Giovedì 19 novembre,alle ore 10.30, il sindaco di Luino, avv. Andrea Pellicini, ha presentato ufficialmente alla cittadinanza il monumento restaurato di Giuseppe Garibaldi. Monumento che la città di Luino aveva eretto all’Eroe dei due Mondi” ed inaugurato nel lontano novembre 1867, con Garibaldi ancora vivente. Presenti alla cerimonia autorità militari e civili ed anche una folta presenza di alunni delle scuole della città. Per l’istituto Comprensivo “B Luini”, presenti, accompagnati dalle maestre e dai prof., le classi quarte e quinte elementari di Luino e di Creva e con la bandiera dell’Istituto, la classe seconda B ed alcuni rappresentanti delle classi terze delle Medie. Presenti anche le dirigenti degli istituti della città prof Raffaela Menditto, Maria Luisa Patrizi e Lorena Cesarin. Insieme al sindaco è intervenuto, per un breve intervento storicoculturale, lo storico locale Federico Crimi. Riteniamo utile far conoscere la seguente scheda storica preparata dalla nostra scuola media, nel 2007, in occasione del duecentesimo della nascita di Giuseppe Garibaldi in cui si parla del Risorgimento nel nostro territorio, del monumento e di altre curiosità storiche. Luino, 19 novembre 2016. Prof. Giovanni Petrotta, figura strumentale del territorio dell’I.C. “B. Luini” Il Risorgimento a Luino Brevi appunti storici – non esaurienti -, su Giuseppe Garibaldi, sulla battaglia di Luino del 15 agosto 1848, su alcune figure del Risorgimento Luinese e sul monumento dedicato dalla città di Luino all’Eroe dei Due Mondi. (Preparati per gli alunni della scuola media di Luino, nel 2007, in occasione del duecentesimo anniversario della nascita di Giuseppe Garibaldi) Breve biografia di Garibaldi Giuseppe Garibaldi nasce a Nizza il 5 luglio 1807. A diciassette anni primo imbarco come mozzo e subito si trova giro per il Mediterraneo ove ebbe occasione di scontrarsi coi pirati turchi. Diventa mazziniano e nel 1835 viene condannato alla pena capitale per essere uno degli organizzatori dei Moti di Genova. Scappa in America Latina. Nel 1848, dopo quattordici anni di guerriglia in America meridionale contro governi dittatoriali e dove sposa Anita, ritorna con moglie e figli in Italia per combattere per la libertà della Patria dallo straniero e per l’Unità d’Italia. Dal 1848 al 1867 combatte ben sette campagne contro gli austriaci, borboni (l’epopea dei Mille) e francesi. Francesi che, però, soccorrerà a Digione nella guerra contro la Prussia nel 1870. Nel 1874 viene eletto deputato del Regno d’Italia. Muore a Caprera il 2 giugno 1882. Garibaldi è l’eroe per antonomasia. E’ un cittadino del mondo. Combatté disinteressatamente tante battaglie. Combatté per la libertà dei popoli del Sud America, per la liberazione di Roma, per l’indipendenza e per l’Unità d’Italia e infine anche per aiutare la democratica Francia attaccata dai Prussiani. Sposò i grandi ideali di giustizia e le libertà di tutti i popoli tanto che nel 1867 partecipò al Primo Congresso della Pace a Ginevra ove propose un programma nel quale, nei primi tre punti affermava: 1) tutte le nazioni sono sorelle; 2) la guerra tra di loro è impossibile; 3) tutte le contese che sorgeranno tra le nazioni dovranno essere giudicate da un congresso. Nel 1870, a differenza del Mazzini, mostrò simpatia per la Comune di Parigi e per il nascente movimento socialista. Suo il fortunato slogan socialista “L’Internazionale è il sol dell’avvenir”. Socialismo del quale però ripudiava la lotta di classe proposta da Karl Marx, preferendo il mutualismo tanto da essere ispiratore ed anche presidente onorario di molte Società Operaie di Mutuo Soccorso in Italia. Risorgimento a Luino Anche nel nostro territorio Luinese, dopo il Congresso di Vienna del 1815, si mostrò una certa sofferenza