Quarto concerto di Musica nel Bosco a Groscavallo con il quartetto d’archi ARTEmiDORO
Ultimo aggiornamento Giovedì 02 Agosto 2012 16:11
Sabato 4 agosto 2012 alle ore 21
A. Vivaldi Concerto in Sol M RV 151 "alla Rustica"
Il concerto in Sol M per archi “alla rustica” è uno dei ben 49 concerti chiamati “ripieni”. Vengono
chiamati così poiché non prevedono la partecipazione di uno strumento solista. Continua....
Il primo movimento ( Presto ) è caratterizzato da un contesto tipicamente pastorale e
un’uniformità di ritmo fra primo e secondo violino che viene mantenuta per l’intero brano. Il
secondo movimento ( Adagio ) vede l’alternanza di articolazioni puntate e lunghe tipiche del
periodo barocco e il terzo ( Allegro ) in grande contrasto con l’Adagio ripresenta un tema
festoso e rurale.
Gustav Holst “St. Paul’s Suite”
La St. Paul's Suite (Op. 29, n. 2) è una suite per orchestra d’archi composta da Gustav Holst
nel 1912 e pubblicata, dopo alcune revisioni, nel 1922. Prende il nome dalla St. Paul's Girls'
School, un istituto scolastico londinese presso il quale Holst è stato direttore musicale dal 1905
al 1934. Egli la dedicò all'istituto in segno di gratitudine, in quanto la scuola aveva costruito per
lui uno studio insonorizzato. Una curiosità sull'ultimo movimento è che Holst vi racchiude i temi
di due canzoni popolari ( "Dargason" e "Greensleves" ) che vengono prima esposti
separatamente e poi sapientemente uniti formando un'unica melodia.
Felix Mendelsshon Bartholdy “Capriccio”
Il Capriccio per quartetto d'archi di Felix Mendelsshon Bartholdy è composto da due episodi
contrastanti sia dal punto di vista emotivo che stilistico: il primo, che corrisponde all' Andante
con moto, è un momento decisamente romantico ed espressivo in cui il tema del primo violino,
cantabile ed intenso, si contrappone al movimento inquieto degli altri strumenti; il secondo,
Allegro fugato assai vivace, ha tutt'altro carattere: trattasi infatti di una fuga, anch'essa intensa,
ma, contrariamente all'Andante, dinamica e coinvolgente.
Pietro Mascagni “Intermezzo” da “Cavalleria Rusticana”
Il celebre “intermezzo” di Cavalleria Rusticana fa parte dell’omonima opera di Pietro Mascagni
ed è previsto nel cambio tra la nona e la decima scena dell’opera. Normalmente la forma
operistica dell'intermezzo, tipica del melodramma del secondo '800 e del '900, deriva
dall'analoga forma francese dell'entr'acte, di cui accoglie il carattere descrittivo. È talvolta
abbinata ad un programma, descritto nel libretto. Si tratta di fatto di un preludio che, anziché
precedere il primo atto, si colloca subito prima di uno degli atti successivi o addirittura nel corso
di un atto. Normalmente gli intermezzi sinfonici sono pensati per essere eseguiti a sipario
chiuso, ma con alcune eccezioni. Alcuni Intermezzi tuttavia, a causa della loro bellezza, sono
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regolarmente eseguiti fuori della loro locazione in forma di concerto.
Antonin Dvorak Quartetto per archi n. 12 Op. 96 “Americano”
Dvorak occupa un posto di notevole rilevanza nell'ambito della musica nazionale ceca del
secolo scorso. Egli non ha nulla del compositore intellettuale e tormentato dai problemi
linguistici e tecnici: nella sua musica - da camera, sinfonica e operistica - tutto scorre e si
sviluppa limpidamente e lungo una scia d’assoluta chiarezza di idee, con una straripante
pienezza di temi che si articolano saldamente in una intelaiatura strumentale densa di timbri e
di ritmi di viva suggestione. Un esempio di queste caratteristiche musicali di Dvorak si ritrova
nel Quartetto op. 96, composto nel giugno del 1893 nella cittadina di Spilville, popolata di boemi
immigrati, nello stato americano dello Yowa. Infatti, il quartetto prende il nome di "Americano"
anche perché contiene accenti e richiami tematici del folclore statunitense così come avviene
nella Sinfonia "dal Nuovo Mondo". Nel primo movimento domina un tema avviato dalla viola e
ripreso ampiamente dai violini nel quale riecheggia chiaramente una melodia del folklore
americano, tra varietà di armonie e ritmi sincopati, espressioni del sentimento di gratitudine
dell'artista verso il paese che lo ospita. Intensamente emotivo è il secondo tempo Lento, con la
malinconica, cantilena dei violini e della viola accompagnati dal pizzicato del violoncello; la frase
diventa sempre più insistente e scavata nel suo gioco ripetitivo, sino a toccare con gli accordi
gravi del violoncello e con il lugubre tremolo della viola momenti di sconfortante pessimismo.
Nel terzo tempo cambia completamente l'atmosfera e ci si ritrova tra le affettuosità melodiche e
le piacevolezze ritmiche tipiche della migliore vena creatrice di Dvorak. Ancora più esaltante e
ricco di umori popolareschi è il Rondò finale, una pagina di inconfondibile sapore boemo per la
qualità della musica spigliatamente naif, impostata su un vivace e scattante andamento di
danza contadina, che lascia pensare ad antiche feste nuziali all'aperto.
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