CONSIGLIO PROVINCIALE DI MILANO Processo verbale dell'adunanza del 25 febbraio 2003 Addì, 25 febbraio duemilatre, in Milano, nell'Aula consiliare di via Vivaio n. 1, si è riunito il Consiglio provinciale per la trattazione degli argomenti iscritti agli Ordini del Giorno ordinario e supplementari dall’uno al sette diramati in data 9, 16, 23, 30 gennaio, 6, 13 e 25 febbraio con atti provinciali n. 3224/2931/99. A norma dell'art. 34 dello Statuto, la Presidenza dell'adunanza viene assunta dal Presidente del Consiglio provinciale, Dr. Roberto Caputo. Partecipa alla seduta il Segretario generale della Provincia, Dr. Salvatore Corrado. Alle ore 17.15 il Presidente del Consiglio invita il Segretario a procedere all'appello nominale dei presenti. Rispondono all'appello i seguenti ventisette Consiglieri: Caputo Roberto Accame Pietro Bertolini Almina Bonasegale Piero Borgio Roberto Casati Bruno Clerici Michele Clerici Roberto Cremaschi Gian Luigi A. Dapei Bruno Di Valerio Marco Elli Enrico Fossati Ambrogio Fratus Gianbattista Gavazzi Attilio Giuliante Luca Gussoni Maurizio Jean Gaspare Mezzi Pietro Morelli Mario Nitti Fabio Aldo Nucci Flavio Occhionorelli Camilla Ortolina Vincenzo Tamberi Livio Turci Massimo Vitali Gian Mario Assente giustificato il Consigliere Malinverno. Sono altresì presenti gli Assessori provinciali: Cocchiaro e Volontè. Presidente del Consiglio: “Prima di iniziare la seduta, comunico le decisioni che hanno preso i Capigruppo riuniti in conferenza: è stata sconvocata la riunione di giovedì 27, mentre viene convocato un Consiglio straordinario per il giorno 28, venerdì, con convocazione alle ore 16, con all’O.d.G. l’audizione del Direttore Generale della Milano Serravalle Dottor Bruno Rota. Viene sconvocata la seduta del 6 marzo e convocata la seduta per il 4 marzo. Quindi i Consigli Provinciali prossimi saranno: 28 febbraio alle ore 1 16 e 4 marzo alle ore 16,30. Tutte le altre rimarranno immutate, comunque riceverete il telegramma entro domani. La seduta di questa sera, come veniva annunciato, è una seduta seminariale su un tema importante: il bilancio etico-sociale. Devo dire che questo è un tema avvincente, che ha visto dibattere già importanti istituzioni, come il Comune di Milano che ha già iniziato ad adottarlo, il Comune di Bologna ed altri, ad esempio il Comune di Cesano Maderno in Provincia di Milano, ma che ha avuto sicuramente una grande rispondenza anche presso aziende private o ex municipalità, per esempio: A.E.M. di Milano, Agip Petroli, B.N.L., Unicredit, Edison, Eni, Cariplo, Telecom, Shell e Unipol Assicurazioni. E’ sicuramente un tema abbastanza delicato, che secondo me va affrontato e poi spetta a noi fare una scelta. La scelta anche se anche in questo ente portarlo e applicarlo, o diversamente decidere quali saranno le scelte che faremo in questo caso.” Nel frattempo sono entrati in aula i Consiglieri Caccavale, De Simone e Giordano. (presenti 30) Consigliere Clerici Michele: “Signor Presidente, io desideravo che lei invitasse i Consiglieri, visto che abbiamo un Consiglio straordinario previsto per venerdì, alla puntualità per garantire il numero legale. E’ importante, se volesse fare questo invito a tutti i Consiglieri.” Presidente del Consiglio: “L’invito lo faccio sicuramente, ma penso sia dovere dei Consiglieri sapere che se l’orario di apertura è alle ore 16 di presentarsi alle ore 16. Comunque, sarebbe buona cosa evitare il solito ritardo, ormai usuale, che porta a protrarre i lavori in termini di tempo e non iniziare in maniera positiva.” Consigliere Dapei: “Presidente, per rimanere sull’argomento che state trattando, era stato richiesto da 10 colleghi di convocare congiuntamente la 7^ e la 9^ Commissione, sempre sulla questione Milano Serravalle. Venerdì alle ore 14,30, come lei sa, adesso arriverà la convocazione, è stata prevista questa riunione. Come saggiamente dicevate voi, a maggior ragione in quel momento è richiesta la massima puntualità perché il presidente Desiderio Zoncada ha dato la sua disponibilità a venire, come richiesto, però aveva un precedente impegno, tra l’altro pubblicamente noto, alle ore 16 presso il Comune di Milano, quindi se non iniziamo in orario rischiamo di doverlo veder partire prima della fine dei lavori. Dalle 14,30 alle 16 c’è tutto il tempo per fare un’audizione con il presidente di Serravalle, ma volevo informare tutti i colleghi in anticipo di questo suo impegno tassativo e quindi di questa sua dead line oraria. Per intenderci, Presidente, viene fatto venerdì proprio per non fare la seduta dopo la seduta di Consiglio. Il presidente Zoncada avrebbe avuto più tempo a disposizione in una qualsiasi altra giornata, ma dovendoci riunire entro questa settimana, dobbiamo fare i conti con i suoi impegni pregressi.” Presidente del Consiglio: “Su questa vicenda io ho chiamato il Presidente del Consiglio Comunale Marra, invitandolo a rinviare questa Commissione, che d’altronde era l’ennesima volta che veniva convocata, quindi un ennesimo rinvio non avrebbe cambiato nulla, proprio per evitare questa concomitanza di avvenimenti similari sulla stessa tematica. Il Presidente Marra si è dichiarato disponibile, sto aspettando una sua risposta, perché aveva convocato su questo l’Ufficio di Presidenza del Consiglio Comunale, perché penso sia forse meglio per i Consiglieri Comunali posticipare la Commissione, 2 che d’altronde era stata convocata precedentemente, poi era stata riconvocata, poi di nuovo convocata. “ Nel frattempo è entrato in aula il Consigliere Bollina. (presenti 31) Consigliere Tamberi: “Da quanto diceva prima il Consigliere e dalla sua risposta, non ho capito bene. Il presidente della società non sarà presente durante l’incontro, lei l’ha chiamata audizione, mi sembra una cosa un po’ diversa, con il Direttore? Perché la rappresentanza della società l’ha il Presidente, il Direttore ha un rapporto di lavoro con la società. Il problema è che noi ci mettiamo di fronte ad una contrapposizione fra il Presidente, così si è manifestata nella sua richiesta, e il direttore che è un dipendente, senza che sia presente il Presidente che è il legale rappresentante o coloro che abbiamo nominato noi? Mi sembra che sia un’incongruenza grossa, perché se emergono delle cose che riguardano la società, io credo che il direttore abbia tutti i limiti che hanno i dirigenti dell’azienda rispetto a certe risposte che non possono dare, tenuto conto poi che si va su questioni personali. Il Segretario Generale convoca giustamente, o lei prima del Segretario Generale, la seduta segreta. Quindi la mancanza del presidente della società è una cosa che io credo sia inaudita.” Presidente del Consiglio: “Io ho inviato ovviamente la lettera di convocazione al Dottor Rota, ma altrettanto l’ho inviata per conoscenza al presidente Zoncada, ai consiglieri espressi dalla Provincia di Milano, ovvero al consigliere Balbi che è il Vice Presidente di Serravalle, al consigliere Burchi e al consigliere Pedrazzani. E’ evidente che se viene a cadere la Commissione comunale, penso la cosa sia risolta.” Consigliere Ortolina: “Sempre in riferimento a questo argomento, il titolo dell’O.d.G. rispecchia esattamente la volontà del Presidente, che legittimamente ha chiesto l’audizione del direttore generale. Ripeto: rispecchia la volontà del Presidente. I gruppi di centrosinistra, intervenendo su questo argomento, avevano in realtà chiesto che il Consiglio non si trasformasse, come anch’io dissi che una sorta di processo nei confronti del direttore generale. Noi, come centrosinistra, eravamo interessati ad un confronto di carattere generale con i livelli istituzionali della Serravalle, perché sono questi i soggetti con i quali noi siamo interessati ad interloquire. Abiamo detto che, per quanto ci riguarda, l’audizione soltanto del direttore generale ci interessava fino ad un certo punto. Quindi, questo titolo (“ audizione del direttore generale”) ribadisco, rispecchia fedelmente la volontà del Presidente ma non rispecchia i desideri della minoranza. Ovviamente noi siamo consapevoli di essere minoranza e che quindi voi potete anche non tener conto del centrosinistra, che chiedeva di riprendere la discussione sulla Serravalle in termini assai più generali. Allora, io personalmente valuterò se partecipare o meno a questo Consiglio. Seconda valutazione, caro Presidente; lei non può mandare una lettera al direttore generale e “per conoscenza” agli altri soggetti istituzionali. Lei doveva farsi carico, se voleva accogliere la nostra indicazione, di invitare formalmente ed espressamente tutti i soggetti, compreso anche il direttore generale, perché questo è l’obiettivo primo del Presidente, ma comunque tutti gli altri soggetti: il presidente, i rappresentanti della Provincia, perché ha senso che siano qui a discutere, a confrontarci con i nostri interlocutori veri, con i soggetti istituzionali. Credo che Lei non se la possa cavare dicendo: io ho mandato una lettera, per conoscenza, anche agli altri soggetti. Lei doveva, se volevo accogliere la nostra proposta, ma evidentemente ha deciso di no, chiedere che a 3 questo Consiglio fossero presenti sia il direttore generale, in quanto fortemente richiesto dal Presidente, sia gli altri soggetti istituzionali, con i quali i Consiglieri intendono confrontarsi, essendo essi dei soggetti politici che vogliono interloquire con altri soggetti politici. Credo peraltro che la cosa a questo punto sia rimediabile, almeno in parte, perché se lei mi dice che in realtà ha gia ottenuto, però vorrei avere conferma.... Benissimo. Allora, abbia pazienza, prima di sapere se c’è il Consiglio o no, noi dobbiamo avere la certezza di chi sarà presente altrimenti io non mi muovo dal mio Paese per venire appositamente. Quindi, voglio sapere chi è presente, se è presente il direttore generale e chi altri. Ma a questo punto, se la Commissione comunale salta (così mi pare d’aver capito, perché Lei è in grado di influire sul Presidente Marra per farla spostare), il Dottor Zoncada potrebbe essere presente, al nostro Consiglio visto che non deve più scappare via alle 16 per andare in Commissione. Può essere presente a questo Consiglio. E io chiederei che perlomeno il presidente sia presente a questo Consiglio. Altrimenti temo che questo Consiglio serva a poco e io personalmente valuterò se presenziarvi o meno.” Presidente del Consiglio: “Consigliere Ortolina, io sono molto rispettoso dei regolamenti, come lei ben sa, e della maggioranza e della minoranza, ho fatto sempre rispettare in maniera molto attenta queste cose. Quindi sono rispettoso della richiesta che mi è stata fatta, come sono stato rispettoso della richiesta che mi è stata fatta da parte del centrosinistra precedentemente su un Consiglio straordinario e ho semplicemente applicato l’art. 43, comma 5, del regolamento del Consiglio Provinciale. Questo diceva, questo ho fatto ed mi spettava solo fare questo, comunque ho anche rispettato, ovviamente, i voleri della maggioranza del Consiglio, perché questa è democrazia.” Nel frattempo sono entrati in aula i Consiglieri Dioli, Angiuoni e Cipolla. (presenti 34) Consigliere Gavazzi: “Onestamente io rimango esterrefatto quando sento questi interventi, perché si dà l’immagine che la maggioranza o il Presidente del Consiglio o il Presidente Colli stiano tenendo un comportamento discriminatorio verso le opposizioni. Io non ci sto a questi scherzi e a questi giochi. E’ semplicemente il rispetto del regolamento, il Presidente ha chiesto una convocazione straordinaria del Consiglio