LECTIO MAGISTRALIS SCUOLA FORENSE di Catania Fondazione “V. Geraci” Avv. Antonino Ciavola Direttore delle Scuola SCUOLA FORENSE di Catania - Fondazione “V. Geraci” . CATANIA 6/09/2011 Le prove scritte da affrontare per superare l'esame sono tre e vengono svolte su tematiche formulate da sentenze di legittimità a sezioni semplici e spesso a sezioni Unite , in tal caso la scelta della traccia è ricaduta su un argomento dove vi erano orientamenti contrastanti. Tuttavia la traccia se pur prende spunto da una sentenza o da sentenze trattato ( tali sono le sentenze che contengono un ampia e articolata motivazione in diritto e spesso con richiami di tesi dottrinali ampiamente citati in sentenza ), questa precisazione è necessaria in quanto la massima dal quale è stata tratta la traccia d’esame è per ovvi motivi sintetizzata , a volte la traccia omette o aggiunge dettagli che di fatto con la massima al quale si ispirano convergono solo parzialmente ,( date , status delle persone , qualifiche soggettive omesse o non volutamente specificate ) il tutto affinché il candidato dia una soluzione “ragionata” al quesito . In particolare, sarà richiesta al candidato: a) la redazione di un parere motivato, da scegliersi tra due questioni in materia regolata dal codice civile; b) la redazione di un parere motivato, da scegliersi tra due questioni in materia regolata dal codice penale; c) la redazione di un atto giudiziario che postuli conoscenze di diritto sostanziale e di diritto processuale, su un quesito proposto in materia scelta dal candidato tra il diritto privato, il diritto penale ed il diritto amministrativo. IL PARERE MOTIVATO La redazione di un parere motivato è il risultato di una serie ben definita di passaggi logici ed attività ragionate , dalla cui corretta impostazione e svolgimento dipende l'esito globale dell’elaborato ed oltre ad esercitarsi alla stesura del parere giovandosi dell’ausilio di specifici volumi, è fondamentale acquisire una metodologia di lavoro prima dell'esame, onde non correre il rischio di trovarsi "spiazzati" in tale sede. Di seguito riportiamo i punti fondamentali in cui si articola la costruzione di un parere motivato . Individuazione e trattazione degli istituti giuridici rilevanti La redazione del parere presuppone un punto di partenza fondamentale: l’esatta individuazione dell’istituto giuridico rilevante, per il quale è rimesso esclusivamente all’intuito del candidato "centrare" l’argomento di discussione. 1 leggere attentamente la traccia, dare il giusto peso alle parole utilizzate e di stare attenti ai periodi incidentali: spesso questi ultimi chiariscono le idee, perché apportano ulteriori elementi di valutazione intenzionalmente disseminati dall’autore della traccia. Individuato l’istituto giuridico rilevante per la soluzione della questione, occorre procedere alla sua trattazione (nozione, natura giuridica, disciplina) utilizzando un linguaggio chiaro e curando la consequenzialità logica degli argomenti. Bisogna evitare sia di essere troppo sintetici, nel qual caso si rischia di apparire impreparati sull’argomento, sia troppo analitici, poichè una dissertazione prolissa comprometterebbe l’armonia di svolgimento della traccia e potrebbe addirittura "indisporre" chi si trova a correggere numerosi elaborati , pressoché spesso conformi (questo è un dato di fatto del quale si deve realisticamente tener conto ). Al riguardo si noti che, talvolta, il corretto inquadramento della fattispecie e la risoluzione del caso postulano la trattazione non di un singolo istituto, bensì di una pluralità di istituti o di una pluralità di elementi di un unico istituto. In tal caso occorre conservare un equilibrio tra le parti, nel senso che quando i diversi istituti abbiano la medesima incidenza sulla questione ogni istituto deve essere svolto col medesimo grado di approfondimento. Ovviamente, in caso contrario ad esempio servitù di passaggio è ben possibile che la trattazione di un istituto sia molto più consistente di quella di un altro. Nella trattazione dell’istituto rilevante bisogna essere molto attenti a non uscire fuori traccia: la trattazione deve essere sempre aderente all’oggetto della questione. Così, se ci si deve soffermare sull’elemento soggettivo del reato di furto, non sarà necessario, ed anzi potrà risultare dannoso ai fini del corretto svolgimento del parere, trattare della condotta o dell’oggetto giuridico o del soggetto passivo del reato. Si ricordi infine che il parere non è un saggio teorico su un istituto giuridico, ma la soluzione motivata di un caso concreto: una volta prescelta la propria soluzione tra le diverse possibili, tutto ciò che conta è motivarla in modo chiaro e con argomentazioni congruenti. B) La consultazione dei codici È opportuno prendere, fin dal primo momento, la buona abitudine di lavorare con i codici alla mano: questa metodica è utile non solo per evitare di cercare nel nulla di un codice sconosciuto , ma anche e soprattutto, per imparare a consultare i codici (anche quelli commentati), operazione che si dimostrerà sommamente utile in sede di esame. Un’attenta lettura dei