SVIZZERA ITALIANA
E MISSIONE
BOLLETTINO INFORMATIVO TRIMESTRALE
DEGLI ORGANISMI MISSIONARI E DI missio-Svizzera
1–2007
«LA DIGNITÀ
DI CHI LAVORA
VA RISPETTATA»
Invocazione
Signore, brucia il cuore
SOMMARIO
Invocazione
«Signore, brucia il cuore»
Apostolato della preghiera
2
2
Editoriale
Matrimonio e famiglia, vocazioni
comuni
di fra Martino Dotta
3
Campagna ecumenica
Dare dignità al lavoro, una questione di fede
di Daria Lepori
4
Resoconti dalle Missioni
Mbikou, ordinazione diaconale
di Marco Castelli
di Marco Castelli
5
Esperienza di catechesi familiare a Espino
di Gabriella Mella
6
I missionari martiri del 2006
di Mauro Clerici
8
Concordia, una visita a p. Elia
di Pier Giorgio Tettamanti
9
Lettere dalle Missioni
Esperienze per riflettere
di Margherita Morandi
10
Gruppi missionari
L’associazione «Amigos para
sempre»
di Marco Bernasconi
12
Botteghe del Mondo
Made in… dignity
di Daniela Sgarbi Sciolli
Signore nasce forza,
se tu mi nutrirai:
il pane tu mi porgi ed è la novità.
E allora uscirò per dire a chi non spera
che il buio della notte in te è luce ormai.
Signore, cresce amore,
se tu sarai con me:
gli occhi m’hai dischiuso ed è la libertà.
E allora diverrò la tua primavera:
la Pasqua che mi doni in tutti fiorirà.
(da: «Lodate Dio», Lugano 19853, nr. 623)
APOSTOLATO DELLA PREGHIERA
13
Infanzia Missionaria
Con i bambini per imparare la
solidarietà
di Margherita Morandi
14
Notizie CMSI/missio
Proposte e ringraziamenti 154
L’ultima
Una matita in ogni casa
Signore, brucia il cuore,
se tu ti svelerai:
parola che si offre ed è la verità.
E allora volgerò il passo all’avventura
e il fuoco della gioia il cuore accenderà.
16
IMPRESSUM
Gruppo di redazione:
Augusto Anzini; Carlo Carbonetti (segreteria); fra Martino
Dotta (responsabile); Romano
Eggenschwiler;
Margherita
Morandi; Piergiorgio Tettamanti
Credito fotografico:
1,4,8,14 Sacrificio Quaresimale; 9 Pier Giorgio Tettamanti; 11 Maria del Sasso
Franscella; 12 Sandro Colonna; 3,6,7 Archivio CMSI; 12
claro fair trade
Stampa: Procom SA, Bioggio
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
2 / 1-2007
Aprile 2007
– Intenzione missionaria: «Il numero delle vocazioni
presbiterali e religiose nell’America settentrionale e nei
paesi dell’Oceano Pacifico aumenti per rispondere adeguatamente alle esigenze pastorali e missionarie di
quelle popolazioni».
– Intenzione della chiesa svizzera: «Incontrando Cristo,
giovani e adulti scoprano la vocazione personale e seguano il Signore che chiama».
Maggio 2007
– Intenzione missionaria: «Nei territori di missione non
manchino, nei seminari e negli istituti di vita consacrata, formatori buoni e illuminati».
– Intenzione della chiesa svizzera: «I media contribuiscano a trasmettere un quadro positivo delle religioni,
del dialogo ecumenico e interreligioso, promuovendo
così la pace fra le culture».
Giugno 2007
– Intenzione missionaria: «Con la sua presenza e la sua
azione la chiesa nel Nord dell’Africa testimoni l’amore di
Dio verso ogni individuo e ogni popolo».
– Intenzione della chiesa svizzera: «La festa dell’eucarestia – fonte di tutta la vita cristiana – ne è il punto cruciale».
Editoriale
Matrimonio e famiglia, vocazioni comuni
L’istituzione familiare è sempre di più al
centro del dibattito pubblico, sia esso civile che religioso. Le cifre sui casi di separazione, divorzi, famiglie monoparentali o ricomposizione di nuclei familiari, in Ticino
come nel resto della Svizzera, sono impressionanti e denotano una fragilità crescente dei rapporti interpersonali. Sono indici di tale precarietà delle relazioni familiari l’aumento della violenza giovanile o
l’incapacità di assumere impegni a medio o lungo termine, in qualsiasi ambito
dell’esistenza collettiva o individuale. Si registra pure
un progresso preoccupante
della rottura dei legami coniugali o parentali nelle coppie miste sul piano culturale
o religioso. Ne sono un
esempio le unioni tra una
donna svizzera ed un uomo
d’origine straniera, membro
di un’altra religione (come
l’Islam). Le conseguenze per
il coniuge non svizzero e per
gli eventuali figli sono spesso ancor più drammatiche di
quelle che toccano nostri
concittadini, poiché la separazione conduce sovente alla
perdita dell’alloggio e del
lavoro e addirittura del permesso di soggiorno. A ragione, al riguardo di tutto ciò,
costata mons. Pier Giacomo Grampa nell’introduzione della sua terza lettera pastorale, Non hanno più vino (Lugano 2006):
«matrimonio e famiglia […] vivono oggi
trasformazioni profonde e patiscono una
crisi che ne intacca l’identità e la validità».
