CONSIGLIO PROVINCIALE DI MILANO
Processo verbale dell'adunanza del 25 febbraio 2003
Addì, 25 febbraio duemilatre, in Milano, nell'Aula consiliare di via Vivaio n.
1, si è riunito il Consiglio provinciale per la trattazione degli argomenti iscritti agli
Ordini del Giorno ordinario e supplementari dall’uno al sette diramati in data 9, 16,
23, 30 gennaio, 6, 13 e 25 febbraio con atti provinciali n. 3224/2931/99.
A norma dell'art. 34 dello Statuto, la Presidenza dell'adunanza viene assunta
dal Presidente del Consiglio provinciale, Dr. Roberto Caputo.
Partecipa alla seduta il Segretario generale della Provincia, Dr. Salvatore
Corrado.
Alle ore 17.15 il Presidente del Consiglio invita il Segretario a procedere
all'appello nominale dei presenti.
Rispondono all'appello i seguenti ventisette Consiglieri:
Caputo Roberto
Accame Pietro
Bertolini Almina
Bonasegale Piero
Borgio Roberto
Casati Bruno
Clerici Michele
Clerici Roberto
Cremaschi Gian Luigi A.
Dapei Bruno
Di Valerio Marco
Elli Enrico
Fossati Ambrogio
Fratus Gianbattista
Gavazzi Attilio
Giuliante Luca
Gussoni Maurizio
Jean Gaspare
Mezzi Pietro
Morelli Mario
Nitti Fabio Aldo
Nucci Flavio
Occhionorelli Camilla
Ortolina Vincenzo
Tamberi Livio
Turci Massimo
Vitali Gian Mario
Assente giustificato il Consigliere Malinverno.
Sono altresì presenti gli Assessori provinciali: Cocchiaro e Volontè.
Presidente del Consiglio: “Prima di iniziare la seduta, comunico le decisioni che hanno
preso i Capigruppo riuniti in conferenza: è stata sconvocata la riunione di giovedì 27,
mentre viene convocato un Consiglio straordinario per il giorno 28, venerdì, con
convocazione alle ore 16, con all’O.d.G. l’audizione del Direttore Generale della Milano
Serravalle Dottor Bruno Rota. Viene sconvocata la seduta del 6 marzo e convocata la
seduta per il 4 marzo. Quindi i Consigli Provinciali prossimi saranno: 28 febbraio alle ore
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16 e 4 marzo alle ore 16,30. Tutte le altre rimarranno immutate, comunque riceverete il
telegramma entro domani.
La seduta di questa sera, come veniva annunciato, è una seduta seminariale su un tema
importante: il bilancio etico-sociale. Devo dire che questo è un tema avvincente, che ha
visto dibattere già importanti istituzioni, come il Comune di Milano che ha già iniziato ad
adottarlo, il Comune di Bologna ed altri, ad esempio il Comune di Cesano Maderno in
Provincia di Milano, ma che ha avuto sicuramente una grande rispondenza anche presso
aziende private o ex municipalità, per esempio: A.E.M. di Milano, Agip Petroli, B.N.L.,
Unicredit, Edison, Eni, Cariplo, Telecom, Shell e Unipol Assicurazioni.
E’ sicuramente un tema abbastanza delicato, che secondo me va affrontato e poi spetta a
noi fare una scelta. La scelta anche se anche in questo ente portarlo e applicarlo, o
diversamente decidere quali saranno le scelte che faremo in questo caso.”
Nel frattempo sono entrati in aula i Consiglieri Caccavale, De Simone e Giordano.
(presenti 30)
Consigliere Clerici Michele: “Signor Presidente, io desideravo che lei invitasse i
Consiglieri, visto che abbiamo un Consiglio straordinario previsto per venerdì, alla
puntualità per garantire il numero legale. E’ importante, se volesse fare questo invito a
tutti i Consiglieri.”
Presidente del Consiglio: “L’invito lo faccio sicuramente, ma penso sia dovere dei
Consiglieri sapere che se l’orario di apertura è alle ore 16 di presentarsi alle ore 16.
Comunque, sarebbe buona cosa evitare il solito ritardo, ormai usuale, che porta a
protrarre i lavori in termini di tempo e non iniziare in maniera positiva.”
Consigliere Dapei: “Presidente, per rimanere sull’argomento che state trattando, era stato
richiesto da 10 colleghi di convocare congiuntamente la 7^ e la 9^ Commissione, sempre
sulla questione Milano Serravalle. Venerdì alle ore 14,30, come lei sa, adesso arriverà la
convocazione, è stata prevista questa riunione. Come saggiamente dicevate voi, a
maggior ragione in quel momento è richiesta la massima puntualità perché il presidente
Desiderio Zoncada ha dato la sua disponibilità a venire, come richiesto, però aveva un
precedente impegno, tra l’altro pubblicamente noto, alle ore 16 presso il Comune di
Milano, quindi se non iniziamo in orario rischiamo di doverlo veder partire prima della
fine dei lavori. Dalle 14,30 alle 16 c’è tutto il tempo per fare un’audizione con il
presidente di Serravalle, ma volevo informare tutti i colleghi in anticipo di questo suo
impegno tassativo e quindi di questa sua dead line oraria.
Per intenderci, Presidente, viene fatto venerdì proprio per non fare la seduta dopo la
seduta di Consiglio. Il presidente Zoncada avrebbe avuto più tempo a disposizione in una
qualsiasi altra giornata, ma dovendoci riunire entro questa settimana, dobbiamo fare i
conti con i suoi impegni pregressi.”
Presidente del Consiglio: “Su questa vicenda io ho chiamato il Presidente del Consiglio
Comunale Marra, invitandolo a rinviare questa Commissione, che d’altronde era
l’ennesima volta che veniva convocata, quindi un ennesimo rinvio non avrebbe cambiato
nulla, proprio per evitare questa concomitanza di avvenimenti similari sulla stessa
tematica. Il Presidente Marra si è dichiarato disponibile, sto aspettando una sua risposta,
perché aveva convocato su questo l’Ufficio di Presidenza del Consiglio Comunale,
perché penso sia forse meglio per i Consiglieri Comunali posticipare la Commissione,
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che d’altronde era stata convocata precedentemente, poi era stata riconvocata, poi di
nuovo convocata. “
Nel frattempo è entrato in aula il Consigliere Bollina. (presenti 31)
Consigliere Tamberi: “Da quanto diceva prima il Consigliere e dalla sua risposta, non ho
capito bene. Il presidente della società non sarà presente durante l’incontro, lei l’ha
chiamata audizione, mi sembra una cosa un po’ diversa, con il Direttore? Perché la
rappresentanza della società l’ha il Presidente, il Direttore ha un rapporto di lavoro con la
società. Il problema è che noi ci mettiamo di fronte ad una contrapposizione fra il
Presidente, così si è manifestata nella sua richiesta, e il direttore che è un dipendente,
senza che sia presente il Presidente che è il legale rappresentante o coloro che abbiamo
nominato noi? Mi sembra che sia un’incongruenza grossa, perché se emergono delle cose
che riguardano la società, io credo che il direttore abbia tutti i limiti che hanno i dirigenti
dell’azienda rispetto a certe risposte che non possono dare, tenuto conto poi che si va su
questioni personali. Il Segretario Generale convoca giustamente, o lei prima del
Segretario Generale, la seduta segreta. Quindi la mancanza del presidente della società è
una cosa che io credo sia inaudita.”
Presidente del Consiglio: “Io ho inviato ovviamente la lettera di convocazione al Dottor
Rota, ma altrettanto l’ho inviata per conoscenza al presidente Zoncada, ai consiglieri
espressi dalla Provincia di Milano, ovvero al consigliere Balbi che è il Vice Presidente di
Serravalle, al consigliere Burchi e al consigliere Pedrazzani. E’ evidente che se viene a
cadere la Commissione comunale, penso la cosa sia risolta.”
Consigliere Ortolina: “Sempre in riferimento a questo argomento, il titolo dell’O.d.G.
rispecchia esattamente la volontà del Presidente, che legittimamente ha chiesto
l’audizione del direttore generale. Ripeto: rispecchia la volontà del Presidente. I gruppi di
centrosinistra, intervenendo su questo argomento, avevano in realtà chiesto che il
Consiglio non si trasformasse, come anch’io dissi che una sorta di processo nei confronti
del direttore generale. Noi, come centrosinistra, eravamo interessati ad un confronto di
carattere generale con i livelli istituzionali della Serravalle, perché sono questi i soggetti
con i quali noi siamo interessati ad interloquire.
Abiamo detto che, per quanto ci riguarda, l’audizione soltanto del direttore generale ci
interessava fino ad un certo punto. Quindi, questo titolo (“ audizione del direttore
generale”) ribadisco, rispecchia fedelmente la volontà del Presidente ma non rispecchia i
desideri della minoranza.
Ovviamente noi siamo consapevoli di essere minoranza e che quindi voi potete anche
non tener conto del centrosinistra, che chiedeva di riprendere la discussione sulla
Serravalle in termini assai più generali. Allora, io personalmente valuterò se partecipare o
meno a questo Consiglio.
Seconda valutazione, caro Presidente; lei non può mandare una lettera al direttore
generale e “per conoscenza” agli altri soggetti istituzionali. Lei doveva farsi carico, se
voleva accogliere la nostra indicazione, di invitare formalmente ed espressamente tutti i
soggetti, compreso anche il direttore generale, perché questo è l’obiettivo primo del
Presidente, ma comunque tutti gli altri soggetti: il presidente, i rappresentanti della
Provincia, perché ha senso che siano qui a discutere, a confrontarci con i nostri
interlocutori veri, con i soggetti istituzionali. Credo che Lei non se la possa cavare
dicendo: io ho mandato una lettera, per conoscenza, anche agli altri soggetti. Lei doveva,
se volevo accogliere la nostra proposta, ma evidentemente ha deciso di no, chiedere che a
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questo Consiglio fossero presenti sia il direttore generale, in quanto fortemente richiesto
dal Presidente, sia gli altri soggetti istituzionali, con i quali i Consiglieri intendono
confrontarsi, essendo essi dei soggetti politici che vogliono interloquire con altri soggetti
politici.
Credo peraltro che la cosa a questo punto sia rimediabile, almeno in parte, perché se lei
mi dice che in realtà ha gia ottenuto, però vorrei avere conferma....
Benissimo. Allora, abbia pazienza, prima di sapere se c’è il Consiglio o no, noi dobbiamo
avere la certezza di chi sarà presente altrimenti io non mi muovo dal mio Paese per venire
appositamente. Quindi, voglio sapere chi è presente, se è presente il direttore generale e
chi altri.
Ma a questo punto, se la Commissione comunale salta (così mi pare d’aver capito, perché
Lei è in grado di influire sul Presidente Marra per farla spostare), il Dottor Zoncada
potrebbe essere presente, al nostro Consiglio visto che non deve più scappare via alle 16
per andare in Commissione. Può essere presente a questo Consiglio. E io chiederei che
perlomeno il presidente sia presente a questo Consiglio. Altrimenti temo che questo
Consiglio serva a poco e io personalmente valuterò se presenziarvi o meno.”
Presidente del Consiglio: “Consigliere Ortolina, io sono molto rispettoso dei regolamenti,
come lei ben sa, e della maggioranza e della minoranza, ho fatto sempre rispettare in
maniera molto attenta queste cose. Quindi sono rispettoso della richiesta che mi è stata
fatta, come sono stato rispettoso della richiesta che mi è stata fatta da parte del
centrosinistra precedentemente su un Consiglio straordinario e ho semplicemente
applicato l’art. 43, comma 5, del regolamento del Consiglio Provinciale. Questo diceva,
questo ho fatto ed mi spettava solo fare questo, comunque ho anche rispettato,
ovviamente, i voleri della maggioranza del Consiglio, perché questa è democrazia.”
