L’uomo, d’epoca in epoca, va camminando verso la più perfetta comprensione
della sua anima, di quell’anima che è più grande di tutte le cose da
lui accumulate, di tutte le imprese compiute, delle teorie enunciate; di quell’anima
il cui progredire non verrà mai arrestato dalla morte né dalla dissoluzione
Rabindranath Tagore
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SOMMARIO
La Balaustra dell’Illustrissimo e Serenissimo Gran Maestro - pag. 4
Massoneria visibile ed invisibile - pag. 6
L’Africa: la medicina per riscoprire il vero senso della vit
a - pag. 15
Il silenzio che porta alla libertà - pag. 17
Il verbo ed il simbolo - pag. 18
Storia del Diritto Templare - pag. 19
Il Notiziario - pag. 26
Organo Ufficiale della Serenissima Gran Loggia del Sud
degli Antichi Liberi Accettati Massoni di Rito Scozzese
Zenith di Roma
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ILL.·.MO E POT.·.MO SOVRANO GRAN COMMENDATORE GRAN MAESTRO
Corrado Labisi
DIRETTORE
Andrea Pitrolino
VICE DIRETTORE
Fabio Cantarella
Anno III numero 2
Autunno - Inverno 6009 - Anno di Vera Luce
Periodico culturale in forma di bollettino ai fini di distribuzione interna agli associati, in quanto organo ufficiale di infor
mazione della
Serenissima Gran Loggia del Sud di Rito Scozzese Antico ed Accettato, Zenith di Roma, con sede magistrale in Cat ania, avente
comunicazione e registrazione legale a tutti gli effetti di legge – Diffusione internazionale – Copie arretrate, secondo dispon
ibilità –
Spedizione a mezzo post a corriere – Scritti, immagini e materiale vario pervenuto in redazione, non vengono restituiti – Intend esi la
qualità di organo ufficiale della Serenissima Gran Loggia del Sud, in riferimento agli scritti del Gran Maestro, ogni articolorispecchiando
peraltro l’opinione dell’autore, secondo il principio inderogabile della Libertà del Pensiero – Riproduzione di testi e immagini vietata, se
non espressamente autorizzata – V ersioni in lingua straniera a cura dell’uf ficio traduzioni – Collaborazione su invito.
edito dalla Serenissima Gran Loggia del Sud
degli Antichi Liberi Accettati Massoni di Rito Scozzese
Non nobis Domine, non nobis, sed Tuo nomini da gloriam
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La Balaustra dell’Illustrissimo e Serenissimo Gran Maestro
Costruiamo la nostra fede
Vi chiederete il perché di questa
mia balaustra. Il perché sta nel
fatto che non posso tacere all’attacco distruttivo che certe
insensate affermazioni hanno su chi,
a fatica, stia costruendo la sua fede. Certo, la verità eristica non ha bisogno di avvocati
difensori, solo che questa volta l’accusato non è il
Cristo ma Dio stesso. Chi sono gli accusatori? Essi
non possono che essere degli idioti. Chi vi parla non
è un avvocato ma un uomo di scienza. Certo è che
non sono qui per parlare di Dio, come potrei? Magari potessi! Vi parlerò delle mieesperienze e conoscenze scientifiche.
Come ogni epoca, l’uomo trascorre nel tempo,
ma in questo suo trascorrere avvengono due movimenti: alcuni esseri si proiettano verso una graduale
evoluzione; altri, invece, diventano idioti. Naturalmente per un principio eterno di polarità.
E dal momento che il cammino verso l’evoluzione
è una continua crescita, anche l’idiota evolve durante il suo cammino. Diventa sempre più idiota e cioè
idiota completo. Mi direte: come mai? Ma perché
l’idiota vive di paure, non crede nemmeno in se stesso, è frustato a causa della sua ignoranza e le sue
contestazioni e negazioni nascono dal fatto che non
ha capito niente della vita, soprattutto della sua vita.
E se non sente di esistere, come può sentire l’esistenza di Dio? Mentre esistono club per nobili, ritro-
4
vi per massoni, ritrovi per operai, anche
l’idiota ha voluto il suo club dove riunirsi con altri idioti. Ebbene, hanno un loro ritrovo! Nelle loro
riunioni hanno fatto una
grande scoperta: Che Dio
non esiste! E non solo, hanno anche stabilito che l’uomo
non ha bisogno di Dio!
In quest’ultimo punto mi sento di essere d’accordo con loro e cioè che l’idiota non ha bisogno di
Dio! Come potrebbe capirlo o sentirlo? Per capire
Dio bisognerebbe essere degli illuminati, e per sentirlo ci vorrebbe un cuore ed una coscienza. Ma l’idiota vuole sentire Dio con le orecchie. Da qui la sua
negazione. Ora, con il vostro permesso, voglio fare
un discorso che feci molto tempo fa, non a voi. E’
chiaro che in questa mia analisi cercherò di non scomodare la fede, cercherò col mio ragionamento, se
mi è possibile, di credere in Dio partendo dalla convinzione di essere un ateo. Incomincio da qualcosa
molto elementare.Voglio utilizzare come inizio lo sviluppo della serie numerica come chiave analogica per
il processo di creazione, non stupisca che da sempre
la cifra 1 sia stata identificata con Dio (con l’unico
Dio). Il concetto di Dio è una definizione di quella
unità che non è accessibile all’uomo, ma che è deducibile dall’esperienza della polarità e della dualità.
Senza creatore non c’è creazione. La sedia non è
tale da sempre, ma prima era un albero e, a sua volta, l’albero era un seme. E il seme ?
Se l’uomo si riconosce come essere polare con
una coscienza limitata, per tale legge di polarità ne
deriva che deve esistere anche l’unità. Se esiste il
due, deve per forza esistere l’uno, da cui il due deriva. Senza unità niente polarità. Senza creatore non
c’è creazione, senza padre non c’è figlio. Così come
dall’esistenza del mondo duale si può concludere con
uguale certezza che deve esistere anche un creatore
non polare, unico. Questa unità prima, originaria, a
noi accessibile, la chiamiamo Dio. Ed è chiar
o che
ciò che chiamiamo Dio esisteva
prima che l’esistenza fosse. Dalla definizione deriva che ogni
concezione che noi ci facciamo
di Dio deve per forza essere
sbagliata.
Il relativo non può comprendere l’assoluto. Infatti ogni concezione umana è duale e non
potrà mai esprimere in termini
adeguati qualcosa che duale non
è, poiché Dio solo esiste! Si consideri il primo comandamento
“Io sono il Signore Dio tuo, non
avrai altro Dio all’infuori di me“.
Il numero 1 nonpotrà mai essere realizzato in sé stesso, ma potrà solo essere percepito grazie alla sua
dilatazione. Anche Dio diviene per noi concepibile
solo attraverso la sua creazione.
Il numero 1 non si può percepire né mutare. Perchè nel momento che si manifesta il 2 , nonpuoi più
vedere l’uomo. Ma il 2 lo contiene come essenza,
come principio primo. Dunque il 2 non è altro che la
manifestazione dell’uno. Dal momento che l’uno è
eterno e immutabile, il due non è altro che la sua
ripetizione. L’uomo contiene in sé tutte le possibilità,
in cui sono contenuti allo stato latente tutti gli altri
numeri, ogni volta che questi si manifestano o vengono espressi. Tutto questo vale anche per la divinità,
in essa tutto è contenuto, ma essa rimane sempre
presente nella creazione.Al di fuori di Dio non
può che esserci Lui stesso. Esso tutto contiene ma non può essere contenuto. Nulla può
accrescerlo o diminuirlo, E’ indivisibile, Egli
è spazialmente e contemporaneamente infinito, perché finitezza e limitazione,
inizio e fine, sono concetti propri della
polarità. Tutte le forme però soggiacciono alle condizioni dettate
dallo spazio – tempo, sono finite e
limitate.
Dio invece è spirito infinito, pura
intelligenza infinita, pura energia. Questa
condizione di unità non prevede conoscenza, perché la conoscenza è legata al
soggetto e all’oggetto e necessita del
duale. Espresso in termini umani, si potrebbe quindi dire che nel momento in
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cui la divinità vuole prendere coscienza di se stessa e conoscere
se stessa, inizia il processo di creazione. L’uomo però non può percepire se stesso come 1 fintanto
che non c’è qualcosa che sia l’uno.
Attivo deve emanare da sé unpolo
opposto che gli serva da specchio.
Viene così generato il 2 come numero femminile, passivo e relativo. La spaccatura è avvenuta, è
stata creata la base del mondo, del
duale, del mondo degli opposti. Se
Dio fosse soltanto l’uno non sarebbe mai creatore, resterebbe im-
manifesto.
Dal 2 deriva per forza il 3. Ora il mondo diventa
manifesto senza essere diviso da Dio. Il 3 rappresenta
la trinità. Ora ci sono le tre particelle che compongono
l’atomo. Ora dio è manifesto. Certo questa concezione
sembra un paradosso ma io questo discorso non lo sto
facendo a degli idioti, ma a persone affamate di verità, a
persone oneste e piene d’amore per Dio. Capisco che
partendo dalla constatazione che Dio genera la creazione traendola da sé stesso, faccia pensare che la creazione è separata dal suo creatore ed è da lui distinguibile. Sbagliato! Non pensate questo, ricordatevi che
non potrà mai esserci nulla al di fuori di Dio che tutto
comprende.
Ora vi dico qualcosa che vi farà molto meditare.
Ascoltate: “come un uomo genera un’idea senza che
questa idea sia esterna a lui e senza che essa sia
identica a lui o sia una sua parte, così anche questo
cosmo è la creazione spirituale di Dio che………
Il Sovrano Gran Comm. e Gran Maestro
Corrado Labisi 33.·.
Massoneria visibile ed invisibile
Forse alcuni di voi saranno un
po’ sorpresi da questo titolo,
“MASSONERIA VISIBILE ED
INVISIBILE”, tenendo presente
che la Massoneria non risponde,
o non deve rispondere, alle note
che sarebbero tipiche di una società segreta, in quanto essa è giuridicamente riconosciuta e registrata, con leader locali visibili e noti,
mentre per quanto riguarda la sua
filosofia e i suoi obiettivi, questi
superano di gran lunga il livello delle
relazioni politiche, sociali e culturali.
La Massoneria è un vero ordine, o organizzazione iniziatica, simile a quelli che hanno dato vita ai
misteri dell’antica Grecia e dell’Egitto, l’unico che è sopravvissuto in quanto tale nel moderno
Occidente.
In essa confluiscono le più diverse correnti di esoterismo occidentale e orientale, dal neoplatonismo al pitagorismo, dalla cabala
ebraica all’eredità druidica e celtica, dai misteri egizi o mitriaci alla
mistica, fino all’esoterismo cristiano.
Spunti tratti dalla
conferenza del
Gran Maestro
Llorenç Lluell
Questa natura iniziatica della Massoneria
spiega in gran parte
l’ostilità istintiva che suscita in ampi settori. E
sottolineo l’ostilità. In un
momento come quello attuale, in
cui si pretende che tutto debba
essere accessibile a tutti, è logico
che si consideri inammissibile l’esistenza di una istituzione che pretende di essere portatrice di verità
riservata a pochi, che è tenuta nascosta e segreta, conoscibile solo
attraverso una rigida gerarchia.
Quando si fa riferimento alla
massoneria come “organizzazione”, bisogna evidenziare che ne
contiamo diverse, solo in Italia se
ne annoverano circa
settanta. Per meglio
spiegare la molteplicità di esse, vorrei esaminare alcuni frammenti delle varie tendenze del panorama
attuale. In proposito
possiamo distinguere
due grandi gruppi di
organizzazioni massoniche: il primo è costituito da quelle obbedienze (voglio chiarire
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che l’obbedienza è l’insieme di
massoni che forma una particolare associazione in ogni paese) che
richiedono la fede in Dio per poter appartenere ad esse e prevedono che i lavori delle Logge siano presiedute da un volume della
Legge Sacra che inizialmente
era la Bibbia, ma col tempo
sono stati accettati anche il
Talmud, il Corano, come
meglio aggrada, separatamente o tutti e tre i libri
insieme; il secondo gruppo è costituito da una massoneria liberale che non ha
quella esigenza. All’interno del primo gruppo, abbiamo
quella che si autodefinisce “Massoneria regolare”, guidata dal 1929
dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra, alla quale si allineano, ciascuno nel rispettivo paese, diverse obbedienze con postulato ateistico; cioè, in teoria, per appartenere ad esse è necessario che i
suoi membri credano in Dio.