Provinciale per l’audizione del signor direttore generale della Milano Serravalle, questo è l’oggetto di quella convocazione. Se la minoranza ha un’altra richiesta, non fa nient’altro che chiedere una riconvocazione del Consiglio, adducendo i motivi e mettendo l’oggetto che meglio crede. Questo è un Consiglio straordinario a se stante. Poi, se nell’interesse generale può venir fuori un’altra richiesta di convocazione, deve essere fatta e formalizzata a seguito di un altro Consiglio Provinciale. Non riesco a capire, sentendo come si sono espressi il Consigliere Tamberi e il Consigliere Ortolina si dà l’immagine. Per cortesia, io parlo di una convocazione straordinaria del Consiglio Provinciale, richiesto dal Presidente, come è ammesso dall’art. 39, comma 2, della legge 267 e, come diceva adesso il Presidente, nel nostro regolamento. E’ cosa ben diversa la convocazione della Commissione, difatti il Presidente della Commissione cercava, per venire incontro alle esigenze della minoranza, di convocarla prima. Ma l’esigenza del Presidente di convocarla prima è fatta sulla richiesta dei Consiglieri componenti la Commissione che avevano la necessità di sentire il presidente di Serravalle. Io direi di piantarla con questo gioco delle parti, dove si fa sempre credere ciò che non è. La richiesta è per l’audizione di questo signore, se c’è un’ulteriore necessità la dovete formalizzare, ci sarà un’altra richiesta e magari andremo a sentire il presidente di 4 Serravalle, il direttore di Serravalle quant’altro i Consiglieri dovessero ritenere opportuno sentire per avere un chiarimento maggiore. Però onestamente non ci stiamo più a questo gioco di cercare di mischiare le carte per fare apparire una cosa che non è.” Nel frattempo sono entrati in aula i Consiglieri Foglia e Radice. (presenti 36) Consigliere Tamberi: “Per questione personale, io non ho detto che voglio aggiungere il presidente al direttore perché ne voglio due, ho detto che il direttore è vincolato, per determinate questioni, alla riservatezza, al segreto aziendale e non può andare perché è un organo esecutivo, come lo è anche il presidente ma nell’ambito dei poteri che gli sono dati. Il direttore generale ha il potere di raccontare alcune cose che sono prerogativa dell’azienda o li ha il presidente? In quel caso occorre il presidente, perché il direttore non le può dire. E’ qua la differenza! Io non voglio due persone, lo dico per questo, non so se mi sono spiegato, altrimenti andate a leggere i poteri dell’uno, i poteri dell’altro, il codice civile sulle aziende per azioni quali quella.” Consigliere Ortolina: “Io non ho minimamente contestato la legittimità di questa convocazione e la legittimità dell’O.d.G. Ho detto semplicemente che noi chiedevamo qualcosa di diverso, chiedevamo una convocazione dei soggetti istituzionali, che prendiamo atto che questa proposta non è stata accettata e che personalmente valuterò a questo punto se partecipare o meno al Consiglio. Non ho assolutamente contestato la legittimità della convocazione, è a termini di statuto, ci mancherebbe altro, il problema evidentemente è un altro.” Nel frattempo è entrato in aula il Consigliere Pizzarelli. (presenti 37) Consigliere Caccavale: “Scusi Presidente, io chiederei un suo intervento perché, lei l’ha detto prima, mi ha anticipato, però cari Consiglieri o ci si fida del lavoro che viene fatto dall’Ufficio di Presidenza e dalla conferenza Capigruppo, oppure vuole dire che i Consiglieri del centrosinistra non hanno fiducia nei loro Capigruppo. Ho capito, ma questa questione è stata dibattuta in conferenza Capigruppo e il Presidente del Consiglio ha ricevuto il mandato per convocare questo Consiglio straordinario. Allora, delle due l’una, se voi non andate d’accordo con i vostri Capigruppo, non vi parlate o non avete fiducia di quello che fanno, non è sicuramente al Presidente che dovete indirizzare queste critiche. Se c’è stata la conferenza Capigruppo, vuole dire che non vi fidate dei vostri. Comunque io ritengo che se non ci si è spiegati bene in conferenza Capigruppo, il Presidente dovrà eventualmente sentire loro, non mi sembra questo l’ambito dove poter discutere, possiamo discutere di tutto, ma ritengo che la conferenza Capigruppo sia deputata proprio a risolvere questa vicenda, se malintesi ci sono stati. Poi non capisco questo atteggiamento, se non si convocano le persone o se non si parla degli argomenti siamo tacciati di voler censurare le cose, nel momento in cui invece il Presidente ha preso l’iniziativa e quindi si convocano Consigli straordinari, siamo tacciati di volerli fare come diciamo noi. Insomma, non va bene mai nulla, mi sembra di capire, questa è la sostanza.” Consigliere Borgio: “Due brevi note a margine all’intervento sia del Consigliere Caccavale che del Consigliere Gavazzi, che probabilmente non sanno che la conferenza Capigruppo si è conclusa prima che giungesse la notizia che in contemporanea al presunto o convocato Consiglio Provinciale, era stata convocata la Commissione in Comune, con la presenza degli stessi soggetti. Quindi, da parte dei Consigliere, c’è stata 5 una richiesta di chiarezza, per sapere se un soggetto sarà qui o lì, visto che nessuno dei due possiede il dono dell’ubiquità. Quindi Consigliere Caccavale, il tuo intervento non è che sia proprio cogente al problema, visto che le notizie sono intervenute dopo la conclusione della conferenza Capigruppo, quindi erano legittime le domande, a cui non sono ancora state date le risposte definitive, perché allo stato attuale, alle 17,39, non sappiamo se le Commissioni in Consiglio Comunale di Milano sono state convocate o sconvocate.” Il Presidente del Consiglio pone quindi in discussione lo: ARGOMENTO N. 25 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Consiglio seminariale sul tema “Il Bilancio etico-sociale”. Professor Bisio: “L’argomento di questa sera, il bilancio etico-sociale è un argomento di attualità che ci è stato chiesto dalla Presidenza di sviluppare in questa sede. Io volevo solo dare un minimo di continuità con gli incontri che avevamo già fatto in Consiglio, dicendo sostanzialmente due cose. Il bilancio di mandato o il bilancio etico-sociale non va inteso come un rendiconto, questo è un errore tecnico ma anche un errore logico molto rilevante, perché il bilancio di mandato e il bilancio etico-sociale sono processi di coinvolgimento di tutti i portatori di interesse della nostra collettività, quindi non possiamo sminuirli ad un documento che dice le attività svolte o i risultati raggiunti, devono essere un qualcosa che prende avvio nella fase di programmazione dell’attività di un’Amministrazione e poi viene anche comunicato in termini di risultati, ma soprattutto viene partecipato in termini di finalità e obiettivi. Su questo si concentrerà tutto l’intervento del Professor Mazzoleni, per spiegarci bene cosa significa introdurre una comunicazione etico sociale per la pubblica Amministrazione. L’altro concetto che volevo sviluppare, visto che insieme abbiamo parlato di relazione previsionale, di bilancio, di stato di attuazione dei programmi, di rendiconto, ecc., è che per costruire un bilancio etico-sociale o un bilancio di mandato non serve costruire un’altra contabilità o trovare informazioni da altre parti, bisogna ancora una volta investire sugli strumenti che già sono presenti nell’ente: la relazione previsionale e programmatica e lo stato di attuazione dei programmi in particolare. Questo, per due motivi, che io credo essenziali. Intanto perché hanno già tutte le informazioni che ci servono, a partire dalle caratteristiche del territorio, dai portatori di interesse, dalle entrate, dalle spese, ecc. L’altro motivo che dovrebbe essere ancora centrale per questo tipo di uditorio è perché comunque relazione previsionale e programmatica e stato di attuazione dei programmi non sono solo documenti di programmazione e di verifica dei risultati ma sono documenti discussi e approvati in Consiglio. Questo, a mio avviso, fa fare il salto di qualità ad una comunicazione che, essendo comunicazione pubblica, ha bisogno di una forma fortemente istituzionale. E’ per questo che abbiamo pensato di chiedere al Professor Mazzoleni di approfondire queste tematiche, partendo anche dalle esperienze di tipo privatistico, parlandone in Consiglio proprio per la delicatezza del tema, perché comunicare i risultati non è ovviamente come fosse nel privato comunicare i risultati di mercato una forma di pubblicità, è proprio un problema di comunicazione istituzionale pubblica. In questo quadro quindi, un’idea di bilancio etico-sociale non come rendiconto ma come processo di coinvolgimento e di necessità di valorizzare e utilizzare gli strumenti di programmazione e controllo che già abbiamo, proprio perché anche validati dal 6 Consiglio, si andrà a dipanare tutto l’intervento del Professor Mazzoleni, a cui passo la parola per non rubare ulteriore tempo e ringrazio già anticipatamente.” Professor Mazzoleni: “ Ringrazio il Presidente Caputo, ringrazio voi per essere qua, non frequento molto le sale di Consigli Comunali e Provinciali, le ho frequentate per un certo periodo quando cercavo di iniziare a parlare di gestione aziendale, secondo logica aziendale, di questi enti. Devo dire onestamente, prima di entrare nelle premesse, che mi aspettavo un clima leggermente diverso, visto che dobbiamo parlare di argomenti di altra natura, spero di riuscire a convincervi a tenere fuori dalla porta i problemi della Serravalle per almeno un’ora e mezza e riuscire ad attrarvi su alcune considerazioni che sono trasversali, quindi che vanno al di là e oltre le considerazioni importanti che sicuramente stanno alla base della discussione cui ho assistito. Innanzitutto mi presento. Io sono docente di economia aziendale e sono direttore del M.B.A. (Master Business Administration) della Bocconi. Poi, seguendo quella che era l’indicazione dei vecchi maestri dell’economia aziendale che dicevano che una persona per poter insegnare doveva sapersi sporcare le mani, quindi dividere a metà il suo tempo tra l’insegnare, fare ricerca e lavorare, mi occupo di gestione di imprese private prevalentemente, siedo in vari consigli di amministrazione tra Banche e Istituzioni finanziarie e, anche perché no, alcune di derivazione istituzionale pubblica, in particolare qui in Lombardia Finlombarda, che certamente conoscerete. In sostanza, credo di avere una discreta conoscenza del funzionamento delle aziende, sono qua in questa veste. Sono qua nella veste di chi si occupa di management d’impresa, con un taglio attento alle problematiche di cosiddetta responsabilità sociale. L’idea che ha animato e mi ha fatto venire qua, era questa: tutte le imprese, private o pubbliche, da sempre hanno l’obbligo di gestire risorse e l’obbligo di gestire risorse dovrebbe essere orientato ad alcuni obiettivi. Innanzitutto alla soddisfazione dei bisogni di coloro i quali o verso i quali l’attività è svolta. Intendo dire che nella ratio, nella logica, nella filosofia del funzionamento delle imprese, spesso si è caduti nel tranello di dimenticare i motivi per cui le imprese sono state costituite. A maggior ragione si può dire in campo di imprese pubbliche perché i fini per i quali le imprese pubbliche sono nate sono esattamente questi: essere al servizio di. Allora, che siano clienti, utenti, soci, lavoratori, c’è sempre questa finalità, questo indirizzo di fondo, che a me piace dire essere innanzitutto un indirizzo di fondo orientato a soddisfare bisogni di persone o