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N° 106 - Marzo 2016
L’appello a chi intenda sostiture il ruolo svolto negli anni dall’editore di Continentali da ferma.
Come annunciato da diversi mesi, Continentali da ferma
prosegue a scartamento ridotto a causa della precaria efficienza
dovuta all’età dell’editore, cioè mia.
Questo mese volevo pubblicare due importanti articoli nel
Giornale della Cinofilia, ma è successo qualocosa mai avvenuta
prima: mi è stato chiesto di temporaneamente soprassedere ad
uno dei due articoli (riguardante il taglio della coda nelle razze
da caccia) con la giustificazione di non compromettere
l’approfondimento sull’argomento.
Ed io ho acconsentito, non foss’altro per accrescere la suspence!
Quindi la pubblicazione è solo rinviata.
Quando annunciai il mio graduale disimpegno, speravo che
qualcun altro si sarebbe fatto avanti per ricoprire il ruolo da me
svolto nella comunicazione cinofila.
Ed invece niente: c’è il vuoto assoluto!
Amici cari: io non sono eterno …anche se mi piacerebbe esserlo.
Se quindi ritenete che quel che ho fatto dal 1999 sia importante,
qualcuno si faccia avanti per sostituirmi.
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N° 106 - Marzo 2016
L’AMMAZZA BECCACCE
di Silvio Spanò
La necessaria evoluzione del significato moderno della caccia,
coerente con la gestione del patrimonio faunistico.
Anche la beccaccia, per raggiungere
la notorietà, ha subìto la sorte di quasi
tutte le specie animali: è stata ammazzata! E ciò è per lei ancor più vero
perché ben pochi si sarebbero accorti della sua esistenza, visto che è
crepuscolare ed elusiva, e semmai
erano solo i “poveri diavoli” – che
fino all’invenzione delle armi da fuoco e della caccia “sportiva” – la prendevano con i lacci per mangiarsela
(o più spesso e con maggior profitto
per venderla ai signori golosi che da
tempo si erano accorti della sua sublimità gastronomica). Sta di fatto
che fino al 1600 circa, nelle arti figurative si ebbero sporadiche sue
raffigurazioni poco corrispondenti alla
realtà e bisognava cercare la sua immagine nel mucchio di selvaggina
buttato sul tavolo di qualche notevole cucina padronale.
Poi sono cominciate tutte le cacce “a
tiro” (cioè col fucile) sia con l’ausilio
di cani, soprattutto scovatori (*) oppure in battute e molto più diffusamente all’aspetto serale e mattutino
come surplus della giornata venatoria, di cui la croule primaverile (cioè
l’attesa delle aeree parate nuziali dei
maschi) era particolarmente apprezzata, dalla Francia alla Russia attraverso tutti i Paesi centro e nord eu(*) n.d.r.: prova ne sia che il Cocker
– cane da cerca – prende il nome da
wood-cock, cioè cane da beccaccia
ropei, coincidendo con la stagione
post invernale in cui le uscite erano
particolarmente invitanti e piacevoli
da molti punti di vista. E nessuno faceva caso al fatto che in tal modo si
eliminavano riproduttori selezionati,
pur colpendo quasi esclusivamente il
sesso maschile!
Naturalmente in ciascuna di queste
diverse specialità c’era chi eccelleva
e quindi aveva occasione di osservare molte beccacce; e se la curiosità ed il desiderio di conoscenza assumevano un ruolo prioritario rispetto
all’abbattimento, si materializzava il
contribuito ad evidenziare molte caratteristiche comportamentali e di
preferenze ambientali della specie.
Indimenticabili descrizioni “di caccia”
– e non solo – sono state magistralmente tracciate dalle penne di Tolstoi
e Turgenev!
Gli stessi ornitologi che ne parlarono
su trattati scientifici erano per lo più
anche cacciatori e comunque avevano occasione di avere in mano esemplari morti, salvo poi dover constatare che gran parte di quanto scritto
era inesatto o addirittura errato: aumentarono così – praticamente fino
dopo la seconda guerra mondiale –
anche le conoscenze sull’alimentazione della beccaccia (osservazione dei
contenuti stomacali) e la definizione
del sesso per autopsia; in alcuni Paesi del nord Europa si cominciarono
a inanellare beccacce e quindi a porre
le basi per valutare l’età e a calcolare la sopravvivenza (e speranza di
vita), soprattutto allorché venivano
inanellati soggetti nati da pochi mesi
(o addirittura da pochi giorni).
Solo a partire dai primi anni ‘70 presero il via alcune linee di ricerca seria (in Gran Bretagna, in Danimarca
ed in Francia) seguite poi da molti
altri Paesi. Comunque i risultati derivavano quasi sempre da beccacce
ammazzate e poi, fortunatamente,
anche studiate.
