Nella storia religiosa mondiale è avvenuto un miracolo Una Riflessione sulla celebrazione del 150° Anniversario della scoperta dei "cristiani nascosti del Giappone”. Il 17 marzo 2015 la Chiesa Cattolica Giapponese ha celebrato i 150 anni dalla “scoperta dei cristiani nascosti”. Questo evento è stato spesso definito come “un miracolo nella storia delle religioni”. Esso è stato celebrato con una Messa solenne nel luogo stesso dove la scoperta ha avuto luogo, cioè la Chiesa di Oura nella città di Nagasaki. La cerimonia è stata presieduta dall’inviato speciale di Papa Francesco, il Cardinale Orlando Quevedo. Erano presenti pure gli ambasciatori d’Italia, delle Filippine e di altre nazioni oltre alle autorità civili. I membri della Conferenza Episcopale giapponese erano affiancati dai vescovi di altre nazioni, dai rappresentanti di varie Chiese cristiane e religioni oltre ai numerosissimi fedeli delle parrocchie della diocesi di Nagasaki. Ma perché lo si definisce un miracolo nella storia religiosa mondiale? Nel 1863, dopo un lungo periodo di isolamento autoimposto, il Giappone aperse le porte al mondo. Nagasaki divenne un porto strategico per il commercio e l’area attorno al porto fu designata come zona riservata agli stranieri e commercianti. Nel 1863 Padre Henri Furet e altri sacerdoti della Società per le Missioni Estere di Parigi sbarcarono a Nagasaki per dare inizio alla nuova missione in Asia, programmando subito la costruzione di una Chiesa. L’edificio iniziò a prendere forma nell’agosto del 1863 con l’arrivo di Fr Petitjean. I Padri decisero di costruirlo con la facciata rivolta verso Nishizaka, la collina dove i primi martiri furono crocifissi. La chiesa sarebbe stata dedicata a loro, i 26 protomartiri, e sarebbe diventata il fondamento della Chiesa in Giappone. La gente del posto osservava con interesse la costruzione della Chiesa che essi definivano il “Tempio francese”. A costruzione avvenuta, ci fu la benedizione che ebbe luogo il 19 febbraio 1865. Contemporaneamente però, le autorità di Nagasaki emanarono un editto che proibiva alla popolazione giapponese di partecipare alla cerimonia. La scoperta dei cristiani nascosti ebbe luogo circa un mese dopo, il 17 marzo 1865. Era verso mezzogiorno quando un gruppetto di “Cristiani nascosti” provenienti dalla zona di Urakami vennero a vedere il “Tempio Francese” e si avvicinarono a Padre Petitjean che stava pregando davanti all’altare. Una del gruppo, una donna di 52 anni di nome Isabella Sugimoto Yuri disse sottovoce al Padre: “Tutti noi qui abbiamo lo stesso cuore del tuo, e la maggioranza della gente di Urakami ha lo stesso nostro cuore.” Padre Petitjean si alzò grandemente sorpreso e pieno di gioia. La donna continuò a parlare dicendo: “Dovè la statua di Santa Maria? Il Padre era profondamente commosso mentre li accompagnava all’altare laterale dove c’era la statua della Madonna. Essi guardarono con intensità la statua esclamando nel loro dialetto: “E’ veramente la statua della Madonna. Guarda, ha in braccio il Bambino Gesù. Poi aggiunsero: “Ora siamo nella stagione “triste” (la Quaresima), la stai celebrando anche tu?” Per più di duecento anni, sottoposti alla persecuzione e in una Chiesa senza sacerdoti questi semplici cristiani avevano continuato ad osservare il tempo quaresimale come periodo di preghiera e digiuno. A dire il vero questo non era il primo incontro della gente di Urakami con una chiesa cristiana. Tre anni prima dell’incontro con Padre Petitjean essi avevano visitato la Chiesa anglicana costruita per gli stranieri residenti nell’aerea commerciale riservata di Nagasaki. Essi andarono a vedere il pastore della Chiesa ma con grande disappunto si accorsero che aveva moglie e figli. I “Padri” che i cristiani speravano di trovare dovevano essere celibi per cui non ritornarono più in quella chiesa. Essi continuarono a cercare coloro (i Padri) che dovevano avere tre requisiti perché potessero essere riconosciuti come appartenenti alla stessa fede. Il “Padre” doveva: 1. essere mandato dal Papa di Roma, 2. venerare Santa Maria (la Madonna) e 3. essere celibe. Mentre osservavano il proseguimento dei lavori del “Tempio francese” nella zona di Oura decisero di provare ancora e per questo erano venuti a vedere Padre Petitjean in quel memorabile giorno quando il Padre “scoprì” i cristiani nascosti di Urakami e i cristiani stessi “ritrovarono” il Padre che avevano atteso, desiderato e per cui avevano pregato per più di 250 anni. Questo