VENERDÌ 31 DICEMBRE 2004 LA REPUBBLICA 43 DIARIO DI MONDO ITALIA Ricominciando dall’apocalisse Capodanno di grazia e di misura BERNARDO VALLI FRANCESCO MERLO (segue dalla prima pagina) (segue dalla prima pagina) n’onda scaturita dagli abissi dell’Oceano, poi moltiplicatasi in tante altre onde micidiali, ha devastato le coste sud orientali dell’Asia in un raggio di mille miglia turbando sull’intero Pianeta la commedia umana di fine d’anno. È stato come se uno dei grandi quadri di Okusai, dove schiumosi flutti marini si impennano come draghi infuriati, si fosse animato, diventando realtà. Non a caso, forse, il nome del fenomeno naturale, che ha fatto centomila vittime, è giapponese, come il grande pittore. Lo tsunami ha reso in questi giorni banali le guerre e le crisi politiche di cui tanto abitualmente parliamo. Ma a quelle guerre e a quelle crisi dobbiamo ritornare: ed è come ritornare a dimensioni umane. L’anno comincia con due elezioni destinate a influenzare la politica internazionale durante tutto il 2005. La prima è in programma il 9 gennaio in Palestina e designerà il successore di Arafat. La seconda è fissata per il 30 gennaio in Iraq, dove si dovrebbe votare per un’assemblea costituente. I due appuntamenti riguardano popolazioni duramente provate da sanguinosi conflitti, avvengono in contesti drammatici e nell’ambito di società non allenate a quel tipo di esercizio democratico. Più ancora dei risultati, nell’immediato conterà il modo in cui quelle elezioni si svolgeranno. Il corretto andamento della prima avrebbe un forte effetto positivo in Medio Oriente, dove la questione palestinese è una piaga aperta, che si estende al di là dei popoli direttamente coinvolti. Essa rende difficili i rapporti tra l’intero mondo arabo, più in generale quello musulmano, e l’Occidente, in particolare l’America, ritenuta la principale responsabile in quanto la sola potenza in grado di imporsi, anche con l’alleato Israele. In Palestina e in Israele si é aperto uno spiraglio. Una luce, sia pur pallida, incerta, rende meno desolata e disperata la situazione. All’impacciato Arafat, giustamente evocato dai palestinesi come il “padre della patria”, ma al tempo stesso giudicato negli ultimi anni un intralcio alla ripresa del processo di pace, sta succedendo, alla presidenza dell’Autorità Palestinese, il moderato Abu Mazen. Il quale non entusiasma certo gli elettori, ma consente di immaginare un dialogo realistico con Israele. Un Israele guidato a sua volta da un Ariel Sharon convertito, sembra, a una pace di cui non è mai stato il paladino. Più incerto e tragico è l’appuntamento iracheno, tappa significativa dell’avventura occidentale in Mesopotamia. Un fallimento decreterebbe la sconfitta degli americani in una guerra di cui il loro presidente si è già aggiudicata la vittoria. Il voto di fine gennaio dovrebbe provare che gli invasori-liberatori hanno portato la democrazia sulle rive del Tigri e dell’Eufrate. Il principale obiettivo del conflitto, l’annientamento delle armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein, si è rivelato inesistente, poiché quelle armi non sono mai state trovate. E benché, in compenso, sia stata estirpata una dittatura feroce, ad essa non è mai subentrata la pace. Anzi il paese vive in un clima di violenza tale da impedire la promessa opera di ricostruzione. Questo è il succinto riassunto della situazione. Gli sciiti, vale a dire il sessanta per cento della popolazione, dovrebbe andare a votare. E’ una preziosa occasione per dimostrare (e legittimare) la loro maggioranza. Lo stesso faranno i curdi, i quali rappresentano il venti per cento e vogliono confermare l’autonomia della loro regione, nel Nord del Paese. Diversa è la posizione della comunità sunnita da secoli dominante ed ora angosciata dall’idea di essere declassata a minoranza. Nel Triangolo sunnita, attorno alla capitale, sarà molto pericoloso avvicinarsi alle urne. L’insurrezione armata ha già minacciato di morte che andrà a votare. Invece della democrazia, le elezioni potrebbero portare una guerra civile, del resto già latente. Nonostante queste difficoltà le elezioni si terranno. Annullarle