Lo studio in natura, su esemplari vivi,
ha preso slancio con l’evoluzione
delle micro-trasmittenti e il radiotracciamento dei segnali, ma è stato
supportato anche dal moltiplicarsi
dell’inanellamento, che ha ampiamente oltrepassato, in pochi decenni, il
centinaio di migliaia di beccacce erranti per i cieli e per i boschi d’Europa, partendo da località assai diverse. I soggetti catturati vivi a questo
fine hanno contribuito alla conoscenza dettagliata sullo stato, biometria,
età ecc. in vari momenti e regioni, tutte
tessere valide ad implementarne il
quadro e a dare adito a nuove interessanti ipotesi (ad esempio il comportamento delle diverse classi di età
ecc.). Addirittura l’analisi del sangue
ha bypassato il sistema dell’identificazione del sesso mediante autopsia
e lo studio della concentrazione del
deuterio (isotopo dell’idrogeno) in
poche penne fornisce dati sulle re-
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gioni di nascita.
Quindi più notizie …e qualche “ammazzatina” in meno!.
Tuttavia la ricerca ha bisogno di soldi, così come la politica ha bisogno
di voti; ed il sostegno all’aumento
delle conoscenze attinge al contributo passionale fornito dai cacciatori
(serbatoio di fondi e di voti): il gatto
che si morde la coda.
La caduta delle frontiere e la libera
circolazione, la facile comunicazione
informatica, un deteriore tipo di turismo venatorio organizzato, hanno
strumentalizzato la beccaccia, ormai
quasi l’unica specie del tutto selvatica sufficientemente diffusa, dando
corpo al sogno dei grandi carnieri
(massacri) che individua nella quantità delle uccisioni il simbolo di “grande cacciatore” di cui vantarsi! A dire
il vero – purtroppo – anche gli specialisti beccacciai col cane da ferma,
positivamente scremabili per la loro
filosofia, ne sono rimasti contagiati
(tranne doverose eccezioni) e, non
foss’altro per il “dovere” (la scusa)
di servire le ferme dei propri ausiliari, gli abbattimenti da loro procurati
si contano numerosi, spesso anche
in dispregio (o per semplice trascuratezza) dei limiti numerici previsti
dalle normative locali (…e per carità
di patria tralasciamo di parlare di
quanti fanno commercio delle molte
beccacce annualmente prese e conservate in capaci congelatori: anche
la tecnologia del freddo ha facilitato
la loro attività).
La caccia, inizialmente intesa come
prelievo finalizzato alla sussistenza
vitale, ha in seguito assunto un distorto significato mistico sempre meno
realistico, per il quale l’uccisione non
può essere passata sotto silenzio; ed
infatti i popoli cacciatori, che raggiungevano in tal modo soddisfazioni con
risvolti sempre più ludici, sentivano il
bisogno di “chiedere scusa” alle Divinità del bosco ed alle prede per
averne approfittato, uccidendole:
L’ammazza beccacce (Pagina 1 di 2)
ancor oggi in Mitteleuropa sopravvivono tradizioni che rendono onore
alla preda ed al cacciatore che l’ha
fatta propria (soprattutto per i grossi
mammiferi… più accomunabili alla
nostra specie!).
Ma la deformazione moderna della
caccia ha relegato ai margini questo
doveroso “risarcimento morale”, limitandolo tutt’al più a mal riusciti tentativi di miglioramento gestionale della
beccaccia (che se non fosse uccisa
dalla caccia, non avrebbe alcun bisogno di esser gestita!).
E qui si inserisce come un virus, sottilmente perverso, il noto motto di
Malbec, fatto proprio dal Club
National Bécassiers “Cacciare il più
possibile, uccidendo il meno possibile”, perché è consequenziale che,
se si caccia “di più”, sarà comunque molto difficile riuscire ad uccidere “di meno”. Forse aveva ragione Giancarlo Mancini quando scrisse a mio riguardo “Spanò non è un
cacciatore, ma un protezionista!”. Sta
di fatto che, malgrado le molte vite
che ho insensatamente stroncato nella
mia lunga attività venatoria, a me la
parola “uccidere” va per traverso (sia
che si tratti di passeri o fringuelli, quaglie, forcelli, starne, fagiani, anitre
e…beccacce…. o, peggio, lepri e
caprioli).
Tornando alla beccaccia, negli ultimi
decenni la ricerca ha sempre più utilizzato beccacce catturate vive nelle
aree protette, liberandole rapidamente dopo le indagini del caso e dopo
averle marcate. Certamente anche
questo provoca disturbo e stress agli
uccelli, ma è una pratica infinitamente meno pesante della persecuzione
prolungata che si verifica in caccia
con l’intermediazione di un predatore (il cane). D’altra parte molti bravi
ornitologi, a volte anticaccia dichiarati, non sarebbero mai diventati tali
se non avessero avuto modo – ed
entusiasmo/passione – di spiare e
catturare vivi gli uccelli oggetto della
loro attività.
Tutto questo ci porta ad una “mistica” della beccaccia.
