VENERDÌ 31 DICEMBRE 2004
LA REPUBBLICA 43
DIARIO
DI
MONDO
ITALIA
Ricominciando
dall’apocalisse
Capodanno
di grazia e di misura
BERNARDO VALLI
FRANCESCO MERLO
(segue dalla prima pagina)
(segue dalla prima pagina)
n’onda scaturita dagli abissi dell’Oceano, poi moltiplicatasi in tante altre onde micidiali, ha devastato le coste
sud orientali dell’Asia in un raggio di mille miglia turbando sull’intero Pianeta la commedia umana di fine d’anno.
È stato come se uno dei grandi quadri di Okusai, dove schiumosi
flutti marini si impennano come draghi infuriati, si fosse animato, diventando realtà. Non a caso, forse, il nome del fenomeno naturale, che ha fatto centomila vittime, è giapponese,
come il grande pittore. Lo tsunami ha reso in questi giorni banali le guerre e le crisi politiche di cui tanto abitualmente parliamo. Ma a quelle guerre e a quelle crisi dobbiamo ritornare: ed
è come ritornare a dimensioni umane.
L’anno comincia con due elezioni destinate a influenzare la
politica internazionale durante tutto il 2005. La prima è in programma il 9 gennaio in Palestina e designerà il successore di
Arafat. La seconda è fissata per il 30 gennaio in Iraq, dove si dovrebbe votare per un’assemblea costituente. I due appuntamenti riguardano popolazioni duramente
provate da sanguinosi
conflitti, avvengono in
contesti drammatici e
nell’ambito di società
non allenate a quel tipo di esercizio democratico. Più ancora dei
risultati, nell’immediato conterà il modo
in cui quelle elezioni si
svolgeranno. Il corretto andamento della
prima avrebbe un forte
effetto positivo in Medio Oriente, dove la
questione palestinese
è una piaga aperta, che
si estende al di là dei
popoli direttamente
coinvolti. Essa rende
difficili i rapporti tra
l’intero mondo arabo,
più in generale quello
musulmano, e l’Occidente, in particolare
l’America, ritenuta la
principale responsabile in quanto la sola
potenza in grado di
imporsi, anche con
l’alleato Israele.
In Palestina e in
Israele si é aperto uno
spiraglio. Una luce, sia
pur pallida, incerta,
rende meno desolata e
disperata la situazione. All’impacciato
Arafat, giustamente
evocato dai palestinesi
come il “padre della
patria”, ma al tempo
stesso giudicato negli
ultimi anni un intralcio alla ripresa del processo di pace, sta succedendo, alla presidenza dell’Autorità
Palestinese, il moderato Abu Mazen. Il quale
non entusiasma certo
gli elettori, ma consente di immaginare un
dialogo realistico con
Israele. Un Israele guidato a sua volta da un Ariel Sharon convertito, sembra, a una pace di cui non è mai stato il paladino.
Più incerto e tragico è l’appuntamento iracheno, tappa significativa dell’avventura occidentale in Mesopotamia. Un fallimento decreterebbe la sconfitta degli americani in una guerra di cui il loro presidente si è già aggiudicata la vittoria. Il voto
di fine gennaio dovrebbe provare che gli invasori-liberatori
hanno portato la democrazia sulle rive del Tigri e dell’Eufrate. Il
principale obiettivo del conflitto, l’annientamento delle armi di
distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein, si è rivelato inesistente, poiché quelle armi non sono mai state trovate.
E benché, in compenso, sia stata estirpata una dittatura feroce,
ad essa non è mai subentrata la pace. Anzi il paese vive in un clima di violenza tale da impedire la promessa opera di ricostruzione. Questo è il succinto riassunto della situazione. Gli sciiti,
vale a dire il sessanta per cento della popolazione, dovrebbe andare a votare. E’ una preziosa occasione per dimostrare (e legittimare) la loro maggioranza. Lo stesso faranno i curdi, i quali
rappresentano il venti per cento e vogliono confermare l’autonomia della loro regione, nel Nord del Paese. Diversa è la posizione della comunità sunnita da secoli dominante ed ora angosciata dall’idea di essere declassata a minoranza. Nel Triangolo sunnita, attorno alla capitale, sarà molto pericoloso avvicinarsi alle urne. L’insurrezione armata ha già minacciato di morte che andrà a votare. Invece della democrazia, le elezioni potrebbero portare una guerra civile, del resto già latente.
