Aprile-Giugno 2013 • Vol. 41 • N. 170 • Pp. 87-93
Vaccinazioni
La paura delle vaccinazioni: le motivazioni
dell’opposizione e dell’esitazione
da parte dei genitori
Alberto E. Tozzi
Area di ricerca di Malattie Multifattoriali e Fenotipi Complessi, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
Riassunto
Il fenomeno dell’opposizione alle vaccinazioni e del timore degli effetti collaterali associati alle vaccinazioni ha radici lontane, all’origine delle strategie
vaccinali. Numerosi effetti collaterali attribuiti alle vaccinazioni hanno causato un incremento della preoccupazione del pubblico nei confronti della sicurezza
dei vaccini. Sono stati condotti numerosi studi per verificare una possibile associazione tra alcuni effetti collaterali gravi e vaccini specifici e invariabilmente
tali studi hanno dimostrato un bilancio rischi/benefici favorevole alle vaccinazioni. La difficoltà di trasmettere informazioni adeguate circa i presupposti delle
strategie vaccinali si è acutizzata in concomitanza della pandemia influenzale. È necessario ripensare alle risorse che dovrebbero essere offerte al pubblico
in termini di informazioni e partecipazione ai processi decisionali delle vaccinazioni.
Summary
The opposition to vaccines and the fear of side effects associated with immunizations have early roots at the start of immunization strategies. Several
adverse events alleged to immunization have increased the public concern about safety of vaccines. Several studies conducted to investigate the potential
association of specific vaccines and severe adverse events, have systematically demonstrated a risk/benefit balance in favor of immunizations. The issue
of correctly transmitting information on immunization strategies exacerbated during the 2009 influenza pandemic. We should re-think about the resources
that should be offered to the families, in terms of information and participation in decisional processes on immunizations.
Introduzione
Il fenomeno dell’opposizione alle vaccinazioni conosce in questi anni
una forte ripresa nei paesi industrializzati, Italia compresa. Nel solo
2012 si sono susseguiti nel nostro Paese numerosi episodi, che hanno
messo in discussione la credibilità delle strategie vaccinali e la fiducia
nelle vaccinazioni, con grande sconcerto dei genitori, specie di quelli
che si apprestano ad eseguire le vaccinazioni di routine per i propri
figli (vedi box).
La fitta sequenza di eventi ha innescato una vera tempesta mediatica
e, parallelamente, un aumento delle preoccupazioni dei genitori. Nello
stesso tempo, l’interesse dei media ha rimesso in evidenza l’attività
dei movimenti, che si oppongono alle vaccinazioni e che denunciano
la certezza dell’associazione tra vaccinazioni ed alcuni gravi eventi
avversi. Perché succede tutto questo? Un’analisi storica che permetta
di comprendere gli eventi scatenanti e le modalità per rispondere ai
pressanti quesiti dei genitori sono il tema di questo articolo.
Breve storia dei movimenti antivaccinali
Dopo la scoperta di Jenner e la pubblicazione del successo della
vaccinazione contro il vaiolo nel 1796, le vaccinazioni hanno presto
conosciuto una decisa opposizione. La nascita dei primi movimenti
di opposizione risale in Gran Bretagna al 1853, fino alla creazione di
un gruppo organizzato nel 1867, The Anti-compulsory Vaccination
League (Wolfe, 2002). A quell’epoca l’applicazione dell’obbligo vaccinale era inappellabile e i trasgressori venivano multati e talvolta
imprigionati. Negli Stati Uniti il primo gruppo contro le vaccinazioni
viene creato nel 1879, dopo la visita del leader delle organizzazioni
antivaccinali inglesi: è la Anti-Vaccination Society of America (Worl-
Box
Gli eventi sui vaccini con maggiore risonanza sui media del 2012
Nel mese di marzo 2012, il Tribunale di Rimini ha riconosciuto un indennizzo per danni causati dalla vaccinazione alla famiglia di un bambino,
che a breve distanza dalla vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia ha sviluppato disturbi dello spettro autistico, associati a un ritardo
cognitivo di media gravità (Tribunale Ordinario di Rimini, 2012).
Nel mese di settembre, il Tribunale di Rieti ha riconosciuto un ulteriore
indennizzo alla famiglia di un bambino, che dopo le vaccinazioni di routine del primo anno di vita, ha sviluppato un diabete di tipo 1 (Tribunale
di Rieti, 2012).