Ferme restando le piramidi alimentari in cui le prede sono a disposizione dei predatori a conferma delle biodiversità ed ammessa l’esistenza della caccia, quest’ultima deve però essere ridotta nei modi, nei tempi e nei
numeri coerenti con la sua sostenibilità biologica; deve cioè essere riconsiderata la parte “ludica” dell’attività
venatoria per ricondurla su di un percorso “virtuoso” nel quale sopravvivano i significati della “cerca” della
potenziale preda con la intrigante
complicità del cane, svolta in solitario e con un prelievo minimale (non
più di un capo al giorno) evitando il
disturbo prolungato e ripetitivo in
momenti climaticamente negativi
(gelo e sedentarietà invernale), con
rigorosa e stretta regolamentazione
del turismo venatorio.
Si possono cioè tollerare i rituali valori sacrificali della caccia, purché
connessi con finalità di conoscenza,
destinati all’alimentazione domestica
del cacciatore e finalizzati allo sviluppo
delle facoltà del nostro cane.
La Morte è una realtà che conclude
il dono della Vita, il cui senso non può
essere privo di significato e merita un
profondo ripensamento che deve
andare ben oltre le lacrime di coccodrillo di quando diciamo “vorrei
poterle ridare la vita!”: per essere
credibili basterebbe – almeno qualche volta! – evitare di premere il dito
sul grilletto.
Sarà perché quest’anno non ho sparato nemmeno ad una beccaccia e
l’unica è stata l’immagine da sogno
ad occhi aperti, apparsami la sera del
20 gennaio alle 17,57 di Lei che saliva dalla valle contro la rossissima
linea del tramonto (in Piemonte la
caccia era chiusa dal 31 dicembre!).
Credo, che un po’ alla volta, dovremmo pur porci qualche riflessione del genere.
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N° 106 - Marzore 2016
COPPA EUROPA CONTINENTALI IN COPPIA
di Cesare Bonasegale
Un’inattesa modifica della Coppa Europa che arrischia di sconvolgere il senso
della più importante manifestazione della FCI per le razze Continentali.
Da Giancarlo Passini, Presidente del Kurzhaar Club Italiano e Vice Presidente della Commissione FCI per le razze Continentali da Ferma, mi è pervenuta la seguente comunicazione.
Nella riunione della Commissione svoltasi il 13 febbraio 2016 a Carmona in Spagna, era stato deciso
di strutturare la Coppa Europa Continentali in due
giorni e – fra le varie proposte – vi era anche quella
secondo cui in uno dei due giorni si sarebbe fatta con
turni in coppia. Al riguardo però non era stato stilato il relativo regolamento, a cui avrebbe dovuto dedicarsi il Presidente Peter Balke, che però non aveva potuto dedicarsi a tale impegno.
Di conseguenza la Coppa Europa 2016 che si terrà a
in Serbia a Nis il 20 e 21 marzo sarà solo sperimentale, per definire le future modalità della manifestazione in cui ciascuna nazione presenterà due squadre
di 4 soggetti (non necessariamente gli stessi) da cui
far scaturire due versioni delle Coppa Europa: nella
fattispecie, il 20 marzo si correrà la versione sperimentale da cui scaturirà unicamente il Campione ed
il Vice Campione individuale in coppia, mentre il tiL’argomento mi coinvolge direttamente per due motivi:
3perché la Coppa Europa Continentali nacque per mia personale
proposta, allorché venni delegato
dall’ENCI a rappresentare l’Italia
nella Commissione FCI; ed infatti
scrissi di mio pugno il regolamento,
introducendo la fondamentale innovazione (rispetto alla preesistente
versione della Coppa Europa degli
Inglesi) che assegna un bonus di 2 e
3 punti alle squadre in cui sono presenti rispettivamente almeno 3 o 4
tolo a squadre verrà disputato nelle prove con turno
a singolo che si svolgeranno il 21 marzo.
Nella riunione della Commissione FCI che avrà luogo il 19 marzo si dovrà affrontare il problema di come
far svolgere la Coppa Europa Continentali, anche in
considerazione del fatto che le razze da ferma italiane, pur essendo assolutamente competitive in termini di efficienza, a causa della loro andatura di trotto
non possono concorrere in coppia con razze
galoppatrici.
Da cui l’eventuale opportunità di strutturare la Coppa
Europa Continentali in due versioni separate, una
con turni a singolo ed un’altra con turni in coppia.
In chiusura, l’argomento rende di attualità la ventilata opportunità di ridurre le prove riservate ai Continentali italiani e la loro valutazione e confronto nelle
prove con gli “esteri”. La SABI ed il CISp hanno il
compito istituzionale di decidere in merito.
razze. La Coppa Europa Continentali deve infatti essere non una competizione, bensì una rassegna zootecnica delle razze Continentali allevate
nei Paesi della FCI.
