Aprile-Giugno 2013 • Vol. 41 • N. 170 • Pp. 87-93 Vaccinazioni La paura delle vaccinazioni: le motivazioni dell’opposizione e dell’esitazione da parte dei genitori Alberto E. Tozzi Area di ricerca di Malattie Multifattoriali e Fenotipi Complessi, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma Riassunto Il fenomeno dell’opposizione alle vaccinazioni e del timore degli effetti collaterali associati alle vaccinazioni ha radici lontane, all’origine delle strategie vaccinali. Numerosi effetti collaterali attribuiti alle vaccinazioni hanno causato un incremento della preoccupazione del pubblico nei confronti della sicurezza dei vaccini. Sono stati condotti numerosi studi per verificare una possibile associazione tra alcuni effetti collaterali gravi e vaccini specifici e invariabilmente tali studi hanno dimostrato un bilancio rischi/benefici favorevole alle vaccinazioni. La difficoltà di trasmettere informazioni adeguate circa i presupposti delle strategie vaccinali si è acutizzata in concomitanza della pandemia influenzale. È necessario ripensare alle risorse che dovrebbero essere offerte al pubblico in termini di informazioni e partecipazione ai processi decisionali delle vaccinazioni. Summary The opposition to vaccines and the fear of side effects associated with immunizations have early roots at the start of immunization strategies. Several adverse events alleged to immunization have increased the public concern about safety of vaccines. Several studies conducted to investigate the potential association of specific vaccines and severe adverse events, have systematically demonstrated a risk/benefit balance in favor of immunizations. The issue of correctly transmitting information on immunization strategies exacerbated during the 2009 influenza pandemic. We should re-think about the resources that should be offered to the families, in terms of information and participation in decisional processes on immunizations. Introduzione Il fenomeno dell’opposizione alle vaccinazioni conosce in questi anni una forte ripresa nei paesi industrializzati, Italia compresa. Nel solo 2012 si sono susseguiti nel nostro Paese numerosi episodi, che hanno messo in discussione la credibilità delle strategie vaccinali e la fiducia nelle vaccinazioni, con grande sconcerto dei genitori, specie di quelli che si apprestano ad eseguire le vaccinazioni di routine per i propri figli (vedi box). La fitta sequenza di eventi ha innescato una vera tempesta mediatica e, parallelamente, un aumento delle preoccupazioni dei genitori. Nello stesso tempo, l’interesse dei media ha rimesso in evidenza l’attività dei movimenti, che si oppongono alle vaccinazioni e che denunciano la certezza dell’associazione tra vaccinazioni ed alcuni gravi eventi avversi. Perché succede tutto questo? Un’analisi storica che permetta di comprendere gli eventi scatenanti e le modalità per rispondere ai pressanti quesiti dei genitori sono il tema di questo articolo. Breve storia dei movimenti antivaccinali Dopo la scoperta di Jenner e la pubblicazione del successo della vaccinazione contro il vaiolo nel 1796, le vaccinazioni hanno presto conosciuto una decisa opposizione. La nascita dei primi movimenti di opposizione risale in Gran Bretagna al 1853, fino alla creazione di un gruppo organizzato nel 1867, The Anti-compulsory Vaccination League (Wolfe, 2002). A quell’epoca l’applicazione dell’obbligo vaccinale era inappellabile e i trasgressori venivano multati e talvolta imprigionati. Negli Stati Uniti il primo gruppo contro le vaccinazioni viene creato nel 1879, dopo la visita del leader delle organizzazioni antivaccinali inglesi: è la Anti-Vaccination Society of America (Worl- Box Gli eventi sui vaccini con maggiore risonanza sui media del 2012 Nel mese di marzo 2012, il Tribunale di Rimini ha riconosciuto un indennizzo per danni causati dalla vaccinazione alla famiglia di un bambino, che a breve distanza dalla vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia ha sviluppato disturbi dello spettro autistico, associati a un ritardo cognitivo di media gravità (Tribunale Ordinario di Rimini, 2012). Nel