La Corte d’Appello di Torino, durante il mese di luglio, ha riconosciuto un
indennizzo milionario ad una famiglia, la cui figlia dopo la vaccinazione
contro difterite e tetano, ha sviluppato febbre, convulsioni e successivamente è entrata in coma. La Corte ha anche condannato il medico
che, secondo la sentenza, avrebbe dovuto somministrare un farmaco
cortisonico per prevenire l’accaduto (La Repubblica, 2012).
Il CODACONS, nel mese di luglio, durante la vivace discussione politica sulla spending review, ha proposto di sospendere la vaccinazione
contro pertosse e Hib, per conseguire un risparmio cospicuo dei fondi
sanitari (CODACONS, 2012).
Durante l’autunno, la distribuzione di un vaccino influenzale sul territorio italiano è stata sospesa per una possibile contaminazione durante la
produzione. I vaccini ritirati sono stati poi rilasciati, perché rispondenti
ai requisiti standard previsti dalla legge (Ministero della Salute, 2012).
Una commissione di inchiesta del Senato sta studiando la relazione tra
le vaccinazioni effettuate al personale militare in missione all’estero e
l’insorgenza di patologie tumorali (Senato della Repubblica, 2012).
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A.E. Tozzi
fe, 2002). La letteratura del periodo è ricca di contributi da parte di
questi gruppi, che pubblicarono numerosi pamphlet, saggi e riviste
sull’argomento. Da allora ai giorni nostri, le azioni dei movimenti
contro le vaccinazioni si susseguono regolari con una sconcertante
costanza degli argomenti alla base dell’opposizione (Wolfe, 2002).
Nel 1973 un medico inglese, John Wilson, comparve in televisione per
commentare i risultati di un proprio studio, nel quale si concludeva che
a causa della vaccinazione contro la pertosse ogni anno in Gran Bretagna venivano osservati 100 bambini con danno cerebrale (Offit, 2012).
In quell’anno la copertura vaccinale per la pertosse era del 79%. La
Gran Bretagna sperimentò un’epidemia di pertosse memorabile negli
anni successivi, a causa della diminuzione della copertura vaccinale
che era del 31% nel 1977. Nel 1982, una TV americana mandò in
onda un documentario dal titolo Vaccine Roulette. Nel documentario
vennero presentati una serie di casi di malattia neurologica insorti
dopo la vaccinazione contro difterite, tetano e pertosse, attraverso la
testimonianza dei genitori (Offit, 2012). È l’inizio dei movimenti antivaccinali dell’era moderna ed il vaccino sotto accusa è la componente
pertosse del vaccino difterite-tetano-pertosse (DTP). Dal movimento di
opinione relativo a questa trasmissione nasce il movimento DPT, Dissatisfied Parents Together, che negli anni ’90 diventa National Vaccine
Information Center (Offit, 2012).
Nel più recente periodo, i movimenti che si oppongono alle vaccinazioni si sono concentrati sulla diffusione delle informazioni attraverso Internet. Alcuni di questi movimenti in realtà dichiarano di voler
sostenere le attività vaccinali in favore della sicurezza dei prodotti
disponibili (Poland e Jacobson, 2012). La maneggevolezza e la facilità d’uso di Internet hanno permesso alle comunità online che si
oppongono alle vaccinazioni di diventare popolari, oltrepassando i
confini nazionali e superando le barriere linguistiche (Kata, 2012).
I miti e i risultati controversi: gli effetti collaterali
gravi imputati alle vaccinazioni
Sindrome di Guillain-Barré e vaccino influenzale
Nella stagione influenzale, tra il 1976 e il 1977, venne segnalata
un’inusuale elevata frequenza di sindrome di Guillain Barré dopo
Figura 1.
Un disegno satirico che raffigura Edward Jenner mentre somministra il
vaccino del vaiolo ad alcune donne. La vaccinazione, nella vignetta, fa
crescere parti bovine sul corpo dei vaccinati.