Nonostante queste difficoltà le elezioni si terranno. Annullarle equivarrebbe per George W. Bush a gettare la spugna. Ed è
impensabile per un presidente appena rinvigorito da una trionfale rielezione. L’America, ai suoi occhi più unica che superiore, ne uscirebbe umiliata. Ma quest’ultimo rischio sussiste comunque. Dal come andranno le cose in Mesopotamia dipenderanno in buona parte i rapporti dell’iperpotenza con il resto
del mondo nell’anno che sta per cominciare.
Q
U
Un disegno di
Pericoli, “La
malinconia
dell’architetto”
NEXT
Le speranze di
pace riposte
in due grandi eventi
di politica
internazionale:
le elezioni del dopo
Arafat e quelle
irachene
uesta grazia di Ciampi è tanto ricca di sapienza, solo apparentemente consociativa, da promettere la fine degli
anni selvaggi dell’eccesso, gli anni vecchi del diritto come collettore di eccessi e degli eccessi di quel diritto che un giurista, Natalino Irti, ha chiamato Nichilismo giuridico, un libro
svelto e arioso che tutti dovrebbero leggere perché è il libro del
nuovo anno: l’anno della misura.
Il capodanno di grazia non annuncia l’anno della sconfessione dei giudici di Tangentopoli, che come Sisifo tentarono di arginare la frana rotolante dei macigni dell’illegalità, ma propone
un ristabilimento della misura, magnifica di grazia un atto di misura, indica nella grazia della misura il valore del 2005. Non un
capodanno che inaugura le grazie alchimistiche, un tot a destra
per Castelli e un tot a sinistra per i Ds, ma che antepone la misura all’astrattezza del diritto: la considerazione della concretezza
del caso Sofri, per esempio, ma anche di quello della Mambro e
di Fioravanti e di tanti detenuti disperati e dimenticati. C’è il valore della misura nella
grazia concessa a Viezzoli e Zorzoli e non solo
per la loro età, 79 e 72
anni, per l’idea che i
vecchi non si tengono
in una galera che non
salva nessuno, e meno
che mai la politica. C’è
il valore della misura
anche nella rivalutazione del galantomismo di molti condannati di Tangentopoli,
che non sono psicopatici assassini. E c’è il valore della misura nel ripensamento dei reati
politico-amministrativi di Tangentopoli,
che esplodendo indicò
la strada della rifondazione della politica. Il
2005 potrebbe essere
l’anno della risistemazione, della ripulitura
del limo di quella esondazione che fu anche
l’esondazione del moralismo diventato diritto. Il diritto, spiega
Irti, non è non più fondato su valori extratemporali, come il carisma o la religione, non
è più governato dalla
parte “migliore” ma
dalla parte “maggiore”
che, in maniera formalmente inappuntabile, può legittimamente arrivare all’indecenza di salvare Previti e condannare Viezzoli e Zorzoli. Già nel
1950 quel Camus che
ora ispira Irti aveva capito che il diritto della
maggioranza può legittimare l’indecenza.
Forse nel 2005 la misura ci salverà dall’indecenza. E il diritto si attesterà sui valori minimi
di Irti: l’eleganza, l’intelligenza, la sobrietà,
«l’individualismo altruista, “la pensée de midi”, l’attaccamento
alla terra, la pacata frugalità del dio dell’agire, le solarità mediterranee che diradano le oscure nebbie del nord, il sentimento
meridiano della singolarità e delle concrete differenze per cui
ciascuno di noi ha la propria Itaca, il nichilismo consapevole della norma sconsacrata, la serena fraternità con il divenire»: la misura insomma, che riassume le qualità delle classi dirigenti.
Perciò ci piacerebbe che la nostra classe dirigente in deficit di
legittimazione si sottoponesse al “test del Titanic”, un gioco di capodanno perfetto per l’Italia del 2005. L’idea nasce da un dettaglio
statistico della tragedia del Titanic: quasi tutte le donne e i bambini superstiti viaggiavano in prima classe. Attenzione: non perché
i poveri sono meno generosi dei ricchi, ma perché i passeggeri delle classi inferiori non controllarono il panico, non seppero padroneggiare la misura. Metafora del ceto dirigente, la prima classe di
un Transatlantico d’antan è il luogo nel quale, nell’emergenza,
dovrebbero scattare i valori minimi. Ebbene, sottoponete al test
del Titanic, evocandoli per nome, tutti gli uomini della classe dirigente. Quanti lascerebbero passare le donne e i bambini?