3perché fui io a presiedere la Commissione che introdusse in Italia il turno a singolo per i Continentali (che
sino ad allora correvano in coppia
come gli Inglesi), modifica motivata
dai disastrosi risultati nelle prove in
coppia di tutte le razze Continentali; il regolamento italiano introdusse anche la verifica in coppia dei cani
classificati in turno a singolo che è
stato reintrodotto dal gennaio 2016
in virtù di un apposito turno in coppia di 3 minuti a cui vengono sottoposti tutti i cani classificati nel turno a
singolo.
A mio avviso, la motivazione per cui
la Commissione FCI delle razze Continentali vuole introdurre la versione
della Coppa Europa “in coppia” è
una deformazione di quanto avviene
nelle Coppe Europa dei Kurzhaar e
degli Epagneul Breton, che si corrono in due giorni (come del resto av-
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viene per la Coppa Italia), cosa che
conferisce un risultato più probante
e meno dipendente dalla fortuna.
Ed in questo senso concordo sull’opportunità di estendere la Coppa
Europa da uno a due giorni, (ripetendo cioè in ciascun giorno il turno
a singolo).
A questo proposito semmai si potrebbe introdurre un’altra fondamentale
verifica relativa al riporto, il cui superamento dovrebbe essere la premessa per la partecipazione alla seconda giornata di prove (sempre a
singolo!!!). A questo scopo si potrebbe anche modificare la data della Coppa Europa, trasformandola in
prova autunnale, dedicando la seconda giornata in prova (sempre a singolo) con selvatico abbattuto.
Quel che voglio enfaticamente sostenere è che i Continentali sono concepiti per cacciare in terreni diversi
da quelli in cui gli Inglesi fanno la
Grande Cerca e che per loro il turno
a singolo è l’imprescindibile condizione per svolgere una cerca intelligente in funzione del terreno che debbono esplorare.
Coppa Europa Continentali in coppa (Pagina 2 di 2)
Quanto poi all’opportunità da alcuni
ventilata che i Continentali italiani
corrano sistematicamente nella “Libera Continentali” anziché nella
“Continentali italiani” (eventualità a cui
la nota di Passini dedica un commento a piè di pagina), convengo che le
nostre razze da ferma beneficiano di
un provvedimento concepito oltre
mezzo secolo fa per proteggerle dalla
crisi qualitativa in cui versavano. Non
a caso è una situazione che non ha
l’equivalente in altri Paesi d’Europa
ed al quale prima o poi dovremmo
rinunciare, a conferma che la qualità
dei nostri Bracchi e Spinoni è competitiva, tanto più che – correndo a
singolo – la diversa andatura non è
motivo di interferenza.
Mi rendo conto che un simile provvedimento incontrerebbe vivaci opposizioni perché – come sempre –
rinunciare a dei benefici è impopolare. Ed allora si potrebbe almeno imporre che per essere proclamato
Campione di lavoro, un Continentale italiano dovrebbe fare un’importante qualifica (un Eccellente?) in una
Libera Continentali.
Ma questi sono problemi della SABI
e del CISp, che nulla hanno a che
vedere con la Coppa Europa e che
dovranno esser affrontati in separata
sede.
Tre ultime annotazioni.
1)In seno alla FCI, l’Italia ha (e deve
avere) un peso proporzionale all’importanza del nostro allevamento, che
è pari o superiore a quello degli altri
due maggiori Paesi. E lo dico per
esperienza a suo tempo vissuta, allorché in quella sede ho fatto valere
le nostre ragioni.
2) Le decisioni prese dalla FCI devono essere riflesse (e condivise) in
sede nazionale dove l’ENCI ha il
potere ed il dovere di chiedere che
la propria voce venga ascoltata e
presa in giusta considerazione dalla
FCI.
3)Posto che le decisioni della Commissione FCI hanno valore esecutivo, è buona norma che i componenti
della Commissione Federale – prima di assumere decisioni – abbiano
modo di ottenere l’assenso del Direttivo del Paese da loro rappresentato.
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N° 106 - Marzo 2016
UNA SETTIMANA DI PROVE SU PERNICI SARDE
di Gabriele Cinellu
Buona partecipazione alla settimana sarda con concorrenti solo dell’Isola.
Numerose le pernici, hanno consentito incontri a tutti partecipanti
Gabriele Cinellu con Mac di San Pietro e Gesuino Noce con Peggy.
In Sardegna l’avvicinarsi della primavera consegna campi che le piogge
invernali hanno reso rigogliosi e che
nei territori della Marmilla – e più
precisamente a Gonnostramatza,
sede storica delle prove cinofile -–
hanno il verde intenso del grano appena germinato e delle infinite distese di ricchi pascoli. E come di consueto, in Febbraio si è svolta la “set-
timana sarda”, l’appuntamento
cinofilo con prove ENCI in zona
DOC per Continentali italiani ed
esteri, organizzato dalla Delegazione
CISp della Sardegna in collaborazione col gruppo cinofilo Cagliaritano.