codici consente di inquadrare immediatamente l’argomento da trattare nei suoi aspetti fondamentali ed ha un'importanza, dunque, non inferiore ad una buona preparazione. Ricordate che nei codici normalmente in commercio, la normativa è integrata da un prezioso ed ( all’esame utilissimo ) indice analitico-alfabetico che agevola notevolmente l’elaborazione e la consulatazione del materiale di lavoro. Nel codice, poi, coloro che hanno curato l’edizione hanno spesso integrato i singoli articoli del testo col richiamo, tra parentesi, di altri articoli dello stesso codice o di altri codici: tali richiami stanno a significare che la materia, l’argomento o il concetto contenuto in quell’articolo presenta analogie o significative differenze con l’articolo richiamato tra parentesi. Per la scelta più opportuna del codice da consultare per la preparazione al concorso si consiglia al lettore di tener conto, all’atto dell’acquisto, dei seguenti elementi di valutazione: — della data di aggiornamento del codice; — del corredo e completezza delle leggi complementari; — dei richiami e delle note contenute nei singoli articoli; — della ricchezza dell’indice analitico-alfabetico. Per questi motivi riteniamo che prepararsi su una edizione non recente e/o farsi prestare un codice più aggiornato all’ultimo minuto — non consentendo di familiarizzare col proprio strumento di lavoro — sia una scelta che non sempre dimostra ex post essere stata corretta. Quali codici sono ammessi La legge prevede (R.d. 22 gennaio 1934, n. 37, art. 21, così come modificato) la possibilità per i candidati di utilizzare i codici anche commentati esclusivamente con la giurisprudenza, ed inoltre le leggi e i decreti dello Stato. Ciò significa che è possibile portare con sè i codici commentati o annotati, che non contengano dottrina; ma che dire delle rassegne di giurisprudenza che le case editrici vendono con il bollino“ammesso agli esami di avvocato” e che, invece, alcune Corti d’Appello non accettano? Un aiuto interpretativo giunse anni fa con la circolare 23 novembre 1995 del Ministero della Giustizia, che sul punto afferma che i codici in argomento possono contenere i riferimenti giurisprudenziali attinenti alle singole disposizioni, beninteso alla rigorosa condizione che sia riportato esclusivamente il testo delle sentenze in questione, ancorchè ordinate organicamente secondo criteri di logica giuridica, con esclusione quindi di ogni integrazione o collegamento esplicativo, illustrativo o esemplificativo. Da ciò dovremmo dedurre che è possibile portare con sè le rassegne di giurisprudenza (ordinate organicamente, ad es.: rassegna di giurisprudenza sul danno alla persona, o sui reati contro il patrimonio), ed anche le raccolte di sentenze per esteso (la circolare fa riferimento al testo delle sentenze, non alle sole massime); è ovviamente possibile introdurre i codici non commentati (la legge parla di codici anche commentati). Di fatto, come è possibile leggere su qualunque forum giuridico, ogni Corte d’Appello si regola a proprio modo, ammettendo o meno gli stessi testi (acquistati in buona fede perchè garantiti dagli editori) e creando ingiustificate disparità di trattamento. A mio parere, la volontà del legislatore è stata quella di offrire ai candidati un supporto finalizzato a rendere l’esame più pratico, poichè lo studio dei precedenti giurisprudenziali è il principale strumento utilizzato dagli avvocati per la redazione di pareri e difese. Se così è, non ha senso limitare l’uso della giurisprudenza; dovrebbero rimanere vietate soltanto quelle eventuali opere editoriali che, con schemi e tabelle, non si limitino a coordinare le sentenze, ma costituiscano dottrina. Opere così raffinate, per quanto è a mia conoscenza, non sono ancora state pubblicate; vi sono però in commercio altre opere che, prima di elencare le massime di giurisprudenza, contengono introduzioni, spiegazioni e percorsi logici predisposti dagli autori; queste ultime, a mio parere, sono da escludere proprio per le ragioni indicate nella circolare. Gli orientamenti giurisprudenziali Si ricordi che in sede di esame è possibile consultare esclusivamente i codici commentati esclusivamente con la giurisprudenza, (o ovviamente i codici non commentati). Questi codici riportano, articolo per articolo, le massime più importanti espresse dagli organi giurisdizionali (di solito di legittimità, ma talvolta anche di merito); tali massime sono di utilità evidente nella scelta della soluzione da adottare. È opportuno quindi allenarsi alla frequente consultazione e allo studio delle massime riportate nei codici commentati più aggiornati per far sì di essere, in sede di esame, in grado di consultare gli stessi con la disinvolta familiarità che si ha con uno strumento di lavoro ben noto, e di utilizzo quotidiano. Le massime da citare e commentare nel parere a sostegno della soluzione adottata possono essere scelte in base a diversi criteri. Innanzitutto occorre ricercare quelle decisioni strettamente inerenti al tema che interessa (ad esempio, se ci interessa sapere se un impiegato delle poste addetto allo