E prosegue il Vescovo: «è in atto un forte
ridimensionamento del valore e dell’importanza tanto del modello tradizionale di
matrimonio, quanto del significato e del
valore della vita di famiglia».
Prendere nota di un sintomo, si sa, è
necessario, tuttavia non basta per diagnosticare la malattia e per prescrivere una
cura adeguata. Andare alle radici dei cambiamenti in atto attorno alla famiglia e al
matrimonio significa analizzare i fondamenti (sempre più eterei, a dire il vero)
della nostra società, nonché le trasformazioni delle mentalità e gli orientamenti che
essa sembra seguire. È un compito non facile, però, a motivo del sempre più complesso intreccio di influssi e relazioni, a li-
vello microscopico come universale. La famiglia sta quindi subendo le trasformazioni
sociali e culturali in corso, mentre le persone che la costituiscono sembrano essere
sempre meno in grado di affrontare in maniera costruttiva i mutamenti in questione.
La famiglia pare essere più una vittima
del sistema contemporaneo (leggi la pressione del mercato del lavoro o finanziario,
le mode collettive, i modelli da imitare, il
confronto con culture diverse dalla nostra, ecc.) che
uno degli attori principali.
Anzi, nel discorso politico
come in quello culturale essa
è spesso relegata a un ruolo
marginale. In genere, in
questo processo di graduale
‘espulsione’ di matrimonio e
famiglia dal gremio collettivo, fanno eccezione le chiese, che però spesso si limitano a rilevare i problemi o a
ribadire le posizioni tradizionali. È pertanto da salutare
positivamente lo sforzo di
mons. Grampa e della
Diocesi di Lugano di «riflettere su alcuni aspetti di questa realtà tanto fondamentale per il contesto sociale e, al
tempo stesso, in profonda crisi, perché
messa in discussione da molti problemi,
nuove difficoltà e fallimenti» (Non hanno
più vino, p. 6). Ancor più, l’attenzione prestata «sulla vocazione più comune e più
diffusa dei cristiani» può risultare promettente proprio a partire dalle situazioni di
precarietà: non tanto per dare loro una legittimità giuridica, quanto per offrire «alle
famiglie in difficoltà» un’autentica accoglienza pastorale (vedi il Piano di pastorale
familiare della Diocesi di Lugano, elaborato
dalla Commissione diocesana di Pastorale
Familiare nell’ottobre 2005 ed approvato
dal Vescovo, pubblicato in appendice a Non
hanno più vino, pp. 81-102).
Cercare di ricostruire dei rapporti ecclesiali di vero sostegno alla famiglia ed al
sacramento del matrimonio è quindi l’obiettivo della riscoperta che tale forma di
vita corrisponde a una chiamata divina fondamentale, a cui ogni credente è tenuto a
rispondere. È la missione affidata a tutti
noi, nei diversi ambiti di vita e di testimonianza cristiana.
fra Martino Dotta
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
1-2007 / 3
Campagna ecumenica
Dare dignità al lavoro, una questione di fede
Le due organizzazioni di cooperazione
allo sviluppo Pane per tutti e Sacrificio
Quaresimale – in collaborazione con
Essere solidali – conducono ogni anno,
durante il periodo della Quaresima che
precede la Pasqua, una Campagna
ecumenica. Questa è pensata e realizzata unitamente da donne e uomini
appartenenti alle due principali confessioni cristiane in Svizzera: quelli
della Chiesa cattolica romana e quelli
della Chiesa riformata. Si tratta di un
fatto unico in Europa e nel mondo.
La Campagna ecumenica della Quaresima affronta tematiche sociali e di politica di
sviluppo. La Campagna vuole essere uno
stimolo alla ricerca di senso, alla riflessione, alla condivisione, all’agire equo. In tutta la Svizzera è seguita e sostenuta attivamente da molte parrocchie, comunità di
credenti, scolare e scolari, famiglie e singole persone. Grazie al ricavato della colletta
che conclude la Campagna ecumenica le
due organizzazioni realizzano la gran parte
dei loro progetti nel Sud.