Numerosa la partecipazione, anche
se unicamente di cinofili sardi; per la
prima volto sono infatti mancati i concorrenti provenienti dalla Penisola,
malgrado sia stata organizzata una
Speciale Spinoni annunciata e
reclamizzata sul sito del Club. Un
vero peccato, perché la presenza
delle pernici sarde (alectoris barbara) è stata ottima, superiore alle precedenti edizioni, così da permettere
l’incontro a tutti i cani in campo. E di
ciò il merito è soprattutto del Sig.
Francesco Abis, gestore dell’immen-
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sa zona dove si sono svolte le prove
e dei suoi collaboratori che per tutto
l’anno le hanno sistematicamente
protette dai predatori (…e dai bracconieri!) non facendo loro mancare
cibo e soprattutto l’acqua che durante i mesi estivi scarseggia e rende
necessaria la creazione di punti d’abbeverata trasportando per chilometri pesanti bidoni (anche a spalle). Il
risultato è un prezioso patrimonio
faunistico in un ambiente che nulla ha
da invidiare alle decantate palestre
cinofile della Serbia e della Croazia.
Altra nota positiva, è il sempre crescente numero di appassionati
spinonisti sardi, che vanno ad incrementare le iscrizioni al CISp ed indirettamente all’ENCI.
Le prove sono state giudicate dagli
Esperti dott. Colombo Manfroni,
Dott. Calmieri e dal croato Franco
Girsinica, che si sono alternati a rotazione nel giudicare le batterie.
Una settimana di prove su pernici sarde (Pagina 2 di 2)
Dopo una settimana di prove, il più
premiato tra gli Spinoni maschi è risultato il roano marrone Mac di San
Pietro (LOI 1292121), figlio di Falco di Morghengo x Diana di Cascina Croce, nato a Bareggio nell’allevamento San Pietro del Dott. Cribiori, di mia proprietà.
Tra le femmine, si è messa in mostra
la giovanissima debuttante Peggy
(LOI 1499775) lei pure roana marrone, di proprietà di Gesuino Noce,
allevata da Flavio Galletti di Volta
Mantova, figlia di Resto del Restone
x Rua.
Di Mac di San Pietro ho un’opinione ovviamente di parte perché è il mio
cane: posso solo dire che a quattro
anni è già Campione italiano ed internazionale di Bellezza e che sul suo
libretto di lavoro ci sono qualifiche
ottenute in prove ENCI su selvaggina naturale e su pernici sarde (dettaglio non trascurabile perché sulla
selvaticità della alectoris barbara non
ci sono dubbi!); aggiungo che è il
cane da caccia che tutti vorrebbero
avere.
Di Peggy sottolineo che sia lei che il
suo appassionato proprietario Gesuino Noce sono magnifici debuttanti,
cresciuti alla dura scuola della caccia vera, fatta di lunghe giornate passate a rincorrere e fermare pernici e
beccacce sui graniti della Gallura. E
se superi quegli esami, tutto il resto
diventa facile.
L’anno prossimo – previo consenso
della Direzione del CISp – organizzeremo un’altra settimana di prove,
fra cui la Speciale Spinoni a cui spero non mancheranno di partecipare
amici e colleghi spinonisti dalla Penisola.
Spinonisti di tutta Italia: la Sardegna
e le sue magiche pernici vi attendono!
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N° 106 - Marzo 2016
PROVE DI NOVARA
IL TROFEO MECO MIRAMONTI
A FARUK DELLA BECCA
di Giampiero Giroldi
Grande prestazione e CACIT a Tancredi di Morghengo nella “libera Continentali italiani.
Faruk della Becca vince la Speciale Spinoni. Gabelli porta definitivamente a casa il Trofeo
Sabato 6 e domenica 7 febbraio
2016 appuntamento a Novara per
Bracchi italiani e Spinoni, CACIT in
libera e CAC in Speciale Spinoni,
Trofeo “Meco Miramonti” giunto alla
quinta edizione.
Raduno presso l’agriturismo la Biula
a Carpignano Sesia.
Sabato mattina per il CACIT in libera Continentali italiani solo 6 i presenti: tre Spinoni condotti da
Giancotti, uno da Quargnolo e due
Bracchi italiani condotti da Codraro
e da Fortina.
Accompagno questa batteria giudicata dall’Esperto Danilo Sassarini
nella ZRC di Carpignano ed ho quindi occasione di assistere da vicino per
potervi raccontare.
Primo Turno: Nené di Morghengo,
Spinone condotto da Giancotti,
sganciato in prossimità di fossato ai
margini di un grosso campo di mais,
accenna una ferma che prontamente
risolve, qualcosa c’era stato, riparte
con buona decisione ma non mette
in campo quell’ordine e convinzione
indispensabili per domare questi selvatici. Il turno si conclude con un nulla
di fatto.
Secondo Turno: Pocevera’s Theo,
Bracco italiano condotto da
Codraro, si fa guardare per l’impegno ma non per la classe; a fine turno a margine di bosco ferma deciso
ma non conclude.