In passato ciò significava che gli
aderenti dovevano credere in un
Dio rivelato e inizialmente era molto bello poter riunire all’interno di
essa tanto i cristiani che gli ebrei e
i musulmani, in una sorta di “ecumenismo” che nel tempo si è trasformato in sincretismo e praticamente, a seguito di un processo di
degenerazione, alcune di queste
obbedienze oggi sono afflitteda
agnostici e non credenti; si accontentano di essere un luogo in cui
prevale il premio sociale e le buone maniere ed hanno sostituito, di
fatto, l’esercizio della trascendenza teistica e della solidarietà sociale
con una parvenza di carità.
L’insistere nel rappresentare a livello mondiale una
“ortodossia”, che si traduce
in una esclusività per la quale può esistere solo una obbedienza regolare per paese, ecco perché costituisce
una “esclusività”, è l’unico
incentivo di un certo prestigio di aria “Vittoriana” piuttosto datato, ma sempre riposto tra i massoni. La Massoneria autodefinitasi “regolare” non riconosce alcuna
obbedienza né alcuna Massoneria diversa da quella allineata con essa. A livello
numerico rappresenta la
maggioranza massonica nella gran parte dei paesi –
compreso il nostro – ad eccezione della Francia dove invece
non costituisce l’obbedienza più
cospicua.
A fronte di tutto questo abbiamo il secondo gruppo tra le organizzazioni massoniche, composto
da Logge cosiddette “liberali”,
condotto a livello mondiale dal
Grande Oriente di Francia, a maggioranza numerica nel proprio paese; obbedienza che nel 1877 decise che le sue Logge smettessero
di lavorareAlla Gloria del Grande
Architetto dell’Universo, rinunciando anche al fatto che le tornate (così si chiamano le riunioni
massoniche) fossero presiedute da
un volume della Legge Sacra, ricorrendo ad un librocon le pagine
bianche in modo da non creare
contrasti.
In questo gruppo si allineano i
massoni che sono atei, agnostici,
o quello che gli pare; sono più “liberali” e lasciano la massima libertà
di coscienza ai propri membri, al-
meno in teoria poiché, in pratica, il
liberale ad oltranza lo è tanto da
non accettare alcun tipo di credenza fatta eccezione della non credenza e, in maggiore o minore misura, diventa un persecutore dei
suoi avversari.
Questo gruppo si caratterizza
per un coinvolgimento diretto dei
suoi membri nel mondo politico e
sociale, mentre le sue Logge sono
legate al dibattito puro e duro.
Sono gli eredi autentici di Garibaldi e di tutti i liberatori.
Questa è la situazione massonica oggi, ma è sempre stato così?
No, come ho detto prima le origini della Massoneria sono cristiane
e tali rimasero per tutta la loro intera fase “operativa” in cui, sostanzialmente, essa si dedicò alla costruzione delle cattedrali e delle
chiese che ancora oggi costellano
l’Europa; ma dalla seconda fase
“speculativa”, che va dal XVIII
secolo ad oggi, l’ordine massoni7
co ha preso la sua forma
attuale e, così, attraverso
deviazioni successive è
giunto al panorama poco
uniforme descritto sopra.
“Però voglio affermare
ed affermo” che la stessa
Chiesa, attraverso l’Ordine
di San Benedetto, ha naturalizzato l’Istituzione massonica.
Per questo non si ignorerà lo studio realizzato da
Eduardo R. Callaey, storico, periodista e massone,
nato a Buenos Aires nel
1958, pubblicato in un suo
libro dal titolo “La Massoneria e le sue origini cristiane - Ordine di Laici da un
Ordine di Monaci”. Callaey scoprì interessanti relazioni fra l’Ordine benedettino e
quello dei primi massoni operativi,
partendo dallo studio diWalafrid
Strabon, uno dei più famosi esegeti, che a sua volta cita due storici maestri venerabili, entrambi eminenti benedettini: Rabano Mauro,
abate di Fulda e arcivescovo di
Magonza, e Beda, chiamato “Il
Venerabile”, famoso storico del
secolo VIII, venerato come San
Beda. Quest’ultimo è autore dell’opera chiamata “DeTemplo Salomonis Liber”, la cui esistenza è
confermata da uno dei documenti
massonici più antichi che si conoscano, il “Manoscritto Cooke”, nel
quale il suo anonimo autore cita
Beda come l’autorità alla quale fa
riferimento nel testo. La traduzione dell’opera di Beda dal latino è
stata ardua, però Callaey si dice
ricompensato dalla scoperta del
suo carattere allegorico sulla costruzione del Tempio di Salomone
e dalle similitudini riscontrate con
molteplici simboli e concetti parimenti esistenti nella dottrina massonica.
<<Su quale criterio - si chiede Callaey – dovremmo basare
il legame tra massoni benedettini e m assoni operativi laic i?
Un c riterio s toricistico, p revia
verifica dei legami, delle relazioni e dei principi, come già spiegato>>. Nel suo libro Callaey
aggiunge – <<così mi rendo conto che è incompleto, essendo la
Massoneria una istituzione tradizionale, conviene estendere i
criteri di analisi nell’ambito della sua Tradizione…>>
Il percorso formato dai venerabili Beda,Alcuino, Rabano Mauro e Walafrid Strabon è stato segnalato dagli storici, teologi, filologi ed esperti dell’ebraismo, che
dimostrano il suo potere e la sua
attività.
Queste correnti erano diffuse nei
vasti territori dell’impero carolingio dove risaltano le tradizioni e i
simboli dei massoni che agivano
sotto l’impulso benedettino e che
hanno avuto il loro massimo splendore negli ordini di Cluny e Hirsau. Questi, in secondo luogo,
scelsero una serie di idee fondamentali che, originate nella tradizione dei monaci costruttori, influenzarono direttamente le associazioni laiche operative ed attraverso queste diedero origine alla
massoneria moderna. Esse sono:
a) la tradizione del Tempio di Salomone; b) il simbolismo del Tempio; c) l’idea di un Grande Architetto dell’Universo; d) il pensiero
simbolico-allegorico; e) il viaggio
interiore (quello che i massoni chiamano “Scolpire la Pietra Grezza”);
f) il viaggio esteriore: l’edificazione del Tempio alla Virtù.
Callaey co
nclude
asserendo:<<“Non esiste in occidente – all’infuori dell’Or dine
Massonico e dell’Or dine del
Tempio – altra istituzione che
abbia dato al T empio di Gerusalemme il carattere allegorico
che assume dalla penna dei maestri b enedettini>>.
E’ paradossale
riscontrare nel libro
in questione la sorprendente somiglianza tra le allegorie del mondo
monastico medievale e gli elementi
centrali di esoterismo massonico,
particolare che
apre un profondo
interrogativo circa
le origini cristiane
dell’Ordine, contestate dalla maggioranza dei pontefici
romani. A parte le
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polemiche sulla validità o meno
della scomunica che secondo la
Chiesa di Roma penderebbe sui
cattolici che appartengono, o si
accingerebbero ad appartenere,
alla Massoneria - scomunica che
a nostro giudizio non ha motivo
d’esistere alla luce dell’attuale
Codice di Diritto Canonico, approvato dal ConcilioVaticano II lo studio pubblicato nel libro di
Eduardo R. Callaey viene a riaffermare e documentare le tesi che
dimostrano le origini cristiane del
nostro augusto Ordine.
Date, quindi, per dimostrate le
origine cristiane dell’Ordine massonico, possiamo sostenere che sia
possibile conciliare l’appartenenza ad entrambe le istituzioni,
MASSONERIA e CHIESA
CATTOLICA?
Io risponderei di sì, ma in tale
risposta devo ammettere l’esistenza
di una compatibilità solo con una
forma ‘non dogmatica’ del cattolicesimo, il che, SINCERAMENTE, non è altro che un gioco di
parole: siamo compatibili con un
cattolicesimo che non prende sul
serio la fede. In questo senso molti
gran maestri hanno dovuto ammettere come spesso i massoni abbiano una scarsa conoscenza delle
esigenze dottrinali della Massoneria, cosa che in alcuni casi può
portare una persona ignorante a
credere che si possa essere massone e cattolico nello stesso tempo, ma sono dottrine che si respingono.
Ora, dopo aver presentato il
quadro della Massoneria VISIBILE, torniamo a poco a poco alla
INVISIBILITA’, attraverso la
PORTA del SEGRETO e le colonne del POTERE e della GERARCHIA.
Il segreto è l’essenza tanto dell’individuo che della società umana; come i mammiferi tendiamo a
vivere in branchi, ma l’acquisizione da parte di noi tutti della consapevolezza di essere unici ed irripetibili ci spinge a conquistare e
difendere uno spazio di intimità, uno
spazio esclusivo nel quale abbiamo sempre da nascondere qualcosa, come gli altri la nascondono
a noi. E’ nell’equilibrio fra la nostra riservatezza e la vita sociale, il
nascosto ed il pubblico, che si va
determinando la nostra personalità. Quello che nascondiamo, quello
che riveliamo e il rispetto che manteniamo per i segreti del nostro
prossimo segnerà in modo indelebile il rapporto con gli altri. Siamo, come dice un aforisma popolare, padroni del nostro silenzio e
schiavi delle nostre parole. E proprio attraverso questo processo si
risveglierà l’attrazione e il fascino
curioso che tutti abbiamo indistintamente per le società segrete. La
Massoneria ha una componente
segreta molto ampia, specie in riferimento all’esoterismo dei lavori
di Loggia. I massoni sono persone che si riuniscono a porte
chiuse e giurano
di osservare il più
assoluto silenzio
sui lavori svolti
all’interno del
Tempio. E’ la caratteristica delle
nostre Logge, in
verità una Segretezza che disturba molti profani e
che non è un
caso che sia rimasta tale fino al
nostro tempo.
Approfitto di questo passaggio
per chiarire come alcune nazioni
guidate da regimi autoritari, per
esempio Cuba, celebrano tornate
con persone esterne all’Ordine.
La tornata massonica non è solo
una delle facce della Massoneria,
ma anche, agli occhi della ragione,
il segno di una realtà superiore ed
invisibile, la Massoneria universale, la Massoneria invisibile che irunisce nel tempo e nello spazio i
massoni che noi non vediamo, che
si trovano in un altro Livello Superiore; i massoni invisibili che cercano di provocare cambiamenti
favorevoli nell’interesse dell’Umanità; la Massoneria che celebriamo il giorno di San Giovanni, la
Massoneria che può identificarsi
con il Nuovo Ordine Mondiale,
<<il compimento totale del Figlio
dell’Uomo, che Dio colma completamente con la sua plenitudine>> (Ef 1,23); quel corpo massonico <<in costruzione, alla fine
del quale saremo tutti giunti alla
unità nella certezza e nella vera
conoscenza del Cristo Muratore
Speculativo, allo stato di uomo
perfetto, alla plenitudine della sta9
tura del Figlio dell’Uomo>> (EF
4, 13).
Così, qualunque tornata massonica, numerosa o ristretta, ricca o
povera che sia, è la manifestazione della Costruzione spirituale del
Tempio di Gerusalemme in un tempo e in luogo determinato, cioè
<<sia il simbolo che lo strumento
dell’intima unione con il Grande
Architetto dell’Universo e dell’unità di tutto il genere umano>>.
Rivolgendo l’attenzione alla società moderna occorre però evidenziare come il SEGRETO
MASSONICO non abbia nulla a
che vedere con il mondo profano
né con concetti materialistici e occultistici. Al riconoscimento del
segreto massonico vi si giunge solo
dopo un’evoluzione personale di
carattere spirituale, etico e morale, che prende avvio lo stesso giorno della Iniziazione in Loggia, in
uno qualsiasi dei riti riconosciuti in
Massoneria. Non tutti coloro che
entrano in Massoneria giungeranno però a conoscerlo, poiché a ciò
non potranno arrivare coloro che
sono inclini alla concezione esoterica del nostro Ordine, inclinazione legittima d’altra parte.
