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1. I mesi prima degli scritti
Il periodo più importante per chi si appresta ad affrontare l’esame di avvocato
è rappresentato indubbiamente dai mesi che precedono il tradizionale appuntamento di metà dicembre con le prove scritte. E
v in questo lasso temporale, infatti, che l’aspirante avvocato deve munirsi di quegli strumenti teorici e pratici
che gli consentiranno poi di affrontare serenamente le tracce d’esame.
Il periodo che precede l’esame deve, pertanto, essere sfruttato al meglio, razionalizzando al massimo il tempo a disposizione ed evitando inutili dispendi di
energie.
L’esperienza di alcuni anni di docenza in corsi diretti alla preparazione per
l’esame rivela che, almeno nella maggior parte dei casi, l’aspirante avvocato
inizia a « preoccuparsi » seriamente dell’esame a partire da settembre, cioè
circa due mesi prima delle prove scritte.
Già questo, a dire il vero, rappresenta un primo errore: l’esame di avvocato,
soprattutto presso alcune Corti di appello, ha ormai raggiunto un livello di difficoltà molto elevato, con percentuali di promozione a volte inferiori a quelle di
alcuni concorsi pubblici tradizionalmente ritenuti molto selettivi (basti pensare
che in alcune sedi la percentuale di ammessi agli orali è del 15%).
La difficoltà dell’esame è, inoltre, sensibilmente accresciuta dal fatto che al
candidato si richiede dimostrare non solo una buona conoscenza degli istituti
sostanziali e processuali, ma anche il possesso delle regole redazionali per
la stesura degli atti tipici della professione (atti giudiziari e pareri). E la cattiva
redazione (sotto il profilo formale-metodologico) dell’atto o del parere può compromettere l’esito dell’esame, non meno di quanto possano farlo eventuali lacune teoriche.
Se si pensa che spesso molti candidati si avvicinano all’esame senza aver mai
fatto una pratica effettiva e, a volte, anche coloro che l’abbiano svolta non sempre sono riusciti ad acquisire la necessaria dimestichezza con le tecniche redazionali, ben si comprende la ragione per la quale, senza una adeguata prepa-
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GUIDA ALLA REDAZIONE DEL PARERE PENALE
razione anche di carattere metodologico, il rischio di non riuscire a superare
le prove è certamente significativo.
Per tale motivo, si è ritenuto opportuno iniziare questo volume di guida alla
redazione del parere di diritto penale con qualche breve consiglio su come investire, nel modo più proficuo possibile, i mesi precedenti l’esame.
Si diceva poc’anzi che la stragrande maggioranza dei candidati inizia a pensare seriamente all’esame solo a settembre, dopo la pausa estiva. Non è certamente una soluzione consigliabile, soprattutto per chi non ha già una solida
preparazione universitaria e post-universitaria, ma è la soluzione più diffusa tra
gli aspiranti avvocati.
Cominceremo allora il nostro ipotetico percorso di preparazione all’esame
ipotizzando di trovarci in questa situazione di emergenza e di avere, quindi,
circa due mesi di tempo a disposizione. E
v evidente che coloro che vorranno dedicare alla preparazione un periodo più lungo potranno agevolmente diluire nel
maggior tempo a disposizione il programma che cercheremo di illustrare.
2. Esercitarsi a scrivere
La prima cosa da fare in questi due mesi è scrivere, scrivere, scrivere. Questo
l’imperativo categorico dell’aspirante avvocato!
Il titolare di uno dei corsi più frequentati per la preparazione al concorso in
magistratura e all’esame di avvocato ha scritto nel sito internet di una rivista on
line dedicata ai concorsi (www.ildirittopericoncorsi.it) che « per vincere un concorso o superare un esame come si scrive è più importante di quello che si
scrive » e che « per imparare a scrivere l’esercizio è indispensabile ».
Queste due affermazioni devono rappresentare il costante punto di riferimento del nostro percorso di preparazione.
Nelle Università italiane si scrive poco, quasi niente, almeno fino alla tesi di
laurea. Capita allora che si esca dall’Università con un ricco bagaglio di conoscenze, ma senza l’abitudine a scrivere. Anzi, con una disabitudine invero alquanto pericolosa.
Anche la pratica professionale a volte non offre grandi occasioni per esercitarsi nella scrittura (soprattutto quando il praticante è « utilizzato » per le presenze in udienza, le file in cancelleria, la redazione di atti ripetitivi).
Tutto ciò produce una specie di « ruggine », che è possibile eliminare solo con
una esercitazione costante e sistematica.
Cosı̀, come detto, molto spesso la causa della bocciatura non è data dalla mancata individuazione della soluzione in diritto, ma dalla poca abitudine alla scrittura.
Infatti, a ben vedere, grazie alla giurisprudenza riportata nei codici commentati, si riesce a trovare abbastanza agevolmente la sentenza che contiene la soluzione della traccia. Ciò che fa veramente la differenza è proprio il modo di
scrivere, la capacità di argomentare, di giungere in maniera chiara e rigo-
CAPITOLO I – PREPARARSI ALLA REDAZIONE DEL PARERE: ALCUNI CONSIGLI PRATICI
rosa da una premessa ad una conclusione, di collegare coerentemente i
vari passaggi dell’elaborato.
Queste abilità si acquisiscono solo con l’esercizio: scrivere molto rappresenta quindi la migliore vaccinazione contro il rischio di bocciatura.
Un valido consiglio può essere allora quello di prendere le tracce uscite agli
anni precedenti o, meglio ancora, quelle contenute nei vari libri di pareri che
periodicamente sono pubblicati in vista dell’esame di avvocato e provare a cimentarsi nella redazione di un parere o di un atto.
Se ha optato per la raccolta di pareri già svolti, l’aspirante avvocato potrà poi
confrontate il suo elaborato con quello pubblicato e si renderà conto del livello
del suo « compito »; potrà cioè autovalutarsi e vedere se, ad esempio, si è soffermato troppo o troppo poco su una questione, se lo schema logico seguito rispecchia quello dell’autore del parere pubblicato, se le conclusioni coincidono, e via
discorrendo.
L’esperienza di docenza nei corsi di preparazione all’esame di avvocato tenuto a Roma, Bari e a Milano rivela che in due mesi di esercizio intenso (con
una media di un parere e/o un atto ogni settimana) la capacità redazionale dei
corsisti cresce in maniera esponenziale: si passa dai primi pareri che si leggono a fatica, agli ultimi pareri che mostrano una accresciuta fluidità nel linguaggio e un maggiore rigore argomentativo.
Raggiunto questo standard redazionale, il superamento dell’esame è quasi sicuro: a prescindere dalla questione di diritto (che, in un modo o nell’altro, grazie ai codici commentati, come si diceva, si riesce a risolvere), il candidato riuscirà infatti a scrivere un parere (o un atto) fluido, organico, coerente, schematico.
Si tratta del vero valore aggiunto, dell’elemento che distingue dalla massa dei
candidati e che spesso segna la differenza tra la promozione e la bocciatura.
I componenti della Commissione, costretti a leggere centinaia di elaborati,
molti disorganici e « arrugginiti », quando trovano un parere scritto bene sono
disposti a « perdonare » anche una piccola lacuna o imprecisione giuridica.
