del padrone, niente!” Il giorno dopo il padrone trovò due lire lì dentro a lu cassetto:
“queste chi ce l’ha messe?”
“Ho fatto li capelli a una signora, questi li soldi che m’ha dati…”
“Ma chi è questa?”
“Non te lo posso dì!”
“Ma come non me lo puoi dì?”
“Ma di dov’è, dove sta?”
“Te dico che non lo posso dì…”
“Me pari stupido!”
“Ma come so stupido?” Mi aveva detto silenzio, per carità, e allora finì così. Che abitava e
dove andava. Quelli cavalli che c’erano, dice, ma chi poteva…? Ma non lo so se de che
era, c’era una donna, sicuro. E doveva essere sempre una signora sennò non portava li
cavalli, eccetera.
Intanto, voleva sapè tutti li giorni, ma io… zitto.
Intanto seguitavo a fa l’operato mio a questo e quell’altro perché dovevo mangià, mica
mi regalava niente, quando era la fine della settimana, 40 soldi: che ci fai con 40 soldi?
Però questi 40 soldi li portavo a Laurina, no? Laura all’ufficio postale.
Passa un mese, venne sto cocchiere che non ho potuto sapè mai manco lu nome, dice:
Remigio Matteucci 5/5
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“La signorina mi ha dato questo biglietto, se gli vai a fare i capelli.”
“Si, ma do sta?”
“Ti porto su io.”
Era de lunedì del mese appresso perché era chiuso… vado su… una cucina grande, c’era
una signorina, c’era altre due donne in servizio…
“Oh, so contenta che sei venuto su!” Tutte queste cosette… tutta graziosa, ma era
grossa… io guardavo… gli faccio li capelli, tutto a posto e quando avio terminato, mi
apparecchiava la tavola. La signorina ci metteva formaggio, ci stava roba di salato,
salsiccia eccetera e mezzo bicchiere di vino perché più non ne bevevo. E cenavo…
Poi mi diede un biglietto con certi soldi: “questi li porti do m’hai detto (che sarebbe lo
sarto Petetti, il padre di questi qui), ma non sapevo cosa c’era scritto, mica toccavo, io.
Quando m’aveva detto una cosa. Quando Umberto aveva fatto sti pantaloncini, perché
c’aveva messo qualcosa che io non c’avevo, de vestito, e allora me fa li pantaloncini, le
scarpe non ci scappava coi soldi però mi dette lu resto.
Lunedì appresso, che presi la Chienti-Norina per andà sù fino a tale posto verso
Appennino, c’era sta donna che la fermava, … io scendevo, e me portava su casa.
E me pagava pure, non è che non me pagava, però quelle erano cosette sue.
Arrivo su, tutta contenta, gli faccio li capelli, figuramoce se perdevo tempo… perché ce
l’avevo… e c’era ste donnette tutte contente che facevano chi una cosa, chi un’altra…
Quando che è stata la partenza, me disse: “te la senti di andare giù a piedi”?
Kai: che cosa ha detto?
“Te la senti di andare giù a piedi”? Ma si, Casavecchia – Pievetorina, che ce potevo
mette? Camminavo… E allora arrivo a casa e vedo sto biglietto, quindi me feci le scarpe e
un maglioncino rosso con le saccoccette qui da una parte per mette qualche soldo e
tutto…
Il padrone: “ma chi te l’ha fatto?”
“Eh, l’ho comprato alla fiera…”
“Ma chi te l’ha comprato?”
“L’ho comprato io!”
Quando a Camerino, a piedi, vado da sto calzolaio a famme le scarpe, 28 lire, me metto
ste scarpe tutto contento (avevo fatto la corta, mica passavo per la strada, andavo a
Maddalena, la Rocchetta, Cignano e poi andavo a Camerino) camminavo…
Fatto questo, dopo, lu mese appresso, m’aveva fatto la maglia (quelle donne…) m’aveva
fatto fa la maglia, tutta una cosetta … m’era rimesso a posto.
Insomma, me dispiace perché è campata poco: dopo tre anni è morta.
Kai: chi era?
Non ho saputo sapè mai come si chiamava!
Kai: ah!
Adesso ce sta una vecchia, qui in questo ritrovo di anziani, che mi ha saputo dire chi è,
ma non il nome. E da allora a 15 o 16 anni, me dava allora qualche cosa di più, la metà
di quello che facevo, e arrivai a 18 anni.
A 18 anni era morto mi padre. Mi madre non ce l’avevo più. Babbo poi è come se non ce
l’avessi avuto perché io non ci abitavo più con loro: mangiavo fori, sapevo dove andare a
fare i capelli, e insomma bene o male, mangiavo.
Visto questo mi pigliò la voglia: “voglio annà volontario in Tripolitania!”
Kai: volontario come soldato?
Militare.
Kai: ah si, militare. Che anno?
C’avevo 18 anni.
Kai: 18 anni… era nel 32, più o meno.
Si. Siccome avevo 18 anni feci subito domanda. Faccio domanda e mi chiamano ancora
quando che avevo passato la visita e tutto, me disse: “non puoi andare tu in Tripolitania,
perché hai un varicocele.”
Kai: varicocele? Che cos’è?
E’ una vena ingrossata nella parte sinistra… Mò mi ci mancava questo. E allora partì e
andetti a Roma e a Roma misi a fare la scuola di parrucchiere: al giorno facevo lu
barbiere, alla sera facevo lu parrucchiere. E allora mia zia mi mandava li sordi, 5 lire per
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volta, bisognava pagà e doveva andà a trovamme sta ragazza che se fosse prestata per
fargle li capelli. Da Prati andavo giù a via dei Colonnari, a Roma, è lontano, a piedi e
l’accompagnavo e poi ritornavo in via della Giuliana, a piedi. Alla mattina ritornavo in
bottega, qui subbito, perché mica… ero preciso io. E tutte le sere facevo sto lavoro.
Poi dopo me scrisse sta zia, dice “vieni a Camerino” dice “mi ha detto così e così… che te
prende; e allora vieni giù”. Era una zia, per sta assieme…
Kai: non sei diventato più soldato?
No, ma è rimasta sempre la chiamata, non l’avevo disdetta, poi quando che m’ha
chiamato il maresciallo dice “tu, così e così… sei partito?”
“No, dico, mo non parto più, non m’ha chiamato prima…mo…” e mi so messo a fa lu
parrucchiere.
Sempre le tragedie della vita… me metto con questo, ce sto un par d’anni e mangiavo
dentro casa de questo. E allora un giorno, vado su, te trovo a piange essa, li figli…
“Ma che c’è? Che succede?”
E allora mi raccontò: “mi marito c’ha l’amante e la madre l’ha rinchiusi dentro la
camera!”
“Mamma mia!”
Ma guarda un po’… quelli piangevano con quella, Viola si chiamava, era una maestra,
faceva l’asilo; so che … “ma che c’hai?”, vidi Viola, piano piano che le cascavano li capelli:
presi e andetti via. Dopo mi misi a lavorare per conto mio.
Dopo so stato in guerra si, ma però quando che arrivai giù in bassitalia, annavo a
Brindisi, pronta la barca, il piroscafo che ci portava di là., e mi dissero “Remigio, andiamo
a fare colazione, una bisbocciata…”
“No. Prima voglio passà la visita, poi annamo in giro a fa sta colazione e andiamo in
Albania.”
Kai: Come soldato?
Come soldato, si. Sempre come soldato. E allora come passo la visita dentro la nave, mi
chiama: “Matteucci!”
“Pronto!” dico “Me so messo a posto”
Dice: “Tu non puoi partire”
“No? Meno male. Perché?”
“Perché hai una cisti superficiale, qui. E quindi ce vole che te operi.”
Ma era li 15 di dicembre; vado diretto a Camerino e non andetti per niente a casa; vado
giù all’ospedale, me dice “Tu, Barabba (?) cosa c’hai?”
“Eh, se te dico quello che c’ho, è inutile che so venuto qui, no? … Lei mi passa la visita
che me lo dice quello che c’ho e non c’ho…”
Allora me passa la visita: “Ah, c’hai qui, superficiale, una ciste.
Kai: chi chiama? Qualcuno chiama? Qualcuno da fuori chiama. Ah, si? …
Daglie tu co quesssa! E allora… io dissi, dico: “mi opero” non aspettavo niente, questi era
lì 15… Disse: “sta a sentì, è già il 15 di dicembre, vai giù a casa, fai Natale e poi vieni su,
ti opero. E vieni che ne so … sette giorni…”
Vado a casa, faccio Natale e tutto quanto, e vado diretto all’ospedale.
Ebbè, non era capace di operare, questo!
So stato all’ospedale da Natale a Pasqua. Se non veniva un chirurgo da Perugia, ero
spacciato.
Dice: “Matteucci” sto chirurgo disse, “te la senti a operatte sveglio?”
Dico: “fate un po’ quello che vi pare” tanto era già 2 o 3 mesi che stavo lì… “Va bene”.
Me opera (…tanto io, se m’ammazza questo o quest’altro per la strada era quello…).
Quando è che un paio di giorni, il direttore responsabile dell’ospedale era un zio mio,
Tomassini di Camerino, Antonio Tomassini.
E quando che la superiora, perché a tempo di guerra se magnava male, tutta robba…
c’era la superiora, dice “questo è suo nipote”… allora me portarono la pastasciutta, dopo
due o tre giorni, l’abbacchio, li pezzetti de l’abbacchio… madonna… Quell’altri malati che
stavano giù, dicevano “quisso chi è? …” Allora la superiora gli diceva “Tu (non?) stai male
quanto è quello”.
Allora insomma so stato … e intanto m’è ritornata la cartolina di precetto. Allora … mi
dice “ Vai giù adesso”.
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Parto, tutto fasciato, incontro sta zia: “Remigio, ma che fai?”
“Non te posso raccontare tutto perché è una cosa lunga…” dico “vado ad Ancona a passà
la visita de controllo”.
“Allora te la passa Gigi, il mio”
“Chi?”
“Gigi mio”
“Ma chi?”
“Lu colonnello!”
“O zi” dico, “Scrivegli un po’… du righe di saluti e digli pure chi so io!”
E così fu fatto. Piglio lu tram e vado ad Ancona. Come vado ad Ancona c’era lu piantone e
dico: “dalla un po’ allu colonnello”. Allora me chiama subbito, sto colonnello dice: “così,
così, e quello che c’avevo” me parlava della parente, dice “sta a sentì” dice “più de sei
mesi non te posso da, de convalescenza: intanto fa questi sei mesi, che dopo ce penso
io”.
Passa sei mesi, vado giù, ah avevo presa una forma di formaggio, per portagliela, per
regalo; c’era lu piantone, dico, “Ma lu colonnello com’è che non se vede? Ma sta dentro?
Ma non l’ho visto passà… “Ma chi quello arto…? E’ morto.”
Era morto; in quelli sei mesi.
Mo?
Passo la visita, vedo sto tenente: era parente…
[fine cassetta 1]
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Remigio Matteucci 2/5
E allora c’era sto tenente che lo conoscevo bene qui, Cafurri, … e allora dico così, così…
“Senti a me non interessa niente quello che c’hai avuto, o che c’hai: ritorni al corpo, poi
marchi visita…”
“Ma che ce torno a fa al corpo io? Me passerà la visita, no? Possibile che…”
Detto e fatto, amici perché lei ho visto qui a Pievetorina tante volte, me manda al corpo.
Kai: mi manda al corpo?
Si, me ripigliano e andetti in Ascoli, un’altra volta. Vado in Ascoli trovo direttore della
banca de Pievetorina pure era di Macerata… “Toh” dice “conosci Micarelli Saverio? E’ mio
cognato”.
“Tu cognato?” … e allora, ma sai, io, uscì e poi dopo ritornai subito: “Signor Capitano”
dico “so partito così in fretta e furia” dico “ci vorrebbero 3-4 giorni pe andà su, mette a
posto”.
“Aspetta.” Me fece aspettà due minuti, scrisse una lettera alla moglie, dice: “allora passi
a Macerata, vai lì a casa mia, questo lo dai a mi moglie e quando ritorni giù ce ripassi che
te da le maglie eccetera perché mo comincia a fa freddo.”
Dico “Va bè” e intanto mettevo a posto la bottega, queste stupidate che c’avevo, e so
ripartito. Vado giù, me pareva che era già di casa. Non volendo c’avevo mio cognato in
Ascoli.
Kai: chi chiama?
Stà a scherzà coso… e allora dico, manco 6 o 7 giorni, vado lì da mi cognato, dico tanto
questo capitano mo, quando se mette là…
“Matteucci, Matteucci, Matteucci…”
“Eccome!”
“Do sei stato?”
“Niente….oltre, do so stato?” Non sapevo do annà, perché…
“Matteucci…” me chiama dal terzo piano lassù… lo capitano me dice “ma do sei stato?”
“Eh, dove so stato, lì fuori…”
“L’hai pigliata la lettera?”
“No…” dice “va lì fori…” ma io credevo fuori: faccio le scale e rivado fuori. Ecco il
sergente: “Matteucci!” madonna mia… vado su, lo capitano chiama l’ufficiale di picchetto,
l’ufficiale di picchetto viene su… Mò che ho fatto di male?
“Che te manca?”
“Niente, non me manca niente” dico io “c’ho tutto qui…”
“vedi lo zaino…” … tutto l’occorente, la bisaccia dentro tutto… mo do me mandano questi?
Dà la lettera all’ufficiale di picchetto e mi porta alla stazione.
… che fine farò…
Mezzanotte a Bari.
A Bari me disse: il prossimo treno è per te.
Calo giù, mi metto lì, arriva sto treno, monto su, andava a Brindisi invece.
Allora c’era la ronda… te pigliavano… “Matteucci, ma do vai? Quello va a Brindisi!”
“E che ne so io, m’ha detto, dice “il prossimo treno, monti su…” so sceso, ho fatto Gioia
del Colle con quillo treno e tutta la zona fuori di Bari ho visto la mattina. So che quando
che è la sera me trovavo a Cotrone.
Kai: che cosa?
Cotrone. E dico mo? Mo va a piedi. Due chilometri a piedi, ma dico, io non avevo
magnato niente dallo giorno prima. So che vado dentro il … e te vedo che c’era l’ufficiale
sulla piazza, c’era le mostrine; vado diretto là, dico “Signor Tenente…”
Kai: questo a Brindisi? Dove era questo?
A Cotrone, Cotrone proprio. Vado su a piedi e cercavo, mo do annavo… invece sulla
piazza proprio c’era l’ufficiale, vado oltre e gli dico: “Signor Tenente…” guarda la lettera…
“Domani alle 9 vieni su in ufficio.” Ma mica sapevo do stava. Dico: “ma io non ho
mangiato niente da ieri”
“No?” Allora chiama un militare: “questo portalo così e così…” e mi metto a magnà! C’era
riso, un pezzetto di pane, per dormì… dice “mo t’arrangi e qui e te butti per terra…” Era
un capannone… e quello lì me disse: “legati bene le scarpe!”
“Perché?”
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“Perché domani sennò vai scalzo”. Rubavano.
Kai: rubavano?
Oh! Manco dormivo perché le scarpe… M’alzo, vado su, dico “dove sta il comando?”
“Sta su da Capo Cotrone, proprio dentro casa de lu barone.”
Allora me vede l’ufficiale, lu tenente: “Ah, hai studiato tu?”
“Poco ho studiato, più della quinta non ho fatto io”
“Allora” dice “mettite lì.
Mi da tutti sti foglietti de fa il pane per tutti li militari, ma a sedè non ce potevo sta io.
Ero abituato a stare sempre in piedi. Dopo un po’ di giorni mi ha detto, sto conte, era
conte: “Matteucci …” ma io… ci vorrebbe un posto che camino. Allora mo te mandamo a
Catanzaro.”
Catanzaro Marina, Catanzaro Sala e Catanzaro Ritta, so tre Catanzari.
E vado su; zona, sottozona, tutta la posta che avevo in borsa, quella che portavo l’ho
lasciata, quell’altra la riprendevo e ogni fermata de treno ognuno glie davo la lettera sua
e c’avevo sto lavoro. E intanto facevo spesa per tutto lu battaglione.
Dovevo glì a Catanzaro, Catanzaro città, tutta l’ordinazione, tutto quanto, poi prendevo
du sciaraballi che sarebbero questi carretti lunghi che c’hanno giù per caricà tutta la roba
che avevo ordinata; da lì Catanzaro Sala, c’è il treno, mettevo tutto a posto, li legavo
bene, pagavo quelli carretti, eccetera, e io ripartivo. Dopo quello lo rimandavano a piglia
quelli addetti. Insomma ho fatto stu lavoro per parecchio tempu.
Quando, siccome che io stavo lì l’ufficio co stu barone, co stu conte stavo all’ufficio …
dice: “Matteucci, mi prenderesti a Catanzaro una radio? Vedi un po’, trovamelo e dimmi
quanto costa.”
Il giorno dopo ce vado, ho camminato poco sì per trovà quissi… dico: “l’ho trovato, però
vole 1000 lire!”
Kai: 1000 lire? Era molto.
Bella radio era. E mi da le 1000 lire, piglio la scatola lu giorno dopo… intanto dentro
l’ufficio io c’avevo una penna stilografica d’oro.
Kai: una che cosa?
La penna stilografica, perché dice “io ci scrivo bene” mi diceva lu conte.
“Bè” dicevo “scrivo meglio io con quest’altre…” Facevamo tutte le licenze per Pasqua;
ogni tanto a questi militari e gli se davano. Quando è stato lu giorno prima, lu conte va a
piglià la penna, la penna non c’era più.
Kai: non c’era più?
“Remigio” dice “tu m’hai pigliata la penna!”
“No”
“No?”
Parte. Dice: “adesso annamo giù alla stazione” so due chilometri; e erano partiti una
cinquantina di militari, periodo di vacanze di Pasqua, andavano in licenza, gli famo la
perquisizione… chi l’ha pigliata bhò...
“Signor Tenente” dico “… ma mico io penso alla penna, d'altronde avrà pigliato quella,
saranno 50 lire… di quelli tempi, ma io penso alla moglie e li figli de sto lazzarone che
quelli non ce l’hanno colpa, no? Che ne sanno che il padre ha fatto questo?
Mi dette una guardata… “Remigio, via, dal barone!” “Quando sei stato in licenza?”
“Adesso a Natale”
Orca matina… perché più de una non se poteva piglià…
Va da lu barone…: “ho fatto, Remigio, te mando in licenza!”
“Ma ce so stato dico in licenza…”
E allora me scrive la licenza e dietro ce mette: “il fante Matteucci Remigio, mentre
prestava servizio Cotrone, Cuprio, Cutro – dice – ha speso tutti i bengala per fermare il
treno” per non fa, perché lu treno faceva servizio e allora questa è la prima azione…
Andetti a casa, in licenza e manco arrivo qui, una signora parte in caserma, dice: “questo
è venuto in licenza poco tempo fa, 15 + 4 erano i giorni e lu figlio mio non è venuto mai”.
Eccoti i carabinieri: “Remigio te vole lu brigadiere in caserma…” Aglie!
“Che c’è brigadiè?”
“Tu sei venuto, sei stato in licenza a Natale.”
“Si.”
“E due licenze non le poi avè.”
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“No. Una volta me l’hanno data, se vede che…” e vado a casa.
Me rimanda a chiamà, piglia la licenza, va a vedè… dico: “dietro non li letta…”
Quando che l’ha letta dietro, m’ha detto allora: “Buona Pasqua!”
E così finì tutto quanto lì.
Premi mo… c’avevo moglie, non è poco perché…, c’avevo 3 figli aggià… tre figli e non poli
annà più… e venne la malaria: come riendetti giù, beccai la malaria, ma laggiù la malaria
era… do annavi annnavi, come facevi?
Kai: si.
Mica era… mo me mannava … Don (glie dicono) Don Ciccio, ma lu nome non so se c’ha
un altro nome dopo Ciccio.
Dice “Matteucci, m’è venuto qui il fattore de lu barone: se vai a casa a fare i capelli alla
moglie e li figli.”
“Eh, io ce vado, ma do sta?”
… Mi dice “Matteucci, è ora de piglià giumenta!”
“Ma che è giomenta?”
Noialtri… laggiù è in dialetto, e io scappo e glie dico, a quelli fuori, dico: “l’hai visto passà
Giomenta?”
Dice “No…” … poi una sgrullata di testa…
So che lo barone: “essa la cavalla!”
“La cavalla?” ma che ne so quella cosa… se chiamava Giomentella.
Per cui io monto su sta capatella … su sto cavallo e vado su. Te trovo la moglie tutta
disabigliè, cuscì… madonna, non è quessa de ste zone, manco mi metto a parlà: era
milanese.
Apposta! Eh, ma non poteva esse no che te faceva vedè le spalle nude … e so che gli ho
fatto… me pagò e tutto quanto, per carità.
E allora me pigliò la malaria. Tutti quelli frutti te pigliava voglia de magnarli, invece guai
se magnavi li frutti.
E da lì m’hanno portato in Toscana, all’ospedale. E all’ospedale un po’ ce so stato lì.
Collodi, dove ha fatto Pinocchio, do c’era … era un ospedale da campo, ma fatto lì, viene
una a fasse a famme la puntura, co lu capitano.
Dice: “…faccia qui, Matteucci vedi, un suo futuro parente!”
Dice “ma no, noi siamo… me sera a marchesa… qui c’era un Matteucci semplice.”
Ma che glie fece … gli disse, dico: “ma che c’entra… Matteucci semplice? Non so
marchese, ma per esse marchese” dico “mica ce se nasce marchesi! Eh, ce se vene dopo,
no?”
Non gliel’avessi mai detto.
Quando che venni in licenza, m’ha dato un mese e quill’altro gli ha dato 40 giorni:
sfacciato io dico…
Kai: interessante.
Hai capito?
Kai: si.
E allora, dopo ho fatto sempre il militare qui oltre.
Poi c’avevo mi cugino che stava al distretto a Macerata e insomma so stato sempre … poi
dopo c’avevo conosciuto il generale Santancherra (?), sette figli c’aveva e gli facevo li
capelli… ma che vado cerchenno?
E con quesso, fatto tutto militare.
Poi dopo semo messi a lavorà da parrucchieri, ho avuti sei figli, delle quali tre
parrucchiere e brave.
Kai: bene.
E brave.
Una mi è morta a Pescara. Mazzata. Ammazzata.
Kai: no, perché? È peccato.
Stavamo qui. Era andata giù a Pescara col marito, il marito c’aveva il posto qui de tutti i
medicinali, eccetera, sempre, e allora se la portò… cambiò casa. Quando che è stato lì,
glie pigliò dolori forti allo stomaco… Il giorno de, lu ferragosto. A ferragosto dentro
l’ospedale c’era un medico di guardia: niente! Noi ancora non eravamo annati giù, solo
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che gli disse questi dell’ufficio lì, eccetera, dice “ma ci sta questo dottore, quaggiù, è
bravo…”
Ma che fa quisso bravo? Ce telefonò. Dice “la opero domatina.”
Ma che opera? Che? … gli diceva… Ma io devo sapè quello che fa.
Kai: si.
Dice “ma è un taglietto…”
Ma che taglietto? Quanno hai tagliato lì… se devi taglià qua, su, giu… Io che ce so
passato, che m’hanno tagliato tutto quanto… bho…
Non siamo riusciti a farla uscì da quell’ospedale.
Kai: Dio mio.
La mafia.
Kai: incredibile.
Un macello.
Quando che è stato, era mezzanotte…
Kai: chi era questo?
Questo era de Pescara, dottore, io non lo so che dottore era, ma non era uno niente…
Telefono a Roma alla Salvi, la sorella di sor Mario, dico: “signora, io so Remigio…” dico,
eh mia figlia gli faceva i capelli, la conosceva a Pievetorina, “mi trovo così, così…”
“Prendi la Croce Rossa e portala immediatamente su a Roma!”
Questo era mezzanotte.
Non ci è stata concessa la Croce Rossa prima delle 11 del giorno.
Semo partiti, semo annati su, semo stati un po’ di giorni, ma…
Dice “puoi denunciarlo questo” e allora c’era il marito e dico “vai giù e denuncia sto
dottore per…” “Ma – dice - io non posso farlo quesso perché con l’affare me trovo con
quissi de Ancona, lavoramo lì…”
“E allora, che fai?” E cosi finì.
Kai: ah, peccato.
E’ morta. A Roma.
Poi un’altra facsimile, era incinta a Fabriano. Chiamò sta levatrice. Sta levatrice gli disse
“si, mo famo l’iniezione, mo famo.” Poi venne a Pievetorina. Venne qui quanno che alla
domenica saluta lu medico.
“Ma che hai fatto?” gli fa lu dottore.
“Niente, mi sa che sono incinta!”
“Ma tu sei azzurra sulla faccia!” Ma può esse?
Venne su subito a Camerino, toccò portarla via da Camerino: gli aveva rovinato tutte e
due li reni quelle iniezioni. E così…
Kai: si, si. Allora nel tempo passato, lei conosceva Ugo Marini?
Come! Aspetta, mo di questi ancora non c’ho parlato io, anzi io …
Ugo Marini era venuto perché lo volevano fa segretario della Democrazia Cristiana!
“Per carità – dico – faccio lu barbiere, lu parrucchiere, non posso dì che io faccio lu
democristiano, che faccio il socialista, comunista, eccetera.”
“Lo posso fa?” Io glie dicevo…
“Ma che te importa?”
“Ma no, che m’importa!” dico io, “se vedono che io sto immischiato in qualche cosa,
dentro la bottega non ce vengono più nessuno!”
Kai: e il padre di Ugo Marini, Venanzo? L’hai conosciuto?
Ecco, mo glie dico, ero piccolo e allora il primo ufficio postale che ho visto io, che ho
visto, era qui a Montalbano, dove sta lu bar. Lì de fianco c’era la buca per le lettere.
Quello è stato il primo.
Kai: e chi era, il papà o la madre di Ugo?
E portava lì gli occhialetti, era la madre di Ugo, no? E il padre, che stavano… da lì dopo so
venuti dentro adesso dove sta quella che venne le scarpe, che è sempre chiuso, li giù
verso la piazza, no? Quella casetta che hanno rinnovato da Piselli, c’ha fatto quella… E, lì
sta l’ufficio postale, c’è stato, e c’è stato fino, dunque, si, c’era la Chienti-Nerina, allora
c’era una corriera, la prima corriera del 18, del 20, e già erano annati via da qui e erano
annati giù che era moglie e marito tutte e due anziani. Ma mi volevano bene.
Remigio Matteucci 5/5
131
Kai: si?
Ah, si.
Kai: e Venanzo Marini era padre di Ugo.
Si.
Kai: e come era?
Eh, era un vecchio asciutto, non è che …
La madre era un po’ più … ragazza, insomma più femmina, ma però c’aveano l’età… c’era
l’età c’era.
Kai: che cosa?
C’aveano l’età, dico, non è che…
Kai: si.
Dopo quessi lì, andettero lì, sta Chienti-Nerina, e passò sta Chienti-Nerina perché allora
stava iqqui dove sta quillo teatro e lì c’era tutti li garagi. E qui c’era il direttore, perché
allora faceva qui, non stava nè Muccia, nessun posto, a Visso, da qui allora cominciavano
a fa la strada per Visso e da li allora dopo cominciarono a mette a posto un capannone a
Maddalena e non venne più sta Chienti-Nerina qui perché andette a Tolentino. Tolentino,
Pievetorina, Visso. Faceva solo…
Più tardi, dopo, faceva Pievetorina, Maddalena, Fabriano e quest’altra Tolentino
[fine cassetta 2]
Remigio Matteucci 5/5
132
Remigio Matteucci 3/5
Fernando Mattioni: Spettate. Quell’anno facevi il barbiere che andavi per le case.
Si.
Fernando: Prima della bottega.
Prima della bottega.
Fernando: Allora (pronto è?) raccontaci un po’ allora prima di aprire la bottega da
barbiere quando andavi per le case e che cosa le davano come paga.
Da magnà… c’è un pezzo… venne mio fratello… mio fratello che c’aveva la poliza de
guerra de 1000 lire, intestata a lui che è il più grande. Quanno che è stato, è morto
babbo, questo piano … ha pigliato le 1000 lire: è ito via a Roma.
Allora mi chiama e dice: “ma, tu fratello do ito?”
“Eh, non lo so do ito.”
“Guarda che ha pigliato li soldi.”
“Ha pigliato li soldi?” Stanno intestati a lui, lui è partito. Invece non era così perché lui
c’aveva li fratelli più piccoli e doveva aiutarli in tutto e per tutto. Mò, c’era la sora Laurina
c’era, qui da Marini: “perché - mi diceva - come c’hai quattro soldi, tu portali qui da me,
lì all’ufficio postale. Te faccio lo libbrettu…” io ho detto “pure!”
“E non te li sciupi.”
Eh, magari sciupà, quattro soldi, quello che c’avio… so che dentro a questo libretto per
ultimo c’era annato 150 lire. Morto babbu, io me consigliavo sempre con Laurina, la
Marini, dico… così, così…
“Ma tu fratello è andato via?”
Dico “si.”
“Ma tutore è lui!”
Eh, si, lui è scappato via, non c’è più niente…
Fernando: E dopo come te mettesti a fa il barbiere, dopo?
Eh, quesso? Prima. Prima, lo barbiere sempre in movimento co le famiglie do glio a
magnà.
Fernando: Dove, più che altro dove andavi a fa i capelli per le frazioni? Quali frazioni
erano?
Antico, Piecollina, tutti i contadini spersi, mi dicevano: “Remì, vemmi a fa li capelli a
quelli figli, a quillo, a quill’altro…”
Eh, ce glio all’ora di mezzogiorno, no? Perché magnavo!
Fernando: Perché c’avevi da mangiare a pranzo.
E come no, quisso era lu fatto. E allora …
Fernando: Ma quella del prosciutto allora come fu, Remì? Era la famiglia di dove?
Eh, c’avevo la bottega, no? Allora, era Desio Palmieri, fece partorì la … a su Fernando e
invitava tutti (mica tutti, quelli che doveva invità) e c’era anche lu medico, perché io ero
lu secondo medico a Pievetorina, l’hai saputo?
Fernando: No, quesso non lo sapevo.
Adesso te ce volia la Penzi, ma io so stato tutti questi, che poi se baccarono la testa che
c’aveva le ferite… e tutti da me. E non pigliavo niente. Insomma, poi, passimo lì… allora
te voi sapè quella de lu prosciuttu?
Fernando: Eh…
Eh, venne giù c’era la … lì su a Valsantagelo… dice “non ce vai, Remi?”
Io: “che c’entra?”
Fernando: No. Spiega che cantavano il prosciutto quando nasceva un Fernando, no?
Si, ma questo era un altro fatto ancora, perché io ogni tanto questa gente, taglia lo
prosciutto, era cattivo. E allora… “non gli fa niente, no? Piglimo quell’altro!”
Ma io, piglia quill’altro, peggio che te peggio. C’aveva un altro prosciutto. Piglia su, salza
lo prosciutto, alla fine lo piglia lo butta via perché era scappati fori li vermi.
Fernando: Li vermi.
Allora se arrabbia e ha scritto:
“E’ la storia del prosciutto
che non era tanto asciutto
glie scappava la materia
Remigio Matteucci 5/5
133
da una grossa vena arteria”.
Kai: e come andava questo qui, chi era, ricordi tutto chi era?
Quello del prosciutto era sempre di Palmieri, ma questo che aveva sentito tutto…
Fernando: C’aveva fatto una storia.
Aveva fatto subbito, per carità, subbito, quisso mica aspettava niente, e allora Desio
diceva sempre: “chi l’ha ditta questa?” eh, chi la ditta, ma che ne so, mica faccio lu
cosu… daglie co sto prosciutto…
Tutti e tre li buttò via! Li prosciutti erano cattivi.
Mò, so che fatto tutto quanto e mette per Pievetorina tutta sta storia, tutti serani,
chiamavano serani racconti quessa de lo prosciutto, quessa de lo prosciutto … e quelli ce
se faceano cattivi dopo.
Fernando: Però anche a te è capitato un prosciutto che te diedero su…
Dopo, dopo. Dopo a me è capitato che c’avevo un maiale che era 2 quintali e 3 chili.
Fernando: Ma non te diedero un prosciutto co lo fa li capelli a una famiglia su pe…
dov’era?
Si ma quello è un altro fatto. Perchè io pure c’ho avuto so prosciutto … e uno l’aveo
tagliato, dopo amici da Terni (quissi portava l’olio) me dissero “lascia fa,Remì…”
Dico: “così… - dico - ma posso…”
“Ce penso io, non taglià quissartro, lascilo fa, lì.”
Me ce dette 22 chili d’olio!
Fernando: Lo prosciutto era rovinato.
Fammelo sapè, dico, e quisso non lo so perché glie piaceva, quesso se lo portava giù
sopra a Terni, c’aveva do vendeva l’olio, portava tutte budelle de pecora, capra no? E ce
metteva dentro l’olio.
Fernando: Ah, sulle budelle? L’olio lo portava su le budelle?
Dentro la panza.
Fernando: Dentro alle budella de capra e de pecora? L’olio stava dentro a lì?
Si, si; veniva con tutte queste cose lì.
Fernando: Ma non c’erano le bottiglie? Non esistevano le bottiglie?
Ma do? Non ce s’erano.
Fernando: Ah, dentro l’olio lo vennia da dentro le budella de capra e de pecora? Che
anno era venni giù, scusa? Pressappoco.
Pressappoco era del 36, 37. 37 era.
Kai: interessante.
37 e mazzavano una capra o la pecora: glie legavano le gambe e poi qui, dopo, su lu
collu…lo legava un’altra volte, ma tutta la panza tutt’olio c’era…
Fernando: Ha capito? Tutto l’insieme della pecora, non solo le budella… Una pecora, dopo
morta, glie levavano le… e veniva una specie di un’otre, sa quelle…
Kai: si, si.
Fernando: Di pelle, come c’hanno spesso in Africa, in qualche parte.
Eh, me portava sempre 5, 6 de quesse, co lu carretto, co du muli, dato che se venia a fa
la barba, quesso, venia giù da Terni, glie davo una ripulita, tutto quanto, perché non
stava mica proprio a Terni, prima de Terni, ce la strada po’ che va su verso l’Abruzzo, illì,
mò manco me ricordo…
Fernando: Arone.
Verso l’Arone, si. E così aspettavano sempre tutti questi c’era Servili…, lu pigliava tutti li
commercianti, “me ne dai un litro, me ne dai…” perché mica, mica più! Adesso ne pigli
una damigiana, ma … ì capito? E cuscì… li prosciutti allora come venivano i vermi
venivano buttati via… invece non è vero.
Fernando: Ma io, io ho visto per esempio, Remigio, che anche il formaggio coi vermi, li
mettevano a coce sulla graticola, se li mangiavano: vero?
Ah, grazie, mica li buttaino via!
Fernando: Capisci?
Ma anche la volpe. Mica non mangiavamo la volpe!
Kai: la volpe?
Fernando: La volpe: mangiavano anche la volpe.
Kai: eh si… che cosa mangiavano la volpe?
Fernando: La volpe, la mangiavano, una volta la mangiavano, se mangiava.
Remigio Matteucci 5/5
134
Kai: ah, capito, capito.
Mettevamo a bagno otto giorni.
Fernando: La volpe, dopo morta, otto giorni a bagno.
Dentro l’acqua.
Fernando: Fredda, del Fiume.
Si, dentro il fiume. Dopo otto giorni la rerpigliavamo e se coceva: era bona!
Kai: ha, si, interessante; e anche altri animali?
Eh?
Fernando: Quali altri animali se mangiavano? Oltre quelli… no, quelli selvatici.
Eh, li tassi.
Fernando: Tassi.
Kai: tassi sono…
Fernando: Ce l’ho qui. Ce l’ho dentro la vetrina là, grosso cuscì!
Ebbè, quelli magnavano tutti lo granturco, roba…
Fernando: Anche il porcospino? No.
Quellu no. C’avevamo, dopo, lu cosu che è stato ritrovato, ma …
Kai: ma c’erano dei cervi qua?
No. no. Manco cinghiali qui c’avevamo.
Fernando: Adesso i cinghiali li mangiano.
I cinghiali li avemo messi qui nel 1000… dunque 900, io ho fatta la televisione, io …
Allora perché da Tarcisio, gli dissi: “Tarcì…”
Fernando: Ma i cinghiali è stato negli anni 80 che li anno messi, 75.
Te lo dico subbito, te lo dico. Dico “Alza un po’ sta televisione, no? tutti quanti alla sera
tutti stavano a sentì, era le prime volte, e allora, dico, alzalo un tantino, così po’ lo
guarda li figli, po’ mi moglie, io per me lo sento bene. Domani lo sento bene pure io.
Kai: che cosa ha mangiato? Questo non l’ho capito bene.
Fernando: No, no. Questo parlava, stava a risalire quando hanno messo i cinghiali qui a
coso… Dimmi un’altra cosa, ma per esempio, i gatti pure mangiavate? No? Eh?
Si, si, li gatti. Accidenti, li gatti.
Kai: questi gatti…
Fernando: Si mangiavano anche li gatti.
Kai: mamma mia!
… Aveva un gatto che, e avevo dormito e c’aveva 4 fringuelli. Belli. Ero riuscito a tirarli
su, era di quella pianta noce laggiù. Vado giù alla sera, non c’era più le teste. C’era le
teste, ma non c’era più… madonna dico, mò? Chiappo lu gattu, gli tiro la testa con una
pietra, lo butto giù lo fiume. Babbo andava a pesca… co una cosa…
Fernando: Lo tira su.
“Ma che ce sta?” Lu gattu legato lì. “Quisso la fatto – dice - perché lì so magnati…”
Fernando: Gli uccellini.
Vado giù da Jori a Villanova, questi Jori che stanno quaggiù, a faglie li capelli, giravo giù,
un gatto, ma bello faceva sulli 7 chili, “un corpu, quisso le pontecana le magna - dice - lu
voli?”
“Eh si, dammelu.”
Piglia, mi da sto gattu, non è che faceva, era un po’… l’ho chiappato, ma pesava. Piglio
un pezzo de soda, glie faccio lu collare e poi glie rissi lo spago e lo legai su una zampa
del tavolino.
Chiamano babbo per jì a pesca, glie disse, a st’altra sorella piccola: “digli che non ci
sono”.