(Fonte: Library of Congress, Prints & Photographs Division, LCUSZC4-3147; Wikimedia)
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la vaccinazione influenzale contro un ceppo A(H1N1) negli USA
(Lngmuir et al., 1984). A seguito di quest’osservazione e dalla revisione di una serie di studi da parte dell’Institute of Medicine nel
2003, quest’ultimo concluse che le evidenze disponibili erano in
favore di una relazione causale tra il vaccino utilizzato nel 1976-77
e la sindrome di Guillain-Barré nell’adulto (Institute of Medicine,
2003). La relazione causale tra vaccino antinfluenzale e sindrome di Guillaine-Barré è stata messa in discussione nelle stagioni
influenzali successive, durante le quali non è emersa la presenza
di alcuna associazione. Alla luce della revisione di diversi studi,
l’Institute of Medicine ha concluso più recentemente che le evidenze epidemiologiche disponibili depongono per l’assenza di una
relazione causale tra vaccinazione ed evento, ma che questa non
può essere esclusa categoricamente e che le evidenze disponibili
sono insufficienti per accettare o rigettare tale relazione (Stratton
et al., 2012). Un recente studio effettuato in Canada ha mostrato
una modesta associazione tra la vaccinazione influenzale A(H1N1)
effettuata nel 2009 e l’insorgenza di sindrome di Guillain-Barré
(De Wals et al., 2012). In questo studio, in cui sono stati rivisti tutti
i casi di sindrome di Guillain-Barré verificatisi durante la stagione
influenzale, i 4 casi pediatrici riportati durante la sorveglianza in
età compresa tra 6 mesi e 9 anni non avevano ricevuto la vaccinazione o l’avevano ricevuta più di 8 settimane dall’insorgenza della
malattia (De Wals et al., 2012). Dall’insieme degli studi disponibili
sembra evidente che l’associazione tra vaccino influenzale e sindrome di Guillain-Barré, nella stagione tra il 1996-97, fosse sostanziale ma che nelle stagioni che si sono susseguite, se il rischio
esiste, questo è limitato alle persone oltre i 50 anni e che potrebbe
forse giustificare l’osservazione di un caso di malattia addizionale
ogni milione di dosi somministrate (Nelson, 2012).
Sclerosi multipla e vaccino contro l’epatite B
Tra il 1995 e il 1997 furono osservati diversi casi di sclerosi multipla
a distanza di poche settimane dalla somministrazione di vaccino antiepatite B, ricombinante durante una campagna vaccinale di massa
in Francia (Mashall, 1998). Sulla base di alcuni risultati preliminari
di alcuni studi condotti in Francia e in UK che fornivano risultati non
conclusivi, il governo francese decise di interrompere la campagna
vaccinale nel 1998 (Hall et al., 1999). Diversi studi hanno successivamente esaminato la possibile associazione tra vaccino epatite B
e sclerosi multipla. Una revisione sistematica di nove studi effettuati
sull’argomento non ha permesso di raggiungere evidenze conclusive circa questa associazione (Demicheli et al., 2003). La discussione
su questo argomento tuttavia è rimasta vivace fino al recente passato, quando due studi hanno suggerito la necessità di riesaminare i
dati a disposizione a causa di una possibile associazione (Mikaeloff
et al., 2009; Herna’n et al., 2004). I risultati di questi studi, ampiamente diffusi dalla stampa, non avevano una giustificazione statistica sufficiente per essere considerati solidi. Una più recente revisione
sistematica ha ripreso in esame l’argomento, includendo 12 studi
(Martínez-Sernández et al., 2012). Questa revisione ha escluso la
presenza di un’associazione ed ha discusso dettagliatamente i limiti metodologici degli studi, che invece sembravano suggerire una
relazione tra vaccinazione e malattie demielinizzanti. Data la genesi
presumibilmente multifattoriale della malattia, compresa una predisposizione genetica, gli autori ammettono tuttavia la difficoltà di
raggiungere risultati definitivi e la necessità di condurre ulteriori studi di grandi dimensioni. L’eventuale rischio associato alla vaccinazione, considerando le stime degli studi che hanno suggerito questa
associazione, è tuttavia estremamente modesto e non giustifica la
rinuncia al beneficio della vaccinazione.