sportello, cioè al contatto col pubblico, sia un pubblico ufficiale, sarà opportuno cercare una sentenza che risolve specificamente la questione). Ove tale ricerca dovesse risultare infruttuosa, un secondo piano di indagine può essere predisposto ricercando delle massime riguardanti casi analoghi a quelli proposti dalla questione, ovvero delle massime da cui si possano evincere valutazioni pertinenti tramite l’ "argumentum a contrario". Ma come ricercare materialmente le massime? E quante massime devono essere utilizzate? Non esiste una risposta esatta a priori , dipende sempre dalla traccia , tuttavia : Alla prima domanda può rispondersi : la ricerca va effettuata tra le massime annotate sotto gli articoli inerenti o al singolo aspetto dell’istituto (quando la ricerca è mirata) ovvero ai principi generali dell’istituto (quando la ricerca mirata non ha sortito gli esiti sperati). Al secondo quesito può darsi una risposta solo indicativa, perché il numero di massime da inserire, da usare o da citare all’interno del lavoro varia in relazione ad una serie di fattori, quali il numero degli istituti trattati, le eventuali tendenze discordanti in giurisprudenza, la maggiore o minore attualità dell’argomento proposto nella traccia (che determina la maggiore o minore abbondanza della produzione giurisprudenziale), etc. A tal fine si consideri che se sull’argomento si rinvengono molte sentenze concordanti (dieci, quindici), sarà opportuno citarne solo alcune (quattro, cinque), mentre se scarsa è la produzione giurisprudenziale (una o due sentenze), non è fuori luogo commentare anche altre massime, relative a pertinenti principi generali, sempreché si lascino interpretare in un modo coerente alla nostra soluzione della traccia d’esame. Soluzioni difformi o aperte Non è escluso che nello svolgimento del parere si decida di adottare una soluzione difforme dalla giurisprudenza prevalente, qualora la posizione di orientamenti minoritari in dottrina e/o in giurisprudenza appaia attagliarsi meglio con la impostazione prescelta. Ovviamente, in tal caso il candidato dovrà motivare con solide argomentazioni logiche ed in modo coerente il perchè di tale scelta. Altre volte, quando la questione posta è controversa, e ancora non è emersa, in dottrina e/o in giurisprudenza, una posizione prevalente, è possibile ricorrere ad una soluzione per così dire aperta, che cioè prenda in considerazione le possibili opzioni e le relative implicazioni in ordine alla soluzione del caso. Un particolare consiglio può darsi a coloro che, per mero incidente, non si considerino particolarmente preparati sull’argomento proposto dalla questione, l’importante è l’elaborazione logica giuridica argomentata , concludendo coerentemente con quanto esposto. Altri consigli pratici La buona riuscita della prova scritta dipende anche dalla capacità del candidato di ben distribuire il tempo concesso per redigere il parere (sette ore). Si consiglia di utilizzare la prima ora per leggere con attenzione ed analizzare le tracce proposte, scegliendo quella per lo svolgimento della quale ci si sente più preparati. Una volta inquadrata la fattispecie e risolto il caso, è opportuno redigere uno schema espositivo, ricco di riferimenti normativi, dottrinari e giurisprudenziali esposti in ordine logico e consequenziale , lo schema dovrebbe essere completo sia degli istituti trattati che della giurisprudenza rilevante. . Tale promemoria risulterà utile nelle ore successive, allorché la fatica e l’emozione potrebbero incidere non positivamente sulla memoria, ed interessanti spunti maturati nei primi momenti di riflessione rischiano di essere dimenticati e, quindi, non svolti. Le successive quattro ore devono essere dedicate alla materiale redazione del parere, seguendo come promemoria lo schema annotato. Si consiglia di svolgere il parere con un linguaggio tecnico ma semplice, senza eccedere in prolissi inquadramenti generali, mantenendo un equilibrio, anche quantitativo, tra la parte dedicata all’introduzione del parere e quella dedicata alla soluzione del quesito (ad esempio, se il parere verte su una questione attinente alla "fideiussione omnibus", è inutile parlare diffusamente del sistema delle garanzie del credito e della differenza tra garanzie reali e personali; basterà una breve introduzione sull’istituto della fideiussione, per poi centrare l’argomento oggetto del quesito). Si consiglia, inoltre, di non trascrivere le norme del codice nel corpo del parere, essendo sufficiente richiamarle con l’indicazione del numero e del comma ma sul punto non vi è concordia . Infine, non sarebbe inutile portare con sé un dizionario, per non correre il rischio di commettere errori di ortografia; quanto alle citazioni in latino, se non si è sicuri meglio ometterle anzichè rischiare di riportarle inesattamente . Le ultime due ore, naturalmente, vanno dedicate alla rilettura ed alla copiatura in bella del parere. A tale ultimo riguardo, è sempre opportuno aver presente che per i commissari d’esame la correzione in serie dei numerosi elaborati inevitabilmente ripetitivi, almeno in una certa misura , è un