mese di settembre, il Tribunale di Rieti ha riconosciuto un ulteriore indennizzo alla famiglia di un bambino, che dopo le vaccinazioni di routine del primo anno di vita, ha sviluppato un diabete di tipo 1 (Tribunale di Rieti, 2012). La Corte d’Appello di Torino, durante il mese di luglio, ha riconosciuto un indennizzo milionario ad una famiglia, la cui figlia dopo la vaccinazione contro difterite e tetano, ha sviluppato febbre, convulsioni e successivamente è entrata in coma. La Corte ha anche condannato il medico che, secondo la sentenza, avrebbe dovuto somministrare un farmaco cortisonico per prevenire l’accaduto (La Repubblica, 2012). Il CODACONS, nel mese di luglio, durante la vivace discussione politica sulla spending review, ha proposto di sospendere la vaccinazione contro pertosse e Hib, per conseguire un risparmio cospicuo dei fondi sanitari (CODACONS, 2012). Durante l’autunno, la distribuzione di un vaccino influenzale sul territorio italiano è stata sospesa per una possibile contaminazione durante la produzione. I vaccini ritirati sono stati poi rilasciati, perché rispondenti ai requisiti standard previsti dalla legge (Ministero della Salute, 2012). Una commissione di inchiesta del Senato sta studiando la relazione tra le vaccinazioni effettuate al personale militare in missione all’estero e l’insorgenza di patologie tumorali (Senato della Repubblica, 2012). 87 A.E. Tozzi fe, 2002). La letteratura del periodo è ricca di contributi da parte di questi gruppi, che pubblicarono numerosi pamphlet, saggi e riviste sull’argomento. Da allora ai giorni nostri, le azioni dei movimenti contro le vaccinazioni si susseguono regolari con una sconcertante costanza degli argomenti alla base dell’opposizione (Wolfe, 2002). Nel 1973 un medico inglese, John Wilson, comparve in televisione per commentare i risultati di un proprio studio, nel quale si concludeva che a causa della vaccinazione contro la pertosse ogni anno in Gran Bretagna venivano osservati 100 bambini con danno cerebrale (Offit, 2012). In quell’anno la copertura vaccinale per la pertosse era del 79%. La Gran Bretagna sperimentò un’epidemia di pertosse memorabile negli anni successivi, a causa della diminuzione della copertura vaccinale che era del 31% nel 1977. Nel 1982, una TV americana mandò in onda un documentario dal titolo Vaccine Roulette. Nel documentario vennero presentati una serie di casi di malattia neurologica insorti dopo la vaccinazione contro difterite, tetano e pertosse, attraverso la testimonianza dei genitori (Offit, 2012). È l’inizio dei movimenti antivaccinali dell’era moderna ed il vaccino sotto accusa è la componente pertosse del vaccino difterite-tetano-pertosse (DTP). Dal movimento di opinione relativo a questa trasmissione nasce il movimento DPT, Dissatisfied Parents Together, che negli anni ’90 diventa National Vaccine Information Center (Offit, 2012). Nel più recente periodo, i movimenti che si oppongono alle vaccinazioni si sono concentrati sulla diffusione delle informazioni attraverso Internet. Alcuni di questi movimenti in realtà dichiarano di voler sostenere le attività vaccinali in favore della sicurezza dei prodotti disponibili (Poland e Jacobson, 2012). La maneggevolezza e la facilità d’uso di Internet hanno permesso alle comunità online che si oppongono alle vaccinazioni di diventare popolari, oltrepassando i confini nazionali e superando le barriere linguistiche (Kata, 2012). I miti e i risultati controversi: gli effetti collaterali gravi imputati alle vaccinazioni Sindrome di Guillain-Barré e vaccino influenzale Nella stagione influenzale, tra il 1976 e il 1977, venne segnalata un’inusuale elevata frequenza di sindrome di Guillain Barré dopo Figura 1. Un disegno satirico che raffigura Edward Jenner mentre somministra il vaccino del vaiolo ad alcune donne. La vaccinazione, nella vignetta, fa crescere parti bovine sul corpo dei vaccinati. (Fonte: Library of Congress, Prints & Photographs Division, LCUSZC4-3147; Wikimedia) 88 la vaccinazione influenzale contro un ceppo A(H1N1) negli USA (Lngmuir et al., 1984). A seguito di quest’osservazione e dalla