L’uomo, d’epoca in epoca, va camminando verso la più perfetta comprensione della sua anima, di quell’anima che è più grande di tutte le cose da lui accumulate, di tutte le imprese compiute, delle teorie enunciate; di quell’anima il cui progredire non verrà mai arrestato dalla morte né dalla dissoluzione Rabindranath Tagore 2 SOMMARIO La Balaustra dell’Illustrissimo e Serenissimo Gran Maestro - pag. 4 Massoneria visibile ed invisibile - pag. 6 L’Africa: la medicina per riscoprire il vero senso della vit a - pag. 15 Il silenzio che porta alla libertà - pag. 17 Il verbo ed il simbolo - pag. 18 Storia del Diritto Templare - pag. 19 Il Notiziario - pag. 26 Organo Ufficiale della Serenissima Gran Loggia del Sud degli Antichi Liberi Accettati Massoni di Rito Scozzese Zenith di Roma Discendenza piazza del Gesù Piazza S. Croce In Gerusalemme, 1 - 00185 Roma Tel. +39 06 98352473 - Fax +39 06 89281213 [email protected] sito internet: www.serenissimagranloggiadelsud.com ILL.·.MO E POT.·.MO SOVRANO GRAN COMMENDATORE GRAN MAESTRO Corrado Labisi DIRETTORE Andrea Pitrolino VICE DIRETTORE Fabio Cantarella Anno III numero 2 Autunno - Inverno 6009 - Anno di Vera Luce Periodico culturale in forma di bollettino ai fini di distribuzione interna agli associati, in quanto organo ufficiale di infor mazione della Serenissima Gran Loggia del Sud di Rito Scozzese Antico ed Accettato, Zenith di Roma, con sede magistrale in Cat ania, avente comunicazione e registrazione legale a tutti gli effetti di legge – Diffusione internazionale – Copie arretrate, secondo dispon ibilità – Spedizione a mezzo post a corriere – Scritti, immagini e materiale vario pervenuto in redazione, non vengono restituiti – Intend esi la qualità di organo ufficiale della Serenissima Gran Loggia del Sud, in riferimento agli scritti del Gran Maestro, ogni articolorispecchiando peraltro l’opinione dell’autore, secondo il principio inderogabile della Libertà del Pensiero – Riproduzione di testi e immagini vietata, se non espressamente autorizzata – V ersioni in lingua straniera a cura dell’uf ficio traduzioni – Collaborazione su invito. edito dalla Serenissima Gran Loggia del Sud degli Antichi Liberi Accettati Massoni di Rito Scozzese Non nobis Domine, non nobis, sed Tuo nomini da gloriam 3 La Balaustra dell’Illustrissimo e Serenissimo Gran Maestro Costruiamo la nostra fede Vi chiederete il perché di questa mia balaustra. Il perché sta nel fatto che non posso tacere all’attacco distruttivo che certe insensate affermazioni hanno su chi, a fatica, stia costruendo la sua fede. Certo, la verità eristica non ha bisogno di avvocati difensori, solo che questa volta l’accusato non è il Cristo ma Dio stesso. Chi sono gli accusatori? Essi non possono che essere degli idioti. Chi vi parla non è un avvocato ma un uomo di scienza. Certo è che non sono qui per parlare di Dio, come potrei? Magari potessi! Vi parlerò delle mieesperienze e conoscenze scientifiche. Come ogni epoca, l’uomo trascorre nel tempo, ma in questo suo trascorrere avvengono due movimenti: alcuni esseri si proiettano verso una graduale evoluzione; altri, invece, diventano idioti. Naturalmente per un principio eterno di polarità. E dal momento che il cammino verso l’evoluzione è una continua crescita, anche l’idiota evolve durante il suo cammino. Diventa sempre più idiota e cioè idiota completo. Mi direte: come mai? Ma perché l’idiota vive di paure, non crede nemmeno in se stesso, è frustato a causa della sua ignoranza e le sue contestazioni e negazioni nascono dal fatto che non ha capito niente della vita, soprattutto della sua vita. E se non sente di esistere, come può sentire l’esistenza di Dio? Mentre esistono club per nobili, ritro- 4 vi per massoni, ritrovi per operai, anche l’idiota ha voluto il suo club dove riunirsi con altri idioti. Ebbene, hanno un loro ritrovo! Nelle loro riunioni hanno fatto una grande scoperta: Che Dio non esiste! E non solo, hanno anche stabilito che l’uomo non ha bisogno di Dio! In quest’ultimo punto mi sento di essere d’accordo con loro e cioè che l’idiota non ha bisogno di Dio! Come potrebbe capirlo o sentirlo? Per capire Dio bisognerebbe essere degli illuminati, e per sentirlo ci vorrebbe un cuore ed una coscienza. Ma l’idiota vuole sentire Dio con le orecchie. Da qui la sua negazione. Ora, con il vostro permesso, voglio fare un discorso che feci molto tempo fa, non a voi. E’ chiaro che in questa mia analisi cercherò di non scomodare la fede, cercherò col mio ragionamento, se mi è possibile, di credere in Dio partendo dalla convinzione di essere un ateo. Incomincio da qualcosa molto elementare.Voglio utilizzare come inizio lo sviluppo della serie numerica come chiave analogica per il processo di creazione, non stupisca che da sempre la cifra 1 sia stata identificata con Dio (con l’unico Dio). Il concetto di Dio è una definizione di quella unità che non è accessibile all’uomo, ma che è deducibile dall’esperienza della polarità e della dualità. Senza creatore non c’è creazione. La sedia non è tale da sempre, ma prima era un albero e, a sua volta, l’albero era un seme. E il seme ? Se l’uomo si riconosce come essere polare con una coscienza limitata, per tale legge di polarità ne deriva che deve esistere anche l’unità. Se esiste il due, deve per forza esistere l’uno, da cui il due deriva. Senza unità niente polarità. Senza creatore non c’è creazione, senza padre non c’è figlio. Così come dall’esistenza del mondo duale si può concludere con uguale certezza che deve esistere anche un creatore non polare, unico. Questa unità prima, originaria, a noi accessibile, la chiamiamo Dio. Ed è chiar o che ciò che chiamiamo Dio esisteva prima che l’esistenza fosse. Dalla definizione deriva che ogni concezione che noi ci facciamo di Dio deve per forza essere sbagliata. Il relativo non può comprendere l’assoluto. Infatti ogni concezione umana è duale e non potrà mai esprimere in termini adeguati qualcosa che duale non è, poiché Dio solo esiste! Si consideri il primo comandamento “Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio all’infuori di me“. Il numero 1 nonpotrà mai essere realizzato in sé stesso, ma potrà solo essere percepito grazie alla sua dilatazione. Anche Dio diviene per noi concepibile solo attraverso la sua creazione. Il numero 1 non si può percepire né mutare. Perchè nel momento che si manifesta il 2 , nonpuoi più vedere l’uomo. Ma il 2 lo contiene come essenza, come principio primo. Dunque il 2 non è altro che la manifestazione dell’uno. Dal momento che l’uno è eterno e immutabile, il due non è altro che la sua ripetizione. L’uomo contiene in sé tutte le possibilità, in cui sono contenuti allo stato latente tutti gli altri numeri, ogni volta che questi si manifestano o vengono espressi. Tutto questo vale anche per la divinità, in essa tutto è contenuto, ma essa rimane sempre presente nella creazione.Al di fuori di Dio non può che esserci Lui stesso. Esso tutto contiene ma non può essere contenuto. Nulla può accrescerlo o diminuirlo, E’ indivisibile, Egli è spazialmente e contemporaneamente infinito, perché finitezza e limitazione, inizio e fine, sono concetti propri della polarità. Tutte le forme però soggiacciono alle condizioni dettate dallo spazio – tempo, sono finite e limitate. Dio invece è spirito infinito, pura intelligenza infinita, pura energia. Questa condizione di unità non prevede conoscenza, perché la conoscenza è legata al soggetto e all’oggetto e necessita del duale. Espresso in termini umani, si potrebbe quindi dire che nel momento in 5 cui la divinità vuole prendere coscienza di se stessa e conoscere se stessa, inizia il processo di creazione. L’uomo però non può percepire se stesso come 1 fintanto che non c’è qualcosa che sia l’uno. Attivo deve emanare da sé unpolo opposto che gli serva da specchio. Viene così generato il 2 come numero femminile, passivo e relativo. La spaccatura è avvenuta, è stata creata la base del mondo, del duale, del mondo degli opposti. Se Dio fosse soltanto l’uno non sarebbe mai creatore, resterebbe im- manifesto. Dal 2 deriva per forza il 3. Ora il mondo diventa manifesto senza essere diviso da Dio. Il 3 rappresenta la trinità. Ora ci sono le tre particelle che compongono l’atomo. Ora dio è manifesto. Certo questa concezione sembra un paradosso ma io questo discorso non lo sto facendo a degli idioti, ma a persone affamate di verità, a persone oneste e piene d’amore per Dio. Capisco che partendo dalla constatazione che Dio genera la creazione traendola da sé stesso, faccia pensare che la creazione è separata dal suo creatore ed è da lui distinguibile. Sbagliato! Non pensate questo, ricordatevi che non potrà mai esserci nulla al di fuori di Dio che tutto comprende. Ora vi dico qualcosa che vi farà molto meditare. Ascoltate: “come un uomo genera un’idea senza che questa idea sia esterna a lui e senza che essa sia identica a lui o sia una sua parte, così anche questo cosmo è la creazione spirituale di Dio che……… Il Sovrano Gran Comm. e Gran Maestro Corrado Labisi 33.·. Massoneria visibile ed invisibile Forse alcuni di voi saranno un po’ sorpresi da questo titolo, “MASSONERIA VISIBILE ED INVISIBILE”, tenendo presente che la Massoneria non risponde, o non deve rispondere, alle note che sarebbero tipiche di una società segreta, in quanto essa è giuridicamente riconosciuta e registrata, con leader locali visibili e noti, mentre per quanto riguarda la sua filosofia e i suoi obiettivi, questi superano di gran lunga il livello delle relazioni politiche, sociali e culturali. La Massoneria è un vero ordine, o organizzazione iniziatica, simile a quelli che hanno dato vita ai misteri dell’antica Grecia e dell’Egitto, l’unico che è sopravvissuto in quanto tale nel moderno Occidente. In essa confluiscono le più diverse correnti di esoterismo occidentale e orientale, dal neoplatonismo al pitagorismo, dalla cabala ebraica all’eredità druidica e celtica, dai misteri egizi o mitriaci alla mistica, fino all’esoterismo cristiano. Spunti tratti dalla conferenza del Gran Maestro Llorenç Lluell Questa natura iniziatica della Massoneria spiega in gran parte l’ostilità istintiva che suscita in ampi settori. E sottolineo l’ostilità. In un momento come quello attuale, in cui si pretende che tutto debba essere accessibile a tutti, è logico che si consideri inammissibile l’esistenza di una istituzione che pretende di essere portatrice di verità riservata a pochi, che è tenuta nascosta e segreta, conoscibile solo attraverso una rigida gerarchia. Quando si fa riferimento alla massoneria come “organizzazione”, bisogna evidenziare che ne contiamo diverse, solo in Italia se ne annoverano circa settanta. Per meglio spiegare la molteplicità di esse, vorrei esaminare alcuni frammenti delle varie tendenze del panorama attuale. In proposito possiamo distinguere due grandi gruppi di organizzazioni massoniche: il primo è costituito da quelle obbedienze (voglio chiarire 6 che l’obbedienza è l’insieme di massoni che forma una particolare associazione in ogni paese) che richiedono la fede in Dio per poter appartenere ad esse e prevedono che i lavori delle Logge siano presiedute da un volume della Legge Sacra che inizialmente era la Bibbia, ma col tempo sono stati accettati anche il Talmud, il Corano, come meglio aggrada, separatamente o tutti e tre i libri insieme; il secondo gruppo è costituito da una massoneria liberale che non ha quella esigenza. All’interno del primo gruppo, abbiamo quella che si autodefinisce “Massoneria regolare”, guidata dal 1929 dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra, alla quale si