Nel frattempo sono entrati in aula i Consiglieri Dioli, Angiuoni e Cipolla. (presenti 34)
Consigliere Gavazzi: “Onestamente io rimango esterrefatto quando sento questi
interventi, perché si dà l’immagine che la maggioranza o il Presidente del Consiglio o il
Presidente Colli stiano tenendo un comportamento discriminatorio verso le opposizioni.
Io non ci sto a questi scherzi e a questi giochi. E’ semplicemente il rispetto del
regolamento, il Presidente ha chiesto una convocazione straordinaria del Consiglio
Provinciale per l’audizione del signor direttore generale della Milano Serravalle, questo è
l’oggetto di quella convocazione. Se la minoranza ha un’altra richiesta, non fa nient’altro
che chiedere una riconvocazione del Consiglio, adducendo i motivi e mettendo l’oggetto
che meglio crede. Questo è un Consiglio straordinario a se stante. Poi, se nell’interesse
generale può venir fuori un’altra richiesta di convocazione, deve essere fatta e
formalizzata a seguito di un altro Consiglio Provinciale. Non riesco a capire, sentendo
come si sono espressi il Consigliere Tamberi e il Consigliere Ortolina si dà l’immagine.
Per cortesia, io parlo di una convocazione straordinaria del Consiglio Provinciale,
richiesto dal Presidente, come è ammesso dall’art. 39, comma 2, della legge 267 e, come
diceva adesso il Presidente, nel nostro regolamento. E’ cosa ben diversa la convocazione
della Commissione, difatti il Presidente della Commissione cercava, per venire incontro
alle esigenze della minoranza, di convocarla prima. Ma l’esigenza del Presidente di
convocarla prima è fatta sulla richiesta dei Consiglieri componenti la Commissione che
avevano la necessità di sentire il presidente di Serravalle.
Io direi di piantarla con questo gioco delle parti, dove si fa sempre credere ciò che non è.
La richiesta è per l’audizione di questo signore, se c’è un’ulteriore necessità la dovete
formalizzare, ci sarà un’altra richiesta e magari andremo a sentire il presidente di
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Serravalle, il direttore di Serravalle quant’altro i Consiglieri dovessero ritenere opportuno
sentire per avere un chiarimento maggiore. Però onestamente non ci stiamo più a questo
gioco di cercare di mischiare le carte per fare apparire una cosa che non è.”
Nel frattempo sono entrati in aula i Consiglieri Foglia e Radice. (presenti 36)
Consigliere Tamberi: “Per questione personale, io non ho detto che voglio aggiungere il
presidente al direttore perché ne voglio due, ho detto che il direttore è vincolato, per
determinate questioni, alla riservatezza, al segreto aziendale e non può andare perché è un
organo esecutivo, come lo è anche il presidente ma nell’ambito dei poteri che gli sono
dati. Il direttore generale ha il potere di raccontare alcune cose che sono prerogativa
dell’azienda o li ha il presidente? In quel caso occorre il presidente, perché il direttore
non le può dire. E’ qua la differenza! Io non voglio due persone, lo dico per questo, non
so se mi sono spiegato, altrimenti andate a leggere i poteri dell’uno, i poteri dell’altro, il
codice civile sulle aziende per azioni quali quella.”
Consigliere Ortolina: “Io non ho minimamente contestato la legittimità di questa
convocazione e la legittimità dell’O.d.G. Ho detto semplicemente che noi chiedevamo
qualcosa di diverso, chiedevamo una convocazione dei soggetti istituzionali, che
prendiamo atto che questa proposta non è stata accettata e che personalmente valuterò a
questo punto se partecipare o meno al Consiglio. Non ho assolutamente contestato la
legittimità della convocazione, è a termini di statuto, ci mancherebbe altro, il problema
evidentemente è un altro.”
Nel frattempo è entrato in aula il Consigliere Pizzarelli. (presenti 37)
Consigliere Caccavale: “Scusi Presidente, io chiederei un suo intervento perché, lei l’ha
detto prima, mi ha anticipato, però cari Consiglieri o ci si fida del lavoro che viene fatto
dall’Ufficio di Presidenza e dalla conferenza Capigruppo, oppure vuole dire che i
Consiglieri del centrosinistra non hanno fiducia nei loro Capigruppo. Ho capito, ma
questa questione è stata dibattuta in conferenza Capigruppo e il Presidente del Consiglio
ha ricevuto il mandato per convocare questo Consiglio straordinario. Allora, delle due
l’una, se voi non andate d’accordo con i vostri Capigruppo, non vi parlate o non avete
fiducia di quello che fanno, non è sicuramente al Presidente che dovete indirizzare queste
critiche. Se c’è stata la conferenza Capigruppo, vuole dire che non vi fidate dei vostri.
Comunque io ritengo che se non ci si è spiegati bene in conferenza Capigruppo, il
Presidente dovrà eventualmente sentire loro, non mi sembra questo l’ambito dove poter
discutere, possiamo discutere di tutto, ma ritengo che la conferenza Capigruppo sia
deputata proprio a risolvere questa vicenda, se malintesi ci sono stati.
Poi non capisco questo atteggiamento, se non si convocano le persone o se non si parla
degli argomenti siamo tacciati di voler censurare le cose, nel momento in cui invece il
Presidente ha preso l’iniziativa e quindi si convocano Consigli straordinari, siamo tacciati
di volerli fare come diciamo noi. Insomma, non va bene mai nulla, mi sembra di capire,
questa è la sostanza.”
Consigliere Borgio: “Due brevi note a margine all’intervento sia del Consigliere
Caccavale che del Consigliere Gavazzi, che probabilmente non sanno che la conferenza
Capigruppo si è conclusa prima che giungesse la notizia che in contemporanea al
presunto o convocato Consiglio Provinciale, era stata convocata la Commissione in
Comune, con la presenza degli stessi soggetti. Quindi, da parte dei Consigliere, c’è stata
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una richiesta di chiarezza, per sapere se un soggetto sarà qui o lì, visto che nessuno dei
due possiede il dono dell’ubiquità. Quindi Consigliere Caccavale, il tuo intervento non è
che sia proprio cogente al problema, visto che le notizie sono intervenute dopo la
conclusione della conferenza Capigruppo, quindi erano legittime le domande, a cui non
sono ancora state date le risposte definitive, perché allo stato attuale, alle 17,39, non
sappiamo se le Commissioni in Consiglio Comunale di Milano sono state convocate o
sconvocate.”
Il Presidente del Consiglio pone quindi in discussione lo:
ARGOMENTO N. 25 DELL’ORDINE DEL GIORNO – Consiglio seminariale sul tema
“Il Bilancio etico-sociale”.
Professor Bisio: “L’argomento di questa sera, il bilancio etico-sociale è un argomento di
attualità che ci è stato chiesto dalla Presidenza di sviluppare in questa sede. Io volevo solo
dare un minimo di continuità con gli incontri che avevamo già fatto in Consiglio, dicendo
sostanzialmente due cose.
Il bilancio di mandato o il bilancio etico-sociale non va inteso come un rendiconto,
questo è un errore tecnico ma anche un errore logico molto rilevante, perché il bilancio di
mandato e il bilancio etico-sociale sono processi di coinvolgimento di tutti i portatori di
interesse della nostra collettività, quindi non possiamo sminuirli ad un documento che
dice le attività svolte o i risultati raggiunti, devono essere un qualcosa che prende avvio
nella fase di programmazione dell’attività di un’Amministrazione e poi viene anche
comunicato in termini di risultati, ma soprattutto viene partecipato in termini di finalità e
obiettivi. Su questo si concentrerà tutto l’intervento del Professor Mazzoleni, per
spiegarci bene cosa significa introdurre una comunicazione etico sociale per la pubblica
Amministrazione.
L’altro concetto che volevo sviluppare, visto che insieme abbiamo parlato di relazione
previsionale, di bilancio, di stato di attuazione dei programmi, di rendiconto, ecc., è che
per costruire un bilancio etico-sociale o un bilancio di mandato non serve costruire
un’altra contabilità o trovare informazioni da altre parti, bisogna ancora una volta
investire sugli strumenti che già sono presenti nell’ente: la relazione previsionale e
programmatica e lo stato di attuazione dei programmi in particolare. Questo, per due
motivi, che io credo essenziali. Intanto perché hanno già tutte le informazioni che ci
servono, a partire dalle caratteristiche del territorio, dai portatori di interesse, dalle
entrate, dalle spese, ecc. L’altro motivo che dovrebbe essere ancora centrale per questo
tipo di uditorio è perché comunque relazione previsionale e programmatica e stato di
attuazione dei programmi non sono solo documenti di programmazione e di verifica dei
risultati ma sono documenti discussi e approvati in Consiglio. Questo, a mio avviso, fa
fare il salto di qualità ad una comunicazione che, essendo comunicazione pubblica, ha
bisogno di una forma fortemente istituzionale.
E’ per questo che abbiamo pensato di chiedere al Professor Mazzoleni di approfondire
queste tematiche, partendo anche dalle esperienze di tipo privatistico, parlandone in
Consiglio proprio per la delicatezza del tema, perché comunicare i risultati non è
ovviamente come fosse nel privato comunicare i risultati di mercato una forma di
pubblicità, è proprio un problema di comunicazione istituzionale pubblica.
In questo quadro quindi, un’idea di bilancio etico-sociale non come rendiconto ma come
processo di coinvolgimento e di necessità di valorizzare e utilizzare gli strumenti di
programmazione e controllo che già abbiamo, proprio perché anche validati dal
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Consiglio, si andrà a dipanare tutto l’intervento del Professor Mazzoleni, a cui passo la
parola per non rubare ulteriore tempo e ringrazio già anticipatamente.”
Professor Mazzoleni: “ Ringrazio il Presidente Caputo, ringrazio voi per essere qua, non
frequento molto le sale di Consigli Comunali e Provinciali, le ho frequentate per un certo
periodo quando cercavo di iniziare a parlare di gestione aziendale, secondo logica
aziendale, di questi enti. Devo dire onestamente, prima di entrare nelle premesse, che mi
aspettavo un clima leggermente diverso, visto che dobbiamo parlare di argomenti di altra
natura, spero di riuscire a convincervi a tenere fuori dalla porta i problemi della
Serravalle per almeno un’ora e mezza e riuscire ad attrarvi su alcune considerazioni che
sono trasversali, quindi che vanno al di là e oltre le considerazioni importanti che
sicuramente stanno alla base della discussione cui ho assistito.
Innanzitutto mi presento. Io sono docente di economia aziendale e sono direttore del
M.B.A. (Master Business Administration) della Bocconi. Poi, seguendo quella che era
l’indicazione dei vecchi maestri dell’economia aziendale che dicevano che una persona
per poter insegnare doveva sapersi sporcare le mani, quindi dividere a metà il suo tempo
tra l’insegnare, fare ricerca e lavorare, mi occupo di gestione di imprese private
prevalentemente, siedo in vari consigli di amministrazione tra Banche e Istituzioni
finanziarie e, anche perché no, alcune di derivazione istituzionale pubblica, in particolare
qui in Lombardia Finlombarda, che certamente conoscerete. In sostanza, credo di avere
una discreta conoscenza del funzionamento delle aziende, sono qua in questa veste. Sono
qua nella veste di chi si occupa di management d’impresa, con un taglio attento alle
problematiche di cosiddetta responsabilità sociale.