Apre la porta: “Ha detto che non ci sta!”
Kai: non ho capito bene.
Eh, che te piglia …
Fernando: Chiamano il padre per andà a pesca, la sorella piccola fece: “ha detto papà
che non ci sta!” Ha capito? Non so se ha capito.
Kai: si adesso capisco.
Fernando: Capito?
Kai: si, si, si.
“Eh, che te piglia un accidente!” dice. Quelli pigliarono e vennero su e videro stu gattu.
Remigio Matteucci 5/5
135
Videro sto gattu: “ma che c’hai lo montone?”
Perché non c’aveva la voce da gatto proprio.
“Ma niente, c’era una donna de Remigio che a portato quisso gatto per fargli chiappà le
ponticane…”
“Eh – dice - quesso le acchiappa mica?
Vado giù lo jorno dopo non c’era più lo gattu. Che te piglia…
Kai: e chi sono stati uccelli piccioni? Che avete mangiato, piccioni che voi avete
mangiato.
Fernando: I gatti?
Kai: no, i gatti no. No, altri animali.
Fernando: La volpe.
Kai: no.
Fernando: La volpe si.
Kai: piccioni?
Fernando: Da quanti giorni, quanto è durata. Quello lì volea dì?
Quella? E’ durata poco perché eravamo sei o sette… quando che c’era st’evento.
Kai: ho capito.
Se magnava tutti.
Io ero di cucina, perché sempre giù casa mia, mò viene Pietro…
Fernando: A proposito di cucina, ci devi raccontare quella volta che annasti a preparare
quelli che facevano la cresima, quella è bella. No, cioè, a proposito Remigio ci devi
raccontare quella storia quando quelli facevano la comunione che non c’avevano niente;
che gli facesti trovà…
Eh, non solo, ma anche per la festa de 3 de maggio. E’ festa no? Festa alla Pieve, festa a
Piècollina, festa … e allora venne pure Romanello. Dice “senti – dice – ero ito a Panzano –
dice – mo, che gli trova a mangià la moglie che non era bona di cucinà? Ma non erano
tutte…
Fernando: Era la festa, era il giorno della festa?
Si, si. Era prima, insomma su mi chiamavano. Io sapevo cucinà perché non c’ho avuto
mamma.
Kai: si.
Morta. C’avevo due anni. Me l’hanno ammazzata a Camerino le ostetriche.
Kai: oddio!
Eh…
Fernando: Hai imparato a cucinà…
Mi tocca dì pure quesso perché partorì il giorno de Pasqua, de lunedì de Pasqua partorì.
E lu giorno della festa du punte, che era lu salario, babbo andette a Camerino in
maternità a trovà mamma.
Alle 5, alle 4 e chiccosa, partì per ritornà a Pievetorina a piedi, non è che mica c’era le
corriere…
In questo framm, po’ di tempo, zia Tomassini andette a trovà mamma e domannò lo
professore, dice: “po’ mangià un tantino de pizza de Pasqua?”
Dice “si, che oramai so sei giorni – dice – un tantino la po’ assaggià”.
Parte da lì e per dire do sta il cinese, do sta lu cinema, stava de casa lì, sta vicino, no?
In questo mentre le ostetriche c’avevano la libera uscita, nelle quali a questa gli avevano
nascosto sto scialle. Cerca lo scialle perché alle 5 doviano scappà, cerca qui, cerca là,
quell’altra rideva, chiappa questa qui: bum!
Una botta, batte su lu lettu de mamma che stava a da il latte a sta figlia: more.
Eccote lo direttore: “Mha! Che avete fatto?” Dice “mo ve mettono dentro, vene li
carabinieri, mo vene qui, vene là, e… c’è da piglià subito un carretto de questi qui. E
vanno a chiamà questo che c’avia sto cavallo, dice: “famme un piacere… vedi che c’è così
e così…” se chiama Neno se chiama.
Và giù: era arrivato alla Muccia, era già bevuto un quarto de vino laggiù.
Dice “Neno…” dice: “corri, vene, monta su” bene o male me fai montà su, ma non da
beve… Montavo su, quellulì andava verso Camerino, “ma – dice – io devo annà a
Remigio Matteucci 5/5
136
Pievetorina.”
Dice “tu ce vole che veni su perché ce vole che te dico devi venì su a Camerino. E’ morta
tu moglie!”
“Ma come è morta? Vengo giù adesso…”
Annette su, lu direttore glie disse: “sta a sentì, co se levatrici, quelle che sò state,
metteteve d’accordo, se c’è l’accordo, sennò ce da chiamà subito li Carabinieri.”
Detto fatto.
E allora se dovette mette d’accordo co sa levatrice.
Pigliò una sorella mia più piccola “eh, mi dai quella…” e dopo lu restu, quessa che è nata,
la mandò da un’altra che aveva partorito a Fiordimonte.
E io rimasi solo.
Goffredo stava a imparà a fa il gualzolaro.
Eh, quillo che… non c’avevo dimora, ero io, lì casa si, ma la casa allora era aperta a tutti,
mica rubbaveno niente lì, e così… per carità.
Non ho più… ho rivisto babbo a 6 anni e chiccosa, era rvenuto dalla Grecia, era stato
dopo in guerra perché venne un ordine che lu Re c’avea troppe misura e allora tutti quelli
de quella misura faceano tutti lo soldato.
Fernando: Un metro e 56.
Si. E quando arrive questo, non lo conoscevo no io, c’avio du anni… ma poi non l’ho visto
più. Non l’ho visto.
Quando stava lì per venì oltre, gli scapaccioni… è vero…
E allora tre anni, quattro anni, poi iniziai a fa lu barbiere da Basetti.
Fernando: Da lu nonnu de Ludovico.
Si. Erano du fratelli, du sorelle. Uno abitava lì sopre, casa de lu prete, lì la piazza, quella
che hanno buttato giù, e quillaltro alla Muccia. Senonchè dopo c’aveva st’altro Fernando
perché era tubercoloso, lu medico Marchetti li ha messi su 4 o 5 stanze a Lecentare e
questi li teneva lassù. E gli dava quello che gli dava a magnà, du ceci di roba… però morì,
morirono perché erano 6 o 7. Capito? E così rimasi solu. E ho …
Fernando: Imparasti a … Te cuminciasti arrangià da solo.
A cucinà, no?
Fernando: A cucinà.
Cucinà.
Fernando: E allora cucinasti pure per la festa, là…
Mha, domandavo a tutti quanti, dico, “tu fa così, fa colà…”
Eh, li fasoli … duri li sapeva coce…
Fernando: Eh, si, li fasoli…
No… eh, commè io ho imparato anche a legge e scrive perché alla sera io, non c’era da fa
niente, la luce lì la bottega ce l’avio, c’avio da legge c’avio tante cose s’impara…
Fernando: A scuola sei venuto qui, Remigio?
Si.
Fernando: Da quale portone entravi, da questo o da quello de dietro.
Quisto de dietro. Non ce fossi mai entrato l’altro là…
Fernando: Perché lì sopra che classe c’era: quarta e quinta qui?
Iqqui c’era la terza e la seconda.
Fernando: E di là, quarta e quinta.
Quarta e quinta.
Fernando: Co chi sei andato a scuola, da qui?
Dunque io andavo prima da questa Cafurri, cattiva.
Fernando: La Cafurri, c’ho la fotografia.
Era una bestia per me.
Kai: chi era?
Fernando: Dunque era la suocera, era la suocera di Raffaele Bellanti.
Kai: ah.
Fernando: Ti prendo la fotografia.
Kai: si, si.
Sta… Avevo fatti du sbagli… una virgola, de qua un’altra cosetta, da rivedè…
Questa è la maestra Robbi.
Remigio Matteucci 5/5
137
Fernando: La maestra Robbi. Questa la Cafurri, la maestra.
Brava questa.
Kai: si.
Questa era Toscana.
Fernando: Questa è la sorella è?
No. Questa è… ma chi se lo ricorda più.
Questa è la Marini.
Kai: quello?
Cosu, lassù…
Kai: Marini la sua famiglia?
Fernando: Non lo so.
Marini, de Selva.
Fernando: Ah, de Selva Piana.
De Selva Piana.
Fernando: Ah, questi non è … E’ una famiglia Marini che abita quassù a Montecavallo.
Na biocca.
Fernando: Na biocca.
Manco; no, no perché non era la biocca, questa era proprio de Collattoni. C’aveva lu figliu
che s’era girato un po’ di testa, era geometra, gli ho fatti a lui i capelli io.
Fernando: Questa chi era?
Questa… eh, mo ce stanno… questa è de lu commendatore.
Fernando: La moglie del sindaco Silvani.
Si. Questa e de lu segretario.
Fernando: Ah, la moglie di Marco Palmieri?
Ma chi è sta Palmieri?
Fernando: Di chi?
Quisto… nientemeno lu Fernando di questa ha sposato una nep, è lei Giuseppina, mise in
cinta, e via. Poi questa è … Taccari. Questa è la maestra Scocci.
Fernando: Scoccia.
Scoccia.
Fernando: Ah, questa è la maestra Scoccia eh? Ah…
Kai: e questi sono tutti insegnanti? Che cosa sono?
Fernando: Questa è la maestra, questa è la moglie del sindaco era, d’allora, questa,
questa era la Cafurri, la suocera di Raffaele, in pratica.
Kai: si, si.
Fernando: La madre della moglie. Questa è la maestra Robbi che stava giù in fondo al
paese, e questa è la sorella della Robbi deve esse questa qui.
Dopo ci sta questa, qui, erano due; la più secca era… questa, questa erano tutte e due
maestre.
Fernando: Ah, si? Eh, anche questa era maestra la Cafurri. La Scoccia pure era maestra.
Si, questa … perché era la figlia di un medico… erano.
Fernando: Si, si, si.
Kai: questa società è chiamata…
Fernando: Caritas. Questi facevano… La Caritas era quella che ancora c’è oggi, no?
Kai: si.
Fernando: So quelle donne che aiutavano chi c’aveva bisogno, chi c’aveva.
Kai: si, si.
Fernando: La Caritas. Erano tutte le famiglie più benestanti che facevano… adesso,
mbhè, lo fanno un po’ tutte.
Kai: bene…
Fernando: bella sta fotografia.
Kai: questa è la fotografia di Caritas di quell’anno?
Fernando: Pressappoco del 1890 è?
Dieci, dieci.
Fernando: Eh?
Dieci.
Fernando: Del dieci? Chi m’ha detto 1890 a me allora? Chi m’ha detto 1890? Non può
essere dieci, eh? Te spiego subbito perché. Perché questa maestra che io c’ho il registro,
Remigio Matteucci 5/5
138
questa è morta nel 1907. C’è sul cimitero dove sta la fontanella ci sta la lapide de questa.
La Scoccia.
Fernando: La Scoccia.
Ha, quesso si.
Fernando: Perciò, se questa è morta nel 7, sta fotografia è di prima, no è? Questa c’è
scritto che è morta nel 6, 1906. E’ morta, sta la data, a 55 anni 56, c’è la lapide sul coso
c’è scritto qui giacciono…
Queste fotografie so del 1910.
Fernando: Ma se questa è morta, se questa è… Remigio, se questa è la maestra Scoccia…
Fernando: … Che so, questa già era anziana? Sembrava anziana? Perché allora sembrano
più anziane di quell’età che aveano, questa è morta a 54 anni, 55 anni questa qui. 56.
Sta su in quella fontanella su il cimitero vecchio, se vai su vedi subito la lapide, c’è scritto
“qui la sorella pose le spoglie…” sa come dicevano allora, no?
Allora sarà questa la Marini…
Fernando: Irene Scoccia si chiamava. [fine cassetta 3]
Remigio Matteucci 5/5
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Remigio Matteucci 4/5
Kai: Parliamo della banda. Quando cominciate a suonare?
La banda? 1922.
Kai: 22. E come hai imparato a suonare?
Si, era li primi passi che si facia. Metodo tutto… co il maestro, eccetera.
Mo, tutte le sere annavamo giù e facevamo una partitura, tutte ste cose.
Kai: il maestro da dove… chi è stato il maestro?
Maestro Passini di Camerino che allora venne a formà la banda a Pievetorina. E lì dentro
due anni fece sonà sta banda e per sonà dovevamo andare a piedi su verso il
camposanto, messi inquadrati e poi tu, tu, tu, e facevamo la marcetta.
Kai: quanti ci sono? Quante persone ci sono state?
Eravamo 26 o 27 allora.
Kai: ah, bene.
Eh, era l’inizio e insomma fu fatta una gran festa e…
Quelli due anni, c’era una canzone fatta di canti, di suoni, di onori e d’amore, ci … la
musa, ci … nel cuore, l’amore dell’arte sia gloria, sia vanto, sia gloria sia vanto del nostro
avvenir.
Poi festeggiati in armonia questo bel giorno dell’allegria.
Questo bel giorno sempre darà amore e gioia e felicità.
Kai: bello! Grazie. Molto bello.
Quant’anni è che la so e tutta la marcetta pure… è la questione che…
Da lì alla sera commendator Silvani ce portò una damigiana de vino e altri ce presero 22
chili de pasta.
Kai: si.
Rigatoni, poi erano belli grossi. E così… facevamo tutto da noi: acceso il fuoco, metti il
caldaro, fa lì… ogniuno se doveva portà il piatto, la forchetta, tovagliolo, eh, perché non
c’era sul teatrino… fu messi li tavolini, dopo fu fatto lì. Ma la pasta era tanta!
Kai: si, e tutti questi sono stati…
Tutti musicanti.
Kai: si, si.
Ma, quando è stato in ultimo, la pasta non c’era più.
Kai: si, lo credo. Quali strumenti c’erano? C’erano tromba…
27 musicanti: chi la tromba, chi il basso, chi il sassofono, chi uno o l’altro erano tutti
misti e allora… io suonavo la cornetta.
Kai: si.
Ma ero ragazzo, sta cornetta sfiatava dappertutto perché era vecchia e allora con il
nastro isolante attappavo tutti li buchi!
Kai: bello, bella.
Passato questa festa annassimo a sonà a Preci, sotto Visso, giù a Preci.
Kai: ah, si.
E quando che c’era la messa, io invece annà a sonà dentro la messa, aggiustavo sta
cornetta, attappavo tutti li buchi, perché senno non potevo sonà…
Kai: si, si, si.
Una signora me disse: “ma che fai?” … c’ho la cornetta, ma sfiata… “ma davero?”
Eh, dico: “si, è vero.”
“Vieni un po’ là casa…” me disse. Vado là a casa… “Mettete seduto.”
Me metto seduto, po’ va de sopra. Viene giù, apre sta busta, c’era dentro la cornetta del
marito che era mortu!
Kai: ah!
“Vedi un po’ se sona questa.” Me disse… “Altrochè se sona!” Dico, … però mico gli ho
detto, me la dai o non me la dai, niente. Eh, piglio, suonai un po’, poi gliela rmisi lì.
“Pigliala, no?”
“Eh - dico – dopo chi la rporta su da Pievetorina?”
“Te la regalo.”
Kai: bene.
“Sonace, sonace”
Kai: suonava?
Remigio Matteucci 5/5
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Si. Tutti l’anni m’aspettava sta signora e tutta contenta quando che vedeva, vedeva se
c’ero io…
Kai: si, è vero; molto bello.
E allora gli ho voluto sempre bene.
Ce so annato anche in bicicletta a trovarla! Eh si, perché meritava.
Chi me l’avrebbe data mai? Era una tromba nuova.
E così da allora siamo stati sempre amici co sta signora e ho sonato sempre.
Poi cambiai strumento perché ce bisognava del si bemolle, che non c’era. C’era, ma
sonaveno l’accompagno; qui ce voleva uno che cantava. Ecco, vedi io come sta la
fotografia? Eh, so che de quessa, ma la detti a mi figlio, dopo fece una brutta fine perché
quando li piglia li figli poi, ma io la tenevo bene, certo isso dopo c’aveva quella e
comodavo quessa, ma me toccava sonà sempre…
Kai: si.
Perché chi sonava, semo stati a Roma a sonà e a pranzo c’hanno portato dentro una
trattoria.
Una trattoria quel giorno non volendo sposava la nepote del padrone de sta trattoria e
allora venne oltre ce lo disse, dice “ve ce incontrate male perché c’ho li sposi, c’ho così…”
Si? Allora dico imo lì a piglià co la tromba: pa, pa, pa pa…
“Ma chi ve c’ha mandato, diceva…”
Kai: bello.
Questi non… questi sposi co sa banda … ce mandarono quattro bottiglie de liquori. Ma già
lo bevevo… metti là che ne lu caso, paghi, verrà il tempo, avoglie, per quando che
finisce, e mentre che stavamo illì a sonà, il padre de Umberto, Umberto sarebbe stato
oramai un maestro, provvisorio, così tra musicanti, però stava laggiù, c’aveva preparato
una porchetta!
Ce lo disse dopo del pranzo, intanto noialtri avevamo scritto a sti parenti, e tutti so
venuti la su sta trattoria … tutta una festa era… eh, era le quattro ancora stavamo a
tavola.
Quando sono stati lì, dice ce sta la commissione de Roma che è venuta pe vedè la banda,
perché dovevano mette su sta banda. E allora c’hanno chiamato, dice “cogli bene” e simo
fatti noialtri 3 o 4 sonate. Messo lì dice “c’è la porchetta!”
A mò chi la magna?
Io non la magno, … c’era sto nepote, ce dette l’idea, dico “va a piglià…” vene su co mezza
fila de pane e tutta la porchetta: “ma che te la magni quessa?” “ah, no? eh, che la
butto?” eh, ma come la butti giù.. Di tutti sti musicanti dopo, tutti quanti hanno pigliato
quella fila, c’hanno messa la porchetta, e la porchetta era bella che finita. Dico, ma che
ce fai dopo? Perché da Roma dovevamo venì co la corriera qui, eh, ce sporcheamo pure,
dice, ma che glie fa se te sporchi, dice, domani ce faccio spassà si porelli…
Kai: come?
Ce faccio spassà si monelli, sti figli che gli portava la porchetta, dice ce li faccio spassà…
E così fu una festa e ce regalò una, come se chiama, una mortadella coscì lunga per uno,
ce regalò.
Contenti della festa che amo fatta. E così tutte le feste annavano a finì in gloria.
Quando è stato che all’ultimo c’era da pagà lu conto, e allora stu conto chiamamo il
direttore, ma erano venute sette bottiglie de liquore, tutte c’aveano mannato gli sposi.
Ma mo che ce facemo noialtri? Allora lo direttore disse: “sta a sentì, me le ripiglio io, no?
e ve levo un tot sulla spesa che dovete pagà…” e fu così, imo fatto… non è venuto niente!
E tutte queste feste, eh, io ce tenevo.
Poi dopo l’avevamo messa Tolentino, Pievetorina e Camerino, la banda. E io troppo è
durato così.
Kai: si, bene. A che anno?
Che anno? Eh… sarà sempre 30 anni fa.
Kai: si; continuava così per tanti anni?
Si, e tutti contenti era! Perché Pievetorina c’avea tante chiamate. Quelli di Tolentino non
ce l’avevano. Questi de Camerino peggio, erano 7 – 8 e l’avevamo allacciati tutti e
venivano tutti quanti contenti, certe merende, certe cene, pranzi. Eh, era una festa, era
una festa, era. Madonna.
Kai: quando io arrivai a Pievetorina, l’anno 57, c’era ancora una banda, mi sembra.
Remigio Matteucci 5/5
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Come no!
Kai: si, si.
Eh, del 23-24 c’era la banda, e così…
Kai: adesso ancora c’è, ma non suonano…
Spezzata.
Kai: spezzata.
Spezzata. Perché devono fa 5 -10 musicanti qui, altri Camerino, altri Castelraimondo, eh,
tutti quelli che stanno… anche che sonano co l’orchestra, lo sassofono, quello che è,
vengono a sonà tutti perché pigliano quelli quattro sordi. Ecco se commè la questione.
Noialtri…
Kai: ricordi ancora qualche canto che per esempio tu vuoi cantare?
Sonate?
Kai: sonate, cantare.
Cantare no. Roba religiosa. Noi avevamo allora che s’annava a sonà allora, eravamo 6 o
7, famo tutti il coro, allora se cantava, eh, coi li preti toccava cantà, senno dopo che
cantavi…
Kai: suonavano e cantavano qui alla messa qua in Pievetorina?
Dentro la chiesa ho suonato.
Il primo che avemo portato via, chiamò la banda, abitava sopre lo camposanto, quella
casa su, Lucarelli, e così volle la banda.
… un giovanotto, e allora aveva lasciato detto, da lassù a venì giù qui, po’ a ritornà su, e
allora du lire, eh, era tanto, du lire a musicante, però non c’avevamo la marcia funebre,
allora toccò piglià a tempo de valzer!
Kai: si.
Invece della marcia funebre… dice che lo portate via con la marcia… che risata… però ce
fece comodo.
Kai: …e allora tu hai detto che tu sei stato un attore.
Eh, si.
Kai: quando e dove.
Pievetorina, però anche fori.
Kai: anche fori?
Anche fori, si.
Kai: che cosa, chi era, di che teatro era?
Venanzo Marzili e Tullio Taccari nel 1915.
Io la parte… C’era Taccari, su alla Rocca, che la figlia fa le iniezioni, Pupetta glie dicono, e
allora era bravo attore, però tutta la parte sempre de li figli, io si l’ho fatto de li figli, ma
non mi piaceva, mi piaceva a ride, a scherzà a fa tutte ste cose, e no, imo fatte
parecchie, tutti drammi. L’ultimo è stato quattro atti e l’avemo dato anche a Pollenza,
fore ne avemo dato. Poi avemo fatto quello che era nominato Rold o il demone del
danaro. Poi c’avemo fatto cosu, e li, non me ricordo…
Kai: hai fatto Shakespeare?
Remigio Matteucci 5/5
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Questa è stata, tutti scolari, scolari era tutti, ritornavano a casa perché s’erano laureati.
L’addio giovinezza. Fu fatto st’addio giovinezza e l’avemo fatta de fori, du volte, la
facemmo qui, e poi l’avemmo fatta fori.
E fori, come s’è portati, certe cene. Tutte a cena…
Infatti su questa c’aveano fatto la satira, dice: “li soldi della beneficenza se li so iti a
magna a Pollenza!”
“C’era la Rossi col cappello, no col mantello e Genoveffa col cappello, po’ tutte le giostre
anche di questi qui, quando venimmo trovammo tutto … eh, che vo fa?
Io, fatta la commedia, lo dramma oppure l’altre cose, faceo sempre la sortita prima che
fosse finita la parte perché intanto s’aggiustava il teatro. Facevano qui, là, io…
Kai: il teatro era qua? Su…
Si, anche questo, si. Uscivo, dice: “Matteucci Remigio… - oramai … - la poesia di
Trilussa!”
Uscivo e spettavano sempre a me perché io so stato un lettore di Trilussa: non l’ha
sentito dì mai? Eh, Trilussa era qualche cosa… bravo. E c’aveva tre volumi grandi,
Trilussa.
Kai: chi era questo?
A Roma,Trilussa.
Kai: Trilussa, ah si.
Oh, il quale una era le storielle di Trilussa, poi la storia di Trilussa, e poi dopo c’era
quill’altra de li signori che parlava, ma de quelli io li leggevo poco perché me piaceva più
de fa ride… infatti ne posso cità qualcuna.
Un somarello d’una stalla diceva alla cavalla: “ma dimme un po’, te pare giusta la moda
d’agì di sto padrone? A te te sfiora appena co la frusta, e con me adopera il bastone”.
“C’è un motivo, perché l’uomo ricorre al potere … per esempio per far ubbidire a me
basta un fischio, niente, e tu che sei somaro e sei paziente, ce vo un tortore che t’arriva
all’ossa!”
Kai: bella.
Ai voglia, te dirò saltre…
Kai: ci sono altre che tu ricordi?
Avoglia.
Un cane lupo naturale. Un lupo e una cagna. Fu preso da un mercante de montagna e lo
mise de guardia in un casale e lì conobbe una pecora e ogni tanto gli raccontava der
tempo ormai passato.
E gli occhi gli si empivano de pianto: “te vorrei fa conosce mamma mia, se la vedessi, è
la cagna più bona che ce sia!” Spesso me fa le prediche e me dice “se vuoi esse felice
tratta le pecore come sorelle e Dio che vede e tutto ricompensa … ogni buona azione.”
“Beeene - sbelò la pecora - tu hai ragione, ma tu padre che ne pensa?” Del lupo…
Kai: bello, molto bello. Ci sono altri? Racconti una e poi basta… si, si. Allora.
Una lettera anonima fra le tante fu quella d’aprì l’occhio al professore.
C’era scritto: “pregiatissimo signore, c’avviso che sua moglie c’ha l’amante e se vo le
prove d’esse cornuto, torni a casa alle 7 e la saluto!”
Dice: “mò come ho da fa per non passà da scemo… Stasera, no perché me sento male aveva pigliata la lettera - domani, martedì ho un altro affare, passato domani, mercoledì
c’ho una cambiale, giovedì… vendicherò l’onore giovedì!”
De fatti il giovedì tutto d’un botto, ritorno a casa verso una cert’ora e vidde dar buco la
signora abbraccicata con un bel giovanotto.
Per conto mio li lascerei tranquilli per farli spupazzà come ce pare, ma per l’occio del
mondo no!
Ecco l’affare! Anche per punto d’onore ecco il bus illis! Ma secondo me sarebbe
necessario de mette tutto quanto ar commissario. Noo? Se la metti l’amor proprio in
polizia, è peggio!
La caccio. Poi, se la caccio via, me tocca pure mantenella!”
Niente. Pigliò la pistola, sparò, ma la botta invece de acchiappà quella vassalla, pigliò
sotto la coda una cagnola…
Kai: sotto la coda di una?
Remigio Matteucci 5/5
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La cagnola, la cagna, cane.
Kai: ah, capito.
Sotto la coda una cagnola che per esse fedele a tutte e tre, stava accucciata sotto un
cane per …
“Ah, te le pigli co mè? Brutto assassino che…”
Dice “quando… se lo sa il presidente delle bestie, caschi i figli, ti condannino, c’ho gusto,
un’altra volta me darai più giusto!”
Kai: bello, molto bello. Come ricordi bene! Che memoria che hai, che memoria che hai.
E’ una memoria che non finisce.
Kai: è bellissimo. Si, si, si.
Mentre me magnavo er solito pollo, er gatto, er cane spettavano la mossa dell’ossa che
buttavo dentro ar piatto. Ed io da buon padrone, facevo a ogniuno la porzione senza
nessuna disparità.
Quando che el gatto vide che non c’era più niente, era finito, se stiracchiò… po’ “ndo
vai?” gli fa il padrone?
“Eh, ho visto che hai finito, vado via.”
Invece il cane stette lì, scodinzolava, dice, me saltava addosso, me rliccava come un
francobollo, “meno male – glie dissi – che tu rimani.”
Si, co la speranza che domani te magni un altro pollo!”
Kai: ah…. Molto bello, molto bello, si, si. Chi ha scritto questi?
Trilussa.
Kai: ah, bene, bene.
Eh, ma io ce … questi libri… li figli m’hanno portato tutto… madonna mia.
Kai: quanti figli hai?
Eh, c’ho 13 nepoti.
Kai: 13?
Nepoti.
Kai: 13 nepoti, ah, bene. E tu ricordi Ugo Marini?
Oh!
Kai: come era?
Ma come era… era bono, stava lì…
Kai: lui faceva tante cose in Pievetorina.
Si tante, ma c’avevamo dì perché io c’avevo 6 figli e lui pure non se portava male e allora
tra questo e quello e mamma mia loro con me c’aveano la terra su lo contadino c’aveano
qui.
Bhè io invece non c’avevo niente, io dovevo lavorà. Ma ce semo voluti sempre bene.
Sempre. Per carità.
Ma cera Mario, Ivo… quell’altro figlio che mazzarono … insomma.
Kai: era … Gabriele; è morto.
Si. Eravamo come tutta una casa, perché glieqqui era coscì.
Noialtri che stavamo qui e l’altri erano contadini e era tutt’un altro lavoro. Madonna.
Po’ a me me davano da fa perché de fresche ce n’avio tante per la testa… e allora co
l’affare Trilussa se venivano dentro la bottega… “se me racconti una storiella de
Trilussa…”
E daglie. E tutti.
Fui premiato dalla Cassa de Risparmio.
Kai: chi era?
Io.
Kai: si.
Vinne l’addetto della banca e portò sulle scole un quaderno de numeri ed una a righe e
un foglietto de carta assorbente; ogni scolaro.
Mentre sta lì… ce ne voliano trovà de quaderni per noiartri… solo che… però, la maestra
ce disse: “c’è una poesia … l’impara per lunedì… chi la recita bene, c’è un premio, un
libretto della banca de 10 lire.”
Kai: mamma mia!
10 lire. Eh, quando me disse de 10 lire aggià avevo cominciato… perché c’era da rcopiarla
sulla lavagna e poi l’ha letta, ma io come memoria non me mancava.
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Kai: si, vero.
E allora “vado su e mò glie la dico” ma è …
Kai: non capisco perché qualche cosa sta … va bene…
Lisetta e Cesare, so due fratellucci, in dialetto, tanto simpatici e tanto carucci.
Kai: cantare così. Si.
Allu catechesimo, sarebbe stata la cresima, la comunione, allu catechesimo se so fatti
onore, lu ziu canonico, omo de core, a ogniuno per premiacci, dieci lirette, a ogniuno gli
diede dieci lirette, perché…
Kai: lirette cosa sono? [fine cassetta 4]
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Remigio Matteucci 5/5
[suono di campane]
Basta?
Lisetta e Cesare sò du fratellucci, tanto simpatici e tantu carucci.
A lù catechesimo se sò fatti onore,
lu zio canonico, omo de core,
per de su aver pragito ad ognuno riedette, per premiacceli, dieci lirette
n’a carta luceda bianca e turchina, da rimerasse la sera a mattina.
Lisetta egone, ma non ce se spassa, e curri portendo la sulla cassa
E presentendose sullo sportellu, disse: “rapratemi un librettellu”.
Lisetta corre da lu fratellu, corre a mostrargli lo librettellu,
e quillo zingaro de bardasciasciu, responde in sale su li rittaccio:
Sti dieci stillizzere, tante marelle, serve a compracce biscotti, mannole e pignaccate.
Sai che do mi stò lo molu fottutu,
dentro una scattola do c’era stato lo squisitessimo caso argentato,
ma la domennica glie venne voglia de jì a comprassece una pasta sfoglia.
Spiritatissimo fa la scoperta, la scarabattola era roperta!
Dentro un batuffulu de strigaticciu, tutto strighemojo come pagliccio,
che quella misera carta stampata un boia de sore ce l’avia stroncicata!
Lisetta da lu frattellu corre a mostrargli lo librettellu, e tu riazzittate, perché ce piagni?
Meglio se triboli che resparambi!
Meglio se tribbuli a jì su la cassa, fà li depositi che frutta e ingrassa!
Sta sicurissimi, rentre non scappa e non c’è li surci che se li pappa.
Kai: ah, ah, bello. Molto bello, si.
Questa, mo quando la sente la signora che…
Kai: si, si …
… che scappa … tutte le fresche…
Kai: si, si …, allora qui a Pieve, com’era la vita sotto i fascisti? Come… c’era…
I fascisti? Era la questione che c’erano quilli pro, quilli contro, quilli che non glie ne
importava niente.
Kai: si, certo.
Ma io con l’affare che stavo sempre qui, per questo, per quello… e venivano sempre a
chiamà a me. Perché una persona pronta per parlà, per dì tutte le fregne, non ce stava.
E allora Remi, Remi, Remi.
Dopo cera quelli che non capivano lu motivo. Ma che si fascista, che te parra? C’era chi
c’avia fatto la camicia nera, chi la comprava… te dava la camicia nera. Po’ dopo te
chiamava, te faceva qui… e in paese toccava farlo, non è che stavano fuori, eccetera…
E dopo c’era gli Anarchici… gli Anarchici, ce n’erano tre poi terribili, che sto parroco che
stava qui allora…
Kai: chi era?
Cristallini
Kai: Cristallini, si.
Era 15 lire al mese che si dividevano 5 lire per uno al mese, quilli tre. Un bel giorno
annamo su, era un prete bravo, … e il pane… e al sabato c’avea tante pore famiglie e glie
faceva il pane.
Sannava là, mezza fila de pane, tutti quanti. L’ho pigliato pure io, allora, in tempo di
guerra.
Dopo quando che fu nel 1923, … andassi co uno… “hanno chiuso la chiesa!” Ma chi?
“Hanno messo tutta una sbarra di ferro co tutte vite…”
E mannaro via sto poru Cristallini. Era bravo, era un bravo prete.
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Però la serra diceva sempre: “ma non glie li danno sti sordi, ma chiama li carabinieri, no?
Fa così”
Invece lui non ha voluto, non ha fatto del male ne a questo ne a quill’altro.
E’ andato via senza nessun rimpianto. Dice … via!
Noialtri c’ha fatto male a tutti.
E così venne questo Don Pietro da Serravalle, bravo prete giovane, e allora cominciò a
cambià tutta la tonalità della chiesa e quel giorno suonassimo … e dopo che fu…
Pure i fascisti de Casavecchia, chi la voleva d’un modo… e questo poro Nino, che c’ha lo
figlio generale che sta a Roma adesso,
… allora glie disse: a me mè compare, io non glie posso dì niente, diteglielo voialtri, no?
E dopo ce fu… ce andette de mezzo issu, … tutta roba… no di Pievetorina, di Casavecchia,
vennero da fuori e vennero apposta per la cagnara.
Kai: per la?
Cagnara.
Kai: cagnara, che cos’era?
Cagneroni, tutti quanti, da noialtri se dice cagnara quando che chiacchierano tanto.
Kai: ah, ho capito, si.
Io so stato fine a tempo de Badoglio, so stato, e … dopo, anzi, Fausto…, dice… ma una
fotografia, pensace, no? Anzitutto scrivi al Tempo. Giornale. Te fai mannà… ce stava
tanto bene sul giornale e tu te lo metti su un bravo cartone e c’hai… invece non ha fatto
mai niente, non è capace.
Eccoci, e allora la guerra qui… tutti semo annati via. E dopo chi stava qui, chi stava là,
chi… era rimasta spoglia Pievetorina. E qui che c’era tutti tedeschi, tutti la polvere se li
portava via tutti, li carri armati, i cammi eccetera, era arta, per carità, tutti impolverati.
Andavo, c’era Vittorio Mazzolini…
“Venite, mettemoce qui” do?
“Là la piazza, lì dietro a quello muro…” dice “mò passa…” io parlo tedesco, no?
Come dicono loro lì, glie dico de annà là, per tutta un’altra strada.
“Lascia un po’ glì, Vittorio, dovessimo pizzicà…”
E dopo ce parlò italiano… cominciammo a ride, ma che gli dici… gli è tutti misti, che ce
capisci se so italiani, se so tedeschi, se so quello che so.
Insomma avemo sbaraccato via, meno male, ma lo più è stati li fascisti. Terribbili.
Io ero uscito dall’ospedale e me vennero a menà. Ma che avevo da fa io? Non faccio
niente perché … allora la Giacchini, la pora Peppina dice “ma che stai facendo?” Ah,
questo così e così … guardate… dopo lasciarono perde, ndettero via.
I Tedeschi… stavo a fare la barba e li capelli a Antico, su quello… se vede, e dice
“Annì, me fai li capelli?”
Era la mattina, li ho messi sulla porta e gli feci li capelli e la barba, ecco che du tedeschi:
“Bravo barbiere” parlava italiano… “com’è che non stai giù a Pievetorina?”
Dico, co sta polvere…
Kai: dico che cosa?
Co tutta la polvere che facea…
Kai: si, si.
Dico, non se po’ sta, non se respira e allora dico c’ho qualche affaruccio così, anche che
rimedio qualche cosa.
“Ma ora te lo faccio guadagnare io. Ora vieni giù al casale…”
Quanti so, e non lo so quanti sono, dice, comunque, e dico allora mando a chiamare
quellu ragazzu che stava con me e difatti lo andetti a chiamà a Roti e zio venne giù
subbito, andassimo cinque giorni laggiù, ma li facevo tutti.
Me pagarono, bene. …
Mò quando vene la sera dico: accompagnateme un po’ su, tante volte me dovessero
tirà… qualche brig… non se sa mai.
E allora niente, tutto quello che è stato è lì. Ce pigliai qualche cosa, per carità…
Remigio Matteucci 5/5
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Ho lavorato sempre tanto…
Kai: si.
Anche gratis.
Kai: si, si.
Te dico una battuta.
Sta famiglia co sei figli per quattr’anni gli ho fatto barba e capelli a tutti. Non me dava
mai niente. Pigliai, li citai. Citai e gli dissi: “è ora che mi dai li sordi”, no? Io devo esse
pagato, ciò sei figli. Allora lo giudice glie disse, dice:
“dovei chiede prima perché adesso è passato de coso” … ma perché?
“Si, si,” dice, “dopo due anni non li poi chiede più.”
Ma come li posso…? Ho lavorato, gli chiedo, però non te li dà.
Kai: terribile.
Lo dovevi fa prima. Ma, adesso se io e lei ce mettemo qui, io faccio qui e faccio là, po’
quand’è per ultimo me dice “non te pago”? … Non può esse, no? Non m’ha pagato più.
E così tante cose…
Kai: incredibile. E questa famiglia chi era?
E da qui, un contadino.
Kai: ah si. Che tipi.
Eh, caro mio… “Il tuo feriolo” disse “è passata de prescrizione.” Ma ch’è passata?
Kai: prescrizione?
Si.
Kai: che cosa?
E’ passato, de prescrizione.
Kai: ah, ho capito.
Dice tu non puoi chiede più li sordi. Ma che c’entra quesso?
Kai: che c’entra, si.
Ma, da me … c’hai ricevuto? … tutte ste cose… non mi ha dato niente più.
Kai: spero che tu non…
S’ò morti, parte. Mha, s’ò andato avanti lo stesso.
Kai: si. E nel 43 dove sei stato?
43? 44, 44, 43…
Kai: con Mussolini …
Stavo con… a Cotrone.
Kai: si.
Stavo a Cotrone e stavo al comando. Stavo con i pezzi grossi. Stavo col conte Garulli, …
Conte Del Pero, e barone Garuccio. Principe de Re Umberto. Quindi era tutta … c’è stava
…
Un giorno mentre che scrivevamo li permessi per Pasqua un … me disse, dice:
“prendo la penna tua perché ce scrivo tanto bene.”