di categorie di persone. Pubblico o privato, da questo punto di vista, non significa alcuna differenziazione. Solo l’oggetto, se volete, può essere diverso, nel senso che nel pubblico l’oggetto è la collettività e quindi il mandato che avete ricevuto è un mandato esplicito per soddisfare i bisogni della collettività. E’ chiaro che per fare questo si deve porre attenzione a due elementi. Da un punto di vista iniziale bisogna porre attenzione all’uso delle risorse, e questo è un elemento sul quale credo che ognuno di voi abbia ben chiaro il senso di responsabilità che questo voglia dire. Secondo aspetto, bisogna fare in modo che questo uso delle risorse ed questa finalizzazione della risorse venga reso palese e quindi sia percepito e riconosciuto nell’effetto che questo uso delle risorse ha determinato anche da parte della collettività che voi siete qua a rappresentare. Un altro aspetto importante, sul quale ho costruito l’incontro di oggi è il seguente. La responsabilità sociale d’impresa non è esclusiva delle imprese pubbliche. In sostanza, il tema della responsabilità sociale è un tema che ha avuto ultimamente una sorta di revenging, soltanto fino ad un paio di anni fa, nel pieno del boom della cosiddetta “net economy”, della borsa che dava soddisfazione a piene mani, si faceva fatica a riflettere intorno ai temi di responsabilità sociale, perché quello che sembrava trainare le imprese 7 era esclusivamente l’ultima riga del conto economico, anzi era abbastanza esplicito il fatto che vi fosse quasi una dominanza di una cultura aziendale orientata all’ultima riga del conto economico. Il pendolo, anche un po’ sollecitato dalla spinta degli insuccessi e dalla capacità di questa logica di bruciare risorse, ha riportato in auge quello che da decine di anni si sta raccontando intorno a questo aspetto. In sostanza, è sempre più chiaro e sempre più evidente che per qualsiasi impresa, sia questa pubblica, sia questa privata, sia orientata a gestire servizi, sia orientata a produrre qualsiasi genere di bene, l’elemento etico sociale si associa all’elemento economico e diventa una degli elementi intorno ai quali l’impresa può essere, deve essere valutata. Diciamo che negli ultimi anni, negli ultimi mesi soprattutto, questo ultimo aspetto è stato ulteriormente enfatizzato ed è stato richiamato anche esplicitamente da tutta una serie di interventi pubblici che, badate bene, non hanno un riferimento univoco dal punto di vista ideologico. Se voi andate a leggere documenti ed esortazioni, questi arrivano dalle più disparate fonti. Sono fonti che hanno certamente dei richiami molto forti a dei valori, ma sono anche fonti che hanno dei richiami molto forti ad una pragmaticità quasi elementare che è quella che dice: le imprese devono essere capaci di durare nel tempo e devono essere capaci di preservare le risorse e di sviluppare opportunità affinché queste risorse generino soddisfazione di bisogni svariati. Quindi si è sviluppato il concetto di responsabilità sociale d’impresa. A me interessava sottolineare, in questa prima battuta, come questa sia una sorta di restituzione all’impresa di un suo valore, di una sua identità, di una sua finalizzazione, quindi di un recupero di una funzione che l’impresa aveva, avrebbe e continuerà ad avere. Il fatto però che si parli in questi termini in modo così esplicito, di responsabilità sociale d’impresa e che questo sia diventato un elemento importante di riflessione, non deve farci credere che questo sia un argomento di oggi. Spesso nel nostro Paese affrontiamo i temi importanti, a me veniva in mente ascoltando il dibattito di prima, un dibattito che ho letto sui libri, quasi libri di storia, un dibattito che si è svolto 40 e passa anni fa in Parlamento, là dove si parlava di privatizzazioni, liberalizzazioni, ecc., sempre con questa logica dei ritorni di importanza dei concetti. Il tema della responsabilità sociale d’impresa nel nostro Paese, assolutamente in Italia, è un tema che è stato sviluppato e direi quasi in anticipo nei tempi, addirittura negli anni 50, cioè in Italia si parlava di responsabilità sociale d’impresa nelle facoltà di economia già molto prima che di questi temi se ne occupassero negli anni 70 le grandi facoltà americane. E’ un primato che mi piace sottolineare perché fa parte del nostro modo di pensare l’impresa, che è un modo del tutto particolare, che ruota intorno a questa volontà di vedere nell’impresa uno strumento capace di orientare verso soddisfazioni di bisogni nel lungo periodo e non soltanto verso la soddisfazione di un unico bisogno legato all’ultima riga del conto economico. Quindi è importante richiamare questo tema non come tema di moda, perché se facessimo così, il rischio sarebbe classico nel nostro Paese, di lasciare passare una moda e innamorarsi di un’altra moda. Anche qua, per chi di voi ha un po’ di esperienza in campo aziendale e anche che ha esperienza in questo ambiente, ricorda che ci sono state tutta una serie di interventi, di spinte ad utilizzare strumenti di moda. Ve ne cito uno, la total quality management. Per anni c’è stata la grande ubriacatura dell’indirizzo ad utilizzare innovazioni gestionali che rispondevano a questo tipo di etichetta, credo che alla fine di tutto ciò sia rimasto poco, se non forse l’arricchimento dei consulenti o dei professori che andavano in giro ad insegnarlo. Quindi è importante che anche dal vostro punto di vista, per la responsabilità che avete in questa sala, proviate a leggere le cose che stiamo cercando di proporvi oggi, non come qualcosa di cui tutti parlano ma come di qualcosa che forse vi compete in quanto persone che hanno ricevuto una delega per governare la cosa pubblica. 8 Vediamo cosa significa sostanzialmente responsabilità sociale d’impresa. Innanzitutto è chiaro che se parliamo d’impresa non dimentichiamo il fatto che l’impresa comunque è un’organizzazione con dei precisi livelli di responsabilità di natura economica, quindi parlare di responsabilità sociale d’impresa vuole dire associare a questi livelli di responsabilità economica che ci sono, e anche qua è importante sottolineare come sempre in Italia, sempre negli anni 50 e in questo caso nell’università dalla quale provengo, cioè la Bocconi, i maestri dell’economia aziendale cercavano di risolvere un problema importante, anzi determinante che per quasi 100 anni aveva generato conflitti, ossia la responsabilità dell’impresa nei confronti del capitale e nei confronti del lavoro, cercando di trovare degli equilibri, cercando di trovare quella che noi chiamiamo la compenetrazione degli interessi, ossia soluzioni gestionali che fossero in grado di garantire al capitale la soddisfazione dei propri interessi e nel contempo di garantire in modo equilibrato gi interessi del lavoro. Quando si parla di responsabilità sociale d’impresa, si associa alla responsabilità economica qualcosa di diverso: la risposta e la coerente attività secondo principi etici, il rispetto di norme, la dignità delle persone, il benessere della comunità, la qualità dell’ambiente. Sono tutti temi intorno ai quali si sviluppa la riflessione di un’impresa che sia davvero in grado di svolgere un ruolo di protagonismo nello sviluppo dell’economia e della società. In sostanza, si tratta di dare all’impresa un ruolo ancora più rilevante di quello del semplice strumento di sviluppo economico. Badate bene: partendo dalla responsabilità economica. Responsabilità economica vuole dire capacità di fare in modo che le risorse economiche non vengano ad essere sprecate, in un’ottica di efficienza che dovrebbe comunque garantire lo sviluppo delle imprese. Devo anche dire che nello sviluppo di queste tematiche, appunto negli ultimi 50 anni, sempre con riferimento alla capacità di indirizzare del nostro Paese, abbiamo potuto registrare tutta una serie di elementi, tutta una serie di supporti pratici, non teorici, che dimostrano che laddove l’impresa, coerentemente con le attese di natura etico sociale del momento in cui l’impresa opera, riesce a perseguire e gli stimoli economici e gli stimoli di natura etico sociale, l’impresa è in grado di raggiungere più facilmente le proprie finalità economiche e lo riesce a fare con minori tensioni nei confronti dell’ambiente, con minori tensioni nei confronti del lavoro, con maggiore soddisfazione nei confronti del capitale. Questa è una cosa che credo sia stata piuttosto sottostimata, perché meno eclatante di tanti altri aspetti di conflittualità che spesso richiamano l’attenzione degli storici. In sostanza, l’orientamento verso obiettivi di razionalizzazione dei comportamenti dell’impresa, che vadano oltre il singolo aspetto economico, significa che l’impresa si domanda concretamente fino a che punto può svolgere un ruolo che travalichi il ruolo di natura economica e qual è concretamente il livello di responsabilità complessiva a cui l’impresa deve rispondere. Vi do un altro elemento quadro di premessa, diciamo che parlare d’impresa significa spesso e volentieri confrontarsi tra chi crede che l’impresa debba essere lo strumento giudicato attraverso la generazione di profitti e la distribuzione dei profitti e chi dice che l’impresa deve essere giudicata attraverso la lettura della capacità di consolidare il patrimonio e nel contempo di remunerare capitale e lavoro. Sono due teorie diverse. Chi si orienta verso la logica del profitto tout court, tende a dimenticare la responsabilità d’impresa, perché la massimazione del profitto come obiettivo tout court, significa dare una visione di breve periodo all’impresa. Il profitto, come opportunità per consolidare l’impresa, remunerando capitale e lavoro, significa orientare l’impresa a durare nel tempo. Badate che è una differenza sostanziale che alla fine premia e se guardate oggi le prime pagine dei giornali economici, vedete l’esempio esplicito di un altro caso, in questo 9 caso europeo, di forzatura da parte di management e forse anche amministratori, di un’azienda molto ricca, molto conosciuta, forzatura dei comportamenti di questa impresa per far emergere risultati economici di breve periodo che sono andati ad affossare il valore dell’impresa, il capitale in questa impresa investito e concretamente le opportunità di lavoro e di soddisfazione di bisogni dei clienti e dei lavoratori. Insomma, se parliamo di responsabilità sociale dell’impresa, parliamo di qualcosa che è importante, anche se volete dal punto valoriale, è un’affermazione forte, significativa e ancora una volta mi fa piacere dirvi che di queste cose la cultura aziendalista italiana si è fatta portatrice nel mondo. Ancora, parlare di responsabilità sociale dell’impresa significa concretamente chiedere all’impresa di porsi altre responsabilità. Qui c’è un termine, anche questo diventato di moda, e quindi pericolosissimo, quando si parla di politiche per il lavoro e per il cosiddetto sviluppo sostenibile. Personalmente, come avrete capito, sono sempre molto preoccupato quando vedo in campo aziendale affiorare una moda, la moda mi preoccupa perché tende ad essere poco concreta, poco consolidata, quindi un po’ effimera. Se si parla di sviluppo sostenibile, in pratica noi ci confrontiamo con un’idea valoriale, cioè il fatto che l’impresa nel crescere deve porre attenzione a qualcos’altro, però in realtà non risolviamo quello che quelle due parole definiscono: cosa si intende per sviluppo e cosa si intende per sostenibile. Guardate che soltanto questo aspetto basterebbe per mettere in crisi voi, le vostre coscienze, le nostre coscienze e