L’idea che ha animato e mi ha fatto venire qua, era questa: tutte le imprese, private o
pubbliche, da sempre hanno l’obbligo di gestire risorse e l’obbligo di gestire risorse
dovrebbe essere orientato ad alcuni obiettivi. Innanzitutto alla soddisfazione dei bisogni
di coloro i quali o verso i quali l’attività è svolta. Intendo dire che nella ratio, nella logica,
nella filosofia del funzionamento delle imprese, spesso si è caduti nel tranello di
dimenticare i motivi per cui le imprese sono state costituite. A maggior ragione si può
dire in campo di imprese pubbliche perché i fini per i quali le imprese pubbliche sono
nate sono esattamente questi: essere al servizio di. Allora, che siano clienti, utenti, soci,
lavoratori, c’è sempre questa finalità, questo indirizzo di fondo, che a me piace dire
essere innanzitutto un indirizzo di fondo orientato a soddisfare bisogni di persone o di
categorie di persone. Pubblico o privato, da questo punto di vista, non significa alcuna
differenziazione. Solo l’oggetto, se volete, può essere diverso, nel senso che nel pubblico
l’oggetto è la collettività e quindi il mandato che avete ricevuto è un mandato esplicito
per soddisfare i bisogni della collettività.
E’ chiaro che per fare questo si deve porre attenzione a due elementi. Da un punto di vista
iniziale bisogna porre attenzione all’uso delle risorse, e questo è un elemento sul quale
credo che ognuno di voi abbia ben chiaro il senso di responsabilità che questo voglia dire.
Secondo aspetto, bisogna fare in modo che questo uso delle risorse ed questa
finalizzazione della risorse venga reso palese e quindi sia percepito e riconosciuto
nell’effetto che questo uso delle risorse ha determinato anche da parte della collettività
che voi siete qua a rappresentare.
Un altro aspetto importante, sul quale ho costruito l’incontro di oggi è il seguente. La
responsabilità sociale d’impresa non è esclusiva delle imprese pubbliche. In sostanza, il
tema della responsabilità sociale è un tema che ha avuto ultimamente una sorta di
revenging, soltanto fino ad un paio di anni fa, nel pieno del boom della cosiddetta “net
economy”, della borsa che dava soddisfazione a piene mani, si faceva fatica a riflettere
intorno ai temi di responsabilità sociale, perché quello che sembrava trainare le imprese
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era esclusivamente l’ultima riga del conto economico, anzi era abbastanza esplicito il
fatto che vi fosse quasi una dominanza di una cultura aziendale orientata all’ultima riga
del conto economico. Il pendolo, anche un po’ sollecitato dalla spinta degli insuccessi e
dalla capacità di questa logica di bruciare risorse, ha riportato in auge quello che da
decine di anni si sta raccontando intorno a questo aspetto. In sostanza, è sempre più
chiaro e sempre più evidente che per qualsiasi impresa, sia questa pubblica, sia questa
privata, sia orientata a gestire servizi, sia orientata a produrre qualsiasi genere di bene,
l’elemento etico sociale si associa all’elemento economico e diventa una degli elementi
intorno ai quali l’impresa può essere, deve essere valutata.
Diciamo che negli ultimi anni, negli ultimi mesi soprattutto, questo ultimo aspetto è stato
ulteriormente enfatizzato ed è stato richiamato anche esplicitamente da tutta una serie di
interventi pubblici che, badate bene, non hanno un riferimento univoco dal punto di vista
ideologico. Se voi andate a leggere documenti ed esortazioni, questi arrivano dalle più
disparate fonti. Sono fonti che hanno certamente dei richiami molto forti a dei valori, ma
sono anche fonti che hanno dei richiami molto forti ad una pragmaticità quasi elementare
che è quella che dice: le imprese devono essere capaci di durare nel tempo e devono
essere capaci di preservare le risorse e di sviluppare opportunità affinché queste risorse
generino soddisfazione di bisogni svariati.
Quindi si è sviluppato il concetto di responsabilità sociale d’impresa. A me interessava
sottolineare, in questa prima battuta, come questa sia una sorta di restituzione all’impresa
di un suo valore, di una sua identità, di una sua finalizzazione, quindi di un recupero di
una funzione che l’impresa aveva, avrebbe e continuerà ad avere.
Il fatto però che si parli in questi termini in modo così esplicito, di responsabilità sociale
d’impresa e che questo sia diventato un elemento importante di riflessione, non deve farci
credere che questo sia un argomento di oggi. Spesso nel nostro Paese affrontiamo i temi
importanti, a me veniva in mente ascoltando il dibattito di prima, un dibattito che ho letto
sui libri, quasi libri di storia, un dibattito che si è svolto 40 e passa anni fa in Parlamento,
là dove si parlava di privatizzazioni, liberalizzazioni, ecc., sempre con questa logica dei
ritorni di importanza dei concetti. Il tema della responsabilità sociale d’impresa nel nostro
Paese, assolutamente in Italia, è un tema che è stato sviluppato e direi quasi in anticipo
nei tempi, addirittura negli anni 50, cioè in Italia si parlava di responsabilità sociale
d’impresa nelle facoltà di economia già molto prima che di questi temi se ne occupassero
negli anni 70 le grandi facoltà americane. E’ un primato che mi piace sottolineare perché
fa parte del nostro modo di pensare l’impresa, che è un modo del tutto particolare, che
ruota intorno a questa volontà di vedere nell’impresa uno strumento capace di orientare
verso soddisfazioni di bisogni nel lungo periodo e non soltanto verso la soddisfazione di
un unico bisogno legato all’ultima riga del conto economico.
Quindi è importante richiamare questo tema non come tema di moda, perché se
facessimo così, il rischio sarebbe classico nel nostro Paese, di lasciare passare una moda e
innamorarsi di un’altra moda. Anche qua, per chi di voi ha un po’ di esperienza in campo
aziendale e anche che ha esperienza in questo ambiente, ricorda che ci sono state tutta
una serie di interventi, di spinte ad utilizzare strumenti di moda. Ve ne cito uno, la total
quality management. Per anni c’è stata la grande ubriacatura dell’indirizzo ad utilizzare
innovazioni gestionali che rispondevano a questo tipo di etichetta, credo che alla fine di
tutto ciò sia rimasto poco, se non forse l’arricchimento dei consulenti o dei professori che
andavano in giro ad insegnarlo. Quindi è importante che anche dal vostro punto di vista,
per la responsabilità che avete in questa sala, proviate a leggere le cose che stiamo
cercando di proporvi oggi, non come qualcosa di cui tutti parlano ma come di qualcosa
che forse vi compete in quanto persone che hanno ricevuto una delega per governare la
cosa pubblica.
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Vediamo cosa significa sostanzialmente responsabilità sociale d’impresa. Innanzitutto è
chiaro che se parliamo d’impresa non dimentichiamo il fatto che l’impresa comunque è
un’organizzazione con dei precisi livelli di responsabilità di natura economica, quindi
parlare di responsabilità sociale d’impresa vuole dire associare a questi livelli di
responsabilità economica che ci sono, e anche qua è importante sottolineare come sempre
in Italia, sempre negli anni 50 e in questo caso nell’università dalla quale provengo, cioè
la Bocconi, i maestri dell’economia aziendale cercavano di risolvere un problema
importante, anzi determinante che per quasi 100 anni aveva generato conflitti, ossia la
responsabilità dell’impresa nei confronti del capitale e nei confronti del lavoro, cercando
di trovare degli equilibri, cercando di trovare quella che noi chiamiamo la
compenetrazione degli interessi, ossia soluzioni gestionali che fossero in grado di
garantire al capitale la soddisfazione dei propri interessi e nel contempo di garantire in
modo equilibrato gi interessi del lavoro.
Quando si parla di responsabilità sociale d’impresa, si associa alla responsabilità
economica qualcosa di diverso: la risposta e la coerente attività secondo principi etici, il
rispetto di norme, la dignità delle persone, il benessere della comunità, la qualità
dell’ambiente. Sono tutti temi intorno ai quali si sviluppa la riflessione di un’impresa che
sia davvero in grado di svolgere un ruolo di protagonismo nello sviluppo dell’economia e
della società. In sostanza, si tratta di dare all’impresa un ruolo ancora più rilevante di
quello del semplice strumento di sviluppo economico. Badate bene: partendo dalla
responsabilità economica. Responsabilità economica vuole dire capacità di fare in modo
che le risorse economiche non vengano ad essere sprecate, in un’ottica di efficienza che
dovrebbe comunque garantire lo sviluppo delle imprese.
Devo anche dire che nello sviluppo di queste tematiche, appunto negli ultimi 50 anni,
sempre con riferimento alla capacità di indirizzare del nostro Paese, abbiamo potuto
registrare tutta una serie di elementi, tutta una serie di supporti pratici, non teorici, che
dimostrano che laddove l’impresa, coerentemente con le attese di natura etico sociale del
momento in cui l’impresa opera, riesce a perseguire e gli stimoli economici e gli stimoli
di natura etico sociale, l’impresa è in grado di raggiungere più facilmente le proprie
finalità economiche e lo riesce a fare con minori tensioni nei confronti dell’ambiente, con
minori tensioni nei confronti del lavoro, con maggiore soddisfazione nei confronti del
capitale. Questa è una cosa che credo sia stata piuttosto sottostimata, perché meno
eclatante di tanti altri aspetti di conflittualità che spesso richiamano l’attenzione degli
storici.
In sostanza, l’orientamento verso obiettivi di razionalizzazione dei comportamenti
dell’impresa, che vadano oltre il singolo aspetto economico, significa che l’impresa si
domanda concretamente fino a che punto può svolgere un ruolo che travalichi il ruolo di
natura economica e qual è concretamente il livello di responsabilità complessiva a cui
l’impresa deve rispondere. Vi do un altro elemento quadro di premessa, diciamo che
parlare d’impresa significa spesso e volentieri confrontarsi tra chi crede che l’impresa
debba essere lo strumento giudicato attraverso la generazione di profitti e la distribuzione
dei profitti e chi dice che l’impresa deve essere giudicata attraverso la lettura della
capacità di consolidare il patrimonio e nel contempo di remunerare capitale e lavoro.
Sono due teorie diverse.
Chi si orienta verso la logica del profitto tout court, tende a dimenticare la responsabilità
d’impresa, perché la massimazione del profitto come obiettivo tout court, significa dare
una visione di breve periodo all’impresa. Il profitto, come opportunità per consolidare
l’impresa, remunerando capitale e lavoro, significa orientare l’impresa a durare nel
tempo. Badate che è una differenza sostanziale che alla fine premia e se guardate oggi le
prime pagine dei giornali economici, vedete l’esempio esplicito di un altro caso, in questo
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caso europeo, di forzatura da parte di management e forse anche amministratori, di
un’azienda molto ricca, molto conosciuta, forzatura dei comportamenti di questa impresa
per far emergere risultati economici di breve periodo che sono andati ad affossare il
valore dell’impresa, il capitale in questa impresa investito e concretamente le opportunità
di lavoro e di soddisfazione di bisogni dei clienti e dei lavoratori.
Insomma, se parliamo di responsabilità sociale dell’impresa, parliamo di qualcosa che è
importante, anche se volete dal punto valoriale, è un’affermazione forte, significativa e
ancora una volta mi fa piacere dirvi che di queste cose la cultura aziendalista italiana si è
fatta portatrice nel mondo.
Ancora, parlare di responsabilità sociale dell’impresa significa concretamente chiedere
all’impresa di porsi altre responsabilità. Qui c’è un termine, anche questo diventato di
moda, e quindi pericolosissimo, quando si parla di politiche per il lavoro e per il
cosiddetto sviluppo sostenibile. Personalmente, come avrete capito, sono sempre molto
preoccupato quando vedo in campo aziendale affiorare una moda, la moda mi preoccupa
perché tende ad essere poco concreta, poco consolidata, quindi un po’ effimera. Se si
parla di sviluppo sostenibile, in pratica noi ci confrontiamo con un’idea valoriale, cioè il
fatto che l’impresa nel crescere deve porre attenzione a qualcos’altro, però in realtà non
risolviamo quello che quelle due parole definiscono: cosa si intende per sviluppo e cosa si
intende per sostenibile. Guardate che soltanto questo aspetto basterebbe per mettere in
crisi voi, le vostre coscienze, le nostre coscienze e probabilmente il Consiglio Provinciale
molto più pesantemente della discussione che andrete facendo il prossimo venerdì.