allineano, ciascuno nel rispettivo paese, diverse obbedienze con postulato ateistico; cioè, in teoria, per appartenere ad esse è necessario che i suoi membri credano in Dio. In passato ciò significava che gli aderenti dovevano credere in un Dio rivelato e inizialmente era molto bello poter riunire all’interno di essa tanto i cristiani che gli ebrei e i musulmani, in una sorta di “ecumenismo” che nel tempo si è trasformato in sincretismo e praticamente, a seguito di un processo di degenerazione, alcune di queste obbedienze oggi sono afflitteda agnostici e non credenti; si accontentano di essere un luogo in cui prevale il premio sociale e le buone maniere ed hanno sostituito, di fatto, l’esercizio della trascendenza teistica e della solidarietà sociale con una parvenza di carità. L’insistere nel rappresentare a livello mondiale una “ortodossia”, che si traduce in una esclusività per la quale può esistere solo una obbedienza regolare per paese, ecco perché costituisce una “esclusività”, è l’unico incentivo di un certo prestigio di aria “Vittoriana” piuttosto datato, ma sempre riposto tra i massoni. La Massoneria autodefinitasi “regolare” non riconosce alcuna obbedienza né alcuna Massoneria diversa da quella allineata con essa. A livello numerico rappresenta la maggioranza massonica nella gran parte dei paesi – compreso il nostro – ad eccezione della Francia dove invece non costituisce l’obbedienza più cospicua. A fronte di tutto questo abbiamo il secondo gruppo tra le organizzazioni massoniche, composto da Logge cosiddette “liberali”, condotto a livello mondiale dal Grande Oriente di Francia, a maggioranza numerica nel proprio paese; obbedienza che nel 1877 decise che le sue Logge smettessero di lavorareAlla Gloria del Grande Architetto dell’Universo, rinunciando anche al fatto che le tornate (così si chiamano le riunioni massoniche) fossero presiedute da un volume della Legge Sacra, ricorrendo ad un librocon le pagine bianche in modo da non creare contrasti. In questo gruppo si allineano i massoni che sono atei, agnostici, o quello che gli pare; sono più “liberali” e lasciano la massima libertà di coscienza ai propri membri, al- meno in teoria poiché, in pratica, il liberale ad oltranza lo è tanto da non accettare alcun tipo di credenza fatta eccezione della non credenza e, in maggiore o minore misura, diventa un persecutore dei suoi avversari. Questo gruppo si caratterizza per un coinvolgimento diretto dei suoi membri nel mondo politico e sociale, mentre le sue Logge sono legate al dibattito puro e duro. Sono gli eredi autentici di Garibaldi e di tutti i liberatori. Questa è la situazione massonica oggi, ma è sempre stato così? No, come ho detto prima le origini della Massoneria sono cristiane e tali rimasero per tutta la loro intera fase “operativa” in cui, sostanzialmente, essa si dedicò alla costruzione delle cattedrali e delle chiese che ancora oggi costellano l’Europa; ma dalla seconda fase “speculativa”, che va dal XVIII secolo ad oggi, l’ordine massoni7 co ha preso la sua forma attuale e, così, attraverso deviazioni successive è giunto al panorama poco uniforme descritto sopra. “Però voglio affermare ed affermo” che la stessa Chiesa, attraverso l’Ordine di San Benedetto, ha naturalizzato l’Istituzione massonica. Per questo non si ignorerà lo studio realizzato da Eduardo R. Callaey, storico, periodista e massone, nato a Buenos Aires nel 1958, pubblicato in un suo libro dal titolo “La Massoneria e le sue origini cristiane - Ordine di Laici da un Ordine di Monaci”. Callaey scoprì interessanti relazioni fra l’Ordine benedettino e quello dei primi massoni operativi, partendo dallo studio diWalafrid Strabon, uno dei più famosi esegeti, che a sua volta cita due storici maestri venerabili, entrambi eminenti benedettini: Rabano Mauro, abate di Fulda e arcivescovo di Magonza, e Beda, chiamato “Il Venerabile”, famoso storico del secolo VIII, venerato come San Beda. Quest’ultimo è autore dell’opera chiamata “DeTemplo Salomonis Liber”, la cui esistenza è confermata da uno dei documenti massonici più antichi che si conoscano, il “Manoscritto Cooke”, nel quale il suo anonimo autore cita Beda come l’autorità alla quale fa riferimento nel testo. La traduzione dell’opera di Beda dal latino è stata ardua, però Callaey si dice ricompensato dalla scoperta del suo carattere allegorico sulla costruzione del Tempio di Salomone e dalle similitudini riscontrate con molteplici simboli e concetti parimenti esistenti nella dottrina massonica. <<Su quale criterio - si chiede Callaey – dovremmo basare il legame tra massoni benedettini e m assoni operativi laic i? Un c riterio s toricistico, p revia verifica dei legami, delle relazioni e dei principi, come già spiegato>>. Nel suo libro Callaey aggiunge – <<così mi rendo conto che è incompleto, essendo la Massoneria una istituzione tradizionale, conviene estendere i criteri di analisi nell’ambito della sua Tradizione…>> Il percorso formato dai venerabili Beda,Alcuino, Rabano Mauro e Walafrid Strabon è stato segnalato dagli storici, teologi, filologi ed esperti dell’ebraismo, che dimostrano il suo potere e la sua attività. Queste correnti erano diffuse nei vasti territori dell’impero carolingio dove risaltano le tradizioni e i simboli dei massoni che agivano sotto l’impulso benedettino e che hanno avuto il loro massimo splendore negli ordini di Cluny e Hirsau. Questi, in secondo luogo, scelsero una serie di idee fondamentali che, originate nella tradizione dei monaci costruttori, influenzarono direttamente le associazioni laiche operative ed attraverso queste diedero origine alla massoneria moderna. Esse sono: a) la tradizione del Tempio di Salomone; b) il simbolismo del Tempio; c) l’idea di un Grande Architetto dell’Universo; d) il pensiero simbolico-allegorico; e) il viaggio interiore (quello che i massoni chiamano “Scolpire la Pietra Grezza”); f) il viaggio esteriore: l’edificazione del Tempio alla Virtù. Callaey co nclude asserendo:<<“Non esiste in occidente – all’infuori dell’Or dine Massonico e dell’Or dine del Tempio – altra istituzione che abbia dato al T empio di Gerusalemme il carattere allegorico che assume dalla penna dei maestri b enedettini>>. E’ paradossale riscontrare nel libro in questione la sorprendente somiglianza tra le allegorie del mondo monastico medievale e gli elementi centrali di esoterismo massonico, particolare che apre un profondo interrogativo circa le origini cristiane dell’Ordine, contestate dalla maggioranza dei pontefici romani. A parte le 8 polemiche sulla validità o meno della scomunica che secondo la Chiesa di Roma penderebbe sui cattolici che appartengono, o si accingerebbero ad appartenere, alla Massoneria - scomunica che a nostro giudizio non ha motivo d’esistere alla luce dell’attuale Codice di Diritto Canonico, approvato dal ConcilioVaticano II lo studio pubblicato nel libro di Eduardo R. Callaey viene a riaffermare e documentare le tesi che dimostrano le origini cristiane del nostro augusto Ordine. Date, quindi, per dimostrate le origine cristiane dell’Ordine massonico, possiamo sostenere che sia possibile conciliare l’appartenenza ad entrambe le istituzioni, MASSONERIA e CHIESA CATTOLICA? Io risponderei di sì, ma in tale risposta devo ammettere l’esistenza di una compatibilità solo con una forma ‘non dogmatica’ del cattolicesimo, il che, SINCERAMENTE, non è altro che un gioco di parole: siamo compatibili con un cattolicesimo che non prende sul serio la fede. In questo senso molti gran maestri hanno dovuto ammettere come spesso i massoni abbiano una scarsa conoscenza delle esigenze dottrinali della Massoneria, cosa che in alcuni casi può portare una persona ignorante a credere che si possa essere massone e cattolico nello stesso tempo, ma sono dottrine che si respingono. Ora, dopo aver presentato il quadro della Massoneria VISIBILE, torniamo a poco a poco alla INVISIBILITA’, attraverso la PORTA del SEGRETO e le colonne del POTERE e della GERARCHIA. Il segreto è l’essenza tanto dell’individuo che della società umana; come i mammiferi tendiamo a vivere in branchi, ma l’acquisizione da parte di noi tutti della consapevolezza di essere unici ed irripetibili ci spinge a conquistare e difendere uno spazio di intimità, uno spazio esclusivo nel quale abbiamo sempre da nascondere qualcosa, come gli altri la nascondono a noi. E’ nell’equilibrio fra la nostra riservatezza e la vita sociale, il nascosto ed il pubblico, che si va determinando la nostra personalità. Quello che nascondiamo, quello che riveliamo e il rispetto che manteniamo per i segreti del nostro prossimo segnerà in modo indelebile il rapporto con gli altri. Siamo, come dice un aforisma popolare, padroni del nostro silenzio e schiavi delle nostre parole. E proprio attraverso questo processo si risveglierà l’attrazione e il fascino curioso che tutti abbiamo indistintamente per le società segrete. La Massoneria ha una componente segreta molto ampia, specie in riferimento all’esoterismo dei lavori di Loggia. I massoni sono persone che si riuniscono a porte chiuse e giurano di osservare il più assoluto silenzio sui lavori svolti all’interno del Tempio. E’ la caratteristica delle nostre Logge, in verità una Segretezza che disturba molti profani e che non è un caso che sia rimasta tale fino al nostro tempo. Approfitto di questo passaggio per chiarire come alcune nazioni guidate da regimi autoritari, per esempio Cuba, celebrano tornate con persone esterne all’Ordine. La tornata massonica non è solo una delle facce della Massoneria, ma anche, agli occhi della ragione, il segno di una realtà superiore ed invisibile, la Massoneria universale, la Massoneria invisibile che irunisce nel tempo e nello spazio i massoni che noi non vediamo, che si trovano in un altro Livello Superiore; i massoni invisibili che cercano di provocare cambiamenti favorevoli nell’interesse dell’Umanità; la Massoneria che celebriamo il giorno di San Giovanni, la Massoneria che può identificarsi con il Nuovo Ordine Mondiale, <<il compimento totale del Figlio dell’Uomo, che Dio colma completamente con la sua plenitudine>> (Ef 1,23); quel corpo massonico <<in costruzione, alla fine del quale saremo tutti giunti alla unità nella certezza e nella vera conoscenza del Cristo Muratore Speculativo, allo stato di uomo perfetto, alla plenitudine della sta9 tura del Figlio dell’Uomo>> (EF 4, 13). Così, qualunque tornata massonica, numerosa o ristretta, ricca o povera che sia, è la manifestazione della Costruzione spirituale del Tempio di Gerusalemme in un tempo e in luogo determinato, cioè <<sia il simbolo che lo strumento dell’intima unione con il Grande Architetto dell’Universo e dell’unità di tutto il genere umano>>. Rivolgendo l’attenzione alla società moderna occorre però evidenziare come il SEGRETO MASSONICO non abbia nulla a che vedere con il mondo profano né con concetti materialistici e occultistici. Al riconoscimento del segreto massonico vi si giunge solo dopo un’evoluzione personale di carattere spirituale, etico e morale, che prende avvio lo stesso giorno della Iniziazione in Loggia, in uno qualsiasi dei riti riconosciuti in Massoneria. Non tutti coloro che entrano in Massoneria giungeranno però a conoscerlo, poiché a ciò non potranno arrivare coloro che sono inclini alla concezione esoterica del nostro Ordine, inclinazione legittima d’altra parte. Il segreto massonico esiste perché ciò che rimane velato dietro di esso è incomunicabile agli altri, perché scaturisce da riflessioni ed esperienze di natura esoterica, strettamente personali e intime, piuttosto che di conoscenza