equivarrebbe per George W. Bush a gettare la spugna. Ed è impensabile per un presidente appena rinvigorito da una trionfale rielezione. L’America, ai suoi occhi più unica che superiore, ne uscirebbe umiliata. Ma quest’ultimo rischio sussiste comunque. Dal come andranno le cose in Mesopotamia dipenderanno in buona parte i rapporti dell’iperpotenza con il resto del mondo nell’anno che sta per cominciare. Q U Un disegno di Pericoli, “La malinconia dell’architetto” NEXT Le speranze di pace riposte in due grandi eventi di politica internazionale: le elezioni del dopo Arafat e quelle irachene uesta grazia di Ciampi è tanto ricca di sapienza, solo apparentemente consociativa, da promettere la fine degli anni selvaggi dell’eccesso, gli anni vecchi del diritto come collettore di eccessi e degli eccessi di quel diritto che un giurista, Natalino Irti, ha chiamato Nichilismo giuridico, un libro svelto e arioso che tutti dovrebbero leggere perché è il libro del nuovo anno: l’anno della misura. Il capodanno di grazia non annuncia l’anno della sconfessione dei giudici di Tangentopoli, che come Sisifo tentarono di arginare la frana rotolante dei macigni dell’illegalità, ma propone un ristabilimento della misura, magnifica di grazia un atto di misura, indica nella grazia della misura il valore del 2005. Non un capodanno che inaugura le grazie alchimistiche, un tot a destra per Castelli e un tot a sinistra per i Ds, ma che antepone la misura all’astrattezza del diritto: la considerazione della concretezza del caso Sofri, per esempio, ma anche di quello della Mambro e di Fioravanti e di tanti detenuti disperati e dimenticati. C’è il valore della misura nella grazia concessa a Viezzoli e Zorzoli e non solo per la loro età, 79 e 72 anni, per l’idea che i vecchi non si tengono in una galera che non salva nessuno, e meno che mai la politica. C’è il valore della misura anche nella rivalutazione del galantomismo di molti condannati di Tangentopoli, che non sono psicopatici assassini. E c’è il valore della misura nel ripensamento dei reati politico-amministrativi di Tangentopoli, che esplodendo indicò la strada della rifondazione della politica. Il 2005 potrebbe essere l’anno della risistemazione, della ripulitura del limo di quella esondazione che fu anche l’esondazione del moralismo diventato diritto. Il diritto, spiega Irti, non è non più fondato su valori extratemporali, come il carisma o la religione, non è più governato dalla parte “migliore” ma dalla parte “maggiore” che, in maniera formalmente inappuntabile, può legittimamente arrivare all’indecenza di salvare Previti e condannare Viezzoli e Zorzoli. Già nel 1950 quel Camus che ora ispira Irti aveva capito che il diritto della maggioranza può legittimare l’indecenza. Forse nel 2005 la misura ci salverà dall’indecenza. E il diritto si attesterà sui valori minimi di Irti: l’eleganza, l’intelligenza, la sobrietà, «l’individualismo altruista, “la pensée de midi”, l’attaccamento alla terra, la pacata frugalità del dio dell’agire, le solarità mediterranee che diradano le oscure nebbie del nord, il sentimento meridiano della singolarità e delle concrete differenze per cui ciascuno di noi ha la propria Itaca, il nichilismo consapevole della norma sconsacrata, la serena fraternità con il divenire»: la misura insomma, che riassume le qualità delle classi dirigenti. Perciò ci piacerebbe che la nostra classe dirigente in deficit di legittimazione si sottoponesse al “test del Titanic”, un gioco di capodanno perfetto per l’Italia del 2005. L’idea nasce da un dettaglio statistico della tragedia del Titanic: quasi tutte le donne e i bambini superstiti viaggiavano in prima classe. Attenzione: non perché i poveri sono meno generosi dei ricchi, ma perché i passeggeri delle classi inferiori non controllarono il panico, non seppero padroneggiare la misura. Metafora del ceto dirigente, la prima classe di un Transatlantico d’antan è il luogo nel quale, nell’emergenza, dovrebbero scattare i valori minimi. Ebbene, sottoponete al test del Titanic, evocandoli per nome, tutti gli uomini della classe dirigente. Quanti lascerebbero passare le donne e i bambini? Ecco perché ci