nei confronti della dominazione austriaca che non permetteva alcune libertà politiche e molto tassava in economia i contribuenti. Anche nel nostro territorio esistevano vari comitati clandestini contro la dominazione austriaca. Nel 1848, si formò nel Luinese un “Comitato insurrezionale” clandestino. A capo vi era Achille Longhi, un milanese residente a Punta Lavello, a Brezzo di Bedero/Germignaga, amico dell’intrese Francesco Simonetta. Nel Comitato facevano parte, tra gli altri, il luinese Cesare Strigelli e il “ rivoluzionario” notaio di Maccagno, Giovanni Cattaneo. Nella metà di marzo del 1848, le notizie di Milano e di Vienna in rivolta costrinsero i patrioti ad uscire allo scoperto. Il 19 marzo il Longhi accese un gran falò sulla riva del lago di fronte all’albergo Beccaccia a Luino, per avvertire la popolazione rivierasca della rivoluzione. Il 20 marzo la guarnigione austriaca abbandonava la città. Sempre il Longhi, insieme ad altri rivoluzionari, disarma i pochi gendarmi rimasti a Luino, e secondo gli ordini ricevuti, organizza una colonna di volontari, più di 150, per raggiungere l’insorta Milano, via Laveno e Varese. Su una colonna del ponte sulla Tresa tra Luino e Germignaga venne scritto con la calce bianca “Viva la Repubblica italiana”. I volontari luinesi giungono a Milano il 23 ed il giorno dopo prendevano parte alla battaglia di Porta Ticinese inseguendo le truppe austriache in fuga. Tutto andava per il meglio, quando, come un fulmine a ciel sereno, giunse la disfatta di Custoza. Quindi la ritirata del re di Savoia Carlo Alberto al di là del Ticino e il successivo armistizio di Salasco. Molti patrioti milanesi ripararono in Piemonte o nella vicina Svizzera. Lo stesso fecero molti Luinesi, fra i quali il generale Francesco Solera, originario da Campagnano, già ministro della guerra del Governo provvisorio della repubblica veneta guidato da Daniele Manin ed anche notaio Giovanni Cattaneo che si trasferì a Ponte Tresa, parte svizzera. Giovanni Cattaneo raggiunse poi il Piemonte, ove, nel 1852, viene arrestato per aver introdotto clandestinamente opere del filosofo Giuseppe Ferrari, il primo deputato del Circondario di Luino, eletto nel 1861 al Parlamento del Regno d’Italia a Torino. Ritorno di Garibaldi in Italia Le prime notizie della rivoluzione del ’48 richiamano in Italia gli esuli politici. Dalla Svizzera, dalla Francia e da altri paesi patrioti occorrono in Italia. E’ la “General chiamata!”. Garibaldi parte da Montevideo con sessantadue compagni il 15 aprile 1848. Tocca terra italiana il 21 giugno, dopo quattordici anni. E’ ansioso di porre la sua esperienza militare al servizio della patria in guerra contro l’Austria. Ma il re Carlo Alberto, per vari motivi, rifiuta la sua collaborazione, rinviandolo da un Ministero all’altro senza affidargli alcuna responsabilità di comando adeguata alla sua capacità. Finalmente Carlo Cattaneo, capo del Governo provvisorio di Milano gli offre un Comando. Il 21 luglio Giuseppe Garibaldi forma il battaglione di volontari Anzani. Vice comandanti Giuseppe Mazzini e Giacomo Medici. I militi ottengono a fatica divise, armi e munizioni. La prima guerra d’indipendenza, nell’estate cambia improvvisamente corso. Il 25 luglio il re è sconfitto a Custoza. Il 9 agosto l’armistizio Salasco. Garibaldi non ha combattuto. Molti volontari, scoraggiati disertano. Lo stesso Giuseppe Mazzini insieme al volontario Goffredo Mameli, raggiunge Lugano. Il Generale ritiratosi a Castelletto Ticino invece di internarsi nel Piemonte e deporre le armi il 13 agosto lancia un proclama che diceva: “ Italiani! Eletto in Milano dal Popolo e da’ suoi rappresentanti a Duce d’uomini, la cui meta è altro che l’Indipendenza Italiana, io non posso conformarmi alle umilianti convenzioni