Ecco perché ci piace sognare che il 2005 sia l’anno della grazia, l’anno della misura piuttosto che il solito anno-incubo della coazione a ripetere, con l’eternità dello scontro tra Berlusconi e Prodi, i quali, pur così diversi, finiscono con l’essere i gemelli
d’Italia. Certo, dopo i capelli, nel 2005 a Berlusconi cresceranno i baffi, le basette e il pizzeto malandrino. Inesauribile nella
piliferia, Berlusconi continuerà a offrire agli italiani il suo corpo come un’ostia consacrata e a cambiare i propri connotati, a
rendersi irriconoscibile all’avversario, a ipnotizzarlo e costringerlo a inventarsi una caricatura per negarsi alle ragioni della
sconfitta. Perciò il nostro augurio è che il 2005 italiano non sia
un altro anno di girotondi, di malumore, di riflessi condizionati massimalisti, di pregiudizi apocalittici. Non l’anno dei girotondi ma del valzer, che è il ballo dell’eleganza e della grazia, il
ballo della misura.
Nel nome di un
diritto sobrio che
sappia risolvere
lo scontro giuridico
da troppo tempo in
corso. Ecco quello
che chiediamo
al 2005
Prospettive per l’anno che verrà
MASSIMO CACCIARI
OGGI la risposta è sfuggita; oggi l’opera già ieri ideata non è stata compiuta.
Ma l’impotenza dell’heri e dell’hodie è
prossima a finire. La scoperta è vicina, anzi: già confina con
l’oggi, è già qui con noi, cum-finis. Vorremmo annullare anche quest’ultima distanza; vorremmo che il prossimo già
fosse. In mente esso è già hodiernus. Futuro, ma futuro
presente: ecco il prossimo. Futuro che ci corre incontro, a
ritroso, che è pensato quasi come già risolto nell’ora, nella luce del presente. Anche lo ieri toccava da vicino questo
giorno, ma questo giorno non ha saputo soddisfarne la ricerca, e allora esso deve trasmetterla al domani (de-mane: non un altro giorno semplicemente, ma questo stesso
mane, più forte, più maturo, capace finalmente di arrecare la soluzione attesa). Così ci sforziamo di ridurre il domani
al prossimo, il prossimo all’oggi, il futuro al presente, anzi:
allo ieri. Non sopportiamo la distanza. La distanza del veramente lontano, dell’essere hesternus, straniero, dello ieri e del domani ci appare intollerabile. Possiamo attendere soltanto fino alla prossima fermata. Così forte sono
la nostra pazienza e la nostra speranza da poter reggere soltanto fino al mattino (mane) di do-mani.
“
“
NEXT.
44 LA REPUBBLICA
GENNAIO
VENERDÌ 31 DICEMBRE 2004
DIARIO
FEBBRAIO
MARZO
Vien gennaio e Berlusconi
sperimenta modi e toni
per sfondare nei sondaggi
dei più esotici paraggi.
Di febbraio la Fallaci
dà alle stampe un nuovo saggio
che zittisce gli incapaci
e ai valenti dà coraggio.
Marzo arride anche all’Ulivo:
c’è una tregua in pompa magna
per non essere più privo
di un progetto, come in Spagna.
“Vado in Cina e lodo Mao
con il giusto birignao
poi conquisto gli iraniani
coi costumi musulmani”.
Desta grande ammirazione
il vibrante titoletto
“Ogni arabo è un puzzone”:
fa davvero un bell’effetto.
In un clima conciliante
Prodi annuncia il rendez-vous:
tutti insieme, sacripante!
non litigheremo più.
Ma il Berlusca per disguido
va a Pechino col caftano
e ai persiani chiede affido
col libretto rosso in mano.
La Rizzoli in grande stile
si prepara a pubblicarlo
ma denuncia un atto vile:
c’è chi vuole boicottarlo!
Ma il biglietto con l’invito
non raggiunge gli alleati
perché il pony si è smarrito
nell’ingorgo, in zona Prati.
Quando il Monde diplomatique
si fa beffe del suo tic
lui risponde signorile
“son tedeschi, senza stile”.
Spiega Oriana con stupore:
non si trova un traduttore
che traduca il mio libretto
nella lingua di Maometto.
Per quel cinico destino
né Rutelli né Fassino
si presentano al raduno:
anzi, non ci va nessuno.
SATIRA IN VERSI
MICHELE SERRA
APRILE
mAGGIO
gIUGNO
In aprile, su Al Jazeera
nuovo video con Osama
che stavolta se la tira
e lo gira in cinerama.
Maggio, il lodo Pecorella
rende immune Berlusconi
(e in aggiunta sua sorella)
da processi ed ingiunzioni.
Fine giugno. Calderoli
dissodando l’orticello
scopre sotto dei fagiuoli
un vetusto ramoscello.
Piace molto il grande set
con il letto a baldacchino
che lo vedi su internét
quando clicchi “Saladino”.