piace sognare che il 2005 sia l’anno della grazia, l’anno della misura piuttosto che il solito anno-incubo della coazione a ripetere, con l’eternità dello scontro tra Berlusconi e Prodi, i quali, pur così diversi, finiscono con l’essere i gemelli d’Italia. Certo, dopo i capelli, nel 2005 a Berlusconi cresceranno i baffi, le basette e il pizzeto malandrino. Inesauribile nella piliferia, Berlusconi continuerà a offrire agli italiani il suo corpo come un’ostia consacrata e a cambiare i propri connotati, a rendersi irriconoscibile all’avversario, a ipnotizzarlo e costringerlo a inventarsi una caricatura per negarsi alle ragioni della sconfitta. Perciò il nostro augurio è che il 2005 italiano non sia un altro anno di girotondi, di malumore, di riflessi condizionati massimalisti, di pregiudizi apocalittici. Non l’anno dei girotondi ma del valzer, che è il ballo dell’eleganza e della grazia, il ballo della misura. Nel nome di un diritto sobrio che sappia risolvere lo scontro giuridico da troppo tempo in corso. Ecco quello che chiediamo al 2005 Prospettive per l’anno che verrà MASSIMO CACCIARI OGGI la risposta è sfuggita; oggi l’opera già ieri ideata non è stata compiuta. Ma l’impotenza dell’heri e dell’hodie è prossima a finire. La scoperta è vicina, anzi: già confina con l’oggi, è già qui con noi, cum-finis. Vorremmo annullare anche quest’ultima distanza; vorremmo che il prossimo già fosse. In mente esso è già hodiernus. Futuro, ma futuro presente: ecco il prossimo. Futuro che ci corre incontro, a ritroso, che è pensato quasi come già risolto nell’ora, nella luce del presente. Anche lo ieri toccava da vicino questo giorno, ma questo giorno non ha saputo soddisfarne la ricerca, e allora esso deve trasmetterla al domani (de-mane: non un altro giorno semplicemente, ma questo stesso mane, più forte, più maturo, capace finalmente di arrecare la soluzione attesa). Così ci sforziamo di ridurre il domani al prossimo, il prossimo all’oggi, il futuro al presente, anzi: allo ieri. Non sopportiamo la distanza. La distanza del veramente lontano, dell’essere hesternus, straniero, dello ieri e del domani ci appare intollerabile. Possiamo attendere soltanto fino alla prossima fermata. Così forte sono la nostra pazienza e la nostra speranza da poter reggere soltanto fino al mattino (mane) di do-mani. “ “ NEXT. 44 LA REPUBBLICA GENNAIO VENERDÌ 31 DICEMBRE 2004 DIARIO FEBBRAIO MARZO Vien gennaio e Berlusconi sperimenta modi e toni per sfondare nei sondaggi dei più esotici paraggi. Di febbraio la Fallaci dà alle stampe un nuovo saggio che zittisce gli incapaci e ai valenti dà coraggio. Marzo arride anche all’Ulivo: c’è una tregua in pompa magna per non essere più privo di un progetto, come in Spagna. “Vado in Cina e lodo Mao con il giusto birignao poi conquisto gli iraniani coi costumi musulmani”. Desta grande ammirazione il vibrante titoletto “Ogni arabo è un puzzone”: fa davvero un bell’effetto. In un clima conciliante Prodi annuncia il rendez-vous: tutti insieme, sacripante! non litigheremo più. Ma il Berlusca per disguido va a Pechino col caftano e ai persiani chiede affido col libretto rosso in mano. La Rizzoli in grande stile si prepara a pubblicarlo ma denuncia un atto vile: c’è chi vuole boicottarlo! Ma il biglietto con l’invito non raggiunge gli alleati perché il pony si è smarrito nell’ingorgo, in zona Prati. Quando il Monde diplomatique si fa beffe del suo tic lui risponde signorile “son tedeschi, senza stile”. Spiega Oriana con stupore: non si trova un traduttore che traduca il mio libretto nella lingua di Maometto. Per quel cinico destino né Rutelli né Fassino si presentano al raduno: anzi, non ci va nessuno. SATIRA IN VERSI MICHELE SERRA APRILE mAGGIO gIUGNO In aprile, su Al Jazeera nuovo video con Osama che stavolta se la tira e lo gira in cinerama. Maggio, il lodo Pecorella rende immune Berlusconi (e in aggiunta sua sorella) da processi ed ingiunzioni. Fine giugno. Calderoli dissodando l’orticello scopre sotto dei fagiuoli un vetusto ramoscello. Piace molto il grande set con il letto a baldacchino che lo vedi su internét quando clicchi “Saladino”. Annullata ogni sentenza a ritroso, fino agli