revisione di una serie di studi da parte dell’Institute of Medicine nel 2003, quest’ultimo concluse che le evidenze disponibili erano in favore di una relazione causale tra il vaccino utilizzato nel 1976-77 e la sindrome di Guillain-Barré nell’adulto (Institute of Medicine, 2003). La relazione causale tra vaccino antinfluenzale e sindrome di Guillaine-Barré è stata messa in discussione nelle stagioni influenzali successive, durante le quali non è emersa la presenza di alcuna associazione. Alla luce della revisione di diversi studi, l’Institute of Medicine ha concluso più recentemente che le evidenze epidemiologiche disponibili depongono per l’assenza di una relazione causale tra vaccinazione ed evento, ma che questa non può essere esclusa categoricamente e che le evidenze disponibili sono insufficienti per accettare o rigettare tale relazione (Stratton et al., 2012). Un recente studio effettuato in Canada ha mostrato una modesta associazione tra la vaccinazione influenzale A(H1N1) effettuata nel 2009 e l’insorgenza di sindrome di Guillain-Barré (De Wals et al., 2012). In questo studio, in cui sono stati rivisti tutti i casi di sindrome di Guillain-Barré verificatisi durante la stagione influenzale, i 4 casi pediatrici riportati durante la sorveglianza in età compresa tra 6 mesi e 9 anni non avevano ricevuto la vaccinazione o l’avevano ricevuta più di 8 settimane dall’insorgenza della malattia (De Wals et al., 2012). Dall’insieme degli studi disponibili sembra evidente che l’associazione tra vaccino influenzale e sindrome di Guillain-Barré, nella stagione tra il 1996-97, fosse sostanziale ma che nelle stagioni che si sono susseguite, se il rischio esiste, questo è limitato alle persone oltre i 50 anni e che potrebbe forse giustificare l’osservazione di un caso di malattia addizionale ogni milione di dosi somministrate (Nelson, 2012). Sclerosi multipla e vaccino contro l’epatite B Tra il 1995 e il 1997 furono osservati diversi casi di sclerosi multipla a distanza di poche settimane dalla somministrazione di vaccino antiepatite B, ricombinante durante una campagna vaccinale di massa in Francia (Mashall, 1998). Sulla base di alcuni risultati preliminari di alcuni studi condotti in Francia e in UK che fornivano risultati non conclusivi, il governo francese decise di interrompere la campagna vaccinale nel 1998 (Hall et al., 1999). Diversi studi hanno successivamente esaminato la possibile associazione tra vaccino epatite B e sclerosi multipla. Una revisione sistematica di nove studi effettuati sull’argomento non ha permesso di raggiungere evidenze conclusive circa questa associazione (Demicheli et al., 2003). La discussione su questo argomento tuttavia è rimasta vivace fino al recente passato, quando due studi hanno suggerito la necessità di riesaminare i dati a disposizione a causa di una possibile associazione (Mikaeloff et al., 2009; Herna’n et al., 2004). I risultati di questi studi, ampiamente diffusi dalla stampa, non avevano una giustificazione statistica sufficiente per essere considerati solidi. Una più recente revisione sistematica ha ripreso in esame l’argomento, includendo 12 studi (Martínez-Sernández et al., 2012). Questa revisione ha escluso la presenza di un’associazione ed ha discusso dettagliatamente i limiti metodologici degli studi, che invece sembravano suggerire una relazione tra vaccinazione e malattie demielinizzanti. Data la genesi presumibilmente multifattoriale della malattia, compresa una predisposizione genetica, gli autori ammettono tuttavia la difficoltà di raggiungere risultati definitivi e la necessità di condurre ulteriori studi di grandi dimensioni. L’eventuale rischio associato alla vaccinazione, considerando le stime degli studi che hanno suggerito questa associazione, è tuttavia estremamente modesto e non giustifica la rinuncia al beneficio della vaccinazione. La paura delle vaccinazioni Encefalopatia e vaccino contro la pertosse Nel gennaio 1974 venne pubblicato un articolo su una serie di 36 casi di bambini inglesi che secondo gli autori avevano sofferto di gravi complicazioni neurologiche, causate dalla