lavoro impegnativo e, a volte, stancante. Tenuto conto di ciò, non è azzardato prevedere che, tra un elaborato molto sofisticato ma difficile da leggere (per la sua intrinseca complessità o, magari, per il banale problema pratico della mancata copiatura "in bella"), ed un elaborato semplice ma ordinato e scorrevole, sarà premiato questo e non quello. L'ATTO GIUDIZIARIO La redazione dell'atto giudiziario è apparentemente compito più agevole rispetto alla stesura di un parere motivato. Durante la pratica forense, la maggior parte dei candidati avrà redatto un atto di citazione o una comparsa di risposta, ed avrà constatato che determinati elementi ricorrono puntualmente. Di conseguenza, essi saranno ormai divenuti "familiari". Inoltre, ciascuno avrà maturato un suo schema, se non addirittura sviluppato un proprio stile. Tuttavia, la tipologia di atti è più ampia di quanto si creda, ed esercitarsi resta pur sempre un onere per ogni candidato. In generale, nel redigere un atto giudiziario bisogna: - inquadrare correttamente il fatto, sulla base della rappresentazione di esso fornita dal cliente (e, nel caso della comparsa di costituzione e risposta, tenendo conto anche della prospettazione sostenuta dalla controparte); - valutare le risultanze documentali ed istruttorie (deduzioni); costruire una propria tesi conforme al diritto; - (nel caso della comparsa di costituzione e risposta) confutare l'eventuale tesi avversaria, sia in fatto che in diritto (controdeduzioni); - riassumere la pretesa nelle conclusioni. Quanto allo stile da adottare, è opportuno scrivere in modo chiaro, in modo da farsi agevolmente comprendere da chi legge, e seguendo un rigoroso iter logico che possa convincerlo della bontà delle nostre tesi. I consigli per la redazione dell'atto giudiziario in materia di diritto civile di Ilaria Di Punzio Per una buona redazione dell’atto giudiziario occorre tenere presenti alcune considerazioni. Innanzitutto, l’oggetto della terza prova scritta impone un approccio parzialmente diverso all’esame. Nella redazione di un parere, infatti, il candidato è investito dell’onere di consigliare il protagonista della traccia assegnata e, a tal fine dovrà illustrare, almeno sommariamente gli istituti giuridici sottesi alla fattispecie proposta, chiarire tutti i pro ed i contra della situazione giuridica prospettata e fornire una soluzione corretta al caso. La redazione dell’atto giudiziario, invece, “costringe” il candidato a calarsi nelle vesti dell’avvocato che, incaricato della difesa dell’assistito, dovrà agire o costituirsi in giudizio per quest’ultimo. In altre parole, egli è chiamato ad utilizzare soltanto gli strumenti processuali e di diritto sostanziale necessari a tutelare le ragioni del cliente. Per far questo dovrà: Individuare l’atto più idoneo Spesso nella traccia è indicato esplicitamente l’atto richiesto. Nella malaugurata ipotesi in cui ciò non accada, però, spetterà al povero candidato individuarlo. Alcune volte il margine di scelta è assolutamente irrilevante (è ovvio, infatti, che se, ad esempio, viene richiesto di contraddire rispetto ad una citazione, l’unico atto utilizzabile sarà la comparsa di costituzione e risposta); altre sfortunate circostanze, invece, impongono una scelta tra più ipotesi applicabili e, a volte, non proprio intercambiabili. Mi vengono in mente alcune fattispecie teoricamente adattabili sia ad un atto di citazione ordinario, sia a ricorsi cautelari piuttosto che a quelli possessori. E non a caso ho utilizzato l’avverbio “apparentemente”, perché in pratica, la vostra scelta sarà più o meno idonea alla tutela completa ed effettiva dei diritti del vostro forzato cliente. Fortunatamente gli atti civili sono tipici, hanno un contenuto predeterminato e sono vincolati nella forma. Di fronte ad un bivio, allora, l’attenta lettura e la conoscenza delle caratteristiche di tali atti vi condurranno alla strada più opportuna. Tornando al rapporto tra atto di citazione ordinario e azioni cautelari o possessorie o, ancora, di nunciazione, illuminante sarà la lettura dell’art. 700 c.p.c., piuttosto che degli artt. 1168, 1170, 1171, 1172 c.c. Questa operazione svelerà che non sempre è consentito intraprendere la strada dei procedimenti speciali, ma che la si può utilizzare soltanto nei casi espressamente previsti ed esclusivamente in presenza dei requisiti richiesti dalla legge (periculum in mora, imminenza, gravità o irreparabilità del danno, piuttosto che esercizio pacifico del possesso per un tempo determinato dal legislatore, ecc.). Ovviamente, il nomen dell’atto andrà indicato in epigrafe, subito dopo l’indicazione dell’autorità giudiziaria alla quale avrete deciso di rivolgervi. Esaminare con attenzione tutte le norme che disciplinano l’atto prescelto Come accennato, l’atto civile è atto tipico, a contenuto predeterminato e a forma vincolata. Queste caratteristiche vi impongono di consultare accuratamente tutte le norme che lo disciplinano e che, a volte, non troverete “raggruppate” nella stessa sede. Sarà, pertanto, opportuno individuare le disposizioni utili tramite l’indice analitico del codice