avi Berlusconi, che in Brianza importavano gli schiavi. C’è una danza di odalische tra le torce ed i velluti ed il pesce senza lische proveniente da Gibuti. Condonati l’eliporto e la pista di go-kart e il castello sul Mar Morto col museo della pop-art. «Santo Cielo! Riconosco la preziosa venatura! Che sia goto oppure tosco la sua origine è sicura: senza dubbio è la radice dei cristiani dell’Europa!» Fa più effetto quel bagordo che l’attacco ai grattacieli l’Occidente pigro e ingordo si converte ai sette veli. E la pieve medievale trasformata in vittoriale coi sofà rosso carminio e gli infissi in alluminio. Sembra un manico di scopa ma il padano ne è felice. A Pontida viene esposto e la gente di quel posto lieta accorre a venerarlo coi flaconi di antitarlo. MEDICINA l grande obiettivo dell’oncologia nei prossimi anni è colpire il tumore nella parte centrale, quella che conta. E lasciare libero dalle aggressioni terapeutiche il resto dell’organismo. Per far questo bisogna innanzi tutto trovare il tumore quando è ancora piccolo. Nella diagnosi precoce del tumore del polmone, il big killer numero uno, siamo riusciti con la Tac spirale a visualizzare tumori di pochi millimetri. Si è dunque aperto un nuovo orizzonte, quello dello screening dei tumori polmonari per i forti fumatori, che è il programma con cui ci accingiamo a controllare questa malattia nel prossimo anno, un programma che io giudico tra i più importanti al mondo. La chirurgia sarà la prima a beneficiare della diagnosi precoce, intervenendo in modo sempre più conservativo e risparmiando il più possibile i tessuti sani. Anche la radioterapia compirà grandi progressi: con le tecnologie di precisione riuscirà ad aumentare le dosi di radiazioni per colpire le cellule malate anche quando si trovano in profondità. La grande speranza tuttavia resta quella dei farmaci che agiscano al punto giusto; i mezzi distruttivi chirurgici e radioterapici hanno I Farmaci intelligenti la grande speranza contro i tumori UMBERTO VERONESI fatto grandi passi avanti ma il sogno è sempre quello di arrivare farmacologicamente all’obiettivo. La strada più affascinante è quella che sfrutta le conoscenze della genomica per produrre i cosiddetti “farmaci intelligenti”. Sulla base della “mappatura genetica” potremo costruire molecole specifiche per ogni tumore. Certo non si potrà arrivare rapidamente ai farmaci personali, ma potremo creare farmaci adatti a sottogruppi di tumori con caratteristiche molto simili. Una rivoluzione. Non è fantascienza: i primi farmaci intelligenti sono già in uso da due o tre anni e d’ora in avanti vedremo progressivamente migliorare la nostra capacità di utilizzare, per ogni malato di cancro, la terapia che ha maggiori possibilità di successo. Quello che è certo è che la medicina molecolare è il futuro. L’oncologia è destinata a diventare una scienza molecolare, con un grande impegno nella diagnostica per immagini e della ricerca di nuovi farmaci indirizzati su bersagli molecolari. Abbiamo anche incominciato a capire che queste nuove conoscenze ci avvicinano alle altre patologie. La medicina molecolare serve infatti all’oncologo, al neuroscienziato e al cardiologo. Per il futuro intravedo a Milano un grande Istituto di ricerca genetica molecolare che dia informazioni necessarie per chi si occupa di tumori, di neuroscienze e cardiologia. La progettazione è già molto avanti: l’idea è di creare un Centro europeo di ricerca biomedica, dove una quantità di Istituti possono usufruire della scienza genetica molecolare. Il modello esiste già negli Stati Uniti: il National Institute of Health di Bethesda. Nel 2005 anche in Italia potrebbe essere fatto un primo passo dall’idea alla realtà. Aspettative del 2005 Moda e costume, scienza e idee Che cosa accadrà sulla scena mondiale e italiana SPIRITUALITÀ er secoli abbiamo conosciuto lo spirito come l’antitesi della carne, e su questa antitesi la morale della Chiesa romana, l’etica dei calvinisti, il pietismo dei luterani, il puritanesimo dei metodisti, il moralismo degli anabattisti hanno diffuso quella spiritualità asfittica che, guardata da vicino, sembra custodire come suo malcelato