La paura delle vaccinazioni
Encefalopatia e vaccino contro la pertosse
Nel gennaio 1974 venne pubblicato un articolo su una serie di 36
casi di bambini inglesi che secondo gli autori avevano sofferto di
gravi complicazioni neurologiche, causate dalla vaccinazione contro
la pertosse (Kulenkampff, 1974). Questo evento provocò una vera
tempesta mediatica in Gran Bretagna ed una serie di discussioni
sulla sicurezza del vaccino antipertosse a cellule intere, che allora
era il prodotto utilizzato per la vaccinazione. La copertura vaccinale
in UK crollò rapidamente e 3 epidemie si susseguirono fino all’inizio
degli anni ’80, con oltre 100.000 casi e circa 40 decessi (Baker,
2003). Una componente importante del fenomeno di opposizione
alle vaccinazioni in questa situazione fu dovuta ai numerosi medici,
che in buona parte sconsigliavano la vaccinazione ai propri pazienti
(Baker, 2003). Dalla vivace discussione nacque l’iniziativa di promuovere uno studio epidemiologico, il National Childhood Encephalopathy Study, per stabilire l’associazione causale tra vaccinazione
contro la pertosse ed eventi neurologici (Alderslade et al., 1981). Lo
studio in questione, uno studio caso-controllo, suggerì una modesta
associazione tra vaccino ed eventi neurologici permanenti, che in
termini assoluti era quantificabile in 1 danno neurologico permanente ogni 310.000 dosi (Alderslade et al., 1981). Numerosi studi, volti
a stabilire la validità di tali conclusioni, si sono susseguiti. Lo stesso
studio inglese, alla luce di una rianalisi dei dati, sebbene suggerisse
un modesto aumento degli eventi neurologici a breve distanza dalla
vaccinazione, dimostrava una riduzione degli stessi nel periodo successivo (MacRae, 1988). In un noto editoriale pubblicato nel 1990,
intitolato è ora di riconoscere che l’encefalopatia dopo la vaccinazione antipertosse è un mito, l’autore concludeva che era necessaria
l’introduzione di nuovi vaccini meno reattogenici, non a causa della
possibile associazione con l’encefalopatia, ma per ridurre una serie
di effetti collaterali relativamente frequenti anche se non gravi, come
febbre, pianto persistente, ed episodi di ipotonia (Cherry, 1990). Nel
1993 l’Institute of Medicine concluse, dopo una revisione della letteratura, che i dati disponibili erano coerenti con un’associazione
causale tra il vaccino a cellule intere contro la pertosse e l’encefalopatia, anche se le evidenze disponibili non potevano considerarsi
conclusive, e che le stesse evidenze erano insufficienti a indicare la
presenza o l’assenza di una relazione causale (Cowan et al., 1993).
A metà degli anni ’90, la maggior parte dei paesi industrializzati ha
optato per i vaccini acellulari contro la pertosse. Ulteriori studi sono
stati eseguiti per valutare retrospettivamente i casi di encefalopatia,
e per esaminare un’eventuale diminuzione della frequenza di encefalopatia dopo l’introduzione dei vaccini acellulari. Tali studi hanno
definitivamente escluso il rischio di questa complicanza, associato
ai vaccini a cellule intere contro la pertosse (Moore et al., 2004; Ray
et al., 2006).
Vaccinazioni e Sudden Infant Death Syndrom (SIDS)
Nel 1986 vennero osservati in Francia 5 casi di SIDS entro 24 ore
dalla vaccinazione contro difterite-tetano-pertosse-poliomielite, in
un periodo di tre settimane (Flahault et al., 1988). Durante quel periodo la componente antipertosse utilizzata era a cellule intere. Uno
studio del cluster di casi ed una revisione delle evidenze disponibili
concluse per l’assenza di un’associazione tra vaccinazione e SIDS
(Bouvier-Colle et al., 1989) ed altri studi fornirono risultati discordanti (Flahault et al., 1988; Walker et al., 1987). Il più grande studio
caso-controllo eseguito negli USA, che raccoglieva informazioni cliniche su circa 800 casi di SIDS, concluse per l’assenza di un’associazione causale (Hoffman et al., 1987). Alcuni di questi studi furono
rivolti alla ricerca di alterazioni del pattern della respirazione durante
il sonno in popolazioni ad alto rischio con esito negativo (Keens et
al., 1985; Loy et al., 1998). L’ipotesi di un’associazione tra vaccinazioni e SIDS è riemersa in letteratura anche recentemente (von Kries
et al., 2005; Traversa et al., 2011). La coincidenza temporale tra le
vaccinazioni ed il periodo di più elevata incidenza della SIDS ha reso
complesso l’approccio all’analisi delle informazioni disponibili per
questo problema. Anche tenendo conto dell’associazione temporale,
la revisione degli studi disponibili sull’argomento ha comunque mostrato l’assenza di un’associazione tra le vaccinazioni e l’insorgenza
di SIDS (Traversa et al., 2011; Kuhnert et al., 2012).