Terzo Turno: Tuono di Morghengo,
Spinone condotto da Giancotti, cane
che avevo visto e seguito, sino all’età
di due anni, negli allenamenti sia in
Italia che all’Estero; il soggetto è
maturato e mette in campo tutta quella decisione e continuità che allora
forse gli mancavano; stile e classe li
ha sempre avuti, d’altronde queste
non possono essere frutto d’insegnamento. Sganciato a margine di
pioppeto con ampi arati sulla destra,
parte deciso e setaccia il pioppeto,
allunga ad ispezionare la bordura di
rovi che in fondo lo delimita, esce
sugli arati e li macina andando a portare il suo naso sulle quattro paglie
che lontane, lungo un filare di pioppi
possono far pensare alla presenza di
un selvatico. Il turno continua sino a
quando, a margine di un lungo
gerbido, avverte e risale a lungo sino
a fermare deciso: il conduttore accorre ma purtroppo all’involo non
rimane corretto, sarà CQN.
Quarto Turno: tocca al fratello –
Tancredi di Morghengo – sempre
condotto da Giancotti, una macchina da guerra, grinta e decisione che
a tratti vanno oltre i limiti consueti,
parte concentrato, destra e sinistra,
da strada a strada a battere un pioppeto,
passa oltre e taglia l’arato che gli si
presenta e va a toccare tutti gli angoli ricettivi sino a quando lungo un
gerbido aggancia l’emanazione di al-
cuni fagiani che scaltri si sottraggono
di pedina, deciso la risale sin dove la
strada delimita il gerbido e qui ferma
perentorio. Giancotti accorre, i fagiani partono e lui corretto li guarda ed
attende di essere legato: sarà CAC
CACIT dopo i turni di conferma.
Quinto Turno: Gigi, Spinone di Quargnolo, altro grosso soggetto che mette sul terreno tutta la sua classe e
determinazione, sempre composto,
svolge un grosso turno che gli varrà
anche il richiamo ma purtroppo non
incontra.
Sesto ed ultimo Turno: è la volta di
Caravaggio, bracco italiano, condotto
da Fortina, il soggetto a tratti spolvera tutta la classe che in passato gli
è valsa i meritati titoli di cui si fregia,
ma le lepri gli sono avverse, ne rispetta una prima ma alla seconda si
lascia trarre dalla scia odorosa rendendosi sordo ai richiami del conduttore.
Domenica, pioggia a catinelle ma per
la speciale Spinoni, a contendersi il
trofeo “Meco Miramonti” sono presenti ben sedici Spinoni.
Due le batterie poste al giudizio di
Cortesi e Bonasera.
Il brutto tempo ed il disturbo arrecato il giorno precedente rendono le
cose alquanto difficili e quindi a mettersi in evidenza sono sempre e solo
i grossi cani: da una parte i soliti tre,
Tancredi, Nenè che in questa gior-
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nata è stato a tratti entusiasmante sino
a che la giovane età lo ha portato a
strafare su di un maschio che tentava
di sottrarsi di piede e quindi decidere di involarlo; infine Tuono che dopo
un turno impressionante per intensità, convinzione, perfettamente impostato sul terreno messogli a disposizione, va in ferma ma il fagiano è già
lontano in fondo alla risaia, dove si
dilegua. Richiamato, conferma la prestazione e va a fermare a margine di
filari di ciliegio; all’accorrere del conduttore però, vedendo il maschio che
di piede gli si sfila, non resiste e carica.
Nell’altra batteria, giudicata da Bonasera, due i soggetti in evidenza,
entrambi dell’allevamento della Becca di Ambrogio Garbelli, Denise e
Faruk, tutti e due condotti da Rebaschio.
La giovane Denise svolge turno nella
grande nota, trotto spigliato, bel portamento di testa, cerca aperta e ben
impostata sul terreno ma purtroppo
a fine a turno dà un po’ troppa con-
Trofeo Meco Miramonti (Pagina 1 di 2)
fidenza a due femmine di fagiano che
prima che la cagna le fermi si mettono i volo: peccato, poteva mirare in
alto.
Faruk, il cane c’è e sicuramente si
può annoverare tra i grossi Spinoni
oggi in attività; elegante nelle movenze, spigliato, deciso nella cerca a tratti
portata al limite, d’altronde è soggetto da starne, cioè il selvatico su cui
questo modo di osare è indispensabile… ma anche su questi “fagianacci” dice la sua ed infatti si aggiudica
ottimo punto che gli varrà la qualifica
di primo Eccellente .