ratificate dal Re di Sardegna, collo straniero…..dominatore del mio paese. Se il re di Sardegna ha una corona che conserva a forza di colpe e di viltà, io ed i miei compagni non vogliamo conservare con infamia la nostra vita….. Noi vagheremo sulla terra che è nostra, non ad osservare indifferenti la tracotanza dei traditori, né le straniere depredazioni, ma per dare all’infelice e delusa nostra patria l’ultimo nostro respiro, combattendo senza tregua e da leoni la guerra santa, la guerra dell’Indipendenza Italiana”. Giuseppe Garibaldi, il 14 agosto, seguito da circa 1300 volontari e con l’ingegnere varesino Francesco Daverio mandato da Giuseppe Mazzini a guidare i patrioti , si portava ad Arona e si impossessava dei battelli Verbano e San Carlo; li faceva armare in qualche modo, sequestrava un certo numero di barche e con esse si dirigeva verso nord del Lago Maggiore. Giunto a Luino sbarcava il giorno dopo, 15 agosto, e prendeva alloggio alla locanda Beccaccia che si trovava nell’attuale palazzo Baldioli. Nello stesso giorno un battaglione austriaco composto da circa 800 soldati e guidato dal maggiore Mollinarjj muoveva da Varese verso Luino. La battaglia di Luino 15 agosto 1848 Diverse le versioni della battaglia di Luino. Divertente, ma romanzata, la versione di Piero Chiara nel “Piatto piange” ove descrive un Garibaldi con problemi di stomaco per aver preso la gialappa prescritta dal farmacista Clerici. Garibaldi che dalla sua camera della Beccaccia incita i patrioti contro gli austriaci. Diverse versioni conosciute. Prima versione scritta da Giuseppe Garibaldi nelle sue memorie autobiografiche. Alle 17,00 del 15 agosto 1848 i volontari partono per Varese via Voldomino. Sorpresa degli austriaci. Dietrofront. Battaglia alla Beccaccia. Prima persa la locanda e poi riconquistata grazie all’intervento del battaglione pavese, guidato dal maggiore Pegorini. Intervento anche dei battelli che però non sparano con i canoni. Fuga degli Austriaci. Ma Garibaldi scrisse tardi le “Memorie”e quindi ci può essere qualche “imprecisione”. Seconda versione, quella raccontata dal colonnello Giacomo Medici al noto scrittore Alessandro Dumas (anche questa una romanzata, specialmente nel numero dei nemici). Garibaldi non sta bene; decide di riposare “due ore” e prende una purga dal farmacista Clerici, consegna il comando al Medici. Soldati e armi sono di là dal ponte della Luina. Arrivano gli austriaci. Battaglia. Garibaldi si alza e guida il contrattacco. Il Medici insegue gli austriaci sino a Germignaga. Questa versione è anche la tesi di molti altri storici. Comunque la durata della battaglia di Luino fu di circa mezz’ora. I morti austriaci furono quattro (sette secondo alcune fonti), i feriti quattordici; ventiquattro prigionieri. I morti garibaldini furono quattro e i loro nomi sono stati scolpiti dietro il monumento (Emilio Marangoni, Giuseppe Franzini, Carlo Sora, Urbano Lanza di Pavia); una trentina i feriti. Al combattimento di Luino si inserisce un episodio molto toccante e commovente. Al rumore della battaglia, dalla villa Sabbioncella di Cannero ove alloggiava, Laura Solera Mantegazza col figlio Paolo, futuro prof. universitario di Pavia, fisiologo, romanziere e saggista, con una barca li portava a Luino e si presentava al Generale chiedendogli di trasportare nella sua villa i feriti e i malati. Il Generale, molto colpito dal nobile gesto, accettava la richiesta. 