Al contrario, è inutile avere un ricco bagaglio di conoscenze, se poi non si riesce ad esprimerle in maniera compiuta e rigorosa.
Fra l’altro, l’uso dei codici commentati con la giurisprudenza produce inevitabilmente un significativo livellamento del contenuto degli elaborati, almeno sotto il profilo dei contenuti giuridici (quasi tutti i candidati, in un modo o
nell’altro, riescono ad individuare la sentenza che risolve il caso). E allora a fare
davvero la differenza è ancora una volta proprio la capacità espositiva del
candidato.
Per prepararsi all’esame di avvocato, quindi, la prima cosa da fare non è tanto
la ripetizione dei principi istituzionali appresi durante gli anni dell’Università
(principi facilmente recuperabili attraverso la lettura di un buon manuale),
quanto piuttosto esercitarsi alla scrittura.
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GUIDA ALLA REDAZIONE DEL PARERE PENALE
3. Riabituarsi alla scrittura manuale
Un problema che può apparire banale, ma in realtà non lo è affatto, è quello
legato alla scrittura manuale.
Nella quotidianità, invero, quasi nessuno redige più atti o pareri in forma manoscritta, essendo ormai comunemente utilizzati a tale scopo i programmi di videoscrittura tramite computer.
In sede di esame, invece, il candidato dovrà redigere atti e pareri utilizzando
la scrittura manuale.
Questo comporta, come è stato giustamente osservato (cfr. Sanzo, La prova
scritta dell’esame di avvocato, Padova, 2003, 5 ss.), tre ordini di problemi:
mentre scrivendo al computer è possibile con molta facilità aggiungere e
sopprimere frasi, modificarne la costruzione, spostare periodi, quando si scrive
a mano tutto ciò diventa molto più difficile;
l’approccio mentale di chi scrive al computer è diverso da quello di chi
scrive a mano: il primo, grazie anche alla maggiore facilità di correzione, tende
a scrivere sull’onda dell’impulso con una (inevitabile) minor dose di riflessione;
il secondo è invece portato a riflettere di più prima di scrivere;
la scrittura elettronica, a differenza di quella manuale, è intelligibile da
chiunque; non si pongono problemi di calligrafia.
E
v opportuno allora che l’aspirante avvocato si eserciti non solo a scrivere, ma
anche a scrivere a mano, recuperando carta e penna, perché questi soli saranno i mezzi che avrà a disposizione in sede di esame. Ed è altrettanto importante che si abitui a scrivere con una scrittura leggibile, perché non vi è dubbio che la bella grafia ha un peso importantissimo nella valutazione della prova
scritta.
4. La selezione della giurisprudenza
Oltre a scrivere molto, è davvero utile, durante il periodo di preparazione agli
scritti di avvocato, la lettura della giurisprudenza degli ultimi due anni.
Come è noto, infatti, è ormai invalsa la prassi (non solo, peraltro, all’esame di
avvocato) di prendere spunto, nella elaborazione della traccia, da sentenza recenti.
Si tratta normalmente di decisione intervenute nell’anno in corso (ma quasi
mai dei mesi a ridosso degli scritti, normalmente ci si ferma a giugno o a luglio)
o negli ultimi mesi dell’anno precedente. Solo eccezionalmente, quando di
tratta di decisioni particolarmente importanti (ad esempio, interventi delle Sezioni Unite), possono assumere rilevanza anche sentenze di anni precedenti.
Di regola, quindi, consultando le sentenze più importanti uscite tra il mese di
aprile dell’anno precedente a quello degli scritti e quello di giugno dell’anno in
corso, si riesce, con altissime probabilità, ad individuare la traccia che uscirà all’esame.
CAPITOLO I – PREPARARSI ALLA REDAZIONE DEL PARERE: ALCUNI CONSIGLI PRATICI
L’esperienza dei corsi di preparazione rivela che questo è un metodo vincente: utilizzando proprio questa semplice accortezza, in questi anni è capitato
di « scovare » quasi tutte le tracce poi effettivamente uscite.
La principale difficoltà che l’aspirante avvocato autodidatta può incontrare in
questa opera di lettura della giurisprudenza è quella del criterio di selezione:
non essendo ovviamente possibile leggere tutte le sentenze uscite negli ultimi
due anni, come si selezionano quelle più importanti?
La selezione delle sentenze è, in effetti, un’operazione non semplice, perché
c’è il fondato rischio di impiegare tempo prezioso a leggerne molte che non potranno mai uscire, disperdendo preziose energie e finendo per trascurare inevitabilmente altre sentenze di “alta probabilità concorsuale”.
A tal fine, è molto importante scegliere una buona rivista, capace di operare
una selezione intelligente. E
v consigliabile una rivista “generalista”, che tratta
cioè sia il diritto civile, sia il penale, sia (per chi è interessato) l’amministrativo,
anche per evitare di perdersi in un eccesso di materiale. Oltre alle quelle tradizionali (Il Foro italiano, Giurisprudenza italiana, Il Corriere giuridico, di periodicità mensile; Guida al diritto di periodicità settimanale), si segnalano anche alcune interessanti riviste on line (che hanno il vantaggio dell’aggiornamento in
tempo reale) quali www.jusforyou.it, www.ildirittopericoncorsi.it, www.neldiritto.it, www.dirittoegiustizia.it (da gennaio 2007 esclusivamente in versione
telematica) e www.dottrinaediritto.it.
Per chi vuole essere più sicuro e approfondire su riviste specialistiche di diritto penale, vanno senza dubbio consigliate la rivista Cassazione penale (Giuffrè editore), Diritto penale e processo (Ipsoa editore), Rivista penale (Casa editrice La Tribuna), tutte molto attente alle novità giurisprudenziali e di periodicità mensile, oltre alla classica Rivista italiana di diritto e procedura penale (Giuffrè editore).
Selezionate le sentenze, un ottimo esercizio è quello di provare, dopo averle
lette, a ricavare dalle stesse una traccia e poi svolgere il parere (o l’atto). L’elaborazione della traccia è, infatti, un esercizio utilissimo, sia per inquadrare e
comprendere meglio le questioni giuridiche sottese alla sentenza, sia (e soprattutto) per imparare a ragionare nell’ottica non più dell’esaminando, ma dell’esaminatore. E
v un esercizio, infatti, che aiuta a capire le logiche ed i meccanismi che stanno alla base delle tracce, anche di quelle che usciranno in sede di
esame.
5. La scelta dei testi
Sovente ai corsi di preparazione all’esame di avvocato, molti frequentanti
chiedono consigli sui testi da utilizzare per la preparazione e sulle parti da studiare con maggiore cura.
Si tratta di domande cui non è facile dare una risposta, anche perché molto
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GUIDA ALLA REDAZIONE DEL PARERE PENALE
dipende dal livello di preparazione pregresso del candidato e dal tempo che ha
a disposizione.
Se il tempo è poco e il livello non è altissimo, forse è meglio ripassare le nozioni basilari su un buon manuale universitario. Se, invece, il livello di preparazione del candidato è già buono, si può pensare a testi di approfondimento.
Comunque, provando a dare, senza pretesa di completezza e di esaustività,
qualche indicazione di massima, appare opportuno consigliare alcuni testi.