Il segreto massonico esiste perché ciò che rimane velato dietro
di esso è incomunicabile agli
altri, perché scaturisce da riflessioni ed esperienze di natura esoterica, strettamente personali e
intime, piuttosto
che di conoscenza si tratta di un
sentimento. Si conosce o
non si conosce. Si riconosce o sembra perso in
funzione dell’accettazione
del processo iniziatico;
però non si può trasmettere né verbalmente né
per iscritto …proprio per
questo è segreto. Logicamente quelli che negano
la sua esistenza non hanno possibilità alcuna di
giungere ad esso. Esoterico è uguale a segreto ma
non ha nulla a che fare con
l’occulto o la divinazione,
tanto di moda, ma oggetto di truffe per ignari poveri di spirito.
Hilaire Bellioc, famoso
scrittore, sostiene che sia
poco intelligente negare
che esistano le cospirazioni, però
al contempo evidenzia come sia un
luogo comune attribuirvi un potere esagerato. D’altra parte, “la
cospirazione” non è un fattore negativo della massoneria né di nessun’altra organizzazione segreta.
Infatti, anche se ha acquisito un’accezione negativa, per “cospirare”
si intende concordare con gli altri
la realizzazione di qualcosa. La
società, per esempio, deve essere
una grande cospirazione per realizzare il bene comune.
Se parliamo di cospirazione
dobbiamo passare al concetto di
INFLUENZA.
Facendo riferimento alla massoneria visibile, alla “organizzazione
visibile”, occorre prendere atto
come l’influenza sociale VISIBILE delle diverse associazioni massoniche sia decaduta un po’ in tutto il mondo.
Al contrario, se si guardano i
principi intellettuali della Massoneria, vale a dire la “dottrina” massonica, non c’è dubbio che la
Massoneria abbia una grande influenza sociale e i suoi principi siano diventati quasi di universale diffusione. Siamo tutti influenzati dalle dottrine della massoniche: dal
naturalismo filosofico al laicismo
politico. E’ anche vero, però, che
proprio quando la Massoneria è
riuscita a diffondere i suoi principi
in tutto il mondo, per ironia della
sorte, o forse non tanto, le organizzazioni massoniche hanno iniziato a perdere vitalità.
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Infatti, il numero dei
massoni de carnè è molto basso in Occidente,
nonostante la mentalità
massonica abbia una presenza sociale e politica
così invasiva quasi al punto di dare l’impressione
che tra l’ideologia postmoderna e l’ideologia
massonica ci sia poca differenza. Gamberini, un
grande maestro italiano
della Massoneria, ha sempre sostenuto che quest’ultima trionferà solo
quando il mondo profano
accoglierà i suoi principi,
quando questi diventeranno permanenti e inalienabile patrimonio dell’umanità, quando anche gli avversari, contraddicendosi, li professeranno come propri.
Adesso è proprio il momento di
dire: “I massoni si definiscono una
Istituzione formata da persone che
cerca la saggezza e l’equità, con
una gerarchia indiscutibile ed una
immagine di potere”.
Il concetto che la Massoneria ha
della GERARCHIA si definisce in
questi sintetici punti: separazione
del potere secondo la forma democratica; il popolo è sovrano ed
elegge direttamente i propri rappresentanti che gestiscono i distinti
poteri; le leggi so no necessarie
così come il loro rispetto; i membri a cui è conferito il potere devono sottomettersi alla legge.
In tutto ciò è chiaro ed esplicito
che “il potere esecutivo deve essere l’agente e non il capo del villaggio”.
Adesso entriamo nel concetto
massonico del POTERE.
In Massoneria, in particolare, il
potere che viene conferito a qualcuno è nell’ottica di far rispettare
gli obiettivi del decreto, di lavorare al servizio della Massoneria e
dell’umanità. Secondo fonti massoniche, la prerogativa speciale del
potere è “il diritto di grazia e il dovere di fare del bene finché la giustizia e l’equità saranno in opposizione”.
Il gestore del potere esecutivo
deve avere il diritto di grazia perché “se è giusto che la legge deve
essere inviolabile, ci sono però
casi in cui la sua applicazione sarebbe inutile e a volte anche dannosa”; ciò perché non è umanamente possibile prevedere tutto e,
quindi, qualcuno deve essere autorizzato a trattenere il corso della
legge se la sua applicazione concretizza un’ingiustizia; nessuno è
considerato più adatto di coluiche
si è guadagnato la fiducia della nazione…”.
E’ proprio questo il punto che
tratta il grande ed illustre fratello
massone W. A. Mozart nella sua
poco conosciuta opera “La clemenza di Tito”. Composta mentre
lavorava a “Il flauto magico”, racchiude il dibattito interiore che animò l’imperatore Tito allorché tentò di raggiungere un equilibrio tra
la Giustizia e la Misericordia. Trat-
to da un libretto di Metastasio per
festeggiare il compleanno di Carlo, nonno di Leopoldo II, imperatore tedesco del Sacro Romano
Impero. Caterino Mazzolà adattò
il libretto per l’opera, ma è noto
che anche Mozart vi contribuì. E’
un’opera sul potere e sulla clemenza come prerogativa somma del
potere stesso.
Ora, considerando che la Massoneria, come società umana, non
è composta da esseri angelici dotati di perfezione, è normale che
un fratello possa sbagliare. Quindi, se la scelta del popolo fosse
stata inadeguata, se uno qualsiasi
dei membri al quale fosse stato
conferito il potere si fosse lasciato
influenzare dai metalli nelle sue
decisioni, se fosse caduto nella tentazione del potere per il potere, la
saggezza della maggioranza sarà in
grado di ripristinare il necessario
equilibrio nelle elezioni successive.
Nel frattempo, altri membri del
consiglio possono bilanciare le
deviazioni occasionali.
La Massoneria è una società di
volontariato che ammette nelle sue
file persone di diverse opinioni e
posizioni politiche. Uno può essere contro l’autorità e il potere in
modo radicale, l’altro un socialista, un altro ancora un individualista. Che cosa hanno in comune
persone come Bakunin, Churchill,
Sandino, Voltaire e Franklin? Erano massoni e qualunque fosse la
loro visione politica attuavano le
regole di funzionamento della società a cui avevano aderito volontariamente.
MA LA GRANDE MAGGIORANZA DI VOI VUOLE CONOSCERE QUESTA ORGANIZZAZIONE INVISIBILE.
L’autore massonico Manly P.
11
Hall (decorato nel settembre del
1990 dallo Scottish Rite Journal
e considerato dal Supremo Consiglio dei 33 del Rito Scoz zese
come un filosofo massonico) disse: “La Massoneria è una fratellanza dentro la fratellanza – una
organizzazione esterna che nasconde una fratellanza interna di
eletti…”. E’ necessario, quindi,
stabilire l’esistenza di questi due
ordini separati ed indipendenti, uno
visibile e l’altro invisibile. La società visibile è una confraternita
splendida di uomini “liberi e accettati” che si riuniscono per dedicare il loro tempo ad attività etiche,
educative, fraterne, patriottiche ed
umanitarie. La società invisibile è
segreta e augustissima (di dignità
maestosa e grandiosa) ed i suoi
membri si dedicano al servizio di
un misterioso arcannum arcandrum
(un segreto, un mistero).
QUANDO ALCUNI DOTTI
PARLANO DI MASSONERIA
INVISIBILE, MENZIONANO I
LORO “SUPERIORI SCONOSCIUTI”.
I superiori sconosciuti non esistono, o almeno non c’è nessun
indizio che ci faccia pensare che
esistano. (E SE ESISTONO DICHIARANO DI ESSERE SCO-
NOSCIUTI).
Comunque, è certo che questo
è stato uno dei temi favoriti di quella che chiamo “l’antimassoneria irrazionale”. Risulta anche comodo
pensare che, in qualche luogo segreto, un piccolo gruppo di uomini decide il destino del mondo e
niente ha mai potuto dimostrarne
la sua esistenza.
I massoni sparsi nel mondo non
viaggiano in modo coordinato e
solo in alcune occasioni si confrontano tra loro; l’unico vincolo reale
fra essi è la fedeltà ai principi fondamentali della Massoneria. In
questo sta la sostanziale unità di
azione di tutti i massoni.
La Massoneria non ha la finalità
di essere numerosa e famosa, bensì
di mantenere vivo un metodo di
relazione personale e di introspe-
zione che provoca una iperstimolazione della nostra coscienza, che
ci sollecita a prendere possesso
del nostro essere nel mondo.
LA CONCLUSIONE E’ CHE
PER SCELTA NON CI INTERESSA LA QUANTITA’ BENSI LA QUALITA’. QUESTA E’
LA PRIMA PIETRA O LA PRIMA PORTA della Massoneria Invisibile : “Le cose consacrate si rivelano solo agli uomini consacrati;
è vietato rivelarle ai profani se non
sono iniziati ai misteri del sapere…”.
Adesso si dirà che è giunto il
momento di parlare di queste organizzazioni segrete di cui tanto si
narra (Illuminati, Skull and Bones,
Priorato di Sion, Rosacroce, e
tante altre). E’ possibile che qualcuna esista, o sia esistita, ed è pos-
12
sibile che ci fosse in essa qualche
massone, ma posso affermare
CHE ESSE NON SONO MASSONERIA, NE’ HANNO ALCUNA RELAZIONE CON LA
VERA MASSONERIA. Tutto ciò
non è Massoneria invisibile, è letteratura invisibile.
COMUNQUE, DIRANNO
ALCUNI, SONO LOBBY, ED
HANNO LA LORO INFLUENZA. Io direi di sì, è possibile che
fossero lobby, ma meno di quanto
crediamo. Un giorno mi disse
un’alta carica politica di un Paese
europeo che, tra l’altro, era un
massone riconosciuto: “Mi accusano di ricevere i fratelli massoni
ed io dico che nelle mie ore di lavoro ricevo tutto il mondo, ovunque mi trovi, è il mio lavoro; ma
nelle mie ore libere ricevo coloro
che amo e come potrei chiudere
la porta ad un fratello con il quale
mantengo un’affinità, una famiglia?”.
ED ORA VI DICO UNA
COSA: ”pochi anni f a Carcero
Blanco, un presidente del Governo spagnolo guidato dal dittatore
Francisco Franco, disse la stessa
cosa quando riconobbe di essere
membro dell’Opus Dei”.
E ADESSO CHIEDIAMOCI
COME SI RICONOSCE UN
MASSONE.
Uno dei modi per riconoscere
un massone nel rituale è tramite la
domanda:”Sei tu un Massone”? E
la sua risposta deve essere:”Tutti
mi conoscono come tale,Venerabile Maestro”. Si evidenzia chiaramente che la condizione non si
acquista con il semplice giuramento
formale, bensì con l’avanzare giornaliero, con lo studio, la disciplina
e con l’acquisizione dell’umiltà necessaria per non definirsi Masso-
ne, bensì dimostrare agli altri fratelli di esserlo con le opere, con il
modo di fare ed il pensiero”.
NELLA MASSONERIA,
COME IN QUALUNQUE ORDINE INIZIATICO, tutto inizia e
finisce con l’INIZIAZIONE. Il
passaggio attraverso il Gabinetto
di Riflessione, le prove allegoriche
e il viaggio dalle tenebre alla luce,
durante il quale in genere si priva
temporaneamente il postulante dei
gioielli e del denaro che ha indosso, per sottolineare che i Massoni
non si curano né della ricchezza,
né dei titoli che portano, bensì di
una vita dignitosa al servizio degli
altri. Con questa pratica la Massoneria, fin dall’inizio, fa pedagogia nel senso che insegna come
l’attaccamento alla proprietà e agli
interessi personali costituiscano i
principali ostacoli per l’affermazione di una fraternità concepita sotto il segno dell’uguaglianza; ciò fermo restando che non sono gli oggetti materiali o le prerogative della società civile che impediscono
di lavorare al perfezionamento della propria pietra grezza, ma l’attaccamento ad esse, che deve essere una delle prime cose di cui
bisogna spogliarsi.
Molti di coloro che si avvicinano alla Massoneria, restano fermi
in alcuni dei
pas-
saggi della lunga scalinata che porta alla finalità stessa dell’Istituzione massonica. Questi passaggi
sono ciò che noi chiamiamo Gradi
mentre i profani fasi di consapevolezza.
In effetti si vede con una certa
frequenza come alcuni massoni,
ricevuti i gradi, ottenuti gli onori,
avute deleghe di responsabilità, ricevuti i premi, etc etc, spessoassumono atteggiamenti arroganti ed
esaltano la propria importanza o il
ruolo all’interno dell’Ordine, ciò a
scapito del clima fraterno, forse
credendo di avere una morale superiore. Se non hanno umiltà non
entreranno mai a far parte della
Massoneria Invisibile, al massimo
riceveranno un applauso profano.