32 garibaldini e sette austriaci furono trasportati a Cannero, dove furono amorevolmente curati. Del fatto lo stesso Garibaldi scriverà alcuni versi nel “Poema autobiografico” al Canto VIII: “Laura scorge il conflitto, trepidante affretta barcaioli;ritta alla poppa segna al più folto della pugna e chiede del capo! Oh Donna (…) Io chino bacerò la tua zolla dal tuo piede solcata ed il tuo santo nome all’Italia consacrato sia.” Il 17 agosto Garibaldi lasciava Luino per Varese passando da Grantola e Cunardo, mentre la colonna Medici raggiungeva Bosco e poi il Capoluogo. Dopo Varese, come si sa, per dieci giorni Garibaldi ed i suoi volontari girarono per l’alto varesotto rincorsi da circa 20.000 austriaci guidati dal generale D’Aspre. Garibaldi tenta di ritornare a Luino, ma il borgo è già stato occupato dagli austriaci il 24 agosto. I pochi patrioti rimasti a presidiare Luino, dopo aver costruito delle barricate a Germignaga, che sono facilmente distrutte dai canoni austriaci, si ritirano verso Maccagno. Qui si trovano i due battelli che raccolgono i patrioti. Poi per alcuni giorni vagabondano sul lago e il 31 agosto si consegnano agli svizzeri. Il 26 agosto Garibaldi assalito di notte a Morazzone, dopo un breve conflitto, scioglieva la brigata e con pochi uomini si recava a Brusimpiano E da qui, vestito da marinaio su una barca, riparava in Svizzera raggiungendo Agno e poi Lugano dove incontra Medici e Mazzini. Il tentativo insurrezionale di Francesco Daverio Il 30 ottobre 1848, il giovane mazziniano ingegnere varesino Francesco Daverio che, come scritto, aveva accompagnato Garibaldi nella campagna di Luino dell’agosto ’48, esule in Ticino è protagonista di un nuovo colpo di mano. La sera prima, eseguendo un piano ideato da Mazzini per portare nuovamente la fiaccola della ribellione in Italia, sequestrava nuovamente a Locarno. il battello Verbano e con 150 volontari muoveva verso Luino. Il 31 ottobre, di sera, i patrioti sbarcano a Luino e a Germignaga fra lo sbigottimento della popolazione. Mentre il battello sostava presso la riva, a terra il Daverio emanava disposizioni per il governo dei paesi della zona, per l’arruolamento dei volontari, per la ricerca di cibo e denaro per finanziare la spedizione. Volontari non ne accorsero, però furono sequestrati 800 lire dalla cassa dell’esattore Ferdinando Zaccheo di Maccagno. Il 2 novembre i mazziniani attestati al ponte di Germignaga venivano assaliti da una colonna austriaca condotta dal colonnello Hahme. Due ore durò il combattimento, poi i patrioti ripiegarono verso Luino, dove si imbarcavano sul battello. Un gruppo di patrioti, che si era fermato a riva a proteggere l’imbarco, sul calare della sera, guidati dal Daverio, raggiungeva a piedi Maccagno e qui si imbarcavano sul battello. Sul battello i patrioti mazziniani girovagarono per alcuni giorni fermandosi ai castelli di Cannero. L’8 novembre sbarcavano ad Arona e consegnavano il piroscafo alle autorità piemontesi. Francesco Daverio, l’anno seguente, insieme con altri patrioti e a Giuseppe Garibaldi si trasferirà a Roma diventando capo dello Stato Maggiore di Garibaldi. Qui sarà uno dei protagonisti della Repubblica Romana e morirà da prode in un attacco preso il Casino dei Quattro Venti, il 3 giugno 1849. Storia della lapide dedicata a Francesco Daverio Si tratta di una lapide sormontata da un’aquila in bronzo (una volta dorato) ad ali aperte avente una corona d’alloro al collo. A disegnarla fu Vincenzo Morandi, mentre il testo fu scritto dott. Botturi. Esecutore dell’opera lo scultore Giuseppe Argenti di Viggiù. Ecco il testo riportato nella lapide: “Nella pacifica difesa della italianità la Dante Alighieri ricordando le lotte eroiche qui combattute il 15 agosto ed il 5 novembre 1848 Francesco Daverio che procombente a Villa Corsini auspicava ciò che la storia scrisse il 20 settembre 1870” La lapide posta sulla facciata dell’Hotel Simplon (attuale palazzo Baldioli) è stata inaugurata con una grande manifestazione l’11 settembre 1911 in occasione dei festeggiamenti del Cinquantenario dell’Unità d’Italia. ( Una nota ed una curiosità. Una