A fine giornata, tra gli applausi dei
presenti è quindi stato consegnato ad
Ambrogio Garbelli il trofeo della
quinta edizione del “Meco Miramonti”, un bronzo del compianto artista
Cesare Rabitti, vinto da Faruk della
Becca, condotto da Rebaschio. E
tenuto conto che in una precedente
edizione il trofeo era già stato vinto
da Cino della Becca, sempre di Gabelli, ai sensi del regolamento diven-
ta definitivamente suo, a testimonianza degli ottimi soggetti che produce
il suo allevamento. Concludendo mi
siano concesse due considerazioni:
la prima, il Trofeo Meco Miramonti
che l’anno scorso si era definitivamente accasato da Fusi, (anche lui
vincitore in due edizioni) ha premiato (e spero gratificato) i due più importanti allevamenti di Spinoni del
Nord Italia, e rappresenta la conferma che le prove si svolgono su “selvatico vero”, l’esito premia solo i
migliori.
la seconda, più che una considerazione, è il ricordo di un Spinone che
mi ha entusiasmato ed emozionato
sino alle lacrime: Falco di Morghengo, morto ad undici anni, la sera antecedente queste prove dove tre suoi
figli Tancredi, Tuono e Nenè hanno
avuto modo di onorarne la memoria
con prestazioni e risultati degni di
cotanto padre.
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N° 106 - Marzo 2016
DELEGAZIONE SABI TOSCANA
LA FESTA DEL BRACCO ITALIANO
di Alessandro Vigni
Numerosa partecipazione alla festa del Bracco italiano della Delegazione Toscana della SABI.
Il 7 febbraio scorso la magia di
San Galgano ha accolto i braccofili – e relative famiglie – della
Delegazione Toscana della SABI,
che si sono quindi spostati a brevissima distanza nella bellissima
campagna circostante per la rituale prova di tipo Sant Uberto e – lì
dappresso – per un’attitudinale
destinata ai cuccioloni, che sono l’occasione per promuovere una bella
giornata per quanti condividono la
passione del Bracco italiano e con la
presenza di chi non avrebbe mancato di diffondere cultura cinofila.
Così come era avvenuto per la
“Mondiale a San Gimignano”, una
volta ancora la SABI ha scelto di indire la bella manifestazione in località ricche di storia – così numerose in
provincia si Siena – ovvero in vista
della stupenda Abbazia cistercense
e della Rotonda di Montesiepi, con
la mitica “spada nella roccia”, monumenti spesso usati per importanti
rappresentazioni teatrali, concerti ed
utilizzati come set per film.
Ne è nato così un magnifico connubio fra i valori storici della più antica
razza da ferma e la terra che è stata
preziosa culla di civiltà.
Si è cominciato molto bene fin dal
primo mattino al ritrovo nell’agriturismo vicino all’Abbazia, dove una tavola imbandita di dolci, biscotti, pane
toscano e bruschette, arricchite da
olio toscano, hanno dato il benvenuto. A far da padron di casa il Presidente Cesare Manganelli, che per
l’occasione sfoggiava un vistoso cappello in stile “cowboy”, affiancato da
Giancarlo Cioni ed Alessandro Ermini, questi ultimi indaffarati nelle pratiche amministrative della segreteria,
cioè iscrizioni, consegna delle tessere, distribuzione di gadgets e acquisizione di alcuni nuovi Soci.
Dopo di che i presenti si sono divisi
fra coloro che avrebbero partecipato alla Sant Uberto ed i proprietari
di cuccioloni che avrebbero dato vita
all’attitudinale.
Ovviamente le prove erano su selvaggina liberata al momento, cioè per
lo più fagiani che si sono dimostrati
accaniti pedinatori; il maltempo (che
ci ha risparmiato la pioggia, ma che
ha imperversato con un vento che ha
reso problematica la percezione
olfattiva) aveva sconsigliato di utilizzare altri tipi di selvaggina che in caso
di pioggia avrebbe avuto difficoltà a
levarsi in volo.
Il vincitore della Sant Uberto è stato
Icaro, maschio bianco arancio di
Marconi che ha dimostrato avidità
nella cerca, ferma espressiva e buon
riporto. Non a caso si tratta di un figlio di Mister di Cascina Croce, il
Campione di Lavoro di Cesare
Manganelli, ancora addolorato
per la recente dipartita del suo
fedele bracco.
Molto positiva, inoltre, Iole, la
femmina bianco marrone di Scortecci che ha dimostrato brillanti
qualità venatorie e Scarama, il
maschio bianco arancio di Lippi,
anch’esso protagonista di un buon
turno.
Al termine delle prove, tutti a pranzo
all’agriturismo, letteralmente gremito per la presenza di un così grande
numero di commensali, dove abbiamo gustato prelibatezze della cucina
toscana.
Dopo il dessert, Gaincarlo Cioni ha
fornito dettagli sulle relazioni dei cani
che si sono cimentati nella Sant
Uberto, commentando in particolare le frequenti lacune constatate nel
riporto. È stata quindi la volta dei
bellissimi premi offerti dal Consigliere Ermini, consegnati dal Presidente
Manganelli.
Per finire il Presidente onorario, Cesare Bonasegale, ha intrattenuto i
presenti con alcune osservazioni sulla razza, seguito da annotazioni del
dresseur professionista (e Socio
Onorario della SABI) Gastone Puttini
che nella sua lunga carriera (ormai
conclusa) si è dedicato soprattutto ai
Bracchi italiani.