Non conosceranno l’applauso che
deve realmente interessare ad un
massone, quello che proviene dalla
coscienza di aver fatto un buon lavoro senza aspettarsi contropartite di nessuna natura.
SIATE UMILI
e ben disse
il fratello
mas-
13
sone Victor Hugo alla metà del
XIX secolo: “l’umiltà ha due poli:
la verità e il bello”.
Sono figlio e nipote di massone, ed entrai in Massoneria come
“Lovaton” (i lovatones sono i figli
dei massoni adottati simbolicamente in una Loggia nella quale ricevono il battesimo massonico). Mio
padre mi avvicinò alla Massoneria
francese perché in Spagna e ad
Andorra era stata vietata e perseguitata. Io sono uno degliinvisibili
della Massoneria. Invisibile? Che
arroganza dire questo. Forse adesso sono un po’ meno invisibile,
perché sono qui con voi.
Abbiamo costruito quando nessuno ci ha visti, si dice che ad un
maestro massone che stava scolpendo un uccello su una trave all’interno del Duomo, trave che doveva essere coperta, qualcuno
avesse chiesto perché sprecasse
così tanto tempo in qualcosa che
nessuno avrebbe mai visto ed il
maestro rispose: “perché Dio lo
vedrà”.
Nella mia cosiddetta carriera massonica sono stato
insediato e decorato dal
Supremo Consiglio dei
33 di Washington
D.C. ed è stato lì,
in quella città,
alla l uce d ei
simboli
massonici, che ho capito che non
ci sono misteri legati alla nascita
della repubblica americana.
Ricordo che mentre percorrevo la King Street ho subito capito
il significato nascosto di uno dei
simboli ivi presenti. Si tratta di un
modello in scala del famoso Faro
di Alessandria, una delle sette meraviglie del mondo antico, un monumento a George Washington, con
i suoi “333” piedi di altezza.
Nella hall del Faro di Alessandria ho notato un murales enorme
nel quale George Washington, vestito con il classico grembiule dei
massoni e con la cazzuola in mano,
appare nel bel mezzo di un importante meeting di iniziati di alto grado all’aperto. Ed un fratello massone mi chiese: ”Sai cosa rappresenta quella scena?”. Io mi strinsi
nelle spalle. “E’ – mi spiegò - la cerimonia della collocazione della prima pietra del Campidoglio, il 18
settembre del 1793, sulla collina
Jenkins diWashington. Come vedi,
la nostra democrazia è, letteralmente, opera dei maestri massoni e dei
francesi che importarono i loro ideali dalla Rivoluzione del 1789”.
Lasciatemi spiegare questa
confidenza: Dan Brownnel suo
ultimo libro ambientato a
Washington, dal titolo “Il
simbolo perduto” gioca
con il simbolismo della
Massoneria a Washington
e con la banconota da un
dollaro, mentre dovrebbe
davvero dire grazie alla
Massoneria. Seguendo la
sua spiegazione, è facile
comprendere come egli
arrivi a cogliere solo il significato che intuisce, anche se invece crede di scoprirlo. Giusto per fare un
esempio, e come aneddoto del
tema, prendiamo la Stella a cinque
punte, la cosiddetta Stella di David, chiamata anche Sigillo di Salomone. Il Re Saggio della Bibbia fu
il costruttore delTempio che porta
il suo nome, che fu l’ossessione dei
templari quando si recarono a Gerusalemme, ma anche uno dei luoghi mitici per i massoni. E allora,
proprio per questo, abbiamo ricostruito l’interno delTempio di Salomone, al nono piano del George Washington Memorial Building. Inoltre, la residenza estiva dei
presidenti di questo paese si chiama Camp David. Bene, osserviamo per un attimo le stelle chesi trovano sul Gran Sigillo dell’aquila
americana, se le unissimo con una
linea immaginaria, si otterrebbe una
stella a cinque punte, la Stella di
Davide! Ma al terzo piano di questo strano edificio (Memorial), nella stanza chiamata Grotto Room, ci
aspettano altre sorprese: un ritratto
con il grembiule del severo presidente d el d opoguerra, H arry S .
Truman; monete e cartoline dei sei
astronauti
14
del programma Apollo che erano
massoni, tra cui Edwin Aldrin della
missione Apollo XI; ed ancora ricordi di tutti quei capi della massoneria, come il presidente Roosvelt,
il progettista del dollaro, che sorride dalla sua cornice di argento.
Quando Roosvelt posò per quella
foto ignorava che la stella segreta,
che aveva nascosto nella costellazione che corona l’aquila del
Gran Sigillo, sarebbe diventata un
segreto rivelato all’inizio del XXI
secolo.
Fra tutto ciò che disse Dan
Brown amo ricordare l’intervista
di presentazione del suo ultimo libro. “In questo mondo – confessò Brown - in cui così tante culture si scannano a discutere quale versione di Dio è quella giusta,
la Massoneria si adopera per unirle e le invita a pregare insieme,
perché non vi è alcuna necessità
di etichettare Dio quando sanno
che esiste là fuori”.
La dichiarazione dei principi
della massoneria dice che la nostra “è una istituzione universale,
soprattutto filosofica, progettata
per lavorare per l’avventodella
giustizia, della solidarietà e della
pace per l’umanità”. ORA,
concluderò questo convegno con le parole che il
cataro Peire Clergue diresse all’inquisitore Jacme
Torner: ”ci sono due divinità – gli disse - una invisibile e l’altra visibile e ciascuno di noi ha il suo Dio.
L’invisibile è un Dio buono che salva il suo popolo, il visibile è un Dio cattivo che rende le cose visibili e transitorie”.
L’Africa: la medicina per
riscoprire il vero senso della vita
“L’uomo è il padrone della
parola che conserva nella sua
pancia, ma diventa schiavo della
parola che lascia fuggire dalle sue
labbra”. (Proverbio africano).
L’uomo saggio ripone una grande speranza nel continente africano.Ai nostri giorni si moltiplicano le missioni umanitarie, i protocolli d’intesa, i progetti comuni, gli scambi culturali. Si rafforza soprattutto il
sentimento di fratellanza tra
i popoli del mediterraneo e quelli dell’Africa. La necessità di
dare dei contenuti
seri a quel bacino afro-mediterraneo a cui in pochissimi avevano
saputo guardare,
tra i q uali il nostro
pot.:mo Gran Maestro
Corrado Labisi, prende corpo
giorno dopo giorno, dando giustizia alla
loro lungimiranza: Costa d’Avorio, Kenya,
Sierra Leone, Somalia, Guinea, Camerun, Nigeria, Benin, Etiopia, Tanzania, Congo, Madagascar, sono luoghi che se li visiti ti segnano per sempre. Posti nei quali non puoi più
fare a meno di tornarvi. Ma ci siamo mai chiesti il perché? La risposta è sotto i nostri occhi!
Non è un mistero, infatti, che egoismo, protagonismo, corsa al potere, ingiustizia, attaccamento
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ai beni materiali, smarrimento dei valori, corruzione
dilagante, invidia e gusto del sacrilegio, siano solo
alcuni dei mali che sempre più affliggono la società
moderna, quella che osa definirsi civile ed industrializzata, ma al contempo non si rende conto, o forse
non vuol farlo, che ha smarrito le sue radici profonde
nel tempo, il senso della vita, persino il piacere d’un
sorriso donato. E così la stessa qualità dei rapporti
umani va perdendo la sua naturalezza, la famiglia è
prossima all’estinzione, nessuno sa più donare ma
ognuno pretende e basta. Quelle rare volte che ci
fermiamo un attimo a riflettere ci chiediamo dove si
sia “rifugiata” l’essenza della vita, ferita e umiliata dalle
frenesie di questi nostri giorni. Sì, quando comprendiamo che il nostro malinteso senso di civiltà oggigiorno ci spinge a correre verso il nulla, inquei pochi
attimi di lucidità, può accadere che l’uomo si chieda
da dove dovrebbe iniziare a cercare se per un attimo lo sfiorasse la “sana follia” di riprendere per mano il senso della vita, se
volesse ricordarsi da dove viene,
cos’è e verso dove sta andando.
Viene in mente la legge della natura alla quale nessuno può
sottrarsi: ogni essere vivente, come
ogni cosa, nasce,
cresce, arriva al suo
culmine, poi decresce e
torna al punto di partenza. Alla fine del ciclo, quindi,
tutto torna all’origine, alla
sua fonte. Ebbene
non è un caso che si
parli sempre con più
insistenza dell’Africa e
la si identifichi con il
cuore pulsante del mondo, il continente più antico
al mondo, quello dove la vita
ha avuto origine, dovetutto ha avutoun inizio. E non
è casuale neanche il fatto che chiunque abbandoni
per qualche giorno questa falsa società per recarsi
da quelle parti, alla fine dell’esperienza rientri con
quel malessere a cui gli esperti spesso non sanno dare
una spiegazione plausibile: il cosiddetto mal d’Africa. E’ una malattia o forse è il risveglio interiore
innescato da certi ritmi, odori, sapori e colori indimenticabili del continente africano? Il mal d’Africa
è il grido dell’io interiore che ci richiama alla vita, è
la riscoperta di un gusto antico e pregiato dal quale
l’umanità intera non può prescindere perché ne rappresenta la sua stessa essenza!
E poi è la stessa genetica a dirci da dove proviene l’uomo moderno (europeo, asiatico australiano
o americano che sia) e a dare il marchio doc alla
popolazione riconosciuta in assoluto come la più
antica del pianeta. Si tratta dei San, cacciatori dell’Africa del Sud, conosciuti anche con il soprannome di bushmen (letteralmente “gli uomini della foresta”), una storia iniziata decine di migliaia di anni
indietro nel tempo. E’ la foresta africana, infatti, il
loro habitat naturale e stando sempre a quanto rivela il dna, sarebbero proprio loro i discendenti diretti dei primi esseri umani che, successivamente,
dall’Africa migrarono in tutte le altre parti della terra. Lo studio, il più grande mai realizzato finora sul
dna umano inAfrica, è stato condotto per dieci anni
da scienziati di tutto il mondo e adesso è stato finalmente pubblicato dall’autorevole Science.
“Abbiamo prelevato campioni di sangue in tutto
il continente africano – ha rivelato SarahTishkoff
dell’Università della Pennsylvania - dopo dieci anni
possiamo finalmente dire che l’Africa è stato veramente un continente melting pot, con al suo interno
tutti i geni che nei millenni successivi avremmo trovato nel resto del mondo. E’ davvero il luogo di
nascita dell’umanità”. Tesi ampiamente confermata
anche da una serie di recenti scoperte archeologiche che ci danno importanti risposte sulle origini
umane, dimostrando non solo che l’Homo sapiens
venne dall’Africa, già come Homo erectus, ma che
addirittura l’uomo migrò da quel continente già completamente moderno. Le prove di questa teoria sono
state rinvenute nella cavernaBlombos, all’interno
della quale erano custoditi numerosi strumenti in
osso, tutti risalenti a più di settantamila anni fa.
Un’accurata analisi di questi reperti archeologici,
pubblicata di recente anche sul Journal of Human
Evolution, sostiene che questo antico impiego di
strumenti in osso, insieme ad altre scoperte, dimostra che la modernità si evolvette per prima cosa
proprio in Africa, nel continente più antico al mondo. “La reale implicazione è che c’era un comportamento moderno inAfrica già trentacinquemila anni
prima che in Europa” ha rivelato Cristopher S. Henshilwood, illustre professore di archeologia alla State
University of NewYork.
Occorre infine sottolineare come fra gli antropologi vi sia anche completo accordo sull’origine più
antica dell’uomo, un tipo di ominide vivente nella
regione intorno al LagoVittoria (nel luogo dove attualmente confinano l’Uganda, il Kenia e laTanzania) circa due milioni e mezzo di anni fa.Vi è anche
accordo sul fatto che poco meno di due milioni di
anni fa questi uomini assai arcaici, così come fecero
successivamente i San (il popolo africano da cui
discende il nostro dna) si diffusero dall’Africa all’Asia e all’Europa.