Annullata ogni sentenza
a ritroso, fino agli avi
Berlusconi, che in Brianza
importavano gli schiavi.
C’è una danza di odalische
tra le torce ed i velluti
ed il pesce senza lische
proveniente da Gibuti.
Condonati l’eliporto
e la pista di go-kart
e il castello sul Mar Morto
col museo della pop-art.
«Santo Cielo! Riconosco
la preziosa venatura!
Che sia goto oppure tosco
la sua origine è sicura:
senza dubbio è la radice
dei cristiani dell’Europa!»
Fa più effetto quel bagordo
che l’attacco ai grattacieli
l’Occidente pigro e ingordo
si converte ai sette veli.
E la pieve medievale
trasformata in vittoriale
coi sofà rosso carminio
e gli infissi in alluminio.
Sembra un manico di scopa
ma il padano ne è felice.
A Pontida viene esposto
e la gente di quel posto
lieta accorre a venerarlo
coi flaconi di antitarlo.
MEDICINA
l grande obiettivo dell’oncologia nei prossimi anni è colpire il
tumore nella parte centrale,
quella che conta. E lasciare libero
dalle aggressioni terapeutiche il
resto dell’organismo. Per far questo bisogna innanzi tutto trovare il
tumore quando è ancora piccolo.
Nella diagnosi precoce del tumore
del polmone, il big killer numero
uno, siamo riusciti con la Tac spirale a visualizzare tumori di pochi
millimetri. Si è dunque aperto un
nuovo orizzonte, quello dello
screening dei tumori polmonari
per i forti fumatori, che è il programma con cui ci accingiamo a
controllare questa malattia nel
prossimo anno, un programma
che io giudico tra i più importanti
al mondo. La chirurgia sarà la prima a beneficiare della diagnosi
precoce, intervenendo in modo
sempre più conservativo e risparmiando il più possibile i tessuti sani. Anche la radioterapia compirà
grandi progressi: con le tecnologie
di precisione riuscirà ad aumentare le dosi di radiazioni per colpire
le cellule malate anche quando si
trovano in profondità.
La grande speranza tuttavia resta quella dei farmaci che agiscano
al punto giusto; i mezzi distruttivi
chirurgici e radioterapici hanno
I
Farmaci intelligenti
la grande speranza
contro i tumori
UMBERTO VERONESI
fatto grandi passi avanti ma il sogno è sempre quello di arrivare farmacologicamente all’obiettivo.
La strada più affascinante è quella
che sfrutta le conoscenze della genomica per produrre i cosiddetti
“farmaci intelligenti”. Sulla base
della “mappatura genetica” potremo costruire molecole specifiche per ogni tumore. Certo non si
potrà arrivare rapidamente ai farmaci personali, ma potremo creare farmaci adatti a sottogruppi di
tumori con caratteristiche molto
simili. Una rivoluzione. Non è fantascienza: i primi farmaci intelligenti sono già in uso da due o tre
anni e d’ora in avanti vedremo
progressivamente migliorare la
nostra capacità di utilizzare, per
ogni malato di cancro, la terapia
che ha maggiori possibilità di successo.
Quello che è certo è che la medicina molecolare è il futuro. L’oncologia è destinata a diventare una
scienza molecolare, con un grande impegno nella diagnostica per
immagini e della ricerca di nuovi
farmaci indirizzati su bersagli molecolari. Abbiamo anche incominciato a capire che queste nuove conoscenze ci avvicinano alle altre
patologie. La medicina molecolare serve infatti all’oncologo, al
neuroscienziato e al cardiologo.
Per il futuro intravedo a Milano un
grande Istituto di ricerca genetica
molecolare che dia informazioni
necessarie per chi si occupa di tumori, di neuroscienze e cardiologia. La progettazione è già molto
avanti: l’idea è di creare un Centro
europeo di ricerca biomedica, dove una quantità di Istituti possono
usufruire della scienza genetica
molecolare. Il modello esiste già
negli Stati Uniti: il National Institute of Health di Bethesda.
Nel 2005 anche in Italia potrebbe essere fatto un primo passo dall’idea alla realtà.
Aspettative
del 2005
Moda e
costume,
scienza
e idee
Che cosa
accadrà
sulla scena
mondiale e
italiana
SPIRITUALITÀ
er secoli abbiamo conosciuto
lo spirito come l’antitesi della carne, e su questa antitesi la
morale della Chiesa romana, l’etica dei calvinisti, il pietismo dei luterani, il puritanesimo dei metodisti, il moralismo degli anabattisti
hanno diffuso quella spiritualità
asfittica che, guardata da vicino,
sembra custodire come suo malcelato segreto null’altro che la delimitazione del desiderio.