A me non me importa niente, io faccio meglio con quest’altro… avoglia se quante ne
scrivo… e via. Quello s’era alzato su, s’è rgirato…
“La penna l’hai vista Remigio?” No. Cerca, cerca la penna stilografica … non c’era più.
“Che ce vuoi scommette che quelli che hanno pigliato lu permesso, uno se l’è portata via?
Adesso andiamo giù … (ma so due chilometri) alla stazione”. Dice “annamo giù… la
perquisizione, …”
Signor conte, dico, io quando dovemo fa sto lavoro, chi l’ha pigliata sarà stato un
lazzarone, però penso la moglie e li figli che aspettano il padre.
C’ho sa questi quanto aspettano mentre quessu è stato un lazzarone.
Era meglio de levalla a isso che danna un’altra doppia alla moglie.
Me guardò, sorrise e po’ va dal Maggiore, là… “do sei stato in permesso Remì? A Natale,
adesso, insomma a Pasqua, Natale …
Kai: si.
Madonna… ne riparlamo… ridea…
“Senti Remigio…ho trovato.”
Trovato?
“Te mando in licenza: 15 + 5!”
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Eh, dico io, … l’accetto! Basta che non me rmanda fuori lo brigadiere perché quissi
guardano sempre. Piglia, va là, scrive no, eccetera, venne oltre … co lo timbro! E dopo il
dietro c’aveva messo: “Il fante Matteucci Remigio, mentre prestava servizio lungo
Cotrone, Cutro, ha speso tutti i bengala per fa fermare il treno, per non fa succede
niente, e per questo gli viene concessa … 15 + 5.
Dico… allora… prima di partì, una cosa: “devi annà” (dato che Cotrone, Catanzaro,
eccetera, 90 chilometri era) dice “tu vai su, fai spesa per il battaglione; prepari una roba
e po’ parti; passi de là invece che de qua.” Tutto contento vado su l’ufficio, me faccio fa
lo permesso, tutto quanto de quello che dovevo piglià e po’ insaccato tutto, messo tutto
alla stazione qua giù da piedi. Chiamo du sciarabballi, du carretti di quelli no? Grosse,
lunghe … caricato tutto su quelli, solito, e l’hanno portato giù alla stazione. 300 lire tutti e
dui. Io invece di passà lì, passo a Sant Eufemia la mezza, dalla parte de là, (ce vedemo,
ce se vede). Ecco la tradotta, tradotta militare, monto su… viene quissaltro: “Remì, cala
jù che c’è lo diretto!”
Io vado diretto, ma non co quello, co questo: che m’importa se ce metto un’ora, du ore
de più?
Questo è militare, ce sta… è tutta un’altra cosa: se ferma, se… So che parto e prima de
Napoli cominciamo a vedè tutte mele rosse: com’è l’hanno buttate via tutte?
Lu treno si è fermato… dice ma che hanno buttato via? Che ha scontrato lu diretto con
questo acceleratore …
Se jo dato retta a quillo, che aveo pigliato lu direttu… zitto, zitto…
So che pigliai 3 o 4 mele per terra … (calai giù poi le portai su) … andassimo a Roma e a
Roma pronto per Foligno. Foligno andavo giù a Castelraimondo. Castelraimondo venni a
Pievetorina, sonava la messa de mezzogiorno, de Pasqua.
Kai: si.
“Ma come si venuto?” Ma come so venuto, che te dispiace?
“Ma tu, ma per davero?” Ma come per davero, non me vedi?
E allora je dissi quello che era, a mì moglie … dice mo Pasqua che gli fa se le pezze non ci
stanno o non li fatte davero?
Pure ju la caserma, me firma la licenza, dopo mezzora a rieccote sto carabiniere: “ce vole
che vai su che te vole lu comandante”.
C’è so stato no?
“No, no, ce vole che rvai su!”
Vado su, dice: “mica te spetta la licenza”. Perché?
“Perché tu ce sei stato a Natale. Hai avuto 15 + 4 e mò ce vole che aspetti quest’altro
Natale.” Ma no. Perché?”
La licenza del comandante l’ho riletta bene, come non l’ho letta?
Gira dietro … Buona Pasqua!
Kai: (ride) allora, quando hai cominciato questo lavoro con queste navi? Tutte queste
barche?
Ero giovane, ero un diavolello.…
Io so rimasto un po’ sordo da quest’orecchia per dormì fori, perché era i
bombardamenti… dico qui c’è tutte casermette, qui te bombardano, io… mica guardeno…
allora …
Kai: dove era questo?
In Calabria.
Kai: Calabria si.
Si perché questa era una truppa destinata all’Egeo.
Kai: ah, si.
A Rodi. Dovevamo jì… po’ non è partita più…
E allora, dico, quand’è stato, il 7, io ero rientrato, ma non m’ero accortu, m’ero assordito
un po’, perché da questa ce sento bene, e tutto un minuto zompavano via tutti, parevano
matti: ma che c’è?
Te rarriva la carretta della spesa de li militari, croc croc croc, glia facende così, non porta
niente, difatti, … i Calabresi aveano svaligiato tutto, tutto!
Mo, eccote che viene, dice: “mi sa che è Santanchè!”
Santanchè? Mi metto io a posto … tutti … “A-ttenti!” faccio, me guardavano dice: “che è
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matto questo?” Quando videro, eccote Santanchè, c’era sette figli mio…, tostu era, …
allora pigliammo, gli diamo la cassetta per mettela sotto li piedi e ce disse, dice:
“chi è che strilla che è finita la guerra? Non hanno capito niente: se adesso avemo
sparato da questa parte, adesso da quest’altra, ce da girà il moschetto!”
Non cantava più nisciuno. Non se sentiva più nisciuno. E io so stato un po’ li, ma che fai?
Quelli venivano… i Calabbresi non so mica persone che ragionano, eccetera. E io me so
messo lì, eccoti che arriva un ufficiale, un altro, “ma che c’è da fa? Qui c’è da annà via”
Do se mettono questi che zompa, che salta, che brilla… non ce sta più nessuno …
“Dove sta?” Io sto nelle Marche. “Che c’hai?” La cassetta, io lu mezzo non ce l’ho, quindi
“procuratelo” dice “tu e vedi de andà nelle Marche.”
Semo partiti, eravamo otto, ma in campagna, da Cotrone c’era l’acqua, noialtri semo
andati tutti fori. Cammina qui, cammina là, madonno, bo, che… era una cosa un po’…
Camina lu giorno dopu, fortuna che c’era tutte piante de castagne, de sti tempi, erano
fatte, zitto un pò, … ce le magnevamo. Intanto camminevamo.
Quando che è stato a Lanciano, eravamo arrivati a Lanciano, … io per carità, …
“Non c’entrate perché è pieno de tutti militari, tutto un surbuglio è.” Lanciano sta qui,
noialtri avimo fatto su, su, dritto su, po’ avimo tagliato … madonna mia… semo andati
là… dice
“Ma lo sai do stanno?” dice “tutti a la montagna de lo Cippe.” Lo Cippe? E do sta?
Kai: lo Cippe?
Lo Cippe chiamato.
Kai: che cos’era?
Era un monte dei signori con tutte belle piante, grosse, tutte così. Allora con me c’era
rimasto uno de Norcia, dico: mo che famo? E ce semo messi da una parte per entrà.
“Chi va là?” Aglie! … militari spersi… dico e …
“Ce vole che andate giù dal capitano”.
C’era un brigadiere, un capitano de li Carabinieri:
“Da dove è lei?” eh, io so de Camerino; “ ah, si?” Quest’altro da Norcia.
“E allora prendete” perché lì c’era tutto per terra, tutto sparso, lenzuoli, scatolette,
scarpe, in quantità… c’era tutto per terra … e io dico, le porto … che ce faccio?
E questo alla fine, ce mettemo a magnà sta scatoletta che c’aveano dato, co lo pane, le
gallette…
Bruumm! E madonna… poi cominiarono a batte co la mitraglia… fortuna che quelli erano
fusti grossi, n’amo dietro, dico, me sa che semo venuti qui per la nostra, madonna dico,
mo che ce frega… so che vene oldre un ufficiale dice:
“voi ce vole che fate la ronda tutto lì al fosso.” Dentro lu fossu? Bè dentro lu fossu già se
staria meglio. Era mezzanotte non ce chiamava nisciuno, cominciava a sgocciolà giù pure
l’acqua: semo riscappati su. Niente.
Mettimo dentro a quella goccetta [registrazione interrotta]
Remigio Matteucci 5/5
150
Fernando Fulgenzi
Kai: nome?
Fernando Fulgensi. Classe 1923. So nato il 18 settembre del 1923.
Facevo parte delle truppe da sbarco 33° reggimento fanteria.
Kai: dove?
In Sicilia, tra Gela e Licata. Siamo stati lì per la preparazione in attesa di essere impiegati
in combattimenti.
Ma purtroppo questo combattimento è stato tutto un tradimento.
Io parlo chiaro perché facevo parte dei guastatori.
Kai: allora che cosa è successo?
Adesso che è successo: quando a noi ci hanno dato l’allarme per portarci in zona di
combattimento, ci hanno dato l’allarme con dieci ore di ritardo. Le truppe americane
avevano sbarcato tutto un grandissimo arsenale militare.
sbarco degli americani in Sicilia, approfondisci qui.
Kai: si, e dopo?
Dopo con gli scontri e coi combattimenti abbiamo dopo tre, quattro giorni, adesso non
ricordo bene, ma questo è il tempo, ci siamo ritirati perché gli americani sapendo che
eravamo italiani hanno attenuato, si sono calmati facendo i bombardamenti. Soltanto con
l’aereonautica, i B29 e bicoda 29, apparecchi da bombardamento. In quegli scontri io ho
perso … (piange).
Certo chi c’ha i mezzi vince la guerra. Noi non c’avevamo manco le gallette per mangiare.
Proprio ridotti a zero. Mussolini prima di fare la guerra, prima di allearsi con la Germania,
con tutto il dovuto rispetto, combattenti anche loro, però doveva farsi un viaggio in
America.
Dopo, combattimenti, ore, giorno, marcia, a piedi, fame, sete, disperazione, siamo
arrivati a Gela, nella provincia di Enna, ultimo combattimento.
Grazie a Dio io ho perso degli amici, Grazie a Dio io mi sono salvato. Però ho perso dei
carissimi amici del mio plotone. Perché io ero caporalmaggiore comandante squadra
guastatori. Ero per quella cosa lì. I guastatori, come sapete, facevano saltare i fortini, ma
però non c’avevamo niente, una disperazione completa: fame, sete, sonno, stanchezza,
c’ho tutto, tutto, tutto.
9 luglio, 10 luglio del 43 ci hanno fatto prigionieri i neozelandesi.
Kai: dove?
In Sicilia. Nello sbarco sono entrati in azione le truppe neozelandesi e ci hanno fatto
prigionieri. Io ho alzato le mani. So stato il primo a mettere bandiera bianca, non lo
nego, perché la pelle è pelle!
Signori miei io ho combattuto finché glielo fatta: non gliela facevo più. Mancava
Fernando Fulgenzi
151
mangiare, mancava vitto, alloggio, mancava tutto… medicamenti, ufficiali medici non si
trovavano: è stata una guerra di disperati.
Kai: e poi?
Poi ci hanno fatto prigionieri e ci hanno portato a Pachino, sempre in Sicilia, e ci hanno
consegnato agli inglesi. Gli inglesi ricevevano il mangiare dagli americani, attenzione che
questo è importante: ci davano il famoso pane americano.
Kai: si, si.
Allora questo per due, una pagnotta per ogni due italiani. Noi… vabbè. Invece gli inglesi
facevano una pagnotta ogni 4 italiani, il resto lo mangiavano loro.
Kai: mamma mia.
Eh, hai capito? Io ho dovuto dare ad un neozelandese che faceva la guardia, l’orologio
che m’aveva fatto mia madre per avere una borraccia d’acqua.
Kai: mamma mia.
Eh, quando poi l’inglese l’ha saputo m’ha fatto restituire l’orologio e l’ha vergato di
frustate, tante frustate gli ha dato. Non doveva fare. Ma quello era un inglese che aveva
poca coscienza.
Poi c’avevano messo sui treni e ci hanno portato a Schansì, in Algeria. Lì c’hanno preso in
consegna gli americani. Tra questi americani ce n’era uno che era bravissimo. Il
maresciallo Morello, italo americano e: “qua adesso in fila da mangiare per tutti!”
E c’ha dato da mangiare. Perché c’avevamo tanta fame, tanta fame c’avevamo.
C’avevamo solo 18 anni, 19 anni, tutti ragazzi, tutti giovani. Mussolini non ha mai capito
un cazzo, scusate la parola, ma non ha mai capito niente. Capiva di politica, però militare
non capiva niente. Era un caporale. Doveva seguire l’esempio di Hiltler, s’era messo,
Hiltler, caporale a lui e caporale la sua … è vero? Non mettersi i gradi da maresciallo
dell’impero, ma quale maresciallo dell’impero, signori miei, io ho sofferto fame, sete, …
(piange).
Kai: si, si… e dopo quello? Siete andati in America?
C’è, c’hanno portato gli americani. C’era il maresciallo Morello, per tenerci un po’ in
movimento ci mandava a raccogliere a pulire i fiumi in Algeria, a Shansì. E c’erano i
marocchini, perché erano i padroni, dopo gli americani erano i padroni loro del campo. Ci
prendevano in giro: italiani figli di mignotta, italiano questo, italiano pederasta… noi un
giorno l’abbiamo detto al maresciallo Morello: maresciallo questi ci prendono in giro, ci
dicono un sacco di parolacce.
Botte. Siete italiani? Si. Menate, poi venite da me. E un giorno abbiamo preso sti quattro
marocchini che … prendo respiro.
Kai: si.
Questi quattro marocchini, gli abbiamo dato un sacco di botte. Loro erano quattro, erano
armati. Noi eravamo otto, prigionieri. Otto prigionieri e così abbiamo dato un sacco de
botte. Abbiamo preso il camion che ci aveva portato e siamo ritornati al campo. Quando
ci ha visto il maresciallo Morelli, che è successo? Morello, non Morelli, Morello.
“Che è successo?” Così, così, così, gli abbiamo menato.
“Avete fatto bene.” Da oggi in poi fuori tutti i marocchini, le guardie marocchine. Qui
comandano gli americani. E siamo stati bene.
Poi un bel giorno dice: “ragazzi, si parte.” Per l’America. Per destinazione ignota.
Noi credevamo d’andà al fronte, giustamente, invece, invece c’hanno imbarcato in mare.
Mamma mia, pieno, pieno di navi. Mercantili, navi da guerra e vedevamo che su queste
navi c’erano tutti soldati americani.
Ci anno accolto … (piange) come fratelli, a braccia aperte. C’hanno dato da mangiare,
c’hanno… poi da Shansì a Orano al posto di imbarco, c’erano 15 chilometri da fare.
Io mi so dovuto incollare un nemic, un prigioniero, che poi non so che fine ha fatto, ci
siamo rivisti in Italia. Ho portato lo zaino, ho portato lui a braccia perché gliela faceva più
a camminare. Io purtroppo ho camminato molto, era allenato, e c’hanno portato a Orano.
A Orano c’hanno imbarcato la sera alle 10 per evitare che ci vedessero gli aerei tedeschi.
Perché aerei tedeschi bombardavano tutto quello che trovavano, distruggevano tutto
quello che trovavano.
Fernando Fulgenzi
152
A bordo abbiamo trovato … (piange) abbiamo trovato il comandante della nave, ci ha
assegnato le stive, mangiate e poi andate a dormire. Al mattino ci siamo svegliati,
abbiamo fatto la doccia con la pompa dell’acqua del mare e siamo partiti.
Partiti… c’è capitato un americano di origine fiorentina, bravo, bravo, bravo… (piange)
comandante, dove andiamo, questa è la strada…
“Andiamo in America, boni, tranquilli, qui c’è da mangiare per no un mese, due mesi c’è
da mangiare, però non sprecate il mangiare perché appresso a voi vengono gli altri
prigionieri.”
Dopo un mese di navigazione ci hanno portati, siamo sbarcati a Northforth (?)
Kai: ciao Maria.
Buon giorno signora, buon giorno.
Maria: stia comodo, stia comodo, non ti muovere.
Quindi ci chiamò il capitano americano, comandante della nave, “ragazzi, qui c’è da
mangiare per tanto tempo; un mese, due mesi, tre mesi, però non lo sprecate perché
appresso a voi vengono gli altri prigionieri.”
Le stive erano piene. Ad ognuno di noi diede una cassa piena di scatolame: pollo in
scatola, minestrone, caffè, tutto da mettere in acqua calda, caffè metti in acqua calda e ti
tocca a fa solubile.
Dopo un mese di navigazione siamo arrivati…
Ah, durante il viaggio in un’altra nave morì un prigioniero, famoso tifo petecchiale, che lì
si muore. L’hanno messo dentro ad una cassa, onori … (piange) e l’hanno buttato a
mare.
Ecco, questa è stata la guerra voluta da Mussolini.
La disperazione. Signori miei, quanta ce n’è stata.
Dopo un mese di navigazione arriviamo a Northforth nella Virginia.
Arriviamo a Northforth nella Virginia: prima di sbarcarci c’hanno fatto, c’hanno chiuso in
un tunnel, attraverso quel tunnel siamo entrati dentro i bagni dove ci facevamo le docce.
C’hanno dato saponette e disinfettanti; dopo il bagno si passava in un’altra sala. In
quell’altra sala c’erano i negri con, come si chiama, gli spruzzatori per disinfettare. Sotto
le ascelle, in mezzo alle gambe, scusi la parola, anche nell’ano, c’hanno disinfettato,
perché avevano paura che c’erano degli ovuli di pidocchi, piattole, c’era tutta sta roba.
Poi c’hanno fatto passare sotto una galleria e c’hanno portato sui treni eletti.
Adesso non mi ricordo il paese come si chiamava, no Paint Camp era vicino a New York,
c’hanno, dopo quattro giorni e quattro notti de treno, tutte le mattine a fare la doccia.
C’era dei vagoni apposta per fare la doccia. Barba poi i capelli abbiamo fatto per arrivare
a destinazione. Dopodiché, dopo quattro giorni, da mangiare colazione, pranzo e cena,
doppia colazione, tramezzini, caffèlatte, tè, quello che volevi, c’era tutto.
E’ proprio vero.
La nazione che ci ha passato Gesù, ci ha fatto la pipì, qui deve cresce il benessere del
mondo. E’ cresciuta proprio per essere del mondo.
Noi siamo arrivati a questo campo, mi sfugge il nome non me lo ricordo, ma quando me
lo ricorderò lo dirò a Mr. Kai. Dirò era il campo … 4 giorni 4 notti di treno. Appena
sbarcati la sera dal treno, c’ha ricevuto lo sceriffo, che è il capo della contea. C’ha
ricevuto questo sceriffo, a cavallo… “Benvenuti” (piange) “agli italiani.”
C’hanno portato dentro nel campo e c’hanno rifocillato con il tè caldo e qualche
tramezzino, chi lo voleva. La mattina, c’ha mandato a letto, la mattina abbiamo fatto la
doccia, e la mattina poi abbiamo fatto la colazione, col vassoio, c’ha radunato il
colonnello, comandante del campo che aveva un figlio che stava prigioniero in Italia: “qui
state bene; non scappate.”
Perché c’era qualche matto che tentava di scappare, dove andava, dove andava? Faceva
un chilometro, due chilometri, poi lo riprendevano gli americani, gli elicotteri americani lo
ripigliavano.
Si lavorava, siamo andati a raccogliere le barbabietole, siamo andati, io sono andato
presso una famiglia che era proprietaria di circa 15 ettari di terra. A raccogliere le
barbabietole. Tutto meccanizzato: noi c’avevamo i guanti, raccoglievamo le barbabietole
e le mettevamo …
Fernando Fulgenzi
153
Kai: che cos’era?
Barbabietole.
Kai: barbabietole.
Si, signora…
Kai: che cos’è barbabietole?
Maria: ... (spelling) sugarbeet …
Per fare zucchero.
Kai: … is exactely sugarbeet, eh? Sugarbeet.
Ho lavorato 45 giorni a raccogliere barba… Ho, abbiamo lavorato, perché eravamo una
squadra di 50, 50-60 prigionieri uno più uno meno, e prendevamo 8 dollari al giorno. Il
governo americano ce li metteva; il libretto bancario. Poi a colazione che ci dava il boss,
padrone del terreno, erano 7 fratelli, tutti oriundi tedeschi. Bravi, un signore. S’erano
ambientati all’ambiente americano.
La moglie aveva paura di portarci la colazione, perché la propaganda, la propaganda è
sempre quella che rovina la nazione, la propaganda diceva: sono sfregiati, hanno
tatuaggi, non era vero niente. Adesso faccio vedere le fotografie a Mr. Kai e alla signora
che non eravamo così.
Eravamo giovani, belli, florenti, paracadutisti, battaglione San Marco, truppe da sbarco,
eravamo tutti giovani, 18, 19 anni, 20 anni.
Mussolini è stato un gran testa di cazzo. E’ stato.
Non doveva fare la guerra all’America sapendo che l’America aveva avuto tanti emigranti
in America. Doveva fare, mho, ambizioso di portare la divisa. Embè, è andata così.
Poi dopo 45 giorni siamo rientrati al campo.
Qualche facinoroso gridava viva Stalin. Io no, io so stato sempre di destra. Sono
cresciuto sotto quell’era, sono stato sempre di destra, ho sempre ammirato la politica di
Mussolini, come oggi ammiro la politica di Bush, perché gli americani sarà a chi piace e a
chi non piace. A me è sempre piaciuto. Il comandante deve essere giusto ed energico.
Punto e basta.
Rientrava al campo, dopo una quindicina di giorni ci portano nel Nebraska. Nevada,
Missouri, Indianapolis, due giorni, tre giorni, barcatevi, imbarcatevi, ripartiti, viaggi,
camion, macchine, una cosa incredibile. Ci portano nel Nebraska.
In questo campo passa una mattina capitano americano.
D’accordo, certo c’era un capitano italiano, ma era uno scemo, non capiva niente.
Dice: “ragazzi si prospetta una possibilità, sta a voi decidere.”
Quale, signore?
Perché io sono stato imparato a dire “no signor capitano”, signore, perché si dice signore.
Mio padre era militarista ed io ho imparato da mio padre.
Dice: “se volete collaborare con l’America, vi facciamo uscire, vi portiamo in un altro
posto e lì state bene. Se non volete collaborare vi portiamo in un altro campo. Come
state non lo sappiamo.” Invece lo sapevano loro.
Io sono stato il primo.
Io poi… le donne, perché voi italiani se vi manca la donna è finito.
La donna, spaghetti, c’era il capitano che adesso faccio vedere a Mr. Kai e alla signora,
un capitano era un signore.
Così ho firmato, il mese di aprile c’hanno portato a Paint Camp, otto chilometri da New
York.
Per addestramenti, non addestramenti di guerra, per non tenerci fermi, c’hanno fatto fare
delle marcette, andavamo a fare il campo, ci facevano trovare il pranzo pronto, tutto,
tutto a posto.
Non posso dire niente. Lo giuro davanti a Dio.
Quando siamo arrivati a Paint Camp, c’era il comandante, un colonnello, ancora… dopo è
venuto Paoletti, così ho inteso però Paoletti non l’ho mai visto, ma era un colonnello in
gamba. Ci ha chiamato, c’era un sergente maggiore di origine greca, era greco, era un
figlio de mignotta, ce l’aveva con gli italiani perché gli italiani avevano fatta la guerra alla
Fernando Fulgenzi
154
Grecia. Ma a me che me interessa? Tu guarda a me, tu sei americano adesso, si, allora
non te la prendere con me. Ce l’aveva un po’ con gli italiani. Un giorno l’abbiamo detto al
capitano. Signor Capità, così e così.
“A me? Sbrigatevala da solo.”
Capitano, lei è in gamba, noi c’abbiamo avuto tutti ufficiali bravi. Ufficiali bravissimi, no
bravi, bravissimi.
Dice: “dategli qualche sberla fatta come si deve.” E invece ce stato uno che l’ha picchiato
proprio bene, bene. Tutto… era diventato calmo, one, two, three, four, one, two, three,
strillava, prendeva di petto li soldati. Italià, guarda che io so marcià meglio de te, non
strillare, non gridare, a me era poi comandante di plotone, 10 soldati, 11 soldati e questo
poi l’hanno mandato via.
Durante questo campo io ero addetto alla lavanderia. Una volta alla settimana con
l’autista femminile, soldatessa americana, mi mettevo dietro il cassone, do stavano tutti i
panni sporchi e lei guidava davanti e dallo specchietto l’italiano sai com’è fatto, quella me
guardava e faceva così e io facevo smack, gli davo i baci… (ride).
Allora lei stava … agli ordini del capitano, perché noi do stavamo da Paint Camp per
annà, andare alla lavanderia, dovevamo attraversare tutto un bosco. C’era la strada, la
strada attraversava tutto un bosco.
S’è fermata, dice “Hey Feri, come on, come on!” vieni vicino a me. Mo sera imparata qual
cosina d’italiano, e lì abbiamo amoreggiato. Ah, l’italiano è fetente. Dice vieni eh… so
salito e mi so messo vicino a lei. Dice stai bene? Eh dico si…
Una volta alla settimana c’era il cambio di tutta la biancheria, lenzuola, vestiti, tutto c’era
il cambio, … ognuno c’aveva il sacco della biancheria per conto proprio, dopodiché c’era
dopo due mesi, due mesi e mezzo adesso non lo ricordo bene, c’hanno rimesso sul treno
e c’hanno portato nello stato d’Illinois, Rock Island.
Kai: si, lo conosco.
Lo conosci? C’hanno portato nello stato d’Illinois perché lì c’era lo stabilimento militare mi
sembra che era, mi sembra, che era la Ford, era arretrato di 4 o 5 mesi, perché lì era un
paese, non lo so che c’avevano, però erano arretrati. Il colonnello americano ci disse:
“chiedetemi tutto, purché lavorate.” Infatti noi abbiamo cominciato a chiedere la sala
cinematografica, e la sala da ballo; sala da ballo dove la sera passavamo un’ora, due ore,
con le ragazze che venivano dai village e si ballava e si passava un’oretta in santa pace.
Kai: abbastanza bello.
Eh?
Kai: bello quello.
Ah! Mha, stavamo bene, stavamo bene Mister, stavamo bene, no bene, benissimo.
Allora il governo americano aveva stabilito otto dollari al giorno. Perché otto dollari,
pensavamo alle sigarette, Chesterfield, Camel, Lucky Strike, dallo spaccio militare
americano. La birra, dallo spaccio militare un centesimo… E c’avevamo messo i sordarelli
da parte. Perché noi quando ce pagava il capitano, se vi sono avanzati dei soldi dateli
qui, li mettiamo sul libretto che ognuno di voi, noi conserviamo, al momento dell’imbarco
vi saranno restituiti.
E’ stato un errore quello perché i soldi se li sono fregati i governanti americani.
Poi eravamo liberi.
Io andavo al cinema con June, una sera con June, n’altra con Heter, n’altra con Mary,
n’altra con Fe, tutte le sere cambiavamo donna, pensa un po’!
Mo… posso parlà, è una questione un po’ delicata (ride).
Tutte le sere a fare l’amore. Tutte le sere. Quand’è stato un bel giorno non glie l’abbiamo
fatta più.
Il capitano americano che stava in fotografia: “che avete fatto, ragazzi?” Eh… “Donne,
girl?” Dico si. “Tante?” Tante. Venne l’ufficiale medico disse “giù le mutande” io c’avevo il
pisello così piccoletto….(ridono) … facevamo Mister, scusa ma io sono franco nel parlare.
Perché il bene che ho avuto da quella gente.
Otto giorni a letto. Nessuno esce da questa stanza. Andate a mangiare e ritornate qua.
Una puntura e pasticca. Dopo otto giorni eravamo di nuovo come i leoni, fortificati, dice,
Fernando Fulgenzi
155
va bene, e siamo ritornati al lavoro. Però il capitano diceva “ragazzi, fate le cose per
bene. Non cerchiamo di richiamare l’ufficiale medico per farvi rivisitare”.
Vabbè. E noi c’eravamo attenuti anche per ragionamento nostro, si faceva, cerchiamo di
essere più calmi…
C’era tante ragazze belle! Belle. Poi io ero giovane, quell’altro, tutti giovani poi faccio
vedere la fotografia al Mister.
Così, siamo stati lì finché è arrivato dopo due, tre anni di prigionia. Prigionia, ex prigionia
perché noi portavamo la divisa americana con uno stemma qui sul braccio sinistro dove
c’era scritto Italy.
Però per andare in night, c’era il night americano e il night per gli italiani. Noi, italiano
furbo, avevamo strappato lo stemma italiano, staccato proprio, io parlavo bene
americano perché stavo sempre in mezzo agli americani; parlavo bene l’americano e
c’era la guardia che stava sulla porta del night. Tu non sei americano, tu sei italiano. Io
che potevo dire? Niente, m’aveva scoperto. Dico si, sono italiano. “Va dentro, però calma
eh?”
Entrai dentro trovai, trovai tutti bene a posto meno qualche americano che stava coi i
piedi sul tavolino. Dico qui se entra l’ufficiale. Entra, infatti entrò il capitano, allora io
abituato con la disciplina italiana, come entrò il capitano subito sull’attenti, salutare.
Il capitano americano non voleva questo. In luogo chiuso non si saluta. Neanche se entra
il presidente degli Stati Uniti, dicevano. Soltanto loro… se entra in forma ufficiale, allora
tutti sull’attenti, ma sennò no. E infatti noi siamo abituati all’ambiente come americano.
C’era il capitano nostro italiano, capitano Dell’Anna, me ricordo, capitano Dell’Anna… “voi
ogni volta che incontrate un ufficiale dovete salutare.” Allora a chi diamo retta, a lei
signor capitano o a quello americano? Qui stiamo in America e diamo retta al capitano
americano. Noi ascoltiamo quello che ci dice il capitano. Infatti il capitano americano ce
diceva “non salutate: una volta basta, perché è scemo lui se non lo riconosce, noi
sappiamo chi saluta e chi non saluta.
Quando siamo stati … la mensa, entravano sempre per ultimo quei quattro o cinque
ufficiali italiani perché non volevano sedersi vicino ai soldati italiani. Noi non eravamo più
soldati italiani, eravamo soldati americani. Perché io c’ho le fotografie sono vestito come
soldato americano.
“Tu, tenente Dell’Anna, s’accomodi.”
“Ah, io non mangio.”
“Fuori allora” (il capitano americano) “Fuori, qui tutti americani siamo”. E li mandava via.
Imbarcati. E’ arrivato il giorno dell’imbarco. Siamo, c’hanno portato sulla nave, hanno
consegnato i libretti all’autorità portuale, al capitano, questi devono essere consegnati
all’autorità italiana.
Signori miei, i soldi non li abbiamo visti.
Adesso il nostro presidente Berlusconi sembra che ci voglia dare i soldi perché ce stata
un’interpellanza alla televisione, fatta su Rai 3, … chi ha preso questi soldi? Qualcuno ha
detto Andreotti e Fanfani. Chiudo perché…
Viva l’America. Viva Bush.
Kai: grazie.
Prego.
Siamo stati bene, infatti il governo americano, sapendo quello che avevamo fatto noi
negli Stati Uniti, il lavoro, … aver rimesso in parità quegli altri stabilimenti, aveva fatto la
proposta al governo italiano di trattenere in America, c’avevano fatto le visite, trattenere
in America gli ex prigionieri italiani. Visita, contro visita, fatto tutto, tutto, tutto. C’è stato
un governo comunista, allora, del comitato di liberazione italiano, no, rivoglio tutti i
prigionieri.
Perché noi le ragazze che c’avevano figli da parte nostra, io non lo so se ce n’ho 10 o 20
non lo so.
Ho incontrato dei parenti che stava a Carthage, New York, si chiama la zona, Carthage
New York.
Lo zio c’aveva 15 taxi, uno ce lavorava lui e 14 l’aveva affittati.
Siamo stati bene, volevamo restare in America.
Fernando Fulgenzi
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Questo imbecille di partito “rivoglio gli italiani” presidente del consiglio Parri, faccio il
nome, non nascondo io. Parri: “rivoglio gli italiani perché voglio riformare l’esercito
italiano.”
Ferruccio Parri
Ma che riformi, la fame? C’avamo la disperazione. Ho chiuso, arrivederci. Mister.
Fernando Fulgenzi
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Fernando Mattioni
Sono Mattioni Fernando. Sono nato a Monte Cavallo nel 1934.
Sono stato due anni da piccolino a Monte Cavallo, poi dopo due anni so andato ad abitare
a Casavecchia.
Papà faceva il mugnaio e da piccolino so caduto due volte dentro l’acqua e m’hanno
salvato all’ultimo minuto, perché vicino al mulino c’era un grosso laghetto e poi c’era un
fiume (allora d’acqua ce n’era tanta) so caduto du volte dentro sto fiume e m’anno
salvato all’ultimo minuto.
Da piccolo lì aiutavo spesso, quando avevo intorno ai 10 anni, aiutavo spesso lì alla casa,
a papà, nel mulino. E per darmi l’impressione che lavoravo tanto, mi rotolavo sulla farina
per farmi vedere che avevo lavorato tanto; m’ero sporcato con la farina.
Poi, in quel periodo, intorno dai 6, dai 5 o 6 anni, quando incominciai ad andare a scuola,
era il periodo del fascismo.
Io ho assistito all’ultimo periodo del fascismo. E a scuola, il saluto quando si andava a
scuola, non era “buongiorno!”, ma si doveva alzare la mano. E “al duce!” si diceva. E
dentro la scuola infatti c’era il ritratto del duce, di Benito Mussolini, e di Vittorio Emanuele
III.
C’era poi spesso nelle scuole una radio rurale che trasmetteva anche… si facevano anche
tramite radio anche i dettati.
Nelle scuole c’era il sabato fascista.
Il sabato fascista, allora: tutti i bambini dalla prima alla quinta elementare si mettevano
la divisa.
C’erano i figli della lupa, c’erano i balilla e i balilla moschettieri.
I balilla moschettieri erano gli unici che potevano portare un fucilino a tracolla.
Figli della lupa e piccole italiane, Pieve Torina anni 20.
Poi nel periodo estivo c’erano le colonie.
Le colonie… che passavano… c’erano degli assistenti… allora i bambini andavano tutti alla
colonia, ti passavano un po’ da mangiare, specialmente nel periodo nel 42-43, 41-42, il
periodo della guerra.
E poi ci facevano cantare continuamente per strada canzoni al tempo del fascio: Faccetta
Nera, Passano i Sommergibili…
Io ho anche assistito al passaggio dei tedeschi, c’avevo circa 10 anni.
Kai: tu hai cantato quelle canzoni? Posso sentirlo?
Ah, si, eh… dunque, quando… nel periodo del fascismo (tornando un po’ indietro) per
strada ci facevano cantare. Per esempio noi di Casavecchia appartenevamo alla colonia di
Amilcare Carioli
158
Casavecchia. Poi c’era la colonia d’Appennino, allora ci facevano cantare, non so, tra
colonie:
La colonia di Casavecchia è la meglio delle tante conosciute,
con i bimbi ci darà forza e salute
(ma si mangiava solo un po’ de minestra e marmellata, perciò la salute e la forza ce n’era
poca)
Quando invece… cantavamo anche le canzoni fasciste, non so, Faccetta Nera:
Se tu dall’altipiano guardi il mare
moretta che sì schiava fra gli schiavi
vedrai come un sogno tante navi
e un tricolore sventolar per te.
Faccetta Nera, bell’Abissina
aspetta e spera che già l’ora s’avvicina
quando saremo vicino a te
noi ti daremo il nostro duce, il nostro re.
E cantavamo sempre queste.
Poi un’altra era:
Passano i sommergibili, passano gli invisibili.
Adesso tutte le parole non me le ricordo.
Poi ad un certo punto finì la guerra: tutti a sonà le campane convinti che la guerra fosse
finita.
Era del 43 di luglio, cadde il fascismo, tutti a sonà le campane, la guerra era finita.
Invece la guerra cominciava allora.
Perché ci fu il passaggio dei tedeschi in ritirata, gli americani e gli inglesi che avanzavano
dal sud… e vicino alla nostra casa, lì a Casavecchia, c’erano delle grosse noci, perciò tutti
i tedeschi con i carriacci, con qualche camion, pochissimi carri armati, se nascondevano
di giorno sotto le piante, queste grosse noci, per non esse avvistate dagli aerei.
Kai: cos’è noci?
Noci sono delle piante che…, ma enormi erano. Erano tre enormi che c’entravano sotto…
ce saranno entrati 200 cavalli, camion… E si rifugiavano tutti lì.
Io perciò avevo fatto molta amicizia con questi tedeschi perché si fermavano 5 o 6 giorni.
Ero ragazzino e stavo sempre con loro. Mi davano, c’avevano qualche caramella, rara…
Avevano… se mangiavano un pane nero di segala che nemmeno i cani lo mangiavano
quel periodo.
L’unica paura era se arrivavano i partigiani.
Allora toccava sta attento per paura che dei partigiani se arrivavano coi tedeschi…
Fu un periodo un po’ travagliato, tanto vero che dal mulino sfollammo, andammo su un
paesetto lontano per evitare.
Poi ad un certo punto un giorno stavo lungo il fiume, sentivo un gran rumore da lontano,
non sapevo se che era. Mi sembrava fossero aerei, che passavano sempre gli aerei
americani che andavano a bombardare le città del nord, passava…
Ma non se vedevano aerei.
Invece ad un certo punto sbucarono tutti carri armati americani che venivano giù da
Terni.
E noi facevamo… [ridono]
Facevamo il saluto della vittoria e loro rispondevano col saluto della vittoria.
Ma con gli americani dopo però se mangiava.
Perché cioccolate… io me pigliavo là con loro e… cioccolate… poi tutti quell’altri grandi
volevano sigarette. Un periodo che se mangiava pane bianco, che mai visto. Noi
mangiavamo il pane… il pane integrale in poche parole, perché non c’era tanta possibilità
bisognava mangià pane nero.