Fabio Cantarella
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Il silenzio che porta alla libertà
Il lavoro dell’Apprendista è caratterizzato dal più assoluto e rigoroso silenzio. U na s ana p ratica o sservata
anche da tanti Maestri che, lungo il
cammino iniziatico, sono stati capaci
di coglierne le grandi potenzialità per il
proseguo del lavoro di ricerca interiore. I ritmi frenetici della società moderna, l’ossessivo bisogno di comunicare con chiunque ed ovunque, fa sì
che divenga sempre più difficile trovare dei momenti in cui si possa consapevolmente restare soli con sé stessi, alla scoperta di quell’«io interiore»,
ai più completamente sconosciuto.
La pratica del silenzio crea nel neofita le condizioni ideali affinché possa sbarazzarsi dei suoi «metalli», delle
sue false credenze, dell’arroganza e
dell’orgoglio che lo hanno contraddistinto fino a quel momento, fino a quando ha osato bussare alla porta del tempio; della sua convinzione di sapere
quel che neanche ha mai immaginato
come c ercare.
E’ giunta l’ora che l’Apprendista
inizi un costante cammino che lo liberi
dai concetti e dalla false nozioni ricevute ed incamerate durante la vita profana, ma per arrivare a ciò dovrà prima di tutto cogliere il senso di un’altra
importante conquista: l’atteggiamento
“Sedere fermi in silenzio offre la posizione non di colui che
respinge l’altro di fronte a sé, ma di colui che è diventato uno.
Quando si accetta all’interno di sé tutto quello che si oppone a
se stessi e si diventa uno con quello, non può esserci nient’altro
che non sia noi stessi,poiché a quel punto se stessi diventa la
pienezza dell’universo stesso. Essere un solo corpo col tutto, in
quell’unità che non è solo uno, è sentire il dolore dell’altro come
proprio dolore, la gioia dell’altro come la propria vera gioia”.
(Monastero Zen di Fudenji)
di distacco da tutto ciò che infastidisce, offusca o soffoca la silenziosa ricerca del suo «io interiore».
In tanti sostengono che la pratica
del silenzio rappresenti un processo indispensabile per accedere all’«io interiore», anzi che addirittura consacri il
passaggio dal di fuori al di dentro dell’uomo, dal caos all’ordine e, quindi,
dalla schiavitù alla libertà riconquistata. Ed è naturale che soltanto l’uomo
libero, privo cioè di preconcetti e pregiudizi, possa sperare di raggiungere il
giusto distacco dal «rumore» che oscura la ricerca interiore.
Il silenzio è, come nessun’altra regola, capace d’innescare nell’individuo
che lo attua un processo evolutivo di
tale intensità da modificarne atteggiamenti e abitudini, valori e obiettivi di
vita, concezioni e aspirazioni.
Praticare il silenzio non significa isolarsi dal mondo, dalla vita di tutti i giorni, ma al contrario deve rappresentare
il mezzo per raggiungere quella libertà
di giudizio che potrà portare a scoprire
le essenzialità e le priorità dell’esistenza terrena, che potrà dare una nuova
e consapevole chiave di lettura di ogni
cosa che ci circonda. Tutto ciò che è
effimero, superfluo o addirittura dannoso per il percorso di crescita sarà
catalogato come tale nella mente dell’iniziato. Ogni cosa avrà la giusta importanza, la giusta priorità, una volta
riacquistato il senso dell’origine uma17
na.
In altre parole la conquista del silenzio è la prima importante tappa per
giungere ad unnuovo modo di concepire la vita ed il rapporto con gli altri;
grazie a questa nuova visione, alla ritrovata consapevolezza, il vero massone potrà ripulire il proprio cuore e la
propria mente da ogni sapere pregiudiziale. Condizionato dalle sue passioni, dai suoi desideri, dalla sua falsa rappresentazione delle virtù, dal malinteso senso di pubblico dovere, schiavo
dei suoi «metalli», il libero muratore,
comprendendo l’arte del silenzio, potrà intraprendere il sentiero che lo porterà a diventare un uomo veramente
libero.
Silenzio dopo silenzio, un mattone
alla volta, potrà lentamente, con pazienza e duro sacrificio, edificare il proprio tempio interiore, accedere all’«io
interiore» e quanto più ne acquisirà
consapevolezza, tanto più grande e sincera diventerà la sua disponibilità verso gli altri, la sua capacità dilavorare
per il bene ed il progresso dell’umanità. Ma più andrà avanti nel suo cammino e più dovrà prestare attenzione,
scrupolo, fermezza in ogni azione che
lo contraddistinguerà, perché il cammino iniziatico è pieno di ostacoli e
battute d’arresto. E un massone non
può non tenere costantemente presente che ciò che farà in vita riecheggerà
nell’eternità.
F.·.C.·.
Il verbo ed il simbolo
Per l’uomo ogni espressione è un simbolo del pensiero che traduce esteriormente ed in questo senso lo
stesso linguaggio non è altro che un simbolismo.
L’impiego delle parole e dei simboli figurativi sarebbero due modi d’espressione complementari se su
questa terra regnasse la perfezione, ma in realtà la
forma del linguaggio è analitica, discorsiva come la
ragione umana di cui esso è lo strumento proprio e di
cui segue o riproduce il cammino con la massima esattezza possibile; mentre, al contrario, il simbolismo è
essenzialmente sintetico e per ciò stesso intuitivo. Un
particolare non secondario che lo rende più idoneo del
linguaggio a servire da base all’intuizione intellettuale,
livello che situato al di sopra della ragione. Ecco perché il simbolismo sintetico apre possibilità di concezione veramente illimitate, mentre il linguaggio umano
pone alla comprensione limiti più o meno stretti. Ciò
vale soprattutto per le verità più alte, quelle che non
sarebbero in alcun modo trasmissibili intatte se non
manifestate coi simboli, i quali
certamente le dissimuleranno ai
più, m a l e m anifesteranno i n
tutto il loro splendore agli occhi di coloro che sanno vedere. Da questa considerazione
dovremmo trarre il convincimento che il ricorso al simbolismo sia indispensabile, ma non
è così, tanto che, secondo un
insegnamento del popolo Indù,
un i mmagine q ualunque, a d
esempio una statua simboleggiante questo o quell’aspetto
della Divinità, non deve essere
considerata che come un supporto per la meditazione,
uno strumento che permette a un uomo di compiere
un viaggio più rapidamente e con assai minor fatica
che se dovesse farlo con i propri mezzi. Ma per cogliere tutta la portata del simbolismo occorre esaminare anche il suo aspetto divino che trae la sua ragion
d’essere dal dato di fatto che esso ha il suo fondamento nella natura stessa degli esseri e delle cose e
che perciò è in perfetta armonia con le leggi della natura. E le leggi naturali non sono, in fondo, espressione
della Volontà divina? Per aiutare la nostra tesi si possono richiamare le prime parole del Vangelo di San
18
Giovanni: ”In principio era il Verbo”. Il Verbo, il Logos, è a un tempo pensiero e parola, manifestazione
dell’Intelletto divino. Per l’uomo si manifesta per mezzo d ella Cr eazione c he è l’opera d el Verbo, l a s ua
manifestazione, l a s ua a ffermazione e steriore; e d è
per ciò che il mondo è come un linguaggio divinoper
coloro che hanno imparato a conoscerlo: Caeli enarrant gloriam Dei ( I Cieli narrano la gloria di Dio;
Salmo XIX, 2 ).
E non è casuale che ogni significazione abbia all’origine il suo fondamento nell’armonico naturale connubio fra il segno e la cosa significata. Proprio perché
Adamo aveva ricevuto da Dio la conoscenza della
natura, di tutti gli esseri viventi e non, potette nominarli
uno per uno ( Genesi, n, 19-20 ); e tutte le tradizioni
antiche concordano nell’insegnare che il vero nome di
un essere non è che una sola cosa con la sua natura o
la sua stessa essenza.
Pertanto, se il Verbo è Pensiero all’interno e diviene Parola se manifestato all’esterno, e se il mondo è l’effetto della Parola divina proferita all’inizio di tutti i tempi, la
natura stessa può esser presa
come s imbolo d ella realtà soprannaturale. Tutto ciò che è
divenuto, sotto qualsiasi forma
si trovi, avendo il suo principio
proprio nell’Intelletto divino, traduce o rappresenta questo principio secondo la sua maniera
d’esistere; e, così, da un ordine
all’altro, tutte le cose si concatenano e si corrispondono per
concorrere all’armonia universale e totale, che è come
un riflesso dell’Unità divina stessa.Tale corrispondenza è il vero fondamento del simbolismo ed è per ciò
che le leggi di un ambito inferiore possono sempre
esser prese per simboleggiare le realtà d’un ordine
superiore, ove esse hanno la loro ragione profonda,
che è nello stesso tempo il loro principio e la loro fine.
E, d’altra parte, se si considera l’uomo stesso, non
è legittimo dire che anch’egli è un simbolo per il fatto
che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio
(Genesi, I, 26-27 )?
A.·.P.·.
Storia del Diritto Templare: dalla
Sancta regula agli Egards
Quando, nel 534 d.C., San
Benedetto da Norcia dettò la
Regula monachorum nel tentativo di allontanare, con la
propria versione ermetica della vita, le debolezze umane
dalla consapevolezza di Dio,
certamente non poteva immaginare che un giorno tale corpus sarebbe divenuto il fondamento di un complesso di
norme volte a regolare la vita
– spirituale ed amministrativa
– dei Cavalieri d el Tempio.
Con il motto “ora et labora”,
in modo particolare, San Benedetto da Norcia ha voluto indicare quattro strade alle quali l’operare
dei monaci dovesse affidarsi per la
loro crescita spirituale: preghiera
comune, preghiera personale, lo studio scientifico ed artistico, oltre che
religioso ed il lavoro che, secondo
chi scrive, non poteva essere inteso
nel mero senso di “lavoro manuale”, implicando certamente anche
una coltivazione dello spirito.
“Ascolta, figlio mio, gli insegnamenti del maestro e apri docilmente
il tuo cuore; accogli volentieri i consigli ispirati dal suo amore paterno e
mettili in pratica con impegno, in
modo che tu possa tornare attraverso la solerzia dell’obbedienza a Colui dal quale ti sei allontanato per
l’ignavia della disobbedienza”1 , così
si esprimeva nelle prime parole del
prologo il Santo che indicava una via
ermetica – dotta e misteriosa sintesi
del Vangelo2 – che avrebbe portato
alla salvezza. Ferma restando l’importanza che tale Regola avrebbe rivestito per i Cavalieri delTempio, si
deve sottolineare anche l’importan-
za che ebbe dal punto di vista della
storia del diritto essendo, insieme
all’Edictum Teodorici Regis3 , il più
importante corpus di norme ideato
dopo la caduta dell’Impero romano
d’Oriente; tale digressione, lungi dall’essere marginale, è fondamentale
per comprendere come la Regola
Templare sarebbe stata una regolamentazione valida non solo dal punto di vista spirituale quanto amministrativo e giurisdizionale, soprattutto
dopo l’ampliamento da 72 a 686 articoli.
Nel 1089 San Roberto, abate di
Molesme, conscio del progressivo
allontanamento dei monaci benedettini dai canoni ispirati alla Regola,
decise di ricondurre la propria esperienza monastica a quanto professato da San Benedetto soprattutto
nel Prologo e, a tal fine, si allontanò
con venti monaci ritirandosi in una
località chiamata Citeaux. Dopo la
morte di San Roberto si assiste ad
un passaggio di consegne nelle mani
di Sant’Alberico 4 , prima, e di San
Stefano Harding, poi, il quale fu
19
estensore della Charta Caritatis, u n r iadattamento d ella
Regola confermato dai Pontefici Callisto II e Lucio III, e che
è, a buona ragione, vista come
la prima Carta Costituzionale
d’Europa. Anche tale documento avrà un’importanza fondamentale in quella che diverrà
la Regola dei Cavalieri delTempio poiché il suo scopo era, soprattutto, quello di porre la fratellanza tra i monasteri come
massima priorità per il bene dell’Ordine. E’ il periodo che succede l a Collectio Anselmo
Dedicata risalente al secolo IX che
si amalgama con elementi della Isidoriana, una raccolta di canoni conciliari e decretali5 , ed il Liber de Synodalibus causis una sorta di vademecum per le udienze vescovili
nei Tribunali ecclesiastici. In questi
secoli, in modo particolare tra la fine
dell’XI e l’inizio del XII, la tecnica
legislativa fa molto affidamento all’esegesi6 , interpretazione critica
delle norme volta a rendere edotto il
lettore sul perché della norma stessa, che trova la sua massima espressione in Irnerio e nella sua interpretazione d ei t esti ( Codex ed Istitutiones) giustinianei con la tecnica del
legere in legibus 7 . Nonostante le
nuove tecniche d’interpretazione
delle leggi daranno nuova linfa al sistema di legiferazione, il ruolo della
Chiesa dal punto di vista legislativo
e spirituale in questa fase è centrale
tanto che la Charta Caritatis ebbe
necessità dell’approvazione di ben
due pontefici. Anche la vita quotidiana dei cittadini era governata dalle
raccolte di canoni al punto che esi-
stevano i Tribunali ecclesiastici predisposti per dispensare pene spirituali e
materiali tramite il diritto
canonico. In questo periodo di penitenze pubbliche
basate su norme canoniche e consuetudini ecclesiastiche dispensate da
Tribunali della Chiesa, si
assiste a quel fenomeno
che indurrà San Stefano
Harding alla scrittura della Charta, necessaria integrazione della Regola di San Benedetto dettata dalla mutazione del
concetto di penitenza da riparazione
sociale ad espiazione individuale. In
tale periodo di evoluzione del diritto,
il regno di Ottone di III – durato solo
15 anni – e la sua politica di riorganizzazione della Chiesa, gettarono le
basi per le riforme del papato che
avrebbero determinato, negli anni a
seguire, uno grande influenza nelle
politiche europee.