di procedura commentato e tenerle ben presenti, onde evitare di redigere un atto nullo o di incorrere in preclusioni o decadenze. Verificare eventuali cause di carenza di giurisdizione (riparto di competenze tra giurisdizione ordinaria e amministrativa; esistenza di clausole arbitrali) (artt. 1 – 6 c.p.c.) Difficilmente può porsi una questione di giurisdizione. Tuttavia, soprattutto ove vi troviate nella condizione di difensori del convenuto (o del resistente) potrebbe esservi concessa un’eccezione di giurisdizione che potrebbe paralizzare l’azione della parte attrice. E’, allora, opportuno spendere un paio di minuti nella verifica di tale requisito fondamentale, controllando se la questione rientra tra quelle su cui il giudice ordinario può jus dicere, oppure se essa è attratta nell’orbita di quelle riservate alla giurisdizione amministrativa, o, ancora, se sia stata sottratta, dalla volontà delle parti, alla cognizione della magistratura civile (in questo caso, ovviamente, nella traccia troverete indicazioni relative all’esistenza di clausole compromissorie). Verificare criteri di competenza del giudice (artt. 5, 7 – 30 bis c.p.c.) Premesso che va sempre e comunque effettuato un controllo relativo alla competenza per materia, ove nella traccia siano indicati i luoghi della controversia o il valore della causa sarà assolutamente necessario utilizzare i criteri di competenza per valore e per territorio, ai fini della corretta individuazione dell’autorità giudiziaria che si deve adire (se siete attori o ricorrenti) o ai fini del controllo dell’esattezza della scelta operata dalla controparte (se siete nella posizione di convenuti o resistenti). L’esatta determinazione del giudice competente è requisito essenziale di un elaborato sufficiente ed è frequente che la redazione dell’atto giudiziario di costituzione in giudizio del convenuto postuli un’eccezione di incompetenza Verificare la sussistenza di legittimazione attiva e passiva (art. 81 c.p.c.) Il processo deve essere instaurato tra legittimi contraddittori: fuori dai casi espressamente previsti dalla legge, infatti, nessuno può far valere in un processo in nome proprio, un diritto altrui (art. 81 c.p.c.). In altre parole, è necessario che l’attore o il ricorrente siano legittimati ad agire e che il convenuto o il resistente siano legittimati a contraddire (si parla, a tale proposito, di legittimazione attiva e passiva), cioè, che si tratti, rispettivamente, di coloro che hanno la titolarità del diritto o dell’obbligo scaturenti dal rapporto giuridico controverso. Esperire un’indagine di questo tipo può essere fondamentale, non soltanto per una corretta determinazione della posizione del o dei propri assistiti prossimi attori (ad esempio, se vi si chiede di difendere più di un soggetto, occorrerà verificare che tutti siano dotati di legittimazione attiva rispetto al diritto che si vuol far valere in giudizio), ma, soprattutto, per poter eventualmente formulare, nell’atto di costituzione del convenuto, un’eccezione di difetto di legittimazione attiva o passiva che paralizzerebbe la difesa attrice. Indicare gli elementi necessari per l’individuazione delle parti (artt. 125 e 163, comma 3, n.2 c.p.c.) Le parti devono essere individuate attraverso l’indicazione di: nome, cognome, data di nascita, residenza, codice fiscale, domicilio eletto. Chiaramente, come detto sopra, qualora tali elementi non siano contenuti nella traccia, dovrete sostituirli con dei puntini di sospensione. Andrà anche indicato da chi la parte è rappresentata e difesa. Individuare gli elementi favorevoli al proprio assistito L’atto giudiziario è strumento di tutela processuale del vostro assistito. Non si tratta di un parere, tanto meno di un parere pro veritate (in cui, cioè, si è chiamati ad esprimere una soluzione imparziale). Occorre, quindi, abbandonare l’obiettività (ma non la logica giuridica!) ed esporre, non tutte le varie teorie elaborate a proposito dell’istituto giuridico sotteso alla fattispecie, ma soltanto le ragioni di fatto e di diritto che consentono di tutelare la posizione del proprio assistito. Ricordate: l’atto è assolutamente di parte (in tutti i sensi). Gli elementi di fatto e di diritto selezionati andranno organizzati preferibilmente attraverso un’allegazione separata. A tal fine sarà opportuno distinguere l’atto in due sezioni: in fatto (o premesso che) e in diritto (o considerato che). Rielaborare la giurisprudenza favorevole evitando il sistema “taglia e incolla” La ricerca giurisprudenziale è un momento essenziale per la preparazione dell’atto giudiziario, tanto quanto nella stesura di un parere. Le allegazioni poste a sostegno della tesi difensiva, infatti, vanno non solo individuate, ma anche spiegate. Allo stesso modo vanno motivate le ragioni messe a fondamento di una richiesta di reiezione della domanda formulata dalla vostra controparte. Questa operazione presuppone un sapiente uso, non soltanto della normativa, ma anche della giurisprudenza. E’, infatti, utile ed opportuno indicare precedenti giurisprudenziali, ma è assolutamente controproducente copiare le massime che