Fu così che milioni di uomini
hanno vissuto la loro vita sulla terra in un inferno di desideri rimossi, di angosce profonde, di colpe
immaginarie, di mutilazioni di vite senza eros, per aver identificato
l’eros con la carne, la carne col
peccato, e lo spirito con la purezza
e l’innocenza.
Separato dalla carne lo spirito
divenne esangue, quasi una morte
strisciante: mangi il pane e non ti
tieni in piedi, bevi acqua e non ti
disseti, tocchi le cose e non le senti
al tatto, annusi il fiore e il suo profumo non arriva alla tua anima. Separata dallo spirito anche la carne
divenne esangue, e, priva della forza della vita, prese a conoscere solo pericolose voracità narcisistiche
e ruggiti di desiderio che sfociano
nel deserto del piacere senza relazione. Puro meccanicismo biolo-
P
L’eros, la carne
e l’innocenza
del pensiero
UMBERTO GALIMBERTI
gico di riflessi e di pulsioni senza
meta.
Ora che abbiamo conosciuto le
torture dello spirito separate dalla
carne e l’opacità della carne deprivata del riflesso dello spirito c’è solo da sperare che da questo doppio
disgusto nasca quello spirito incarnato in cui consiste il messaggio cristiano tradito.
Tradito, perché la legge, come
sempre capita quando intorno a un
messaggio si costruisce una chiesa,
o intorno a un’idea un’ideologia, la
legge, la regola, la disciplina, i famosi principi che tarpano le ali agli
slanci degli uomini hanno preso il
sopravvento sullo spirito che,
quando è incarnato, sospende la
legge in nome dell’amore.
Quando la legge non distende i
suoi tentacoli sulla vita degli uomini imbrigliando l’amore che è poi la
forza della vita, allora lo spirito ritrova la sua forza che è poi quella
della creazione. “Veni creator spiritus”, recita un inno della religione
cristiana. Ma perché lo spirito sia
creatore è necessario che la legge
allenti le sue maglie che coartano la
vita, altrimenti non c’era ragione
che la tradizione giudaico cristiana
chiamasse Dio: “Il Vivente”.
A congiungere lo spirito con la
carne è eros, quello del Cantico dei
cantici, che non è un privilegio dei
saggi o dei virtuosi, ma è offerto a
tutti con pari possibilità. È la sola
pregustazione del Regno, il solo
superamento della morte. Perché,
come scrive il teologo ortodosso
Christof Yannaras: «Solo se esci
dal tuo io, sia pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi
a Dio, e perché corri dietro a Lui».
Se il futuro apre le porte allo spirito incarnato e non allo spirito separato dalla carne, forse anche
l’Occidente può salvarsi dalla sua
agonia e dire al mondo che la sua
“radice giudaico cristiana” non è
altro che un messaggio d’amore.
EUROPA
ome un serpente che ha ingoiato una preda troppo
grossa, l’Europa passerà il
2005 cercando di digerire la “rivoluzione” del 2004. Ma non per
questo, possiamo starne certi,
smetterà di litigare. Anzi.
Se il 2004, con il varo della Costituzione, l’allargamento all’Est
e l’apertura alla Turchia, è stato
l’anno dei grandi dibattiti ideali e
delle questioni identitarie, il 2005
sarà per l’Europa l’anno delle beghe sui conti e sulle questioni di
bilancio. Temi che, almeno visti
dalla prospettiva dei governi, garantiscono discussioni ancora
più accanite.
Durante il primo semestre, sotto presidenza lussemburghese, si
dovrebbe chiudere un accordo
sulla riforma del Patto di Stabilità.
Molto sollecitata da Berlusconi,
la riforma però non offrirà verosimilmente al governo italiano
maggiori margini di manovra nella gestione delle finanze pubbliche perché renderà ancora più rigidi i vincoli per i paesi fortemente indebitati, come l’Italia.
Ma la discussione per cui tutti i
governi stanno da tempo affilan-
C
La rivoluzione
dell’Unione
alla prova dei conti
ANDREA BONANNI
do le armi riguarda i criteri di finanziamento del bilancio comunitario per i sei anni che vanno dal
2007 al 2013. Il gruppo dei Paesi
più ricchi, vorrebbe ridurre la capacità di espansione delle spese
dell’Unione a un massimo dell’1
per cento del Pil europeo. I Paesi
appena entrati e quelli che più beneficiano dei fondi comunitari,
sostenuti dalla Commissione, si
oppongono e chiedono che resti
aperta la possibilità almeno teorica di salire fino all’1,27 per cento,
come previsto dagli accordi attuali. L’Italia si trova in una posizione mediana: da una parte vorrebbe limitare gli esborsi verso il
bilancio comunitario, dall’altra
teme di essere ulteriormente penalizzata da un taglio ai finanziamenti regionali.