Per il diritto penale, per l’impostazione teorica e l’analisi problematica delle
questioni, sicuramente G. Fiandaca-E. Musco, Diritto penale, Parte generale,
Zanichelli, 2006; per la ricchezza di approfondimenti e aggiornamenti, anche
giurisprudenziali, R. Giovagnoli, Studi di diritto penale, Parte generale, Giuffrè,
2008.
Naturalmente, resta ferma la possibilità di scegliere testi ugualmente ricchi di
contenuto, soprattutto per chi li ha già studiati all’Università, quali, in particolare, G. Marinucci-E. Dolcini, Manuale di diritto penale, Giuffrè, 2006 (con utilissimi schemi di riepilogo a fine capitolo); D. Pulitanò, Diritto penale, Giappichelli, 2007; A. Pagliaro, Principi di diritto penale, Giuffrè, 2005; S. Fiore-C.
Fiore, Diritto penale, 2 volumi, Utet, 2006; T. Padovani, Diritto penale, Giuffrè,
2006.
Particolarmente proficua, per chi ha voglia e tempo di approfondire specifiche tematiche, può risultare la consultazione di un codice penale commentato
con dottrina e giurisprudenza; il più completo, da questo punto di vista, è sicuramente quello curato per la Ipsoa da G. Marinucci e E. Dolcini, aggiornato al
2006, con utile e pratico CD-Rom di supporto.
Discorso più difficile per il Diritto civile, dove si passa da testi forse troppo
brevi (che richiedono una necessaria integrazione con riferimenti giurisprudenziali) a testi molto completi, ma lunghi.
Consigliati, per chi ha poco tempo e vuole ripassarsi le rapidamente i principi,
Balloriani, De Rosa, Mezzanotte, Diritto civile, Giuffrè.
Per chi ha un po’ più di tempo; Trabucchi, Istituzioni di Diritto civile, Cedam;
Galgano, Diritto privato, Cedam. Per maggiori approfondimenti, ovviamente,
Gazzoni, Manuale di diritto privato, Esi, e l’ottimo (per aggiornamento e completezza) Manuale di diritto civile (in IV tomi) di Caringella (Giuffrè, collana Percorsi).
Altra domanda frequente è se è necessario studiare un testo di procedura civile o di procedura penale.
Alla domanda, si può rispondere di no (assumendocene la responsabilità).
Un « no » che non va però frainteso: lo studio delle procedure è senza dubbio
utile, ma, onestamente, non strettamente necessario.
Non è necessario perché di regola le tracce sollevano questioni di diritto sostanziale puro, e difficilmente investono questioni di procedura. Del resto, la
normativa che regola l’esame di avvocato fa riferimento ad un parere su materia regolata dal codice civile e dal codice penale (non dai codici di rito).
Nozioni di procedura sono certamente utili per la redazione dell’atto giudizia-
CAPITOLO I – PREPARARSI ALLA REDAZIONE DEL PARERE: ALCUNI CONSIGLI PRATICI
rio, ma, a tal fine, è preferibile studiare (soprattutto se uno ha a disposizione
pochi mesi di tempo) le formule di redazione degli atti, più che le procedure tout
court.
In definitiva, a chi ha due mesi di tempo per preparare il concorso, il consiglio
è di accantonare le procedure, dando priorità ad altri profili. Altrimenti, il rischio è di disperdersi e sapere poco di tutto (procedure comprese).
6. Imparare a gestire il tempi in sede di esame
Molte volte, una delle principali difficoltà che il candidato incontra in sede di
esame è legata all’incapacità di gestire il tempo a disposizione.
Spesso accade, infatti, che il candidato per aver calcolato male i tempi non
riesca a consegnare alla Commissione un elaborato completo o non riesca a
consegnare la « bella » copia (e, soprattutto per chi non ha una bella grafia, questo può essere un errore fatale).
Nei mesi che precedono l’esame bisogna allora esercitarsi anche a gestire le
sette ore concesse per la redazione del parere o dell’atto.
E
v importante evitare inutili sprechi di tempo, soffermandosi troppo, ad esempio, a scegliere una traccia per poi cambiare opzione ovvero iniziando in maniera spasmodica la ricerca della sentenza risolutrice sul codice, senza avere
prima veramente compreso le questioni sollevate dalla traccia.
Ancora, sarebbe sbagliato pensare che, eseguita una rapida lettura della traccia sia opportuno, per sfruttare al meglio il poco tempo a disposizione, mettere
subito mano alla stesura dell’elaborato, magari riprendendo le parti in fatto
della traccia.
Al contrario, prima di iniziare la stesura dell’elaborato e di mettere mano
al codice commentato, è assolutamente necessaria una lettura attenta, ponderata e soprattutto ripetuta (e non frettolosa!) della traccia, al fine di coglierne effettivamente il significato. Alla lettura della traccia bisognerà dedicare
non meno di quindici o venti minuti.
Studiata la traccia con molta attenzione, occorre comprendere quali sono i
quesiti che essa sottopone all’attenzione del candidato (e in questa fase può risultare davvero molto prezioso l’esercizio di « autoredigere » le tracce durante i
mesi precedenti l’esame).
In questa fase, può essere conveniente anche utilizzare, per individuare le
norme di riferimento, un codice semplice, senza giurisprudenza: il codice non
annotato, oltre ad essere più maneggevole, consente infatti una percezione ed
una valutazione più immediata delle norme di legge e spesso consente di cogliere collegamenti e spunti di riflessione che possono rivelarsi decisivi per la
corretta redazione del parere.
Normalmente, la traccia del parere dell’esame di avvocato richiede al candidato di illustrare in linea generale uno o più istituti di diritto sostanziale e di risolvere poi una o più questioni specifiche.
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GUIDA ALLA REDAZIONE DEL PARERE PENALE
Inquadrati i problemi da risolvere ed individuati, attraverso l’uso del codice
non commentato, i riferimenti normativi rilevanti, può iniziare la consultazione
del codice annotato, ricercando ora la giurisprudenza utile.
Normalmente, la traccia è, come si diceva, costruita su una sentenza della
Corte di Cassazione relativa all’ultimo anno. Nella maggior parte dei casi, la
sentenza che risolve il caso si trova nel giro di poco; tuttavia, a dispetto di quanto
normalmente si pensi, non è questo che fa realmente la differenza.
Per poter essere promossi, la strada da fare è ancora lunga.
Individuata la sentenza risolutrice, occorre vedere se vi sono precedenti contrari. Di essi, infatti, occorre dar atto nel parere, salvo poi evidenziare come la
giurisprudenza più recente (o, comunque, prevalente) abbia accolto una diversa conclusione.
Individuate la tesi « prevalente » o (« più recente ») e le tesi « minoritarie » (o
« meno recenti »), occorre poi applicarle al caso concreto e chiedersi quali conseguenze deriverebbero nella fattispecie dall’una e dall’altra.
Questa applicazione al caso concreto di ciascuna delle tesi elaborate dalla
giurisprudenza rappresenta un elemento necessario del parere. Non dimentichiamo mai che non stiamo redigendo un tema teorico o un articolo di rassegna
giurisprudenziale; il nostro compito è, al contrario, quello di offrire al nostro assistito un quadro chiaro della situazione, indicandogli quindi le soluzioni possibili (alla luce della giurisprudenza) e, soprattutto, le conseguenze pratiche derivanti da ciascuna delle predette soluzioni.