si tratta di un sentimento. Si conosce o non si conosce. Si riconosce o sembra perso in funzione dell’accettazione del processo iniziatico; però non si può trasmettere né verbalmente né per iscritto …proprio per questo è segreto. Logicamente quelli che negano la sua esistenza non hanno possibilità alcuna di giungere ad esso. Esoterico è uguale a segreto ma non ha nulla a che fare con l’occulto o la divinazione, tanto di moda, ma oggetto di truffe per ignari poveri di spirito. Hilaire Bellioc, famoso scrittore, sostiene che sia poco intelligente negare che esistano le cospirazioni, però al contempo evidenzia come sia un luogo comune attribuirvi un potere esagerato. D’altra parte, “la cospirazione” non è un fattore negativo della massoneria né di nessun’altra organizzazione segreta. Infatti, anche se ha acquisito un’accezione negativa, per “cospirare” si intende concordare con gli altri la realizzazione di qualcosa. La società, per esempio, deve essere una grande cospirazione per realizzare il bene comune. Se parliamo di cospirazione dobbiamo passare al concetto di INFLUENZA. Facendo riferimento alla massoneria visibile, alla “organizzazione visibile”, occorre prendere atto come l’influenza sociale VISIBILE delle diverse associazioni massoniche sia decaduta un po’ in tutto il mondo. Al contrario, se si guardano i principi intellettuali della Massoneria, vale a dire la “dottrina” massonica, non c’è dubbio che la Massoneria abbia una grande influenza sociale e i suoi principi siano diventati quasi di universale diffusione. Siamo tutti influenzati dalle dottrine della massoniche: dal naturalismo filosofico al laicismo politico. E’ anche vero, però, che proprio quando la Massoneria è riuscita a diffondere i suoi principi in tutto il mondo, per ironia della sorte, o forse non tanto, le organizzazioni massoniche hanno iniziato a perdere vitalità. 10 Infatti, il numero dei massoni de carnè è molto basso in Occidente, nonostante la mentalità massonica abbia una presenza sociale e politica così invasiva quasi al punto di dare l’impressione che tra l’ideologia postmoderna e l’ideologia massonica ci sia poca differenza. Gamberini, un grande maestro italiano della Massoneria, ha sempre sostenuto che quest’ultima trionferà solo quando il mondo profano accoglierà i suoi principi, quando questi diventeranno permanenti e inalienabile patrimonio dell’umanità, quando anche gli avversari, contraddicendosi, li professeranno come propri. Adesso è proprio il momento di dire: “I massoni si definiscono una Istituzione formata da persone che cerca la saggezza e l’equità, con una gerarchia indiscutibile ed una immagine di potere”. Il concetto che la Massoneria ha della GERARCHIA si definisce in questi sintetici punti: separazione del potere secondo la forma democratica; il popolo è sovrano ed elegge direttamente i propri rappresentanti che gestiscono i distinti poteri; le leggi so no necessarie così come il loro rispetto; i membri a cui è conferito il potere devono sottomettersi alla legge. In tutto ciò è chiaro ed esplicito che “il potere esecutivo deve essere l’agente e non il capo del villaggio”. Adesso entriamo nel concetto massonico del POTERE. In Massoneria, in particolare, il potere che viene conferito a qualcuno è nell’ottica di far rispettare gli obiettivi del decreto, di lavorare al servizio della Massoneria e dell’umanità. Secondo fonti massoniche, la prerogativa speciale del potere è “il diritto di grazia e il dovere di fare del bene finché la giustizia e l’equità saranno in opposizione”. Il gestore del potere esecutivo deve avere il diritto di grazia perché “se è giusto che la legge deve essere inviolabile, ci sono però casi in cui la sua applicazione sarebbe inutile e a volte anche dannosa”; ciò perché non è umanamente possibile prevedere tutto e, quindi, qualcuno deve essere autorizzato a trattenere il corso della legge se la sua applicazione concretizza un’ingiustizia; nessuno è considerato più adatto di coluiche si è guadagnato la fiducia della nazione…”. E’ proprio questo il punto che tratta il grande ed illustre fratello massone W. A. Mozart nella sua poco conosciuta opera “La clemenza di Tito”. Composta mentre lavorava a “Il flauto magico”, racchiude il dibattito interiore che animò l’imperatore Tito allorché tentò di raggiungere un equilibrio tra la Giustizia e la Misericordia. Trat- to da un libretto di Metastasio per festeggiare il compleanno di Carlo, nonno di Leopoldo II, imperatore tedesco del Sacro Romano Impero. Caterino Mazzolà adattò il libretto per l’opera, ma è noto che anche Mozart vi contribuì. E’ un’opera sul potere e sulla clemenza come prerogativa somma del potere stesso. Ora, considerando che la Massoneria, come società umana, non è composta da esseri angelici dotati di perfezione, è normale che un fratello possa sbagliare. Quindi, se la scelta del popolo fosse stata inadeguata, se uno qualsiasi dei membri al quale fosse stato conferito il potere si fosse lasciato influenzare dai metalli nelle sue decisioni, se fosse caduto nella tentazione del potere per il potere, la saggezza della maggioranza sarà in grado di ripristinare il necessario equilibrio nelle elezioni successive. Nel frattempo, altri membri del consiglio possono bilanciare le deviazioni occasionali. La Massoneria è una società di volontariato che ammette nelle sue file persone di diverse opinioni e posizioni politiche. Uno può essere contro l’autorità e il potere in modo radicale, l’altro un socialista, un altro ancora un individualista. Che cosa hanno in comune persone come Bakunin, Churchill, Sandino, Voltaire e Franklin? Erano massoni e qualunque fosse la loro visione politica attuavano le regole di funzionamento della società a cui avevano aderito volontariamente. MA LA GRANDE MAGGIORANZA DI VOI VUOLE CONOSCERE QUESTA ORGANIZZAZIONE INVISIBILE. L’autore massonico Manly P. 11 Hall (decorato nel settembre del 1990 dallo Scottish Rite Journal e considerato dal Supremo Consiglio dei 33 del Rito Scoz zese come un filosofo massonico) disse: “La Massoneria è una fratellanza dentro la fratellanza – una organizzazione esterna che nasconde una fratellanza interna di eletti…”. E’ necessario, quindi, stabilire l’esistenza di questi due ordini separati ed indipendenti, uno visibile e l’altro invisibile. La società visibile è una confraternita splendida di uomini “liberi e accettati” che si riuniscono per dedicare il loro tempo ad attività etiche, educative, fraterne, patriottiche ed umanitarie. La società invisibile è segreta e augustissima (di dignità maestosa e grandiosa) ed i suoi membri si dedicano al servizio di un misterioso arcannum arcandrum (un segreto, un mistero). QUANDO ALCUNI DOTTI PARLANO DI MASSONERIA INVISIBILE, MENZIONANO I LORO “SUPERIORI SCONOSCIUTI”. I superiori sconosciuti non esistono, o almeno non c’è nessun indizio che ci faccia pensare che esistano. (E SE ESISTONO DICHIARANO DI ESSERE SCO- NOSCIUTI). Comunque, è certo che questo è stato uno dei temi favoriti di quella che chiamo “l’antimassoneria irrazionale”. Risulta anche comodo pensare che, in qualche luogo segreto, un piccolo gruppo di uomini decide il destino del mondo e niente ha mai potuto dimostrarne la sua esistenza. I massoni sparsi nel mondo non viaggiano in modo coordinato e solo in alcune occasioni si confrontano tra loro; l’unico vincolo reale fra essi è la fedeltà ai principi fondamentali della Massoneria. In questo sta la sostanziale unità di azione di tutti i massoni. La Massoneria non ha la finalità di essere numerosa e famosa, bensì di mantenere vivo un metodo di relazione personale e di introspe- zione che provoca una iperstimolazione della nostra coscienza, che ci sollecita a prendere possesso del nostro essere nel mondo. LA CONCLUSIONE E’ CHE PER SCELTA NON CI INTERESSA LA QUANTITA’ BENSI LA QUALITA’. QUESTA E’ LA PRIMA PIETRA O LA PRIMA PORTA della Massoneria Invisibile : “Le cose consacrate si rivelano solo agli uomini consacrati; è vietato rivelarle ai profani se non sono iniziati ai misteri del sapere…”. Adesso si dirà che è giunto il momento di parlare di queste organizzazioni segrete di cui tanto si narra (Illuminati, Skull and Bones, Priorato di Sion, Rosacroce, e tante altre). E’ possibile che qualcuna esista, o sia esistita, ed è pos- 12 sibile che ci fosse in essa qualche massone, ma posso affermare CHE ESSE NON SONO MASSONERIA, NE’ HANNO ALCUNA RELAZIONE CON LA VERA MASSONERIA. Tutto ciò non è Massoneria invisibile, è letteratura invisibile. COMUNQUE, DIRANNO ALCUNI, SONO LOBBY, ED HANNO LA LORO INFLUENZA. Io direi di sì, è possibile che fossero lobby, ma meno di quanto crediamo. Un giorno mi disse un’alta carica politica di un Paese europeo che, tra l’altro, era un massone riconosciuto: “Mi accusano di ricevere i fratelli massoni ed io dico che nelle mie ore di lavoro ricevo tutto il mondo, ovunque mi trovi, è il mio lavoro; ma nelle mie ore libere ricevo coloro che amo e come potrei chiudere la porta ad un fratello con il quale mantengo un’affinità, una famiglia?”. ED ORA VI DICO UNA COSA: ”pochi anni f a Carcero Blanco, un presidente del Governo spagnolo guidato dal dittatore Francisco Franco, disse la stessa cosa quando riconobbe di essere membro dell’Opus Dei”. E ADESSO CHIEDIAMOCI COME SI RICONOSCE UN MASSONE. Uno dei modi per riconoscere un massone nel rituale è tramite la domanda:”Sei tu un Massone”? E la sua risposta deve essere:”Tutti mi conoscono come tale,Venerabile Maestro”. Si evidenzia chiaramente che la condizione non si acquista con il semplice giuramento formale, bensì con l’avanzare giornaliero, con lo studio, la disciplina e con l’acquisizione dell’umiltà necessaria per non definirsi Masso- ne, bensì dimostrare agli altri fratelli di esserlo con le opere, con il modo di fare ed il pensiero”. NELLA MASSONERIA, COME IN QUALUNQUE ORDINE INIZIATICO, tutto inizia e finisce con l’INIZIAZIONE. Il passaggio attraverso il Gabinetto di Riflessione, le prove allegoriche e il viaggio dalle tenebre alla luce, durante il quale in genere si priva temporaneamente il postulante dei gioielli e del denaro che ha indosso, per sottolineare che i Massoni non si curano né della ricchezza, né dei titoli che portano, bensì di una vita dignitosa al servizio degli altri. Con questa pratica la Massoneria, fin dall’inizio, fa pedagogia nel senso che insegna come l’attaccamento alla proprietà e agli interessi personali costituiscano i principali ostacoli per l’affermazione di una fraternità concepita sotto il segno dell’uguaglianza; ciò fermo restando che non sono gli oggetti materiali o le prerogative della società civile che impediscono di lavorare al perfezionamento della propria pietra grezza, ma l’attaccamento ad esse, che deve essere una delle prime cose di cui bisogna spogliarsi. Molti di coloro che si avvicinano alla Massoneria, restano fermi in alcuni dei pas- saggi della lunga scalinata che porta alla finalità stessa dell’Istituzione massonica. Questi passaggi sono ciò che noi chiamiamo Gradi mentre i profani fasi di consapevolezza. In effetti si vede con una certa frequenza come alcuni massoni, ricevuti i gradi, ottenuti gli onori, avute deleghe di responsabilità, ricevuti i premi, etc etc, spessoassumono atteggiamenti arroganti ed esaltano la propria importanza o il ruolo all’interno dell’Ordine, ciò a scapito del clima fraterno, forse credendo di avere una morale superiore. Se non hanno umiltà non entreranno mai a far parte della Massoneria Invisibile, al massimo riceveranno un applauso profano. Non conosceranno l’applauso che deve realmente interessare ad un massone, quello