Concretamente, nel momento in cui voi vi ponete l’obiettivo di governare risorse
pubbliche secondo una logica di sviluppo sostenibile, o risolvete il significato di questi
due termini oppure potreste dire tutto e il contrario di tutto. Ma il fatto di avere questo
tipo di obiettivo significa quantomeno sollecitare chi governa le risorse, private o
pubbliche, a dare un senso alla propria attività di governo e di indirizzo e a cercare di
esplicitare concretamente non solo il percorso che si vuole seguire ma tutta una serie di
obiettivi che si vogliono raggiungere contemporaneamente, che vanno al di là di quelli di
natura economica.
Parlare di sviluppo, quindi di responsabilità economica e sociale, significa rafforzare
concretamente quello che è il legame tra la società e l’economia e esplicitare
concretamente, ancora una volta, il legame forte che tra ciò che l’economia determina nel
suo operare e ciò che socialmente è determinato dall’operare dell’economia. Spesso si fa
l’errore di pensare che l’economia possa essere letta e interpretata in modo avulso che
l’effetto che l’economia ha sulla società. Spesso si ritiene di poter prendere una decisione
in campo economico in modo razionale tout court. In realtà la storia ci dimostra che il
massimo della razionalità economica che noi possiamo utilizzare ci impone di avere
sempre attenzione agli effetti e alle ricadute che queste decisioni, pur razionali, possono
determinare in un ambiente più vasto.
Quello che volevo sottolineare in questa prima fase di questa riflessione è che senso ha
oggi parlare di questo argomento. Certo, io credo che non sfugga a nessuno di voi che
stiamo parlando di un argomento che ha un grande riferimento di natura etica, però credo
che allo stesso modo a nessuno di voi sfugga come in realtà si vada oltre il concetto di
etica, perché non stiamo parlando soltanto di un modo d’essere, di una logica illuminista,
ma stiamo parlando concretamente di responsabilità. Stiamo parlando di responsabilità di
chi governa, di chi deve indirizzare l’uso di risorse e di chi risponde della responsabilità
che ha nel governare e nell’utilizzare le risorse. Anche qua, io sono molto preoccupato,
come credo abbiate capito sono una persona che crede nell’economia, sono 27 anni che
mi occupo di economia, di management, credo nell’impresa, credo nei valori
dell’economia dell’impresa, credo nella responsabilità dell’impresa, però sono anche
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molto preoccupato quando si affrontano temi come questo perché pochissimi anni fa, un
paio di anni fa quando sentivo qualche finanziatore d’assalto, e guardate li trovate da tutte
le parti, l’essere uomini della finanza d’assalto non ha etichetta di natura politica,
credetemi, sentire fare affermazioni forti, quasi estreme sul valore del denaro e sul valore
della finanza nello sviluppo dell’impresa, inorridivo perché l’impresa innanzitutto è
l’intraprendere, è il fare, il produrre, è generare soddisfazione attraverso qualcosa di
concreto o concretizzabile. Passata la buriana, oggi mi capita di sentire troppo spesso un
riferimento al ruolo dell’impresa tutto schiacciato sul sociale, che dimentica il valore
economico e la responsabilità economica dell’impresa. Anche qua, guardate, si va sul
sociale indipendentemente dalla vicinanza ad un certo tipo o un altro tipo di logica
politica valoriale.
Il pericolo è proprio quello di rimanere sempre schiacciati, o da una parte o dall’altra.
Quello di cui abbiamo bisogno, e abbiamo bisogno come cittadini, come clienti, come
persone che investono capitale e come lavoratori, è trovare un equilibrio. Un equilibrio
che si sostanzia in modo diverso, a seconda se stiamo parlando di un’azienda come
questa, un’azienda che governa le risorse pubbliche, sostiene l’attività economica
attraverso la propria capacità di regolamentare o se parliamo di un’azienda che produce
pneumatici o servizi.
In sostanza, quello che volevo cercare di sottolineare, prima di entrare a parlare del
bilancio di mandato con voi è che la volontà, l’indirizzo, la spinta a coniugare gli aspetti
sociali con quelli economici non solo è qualche cosa di valoriale, ed è importante anche
che ci sia qualcosa di valoriale nell’attività che noi svolgiamo, ma è anche e soprattutto
un modo attraverso il quale si sostiene l’attività della nostra azienda, sia questa l’azienda
provinciale di Milano, sia questa un’azienda che produce pneumatici opposizione eroga
servizi. E questo è l’elemento importante, cioè il porre l’attenzione a questi aspetti,
significa concretamente dare un’altra chance, un’altra opportunità, un altro abito alla
nostra attività, al nostro ruolo, alle nostre responsabilità.
Vediamo quindi, entriamo nel merito e parliamo di pubblica amministrazione. Se vale
questo richiamo alla responsabilità sociale dell’impresa per le imprese non pubbliche, che
quindi utilizzano capitali privati, immaginatevi quanto vale questo richiamo per le
imprese che usano risorse pubbliche e che da una parte nascono e si consolidano perché
hanno delle finalità di natura pubblica e scusate, questa volta vi parlo da persona che
regolarmente a maggio pensa male del nostro sistema fiscale, dovendo portare il proprio
740, anche un’azienda che vive e si sviluppa attraverso il ricorso delle risorse che la
collettività versa, secondo le logiche della tassazione. In sostanza, se vale per l’impresa
pubblica, a maggior ragione vale per chi, per finalità o per uso di risorse, è nel pubblico.
Nella slide trovate un richiamo anche giuridico, di indirizzo della Commissione Europea.
I richiami sono belli, i richiami sono importanti, fanno parte di un’etica morale, di
comportamento, però al di là di questo, mi interessava sottolineare due aspetti:
l’impresa deve essere in grado di dialogare, riflettere anche su tematiche di natura sociale
ed ambientale;
le amministrazione pubbliche devono integrare i principi della responsabilità sociale delle
imprese nel proprio sistema di gestione e praticarli nei confronti delle proprie parti
interessate.
Permettetemi una piccola riflessione storica. 20 anni fa, anzi per essere preciso, 23 anni
fa, sono andato con il professore di cui allora ero assistente, a parlare in Consiglio
Provinciale di un’altra città, Piacenza. Onestamente non ricordo la maggioranza che
governava allora quella città, però ricordo che si fece una grande fatica, e c’era anche
allora questa volontà di coinvolgere i responsabili d’indirizzo dell’attività della Provincia,
cioè i Consiglieri Provinciali, in una riflessione che portasse i Consiglieri Provinciali a
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responsabilizzarsi sull’uso economico e sociale delle risorse. Ricordo la difficoltà che
trovammo nel superare una resistenza culturale del Consiglio Provinciale di allora, di chi
diceva: no, cari bocconiani, non si parla di azienda in questa sede, si parla di sociale, qua
si parla di attività regolamentata dalle norme, si parla di responsabilità nell’uso adeguato
delle risorse, però l’economia, l’azienda, tenetele nelle vostre imprese.
Nel senso che, da persona che crede nell’amministrazione pubblica, indipendentemente
dagli spazi che nel momento storico si vogliono dare all’amministrazione pubblica, è una
questione di natura valoriale, che va bene e deve essere governata seconda dei modelli
che non compete a me discutere, io credo che sia fondamentale che ognuno di voi si senta
responsabile, al di là di quello che è il mandato ricevuto, nel sedersi in questa sala, anche
di fronte a questi richiami, anche di fronte a questo momento di natura molto ideale,
come spesso fa la Comunità Europea nel dare indicazioni, anche in questo caso, che
possono sembrare illuministe, nel dare concreta attuazione ad un modo di pensare, di
governare la risorsa pubblica, che sia un po’ più alto, un po’ più pregnante.
Lo schema che vedete richiama, per blocchi, alcuni strumenti che sono a disposizione
della pubblica amministrazione o in generale anche delle imprese. Guardate, un po’ di
moda lo è parlare di bilancio sociale, oggi il Presidente Caputo parlava di alcune
esperienze in campo privato e pubblico, quello che importa a me è sottolineare le
esperienze vere, quelle dove c’è davvero impegno, davvero un modo diverso di
interpretare il ruolo dell’impresa, e ce ne sono anche di consolidare. La cosa
assolutamente gratificante, sulla quale se vorrete potremo tornare e vi darò alla fine, se
avete interesse ad approfondire la tematica, il modo per contattarmi, la cosa
assolutamente gratificante è scoprire che le imprese che da più tempo si orientano a
questo tipo di finalità sono imprese che riescono ad ottenere risultati economici
importanti. Questo vale ormai quasi a livello storico, ormai è un consolidato.
Dicevo, gli strumenti sono vari, li possiamo vedere a gruppi di due. Programmi di
sostenibilità ambientale e investimenti socialmente responsabili sono degli strumenti in
grado di aiutare a interpretare il proprio agire, l’agire dell’impresa attraverso dei filtri. In
sostanza, dotarsi di questi strumenti vuole dire: ci diamo dei filtri attraverso i quali
sosteniamo, indirizziamo, sviluppiamo la nostra attività.
I codici etici e la formazione etica sono invece strumenti attraverso i quali si parla di
cultura. Qui permettetemi di fare una piccola pausa. Io dirigo da 11 anni credo il
programma italiano di formazione più conosciuto al mondo, il M.B.A. Ho persone
trentenni, cioè hanno laurea e almeno 4 anni di esperienza, che arrivano da 34 nazioni al
mondo e per 15 – 16 mesi sono in cattività da me, cioè vengono trattati perché possano
sviluppare e concretizzare delle competenze manageriali. Le cose che vi sto dicendo,
ovviamente, sono le stesse cose che dico a loro, nel senso che quando dico a voi che la
responsabilità d’impresa è quella, è la stessa cosa che insegno a loro, gente che arriva da
34 nazioni nel mondo, con un modello che viene chiamato modello italiano manageriale,
quindi che dà anche un certo valore al nostro essere diversi. Una cosa che ho imparato a
proposito di questi due strumenti, codici etici e formazione etica, è che è assolutamente
marginale l’effetto che si determina nell’insegnare o nel dare dei prontuari sui
comportamenti etici. Insegnare etica è quasi inutile. Quasi, lasciamo un minimo margine
alla possibilità di incidere nella cultura.
L’etica si fa, l’etica si dimostra, l’etica si realizza nei comportamenti. Il fatto di darsi
codici etici è importante, a condizione che qualcuno sia disposto a misurarsi con gli
stessi. E’ un po’ come dire: darsi delle leggi è importante se qualcuno le fa rispettare e se
qualcuno culturalmente richiama il valore etico della legge. Aspetto sul quale nel nostro
Paese stiamo un po’ perdendo i colpi, basta andare in giro in macchina per rendersene
conto.
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Dicevo, codici etici e formazione etica rappresentano dei richiami, delle forzature se
volete ma che hanno un loro senso. Mentre invece gli ultimi due, bilancio sociale e
certificazione etica, rappresentano modi attraverso i quali formalmente, ufficialmente,
nero su bianco, si danno elementi di giudizio sui comportamenti delle imprese. In
sostanza, sono strumenti che tengono ad oggettivare, tendono a fissare. Vi parlo della mia
esperienza accademica, finché dico a uno studente “guarda che non sei preparato”, ma se
gli do 13 e se magari glielo scrivo sul libretto, cosa che si potrebbe fare ma non si fa
perché rischieremmo di essere linciati dagli studenti, ma se comunque lo boccio, il
messaggio arriva.