Quando arrivarono gli americani portarono sto pane bianco, col burro: chi l’aveva visto
mai?
Cioccolate… e fu un periodo…
Dopo, finita, passata la guerra lì ci fu anche qualche morto, lungo la strada qui che viene
a Caspriano, a Capriglia, tanto è vero che…
Kai: chi era morto?
Era morto… siccome che c’erano i partigiani nascosti sulla montagna e i tedeschi
Amilcare Carioli
159
passavano.
E i partigiani che fecero? Fecero saltare il ponte di Caspriano. Quel ponte vecchio, non
quello nuovo… lo fecero saltare così i tedeschi se dovettero fermare, non potevano
passare più coi camion.
Ponte di Caspriano, primi anni 20.
Nel frattempo il partigiani vennero giù per sparare. Senonchè un partigiano fu ferito, e si
nascose (era un tenente d’Ancona), si nascose dentro il fiume. Però i tedeschi lo
ritrovarono, lo tirarono fuori e lo impiccarono con una cavezza di cavallo, lo attaccarono
su un palo della luce.
E io venni giù con la bicicletta a vedè questo, no? Eravamo in 3 o 4 … da bambini a vedè
questo qui attaccato: l’avevano legato con il fil di ferro, le mani dietro, attaccato lì.
Tutta la notte non ho dormito mai.
Va bene. Poi dopo, il giorno dopo, la notte dopo un prete di Capriglia andò giù, lo staccò,
se lo mise sulle spalle, … pensa, di notte questo prete… era un prete… Lo portò a
Capriglia. Da Capriglia chiamarono un carretto e la sera dopo, di notte (perché di giorno
avevano paura dei tedeschi, avevano paura de…) allora lo portarono al cimitero. E passò
davanti casa mia. Io m’affacciai, me ricordo, vidi questo con ste gambe a penzoloni, vidi
sto poraccio…
Dunque il carretto era corto, no?
Kai: questo è il prete?
No, il prete l’aveva spiccato dal palo…
Kai: come? Perché staccato dal palo?
Perché quello stava impiccato, no?. Il prete di notte è andato giù, l’ha staccato, gli ha
levato il cappio, se l’ha portato lontano. Poi hanno preso un carretto, il giorno dopo, di
notte, e lo portarono al cimitero.
E passarono davanti casa mia, io m’affacciai, portavano questo asino co sto carretto,
questo morto sopra, gli avevano messo un pezzo de coperta qui e le gambe che facevano
così. Era… lo portarono su al cimitero. Dopo la famiglia è tornata e se l’è ripreso; dopo la
guerra, dopo tanto.
Io lì c’ho, ho vissuto lì tutta l’infanzia, ho vissuto la fanciullezza, c’ho vissuto anche un po’
de giovinezza e a quei tempi lassù erano delle frazioni molto popolate.
C’erano 2000 persone da Capriglia fin’Appennino, 2300 persone. Tant’è vero che a Pieve
Torina c’erano solo 700 persone in quel periodo; il capoluogo solo 700 persone. Vivevano
tutte nelle frazioni.
Amilcare Carioli
160
Gli avvenimenti più belli della prima giovinezza era il gioco della ruzzola.
E c’erano le sfide: Casavecchia contro Pieve Torina, Visso contro Casavecchia, Pieve
Torina… perciò la gente, lungo la strada, era… mucchi di persone.
Come adesso vanno a vedè la partita allo stadio, ma erano tutti per guardà queste sfide.
Si giocavano gli agnelli: chi vinceva, vinceva gli agnelli, quell’altri li pagavano, gli agnelli.
E questo era uno dei pochi divertimenti che c’erano a livello diciamo d’insieme, oltre il
ballo sull’aie. Quando si raccoglieva il granturco, allora gli si levava la foglia al granturco,
no?
Kai: si.
Allora tutti insieme… erano… uno c’aveva per esempio tutti sti mucchi de granturco, tutta
la sera a levà ste foglie e a pulì il granturco. Finito quel lavoro, si puliva l’aia, veniva uno
un organetto a suonare e tutti a ballare. Tutti a ballare: era un divertimento. Come era
un divertimento, anche se era un lavoro duro, quando si mieteva a mano, no? E
cantavano sempre. Uomo e donna. Cantavano sempre perché gli serviva per alleviare un
po’ il lavoro, no? Il canto dava allora… anche quelli che stavano a mietere sentivano
cantà e…
Kai: ricordi alcune di queste canzoni?
Bè, erano… sì bè qualcuna qualche battuta può esse che me la ricordo pure…
L’omino di color fiori di grano…
non so diceva, no…? Adesso, mò ce vole che ce ripenso, ce vole che… adesso ne so
qualcun… e cantavamo tutto il giorno. Tutto il giorno.
Poi durante la mietitura si passava da mangiare. La mattina arrivava la colazione.
Arrivava la donna con la canestra, tutti aspettare, no? Sui campi quista portava allora…
apparecch… metteva una tovaglia… e si mangiava soprattutto il mattino la frittata in
umido. La frittata, la conosci? Le uova: facevano tutti i pezzi e poi ci mettevano il sugo
dentro e quella si mangiava pane per colazione. Poi quando era per esempio…
Dopo verso le 11 passavano con i dolci. Se chiamava bocconcello. Lo sai, sentito dire, si?
Kai: no.
Bocconcello significa un piccolo dolce con un bicchiere di vino per tirarti un po’ su, capito?
La canestra del pranzo, 1950.
E poi dopo il pranzo era molto veloce. Poi dopo invece c’era la sera la cena allora si.
Dopo passavano spesso col vino, perché il vino era… te dava un po’ de forza, un po’ de
cosa.
Il vino era debole no, era vino da poco era, de conseguenza… poco più dell’acqua…
Amilcare Carioli
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All'ombra delle viti, 1950.
E questo me ricordo da ragazzo tutti sti canti, e poi passavano tutti con quelle tregge che
portavano, quando portavano il grano a casa e l’avvenimento più grosso era quando
arrivava la trebbia.
Io, …me andavo sempre… dò arrivavano le trebbie, andavo io.
Perché quando allora dovevano mette a posto, i cinturoni, piazzarli, fa tutto un insieme di
cose… e io seguivo tutte ste operazioni che io, c’avevo niente da fa, me’nnavo sempre in
giro.
Come in giro me facevo tutte le feste. Tutte le feste dei paesi.
C’era, non so, a Gabbiano c’era San Giuseppe e io il 19 marzo andavo a Gabbiano. Il 3…
il 2 febbraio era San Biagio andavo a Capriglia e poi andavo a Bazzano che… Santa
Croce. E andavo a Vari, Santa Bibiana.
Ma sai perché c’andavo? Il motivo perché andavo: mica andavo alla festa io, m’è
importava tanto della messa, io non annavo alla messa.
Kai: mangiare?
Andavo a mangiare i dolci. Perché tutti quelli che passavano gli davano…
Gliel’ho raccontato questo forse?
Kai: no.
Quando che passavano… quelli che andavano alla festa ti invitavano dentro alle case per
mangiare il dolce e allora io me facevo tutte le feste per mangiare i dolci, capito?
Andavo a tutte le feste. Come a tutti i funerali pé piglià i soldi e tutte le feste pé piglià i
dolci.
Da piccolo facevo sto lavoro.
Amilcare Carioli
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Festa del maggio, Casavecchia 1955.
E dopo il divertimento fra noi ragazzi, oltre che la ruzzola, era le corse in bicicletta.
Chi c’aveva la bicicletta più grossa, più piccola, facevamo le corse… in 10 – 15 no? Si
doveva poter fa un’altra strada e… però spesso se uno cadeva lungo la strada c’era tutta
breccia, te spellavi tutto, diventavi un mostro delle volte…
E poi sempre con la paura de rompe la bicicletta perché dopo c’era i genitori che la
dovevano aggiustà… sai i soldi non c’erano e litigavano, litigavano co ste biciclette.
Poi il periodo appena la guerra, la bicicletta… non c’erano i copertoni, no?
I copertoni della bicicletta: capito che so i copertoni? Quelli che … allora ce se metteva
un…
Kai: copertoni? Non ho capito bene.
Sono quelli… la ruota della bicicletta c’ha di gomma attorno, no?
Kai: si, si, si.
Allora non si trovavano quelli di gomma nuovi, allora si pigliavano quelli vecchi, ce se
mettevano tutti pezzi, no? Dentro, tutti pezzi, tutti pezzi affinché non se bucasse con la
camera d’aria.
Kai: ah, capito.
Se bucavano sempre, perché con la breccia se bucavano… allora tutti avevano la pompa,
no? Per strada … oppure la rovesciavi, portavi un pezzo di gomma che attaccavi il buco,
no? Se chiudeva il buco col mastice… Tutti c’avevano dietro la bicicletta c’avevano una
borsetta con tutti l’attrezzi, sia per svitare… lo sa? Si questo si, lo sa…
E il divertimento era le corse in bicicletta, le feste e quando che arrivavano le trebbie per
il periodo della trebbiatura…
Poi costruivamo piccoli giocattoli fra cui il carro armato, quello col rocchetto, no? Quello
che hai visto là? Quello col rocchetto di filo… capito? Costruivamo i carri armati,
c’avevamo le fionde…
Poi quando uscivamo dalla scuola… uscivamo dalla scuola, eravamo tanti. Quando ci
dividevamo che un gruppo andava da sta parte, un gruppo da quell’altra, facevamo a
sassate.
Kai: che?
Coi sassi!
Kai: ah, si? Coi sassi?
Prima tutti amici, no? Uscivamo in 50, poi un gruppo andava verso Capriglia, un gruppo
andava verso casa mia, là. Allora quando ci dividevamo, le sassate! No? Uno co n’adro su
un gruppo de qua con un gruppo de la, a grandi sassate. Quando poi... verso casa mia se
dividevano altri due gruppi, io me associavo co un gruppo a sassate con quell’adri.
Sempre a sassate se faceva. Con la paura che uno te poteva piglià su un occhio, no? Coi
sassi… non ce se pensava, a quei tempi.
Kai: si, lo so.
Eh, non ce se pensava, eh…
Come non si pensava che a tempo della guerra, no? Trovevamo i proiettili, no? Da
Amilcare Carioli
163
cannone, no? Da coso, da… li nascondevamo sotto uno scoglio, accendevamo un foco e
poi scappavamo via. Poi certe botte… buttavano per aria gli scogli, facevano tutto…
Sempre co…, ma uno perché non… perché sennò te scoppia sulle mani, t’ammazza, no?
Kai: si, vero.
Si trovavano i proiettili interi, no? Perché abbandonati soprattutto dai tedeschi.
Quando i tedeschi in ritirata scapparono via, lasciarono tutto: elmetti, divise… su
l’accampamento che c’avevano lì tra… casa della Pechinelli, no? De Mimmi.
Kai: si.
Attorno a tutti qui campi, là, tutti c’avevano tutte piante… a la casa mia…
Siccome gli americani venivano giù da Serravalle, questi avevano paura de esse chiusi
dentro… scapparono via. Perciò la roba che c’era per terra… ce prendemmo tutto, lì… io
pigliavo elmetti, divise… tutti a prendesse la roba. E si trovavano questi proiettili e noi
andavamo a scoppiare. Senza pensare alle conseguenze.
Poi dopo… da giovane dopo ce so stato meno perché dopo me so andato a scuola, pò so
andato a lavorare a Visso e… tornavo a casa tutte le sere e…
Quando ero giovane, da giovane l’unico divertimento era andare all’osteria. All’osteria a
giocare a carte.
Kai: si.
A giocare a carte… ancora si giocava a ruzzola… però già cominciava a cambiare la vita,
perché cominciarono ad arrivare le prime moto.
Kai: si.
La vespa, la lambretta, … poi un’altra moto famosa che qui adesso non esiste, non se
trova più, solo quelli… gli amatori ce l’hanno, si chiamava Barilla Rossa. Tutte barille. Ma
a quei tempi costavano moltissimo queste moto. Quando la paga di un operaio era di
1000 lire al giorno, 1000 lire al giorno, questa moto costava 170 mila lire! Perciò per
fare…
Kai: lavoro per tutto…
Tutto l’anno … però non dovevi mangià nemmeno, capito? Allora se pigliava, glie se dava
un po’ de soldi per volta e…
Lambretta, Casavecchia 1952.
Dopo poi a un certo punto, anche per l’agricoltura non c’era più… arrivarono i primi
trattori.
C’era uno che c’aveva un trattore, andava lavorando per tutto e fu il disastro perché tutte
quelle gran piante di vite, di uva che c’erano, furono tolte tutte per fare il terreno libero.
Perché coi trattori che facevano? Siccome andavano profondi (con l’aratro con le mucche
andavano poco sotto) questi qui… tagliavano le radici delle piante… quelle se seccavano,
poi se buttava via tutto. E così tutte quelle foto che stanno qui con tutta quell’uva che
Amilcare Carioli
164
arriva su in cima alla montagna adesso non ce n'è più una pianta.
Dopo che è arrivati i trattori… Dopo c’è stato pure lo spopolamento perché tutta la gente
se ne annava a Roma… Gli amici miei, quelli piccoli quando abitavo lì a Casavecchia,
nnavano tutti a Roma a fare i cascherini. I cascherini significa che co una bicicletta, con
un portabagagli, portavano il pane casa per casa.
Kai: ah, si.
Li assumeva un fornaio, li faceva dormì sopra li sacchi della farina, mica c’era le camere!
E poi co una bicicletta, co tutti sti cesti de pane passavano casa per casa e portavano
persino il pane fino al 5° piano.
Kai: mamma mia.
E facevano sto lavoro tutto il giorno. Erano… dopo qualcuno sé comprato pure il negozio
del padrone. Perché mettevano da parte tutti i soldi, no? Cercavano… però molti…
E perciò tutti a Roma, tutti sti ragazzi… siccome le famiglie erano numerose.. 5 o 6 figli...
e allora molte, anche le donne, le ragazze andavano a fa le serve… a servizio. Presso le
famiglie benestanti…
Kai: si, si.
Facevano da mangiare, facevano i letti, facevano… e i ragazzi andavano a fa sto lavoro di
portare il pane a Roma. Infatti a Roma ce stanno 400 mila marchigiani!
Kai: tanti!
400 mila marchigiani. E’… la comunità più grossa de Roma so marchigiani e abruzzesi.
Kai: si, si, è vero.
E tutti quanti questi qui, la maggior parte hanno i forni. Avevano forni. Forni, pane,
pizzeria…
Kai: come i Salvi.
Tanto vero che nel 1910 – 12 un fornaio di Tazza serviva la famiglia reale! Il re, portava
il pane dal Re. Siccome lo faceva tanto buono, dice che era pane speciale, il Re si serviva
da sto fornaio di Tazza, un certo Mosca. Si serviva da un fornaio di Tazza che serviva la
casa reale.
Kai: si, bene. Però!
Perciò dopo… il fatto che la terra non si coltivava più, che rendeva poco, perché prima
bastava sopravvivere, no?
Kai: si.
Dopo quando cominciò ad arrivare… sa qualcuno comprava il fornellino a gas, i primi e si
chiamava Pipigas, il primo fornellino. Poi dopo qualcuno … la prima cosa che se comprava
dopo il Pipigas era il frigorifero, perché sennò la roba non se manteneva mai. Prima,
d’inverno, per farla mantenere se metteva fori dalla finestra al gelo, d’inverno, in modo
che la carne non se rovinasse. Sennò bisognava mangiarla subito, perché sennò se
rovinava. Invece adesso coi frigoriferi, i surgelatori, no? Allora il frigorifero fu una delle
prime cose che… come le prime cose che arrivarono furono i piatti di… i tavoli di formica.
C’avevano tutti quei tavoli, no? Belli, di noce, robusti, no? Tutti lavorati, tanti… io c’avevo
il nonno a Monte Cavallo c’aveva un tavolo…
Kai: noi ancora abbiamo uno.
Tutto lavorato… arrivò uno con un tavolo di formica, sa, se puliva subito, se lucidava,
pigliò, se portò via quel tavolo e ce ne lasciò uno di formica. Dopo chissà quanto se l’avrà
venduto, dopo quel tavolo c’avrà avuto 200 anni.
Purtroppo c’è stato un cambiamento così veloce, così repentino che non ci siamo accorti:
nel giro di 50 anni si è rovesciato il mondo.
In poche parole una volta c’era molta miseria, però c’era anche più allegria.
Kai: si.
C’era più allegria, se volevano più bene.
Non so, se aiutavano nel lavoro, no? Oggi il grano è maturo da te, corro da te…
quell’altro quando trebbiavano, tutti ad aiutare.
Adesso chi t’aiuta più? Se cadi per strada manco te raccolgono! Non è cosi?
Kai: si, si, si.
Sulle città poi, non ne parliamo. Sulle città è una cosa impressionante. Io c’ho una sorella
sta a Livorno, ha detto è sceso giù… è morto uno di 42 anni, no? E abitava du piani
sopra, nisciuno lo conoscevano quelli di sotto. Ma dico è una cosa, una cosa…
Amilcare Carioli
165
Kai: si, si, incredibile.
Qui invece, ancora in questi paesi, no? Succede una cosa lieta, tutti partecipano:
matrimoni, battesimi… Succede un lutto partecipano tutti.
Invece sulle città sei uno qualsiasi… le città per me sono numeri. Non è vero, Kai?
Kai: si, si.
Sei un numero. Abiti il numero di casa tot, no? Elenco telefonico tot e finisce lì.
Kai: si. Parla dell’inflazione, di come è cambiati i soldi…
Da piccolini dunque c’erano… la lira non si vedeva quasi mai, da piccoli. Quello che
vedevamo era… 5 centesimi, no?
Kai: 5 centesimi?
5 centesimi. C’erano poi … la moneta più grossa che io po’ usavo erano i 4 soldi. Per fare
una lira ce volevano 20 soldi, perciò 4 soldi… una monetina era… E allora con questi 5
centesimi e quell’altro era… noi lo chiamavamo soldo però no, erano 10 centesimi, allora
ci giocavamo a sassetto.
Allora facevamo così: io mettevo la monetina qui… mettevo la monetina qui, così no? Poi
co un sasso battevo: se riuscivo a rovesciarla me la prendevo, capito? Coi sassi, ci
giocavamo con questi soldini qui, ma questi 5 centesimi piccolini, erano de rame, una
specie de rame. Facevamo tutti sti giochetti per giocà coi soldi. L’unica cosa che
c’avevamo questi soldini qui.
Dunque con 4 soldi, quand’ero piccolo, si comprava un pacchetto di wafer.
Wafer: sai quei biscotti tutti a strati? So wafer via, in poche parole si comprava… con 4
soldi se comprava… io appena me trovavo 4 soldi nandavo a comprà sto pacchetto de
biscotti, ma piccolino, sa? Era, sarà stato lungo 10 centimetri per cinque.
Kai: parla di quel funerale dove tu hai avuto i soldi di quella gente che andava…
Ah, ma l’ho detto però, sa?
Kai: no, questo era prima di quello…
Del funerale che andavo a piglià i soldi del funerale?
Kai: si.
Si, no io ho detto come me facevo tutte le feste me facevo tutti i funerali.
Perché l’unica strada per andare al funerale di tutta la zona lassù era… passava davanti a
casa mia. Perché c’era solo quella strada; mò l’hanno fatta nuova, va bene. Ma, allora io,
quando che passavano i funerali, allora non c’era il carro funebre, portavano la bara sulle
spalle, no? In quattro e io appresso. M’approdavo sempre appresso che invece non
sapevo manco se chi era il morto. Perché all’uscita dal cimitero sul cancello c’erano due
signori: uno dava li soldi più grandi, una lira, mezza lira, dipendeva dalla possibilità, dal
morto se era ricco o povero e dall’altra parte davano quelli piccoli, ti davano la metà di
quell’altri. Capito? La metà, anche meno. Però io facendomene parecchi guadagnavo un
po’ de soldi. Oppure se andava a dì il rosario. Quelli morti vicino, ndavamo a sentì il
rosario perché te pagavano pure quando andavi a dì il rosario, no?
Kai: come? Quando lì…
Allora, quando muore un morto, adesso si va a casa, no? A fa le condoglianze. Però se
diceva anche il rosario.
Kai: si, si.
Allora una volta, durante, finito il rosario, ti pagavano pure lì.
Kai: ah, si?
Si. Ti pagavano pure per il rosario, capito? Però il rosario io ne facevo pochi, non me ne
annava di sentirli, capito? Invece il compagno al funerale io non è che andavo alla messa,
io andavo solo all’accompagno: pigliati i soldi me ne tornavo a casa.
Kai: si, si.
Purtroppo dopo con gli anni, col coso, col passare degli anni, appena passata la guerra,
prima ad esempio 1000 lire, 1000 lire erano uno stipendio di un capostazione, di una
maestra elementare, Minelli, c’era una canzoncina: “se potessi avere mille lire al mese”.
Era lo stipendio di un capostazione, di un insegnante: 1000 lire al mese, era proprio il
massimo. Perché invece gli operai pigliavano poco, pigliavano… perché poi gli operai ce
n’erano pure pochi.
Amilcare Carioli
166
Per esempio gli artigiani, i sarti, andavano casa per casa per fare i vestiti. Li chiamavano,
gli passavano da mangià, gli davano un po’ de soldi.
Kai: si, si.
Oppure se non c’erano i soldi glie davano in natura: un prosciutto, un coso… E così pure i
muratori. Ma è … guadagnavano pochissimo questi. Adesso mo io precisamente… io però
mi ricordo che appena la guerra, che nel 46 un operaio, madosca pensa che un operaio
nel 46 - 47 costava 1000 lire al giorno. Sembrava una paga enorme, e invece… e
lavoravano otto ore, no? Per 1000 lire al giorno, per quando… lavoravano… la domenica
no, è pigliavano un po’ de soldini.
Comunque quando io ho cominciato a fa scuola nel 1959 pigliavo 48 mila lire al mese.
Perciò non è che poi tanto di più… Nel 59, 48 mila lire al mese, poi nel 62, nel 61-62
arrivammo, ci fu un aumento (perché dopo passati 2 anni di davano un po’ d’aumento)
arrivai a piglià 60 mila lire al mese. Per diverso tempo questo qui.
Perciò prima la vita era… la gente… io stavo su a Casavecchia: andavano scalzi tutta
l’estate.
Molte persone andavano scalze durante l’estate.
Kai: non ho capito bene.
Andavano scalze, senza scarpe.
Kai: scalzi…
Scalzi. Pensa che facevamo a corre co certi bambini che erano abituati ad andà scalzi in
mezzo ai campi, correvano più loro che io co li sandali, coi sandalini legati. Perché la pelle
era diventata dura sotto.
Kai: si, si.
Come quando venivano alla fiera, partivamo da Casavecchia per venire alla fiera a Pieve
Torina, passavamo da Gallano, quassù perché era accorciatoia.
Tutte quelle ragazze o quelle donne… venivano giù scalze con le scarpe a tracolla e se le
mettevano su al cimitero. Si mettevano le scarpe lì, per non consumarle. Alcune se le
mettevano… facevano il pezzo della strada do passava qualche macchina con le scarpe,
quando a Capriglia si mettevano scalze, arrivavano fino a qui, poi da qui se mettevano le
scarpe.
Più tardi portavano invece delle scarpe fatte di legno, zoccoletti se chiamavano, allora
non annavano più scalze, ma portavano questi zoccoli da lassù fino a qui, poi gli zoccoli li
nascondevano in mezzo alla siepe e si mettevano le scarpe. Quando dalla via tornavano
su, si mettevano questi cosi di legno e andavano… capito?
Kai: si, si.
Però io me ricordo bambini scalzi tanti, tanti; tutti quelli che venivano a scuola con me,
d’estate tutti scalzi annavano.
Kai: si, poche scarpe.
Con le scarpe non andava nessuno, solo d’inverno. D’inverno col freddo.
Kai: mamma mia.
C’era un bambino, me ricordo, che abitava lì a casa di Picchio. La conosci casa di Picchio?
A Sorti.
Kai: a Sorti…
Dov’è Brancaleoni, Sorti. Sopra… il vecchio mulino lo conosci? Sopra c’è un paese, si
chiama Sorti, no? C’è casa di Fernando Picchio, amico di Fernanda è… In poche parole sto
bambino gli aveva fatte le scarpe nove: cominciò a venì giù de corsa co ste scarpe… coi
chiodi sotto, no? Correva, correva. Dico: “ma che fai?” Si chiamava Mariano: “che fai?”
“Adesso co ste scarpe nove faccio un po’ de curve!”
Perché… non l’aveva portate mai…
Kai: si, si, si, bello.
D’inverno solo coi ciocchi, no? E d’estate quesso gli fecero ste scarpe nove, co li chiodi
sotto, eh? Coi chiodi sotto, cominciò a corre che non l’aveva portate mai. C’aveva 10
anni.
Kai: ciocchi sono…
De legno, sotto, de legno, ma quelli non se piegano, no? Invece questo gli comprano ste
scarpe nuove per Natale e cominciò a corre. Correa, correa, perché non l’aveva portate
mai.
Kai: si.
Amilcare Carioli
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Pensa un po’ se che lavoro… Anche… anche quando sposavano si mettevano le scarpe, le
chiamavano le scarpe fine. Significa senza chiodi. Senza chiodi, no?
Kai: si.
Appena sposati ce mettevano i chiodi sulle scarpe. Perché non si dovevano consumà.
Anche se erano basse dovevano durà più a lungo, no?
Era… e purtroppo sembra passati secoli, invece so passati 50 anni.
Kai: incredibile.
50 anni fa era così. Fino al 1950, 52 - 53 era tutti quanti così. Tutti. Tutti, erano tutti…
non c’era manco invidia perché erano tutti poveri, capito? La maggior parte.
Qua a Pieve Torina c’erano un po’ di famiglie benestanti, no? Te posso dire gli Antonelli,
forse i Marini, o poi Taccari, no? Questi c’avevano, allora c’avevano… Marchetti,
c’avevano i contadini, erano un po’… Anche a Casavecchia c’erano solo tre famiglie
benestanti.
Tant’è vero che quando moriva uno di questi benestanti, si litigavano i vestiti, no? Perché
la famiglia regalava i vestiti di quel morto, li regalava… a chi li voleva. Si li litigavano le
persone, no?
Kai: si, si.
Perché quello c’aveva qualche vestito fatto bene, capito? Quelli vestiti che l’avea lasciati,
che dopo morto c’erano nell’armadio vestiti, scarpe… allora quelli lì… Lì a Casavecchia
c’erano due famiglie ricche che li davano a li contadini, a chi li voleva, allora si li
litigavano. I contadini fra loro si litigavano i vestiti di quello lì, no?
Kai: si.
Perché sennò, tutti i vestiti sennò tutti quanti con le toppe, no? Co le pezze. Se strappava
e… Le camicie, quando si rovinava il collo, se rovina il collo qui della camicia, no?
Kai: si.
Allora se pigliava, se tagliava un pezzo de sotto, se rifaceva il collo. Qui ce attaccavano
una pezza della… Ma questo fino agli anni 60, ancora facevano così.
Kai: si, si, si.
Rifacevano i colli delle camicie con un pezzo della camicia che stava sotto.
Perciò… adesso sembra… Prima una volta se diceva: “l’America! l’America! l’America!”
No? Dopo tutti quanti a dì: “l’America è arrivata qui.”
Perché tutto sto benessere che se so trovati…
Kai: si, si.
Però, se uno… io tante volte ai bambini che vengono dentro sto museo gli dico che se
oggi stanno bene è stato anche il lavoro de tanta gente che ha lavorato come negri, eh?
Come negri hanno lavorato. Perché l’ore non se contavano. Loro qui, lì se alzavano la
mattina i contadini alle 3 di notte…
Kai: si, mi ricordo molto bene…
Perché doveano anzitutto dà da mangiare alle mucche. Poi falle lavorare di fresco, no
quando c’era il sole. Poi perché alle 10 tornavano a casa. Perché dopo le mucche non, co
le bestie non potevano lavorà più, no, col caldo. Allora alle 3 di notte si alzavano e gli
davano da mangiare. Dopo mangiato le portavano a lavorare.
Kai: io ricordo molto bene quando sono arrivato nel 57.
Co gli aratri, ti ricordi? I campi co gli aratri, co li cosi.
Kai: a quel tempo uscivano dalle stalle a 4 e mezzo dopo aver mangiato un po’.
Si, si, come no. Si alzavano alle 3. D’estate per lavorare i campi, adesso c’hanno i trattori
se alzano pure alle 8 perché col trattore… cammini. Invece co le mucche no, no: quando
ch’è caldo, non lavora, non riescono. Allora s’alzavano alle 3, gli davano un’ora per
mangiare, alle 4 le portavano a lavorare e alle 10 smettevano. Perché dopo era caldo.
Kai: troppo caldo, certo.
E non lavoravano.
Kai: la cosa più, molto interessante dell’Italia è il cambio della gente. Tutti questi poveri
la cosa più bella è che i figli hanno fatto l’educazione, sono andati all’Università.
Ah, eh, ma prima, prima non ci andava nessuno.
Kai: non c’andava nessuno?
Prima, ossia, quando ero ragazzino io, lì a Casavecchia c’era fino alla quinta. E la quinta
Amilcare Carioli
168
la facevano quasi tutti, meno che una certa percentuale (io parlo sempre degli anni, tra
gli anni 40) una certa percentuale non arrivava alla fine: o perché doveva lavorare, o
perché… allora facevano la terza elementare. Però alla quinta ce arrivavano molti già,
molti.
Scuola elementare, Appennino 1947
E dopo, poi dopo dal 50 in poi molti andavano a studiare a Camerino perché c’era il
pullman che andava su la mattina e tornava giù alle 3, solo due volte. Il pullman annava
su alle 6 e mezzo della mattina, perciò gli studenti partivano alle 6, 6 e mezzo, 6 e mezzo
7 andavano a Camerino. Poi stavano lassù, si portavano la merenda, no? Perché
tornavano giù alle 3. Ma capisci poi te dovevi mette a studiare. Non era perché… era più
il tempo che se perdeva con il pullman, non è che c’era, capisci? Quelli uscivano all’una
dovevano aspettare le tre che il pullman partisse.
Kai: si, si.
E perché c’era solo una corsa. E tutti gli studenti… Dopo negli anni 60 invece c’era il
pullman che portava solo gli studenti. Dagli anni 60 in poi c’era un pullman, partiva alle
8, arrivava a Camerino alle 8 e mezzo, solo studenti, e li riportava all’una e mezza. Allora
… era un po’ più…
Io siccome stavo lì a Casavecchia allora andai a Camerino su una famiglia, da una
famiglia a pensione e stavo lì co loro, mangiavo con loro e tornavo a casa il sabato.
Kai: bene, bello. Allora, abbiamo fatto…
Vogliamo staccare…
Amilcare Carioli
169
Amilcare Carioli (Mimmo)
Io sono Carioli Amilcare. Nato … o no?
A 5 anni paravo le pecore sulla Caprareccia: assieme ai nonni ero.
Senonchè, c’èra un gattino, alla notte, mi veniva dentro al lettino a dormire. Una, due e
tre, mi ha stancato, l’ho preso, gli ho messo il laccetto al collo, e l’ho attaccato in una
pianta di ginepro e gli ho messo a mangiare l’erba. Dopo due giorni la povera nonna mi
ha chiesto: “Mirghilù, quel gattino, dov’è?” Non lo so nonna. E io sono andato a vederlo,
e quel gattino s’era strozzato. Perché gli avevo messo il filo al collo e si è strozzato.
Maria: poverino, forse voleva scappar via…
E certo: tirava!
Maria: ma tu abitavi coi nonni?
Si, stavo coi nonni sulla Caprareccia.
Maria: e i genitori, no?
Stavano qui a Roti, stavano.
Poi sono andato a scuola: prima, seconda, terza e quarta elementare.
Maria: a Roti?
A Sant’Agostino.
Kai: parliamo un po’ più di queste pecore.
Ah, di queste pecore…
Maria: di chi erano?
Le pecore erano dei nonni.
Maria: i nonni? Eh, ma allora tu eri un privato… eri un business.
Famiglia Carioli, Pievetorina 1930
Le pecore si paravano quand’era il tempo, nelle pianure, nei campi, altrimenti si annava
nei boschi.
All’inverno, quando c’era la neve, si tenevano sulla stalla: gli si dava da mangiare il fieno
oppure le foglie secche, i fascetti di foglie secche. C’erano i trocchi, i trocchetti, gli ce se
metteva la semola, il granturco quando si sgravavano che c’avevano l’agnello, il figlio. Gli
si dava questa roba qua per fargli avere del latte di più. E poi ad un certo periodo questi
agnelli si vendevano, si chiamava… si sbacchiavano, si toglievano sti agnelli, si
vendevano. E allora la povera nonna tutti i giorni, tutte le sere li pungeva, pungeva il
latte e ci faceva il formaggio. Faceva il formaggio a casa, metteva sto latte nel fuoco, lo
faceva bollire, poi lo faceva asciugare e ci faceva le forme di formaggio; e si mangiava a
suo tempo, quando era un po’ essiccato.
Maria: buono. Quindi formaggio di pecora avevi.
Si, formaggio di pecora era. Formaggio… vero formaggio di pecora.
Kai: e questo è stato venduto?
Amilcare Carioli
170
Maria: veniva venduto?
No… un po’ mangiato, un po’ venduto, ma più che altro serviva per casa perché eravamo
una famiglia molto numerosa. Noi eravamo 8 figli.
Kai: si è vero.
Dopo c’era i nonni, poi c’era le sorelle del poro papà…
Maria: davvero.
C’era zia Maria, c’era zia Peppina, c’era zio Gigetto, eravamo parecchi in famiglia. Dopo di
quello… finito lì.
Kai: un’altra domanda. Dove sono questi campi?
I campi sulla Caprareccia stanno.
Kai: Caprareccia. Ma questo è campo suo o era…?
No, no, Si, si: era di proprietà. Era di … l’ha comprato il poro nonno da Ciccarelli.
Kai: Ciccarelli…
Ciccarelli Anzovino. Da Ciccarelli, l’ha comprato lì il poro nonno. Comprò tutto il terreno,
la casa con tutti i terreni attorno. Comprò tutto quanto.
Maria: quindi era tutto vostro.
Si, si, tutta roba, si, di proprietà; non era in affitto.
Maria: proprietà privata, quindi eravate in proprio.
Si, si, in proprio. E dopo, da lì….
Kai: un’altra domanda. Qualche volta tagliavano le pelli?
Maria: delle pecore… tagliavano…
La lana, si. Si. Tutti gli anni si tosavano. Chiamavano tosare.
Maria: e poi la vendevate o non …
Se vendeva, se vendeva. E dopo se portava a Visso. C’era su che ce facevano la lana, i
fili della lana, poi.
Maria: pensa un po’.
Ce facevano le maglie, poi.
Maria: pensa un po’… io avevo imparato: c’era quella ruota con quel cosino, no? Io avevo
imparato a filare.
Si, si. Dopo la cosa, pure la canapa la filavano pure, con la conocchia.
Maria: la conocchia.
Era chiamata la conocchia. La filavano e facevano i fili, i gomiti di filo facevano. Si, si.
Conocchia e fuso
Amilcare Carioli
171
Kai: e chi facevano quello? Qualcuno che ha comprato o una donna del…
Maria: loro vendevano la lana a Visso.
Si, si la lana a Visso si portava a far filare e po’ dopo si facevano i gomitoli de, le cose …
come era chiamate … le fie … no. Com’erano chiamate, mo non me ricordo adesso, non
mi sovviene. Erano… le mettevano sullu camminarello per farle …
Maria: camminarello, si, si, io ce l’avevo una volta…
Kai: allora continuiamo… non so, questo era la cosa …
Maria: questo per il gomitolo.
E, si, questo per fare le cose … la fiezza, la fiezza la chiamavano. Facevano la fiezza,
ecco.
Maria: oppure si mettevano le braccia così … e la nonna….
Con le braccia così e se passava il filo.
Ce l’ha tutte ste cose…
Maria: e si, a me piaceva tanto; perché qualcuna l’ho trovata qui …
E per fa quello c’era un altro affare … com’era fatto… era un pezzo così… quaggiù c’era
una rondellina piccola, e su una rondellina alta. Giravi con quello e poi se passava il filo lì
intorno. Com’era chiamato non me ricordo quello.
Maria: si faceva prima perché mandava più veloce. Questo è più a casa.
Bè guarda, c’ha pure il macinino. Vedi? No, tutte robe che è bello…
E ce l’avevo pure io, s’è portato via tutto Emilio, tutto a Milano s’è portato quello. Si,
quante cose ha portato via…
Maria: certo in città queste cose valgono tanto.
Quello s’è portato via la madia, s’è portato via un tavolo … se n’è portato via de cose…
chissà ndò le ha messe… mica lo so se…
Tutte il figlio se l’è portate…
Kai: in che anno sei nato?
Io so nato il 5 – 8 – 1921.
Maria: 5 settembre… allora da poco hai avuto il compleanno…
No. 5 di agosto. Si, adesso ho fatto settanta …quattro… 84 anni il 5 agosto. E ne ho presi
85.
Maria: Dio ti benedica.
Si, si. Signore ti ringrazio.
E poi, finito lì…
Kai: alla fine della scuola…
Maria: quando paravi le pecore era solo d’estate perché andavi a scuola …
No, quando paravo le pecore non ci andavo ancora a scuola. Dopo sono tornato giù a
Roti, dai genitori… e sono andato a scuola qui, a Sant’Agostino.
Kai: era una stanza?
Maria: una stanza sola era? C’eravate tutti studenti, vero? A quei tempi…
Si, si… una stanza grande, c’erano i banchi, c’erano due file di banchi.
Maria: e c’era la prima, la seconda e la terza tutti insieme?
No, no, no.
Maria: no?
Solo una classe. Eh! Ma eravamo tanti allora.
Kai: quanti sono?
Eravamo una quindicina, anche venti ragazzi nell’aula.
Maria: tutti in terza.
C’era io con Adorna; so andato sempre da Adorna a scuola, perché…
Maria: Adorna Comizi, Kai.
Kai: ha, capito.
Stavamo nella stessa età, e lei stava di banco avanti a me… Gli ho detto che mi
domandava … Si girava sempre per domandarmi, specialmente in matematica se come
che operazione ce andava, com’era la divisione … come è…
E il maestro Pasini ce tirava la riga.