Ma la questione istituzionale,
apparentemente risolta con la solenne firma del Trattato che si è
tenuta a Roma in settembre, potrebbe anche riesplodere nel corso del 2005 se uno qualsiasi dei
molti Paesi che devono sottoporre a referendum la ratifica decidesse di bocciare la Costituzione.
In questo caso si aprirebbe una
crisi senza precedenti. Infatti il
nuovo trattato costituzionale
non può entrare in vigore se non è
ratificato da tutti gli stati membri.
D’altra parte è difficile che i paesi
fondatori, nei quali la ratifica dovrebbe passare senza sorprese,
accettino la situazione di paralisi
che deriverebbe da una mancata
entrata in vigore della nuova costituzione.
Il momento della verità, sia per
la decisione sul bilancio dell’Unione sia per quella sulle ratifiche
costituzionali, sarà molto probabilmente il 2006. Ma è nei prossimi dodici mesi che si comincerà a
capire se il futuro di una grande
Europa integrata e solidale, così
come è stato impostato nel 2004,
ha qualche possibilità di sopravvivere alla prova dei fatti.
VENERDÌ 31 DICEMBRE 2004
PER DODICI MESI
LUGLIO
Luglio. Molti accadimenti
danno credito alla tesi
che gli dei, non più clementi,
sono stanchi e molto offesi.
Lo tsunami che in Romagna
fa una strage di deejay
ma nessuno se ne lagna...
Le marmotte di Ortisei
che assaliscono i turisti
come branchi di piranha...
La moria di culturisti
soffocati dalla sugna...
L’anaconda che per pranzo
ingerisce le Lecciso
mentre cantan da Costanzo
“Una lacrima sul viso”.
LA REPUBBLICA 45
DIARIO
AGOSTO
Viene agosto ed ha un sussulto
il diagramma degli amori.
In disgrazia i calciatori
le veline, ancor di culto,
preferiscono i dottori.
Rilanciati gli urlatori
dei Sessanta, fidanzati
con bellissime badanti.
Quarantenni depilati
concupiscono le amanti
col lucore delle ascelle.
Relazioni tra prelati
dentro il meeting di cielle.
Poverissimi impiegati
fanno il filo alle impiegate
con il tanga preso a rate.
SETTEMBRE
A settembre il buon Brunetta
rifà i conti dello Stato
riducendo la paghetta
all’usciere e all’impiegato.
Quindi esorta quei signori:
“diventate imprenditori!
Basta con il carnevale
dello Stato assistenziale!”
Ma gli viene, che dolore,
uno strappo addominale
e all’arrivo in ospedale
non c’è l’ombra di un dottore.
“Dove sono i farabutti?”
chiede brusco a un’infermiera.
“Cosa vuole, sono tutti
nel privato, a far carriera”.
OTTOBRE
NOVEMBRE
DICEMBRE
In ottobre si riattizza
il conflitto tra culture:
la fatwa contro la pizza
crea gravissime fratture.
Di novembre fa scalpore
un reality speciale
che rinchiude in ascensore
dieci vip fino a Natale.
È dicembre e la questione
è onorar la tradizione:
il governo, molto attivo
fa un presepe preventivo.
C’è un editto dei mullah
contro l’uso di internette:
cerchi un sito, per Allah,
e compare un par di tette.
Conduttrice la Bignardi
c’è la Colli e c’è Biscardi
la sorella di Giletti
e due sosia di Iacchetti
un terzino della Spal
uno che suonò con Mal
la Barale con Degan
Martufello con un fan.
San Giuseppe chiede il visto
ai pastori, la Madonna
partorisce Gesù Cristo
con dolore, perché è donna
Bush invade la Cambogia
accusandola di incesto
e dichiara chi la elogia
terrorista e disonesto.
Poi spedisce un battaglione
di rinforzo nel Katai
e per tutta spiegazione
dice che non si sa mai.
Detenuti di Pianosa
disgustati dalla cosa
fanno appello: “Cara Daria
fate almeno l’ora d’aria”.
la capanna, coi condoni,
ha sei stanze e due balconi
la cometa ci ha le antenne
tutte senza concessioni
l’asinello è in quota aenne
ed il bue mostra i coglioni.
Primo piano: i centurioni
come monito perenne.