E con ciò si può giustamente dire che
il raduno annuale delle Delegazione
Toscana della SABI è ormai una bella
tradizione.
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La festa del Bracco italiano(Pagina 1 di 5)
UN RADUNO CHE MERITA DI ESSERE RIPETUTO
di Giancarlo Cioni
Lo strano inverno che ci sta accompagnando aveva messo a rischio l’annuale raduno organizzato dai Delegati SABI della Toscana nello splendido scenario di San Galgano: un’abbazia del 1200 nel mezzo della campagna Toscana con la Cappella di
Montesiepi, famosa per la spada nella roccia, a farle da guardia sopra la
collina dove la leggenda vuole che
abbia vissuto San Galgano nel suo
ultimo anno di vita.
L’agriturismo, a pochi passi da questi stupendi monumenti, aveva messo in piedi un’ospitalità degna di quelle favolose cornici. La mattina all’arrivo una ricca tavola attendeva i partecipanti con dolci locali ed affettati
toscani che hanno trovato l’ampio
consenso di tutti.
Anche Giove Pluvio ci ha dato una
bella mano in quanto, al contrario
delle previsioni meteorologiche letteralmente disastrose, ci ha concesso una tregua che ha reso possibile
mettere in atto tutto quanto programmato e cioè: una Santuberto, giudicata da Leonardo Antonielli ed uno
spazio riservato ai soggetti più giovani dove la presenza di Gastone
Puttini e Fabio Angelini ha consentito di far tesoro della professionalità
dei due dresseur e di poter, con piena soddisfazione, vedere all’opera i
giovani bracchi presenti alla manifestazione.
Nella Santuberto 13 bracchi all’esame di Antonielli in uno spazio molto
ampio, ma dove la vegetazione rada,
tipica della stagione, non consentiva
un idoneo ricovero ai fagiani, per cui
si è assistito ad una serie di azioni
caratterizzate da lunghissime fasi
dove i selvatici si sottraevano di piede con conseguenti comportamenti,
da parte dei bracchi, non sempre ideali.
Quello che però ha negativamente
impressionato è stata l’esecuzione del
riporto che solo in pochi casi è stato
idoneo, facendo suonare un campanello d’allarme, tenuto conto che si
tratta di cani adibiti alla caccia.
Nuovi appassionati si sono fatti vedere in questa occasione ed era piacevole vederli inseriti nei capannelli
alla ricerca di spiegazioni e chiarimenti sugli atteggiamenti, per loro non
sempre comprensibili.
Alla fine solo tre soggetti hanno completato, anche se con alcune sfumature non del tutto positive, l’esibizione e la classifica stilata da Antonielli
– in veste di giudice – è stata la seguente: primo Icaro di Marconi, che
non ha impressionato per l’azione, ma
ha svolto un lavoro idoneo fermando un fagiano che all’involo è stato
abbattuto e riportato sollecitamente.
Al secondo posto il maschio di Betti:
buono l’impegno, ampia la cerca,
selvatico ben indicato, ma al momento del riporto il bracco ha pensato
bene di abboccare per poi andarsene a fare un lungo giro per il campo,
prima di completare il riporto.
Al terzo posto la giovane bracca di
Tommaso Bencini che ha subito in-
dividuato il selvatico inchiodandolo
con una bella ferma in stile ed a lungo sostenuta; all’involo è accorsa al
riporto ma, anche a causa della giovane età, si è messa a giocare con la
fagiana.
A seguire altre belle prove da parte
dei bracchi di Lippi, Spadacci,
Bencini ed altri, ma tutti con turni
caratterizzati da mancati abbattimenti
o riporti non effettuati.
A tavola la situazione è sicuramente
migliorata: ben 63 commensali ai tavoli in un ampio salone intenti a gustare le specialità toscane preparate
ottimamente dalla cucina dell’agriturismo.
Il convivio è stato ravvivato dagli interventi del Presidente SABI Cesare Manganelli, dal Presidente Onorario Cesare Bonasegale oltre a
Gastone Puttini.
I Delegati Toscani approfittano di
queste pagine per ringraziare tutti i
partecipanti ad ogni titolo intervenuti, assicurando che non sarà tralasciata
occasione per ripetere un simile
evento a primavera inoltrata sia per i
valori aggreganti di quanti condividono la bella passione del Bracco italiano, sia per approfondire le verifiche tecniche sullo stato evolutivo della
razza.
Un particolare ringraziamento a Fausto Nardi che ha dimostrato la sua
abilità professionale immortalando la
manifestazione con molte belle fotografie, di cui quelle delle pagine seguenti sono un chiaro esempio.
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La festa del Bracco italiano (Pagina 3 di 5)
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La festa del Bracco italiano (Pagina 4 di 5)
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Come annunciato da diversi mesi, Continentali da ferma prosegue a