vaccinazione contro la pertosse (Kulenkampff, 1974). Questo evento provocò una vera tempesta mediatica in Gran Bretagna ed una serie di discussioni sulla sicurezza del vaccino antipertosse a cellule intere, che allora era il prodotto utilizzato per la vaccinazione. La copertura vaccinale in UK crollò rapidamente e 3 epidemie si susseguirono fino all’inizio degli anni ’80, con oltre 100.000 casi e circa 40 decessi (Baker, 2003). Una componente importante del fenomeno di opposizione alle vaccinazioni in questa situazione fu dovuta ai numerosi medici, che in buona parte sconsigliavano la vaccinazione ai propri pazienti (Baker, 2003). Dalla vivace discussione nacque l’iniziativa di promuovere uno studio epidemiologico, il National Childhood Encephalopathy Study, per stabilire l’associazione causale tra vaccinazione contro la pertosse ed eventi neurologici (Alderslade et al., 1981). Lo studio in questione, uno studio caso-controllo, suggerì una modesta associazione tra vaccino ed eventi neurologici permanenti, che in termini assoluti era quantificabile in 1 danno neurologico permanente ogni 310.000 dosi (Alderslade et al., 1981). Numerosi studi, volti a stabilire la validità di tali conclusioni, si sono susseguiti. Lo stesso studio inglese, alla luce di una rianalisi dei dati, sebbene suggerisse un modesto aumento degli eventi neurologici a breve distanza dalla vaccinazione, dimostrava una riduzione degli stessi nel periodo successivo (MacRae, 1988). In un noto editoriale pubblicato nel 1990, intitolato è ora di riconoscere che l’encefalopatia dopo la vaccinazione antipertosse è un mito, l’autore concludeva che era necessaria l’introduzione di nuovi vaccini meno reattogenici, non a causa della possibile associazione con l’encefalopatia, ma per ridurre una serie di effetti collaterali relativamente frequenti anche se non gravi, come febbre, pianto persistente, ed episodi di ipotonia (Cherry, 1990). Nel 1993 l’Institute of Medicine concluse, dopo una revisione della letteratura, che i dati disponibili erano coerenti con un’associazione causale tra il vaccino a cellule intere contro la pertosse e l’encefalopatia, anche se le evidenze disponibili non potevano considerarsi conclusive, e che le stesse evidenze erano insufficienti a indicare la presenza o l’assenza di una relazione causale (Cowan et al., 1993). A metà degli anni ’90, la maggior parte dei paesi industrializzati ha optato per i vaccini acellulari contro la pertosse. Ulteriori studi sono stati eseguiti per valutare retrospettivamente i casi di encefalopatia, e per esaminare un’eventuale diminuzione della frequenza di encefalopatia dopo l’introduzione dei vaccini acellulari. Tali studi hanno definitivamente escluso il rischio di questa complicanza, associato ai vaccini a cellule intere contro la pertosse (Moore et al., 2004; Ray et al., 2006). Vaccinazioni e Sudden Infant Death Syndrom (SIDS) Nel 1986 vennero osservati in Francia 5 casi di SIDS entro 24 ore dalla vaccinazione contro difterite-tetano-pertosse-poliomielite, in un periodo di tre settimane (Flahault et al., 1988). Durante quel periodo la componente antipertosse utilizzata era a cellule intere. Uno studio del cluster di casi ed una revisione delle evidenze disponibili concluse per l’assenza di un’associazione tra vaccinazione e SIDS (Bouvier-Colle et al., 1989) ed altri studi fornirono risultati discordanti (Flahault et al., 1988; Walker et al., 1987). Il più grande studio caso-controllo eseguito negli USA, che raccoglieva informazioni cliniche su circa 800 casi di SIDS, concluse per l’assenza di un’associazione causale (Hoffman et al., 1987). Alcuni di questi studi furono rivolti alla ricerca di alterazioni del pattern della respirazione durante il sonno in popolazioni ad alto rischio con esito negativo (Keens et al., 1985; Loy et al., 1998). L’ipotesi di un’associazione tra vaccinazioni e SIDS è riemersa in letteratura anche recentemente (von Kries et al., 2005; Traversa et al., 2011). La coincidenza temporale tra le vaccinazioni ed il periodo di più elevata incidenza della SIDS ha reso complesso l’approccio all’analisi delle