troverete nei vostri codici commentati (ne potrebbe risultare un elaborato contorto e disomogeneo). Sarà, pertanto, vostro compito individuare le decisioni più calzanti al caso assegnato (in primo luogo quelle relative a fattispecie identiche e, successivamente, se necessario, quelle inerenti ipotesi analoghe) e darne una rielaborazione personale che possa collocarsi in modo armonico nel corpo dell’atto. Evitare di utilizzare elementi di fatto non contenuti nella traccia Nella traccia c’è già tutto ciò che serve allo svolgimento del compito assegnato. Non solo, quindi, è inutile aggiungere dati ulteriori, ma può essere anche molto pericoloso per due ragioni: 1) gli elementi inseriti possono essere fuorvianti; 2) potrebbero essere interpretati come segni di riconoscimento. Qualora vi troviate costretti a dover supplire a qualche carenza (ad esempio, date di nascite, nomi delle parti, luoghi) potrete tranquillamente farlo sostituendo ciò che manca con dei puntini di sospensione (ad esempio, il sig……., nato a….., in data….., Tribunale di……). Prestate particolare attenzione, se sono espressamente indicate, alle date in cui vengono collocati gli eventi. Potrebbero risultare importanti ai fini dell’applicazione di istituti giuridici, soprattutto prescrizione e decadenza. Graduare in modo opportuno le domande proposte (artt. 163, comma 3, n.4, 167, comma 1, c.p.c.) La formulazione delle conclusioni costituisce momento essenziale della redazione di ogni atto giudiziario. Esse, infatti, esprimono cosa intendete ottenere dal giudizio, quali sono i provvedimenti richiesti al giudice investito della causa. Ovviamente, il loro contenuto andrà modulato in base alle allegazioni e alle eccezioni contenute nella parte narrativa e in quella argomentativa. E’ anche corretto graduare le domande secondo uno schema fisso che prevede: eccezioni preliminari di rito e di merito (per gli atti di costituzione in giudizio del convenuto); domande principali di merito; domande subordinate di merito (eventuali); richiesta di rifusione delle spese processuali. Formulare le richieste istruttorie (artt. 163, comma 3, n.5, 165, 166 c.p.c.) Le richieste istruttorie vanno formulate negli atti introduttivi del giudizio, salvo, poi, “correggere il tiro” o integrare in base alle difese dell’avversario (opportunità questa che non avrete in sede d’esame). Per le prove orali occorre articolare i relativi capitoli, specificare, cioè, su quali circostanze si ritiene necessaria l’escussione dei testimoni o l’interrogatorio formale della controparte. Potreste, però, trovarvi sprovvisti del tempo necessario a tale complessa operazione. E’, pertanto, opportuno strutturare la parte narrativa dell’atto (il fatto) in punti, distinguendo ogni allegazione con un numero, in modo tale da poter effettuare un semplice richiamo alle circostanze già esplicitate. Per le prove documentali non ci sono, invece, problemi particolari: sarà, infatti, sufficiente, indicare i documenti prodotti elencandoli. Redigere la procura alle liti (art. 83 c.p.c.) Si tratta di un elemento indefettibile: quando, infatti, la parte sta in giudizio con il ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura speciale. Se vi viene assegnato un atto che rientra tra quelli indicati dal comma 3 dell’art. 83 c.p.c. (ad esempio, citazione, comparsa di costituzione e risposta, o di intervento, ricorso, controricorso), dovrete redigere in calce all’atto, o a margine dello stesso, la procura speciale (ricordatevi di aggiungere la certificazione dell’autografia della parte). Nella improbabile ipotesi in cui vi venga assegnato un compito diverso, dovrete fare riferimento ad una procura, generale o speciale, rilasciata con separato atto pubblico o scrittura privata autenticata. Individuare l’atto più idoneo Spesso nella traccia è indicato esplicitamente l’atto richiesto. Nella malaugurata ipotesi in cui ciò non accada, però, spetterà al povero candidato individuarlo. Fortunatamente, gli atti giudiziari in materia di diritto penale, possibile oggetto di esame, sono pochissimi. Il processo penale, infatti, è essenzialmente orale e le varie istanze ed eccezioni vengono formulate dal difensore in udienza. Questo è anche il motivo per il quale, dal punto di vista statistico impera l’atto d’appello. Non si pongono, pertanto, problemi particolari, se non in materia di impugnazione di misure cautelari, laddove potrebbe essere necessario individuare se l’atto richiesto è un’istanza di riesame o un appello (vedi infra). Ovviamente, il nomen dell’atto andrà indicato in epigrafe, subito dopo l’indicazione dell’autorità giudiziaria alla quale avrete deciso di rivolgervi. Esaminare con attenzione tutte le norme che disciplinano l’atto prescelto Sebbene non rigorosa come quella relativa all’atto civile, anche la disciplina del processo penale risulta fondamentale ai fini della redazione dell’elaborato. In particolare, dovranno essere analizzate le norme che disciplinano la competenza dell’organo giudiziario al quale ci si deve rivolgere e quelle che dispongono in relazione al contenuto dell’atto. Sarà, ovviamente, opportuno