Illustrate le soluzioni (e le conseguenze che ne discendono), dobbiamo compiere un ulteriore sforzo ricostruttivo e spingerci ad individuare gli argomenti a
sostegno di ciascuna tesi, nonché, eventualmente, il modo per confutarli.
E
v questo il momento più difficile del parere. I codici commentati riportano
nella maggior parte dei casi soltanto la massima della sentenza, ovvero l’enucleazione del principio di diritto che illustra la soluzione raggiunta dall’organo
giudicante in una determinata fattispecie, ma non contengono la motivazione,
cioè l’indicazione degli argomenti che la sentenza ha utilizzato per giungere a
quella conclusione.
L’individuazione degli argomenti è compito del candidato. Occorre capire le
ragioni che hanno condotto la giurisprudenza ad optare per l’una o per l’altra
soluzione.
Il parere è un po’ come un itinerario da percorrere, in cui si conosce il punto
di partenza e il punto di arrivo, ma non la strada da fare per arrivarci.
Individuati gli argomenti, abbiamo tutto quello che ci serve: il nostro parere è
virtualmente pronto, non rimane che scriverlo.
Prima di farlo, però, è bene riordinare le idee e buttare giù una scaletta ordinata, ove segnare i punti da sviluppare, le cose che vogliamo dire e l’ordine in
cui pensiamo di scriverle.
La scaletta ha una duplice utilità: da un lato, rende ordinato e schematico lo
svolgimento del compito (e questa è una qualità apprezzatissima al momento
della correzione); dall’altro, consente di appuntare una serie di spunti di rifles-
CAPITOLO I – PREPARARSI ALLA REDAZIONE DEL PARERE: ALCUNI CONSIGLI PRATICI
sione che (se non fissati subito), nel corso della giornata, con il passare del
tempo e il sopraggiungere della fatica, rischierebbero probabilmente di svanire.
Per quanto concerne, in particolare, questa seconda funzione della scaletta
(che funge da promemoria delle cose da dire), non vi è dubbio che il momento
migliore per pensare, quello cioè di maggiore freschezza intellettuale, in cui il
candidato è ancora carico di energie psico-fisiche, è rappresentato dalle prime
ore immediatamente successive alla lettura della traccia.
Prima di iniziare a scrivere, è allora necessario segnare per bene tutto quello
che vogliamo dire e sviluppare, predisponendo poi un preciso ordine di esposizione. Quando, mano a mano che il tempo passa, perderemo progressivamente
la nostra freschezza mentale, quella scaletta, se fatta bene, sarà la nostra vera
ancora di salvezza, la nostra guida che ci sorregge e ci conduce, passo passo,
verso la conclusione dell’elaborato
La fase che va dalla lettura della traccia alla redazione della scaletta è il
vero cuore del procedimento di redazione del parere; ad essa devono essere dedicate almeno due ore. Ebbene sı̀, le prime due ore vanno dedicate alla sola
« progettazione » del parere, senza però iniziare a scriverlo.
Voler iniziare a scrivere subito (magari suggestionati dal fatto che i nostri vicini hanno già scritto qualche pagina di foglio protocollo) è un errore gravissimo.
Prima di iniziare la redazione del parere occorre aver già stabilito, con un
buon grado di approssimazione, quello che si vuole dire; bisogna in sostanza
avere individuato:
la questione da risolvere;
la tesi prevalente;
la tesi minoritaria;
le conseguenze derivanti dall’applicazione dell’uno e dell’altra alla fattispecie concreta;
gli argomenti da spendere a sostegno dell’una o dell’altra;
le conclusioni del parere.
Ultimato il percorso logico giuridico che conduce alla soluzione del caso nei
termini appena descritti, possiamo iniziare la stesura dell’elaborato, alla quale
dedicheremo circa tre ore e mezza. Se la precedente attività di preparazione è
stata accurata si tratta di un tempo assolutamente sufficiente (ma comunque
non sovrabbondante).
E
v opportuno non esagerare con la lunghezza del parere. Considerate infatti
che i vostri commissari saranno « costretti », per alcuni mesi, a leggersi centinaia di pareri tutti uguali (e spesso non esaltanti) sulla medesima questione,
magari sottraendo tempo ad altre e più “interessanti” attività...
Un parere eccessivamente lungo rischia, quindi, di indisporre o comunque di
non essere apprezzato, soprattutto se non è ineccepibile nella forma espositiva
o nel contenuto sostanziale. Inoltre, è noto che più si scrive e più aumenta il rischio di sbagliare.
Un parere medio va da un minimo di quattro ad un massimo di sette facciate
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GUIDA ALLA REDAZIONE DEL PARERE PENALE
di foglio uso bollo. Scrivere di più può essere rischioso. Non bisogna correre il
rischio di strafare, ma — per usare una metafora calcistica — rimanere pazientemente arroccati in difesa, cercando di rischiare il meno possibile.
Infine, redatto l’elaborato occorre fermarsi e prendersi qualche minuto di
pausa (magari alzarsi, mangiare qualcosa, rilassarsi un po’).
Allentata in tal modo la tensione, si potrà procedere alla rilettura del parere e
alla ricopiatura in bella copia. Questa fase porterà via circa un’ora e mezza.
La ricopiatura è un aspetto molto importante in quanto consente di consegnare un compito in bella grafia, senza troppe cancellatura e, quindi, facilmente
leggibile.
Un parere scritto in brutta grafia parte già fortemente svantaggiato, perché
indispone (anche inconsapevolmente) i commissari, costringendoli ad uno
sforzo di comprensione che non sono tenuti a compiere.
La fase della ricopiatura è quindi fondamentale; non si può pensare di ometterla, a meno che si riesca a scrivere sin da subito una copia « bella » e « pulita ».
Riepilogando quindi:
1) lettura e comprensione della traccia (15/20 minuti);
2) individuazione dei quesiti da risolvere;
3) consultazione dei codici (prima non commentati poi commentati);
3) individuazione degli orientamenti (o delle possibili soluzioni) e delle relative conseguenze che l’accoglimento dell’una o dell’altra opzione interpretativa
ha nel caso oggetto di parere;
4) individuazione degli argomenti da utilizzare a sostegno degli orientamenti
giurisprudenziali che abbiamo trovato nel codice;
5) individuazione della conclusione;
6) redazione di una scaletta dettagliata;
I punti da 2 a 6 richiedono non meno di due ore.
7) stesura del parere: tre ore/tre ore e mezza;
8) rilettura e ricopiatura: un’ora e mezza
Durante i mesi che precedono l’esame, è opportuno allenarsi nella redazione
dei pareri seguendo questa tempistica, in modo che diventi pressoché automatica.
7. I corsi di preparazione
Per affrontare con maggiore consapevolezza l’esame di avvocato può essere
utile seguire un buon corso di preparazione.
Nel corso degli ultimi anni, con il progressivo assottigliamento delle percentuali dei promossi presso le varie Corti di Appello, si è avuta una notevole diffusione dei corsi di preparazione.
La scelta dei corsi non sempre è facile: se infatti alcuni sono notoriamente
CAPITOLO I – PREPARARSI ALLA REDAZIONE DEL PARERE: ALCUNI CONSIGLI PRATICI
molto buoni, altri sono il frutto dell’improvvisazione e rischiano di fare più
danni che altro.