segreto null’altro che la delimitazione del desiderio. Fu così che milioni di uomini hanno vissuto la loro vita sulla terra in un inferno di desideri rimossi, di angosce profonde, di colpe immaginarie, di mutilazioni di vite senza eros, per aver identificato l’eros con la carne, la carne col peccato, e lo spirito con la purezza e l’innocenza. Separato dalla carne lo spirito divenne esangue, quasi una morte strisciante: mangi il pane e non ti tieni in piedi, bevi acqua e non ti disseti, tocchi le cose e non le senti al tatto, annusi il fiore e il suo profumo non arriva alla tua anima. Separata dallo spirito anche la carne divenne esangue, e, priva della forza della vita, prese a conoscere solo pericolose voracità narcisistiche e ruggiti di desiderio che sfociano nel deserto del piacere senza relazione. Puro meccanicismo biolo- P L’eros, la carne e l’innocenza del pensiero UMBERTO GALIMBERTI gico di riflessi e di pulsioni senza meta. Ora che abbiamo conosciuto le torture dello spirito separate dalla carne e l’opacità della carne deprivata del riflesso dello spirito c’è solo da sperare che da questo doppio disgusto nasca quello spirito incarnato in cui consiste il messaggio cristiano tradito. Tradito, perché la legge, come sempre capita quando intorno a un messaggio si costruisce una chiesa, o intorno a un’idea un’ideologia, la legge, la regola, la disciplina, i famosi principi che tarpano le ali agli slanci degli uomini hanno preso il sopravvento sullo spirito che, quando è incarnato, sospende la legge in nome dell’amore. Quando la legge non distende i suoi tentacoli sulla vita degli uomini imbrigliando l’amore che è poi la forza della vita, allora lo spirito ritrova la sua forza che è poi quella della creazione. “Veni creator spiritus”, recita un inno della religione cristiana. Ma perché lo spirito sia creatore è necessario che la legge allenti le sue maglie che coartano la vita, altrimenti non c’era ragione che la tradizione giudaico cristiana chiamasse Dio: “Il Vivente”. A congiungere lo spirito con la carne è eros, quello del Cantico dei cantici, che non è un privilegio dei saggi o dei virtuosi, ma è offerto a tutti con pari possibilità. È la sola pregustazione del Regno, il solo superamento della morte. Perché, come scrive il teologo ortodosso Christof Yannaras: «Solo se esci dal tuo io, sia pure per gli occhi belli di una zingara, sai cosa domandi a Dio, e perché corri dietro a Lui». Se il futuro apre le porte allo spirito incarnato e non allo spirito separato dalla carne, forse anche l’Occidente può salvarsi dalla sua agonia e dire al mondo che la sua “radice giudaico cristiana” non è altro che un messaggio d’amore. EUROPA ome un serpente che ha ingoiato una preda troppo grossa, l’Europa passerà il 2005 cercando di digerire la “rivoluzione” del 2004. Ma non per questo, possiamo starne certi, smetterà di litigare. Anzi. Se il 2004, con il varo della Costituzione, l’allargamento all’Est e l’apertura alla Turchia, è stato l’anno dei grandi dibattiti ideali e delle questioni identitarie, il 2005 sarà per l’Europa l’anno delle beghe sui conti e sulle questioni di bilancio. Temi che, almeno visti dalla prospettiva dei governi, garantiscono discussioni ancora più accanite. Durante il primo semestre, sotto presidenza lussemburghese, si dovrebbe chiudere un accordo sulla riforma del Patto di Stabilità. Molto sollecitata da Berlusconi, la riforma però non offrirà verosimilmente al governo italiano maggiori margini di manovra nella gestione delle finanze pubbliche perché renderà ancora più rigidi i vincoli per i paesi fortemente indebitati, come l’Italia. Ma la discussione per cui tutti i governi stanno da tempo affilan- C La rivoluzione dell’Unione alla prova dei conti ANDREA BONANNI do le armi riguarda i criteri di finanziamento del bilancio comunitario per i sei anni che vanno dal 2007 al 2013. Il gruppo dei Paesi più ricchi, vorrebbe ridurre la capacità di espansione delle spese dell’Unione a un massimo dell’1 per cento del Pil europeo. I Paesi appena entrati e quelli che più beneficiano dei fondi comunitari, sostenuti dalla Commissione, si oppongono e chiedono che resti aperta