che proviene dalla coscienza di aver fatto un buon lavoro senza aspettarsi contropartite di nessuna natura. SIATE UMILI e ben disse il fratello mas- 13 sone Victor Hugo alla metà del XIX secolo: “l’umiltà ha due poli: la verità e il bello”. Sono figlio e nipote di massone, ed entrai in Massoneria come “Lovaton” (i lovatones sono i figli dei massoni adottati simbolicamente in una Loggia nella quale ricevono il battesimo massonico). Mio padre mi avvicinò alla Massoneria francese perché in Spagna e ad Andorra era stata vietata e perseguitata. Io sono uno degliinvisibili della Massoneria. Invisibile? Che arroganza dire questo. Forse adesso sono un po’ meno invisibile, perché sono qui con voi. Abbiamo costruito quando nessuno ci ha visti, si dice che ad un maestro massone che stava scolpendo un uccello su una trave all’interno del Duomo, trave che doveva essere coperta, qualcuno avesse chiesto perché sprecasse così tanto tempo in qualcosa che nessuno avrebbe mai visto ed il maestro rispose: “perché Dio lo vedrà”. Nella mia cosiddetta carriera massonica sono stato insediato e decorato dal Supremo Consiglio dei 33 di Washington D.C. ed è stato lì, in quella città, alla l uce d ei simboli massonici, che ho capito che non ci sono misteri legati alla nascita della repubblica americana. Ricordo che mentre percorrevo la King Street ho subito capito il significato nascosto di uno dei simboli ivi presenti. Si tratta di un modello in scala del famoso Faro di Alessandria, una delle sette meraviglie del mondo antico, un monumento a George Washington, con i suoi “333” piedi di altezza. Nella hall del Faro di Alessandria ho notato un murales enorme nel quale George Washington, vestito con il classico grembiule dei massoni e con la cazzuola in mano, appare nel bel mezzo di un importante meeting di iniziati di alto grado all’aperto. Ed un fratello massone mi chiese: ”Sai cosa rappresenta quella scena?”. Io mi strinsi nelle spalle. “E’ – mi spiegò - la cerimonia della collocazione della prima pietra del Campidoglio, il 18 settembre del 1793, sulla collina Jenkins diWashington. Come vedi, la nostra democrazia è, letteralmente, opera dei maestri massoni e dei francesi che importarono i loro ideali dalla Rivoluzione del 1789”. Lasciatemi spiegare questa confidenza: Dan Brownnel suo ultimo libro ambientato a Washington, dal titolo “Il simbolo perduto” gioca con il simbolismo della Massoneria a Washington e con la banconota da un dollaro, mentre dovrebbe davvero dire grazie alla Massoneria. Seguendo la sua spiegazione, è facile comprendere come egli arrivi a cogliere solo il significato che intuisce, anche se invece crede di scoprirlo. Giusto per fare un esempio, e come aneddoto del tema, prendiamo la Stella a cinque punte, la cosiddetta Stella di David, chiamata anche Sigillo di Salomone. Il Re Saggio della Bibbia fu il costruttore delTempio che porta il suo nome, che fu l’ossessione dei templari quando si recarono a Gerusalemme, ma anche uno dei luoghi mitici per i massoni. E allora, proprio per questo, abbiamo ricostruito l’interno delTempio di Salomone, al nono piano del George Washington Memorial Building. Inoltre, la residenza estiva dei presidenti di questo paese si chiama Camp David. Bene, osserviamo per un attimo le stelle chesi trovano sul Gran Sigillo dell’aquila americana, se le unissimo con una linea immaginaria, si otterrebbe una stella a cinque punte, la Stella di Davide! Ma al terzo piano di questo strano edificio (Memorial), nella stanza chiamata Grotto Room, ci aspettano altre sorprese: un ritratto con il grembiule del severo presidente d el d opoguerra, H arry S . Truman; monete e cartoline dei sei astronauti 14 del programma Apollo che erano massoni, tra cui Edwin Aldrin della missione Apollo XI; ed ancora ricordi di tutti quei capi della massoneria, come il presidente Roosvelt, il progettista del dollaro, che sorride dalla sua cornice di argento. Quando Roosvelt posò per quella foto ignorava che la stella segreta, che aveva nascosto nella costellazione che corona l’aquila del Gran Sigillo, sarebbe diventata un segreto rivelato all’inizio del XXI secolo. Fra tutto ciò che disse Dan Brown amo ricordare l’intervista di presentazione del suo ultimo libro. “In questo mondo – confessò Brown - in cui così tante culture si scannano a discutere quale versione di Dio è quella giusta, la Massoneria si adopera per unirle e le invita a pregare insieme, perché non vi è alcuna necessità di etichettare Dio quando sanno che esiste là fuori”. La dichiarazione dei principi della massoneria dice che la nostra “è una istituzione universale, soprattutto filosofica, progettata per lavorare per l’avventodella giustizia, della solidarietà e della pace per l’umanità”. ORA, concluderò questo convegno con le parole che il cataro Peire Clergue diresse all’inquisitore Jacme Torner: ”ci sono due divinità – gli disse - una invisibile e l’altra visibile e ciascuno di noi ha il suo Dio. L’invisibile è un Dio buono che salva il suo popolo, il visibile è un Dio cattivo che rende le cose visibili e transitorie”. L’Africa: la medicina per riscoprire il vero senso della vita “L’uomo è il padrone della parola che conserva nella sua pancia, ma diventa schiavo della parola che lascia fuggire dalle sue labbra”. (Proverbio africano). L’uomo saggio ripone una grande speranza nel continente africano.Ai nostri giorni si moltiplicano le missioni umanitarie, i protocolli d’intesa, i progetti comuni, gli scambi culturali. Si rafforza soprattutto il sentimento di fratellanza tra i popoli del mediterraneo e quelli dell’Africa. La necessità di dare dei contenuti seri a quel bacino afro-mediterraneo a cui in pochissimi avevano saputo guardare, tra i q uali il nostro pot.:mo Gran Maestro Corrado Labisi, prende corpo giorno dopo giorno, dando giustizia alla loro lungimiranza: Costa d’Avorio, Kenya, Sierra Leone, Somalia, Guinea, Camerun, Nigeria, Benin, Etiopia, Tanzania, Congo, Madagascar, sono luoghi che se li visiti ti segnano per sempre. Posti nei quali non puoi più fare a meno di tornarvi. Ma ci siamo mai chiesti il perché? La risposta è sotto i nostri occhi! Non è un mistero, infatti, che egoismo, protagonismo, corsa al potere, ingiustizia, attaccamento 15 ai beni materiali, smarrimento dei valori, corruzione dilagante, invidia e gusto del sacrilegio, siano solo alcuni dei mali che sempre più affliggono la società moderna, quella che osa definirsi civile ed industrializzata, ma al contempo non si rende conto, o forse non vuol farlo, che ha smarrito le sue radici profonde nel tempo, il senso della vita, persino il piacere d’un sorriso donato. E così la stessa qualità dei rapporti umani va perdendo la sua naturalezza, la famiglia è prossima all’estinzione, nessuno sa più donare ma ognuno pretende e basta. Quelle rare volte che ci fermiamo un attimo a riflettere ci chiediamo dove si sia “rifugiata” l’essenza della vita, ferita e umiliata dalle frenesie di questi nostri giorni. Sì, quando comprendiamo che il nostro malinteso senso di civiltà oggigiorno ci spinge a correre verso il nulla, inquei pochi attimi di lucidità, può accadere che l’uomo si chieda da dove dovrebbe iniziare a cercare se per un attimo lo sfiorasse la “sana follia” di riprendere per mano il senso della vita, se volesse ricordarsi da dove viene, cos’è e verso dove sta andando. Viene in mente la legge della natura alla quale nessuno può sottrarsi: ogni essere vivente, come ogni cosa, nasce, cresce, arriva al suo culmine, poi decresce e torna al punto di partenza. Alla fine del ciclo, quindi, tutto torna all’origine, alla sua fonte. Ebbene non è un caso che si parli sempre con più insistenza dell’Africa e la si identifichi con il cuore pulsante del mondo, il continente più antico al mondo, quello dove la vita ha avuto origine, dovetutto ha avutoun inizio. E non è casuale neanche il fatto che chiunque abbandoni per qualche giorno questa falsa società per recarsi da quelle parti, alla fine dell’esperienza rientri con quel malessere a cui gli esperti spesso non sanno dare una spiegazione plausibile: il cosiddetto mal d’Africa. E’ una malattia o forse è il risveglio interiore innescato da certi ritmi, odori, sapori e colori indimenticabili del continente africano? Il mal d’Africa è il grido dell’io interiore che ci richiama alla vita, è la riscoperta di un gusto antico e pregiato dal quale l’umanità intera non può prescindere perché ne rappresenta la sua stessa essenza! E poi è la stessa genetica a dirci da dove proviene l’uomo moderno (europeo, asiatico australiano o americano che sia) e a dare il marchio doc alla popolazione riconosciuta in assoluto come la più antica del pianeta. Si tratta dei San, cacciatori dell’Africa del Sud, conosciuti anche con il soprannome di bushmen (letteralmente “gli uomini della foresta”), una storia iniziata decine di migliaia di anni indietro nel tempo. E’ la foresta africana, infatti, il loro habitat naturale e stando sempre a quanto rivela il dna, sarebbero proprio loro i discendenti diretti dei primi esseri umani che, successivamente, dall’Africa migrarono in tutte le altre parti della terra. Lo studio, il più grande mai realizzato finora sul dna umano inAfrica, è stato condotto per dieci anni da scienziati di tutto il mondo e adesso è stato finalmente pubblicato dall’autorevole Science. “Abbiamo prelevato campioni di sangue in tutto il continente africano – ha rivelato SarahTishkoff dell’Università della Pennsylvania - dopo dieci anni possiamo finalmente dire che l’Africa è stato veramente un continente melting pot, con al suo interno tutti i geni che nei millenni successivi avremmo trovato nel resto del mondo. E’ davvero il luogo di nascita dell’umanità”. Tesi ampiamente confermata anche da una serie di recenti scoperte archeologiche che ci danno importanti risposte sulle origini umane, dimostrando non solo che l’Homo sapiens venne dall’Africa, già come Homo erectus, ma che addirittura l’uomo migrò da quel continente già completamente moderno. Le prove di questa teoria sono state rinvenute nella cavernaBlombos, all’interno della quale erano custoditi numerosi strumenti in osso, tutti risalenti a più di settantamila anni fa. Un’accurata analisi di questi reperti archeologici, pubblicata di recente anche sul Journal of Human Evolution, sostiene che questo antico impiego di strumenti in osso, insieme ad altre scoperte, dimostra che la modernità si evolvette per prima cosa proprio in Africa, nel continente più antico al mondo. “La reale implicazione è che c’era un comportamento moderno inAfrica già trentacinquemila anni prima che in Europa” ha rivelato Cristopher S. Henshilwood, illustre professore di archeologia alla State University of NewYork. Occorre infine sottolineare come fra gli antropologi vi sia anche completo accordo sull’origine più antica dell’uomo, un tipo di ominide vivente nella regione intorno al LagoVittoria (nel luogo dove attualmente confinano l’Uganda, il Kenia e laTanzania) circa due milioni e mezzo di anni fa.Vi è anche accordo sul fatto che poco meno di due milioni di anni fa questi uomini assai arcaici, così come fecero successivamente i San (il popolo africano da cui discende il nostro dna) si diffusero dall’Africa all’Asia e all’Europa. Fabio Cantarella 16 Il silenzio che porta alla libertà Il lavoro dell’Apprendista è caratterizzato dal più assoluto e rigoroso silenzio. U na s ana p ratica o sservata anche da tanti Maestri che, lungo il cammino iniziatico, sono stati capaci di coglierne le grandi potenzialità per il proseguo del lavoro di ricerca interiore. I ritmi frenetici della società