Ciò premesso, cerchiamo di individuare le caratteristiche di un buon corso:
deve dedicare attenzione anche alle tecniche redazionali di atti e pareri;
deve prevedere compiti scritti con correzioni individualizzate da parte dei
docenti (almeno 1 atto e 1 parere a settimana);
deve soffermarsi sull’esame della giurisprudenza più rilevante e sulla casistica;
deve fornire gli strumenti per inquadrare anche teoricamente gli istituti sostanziali più importanti (normalmente il parere, ma a volte anche l’atto, richiedono una preliminare trattazione di un istituto sostanziale);
deve prevedere almeno 60 ore di lezione, possibilmente diluite in una decina di settimane almeno, così da evitare uno stress eccessivo (che potrebbe essere controproducente) e dare modo a chi frequenta di assimilare le lezioni.
8. Come comportarsi i giorni dell’esame
L’esame è un appuntamento importante, rappresenta il punto di arrivo di un
lungo periodo di studio e di sacrifici. Non possiamo permetterci, quindi, di trascurare alcun dettaglio, anche quelli che sembrano banali.
Considerate innanzi tutto che il contesto ambientale in cui si svolgono le
prove scritte è piuttosto disagiato. Soprattutto nelle grandi sedi, il numero molto
elevato dei candidati non consente alle commissioni il controllo della rumorosità ambientale.
Spesso, quindi, si è costretti a scrivere il compito in un contesto nel quale la
concentrazione è resa quasi impossibile da un costante vociare.
Per questa ragione, un consiglio utilissimo è quello di munirsi di un bel paio
di tappi per le orecchie: vi consentiranno di isolarvi dal clima esterno e di fare il
vostro compito in condizioni di assoluto silenzio e di massima concentrazione.
Altro consiglio: attenti ai suggerimenti, soprattutto a quello dei compagni di
banco o dei vicini, ma, a volte, anche dei commissari.
In quasi tutte le sedi in cui si svolge l’esame, si riesce a scambiare qualche parola almeno con il vicino di banco. Questa possibilità, che normalmente rassicura il candidato, rischia, tuttavia, di essere alquanto pericolosa, soprattutto
quando non si conosce la persona con cui scambiamo le opinioni.
Un suggerimento sbagliato, soprattutto in un contesto in cui è possibile non
essere totalmente lucidi, rischia infatti di mandarci fuori strada e di compromettere l’esito dell’esame. E non c’è niente di peggio che essere bocciati per
aver raccolto un suggerimento fuorviante!
Non solo, ma spesso, il tentativo di carpire suggerimenti ad ogni costo ci toglie
la concentrazione necessaria per redigere al meglio il compito.
Il consiglio di fondo quindi è quello di « non accettare suggerimenti da scono-
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GUIDA ALLA REDAZIONE DEL PARERE PENALE
sciuti ». Se si deve essere bocciati è meglio esserlo per i propri demeriti, che non
per quelli degli altri.
Insomma, non è detto che il nostro vicino sia più bravo di noi, anzi, siamo sicuri che chi seguirà con scrupolo le indicazioni contenute nella presente guida
potrà raggiungere un livello di preparazione che gli permetterà di scrivere un
buon parere prescindendo dai suggerimenti.
Attenzione anche alle indicazioni dei commissari! Capita a volte che i commissari, compulsati dai candidati, si lascino scappare qualche indicazione sul
compito. E
v bene prendere cum grano salis anche queste indicazioni in quanto:
il commissario, per non dare aiuti eccessivi, spesso lancia solo qualche indicazione di massima. Si tratta quindi spesso di mezze risposte, di ammiccamenti,
di sottintesi, di qualcosa a metà strada tra il dire e il non dire. E
v evidente che,
soprattutto in condizioni di particolare emotività, il rischio di fraintendere tali
indicazioni è altissimo;
la traccia non l’ha scritta il commissario presente nelle aule d’esame, che tra
l’altro potrebbe non essere propriamente “esperto” nell’ambito su cui verte un
parere (ad esempio, un avvocato che ormai da molto tempo svolge la propria attività nel settore civile potrebbe non avere più la necessaria “dimestichezza” con
gli strumenti e gli istituti del diritto penale); per di più, va considerato che la
traccia la scrivono a Roma, presso il Ministero della Giustizia. Quindi, il vostro
commissario ha letto la traccia solo la mattina, magari l’ha letta di fretta e,
quindi, quando costretto dalle assillanti domande di alcuni candidati si lascia
uscire la mezza frase di cui al punto precedente, potrebbe non avere (ancora)
colto tutti i profili della traccia stessa;
con il nuovo sistema di correzione recentemente introdotto per evitare le
migrazioni di aspiranti avvocati verso sedi tradizionalmente più abbordabili, i
compiti saranno corretti da commissari diversi da quelli che si trovano nella
sede di esame e non è detto che le opinioni coincidano.
Attenzione, ciò non significa che le indicazioni dei commissari vadano ignorate; significa solo che laddove dovessero risultare incompatibili con quanto
state scrivendo, prima di cambiare tutta l’impostazione del parere (soprattutto
se vi trovate in una fase di redazione avanzata) è bene fare molta attenzione e
magari cercare qualche riscontro. E poi, l’importante non è come si conclude,
ma come si motiva. Perché, in fondo, il bello (o il brutto, a volte) delle discipline
che studiamo è che si può sostenere (quasi) tutto.
CAPITOLO II
LA REDAZIONE DEL PARERE: INDICAZIONI METODOLOGICHE
GUIDA 1. Il parere 2. I criteri di valutazione degli elaborati previsti dal d.l. n. 112/2003, convertito nella l. n. 180/2003 3. Come redigere il parere: lo stile espositivo 4. Uso corretto della
punteggiatura e suddivisione in paragrafi 5. Come citare la giurisprudenza e dottrina 6. Lettura e comprensione della traccia 7. L’individuazione delle problematiche sottese alla fattispecie 8. La consultazione dei codici commentati 9. E
v possibile in sede di parere giungere ad una
soluzione negativa per il cliente virtuale? 10. La redazione della scaletta 11. Come inserire i
profili teorici nel corpo del parere 12. Il metodo da seguire nello svolgimento del parere 13. Si
può integrare la traccia con ulteriori circostanze di fatto? 14. Quanto deve essere lungo un parere
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1. Il parere
La redazione del « parere motivato », in materia civile e penale, ha un ruolo
centrale dell’ambito delle prove scritte degli esami di abilitazione alla professione di avvocato.
Anzitutto, da un punto di vista meramente quantitativo, va considerato che
due delle tre prove scritte consistono nella redazione di un parere.
Inoltre, l’atto costituisce la prova che meglio consente alla commissione di valutare la preparazione complessiva del candidato. La redazione dell’atto giudiziario è sicuramente altrettanto importante; tuttavia, vista la sua impostazione
schiettamente difensiva, difficilmente l’atto potrà essere « snaturato » ad un
punto tale da consentire una piena dimostrazione della conoscenza degli istituti
e dei problemi che vengono, inevitabilmente, soltanto sfiorati.