la possibilità almeno teorica di salire fino all’1,27 per cento, come previsto dagli accordi attuali. L’Italia si trova in una posizione mediana: da una parte vorrebbe limitare gli esborsi verso il bilancio comunitario, dall’altra teme di essere ulteriormente penalizzata da un taglio ai finanziamenti regionali. Ma la questione istituzionale, apparentemente risolta con la solenne firma del Trattato che si è tenuta a Roma in settembre, potrebbe anche riesplodere nel corso del 2005 se uno qualsiasi dei molti Paesi che devono sottoporre a referendum la ratifica decidesse di bocciare la Costituzione. In questo caso si aprirebbe una crisi senza precedenti. Infatti il nuovo trattato costituzionale non può entrare in vigore se non è ratificato da tutti gli stati membri. D’altra parte è difficile che i paesi fondatori, nei quali la ratifica dovrebbe passare senza sorprese, accettino la situazione di paralisi che deriverebbe da una mancata entrata in vigore della nuova costituzione. Il momento della verità, sia per la decisione sul bilancio dell’Unione sia per quella sulle ratifiche costituzionali, sarà molto probabilmente il 2006. Ma è nei prossimi dodici mesi che si comincerà a capire se il futuro di una grande Europa integrata e solidale, così come è stato impostato nel 2004, ha qualche possibilità di sopravvivere alla prova dei fatti. VENERDÌ 31 DICEMBRE 2004 PER DODICI MESI LUGLIO Luglio. Molti accadimenti danno credito alla tesi che gli dei, non più clementi, sono stanchi e molto offesi. Lo tsunami che in Romagna fa una strage di deejay ma nessuno se ne lagna... Le marmotte di Ortisei che assaliscono i turisti come branchi di piranha... La moria di culturisti soffocati dalla sugna... L’anaconda che per pranzo ingerisce le Lecciso mentre cantan da Costanzo “Una lacrima sul viso”. LA REPUBBLICA 45 DIARIO AGOSTO Viene agosto ed ha un sussulto il diagramma degli amori. In disgrazia i calciatori le veline, ancor di culto, preferiscono i dottori. Rilanciati gli urlatori dei Sessanta, fidanzati con bellissime badanti. Quarantenni depilati concupiscono le amanti col lucore delle ascelle. Relazioni tra prelati dentro il meeting di cielle. Poverissimi impiegati fanno il filo alle impiegate con il tanga preso a rate. SETTEMBRE A settembre il buon Brunetta rifà i conti dello Stato riducendo la paghetta all’usciere e all’impiegato. Quindi esorta quei signori: “diventate imprenditori! Basta con il carnevale dello Stato assistenziale!” Ma gli viene, che dolore, uno strappo addominale e all’arrivo in ospedale non c’è l’ombra di un dottore. “Dove sono i farabutti?” chiede brusco a un’infermiera. “Cosa vuole, sono tutti nel privato, a far carriera”. OTTOBRE NOVEMBRE DICEMBRE In ottobre si riattizza il conflitto tra culture: la fatwa contro la pizza crea gravissime fratture. Di novembre fa scalpore un reality speciale che rinchiude in ascensore dieci vip fino a Natale. È dicembre e la questione è onorar la tradizione: il governo, molto attivo fa un presepe preventivo. C’è un editto dei mullah contro l’uso di internette: cerchi un sito, per Allah, e compare un par di tette. Conduttrice la Bignardi c’è la Colli e c’è Biscardi la sorella di Giletti e due sosia di Iacchetti un terzino della Spal uno che suonò con Mal la Barale con Degan Martufello con un fan. San Giuseppe chiede il visto ai pastori, la Madonna partorisce Gesù Cristo con dolore, perché è donna Bush invade la Cambogia accusandola di incesto e dichiara chi la elogia terrorista e disonesto. Poi spedisce un battaglione di rinforzo nel Katai e per tutta spiegazione dice che non si sa mai. Detenuti di Pianosa disgustati dalla cosa fanno appello: “Cara Daria fate almeno l’ora d’aria”. la capanna, coi condoni, ha sei stanze e due balconi la cometa ci ha le antenne tutte senza concessioni l’asinello è in quota aenne ed il bue mostra i coglioni. Primo piano: i centurioni come monito perenne. TENDENZE isogna stare attenti a fare i maghi, perché poi magari si avvera l’horror previsto e sono guai. Per esempio, le famose tendenze non promettono niente di buono, se si pensa al prossimo futuro basandosi sul presente. Infatti, mentre il mondo va a rotoli