Maria: il maestro Pasini
Ecco la riga era il doppio di questo, un pezzo di legno il doppio di questo; la tirava così e
ti beccava in testa. E ci azzeccava proprio!
Maria: ci azzeccava Kai, ci azzeccava.
Amilcare Carioli
172
Si, si, ci azzeccava proprio. Non era manco giusto.
Maria: non era giusto per niente, ma sai: era il metodo inglese! Copiavamo dagli inglesi
perché tutti dicevano che era il metodo migliore per educare i figli.
Oppure te faceva mette le mani sopra il banco, poi te menava così!
Maria: mamma mia: t’è capitato?
No, era terribile, guarda… era … il maestro… e c’era dopo una maestra era così alta. La
zoppetta perché zoppicava. La zoppetta la chiamavamo: cattiva pure come il veleno era
quella. Ma io ce so andato pochi giorni con quella. Io l’ho fatte con la Palmieri, prima con
la madre … come si chiamava…
Maria: con la nonna di Gabriella Bellanti: era una maestra.
E poi la madre.
Maria: e poi la mamma.
La prima l’ho fatta con la nonna e la seconda la terza e la quarta co lu maestro invece.
Maria: che maestro era? Chi era il maestro?
Pasini mi sembra che era.
Maria: Pasini?
Mi sembra che si chiamava Pasini.
Maria: questo era quello che tirava la riga?
Parlo de 70 anni fa, eh! No, 75!
Kai: settantacinque anni fa.
Di 75 anni fa.
Maria: beato te!
Kai: e dopo scuola?
Dopo la scuola, finita la scuola, il taglialegna ho fatto. Si andava su per i boschi, se
andava al Monte di Giove era chiamato, l’Urangu… i nomi delle montagne: uno era Monte
di Giove, l’altro l’Urango, poi le Coste di Giulo. Lì si andava a tagliare la legna: si partiva
la mattina…
Maria: ma tu eri piccolo.
C’avamo 10 anni, 11 anni.
Maria: e quindi andavi con tuo fratello anche? Con i fratelli anche?
E, no. Ma certo toccava a me con gli operai. C’erano gli operai. C’avevamo gli operai de
Roti. C’erano quessi de… chiamavano quissi de u’ sole. Era il mese… di cognome Marconi
facevano. Li chiamavano quissi de u’ sole. Un soprannome come c’hanno tanti…
c’avevano tanti.
Maria: tutti avevano un soprannome.
Andavamo via la mattina. Ce veniva a svegliare alle 5 perché dovevamo fare può darsi
anche 6 o 7 chilometri a piedi per andare al lavoro. E ci portavano da mangiare. Pane,
maggiormente era pane e frittata. E l’attaccavi anche a 100 metri e la mangiavi con le
furmighe. Mangiavi la frittata cu le furmighe.
Amilcare Carioli
173
Maria: perché erano venute dentro.
S’erano venute dentro. A mezzogiorno mangiavi pane, frittata e formighe. Quasi tutti i
giorni.
Maria: facevano una sgrullatina… ma mica è vero che mangiavano le formiche, no? Lo
sgrullavi e le formiche cadevano via.
Eheh. Le sgrullavi. La fame c’era pure perché a batte l’accetta te viene fame; non è che
…
Maria: comunque tu hai fatto i muscoli già a quel tempo!
Eh, quanto ho lavorato Maria mia…
Questi voci (?) venivano acquistati dai proprietari, non è che erano nostri. Si
compravano. All’asta si andava. Si andava all’asta e c’erano molti… c’erano i Palombi,
c’eravamo noi, poi c’era… com’è che si chiamava… mò mè sfuggita… de Polverina, stava.
Insomma se compravano all’asta. Se andava all’asta sui comuni di appartenenza, si
andava all’asta e chi alzava di più se lo prendeva.
Infatti uno da 10, 20. Quell’altro 30, quell’altro 40, quell’altro 50. Poi se smettevano,
quello se lo pigliava.
Maria: adesso? Fate così ancora adesso?
E chi ci va più? Adesso non ci si va più? Li boschi è tutti abbandonati. Non c’è più uno che
taglia … non c’è più. Non so se ce sta qualcosa su per la Valnerina. Uno se ce né rimasto,
ma…
Maria: perché non conviene.
So rarissimi. No, ma non lo fa più, non lo fanno più, è un mestiere pesante, signora, è
pesante molto. Non lo fa più nessuno.
Kai: quando a questi altri dici 10 o 20, per quale quantità?
Bè … se erano pezzi di bosco, prima si andava a vedere, sul bosco com’era, se partiva, se
vedeva… Perché doveva avere minimo 15 anni. Se non aveva 15 anni di tempo non si
potevano tagliare. E infatti delle volte non trovavi i boschi da tagliare, perché non
c’avevano l’età.
Invece oggi è tutto abbandonato, tutto abbandonato.
Maria: adesso non importa più niente.
Tutto. Se fracica tutto. Se secca tutto.
Noi, Giove qui quello che parte, Giove, il monte Giove parte da Roti fino a Caspriano. Era
di proprietà dei Taccari, su de Gallano. L’avvocato Taccari, era di proprietà. L’emo
tagliato due volte per intero da Roti a Caspriano. Due volte.
Maria: da Roti a Caspriano, pensa un po’…
E l’Urango lo stesso, era di proprietà sua, dell’avvocato, sempre. Là ce semo stati… che
poi doveva andà, quando era, sarà sempre 800-900 metri per annà… Partivi da Roti a
piedi e andavi su a taglià a 800 metri d’altezza, a piedi. Alle 5 si partiva la mattina. Dopo
avemo prese tutte le querce dell’avvocato Taccari.
Tutte le querce di 16 terreni. Di 16… le posizioni noi le chiamavano. 16 terreni c’aveva,
16 contadini… emo prese tutte le querce e non mi ricordo se pagò un paio di milioni: ma
c’avemo lavorato anni e anni!
Maria: a quei tempi erano miliardi!
Anni e anni c’avemo lavorato. A Bazzano, ce l’aveva tutte a Bazzano, là; a Trignano,
Gallano: tutto, l’avemo tagliato tutto là… sulla posta…
Maria: le tagliavate così…
Se cacciavano proprio dalla terra. Si carpivano proprio dalla terra e poi si diramavano, si
toglieva i rami, e con i fusti ce facevano i cosi delle navi, anche i ponti per le navi.
Maria: quindi la vendevate… si vendevano…
Si, si, se portava giù a Castelraimondo.
Maria: Taccari le vendeva…
No. Taccari le vendeva a noi. Dopo noi co Turchi… eravamo in società co Turchi che era
uno di Castelraimondo. Era uno che facea de cognome Turchi. Eravamo in società con
questo e lavoravamo insieme. Se stava in società; con questo se portavano giù. E la
legna invece se portava giù per le Marche: Macerata, Ancona, Osimo…
Kai: alcuni di questi alberi saranno stati abbastanza grandi per…
Maria: queste querce erano enormi.
E che scherza? Una quercia…
Amilcare Carioli
174
Maria: li vendevano per fare le barche, Kai.
Kai: si, lo so, Maria.
Avemo tagliata una lì al ponte di Basaino, non so se se lo ricorda lì, poco più su della
Caprarecia, c’è una curva che c’era una casa che c’era due famiglie, sull’angolo (vi ci
porterò poi, ce andiamo), c’era due famiglie, poco più su c’era una quercia che era il
fusto era così come sta casa: era così!
Kai: mamma mia.
Ce semo stati otto giorni per cacciarla. Avemo fatto una buca… non mi so spiegare… tutte
e cinque noi col piccone e l’accetta tutte e cinque attorno. Una buca … quand’è cascato
sembrava che è cascato il mondo! Il fusto pesava 110 quintali.
Maria: mamma mia.
110 quintali il fusto pesava. Quello l’ha portato …
Kai: come l’ha portato quello?
Quello l’hanno portato giù col camion a Castelraimondo e so che c’hanno fatto un coso,
un ponte per la nave.
Maria: un ponte per la nave.
Si, mi ricordo che è stato fatto, che è stato venduto… perché era fatto poi, era proprio un
po’inclinato.
Maria: giusto, giusto.
Si, era un po’ inclinato.
Maria: mamma mia. Tu hai vissuto una storia bellissima!
Eh, per carità, quanto ho lavorato! Tanto, tanto.
Maria: e poi quella è la storia della vita, no? …
E insomma, fine a 20 anni ho fatto il taglialegna, facevamo il carbone… ce devo avè, la
devo trovà, sennò te la faccio vedè com’era, ma dove l’avrò messo quelle foto, non lo
so…
Quando facevamo le cotte, io sto… perché si facevano… ecco, dei castelli di legno così:
due pezzi qui e due pezzi qua, no? E si alzava su ad un metro, un metro e mezzo di
altezza. Poi glie se metteva tutto legno attorno, dritto in piedi, attorno attorno attorno
attorno attorno… affinché…
Maria: tutti fusti?
Tutti pezzi di legno. Pezzi di legno più grossi e più piccoli affinché veniva come mezz’ovo.
Kai: come?
La forma di mezz’ovo, veniva.
Maria: mezzo uovo.
Kai: mezzo uovo, capito.
Era chiamata la cotta. La cotta. E dopo da sta buca che stata era fatta co sti quadretti de
legno, se metteva giù foco, poi se metteva un po’ de legna quella più fina che prendesse
foco. E prendeva foco. Poi ogni 3-4 ore si andava a rimboccare. Si rimboccava perché si
metteva giù la legna da questa buca, fino ad un certo punto. E poi il foco veniva su dal
basso. Dal basso veniva su in alto su questa buca, poi dall’alto tornava giù fin da piedi e
veniva fuori il carbone.
Maria: mamma mia, pensa.
Amilcare Carioli
175
Però si doveva coprire, questa cotta si doveva coprire con lo scarapiccio era chiamato.
Scarapiccio. Muschio lo chiamano pure.
Maria: e già, quello che a Natale, quello verde che a Natale mettiamo…
Eh, si, quello, quello.
Maria: lo scarapiccio. The green thinks that for Christmas we put on top of the table to
put the presepio…
Kai: ah, si, blowranches?
Maria: no, is green and flat.
Kai: oh, mos.
Maria: muschio, mos.
Oppure con le foglie si mettevano addosso a ste cotte e po’ ce se buttava la terra sopra.
Si coprivano.
Kai: ah, capito.
Maria: per soffocare…
Eh, si, il fuoco non… Dopo poi quando il fuoco era andato su da capo, che poi tornava giù
e coceva, se faceva li buchi attorno per fa uscire il fumo. Gli faceva attorno tutti buchi.
Quindi, giù in basso e quando il fuoco poi era arrivato da piedi, si spegneva, si levava sta
terra e poi si doveva togliere da mezzo alla terra col rastrello … poi se mettevano i sacchi
…
Maria: e veniva fuori carbone pulito pulito?
Carbone, no. Pulito, si, all’ultimo doveva esse pulito: la terra, beh la terra è pesante
Amilcare Carioli
176
rimane, quello era più leggero, capisci? Dopo era chiamato il cannello e lo spacco era
chiamato. Il carbone: cannello e spacco. Il cannello costava di più.
Maria: perché era pulito, oppure?
Si, perché era più resistente, era più… costava… non so, se quello costava 4 soldi,
quell’altro costava 6 soldi può darsi. Lo spacco era quello con la legna spaccata più
grossa. Si metteva li pezzi grossi. Invece il cannello era tutta legna fina. Quello era
chiamato il cannello.
Kai: interessante, si.
Maria: non ho mai sentito…
E quello di quercia per esempio, quello di quercia non era adatto perché schizzava, la
quercia. Quando mettevi sto carbone nel fornello, schizzava un po’.
Maria: ah…
Invece il cannello no. Quello non lo faceva. Il carpino, ornello, acero, quello era…
Maria: il migliore
Si, era il migliore.
Kai: perché? Quali alberi erano meglio?
Era il carpino, l’ornello, leccio, l’acero, e il carbone d’elcio era il migliore: quello era molto
più resistente degli altri, per esempio.
Kai: di che?
Maria: elcio.
Elcio. E ci sta un bosco qui che è chiamato Lerici. Qui, dov’è che stava… dunque lì
l’Urango, Giove…
Kai: querce no eh?
Maria: le querce no.
Lerici è su… mi sa sopra la Caprareccia, su c’è una montagna più chiara chiamata Lerici.
Quello è il carbone d’elcio era il migliore di tutti carboni.
Maria: mentre la quercia no.
Quello di quercia non molto perché schizzava, come ripeto. Quando sventolavi per farlo
prendere schizzava le scintille, faceva sfisss…
Kai: sparks
Maria: sparks
E si. E quello l’ho fatto fino a vent’anni. Fino a vent’anni ho fatto quesso lì: facevo il
carbone e via di seguito. E si portava giù. Dopo da vent’anni in poi…
Kai: quanto hanno pagato per questo lavoro?
Maria: quanto pagavano per questo lavoro? Quanto pagavano gli operai?
Soldi al giorno era. 10 soldi al giorno.
Kai: soldi era quanto?
Maria: eh, una lira erano 10 soldi o 100 soldi?
100… 20… c’era dunque 1 soldo, 2 soldi, 4 soldi, 10 soldi… ancora ce l’ho su casa io. 10
soldi e poi c’era 50 soldi, poi c’era la lira mi sembra, la lira che era ecco la lira era così,
era.
Maria: quindi 100 soldi una lira, come… il dollaro: 100 centesimi…
Kai: ah, si.
I centesimi, c’erano anche i centesimi. Addirittura anche i centesimi mi ricordo.
Maria: oh, è vero, i centesimi! Quindi un soldo non era un centesimo.
Kai: no.
Maria: Quindi una lira erano cento centesimi. Un soldo era cinque forse.
Kai: cinque soldi per un centesimo?
Maria: no, no, no… bisogna…
No, no, mo adesso, eh, questo non mi ricordo… tanto facile non mi ricordo queste cose
qui del centesimo.
Maria: no, ma pagavano a soldi.
Si, si, a soldi. Eh, ma io so annato… quando so annato a Roma nel 1950, nel 1950,
prendevo 10 lire a settimana eh? Ottobre 1950 so annato a Roma e prendevo 10 mila lire
a settimana. E per fare il pane, perché si faceva il pane al mattino e al pomeriggio, al
pomeriggio nelle ore di riposo dalle 2 alle 4 e mezza, io e un collega facevamo 3 quintali
di farina, che venivano quasi 4 quintali de pane, 3 e 60, 3 e 50 quintali, chili di pane.
Pigliavamo una lira e mezza per uno. Una lira, quelle lirette … eh non ciò il portafoglio
Amilcare Carioli
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sennò ce l’avevo dentro al portafoglio, quelle lirette piccole…
Maria: però me le ricordo… leggere leggere, non pesavano niente…
Si, è così, ecco. Così. Una lira e mezza.
1 lira
Maria: pomeriggio.
Pomeriggio. Lavorare due ore e mezze e fare 3 quintali di farina. Tutto a mani. Impastato
tutto a mani. Dopo con la stecca, se metteva su al forno co una stecca lunga di 3…
Maria: con una pala lunga lunga…
No, no: una stecca proprio era.
Maria: una stecca? Proprio…
Una stecca si, una stecca larga che c’entrava la ciriola era chiamata. Allora c’era la
ciriola. La ciriola si fa anche qui adesso, e so così, era pane così. Se metteva l’una avanti
l’altra e poi se infilava su sta stecca e poi se doveva fa svelti a tirarla, ma se non lo
sapevi fa tanto le cappottavi però! Li primi tempi se rovesciavano tutte e non veniva
bene.
Maria: la dovevi buttà via…
E poi c’era invece per i filoni, si facevano i filoni da mezzo chilo o da un chilo, e allora
c’era la pala. Con la pala lo stesso la mannavi su, mettevi su la pala poi la tiravi svelto e
quella rimaneva perché era rotonda, era un po’ più grossa. Ma la ciriola… dopo le frustine
se facevano, le frustine poco più grosse delle dita, e quelle era molto più difficile ancora
infornarle.
Maria: ce credo.
Eh, perché poi i forni erano… non erano tutto dritto, erano rotondi, erano rotondi i forni.
Prima dovevi riempire da una parte, poi man mano, man mano… quando infornava in
mezzo era più bello perché la buca poi era così ecco, non era grande la buca.
Dopo invece il primo forno che vennero fuori, mi pare che erano tedeschi erano, allora
c’era un affare ecco come questo tavolo. C’era due maniglie qua, due maniglie e c’era gli
scorrevoli… dentro al forno se infilava su questo e se tirava indietro e il pane cascava
man mano che tirava giù il tavolo… cascava la ciriola, il panino, il filone. Allora con quello
se faceva bene, perché era tutto dritto, era quadrato, non era come quell’altri che erano
rotondi, i primi tempi che stavo a via Orvieto.
Maria: era più facile metterli in fila.
Si, si. Il forno era grande come sta casa diciamo, come sto appartamento, era grande
così, e se infilava su sta tavola, su sta cosa, questo tavolo fatto apposta come un telo che
girava, tiravi giù e cascava il pane man mano che tiravi, il pane cascava davanti.
Kai: e questo è il forno per il suo negozio?
No, da mio cognato stavo. Stavo a stipendio da mio cognato, a mesata. Si, sono stato
vent’anni.
Kai: e questo era a Roma?
A via Orvieto, a Roma. A Roma in via Orvieto.
Kai: che anno?
Nell’anno… io so annato lì nel 50, so stato vent’anni. Dal 50 al 70. Però i primi tempi,
ripeto, c’era sto forno rotondo, dopo… dopo una decina d’anni me pare, è venuto sto
forno, me pare era un tedesco, era una cosa… una ditta tedesca che faceva sti forni.
Amilcare Carioli
178
Maria: le prime televisioni… erano tutte tedesche, no?... Grunig
E allora il lavoro era molto meno, se faticava de meno, era più facile, capisci?
Ma io i primi tempi… dal nero so andato al bianco: qui facevo il carbonaro, laggiù la
farina… me se attaccava tutta sulle mani, non ero capace… perché era tutto a mano,
adesso è tutte macchine… e infatti telefonai a quella porella e gli dissi, dico io non glie la
faccio qui a sta qui, non glie la facevo, io vengo fuori perché io non gliela faccio.
Quella mi si raccomandò: ma dò vai, ma che te metti a fa, qui come famo dopo… e allora
comincia a resiste. Dopo poi sa, mio cognato me cominciò ad avè fiducia e m’ha dato le
chiavi, aprivo io, chiudevo io, ordinavo la farina… insomma m’ha dato un po’
d’importanza e allora sa, me so invogliato un po’ di più, capito?
E so stato lì, come ripete, la sera facevo li conti io, tante volte lui non veniva, oppure
andava… nel mese di luglio se ne andava a Chianciano per un mese (perché era malato di
fegato) e c’avevo tutta la responsabilità io.
Maria: quindi l’hai aiutato tanto…
Ah, bè… e la casa, quando mi so comprato la casa non c’avevo una lira e lì dove ho
abitato… perché prima ho abitato per 5 anni a Primavalle. E da Primavalle ad andà giù a
San Giovanni so 18 chilometri. Per 6 mesi l’ho fatta in bicicletta, 6 mesi. Dopo giù per la
strada, per la discesa di San Pietro, adesso non so se la conosci ma, venendo giù è così
è! Me sé spezzato il manubrio della bicicletta nel mezzo, so andato giù lungo ho
camminato 10 metri: non me so fatto un graffio Maria! Un graffio: niente!
Maria: tu sei benedetto, veramente.
Niente, giuro eh. E dopo d’allora me feci il motorino era chiamato il Mosquito, motorino
Mosquito, che con una leva, se piglaiva una leva e s’attaccava al rullo sulla ruota della
bicicletta, muovendo una leva, poi pedalavi e si metteva in moto e annnavi, c’era il gas, i
freni e… come una bicicletta era però c’era questo motorino applicato.
Mosquito
Maria: non dovevi girare…
No, no, non pedalavo. Dopo feci il Motomme.
Maria: Motomme come si scrive?
Era… Motomme! Mo-to-mme.
Maria: Motomme.
Quello era di cilindrata 48, ecco c’aveva un pistone così, però quello pure… però con un
litro ce facevi 30 chilometri, non era… consumava pochissimo.
Maria: quindi non faticavi, non pedalavi.
Amilcare Carioli
179
Motom
No, no, non pedalavi… Dopo ho fatto il Guzzetto, della Guzzi.
Maria: quello me lo ricordo.
Che c’aveva le marce di lato, di lato dal serbatoio c’aveva le marce.
Maria: c’aveva un serbatoio mi ricordo…
Si, un serbatoietto si, ovale così…
Maria: ovale
A mezzo e sul lato c’aveva le marce.. a Roma ce stava uno che ho visto, da coso, com’è
che se chiama? Quello che sta lì a villa Fiorelli… il grossista lì… il nome ora mi sfugge… Ho
visto che ce l’ha questo…
Guzzetto
....e dopo del Guzzetto la Topolino A! Con mezza balestra. Perché la balestra partiva da
davanti e arrivava al differenziale (differenziale dove stanno attaccate le ruote dietro).
Quella ce l’ho avuta pure per un po’ di tempo. Dopo di quella feci la Topolino B!
Maria: quella me la ricordo.
Capottabile. Quella che s’apriva sopra, che c’aveva il telo.
Maria: ce l’aveva Lucio, si me la ricordo.
Amilcare Carioli
180
Topolino A
Topolino B
Dopo di quella c’ho avuta la Bianchina Panoramica era chiamata. Che era pure quella
capottabile comprata da Menchi a Muccia: era sotto rossa e sopra bianca quindi qui a
Pieve Torina sembrava che c’avevo un aereoplano! “Guarda Carioli c’ha fatto…!”
Maria: “Guarda Carioli … guarda…”
Bianchina Panoramica
Dopo di quella c’ho avuto il Volkswagen, poi ne ho cambiate tante, de macchine ne ho
cambiate tante…
Maria: e al vita com’era a Roma in quei tempi quando tu eri lì?
Bè, non si stava male.
Maria: perché era appena dopo la guerra…
Kai: no era prima…
Maria: era durante la guerra
No, bè, la guerra no, era finita, nel 50 non c’era, la guerra nel 42… la guerra io stavo…
Maria: eh, dove stavi durante la guerra?
Dovevo partire, dovevo andare al fronte, ma il poro papà aveva conosciuto un
maresciallo al distretto di Macerata e mi fece segnare in aereonautica. Allora
l’aereonautica è partita un anno dopo. Anziché partire a 21 anni, perché allora a 21 anni
se annava perché la maggiore età era 21 anno, anziché partire a 21 anno so partito a 22.
E a 22 non mi hanno mandato più in aereonautica, sono andato alla Cecchignola, all’8°
reggimento artiglieria, alla Cecchignola, e so stato là due anni.
Ci so stato due anni. E c’era, doveva venire anche il poro Nanni assieme a me, però il
Amilcare Carioli
181
poro papà c’ebbe da dire qualcosa con il poro Gigetto Servili, perché Gigetto era il padre
de Fausto de Nanni, de Pina…
Maria: me lo ricordo.
Ecco. Se urtarono un po’ e lo mandarono, poro Nanni, in Sicilia. E che poi il poro Nanni
stava sempre male. Se te lo ricordi no? era sempre malato…
Maria: tubercolosi
Infatti è morto giovanissimo, che c’aveva non so 24-25 anni de più non c’aveva me sa…
E dopo invece a forza di, se so pacificati e l’hanno fatto venire lì, assieme a me. E si
dormiva, si dormiva lì alla Cecchignola, nei letti a castello: 3 piani era. Primo piano,
secondo e terzo piano. Al poro Nanni hanno dato il terzo piano.
Quillo poraccio era abituato qui a Bora Bianca… la madre lo teneva come una reliquia!
E… io però quando è venuto era tardi, alla sera, ero a letto, già, ho visto che penava
tanto, ho avuto compassione, so sceso, l’ho aiutato, gli ho rifatto il letto, l’ho sistemato
tutto quanto… E’ stato lì però 2-3 mesi poi l’hanno congedato perché stava male, non…
Maria: me lo ricordo, me lo ricordo.
E invece lì io ho fatto due anni. Due anni, però dopo so andato via da lì, sono andato al
Centro Automezzi Speciali. Cacas era chiamato, sempre lì alla Cecchignola… si, venivano
da tutte le altre cose…
Maria: un lavoro importante.
Bè certo, era lavoro, però era una soddisfazione per me mi piaceva portare… un trattore
era alto come sta cucina. C’era le gomme erano così alte.
Maria: mamma mia.
E snodabile a mezzo era. Se snodava come… così ecco. E facevamo scuola a sti ragazzi,
venivano da tutte le parti d’Italia, venivano lì, era Cacas Centro Addestramento
Automezzi Speciali, era chiamato. Dopo c’era quell’altri trattori, non me ricordo
com’erano… c’ho la fotografia, su a casa ce l’ho la fotografia c’ho da vedè. Si, eh
insomma…
Maria: c’erano i bombardamenti a Roma? Tu non l’hai…
Eh, mbè non me ricordo… si, c’era qualcosa c’erano ai tempi di… ma però era quasi
all’ultimo… c’era, c’era, eh, avoglia.
Maria: quando i tedeschi assediarono Roma… tu c’eri? Stavi lì quando…
Eh, me ricordo vagamente di questo, non me ricordo tanto perché, come ripeto, so
passati 70 anni. Qualcosa mi è rimasto in mente, ma… anzi, anzi.
Maria: comunque tu al negozio vendevi, facevi il pane e vendevi.
Dopo si, al negozio io stavo lì, alla sera se faceva sto lavoro, sennò stavo al banco, su,
eravamo 5 commessi. Cinque più la cassiera.
Maria: quindi tanta, tanta…
Eh, lavori… ma se faceva 6-7 quintali dalla mattina e 3 quintali la sera; se faceva 7-8
quintali di farina al giorno eh?
Maria: tuo cognato guadagnava bene!
Eh, guadagnava bene si. Guadagnava, sa… c’era il personale da pagà pure, c’erano 4
fornai giù che facevano proprio il pane, si. Eravamo 4, 9, eravamo10 o 12 persone. E 10
o 12 stipendi… vabbè che, come ripeto, erano 10 mila lire a settimana, ma il pane puro
costava 5 lire al chilo, quindi a 5 lire al chilo. Lo scudo, lo scudo era, 5 lire.
Maria: lo scudo, 5 lire, erano d’argento.
Amilcare Carioli
182
Kai: e lei ha aperto un suo negozio?
So stato lì 20 anni. 20 anni so stato lì con mi cognato, dopo siccome c’avevo i figli che
erano grandicelli e non sapevo… uno aveva fatto ragioneria, ma… posto non se trovava.
Maria: e certo.
Quell’altro partiva per andà a scuola me andava a donne! Le piaceva le femmine come il
padre! E allora che gli fai? Tocca trovà qualche sistema.
Allora chiesi a mio cognato: “senta io… devo risolvere la questione dico: o me lo dai a
mezzo, o in affitto o me lo vendi, come te pare, perché altrimenti io co li figli devo fa
qualcosa, non li posso tené in mezzo alla strada”. E mi disse “non ti posso far niente
Mimmo”, perché aveva comprato un altro negozio in viale Carlo Felice per una cognata.
Maria: pensa un po’…
E allora ha comprato questo negozio e mò per il momento non te posso fa niente… e dico
mi dispiace allora io me ne vado dico, me licenzio perché avevo trovato (già avevo
provveduto) perché avevo trovato questo negozietto che poi ho preso… era di uno di
Castello il negozio, di qui di Castello era.
Lo vendeva, so andato lì, 8 milioni pagai, me ricordo.
E allora andai via da lì e mi misi lì. E lì ce stato 25 anni. Pagai 8 milioni… e mi ricordo feci
parecchie… non ce l’avevo li soldi, c’avevo qualcosa ma… perché avevo comprata casa,
quando avemo comprato casa li soldi me li aveva dati lui, mio cognato. E li restituivo
man mano ad ogni mese se ritirava qualche cosa, non so se… non mi ricordo quanto
pigliavo… quanto se poteva piglià allora… 4x9… un trentina… 40, 30-40 mila lire al mese,
mica più…
Feci un po’ di cambiali… mi cominciai un po’ ad impressionà, me prese un esaurimento
fortissimo che so arrivato a pesare 47 chili!
Maria: mamma mia, questo non lo sapevo.
Eh, si. Non lo so come gliel’ho fatta, mi pareva d’andammene quasi, quasi, invece ancora
sto qua. Si, ringraziando il Signore….
E veniva quella poretta la sera: “ma oggi abbiamo incassato tanto… Mimmo abbiamo
lavorato, non ce la facevamo… su, tirate su, vedi da…” Non glie la facevo: l’esaurimento è
brutto. E lei, lei ci ha sofferto molto pure lei… se n’ha pigliate tante di Tavor… non lo so
quando scatole, quanto ci ha sofferto pure lei.
Maria: Tavor per dormire?
Tavor per l’esaurimento.
Maria: adesso lo danno per dormire, il Tavor.
Insomma lì ce so stato 25 anni. Lì ho lavorato e grazie a Dio… dopo sto figlio aveva fatta
la domanda è annato al Ministero delle Finanze. E’ stato 10 anni al Ministero delle
Finanze a Bergamo. E poi lì era diventato vicedirettore, però c’era tutti baresi e calabresi,
fumavano solo la sigaretta.
E’ andato dal direttore, gli ha detto che dobbiamo fare qua dice, lo famo, gli famo
lavorare sta gente o gli devo fa fumà la sigaretta? Quello gli ha risposto: “signor Carioli
non le posso far niente!” Io da domani mi licenzio e me ne vado.
Maria: bravo, vedi…
Amilcare Carioli
183
Se né andato, se messo per conto suo a fare il commercialista e come allora lo fa tuttora.
Maria: quello è il migliore di tutti.
E’ stato parecchio a Bergamo, non mi ricordo quanti anni c’è stato, poi si è trasferito a
Milano.
Maria: ma lui era all’avanguardia perché adesso c’è che tutti fanno il commercialista, tutti
si mettono in proprio, ma 20 anni fa no.
Embè, ma ha lavorato, coi soldi che ha speso, per carità… digli a quessa quello che c’ha
su a casa, lui un sacco di roba… quando è venuto che c’aveva? Diglielo in camera se che
era…
Mamma mia, non si capiva niente in quella camera… Dovevi vedè gli abiti, le cose lì di
quella bambina, la roba per carità di Dio… Qua, là, mamma mia: io non sapevo dove
mette le mani.
Maria: guadagna molto e spende molto.
Le machine, uh quanti ne ha spesi non lo so… le machine ne ha cambiate più de lo padre.
Maria: bè, è come il padre all’eccesso.
E’ uguale, come il padre, come il padre. E però sé comprato anche 3 appartamenti a
Milano eh? Ce n’ha uno bello grande che valerà più di un miliardo e quello quand’è
separato, quando s’è separato la moglie, hanno fatto le divisioni e quello è toccato alla
moglie, lui ce l’ha un po’ più piccolino. Poi è venuto giù ha fatto tutti i pavimenti in legno,
di noce, tutte le finestre, tutte le porte l’ha comprate de noce qui da Romeo. Le piante
proprio ha comprate l’ha portate su a Milano dal falegname s’è fatto fa tutte le porte su
misura, tutte le finestre tutto quanto, li pavimenti, tutto… non lo so quanti milioni ha
spesi, non lo so.
Maria: e adesso abita in questo appartamento?
Adesso abita in questo appartamento. Più c’ha una casa su in montagna a … te ricordi tu
come si chiama?
Maria: vicino a Milano?
Su sopra verso Bergamo. Su in mezzo alla montagna sta. A Santa Brigida.
Maria: sulle Alpi, tutti vanno in vacanza a sciare…
E poi per giunta si è fatto una macchina fuoristrada che quella pure consuma, poi…
Maria: e quanti anni ha?
C’ha 59 anni.
Maria: 59 anni!
E’ del 48, si. E c’ha una ragazzina piccola. 15 marzo 1948.
Si, ho sposato nel 47 io… nel 48 è nato, lui è nato di 7 mesi. Quello era di 7 mesi, quello
che doveva morire… sia la madre che il figlio, dovevano morire tutti e due, e invece… la
madre ha 78 anni e lui ce n’ha 59.
Kai: parlando del passato, come erano i tempi con i fascisti durante il 43?
Eh, i fasciti! Eravamo fascisti allora… uno ce s’adagiava… che dovevi fa? Era quella la
vita.
Maria: dovevi prendere la tessera…
Eh, se portava la divisa…
Maria: sennò ti mettevano in prigione.
Ma ché, scherzi! Poi le femmine erano Piccole Italiane.
Maria: anch’io ero Piccola Italiana…
Balilla c’era…
Maria: io ero Piccola Italiana e marciavamo… anche Mussolini venne una volta a Ferrara…
La ginnastica sulla piazza…
Maria: la camicetta bianca e la gonna nera…
Eh, tutti con la camicia nera: a noi facevamo i carbonari ce andava bene, dovevi portà
tutti la camicia nera…
Kai: lei portava la bandiera?
Maria: si marciava attraverso la città, tutte la classe in fila. Io ero arrivata in ritardo…
siccome dovevamo essere due per due, non c’era quella che poteva star con me, mi mise
(la maestra) davanti a tutta la squadra…
Con la bandiera, tricolore.
Maria: con la bandiera. Allora ero orgogliosa di marciare per Ferrara e questo Mussolini lo
Amilcare Carioli
184
faceva per farci sentire orgogliosi, capisci?
Kai: e per i ragazzi che cosa…
Maria: Balilla. E poi Piccola Avanguardista…
Eh, Avanguardista, poi tutti non me li ricordo… tutta la gradazione, man mano che uno…
Maria: … ci si sentiva patriottici…
Bello, era bello.
Kai: tutta la sua famiglia era così… bene… oh, un’altra cosa: abbiamo parlato l’altro ieri
della musica che lei faceva quando tu eri giovane.
Eh, da bambino suonavo un po’ l’organetto era chiamato allora. Fisarmonica non c’era
ancora. Era chiamato l’organetto… ma sa, non è che c’avevo uno che ti imparava questi…
e po’ non c’era il tempo.
Maria: imparavi da solo
C’era da lavorà. La sera può darsi, si sa, qualche… alla domenica bho… dopo però me
piaceva più andà co le femmine. Andavo a femmine perché io me so stato fidanzato a 10
anni a Caspriano. Lo sai do sta Caspriano, no Maria? A 3 chilometri da qui.
Maria: Caspriano, la basilica.
C’è una chiesa.
Kai: si, si.
Maria: una chiesa tanto bella.
Caspriano, Chiesa di Santa Maria.
Lì c’era il contadino e c’era la figlia di sto contadino e… mi so innamorato, c’avevo 10
anni. Si chiama Lisetta, ma non lo so s’è morta, ma non credo perché ci so stato a
trovarla niente di meno … 4 anni, 3 anni fa? Tu ancora non ci conoscevamo ancora.
No non ci conoscevamo perché cercava moglie, allora è andato su e quella stava su una
sedia a rotelle.
No, ma io ce so andato lo sapevo che era sposata. Lei è sposata, sta qui a Castello di Fior
di Monte, com’è chiamato, Castello no?
Maria: verso Fiordimonte?
Sopra Fiordimonte. Castello è chiamato. Castello di Fiordimonte. Lì, so andato a trovalla,
stava sulla sedia tutta accoccolata, lì. C’era la sorella, mi ha abbracciato. Se ha visto il
sole non era tanto! M’ha abbracciato: i baci che mi ha dati… Madonna mia…
Maria: si ricordava di te.
Amilcare Carioli
185
Era una bambina, lei era la più piccolina. Che c’aveva? Lei avrà avuto 2 o 3 anni, più non
c’aveva e lei ce n’aveva 10. Fidanzato. E a 12 anni fidanzamento ufficiale a Roti. I
genitori di lei a casa mia so venuti. Fidanzamento ufficiale: 12 anni.
Kai: 12 anni. Mamma mia.
Ma io Maria da ragazzo dimostravo molto di più.
Maria: eri più maturo.
Ero uomo insomma.
Ma i genitori di lei pure so mezzi scemi… a 10 anni è una ragazzina!
Maria: no, ma ai vecchi tempi si facevano i matrimoni. Ancora adesso li fanno in Cina: i
genitori decidono che il vicino di casa è un buon… è di buona famiglia e si promettono i
figli.
So stato 3 anni insieme. 3 anni insieme, dopo io ho fatta… perché là a Roti organizzavo
sempre le feste da ballo io ero… sa, dato che strofinavo un po’ questo organetto… e dopo
c’era…
Maria: cantavi?
Si, cantavo pure molto bene, si. Facevamo, ti ho detto, se piantava a maggio no?
Maria: si.
Si piantava st’albero di abete e si faceva a gara tra paesi a chi lo potava più alto… sa per
aver… per essere orgogliosi di quello che si faceva.
Maria: certo.
Dopo glie ce se metteva su da capo una roccia, se lasciava la punta verde, co una roccia
co tutti i fiori, rose ce mettevo, pezzi di rossi, di band… la bandiera su in cima ce se
metteva e poi tutti i sabato sera si andava cantando sotto le finestre delle ragazze; si
cantava in tutto il paese lì de Roti.
Maria: e tu andavi dalla tua ragazza.
Anche lassù andavamo, fino a Caspriano, pure da quella, si.
Kai: anche altri?
Si, si, eravamo una diecina, dodici ragazzi, mi ricordo, 15 così. E poi alla fine di maggio si
andava a riscuotere, si chiamava.
Kai: ris?
Maria: to riscuotere, to get out from money… from the bank
Kai: ha, capito.
Si andava di giorno, ultima domenica di maggio, si andava e ste donne, ste ragazze,
facevano a gara a chi poteva fa la canestrella più grande, con più ova, più infioccata, più
bella, più carina… sa, facevano a gara a chi la poteva fa più bella. E po’ dopo se faceva
un pranzo e s’invitava sta gente, era tutti insieme…
Maria: erano tradizioni che i tuoi zii avevano fatto, anche tuo padre, avevano fatto la
stessa cosa, no?
Si, si, si. E, certo, quello era un giro si, si…
Maria: le tradizioni. Le tradizioni della campagna. Della campagna qui intorno.
E se facevano. Se ballava ecco, là. Finiva così il mese di maggio.
Maria: ma è un gran divertimento perché…
Dopo pure si andava a fa le serenate alla fidanzata. Tante volte ce se andava… de sabato
specie ce se andava.
