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9 marzo 2016
Terralba, chiesti tre anni per calunnia
TERRALBA
Mancava all’appello un libretto
di assegni. È il motivo per cui
scattò la denuncia, inevitabile in
questi casi se non si vuole rischiare che qualcuno li utilizzi
senza permesso. La denuncia
però ha seguito una via alquanto tortuosa che ha ora una coda
in tribunale, dove il giudice monocratico Francesco Mameli si
trova di fronte a una doppia tesi.
Quella del pubblico ministero
Doddore Meloni durante un processo
Paolo De Falco propende per la
condanna di Doddore Meloni e
di sua figlia Francesca, in quanto amministratori della società
Felix; quella dell’avvocato difensore Cristina Puddu arriva a un
esito opposto che porta all’assoluzione dei due imputati.
L’accusa da cui si devono difendere è quella di calunnia e
tutto parte proprio da quella denuncia di smarrimento di un
carnet di assegni. Questo fu trovato in possesso di Giovanni Flo-
ris, una delle persone che aveva
stretti rapporti di lavoro con la
società Felix che fa capo alla famiglia Meloni. Da qui scattarono le accuse di aver indebitamente avuto l’assegno, ma queste rischiano di trasformarsi in
un boomerang per il commerciante terralbese e per sua figlia.
Per entrambi, al termine della requisitoria, il pubblico ministero
Paolo De Falco ha sollecitato la
condanna a tre anni perché attraverso quella denuncia di
smarrimento avrebbero di fatto
accusato Giovanni Floris – nel
frattempo il commerciante di
Santa Giusta è deceduto – di essersi impossessato degli assegni. Questi li aveva invece restituiti.
L’avvocato difensore Cristina
Puddu ha proposto un’altra verità: per essere responsabili del reato di calunnia bisogna avere la
volontà e la consapevolezza di
incolpare qualcuno pur sapendolo innocente. La denuncia di
smarrimento era da considerarsi invece un atto dovuto
daparte dell’amministratrice. Successivamente c’è stato il rinvio
dell’udienza al 18 marzo. (e.c.)
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