TENDENZE
isogna stare attenti a fare i
maghi, perché poi magari si
avvera l’horror previsto e
sono guai. Per esempio, le famose tendenze non promettono
niente di buono, se si pensa al
prossimo futuro basandosi sul
presente. Infatti, mentre il mondo va a rotoli e l’Italia nel suo piccolo pure, nella totale cecità di
ogni disastro o pauperismo, la
moda si ostina a promettere lusso
sempre più lussuosamente lussuoso, per femmine pseudo sexy
che altro non hanno se non soldi.
All’opposto si profila una minaccia vestimentaria ancor più antipatica, pretesa soprattutto dai
giovanissimi, che si piacciono
imbruttendosi al massimo.
Pareva infatti che la vecchia
smania giapponista, che trasformava le signore in accattone lunatiche, si fosse estinta almeno
una decina di anni fa, e invece si
prevede che risorgerà goffissima,
costosa, contraccettiva e appassionante: unica difesa, almeno
per i prossimi mesi, è il fatto che i
nuovi stilisti del brutto implacabile per ora vendono solo nelle
costosissime boutique del loro
paese. Mentre in Italia, dove comunque le signore si sono già stufate delle marche a basso prezzo
B
Quali
incognite
gravano
sulla
politica e
l’economia
e cosa
dobbiamo
aspettarci
nella vita
quotidiana
“L’Atlante celeste”,
incisioni
seicentesche
di Andreas
Cellarius
CINA
l’anno in cui la leadership
cinese deve vincere tutte
le scommesse, per stabilizzare il boom economico e
consolidare il nuovo status di
superpotenza globale. Pechino
si è data l’obiettivo di rallentare
la crescita dove ci sono “bolle”,
per esempio sul mercato immobiliare delle metropoli. Deve riuscirci usando strumenti
da economia di mercato, non
più attraverso il controllo politico sulle banche che è un’arma
spuntata. La convertibilità della valuta è un traguardo che si
avvicina: la soluzione più realistica è l’aggancio del renminbi
a un paniere che includa euro,
dollaro e yen.
La liberalizzazione dei movimenti di capitali non sarà immediata, ma la Cina ha le spalle
robuste: il tasso di risparmio altissimo e le riserve valutarie ormai eccessive rispetto ai suoi
bisogni consentono di accelerare i tempi. Le riforme più urgenti nei mercati finanziari sono quelle che devono imporre
trasparenza alle società e tutela
ai piccoli azionisti: non si può
È
La scommessa
delle nuove regole
nell’era globale
FEDERICO RAMPINI
gestire un’economia che si avvicina a raggiungere la Germania con una Borsa che è rimasta
una bisca per giocatori d’azzardo.
La crescita economica deve
invece proseguire nella Nuova
Frontiera del Nord Ovest, che
finora ha saputo attirare solo
una modesta frazione degli investimenti stranieri affluiti a
Pechino, Shanghai e Shenzhen.
Il riequilibrio dello sviluppo
tra le città e le campagne - dove
ancora vivono 600 milioni di
contadini - è in cima agli obiettivi del presidente Hu Jintao. La
perequazione darà scarsi risultati se il governo non si decide a
dare agli agricoltori la proprietà
della terra: la mancanza di questo diritto, già concesso agli
abitanti delle città, rende i contadini indifesi contro ogni abuso.
È nelle campagne che la corruzione incide più crudelmente. Ma la caccia ai dirigenti disonesti resterà inefficace finché il partito comunista conserva il monopolio del potere e
il controllo sull’informazione.
La questione delle libertà politiche, del pluralismo, del diritto
di organizzazione sindacale,
non può essere elusa. La vecchia risposta consiste nell’alimentare il nazionalismo - per
esempio con i proclami di guerra contro Taiwan - come valvola di sfogo per una popolazione
privata di troppi diritti. Questa
ricetta ha un limite: offre il destro a coloro che in Occidente
vogliono innalzare barriere
protezionistiche contro l’avanzata cinese. Non importa che
queste forze siano ispirate da
calcoli egoistici.
Tocca a Pechino capire che
nell’èra della globalizzazione le
regole del gioco si definiscono
insieme, e non possono restare
confinate agli scambi di merci.
Le minacce
lussuosissime
dell’ultima moda
NATALIA ASPESI
che pure fanno cose tanto carine,
per lasciarle alle giovani a reddito
smunto, fioriranno, dice un allievo del mago Otelma, quel tipo di
boutique etnotirolesi, tenute da
signore abbandonate dal marito,
per clienti ugualmente rimaste
sole e senza più pretese erotiche.