nota: a nostro parere anche questa importante lapide storica legata alla battaglia di Luino ha bisogno urgentemente di essere restaurata. Una curiosità. Durante il periodo fascista, forse dopo l’11 febbraio 1929, data della firma dei Patti Lateranensi, l’ultima frase del testo della lapide - “il 20 settembre 1870” - è stata abrasa. Andare a vedere e toccare il marmo sotto il verso “ ciò che la storia scrisse” per credere). Storia del monumento di G. Garibaldi Nel giugno del 1863 il noto scultore romantico Alessandro Puttinati, autore della famosa e discussa statua del Masaniello, oggi esposta a Brera, scriveva una lettera alla Giunta Comunale dicendo di essere disponibile a scolpire, gratuitamente, “una statua “colossale” al generale Garibaldi, in memoria della prima vittoria italica conseguita in luogo”. La statua sarà dell’altezza di 6 braccia milanesi (circa tre metri) in pietra di Viggiù”. L’allora Giunta comunale accettò la proposta e nominò una Commissione con a capo dott. Achille Longhi, composta anche dal nobile Giulio Cesare Strigelli e da Giuseppe Lucchini. La Commissione si mise in opera per raccogliere le 2.000 lire occorrenti per i lavori. Inviò comunicati a tutti i Comuni limitrofi, alle Società esistenti, chiedendo un contributo non minore di cento lire. I nomi dei contribuenti sarebbero stati scritti sul basamento. Il comune di Luino stanziò 1.000 lire, mentre quello di Brezzo 100. Silenzio dagli altri Per diversi anni la Commissione mandò delle circolari per chiedere contributi. Ma l’iniziativa ebbe scarso successo, solo qualche modesto contributo. Nel 1866 un’ulteriore circolare si rivolgeva ai volontari che si apprestavano a seguire Garibaldi durante la Terza guerra d’indipendenza (Bezzecca). In essa c’era scritto che chi contribuiva anche con un’azione di 10 centesimi, aveva il diritto d’iscrizione alla base del monumento”. Nessuno rispose, tranne il maggiore Castellini che inviò 10 lire. Intanto i costi erano lievitati. Dalle 2000 lire del 1863 si passò alle 3.600 del 1867. Nel 1867 la commissione di dimetteva, chiedendo al comune di colmare la rimante spesa occorrente. Intanto lo scultore Pettinati completava la statua di Garibaldi, sbozzata da Santino Gandolla “con la spada impugnata in atto di cacciar lo straniero”, ma non in pietra di Viggiù, ma dalle cave di pietra di Brenno Useria, offerta gratuitamente dai fratelli Cavezzari. Il piedistallo venne progettato dai fratelli Adami e costruito da Pietro Monti. Terminata l’opera sul davanti c’era su una lapide marmorea ove c’era scritto: “Fra gli innumerevoli monumenti È questo il primo in Italia Che la riconoscenza pubblica Ha innalzato All’eroe popolare” Come in più parti scritto il monumento non venne inaugurato il 15 agosto , ma alla fine di novembre del 1867. Il 15 agosto 1885, al posto dell’iscrizione, venne un medaglione di bronzo in rilievo che rievoca lo scontro. Opera del noto scultore milanese Enrico Bazzaro, artista della Scapigliatura milanese. Nel bronzo si vedono alcuni cavalieri (Garibaldi, l’ ex schiavo Aguyar, sua guardia del corpo, il colonnello Medici ed altri), dei feriti per terra e dei nemici in fuga. Andrea Aguyar, il “Moro di Garibaldi” Andrea Aguyar, era un ex schiavo, nato a Montevideo da genitori africani, che fu da Garibaldi arruolato nella Legione Italiana in Uraguay. Nel 1848 seguì il Generale in Italia come scudiero, attendente, guardia del corpo. A Roma lo chiamavano “Il Moro di Garibaldi”. Partecipò a tutte le battaglie al fianco di Garibaldi (anche quella di Luino, infatti, è raffigurato nel bronzo del monumento). Era alto e maestoso, ottimo cavallerizzo ed anche bravo lanciatore del “lazo”, tanto da aver preso anche qualche nemico. Era analfabeta, ma durante la Repubblica Romana gli fu