Maria: anche al paese tuo?
Eh!
E io me ha imparato un po’ Raffaele Vergari, se te lo ricordi non lo so. Quello che sta su
alla casa su, sopra il camposanto.
Maria: Vergari, sopra il camposanto…
Quella casa isolata.
Maria: bè, l’ho sentito dire il nome, ma non so sicura che lo riconosco.
Che faceva … era fidanzato con zia Peppina. Allora veniva lì e mi portò sta fisarmonica e
ogni tanto… la lasciò lì…
Maria: ecco, per queste serenate non c’erano delle regole che se la ragazza accendeva la
luce…
Se la gradiva, si.
Maria: la gradiva.
Sennò altrimenti se stava scuro.
Amilcare Carioli
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Maria: sennò voleva dire che … dovevate andar via.
No, no, non gli interessavi…
Maria: ma se accendeva la luce, era gradita, e allora il padre vi invitava a mangiare il
prosciutto.
Si, si, come no.
Maria: mi pare che fosse prosciutto…
E si, se faceva. Se faceva … e facevano gli scarcafusi di carnevale. Gli scarcafusi erano
chiamati. Erano dei cerchi così. Scarcafusi. Le frappe. Le castagnole tutte arricciate,
erano un po’ tagliate co una rotina che gli faceva tutti segni…
Maria: a zig zag.
Si.
Che pure io ero paesana, capito?
Maria: il paese tuo era piccolo come questo…
E dopo con lo ripetere…
Ce usava ste serenate…
Maria: eh, Pieve Torina molto di più… era tanto bello. Io dico che peccato che le nuove
generazioni non hanno queste cose.
No. No. Tutto finito. Per carità. S’ammazzano co le macchine, corre.
Maria: Discoteche… Hanno bisogno della droga per avere queste sensazioni che noi
c’avevamo…
Ma allora c’era la bicicletta. Io per avere la bicicletta, per comprare la bicicletta, la prima
bicicletta che ha comprato papà costava 2 lire e mezza, 2 lire e mezza una bicicletta,
però erano tante, certo 2 lire e mezza erano tante, so stato 3 giorni e 3 notti senza
scendere dal letto; 3 giorni e 3 notti! A Roti stavo.
E poi una mattina è venuto dalla povera mamma: “Mirchirù su alzati che papà ti ha
lasciato li soldi!” Capirai: ho fatto uno schizzo! E so andato a comprarla a Pieve
Bovigliana.
Maria: ma pensa: perché tu t’eri rimasto a letto per protesta?
Si, si. Perché non me dava li soldi per la bicicletta.
Pieve Bovigliana… come si chiama… ora me sfugge il nome, sennò me lo ricordavo pure
sai chi era, come si chiamava quello là de Pieve Bovigliana che ce comprai sta bicicletta.
Una bicicletta azzurra da donna, mi ricordo era. Con i cosi dietro per non far prendere
alle donne le sottane…
Maria: le sottane nella ruota.
Capirai quando venni con quella bicicletta a Pieve Torina sembrava che c’avevo un
aeroplano! Capirai, non ce l’aveva nessuno perché … io, te l’ho detto, per averla ho fatto i
3 giorni di sciopero. 3 giorni e 3 notti non mi sono mai alzato dal letto, senza mangià,
senza niente.
Maria: hai capito? Senza bere…
Niente, niente, niente.
Prima era così. Era difficile.
E poi dopo ci so stato 3 anni fidanzato. Poi feci… organizzai una festa perché ne
organizzavo spesso io a Roti lì ero maggiormente io che organizzavo… dopo gli altri mi
davano, mi aiutavano, ma maggiormente organizzavo io.
Maria: tu eri il capo.
E organizzai e c’era Balzi. Qui a Pieve Torina, te lo ricordi Balzi?
Maria: il macellaio?
No, Balzi c’aveva la frutta.
Maria: la frutta?
E c’aveva una nipote… era una bella ragazza che adesso sta a Roti, si è sposata a Roti co
uno dei Palombi. Menica si chiama. Ce portò allora sto Balzi, c’era una certa amicizia con
papà, ce portò questa a ballà lì.
E mi rimase un po’ impressa e mi innamorai. E allora lasciai perdere quella di Caspriano,
quella che era 3 anni, pora figlia, che me ricordo, me ricordo che so passato col povero
Antonio, Antoniaccio lo chiamavano, il figlio di Salvatore, ti ricordi?
Maria: si! Il marito di Caterinaccia.
Eh.
Maria: si, si, mi ricordo.
Amilcare Carioli
187
Quello, venivamo giù con la cacciatora, col mulo e portavamo caricate le fascine. Tu
pensa che cervello che c’avevamo. Quello per non legà le fascine m’ha fatto mette a sede
sullo zoccolo della martinicchia della cacciatora. C’erano gli zoccoli della martinicchia, no?
La martinicchia, la chiamava il freno, come adesso… allora se chiamava martinicchia…
m’ha fatto mette a sedè lì e teneo ste fascine io da una parte, lui dall’altra. Tutto un
momento me s’è carpita la frasca nella… so andato co la gamba dentro la rota. Roba da
rimanè… e me s’è rotta la gamba. Me l’ha rotta. Fortuna non me l’ha stritolata. Perché lui
appena ho strillato è andato là ha chiappato un mulo sulla testa e l’ha fermato. Lì a
Caspriano proprio. Sulla curva, su quelle curve brutte di Caspriano.
Maria: pensa un po’.
Kai: si, si. Incredibile.
E insomma questa me chiamava da là, questa stava lì a Caspriano me chiamava, me
chiamava…
Maria: Menica?
La la… Lisetta, Lisetta, l’ex fidanzata. E io facevo finta di esse sordo, non ho sentito… è
rimasto così.
Maria: (ride) vi siete lasciati in questo modo?
E si. L’ho lasciata così.
E, come ripeto adesso, 4 anni fa so andato a trovarla stava al Castello di Fior di Monte.
Però lei non m’ha riconosciuto. Era tutta… stava tutta così su una sedia… tutta
incappottata…
Maria: eh, ma 85 anni anche lei…
Eh, si. E dopo lì a Caspriano c’ho fatto l’amore altri 3 anni. Con Maria Valentini, la figlia
de Pasquale lui se chiamava il padre e la madre Caterina, mi ricordo.
Maria: di Roti.
No, stava su a Caspriano. Perché quella con (…) dopo da lì so andati via, so andati a Fior
di Monte e quella è venuta da Capriglia. Stava alle cappanne a far la contadina.
Maria: e ha preso il posto di quella…
Da là siamo venuti qua a Caspriano e dopo questa veniva ad imparare un po’ la sarta da
zia Maria a Roti. Però era fidanzata. Quella pure s’era fidanzata a 10 anni. Era, era 10
anni che stava assieme a questo. A lo Buzzurro se chiamava. Che poi se l’è sposato.
E però io a forza de fa, a forza de, a forza di… glie l’ho fatto lascià via e mi ci so messo.
So stato 3 anni assieme a lei.
Bravo.
Tre anni. Altri tre anni. E poi ce siamo lasciati, sé rimessa con quello e se l’è sposato che
gli è morto poco fa. E so stato pure a trovarla a Visso adesso sta.
Maria: a si?
Si, ci so annato a trovarla…
Maria: come si mantiene?
Eh, è diventata… non era… già non era bella da giovane, adesso per carità di Dio!
Lasciamo perdere. Era però di una simpatia immensa. Era brutta, però una simpatia
immensa c’aveva.
Maria: eh, delle volte sono anche più interessanti…
Si, si, non era bella. Infatti… gli ho detto: “te ricordi che ce dovevamo sposare”… ce so
stato, te ricordi? E dice “mi ricordo, mi ricordo, quelli due non so stati contenti, non
erano contenti de avermi risposto… adesso stava là lì casa…
Maria: ah, quindi si ricorda bene eh?
E, no? Ebbè era innamorata! Ebbè per lasciarci via quello che era 10 anni che era
fidanzata insomma…
Maria: eh… qualcosa c’avevi.
Kai: e c’era quell’incidente con il camion che tu avevi…
Maria: a Polverina, che tu hai evitato…
Ah, Polverina si. Quello venivo su da…
Maria: quello quanti anni dopo?
Ebbè non mi ricordo che anni era, dunque de che era…
Maria: il periodo che facevi il carbone?
Eh si, era…
Amilcare Carioli
188
Maria: dopo che eri stato a Roma?
No, no, prima, prima che andassi a Roma era. Era dai 20 ai 30 anni perché dai 20 ai 30
anni ho fatto il camionista col carbone… caricavamo… e c’ho le foto, pure di quello. Con li
camion di carbone … l’hai vista?
Kai: ho visto quella foto del camion…
E allora lì venivo su da, venivamo da giù non me ricordo se da Macerata, Porto
Civitanova, sotto insomma, scarichi, noi eravamo scarichi, lo portavo io il camion, non so
se ce veniva Romeo… e allora venendo su, ho visto che veniva giù, perché lì è stretto lì a
Pontelatrave, è stretto, veniva giù un altro camion carico di carbone. Era chiamati i
fratelli Vallasciani, mi ricordo pure il nome di quilli. E c’erano un OM Taurus era chiamato,
un camion che era chiamto OM Taurus che non frenava manco se a … non faceva li freni
non… la macchina è un camion che non…
OM Taurus
e io ho visto così ho girato e so andato sulla fontana, che c’era le donne a lavare i panni
poi: hanno fatto uno strillo che sa… gli ho toccato l’ha il sedere con la machina. E quello
si è fermato ed è venuto lì a ringraziarmi, dice “a Cariò, hai fatto una cosa che altrimenti
facevamo una pizza che non finiva mai!” perché ci scontravamo frontalmente, eh? Non
c’era niente da fa. Io c’avevo il 626. Il 626 che erano i primi tempi che erano usciti allora
i 626, quei giorni lì, quell’anno lì o l’anno avanti… le chiamavano le macchine senza
muso, 626. Dopo hanno fatto il 680 e dopo poi ce stanno i TIR … so lunghi 30-40 metri,
per carità.
Isotta Fraschini e un FIAT 626
Kai: lei ricorda qualche canzone della gioventù?
De canzoni? Eh, non me le ricordo quelle.
Kai: tu canti così bene…
Amilcare Carioli
189
Eh, si, ma non me le ricordo. Non me le ricordo. Me ricordo che quando si suonava
l’organetto se suonava la Ciarciaiola era chiamata, era una polka. La Ciarciaiola non tira,
do, tirame su stasera, tirame su domà. E se ballava la porca.
Maria: io c’ho due…
Dopo Faccetta Nera se cantava pure. Faccetta Nera, brutta Abissina,
Maria: aspetta e spera che l’Italia s’avvicina.
Quanto stavamo, vicino a te, (…?) pezzi duri e fatti bè!
Kai: brava!
Maria: senti questo è nocino fatto a casa da una mia cugina…
Kai: allora finiamo così.
…
… Quelli sono i cassetti.
Maria: ti ricordi tutto.
Quelli so i cassetti. Si c’era i peperini piccoli, poi li peperini più grosso, poi l’Ave Marie,
poi i Cannolicchi, i Caporelli, rigati e lisci, poi i Cannolicchi, leggeri e pesanti, i Rigatoni, i
Sedani, poi c’era le Fettuccine, c’era le Reginelle, c’era la Lasagna, Spaghetti.
Poi prima c’era sciolta… invece adesso a pacchi.
Tutta sui cassetti, e infatti e infatti, io quando mio cognato andava a Chianciano sto
mese, eh, sa, in casi di tutti i giorni non ce li portavo a casa, non li portavo la sera, non
m’annava, li lasciavo lì al negozio
E li incartavo in mezzo a su una carta, poi li mettevo su sti cassetti di Cannolicchi per
evitare se… sa se entrava qualcuno se li rubasse sa, perché c’era sempre… E’ venuto glie
li ho dati, un po’ di soldi glie li ho dati che ce l’avevo … eh, e di questi dentro a questo
cassetto non me li so ricordati.
Dopo qualche giorno, so andato a fa su sto cassetto dei Cannolicchi, è venuta fuori sta
cartata di soldi. Perché lui gli davo i soldi, ma mica si permetteva dei contarli, eh! Lui se
pigliava, metteva in tasca, no, no, per quello per carità.
Maria: aveva piena fiducia, certo.
E invece una mattina dico Arma, me devi scusà ma questi l’ho travati dentro il cassetto
della pasta. Embè che male c’è? Se l’è presi ed ecco là. E dico la verità però… non per
farmi eh… tutte le mattine, e tutte le sere, tutte le mattine specie, la sera qualche volta…
gli dico un Paternostro perché a me m’ha aiutato, insomma…
Maria: altroché, altroché.
Era bravo, non era… La moglie era… non me ce voleva la moglie.
Maria: era gelosa.
M’ha tenuto anche a casa. E lei la moglie, la moglie per carità. Se m’avesse potuto sparà
m’avrebbe sparato.
Kai: ah.
Per carità.
Maria: non c’avevano figli, eh?
No, non c’avevano figli.
Maria: niente figli.
S’è adottato un figlio del fratello, lei. E’ adottato. Non lo so che fine a fatta, lì dopo … a
via Pistoia c’avevano l’appartamento che oggi come oggi sarà… sarà di un valore di 1
miliardo e mezzo. Non lo so com’è andata a finire questo.
Maria: eh, a Roma i prezzi, mamma mia.
Il forno dopo a me non me lo voleva da, dopo qualche anno l’ha dato ad un altro
commesso, l’ha venduto ad un altro commesso che stava lì, quello che faceva la corsetta
con me, se l’è preso quello.
Amilcare Carioli
190
Angelo Fedeli e Pierina Garbini
Kai: suo nome e cognome
Pierina: Fedeli Angelo
Angelo: io mi chiamo Angelo
Kai: Angelo e poi?
Angelo: Fedeli
Kai: e nato quando?
Angelo: 1922, 13 giugno.
Kai: si, e dove?
Angelo: Serravalle del Chienti, Castello.
Kai: e i suoi genitori…
Angelo: so morti!
Kai: si, ma tuo padre era in America?
Angelo: è stato in America.
Kai: quando?
Angelo: verso gli anni 1913
Kai: e ritornava in Italia…
Angelo: ogni paio d’anni… l’ultima volta è stato sette anni, l’ultima volta… poi è ritornato
a casa.
Kai: perché ritornava a casa?
Angelo: … lavoravano il carbone, capito?
Kai: si, si.
Angelo: … (…) si portava a casa qualche soldarello e faceva qualche anno la vita bona,
lavorava un po’ di terra…
Kai: e la sua famiglia stava ancora qua quando lui …
Angelo: no, andava là e lasciava la famiglia qui, la moglie e i figli. Dopo è ritornato nel
1913. E sono nato io, nel 1922 sono nato io. Non c’è andato più in America dopo.
Kai: suo padre era nella guerra mondiale?
Angelo: non l’ha fatta la guerra: stava in America. Durante il 15-18 stava in America.
Però poteva partecipare alla guerra perché l’America ha aiutato l’Italia, no?
Kai: si.
Angelo: allora anche là potevano lavorare in America, ma potevano risultà militari
italiani. E l’America li pagava.
Kai: e poi lui ritornò nel 21 quando lei è nato.
Angelo: finita la guerra è ritornato qua. E’ tornato qua, ma voleva ritornare là, era
venuto a piglià la famiglia per portarla in America: era mi madre, mi padre e una
femmina, una sorella mia che è morta; era del 13. Invece chiusero i passi per l’America,
non si poteva emigrare più e rimase qui. E siamo rimasti qui e moriamo qui.
Kai: quando lei è stato giovane, ha qualche ricordo di quell’età?
Angelo: dunque nel 21, verso il 24… allora cominciava il fascismo… e io lo ricordo bene.
Kai: che ricordi ha lei?
Angelo: eh niente, eravamo ragazzini, si andava a scuola e non si poteva fa niente! Per
entrare dentro all’osteria non si entrava fino a 18 anni.
Fausto: l’osteria sarebbe trattoria: dove avevano il vino … l’osteria la chiamava dall’oste,
l’oste vende il vino… non s’entrava.
Angelo: fino a 18 anni non s’entrava. Si entrava solo se la mamma o il papà ti
mandavano a comprare qualche cosa.
Kai: e lei diceva che ha fatto qualche cosa come un giovane a prendere le mele…
Angelo: si, s’andava qualche volta a rubbà le mele, le pere, i frutti. Le fave, in primavera
c’era la fava fresca … però ogni tanto sé buscava, perché sé scopriva (…) allora venivano
richiamati da papà, da mamma… dice “tu figlio mè stato a rubà le mele” allora papà:
tacchete! Menava. (…)
Kai: ma lei ha mangiato le mele?
Angelo: le ho mangiate si!
Kai: e che lavoro ha fatto a quell’età?
Angelo e Pierina
191
Angelo: … a 5 o 6 anni… e dopo quando si era più grandicelli bisognava andare a
lavorare, anche poco, ma bisognava lavore.
Kai: si, si: che cosa?
Angelo: mha, ad aiutare papaà, mamma sull’orto … a fa la legna per il fuoco, e via.
Fausto: tutti lavori… ma fai il maniscalco, muratore?
Angelo: dopo, sé cresciuti, m’ha mandato ad imparà il mestiere, dal berrucciaio, quello
che fa li birocci.
Kai: berrucciaio dici?
Fausto: i birrocci, i carri.
Angelo: fino a 16 anni, fino a 14-16 anni. Dopo so dovuta andà coi muratori… si caricava
la pietra, per terra, sulla spalla e via… per la scala.
Kai: è un lavoro molto …
Angelo: è pesante.
Kai: diventa muratore lei?
Angelo: eh! Un po’ me ne intendo! Non ho seguitato: dopo è venuta la guerra, so dovuto
andà a fa il militare. A 20 anni so partito… per la guerra. A me m’hanno lasciato qui, so
stato fortunato, non so andato fuori.
Kai: dove sei andato qua?
Angelo: so stato in Toscana, io sempre in Italia: Toscana, Orbetello, Grosseto, giù …
Kai: e che hai fatto?
Angelo: guardavo… la guardia, deposito munizioni: era grande, dove c’era le bombe,
siluri.
Kai: queste munizioni non muovevano?
Angelo: quando serviva le venivano a prende. Era un deposito, un magazzino diciamo.
Rifornimento.
Kai: e non c’erano (…)
Angelo: eh, non ci hanno trovato, non ci hanno visto, non sapevano niente, capito? Allora
ci hanno salvato.
Kai: come è stato che non vi hanno visto?
Angelo: era un deposito nuovo, un magazzino nuovo l’aveva fatto, del 35. Nell’epoca del
35, durante la guerra in Africa, aveva costruito sti depositi, ste cose … non era ancora
avvistato.
Kai: si, capito.
Angelo: ma mò che fine ha fatto, chi lo sa!
Kai: e quando è finita la guerra a settembre?
Angelo: l’8 settembre, lo sbandamento: siamo fuggiti. Tutti a casa.
Kai: come andate a casa, a piedi?
Angelo: a piedi! Senza mangià, niente!
Kai: era un po’ pericoloso?
Angelo: eh… pericoloso, tanto pericoloso.
Kai: perché? Per i Tedeschi? Per i Fascisti? Perché era pericoloso?
Angelo: Per i Fascisti e i Tedeschi: devi marcià dritto. Zitto.
Angelo e Pierina
192
Fausto: e mosca!
Angelo: non fa segni con le mani.
Kai: e dopo lei?
Angelo: e dopo so andato a taglià il bosco, a fa il carbone.
Kai: anche nascosto dai tedeschi?
Angelo: sempre nascosto.
Kai: e come mangiavi?
Angelo: eh, lì te lo portava di nascosto … però…
Kai: chi portava?
Angelo: la mamma, qualche amico.
Pierina: mangiato così alla meglio…
Angelo: e lo pane!
Fausto: il pane… “che cavolo”, diceva quello!
Angelo: un po’ d’acqua…
Kai: ma lei diceva che prima della guerra lei portava un uovo…
Angelo: quando si andava a fare la spesa, i soldi non c’erano, allora c’era la gallina che
faceva l’uovo, allora la mamma andava su, pigliava l’uovo… “vai a comprare un uovo di
riso, un uovo di sale…” andavi con l’uovo.
Pierina: l’uovo quanto va lontano … quattro soldi me ricordo io…
Angelo: sacchettino! Sacchettino così, te metteva dentro l’uovo e poi te mandava … La
padrona … te dava un pochettino de riso: un uovo de riso, un uovo de sale.
Kai: interessante…
Fausto: il valore, il valore di un uovo… aveva il valore del riso… un uovo costava due
soldi, tre soldi, te dava tre soldi de riso, o di sale
Angelo: e qualche volta per tutti non bastava, perché era poco.
Fausto: aspetta un altro uovo, lui disse…
Angelo: (ride)
Pierina: …pare venuto grosso!
Kai: si, si… è vero. E dopo quello?
Pierina: e dopo quello?
Angelo: e dopo, finita la guerra, siamo ritornati (…) abbiamo ricominciato a lavorà e via
via siamo arrivati…
Pierina: a vedere il soldarello!
Fausto: allora era tutti quanti uguali, le persone non c’aveva i soldi.
Pierina: allora due soldi valeva: adesso co cento lire che ce fai?
Kai: che mestiere avevi?
Angelo: io adesso l’idraulico.
Pierina: no prima.
Fausto: no, dì che altri lavori hai fatto.
Angelo: prima…
Fausto: fabbro, caratore, che hai fatto?
Angelo: fabbro, caratore, birrocci, poi col muratore fare il manovale col muratore, poi
sono stato in Belgio: ho provato anche il Belgio!
Kai: bene!
Angelo: 850 metri di profondità … carbone. Due volte so calato giù, due volte. Ma dico
“No! No! Via!”
Kai: si, pericoloso eh?
Fausto: … e gli dava poco
Pierina: … andà sotto terra…
Angelo: … e allora ho scelto, dico qui bisogna che mi scelgo un mestiere per conto mio e
ho scelto l’idraulico. Però ho seguitato pure a fa il fabbro: ferro battuto, le ringhiere. E
mettè l’idraulico, fontana… acqua… poco buona però l’acqua: vino! Vino si! Vino buono,
buono, l’acqua non… (ride).
Bruna: fa la ruggine l’acqua eh?
Kai: e lei è sposato?
Angelo: no.
Kai: non sposa mai?
Angelo e Pierina
193
Angelo: mai sposato.
Kai: ma ci sono figli?
Angelo: no … bho! (ride)
Kai: (ride) chi lo sa, eh?
Angelo: mo se dice: “a mo me chiavi… e perdi ogni speranza”!
Kai: si?
Angelo: eh…
Kai: va bene… allora c’è qualche altra domanda?
Fausto: … quando ti sei messo a fare le guerre … lì chi ci stava, gli scontri tra… chi erano
… su per Colfiorito, Librano, c’erano gli scontri da soldato, c’e ancora qualche cimitero lì…
Angelo: lì a Colfiorito c’era il campo di concentramento … dopo passarono gli americani,
gli inglesi e con gli alpini nostri italiani: soldato italiano e soldato inglese poco… e allora
faceva a pugni. Colfiorito… tante volte.
Kai: non ho capito bene di questi inglesi…
Fausto: quando passarono gli americani e gli inglesi, noi italiani ha fatto la guerra contro
gli inglesi, mentre con l’armistizio dovevamo farla contro i tedeschi, allora (…) lascià tre
anni de guerra per piglià poi…
Angelo: là gli inglesi volevano comandare, invece gli italiani no! Amico, sennò allora…..
Kai: e ci sono stati americani qua?
Fausto: si, si, qui so passati.
Angelo: oh! Passati.
Kai: ricordi la ritirata dei soldati tedeschi da Pieve Torina? Quando sono andati via…
Angelo: eh, non mi ricordo quando sono andati via…
Fausto: verso il 44
Kai: 44, e subito dopo gli inglesi?
Angelo: gli inglesi assieme con gli americani… 44.
Fausto: fecero la cosa a Cassino, no? Quando assaltarono Cassino, vennero su.
Angelo: l’ultima disfatta ce l’ebbero i tedeschi a Cassino e si ritirarono, andarono via…
Kai: si, si..
Angelo: e noi siamo rimasti liberi, dopo… il 45 di giugno? Quand’è stato il giorno della
liberazione?
Bruna: aprile
Fausto: 25 aprile
Angelo: 25 aprile. Ci fu la liberazione, tutto…
Fausto: te ricordi perché c’eri eh? (ride)
Bruna: no, perché ho studiato! Che c’ero! (ride)
Kai: e parlami un po’ di quella liberazione: com’è andata?
Angelo: e niente, si faceva festa: si brindava, si beveva…
Kai: anche per noi c’era festa grande…
Angelo: e piano piano si stava a rimette a posto… chi un mestiere, chi l’altro si lavorava,
via via.
Fausto: fino al 50 ancora era (…) poi con il 50 cominciava a prendere via un lavoro,
ricostruzione, … si cominciava a fa li sordi. Prima a piedi, poi in bicicletta, poi in
motorino… insomma piano piano la gente si è evoluta…
Kai: e lei signora vuol dire qualche cosa?
Fausto: adesso, tu, possibile che non ti ricordi più? Su lo campo a Colfiorito, a Taverne
c’è stata la cosa de elefanti de coso come si chiama?… che hanno seppellito lì parecchi…
Angelo: su a coso … quello ai tempi dei Varano.
Fausto: bisogna tornare indietro per raccontare la storia dei Varano… Asdrubale, chi era
quello degli elefanti? Asdrubale? No…
Angelo: e non lo so chi era …. Duca di Varano…
Fausto: si so scontrati…
Angelo: e c’hanno combattuto … secondo la storia c’hanno combattuto … Cartaginesi!
Cartagine.
Fausto: Cartagine.
Kai: Cartagine?
Angelo e Pierina
194
Fausto: hanno combattuto a Colfiorito, lì attorno, contro … i Varano erano?
Angelo: si contro i Varano.
Kai: come?
Fausto: i Cartaginesi hanno combattuto contro i Varano a Colfiorito, sul piano di
Colfiorito.
Kai: Cartaginesi?
Fausto: Cartaginesi, Cartagine.
Kai: chi era? Oh, quelli degli anni passati?
Fausto: era Tunisia, laggiù i Cartaginesi, quelli … Cartagine stava in Tunisia, no? Quindi
so venuti su da Cartagine con gli elefanti, però qui se le presero…
Angelo: e li hanno combattuto … hanno cominciato qui a Sfercia e il Duca di Varano
sempre in perdita è stato. L’ultima disfatta ce l’ha avuta su, Belcanestro si chiama, un
paesetto qui poco lontano, e lì hanno chiuso, finita la battaglia, però c’è rimasti dei
ricordi: c’è rimasta la torre, c’è rimasto sti muraglioni, sti muri con le nicchie, mettevano
dentro i prigionieri, i condannati. La condanna era con la goccia, con la goccia dell’acqua:
ti chiudevano dentro in una nicchia e sopra la goccia dell’acqua gli faceva… tin tin tin, in
modo che gli bucava la testa! E lì morivano.
Kai: quando era questo?
Angelo: nel 500, quell’epoca lì.
Kai: ho capito.
Fausto: l’epoca antica insomma, quando c’era le lotte feudali tra Camerino e Foligno, tra
Macerata e Tolentino…
Angelo: ducati, erano chiamati ducati: ducato di Varano e ducato de… e lottavano per
appropriarsi della roba che c’avevano, della proprietà, e facevano dei prigionieri, e questi
prigionieri li facevano lavorare…
Fausto: si ammazzavano tra loro, fra persone anche importanti… le mogli… gli tagliavano
la testa…
Pierina: mamma mia!
Angelo: secondo la condanna: secondo quello che avevi fatto te condannavano.
Kai: c’era anche Cesare Borgia che ha ammazzato i Varano…
Fausto: si i Borgia pure … bhe i Varano hanno regnato parecchio, però poi … si so
ripresi… ci sono ancora i possedimenti…
Kai: si ci sono ancora un po’ di quelli.
Fausto: i possedimenti dei Varano, i castelli dei Varano, laggiù insomma… Varano è
quello che è rimasto l’ultimo casato insomma…
Kai: allora ci sono altre domande?
Fausto: e poi dicevano che erano passati 500 cammelli, cavalli, no cammelli che erano?...
Questi Cartaginesi e poi li hanno seppelliti lì a Colfiorito: ci dovrebbe stare un cimitero,
qualche cosa che ricorda sto fatto.
Angelo: sopra Colfiorito una montagna, una zona è chiamata il Campo del Sepolcro.
Kai: capo del sepolcro?
Angelo: Campo del Sepolcro, dove c’hanno messo i soldati, le bestie … comunque ancora
risulta. Ancora si dice Campo del Sepolcro.
Kai: di quand’è questo?
Fausto: sempre di quegli anni lì, del 500 è stato…
Angelo: sempre quell’epoca lì, nel 500.
Kai: si, si, molto tempo fa…
Pierina: ah, Signore…
Angelo: (…) ogni tanto si andava su quella zona per trovare qualcosa di antichità.
Kai: infatti c’è un museo a Colfiorito adesso
Angelo: a Plestia, quella è chiamata città di Plestia: lì ci sono dei ricordi, c’è ancora … se
vede. Quella è stata distrutta tre volte, quel tempio lì, dice, secondo la storia, è stato
distrutto tre volte: difatti ci sono le fondazioni a due metri … c’è i pavimenti, c’è il selciato
da cunetta, fatto bene! Hanno trovato dei lavelli da cucina, lavelli in pietra, lavelli da
cucina, tutto quello de … E ne hanno trovate diverse: c’è un museo su c’è la roba tanta
dentro … come le anfore … io ci sono stato a vederlo.
Angelo e Pierina
195
Kai: è abbastanza bello: piccolo, ma bello. Allora ci sono altre cose?
Fausto: non so se ci sono altre cose da dire?
Angelo: eh, ormai… ormai so vecchio, finito.
Kai: no finito, parla ancora.
Angelo: 8, 3.
Kai: 8, 3…
Fausto: 11 allora, 8 +3, 11.
Angelo: che vo fa: è la vita… ho lavorato, tanto. Ho bevuto, tanto…
Fausto: insomma la parte tua l’hai fatta!
Angelo: la parte mia l’ho fatta.
Fausto: però hai smaltito il vino non ti ha fatto male, perché lavoravi … smaltivi
Angelo: allora sì, adesso invece non si lavora più e allora il vino ha fatto… ma prima…
Kai: si, si
Angelo: ah!
Pierina: (ride)
Kai: lei era molto bello?
Angelo: eh, era bello, si…
Fausto: era un po’ tanto eh… (…)
Pierina: gli piaceva la carne… (ride)
Kai: provoca (ride)
Fausto: questa non è la signora… è la compagna di coso…
Pierina: la compagna da letto! (ride)
Kai: (ride)
Pierina: eh, compagna da letto: ce dormo! (ride)
Kai: si, si
Pierina: non so sposata con lui: io so sposata, ma … è morto… e dopo ho trovato questo
Kai: va bene…
Angelo: beccamorto!
Pierina: no!
Angelo: e no, quando te pare si!
Fausto: anche questa era forte era… (…) de Napoli (…) che vuol dire essere a naso?
Pierina: …li facevo cascà per terra, ma io non ce cascavo: ummm, me li gustavo (ride).
Fausto: te li pappavi, se volevi qualche cosa tu … potevi…
Kai: si, si: come si chiama lei signora?
Pierina: io mi chiamo Pierina Garbini, vedova Natali.
Kai: bene, lei è di Pieve Torina?
Pierina: nata a San Maroto di Pieve Bovigliana. So stata sempre a Roma, dopo so venuta
al paese… morti i genitori… e mi so venuta qua e qua mi so trovata la compagnia!
Kai: bene!
Pierina: eh! Se non mi ammazza! (ride)
Angelo: no che ammazzo… (ride)
Pierina: chi lo sa, perché ha trovato una femmina un po’ gelosa!
Angelo: tanto!
Pierina: eh… è bello! E’ piaciuto, no?
Fausto: e forte, è bello e forte…
Pierina: è forte… ce sa fa! C’ha la grazia! C’ha la maniera… e allora la donna deve essere
gelosa!
Kai: si, si
Pierina: e si, è vero?
Kai: vero.
Pierina: oh! Ecco; meno male. E stamo bene: stiamo insieme, che non bisogna essere
sposati per volersi bene.
Kai: è vero.
Pierina: è vero? Deve venire dal cuore l’affetto. Che andà in chiesa… che te fa se sei
sposato lì? Se vole lascià perde o te vole, che c’entra che si sposato? Lo fanno. Hanno
(…) non farlo, non sposasse: amarsi sempre, sposarsi mai!
Angelo: (…) lo dicea sempre…
Angelo e Pierina
196
Pierina: un detto marchigiano (…): amarsi sempre, sposarsi mai! Volersi sempre bene: io
so sposata, ma è campato 37 anni, dopo è morto… a me non me sa portato via… e mi
sono rifatta la compagnia: non me c’ha voluto…
Kai: e qui a Pieve Torina?
Pierina: e mò io so dieci anni che so qui al ricovero.
Kai: bene
Pierina: si sta bene, si mangia e beve quello che danno, no quello che voglio, quello che
te danno: un bicchiere, basta, al pasto. Uno a sera, uno al giorno. Mangià se mangia
benissimo: io tante cose a casa mia non l’ho fatte, qui l’ho mangiate!
Kai: si, si
Pierina: insomma, pulito, bono, insomma me piace: a me me pare de sta in albergo, no
in un istituto! C’abbiamo la cameretta per conto nostro, me la pulisco da sola perché non
devo fa niente, sennò c’è il servizio, per carità fa tutto vero, però io me lo faccio da sola
perché ho lavorato tanto e a sta così non so brava! (ride)
Kai: lui fa noia qualche volta?
Pierina: non ho capito
Bruna: lui fa le noie qualche volta, ogni tanto ti rompe le scatole?
Pierina: no, no, sta bono, dorme, sta bono.
Kai: ubbidisci?
Angelo: per forza, bisogna ubbidire.
Fausto: credere, ubbidire, combattere.
Bruna: sono le donne che comandano… brava Pierì. (ride)
Angelo: eh, amore… non vole…. Eeamm! (ride)
Fausto: kaput! (ride)
Kai: bella storia! (ride)
Pierina: ci so tante altre storie
Angelo: noialtri (…) viva il duce! Uuuumm! C’ha fatto morì de fame! Ci ha fatto morire di
fame. Ha fatto la guerra senza niente.
Kai: come?
Angelo: ha fatto la guerra senza niente. Perché aveva fatto quella dell’Africa, Africa
orientale, e poi l’anno levata, poi ha iniziato la seconda guerra mondiale assieme a Hitler:
non c’era niente, le armi non c’erano; aveva requisito tutto, caldaie di rame, ferro, la
fede…
Kai: tutto l’oro, infatti la madre di Maria ha dato questa fede
Fausto: si, si, tutti, tutti
Pierina: tutti, anche la povera mia madre …
Angelo: a mi madre pure, tutti.
Pierina: io non gliela dava però perché se lo so messo in saccoccia l’oro!
Kai: bravo!
Angelo: giornata della fede! Quella fu la giornata della fede!
Kai: e com’è andata, sono andati casa per casa o…?
Fausto: no, no, ti chiamavano come fosse … il museo, allora non c’era il museo, ma c’era
un’altra stanza: trovarsi quel giorno in quella stanza per offrire la fede.
Pierina: te levavi la fede e la mettevi lì (…) ride
Angelo: la damigiana, quella dove si metteva il vino, l’acqua…
Kai: si, si, era piena di queste fedi…
Angelo: il buco sopra non era piccolo, era grande, allora … zac! Quando era la sera
qualcuno rimetteva la mano dentro, zac! Via!
Kai: chi ha fatto quello?
Angelo: italiani
Kai: chi ha fatto queste giornate, i soldati fascisti di Mussolini?
Angelo: no, no, quando hanno fatto la giornata della fede, che consegnavano la fede no?
Allora andavano giù, si mettevano dentro… Quando era la sera che bisognava chiude,
qualcuno, qualcuno ha rimesso le mani dentro, capito? Allora zac! Via! A casa!
Kai: mamma mia; lei sa chi era?
Angelo: italiani.
Kai: di qua?
Angelo: di tutto: di Roma, Pieve Torina, Serravalle…
Angelo e Pierina
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Pierina: italiani è ingordo, urca madosca…
Angelo: a domicilio poche ce n’è andate di queste.
Pierina: poi hanno dato, a chi aveva dato l’oro, gliele dava di ferro.
Kai: di ferro, si.
Pierina: ma chi c’aveva il figlio sotto le armi, loro li hanno obbligati: perché dice c’ho mi
figlio in guerra allora… oro alla patria! Oro alla tasca! (ride)
Kai: oro alla tasca.
Pierina: se ero io facevo uguale … la manuccia…
Angelo: quella per esempio c’era il (…) del duce, una bella massaia no? Bella giovane…
allora in divisa…. Op po po po op… (ride).
Bruna: io so nata dopo, molto meglio, per carità…
Fausto: adesso quand’è finito, facciamo l’intervista…
Bruna: no, e che gli dico che non so de qui…
Angelo: e ma quando andavi a scuola… c’erano i figli della lupa, (…) di Benito…(ride)
Kai: figli della lupa?
Angelo: figli della lupa.
Kai: si, si. E lei signora?
Fausto: massaia rurale eri tu?
Pierina: io (vado) a da la pappa…io ho lavorato a Roma, io stavo a Roma, allora non
lavoravo.
Angelo: la lupa no? Bambini sotto… quelli so i figli della lupa.
Kai: anche Maria era figli di qualche cosa…
Bruna: figli di qualche cosa… (ride)
Kai: non so esatto (ride)
Pierina: eh, pazienza. E mo siamo venuti a morì qui. Do annamo a morì? Al paese non c’è
più niente…
Angelo: và a piglià l’acqua
Pierino: lo vino, no l’acqua va a piglia…
Angelo: (…)
Kai: adesso per divertimento che cosa fa lei?
Angelo: niente. Leggo un pochetto, qualcosetta…
Kai: carte? Gioca a carte?
Angelo: Leggo l’Appennino Camerte …
Pierina: legge, dopo sta dentro al letto…
Bruna: a carte ce giochi?