Nel 1112, 10 anni dopo la morte
di Ottone III, Bernardo di Chiaravalle, figlio di un vassallo di Oddone
I di Borgogna, dopo essersi ritirato a
vita di ritiro e preghiera insieme ad
una schiera di parenti ed amici, incontrò Stef ano Harding, al tempo
rettore del convento cistercense di
Citeaux8 : questo evento avrebbe
dato vita al futuro incontro tra i cistercensi (e quindi la Sancta regula) e Ugo di Payns parente di Bernardo e con il quale avrebbero fondato l’Ordine dei Cavalieri delTempio nel 1119. Tale Ordine necessitava di un regolamento interno che ne
tutelasse la spiritualità, oltre che una
giustificazione per le uccisioni che
venivano, necessariamente, commesse durante il primo periodo di
attività volto alla tutela dei pellegrini
che, incamminandosi per la Terra
Santa, rischiavano di imbattersi in
predoni e briganti. Tuttavia Bernardo disprezza la cavalleria9 intesa in
senso tradizionale poiché ispirato da
moti spirituali intensi, gli stessi che
lo avevano portato ad allontanarsi dai
possedimenti paterni per intraprendere una vita ritirata e religiosa. Per
tali motivi si trova ad affrontare due
problemi organizzativi, come prima
accennato: dare una regola ai cavalieri riformandone il modus agendi
e giustificare la violenza perpetrata
ai danni degli avversari. Una regola,
tuttavia, già esisteva ed era sufficiente adattarla ai “poveri cavalieri” che
potevano trarne beneficio spirituale; l’applicazione della Regola di San
Benedetto (e della relativa Charta
Caritatis) venne, però, adattata allo
spirito necessariamente offensivo
delle truppe e fu così che, sulla scorta del concetto di “guerra giusta” di
Sant’Agostino, introdusse il principio del malicidium giustificando l’uccisione di un infedele ed intendendola quale servizio lodevole a favore della leggi della Chiesa: “ Il Cavaliere d i C risto u ccide i n p iena
coscienza e muor e tranquillo:
morendo si salva, uccidendo lavora per il Cristo ”10 .
Il De Laude Novae Militiae
compone di 13 capitoli suddivisi, a
loro volta, in una prima parte in cui
si definisce il senso di cavaliere templare in contrapposizione al concetto di cavalleria tanto osteggiato da
San Bernardo, il comportamento che
dev’essere tenuto dal cavaliere del
tempio, l’esortazione alla nuova milizia11 per concludersi con un approfondimento simbolico del Tempio e
del suo significato 12 . La seconda
20
parte è costituita dagli ultimi 8 capitoli nei quali si
scorge un approfondimento delle tematiche misticoteologiche afferenti le otto
località s ante n arrate, a
partire da Bethlehem per
finire a Bethania. Si tratta
dunque di un codice di
comportamento più che di
un regolamento dell’Ordine che va, quindi, ad aggiungersi alla Regola di
San B enedetto e d a lla
Charta Caritatis di Santo Stefano
Harding che costituiscono, dunque,
il cuore della normazione della Nuova Milizia. Il De Laude, dunque, è
un testo che si pone da ponte tra i
Cavalieri del Tempio e l’Ordine cistercense della Regola benedettina
in modo da giustificare la subordinazione spirituale, ed al momento
anche materiale, dei cavalieri ai cistercensi, tanto più che i primi assumeranno, quali loro indumenti, lo stesso abbigliamento dei monaci13 .
Ma il vero riconoscimento dei
Cavalieri Templari si ebbe nel Concilio di Troyes del 112914 convocato
da Onorio II per dirimere delle questioni riguardanti il vescovo di Parigi. In quella occasione Ugo de Payns
fece pressioni affinché San Bernardo portasse all’attenzione della chiesa un sermone relativo a quella che
era intesa ancora come una confraternita, l’Exhortatorum sermones
conosciuto come “ incipit prologus
S. Bernardi abbatis in libello ad
milites templi”, interamente incentrato sullo scopo perseguito dai nuovi cavalieri indicando ad essi la via
della loro missione perseguita attraverso la subordinazione alla Regola.
In tale sermone, di estrema importanza poiché consentì alla chiesa di
riconoscere gli “ pseudofratres ex
Ultramontanis partibus mentientes se esse de T emplo” 15 come
Ordine Templare, si definivano i cavalieri quali monaci-guerrieri che
coniugano il recte scire con il recte
agere nel nome di Cristo e che, in
quell’ occasione si sottoposero ufficialmente alle 72 norme della Regola Templare letti, per la prima volta,
da Ugo de Payns nella solennità di
Sant’Ilario del 1128.
Contrariamente a quanto seguito
dai Cavalieri del Tempio precedentemente a Troyes (faccio riferimento alla duplice regolamentazione cui
erano soggetti, Sancta Regulae De
Laude), il corpus normativo della
Regola Templare (anche noto come
Regola Primitiva) è figlio della Regola benedettina16 , della Charta
Caritatis e del De Laude pur presentando elementi innovativi dovuti
ai particolari doveri, spirituali e non,
cui si assoggettavano i cavalieri in
regime monastico e dovuti ad un ideale cavalleresco riconosciuto decadente da San Bernardo. Ad un esame attento non può sfuggire una suddivisione della Regola in articoli che
vertono sui doveri spirituali del Cavaliere corredati da indicazioni tratte da Bibbia eVangeli17 , norme volte a regolare la vita di relazione tra i
“fratelli professi” (ad vitam), tra gli
stessi ed eventuali “militi temporanei” (ad terminum) e tra Cavalieri
Templari e gente comune, disposizioni s ull’alimentazione e s ul
comportamento di un Cavaliere
in società, disposizioni su eventuali possedimenti ed oggetti voluttuari18 . Dall’analisi approfondita s altano a ll’occhio a lcune
particolarità di compilazione della
Regola che, con estrema certezza, non sono da accreditarsi a
sviste compositive: la mancanza di una omogeneità nel corpus, la presenza di due sole
norme a carattere punitivo-rieducativo (c on conseguente attribuzione di vasti poteri giurisdizionali al Maestro), la disciplina
in ambito sociale come giusta
contrapposizione e ripudio della
cavalleria “gentilizia”19 .
La necessità di coordinare la
Regula B enedicti, la Chartae
le esigenze cui rispondeva la Nova
Militiahanno portato Ugo de Payns
a stilare un documento necessariamente disomogeneo dovendo, questo, coordinare esigenze che vacillavano tra l’aspetto spirituale, quello
organizzativo ed il bellico. L’unica
parvenza di omogeneità la si può riscontrare nella suddivisione di alcuni articoli del testo che contengono
un incipit generale e procedono su
una norma speciale. Un esempio di
quanto illustrato si trova negli articoli XX, XXI, e XXII dove, nel primo titolato “Qualità e stile del vestito”, si comanda “… che i vestiti
siano sempre di un unico colore, ad
esempio bianchi o neri o, per così
dire, bigi” fornendo un carattere generalizzati alla norma per, poi, continuare “A tutti i soldati professi in inverno ed in estate, se è possibile,
concediamo vesti bianche…”, conferendo solo ai milites a d v itamla
facoltà di indossare la tenuta bianca
che, da lì a poco20 , diventerà prerogativa del Cavaliere Templare. Il
successivo articolo XXI aggiunge un
ulteriore grado di specialità a quanto
prescritto n ella s econda p arte d ell’articolo XXI ed, addirittura, titola
“I servi non portino vesti bianche,
21
ovvero palii (bianchi, ndr) ” sottolineando anche il motivo – cosa
che avviene per una gran parte degli articoli della Regola primitiva –
del divieto: “Sorsero, infatti, in zone
ultra montane alcuni falsi fratelli, sposati, ed altri che disser o di
appartenere al T empio, mentr e
sono del mondo. Costoro procurarono tante ingiurie e tanti danni all’ordine militare… fecero nascere numerosi scandali. Portino,
quindi, sempr e vestiti neri …”21 .
Come per dare maggiore forza all’abbigliamento del Miles ad vitam,
la Regola titola l’articolo XXII “ I
soldati professi portino solo vestiti bianchi” e, senza orpelli o spiegazioni – se non quelle evidenziate
dei precedenti due articoli – recita:
“A nessuno è concesso por tare tuniche candide, o aver e palii bianchi, se non ai nomi nati soldati ”.
Un corpus normativo si distingue
da un mero regolamento di convivenza civile quando prevede delle
pene per l’inosservanza e stabilisce
l’organo deputato all’erogazione di
tali sanzioni. Così come la Regula
monacharumrisponde a quest’esigenza nei capitoli dal XXIII al XXX,
allo stesso modo la Regola dei poveri commilitoni dispone di due
articoli (il LXVII ed il LXVIII)
comminando pene via via crescenti a seconda che si tratti di
una colpa leggera, grave o che
determini, addirittura, l’allontanamento dall’Ordine. I due
corpi normativi, qui, si distaccano trovando il loro punto di
maggiore distanza nell’attribuzione del potere di erogazione
delle pene che nella Regola
Templare primitiva è attribuito,
senza dubbio alcuno, al Maestro mentre nella Regola benedettina sembra di appannaggio
dell’Abate anche se pare che
per alcune pene siano sufficiente la volontà del decano22
o del priore23 , figure che non
troveranno riscontro tra i Ca-
valieri del Tempio fino a quando non
interverranno, nel 1230, gli Statuts
Hierarchiques. Gli articoli XXIII e,
soprattutto, il LXVII attribuiscono al
Maestro la competenza di decidere
ed erogare sanzioni in relazioni a fatti
contrari alla Regola; in modo particolare, dove il XXIII attribuisce poteri temporali recitando “per il servizio, secondo il quale sono pr ofessi, e per la gloria della somma
beatitudine, o il timor e della geenna, prestino continuamente obbedienza al maestro”, il LXVII statuisce che “… se un fratello avrà
sbagliato in modo lieve nel parlare, nell’agire o altrimenti, egli
stesso confessi al maestr o il suo
peccato con l’impegno della soddisfazione” sottolineando la figura
del Maestro quale confessore e giudice, chiudendo così il cerchio già
aperto da quegli articoli della Regola che vogliono il Maestro organizzatore, guida e giudice24 dei Cavalieri a lui sottoposti25 . Come si può
riscontrare, più di un semplice parallelismo scorre tra i due corpi normativi oggetto di esame anche se vi
è da sottolineare una maggiore capacità giuridico-compilativa di San
Benedetto che introduce, nella Regola, l’auto-sanzionamento (prerogativa dei gruppi sociali più evoluti)
come nel caso del capitolo LXXI26
ed il divieto, posto a carico dei confrati, di muto sanzionamento esplicitato nel capitolo LXX titolato “ Divieto di arr ogarsi la ripr ensione
dei confratelli”27 che attribuisce le
facoltà giurisdizionali all’abate, fatta
salva la norma, prima esposta, che
deroga eccezionalmente poteri minimi di sanzionamento al decano.