Vaccino morbillo-parotite-rosolia (MPR) e autismo
Il caso dell’associazione tra vaccino MPR e autismo rappresenta
forse l’esempio più noto di una distorta valutazione dei dati a disposizione in uno studio scientifico. Tutto iniziò con la pubblicazione, su
Lancet nel 1988, di una serie di 12 casi con malattia infiammatoria
cronica intestinale e autismo (Wakefield et al., 1998). L’ipotesi degli
autori era che il virus vaccinale del morbillo fosse responsabile di un
disordine a carico dell’intestino, che poi era progredito in una sindrome dello spettro autistico. L’articolo fu successivamente ritrattato
ed il primo autore perseguito per uso fraudolento dei dati e falsificazione (Flaherty, 2011). Una delle prove sulle quali si era discusso
riguardava la presenza di genoma virale del virus del morbillo nei
casi di autismo, che alcuni studi stimavano di proporzioni elevate
(Uhlmann et al., 2002). Gli studi che hanno tentato di confermare
questi risultati, utilizzando tecniche specifiche, hanno tuttavia escluso la presenza di genoma virale in campioni di leucociti di pazienti
con autismo e hanno imputato ad una potenziale contaminazione i
risultati degli altri autori (Afzal et al., 2006).
Numerosi studi sono stati pubblicati per verificare l’assenza di
un’associazione tra vaccinazione e autismo e tutti invariabilmente hanno dimostrato l’assenza di tale associazione, documentata
dall’Institute of Medicine che nel 2004, sulla base delle evidenze, riteneva queste ultime sufficienti per rigettare l’associazione causale
(Immunization Safety Review Committee, 2004). La più recente revisione sistematica degli studi disponibili sull’argomento conferma
che l’insieme degli studi disponibili sull’associazione vaccino MPR e
autismo esclude la presenza di una relazione tra questi eventi (Demicheli et al., 2012).
Thimerosal e sviluppo neuropsicologico
Uno studio eseguito nelle isole Faroe suggerì che una dieta ricca di
pesce di grossa taglia durante la gravidanza, ed un livello ematico
più elevato di metilmercurio, fossero associati ad un ritardo nello
sviluppo neuropsicologico del bambino (Grandjean et al., 1997).
Una modesta associazione tra i livelli ematici di metilmercurio e
alcune scale di misura dell’intelligenza furono anche osservate in
uno studio neozelandese (Kjellstrom et al., 1989). Uno altro studio,
condotto sullo stesso argomento nelle isole Seychelles, non fornì
conferma di tale associazione (Davidson et al., 1998). Anche se il
composto contenuto nel thimerosal (un conservante utilizzato nelle
preparazioni vaccinali) ha caratteristiche diverse da quello assunto
per via alimentare (etilmercurio), una serie di studi si concentrarono
sull’effetto delle vaccinazioni su una serie di eventi neurologici e sullo sviluppo neuropsicologico. Una delle associazioni riportate da alcuni autori riguardava ancora una volta l’autismo (Geier et al., 2003).
Dopo una sequenza di studi con conclusioni dubbie, due grandi studi
affrontarono il problema (Tozzi et al., 2009; Thompson et al., 2007).
Nello studio effettuato in Italia, condotto su una coorte di bambini
che avevano partecipato ad un precedente clinical trial, i gruppi a
confronto erano randomizzati a diverse dosi di etilmercurio (Tozzi et
89
A.E. Tozzi
al., 2009). I risultati di questi studi non dimostrarono associazioni
coerenti tra l’esposizione a etilmercurio e misure di outcome di sviluppo neuropsicologico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità, alla
luce delle evidenze disponibili, ha concluso recentemente che non è
necessario condurre ulteriori studi sull’argomento e che le evidenze
disponibili sono sufficienti a supportare la sicurezza del thimerosal
contenuto nei vaccini (Global Advisory Committee on Vaccine Safety,
2012). Il thimerosal è comunque stato eliminato dalle preparazioni
vaccinali disponibili.