La sostanza è un bilancio, una certificazione, fissa, chiarisce, mette nero su bianco,
esplicita e quindi obbliga alla trasparenza, obbliga a dichiararsi e a specchiarsi. Da una
parte obbliga a esplicitare ciò che si vuole fare su questo fronte, quindi responsabilità che
non è soltanto economica ma è anche sociale, ma soprattutto mette nelle condizioni di
dimostrare ciò che si è fatto. Immaginate in questo momento di essere dalla mia parte o
dalla parte del pubblico. Nel momento in cui noi cittadini, voi cittadini,
indipendentemente dal richiamo valoriale, che è giusto sia rappresentato anche attraverso
meccanismi di affiliazione di natura politica e partitica, ma nel momento in cui valutiamo
concretamente l’operare di chi ci amministra e vogliamo esprimere giudizi, ci manca
molto spesso la possibilità di capire cosa si fa e cosa si è fatto, quali sono gli obiettivi e
quali sono i risultati.
Luca Bisio prima diceva: “Non dimentichiamo ciò che abbiamo”. Vi racconto un
aneddoto: io per anni mi sono occupato di pubblica amministrazione, poi un po’ perché
attratto da altre cose l’ho messa un po’ ai margini. Quando volevo lavorare sul bilancio
del Comune di Milano e magari con qualche giovane assistente o qualche studente in tesi,
volevo entrare nel merito del bilancio, aspettavo pressappoco questo periodo, mese più,
mese meno, erano più lenti in quegli anni ad approvare i bilanci, perché bastava andare in
Consiglio Comunale a Milano e badate, le Amministrazione cambiavano, non erano
sempre le stesse, andare seduti in fondo il giorno in cui si approvava il bilancio
consuntivo e alla fine di questa operazione, che durava normalmente pochissimo, perché
era uno strumento considerato inutile, perché ormai chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha
dato, allungarsi un attimo e chiedere a un qualsiasi Consigliere Comunale: “Le serve il
malloppo? No, prendi pure. Vi garantisco, regolarmente ci portavamo a casa i bilanci da
studiare. Perché vi dico questo? Perché voi li avete già alcuni di questi strumenti. Ad
esempio, avete gli strumenti di programmazione, avete le relazioni che sostengono gli
indirizzi e sostengono i risultati.
Io credo che quanto stiamo discutendo oggi abbia senso solo ed esclusivamente se siamo
e saremo disposti a non buttare ciò che avete, a valorizzare ciò che avete e a investire su
uno strumento che è nuovo e che quindi ha delle potenzialità concrete di governo, di aiuto
nei confronti di questa Amministrazione, che genereranno con il tempo opportunità, che
dovrà crescere. Qualcosa l’avete già ed è importante, su questo faccio mia l’esortazione
di Luca Bisio, avete già qualche cosa in mano sul quale tra l’altro avete già investito
tanto, in modo molto positivo anche nei confronti del Consiglio e credo che questa sia
una cosa di cui potete andare fieri. Quali sono i principi?
Responsabilità e partecipazione.
Il fatto di attivare un ente pubblico a redigere strumenti che rendano conto determina
immediatamente in chi li redige, questi due effetti: primo, vi rende responsabili di ciò che
avete fatto in modo palese, esplicito, carta canta, ed una cosa importante perché vi dà
valore, vi dà concretamente un ruolo, che spesso viene un pochino schiacciato da questa
organizzazione e quindi vi mette, nei confronti di chi vi ha eletto o anche di chi non vi ha
eletto, in mostra, vi presenta, vi responsabilizza.
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Secondo, partecipazione. Io appartengo ad una generazione che ha fatto della
partecipazione un credo. Ricordo da studente, bocconiano ovviamente, quante litigate
con i miei docenti perché non capivamo, perché avevamo bisogno di essere coinvolti, ma
non per mettere in discussione. Anzi, una cosa che ho imparato è che la prima cosa da
fare, se vuoi contestare, è sapere. Tant’è che poi mi hanno tenuto, però c’erano alcune
cose che non capivamo, volevamo capire. Poi c’è stata l’ubriacatura eccessiva, quindi
sono stati messi un po’ troppo in discussione certi principi, certi valori, certe capacità.
Adesso siamo nella condizione in cui la gente, scusate se lo dico e se lo dico in un
santuario della rappresentanza politica, non si sente attratta da quello che fate voi, si sente
lontana, ed è grave, ve lo dice uno che ha la fortuna di avere i giovani di fronte. I giovani,
i ragazzi, hanno una voglia di essere protagonisti, anche in campo sociale, impressionante
ma non trovano sfogo. E’ inutile dirlo, le vecchie organizzazioni che fossero l’oratorio o
le organizzazioni partitiche non sono più in grado, non hanno più la capacità. Le nuove
modalità di aggregazione sono di altra natura e soprattutto cercano di fare altro, e hanno
degli strumenti valoriali che non sono molto attrattivi se non per certi sabati sera in
discoteca, ecc. La partecipazione invece è una responsabilità che vi portate e che potete
sviluppare, rendere conto significa anche mettere in condizione il cittadino di capire, di
conoscere, di interpretare, di dire la sua e, perché no, anche di aiutarvi. L’essere aiutati
come sensori dei bisogni, è fondamentale per chi governa le risorse e vi garantisco,
indipendentemente da come siete seduti in questa sala oggi e da che tipo di
organizzazione riconoscete come organizzazione che vi ha nominato. E’ indipendente,
assolutamente, questo vale comunque, da una parte, dall’altra o in mezzo.
Coerenza e inclusione.
Anche qua, esplicitare significa tentare di dare logica, coerenza al comportamento.
Guardate che anche da questo punto di vista le imprese hanno imparato che interrogarsi
sulla responsabilità economica e sociale significa razionalizzare, significa abbandonare la
logica del carpe diem e orientarsi, avere un indirizzo, una strategia non soltanto legata a
valutazioni di natura economica, che spesso sono di breve respiro, ma a sostegno.
Inclusione è l’aspetto che dicevo prima, quanto meno voi avete “n” attori che intorno a
voi operano. Ci siamo noi, i cittadini, ci sono i dipendenti di questa Amministrazione, ci
sono gli imprenditori, ci sono i lavoratori, ci sono coloro i quali hanno necessità di
regolamentazione pubblica, di un intervento economico pubblico, hanno necessità di un
sostegno pubblico. Tutte queste persone, spesso e volentieri sono lontane da voi, dal
vostro linguaggio, dalle vostre decisioni, dalla vostra prassi. E’ sbagliato, non voglio
tornare alla filosofia, però fino a quando non ci renderemo conto che il ruolo del governo
esclude chi ha governato, fino a quando non ci renderemo conto di questo, faremo fatica
a legittimare le nostre decisioni, perché saranno sempre distanti, saranno sempre
percepite attraverso un filtro che non è il filtro oggettivo della politica, della socialità, ecc.
Neutralità e multi prospettiva.
Parlare di neutralità in questa sala significa anche richiamare concretamente il mandato
che avete ricevuto, nel senso che spesso noi ci troviamo a leggere e probabilmente ad
interpretare come un mandato parziale, di parte. In realtà non è così. In realtà il vostro
mandato è assoluto, è un mandato che vi chiede di governare le risorse, secondo degli
indirizzi, secondo dei principi, dei valori. Quindi vi chiede di avere attenzione per tutti i
portatori di interesse, tutti coloro i quali convergono nel manifestare i loro interessi verso
la Provincia, quelli che ovviamente convergono verso la Provincia perché
istituzionalmente è loro attribuita la possibilità di convergere verso la Provincia. Questo
vuole dire tante cose, le vedete citate, però vuole dire anche richiamare un valore
strategico, un valore forte, alto dell’ente pubblico, che siano partner locali, che siano soci
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o possibili soci, che siano anche agricoltori piuttosto che cittadini che frequentano con
assiduità le vostre strade principali.
Utilità
Diciamo che c’è una cosa sulla quale spesso la pubblica amministrazione zoppica, ed è il
collegamento tra ciò che si è fatto e l’effetto che questo ciò che si è fatto determina sui
bisogni. Quello che manca, spesso, è la lettura della ricaduta di ciò che si fa, quanto
abbiamo soddisfatto, quanto abbiamo modificato, quanto siamo stati utili, efficaci.
Questo vuole dire anche introdurre un altro meccanismo, che è quello che in altre
occasioni vi ha richiamato il Professor Bisio, un meccanismo che si chiama, in termini
tecnici, di retroazione. Voi programmate, indirizzate, allocate, fate, leggete, valutate e
decidete se proseguire o meno su quella strada. Una delle cose che le imprese hanno
imparato a fare è valorizzare questo principio di retroazione, cioè il feedback, l’effetto
generato e su questa base riorientarsi, reindirizzarsi.
Significatività e opportunità
Intende dire, per esempio, che l’organizzazione apprenda da se stessa, fare in modo che
l’operare generi informazione, conoscenza e, perché no, una cosa che le imprese hanno
imparato a fare, che dagli errori nascono opportunità. Lo so che è difficile se si
interpretano gli errori in campo politico, ma se voi vi limitate a interpretare gli errori
significa accettare il fatto che un errore non possa essere giudicato esclusivamente
attraverso il filtro politico, perché è limitante per voi, per il vostro ruolo, ci sta. Ma se
l’errore diventa esclusivamente qualcosa attraverso il quale si genera effetto politico, la
vostra responsabilità nell’uso delle risorse viene deprezzata, perché non è esclusivamente
quello cui siete chiamati a far fronte.
Un altro aspetto importante, anche questo era nelle parole di Bisio, la responsabilità e
l’opportunità ha senso a condizione che queste attività durino nel tempo. Anche qua
permettetemi di fare qualche riferimento alle imprese che lo fanno da tempo. Le imprese
che hanno lentamente imparato a confrontarsi con la responsabilità economica e sociale,
e che nel tempo hanno consolidato questo confronto, hanno generato cultura. Io cito
sempre un imprenditore di una delle zone a più alta presenza di evasione fiscale d’Italia,
non è la Provincia di Milano quindi possiamo dirlo. Un imprenditore che ha visto
crescere intorno a sé tantissimi imprenditori, sostenuti anche dalla capacità loro di
svicolare al richiamo della normativa e alla capacità della nostra normativa fiscale di non
beccarli. Questo imprenditore si è convinto, a un certo punto, lo dico senza offesa per
nessuno, che il nero non paga, si è convinto sulla base di queste spinte, che si poteva
migliorare l’efficienza partendo da una forte capacità di non evadere e di rispetto delle
norme. Questo imprenditore, negli anni, ha visto i propri concorrenti che invece
ritenevano di poter essere sostenuti dal nero, cadere uno dopo l’altro, perché il nero non
aiuta a riflettere, non aiuta a cercare i propri errori, copre, determina delle incoerenze di
mercato, determina tutta una serie di problemi, che ovviamente sono rilevanti, soprattutto
in un sistema come il nostro che a volte è anche penalizzante. Oggi quell’imprenditore è
leader mondiale e sostiene in modo quasi esasperato questa sua capacità.
Verificabilità e attendibilità dell’informazione.
E qui ragazzi miei, scusate, ci sta tanto una riflessione pesante in un Consiglio
Provinciale. Io non so quanto voi siate consapevoli della difficoltà che noi cittadini
abbiamo di leggere quello che fate, di interpretare quello che fate. C’è una distanza
abissale tra il vostro linguaggio e il nostro, o meglio tra il vostro linguaggio qui dentro e il
vostro linguaggio fuori. Abbiamo bisogno di spiegare, abbiamo bisogno di farci capire e
abbiamo anche bisogno di dimostrare, e forse ci avvicineremmo di più al ruolo che
esercitate.