probabilmente il Consiglio Provinciale molto più pesantemente della discussione che andrete facendo il prossimo venerdì. Concretamente, nel momento in cui voi vi ponete l’obiettivo di governare risorse pubbliche secondo una logica di sviluppo sostenibile, o risolvete il significato di questi due termini oppure potreste dire tutto e il contrario di tutto. Ma il fatto di avere questo tipo di obiettivo significa quantomeno sollecitare chi governa le risorse, private o pubbliche, a dare un senso alla propria attività di governo e di indirizzo e a cercare di esplicitare concretamente non solo il percorso che si vuole seguire ma tutta una serie di obiettivi che si vogliono raggiungere contemporaneamente, che vanno al di là di quelli di natura economica. Parlare di sviluppo, quindi di responsabilità economica e sociale, significa rafforzare concretamente quello che è il legame tra la società e l’economia e esplicitare concretamente, ancora una volta, il legame forte che tra ciò che l’economia determina nel suo operare e ciò che socialmente è determinato dall’operare dell’economia. Spesso si fa l’errore di pensare che l’economia possa essere letta e interpretata in modo avulso che l’effetto che l’economia ha sulla società. Spesso si ritiene di poter prendere una decisione in campo economico in modo razionale tout court. In realtà la storia ci dimostra che il massimo della razionalità economica che noi possiamo utilizzare ci impone di avere sempre attenzione agli effetti e alle ricadute che queste decisioni, pur razionali, possono determinare in un ambiente più vasto. Quello che volevo sottolineare in questa prima fase di questa riflessione è che senso ha oggi parlare di questo argomento. Certo, io credo che non sfugga a nessuno di voi che stiamo parlando di un argomento che ha un grande riferimento di natura etica, però credo che allo stesso modo a nessuno di voi sfugga come in realtà si vada oltre il concetto di etica, perché non stiamo parlando soltanto di un modo d’essere, di una logica illuminista, ma stiamo parlando concretamente di responsabilità. Stiamo parlando di responsabilità di chi governa, di chi deve indirizzare l’uso di risorse e di chi risponde della responsabilità che ha nel governare e nell’utilizzare le risorse. Anche qua, io sono molto preoccupato, come credo abbiate capito sono una persona che crede nell’economia, sono 27 anni che mi occupo di economia, di management, credo nell’impresa, credo nei valori dell’economia dell’impresa, credo nella responsabilità dell’impresa, però sono anche 10 molto preoccupato quando si affrontano temi come questo perché pochissimi anni fa, un paio di anni fa quando sentivo qualche finanziatore d’assalto, e guardate li trovate da tutte le parti, l’essere uomini della finanza d’assalto non ha etichetta di natura politica, credetemi, sentire fare affermazioni forti, quasi estreme sul valore del denaro e sul valore della finanza nello sviluppo dell’impresa, inorridivo perché l’impresa innanzitutto è l’intraprendere, è il fare, il produrre, è generare soddisfazione attraverso qualcosa di concreto o concretizzabile. Passata la buriana, oggi mi capita di sentire troppo spesso un riferimento al ruolo dell’impresa tutto schiacciato sul sociale, che dimentica il valore economico e la responsabilità economica dell’impresa. Anche qua, guardate, si va sul sociale indipendentemente dalla vicinanza ad un certo tipo o un altro tipo di logica politica valoriale. Il pericolo è proprio quello di rimanere sempre schiacciati, o da una parte o dall’altra. Quello di cui abbiamo bisogno, e abbiamo bisogno come cittadini, come clienti, come persone che investono capitale e come lavoratori, è trovare un equilibrio. Un equilibrio che si sostanzia in modo diverso, a seconda se stiamo parlando di un’azienda come questa, un’azienda che governa le risorse pubbliche, sostiene l’attività economica attraverso la propria capacità di regolamentare o se parliamo di un’azienda che produce pneumatici o servizi. In sostanza, quello che volevo cercare di sottolineare, prima di entrare a parlare del bilancio di mandato con voi è che la volontà, l’indirizzo, la spinta a coniugare gli aspetti sociali con quelli economici non solo è qualche cosa di valoriale, ed è importante anche che ci sia qualcosa di valoriale nell’attività che noi svolgiamo, ma è anche e soprattutto un modo attraverso il quale si sostiene l’attività della nostra azienda, sia questa l’azienda provinciale di Milano, sia questa un’azienda che produce pneumatici opposizione eroga servizi. E questo è l’elemento importante, cioè il porre l’attenzione a questi aspetti, significa concretamente dare un’altra chance, un’altra opportunità, un altro abito alla nostra attività, al nostro ruolo, alle nostre responsabilità. Vediamo quindi, entriamo nel merito e parliamo di pubblica amministrazione. Se vale questo richiamo alla responsabilità sociale dell’impresa per le imprese non pubbliche, che quindi utilizzano capitali privati, immaginatevi quanto vale questo richiamo per le imprese che usano risorse pubbliche e che da una parte nascono e si consolidano perché hanno delle finalità di natura pubblica e scusate, questa volta vi parlo da persona che regolarmente a maggio pensa male del nostro sistema fiscale, dovendo portare il proprio 740, anche un’azienda che vive e si sviluppa attraverso il ricorso delle risorse che la collettività versa, secondo le logiche della tassazione. In sostanza, se vale per l’impresa pubblica, a maggior ragione vale per chi, per finalità o per uso di risorse, è nel pubblico. Nella slide trovate un richiamo anche giuridico, di indirizzo della Commissione Europea. I richiami sono belli, i richiami sono importanti, fanno parte di un’etica morale, di comportamento, però al di là di questo, mi interessava sottolineare due aspetti: l’impresa deve essere in grado di dialogare, riflettere anche su tematiche di natura sociale ed ambientale; le amministrazione pubbliche devono integrare i principi della responsabilità sociale delle imprese nel proprio sistema di gestione e praticarli nei confronti delle proprie parti interessate. Permettetemi una piccola riflessione storica. 20 anni fa, anzi per essere preciso, 23 anni fa, sono andato con il professore di cui allora ero assistente, a parlare in Consiglio Provinciale di un’altra città, Piacenza. Onestamente non ricordo la maggioranza che governava allora quella città, però ricordo che si fece una grande fatica, e c’era anche allora questa volontà di coinvolgere i responsabili d’indirizzo dell’attività della Provincia, cioè i Consiglieri Provinciali, in una riflessione che portasse i Consiglieri Provinciali a 11 responsabilizzarsi sull’uso economico e sociale delle risorse. Ricordo la difficoltà che trovammo nel superare una resistenza culturale del Consiglio Provinciale di allora, di chi diceva: no, cari bocconiani, non si parla di azienda in questa sede, si parla di sociale, qua si parla di attività regolamentata dalle norme, si parla di responsabilità nell’uso adeguato delle risorse, però l’economia, l’azienda, tenetele nelle vostre imprese. Nel senso che, da persona che crede nell’amministrazione pubblica, indipendentemente dagli spazi che nel momento storico si vogliono dare all’amministrazione pubblica, è una questione di natura valoriale, che va bene e deve essere governata seconda dei modelli che non compete a me discutere, io credo che sia fondamentale che ognuno di voi si senta responsabile, al di là di quello che è il mandato ricevuto, nel sedersi in questa sala, anche di fronte a questi richiami, anche di fronte a questo momento di natura molto ideale, come spesso fa la Comunità Europea nel dare indicazioni, anche in questo caso, che possono sembrare illuministe, nel dare concreta attuazione ad un modo di pensare, di governare la risorsa pubblica, che sia un po’ più alto, un po’ più pregnante. Lo schema che vedete richiama, per blocchi, alcuni strumenti che sono a disposizione della pubblica amministrazione o in generale anche delle imprese. Guardate, un po’ di moda lo è parlare di bilancio sociale, oggi il Presidente Caputo parlava di alcune esperienze in campo privato e pubblico, quello che importa a me è sottolineare le esperienze vere, quelle dove c’è davvero impegno, davvero un modo diverso di interpretare il ruolo dell’impresa, e ce ne sono anche di consolidare. La cosa assolutamente gratificante, sulla quale se vorrete potremo tornare e vi darò alla fine, se avete interesse ad approfondire la tematica, il modo per contattarmi, la cosa assolutamente gratificante è scoprire che le imprese che da più tempo si orientano a questo tipo di finalità sono imprese che riescono ad ottenere risultati economici importanti. Questo vale ormai quasi a livello storico, ormai è un consolidato. Dicevo, gli strumenti sono vari, li possiamo vedere a gruppi di due. Programmi di sostenibilità ambientale e investimenti socialmente responsabili sono degli strumenti in grado di aiutare a interpretare il proprio agire, l’agire dell’impresa attraverso dei filtri. In sostanza, dotarsi di questi strumenti vuole dire: ci diamo dei filtri attraverso i quali sosteniamo, indirizziamo, sviluppiamo la nostra attività. I codici etici e la formazione etica sono invece strumenti attraverso i quali si parla di cultura. Qui permettetemi di fare una piccola pausa. Io dirigo da 11 anni credo il programma italiano di formazione più conosciuto al mondo, il M.B.A. Ho persone trentenni, cioè hanno laurea e almeno 4 anni di esperienza, che arrivano da 34 nazioni al mondo e per 15 – 16 mesi sono in cattività da me, cioè vengono trattati perché possano sviluppare e concretizzare delle competenze manageriali. Le cose che vi sto dicendo, ovviamente, sono le stesse cose che dico a loro, nel senso che quando dico a voi che la responsabilità d’impresa è quella, è la stessa cosa che insegno a loro, gente che arriva da 34 nazioni nel mondo, con un modello che viene chiamato modello italiano manageriale, quindi che dà anche un certo valore al nostro essere diversi. Una cosa che ho imparato a proposito di questi due strumenti, codici etici e formazione etica, è che è assolutamente marginale l’effetto che si determina nell’insegnare o nel dare dei prontuari sui comportamenti etici. Insegnare etica è quasi inutile. Quasi, lasciamo un minimo margine alla possibilità di incidere nella cultura. L’etica si fa, l’etica si dimostra, l’etica si realizza nei comportamenti. Il fatto di darsi codici etici è importante, a condizione che qualcuno sia disposto a misurarsi con gli stessi. E’ un po’ come dire: darsi delle leggi è importante se qualcuno le fa rispettare e se qualcuno culturalmente richiama il valore etico della legge. Aspetto sul quale nel nostro Paese stiamo un po’ perdendo i colpi, basta andare in giro in macchina per rendersene conto. 