Il caso della pandemia influenzale
La risonanza mediatica che si è accompagnata alla pandemia influenzale del 2009 ha certamente avuto un impatto sulla percezione da
parte del pubblico dell’utilità di programmi vaccinali di popolazione. I
piani di preparazione per la pandemia influenzale erano stati intensificati a partire dal 2005, quando l’influenza aviaria A/H5N1 sembrava
rappresentare una minaccia globale (Hanquet et al., 2011). Nello scenario pandemico sono confluite due componenti principali percepite
dal pubblico: il timore di ricevere vaccini adiuvati, considerati nuovi e
scarsamente sperimentati, e la percezione di una modesta virulenza
del virus pandemico A(H1N1) (Tab. I). Questa situazione ha stimolato la
diffusione di numerose false informazioni che hanno freneticamente
percorso vari canali di comunicazione in particolare sulla sicurezza
del vaccino e sugli interessi economici delle campagne vaccinali. A
questo scenario non è sfuggita l’Italia dove, come altrove, la copertura vaccinale è stata scadente anche nelle categorie a rischio. I dati
disponibili in letteratura indicano chiaramente che la scarsa copertura
vaccinale ottenuta per il vaccino influenzale durante la pandemia è
stata associata ad una errata percezione del profilo di sicurezza ed
efficacia dei vaccini disponibili prodotta dalla pioggia di informazioni
conflittuali disponibili (d’Alessandro et al., 2012). Inoltre è stato anche
evidente che, piuttosto che dipendere dal livello informativo personale,
la decisione di vaccinarsi contro l’influenza A(H1N1) era associata alla
raccomandazione del proprio medico di fiducia (d’Alessandro et al.,
2012). L’efficacia sul campo dei vaccini disponibili negli USA era stata
stimata al 56% (Griffin et al., 2011) e l’impatto in termini di decessi
e ricoveri risparmiati della vaccinazione pandemica è documentato in
letteratura (Borse et al., 2013).
Le motivazioni delle preoccupazioni dei genitori
L’atteggiamento diffidente del pubblico e talvolta l’aperta opposizione alle vaccinazioni dei propri figli ha in principio diverse cause. Non
stupisce che una delle più importanti riguardi la percezione di una
elevata probabilità di incorrere in un grave effetto collaterale. Spesso tali preoccupazioni sono innescate da un evento locale, ma data
la rapidità e la diffusione su scala globale delle notizie di qualsiasi
tipo, eventi come i cambiamenti delle strategie (come l’interruzione
della campagna vaccinale per epatite B in Francia o una campagna vaccinale straordinaria come quella pandemica), l’introduzione
di nuovi prodotti vaccinali, o la discussione sulla credibilità del governo, della sanità pubblica, o delle aziende produttrici di vaccini,
sono potenti stimoli all’aumento delle preoccupazioni dei genitori.
Tabella I.
Le motivazioni addotte dai pazienti che hanno rifiutato la vaccinazione contro l’infezione da virus A(H1N1) in due periodi della pandemia, USA
(SteelFisher et al., 2010).
Motivo
Percentuale
Adulti che rifiutano
la vaccinazione
per se stessi
Genitori che rifiutano
la vaccinazione
per i propri figli
Sono preoccupato degli effetti collaterali del vaccino
30
38
Dubito di avere una malattia grave a causa di H1N1
28
27
È possibile curare la malattia
26
Potrei prendere l’infezione H1N1 con la vaccinazione
21
24
Potrei avere un’altra grave malattia causata dalla vaccinazione
20
33
Il vaccino costa troppo
20
13
Non credo a quello che dicono gli esperti di sanità pubblica
19
31
Dubito dell’efficacia del vaccino
17
23
Ho paura delle iniezioni
16
15
Farò la vaccinazione contro l’influenza stagionale che protegge anche contro H1N1
14
12
Il medico mi ha consigliato di non vaccinarmi
10
7
Ho difficoltà di accesso all’ambulatorio vaccinale
8
4
Dubito che l’epidemia sia seria, come dicono gli esperti di sanità pubblica
37
32
Ho paura degli effetti collaterali del vaccino
35
56
Dubito di avere una malattia grave a causa di H1N1
30
20
È possibile curare la malattia
27
33
È troppo tardi per vaccinarsi
11
11
Ho avuto l’infezione da virus A(H1N1)
8
14
Settembre 2009
Gennaio 2010
90
La paura delle vaccinazioni
È altrettanto evidente che l’incertezza dei genitori aumenta quando
uno degli interlocutori principali su argomenti di salute, il pediatra,
assume un atteggiamento incerto o addirittura ideologicamente
contrario alle vaccinazioni. Numerosi autori, infatti, ribadiscono che
la raccomandazione del medico curante è uno dei determinanti più
forti di vaccinazione (Briss et al., 2000). Insieme a queste circostanze, la mancanza di chiari riferimenti per le informazioni sulla salute,
lascia spesso insoddisfatta l’esigenza delle famiglie di raccogliere
notizie dettagliate sulle scelte di salute e la possibilità di partecipare
e condividere le scelte che riguardano i propri figli.