era il miracolo che aveva sorpreso il mondo. Quando la gioiosa notizia della scoperta dei discendenti dei cristiani giapponesi arrivò in Europa Papa Pio IX, commosso fino alle lacrime, disse “una grazia come questa è data al mondo una volta sola”. Purtroppo questa gioiosa scoperta portò a pesanti conseguenze. Quando la presenza dei cristiani divenne nota, le autorità emanarono un ordine per l’arresto di massa di tutti i cristiani poiché, dopo 250 anni, era ancora in vigore la legge che proibiva la pratica della religione cattolica. La punizione colpì crudelmente i cristiani di Urakami che vennero catturati ed esiliati in ben 21 regioni del Giappone. Da quando il Giappone si era riaperto al mondo, la citta di Nagasaki era divenuta un porto di grande importanza per il commercio tra il Paese e il resto dell’Asia e dell’Europa. Quando la notizia della punizione dei cristiani raggiunse l’Europa e l’America, i rispettivi governi protestarono contro l’amministrazione Meiji che, essendo molto interessata allo scambio commerciale con queste nazioni, prese alcuni provvedimenti. Il risultato fu che il divieto di professare la religione Cristiana, emanato nel 1644, venne finalmente abolito il 2 marzo 1873 e da ogni città e villaggio vennero tolti gli innumerevoli cartelli che proibivano severamente la pratica religione cattolica. Per la durata di 250 anni i cristiani giapponesi continuarono a battezzare i loro figli da una generazione all’altra. Volevano dare loro quelli che essi chiamavano “il dono al di sopra di tutti i doni” e insegnare loro “la via verso la felicità vera”. Per questo si ingegnarono a trasmettere loro la fede e insegnare loro come pregare. Era il più bel dono che un genitore poteva fare ai propri figli (Informazione presa da un libretto preparato dalla Diocesi di Nagasaki e dal quotidiano locale) In questo anno che conduce al 150.mo anniversario ho riflettuto a lungo e ho cercato di studiare e approfondire la mia conoscenza della storia della Chiesa giapponese, iniziando dall’arrivo di San Francesco Zaverio e compagni nel porto di Kagoshima il 15 agosto 1549. Ho ricevuto molta luce ma mi è rimasta in cuore una domanda che ancora non ha trovato risposta. Come ha potuto la giovane chiesa giapponese, in un così breve spazio di tempo, istillare e nutrire una fede così forte nei suoi membri? Una fede capace di sopravvivere più di 200 anni in un clima di persecuzione ed isolamento? Certamente la risposta a tale domanda ci potrà essere di luce per il futuro della Chiesa giapponese. Nel periodo della persecuzione i cristiani furono forzati a partecipare ai riti buddisti ma riuscirono a formare dei gruppi segreti con strutture semplici e ben definite che permisero loro di vivere e trasmettere la fede, senza la presenza di sacerdoti, per più di 200 anni. In ogni comunità veniva eletta la “Chokata” (alla lettera: persona del calendario) responsabile affinché il calendario liturgico fosse rispettato. C’era poi la “Mizukata” (“la persona dell’acqua”) che amministrava il battesimo e la “Kikuyaku” (derivante dalla parola ”ascolto” incaricata per trasmettere le informazioni a tutti i membri). Questa struttura di base venne rafforzata e trasformata in una comunità di fede per mezzo della pratica della carità fraterna, dell’accettazione reciproca, del sostegno e dall’enfasi posta sul trasmettere gli insegnamenti della fede alle nuove generazioni. Tutti usavano lo stesso catechismo che era intitolato “Dochirina Kiristan” (il modo locale di pronunciare “Dottrina Cristiana”). Si trattava di un catechismo scritto in giapponese nel 1591. La loro adesione a questa formazione catechistica, unita alla grande fiducia nell’aiuto della Madonna, li rese capaci di tener viva la fede e di conservare l’essenza della chiesa di fronte alle persecuzioni, in un totale isolamento e privi della presenza dei sacerdoti. Forse a noi è chiesto di riscoprire e apprezzare di più il tesoro che abbiamo nel catechismo e di usufruire tutte le possibilità che abbiamo di studiare la nostra fede. Il dono della fede è una grande benedizione, è “il tesoro nascosto nel campo”. Se cominciamo a cercarlo con entusiasmo, sicuramente gusteremo la gioia che in esso si trova. Spero e prego che molti i nostri fratelli e sorelle possano sempre più trovare questo tesoro ed essere capaci di ripetere con tutto se stessi quello che la donna di Nagasaki disse a suo tempo: “tutti noi qui abbiamo lo stesso cuore”. Sr. Francesca Yoshida Suzuko