e l’Italia nel suo piccolo pure, nella totale cecità di ogni disastro o pauperismo, la moda si ostina a promettere lusso sempre più lussuosamente lussuoso, per femmine pseudo sexy che altro non hanno se non soldi. All’opposto si profila una minaccia vestimentaria ancor più antipatica, pretesa soprattutto dai giovanissimi, che si piacciono imbruttendosi al massimo. Pareva infatti che la vecchia smania giapponista, che trasformava le signore in accattone lunatiche, si fosse estinta almeno una decina di anni fa, e invece si prevede che risorgerà goffissima, costosa, contraccettiva e appassionante: unica difesa, almeno per i prossimi mesi, è il fatto che i nuovi stilisti del brutto implacabile per ora vendono solo nelle costosissime boutique del loro paese. Mentre in Italia, dove comunque le signore si sono già stufate delle marche a basso prezzo B Quali incognite gravano sulla politica e l’economia e cosa dobbiamo aspettarci nella vita quotidiana “L’Atlante celeste”, incisioni seicentesche di Andreas Cellarius CINA l’anno in cui la leadership cinese deve vincere tutte le scommesse, per stabilizzare il boom economico e consolidare il nuovo status di superpotenza globale. Pechino si è data l’obiettivo di rallentare la crescita dove ci sono “bolle”, per esempio sul mercato immobiliare delle metropoli. Deve riuscirci usando strumenti da economia di mercato, non più attraverso il controllo politico sulle banche che è un’arma spuntata. La convertibilità della valuta è un traguardo che si avvicina: la soluzione più realistica è l’aggancio del renminbi a un paniere che includa euro, dollaro e yen. La liberalizzazione dei movimenti di capitali non sarà immediata, ma la Cina ha le spalle robuste: il tasso di risparmio altissimo e le riserve valutarie ormai eccessive rispetto ai suoi bisogni consentono di accelerare i tempi. Le riforme più urgenti nei mercati finanziari sono quelle che devono imporre trasparenza alle società e tutela ai piccoli azionisti: non si può È La scommessa delle nuove regole nell’era globale FEDERICO RAMPINI gestire un’economia che si avvicina a raggiungere la Germania con una Borsa che è rimasta una bisca per giocatori d’azzardo. La crescita economica deve invece proseguire nella Nuova Frontiera del Nord Ovest, che finora ha saputo attirare solo una modesta frazione degli investimenti stranieri affluiti a Pechino, Shanghai e Shenzhen. Il riequilibrio dello sviluppo tra le città e le campagne - dove ancora vivono 600 milioni di contadini - è in cima agli obiettivi del presidente Hu Jintao. La perequazione darà scarsi risultati se il governo non si decide a dare agli agricoltori la proprietà della terra: la mancanza di questo diritto, già concesso agli abitanti delle città, rende i contadini indifesi contro ogni abuso. È nelle campagne che la corruzione incide più crudelmente. Ma la caccia ai dirigenti disonesti resterà inefficace finché il partito comunista conserva il monopolio del potere e il controllo sull’informazione. La questione delle libertà politiche, del pluralismo, del diritto di organizzazione sindacale, non può essere elusa. La vecchia risposta consiste nell’alimentare il nazionalismo - per esempio con i proclami di guerra contro Taiwan - come valvola di sfogo per una popolazione privata di troppi diritti. Questa ricetta ha un limite: offre il destro a coloro che in Occidente vogliono innalzare barriere protezionistiche contro l’avanzata cinese. Non importa che queste forze siano ispirate da calcoli egoistici. Tocca a Pechino capire che nell’èra della globalizzazione le regole del gioco si definiscono insieme, e non possono restare confinate agli scambi di merci. Le minacce lussuosissime dell’ultima moda NATALIA ASPESI che pure fanno cose tanto carine, per lasciarle alle giovani a reddito smunto, fioriranno, dice un allievo del mago Otelma, quel tipo di boutique etnotirolesi, tenute da signore abbandonate dal marito, per clienti ugualmente rimaste sole e senza più pretese erotiche. Per gli uomini cruciale sarà la testa: si intensificheranno i crani rasati alla Eminem o le frangette compatte alla Vendola, il che segnalerà il fallimento della lanosa ricostruzione