12 Dicevo, codici etici e formazione etica rappresentano dei richiami, delle forzature se volete ma che hanno un loro senso. Mentre invece gli ultimi due, bilancio sociale e certificazione etica, rappresentano modi attraverso i quali formalmente, ufficialmente, nero su bianco, si danno elementi di giudizio sui comportamenti delle imprese. In sostanza, sono strumenti che tengono ad oggettivare, tendono a fissare. Vi parlo della mia esperienza accademica, finché dico a uno studente “guarda che non sei preparato”, ma se gli do 13 e se magari glielo scrivo sul libretto, cosa che si potrebbe fare ma non si fa perché rischieremmo di essere linciati dagli studenti, ma se comunque lo boccio, il messaggio arriva. La sostanza è un bilancio, una certificazione, fissa, chiarisce, mette nero su bianco, esplicita e quindi obbliga alla trasparenza, obbliga a dichiararsi e a specchiarsi. Da una parte obbliga a esplicitare ciò che si vuole fare su questo fronte, quindi responsabilità che non è soltanto economica ma è anche sociale, ma soprattutto mette nelle condizioni di dimostrare ciò che si è fatto. Immaginate in questo momento di essere dalla mia parte o dalla parte del pubblico. Nel momento in cui noi cittadini, voi cittadini, indipendentemente dal richiamo valoriale, che è giusto sia rappresentato anche attraverso meccanismi di affiliazione di natura politica e partitica, ma nel momento in cui valutiamo concretamente l’operare di chi ci amministra e vogliamo esprimere giudizi, ci manca molto spesso la possibilità di capire cosa si fa e cosa si è fatto, quali sono gli obiettivi e quali sono i risultati. Luca Bisio prima diceva: “Non dimentichiamo ciò che abbiamo”. Vi racconto un aneddoto: io per anni mi sono occupato di pubblica amministrazione, poi un po’ perché attratto da altre cose l’ho messa un po’ ai margini. Quando volevo lavorare sul bilancio del Comune di Milano e magari con qualche giovane assistente o qualche studente in tesi, volevo entrare nel merito del bilancio, aspettavo pressappoco questo periodo, mese più, mese meno, erano più lenti in quegli anni ad approvare i bilanci, perché bastava andare in Consiglio Comunale a Milano e badate, le Amministrazione cambiavano, non erano sempre le stesse, andare seduti in fondo il giorno in cui si approvava il bilancio consuntivo e alla fine di questa operazione, che durava normalmente pochissimo, perché era uno strumento considerato inutile, perché ormai chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, allungarsi un attimo e chiedere a un qualsiasi Consigliere Comunale: “Le serve il malloppo? No, prendi pure. Vi garantisco, regolarmente ci portavamo a casa i bilanci da studiare. Perché vi dico questo? Perché voi li avete già alcuni di questi strumenti. Ad esempio, avete gli strumenti di programmazione, avete le relazioni che sostengono gli indirizzi e sostengono i risultati. Io credo che quanto stiamo discutendo oggi abbia senso solo ed esclusivamente se siamo e saremo disposti a non buttare ciò che avete, a valorizzare ciò che avete e a investire su uno strumento che è nuovo e che quindi ha delle potenzialità concrete di governo, di aiuto nei confronti di questa Amministrazione, che genereranno con il tempo opportunità, che dovrà crescere. Qualcosa l’avete già ed è importante, su questo faccio mia l’esortazione di Luca Bisio, avete già qualche cosa in mano sul quale tra l’altro avete già investito tanto, in modo molto positivo anche nei confronti del Consiglio e credo che questa sia una cosa di cui potete andare fieri. Quali sono i principi? Responsabilità e partecipazione. Il fatto di attivare un ente pubblico a redigere strumenti che rendano conto determina immediatamente in chi li redige, questi due effetti: primo, vi rende responsabili di ciò che avete fatto in modo palese, esplicito, carta canta, ed una cosa importante perché vi dà valore, vi dà concretamente un ruolo, che spesso viene un pochino schiacciato da questa organizzazione e quindi vi mette, nei confronti di chi vi ha eletto o anche di chi non vi ha eletto, in mostra, vi presenta, vi responsabilizza. 13 Secondo, partecipazione. Io appartengo ad una generazione che ha fatto della partecipazione un credo. Ricordo da studente, bocconiano ovviamente, quante litigate con i miei docenti perché non capivamo, perché avevamo bisogno di essere coinvolti, ma non per mettere in discussione. Anzi, una cosa che ho imparato è che la prima cosa da fare, se vuoi contestare, è sapere. Tant’è che poi mi hanno tenuto, però c’erano alcune cose che non capivamo, volevamo capire. Poi c’è stata l’ubriacatura eccessiva, quindi sono stati messi un po’ troppo in discussione certi principi, certi valori, certe capacità. Adesso siamo nella condizione in cui la gente, scusate se lo dico e se lo dico in un santuario della rappresentanza politica, non si sente attratta da quello che fate voi, si sente lontana, ed è grave, ve lo dice uno che ha la fortuna di avere i giovani di fronte. I giovani, i ragazzi, hanno una voglia di essere protagonisti, anche in campo sociale, impressionante ma non trovano sfogo. E’ inutile dirlo, le vecchie organizzazioni che fossero l’oratorio o le organizzazioni partitiche non sono più in grado, non hanno più la capacità. Le nuove modalità di aggregazione sono di altra natura e soprattutto cercano di fare altro, e hanno degli strumenti valoriali che non sono molto attrattivi se non per certi sabati sera in discoteca, ecc. La partecipazione invece è una responsabilità che vi portate e che potete sviluppare, rendere conto significa anche mettere in condizione il cittadino di capire, di conoscere, di interpretare, di dire la sua e, perché no, anche di aiutarvi. L’essere aiutati come sensori dei bisogni, è fondamentale per chi governa le risorse e vi garantisco, indipendentemente da come siete seduti in questa sala oggi e da che tipo di organizzazione riconoscete come organizzazione che vi ha nominato. E’ indipendente, assolutamente, questo vale comunque, da una parte, dall’altra o in mezzo. Coerenza e inclusione. Anche qua, esplicitare significa tentare di dare logica, coerenza al comportamento. Guardate che anche da questo punto di vista le imprese hanno imparato che interrogarsi sulla responsabilità economica e sociale significa razionalizzare, significa abbandonare la logica del carpe diem e orientarsi, avere un indirizzo, una strategia non soltanto legata a valutazioni di natura economica, che spesso sono di breve respiro, ma a sostegno. Inclusione è l’aspetto che dicevo prima, quanto meno voi avete “n” attori che intorno a voi operano. Ci siamo noi, i cittadini, ci sono i dipendenti di questa Amministrazione, ci sono gli imprenditori, ci sono i lavoratori, ci sono coloro i quali hanno necessità di regolamentazione pubblica, di un intervento economico pubblico, hanno necessità di un sostegno pubblico. Tutte queste persone, spesso e volentieri sono lontane da voi, dal vostro linguaggio, dalle vostre decisioni, dalla vostra prassi. E’ sbagliato, non voglio tornare alla filosofia, però fino a quando non ci renderemo conto che il ruolo del governo esclude chi ha governato, fino a quando non ci renderemo conto di questo, faremo fatica a legittimare le nostre decisioni, perché saranno sempre distanti, saranno sempre percepite attraverso un filtro che non è il filtro oggettivo della politica, della socialità, ecc. Neutralità e multi prospettiva. Parlare di neutralità in questa sala significa anche richiamare concretamente il mandato che avete ricevuto, nel senso che spesso noi ci troviamo a leggere e probabilmente ad interpretare come un mandato parziale, di parte. In realtà non è così. In realtà il vostro mandato è assoluto, è un mandato che vi chiede di governare le risorse, secondo degli indirizzi, secondo dei principi, dei valori. Quindi vi chiede di avere attenzione per tutti i portatori di interesse, tutti coloro i quali convergono nel manifestare i loro interessi verso la Provincia, quelli che ovviamente convergono verso la Provincia perché istituzionalmente è loro attribuita la possibilità di convergere verso la Provincia. Questo vuole dire tante cose, le vedete citate, però vuole dire anche richiamare un valore strategico, un valore forte, alto dell’ente pubblico, che siano partner locali, che siano soci 14 o possibili soci, che siano anche agricoltori piuttosto che cittadini che frequentano con assiduità le vostre strade principali. Utilità Diciamo che c’è una cosa sulla quale spesso la pubblica amministrazione zoppica, ed è il collegamento tra ciò che si è fatto e l’effetto che questo ciò che si è fatto determina sui bisogni. Quello che manca, spesso, è la lettura della ricaduta di ciò che si fa, quanto abbiamo soddisfatto, quanto abbiamo modificato, quanto siamo stati utili, efficaci. Questo vuole dire anche introdurre un altro meccanismo, che è quello che in altre occasioni vi ha richiamato il Professor Bisio, un meccanismo che si chiama, in termini tecnici, di retroazione. Voi programmate, indirizzate, allocate, fate, leggete, valutate e decidete se proseguire o meno su quella strada. Una delle cose che le imprese hanno imparato a fare è valorizzare questo principio di retroazione, cioè il feedback, l’effetto generato e su questa base riorientarsi, reindirizzarsi. Significatività e opportunità Intende dire, per esempio, che l’organizzazione apprenda da se stessa, fare in modo che l’operare generi informazione, conoscenza e, perché no, una cosa che le imprese hanno imparato a fare, che dagli errori nascono opportunità. Lo so che è difficile se si interpretano gli errori in campo politico, ma se voi vi limitate a interpretare gli errori significa accettare il fatto che un errore non possa essere giudicato esclusivamente attraverso il filtro politico, perché è limitante per voi, per il vostro ruolo, ci sta. Ma se l’errore diventa esclusivamente qualcosa attraverso il quale si genera effetto politico, la vostra responsabilità nell’uso delle risorse viene deprezzata, perché non è esclusivamente quello cui siete chiamati a far fronte. Un altro aspetto importante, anche questo era nelle parole di Bisio, la responsabilità e l’opportunità ha senso a condizione che queste attività durino nel tempo. Anche qua permettetemi di fare qualche riferimento alle imprese che lo fanno da tempo. Le imprese che hanno lentamente imparato a confrontarsi con la responsabilità economica e sociale, e che nel tempo hanno consolidato questo confronto, hanno generato cultura. Io cito sempre un imprenditore di una delle zone a più alta presenza di evasione fiscale d’Italia, non è la Provincia di Milano quindi possiamo dirlo. Un imprenditore che ha visto crescere intorno a sé tantissimi imprenditori, sostenuti anche dalla capacità loro di svicolare al richiamo della normativa e alla capacità della nostra normativa fiscale di non beccarli. Questo imprenditore si è convinto, a un certo punto, lo dico senza offesa per nessuno, che il nero non paga, si è convinto sulla base di queste spinte, che si poteva migliorare l’efficienza partendo da una forte capacità di non evadere e di rispetto delle norme. Questo imprenditore, negli anni, ha visto i propri concorrenti che invece ritenevano di poter essere sostenuti dal nero, cadere uno dopo l’altro, perché il nero non aiuta a riflettere, non aiuta a cercare i propri errori, copre, determina delle incoerenze di mercato, determina tutta una serie di problemi, che ovviamente sono rilevanti, soprattutto in un sistema come il nostro che a volte è anche penalizzante. Oggi quell’imprenditore è leader mondiale e sostiene in modo quasi esasperato questa sua capacità. Verificabilità e attendibilità dell’informazione. E qui ragazzi miei, scusate, ci sta tanto una riflessione pesante in un Consiglio Provinciale. Io non so quanto voi siate consapevoli della difficoltà che noi cittadini abbiamo di leggere quello che fate, di interpretare quello che fate. C’è una distanza abissale tra il vostro linguaggio e il nostro, o meglio tra il vostro linguaggio qui dentro e il vostro linguaggio fuori. Abbiamo bisogno di spiegare, abbiamo bisogno di farci capire e abbiamo anche bisogno di dimostrare, e forse ci avvicineremmo di più al ruolo che esercitate. 