informazioni disponibili per questo problema. Anche tenendo conto dell’associazione temporale, la revisione degli studi disponibili sull’argomento ha comunque mostrato l’assenza di un’associazione tra le vaccinazioni e l’insorgenza di SIDS (Traversa et al., 2011; Kuhnert et al., 2012). Vaccino morbillo-parotite-rosolia (MPR) e autismo Il caso dell’associazione tra vaccino MPR e autismo rappresenta forse l’esempio più noto di una distorta valutazione dei dati a disposizione in uno studio scientifico. Tutto iniziò con la pubblicazione, su Lancet nel 1988, di una serie di 12 casi con malattia infiammatoria cronica intestinale e autismo (Wakefield et al., 1998). L’ipotesi degli autori era che il virus vaccinale del morbillo fosse responsabile di un disordine a carico dell’intestino, che poi era progredito in una sindrome dello spettro autistico. L’articolo fu successivamente ritrattato ed il primo autore perseguito per uso fraudolento dei dati e falsificazione (Flaherty, 2011). Una delle prove sulle quali si era discusso riguardava la presenza di genoma virale del virus del morbillo nei casi di autismo, che alcuni studi stimavano di proporzioni elevate (Uhlmann et al., 2002). Gli studi che hanno tentato di confermare questi risultati, utilizzando tecniche specifiche, hanno tuttavia escluso la presenza di genoma virale in campioni di leucociti di pazienti con autismo e hanno imputato ad una potenziale contaminazione i risultati degli altri autori (Afzal et al., 2006). Numerosi studi sono stati pubblicati per verificare l’assenza di un’associazione tra vaccinazione e autismo e tutti invariabilmente hanno dimostrato l’assenza di tale associazione, documentata dall’Institute of Medicine che nel 2004, sulla base delle evidenze, riteneva queste ultime sufficienti per rigettare l’associazione causale (Immunization Safety Review Committee, 2004). La più recente revisione sistematica degli studi disponibili sull’argomento conferma che l’insieme degli studi disponibili sull’associazione vaccino MPR e autismo esclude la presenza di una relazione tra questi eventi (Demicheli et al., 2012). Thimerosal e sviluppo neuropsicologico Uno studio eseguito nelle isole Faroe suggerì che una dieta ricca di pesce di grossa taglia durante la gravidanza, ed un livello ematico più elevato di metilmercurio, fossero associati ad un ritardo nello sviluppo neuropsicologico del bambino (Grandjean et al., 1997). Una modesta associazione tra i livelli ematici di metilmercurio e alcune scale di misura dell’intelligenza furono anche osservate in uno studio neozelandese (Kjellstrom et al., 1989). Uno altro studio, condotto sullo stesso argomento nelle isole Seychelles, non fornì conferma di tale associazione (Davidson et al., 1998). Anche se il composto contenuto nel thimerosal (un conservante utilizzato nelle preparazioni vaccinali) ha caratteristiche diverse da quello assunto per via alimentare (etilmercurio), una serie di studi si concentrarono sull’effetto delle vaccinazioni su una serie di eventi neurologici e sullo sviluppo neuropsicologico. Una delle associazioni riportate da alcuni autori riguardava ancora una volta l’autismo (Geier et al., 2003). Dopo una sequenza di studi con conclusioni dubbie, due grandi studi affrontarono il problema (Tozzi et al., 2009; Thompson et al., 2007). Nello studio effettuato in Italia, condotto su una coorte di bambini che avevano partecipato ad un precedente clinical trial, i gruppi a confronto erano randomizzati a diverse dosi di etilmercurio (Tozzi et 89 A.E. Tozzi al., 2009). I risultati di questi studi non dimostrarono associazioni coerenti tra l’esposizione a etilmercurio e misure di outcome di sviluppo neuropsicologico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, alla luce delle evidenze disponibili, ha concluso recentemente che non è necessario condurre ulteriori studi sull’argomento e che le evidenze disponibili sono sufficienti a supportare la sicurezza del thimerosal contenuto nei vaccini (Global Advisory Committee on Vaccine Safety, 2012). Il thimerosal è comunque stato eliminato dalle preparazioni vaccinali disponibili. Il caso