Angelo: le carte non sono appassionato
Bruna: ma tu te diverti con Pierina ti diverti! (ride)
Angelo: ce provo a fargli qualche complimento… se provo a dargli un bacio se pizzica,
come la vipera, esce fuori la lingua…
Pierina: se vede che non me piace! (ride)
Angelo: e se non te piace …. Provo a fargli un complimento calcia, come li cavalli… (ride)
Pierina: mica è vero, sa?
Angelo: eppure andava tanto bene un’abbraccicatella… aahh
Kai: lei ancora non ha occhiali?
Angelo: si per leggere si.
Kai: per leggere (…) mi sembra in buona salute…
Angelo: eppure ne ho spostate tante eh..
Pierina: è birbarello eh?
Fausto: co Beppe che faceva? Con Beppe lu prete… (…)
Angelo: eh, Beppe facia lu birbo.
Kai: che cosa, non ho capito.
Fausto: un prete, un po’ paravento era, un po’ da naso
Pierina: parroco
Fausto: il parroco era un birbantello, un po’ da naso: beveva, giocava, “6 a morra, 8, 5”
Angelo: a morra non giocava, a carte si
Pierina: a femmine c’annava? Eh! Si!
Angelo: beveva, fumava. Fumava con la pipa americana, quelle rotonde così. Ogni tanto
Angelo e Pierina
198
se la faceva venire da la: c’era qualche paesano che stava la, gli scriveva…
Kai: allora c’è altre cose?
Angelo: e che c’è mo?
Kai: lei ha qualche cosa?
Bruna: no, no
Fausto: senza nome e cognome
Bruna: ma non so niente, che cosa racconto?
Kai: racconto no, ma qualche domanda si, qualche cosa più curiosa che vuole sapere…
Bruna: ho saputo tutto! (ride)
Kai: allora va bene, allora molte grazie
Angelo: grazie
Pierina: almeno va in America ste parole? Vanno in America?
[interruzione]
Pierina: … mo è passata… Passarono i tedeschi, i fascisti, per strada vicino a casa mia e
allora hanno cominciato a dì, a fa, uno c’ha paura, è giovane…
Kai: a Roma o qua
Pierina: no al paese mio, alle Marche, qui
Kai: che paese?
Pierina: paese San Maroto di Pieve Bovigliana, vicino Polverina. So nata lì, però so stata
sempre a Roma. Dopo è morti i genitori, è morti tutti; mi è rimaste due sorelle. Eccome
adesso sto qui: ero rimasta sola, per non restare lì in Roma da mia sorella ho preferito
qui. Qui ho trovato la compagnia e eccoce.
Kai: questi tedeschi che sono stati qui o in Roma?
Pierina: i?
Kai: i tedeschi che lei ha trovato… sono stati qui o…
Angelo: qui, qui, a San Maroto.
Pierina: … a San Maroto, quanti chilometri è da qui? 15?
Fausto: come 15, i tedeschi sono nel 45, 44…
Pierina: no dico quanti chilometri so da qui San Maroto…
Fausto: San Maroto? Lui lo conosce San Maroto: saranno 11 Polverina, 3, 14, 15
chilometri.
Pierina: si lo conosce San Maroto, ma io sto su da capo: San Maroto Alto, San Giusto,
dove sta la chiesa, poi su San Maroto, giù Cupa, la Fossa, tutti paesetti così.
Kai: molto bello là sopra…
Pierina: per l’aria, sennò non c’è niente…
Fausto: a Cupa c’è stato un tedesco una volta che lavorava alla cava…
Pierina: si lo conoscevo io, è stato tante volte a casa mia
Fausto: (…) morì giovane, poraccio …
Pierina: un tedesco aveva fatto pure una villa là, con cosa … stava, non mi ricordo … con
un’amica mia diciamo lì del paese, sposato. Quello poi è morto, che ne so quella villa a
chi è rimasta…
Fausto: tutti qui quadri c’aveva… io ce so stato, m’aveva invitato …
Pierina: era un bel raga… non mi ricordo come si chiamava … Oreste?
Kai: e durante la guerra?
Fausto: è seppellito lì no?
Pierina: si, a San Maroto.
Fausto: siamo stati una sera…
Pierina: non me ricordo … Oreste mi pare…
Kai: durante la guerra?
Pierina: no, questo dopo la guerra, il tempo che c’erano i partigiani, i fascisti, quel
movimento … io ero ragazza…
Fausto: allora c’era un po’ di paura no?
Kai: certo
Fausto: … una ragazza da sola non andava in giro perché…
Kai: non erano i tempi, così…
Angelo e Pierina
199
Pierina: amo passato il bene e il male: adesso stamo qui, ma mi pare de sta su una
reggia, trattati bene, (…), l’amore vicina e tiramo avanti la vita!
Kai: si, certo.
Pierina: peccato che è cresciuti l’anni! (ride). Dunque quanti anni so? E, so del 20,
quanto ciò?
Bruna: 84.
Pierina: io so nata il 19 aprile 1920
Kai: si, ma lei sembra molto più giovane! … 19 anni eh?
Pierina: no! Cominciano a venire le pellanciche (ride)
Kai: no, no. Quanti anni ha lei, Bruna?
Bruna: 21
Pierina: questi è anni boni! No quessi.
Kai: anche questi…
Pierina: però ancora me difendo!
Kai: si, si. Ogni età ha la sua bellezza. Ogni età.
Angelo e Pierina
200
Enzo Luzi e la moglie Maria
Io sono Luzi Enzo di Pievetorina.
Questo per me è un hobby. Io facevo il muratore, c’avevo una ditta edile, però ero
appassionato molto di legno. Allora ogni volta che vedevo un pezzetto strano, eh…
cercavo di poter curarlo e farlo, diciamo, quello che poteva venire.
Oggi è diventato quasi un lavoro perché faccio le mostre in tutt’Italia. Sò andato anche
all’estero, e allora è diventato un hobby un po’ pesante. Perché giro, sa, torno tardi e
allora… è così: ecco qua. Ecco i miei lavori. Stanno esposti oggi a Pievetorina. E’ un
paesino piccolo, siamo rimasti in pochi perché un po’ la gente se ne va, un po’ il
terremoto ha rovinato tutto e ancora qualcuno ancora non può andare dentro casa
perché le case sono rovinate.
Speriamo col tempo…
Vergine Santissima di Macereto di Enzo Luzi esposta al museo di Serrapetrona
Io sono nato a Pievetorina, c’ho 74 anni e da ragazzo aiutavo mio padre a fare il
muratore.
Kai: in che anno sei nato?
Sò nato nel 29, 1929.
Poi mio padre, siccome noi avevamo una ditta edile, allora mio padre per fare dei lavori
extra, il comune, è stato costretto a prendere la tessera del fascismo.
Kai: si, si, certo.
Allora… sennò non potevamo prende gli appalti. Prendevamo gli acquedotti sennò… eh…
Quando è stato nel 40 è stato richiamato, s’è fatto 4 anni, è andato giù in bass’ Italia, da
vecchio perché sa… l’età era quella lì, e allora dopo quand’è tornato avemo cominciato e
rifatte… avemo messo su la ditta un’altra volta e abbiamo lavorato fine… papà è morto,
poi la ditta mia è passata da me e poi ecco qua: ho lavorato fine a 5 anni fa che so
andato in pensione.
Capito? Perciò la vita mia ho lavorato sempre e però ero uno dei fortunati del paese.
Perché l’altri sono dovuti uscire dal paese.
Kai: tu hai parlato di Lucarini che aveva questi autobus?
Si, dopo c’era uno di Pievetorina che aveva dei pullman, sarebbe stata la STEFI di Roma.
Allora ha requisito un po’ di contadini, un po’ di parenti, l’ha portati su per fa gli autisti.
Enzo Luzi
201
Dopo lui, non si sa perché, è andato per aria, la STEFI è andata per aria, però qualcuno è
rimasto ancora, e allora… siamo ricostretti un’altra volta nel paese piccolo.
Speriamo nell’avvenire che gradisce…
Adesso glie passo a mia moglie, che mia moglie è l’aiutante mio!
… si, vieni, ormai è detto… sta qui…
Kai: va bene… parla del lavoro, della vita qua prima della guerra.
Io sono 26 anni che sono in questo paese, un paese che mi piace molto.
E’ un paese tutto in piano, tranquillo, le persone sono molto disponibili e simpatiche.
Sono persone molto intelligenti che si danno da fare per far progredire il paese.
Kai: com’è cambiato il mangiare da prima a adesso.
Il mangiare pure…
Kai: il lavoro delle donne…
Ecco, qui sul fatto del mangiare si usa ancora come una volta. Il mangiare è genuino
perché qui è un paese anche agreste, diciamo, e la produzione è locale, tanto sul maiale
che sulle verdure, sui legumi… e allora qui si può mangiare genuino come una volta.
Ci sono ancora i famosi vincisgrassi, cioè sarebbero le lasagne al forno, però qui so fatti a
una maniera un po’ particolare… (approfondimento sui vincisgrassi con video nel forum)
Kai: descrivi quello…
Sono fatti in un modo particolare perché la pasta si fa in casa e viene tagliata tutta a
strisce e poi si prepara un sugo a base di caglie di pollo, magro di maiale e anche un
pochino di carne macinata e si fa tutto questo bel sugo e poi si fa a file questa pasta con
questo sugo mettendoci pure della mozzarella, del parmigiano e poi va messo tutto
quanto in forno per almeno 30-35 minuti. E questi sarebbero i famosi vincisgrassi che si
usano in questo paese.
Poi ci sta il maiale, la famosa porchetta fatta col finocchio. Qui si fa con il finocchio, un
finocchio selvatico che fa da queste parti, e viene una porchetta molto saporita,
buonissima e molto ricercata in tutti i negozi e viene venduta anche a Roma.
E poi ci sarebbe la famosa cicerchia, come legumi.
Cicerchia
Il farro che si cuoce con dentro a del brodo, al brodo fatto di pollo, e sono pietanze molto
prelibate e usano da queste parti.
E poi ce sta la famosa pecora, che viene cotta sulla brace. E’ una pietanza molto buona.
E poi ci sono le patate di un paese qui vicino chiamato Colfiorito: è una patata che è
rossa, di colore rosso, e molto prelibata e buonissima. E ci si fanno delle pietanze
squisite.
Kai: e i fagliolini con le coteche?
E poi si fanno le cotiche. Le cotiche con i fagioli, i fagioli borlotti. Sono dei fagioli non
bianchi, sono colorati, e si cuociono con queste cotiche. E’ una pietanza squisita che qui è
Enzo Luzi
202
molto ricercata: infatti questi fagioli con le cotiche si fanno quando qui è festa, per le
sagre.
Sarebbe la cotenna, quella che è chiamata …
Poi ci sono altre pietanze. Poi molti dolci, molti dolci fatti casarecci che qui a Ferragosto si
fa una sagra del dolce e tutte le donne del paese preparano un dolce, un dolce fatto in
casa. O la torta di mele, oppure il tiramisu, dolci con tutte le frutta, crostate fatte con la
marmellata che fanno in casa nell’inverno. Preparano delle marmellate squisite a base di
arancia, di uva, di prugne, di mele cotogne: la mela cotogna è molto particolare dalle
nostre parti e vengono delle marmellate squisite. E in più noi ci abbiamo una produzione
di noci perché qui da noi l’albero delle noci viene… nasce meravigliosamente e c’abbiamo
una produzione di noce bellissime e si fanno dei dolci con queste noci, come il salame di
cioccolato, fatto di mandorle e di noci con cioccolata e biscotti tritati.
E’ un dolce anche questo molto prelibato e molto ricercato, però si fa soltanto in casa,
diciamo, lo sanno fare le massaie dalle nostre parti.
E dalle nostre parti, in questi paesi, oltre che a Pievetorina anche nei dintorni, c’è la
produzione del maiale. Qui da noi c’è un salame fatto che si chiama ciavuscolo. E’ fatto
col grasso e magro di maiale che si può spandere sul pane o si può mangiare così o sinnò
anche arrostito è molto buono.
Ciavuscolo o ciabuscolo
Poi c’abbiamo una produzione di prosciutti, di lonze e salami particolari perché sono
salami chiamati lardellati, cioè la carne magra del maiale fatta a tocchettini e ci si fanno
questi salami che sono molto, molto buoni.
Kai: parliamo un po’ di quello…
Il lavoro del contadino era un lavoro pesantissimo perché si dovevano alzare molto
presto, dalle 4 della mattina, anche prima, perché poi i buovi dopo col sole si
riscaldavano e lavoravano il campo fino alla sera tardi.
Ma per arare un campo ce voleva almeno 15 giorni! Oggi invece è diverso perché oggi c’è
il trattore che due ore fa il campo. Capito? E allora era un po’ pesantino e i poveri
contadini non dormivano mai.
Po’ dopo andavano a casa c’avevano il bestiame, c’avevano i polli, c’avevano i maiali, le
pecore… era un lavoro molto pesantissimo.
Oggi è abbandonato perché mettiamo… prendono la gente, vanno i trattori e fanno il
lavoro di una settimana quello che il contadino glie ce voleva 3 mesi.
Poi dopo c’era di mezzo la pioggia e allora dovevano lasciare perdere… è sempre stato un
Enzo Luzi
203
po’… e adesso è rimasto molto poco. I coloni sono un po’ svaniti, perché… anno preso le
aziende che poi fanno il lavoro de una settimana per quello che faceva il contadino prima.
Non ci sono più, diciamo, sono un po’ dispersi.
Però è rimasta ancora… i tipici… i tipici.
Si, so personaggi molto caratteristici perché conoscevano la vita.
Vestivano in un modo… e oggi ancora ce vestono. Capito? Cò cappelloni larghi, giacche
larghe, perché dovevano lavorare, dovevano fare… eh, capito?
Scialle… era tanto bello era vederli: oggi è quasi una vergogna vestire come prima!
Invece non sapevano che prima era veramente il tipo di vestiario, perché dovevano
lavorare, dovevano piegarsi, dovevano portare le tute, roba, e noi gli dicevamo… i
grembiuli… quand’era la potatura si vestivano coi grembiuli con tutta la roba appresso…
falcetta, roba, canestro… era una bellezza.
Difatti qui c’era un detto, no? Che non doveano potare gli alberi il giorno de Quaresima.
Allora che succedeva?
Siccome che il contadino erano poche persone e doveva lavorare pure quel giorno, allora
andavano gli altri compagni, lo prendevano, lo legavano tutto e gli facevano fare il giro
del paese come penitenza perché non doveva lavorare. Era una cosa bellissima era…
Oramai ste tradizioni sono finite perché se lo fanno oggi te prendono da matto, no? Non è
più come una volta… una volta invece era uno scherzo.
Kai: qualcosa sull’uva?
L’uva? Bè c’era la vendemmia. Ecco, la vendemmia era una cosa molto bella perché si
radunavano tutti insieme gli altri, poi alla sera canti, merende, balli… era una cosa
bellissima.
Come la trebbiatura. Quando era la trebbiatura venivano tutti i contadini dalle parti…
s’aiutavano.
Potevano esse anche 20 persone, 30 persone, no? Sul contadino solo. Poi dopo lui si
spostava, andava in quell’altri. Era una grande festa.
Poi ogni contadino faceva il pranzo per tutti.
Kai: ed erano sotto qualche padrone?
No. Embè, qui c’erano i padroni. Perché mettiamo qui a Pievetorina c’era il famoso
Ciccarelli che c’aveva 4 contadini. C’era l’azienda di Taccari che adesso non c’è sta più,
l’ha presa un altro, e c’aveva 13 contadini. Un altro ce n’avea 2, Caradori c’aveva 3
contadini uguale, allora… capito?
Però quando era in queste cose così, si aiutavano uno co un altro. S’aiutavano, perché la
gente era quella che era. Invece…
La trebbiatura ce voleva 20 persone, la mietitura altro. Poi quando passavano coi carri
pieni di bigonzi, noi chiamiamo i bigonzi quelli che tengono l’uva, era una bellezza…
Dai campi venivano due, tre carri insieme… era molto bella, era una grande festa era.
C’era la vendemmia, dopo la sera c’era la pistatura. Sarebbe stato…
Era una grande canale di cemento dove mettevano tutta l’uva che prendevano il giorno.
Poi la sera, i più grandi, i più tosti ragazzi se tiravano su i calzoni a piedi e pistavano
l’uva.
Kai: anch’io ho fatto questa cosa.
Si, era una grande festa. Quell’odore di mosto, era una cosa… bellezza.
Oggi invece c’è le macchine, l’odore è andato via. E’ rimasta solo qualche altra cosa. E
no, è stato molto bello.
Kai: il frigorifero ha cambiato la vita?
Il frigorifero? … bè… si, perché prima quando c’era l’uva si appiccava sui soffitti, per
l’inverno: c’è il chiodino, facevano le coppie è chiamato, due raspi insieme, e si
appiccava.
Poi c’era nell’aia le noci, c’era le mele, … mettevano tutto per l’inverno. Oggi invece ci so
i frigoriferi che… non c’è più queste cose qui.
Kai: il prosciutto?
Il prosciutto? Il prosciutto veniva lavorato, poi quando era tutto battuto bene ce se
metteva il sale. Poi c’era delle stanze apposta che facevano, mettevano delle fascine,
frasche un po’ altine, mettevano tutto lì sopra, poi mettevano il sale, molto sale. E quello
veniva fatto, il sale, una volta al giorno per 15 giorni. Poi una volta fatta la… finito questo
ciclo di formazione, l’appiccavano sui chiodi, nei posti umidi. Perché se era caldo se
Enzo Luzi
204
asciugava il sale.
E, insomma, come mettevano i salami, le lonze diciamo no… Noi parliamo qui perché
siamo marchigiani, parliamo lonze, prosciutti… invece in altri posti si parla diversamente,
eh-he?
Kai: le lonze cosa sono?
Le lonze sono le parti che stanno dal fianco del maiale.
Però la parte più bella de… adesso non so come glie posso di… il filetto proprio del
maiale.
Perché il maiale è un animale che non si butta via niente.
Perché vedi: il budello serve per mette dentro la carne del maiale… lì, niente…
Poi dopo ci sono … noi diciamo i zampetti, le zampe. Venivano spaccati, messo il sale,
venivano fatti col finocchio… era una bellezza.
E adesso ci sono gli stabilimenti qua, perciò non c’è più quella cosa.
C’è solo mangi il maiale e basta. Non c’è la tradizione.
Kai: come sono stati… come erano i rapporti con il padrone? Era diviso…
Il contadino col padrone era così: che c’avevano un contratto quando arrivavano sul
terreno. Glie passava casa e gli comprava… il frumento, mettiamo il grano, lo metteva il
padrone… poi dopo facevano a metà. Quando era la raccolta, allora veniva diviso a metà.
A metà forse no, una terza parte. Io questo non glielo posso dire perché contadino non
sono stato, però, diciamo gli dava …
Però vivevano male perché il contadino era sempre contadino, il padrone era sempre
padrone.
E allora, difatti, dopo non glie la facevano più anche a vivere. Perché dopo so diventate le
spese, il figlio non studiava, lavorava. Dopo ha studiato e non arrivavano più coi soldi
perché il padrone glie dava poco.
Perché gli dava quello che tirava fuori il campo e allora, capito, non era più da poter
restare dove… difatti dopo hanno abbandonato i terreni perché non… Dopo s’è aperti gli
stabilimenti e il figlio ha preferito andà sullo stabilimento no? Prendeva i soldi e lì non
prendeva niente. Lì loro si arrangiavano con l’ova, vendevano dei polli, vendevano della
roba diciamo all’insaputa del padrone.
Perché il padrone, mettiamo, quando era Natale dice… gli doveva dare 5 polli, o
mettiamo 50 ovi, ma quell’altri… eh? Capito?
E allora era un po’ faticosa la vita dei campi, capito?
Kai: e i soldi? Quanti guadagnavano ad esempio con lire?
No, perché vede, adesso non è che io glie posso dire tante cose perché a volte…
Però, mettiamo, il contadino i soldi non li vedeva mai.
Kai: si…
Andavano a fare spesa, andavano, mettiamo, prendevano, c’avevano una legacciuola da
una parte, no? Ce stavano 10 uova. Le vendevano al proprietario del negozio, faceva i
conti e gli dava i soldi per la merceria che prendeva con gli ovi che gli portava. Poi,
mettiamo, ci dava un pollo…
Perché loro, il contadino, i soldi, i liquidi non li vedeva mai.
Perché non aveva la possibilità di poter vendere delle cose: s’arrangiava con quello che
tirava e andava nelle botteghe e se portava un po’ de roba e faceano a scambio merci.
Noi diciamo scambio merci nel paese nostro: scambiavano le ova con la pasta e poi il
contadino era molto povero e allora lui da ragazzo, diciamo, da loro il prosciutto non
l’hanno mangiato mai.
Kai: no?
No. Non perché non gli… quando… vendeno il prosciutto per comprare olio.
Perché loro non c’avevano soldi, allora scambiavano ste cose … difatti me dicevano, io
perché facevo il muratore, c’avevo una ditta edile, allora io andavo ad aggiustare le case
di questi contadini. Il padrone me mandava, no? E me diceva, dice“dove vai” glie dicevo
io al padrone “vado a scambiare il prosciutto perché noi sennò l’olio come lo
comperiamo?
Capito? Scambiavano la merce, quello che gli rimaneva a loro, quando avevano diviso,
loro se lo vendevano perché non potevano… soldi liquidi non ne avevano. Capito?
Enzo Luzi
205
Kai: ecco… e l’orchestra?
Si, allora io siccome da ragazzo suonavo la fisarmonica perché ero il componente di
un’orchestra, che c’avevo l’orchestra mia: eravamo sette ed era chiamato l’Arcobaleno.
Kai: bello!
Si. Allora… però non è che noi suon… noi c’avevamo, io chiamo, il programma dal primo
dell’anno fino all’ultimo già impegnato. C’avevamo le date e dovevamo andare in tutti i
posti.
Però quando eravamo liberi andavamo, in 2 o 3 del componente dell’orchestra, si andava
o come gli dicevo prima, a scartocciare, poi la sera io suonava la fisarmonica loro
ballavano.
Oppure a cantare il prosciutto.
Perché noi dalle usanze nostre quando nasceva su una famiglia un maschio, allora si
faceva una grande festa. La sera con l’orchestra si andava, si ballava eh… poi se
mangiava le pagnottine del prosciutto.
Se invece nasceva una donna, allora ti davano la spalletta.
Sarebbe stato… il prosciutto è la parte posteriore del maiale, la spalletta sarebbe la
spalla, perché era una femmina.
Kai: non c’erano feste per le donne?
No, no, no, no. Lì era… se era una donna era una spalletta, se era l’uomo era un
prosciutto.
Capito? Allora era una grande festa, poi andavamo spesso negli sposalizi… era
un’orchestra, diciamo, familiare, non era un’orchestra … grande quando si andava sui
teatri, ma nello stesso tempo eravamo amici di tutti.
Era una grande allegria. Una grande allegria era proprio. Una grande allegria.
Specialmente il contadino ti dava la vita, ti dava.
Kai: si.
Perché…
Kai: e come era il fascismo qua al tempo di Mussolini?
No. Forse noi vedi nel tempo del fascismo… oddio, è stata molto paura perché tanti
giovani è stati requisiti e la paura. Però abbiamo noi risentito troppo, diciamo, mettiamo
era questo che… quando il sabato dovevamo andare a fare l’istruzione…
Io ero meglio nominato Istruttore dei Balilla…
Kai: si, mia moglie…
Si… dei Balilla, dei Lupetti, de… era tutte cose… degli Avanguardisti, no? E allora… però
noi abbiamo risentito molto quando è stato la fine della guerra.
Kai: si, si.
Che c’è stata la ritirata dei tedeschi. Allora qui ce so stati dei partigiani che erano
partigiani non per… partigiani veri, ma erano partigiani spavaldi …
Kai: si, si, si.
Che hanno voluto, mentre c’era la ritirata, hanno voluto buttà giù il ponte di Caspriano.
Facendo un grande lavoro… invece non è vero niente perché a 100 metri c’era il fiume
basso basso, sono passati al fiume, sono passati lo stesso.
Solo noi c’abbiamo avuto due morti qui, con la ritirata, e allora emo avuta una gran
paura. Perché passavano levavano tutto: prendevano carretti, animali… noi qui
c’avevamo dei somari perché era l’appoggio dei contadini, no? Il mulo, il cavallo, hanno
requisito tutto.
Questa è stata la grande paura. Sennò noi la guerra l’abbiamo sentita… oddio, nella
carestia, perché c’avevamo la tessera per prendere il pane… una fila di pane che po’
quando hai finito a mangiare quello non ce ne hai più, capito? Sennò la guerra per noi è
stato … un passaggio, diciamo, un passaggio.
Kai: e tu sei andato o sei rimasto qua?
Io? No, io so rimasto qua. Perché io quando ero ragazzo c’ho avuto… me s’è rotta la vena
del naso e allora me svenavo, diciamo, me levavo tutto il sangue. Ed è stata una
vecchietta che m’ha salvato. M’ha fatto prendere una presa di zucchero e me so turato il
naso. Ah, so stato 3 mesi senza poter fare niente e allora sono rimasto piccolo, pesavo
49 chili, e allora mi hanno riformato. Poi magari cercavo de nascondermi un po’, perché
se mi chiamavano nelle armi dovevo andacce per forza, ma se te prendevano è un
Enzo Luzi
206
conto… e allora ho sempre cercato de poter fare … e la guerra non l’ho fatta.
Però l’ho fatta lo stesso a casa perché ho patito tanto. Ho fatto delle cose che non… è
così.
Kai: il fratello di Maria, mia moglie, era morto a quel tempo.
Eh, anche suo nipote, ah no, era il fratello di sua moglie, Gabriele.
Era un ragazzo impagabile guarda. Un ragazzo bravissimo, amico di tutti… e poi perché?
E’ stato più per uno scherzo con un altro, che non sappiamo poi perché non sappiamo
niente, no? Solo che, non lo so com’è successo, è stato un ragazzo che noi qui salutava
tutti, bravissimo, proprio, bravissimo.
E questo è. Po’ dopo un altro è morto perché sarebbe stato un impiegato del comune,
però lui avea l’obbligo di andare. Perché noi prima c’avevamo, qui a Pievetorina
c’abbiamo un grande campanile, alto 40 metri, bellissimo, e c’era l’orologio. L’orologio
però era quello de una volta, che ogni giorno bisognava tirare su le corde… e c’era delle
pietre che faceva suonare, dare la corda. E ogni giorno bisognava darglie… Lui dice, ma
sa, dice, non c’andà che c’è i tedeschi, c’è la ritirata… No, no, io devo fare l’obbligo mio,
devo dare l’orologio a Pievetorina. Lui è andato giù, quand’è stato tra il paese suo (che
era di Roti, no?) e Pievetorina ha incontrato una pattuglia di tedeschi che uno era
ubriaco. Allora lui ha cercato di aiutarlo per alzarlo su, no? Questo s’è rivoltato gli ha dato
con la rivoltella l’ha ammazzato subito. Perché gli sembrava, non capiva che l’aiutava.
Embè, c’avemo avuto un po’ di ricordi, questo qua, sennò la guerra per noi era un
passaggio diciamo… capito com’era?
Poi dopo è finito tutto, mio padre è tornato e allora mio padre faceva… sa, era anziano,
faceva la guardia a… in bass’Italia al condotto (mò il nome non me lo ricordo)
all’acquedotto dei canali dell’acqua. Faceva… e me diceva, dice papà che facevi?
Niente, facevo avanti e indietro.
Ma se arrivava qualcuno?
Eh, lo lasciavo sta perché mica l’ammazzavo io!
Perché mio padre era molto buono, noi eravamo sei figli… poi c’ha lasciato per annà a
servì la patria.
Eh, lo sa la pora mamma mia quanto ha sofferto, co sei figli piccoli, co sei figli piccoli non
è che va…
Kai: si, si. C’è qualche altra cosa che vuoi dire?
Non lo so, adesso perché è un po’… dopo magari la rifaremo…
Enzo Luzi
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Enzo Luzi
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Maria Lapucci
… tutto quanto, cucinava, mamma rimaneva a casa, coceva sun callaretto le castagne…
Maria: ahah…
E noi andavamo … a zappà…
Maria: al campo.
Al campo a zappà… quando arrivevamo a casa…
Maria: era mezzanotte!
Eh! Ce mancava poco.
Maria: e mangiavano le castagne; le castagne lesse…
Maria: Verso le 6, le 7, quando il sole va giù, la mandavano a casa. A casa lei doveva fa
la pasta, Kai, doveva munge le mucche, doveva raccogliere il latte, doveva pulì la stalla e
fare la cena. E fare la cena.
Dunque questo era prima de…
Maria: perché prima di 14 o 13 anni.
E si, si.
Maria: e, perché a 15 anni è andata a Roma. E poi, allora dopo veniva giù il padre e la
madre, la cena era pronta, mangiavano le tagliatelle che lei aveva fatto così, Kai, a
mano.
Magari le tagliatelle no, perché pasta e fagioli…
Maria: pasta.
Si, senza ove perché allora l’ove se doveva vende per compracce qualche cosa.
Maria: quindi facevi la pasta però, eh?
Si, si, la pasta.
Maria: con farina e acqua?
Farina e acqua. Aspetta, accendiamo la luce ché sennò non ce se vede…
Maria: e poi, dopo mangiato, Kai, il padre e la madre… La madre rimaneva qua. Lei
tornava sul campo col padre… e i fratelli, per lavorare ancora fino a mezzanotte!
Kai: mamma mia!
Maria: poi tornavano giù, la madre gli faceva trovare un piatto di castagne bollite.
Kai: ah, che buono.
Maria: vedi; che mangiavano loro. Ma pensa. Però bello: quelle castagne erano tanto
buone.
Erano buone perché c’era tanto appetito!
Maria: eh, lo credo, aveva lavorato tanto…
Questo dovrebbe esse il quaderno più che ciò…
Kai: ma tu ricordi tutto a memoria, mi sembra.
Embè… basta che vedo…
Maria: vuole vedere l’inizio…
Ecco, questa sarebbe, questa già ve l’avevo detto, quella che:
“O Signore, io non ti chiedo ricchezza,
te chiedo salute e famiglia corretta,
questa è per me è la vera ricchezza”.
Maria: come si intitola questa poesia? La vera ricchezza? La vera ricchezza.
“O Signore, dico, io non ti chiedo ricchezza … già parla? Allora…
Maria: continua, continua.
“O Signore, io non ti chiedo ricchezza,
te chiedo salute e famiglia corretta,
questa è per me è la vera ricchezza”.
Maria: bellissima.
Kai: vediamo un po’ come viene…
Maria: vediamo come viene fuori, eh? Se devi stare più vicino o più lontana.
“Io sarei contenta tanto di potè vedè cambiare il mondo,
ma se cambieremo noi, anche il mondo cambierà.
Perciò voglio fare un appello a chi sta a comandà:
prima cambiate voi, po’ cambieremo noi,
Maria Lapucci
209
e allora sì che il mondo cambierà.
E allora non ci sarà più lutti ne malvagità.
Ci saranno soltanto lutti che solo Dio non ci potrà mai risparmià.
Vi prego, non gli armamenti,
ma solo gli armamenti dell’amore,
quelli si che fa felice il core.
E allora ci sarà pace in tutte le nazioni.
Oh, quanto sarebbe bello il dire:
vieni più vicino a me, o mio fratello,
che siamo figli tutti dello stesso padre.
Quello ch’avemo, a tutti ci appartiene.
E allora amiamoci e vogliamoci più bene.”
Maria: bene, brava!
Kai: brava!
Questa nell’80, eh?
Kai: si, si.
Maria: questa l’ha scritta nell’80.
Kai: bellissima.
Maria: 1980.
Kai: molto bella.
E’ bello si: se c’era tutto questo non c’era tutti sti macelli di adesso, no? Per modo de dì.
Che a fatto sti giorni…
Maria: certo.
Kai: esatto.
Maria: eh, certo, se riusciamo… ma questi so tutti fanatici…
E’ quello! E’ quello, per carità.
Questa è quella che l’ho fatta…, non lo so se te l’ho fatta sentì, l’ho fatta a mi sorella
quando che è morto il poru babbo che c’aveva… c’avea 5 o 6 anni. Che se cosava sul
presepio, no? Se festeggiava sul presepio… allora… c’era sta figlietta… va bene?
Maria: si, va bene. Tutto, tutto, tutto, tutto.
Allora, come ripeto, questa… dico mò glie voglio fa… gliela voleo fa io sta cosetta, no? Sta
poesia sul presepio… quando recita, no?
Maria: certo.
Allora dissi:
“O dolce presepio, dove hai accolto con grande umiltà Gesù bambino,
più ti vedo, più mi sembri bello: l’umiltà che supera ogni limite.
Come te io sono una bambina piccolina, piccolina,
ma grazia grande grande ti voglio domandare,
giacché il babbo io non ho più, un fratello sta lontano e mariti non ho più:
fa che non passi lungo tempo, che tra le braccia lo possiamo rivedere,
facci questa grazia, Gesù bambino…”
Questa l’avevo fatta io, lei recitava.
Maria: bello. In chiesa?
In chiesa. Piangevano tutti, no? Perché papà era morto…
Maria: conoscevano tutti, conoscevano tuo fratello, sapevano che tuo papà era morto…
Eh, così… allora mì fratello, l’ultima recita l’ha fatta il 6 di gennaio, no? E il 10 è ritornato
dopo 18 mesi che non sapeamo più… sue notizie.
Maria: lei scrisse la poesia e la sorella la recitò davanti al presepio. Dice: fammi ritornare
mio fratello, no?
Kai: mm
Maria: e il 10 gennaio, dopo 4 giorni, il fratello ritornò.
Kai: si, ricordo molto bene perché tu hai parlato di quel prete che ha detto “è impossibile
che lui ritorni”…
Maria: è impossibile che ritorni.
Si, quel lavoro lì… questa sarebbe la poesia che io ho fatta…
Kai: che prete cattivo era quello.
Maria: era un prete cattivo.
Era cattivo si.
Maria Lapucci
210
Questa è quella insomma che avevo fatta… dopo a gennaio, nostro fratello l’abbiamo…
“Egregio…” ah, queste è quella che ho fatta quando ho dato la risposta a mio marito
quando che…
Maria: ah, quando lui ha fatto la dichiarazione! Ti voleva sposare, eh?
Una letterina… quando m’ha mandato una letterina…
Maria: si, si, egregio signore…
Si, “Egregio signore, giuntami gradite… simpatia…
Kai: parla un po’ più piano.
Più piano?
Kai: si.
Maria: più adagio, le parole più distinte.
Posso riprende da …
Maria: dal principio, egregio signore…
"Egregio giovane, …giuntami, … con grandissima evidenza… della vostra dolce pratica…
… mi sono apparse… per voi una certa simpatia… Anche io… timida, ma … sarete
veramente … con me… lo attendo a casa… e si ragionerà… che poi… i saluti e via.”
Maria: bene, bene, egregio signore…
Egregio giovane.
Maria: egregio giovane.
Per vedè… se com’è dopo…
Maria: certo, si, si; prendi tempo.
A questa l’ho fatta mentre, questi figli mia, no? Questi figli mia che… Noi stavamo a
miete, loro veniva appresso appresso a prende le spighe, per le galline… allora io:
“Sotto i raggi cocenti del sole,
ce ne andiamo per la campagna,
abbiamo bevuto un po’ di champagna (?), tiriamo, tiriamo a campà.
Verso le 5 le 5 e mezza, lì si fa una bella merenda,
… e poi cantiamo cantiamo cantiamo,
lavoriamo, lavoriamo, lavoriamo,
famo tanti di questi covoni,
che rallegra i nostri cor.
Verso le 8 le 8 e mezza, si torna a casa stanchi,
ma pure in fretta, lì si fa una bella cenetta,
poi si va a casa a riposà, e …”
Maria: pensa, lei cantava ai figli questa canzone.
Kai: è bello.
… e si va a letto a riposà… diceva io sono…tutto preso, mannaggia, … lascimela perde
così sennò vada tutto coso.
Kai: mmm
Non so, se va male la farò scarsa io…
Maria: certo, no, si, si, ma va benissimo…
…ma pure in fretta, lì si fa una bella cenetta,
poi si va a casa a riposà, e …”
Kai: questo… troppo, troppo…
Maria: no, lei sta ripetendo quello che ha già detto.
Kai: ah, bene. Voce alta…
Maria: la finale… voce un po’ più distinta…, più alta.
Dopo se dicea: “venti mesi(?)… fanno sonni beati…”
Allora dicea: “io sogno l’amore di Mariellina, perché è carina, voglio sposà.”
Maria: bene, bene.
Mica andava a servigli…
Maria: certo. Vedi come… non c’era la televisione, ma loro c’avevano una madre che…
provvedeva per l’intrattenimento, no?
Eh, si.
Maria: era meglio della televisione quello che facevi tu.
Maria Lapucci
211
Questa… venne, me portò, venne la nora (dopo, questa è la parte più dopo). Venne la
nora, me portò un piccolo regalino, no? La nora, insomma: la fidanzata de mi figlio.
Maria: la fidanzata del figlio.
Si. Allora io dopo gli ho fatto un ricambio, no?
“Carissima Paola, ti contraccambio questo piccolo pensierino per dimostrarti il mio
affetto.
In compenso non desidero nulla, … mai, se il destino vorrà, una nuora semplice, brava e
corretta nell’amore di Dio. E se nel frattempo del vostro cammino io non ci sarò più,
ricordati queste mie semplici parole: stete sempre felici!
Maria: … sarete sempre felici… Pensa un po’ che regali: un poema per regalo.
Kai: si, si.
Mi fece una spilletta d’oro… mi portò un’altra cosina…
Maria: brava.
… lui porta dolci, porta cannelle, queste cosette così, no? E io allora gli feci questa
spilletta d’oro…
Maria: la spilla d’oro lei gli regalò.
Kai: mmm
Questa è proprio quando se so sposati loro, no? Mio figlio, ve posso dì pure questa?
Maria: si, si. Tutte, tutte quelle che c’hai. Questa quando sposò il figlio.
Kai: mmm
Giovanni e Paola
Oggi per voi è un giorno grande, di grande gioia.
Che il Signore vi possa benedire, vi possa dare tanta felicità e tanta amore.
Però lo dipenderà anche da voi.
Che il mondo non è fatto solo di gioia, ma anche di dolore.