Etica ed epidemiologia delle vaccinazioni
L’efficacia delle vaccinazioni per la prevenzione delle malattie trasmesse da persona a persona si basa su un principio diverso da
quello che regola le altre scelte terapeutiche. Le vaccinazioni sono
in fondo farmaci, ma vengono somministrate a persone sane, in particolare bambini. Inoltre, per le vaccinazioni di popolazione, tutti gli
individui sono inclusi e non esiste un criterio individuale per selezionare alcune persone piuttosto che altre. Questo approccio permette
di ottenere non solo un vantaggio diretto per la persona vaccinata,
ma anche un vantaggio indiretto per tutta la popolazione, che deriva
dall’arresto della circolazione dell’agente patogeno. Della herd immunity, infatti, non solo beneficiano gli individui generalmente sani,
ma anche quelli, per quanto numericamente esigui, che hanno controindicazioni specifiche alle vaccinazioni, come i soggetti con allergia grave alle componenti del vaccino, o gli immunodepressi. Le strategie vaccinali sono inoltre coordinate per raggiungere il fine ultimo,
per le malattie trasmesse da persona a persona, di interrompere la
circolazione dell’agente patogeno e di eradicare la relativa malattia,
interrompendo quindi la vaccinazione. Risulta evidente come l’opposizione alle vaccinazioni mini alla base il principio di coordinare le
azioni per raggiungere il massimo impatto delle strategie vaccinali.
Tutti i programmi di vaccinazione dovrebbero essere supportati da alcuni sistemi indispensabili: una sorveglianza degli eventi
avversi, che permetta l’identificazione di segnali che richiedono
approfondimento, perché spia di problemi di tollerabilità e/o sicurezza di singoli vaccini; un sistema che sorvegli l’andamento delle malattie infettive prevenibili con la vaccinazione; e un sistema
che permetta di monitorare la copertura vaccinale. Questi sistemi
permettono di gestire le attività vaccinali e consentono di raccogliere informazioni fondamentali per aggiustare le strategie esistenti e per fornire risposte concrete al pubblico. I dati continuamente aggiornati, insieme agli studi epidemiologici per valutare
la sicurezza e l’efficacia dei vaccini, rappresentano la più solida
base possibile per guidare le strategie vaccinali. Queste ultime si
basano su un principio che in medicina viene continuamente applicato: quello della valutazione del bilancio tra rischi e benefici.
Questo approccio, naturalmente, non può evitare che talvolta si verifichino alcuni effetti collaterali, anche gravi, causati dalla vaccinazione. Tuttavia la probabilità che uno di questi si verifichi, in confronto
alla probabilità di avere una grave malattia o una sua complicazione
è estremamente più piccola.
Verso un’adesione alle vaccinazioni libera,
consapevole e partecipativa
La Regione Veneto ha adottato un approccio di estremo interesse per
la gestione della diffidenza dei genitori verso le vaccinazioni (Valsecchi et al., 2011). Introducendo l’abolizione dell’obbligo vaccinale, in-
fatti, questa Regione ha esplorato approfonditamente i determinanti
del rifiuto vaccinale. Le caratteristiche dei genitori che dissentono e
rifiutano le vaccinazioni sono quelli che non hanno ricevuto il libretto
vaccinale, che si sentono poco informati sugli effetti collaterali dei
vaccini, che cercano informazioni sulle vaccinazioni da fonti alternative come Internet o le associazioni antivaccinali (Valsecchi et al.,
2011). A questi genitori i pediatri propongono spesso soluzioni di
compromesso, come l’esecuzione di una sola parte delle vaccinazioni previste per l’età (Valsecchi et al., 2011).