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Vuole dire, per esempio, avere dei principi di rilevazione, di informazione, di
comunicazione, di relazione. Insomma ve li cito, così ve li potete memorizzare. Abbiamo
parlato di responsabilità, di partecipazione, di neutralità, di multiprospettiva, di utilità, di
significatività, di opportunità per migliorare, di veridicità, di attendibilità e di
sistematicità. Stiamo parlando di un’opportunità. Vedete, quando uno strumento, in un
colpo solo, associato ad altri strumenti, con il tempo, imparando ad usarlo, imparando a
crederci, imparando a farci credere, offre tutte queste opportunità, io credo che
l’esperienza di chi questi strumenti li ha imparati ad utilizzare, dimostra che sia uno
strumento importante, quindi non da associare ad una moda, perché è uno strumento che
ha sostanza.
Quali sono gli obiettivi? Innanzi tutto offrire a tutti coloro i quali hanno interesse al
vostro operare, informazioni, un quadro completo, chiaro, esplicito, di ciò che fate, a tutto
tondo, richiamando un concetto di comunicazione che forse si è un po’ perso negli ultimi
anni. Un’altra piccola parentesi: la comunicazione è efficace quando è a due vie, ossia
quando voi comunicate e chi riceve la comunicazione riesce a capire e quando nel
comunicare siete disposti ad ascoltare, quindi ad avere degli strumenti di ascolto in grado
di capire concretamente cosa vi si chiede. Io credo che orientare l’agire di
un’amministrazione pubblica alla comunicazione sia una grande sfida, e sia una sfida
gratificante per voi innanzi tutto, per chi lo fa, per chi può uscire da una costrizione che è
difficile da sostenere. Mi rendo conto ogni tanto leggendo i resoconti dei vostri lavori e
della difficoltà che uno ha nell’amministrare, nel tenere viva una voglia di amministrare.
Vuole dire anche fornire informazioni utili sulla qualità dell’attività svolta, ampliando
anche sul fronte etico sociale la conoscenza, l’esperienza, l’effetto del vostro operare.
Badate bene, noi come cittadini, abbiamo bisogno di capire, abbiamo bisogno di
conoscere, abbiamo bisogno di poter interpretare ciò che fate e abbiamo concretamente
bisogno di ricevere rassicurazione su quello che fate, ora credo più che mai. Permettetemi
ancora una volta di fare riferimento al ruolo del professore, tutte le volte in cui io sono
riuscito a far capire ai miei studenti che cosa succede in queste aule, pulendo la
comunicazione dalle difficoltà che avete di comunicare, tutte quelle volte sono riuscito a
far capire concretamente il valore di queste sale, quindi a recuperare un po’ di immagine
del vostro ruolo.
Quali sono gli strumenti? Li abbiamo citati, nelle imprese gli strumenti si chiamano
bilancio sociale o, attenzione, questo è un modo attraverso il quale, chiamando
diversamente la stessa cosa, si fa un po’ di confusione, nel terzo settore si chiama bilancio
di missione, da noi si chiama bilancio di mandato. Potremmo chiamarlo Giuseppe,
avrebbe lo stesso significato, la genesi, il DNA è sempre lo stesso, risale alla stessa
volontà di responsabilità ampia, di responsabilità che travalica quello economico per
consolidare il ruolo dell’impresa.
Cos’è concretamente il bilancio sociale? E’ un bilancio, quindi è un documento. E’ un
documento quanti qualitativo, quindi che fa dei numeri e delle parole, che si affianca ai
documenti di rendicontazione che già le imprese hanno. In poche parole, valorizza le
informazioni che le imprese hanno e tende a fornire a chi è interessato altre informazioni,
altri approfondimenti, altre conoscenze. In sostanza non si sostituisce ma si affianca. Per
tornare alle parole di Bisio, nelle imprese il bilancio sociale funziona quando è funzionale
la capacità di rendicontazione economico patrimoniale, quando il bilancio è davvero uno
strumento in grado di interpretare l’andamento dell’azienda e quando a fianco del
bilancio si utilizzano tutta un’altra serie di strumenti in grado di aiutare l’azienda a
svolgere il proprio lavoro.
E’ un processo. Processo significa che non è un atto fine a se stesso, è una serie di atti
collegati tra di loro, attraverso il quale si danno giudizi. E’ un processo attraverso il quale
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si permette di giudicare, di valutare, di verificare, però è anche un documento. E’ un
documento che comunica, un documento che letto dà informazioni e che ovviamente
deve essere scritto in modo tale che chi lo legge, cioè il portatore di interesse, possa avere
informazioni che lui o lei sa interpretare. Quindi permette di leggere l’organizzazione,
permette di leggere i risultati, permette di leggere gli effetti. Questo ha senso a condizione
che sia autonomo, che sia periodicamente redatto, quindi che sia qualcosa in cui l’azienda
crede, che sia consuntivo, che sia pubblico. Anzi, le aziende che ci credono ne fanno
quasi uno strumento d’immagine, giovedì in Borsa Italia si parlerà dell’andamento delle
imprese che fanno parte del gruppo ..., quindi quelle piccole e medie imprese che stanno
in borsa e che rappresentano il cuore dell’economia italiana, una delle cose sulle quali
l’amministratore delegato della Borsa S.p.A. sottolinea si dovrà parlare giovedì è anche la
capacità delle imprese di fare questa cosa, quindi di comunicare, di dare un senso, un
valore in termini di risultati.
Dovrebbe essere redatto da tutte le organizzazioni, cioè dovrebbe essere uno strumento
come il bilancio, qualcosa su cui concretamente ci si confronta. Non è soltanto dati, ma
da questo punto di vista credo di avere già abbastanza approfondito la riflessione.
Perché redigere il bilancio sociale quindi? Innanzi tutto per far capire, ed è la sfida, la
vostra sfida. Per far capire, gestire e comunicare i rapporti esistenti fra un’organizzazione
e i suoi interlocutori, se chi amministra non fa capire è un problema, per dare di conto,
rendicontare in modo efficace come si è agito, l’effetto, la ricaduta dell’agire e soprattutto
per chiedersi qual è l’effetto e, perché no, per fare in modo che l’organizzazione possa
raccogliere fiducia attorno a sé, sia questa un’impresa, sia questa una organizzazione no
profit, sia questa un’amministrazione pubblica. E’ anche un modo attraverso il quale si
hanno feedback da coloro i quali sono interessati. Le imprese hanno imparato a ricevere
feedback dai bilanci sociali. Culturalmente vuole dire radicalizzare la volontà del
miglioramento continuo, cioè credere che l’impresa sia da orientare in modo tale da poter
continuamente avere l’umiltà di mettersi in discussione. C’è anche chi lo fa per avere una
certificazione etica, ci sta, a me non piace ma va bene anche quella, è come chi introduce
la qualità per avere la certificazione di qualità e non perché questa migliora il modo
attraverso il quale si opera, però va bene, è una spinta per legittimare nei confronti
dell’ambiente di riferimento l’essere azienda e per avvicinare l’impresa alla realtà in cui
opera, che sia questa vasta o che sia limitata.
Vediamo velocemente quale potrebbe essere il circolo virtuoso del bilancio sociale. Se si
pubblica il bilancio sociale, cioè si redige il bilancio sociale e quindi si esplicita, si deve
essere nelle condizioni di raccogliere la comunicazione a due vie, bisogna farlo orientati a
raccogliere effetti della comunicazione, quindi a raccogliere comunicazione, ad essere
sostenuti nel proprio operare dalla comunicazione. Se si è in grado di ascoltare il proprio
ambiente di riferimento, si è anche in grado di riorientare il nostro agire. Anche qua, uno
dei problemi di chi governa è essere lontano da chi è governato, continuare in modo
assoluto, autoreferenziale, a credere che quello che crede chi governa sia effettivamente
ciò di cui ha bisogno chi è governato. Questo è un errore che si fa a destra o a sinistra, in
Italia o all’estero, è un errore grave della politica, un errore che allontana la politica da chi
è governato. Se si ascolta si è in grado di riorientare. Nell’impresa è facilissimo, è il
mercato che aiuta, più un’impresa impara ad ascoltare il mercato, più è in grado di
soddisfarlo, quindi se sta sbagliando strada a correggere, correggere in senso economico,
in senso sociale. Credo che tutti abbiate letto cosa sta succedendo intorno a McDonald’s.
McDonald’s per la prima volta chiude, non solo chiude, rallenta il processo di espansione
in tutto il mondo, cioè il numero esorbitante di siti che aveva pianificato di aprire è stato
ridotto pesantemente. Non solo, in alcuni casi chiude. Fino a quando McDonald’s
cresceva, non si poneva il problema della responsabilità sociale, adesso se lo pone, e
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come, anzi iniziate a vedere McDonald’s come sponsor di tutta una serie di attività.
Certo, è evidente che in questo momento è una soluzione da apprendimento da trauma, se
dovesse entrare una cultura magari avremo una nuova McDonald’s, avremo un nuovo
sistema che, a fianco degli hamburger ci darà un modello culturale di sviluppo. Chissà,
mai dire mai.
Tutto ciò genera concretamente opportunità, genera sviluppo e per la pubblica
Amministrazione è ancora più facile. Possiamo dire che la triade di effetti è la seguente.
Partecipazione, voi avete sostanzialmente bisogno di coinvolgerci, a tutti i livelli, avete
bisogno di allontanarvi da quella torre nella quale la politica vi sta mettendo, il linguaggio
vi sta mettendo, la burocrazia. Avete bisogno di ritornare ad avere relazione con il vostro
mandante e noi abbiamo bisogno di capire concretamente, anche perché capendo è più
facile rispettare. E voi avete bisogno di rispetto, non solo per il vostro lavoro ma per ciò
che fate concretamente, ciò che volete attuare. Avete bisogno di volontà di seguire le
vostre indicazioni. Vale a livello provinciale, a livello regionale, a livello nazionale,
quando non si capisce è difficile seguire. Serve perché comunica, quindi enfatizza,
valorizza, esplode il vostro ruolo. Non potete non comunicare. Non potete essere
sconosciuti a chi governate, non potete permettervi che quanto voi fate sia lontano da chi
è governato da voi. Guardate bene, questo vale per tutti coloro che siedono in questa sala.
Poi serve anche per permettervi di valutare e di gestire, quindi sostanzialmente è uno
strumento utile nella pragmaticità del quotidiano, quindi vi dà opportunità di guida,
usando un termine inglese, di managerialità, vi dà opportunità di immagini ma vi dà
anche sostegno. Quindi è uno strumento di consenso, di fiducia e di legittimazione
sociale, e ne abbiamo bisogno. Ne abbiamo bisogno molto anche noi che siamo dall’altra
parte, perché se si perde la possibilità di interpretare, si perde anche la possibilità di
credere e se si crede poco diventa un problema.
Vediamo concretamente come la comunità provinciale può essere coinvolta in una logica
di bilancio di mandato. Diciamo che ci sono almeno tre famiglie di stimoli. La prima è
quella legata al concetto di sostenibilità ambientale e che, come sapete, credo faccia parte
del DNA di questa istituzione, è uno dei ruoli che malgrado le varie riforme delle
riforme, lo Stato italiano ha riconosciuto alla Provincia. Ovviamente questo significa
anche essere in grado di avere una sensibilità, una chiave di lettura sulla collocazione del
vostro ente, che ovviamente va a differenziare la Provincia di Milano da quella di
Mantova, ecc., c’è un patrimonio diverso, ecc., è inutile che vi sto a tediare, conoscete
meglio di me.
Un altro aspetto è la coesione sociale. Un ente pubblico ha delle grandi responsabilità
attraverso delle norme di regolamentazione, attraverso la volontà di preservare la cultura,
l’identità sociale, ecc. Poi, perché no, all’ente pubblico è riconosciuto un ruolo di
sostegno economico, di regolamentazione economica, di sviluppo o di facilitazione.