individuare le disposizioni utili tramite l’indice analitico del codice di procedura (commentato) e tenerle ben presenti, onde evitare di redigere un atto nullo o di incorrere in preclusioni o decadenze. Indicare gli elementi necessari per l’individuazione della parte assistita La parte assistita deve essere individuata attraverso l’indicazione di: nome, cognome, data di nascita, residenza, domicilio eletto. Andrà anche indicato qual è la posizione assunta dall’assistito nell’ambito del procedimento penale (ad esempio, indagato, imputato, parte civile) e da chi la parte è rappresentata e difesa. Indicare gli elementi necessari all’individuazione del procedimento penale in cui si inserisce l’atto, del provvedimento impugnato e del giudice che lo ha emesso Le indicazioni richieste sono essenziali quanto semplici da effettuare. In particolare, è sufficiente, quanto all’individuazione del procedimento penale, precisare il numero di ruolo. È sicuramente più corretto fare riferimento al numero attribuito al procedimento nella fase a cui si riferisce l’atto (ad esempio, n. ….. R.G. G.I.P.), ma è anche ammessa l’indicazione del numero attribuito in fase di indagini preliminari (n. …. R.G.N.R.). Per quel che concerne il provvedimento impugnato, occorrerà indicare di che tipo di atto si tratta (sentenza o ordinanza), quale numero reca e in quale data è stato emesso (ad esempio, Sent. n. ….. del …..). Accanto a questi dati identificativi dovrà essere aggiunta la menzione dell’ufficio giudiziario che si è pronunciato per mezzo di quel provvedimento (quindi, ad esempio, ordinanza n. ……. del …. emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di ……) Individuare gli elementi favorevoli al proprio assistito L’atto giudiziario è strumento di tutela processuale del vostro assistito. Non si tratta di un parere, tanto meno di un parere pro veritate (in cui, cioè, si è chiamati ad esprimere una soluzione imparziale). Occorre, quindi, abbandonare l’obiettività (ma non la logica giuridica!) ed esporre, non tutte le varie teorie elaborate a proposito dell’istituto giuridico sotteso alla fattispecie, ma soltanto le ragioni di fatto e di diritto che consentono di tutelare la posizione del proprio assistito. Ricordate: l’atto è assolutamente di parte (in tutti i sensi). Rielaborare la giurisprudenza favorevole evitando il sistema “taglia e incolla” La ricerca giurisprudenziale è un momento essenziale per la preparazione dell’atto giudiziario, tanto quanto nella stesura di un parere. Le allegazioni poste a sostegno della tesi difensiva, infatti, vanno non solo individuate, ma anche spiegate. Allo stesso modo vanno motivate le ragioni messe a fondamento di una richiesta di reiezione della domanda formulata dalla vostra controparte. Questa operazione presuppone un sapiente uso, non soltanto della normativa, ma anche della giurisprudenza. E’, infatti, utile ed opportuno indicare precedenti giurisprudenziali, ma è assolutamente controproducente copiare le massime che troverete nei vostri codici commentati (ne potrebbe risultare un elaborato contorto e disomogeneo). Sarà, pertanto, vostro compito individuare le decisioni più calzanti al caso assegnato (in primo luogo quelle relative a fattispecie identiche e, successivamente, se necessario, quelle inerenti ipotesi analoghe) e darne una rielaborazione personale che possa collocarsi in modo armonico nel corpo dell’atto. Evitare di utilizzare elementi di fatto non contenuti nella traccia Nella traccia c’è già tutto ciò che serve allo svolgimento del compito assegnato. Non solo, quindi, è inutile aggiungere dati ulteriori, ma può essere anche molto pericoloso per due ragioni: 1) gli elementi inseriti possono essere fuorvianti; 2) potrebbero essere interpretati come segni di riconoscimento. Qualora vi troviate costretti a dover supplire a qualche carenza (ad esempio, date di nascite, nomi delle parti, luoghi) potrete tranquillamente farlo sostituendo ciò che manca con dei puntini di sospensione (ad esempio, il sig. ……., nato a ….., in data ….., Tribunale di ……). Graduare in modo opportuno le domande proposte La formulazione delle conclusioni costituisce momento essenziale della redazione di ogni atto giudiziario. Esse, infatti, esprimono cosa intendete ottenere dal giudizio, quali sono i provvedimenti richiesti al giudice investito della causa. Ovviamente, il loro contenuto andrà modulato in base alle allegazioni e alle eccezioni dispiegate (per le formule assolutorie, si veda il commento relativo all’atto di appello). I consigli per la redazione dell'atto giudiziario in materia di diritto amministrativo di Sandra Scarabino · La redazione dell’atto giudiziario amministrativo riguarda, generalmente, un ricorso per annullamento di un provvedimento amministrativo; nondimeno, appare opportuno affrontare anche la composizione di altri atti tipici del processo amministrativo, così da offrire un panorama ampio e completo a colui che si accinge a sostenere l’esame. · Valgono le regole ed i suggerimenti illustrati in occasione della redazione degli atti civile e penale; tuttavia va posta una particolare attenzione alla