Ma una parte numericamente rilevante dei genitori, pur non avendo
un atteggiamento apertamente contrario alle vaccinazioni, è intimorita e disorientata e finisce per rimandare ad oltranza le vaccinazioni
previste: in inglese questo atteggiamento si chiama immunization
hesitancy (Luthy et al., 2009).
Quali soluzioni possono essere esplorate per trovare una soluzione
ad un panorama che, paradossalmente, nel tentativo di perseguire
il benessere delle popolazioni, viene criticato per i potenziali rischi
associati?
Anche se indispensabile, la semplice comunicazione delle informazioni, basate sull’evidenza circa il bilancio rischio-beneficio, non è
sufficiente. L’accettabilità delle vaccinazioni è infatti il prodotto di
una serie di altri fattori inclusi quelli scientifici, economici, psicologici, socio-culturali, e perfino politici. Per raggiungere lo scopo, oltre
l’abolizione dell’obbligo vaccinale e della odiosa distinzione tra vaccinazioni obbligatorie e facoltative, è forse opportuno assumere un
atteggiamento che potrebbe comprendere le seguenti componenti:
a) una maggiore apertura e confronto tra il pediatra e i genitori
sulle vaccinazioni. Abbastanza spesso si assiste ad una certa
reticenza nell’aperta discussione sulla sicurezza dei vaccini. Nonostante questo atteggiamento sia in buona fede, è necessario
riconoscere che è del tutto controproducente. Naturalmente una
maggiore apertura sul tema dei vaccini significa dedicare più
tempo a questo argomento nella discussione con i genitori. Le
risorse da dedicare a questo scopo vanno identificate accuratamente;
b) una formazione migliore del pediatra sull’argomento delle vaccinazioni. Si tratta di un punto da tempo discusso, che tuttavia
non ha trovato applicazione completa. Oltre la formazione sulle
basi immunologiche ed epidemiologiche delle vaccinazioni, una
formazione specifica dovrebbe essere dedicata alla sicurezza e
alla tollerabilità delle vaccinazioni, gli argomenti più complessi
nel confronto con i genitori;
c) una maggiore trasparenza delle informazioni sulle vaccinazioni.
Tranne alcune realtà locali, dove questo principio viene applicato
sistematicamente, molto resta da fare nel rendere disponibili in
tempo reale i dati di base sulle vaccinazioni: quelli relativi al
monitoraggio delle malattie infettive, alla copertura vaccinale, e
alla tipologia e frequenza di eventi avversi, associati alle vaccinazioni;
d) un coinvolgimento diretto delle famiglie nelle decisioni di sanità
pubblica sulle vaccinazioni. Non vi è alcun dubbio che tutta la
medicina è destinata ad adottare un modello partecipativo nel
quale il paziente e la sua famiglia contribuiscono attivamente
alle decisioni sulle cure. È tuttavia il momento di riflettere sulla
possibilità che rappresentanti delle famiglie siedano ai tavoli decisionali per le scelte sulle strategie vaccinali. Questo approccio
permetterebbe una più pronta condivisione delle informazioni e
delle scelte strategiche.
91
A.E. Tozzi
Box di orientamento
• I movimenti che si oppongono alle vaccinazioni non rappresentano un fenomeno recente e rappresentano l’espressione di una scadente informazione sul razionale delle vaccinazioni.
• Gli eventi gravi che sono stati ipotizzati come associati alle vaccinazioni sono stati oggetto di numerosi studi per la verifica di una relazione causale,
e la maggior parte di essi ha concluso che tali eventi si verificano per una coincidenza temporale.
• Il timore nei confronti delle vaccinazioni si è acuito nel corso della pandemia influenzale, durante la quale la vaccinazione di massa è stata eseguita
con prodotti percepiti dal pubblico come sperimentali e potenzialmente pericolosi.
• L’approccio informativo verso il pubblico, da solo, non può essere sufficiente a migliorare l’adesione alle vaccinazioni e rispondere ai numerosi
interrogativi del pubblico. è necessario che le famiglie e il pubblico siano coinvolti in prima persona nelle decisioni di sanità pubblica.
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Corrispondenza
Alberto E. Tozzi, Area di ricerca di Malattie Multifattoriali e Fenotipi Complessi, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Piazza S. Onofrio, 4, 00165 Roma,
tel. +39 06 68592401. E-mail: [email protected]
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