della pandemia influenzale La risonanza mediatica che si è accompagnata alla pandemia influenzale del 2009 ha certamente avuto un impatto sulla percezione da parte del pubblico dell’utilità di programmi vaccinali di popolazione. I piani di preparazione per la pandemia influenzale erano stati intensificati a partire dal 2005, quando l’influenza aviaria A/H5N1 sembrava rappresentare una minaccia globale (Hanquet et al., 2011). Nello scenario pandemico sono confluite due componenti principali percepite dal pubblico: il timore di ricevere vaccini adiuvati, considerati nuovi e scarsamente sperimentati, e la percezione di una modesta virulenza del virus pandemico A(H1N1) (Tab. I). Questa situazione ha stimolato la diffusione di numerose false informazioni che hanno freneticamente percorso vari canali di comunicazione in particolare sulla sicurezza del vaccino e sugli interessi economici delle campagne vaccinali. A questo scenario non è sfuggita l’Italia dove, come altrove, la copertura vaccinale è stata scadente anche nelle categorie a rischio. I dati disponibili in letteratura indicano chiaramente che la scarsa copertura vaccinale ottenuta per il vaccino influenzale durante la pandemia è stata associata ad una errata percezione del profilo di sicurezza ed efficacia dei vaccini disponibili prodotta dalla pioggia di informazioni conflittuali disponibili (d’Alessandro et al., 2012). Inoltre è stato anche evidente che, piuttosto che dipendere dal livello informativo personale, la decisione di vaccinarsi contro l’influenza A(H1N1) era associata alla raccomandazione del proprio medico di fiducia (d’Alessandro et al., 2012). L’efficacia sul campo dei vaccini disponibili negli USA era stata stimata al 56% (Griffin et al., 2011) e l’impatto in termini di decessi e ricoveri risparmiati della vaccinazione pandemica è documentato in letteratura (Borse et al., 2013). Le motivazioni delle preoccupazioni dei genitori L’atteggiamento diffidente del pubblico e talvolta l’aperta opposizione alle vaccinazioni dei propri figli ha in principio diverse cause. Non stupisce che una delle più importanti riguardi la percezione di una elevata probabilità di incorrere in un grave effetto collaterale. Spesso tali preoccupazioni sono innescate da un evento locale, ma data la rapidità e la diffusione su scala globale delle notizie di qualsiasi tipo, eventi come i cambiamenti delle strategie (come l’interruzione della campagna vaccinale per epatite B in Francia o una campagna vaccinale straordinaria come quella pandemica), l’introduzione di nuovi prodotti vaccinali, o la discussione sulla credibilità del governo, della sanità pubblica, o delle aziende produttrici di vaccini, sono potenti stimoli all’aumento delle preoccupazioni dei genitori. Tabella I. Le motivazioni addotte dai pazienti che hanno rifiutato la vaccinazione contro l’infezione da virus A(H1N1) in due periodi della pandemia, USA (SteelFisher et al., 2010). Motivo Percentuale Adulti che rifiutano la vaccinazione per se stessi Genitori che rifiutano la vaccinazione per i propri figli Sono preoccupato degli effetti collaterali del vaccino 30 38 Dubito di avere una malattia grave a causa di H1N1 28 27 È possibile curare la malattia 26 Potrei prendere l’infezione H1N1 con la vaccinazione 21 24 Potrei avere un’altra grave malattia causata dalla vaccinazione 20 33 Il vaccino costa troppo 20 13 Non credo a quello che dicono gli esperti di sanità pubblica 19 31 Dubito dell’efficacia del vaccino 17 23 Ho paura delle iniezioni 16 15 Farò la vaccinazione contro l’influenza stagionale che protegge anche contro H1N1 14 12 Il medico mi ha consigliato di non vaccinarmi 10 7 Ho difficoltà di accesso all’ambulatorio vaccinale 8 4 Dubito che l’epidemia sia seria, come dicono gli esperti di sanità pubblica 37 32 Ho paura degli effetti collaterali del vaccino 35 56 Dubito di avere una malattia grave a causa di H1N1 30 20 È possibile curare la malattia 27 33 È troppo tardi per vaccinarsi 11 11 Ho avuto l’infezione da virus A(H1N1) 8 14 Settembre 2009 Gennaio 2010 90 La paura delle vaccinazioni È altrettanto evidente che l’incertezza dei