costruzione dell’atto che, oltre a dover rispettare le norme circa contenuto e termini di decadenza, deve anche essere ben strutturato tra “fatto” e “diritto”. · La linearità e semplicità nell’esposizione sono fondamentali per ottenere un “fatto” chiaro, coerente ed un “diritto” giuridicamente logico e razionale. In particolare bisogna avanzare per sillogismi sì da evitare di saltare passaggi o eventi che risultano essenziali per argomentare l’iter logico-giuridico della propria posizione. A fortiori, vanno evitati tutti i riferimenti a fatti superflui e non attinenti agli avvenimenti, nè si può argomentare sul piano giuridico mediante riflessioni personali che, per quanto ragionevoli, non si fondano sulle norme positive o sull’interpretazione che dà la giurisprudenza della norma. · In particolare, nell’esporre i motivi di ricorso, ad una veloce e chiara elencazione delle violazioni dedotte, deve poi seguire l’argomentazione del motivo con riferimento al fatto concreto. · Infine, bisogna tener sempre presente, in relazione a quanto richiede la traccia, l’eventualità di proporre azioni cautelari o risarcitorie ovvero ancora di altro genere, non solo verificandone la effettiva proponibilità, ma anche esponendone i motivi, allo stesso modo in cui si è costruito l’atto di ricorso, cioè con chiarezza e linearità, con stretto riguardo ai fatti avvenuti. I segni di riconoscimento L’utilizzo di due penne di diverso colore (blu e nera) per la stesura della prova scritta non può essere di per sé qualificato oggettivo “segno di riconoscimento” impeditivo alla correzione, con la conseguenza dell’esclusione per non valutabilità (TAR Sardegna, 11 dicembre 2008, n. 2158). La questione ha riguardato una candidata di un pubblico concorso, esclusa dalla selezione poiché la Commissione aveva accertato che l’elaborato era “stato scritto nella prima pagina utilizzando in parte la penna nera e in parte la penna blu e per il resto proseguendo con la penna blu”. Il TAR ha deciso che l’utilizzo di penne con colore diverso, nel caso in esame, non può essere idoneo ad integrare un “oggettivo” ed “inequivocabile” segno di riconoscimento, anche perché può esser spiegato in termini molto semplici: “che la concorrente avesse deciso di elaborare la “bella copia” con la penna nera e che, in corso di scrittura, la penna biro (non fornita dalla commissione) si sia “esaurita”, con conseguente necessità di “continuare” il tema con altra penna”. Ovviamente il precedente può essere utilizzato per via dei colori consueti delle penne: non mi avventurerei a scrivere in verde o rosso, poiché i colori consentiti dalla normativa sui concorsi sono appunto il nero e il nero bluastro delle comuni penne biro. Ancora, il TAR Sardegna ha richiamato una conforme giurisprudenza (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, sentenza 10 giugno 2008, n. 642; T.A.R. Basilicata Potenza, 11 luglio 2007, n. 489), secondo cui “nelle procedure concorsuali la regola dell'anonimato degli elaborati scritti, benché essenziale, non può essere intesa in modo tanto assoluto e tassativo da comportare l'invalidità delle prove ogni volta che sussista la “mera possibilità di riconoscimento”, atteso che non si potrebbe mai escludere a priori la possibilità che un commissario riconosca la scrittura di un candidato, sebbene il relativo elaborato sia formalmente anonimo; ne discende che la regola dell'anonimato deve essere intesa nel senso che l'elaborato non deve recare alcun segno che sia «in astratto» ed « oggettivamente» suscettibile di riconoscibilità”. Quindi, in generale, se è vero che per l'invalidità della prova è sufficiente la presenza di un segno di riconoscimento, senza che sia necessario dimostrare il motivo per il quale sia stato apposto o se lo scopo sia stato di fatto raggiunto, si deve tuttavia distinguere tra i segni identificativi, ovvero quelli che contengono un riferimento ad una persona determinata, resa obiettivamente individuabile, ed i segni convenzionali, ossia quelli che non hanno di per sè valore identificativo, ma possono essere utilizzati come segno di riconoscimento nell'ambito di un accordo illecito tra candidato e commissione; ne consegue che non è segno identificativo la numerazione delle pagine e, pertanto, è illegittimo l'annullamento degli elaborati di chi aveva numerato le pagine (TAR Lazio, Roma, 3 luglio 2007 n. 5980, rinvenibile in questo sito con nota di Francesco Logiudice riportata in corsivo). Quindi la numerazione delle pagine, o i segni grafici che staccano le parti dell’elaborato (asterischi e simili) sono probabilmente da evitare per prudenza, ma non possono provocare l’annullamento. “consigli per la redazione dell'atto giudiziario in materia di diritto civile e penale” di : Ilaria Di Punzio e Sandra Scarabino. Praticanti Avvocati: “un regalo per l'esame” di : Antonino Ciavola In: www.altalex.it “Il Pitepraticantropo era sapiente, anzi, dottore della legge; frequentava il tribunale, facendo pratica forense, ma restava fondamentalmente un essere allo stadio primitivo sulla linea evolutiva verso un futuro professionale tutto da realizzare”…..