Non trascurabili sono le norme
morali, una sorta di codice deontologico, ancorché religioso, al quale
deve attenersi il Cavaliere e dal quale
possono discendere anche delle pene
gravi. Anche qui notiamo che la
Regola primitiva fa riferimento alle
previsioni c ontenute n ella Sancta
Regulasoprattutto quando tende a
tutelare l’Ordine dal mormorio del
volgo, così come si può riscontrare
negli articoli XXI allorché si riferisca a presunti confratelli sposati che
avrebbero dato vita a scandalose
dicerie28 , il XXVII ove di definisce
la lunghezza delle vesti affinché non
siano ritenute sconce 29 , il XXVIII
relativo al taglio dei capelli30 . Di particolare importanza – più che giuridica, politica – è quanto statuito nell’articolo XXIX “Circa gli speroni e
le collane” voluto fortemente da San
Bernardo, quindi, compilato da Ugo
de Paynes, che, come già in precedenza affermato, mostrò fin dall’inizio l’intenzione di distinguere il Cavaliere Templare da altre forme di
milizia montata ritenute decadenti se
non, addirittura, riprovevoli. Tel articolo è l’apice della moralità alla quale
deve aspirare il CavaliereTemplare
che d eve d istinguersi i nnanzitutto
dalla cavalleria del tempo che, effettivamente, in quegli anni non aveva
dato prova di grande moralità e dedizione alla causa31 . L’importanza di
queste norme, soprattutto dell’ultima
citata, è tutt’altro che marginale e
pone la Regola Templare come normativa morale-sociale e non destinata unicamente ad un gruppo ristretto di individui ma pronta a fondare
quello che sarà inteso quale codice
antico della Cavalleria, un insieme
di norme tratte da pronunce di varie
corti , usi e costumi, molti dei quali
basati sulla Regola Templare, volta
a dirimere le controversie e regolare la vita di un cavaliere32 .
E’ di fondamentale importanza
politica, ancorché storica, la concessione della Croce patente che papa
Eugenio II concesse aiTemplari nel
1147 che sottolinea la benevolenza
dello Stato Pontificio nei confronti
dell’Ordine che nel 1139 con la bolla
“Omne datum optimum ” s ottrasse
i Templari alle autorità ecclesiastiche ponendolo direttamente alle dipendenze del papa33 . Seguirono altre bolle che concessero ai Templari sempre maggiori privilegi, come la
22
bolla Milites Templi del 1144 in cui
Celestino II consentì ai cavalieri di
raccogliere fondi ed ai loro Cappellano di celebr are messa una volta
l’anno nelle zone colpite da interdetto34 . Seguì la Bolla Militia Dei emanata da Eugenio III e che permise
ai Templari di raccogliere decime di
sepolture e concesse loro di avere
cimiteri e cappelle personali.
Ma quanto avvenne al Concilio
Troyes non fu che l’inizio della legiferazione in campo templare, ampliamento normativo che non dovette
attendere molto poiché già nel 1165
venne integrata alla Regola una raccolta di usi e costumi denominata
Retraits (Capoversi) durante il Magistero di Bertrande de Blanquefort
ed in cui la norma principale era quella dell’elezione del Sovrano Maestro35 a seguito di una procedura
complessa che vedeva coinvolto il
capitolo generale. Come constatato
nella precedente esposizione, nulla
sembra far riferimento ad un Sovrano Maestro, titolo che, quindi, si ritiene sia stato introdotto prima nella
prassi (a seguito dell’ampliamento
dei possedimenti dei Cavalieri del
Tempio e le necessità sopravvenuta
di una riorganizzazione dell’Ordine)
e poi nei Capoversi. Medesima cosa
dicasi p er l e c ariche c ostituenti i l
Capitolo formato da siniscalco, maresciallo, commendatario del regno
di Gerusalemme, commendatario
della c ittà d i G erusalemme, c ommendatario di Acri, drappiere e commendatari di Tripoli e di Antiochia.
Di conseguenza, vi è da immaginare che nella consuetudine vi fossero
più cariche che le uniche di Cappellano e Maestro indicate nella Regola Primitiva. I retraites, inoltre, andavano ad ampliare le norme che riguardavano l’atteggiamento cenobitico dei templari già delineato nei
capitoli dal XXIV al XXX della Regola primitiva, aggiungendo ulteriori
consuetudini consolidate nella consumazione dei pasti comuni e nell’alimentazione.
Si vive un periodo di riforma e riscoperta del diritto sulle basi delle
codificazioni dell’antica Roma e questo è dovuto alla scuola di Bologna
ed al metodo grossista di Irnerio –
come già evidenziato in precedenza
– che porteranno all’attenzione dell’intera Europa la codificazione classica e non è un caso se questa opera di riorganizzazione critica del diritto si erge nel periodo di maggiore
attrito tra Impero e Papato nel quale
Irnerio stabilendo che lo ius romanorum36 era da intendersi quale diritto dell’imperatore37 . Tutte le questioni che si creano sulla riorganizzazione di un diritto in cui convivono
più corpi normativi (diritto romano,
diritto imperiale, consuetudini) portano gli interpreti ad affermare che
se esistono più leggi devono esistere altrettanti centri di potere e, di conseguenza, che l’impero non è unico.
Medesima affermazione viene fatta
le leggi della Chiesa che porteranno un monaco camaldolese di
nome Graziano a lavorare alacremente per fare in modo che sopravviva una sola normazione all’interno della Santa Sede. Così
nasce la Concordia discor dantium canonum , un’annotazione
volta a dare una riorganizzazione
sulla base di un’elaborazione originale. L’importanza di quest’opera è tale perché, nonostante Graziano non abbia dato rilevanza alcuna a q uello c he e ra l o ius romanorum, creando ulteriori attriti tra Impero e Papato, esso da
Concordia diventerà Decretum e
conoscerà una rielaborazione costante ad opera degli stessi studenti del monaco.
E’ ovvio che a questa riorganizzazione unitaria del diritto (o
tentativo di riorganizzazione unitaria) non poteva sfuggire la Regola Templare che con i Retraits
tese ad incorporare in essa tutte
quelle consuetudini, prassi ed usi
che rischiavano di gettare nel caos
un Ordine in forte espansione (in
oriente come in occidente) impegnato tanto sul fronte spirituale
quanto militare e, da lì a poco, politico.
Il Decretum discor dantius canonum conobbe minimi rimaneggiamenti ad opera, come già detto, dei
successori di Graziano fino all’ascesa al soglio pontificio di Gregorii IX
che, riscontrando una necessità
reinterpretativa-riorganizzativa del
Decretum a seguito dei due concili
e di decine di decretali succedutisi
nei cento anni successivi ad esso,
nel 1234 commissiona a San Raimondo de Penafort il Liber Extra
contenente, nei suoi cinque libri,
definizioni dogmatiche e disposizioni
liturgiche prive di commento. La
novità legislativa di questo Liber è
dovuta alla disposizione che dichiara abrogate le norme precedenti e
contrarie a quanto disposto in esso.
Dal 1230 vengono inclusi nella
Regola Templare gli Status Hiérarchiques un insieme di disposizioni
avente carattere liturgico-organizzativo. Di particolare importanza è
la disciplina relativa alla cerimonia
di ammissione e quella della tenuta
del Capitolo. E’ proprio in questa
normazione che viene introdotto il
titolo di Ispettore Generale che sarà
colui che farà le veci del Sovrano
Maestro in Occidente.
23
Maggiore importanza rivestono
gli Egards, produzione giuridica templare dal 1257 al 1267, nel quale venivano dettagliate un insieme di figure di reati e relative peneandando a completare una notevole falla
della Regola che conteneva solo
due articoli a tale proposito. In essi
sono raccolti testi, infatti, che contengono divieti, pene, penitenze,
suggerimenti, raccomandazioni soprattutto in merito alle tenute e le
relative delibere dei Capitoli al punto
che addirittura si legge che vigeva il divieto di tenere con sé i
Retraits o la Regola senza il consenso del monastero al fine di evitare che gli scudieri o altri al di fuori dell’Ordine potessero rivelare i
contenuti della normativa templare
alle genti del secoli che non era in
grado di comprendere la profondità di tali scritti.
Questo ultimo addendum al corpus normativo dei Templari, insieme ai Retraits e gli Statuts, portò
la Regola dai suoi originari 72 articoli a 686 il quale così conclude:
“Ora vi abbiamo detto le cose che
dovete far e e quelle da cui vi
dovete guardare... ma non vi abbiamo d etto t utto c iò c he a vremmo dovuto, poiché dovr ete essere v oi a c hiederlo...”.
F.·.P.·.
Note
Versi 1 e 2 del prologo alla Regula Monachorum. Si
compone di 50 punti che sono le norme principali alle quali
si ispirerà l’intero corpus e, nel diritto moderno, sono assimilabile alle premesse contenuti negli accordi contrattuali o
ai Principi Generali del Diritto.
2
Su tale punto si confronti:Adalbert de Vogüé O.S.B.,”San
Benedetto - Uomo di Dio” – Ed. San Paolo, 1999 ed anche
http://it.wikipedia.org/wiki/San_Benedetto_da_Norcia che
non spiega quanto affermato nell’inciso “dotta e misteriosa
sintesi del Vangelo”. Si ritiene, in questa sede, che tale “mistero” del Vangelo contenuto nella Regola Monachorum
sia da rintracciare nel testo contenuto nel Prologo – si confronti nota 1 – in modo particolare nel verso 48 “non ti far
prendere dallo scoraggiamento al punto di abbandonare
la via della salvezza, che in principio è necessariamente
stretta e ripida” ed in cui si spiega la comprensibilità del
Testo Sacro solo a seguito di un percorso di vita caratterizzato dalle quattro strade indicate da San Benedetto.
3
In realtà si trattava di una sorta di raccolta di 154 articoli
che ricalcavano le Pauli sententie, i Coicesx Hermogenianus, Theodosianus e Gregorianus.
4
La cui importanza è tutt’altro che marginale. A lui
si deve l’indipendenza del monastero di Citeaux da
quello di Molesme grazie anche alla BollaDesidenum Quod di Pasuale II che nel 1100 riconosceva
Citeaux abbazia e la poneva sotto la protezione
alla Sede Apostolica “… salva la riverenza alla
chiesa di Chalon ”, come si legge nella
Bolla appena citata.
5
Si tratta della raccolta di norme “Hispana” che per error e v iene attribuita a
S.Isidoro e da questi tra il nome di Isidoriana. L’Hispana è suddivisa in due parti: la
prima è composta da materiale proveniente
da concili orientali, la seconda è costituita da decreti pontifici che si sono susseguiti dal 366 al 604 d.C.
6
Dal terminegreco exégesis che, oltre aquello giuridico,
ha campi di applicazione storici, religiosi e letterari.
7
Questa tecnica ebbe immediatamente successo al punto che si parla di Scuola dei Glossatori quando si indicano
gli studiosi che tramite le tecniche Irneriane focalizzarono il
proprio campo di indagine sul Corpus Iuris Civilis che, provenendo da secoli di trascrizioni, aveva perso il proprio
carattere univoco ed unitario.
8
Per una trattazione dettagliata di questo incontro:Terryl N. Kinder: Die Welt der Zisterzienser. Schnell & Steiner
1997
9
Bernarardo di Chiaravalle, “Elogio della nuova cavalleria. De laude novae militiae” a cura di Mario Polia, Edizioni il
Cerchio, Rimini 1993.
10
Il concetto di “guerra giusta” di Sant’Agostino postula che l’uccisione di un pagano non era da intendersi
contraria al 5° comandamento (“non uccidere”) diventando
una malicidium, cioè l’estirpazione necessaria del male de1
24
gno di lodi per il carattere umano che il gesto, in esso, conteneva. E’ un concetto diametralmente opposto a quello
della cavalleria dell’epoca giudicata da San Bernardo come
vanitosa, tronfia ed effeminata, votata alla gloria personale.
Su tale ar gomento cfr. Opere di San Bernardo, a cura di
Ferruccio Gastaldelli, Milano 1984.
11
“Quia non in moltitudine exercitus est victoria belli,
sed de cielo fortitudo est”, si legge nel “caput IV De conversatione Militum Christi” del De Laude.
12
“Salve igitur, civitas sancta, quam ipse sanctif icavit
sibi tabernaculum suumAltissimus, quo tanta in te et per te
generatio salvaretur”. Così si apre l’ultima parte del Caput
V, De Templo.