moderna, l’ossessivo bisogno di comunicare con chiunque ed ovunque, fa sì che divenga sempre più difficile trovare dei momenti in cui si possa consapevolmente restare soli con sé stessi, alla scoperta di quell’«io interiore», ai più completamente sconosciuto. La pratica del silenzio crea nel neofita le condizioni ideali affinché possa sbarazzarsi dei suoi «metalli», delle sue false credenze, dell’arroganza e dell’orgoglio che lo hanno contraddistinto fino a quel momento, fino a quando ha osato bussare alla porta del tempio; della sua convinzione di sapere quel che neanche ha mai immaginato come c ercare. E’ giunta l’ora che l’Apprendista inizi un costante cammino che lo liberi dai concetti e dalla false nozioni ricevute ed incamerate durante la vita profana, ma per arrivare a ciò dovrà prima di tutto cogliere il senso di un’altra importante conquista: l’atteggiamento “Sedere fermi in silenzio offre la posizione non di colui che respinge l’altro di fronte a sé, ma di colui che è diventato uno. Quando si accetta all’interno di sé tutto quello che si oppone a se stessi e si diventa uno con quello, non può esserci nient’altro che non sia noi stessi,poiché a quel punto se stessi diventa la pienezza dell’universo stesso. Essere un solo corpo col tutto, in quell’unità che non è solo uno, è sentire il dolore dell’altro come proprio dolore, la gioia dell’altro come la propria vera gioia”. (Monastero Zen di Fudenji) di distacco da tutto ciò che infastidisce, offusca o soffoca la silenziosa ricerca del suo «io interiore». In tanti sostengono che la pratica del silenzio rappresenti un processo indispensabile per accedere all’«io interiore», anzi che addirittura consacri il passaggio dal di fuori al di dentro dell’uomo, dal caos all’ordine e, quindi, dalla schiavitù alla libertà riconquistata. Ed è naturale che soltanto l’uomo libero, privo cioè di preconcetti e pregiudizi, possa sperare di raggiungere il giusto distacco dal «rumore» che oscura la ricerca interiore. Il silenzio è, come nessun’altra regola, capace d’innescare nell’individuo che lo attua un processo evolutivo di tale intensità da modificarne atteggiamenti e abitudini, valori e obiettivi di vita, concezioni e aspirazioni. Praticare il silenzio non significa isolarsi dal mondo, dalla vita di tutti i giorni, ma al contrario deve rappresentare il mezzo per raggiungere quella libertà di giudizio che potrà portare a scoprire le essenzialità e le priorità dell’esistenza terrena, che potrà dare una nuova e consapevole chiave di lettura di ogni cosa che ci circonda. Tutto ciò che è effimero, superfluo o addirittura dannoso per il percorso di crescita sarà catalogato come tale nella mente dell’iniziato. Ogni cosa avrà la giusta importanza, la giusta priorità, una volta riacquistato il senso dell’origine uma17 na. In altre parole la conquista del silenzio è la prima importante tappa per giungere ad unnuovo modo di concepire la vita ed il rapporto con gli altri; grazie a questa nuova visione, alla ritrovata consapevolezza, il vero massone potrà ripulire il proprio cuore e la propria mente da ogni sapere pregiudiziale. Condizionato dalle sue passioni, dai suoi desideri, dalla sua falsa rappresentazione delle virtù, dal malinteso senso di pubblico dovere, schiavo dei suoi «metalli», il libero muratore, comprendendo l’arte del silenzio, potrà intraprendere il sentiero che lo porterà a diventare un uomo veramente libero. Silenzio dopo silenzio, un mattone alla volta, potrà lentamente, con pazienza e duro sacrificio, edificare il proprio tempio interiore, accedere all’«io interiore» e quanto più ne acquisirà consapevolezza, tanto più grande e sincera diventerà la sua disponibilità verso gli altri, la sua capacità dilavorare per il bene ed il progresso dell’umanità. Ma più andrà avanti nel suo cammino e più dovrà prestare attenzione, scrupolo, fermezza in ogni azione che lo contraddistinguerà, perché il cammino iniziatico è pieno di ostacoli e battute d’arresto. E un massone non può non tenere costantemente presente che ciò che farà in vita riecheggerà nell’eternità. F.·.C.·. Il verbo ed il simbolo Per l’uomo ogni espressione è un simbolo del pensiero che traduce esteriormente ed in questo senso lo stesso linguaggio non è altro che un simbolismo. L’impiego delle parole e dei simboli figurativi sarebbero due modi d’espressione complementari se su questa terra regnasse la perfezione, ma in realtà la forma del linguaggio è analitica, discorsiva come la ragione umana di cui esso è lo strumento proprio e di cui segue o riproduce il cammino con la massima esattezza possibile; mentre, al contrario, il simbolismo è essenzialmente sintetico e per ciò stesso intuitivo. Un particolare non secondario che lo rende più idoneo del linguaggio a servire da base all’intuizione intellettuale, livello che situato al di sopra della ragione. Ecco perché il simbolismo sintetico apre possibilità di concezione veramente illimitate, mentre il linguaggio umano pone alla comprensione limiti più o meno stretti. Ciò vale soprattutto per le verità più alte, quelle che non sarebbero in alcun modo trasmissibili intatte se non manifestate coi simboli, i quali certamente le dissimuleranno ai più, m a l e m anifesteranno i n tutto il loro splendore agli occhi di coloro che sanno vedere. Da questa considerazione dovremmo trarre il convincimento che il ricorso al simbolismo sia indispensabile, ma non è così, tanto che, secondo un insegnamento del popolo Indù, un i mmagine q ualunque, a d esempio una statua simboleggiante questo o quell’aspetto della Divinità, non deve essere considerata che come un supporto per la meditazione, uno strumento che permette a un uomo di compiere un viaggio più rapidamente e con assai minor fatica che se dovesse farlo con i propri mezzi. Ma per cogliere tutta la portata del simbolismo occorre esaminare anche il suo aspetto divino che trae la sua ragion d’essere dal dato di fatto che esso ha il suo fondamento nella natura stessa degli esseri e delle cose e che perciò è in perfetta armonia con le leggi della natura. E le leggi naturali non sono, in fondo, espressione della Volontà divina? Per aiutare la nostra tesi si possono richiamare le prime parole del Vangelo di San 18 Giovanni: ”In principio era il Verbo”. Il Verbo, il Logos, è a un tempo pensiero e parola, manifestazione dell’Intelletto divino. Per l’uomo si manifesta per mezzo d ella Cr eazione c he è l’opera d el Verbo, l a s ua manifestazione, l a s ua a ffermazione e steriore; e d è per ciò che il mondo è come un linguaggio divinoper coloro che hanno imparato a conoscerlo: Caeli enarrant gloriam Dei ( I Cieli narrano la gloria di Dio; Salmo XIX, 2 ). E non è casuale che ogni significazione abbia all’origine il suo fondamento nell’armonico naturale connubio fra il segno e la cosa significata. Proprio perché Adamo aveva ricevuto da Dio la conoscenza della natura, di tutti gli esseri viventi e non, potette nominarli uno per uno ( Genesi, n, 19-20 ); e tutte le tradizioni antiche concordano nell’insegnare che il vero nome di un essere non è che una sola cosa con la sua natura o la sua stessa essenza. Pertanto, se il Verbo è Pensiero all’interno e diviene Parola se manifestato all’esterno, e se il mondo è l’effetto della Parola divina proferita all’inizio di tutti i tempi, la natura stessa può esser presa come s imbolo d ella realtà soprannaturale. Tutto ciò che è divenuto, sotto qualsiasi forma si trovi, avendo il suo principio proprio nell’Intelletto divino, traduce o rappresenta questo principio secondo la sua maniera d’esistere; e, così, da un ordine all’altro, tutte le cose si concatenano e si corrispondono per concorrere all’armonia universale e totale, che è come un riflesso dell’Unità divina stessa.Tale corrispondenza è il vero fondamento del simbolismo ed è per ciò che le leggi di un ambito inferiore possono sempre esser prese per simboleggiare le realtà d’un ordine superiore, ove esse hanno la loro ragione profonda, che è nello stesso tempo il loro principio e la loro fine. E, d’altra parte, se si considera l’uomo stesso, non è legittimo dire che anch’egli è un simbolo per il fatto che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio (Genesi, I, 26-27 )? A.·.P.·. Storia del Diritto Templare: dalla Sancta regula agli Egards Quando, nel 534 d.C., San Benedetto da Norcia dettò la Regula monachorum nel tentativo di allontanare, con la propria versione ermetica della vita, le debolezze umane dalla consapevolezza di Dio, certamente non poteva immaginare che un giorno tale corpus sarebbe divenuto il fondamento di un complesso di norme volte a regolare la vita – spirituale ed amministrativa – dei Cavalieri d el Tempio. Con il motto “ora et labora”, in modo particolare, San Benedetto da Norcia ha voluto indicare quattro strade alle quali l’operare dei monaci dovesse affidarsi per la loro crescita spirituale: preghiera comune, preghiera personale, lo studio scientifico ed artistico, oltre che religioso ed il lavoro che, secondo chi scrive, non poteva essere inteso nel mero senso di “lavoro manuale”, implicando certamente anche una coltivazione dello spirito. “Ascolta, figlio mio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente il tuo cuore; accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e mettili in pratica con impegno, in modo che tu possa tornare attraverso la solerzia dell’obbedienza a Colui dal quale ti sei allontanato per l’ignavia della disobbedienza”1 , così si esprimeva nelle prime parole del prologo il Santo che indicava una via ermetica – dotta e misteriosa sintesi del Vangelo2 – che avrebbe portato alla salvezza. Ferma restando l’importanza che tale Regola avrebbe rivestito per i Cavalieri delTempio, si deve sottolineare anche l’importan- za che ebbe dal punto di vista della storia del diritto essendo, insieme all’Edictum Teodorici Regis3 , il più importante corpus di norme ideato dopo la caduta dell’Impero romano d’Oriente; tale digressione, lungi dall’essere marginale, è fondamentale per comprendere come la Regola Templare sarebbe stata una regolamentazione valida non solo dal punto di vista spirituale quanto amministrativo e giurisdizionale, soprattutto dopo l’ampliamento da 72 a 686 articoli. Nel 1089 San Roberto, abate di Molesme, conscio del progressivo allontanamento dei monaci benedettini dai canoni ispirati alla Regola, decise di ricondurre la propria esperienza monastica a quanto professato da San Benedetto soprattutto nel Prologo e, a tal fine, si allontanò con venti monaci ritirandosi in una località chiamata Citeaux. Dopo la morte di San Roberto si assiste ad un passaggio di consegne nelle mani di Sant’Alberico 4 , prima, e di San Stefano Harding, poi, il quale fu 19 estensore della Charta Caritatis, u n r iadattamento d ella Regola confermato dai Pontefici Callisto II e Lucio III, e che è, a buona ragione, vista come la prima Carta Costituzionale d’Europa. Anche tale documento avrà un’importanza fondamentale in quella che diverrà la Regola dei Cavalieri delTempio poiché il suo scopo era, soprattutto, quello di porre la fratellanza tra i monasteri come massima priorità per il bene dell’Ordine. E’ il periodo che succede l a Collectio Anselmo Dedicata risalente al secolo IX che si amalgama con elementi della Isidoriana, una raccolta di canoni conciliari e decretali5 , ed il Liber de Synodalibus causis una sorta di vademecum per le udienze vescovili nei Tribunali ecclesiastici. In questi secoli, in modo particolare tra la fine dell’XI e l’inizio del XII, la tecnica legislativa fa molto affidamento all’esegesi6 , interpretazione