15 Vuole dire, per esempio, avere dei principi di rilevazione, di informazione, di comunicazione, di relazione. Insomma ve li cito, così ve li potete memorizzare. Abbiamo parlato di responsabilità, di partecipazione, di neutralità, di multiprospettiva, di utilità, di significatività, di opportunità per migliorare, di veridicità, di attendibilità e di sistematicità. Stiamo parlando di un’opportunità. Vedete, quando uno strumento, in un colpo solo, associato ad altri strumenti, con il tempo, imparando ad usarlo, imparando a crederci, imparando a farci credere, offre tutte queste opportunità, io credo che l’esperienza di chi questi strumenti li ha imparati ad utilizzare, dimostra che sia uno strumento importante, quindi non da associare ad una moda, perché è uno strumento che ha sostanza. Quali sono gli obiettivi? Innanzi tutto offrire a tutti coloro i quali hanno interesse al vostro operare, informazioni, un quadro completo, chiaro, esplicito, di ciò che fate, a tutto tondo, richiamando un concetto di comunicazione che forse si è un po’ perso negli ultimi anni. Un’altra piccola parentesi: la comunicazione è efficace quando è a due vie, ossia quando voi comunicate e chi riceve la comunicazione riesce a capire e quando nel comunicare siete disposti ad ascoltare, quindi ad avere degli strumenti di ascolto in grado di capire concretamente cosa vi si chiede. Io credo che orientare l’agire di un’amministrazione pubblica alla comunicazione sia una grande sfida, e sia una sfida gratificante per voi innanzi tutto, per chi lo fa, per chi può uscire da una costrizione che è difficile da sostenere. Mi rendo conto ogni tanto leggendo i resoconti dei vostri lavori e della difficoltà che uno ha nell’amministrare, nel tenere viva una voglia di amministrare. Vuole dire anche fornire informazioni utili sulla qualità dell’attività svolta, ampliando anche sul fronte etico sociale la conoscenza, l’esperienza, l’effetto del vostro operare. Badate bene, noi come cittadini, abbiamo bisogno di capire, abbiamo bisogno di conoscere, abbiamo bisogno di poter interpretare ciò che fate e abbiamo concretamente bisogno di ricevere rassicurazione su quello che fate, ora credo più che mai. Permettetemi ancora una volta di fare riferimento al ruolo del professore, tutte le volte in cui io sono riuscito a far capire ai miei studenti che cosa succede in queste aule, pulendo la comunicazione dalle difficoltà che avete di comunicare, tutte quelle volte sono riuscito a far capire concretamente il valore di queste sale, quindi a recuperare un po’ di immagine del vostro ruolo. Quali sono gli strumenti? Li abbiamo citati, nelle imprese gli strumenti si chiamano bilancio sociale o, attenzione, questo è un modo attraverso il quale, chiamando diversamente la stessa cosa, si fa un po’ di confusione, nel terzo settore si chiama bilancio di missione, da noi si chiama bilancio di mandato. Potremmo chiamarlo Giuseppe, avrebbe lo stesso significato, la genesi, il DNA è sempre lo stesso, risale alla stessa volontà di responsabilità ampia, di responsabilità che travalica quello economico per consolidare il ruolo dell’impresa. Cos’è concretamente il bilancio sociale? E’ un bilancio, quindi è un documento. E’ un documento quanti qualitativo, quindi che fa dei numeri e delle parole, che si affianca ai documenti di rendicontazione che già le imprese hanno. In poche parole, valorizza le informazioni che le imprese hanno e tende a fornire a chi è interessato altre informazioni, altri approfondimenti, altre conoscenze. In sostanza non si sostituisce ma si affianca. Per tornare alle parole di Bisio, nelle imprese il bilancio sociale funziona quando è funzionale la capacità di rendicontazione economico patrimoniale, quando il bilancio è davvero uno strumento in grado di interpretare l’andamento dell’azienda e quando a fianco del bilancio si utilizzano tutta un’altra serie di strumenti in grado di aiutare l’azienda a svolgere il proprio lavoro. E’ un processo. Processo significa che non è un atto fine a se stesso, è una serie di atti collegati tra di loro, attraverso il quale si danno giudizi. E’ un processo attraverso il quale 16 si permette di giudicare, di valutare, di verificare, però è anche un documento. E’ un documento che comunica, un documento che letto dà informazioni e che ovviamente deve essere scritto in modo tale che chi lo legge, cioè il portatore di interesse, possa avere informazioni che lui o lei sa interpretare. Quindi permette di leggere l’organizzazione, permette di leggere i risultati, permette di leggere gli effetti. Questo ha senso a condizione che sia autonomo, che sia periodicamente redatto, quindi che sia qualcosa in cui l’azienda crede, che sia consuntivo, che sia pubblico. Anzi, le aziende che ci credono ne fanno quasi uno strumento d’immagine, giovedì in Borsa Italia si parlerà dell’andamento delle imprese che fanno parte del gruppo ..., quindi quelle piccole e medie imprese che stanno in borsa e che rappresentano il cuore dell’economia italiana, una delle cose sulle quali l’amministratore delegato della Borsa S.p.A. sottolinea si dovrà parlare giovedì è anche la capacità delle imprese di fare questa cosa, quindi di comunicare, di dare un senso, un valore in termini di risultati. Dovrebbe essere redatto da tutte le organizzazioni, cioè dovrebbe essere uno strumento come il bilancio, qualcosa su cui concretamente ci si confronta. Non è soltanto dati, ma da questo punto di vista credo di avere già abbastanza approfondito la riflessione. Perché redigere il bilancio sociale quindi? Innanzi tutto per far capire, ed è la sfida, la vostra sfida. Per far capire, gestire e comunicare i rapporti esistenti fra un’organizzazione e i suoi interlocutori, se chi amministra non fa capire è un problema, per dare di conto, rendicontare in modo efficace come si è agito, l’effetto, la ricaduta dell’agire e soprattutto per chiedersi qual è l’effetto e, perché no, per fare in modo che l’organizzazione possa raccogliere fiducia attorno a sé, sia questa un’impresa, sia questa una organizzazione no profit, sia questa un’amministrazione pubblica. E’ anche un modo attraverso il quale si hanno feedback da coloro i quali sono interessati. Le imprese hanno imparato a ricevere feedback dai bilanci sociali. Culturalmente vuole dire radicalizzare la volontà del miglioramento continuo, cioè credere che l’impresa sia da orientare in modo tale da poter continuamente avere l’umiltà di mettersi in discussione. C’è anche chi lo fa per avere una certificazione etica, ci sta, a me non piace ma va bene anche quella, è come chi introduce la qualità per avere la certificazione di qualità e non perché questa migliora il modo attraverso il quale si opera, però va bene, è una spinta per legittimare nei confronti dell’ambiente di riferimento l’essere azienda e per avvicinare l’impresa alla realtà in cui opera, che sia questa vasta o che sia limitata. Vediamo velocemente quale potrebbe essere il circolo virtuoso del bilancio sociale. Se si pubblica il bilancio sociale, cioè si redige il bilancio sociale e quindi si esplicita, si deve essere nelle condizioni di raccogliere la comunicazione a due vie, bisogna farlo orientati a raccogliere effetti della comunicazione, quindi a raccogliere comunicazione, ad essere sostenuti nel proprio operare dalla comunicazione. Se si è in grado di ascoltare il proprio ambiente di riferimento, si è anche in grado di riorientare il nostro agire. Anche qua, uno dei problemi di chi governa è essere lontano da chi è governato, continuare in modo assoluto, autoreferenziale, a credere che quello che crede chi governa sia effettivamente ciò di cui ha bisogno chi è governato. Questo è un errore che si fa a destra o a sinistra, in Italia o all’estero, è un errore grave della politica, un errore che allontana la politica da chi è governato. Se si ascolta si è in grado di riorientare. Nell’impresa è facilissimo, è il mercato che aiuta, più un’impresa impara ad ascoltare il mercato, più è in grado di soddisfarlo, quindi se sta sbagliando strada a correggere, correggere in senso economico, in senso sociale. Credo che tutti abbiate letto cosa sta succedendo intorno a McDonald’s. McDonald’s per la prima volta chiude, non solo chiude, rallenta il processo di espansione in tutto il mondo, cioè il numero esorbitante di siti che aveva pianificato di aprire è stato ridotto pesantemente. Non solo, in alcuni casi chiude. Fino a quando McDonald’s cresceva, non si poneva il problema della responsabilità sociale, adesso se lo pone, e 17 come, anzi iniziate a vedere McDonald’s come sponsor di tutta una serie di attività. Certo, è evidente che in questo momento è una soluzione da apprendimento da trauma, se dovesse entrare una cultura magari avremo una nuova McDonald’s, avremo un nuovo sistema che, a fianco degli hamburger ci darà un modello culturale di sviluppo. Chissà, mai dire mai. Tutto ciò genera concretamente opportunità, genera sviluppo e per la pubblica Amministrazione è ancora più facile. Possiamo dire che la triade di effetti è la seguente. Partecipazione, voi avete sostanzialmente bisogno di coinvolgerci, a tutti i livelli, avete bisogno di allontanarvi da quella torre nella quale la politica vi sta mettendo, il linguaggio vi sta mettendo, la burocrazia. Avete bisogno di ritornare ad avere relazione con il vostro mandante e noi abbiamo bisogno di capire concretamente, anche perché capendo è più facile rispettare. E voi avete bisogno di rispetto, non solo per il vostro lavoro ma per ciò che fate concretamente, ciò che volete attuare. Avete bisogno di volontà di seguire le vostre indicazioni. Vale a livello provinciale, a livello regionale, a livello nazionale, quando non si capisce è difficile seguire. Serve perché comunica, quindi enfatizza, valorizza, esplode il vostro ruolo. Non potete non comunicare. Non potete essere sconosciuti a chi governate, non potete permettervi che quanto voi fate sia lontano da chi è governato da voi. Guardate bene, questo vale per tutti coloro che siedono in questa sala. Poi serve anche per permettervi di valutare e di gestire, quindi sostanzialmente è uno strumento utile nella pragmaticità del quotidiano, quindi vi dà opportunità di guida, usando un termine inglese, di managerialità, vi dà opportunità di immagini ma vi dà anche sostegno. Quindi è uno strumento di consenso, di fiducia e di legittimazione sociale, e ne abbiamo bisogno. Ne abbiamo bisogno molto anche noi che siamo dall’altra parte, perché se si perde la possibilità di interpretare, si perde anche la possibilità di credere e se si crede poco diventa un problema. Vediamo concretamente come la comunità provinciale può essere coinvolta in una logica di bilancio di mandato. Diciamo che ci sono almeno tre famiglie di stimoli. La prima è quella legata al concetto di sostenibilità ambientale e che, come sapete, credo faccia parte del DNA di questa istituzione, è uno dei ruoli che malgrado le varie riforme delle riforme, lo Stato italiano ha riconosciuto alla Provincia. Ovviamente questo significa anche essere in grado di avere una sensibilità, una chiave di lettura sulla collocazione del vostro ente, che ovviamente va a differenziare la Provincia di Milano da quella di Mantova, ecc., c’è un patrimonio diverso, ecc., è inutile che vi sto a tediare, conoscete meglio di me. Un altro aspetto è la coesione sociale. Un ente pubblico ha delle grandi responsabilità attraverso delle norme di regolamentazione, attraverso la volontà di preservare la cultura, l’identità sociale, ecc. Poi, perché no, all’ente pubblico è riconosciuto un ruolo di sostegno economico, di regolamentazione economica, di sviluppo o di facilitazione. Anche qui credo che sia importante usare gli strumenti che la nonna ci mette a disposizione per sostenere questo ruolo. Quali sono i vostri stake holders, quali sono coloro i quali possono essere interessati a voi? Iniziamo dal collegamento più facile, i cittadini. Però è veramente più facile, quasi quello più scontato, in realtà anche gli altri soggetti hanno bisogno e ne ricavano effetti: le altre pubbliche amministrazioni, i dipendenti, i rappresentanti sindacali, le altre imprese, forse anche voi Consiglieri, perché è uno strumento che vi legittima, vi aiuta, vi dà opportunità, volontariato, associazioni, dipende poi dalle singole realtà provinciali. In sostanza, il cittadino che vi dà il mandato è il primo riferimento perché c’è un elemento istituzionale che vi collega a questo stake holder ma il vostro ruolo tocca, influenza e necessita di relazione a più ampio respiro. Il fatto di essere in grado di comunicare i vostri 18 risultati, le vostre capacità di operare in questa logica, vi porta concretamente ad avvicinarvi, a dare, a fare e ad essere concretamente più efficaci. Questa slide vi ricorda quello che diceva il Professor Bisio prima, e ve la racconto ancora una volta con una metafora, una storia personale che è fatta di 23 anni di studio e di intervento nel pubblico. 