Per gli uomini cruciale sarà la
testa: si intensificheranno i crani
rasati alla Eminem o le frangette
compatte alla Vendola, il che segnalerà il fallimento della lanosa
ricostruzione pilifera su cranio
artificialmente abbronzato del
premier: che in vista delle elezioni regionali, lo afferma la maga
Circe sistemando i suoi maiali, si
riconfezionerà ancora più bello,
costringendo anche i candidati
azzurri a tirarsi un po’ e se abbondanti, a sottoporsi alla dolorosa
liposcultura che crea figurini
completi di tatuaggi, alla Costantino.
In amore, niente di nuovo, se
così si può dire: mariti e mogli
spesso ai ferri corti, aumento delle reciproche coltellate, potendosi semplicemente piantare, si
continuerà ad ammazzare, o tentare di ammazzare, l’uomo dei
nostri sogni, la donna pazzamente desiderata.
Farà molto tendenza almeno
sino a giugno (elezioni) che atei
professi, per loro bizzarria o tornaconto, agiscano da papisti dissennati pur mantenendosi miscredenti. Quanto ai titani della
moda che adesso si occupano anche di cinema, alberghi, cioccolatini, mostre d’arte, fiori, e acquistano navi e isole per il loro piacere, una dura prova li attende dalla metà di febbraio: uscirà infatti
il libro più colto e impegnativo dai
tempi di Barthes, Mai il mondo
saprà di Quirino Conti per Feltrinelli, in cui non un gay qualunque
ma addirittura Marcel Proust ridarà alla moda la dignità perduta.
CONSUMI
essun fenomeno economico
è più pernicioso per un governo della caduta dei consumi. Innanzitutto perché nella
psicologia collettiva la caduta diviene con estrema facilità “il crollo”. E
in secondo luogo perché la suddetta caduta sembra la conferma implicita dell’incapacità dell’esecutivo di manovrare la dinamica economica: ossia la prova provata che
le promesse, i miracoli, il Contratto
sono carta straccia, e che erano veritiere le diagnosi e le previsioni più
infauste. Era vero tutto: la società
italiana si è impoverita, un’inflazione micidiale si è abbattuta sui consumatori, la produzione ristagna, le
imprese non sono competitive.
Tutto questo con l’aggiunta che
il binomio costituito dall’inflazione e dall’impoverimento ha agito a
senso unico, mirando e colpendo
con precisione chirurgica il lavoro
dipendente e la platea dei pensionati. L’inflazione da euro, favorita
dal sovrano disinteresse del governo di centrodestra, si è accanita su
chi poteva soltanto subirla, e ha favorito chi poteva approfittarne. Secondo Giuseppe De Rita è stato un
miracolo se gli italiani sono riusciti
a resistere al cambio “uno a mille”,
attingendo dal risparmio; ma in
termini politici il miracolo si è tra-
N
Il mantra
dei tagli
alle tasse
EDMONDO BERSELLI
sformato, per dirla con rozzezza
ma con una evidente efficacia, in
un “esproprio proprietario” realizzato dagli elettori di Forza Italia ai
danni degli elettori del centrosinistra.
Naturalmente nell’arena di
mercato c’è un limite agli espropri.
Per la semplice, fisiologica ragione
che gli espropriati sono costretti a
modificare i propri comportamenti di spesa, fuggono negli hard
discount, usano il bilancino negli
acquisti, rinunciano alla gratificazione del superfluo.
Per rimettere in corsa l’economia, occorrerebbe una consistente
e generalizzata restituzione di potere d’acquisto; e invece l’unica soluzione del berlusconismo è costituita dal taglio delle tasse, evocata
come un mantra, che per i ceti impoveriti sarà un’elemosina, e non
potrà modificare significativamente la propensione al consumo.
È sufficiente parlare con qualche responsabile della grande distribuzione per avere un quadro
fin troppo realistico: consumi in
caduta tendenziale dell’8, 10 per
cento, deflazione di fatto, con i
prezzi in discesa rispetto ai massimi del 2, 3 per cento. A proiettare
questa situazione nel 2005, si potrebbe assistere a una divaricazione crescente dei comportamenti
di consumo: con una ulteriore
compressione dei consumi “vecchi”, dall’alimentazione all’abbigliamento, e una crescita relativa
dei consumi evoluti, cioè intrattenimento elettronico, ipertelevisione, telefonia cellulare. Fra le
molte società presenti nella società italiana, a un polo potrebbe
esserci una comunità che usa il
reddito disponibile per mangiare,
e al polo opposto una comunità
che spende per comunicare. Fra i
molti modi per modernizzare l’Italia, questo sembrerebbe il più schizofrenico.
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Prospettive per l`anno che verrà Nel nome di un