genitori aumenta quando uno degli interlocutori principali su argomenti di salute, il pediatra, assume un atteggiamento incerto o addirittura ideologicamente contrario alle vaccinazioni. Numerosi autori, infatti, ribadiscono che la raccomandazione del medico curante è uno dei determinanti più forti di vaccinazione (Briss et al., 2000). Insieme a queste circostanze, la mancanza di chiari riferimenti per le informazioni sulla salute, lascia spesso insoddisfatta l’esigenza delle famiglie di raccogliere notizie dettagliate sulle scelte di salute e la possibilità di partecipare e condividere le scelte che riguardano i propri figli. Etica ed epidemiologia delle vaccinazioni L’efficacia delle vaccinazioni per la prevenzione delle malattie trasmesse da persona a persona si basa su un principio diverso da quello che regola le altre scelte terapeutiche. Le vaccinazioni sono in fondo farmaci, ma vengono somministrate a persone sane, in particolare bambini. Inoltre, per le vaccinazioni di popolazione, tutti gli individui sono inclusi e non esiste un criterio individuale per selezionare alcune persone piuttosto che altre. Questo approccio permette di ottenere non solo un vantaggio diretto per la persona vaccinata, ma anche un vantaggio indiretto per tutta la popolazione, che deriva dall’arresto della circolazione dell’agente patogeno. Della herd immunity, infatti, non solo beneficiano gli individui generalmente sani, ma anche quelli, per quanto numericamente esigui, che hanno controindicazioni specifiche alle vaccinazioni, come i soggetti con allergia grave alle componenti del vaccino, o gli immunodepressi. Le strategie vaccinali sono inoltre coordinate per raggiungere il fine ultimo, per le malattie trasmesse da persona a persona, di interrompere la circolazione dell’agente patogeno e di eradicare la relativa malattia, interrompendo quindi la vaccinazione. Risulta evidente come l’opposizione alle vaccinazioni mini alla base il principio di coordinare le azioni per raggiungere il massimo impatto delle strategie vaccinali. Tutti i programmi di vaccinazione dovrebbero essere supportati da alcuni sistemi indispensabili: una sorveglianza degli eventi avversi, che permetta l’identificazione di segnali che richiedono approfondimento, perché spia di problemi di tollerabilità e/o sicurezza di singoli vaccini; un sistema che sorvegli l’andamento delle malattie infettive prevenibili con la vaccinazione; e un sistema che permetta di monitorare la copertura vaccinale. Questi sistemi permettono di gestire le attività vaccinali e consentono di raccogliere informazioni fondamentali per aggiustare le strategie esistenti e per fornire risposte concrete al pubblico. I dati continuamente aggiornati, insieme agli studi epidemiologici per valutare la sicurezza e l’efficacia dei vaccini, rappresentano la più solida base possibile per guidare le strategie vaccinali. Queste ultime si basano su un principio che in medicina viene continuamente applicato: quello della valutazione del bilancio tra rischi e benefici. Questo approccio, naturalmente, non può evitare che talvolta si verifichino alcuni effetti collaterali, anche gravi, causati dalla vaccinazione. Tuttavia la probabilità che uno di questi si verifichi, in confronto alla probabilità di avere una grave malattia o una sua complicazione è estremamente più piccola. Verso un’adesione alle vaccinazioni libera, consapevole e partecipativa La Regione Veneto ha adottato un approccio di estremo interesse per la gestione della diffidenza dei genitori verso le vaccinazioni (Valsecchi et al., 2011). Introducendo l’abolizione dell’obbligo vaccinale, in- fatti, questa Regione ha esplorato approfonditamente i determinanti del rifiuto vaccinale. Le caratteristiche dei genitori che dissentono e rifiutano le vaccinazioni sono quelli che non hanno ricevuto il libretto vaccinale, che si sentono poco informati sugli effetti collaterali dei vaccini, che cercano informazioni sulle vaccinazioni da fonti alternative come Internet o le associazioni antivaccinali (Valsecchi et al., 2011). A questi genitori i pediatri propongono spesso soluzioni di