D’altra parte, il parere motivato si presenta — rispetto all’atto giudiziario —
più « lontano » dall’esperienza maturata nella pratica. In primo luogo, se non si
è avuta la fortuna di espletare un tirocinio a tutto campo (ipotesi di non frequente verificazione, attesa la tendenza ad una sempre più marcata specializzazione degli studi professionali), una delle due prove obbliga ad inoltrarsi in territori lontani da quelli percorsi durante il tirocinio: chi fa pratica presso uno
studio civilistico non ha (quasi mai) visto una questione penale da vicino, e viceversa.
Va ricordato che rispetto all’atto (che è un elaborato a contenuto squisitamente critico, in cui il candidato è chiamato a sostenere tutte le argomentazioni
ritenute più consone e ragionevoli per la posizione del suo assistito), il parere ha
carattere più oggettivo, nel senso che il candidato deve fornire al suo virtuale
cliente un quadro complessivo quanto più realistico della vicenda, indicandogli
tutti i rischi che corre. Se, quindi, il candidato si dovesse rendere conto che non
vi sono soluzione favorevoli al suo cliente è tenuto a comunicarglielo.
Si tenga presente, tuttavia, che normalmente le tracce dei pareri elaborate dal
Ministero consentono sempre l’individuazione di una strategia difensiva favorevole all’assistito. E
v raro, quindi, che venga selezionato un parere in cui non vi
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GUIDA ALLA REDAZIONE DEL PARERE PENALE
sono spiragli o “vie di fuga” per il potenziale cliente, anche se non può escludersi a priori che ciò accada.
Altra differenza tra atto e parere sta nel fatto che nel secondo mancano normalmente i profili di diritto processuale (a volte presenti invece nel primo) e
anche le questioni attinenti alla prova dei fatti non afferiscono di norma all’ambito argomentativo dei pareri.
2. I criteri di valutazione degli elaborati previsti dal d.l. n. 112/2003, convertito nella l. n. 180/2003
Per chi si appresta a sostenere le prove scritte, può essere utile sapere che il
legislatore ha fissato, a partire dal 2003, alcuni criteri di valutazione cui le commissioni di esame devono attenersi nella correzione delle prove scritte.
Essi sono stati introdotti dall’art. 1-bis, comma 9, l. n. 180/2003, di conversione
del d.l. n. 112/2003 (recante « Modifiche urgenti alla disciplina degli esami di
abilitazione alla professione forense »).
In particolare, il legislatore ha previsto che la commissione istituita presso il
Ministero della Giustizia definisce i criteri per la valutazione degli elaborati
scritti e delle prove orali e il presidente ne dà comunicazione alle sottocommissioni. La commissione è comunque tenuta a comunicare i seguenti criteri di valutazione:
chiarezza, logicità e rigore metodologico dell’esposizione;
dimostrazione della concreta capacità di soluzione di specifici problemi giuridici;
dimostrazione della conoscenza dei fondamenti teorici degli istituti giuridici
trattati;
dimostrazione della capacità di cogliere eventuali profili di interdisciplinarietà;
relativamente all’atto giudiziario, dimostrazione della padronanza delle tecniche di persuasione.
Come si vede, prima ancora della capacità di risolvere concreti problemi giuridici, viene data importanza alla chiarezza, alla logicità, al rigore metolologico
della forma espositiva. Rappresenta questa una ulteriore conferma che, anche
per il legislatore, come si scrive può essere ancora più importante di (o almeno
importante quanto) ciò che si scrive.
3. Come redigere il parere: lo stile espositivo
Un ruolo assolutamente preponderante per la felice redazione del parere assume di certo lo stile espositivo, e cioè la forma in cui viene espresso il ragionamento giuridico, che porta alla soluzione del caso.
A questo proposito, è possibile dare delle indicazioni di carattere generale, ed
CAPITOLO II – LA REDAZIONE DEL PARERE: INDICAZIONI METODOLOGICHE
altre indicazioni più specifiche, che concernono più direttamente l’esposizione
di tipo giuridico.
Per quanto riguarda le indicazioni di carattere generale, l’esposizione deve essere condotta in forma impersonale (« si ritiene »; « si potrebbe sostenere »;
« si segnala »): senza parlare, quindi, in prima persona ed evitando anche lo
stile epistolare, che talvolta viene adoperato.
I concetti, poi, devono essere formulati in modo chiaro, curando allo stesso
tempo la sinteticità. A tal fine, si deve evitare a tutti i costi l’abuso del ricorso alle
frasi incidentali (e ancor peggio all’uso delle incidentali nelle incidentali). Ciascuna frase deve essere di senso pressoché compiuto, non eccedendo mai (se
possibile) le tre-quattro righe di lunghezza.
Quando si ritiene di aver esaurito un concetto, è bene apporre il punto ed andare a capo: l’inizio di un nuovo capoverso consente al lettore di riprendere
fiato e capire meglio la scansione dei concetti.
Per quanto riguarda la terminologia, occorre evitare le ripetizioni: quindi,
terminata la stesura di un concetto è bene rileggere la frase unitamente a quella
precedente, per verificare se vi siano eventuali ripetizioni di termini o forme
verbali e, in caso positivo, procedere alle opportune modifiche.
Quando, nel corso dell’esposizione, si intende prospettare un interrogativo, è
consigliabile farlo in forma indiretta piuttosto che in forma diretta (« ci si
chiede se... » « ci si può interrogare in ordine a... »).
Ancora, è bene evitare di fare affermazioni perentorie (esempio: « la legge
sul punto è chiara! »), essendo sempre preferibile porre in luce la problematicità
di determinate questioni, specie trattandosi di questioni giuridiche, la cui soluzione quasi mai risulta pacifica.
E
v preferibile inoltre lasciare da parte eventuali espressioni colorite; al
contrario, lo stile dovrà essere sobrio, con locuzioni di tenore neutro, proprie di
una materia — quale il diritto — che non è né scienza né narrativa né tantomeno divulgazione giornalistica. Passiamo adesso ad alcuni suggerimenti, che
attengono più specificamente all’esposizione di tipo giuridico.
E
v opportuno evitare di compiere una ripetizione preliminare del caso: tenete
conto che il lettore conosce (o quantomeno dovrebbe conoscere) il caso e non
c’è bisogno che glielo rammentiate.
E
v opportuno anche astenersi dalla ripetizione testuale di articoli di legge (es.:
l’art. 323 c.p. recita: « ... ») o da affermazioni troppo scolastiche o scontate (« i
reati si distinguono in delitti e contravvenzioni... »).
Cercate anche di scansare le tesi eccessivamente stravaganti o (peggio ancora) la tentazione di motivare in maniera originale un indirizzo consolidato.
Difficilmente, infatti, in sede di esame, saranno apprezzati elaborati eccessivamente originali, che vanno controcorrente rispetto ad orientamenti consolidati
della Cassazione. L’esposizione più semplice e lineare è sempre quella più apprezzata.
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GUIDA ALLA REDAZIONE DEL PARERE PENALE
4. Uso corretto della punteggiatura e suddivisione in paragrafi
Un requisito formale a volte trascurato dai candidati, perché erroneamente
ritenuto marginale, ma che invece rileva moltissimo ai fini della valutazione
delle prove scritte, è costituito dall’uso corretto della punteggiatura e dalla suddivisione dell’elaborato in paragrafi.