Anche qui credo che sia importante usare gli strumenti che la nonna ci mette a
disposizione per sostenere questo ruolo.
Quali sono i vostri stake holders, quali sono coloro i quali possono essere interessati a
voi? Iniziamo dal collegamento più facile, i cittadini. Però è veramente più facile, quasi
quello più scontato, in realtà anche gli altri soggetti hanno bisogno e ne ricavano effetti:
le altre pubbliche amministrazioni, i dipendenti, i rappresentanti sindacali, le altre
imprese, forse anche voi Consiglieri, perché è uno strumento che vi legittima, vi aiuta, vi
dà opportunità, volontariato, associazioni, dipende poi dalle singole realtà provinciali. In
sostanza, il cittadino che vi dà il mandato è il primo riferimento perché c’è un elemento
istituzionale che vi collega a questo stake holder ma il vostro ruolo tocca, influenza e
necessita di relazione a più ampio respiro. Il fatto di essere in grado di comunicare i vostri
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risultati, le vostre capacità di operare in questa logica, vi porta concretamente ad
avvicinarvi, a dare, a fare e ad essere concretamente più efficaci.
Questa slide vi ricorda quello che diceva il Professor Bisio prima, e ve la racconto ancora
una volta con una metafora, una storia personale che è fatta di 23 anni di studio e di
intervento nel pubblico. 20 anni fa era un problema parlare di costi in queste aule, perché
esisteva una logica che diceva che il costo non fosse importante, perché si parlava di
autorizzazione a spendere, secondo una logica di natura finanziaria. Chi di voi vuole
andare a leggere un po’ di documentazione di solo 20 anni fa dei lavori di questo Palazzo,
c’erano delle grandi riunioni in cui si era in dialettica su bilanci preventivi che
autorizzavano a spendere, poi si passavano i risultati di quello spendere in pochissimi
minuti. Pensate che c’erano degli enti che approvavano il bilancio consuntivo dopo 10
anni dalla conclusione dell’esercizio. Mi è capitato di assistere ad un’approvazione di 10
anni di bilancio in una sera, sembra un film comico o drammatico, 10 anni di risultati
buttati in 20 minuti. Era la prassi, perché la logica allora era autorizzativa, era essere
legittimato burocraticamente a spendere, dopodiché i risultati li abbiamo visti, nel bene e
nel male.
Poi abbiamo imparato che quella cosa che è una regola dell’economia, cioè le risorse
sono scarse, vale anche per la pubblica amministrazione, le risorse sono scarse. Allora
abbiamo iniziato ad introdurre la logica della cosiddetta contabilità economica, che aiuta
concretamente a capire l’effetto di una decisione in termini di sostituzione di risorse ad
altre risorse, banalmente, quindi aiuta a governare questo ente con maggiore attenzione a
quello che è un valore di natura economica importante. Ma vi permette anche di scegliere
concretamente non soltanto attraverso valutazioni di natura sociale ma anche attraverso
valutazione economica dove indirizzare le risorse, secondo una valutazione di tipo
politico, valoriale, ecc., e di rendicontare l’utilizzo delle risorse secondo anche questo
strumento, non soltanto di natura burocratico amministrativa.
La contabilità sociale si associa, si affianca, completa una capacità di valutazione e anche
di responsabilità di chi governa la cosa pubblica. Ancora una volta, la capacità da parte di
un’amministrazione pubblica di rispondere di ciò che fa, credo sia una capacità di grande
valorizzazione del ruolo dell’amministrazione pubblica stessa.
In sostanza, cos’è il bilancio di mandato? Il bilancio di mandato è l’opportunità di fare
queste cose, è l’opportunità di dare valore al vostro lavoro qui dentro, di esplicitare il
valore generato, di esplicitare l’effetto del vostro operare e di esplicitare la ricaduta nella
comunità locale di ciò che fate nel momento in cui prendete decisioni di indirizzo, di
risorse in questa aula.
In sostanza è un processo che aiuta a governare e riflettere, è un processo che aiuta a
coinvolgere, è un processo che avvicina, che quindi nella sostanza vi permette di rendere
conto a più soggetti del motivo per cui esiste un’organizzazione come questa e nel
contempo vi permette di ricevere feedback sull’effetto che voi siete in grado di generare
attraverso la vostra capacità di indirizzare risorse, quindi di soddisfare concretamente le
attese di chi ha espresso interesse sul vostro operare.
Per chiudere, io credo che sia importante immaginare il ruolo dell’ente provinciale in
crescita. Perché è importante? Perché innanzitutto ne abbiamo bisogno noi come
cittadini, secondariamente ne ha bisogno l’istituzione, perché se non diamo un ruolo
aperto, forte, percepito a ciò che fate, alla fine rimane una struttura, anzi come direbbe un
filosofo di due secoli fa una sovrastruttura, e una sovrastruttura prima o poi diventa
obsoleta, viene ad essere spazzata e sarebbe un peccato perché le risorse che governate, le
responsabilità che avete, le opportunità che avete, indipendentemente dagli schieramenti,
dell’affiliazione ecc., sono responsabilità fondamentali, importanti, utili, direi necessarie.
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L’ultima raccomandazione che vi faccio, poi passeremo alle domande, se ne avete voglia,
se non ci sarà la Juventus a trascinarci, è se vi interessa riflettere intorno a queste cose,
fatelo. Se vi interessa approfondite, metabolizzate, andate a vedere cosa hanno fatto gli
altri, non soltanto quelli che lo fanno perché è di moda, andate a vedere gli effetti di chi lo
fa da 10 anni, andate a vedere i limiti di chi lo fa da 10 anni e le difficoltà che hanno
incontrato. Interrogatevi sulla volontà di usare uno strumento come questo in modo
efficace, sostanziale. Se tutto questo vi porterà a ritenere che questo possa essere uno
strumento da affiancare agli altri, allora buttatevi, sapendo che come tutti gli strumenti,
all’inizio avrà bisogno di rodaggio. Io ricordo, adesso lo dico con il sorriso, però allora
era una cosa veramente deprimente, ricordo i primi budget in campo sanitario. C’è
qualche medico qua? Ci sarebbero, li abbiamo eliminati in questa riunione, allora posso
parlare male dei medici. Immaginate quanto possa essere difficile pensare che un
primario debba fare di conto nel suo operato, perché c’è una cosa che si chiama
autonomia clinica. Ci abbiamo messo un po’ di anni, perché la sanità utilizza risorse,
tante, quindi è bene che impari anche a utilizzarle secondo le logiche quantomeno di
natura economica. Non solo, ci mancherebbe, però sapere quanto può costare un presidio
piuttosto che un altro. Quando finalmente abbiamo convinto i medici, i primari, che
dovevano non solo valutare l’aspetto sociale ma anche quello economico, quindi nel
prendere decisioni tra un’operazione e l’altra devono essere anche in grado di capire che
magari certi presidi potevano essere utilizzati là dove servivano e non dove non
servivano. A un certo punto, le procedure che sono state inventate dalla pubblica
amministrazione hanno fatto sì che questi poveri primari passavano più tempo a
compilare, allora non c’erano i fogli Excel e compilavano, mettevano numeri, dati, ecc.,
più di quello che era loro richiesto per fare il primario. E andavano, l’idiozia della
burocrazia è fenomenale, a dover rilevare informazioni di natura economica, in un
ospedale emiliano, persino sulla carta igienica consumata in divisione, per arrivare poi a
dare delle indicazioni economico gestionale assolutamente inutili. Un rischio che si corre
sempre nella pubblica amministrazione è di innamorarsi degli strumenti e perdere l’utilità
dello strumento stesso.
Se vi piace, se ritenete che questo possa essere valorizzante per voi, impariate ad usarlo,
impariate concretamente a dare un valore ad uno strumento e via via, con il tempo, sarete
in grado di affiancare le vostre capacità di lettura attraverso la contabilità finanziaria,
attraverso l’economica, attraverso la programmazione, anche quelle di natura economico
sociale.”
Nel frattempo sono entrati in aula gli Assessori Cadeo, Iannace e Vermi e i Consiglieri
Cherubini, Matteucci e Menegatti. (presenti 40)
Sostituisce il Segretario Generale dott. Corrado, il vice Segretario Generale dott.ssa
Pujatti.
Consigliere Mezzi: “Più che una domanda, l’avevo anticipato al Presidente, è una
proposta. Siamo di fronte all’evoluzione degli strumenti che hanno a che fare con la
programmazione finanziaria degli enti pubblici, della pubblica amministrazione, in questi
anni è avvenuto quello che è avvenuto, abbiamo approfondito gli scorsi mesi il panorama
degli strumenti a disposizione dell’ente. Questa sera approcciamo un nuovo strumento,
che credo abbia un grado ridotto di diffusione all’interno della pubblica amministrazione.
Io devo ringraziare il professore perché è stata molto utile e interessante la
comunicazione che ha svolto. Faccio una proposta al Presidente e al Consiglio,
sicuramente credo che quando sentirete il titolo di ciò che sto per proporre, la prossima
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volta quando ci vedremo, se ci vedremo, ci sarà ancora meno colleghi rispetto a quelli di
questa sera. Sto per proporre un seminario di questo tipo sul tema della contabilità
ambientale, cioè il bilancio ambientale. Gli strumenti si stanno sempre più specializzando
e ci sono approcci al tema del bilancio ambientale che sono abbastanza vicini a questo
che abbiamo avuto modo di conoscere stasera. Propongo al Presidente, con l’ausilio della
struttura tecnica, di valutare l’opportunità di ritornare sul tema dei bilanci e della loro
specializzazione, a partire da questo argomento che sta cominciando a prendere piede
anche nel nostro Paese, fa parte degli strumenti che hanno a che fare con gli strumenti di
programmazione finanziaria da un lato e gli strumenti più in generale che stanno
all’interno del tema della sostenibilità ambientale, tanto per dare qualche elemento di
contenuto rispetto ad una provocazione che il professore ha fatto all’inizio della sua
comunicazione. Ci sono 6 Province e 12 Comuni in Italia, piccoli e grandi, che stanno
sperimentando il tema della contabilità e del bilancio ambientale. Non c’è la Provincia di
Milano, ma non sta a fare polemica, essendo io all’opposizione, se in Provincia di Milano
si cominciasse a ragionare anche in questi termini e cominciare a sperimentare queste
formule per quanto riguarda gli strumenti di programmazione finanziaria, potrebbe essere
un elemento di utilità io credo.”
Consigliere Occhionorelli: “Anch’io volevo ringraziare il Professor Mazzoleni per
l’ottima relazione. Tra le altre cose, quello che mi ha colpito, è il fatto che il bilancio
sociale, che io ho letto in questi ultimi tempi come un mezzo, uno strumento in più, anche
per fare un po’ di scena sia per le aziende pubbliche che private, mi perdoni,
effettivamente così come lei l’ha illustrato questa sera, può diventare un nuovo strumento
di comunicazione. L’osservazione che lei ha fatto nel corso della sua ampia relazione,
relativa al fatto che la gente non si sente attratta dalla politica, non capisce il linguaggio
della politica e non capisce il linguaggio della gente che fa politica, che è un tema che io
ribadisco sempre in quest’aula, i colleghi mi possono dar atto che è un tema, io dico: sono
qui, rappresento la gente, rappresento i cittadini, io voglio parlare per la gente, lavorare
per la gente. Quindi il bilancio sociale potrebbe essere effettivamente un mezzo più
semplice per far capire alla gente cosa serve, per esempio, l’istituzione Provincia, non
solo per le competenze perché è un modo abbastanza tecnico per argomentare, mentre
dire: gli obiettivi, la realizzazione degli obiettivi sociali, è questo il bilancio, noi facciamo
queste spese, siamo qui per questo, veniamo pagati per questo, diventa estremamente
importante.