pilifera su cranio artificialmente abbronzato del premier: che in vista delle elezioni regionali, lo afferma la maga Circe sistemando i suoi maiali, si riconfezionerà ancora più bello, costringendo anche i candidati azzurri a tirarsi un po’ e se abbondanti, a sottoporsi alla dolorosa liposcultura che crea figurini completi di tatuaggi, alla Costantino. In amore, niente di nuovo, se così si può dire: mariti e mogli spesso ai ferri corti, aumento delle reciproche coltellate, potendosi semplicemente piantare, si continuerà ad ammazzare, o tentare di ammazzare, l’uomo dei nostri sogni, la donna pazzamente desiderata. Farà molto tendenza almeno sino a giugno (elezioni) che atei professi, per loro bizzarria o tornaconto, agiscano da papisti dissennati pur mantenendosi miscredenti. Quanto ai titani della moda che adesso si occupano anche di cinema, alberghi, cioccolatini, mostre d’arte, fiori, e acquistano navi e isole per il loro piacere, una dura prova li attende dalla metà di febbraio: uscirà infatti il libro più colto e impegnativo dai tempi di Barthes, Mai il mondo saprà di Quirino Conti per Feltrinelli, in cui non un gay qualunque ma addirittura Marcel Proust ridarà alla moda la dignità perduta. CONSUMI essun fenomeno economico è più pernicioso per un governo della caduta dei consumi. Innanzitutto perché nella psicologia collettiva la caduta diviene con estrema facilità “il crollo”. E in secondo luogo perché la suddetta caduta sembra la conferma implicita dell’incapacità dell’esecutivo di manovrare la dinamica economica: ossia la prova provata che le promesse, i miracoli, il Contratto sono carta straccia, e che erano veritiere le diagnosi e le previsioni più infauste. Era vero tutto: la società italiana si è impoverita, un’inflazione micidiale si è abbattuta sui consumatori, la produzione ristagna, le imprese non sono competitive. Tutto questo con l’aggiunta che il binomio costituito dall’inflazione e dall’impoverimento ha agito a senso unico, mirando e colpendo con precisione chirurgica il lavoro dipendente e la platea dei pensionati. L’inflazione da euro, favorita dal sovrano disinteresse del governo di centrodestra, si è accanita su chi poteva soltanto subirla, e ha favorito chi poteva approfittarne. Secondo Giuseppe De Rita è stato un miracolo se gli italiani sono riusciti a resistere al cambio “uno a mille”, attingendo dal risparmio; ma in termini politici il miracolo si è tra- N Il mantra dei tagli alle tasse EDMONDO BERSELLI sformato, per dirla con rozzezza ma con una evidente efficacia, in un “esproprio proprietario” realizzato dagli elettori di Forza Italia ai danni degli elettori del centrosinistra. Naturalmente nell’arena di mercato c’è un limite agli espropri. Per la semplice, fisiologica ragione che gli espropriati sono costretti a modificare i propri comportamenti di spesa, fuggono negli hard discount, usano il bilancino negli acquisti, rinunciano alla gratificazione del superfluo. Per rimettere in corsa l’economia, occorrerebbe una consistente e generalizzata restituzione di potere d’acquisto; e invece l’unica soluzione del berlusconismo è costituita dal taglio delle tasse, evocata come un mantra, che per i ceti impoveriti sarà un’elemosina, e non potrà modificare significativamente la propensione al consumo. È sufficiente parlare con qualche responsabile della grande distribuzione per avere un quadro fin troppo realistico: consumi in caduta tendenziale dell’8, 10 per cento, deflazione di fatto, con i prezzi in discesa rispetto ai massimi del 2, 3 per cento. A proiettare questa situazione nel 2005, si potrebbe assistere a una divaricazione crescente dei comportamenti di consumo: con una ulteriore compressione dei consumi “vecchi”, dall’alimentazione all’abbigliamento, e una crescita relativa dei consumi evoluti, cioè intrattenimento elettronico, ipertelevisione, telefonia cellulare. Fra le molte società presenti nella società italiana, a un polo potrebbe esserci una comunità che usa il reddito disponibile per mangiare, e al polo opposto una comunità che spende per comunicare. Fra i molti modi per modernizzare l’Italia, questo sembrerebbe il più schizofrenico.