compromesso, come l’esecuzione di una sola parte delle vaccinazioni previste per l’età (Valsecchi et al., 2011). Ma una parte numericamente rilevante dei genitori, pur non avendo un atteggiamento apertamente contrario alle vaccinazioni, è intimorita e disorientata e finisce per rimandare ad oltranza le vaccinazioni previste: in inglese questo atteggiamento si chiama immunization hesitancy (Luthy et al., 2009). Quali soluzioni possono essere esplorate per trovare una soluzione ad un panorama che, paradossalmente, nel tentativo di perseguire il benessere delle popolazioni, viene criticato per i potenziali rischi associati? Anche se indispensabile, la semplice comunicazione delle informazioni, basate sull’evidenza circa il bilancio rischio-beneficio, non è sufficiente. L’accettabilità delle vaccinazioni è infatti il prodotto di una serie di altri fattori inclusi quelli scientifici, economici, psicologici, socio-culturali, e perfino politici. Per raggiungere lo scopo, oltre l’abolizione dell’obbligo vaccinale e della odiosa distinzione tra vaccinazioni obbligatorie e facoltative, è forse opportuno assumere un atteggiamento che potrebbe comprendere le seguenti componenti: a) una maggiore apertura e confronto tra il pediatra e i genitori sulle vaccinazioni. Abbastanza spesso si assiste ad una certa reticenza nell’aperta discussione sulla sicurezza dei vaccini. Nonostante questo atteggiamento sia in buona fede, è necessario riconoscere che è del tutto controproducente. Naturalmente una maggiore apertura sul tema dei vaccini significa dedicare più tempo a questo argomento nella discussione con i genitori. Le risorse da dedicare a questo scopo vanno identificate accuratamente; b) una formazione migliore del pediatra sull’argomento delle vaccinazioni. Si tratta di un punto da tempo discusso, che tuttavia non ha trovato applicazione completa. Oltre la formazione sulle basi immunologiche ed epidemiologiche delle vaccinazioni, una formazione specifica dovrebbe essere dedicata alla sicurezza e alla tollerabilità delle vaccinazioni, gli argomenti più complessi nel confronto con i genitori; c) una maggiore trasparenza delle informazioni sulle vaccinazioni. Tranne alcune realtà locali, dove questo principio viene applicato sistematicamente, molto resta da fare nel rendere disponibili in tempo reale i dati di base sulle vaccinazioni: quelli relativi al monitoraggio delle malattie infettive, alla copertura vaccinale, e alla tipologia e frequenza di eventi avversi, associati alle vaccinazioni; d) un coinvolgimento diretto delle famiglie nelle decisioni di sanità pubblica sulle vaccinazioni. Non vi è alcun dubbio che tutta la medicina è destinata ad adottare un modello partecipativo nel quale il paziente e la sua famiglia contribuiscono attivamente alle decisioni sulle cure. È tuttavia il momento di riflettere sulla possibilità che rappresentanti delle famiglie siedano ai tavoli decisionali per le scelte sulle strategie vaccinali. Questo approccio permetterebbe una più pronta condivisione delle informazioni e delle scelte strategiche. 91 A.E. Tozzi Box di orientamento • I movimenti che si oppongono alle vaccinazioni non rappresentano un fenomeno recente e rappresentano l’espressione di una scadente informazione sul razionale delle vaccinazioni. • Gli eventi gravi che sono stati ipotizzati come associati alle vaccinazioni sono stati oggetto di numerosi studi per la verifica di una relazione causale, e la maggior parte di essi ha concluso che tali eventi si verificano per una coincidenza temporale. • Il timore nei confronti delle vaccinazioni si è acuito nel corso della pandemia influenzale, durante la quale la vaccinazione di massa è stata eseguita con prodotti percepiti dal pubblico come sperimentali e potenzialmente pericolosi. • L’approccio informativo verso il pubblico, da solo, non può essere sufficiente a migliorare l’adesione alle vaccinazioni e rispondere ai numerosi interrogativi del pubblico. è necessario che le famiglie e il pubblico siano coinvolti in prima persona nelle decisioni di sanità pubblica. 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