20 anni fa era un problema parlare di costi in queste aule, perché esisteva una logica che diceva che il costo non fosse importante, perché si parlava di autorizzazione a spendere, secondo una logica di natura finanziaria. Chi di voi vuole andare a leggere un po’ di documentazione di solo 20 anni fa dei lavori di questo Palazzo, c’erano delle grandi riunioni in cui si era in dialettica su bilanci preventivi che autorizzavano a spendere, poi si passavano i risultati di quello spendere in pochissimi minuti. Pensate che c’erano degli enti che approvavano il bilancio consuntivo dopo 10 anni dalla conclusione dell’esercizio. Mi è capitato di assistere ad un’approvazione di 10 anni di bilancio in una sera, sembra un film comico o drammatico, 10 anni di risultati buttati in 20 minuti. Era la prassi, perché la logica allora era autorizzativa, era essere legittimato burocraticamente a spendere, dopodiché i risultati li abbiamo visti, nel bene e nel male. Poi abbiamo imparato che quella cosa che è una regola dell’economia, cioè le risorse sono scarse, vale anche per la pubblica amministrazione, le risorse sono scarse. Allora abbiamo iniziato ad introdurre la logica della cosiddetta contabilità economica, che aiuta concretamente a capire l’effetto di una decisione in termini di sostituzione di risorse ad altre risorse, banalmente, quindi aiuta a governare questo ente con maggiore attenzione a quello che è un valore di natura economica importante. Ma vi permette anche di scegliere concretamente non soltanto attraverso valutazioni di natura sociale ma anche attraverso valutazione economica dove indirizzare le risorse, secondo una valutazione di tipo politico, valoriale, ecc., e di rendicontare l’utilizzo delle risorse secondo anche questo strumento, non soltanto di natura burocratico amministrativa. La contabilità sociale si associa, si affianca, completa una capacità di valutazione e anche di responsabilità di chi governa la cosa pubblica. Ancora una volta, la capacità da parte di un’amministrazione pubblica di rispondere di ciò che fa, credo sia una capacità di grande valorizzazione del ruolo dell’amministrazione pubblica stessa. In sostanza, cos’è il bilancio di mandato? Il bilancio di mandato è l’opportunità di fare queste cose, è l’opportunità di dare valore al vostro lavoro qui dentro, di esplicitare il valore generato, di esplicitare l’effetto del vostro operare e di esplicitare la ricaduta nella comunità locale di ciò che fate nel momento in cui prendete decisioni di indirizzo, di risorse in questa aula. In sostanza è un processo che aiuta a governare e riflettere, è un processo che aiuta a coinvolgere, è un processo che avvicina, che quindi nella sostanza vi permette di rendere conto a più soggetti del motivo per cui esiste un’organizzazione come questa e nel contempo vi permette di ricevere feedback sull’effetto che voi siete in grado di generare attraverso la vostra capacità di indirizzare risorse, quindi di soddisfare concretamente le attese di chi ha espresso interesse sul vostro operare. Per chiudere, io credo che sia importante immaginare il ruolo dell’ente provinciale in crescita. Perché è importante? Perché innanzitutto ne abbiamo bisogno noi come cittadini, secondariamente ne ha bisogno l’istituzione, perché se non diamo un ruolo aperto, forte, percepito a ciò che fate, alla fine rimane una struttura, anzi come direbbe un filosofo di due secoli fa una sovrastruttura, e una sovrastruttura prima o poi diventa obsoleta, viene ad essere spazzata e sarebbe un peccato perché le risorse che governate, le responsabilità che avete, le opportunità che avete, indipendentemente dagli schieramenti, dell’affiliazione ecc., sono responsabilità fondamentali, importanti, utili, direi necessarie. 19 L’ultima raccomandazione che vi faccio, poi passeremo alle domande, se ne avete voglia, se non ci sarà la Juventus a trascinarci, è se vi interessa riflettere intorno a queste cose, fatelo. Se vi interessa approfondite, metabolizzate, andate a vedere cosa hanno fatto gli altri, non soltanto quelli che lo fanno perché è di moda, andate a vedere gli effetti di chi lo fa da 10 anni, andate a vedere i limiti di chi lo fa da 10 anni e le difficoltà che hanno incontrato. Interrogatevi sulla volontà di usare uno strumento come questo in modo efficace, sostanziale. Se tutto questo vi porterà a ritenere che questo possa essere uno strumento da affiancare agli altri, allora buttatevi, sapendo che come tutti gli strumenti, all’inizio avrà bisogno di rodaggio. Io ricordo, adesso lo dico con il sorriso, però allora era una cosa veramente deprimente, ricordo i primi budget in campo sanitario. C’è qualche medico qua? Ci sarebbero, li abbiamo eliminati in questa riunione, allora posso parlare male dei medici. Immaginate quanto possa essere difficile pensare che un primario debba fare di conto nel suo operato, perché c’è una cosa che si chiama autonomia clinica. Ci abbiamo messo un po’ di anni, perché la sanità utilizza risorse, tante, quindi è bene che impari anche a utilizzarle secondo le logiche quantomeno di natura economica. Non solo, ci mancherebbe, però sapere quanto può costare un presidio piuttosto che un altro. Quando finalmente abbiamo convinto i medici, i primari, che dovevano non solo valutare l’aspetto sociale ma anche quello economico, quindi nel prendere decisioni tra un’operazione e l’altra devono essere anche in grado di capire che magari certi presidi potevano essere utilizzati là dove servivano e non dove non servivano. A un certo punto, le procedure che sono state inventate dalla pubblica amministrazione hanno fatto sì che questi poveri primari passavano più tempo a compilare, allora non c’erano i fogli Excel e compilavano, mettevano numeri, dati, ecc., più di quello che era loro richiesto per fare il primario. E andavano, l’idiozia della burocrazia è fenomenale, a dover rilevare informazioni di natura economica, in un ospedale emiliano, persino sulla carta igienica consumata in divisione, per arrivare poi a dare delle indicazioni economico gestionale assolutamente inutili. Un rischio che si corre sempre nella pubblica amministrazione è di innamorarsi degli strumenti e perdere l’utilità dello strumento stesso. Se vi piace, se ritenete che questo possa essere valorizzante per voi, impariate ad usarlo, impariate concretamente a dare un valore ad uno strumento e via via, con il tempo, sarete in grado di affiancare le vostre capacità di lettura attraverso la contabilità finanziaria, attraverso l’economica, attraverso la programmazione, anche quelle di natura economico sociale.” Nel frattempo sono entrati in aula gli Assessori Cadeo, Iannace e Vermi e i Consiglieri Cherubini, Matteucci e Menegatti. (presenti 40) Sostituisce il Segretario Generale dott. Corrado, il vice Segretario Generale dott.ssa Pujatti. Consigliere Mezzi: “Più che una domanda, l’avevo anticipato al Presidente, è una proposta. Siamo di fronte all’evoluzione degli strumenti che hanno a che fare con la programmazione finanziaria degli enti pubblici, della pubblica amministrazione, in questi anni è avvenuto quello che è avvenuto, abbiamo approfondito gli scorsi mesi il panorama degli strumenti a disposizione dell’ente. Questa sera approcciamo un nuovo strumento, che credo abbia un grado ridotto di diffusione all’interno della pubblica amministrazione. Io devo ringraziare il professore perché è stata molto utile e interessante la comunicazione che ha svolto. Faccio una proposta al Presidente e al Consiglio, sicuramente credo che quando sentirete il titolo di ciò che sto per proporre, la prossima 20 volta quando ci vedremo, se ci vedremo, ci sarà ancora meno colleghi rispetto a quelli di questa sera. Sto per proporre un seminario di questo tipo sul tema della contabilità ambientale, cioè il bilancio ambientale. Gli strumenti si stanno sempre più specializzando e ci sono approcci al tema del bilancio ambientale che sono abbastanza vicini a questo che abbiamo avuto modo di conoscere stasera. Propongo al Presidente, con l’ausilio della struttura tecnica, di valutare l’opportunità di ritornare sul tema dei bilanci e della loro specializzazione, a partire da questo argomento che sta cominciando a prendere piede anche nel nostro Paese, fa parte degli strumenti che hanno a che fare con gli strumenti di programmazione finanziaria da un lato e gli strumenti più in generale che stanno all’interno del tema della sostenibilità ambientale, tanto per dare qualche elemento di contenuto rispetto ad una provocazione che il professore ha fatto all’inizio della sua comunicazione. Ci sono 6 Province e 12 Comuni in Italia, piccoli e grandi, che stanno sperimentando il tema della contabilità e del bilancio ambientale. Non c’è la Provincia di Milano, ma non sta a fare polemica, essendo io all’opposizione, se in Provincia di Milano si cominciasse a ragionare anche in questi termini e cominciare a sperimentare queste formule per quanto riguarda gli strumenti di programmazione finanziaria, potrebbe essere un elemento di utilità io credo.” Consigliere Occhionorelli: “Anch’io volevo ringraziare il Professor Mazzoleni per l’ottima relazione. Tra le altre cose, quello che mi ha colpito, è il fatto che il bilancio sociale, che io ho letto in questi ultimi tempi come un mezzo, uno strumento in più, anche per fare un po’ di scena sia per le aziende pubbliche che private, mi perdoni, effettivamente così come lei l’ha illustrato questa sera, può diventare un nuovo strumento di comunicazione. L’osservazione che lei ha fatto nel corso della sua ampia relazione, relativa al fatto che la gente non si sente attratta dalla politica, non capisce il linguaggio della politica e non capisce il linguaggio della gente che fa politica, che è un tema che io ribadisco sempre in quest’aula, i colleghi mi possono dar atto che è un tema, io dico: sono qui, rappresento la gente, rappresento i cittadini, io voglio parlare per la gente, lavorare per la gente. Quindi il bilancio sociale potrebbe essere effettivamente un mezzo più semplice per far capire alla gente cosa serve, per esempio, l’istituzione Provincia, non solo per le competenze