critica delle norme volta a rendere edotto il lettore sul perché della norma stessa, che trova la sua massima espressione in Irnerio e nella sua interpretazione d ei t esti ( Codex ed Istitutiones) giustinianei con la tecnica del legere in legibus 7 . Nonostante le nuove tecniche d’interpretazione delle leggi daranno nuova linfa al sistema di legiferazione, il ruolo della Chiesa dal punto di vista legislativo e spirituale in questa fase è centrale tanto che la Charta Caritatis ebbe necessità dell’approvazione di ben due pontefici. Anche la vita quotidiana dei cittadini era governata dalle raccolte di canoni al punto che esi- stevano i Tribunali ecclesiastici predisposti per dispensare pene spirituali e materiali tramite il diritto canonico. In questo periodo di penitenze pubbliche basate su norme canoniche e consuetudini ecclesiastiche dispensate da Tribunali della Chiesa, si assiste a quel fenomeno che indurrà San Stefano Harding alla scrittura della Charta, necessaria integrazione della Regola di San Benedetto dettata dalla mutazione del concetto di penitenza da riparazione sociale ad espiazione individuale. In tale periodo di evoluzione del diritto, il regno di Ottone di III – durato solo 15 anni – e la sua politica di riorganizzazione della Chiesa, gettarono le basi per le riforme del papato che avrebbero determinato, negli anni a seguire, uno grande influenza nelle politiche europee. Nel 1112, 10 anni dopo la morte di Ottone III, Bernardo di Chiaravalle, figlio di un vassallo di Oddone I di Borgogna, dopo essersi ritirato a vita di ritiro e preghiera insieme ad una schiera di parenti ed amici, incontrò Stef ano Harding, al tempo rettore del convento cistercense di Citeaux8 : questo evento avrebbe dato vita al futuro incontro tra i cistercensi (e quindi la Sancta regula) e Ugo di Payns parente di Bernardo e con il quale avrebbero fondato l’Ordine dei Cavalieri delTempio nel 1119. Tale Ordine necessitava di un regolamento interno che ne tutelasse la spiritualità, oltre che una giustificazione per le uccisioni che venivano, necessariamente, commesse durante il primo periodo di attività volto alla tutela dei pellegrini che, incamminandosi per la Terra Santa, rischiavano di imbattersi in predoni e briganti. Tuttavia Bernardo disprezza la cavalleria9 intesa in senso tradizionale poiché ispirato da moti spirituali intensi, gli stessi che lo avevano portato ad allontanarsi dai possedimenti paterni per intraprendere una vita ritirata e religiosa. Per tali motivi si trova ad affrontare due problemi organizzativi, come prima accennato: dare una regola ai cavalieri riformandone il modus agendi e giustificare la violenza perpetrata ai danni degli avversari. Una regola, tuttavia, già esisteva ed era sufficiente adattarla ai “poveri cavalieri” che potevano trarne beneficio spirituale; l’applicazione della Regola di San Benedetto (e della relativa Charta Caritatis) venne, però, adattata allo spirito necessariamente offensivo delle truppe e fu così che, sulla scorta del concetto di “guerra giusta” di Sant’Agostino, introdusse il principio del malicidium giustificando l’uccisione di un infedele ed intendendola quale servizio lodevole a favore della leggi della Chiesa: “ Il Cavaliere d i C risto u ccide i n p iena coscienza e muor e tranquillo: morendo si salva, uccidendo lavora per il Cristo ”10 . Il De Laude Novae Militiae compone di 13 capitoli suddivisi, a loro volta, in una prima parte in cui si definisce il senso di cavaliere templare in contrapposizione al concetto di cavalleria tanto osteggiato da San Bernardo, il comportamento che dev’essere tenuto dal cavaliere del tempio, l’esortazione alla nuova milizia11 per concludersi con un approfondimento simbolico del Tempio e del suo significato 12 . La seconda 20 parte è costituita dagli ultimi 8 capitoli nei quali si scorge un approfondimento delle tematiche misticoteologiche afferenti le otto località s ante n arrate, a partire da Bethlehem per finire a Bethania. Si tratta dunque di un codice di comportamento più che di un regolamento dell’Ordine che va, quindi, ad aggiungersi alla Regola di San B enedetto e d a lla Charta Caritatis di Santo Stefano Harding che costituiscono, dunque, il cuore della normazione della Nuova Milizia. Il De Laude, dunque, è un testo che si pone da ponte tra i Cavalieri del Tempio e l’Ordine cistercense della Regola benedettina in modo da giustificare la subordinazione spirituale, ed al momento anche materiale, dei cavalieri ai cistercensi, tanto più che i primi assumeranno, quali loro indumenti, lo stesso abbigliamento dei monaci13 . Ma il vero riconoscimento dei Cavalieri Templari si ebbe nel Concilio di Troyes del 112914 convocato da Onorio II per dirimere delle questioni riguardanti il vescovo di Parigi. In quella occasione Ugo de Payns fece pressioni affinché San Bernardo portasse all’attenzione della chiesa un sermone relativo a quella che era intesa ancora come una confraternita, l’Exhortatorum sermones conosciuto come “ incipit prologus S. Bernardi abbatis in libello ad milites templi”, interamente incentrato sullo scopo perseguito dai nuovi cavalieri indicando ad essi la via della loro missione perseguita attraverso la subordinazione alla Regola. In tale sermone, di estrema importanza poiché consentì alla chiesa di riconoscere gli “ pseudofratres ex Ultramontanis partibus mentientes se esse de T emplo” 15 come Ordine Templare, si definivano i cavalieri quali monaci-guerrieri che coniugano il recte scire con il recte agere nel nome di Cristo e che, in quell’ occasione si sottoposero ufficialmente alle 72 norme della Regola Templare letti, per la prima volta, da Ugo de Payns nella solennità di Sant’Ilario del 1128. Contrariamente a quanto seguito dai Cavalieri del Tempio precedentemente a Troyes (faccio riferimento alla duplice regolamentazione cui erano soggetti, Sancta Regulae De Laude), il corpus normativo della Regola Templare (anche noto come Regola Primitiva) è figlio della Regola benedettina16 , della Charta Caritatis e del De Laude pur presentando elementi innovativi dovuti ai particolari doveri, spirituali e non, cui si assoggettavano i cavalieri in regime monastico e dovuti ad un ideale cavalleresco riconosciuto decadente da San Bernardo. Ad un esame attento non può sfuggire una suddivisione della Regola in articoli che vertono sui doveri spirituali del Cavaliere corredati da indicazioni tratte da Bibbia eVangeli17 , norme volte a regolare la vita di relazione tra i “fratelli professi” (ad vitam), tra gli stessi ed eventuali “militi temporanei” (ad terminum) e tra Cavalieri Templari e gente comune, disposizioni s ull’alimentazione e s ul comportamento di un Cavaliere in società, disposizioni su eventuali possedimenti ed oggetti voluttuari18 . Dall’analisi approfondita s altano a ll’occhio a lcune particolarità di compilazione della Regola che, con estrema certezza, non sono da accreditarsi a sviste compositive: la mancanza di una omogeneità nel corpus, la presenza di due sole norme a carattere punitivo-rieducativo (c on conseguente attribuzione di vasti poteri giurisdizionali al Maestro), la disciplina in ambito sociale come giusta contrapposizione e ripudio della cavalleria “gentilizia”19 . La necessità di coordinare la Regula B enedicti, la Chartae le esigenze cui rispondeva la Nova Militiahanno portato Ugo de Payns a stilare un documento necessariamente disomogeneo dovendo, questo, coordinare esigenze che vacillavano tra l’aspetto spirituale, quello organizzativo ed il bellico. L’unica parvenza di omogeneità la si può riscontrare nella suddivisione di alcuni articoli del testo che contengono un incipit generale e procedono su una norma speciale. Un esempio di quanto illustrato si trova negli articoli XX, XXI, e XXII dove, nel primo titolato “Qualità e stile del vestito”, si comanda “… che i vestiti siano sempre di un unico colore, ad esempio bianchi o neri o, per così dire, bigi” fornendo un carattere generalizzati alla norma per, poi, continuare “A tutti i soldati professi in inverno ed in estate, se è possibile, concediamo vesti bianche…”, conferendo solo ai milites a d v itamla facoltà di indossare la tenuta bianca che, da lì a poco20 , diventerà prerogativa del Cavaliere Templare. Il successivo articolo XXI aggiunge un ulteriore grado di specialità a quanto prescritto n ella s econda p arte d ell’articolo XXI ed, addirittura, titola “I servi non portino vesti bianche, 21 ovvero palii (bianchi, ndr) ” sottolineando anche il motivo – cosa che avviene per una gran parte degli articoli della Regola primitiva – del divieto: “Sorsero, infatti, in zone ultra montane alcuni falsi fratelli, sposati, ed altri che disser o di appartenere al T empio, mentr e sono del mondo. Costoro procurarono tante ingiurie e tanti danni all’ordine militare… fecero nascere numerosi scandali. Portino, quindi, sempr e vestiti neri …”21 . Come per dare maggiore forza all’abbigliamento del Miles ad vitam, la Regola titola l’articolo XXII “ I soldati professi portino solo vestiti bianchi” e, senza orpelli o spiegazioni – se non quelle evidenziate dei precedenti due articoli – recita: “A nessuno è concesso por tare tuniche candide, o aver e palii bianchi, se non ai nomi nati soldati ”. Un corpus normativo si distingue da un mero regolamento di convivenza civile quando prevede delle pene per l’inosservanza e stabilisce l’organo deputato all’erogazione di tali sanzioni. Così come la Regula monacharumrisponde a quest’esigenza nei capitoli dal XXIII al XXX, allo stesso modo la Regola dei poveri commilitoni dispone di due articoli (il LXVII ed il LXVIII) comminando pene via via crescenti a seconda che si tratti di una colpa leggera, grave o che determini, addirittura, l’allontanamento dall’Ordine. I due corpi normativi, qui, si distaccano trovando il loro punto di maggiore distanza nell’attribuzione del potere di erogazione delle pene che nella Regola Templare primitiva è attribuito, senza dubbio alcuno, al Maestro mentre nella Regola benedettina sembra di appannaggio dell’Abate anche se pare che per alcune pene siano sufficiente la volontà del decano22 o del priore23 , figure che non troveranno riscontro tra i Ca- valieri del Tempio fino a quando non interverranno, nel 1230, gli Statuts Hierarchiques. Gli articoli XXIII e, soprattutto, il LXVII attribuiscono al Maestro la competenza di decidere ed erogare sanzioni in relazioni a fatti contrari alla Regola; in modo particolare, dove il XXIII attribuisce poteri temporali recitando “per il servizio, secondo il quale sono pr ofessi, e per la gloria della somma beatitudine, o il timor e della geenna, prestino continuamente obbedienza al maestro”, il LXVII statuisce che “… se un fratello avrà sbagliato in modo lieve nel parlare, nell’agire o altrimenti, egli stesso confessi al maestr o il suo peccato con l’impegno della soddisfazione” sottolineando la figura del Maestro quale confessore e giudice, chiudendo così il cerchio già aperto da quegli articoli della Regola che vogliono il Maestro organizzatore, guida e giudice24 dei Cavalieri a lui sottoposti25 . Come si può riscontrare, più di un semplice parallelismo scorre tra i due corpi normativi oggetto di esame anche se vi è da sottolineare una maggiore capacità giuridico-compilativa di San Benedetto che introduce, nella Regola, l’auto-sanzionamento (prerogativa dei gruppi sociali più evoluti) come nel caso del capitolo LXXI26 ed il divieto, posto a carico dei confrati, di muto sanzionamento esplicitato nel capitolo LXX titolato “ Divieto di arr ogarsi la ripr ensione dei confratelli”27 che attribuisce