L’uso corretto dei punti e della virgole agevola notevolmente la lettura e la
comprensione del testo. Ed infatti, come è stato giustamente osservato, « punti e
virgole altro non sono che marcatori visivi facenti parte di un sistema semiotico
codificato deputati a segnalare le pause ed a suggerire il tono del discorso. Si
tratta, in sostanza, di messaggi in codice che l’autore dello scritto inserisce nel testo allo scopo di monitorare la fase più delicata, sottratta al suo diretto controllo,
di lettura da parte di altri dello scritto medesimo. Fase nella quale la parola scritta,
ancorché ridotta a mero segno grafico convenzionale e del tutto decontestualizzata,
quasi per miracolo si rivitalizza, riacquistando l’originaria sonorità propria della
comunicazione orale » (A. Traversi, Guida all’esame scritto di diritto penale, Padova, 2006, 8).
Estremamente utile è anche la suddivisione del testo in paragrafi: in questo
modo, infatti, da un lato la lettura è agevolata, dall’altro i commissari hanno subito il quadro del percorso logico seguito dal candidato. E ne è agevolato anche
il candidato, dal momento che, nella redazione del parere, potrà seguire una
scansione logico-temporale già scandita nettamente, predeterminata e ragionata in una fase precedente e meno concitata di una giornata nella quale più il
tempo passa più la tensione cresce (e la lucidità tende fisiologicamente a scemare).
5. Come citare giurisprudenza e dottrina
Le citazioni all’interno del parere possono essere di due tipi: di dottrina e di
giurisprudenza.
Le prime vanno limitate ai soli casi in cui si tratti di esponenti indiscutibilmente autorevoli riguardo a quello specifico argomento oggetto di esposizione
ed è comunque preferibile, anziché richiamare il nome dell’autore (il Fiandaca,
il Mantovani, ecc.), utilizzare frasi più generiche, quali: « per una parte della
dottrina », « nella manualistica è diffusa l’affermazione »; « secondo parte autorevole della dottrina », senza specificazioni ulteriori, che tra l’altro potrebbero essere fraintese dai commissari in sede di correzione ed interpretate quali “segni
di riconoscimento”.
Le citazioni di giurisprudenza preferibilmente non devono essere testuali,
cioè trascritte tra virgolette. E
v preferibile usare la forma indiretta e non virgolettata (es.: la giurisprudenza sul punto afferma che...).
Si ritiene comunemente che la facoltà concessa al candidato di consultare i
codici commentati con la giurisprudenza costituisca una grossa facilitazione
CAPITOLO II – LA REDAZIONE DEL PARERE: INDICAZIONI METODOLOGICHE
nella redazione dell’elaborato scritto. E
v una conclusione certamente corretta,
purché però si faccia un uso appropriato e razionale del codice.
Bisogna cercare di dominare il codice commentato, non di diventarne schiavi.
E
v quindi opportuno dapprima elaborare una propria linea di analisi e solo successivamente ricercare i riscontri giurisprudenziali, che vanno inseriti in maniera calibrata nello sviluppo di un discorso argomentato.
E
v assolutamente sconsigliato il mero collage di massime, senza dare un contributo espositivo personale.
Ugualmente, è un errore riportare le massime giurisprudenziali senza citarle,
facendo cosı̀ apparire il contenuto di esse come frutto dell’elaborazione del candidato.
Da evitare anche l’errore (alquanto ricorrente) di citare la giurisprudenza subito all’inizio del compito, laddove questa, semmai, va richiamata alla fine del
percorso argomentativo svolto, a conferma della fondatezza del proprio assunto.
Per esempio, dopo aver illustrato una posizione, si può, per rafforzarla, aggiungere una frase del tipo: « in tal senso si è recentemente pronunciata, con riferimento ad una fattispecie analoga a quella in esame, la Corte di Cassazione (cfr.
Cass., Sez.)... ».
In ogni caso, gli orientamenti giurisprudenziali devono essere riportati con
precisione e completezza (è una ingenuità controproducente sfruttare le massime favorevoli ed ignorare quelle di segno opposto), e qualora sussistano contrasti occorre darne conto, prendendo motivatamente posizione.
6. Lettura e comprensione della traccia
Uno dei principi fondamentali che una corretta acquisizione della tecnica di
redazione di atti e pareri giuridici consente di assumere è rappresentato, come
si è detto nel precedente capitolo, dalla consapevolezza che la stesura dell’elaborato (al contrario di quanto comunemente si ritiene) rappresenta solo il momento finale — e non necessariamente quello decisivo — nella soluzione del
caso.
Il tempo meglio speso è quello dedicato alla « preparazione » della stesura: in
buona sostanza, quanto più si avrà la capacità di « ritardare » il momento della
redazione scritta dell’elaborato, tanto più ci si porrà in condizione di farvi luogo
in una situazione mentale ideale. Perché si avrà una visione d’insieme (la più
compiuta possibile) dei diversi problemi da affrontare e risolvere.
In proposito, sarebbe opportuno tenere a mente una linea-guida rigida: nei
limiti del possibile, quando si inizia la stesura dell’elaborato, se ne dovrebbe già
conoscere il punto di partenza ed il punto di arrivo, nonché (seppure con gli
inevitabili correttivi che si dovranno introdurre in corso di stesura) tutti i singoli
passaggi nei quali si articolerà la argomentazione illustrativa della soluzione offerta.
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GUIDA ALLA REDAZIONE DEL PARERE PENALE
Come già accennato, è perciò necessario liberarsi dal luogo comune secondo
cui l’importante è metter subito mano allo scritto: al contrario, quanto più si tarderà (in senso costruttivo) il momento della redazione, tanto più ricca, lineare e
semplice risulterà la stesura dell’elaborato.
Punto centrale della fase di preparazione che precede la stesura è costituito
certamente dalla lettura della traccia. E
v questo un momento particolarmente
trascurato, di norma, dal candidato, il quale è tutto preso dalla vera e propria
ansia di « comprendere il senso » dei problemi sottoposti al suo esame ed è cosı̀
emotivamente indotto a ritenere che la « lettura » della traccia rappresenti un
fatto quasi secondario, una inutile e ridondante perdita di tempo.
7. L’individuazione delle problematiche sottese alla fattispecie
A questo punto, dopo aver letto la traccia con molta attenzione, dovrebbe risultarne una chiara comprensione della fattispecie e dei problemi giuridici che
essa solleva.
a) Assai di frequente l’opera di individuazione delle questioni è agevolata
dalla traccia medesima che indica espressamente su quali punti il candidato
deve soffermarsi.
Si pensi, ad esempio, alla traccia assegnata nella sessione di esame del 2005:
Tizio, maggiore di età, veniva tratto a giudizio per rispondere dei delitti, commessi in concorso con i minori Caio, Sempronio e Mevio, di omicidio pluriaggravato (dal nesso teleologico e dai motivi abbietti e futili), di violenza sessuale di
gruppo e di sequestro di persona in danno della minore Caia.
Dalle risultanze delle indagini preliminari tecniche, dagli accertamenti medico
legali e dalle dichiarazioni confessorie rese da tutti gli imputati, risultava accertato
che in occasione e contemporaneamente agli atti di violenza sessuale erano stati
posti in essere altresı̀ atti diretti all’uccisione della vittima al fine evitare che la giovane potesse dare l’allarme e denunciare i gravi delitti fino a quel momento commessi.