dato il grado di Tenente. Morì, colpito da una bomba, sugli spalti di Villa Spada a Roma il 30 giugno 1849. Il “Moro” è protagonista di un curioso testo teatrale che riguarda la Battaglia del 15 agosto di Luino e Garibaldi. Il titolo di un libretto di 25 pagine depositato al Museo del Risorgimento a Milano è “ Garibaldi a Luino nel 1848 . Dramma storico scritto da un emigrato bresciano” stampato a Novara nel 1850, firmato (T.C.). Nel Dramma, ambientato a Luino durante la battaglia del 15 agosto, con traditori, storie d’amore ed eroismi, il Moro è uno dei protagonisti principali, addirittura colui che ha il compito di organizzare la difesa della città dall’attacco austriaco. I Solera I Solera sono originari di Campagnano, Maccagno. Della famiglia Solera sono famosi nella Lombardia risorgimentale Antonio e suo figlio Temistocle e Francesco Solera. Antonio Solera, patriota condannato a morte, poi alla galera a vita allo Spielberg con Silvio Pellico, mentre il figlio Temistocle Solera è stato musicista, librettista di Verdi (suoi il “Nabucco”, “I lombardi alla prima crociata” e altri), poeta, capo della polizia in Egitto, ecc. Tutta militare la vita di Francesco Solera, parente dei Solera ‘milanesi’, nato a Luino il 16 settembre 1786, Ufficiale della Guardia reale italiana, fu ad Ulm ed a Austerlitz nel 1806, Prese parte alla campagna napoleonica di Russia nel 1812; nel 1813 in quella di Prussia; nel 1814 fece la campagna d’Italia e intervenne nella campagna del Mincio. Passato al servizio austriaco raggiunse il grado di generale maggiore. Nel 1848, ripudiato il servizio straniero, divenne il ministro della guerra del Governo provvisorio della repubblica veneta guidata da Daniele Manin. Fu lui ad organizzare la difesa di Venezia che terminò nell’eroica resistenza dell’agosto 1848 (stesso periodo della battaglia di Luino). Da Venezia si rifugiò in Piemonte, dove visse dieci anni in oscuro esilio. Nel 1859 ritornò a Luino col grado di luogotenente generale nel regio esercito e decorato degli ordini italiani. Muore a Pavia il 21 gennaio 1872. Il Generale ebbe due figli: Francesco Solera, che seguì le orme del padre diventando Tenente colonnello e Luigi Solera, professore di fisiologia all’Università di Siena. Laura Solera Mantegazza Laura Solera, nata a Milano il 15 gennaio 1813, figlia di Giuseppina Mandriani e dell’avvocato Cristoforo Solera, antiaustriaco tanto da dover rifugiarsi in Svizzera. Partecipò alle cinque giornate di Milano e fu amica di Giuseppe Mazzini. Dopo il ritorno degli austriaci si rifugiò alla Sabbioncella di Cannero e fu, come abbiamo visto, protagonista dei fatti luinesi. Rientrata a Milano, si stabilì in Borgo di Porta Comasina, oggi Corso Garibaldi, al numero 73. Nonostante l’opposizione della Chiesa, a casa sua aprì il primo “Ricovero per lattanti”, ovverosia un nido per i figli delle operaie tra i 15 giorni e i tre anni. Ne seguirono altre quattro in pochi anni. Nel corso delle guerre per l’Unità d’Italia si mobilitò sempre per raccogliere fondi per i volontari, in particolare durante l’impresa dei Mille in cui vendette coccarde tricolori con l’immagine di Garibaldi preparate nei laboratori femminili annessi ai nidi. Nel 1862 fondò, insieme con altre amiche l “Associazione di mutuo soccorso delle operaie” per soccorrere le più povere, aiutare le disoccupate e organizzare corsi professionali. L’iniziativa fu incoraggiata e benedetta da Garibaldi che in quegli anni incontrò più volte. Morì nel 1873. Nel muro della sua casa i milanesi posero una lapide che ancora oggi si può leggere. In essa v’è scritto: “In questa casa abitò molti anni e istituì il primo ricovero di bambini lattanti Laura Solera Mantegazza, vera madre del povero”. Luino, 3 novembre 2007 Appunti non corretti (gp)