le facoltà giurisdizionali all’abate, fatta salva la norma, prima esposta, che deroga eccezionalmente poteri minimi di sanzionamento al decano. Non trascurabili sono le norme morali, una sorta di codice deontologico, ancorché religioso, al quale deve attenersi il Cavaliere e dal quale possono discendere anche delle pene gravi. Anche qui notiamo che la Regola primitiva fa riferimento alle previsioni c ontenute n ella Sancta Regulasoprattutto quando tende a tutelare l’Ordine dal mormorio del volgo, così come si può riscontrare negli articoli XXI allorché si riferisca a presunti confratelli sposati che avrebbero dato vita a scandalose dicerie28 , il XXVII ove di definisce la lunghezza delle vesti affinché non siano ritenute sconce 29 , il XXVIII relativo al taglio dei capelli30 . Di particolare importanza – più che giuridica, politica – è quanto statuito nell’articolo XXIX “Circa gli speroni e le collane” voluto fortemente da San Bernardo, quindi, compilato da Ugo de Paynes, che, come già in precedenza affermato, mostrò fin dall’inizio l’intenzione di distinguere il Cavaliere Templare da altre forme di milizia montata ritenute decadenti se non, addirittura, riprovevoli. Tel articolo è l’apice della moralità alla quale deve aspirare il CavaliereTemplare che d eve d istinguersi i nnanzitutto dalla cavalleria del tempo che, effettivamente, in quegli anni non aveva dato prova di grande moralità e dedizione alla causa31 . L’importanza di queste norme, soprattutto dell’ultima citata, è tutt’altro che marginale e pone la Regola Templare come normativa morale-sociale e non destinata unicamente ad un gruppo ristretto di individui ma pronta a fondare quello che sarà inteso quale codice antico della Cavalleria, un insieme di norme tratte da pronunce di varie corti , usi e costumi, molti dei quali basati sulla Regola Templare, volta a dirimere le controversie e regolare la vita di un cavaliere32 . E’ di fondamentale importanza politica, ancorché storica, la concessione della Croce patente che papa Eugenio II concesse aiTemplari nel 1147 che sottolinea la benevolenza dello Stato Pontificio nei confronti dell’Ordine che nel 1139 con la bolla “Omne datum optimum ” s ottrasse i Templari alle autorità ecclesiastiche ponendolo direttamente alle dipendenze del papa33 . Seguirono altre bolle che concessero ai Templari sempre maggiori privilegi, come la 22 bolla Milites Templi del 1144 in cui Celestino II consentì ai cavalieri di raccogliere fondi ed ai loro Cappellano di celebr are messa una volta l’anno nelle zone colpite da interdetto34 . Seguì la Bolla Militia Dei emanata da Eugenio III e che permise ai Templari di raccogliere decime di sepolture e concesse loro di avere cimiteri e cappelle personali. Ma quanto avvenne al Concilio Troyes non fu che l’inizio della legiferazione in campo templare, ampliamento normativo che non dovette attendere molto poiché già nel 1165 venne integrata alla Regola una raccolta di usi e costumi denominata Retraits (Capoversi) durante il Magistero di Bertrande de Blanquefort ed in cui la norma principale era quella dell’elezione del Sovrano Maestro35 a seguito di una procedura complessa che vedeva coinvolto il capitolo generale. Come constatato nella precedente esposizione, nulla sembra far riferimento ad un Sovrano Maestro, titolo che, quindi, si ritiene sia stato introdotto prima nella prassi (a seguito dell’ampliamento dei possedimenti dei Cavalieri del Tempio e le necessità sopravvenuta di una riorganizzazione dell’Ordine) e poi nei Capoversi. Medesima cosa dicasi p er l e c ariche c ostituenti i l Capitolo formato da siniscalco, maresciallo, commendatario del regno di Gerusalemme, commendatario della c ittà d i G erusalemme, c ommendatario di Acri, drappiere e commendatari di Tripoli e di Antiochia. Di conseguenza, vi è da immaginare che nella consuetudine vi fossero più cariche che le uniche di Cappellano e Maestro indicate nella Regola Primitiva. I retraites, inoltre, andavano ad ampliare le norme che riguardavano l’atteggiamento cenobitico dei templari già delineato nei capitoli dal XXIV al XXX della Regola primitiva, aggiungendo ulteriori consuetudini consolidate nella consumazione dei pasti comuni e nell’alimentazione. Si vive un periodo di riforma e riscoperta del diritto sulle basi delle codificazioni dell’antica Roma e questo è dovuto alla scuola di Bologna ed al metodo grossista di Irnerio – come già evidenziato in precedenza – che porteranno all’attenzione dell’intera Europa la codificazione classica e non è un caso se questa opera di riorganizzazione critica del diritto si erge nel periodo di maggiore attrito tra Impero e Papato nel quale Irnerio stabilendo che lo ius romanorum36 era da intendersi quale diritto dell’imperatore37 . Tutte le questioni che si creano sulla riorganizzazione di un diritto in cui convivono più corpi normativi (diritto romano, diritto imperiale, consuetudini) portano gli interpreti ad affermare che se esistono più leggi devono esistere altrettanti centri di potere e, di conseguenza, che l’impero non è unico. Medesima affermazione viene fatta le leggi della Chiesa che porteranno un monaco camaldolese di nome Graziano a lavorare alacremente per fare in modo che sopravviva una sola normazione all’interno della Santa Sede. Così nasce la Concordia discor dantium canonum , un’annotazione volta a dare una riorganizzazione sulla base di un’elaborazione originale. L’importanza di quest’opera è tale perché, nonostante Graziano non abbia dato rilevanza alcuna a q uello c he e ra l o ius romanorum, creando ulteriori attriti tra Impero e Papato, esso da Concordia diventerà Decretum e conoscerà una rielaborazione costante ad opera degli stessi studenti del monaco. E’ ovvio che a questa riorganizzazione unitaria del diritto (o tentativo di riorganizzazione unitaria) non poteva sfuggire la Regola Templare che con i Retraits tese ad incorporare in essa tutte quelle consuetudini, prassi ed usi che rischiavano di gettare nel caos un Ordine in forte espansione (in oriente come in occidente) impegnato tanto sul fronte spirituale quanto militare e, da lì a poco, politico. Il Decretum discor dantius canonum conobbe minimi rimaneggiamenti ad opera, come già detto, dei successori di Graziano fino all’ascesa al soglio pontificio di Gregorii IX che, riscontrando una necessità reinterpretativa-riorganizzativa del Decretum a seguito dei due concili e di decine di decretali succedutisi nei cento anni successivi ad esso, nel 1234 commissiona a San Raimondo de Penafort il Liber Extra contenente, nei suoi cinque libri, definizioni dogmatiche e disposizioni liturgiche prive di commento. La novità legislativa di questo Liber è dovuta alla disposizione che dichiara abrogate le norme precedenti e contrarie a quanto disposto in esso. Dal 1230 vengono inclusi nella Regola Templare gli Status Hiérarchiques un insieme di disposizioni avente carattere liturgico-organizzativo. Di particolare importanza è la disciplina relativa alla cerimonia di ammissione e quella della tenuta del Capitolo. E’ proprio in questa normazione che viene introdotto il titolo di Ispettore Generale che sarà colui che farà le veci del Sovrano Maestro in Occidente. 23 Maggiore importanza rivestono gli Egards, produzione giuridica templare dal 1257 al 1267, nel quale venivano dettagliate un insieme di figure di reati e relative peneandando a completare una notevole falla della Regola che conteneva solo due articoli a tale proposito. In essi sono raccolti testi, infatti, che contengono divieti, pene, penitenze, suggerimenti, raccomandazioni soprattutto in merito alle tenute e le relative delibere dei Capitoli al punto che addirittura si legge che vigeva il divieto di tenere con sé i Retraits o la Regola senza il consenso del monastero al fine di evitare che gli scudieri o altri al di fuori dell’Ordine potessero rivelare i contenuti della normativa templare alle genti del secoli che non era in grado di comprendere la profondità di tali scritti. Questo ultimo addendum al corpus normativo dei Templari, insieme ai Retraits e gli Statuts, portò la Regola dai suoi originari 72 articoli a 686 il quale così conclude: “Ora vi abbiamo detto le cose che dovete far e e quelle da cui vi dovete guardare... ma non vi abbiamo d etto t utto c iò c he a vremmo dovuto, poiché dovr ete essere v oi a c hiederlo...”. F.·.P.·. Note Versi 1 e 2 del prologo alla Regula Monachorum. Si compone di 50 punti che sono le norme principali alle quali si ispirerà l’intero corpus e, nel diritto moderno, sono assimilabile alle premesse contenuti negli accordi contrattuali o ai Principi Generali del Diritto. 2 Su tale punto si confronti:Adalbert de Vogüé O.S.B.,”San Benedetto - Uomo di Dio” – Ed. San Paolo, 1999 ed anche http://it.wikipedia.org/wiki/San_Benedetto_da_Norcia che non spiega quanto affermato nell’inciso “dotta e misteriosa sintesi del Vangelo”. Si ritiene, in questa sede, che tale “mistero” del Vangelo contenuto nella Regola Monachorum sia da rintracciare nel testo contenuto nel Prologo – si confronti nota 1 – in modo particolare nel verso 48 “non ti far prendere dallo scoraggiamento al punto di abbandonare la via della salvezza, che in principio è necessariamente stretta e ripida” ed in cui si spiega la comprensibilità del Testo Sacro solo a seguito di un percorso di vita caratterizzato dalle quattro strade indicate da San Benedetto. 3 In realtà si trattava di una sorta di raccolta di 154 articoli che ricalcavano le Pauli sententie, i Coicesx Hermogenianus, Theodosianus e Gregorianus. 4 La cui importanza è tutt’altro che marginale. A lui si deve l’indipendenza del monastero di Citeaux da quello di Molesme grazie anche alla BollaDesidenum Quod di Pasuale II che nel 1100 riconosceva Citeaux abbazia e la poneva sotto la protezione alla Sede Apostolica “… salva la riverenza alla chiesa di Chalon ”, come si legge nella Bolla appena citata. 5 Si tratta della raccolta di norme “Hispana” che per error e v iene attribuita a S.Isidoro e da questi tra il nome di Isidoriana. L’Hispana è suddivisa in due parti: la prima è composta da materiale proveniente da concili orientali, la seconda è costituita da decreti pontifici che si sono susseguiti dal 366 al 604 d.C. 6 Dal terminegreco exégesis che, oltre aquello giuridico, ha campi di applicazione storici, religiosi e letterari. 7 Questa tecnica ebbe immediatamente successo al punto che si parla di Scuola dei Glossatori quando si indicano gli studiosi che tramite le tecniche Irneriane focalizzarono il proprio campo di indagine sul Corpus Iuris Civilis che, provenendo da secoli di trascrizioni, aveva perso il proprio carattere univoco ed unitario. 8 Per una trattazione dettagliata di questo incontro:Terryl N. Kinder: Die Welt der Zisterzienser. Schnell & Steiner 1997 9 Bernarardo di Chiaravalle, “Elogio della nuova cavalleria. De laude novae militiae” a cura di Mario Polia, Edizioni il Cerchio, Rimini 1993. 10 Il concetto di “guerra giusta” di Sant’Agostino postula che l’uccisione di un pagano non era da intendersi contraria al 5° comandamento (“non uccidere”) diventando una malicidium, cioè l’estirpazione necessaria del male de1 24 gno di lodi per il carattere umano che il gesto, in esso, conteneva. E’ un concetto diametralmente opposto a quello della cavalleria dell’epoca giudicata da San Bernardo come vanitosa, tronfia ed effeminata, votata alla gloria personale. Su tale ar gomento cfr. Opere di San Bernardo, a cura di Ferruccio Gastaldelli, Milano 1984. 11 “Quia non in moltitudine exercitus est victoria belli, sed de cielo fortitudo est”, si legge nel “caput IV De conversatione Militum Christi” del De Laude. 