Tanto premesso in linea di fatto, il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio,
rediga motivato parere sulle seguenti problematiche sottese alla fattispecie in
esame:
1) se la circostanza aggravante prevista dall’art. 576, comma 1, n. 5 c.p. per il
reato di omicidio, quando lo stesso sia stato eseguito « nell’atto di commettere taluno dei delitti previsti dagli artt. 519, 520 e 521 c.p. », sia tuttora configurabile,
nonostante l’abrogazione di queste ultime disposizioni ad opera dell’art. 1 l. 15
febbraio 1996, n. 66, con riferimento ai delitti di violenza sessuale di cui agli artt.
609-bis ss. c.p., inseriti dalla stessa legge tra i delitti contro la libertà personale ed
in particolare con riferimento alla fattispecie della violenza sessuale di gruppo
prevista dall’art. 609-octies c.p.;
2) in caso di soluzione positiva al quesito di cui al punto n. 1), se sia compatibile
il concorso della circostanza aggravante della violenza sessuale di gruppo, ricon-
CAPITOLO II – LA REDAZIONE DEL PARERE: INDICAZIONI METODOLOGICHE
ducibile all’art. 576, comma 1, n. 5 c.p., con quella della connessione teleologica fra
l’omicidio e la violenza sessuale, prevista dall’art. 61, n. 2 c.p., richiamato dall’art.
576, comma 1, n. 1 c.p.
In questo caso, le questioni giuridiche da risolvere sono già individuare in
modo chiaro dalla traccia.
La prima consiste nello stabilire se l’aggravante prevista dall’art. 576, comma
1, n. 5 c.p. possa applicarsi anche alle ipotesi di omicidio realizzato « nell’atto di
commettere » i nuovi delitti di violenza sessuale (di cui agli artt. 609-bis ss. c.p).
e, in particolare, con riferimento all’esecuzione di una violenza sessuale di
gruppo.
La seconda consiste nel verificare se l’aggravante di cui all’art. 576, comma 1,
n. 5 c.p. sia, o meno, compatibile con l’aggravante della connessione teleologica.
A volte, per risolvere una questione occorre affrontarne altre: ad esempio, per
stabilire se l’aggravante dell’art. 576 comma 1, n. 5 si applichi o meno all’omicidio commesso nel corso di una violenza sessuale di gruppo, occorre necessariamente capire: a) se il rinvio contenuto nella norma sia un rinvio recettizio (ad
una norma determinata) o un rinvio mobile (ad una fonte ed a tutte le sue successive modifiche); b) che rapporto sussiste (in termini di continuità normativa
o abolitio criminis) tra le nuove fattispecie di violenza sessuale e le precedenti;
c) che rapporti vi siano tra la violenza sessuale di gruppo (che non esisteva
come fattispecie autonoma prima della riforma del 1996) e il concorso eventuale
di persone nei delitti di cui agli abrogati artt. 519, 520 e 521 c.p.
b) In altri casi, la traccia non indica espressamente le questioni da affrontare.
Prendiamo ad esempio la traccia del parere di penale assegnata all’esame del
2006.
Tizio il 5 gennaio 2005 si reca di notte nei pressi di un cavalcavia posto a protezione della sottostante sede stradale, e per puro divertimento, comincia a lanciare
sassi di grande dimensione, sia pure senza avere l’intenzione di colpire gli automobilisti in transito sulla carreggiata.
Nel frattempo, un automobilista non riesce ad evitare un sasso e viene colpito riportando ferite gravi.
Successivamente, Tizio si allontana indisturbato, ma viene riconosciuto e tratto
in arresto con l’accusa di lesioni personali.
Il candidato, premessi brevi cenni sul tentativo di reato, assunte le vesti del legale
di Tizio, rediga motivato parere, illustrando la fattispecie criminosa imputabile
allo stesso, tenendo presente che Tizio non conosceva la vittima né aveva del luogo
del lancio una visuale sull’autostrada.
Qui non viene esplicitamente individuata la questione giuridica da affrontare.
E
v compito del candidato ricavarla dalla fattispecie.
La traccia ci dà tuttavia un indizio quando richiede brevi cenni sul « tentativo
di reato » (rectius, di delitto).
Questo è un campanello d’allarme importante e deve far nascere un interrogativo: se l’automobilista ha riportato gravi ferite, il delitto di lesioni personali è
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GUIDA ALLA REDAZIONE DEL PARERE PENALE
certamente consumato. Perché allora si chiedono brevi cenni sul tentativo?
Cosa c’entra il tentativo con la fattispecie in esame?
Una lettura attenta della traccia ci farà capire che in questo caso potrebbe
ipotizzarsi a carico di Tizio anche la fattispecie di tentato omicidio a carico dell’automobilista.
Il lanciare sassi di grandi dimensione dal cavalcavia di una strada è certamente atto idoneo ad uccidere. L’elemento oggettivo del tentativo è quindi integrato.
Tutto dipende dall’elemento soggettivo di Tizio: la traccia ci dice con chiarezza che non aveva l’intenzione di ucciderlo (e questo esclude il c.d. dolo intenzionale), ma non esclude la configurabilità in capo a Tizio di altre forme di dolo
(meno intense, ma comunque sufficienti ad integrare l’elemento soggettivo del
reato), come il dolo c.d. diretto (anche nella species del dolo alternativo) e il dolo
eventuale.
Ora, se l’atteggiamento psicologico di Tizio rispetto all’evento morte fosse di
dolo eventuale, dovremmo chiederci se il dolo eventuale è compatibile con il
tentativo, se cioè risponde di tentato omicidio chi lancia i sassi dal cavalcavia
accettando il rischio di uccidere un automobilista che poi viene effettivamente
ferito in maniera molto grave.
Ecco, allora, che questa breve riflessione ci consente di comprendere gli interrogativi impliciti nella traccia:
l’atteggiamento psicologico di Tizio è di dolo eventuale (accetta il mero rischio dell’evento morte) o di dolo c.d. diretto (che ricorre, secondo la giurisprudenza, quando l’evento è conseguenza altamente probabile della condotta, cosicché si ha accettazione non del mero rischio, ma dell’evento in sé);
si può ipotizzare quella forma di dolo diretto che è il dolo alternativo
(l’agente si pone in una situazione di indifferenza rispetto alle possibile e alternative conseguenze derivanti dalla sua condotta)?
Se fosse di dolo eventuale, il dolo eventuale è compatibile con il tentativo?
E il dolo diretto è compatibile con il tentativo?
E il dolo alternativo è compatibile con il tentativo?
Questi sono gli interrogativi cui il candidato dovrà cercare di rispondere consultando, a questo punto in maniera consapevole, il codice commentato.
Per la risoluzione di questa traccia si rinvia al parere svolto nel capitolo 3.
8. La consultazione dei codici commentati
E
v opportuno prendere, fin dal primo momento, la buona abitudine di lavorare con i codici alla mano: questa metodica è utile non solo per evitare di memorizzare gli argomenti che in sede d’esame possono essere reperiti nei codici
stessi, ma anche e soprattutto, per imparare a consultare i codici (anche quelli
commentati), operazione che si dimostrerà sommamente utile in quella sede (e
non solo).
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Estratto volume - Percorsi Giuffrè