13
“…, nonnini nove erant, de mandato domini Honorii
papae et domini Stephani Jerosolymitani patriarchae, fuisse
istitutam Regulam, et album habitum assignatum”. Queste
erano le “referenze” riportate da San Bernardo al fine di
presentare la confraternita al Concilio di Troyes.
14
Secondo Malcom Barber il Concilio fu convocato nel
1128, per tale tesi cfr . Malcolm Barber, The New Knighthood: A History of the Order of the Temple, Cambridge University Press, 1995.
15
Così vennero indicati da San Bernardo i n ove
cavalieri che per primi adottarono laSancta Regula.
16
Sulla base della quale è costruito e che, più
che trarre ispirazione da questa, ne ricalca fedelmente i punti focali. A tal proposito si vedano le
estreme similitudini tra i capitoli Benedettini relativi all’educazione
alimentare che ispirano gli articoli della Regola
Templare disciplinanti l’assunzione dei cibi.
Una estrema similitudine è da rinvenirsi nel
capitolo LXVII della Regula Monacharumche prescrive i comportamenti che i monaci
devono tenere in viaggio e quanto prescritto dall’articolo
LXIV della Regola templare per i “fratelli che partono per
diverse province”. E’ d’uopo sottolineare in questa sede
che entrambi gli articoli da ultimo citatirovano
t
la medesima
rationel tenere comportamento che non arrechino discredito agli Ordini: “E nessuno si permetta di riferire ad altri
quello che h a visto o udito fuori del monastero, perché
questo sarebbe veramente rovinoso”, recita il punto 5 della
norma LXVII della Regola Benedettina e “si impegnino a
osservare la Regola nel cibo e nella bevanda e nelle altre
cose, e vivano in modoirreprensibile, perché abbiano buona testimonianza da coloro che stanno fuori ”, dispone
l’articolo LXIV della RegolaTemplare.
17
Alcuni dei passaggi riportati sono corredati da commenti ermetici dell’estensore volti ad un’interpretazione gnostica soprattutto della Bibbia. Ricordiamo, in questa sede,
che la bufera dello gnosticismo si abbatté nella prima metà
del ‘200 ed ebbe il suo apice con il Sinodo di Tolosa che
porterà al divieto di traduzione dei testi sacri.
18
Ad esempio nell’articolo XXXVII si legge: “Non vo-
gliamo che mai oro o argento che sono ricchezze particolari
appaiano nei morsi o nei pettorali, né gli speroni, o nei finimenti, né sia lecito ad alcun fratello professo acquistarli”.
19
Per “cavalleria gentilizia” si intende la cavalleria dei
nobili che seguono regole di comportamento ben diverse
da quelle dettate dalla Sancta Regula e che, talvolta, si pongono anche in contrapposizione.
20
Eugenio II nel 1147 concederà l’uso della croce patente.
21
21 Si nota qui un’esigenza presenta anche nella Regola Benedettina di preservare l’Ordine dalla maldicenze.
22
Il capitolo XXI si titola “i decani del monastero” e
recita: “Se la comunità è abbastanza numerosa, si scelgano in essa alcuni monaci di buon esempio e di santa vita
per costituirli decani; essi vigileranno premurosamente, secondo le leggi di Dio e gli ordini dell’abate sui
gruppi di dieci fratelli affidati alle loro rispettive cure”.
23
Ulteriore carica che propone problematiche
vaste dal punto di vista della comminazione delle
pene è quella del priore la cui figura viene parzialmente disciplinata dalla Sancta Regula pur
non eliminando in toto tutti i problemi
interpretativi legati a tale figura, soprattutto nel campo dell’amministrazione della
giustizia.
24
“Inoltre il maestro che deve tenere in
mano il bastone e la verga”, recita l’articolo LXVIII.
25
Citare alcuni articoli della Regola in merito.
26
“Se poi un monaco viene comunque rimproverato dall’abate o da qualsiasi anziano per un qualunque motivo o si
accorge semplicemente che un anziano è sdegnato o anche
leggermente alterato nei suoi riguardi, si inginocchi subito
dinanzi a lui, senza la minima esitazione, e rimanga così per
riparare, finché la benedizione dell’altro non sani quel lieve
dissenso”, capitolo LXXI della Sancta Regula.
27
“Nel monastero si deve sopprimere decisamente ogni
occasione di arbitri e di soprusi; perciò dichiariamo che non
è permesso ad alcuno di infliggere la scomunica o un castigo corporale a un confratello, senza l’autorizzazione dell’abate”
28
“… procurarono tante ingiurie e tanti danni all’ordine militare, e gli aggrega tipi presuntuosi come professi
insuperbendo fecero nascere numerosi scandali”, articolo
XXI titolato “I servi non portino vesti bianche, ovvero palii”.
29
Articolo XXVII RegolaTemplare: “Il procuratore con
fraterno intuito consideri la lunghezza, come sopra fu detto, con la stessa
attenzione, perché l’occhio dei sussurratori o
dei calunniatori non
presuma di notare alcunché”.
30
A tale proposito si
legge che i capelli debba25
no essere “ regolari davanti e dietro e ordinati; e nella
barba e nei baffi si osservi senza discussione la stessa
regola, perché non si mostri o superficialità o il vizio della frivolezza”.
31
“Chiaramente gli speroni e le collane sono una questione gentilizia. E poiché questo è riconosciuto abominevole da tutti, proibiamo e rifiutiamo l’autorizzazione a
possederli, anzi vogliamo che non ci siano. A coloro che
prestano s ervizio a tempo non permettiamo di avere né
speroni, né collane, né capigliatura vanitosa, né esagerata lunghezza di vestiti, anzi del tutto proibiamo”, questo
quanto, senza mezzi termini, recitato dall’articolo XXIX della Regola Templare e che, contrariamente alle altre, si arroga il diritto di affermare con forza cosa fosse riprovevole
o meno.
32
Anche se bisogna rammentare che durante la dinastia dei Valois venne utilizzato più come giustificazione della moda di sfidarsi in contese mortali tra gentiluomini.
33
Tale bolla papale permise allìOrdine di essere
esentato dal pagare le decime al clero.
34
Per interdictio si intende una grave
maledizione o sanzione disciplinare relativa ad una cosa o zona particolarmente consacrata a Dio. Nel nostro caso si tratta di una
bolla che sospende in una zona tutte le manifestazioni pubbliche di culto.
35
Il termine Gran Maestro dei Templari è stato
introdotto negli atti del processo che si tenne e che portò
alla conclusione della primaparte della storia deiTemplari. Il
titolo ufficiale è sempre stato Sovrano Maestro.
36
“Questa legge [la consuetudine] è conforme ai propri tempi, nei quali il popolo aveva la potestà di fare
leggi,…Ma poiché oggi l a potestà è stata trasferita all’imperatore, nulla potrebbe fare la desuetudine ”, così si
esprimeva Irnerio a proposito della dicotomia consuetudine e ius romanorum.
37
Irnerio prende le mosse dall’interpretazione sistematica dell’istituto della consuetudine nel Digesto e nel Codex
di Giustiniano. Nel primo essa è in grado di abroga re una
legge (quando quest’ultima sia contraria) perché la consuetudine viene vista quale potere del popolo a legiferare contro; nel secondo (il Codex di Costantino) si afferma che essa
non possa vincere né la ragione né, tantomeno, la legge. Si
tratta di due periodi storici diversi, afferma Irnerio, uno nel
quale il popolo legiferava ed, allo stesso modo, poteva abrogare le leggi tramite comportamenti coerenti e ripetuti nel
tempo (la consuetudine), il secondo nel quale era l’imperatore a promulgare le leggi e, dunque, la consuetudine non
aveva più il potere di abrogare. Dunque, essendo lo ius
romanorum un corpus del secondo tipo, automaticamente
esso diveniva diritto dell’imperatore. Questa rivoluzione
porterà, nel 1167, alla famosa questione dellaLega Lombarda ed alla lotta dei comuni contro l’impero che, sulla carta,
erano fedeli all’impero pur menzionando che tale fedeltà va
coordinarsi con i “buoni usi e costumi” sui quali l’imperatore Corrado aveva fondato i rapporti con i Comuni.
della Gran Loggia del Sud Estero
gia Templari 999, alla pre- Gran Maestro e Gran Commentasenza del Supremo Consi- tore della Serenissima Gran Loggia
glio della Serenissima Gran del Sud, Corrado Labisi, ed illustri
Loggia del Sud, l’Elettissi- personaggi dello Stato Vaticano. Il
mo e Potentissimo Gran convegno sarà aperto anche al monMaestro e Gran Commen- do profano.
tatore della Serenissima
Marzo 2010
Gran Loggia del Sud, CorConvegno sul tema: “Le tre relirado Labisi, cederà il ma- gioni monoteistiche per un nuovo
glietto al nuovo Sovrano, dialogo ecumenico”. Interverranno
l’Elettissimo e Potentissimo il Serenissimo e Potentissimo Gran
A destra il Gran Maestro della Serenissima Gran L oggia d el
Sud, Corrado Labisi con il Gran Maestro Llorenç Lluell d ella Gran Maestro, Galley
Maestro e Gran Commentatore delGran Loggia del Principato di Andorra
Alexandre Raphael.
la Serenissima Gran Loggia del Sud,
Febbraio 2010
Corrado Labisi, il Rabbino capo
E’ stato siglato adAscoli PiceConvegno sul tema: “Rapporti fra della Comunità ebraica di Firenze ed
no, il 13 novembre scorso, ilTrattato di amicizia e mutuo riconosci- Massoneria e Chiesa”. Interverran- illustri personaggi del mondo della
mento tra la Serenissima Gran Log- no il Serenissimo e Potentissimo cultura.
gia del Sud - presieduta dal Serenissimo e Potentissimo Gran Maestro e Gran Commentatore CorraPosa della prima pietra per la realizzazione dell’ospedale di ostetrido Labisi, accompagnato da Franco Auteri, Gran Maestro Vicario cia e ginecologia nel Villaggio Akradio/Dabou Cote d’Ivoire. Il prononché membro del Supremo Con- getto, che ha suscitato il grande apprezzamento delle più alte cariche
siglio della Serenissima Gran Log- istituzionali ivoriane, è stato realizzato dal fratello maestro Gianluca
gia del Sud - con la Gran Loggia Capodicasa.
Tra le tante iniziative, si segnala che sono già state consegnate due
del Principato diAndorra, presieduta dal Serenissimo e Potentissi- borse di studio ad altrettanti giovani ivoriani, studenti presso le facoltà
di giurisprudenza e medicina della città di Sikency, luogo nel quale il
mo Gran Maestro e Gran Commentatore Llorenç Lluell (nonché Serenissimo e Potentissimo Gran Maestro e Gran Commentatore della
membro del Supremo Consiglio di Serenissima Gran Loggia del Sud, Corrado Labisi, è sindaco onoraWashington), per la collaborazione rio. Al via anche un progetto di formazione artistica, denominato “Dale lo sviluppo dei valori del rinasci- la Sicilia all’Africa”, grazie al quale cinque giovani ivoriani, in collabomento e per la crescita dell’Africa. razione con il Centro studi laboratorio arte di Catania, potranno prendere parte ad uno stage di formazione cinematografica.
Si evidenzia ancora come, a breve, alcuni medici professionisti ivoProssimi eventi
riani, scenderanno in Sicilia al fine di riqualificarsi nelle loro specializzazioni mediche. Infine, sono in fase di progettazione la realizzazione di
13 Dicembre 2009
vorio.
Domenica 13 dicembre 2009, una Scuola media superiore e di una Chiesa in Costa d’A
alle ore 18.30, nella storica Log-
Iniziative e opere già avviate in Africa
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Non nobis Domine, non nobis, sed Tuo nomini da gloriam
L’unità nella diversità è l’ordine dell’universo.
Siamo tutti uomini, ma nello stesso tempo siamo
distinti. Come essere umano, sono uno con te, come
individuo, sono diverso da te. Come uomo, tu ti
distingui dalla donna, ma in quanto esseri umani,
siete un tutt’uno. Come essere vivente, sei uno con
gli animali e tutto ciò che vive, ma in quanto uomo,
sei distinto.
Syami Vivekananda
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Ad.·.
Universi.·.
Terrarum.·.
Orbis.·.
Summi.·.
Architecti.·.
Gloriam.·.
Tolerantiam.·.Unionem.·.Prosperitatem.·.
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