12 “Salve igitur, civitas sancta, quam ipse sanctif icavit sibi tabernaculum suumAltissimus, quo tanta in te et per te generatio salvaretur”. Così si apre l’ultima parte del Caput V, De Templo. 13 “…, nonnini nove erant, de mandato domini Honorii papae et domini Stephani Jerosolymitani patriarchae, fuisse istitutam Regulam, et album habitum assignatum”. Queste erano le “referenze” riportate da San Bernardo al fine di presentare la confraternita al Concilio di Troyes. 14 Secondo Malcom Barber il Concilio fu convocato nel 1128, per tale tesi cfr . Malcolm Barber, The New Knighthood: A History of the Order of the Temple, Cambridge University Press, 1995. 15 Così vennero indicati da San Bernardo i n ove cavalieri che per primi adottarono laSancta Regula. 16 Sulla base della quale è costruito e che, più che trarre ispirazione da questa, ne ricalca fedelmente i punti focali. A tal proposito si vedano le estreme similitudini tra i capitoli Benedettini relativi all’educazione alimentare che ispirano gli articoli della Regola Templare disciplinanti l’assunzione dei cibi. Una estrema similitudine è da rinvenirsi nel capitolo LXVII della Regula Monacharumche prescrive i comportamenti che i monaci devono tenere in viaggio e quanto prescritto dall’articolo LXIV della Regola templare per i “fratelli che partono per diverse province”. E’ d’uopo sottolineare in questa sede che entrambi gli articoli da ultimo citatirovano t la medesima rationel tenere comportamento che non arrechino discredito agli Ordini: “E nessuno si permetta di riferire ad altri quello che h a visto o udito fuori del monastero, perché questo sarebbe veramente rovinoso”, recita il punto 5 della norma LXVII della Regola Benedettina e “si impegnino a osservare la Regola nel cibo e nella bevanda e nelle altre cose, e vivano in modoirreprensibile, perché abbiano buona testimonianza da coloro che stanno fuori ”, dispone l’articolo LXIV della RegolaTemplare. 17 Alcuni dei passaggi riportati sono corredati da commenti ermetici dell’estensore volti ad un’interpretazione gnostica soprattutto della Bibbia. Ricordiamo, in questa sede, che la bufera dello gnosticismo si abbatté nella prima metà del ‘200 ed ebbe il suo apice con il Sinodo di Tolosa che porterà al divieto di traduzione dei testi sacri. 18 Ad esempio nell’articolo XXXVII si legge: “Non vo- gliamo che mai oro o argento che sono ricchezze particolari appaiano nei morsi o nei pettorali, né gli speroni, o nei finimenti, né sia lecito ad alcun fratello professo acquistarli”. 19 Per “cavalleria gentilizia” si intende la cavalleria dei nobili che seguono regole di comportamento ben diverse da quelle dettate dalla Sancta Regula e che, talvolta, si pongono anche in contrapposizione. 20 Eugenio II nel 1147 concederà l’uso della croce patente. 21 21 Si nota qui un’esigenza presenta anche nella Regola Benedettina di preservare l’Ordine dalla maldicenze. 22 Il capitolo XXI si titola “i decani del monastero” e recita: “Se la comunità è abbastanza numerosa, si scelgano in essa alcuni monaci di buon esempio e di santa vita per costituirli decani; essi vigileranno premurosamente, secondo le leggi di Dio e gli ordini dell’abate sui gruppi di dieci fratelli affidati alle loro rispettive cure”. 23 Ulteriore carica che propone problematiche vaste dal punto di vista della comminazione delle pene è quella del priore la cui figura viene parzialmente disciplinata dalla Sancta Regula pur non eliminando in toto tutti i problemi interpretativi legati a tale figura, soprattutto nel campo dell’amministrazione della giustizia. 24 “Inoltre il maestro che deve tenere in mano il bastone e la verga”, recita l’articolo LXVIII. 25 Citare alcuni articoli della Regola in merito. 26 “Se poi un monaco viene comunque rimproverato dall’abate o da qualsiasi anziano per un qualunque motivo o si accorge semplicemente che un anziano è sdegnato o anche leggermente alterato nei suoi riguardi, si inginocchi subito dinanzi a lui, senza la minima esitazione, e rimanga così per riparare, finché la benedizione dell’altro non sani quel lieve dissenso”, capitolo LXXI della Sancta Regula. 27 “Nel monastero si deve sopprimere decisamente ogni occasione di arbitri e di soprusi; perciò dichiariamo che non è permesso ad alcuno di infliggere la scomunica o un castigo corporale a un confratello, senza l’autorizzazione dell’abate” 28 “… procurarono tante ingiurie e tanti danni all’ordine militare, e gli aggrega tipi presuntuosi come professi insuperbendo fecero nascere numerosi scandali”, articolo XXI titolato “I servi non portino vesti bianche, ovvero palii”. 29 Articolo XXVII RegolaTemplare: “Il procuratore con fraterno intuito consideri la lunghezza, come sopra fu detto, con la stessa attenzione, perché l’occhio dei sussurratori o dei calunniatori non presuma di notare alcunché”. 30 A tale proposito si legge che i capelli debba25 no essere “ regolari davanti e dietro e ordinati; e nella barba e nei baffi si osservi senza discussione la stessa regola, perché non si mostri o superficialità o il vizio della frivolezza”. 31 “Chiaramente gli speroni e le collane sono una questione gentilizia. E poiché questo è riconosciuto abominevole da tutti, proibiamo e rifiutiamo l’autorizzazione a possederli, anzi vogliamo che non ci siano. A coloro che prestano s ervizio a tempo non permettiamo di avere né speroni, né collane, né capigliatura vanitosa, né esagerata lunghezza di vestiti, anzi del tutto proibiamo”, questo quanto, senza mezzi termini, recitato dall’articolo XXIX della Regola Templare e che, contrariamente alle altre, si arroga il diritto di affermare con forza cosa fosse riprovevole o meno. 32 Anche se bisogna rammentare che durante la dinastia dei Valois venne utilizzato più come giustificazione della moda di sfidarsi in contese mortali tra gentiluomini. 33 Tale bolla papale permise allìOrdine di essere esentato dal pagare le decime al clero. 34 Per interdictio si intende una grave maledizione o sanzione disciplinare relativa ad una cosa o zona particolarmente consacrata a Dio. Nel nostro caso si tratta di una bolla che sospende in una zona tutte le manifestazioni pubbliche di culto. 35 Il termine Gran Maestro dei Templari è stato introdotto negli atti del processo che si tenne e che portò alla conclusione della primaparte della storia deiTemplari. Il titolo ufficiale è sempre stato Sovrano Maestro. 36 “Questa legge [la consuetudine] è conforme ai propri tempi, nei quali il popolo aveva la potestà di fare leggi,…Ma poiché oggi l a potestà è stata trasferita all’imperatore, nulla potrebbe fare la desuetudine ”, così si esprimeva Irnerio a proposito della dicotomia consuetudine e ius romanorum. 37 Irnerio prende le mosse dall’interpretazione sistematica dell’istituto della consuetudine nel Digesto e nel Codex di Giustiniano. Nel primo essa è in grado di abroga re una legge (quando quest’ultima sia contraria) perché la consuetudine viene vista quale potere del popolo a legiferare contro; nel secondo (il Codex di Costantino) si afferma che essa non possa vincere né la ragione né, tantomeno, la legge. Si tratta di due periodi storici diversi, afferma Irnerio, uno nel quale il popolo legiferava ed, allo stesso modo, poteva abrogare le leggi tramite comportamenti coerenti e ripetuti nel tempo (la consuetudine), il secondo nel quale era l’imperatore a promulgare le leggi e, dunque, la consuetudine non aveva più il potere di abrogare. Dunque, essendo lo ius romanorum un corpus del secondo tipo, automaticamente esso diveniva diritto dell’imperatore. Questa rivoluzione porterà, nel 1167, alla famosa questione dellaLega Lombarda ed alla lotta dei comuni contro l’impero che, sulla carta, erano fedeli all’impero pur menzionando che tale fedeltà va coordinarsi con i “buoni usi e costumi” sui quali l’imperatore Corrado aveva fondato i rapporti con i Comuni. della Gran Loggia del Sud Estero gia Templari 999, alla pre- Gran Maestro e Gran Commentasenza del Supremo Consi- tore della Serenissima Gran Loggia glio della Serenissima Gran del Sud, Corrado Labisi, ed illustri Loggia del Sud, l’Elettissi- personaggi dello Stato Vaticano. Il mo e Potentissimo Gran convegno sarà aperto anche al monMaestro e Gran Commen- do profano. tatore della Serenissima Marzo 2010 Gran Loggia del Sud, CorConvegno sul tema: “Le tre relirado Labisi, cederà il ma- gioni monoteistiche per un nuovo glietto al nuovo Sovrano, dialogo ecumenico”. Interverranno l’Elettissimo e Potentissimo il Serenissimo e Potentissimo Gran A destra il Gran Maestro della Serenissima Gran L oggia d el Sud, Corrado Labisi con il Gran Maestro Llorenç Lluell d ella Gran Maestro, Galley Maestro e Gran Commentatore delGran Loggia del Principato di Andorra Alexandre Raphael. la Serenissima Gran Loggia del Sud, Febbraio 2010 Corrado Labisi, il Rabbino capo E’ stato siglato adAscoli PiceConvegno sul tema: “Rapporti fra della Comunità ebraica di Firenze ed no, il 13 novembre scorso, ilTrattato di amicizia e mutuo riconosci- Massoneria e Chiesa”. Interverran- illustri personaggi del mondo della mento tra la Serenissima Gran Log- no il Serenissimo e Potentissimo cultura. gia del Sud - presieduta dal Serenissimo e Potentissimo Gran Maestro e Gran Commentatore CorraPosa della prima pietra per la realizzazione dell’ospedale di ostetrido Labisi, accompagnato da Franco Auteri, Gran Maestro Vicario cia e ginecologia nel Villaggio Akradio/Dabou Cote d’Ivoire. Il prononché membro del Supremo Con- getto, che ha suscitato il grande apprezzamento delle più alte cariche siglio della Serenissima Gran Log- istituzionali ivoriane, è stato realizzato dal fratello maestro Gianluca gia del Sud - con la Gran Loggia Capodicasa. Tra le tante iniziative, si segnala che sono già state consegnate due del Principato diAndorra, presieduta dal Serenissimo e Potentissi- borse di studio ad altrettanti giovani ivoriani, studenti presso le facoltà di giurisprudenza e medicina della città di Sikency, luogo nel quale il mo Gran Maestro e Gran Commentatore Llorenç Lluell (nonché Serenissimo e Potentissimo Gran Maestro e Gran Commentatore della membro del Supremo Consiglio di Serenissima Gran Loggia del Sud, Corrado Labisi, è sindaco onoraWashington), per la collaborazione rio. Al via anche un progetto di formazione artistica, denominato “Dale lo sviluppo dei valori del rinasci- la Sicilia all’Africa”, grazie al quale cinque giovani ivoriani, in collabomento e per la crescita dell’Africa. razione con il Centro studi laboratorio arte di Catania, potranno prendere parte ad uno stage di formazione cinematografica. Si evidenzia ancora come, a breve, alcuni medici professionisti ivoProssimi eventi riani, scenderanno in Sicilia al fine di riqualificarsi nelle loro specializzazioni mediche. Infine, sono in fase di progettazione la realizzazione di 13 Dicembre 2009 vorio. Domenica 13 dicembre 2009, una Scuola media superiore e di una Chiesa in Costa d’A alle ore 18.30, nella storica Log- Iniziative e opere già avviate in Africa 26 Non nobis Domine, non nobis, sed Tuo nomini da gloriam L’unità nella diversità è l’ordine dell’universo. Siamo tutti uomini, ma nello stesso tempo siamo distinti. Come essere umano, sono uno con te, come individuo, sono diverso da te. Come uomo, tu ti distingui dalla donna, ma in quanto esseri umani, siete un tutt’uno. Come essere vivente, sei uno con gli animali e tutto ciò che vive, ma in quanto uomo, sei distinto. Syami Vivekananda 27 Ad.·. Universi.·. Terrarum.·. Orbis.·. Summi.·. Architecti.·. Gloriam.·. Tolerantiam.·.Unionem.·.Prosperitatem.·. 28