perché è un modo abbastanza tecnico per argomentare, mentre dire: gli obiettivi, la realizzazione degli obiettivi sociali, è questo il bilancio, noi facciamo queste spese, siamo qui per questo, veniamo pagati per questo, diventa estremamente importante. Peraltro devo dire, mi pare due anni fa, io avevo letto un libro, “Dare et Habere”, che era la storia di un mercante milanese, che è stata mi pare anche oggetto di una rappresentazione teatrale, dove c’era un mercante che diceva: io lavoro, ma perché lavoro? Lavoro perché produco, quindi mantengo la mia famiglia, ma lavoro anche perché do lavoro. Lavoro e tratto bene mia moglie, non perché è mia moglie ma perché se la tratto bene, lei conduce bene l’azienda famiglia. Oltre a ciò faccio solidarietà, ma non faccio solidarietà perché sono buono, ma nella misura in cui faccio solidarietà, riesco a raggiungere un coinvolgimento, soprattutto un’adesione da parte della gente, quindi il mio bilancio sociale non era solo quello di lavorare per l’azienda ma di arrivare ad una serie di elementi. Io l’avevo letto con molto interesse, perché a mio giudizio questo è un libro da riscoprire, ma non per leggere, perché amministrare, essere amministratori oggi, essere Consiglieri in un’azienda pubblica e fare politica, vuole dire riscoprire queste radici e sapere perché si fa. Devo fare anche un’altro esempio. Così come nelle aziende pubbliche bisogna riscoprire questo bilancio sociale, ma tenere d’occhio anche il bilancio economico e finanziario, io per esempio che sono la responsabile di dell’associazione di donne, Movimento Italiano 21 Casalinghe, ho fatto un libretto con il bilancio economico per le famiglie. L’azienda famiglia ha molti obiettivi sociali ma a volte non riesce ad arrivare alla fine del mese magari senza un quattrino, allora ho insegnato loro, abbiamo fatto addirittura un corso che è stato il primo di questo genere. Questo per dire che a mio giudizio quello che ha detto lei è importante perché, a fianco al bilancio economico che sicuramente ha valenza, perché i quattrini sono e le risorse sono quelle, dobbiamo anche scoprire qual è la capacità di realizzare gli obiettivi per i quali noi siamo nati. Nella famiglia è la conduzione della famiglia e nella Provincia la realizzazione di questi obiettivi. Io trovo che se noi Consiglieri riuscissimo ad applicare, almeno in parte, faccio riferimento alle doti di autonomia, di multi rappresentanza, io sono convinta che la politica invece di diventare un gioco di parti, a volte piuttosto squallido, di potere, e di gestione tout court, potrebbe diventare, certo anche tutte queste cose, perché purtroppo c’è anche un pezzo di queste cose, ma proprio l’esercizio nobile di una professione. Allora la gente, lei che è cittadino, ci riconoscerebbe non come quelli che gestiscono la cosa pubblica ma quelli che fanno quello che altrimenti non potrebbe essere fatto, ovvero gestire delle risorse e realizzare degli obiettivi del bilancio sociale. La ringrazio perché questa riflessione è una riflessione che io personalmente approfondirò.” Consigliere Nucci: “Questa proposta che è affascinante, interessante perlomeno, forse non ho capito bene, c’è un aspetto, capisco che è qualcosa di diverso dagli strumenti che già ci sono, obbligatori per legge, ma anche se non fossero obbligatori sempre qualcosa del genere bisognerebbe inventare. Però non capisco molto bene se si avvicina più ad un concetto di consuntivo o a un concetto di preventivo. Qualora fosse più vicino ad un consuntivo che a un preventivo, come potrebbe intervenire un Consigliere, idealmente per esempio di minoranza, se fosse solo una comunicazione di quello che è avvenuto, sia pure motivata, giustificata, ben comunicata. Vedo un po’ di difficoltà in questo aspetto, almeno a capire io e, come conseguenza, come corollario, se è più una cosa di Consiglio o più una cosa di Giunta, tanto per restare nel nostro meccanismo. Se poi è completamente al di fuori di questo meccanismo, va bene lo stesso, però vorrei capirlo meglio.” Professor Mazzoleni: “Provo a rispondere alle vostre sollecitazioni, iniziando anche qui con un’esperienza personale. Noi abbiamo bisogno di migliorare il modo di utilizzare la risorsa pubblica, indipendentemente dall’appartenenza. Questo credo sia importante che ce lo diciamo, nel senso che in questo momento storico, che è un momento difficile per l’economia e per la società, indipendentemente da chi governa, è importante dotarsi di strumenti che migliorino la possibilità di governare. Perché vi dico questo? Perché voi avete colto un elemento importante, che però va enfatizzato. Quando si parla di strumenti, si parla di strumenti e quindi è c’è a monte una volontà di strumentalizzare lo strumento, quindi di orientarlo, finalizzarlo a qualche cosa che migliori il governo, la comunicazione, le cose che abbiamo detto prima, oppure il rischio vero è quello di cadere nello strumento. Quindi, in sostanza, il fare qualche cosa che va semplicemente ad aggiungere: carta, tempo, liti, ecc. Rispondo insieme alle due domande. Lo strumento è redatto a consuntivo e che attraverso il consuntivo legittima questo consesso nel valutare ciò che è stato fatto, nel richiamare le capacità dell’Amministrazione di soddisfare i bisogni, ma soprattutto di orientare. Voi sapete, una delle riflessioni forti che sta facendo l’Italia negli ultimi 7 o 8 anni è quella che permette a questo sistema, cioè al Consiglio, di recuperare un ruolo, che è il ruolo del Consiglio, che è diverso dal ruolo della Giunta. La Giunta certamente può trarre beneficio 22 dal bilancio di mandato, ma io credo che in assoluto la prima istituzione che ne trae vantaggio sia proprio il Consiglio, perché: - ha formalizzato ciò che è stato fatto e l’effetto che ciò che ha fatto ha determinato; - richiama nei confronti della collettività delle valutazioni su ciò che è stato fatto; - mette le condizioni che ha l’onere di indirizzare, quindi di portare a compimento degli indirizzi, di avere degli strumenti per poterlo fare. Quindi è certamente a consuntivo, però in quella logica che avete già visto in altre occasioni, che vede la programmazione figlia di un risultato, quindi in questo modello circolare che alimenta, attraverso i risultati, la nuova capacità di programmare. In questo senso è difficile differenziare la previsione con il consuntivo, è sempre una strada che si alimenta. Per quanto riguarda invece il discorso dell’applicabilità, della facilità, ecc., io credo che sia proprio un problema di cultura. Lei ha mostrato, attraverso quel libretto, una cosa che io ho detto un po’ incidentalmente, si parla di responsabilità sociale sottolineando il fatto che si associa alla responsabilità economica. Una famiglia che non è in grado di arrivare ad un equilibrio, è una famiglia che può essere sociale quanto vuole, ma non regge. Un’amministrazione pubblica che non sa governare le risorse, quindi che dimentica le responsabilità sull’uso delle risorse, è un’amministrazione pubblica che può essere sociale quanto vuole, etica quanto vuole, ma non è in grado di fare, perché le mancano le risorse. Chiudo dalla premessa che ho fatto con questo intervento. Ho quasi smesso di occuparmi di pubblica amministrazione in un momento storico nel quale ho fatto lo stesso intervento, allora si parlava di programmazione e controllo, in due amministrazioni, governate da due alleanze diverse. Tecnicamente sono andato in due amministrazione, ad aiutare a sviluppare uno strumento di programmazione e controllo, nello stesso periodo, da una parte governava una parte, dall’altra governava un’altra. Casualmente sono arrivato a conclusione dei due modelli nello stesso periodo, a distanza di una decina di giorni, e mi sono trovato in difficoltà, perché quella lettura parziale che lei prima ha citato, la politica che a volte ci allontana dal ruolo, ha fatto sì che da una parte fosse attaccato come strumentale ad un certo esercizio di potere, da quella stessa parte che dall’altra parte doveva difendere. Cioè in due enti sono stato attaccato, a seconda di dove ero, dall’opposizione che dall’altra parte era governo. Io credo che voi abbiate una responsabilità forte come amministratori: fare in modo che gli strumenti siano strumenti e quindi servano. Dopodiché li interpretate, li utilizzate, li valutate, giusto. Ma se togliete il valore dello strumento, perdete delle opportunità del vostro ruolo. Poi questo, il bilancio economico, il controllo di gestione, tutto quello che volete, il bilancio ambientale, sono tutte cose che hanno senso a condizione che si parta dal presupposto che vi aiutano. Che poi aiutino in un anno, in due anni, a generare cultura, ecc., questo dipenderà da tante cose, anche perché guardate che ci abbiamo messo 10 anni per parlare di costi e forse ancora adesso qualche volta dimenticate il valore del costo di fronte alla burocrazia, quindi ci sta. “ Professor Bisio: “Secondo me è importante perché in un lucido io ho visto una cosa che noi ci siamo detti implicitamente per tutti i 7 incontri che abbiamo fatto su programmazione e controllo. Il Professor Mazzoleni ha parlato del Consiglio e di uno dei portatori di interessi, uno degli stake holder, sono gli stessi Consiglieri, quasi come se ciò che il Consiglio vota in preventivo, non sia scontato che lo capisca. Noi abbiamo molto lavorato sull’aspetto di rendere comprensibile il preventivo, non alla minoranza, ma alla maggioranza e alla minoranza, quindi a recuperare il ruolo della relazione previsionale e programmatica per far capire il bilancio. In questo senso il bilancio sociale, che è 23 tecnicamente un rendiconto, è uno stimolo a rendere chiaro cos’è il preventivo e cosa c’è scritto nel preventivo, altrimenti non riesco a capire cosa sto rendicontando perché non ho partecipato a quelle scelte. Quindi, prima ancora che uno strumento di comunicazione esterna, è uno strumento di comunicazione interna, nel momento in cui il primo che si deve appropriare del bilancio del Consiglio per toglierlo dal punto di vista di una tecnocrazia quasi ragionieristica. Quindi sicuramente non è un preventivo, il preventivo è la relazione previsionale e programmatica. Però, andando a monitorare in modo forte i risultati su vari portatori di interessi, anche segmentati, sono molto facilitato a renderlo più chiaro a voi come Consiglieri prima di tutto. Questa è la prima risposta. L’altro aspetto, avevamo detto all’inizio e Mazzoleni l’ha confermato bene, il bilancio va in Consiglio e questo è il primo paletto per renderlo autorevole, perché non è una pubblicità, uso apposta un termine abbastanza banale o grezzo in questa sede, è una comunicazione pubblica e un poco nei ragionamenti fatti, il Presidente del Consiglio come organo degli enti locali diventa il validatore della comunicazione pubblica, quindi diventa di Consiglio, perché comunque è chiaro che l’esecutivo lo porta come risultati ma nel momento in cui si vota un rendiconto o si ragiona sullo stato di attuazione dei programmi che sono le basi del bilancio sociale, lo si valida anche sull’attendibilità dei dati, sulla chiarezza dei dati. “ Dopodiché, alle ore 19.25 del 25 febbraio 2003, il Presidente del Consiglio toglie la seduta e significa che il Consiglio è convocato per venerdì 28 febbraio 2003. Del che si è redatto il presente verbale che viene come in appresso sottoscritto. IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO (Roberto Caputo) IL SEGRETARIO GENERALE (Salvatore Corrado) IL VICE SEGRETARIO GENERALE (Piera Pujatti) 24