Peraltro devo dire, mi pare due anni fa, io avevo letto un libro, “Dare et Habere”, che era
la storia di un mercante milanese, che è stata mi pare anche oggetto di una
rappresentazione teatrale, dove c’era un mercante che diceva: io lavoro, ma perché
lavoro? Lavoro perché produco, quindi mantengo la mia famiglia, ma lavoro anche
perché do lavoro. Lavoro e tratto bene mia moglie, non perché è mia moglie ma perché se
la tratto bene, lei conduce bene l’azienda famiglia. Oltre a ciò faccio solidarietà, ma non
faccio solidarietà perché sono buono, ma nella misura in cui faccio solidarietà, riesco a
raggiungere un coinvolgimento, soprattutto un’adesione da parte della gente, quindi il
mio bilancio sociale non era solo quello di lavorare per l’azienda ma di arrivare ad una
serie di elementi. Io l’avevo letto con molto interesse, perché a mio giudizio questo è un
libro da riscoprire, ma non per leggere, perché amministrare, essere amministratori oggi,
essere Consiglieri in un’azienda pubblica e fare politica, vuole dire riscoprire queste
radici e sapere perché si fa.
Devo fare anche un’altro esempio. Così come nelle aziende pubbliche bisogna riscoprire
questo bilancio sociale, ma tenere d’occhio anche il bilancio economico e finanziario, io
per esempio che sono la responsabile di dell’associazione di donne, Movimento Italiano
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Casalinghe, ho fatto un libretto con il bilancio economico per le famiglie. L’azienda
famiglia ha molti obiettivi sociali ma a volte non riesce ad arrivare alla fine del mese
magari senza un quattrino, allora ho insegnato loro, abbiamo fatto addirittura un corso
che è stato il primo di questo genere. Questo per dire che a mio giudizio quello che ha
detto lei è importante perché, a fianco al bilancio economico che sicuramente ha valenza,
perché i quattrini sono e le risorse sono quelle, dobbiamo anche scoprire qual è la
capacità di realizzare gli obiettivi per i quali noi siamo nati. Nella famiglia è la
conduzione della famiglia e nella Provincia la realizzazione di questi obiettivi. Io trovo
che se noi Consiglieri riuscissimo ad applicare, almeno in parte, faccio riferimento alle
doti di autonomia, di multi rappresentanza, io sono convinta che la politica invece di
diventare un gioco di parti, a volte piuttosto squallido, di potere, e di gestione tout court,
potrebbe diventare, certo anche tutte queste cose, perché purtroppo c’è anche un pezzo di
queste cose, ma proprio l’esercizio nobile di una professione. Allora la gente, lei che è
cittadino, ci riconoscerebbe non come quelli che gestiscono la cosa pubblica ma quelli
che fanno quello che altrimenti non potrebbe essere fatto, ovvero gestire delle risorse e
realizzare degli obiettivi del bilancio sociale.
La ringrazio perché questa riflessione è una riflessione che io personalmente
approfondirò.”
Consigliere Nucci: “Questa proposta che è affascinante, interessante perlomeno, forse
non ho capito bene, c’è un aspetto, capisco che è qualcosa di diverso dagli strumenti che
già ci sono, obbligatori per legge, ma anche se non fossero obbligatori sempre qualcosa
del genere bisognerebbe inventare. Però non capisco molto bene se si avvicina più ad un
concetto di consuntivo o a un concetto di preventivo. Qualora fosse più vicino ad un
consuntivo che a un preventivo, come potrebbe intervenire un Consigliere, idealmente
per esempio di minoranza, se fosse solo una comunicazione di quello che è avvenuto, sia
pure motivata, giustificata, ben comunicata. Vedo un po’ di difficoltà in questo aspetto,
almeno a capire io e, come conseguenza, come corollario, se è più una cosa di Consiglio
o più una cosa di Giunta, tanto per restare nel nostro meccanismo. Se poi è
completamente al di fuori di questo meccanismo, va bene lo stesso, però vorrei capirlo
meglio.”
Professor Mazzoleni: “Provo a rispondere alle vostre sollecitazioni, iniziando anche qui
con un’esperienza personale. Noi abbiamo bisogno di migliorare il modo di utilizzare la
risorsa pubblica, indipendentemente dall’appartenenza. Questo credo sia importante che
ce lo diciamo, nel senso che in questo momento storico, che è un momento difficile per
l’economia e per la società, indipendentemente da chi governa, è importante dotarsi di
strumenti che migliorino la possibilità di governare. Perché vi dico questo? Perché voi
avete colto un elemento importante, che però va enfatizzato. Quando si parla di strumenti,
si parla di strumenti e quindi è c’è a monte una volontà di strumentalizzare lo strumento,
quindi di orientarlo, finalizzarlo a qualche cosa che migliori il governo, la
comunicazione, le cose che abbiamo detto prima, oppure il rischio vero è quello di cadere
nello strumento. Quindi, in sostanza, il fare qualche cosa che va semplicemente ad
aggiungere: carta, tempo, liti, ecc.
Rispondo insieme alle due domande. Lo strumento è redatto a consuntivo e che attraverso
il consuntivo legittima questo consesso nel valutare ciò che è stato fatto, nel richiamare le
capacità dell’Amministrazione di soddisfare i bisogni, ma soprattutto di orientare. Voi
sapete, una delle riflessioni forti che sta facendo l’Italia negli ultimi 7 o 8 anni è quella
che permette a questo sistema, cioè al Consiglio, di recuperare un ruolo, che è il ruolo del
Consiglio, che è diverso dal ruolo della Giunta. La Giunta certamente può trarre beneficio
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dal bilancio di mandato, ma io credo che in assoluto la prima istituzione che ne trae
vantaggio sia proprio il Consiglio, perché:
- ha formalizzato ciò che è stato fatto e l’effetto che ciò che ha fatto ha determinato;
- richiama nei confronti della collettività delle valutazioni su ciò che è stato fatto;
- mette le condizioni che ha l’onere di indirizzare, quindi di portare a compimento
degli indirizzi, di avere degli strumenti per poterlo fare.
Quindi è certamente a consuntivo, però in quella logica che avete già visto in altre
occasioni, che vede la programmazione figlia di un risultato, quindi in questo modello
circolare che alimenta, attraverso i risultati, la nuova capacità di programmare. In questo
senso è difficile differenziare la previsione con il consuntivo, è sempre una strada che si
alimenta.
Per quanto riguarda invece il discorso dell’applicabilità, della facilità, ecc., io credo che
sia proprio un problema di cultura. Lei ha mostrato, attraverso quel libretto, una cosa che
io ho detto un po’ incidentalmente, si parla di responsabilità sociale sottolineando il fatto
che si associa alla responsabilità economica. Una famiglia che non è in grado di arrivare
ad un equilibrio, è una famiglia che può essere sociale quanto vuole, ma non regge.
Un’amministrazione pubblica che non sa governare le risorse, quindi che dimentica le
responsabilità sull’uso delle risorse, è un’amministrazione pubblica che può essere
sociale quanto vuole, etica quanto vuole, ma non è in grado di fare, perché le mancano le
risorse.
Chiudo dalla premessa che ho fatto con questo intervento. Ho quasi smesso di occuparmi
di pubblica amministrazione in un momento storico nel quale ho fatto lo stesso
intervento, allora si parlava di programmazione e controllo, in due amministrazioni,
governate da due alleanze diverse. Tecnicamente sono andato in due amministrazione, ad
aiutare a sviluppare uno strumento di programmazione e controllo, nello stesso periodo,
da una parte governava una parte, dall’altra governava un’altra. Casualmente sono
arrivato a conclusione dei due modelli nello stesso periodo, a distanza di una decina di
giorni, e mi sono trovato in difficoltà, perché quella lettura parziale che lei prima ha
citato, la politica che a volte ci allontana dal ruolo, ha fatto sì che da una parte fosse
attaccato come strumentale ad un certo esercizio di potere, da quella stessa parte che
dall’altra parte doveva difendere. Cioè in due enti sono stato attaccato, a seconda di dove
ero, dall’opposizione che dall’altra parte era governo.
Io credo che voi abbiate una responsabilità forte come amministratori: fare in modo che
gli strumenti siano strumenti e quindi servano. Dopodiché li interpretate, li utilizzate, li
valutate, giusto. Ma se togliete il valore dello strumento, perdete delle opportunità del
vostro ruolo. Poi questo, il bilancio economico, il controllo di gestione, tutto quello che
volete, il bilancio ambientale, sono tutte cose che hanno senso a condizione che si parta
dal presupposto che vi aiutano. Che poi aiutino in un anno, in due anni, a generare
cultura, ecc., questo dipenderà da tante cose, anche perché guardate che ci abbiamo
messo 10 anni per parlare di costi e forse ancora adesso qualche volta dimenticate il
valore del costo di fronte alla burocrazia, quindi ci sta. “
Professor Bisio: “Secondo me è importante perché in un lucido io ho visto una cosa che
noi ci siamo detti implicitamente per tutti i 7 incontri che abbiamo fatto su
programmazione e controllo. Il Professor Mazzoleni ha parlato del Consiglio e di uno dei
portatori di interessi, uno degli stake holder, sono gli stessi Consiglieri, quasi come se ciò
che il Consiglio vota in preventivo, non sia scontato che lo capisca. Noi abbiamo molto
lavorato sull’aspetto di rendere comprensibile il preventivo, non alla minoranza, ma alla
maggioranza e alla minoranza, quindi a recuperare il ruolo della relazione previsionale e
programmatica per far capire il bilancio. In questo senso il bilancio sociale, che è
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tecnicamente un rendiconto, è uno stimolo a rendere chiaro cos’è il preventivo e cosa c’è
scritto nel preventivo, altrimenti non riesco a capire cosa sto rendicontando perché non ho
partecipato a quelle scelte.
Quindi, prima ancora che uno strumento di comunicazione esterna, è uno strumento di
comunicazione interna, nel momento in cui il primo che si deve appropriare del bilancio
del Consiglio per toglierlo dal punto di vista di una tecnocrazia quasi ragionieristica.
Quindi sicuramente non è un preventivo, il preventivo è la relazione previsionale e
programmatica. Però, andando a monitorare in modo forte i risultati su vari portatori di
interessi, anche segmentati, sono molto facilitato a renderlo più chiaro a voi come
Consiglieri prima di tutto. Questa è la prima risposta.
L’altro aspetto, avevamo detto all’inizio e Mazzoleni l’ha confermato bene, il bilancio va
in Consiglio e questo è il primo paletto per renderlo autorevole, perché non è una
pubblicità, uso apposta un termine abbastanza banale o grezzo in questa sede, è una
comunicazione pubblica e un poco nei ragionamenti fatti, il Presidente del Consiglio
come organo degli enti locali diventa il validatore della comunicazione pubblica, quindi
diventa di Consiglio, perché comunque è chiaro che l’esecutivo lo porta come risultati ma
nel momento in cui si vota un rendiconto o si ragiona sullo stato di attuazione dei
programmi che sono le basi del bilancio sociale, lo si valida anche sull’attendibilità dei
dati, sulla chiarezza dei dati. “
Dopodiché, alle ore 19.25 del 25 febbraio 2003, il Presidente del Consiglio toglie la
seduta e significa che il Consiglio è convocato per venerdì 28 febbraio 2003.
Del che si è redatto il presente verbale che viene come in appresso sottoscritto.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
(Roberto Caputo)
IL SEGRETARIO GENERALE
(Salvatore Corrado)
IL VICE SEGRETARIO GENERALE
(Piera Pujatti)
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25 febbraio 2003 - Città metropolitana di Milano