Ma se nel dolore saprete trovare la vostra unita, anche lì ci sarà amore.
Noi genitori vi auguriamo una felice luna di miele
E che ti possa attendere… a portata di mano…
… il vostro amore e la vostra… apprensione per l’avvenire…
Questo lo scanzonerai, che te posso fa?
Maria: si, stai tranquilla.
Possiate avere tanta felicità e tanta gioia dai vostri figli,
perché possano essere sempre nella retta via, come per ora … voi.
I vostri amati genitori, Fernando e Maria, … tanta, tanta benedizione e vi auguro una
lunga vita serena e felice.
Maria: bellissima.
Kai: brava.
Maria: brava, bravissima.
Questa…
“Cari miei figli ve lo voglio dire,
questa canzone vi voglio cantare,
non c’è giornata … che non vi penso,
venite presto a rallegrar il mio cuore,
che il tempo passa e passa presto in …,
è come una facciata de finestre.
Perciò, prima di tutto, ricordatevi dei bambini,
secondo voi dei vostri genitori,
spesero(?) la vostra cara mamma.
E quella piccola donna, che … senza peso,
ha gli occhi e un volto celestiali,
è l’angelo vi ha sempre difeso,
salvando la vostra vita di animali.
E quanti e quanti baci vi ha dato…
Che vi ricorda poi tanto amore.
Ma col passar del tempo il cuore si rattrista,
perché nel mondo c’è tanta burrasca.
Maria Lapucci
212
Ma speriamo che duri, che voi starete bene,
perché noi vi abbiamo dato una certa educazione
che non è sempre … migliore.
Maria: un esempio di vita assai migliore. Bravissima.
Come volete… quando che finisce, dopo lo vedi, dopo me lo dici…
Maria: … l’educazione è un esempio di vita migliore, assai migliore. Questa è il 10 di
febbraio 1945: mi sono sposata con un morettino, un morettino di borgata. Questa è per
il matrimonio tuo?
Si.
Mi sono sposata con un morettino di borgata.
Il matrimonio non è stato tanto bello, perché allora era finita la guerra e la miseria …
Maria: galleggiava.
Galleggiava un po’. E di gioielli non ho avuto nulla, tranne la fede che era di ferraccio.
Ora ve voglio parlà dei miei regali, in tutto 500 mila e due asciugamani.
Del viaggio di nozze ne ho sentito parlà. Il viaggio di nozze…
Maria: ah, ne sentivo parlare, da lontano, il viaggio di nozze non esisteva, no? Ne sentiva
parlare.
Po’ dopo venne il bello. Allora mica era come adesso: le socere comandavano loro e se
facevano rispettà. E po’ non ne parlamo de mariti, parole belle ne esisteva poche, perché
avevano … il sopravvento che per comandarci tenevano tanto, … campagnoli.
Maria: questo è bellissimo.
Comunque la vita non è stata molto bella.
Quattro volte so stata in ospedale,
sempre co … si è potuto rimediare.
Però il Signore mi ha voluto bene,
…tra li figli che m’ha voluto dare,
non m’hanno dato nessun dispiacere,
per questo grande…
Maria: brava, brava. Ah, questo poi “Guarda che vedo io dalla finestra” questo è per la
sorellina? O per tua figlia?
No, per il mio nipotino.
Maria: nipotino.
Guarda che vedo io dalla finestra, un angioletto camminà per strada.
E’ bello, più del sole e la rugiada.
Il figlio del mio primo figlio del mio amore.
Di nome se chiama Simone, è tanto cara anche nel … del Signore.
A me che piace tanto, anche se non c’occorre, lo chiamo ogni tanto.
Maria: anche se non occorre, lei lo chiama ogni tanto.
E lui me risponde, me risponde co una vocina cara:
“Nonna, nonna, anch’io te voglio bene tanto, ma lasciami giocà!”
Maria: lasciami giocare.
Kai: ah, ah, ah… certo.
Maria: ricordo, no? Like Jonathan quando …
Kai: si, si, nostri ricordi della stessa cosa…
Maria: noi abbiamo un nipotino di quattro anni: un giorno, dopo la merendina, il nonno e
questo nipotino stavano seduti così, uno qui e uno qui, no? E a merenda, Jonathan si
chiama, mangiava prima il dolce e dopo il pane col prosciutto, eh? Prima il dolce. Allora il
nonno dice: “Ma sai, Jonathan, prima mangia quello che… no? Prima mangia il prosciutto,
il pane e prosciutto, il dolce te lo lasci per ultimo, no?” Ma lui continuava a mangiare il
dolce. Allora lui glielo ha detto un’altra volta; allora il nipotino fa: “Nonno, perché non mi
lasci un po’ solo?” … Lasciami solo, dice, lasciami in pace, no? Come dice tuo figlio, tuo
nipotino qui, lasciami giocare! Simone, tu sei nato di gennaio.
Simone tu sei nato di gennaio, quando la bianca neve …
La vostra mamma sempre studiava per farti i più bei vestiti che poteva.
E’ vero che sei venuto al mondo con il freddo e con la neve,
ma le montagne sembrano più belle, anche i tetti so tutti imbiancati,
che alla sera si formano tutte …, alla mattina quando leva il sole, sembrano tutti d’oro.
Maria Lapucci
213
Anche i ruscelli non sembrano più loro, con tanti bei lavori, neanche un’artista lo
potrebbe fare.
Mentre le gente sembrano più belle, e con il freddo e il viso tutto rosa, mentre la terra
dorme e si riposa.
Maria: che …
Kai: che bello.
Maria: bello. E questo l’hai scritto nel 1976: Avemo troppo mangiar.
Ah, questo nel 1976… Avemo troppo.
Maria: mangiare, vestiti e divertimenti.
… e la televisione, abbiamo perso il buon costume e il vero valore della vita.
Radio e televisione bisognerebbe buttarle via, in quanto deve parlar de scioperi, morte,
rapine, sequestro di persone, trattare come cani randagi le persone feroci…
Io ogni tanto me guardo in alto verso il cielo e dico: “Signore, perché tutto questo? Se tu
vuoi, facce ritornare indietro, dove c’era miseria, ma tanta e tanta felicità.” Allora come
fanno che te risponde dal cielo che dice: “Ma se non si cambia vita, la miseria ritornerà
con l’angustia, ma senza felicità.” Io non dico che nel mondo tutti stanno bene, c’è chi
non ha lavoro e chi non lo vuole e chi del bene e delle soddisfazioni sono stufi, se
servono dei deboli, di questi e quelli per seminare orrore, morte e male. Perdonaci o mio
Signore.
Dopo era proprio quelli di giugno, che venne proprio quello …
Maria: terremoto.
Terremoto.
Mentre che sto scrivendo queste frasi, un forte terremoto si è abbattuto nel Friuli Venezia
Giulia, ha seminato orrore, morte e distruzione, o Signore ti chiedo perdono, ti chiedo
pietà per i morti e per chi resta là. Questa disgrazia mi ha fatto rivedere e constatare che
nel mondo ancora ce soffre quelle persone, che si son lanciate con sacrificio e tanto
amore per sollevarli da un po’ de dolore.
Maria: e questo è un gesto veramente bello che piace al Signore.
E questo è un gesto veramente bello che piace al Signore.
Maria: ecco, qui c’è un altro pure molto bello che dice: “Mentre le forze mi sento venir
meno, con dispiacere la campagna devo abbandonare…
Mentre le forze mi sento venir meno, con dispiacere la campagna devo abbandonare,
dove c’avevo una grande passione.
Ai giovani e a voi lo voglio dire, la campagna non l’abbandonare: c’è sacrificio, è vero,
ma mangerete fin che avrete fame, tutte cose genuine che la città non vi saprà mai dare.
Specie ora che il progresso avanza veloce, ma la coscienza si è persa per strada. Ora che
siamo nel mese di giugno, va per i campi e senti un gran profumo, profumo di fiori, di
fieno, di grano, che te ridà la vita.
Le ciliegie stanno a penzoloni e te ne puoi mangià quante ne vuoi che te protegge … la
natura. Vedi gli uccelli svolazzà per l’aia, portando da mangiare ai suoi piccoli, per …
quante cose si potrà ... Vedi le zolle dove tu metti il seme come per incanto germogliare,
a suo tempo darti il suo frumento che ti rallegra il core e ti fa star contento.
Maria: e ti fa star contento, bravissima. Poi c’è un’altra qui che dice: una domenica
mentre io andavo alla messa, due giovani innamorati…
Una domenica mentre io andavo alla messa, due giovani innamorati camminavano avanti
a me. Si tenevano per mano, si guardavano negli occhi con felicità.
Io nel vederli, me facevano ritornare indietro, quando ero una ragazza spensierata e
sognavo l’amore. Non è passato molto tempo che in questa piccola chiesetta si son
giurati amore e fedeltà. Da questo grande amore è nato un bel bambino, lui lo guardava
con amore e lei lo guidava con affetto, con passione.
Quando che questo bambino era già un ragazzino, io l’ho rivisti ancora, ma con stupore.
Lei co un altro uomo, lui co un’altra donna e io me so domandata, dimmi a quel
ragazzino, che da piccolino ha avuto tanto affetto, dimmi dimmi cosa gli è rimasto,
tristezza, tristezza, cattivo esempio e nulla più. Voi giovani al mondo che venite, fate che
queste cose non dovrebbero far sapere, c’è sempre qualcuno in cui si fa soffrire. Perciò,
un pizzico d’amore in più, tante piccole cose da perdonare, la vita è bella … è così.
Maria: bellissima.
Kai: molto bella.
Maria Lapucci
214
Maria: che bella visione, no? Di questo bambino prima circondato d’amore e poi c’è un
altro uomo e un’altra donna. Cara mamma…
Questa è quella de mamma …
Cara mamma che a 85 anni ti sei incamminata in questo grande passo con un sentimento
di una vera fanciulla. La vita ti è stata molto triste. A 48 anni hai perso il tuo amato
sposo che vi volevate un immenso bene nonostante la vita dura di quei tempi lontani.
Te non sei rimasta sola, sei rimasta con sette figli, frutto del suo amore, ma quanti
sacrifici te costato. Però sei stata ricompensata, oggi corriamo tutti al suo capezzale con
amore, mentre io oggi accarezzavo le tue piccole mani tu mi guardavi fissa negli occhi,
ma non me dicevi nulla.
Ma io ti leggevo nel pensiero come te mi avresti voluto dire.
No, no, io non voglio andare, voglio restare in mezzo a voi, ma purtroppo questo è il
destino di ognuno di noi, chi prima e chi dopo, tutti dobbiamo fare questo grande passo,
ma se siamo illuminati da una vera fede benché brutto ci sembrerà bello.
Maria: bello, bellissimo. E poi … poi qui chi era in prigione? Un carcerato?
No questa era una cosa che mi immaginavo io.
Maria: ah, brava. Ma vedi che vera poetessa!
Quello pure me l’immaginavo io, quello qui, capito?
Maria: certo.
Tutte cose che… insomma la vita, me immaginavo…
Maria: è fatta di tutte queste cose. Qui c’è un figlio che scrive alla madre; è stato
carcerato.
Dice: “Cara mamma, io mi trovo carcerato in queste mure tutte io so sorvegliato. Ogni
tanto me se offusca la mente e chissà cosa farei per un pensiero che mi morde dentro,
per averti dato tanto dispiacere e tanto dolore. Mamma: tu mi perdonerai, vero?
Ma io ogni tanto mi domando, però, se la colpa è pure tua. Perché penso che le fabbriche
e gli stabilimenti sono fatti per gli uomini, che le mamme sono fatte per la casa, per dare
tanto calore e amore a tutti. Tu dillo cara mamma, a tutte le mamme del mondo che se
si lavora fuori casa i figli sono abbandonati per la strada, senza calore, senza educazione
e allora ce se mette de mezzo la droga e poi quell’arma più potente della droga che con
tanta facilità se … e con tanta gente se butta nel dolore e nel lutto. Mamma, tante altre
cose ancora che ti vorrei dire, ma farla finita che … mi si stringe…
Maria: brava, brava, brava. E questa, una A Silvano con amore.
Quando se so sposati…
Maria: A Silvano con amore. Quanto son belli questi due sposini… Se questo amore
avverrà. A Silvano con amore se questo amore avverrà. Quanto son belli questi due
sposini…
Quanto son belli questi due sposini, sembrano fiori di un giardino raro, sono annaffiati di
rugiada e amore. Oh, se il tempo si fermasse in questo giorno, quanto sarebbe bello il
mondo, che il mondo invece adè tutto al contrario. Comunque voi prendetevi per mano,
fate finta di nulla. O Teresina, mia Teresina, completa il mio Silvano, avrà pure qualche
difetto, ma è pur sempre un bell’ometto che amerà soltanto te. Oh Silvana avrai pure
qualche bambino… ha no, ma questa no…
Maria: intanto tu dai affetto con tanto amore
… Lui ti darà gioia amore e felicità, avrete pure qualche bambino, bello, dolce e
graziosino, ma sappiatelo educà. Ma sappiatelo educà. Oh Silvano, mio Silvano, tu sai
bene quanto bene ti ha voluto la tua mamma, oggi è un dovere rivoler più bene alla tua
sposina, ma la tua mamma non la dimenticà. Ti auguro sempre gioia, amore e felicità.
Kai: bello.
Maria: O Teresina mia, Teresina, vuoi bene al mio Silvano, avrà pur qualche difetto, ma è
pur sempre un bell’ometto che amerà soltanto te. Ma vedi, quel concetto che quando un
uomo, un figlio si sposa, la moglie viene prima di tutti, no? Però non devi dimenticare la
madre. Ma ci so delle madri che invece dicono sempre: “io prima, io prima”.
No, io questo non l’ho mai…
Maria: nemmeno io, c’ho un figlio maschio, ho detto sempre… anzi, quando telefonavo,
mi raccomando porta tua moglie fuori, anche adesso, fagli i regalini, pensa a lei. Se lui
dice: “mamma non posso venire per questo Natale” dico, ma non importa, puoi venire
Maria Lapucci
215
dopo.
Certo.
Maria: è importante che state insieme, perché … quello che desidera… Ma molte mamme
non lo dicono. Dedicata ad una mia amica … dedicata… tragicamente scomparsa. Vicina
di casa tragicamente scomparsa. Questo era vero?
Si, si.
Maria: cara Lina…
Cara Lina, ora che non ci sei più, mi viene in mente la tua gioventù. Certo che non fu
lieta, fu aspra e dura…
Maria: quand’eri piccolina …
Si,… dopo lì se sente uguale però?
Maria: si, si, stai tranquilla.
Oh cara Lina, ora che non ci sei più, mi viene in mente la tua gioventù. Certo che non fu
lieta, ma aspra e dura. Quand’eri piccolina il tuo babbo in guerra se ne andò e ritornò
stanco e malato. E dopo poco tempo da Dio fu richiamato. A trent’anni andasti sposa da
una famiglia onesta e laboriosa.
Maria: con sacrifici assieme al tuo sposo, ti costruisti anche te…
Ti costruisti anche te una … famiglia, che fu arredata da due bambine, che fatte grande
te resero nonna. Era tutto il tuo orgoglio e la tua felicità.
Ma un brutto giorno una disgrazia ti venne a colpire, portò il tuo sposo all’ospedale e tu
notte e giorno l’hai curato con amore. Quando che a casa lo dovevi portare tutta contenta
andavi in ospedale, ma non so se sia stato un brutto destino, tu pure un uomo venne alla
strada … parlare, …. a levare….
Maria: guardi e segui, preghi Dio che ti dia tanta salute e tanta felicità.
Che ti dia tanta salute e tanta felicità.
Maria: un giorno lontano, ma senza via di scampo, a te verranno a riabbracciarci. Un
incidente?
Un incidente. La strada qua.
Maria: qui intorno?
Qua, do sta quessi de coso…
Maria: lo riportavano da Camerino?
Pensa, pensa come … prende la corriera che lo andava a riportare a casa. Po’ quello è
stato un vigliacco, guarda.
Maria: ma pensa…
Venuto da Roma, che abitava de prima qui a Torricchio, questo paese su a qua,
Torricchio.
Kai: si, si, si.
Torricchio. Allora portava, per dire la verità portava la biga… Allora, mentre che, perché
questo… era un sabato. Mì figlio veniva giù da Tolentino co la nora e co… piccolo. Veniano
su e sé fermati proprio lì allu ponte, no? Lì al ponticello: lui erano qua e loro tre… Allora
quanto che tutto un botto veniva giù la corriera, la corriera, dice mò prendo la corriera e
va per attraversà la strada, attraversa la strada per piglià sta corriera.
Ma la corriera ancora stava lontano, stava. E questo insetto, … stava a insegnà,
Torricchio no? Questo stava a insegnà a Torricchio… non l’ha vista per niente, non l’ha …
proprio, l’ha sbalzata non sai quanto lontano, poraccia.
Maria: un incidente mentre andava a prende la corriera per andare a prendere il marito
all’ospedale.
Eh… una tragedia fu. Una tragedia… e allora…
Kai: avevano figli?
C’aveva due figli, si. C’aveva due figli. C’aveva pure una nipotina.
Maria: perché era già nonna.
Si, si, era già nonna.
Maria: qui ce n’è un’altra che dice: “che non l’avessi mai fatto, quel giorno che io son
partito per lasciare la mia casetta, la città e l’orticello”. No: “che io son partito per la
città, e lasciar la mia casetta e l’orticello, dove c’erano i fagioli le patate e i pomodori e
l’insalata tanto pregiata che la mia mamma mi faceva spesso con un bel piccioncino e poi
il mio campicello dove c’era il grano per me e per nutrir le mie galline …”
Maria Lapucci
216
… stanno pure bene, insomma…
Maria: molto. C’è chi canta, per cantare l’amore, per cantare le cose belle, o tristi, e c’è
chi scrive. Per esprimere se stessi, no? E’ molto bello avere una cosa, avere un talento
per esprimere se stessi. O con le parole, o cantando, suonando la musica, il pianoforte,
no? Tutti vogliamo esprimerci ed è molto bello, no?
Il morettino, lei dicea, il morettino dai capelli neri, che di me facesti il tuo amor. Dopo
poco tempo mi hai lasciato. Io con gli occhi neri piango. Perché, perché? Io t’amavo
tanto. Invece te mi … perché non … lasciare. Allora non mi hai … grazie. Buona fortuna a
te, buona fortuna a me. Allora già … la cantava, la nipotina mia qui, stava qui che non si
svegliava mai la mattina, no? E allora gli cantavo questa. Quando per ultimo diceva…
Si….
Maria: …farà pure le cose brutte, eh? Non è bello fargli pure gli auguri…
Buona fortuna a te. Buona fortuna a me.
Maria: ah, certo, tu facevi gli auguri a questo che ti aveva lasciato?
Eh, si…
Maria: oggi per la mia famiglia è un giorno molto importante, specie per me, per mio
marito, per i miei figli…
Questa leggila te così la voce tua quasi somiglia alla mia.
Maria: è vero, è vero: se somigliano le due voci, vero Kai?
Falla te questa… dilla te così …
Maria: pronto?
Kai: si, si.
Maria: allora questo è il 10 aprile 1978. Oggi per la mia famiglia è un giorno molto
importante, specie per me e per mio marito, per i miei figli.
Non so dirlo… mio marito… Non so dirlo. Mio marito sono 52 anni che si trova a lavorare
questa terra, io sono 33, ossia dal giorno in cui ci siamo sposati. La terra non era la
nostra e potevamo abbandonarla quando volevamo, come hanno fatto tante famiglie che
l’hanno lasciata per andare in città.
Ma noi nel rimanere nella terra abbiamo fatto tanti e tanti sacrifici con tante umiliazioni
perché chi lavorava la terra erano considerati gente rozza e che non sapevano fare altri
mestieri. Ma credo bene che invece non era così perché noi eravamo proprio affezionati e
oggi, 10 aprile 1978, siamo stati ricompensati: è passata a noi.
La terra, eh? E allora ci sentiamo re e regina e se il buon Dio ci dà salute e un po’ d’anni
da vivere, perché finalmente la terra e l’aria pura è ritornata invidiabile sotto tutti i punti
di vista. Specie nelle città in questi ultimi tempi è una vera guerriglia civile. C’è gente che
hanno perso completamente di essere persone umane. Commettono cose che neanche se
fossero bestie farebbero a questo. Perché io che ci vivo insieme con queste bestiole, vedo
da loro cose meravigliose.
Anche i miei figli si trovano in città, e ogni tanto ho una fitta al cuore sentendo tutte
queste cose. Ma speriamo che il Signore ci perdoni e ci ridia quella pace veramente tanto
desiderata.
Kai: in che anno è scritto?
Maria: 1780.
… settantotto.
Maria: 78. 1978. Signorinella dai capelli bruni, dei tuoi genitori sei il più grande amor. Del
tuo futuro sposo sei la vera luce, dei tuoi figli sei la vera strada. Percorri la tua strada con
saggezza, che i tuoi figli te la seguiranno e se ti seguiranno questa strada per ricompensa
avrai felicità. Ma col passar degli anni ti sentirai un po’ stanca, ti guarderai allo specchio,
vedrai capelli bianchi. Ti sentirai avvilita, ma su, fatti coraggio e non ci pensare: con i
tuoi nipotini mettiti a giocare. Anno 1978. Questa poi dedicata alla mia cara mamma?
Qualche giorno prima di morire…
Questa ce l’abbiamo già messa, me sa, no?
Maria: ce l’hai già messa?
Non lo so. Non me ricordo.
Maria: qualche giorno prima di morire. Cara mamma che a 85 anni ti sei incamminata in
questo grande passo con un sentimento di una vera fanciulla.
La vita ti è stata molto triste. A 48 anni ti si è spento il tuo amato sposo che vi volevate
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un immenso bene, nonostante la vita dura di quei tempi lontani.
Tu non sei rimasta sola, sei rimasta con sette figli, frutto del suo amore, ma quanti
sacrifici ti costava. Oggi però sei stata ricompensata, … corriamo tutti al suo capezzale
con Simone. Io oggi, mentre accarezzavo le tue piccole mani, tu mi guardavi fissa negli
occhi, ma non mi dicevi nulla.
Ma io ti leggevo nel pensiero come tu mi avresti voluto dire. No, no, … io non voglio
andare, voglio restare in mezzo a voi, ma purtroppo questo è il destino di ognuno di noi,
chi prima e chi dopo, tutti dobbiamo fare questo grande passo, ma se siamo illuminati da
una vera fede benché brutto ci sembrerà bello. Con grande affetto e forti baci. Maria.
Kai: quand’è morto il marito di tua madre?
Maria: era morto a 40 anni.
Kai: 40 anni: e tu avevi quanti anni?
Nel 42 era morto, nel 42 io quanto c’avevo…
Maria: tu sei nata quando?
Nel 22.
Kai: 20 anni.
Maria: 20 anni.
20 anni c’avevo.
Maria: eh, si, eri la capo di casa, sapevi fa tutto. Dovevi lavorare nei campi…
Questo dopo che so ritornata da Roma, eh?
Kai: dopo di Roma…
Maria: dopo che era tornata da Roma. Perché era già stata a servizio a Roma.
Kai: si, si.
Dopo… aspetta questa di che è… caro Mario …ora che… certo che non vuol dire, ma aspra
e dura. Ci sta scritta questa? Non lo so.
Maria: questa no …, la prossima è della droga. Caro Mario, perdonami se scrivo le tue
memorie. Sei venuto al mondo appena un anno dopo di me. Ah, questo è il fratello tuo.
Si. Questa è dopo morto.
Maria: ah, è morto?
Si, 54 anni.
Maria: di cosa è morto?
54 anni… è stato via 18 mesi non si sa quello che ha sofferto in guerra, no? Mica
sapevamo più nulla, no?
Maria: venuto al mondo appena un anno dopo di me, siamo cresciuti insieme, ci
volevamo assai bene. Abbiamo pure lottato perché la vita ci è stata un po’ avversaria.
A 20 anni abbiamo perso il nostro babbo.
A quei tempi c’era tanta miseria e qualche volta anche la fame abbiamo sofferto. E per di
più scoppiò anche la guerra che a te ti portò assai lontano. E cosicché nella gioventù che
potevi godere un pochino e invece le sofferenze sono state assai. E per di più 18 mesi sei
stato privato anche delle notizie della tua cara famiglia che tanta sofferenza provavano
anche loro per te, specie la mamma.
Ma finalmente un giorno di gennaio la fortuna, grazie a Dio, ci ha assistito. Ci assistiva.
Sei potuto tornare nella tua dimora. Noi tutti abbiamo fatto una grande festa. Dopo
venne il giorno del tuo matrimonio che ti fece scordar tutte le tue sofferenze. La tua
famiglia fu allietata da due bambine che con sacrifici gli hai dato un bell’avvenire.
Anche qui però sei stato sfortunato: quanto tu ci potevi aver felicità, un brutto male ti
venne a colpire. Tra un ospedale e un altro fu tutto un calvario, ma credo però che il
Signore t’ha voluto bene. La salvezza t’ha voluto dare. Per cui io che mi trovavo nel tuo
capezzale assieme alla tua sposa e lì vicino a te con grande amore chiedevi perdono al
Signore. Ma noi da questa terra non ti possiamo più vedere. Ma tu ci vedi e ci osservi e
preghi per noi che un giorno lontano …un giorno… vicino non si sa, veniamo ad
abbracciarti. Questa è la promessa che il buon Dio c’ha dato. Brava. Questo è l’anno
1981. Mi sembrava un anno assai felice.
Questa la dico?
Maria: si, brava.
Anno 1981, mi sembrava un anno assai felice. Con i tempi duri che ci sono stati, di potè
mette fine alla violenza. Ma ogni giorno che passa è sempre peggio. Neanche la chiesa gli
fa più paura, anche il papa volevano ammazzare. Se non ci sono riusciti è perché Dio non
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ha voluto. Ma che t’ha fatto questo papa così piccolino? Fuggiva per il mondo a mette
pace e tanti…
Maria: e tutti gli fanno una gran festa e sarebbero felici ognuno di poterlo avere nel loro
continente. Ma l’Italia… tu te lo ricordi, eh? Ma l’Italia che questa fortuna ha…
Ma gli italiani che ha questa fortuna, amatelo con grande amore, che lui è come un
padre: quando vede i suoi figli andà per una brutta strada, certo che in cuor suo pace
non c’è più.
Maria: Dio che dal cielo ci guardi e ci segui, perdonaci dei nostri smarrimenti e dacci la
pace e la tranquillità, solo tu se vuoi lo puoi fa.
Kai: molto bello.
Maria: dovrebbe il papa parlare così, no?
Questa l’ho mandata al papa, eh?
Maria: ah, brava! Hai visto?
Questa l’ha mannata una volta una parente mia perché bazzicava a…
Maria: a Roma. Al Vaticano.
Al Vaticano l’ha mandata. Dopo sulla televisione disse che le parole belle stanno sulle
persone semplici …
Kai: vero, questo è vero.
Eh? Ha detto che le parole belle stanno… nelle persone semplici.
Maria: è vero, è vero. Perché quelli complicati che vogliono tante cose non riescono a dire
queste parole. Tu che…
… mò questa ve voglio dì pure, va... ce ne avrò pure parecchie, non lo so, mo non me
ricordo più.
Dice, Oh cara Renza, che per prima te se presa il nome de mi padre, oh se tu l’avessi
conosciuto, era un uomo onesto e intelligente, era amato da tutte le persone. Però la vita
gli è stata un po’ avversaria. Quand’era piccolo ha sofferto la fame, quand’era grande che
poteva godere … Però a lui andò bene, a casa sano e salvo … la vittoria potette ritornare,
mentre suo fratello, più che sfortunato, morto in quelle terre lontano l’ha lasciato.
E poi ben presto glie se rinnovò il dolore, vedendo la sua mamma morì di crepacuore,
perché dicendo lei, un figlio non si può mai dimenticare.
Poretta Renza, quando tuo padre avea la stessa età, anche lui fu preso dalla guerra, e
tuo nonno sapendo la guerra com’era fatta, il cuore non ha resistito. Perciò anche lui fu
toccato dalla brutta sorte, lasciando … non me ricordo…
Kai: tu…
Certo la tua nonna ha sofferto abbastanza, con tanti figli assieme alla miseria e per di più
suo figlio per 18 mesi non seppe più nulla… non me la ricordo più questa, però ci starà
scritta…
Maria: ce l’hai in un altro quaderno?
Non c’è lì?
Maria: no, non mi sembra. Caro Mario? Caro Mario…, no questa l’abbiamo letta.
… la posso ripete?
Maria: certo, si, si.
Kai: vediamo un po’ …. come …
Maria: facciamo l’ultima parte, eh?
Ecco, allora…
Maria: eravamo rimasti a…? Il morto ti ha lasciato… in terre lontane, il morto ti ha
lasciato.
Questo è suo fratello, morto in terre lontane, l’ha lasciato. E poi ben presto gli si rinnovò
il dolore vedendo la sua mamma morì di crepacuore. Perché, dicendo lei, un figlio non si
può fare criticare.
Oh, Renza, oh Renza, quando tuo padre avea la stessa età, anche lui fu preso dalla
guerra. Tuo nonno sapendo la guerra com’era fatta, il cuore non è resistito. Perciò anche
lui, toccato dalla brutta sorte, lasciando in pena la sua madre …
Certo la sua nonna ha sofferto abbastanza con tanti figli assieme alla miseria e per di più
suo figlio è 18 mesi che non si seppe più nulla, trovandosi per il momento in quelle terre
perse lontano.
Ma finalmente un giorno venne una bella notizia, che a casa stava ritornando, e dalla
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gioia non capiva più nulla. Così noi tutti, da quel giorno, l’abbiamo vista rifiorire, passava
l’ottantina… e lei ancora cammina. Perciò dategli tanti baci, famogli festa, eccola che la
vita, poco ci resta.
Kai: brava.
E io che sono la tua zia, tanti auguri a te ti voglio fare, che un bravo giovane come te
possa incontrare, tanta felicità …
Maria: bellissimo.
Kai: come ricordi bene!
Maria: come ricordi bene: che memoria! Che noi non c’abbiamo più memoria. Nessuno di
noi c’ha memoria e tu ricordi tutto. Tutto. Brava, bravissima.
Kai: tu, quando siamo stati qua, tu avevi parlato della tua vita a Roma, ed era molto
interessante … c’era queste donne che hanno dato anni…
Ah, quello dello cosu, eh?
Maria: che faceva il buco sul pane per vedere se tu lo tagliavi e ne prendevi un po’…
Kai: vuoi parlare un po’ di quello?
Eh… quando parti te?
Maria: lunedì. No, domenica.
Kai: si, possiamo… è un po’ tardi adesso.
Maria: la biografia…
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Raffaele Bellanti
Kai: quando sei nato?
Sono nato il 23 maggio 1905 a Roti.
Kai: quali sono i primi ricordi di quel tempo?
Maria: com’era Roti a quei tempi, un po’ come adesso?
Embè, non è come adesso con tutte quante le case ristabilite. Era insomma molto… così
… in abbandono, non è che ci si teneva molto. Ogni casa c’aveva la stalla sotto e la
camera per dormire sopra; quindi sotto ci stava la stalla con le bestie perché tutti nelle
frazioni c’avevano il bestiame. Chi i bovini, … c’era il maiale, c’erano le pecore… s’andava
a scuola, ma quando si ritornava si andava appresso a queste bestiole: se cacciavano
fuori, se portavano al pascolo e però quando si tornava a casa se studiava quello che ci
dava l’insegnante.
Maria: ma che vita severa!
Era una vita che i giochi non si conoscevano Marì, niente da fa.
Maria: solo lavoro e studio e aiutare i genitori, la famiglia.
Embè, purtroppo; non c’era altro.
Kai: quanti eravate in famiglia?
Noi eravamo tre: due maschi e una femmina.
Kai: com’era la vita a quel tempo? Non c’era la radio?
Nooo, ma via! Che radio! C’era solamente il giornale che non tutti lo prendevano:
qualcuno più benestante se permetteva da prende il giornale e se sapeva qualche notizia
al di fuori del paese.
Maria: che giornale era?
Il messaggero più che altro.
Kai: quando tu avevi 10 anni c’era la prima guerra mondiale…
Maria: se la ricorda?
Ohè, altro!
Kai: che cosa ricordi? ci sono tanti morti di Pieve Torina a quel tempo?
E si, molti. Una quarantina mi pare…quanti erano?
Maria: cento con tutti i dintorni.
Cento si, si.
Kai: la vita com’era a quel tempo? Tu andavi al campo…? Quando sei andato a Roma?
La vita finché diciamo si arrivava ad ultimare le scuole elementari, le medie non c’erano o
perlomeno c’erano, ma toccava andà a Camerino, ma noialtri meno abbienti che
succedeva?
Finite le elementari se partiva, come noi tutti quanti partiti per Roma. Tutti quanti.
Maria: a che età?
Io c’avevo 13 anni e partii per Roma, mio fratello invece a 12 anni, un anno prima.
Quindi io ero del 5, mio fratello del 3; morti tutti, sono rimasto solo.
Maria: e a Roma c’era qualcuno che l’aspettava?
No, a Roma c’era da trovare il lavoro.
Chi in un modo, chi un altro, ma il lavoro più o meno si trovava: c’era da lavorare, quello
che uno voleva fare lo faceva.
Kai: quando hai imparato a guidare la macchina?
La macchina ho imparato a guidarla… dunque… fatto il militare a 20 anni.
A 20 anni fui chiamato militare; feci 18 mesi a Napoli.
Ritornato, io, mio fratello e un cognato (era di qualche anno più anziano di noi) … oramai
quel poco che avevamo accumulato lavorando… questo più anziano dice: mettiamo su un
negozio per conto nostro!
E defatti aprimmo il primo negozio in via de Scipioni a Roma; negozio di generi
alimentari.
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Siamo andati avanti lì in tre; dopo io e mio fratello siamo andati per conto nostro e lì
abbiamo lasciato il cognato, cioè il marito di mia sorella. Fino ad una certa età.
Dopo io ho preso moglie nel 31 (a 26 anni).
Kai: com’era quel negozio?
Maria: vendere generi alimentari era come adesso?
Nooo! Era tutto quanto così a portata di mano, dentro li sacchi, le cassette… lo scaffale
per la pasta… di varie qualità: tutto quanto sciolto, non c’era niente di chiuso, tutto
aperto. Potevi prendere un’etto, due etti, tre etti, mezzo chilo… tutto.
Maria: la pasta la vendeva nel negozio?
E come no? Spaghetti, spaghettini, cannelloni … rigatoni, rigatoncini: de tutte le qualità!
C’erano li pastifici che facevano la pasta di tutte le qualità: corta e lunga, ma questo se lo
ricorderà pure lei!
Maria: io mi ricordo il sale, no il sale… che c’erano nei grandi sacchi… solo due o tre cose
c’erano rimaste quando io ero piccola.
Fagioli? Può darsi…
Maria: fagioli, si… le castagne… le cose secche.
Kai: e come erano i prezzi ad esempio per la pasta?
Adesso che possa ricorda li prezzi diciamo di 70 anni fa, non me ricordo veramente.
Maria: però uno se li può immaginare, no?
Ma via!
Kai: quanto era il guadagno?
Il guadagno, questo ricordo, che complessivamente avevamo il 10 per cento sull’incasso:
alla sera se prendeva l’incasso della giornata e più o meno il 10 per cento de guadambio.
Maria: dove ordinavate le cose?
C’erano i magazzini all’ingrosso, tu lì ordinavi tanto di questo, tanto di quest’altro e poi
dopo con li carrioli… loro c’avevano li cavalli, prendevano l’ordinazione e te portaveno.
I pastifici c’avevano delle banche come sto tavolino, così alte e lì la pasta lunga, tutta
quanta diciamo arrotolata, 5 chili per 5 chili l’arrotolavano, capito? Una appresso all’altra
e in una cassa ce potevano sta quelli 30-40 chili de roba. Dopo la roba minuta, la roba
diciamo corta, i rigatoni, li rigatoncini, le penne, le conchiglie, tutta quanta sta roba,
quella veniva sui sacchettini.
Kai: c’erano i cavalli e il carro per portarlo?
Il cavallo col carretto. E per Roma, il trasporto, c’erano le carrozzelle: le famose
carrozzelle coi cavalli.
Maria: che adesso in qualche città li usano per i turisti…
Ancora, quello che c’era all’epoca.
Poi fecero li trammi elettrici. Camminavano sulle rotaie e una stecca che faceva contatto
con un filo elettrico. E andavano.
Maria: quelli quando cominciarono, negli anni 30?
Penso, si.
Kai: e le prime macchine che tu hai guidato?
Embè, io… le prime macchine che ho vista… pensa, avevo 5 anni e la pora mamma me
stava pettinando davanti alla finestra; è la prima macchina che faceva Visso Camerino;
un pullman, un piccolo pullman e allora le prime volte che passava se sentiva (e capirai il
rumore era quello che era allora) sentii questo rumore… me lancia per vedè sto rumore e
me se ruppe un braccio!
Questo è un ricordo, a 5 anni… caddi per terra… questo è successo che c’avevo 5 anni
(quindi nel 1910).
E sul museo ci dovrebbe essere la foto di questo pullman, che è caduto poi, poco tempo
dopo a Roti, venendo giù, c’è una scarpata verso er fiume e andiede fuori strata e
andiede de sotto (ma però di gente ce n’era poca e non se fecero niente, non ci furono
morti). Questo fu nel 10-11.
E dopo man a mano è venuto il progresso, insomma, ma più che altro il progresso si è
verificato alla fine della guerra; dopo la guerra è venuto il progresso con tutte quante le
altre cose che prima non esistevano.
Ecco tutto, non c’è altro.
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Kai: quando io arrivai qua c’eri tu e due o tre macchine …
A si, si, c’era la mia. Io facevo il noleggio (e poi chi c’era?) quella del veterinario. Il
medico dopo.
Maria: zio Duilio?
E’ uno di Capriglia, un certo Marini.
Maria: Antonio Marini da Roma.
Ecco: una, due, tre. Abbiamo fatto, sai.
Kai: incredibile, io ricordo … sei stanco? Ci sono altre 2 o 3 domande…
Maria: vorrebbe fare altre domande, ma domani perché lei adesso mangia….
No, no, no e poi so stanco, non me ne va: basta.
Kai: grazie.
Maria: grazie mille.
Raffaele Bellanti
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