Il lavoro e la dignità umana
Con lo slogan: «È la nostra fede: il lavoro deve rispettare la dignità umana», Pane
per Tutti e Sacrificio Quaresimale continuano il loro impegno a favore dei diritti umani. Mostrano come le persone che vivono
nei Paesi del Sud possono essere aiutate
ad ottenere maggiori diritti in ambito lavorativo. È un tema attuale: qui e al Sud, e ci
sprona a metterci in discussione, come
persone e come credenti.
C’è un tempo per il lavoro e uno per il riposo, ognuno ha il diritto di avere a sufficienza per vivere: sono valori basilari contenuti nella bibbia. Li troviamo formulati in
modo più moderno e giuridicamente efficace nelle norme dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), pensate per
un’equa regolamentazione del lavoro. Parlano di salari giusti e definiscono la nozione di salari minimi (living wages), obbligano al rispetto delle leggi vigenti che regolano la retribuzione, gli orari di lavoro, il
diritto alle vacanze, proibiscono ogni discriminazione in base a sesso, religione o etnia, mettono al bando il lavoro forzato e ribadiscono il diritto di ognuno a organizzarsi sindacalmente.
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
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Purtroppo la pressione
esercitata dal mercato
mondiale, dalla disoccupazione, dalla mentalità
dilagante che fa dell’avarizia e dell’egoismo qualità positive, minacciano
d’intaccare le conquiste
sociali appena affermate.
Chi ne fa le spese sono
quasi sempre lavoratrici
e lavoratori di Paesi del
Sud o di zone altrimenti
svantaggiate.
Ma ci sono altri dati
che devono preoccupare. L’OIL ha calcolato che qualcosa come 200 milioni di bambine e bambini tra i 5 e i 14 anni è impiegata come forza lavoro a buon mercato in agricoltura, nelle miniere, nell’industria.
Schiere di bambine e ragazze sono obbligate a servire nelle economie domestiche
di tutto il mondo, dove sono sfruttate senza alcun riguardo. Non è esagerato parlare
di lavoro forzato e di schiavitù, fenomeni
che invece dovrebbero essere stati superati da tempo.
Un impegno concreto
Contro questo stato di cose è possibile
fare qualche cosa. Per esempio partecipando all’azione di politica di sviluppo High
Tech – No Rights per computer prodotti in
dignità. Di fronte alla realtà occultata delle
condizioni di lavoro nella filiera di produzione di PC, Pane per Tutti e Sacrificio Quaresimale incoraggiano cittadine e cittadini a
utilizzare il loro potere di acquisto per esigere dalle grandi marche di computer –
Dell, Hewlwett Packard, Acer, Apple, Fujitsu Siemens – il rispetto dei diritti fondamentali di chi lavora per loro (anche se non
come dipendenti diretti). Come tutte le imprese hanno infatti una responsabilità che
va al di là della crescita della cifra d’affari e
dei guadagni degli azionisti. In nome di
questa responsabilità sociale, le nostre due
organizzazioni vogliono richiamare all’ordine i giganti dell’hardware. Per fare ciò abbiamo bisogno dell’aiuto di ognuno: spedite le cartoline che abbiamo appositamente
preparato (ancora ottenibili telefonando allo 091 922 70 47).
Daria Lepori
Resoconti dalle Missioni
Mbikou, ordinazione diaconale di Marco Castelli
Lo scorso mese di gennaio, nella missione di Mbikou è stato celebrato da
mons. Michele Russo un fatto singolare: con il consenso del Vescovo di Lugano, Marco Castelli è stato ordinato
diacono. Volontario laico fino a qualche mese fa, Marco assume ora nella
Diocesi di Doba un compito tutto da
scoprire. È un motivo di gioia anche
per la nostra Diocesi, oltre che per
quella ospite del Ciad. Ne riferisce lo
stesso don Marco, quasi in presa diretta, raccontando in particolare i sentimenti da lui provati negli ultimi mesi.
Pur essendo passati circa sei mesi dalla
mia richiesta fatta a mons. Pier Giacomo
Grampa per accedere all’ordine del diaconato, questo lasso di tempo mi è sembrato
durare un niente. Così, quasi fra capo e
collo mi sono ritrovato il giorno dell’ordinazione con appena il tempo di passare alcuni giorni di ritiro presso le Suore Francescane Missionarie di Maria Ausiliatrice, attive nella parrocchia di Beti, senza poter veramente caricarmi di emozioni particolari.
Forse questo è avvenuto perché lontano
da un contesto familiare e ecclesiale a me
più prossimi ed emotivamente più sensibile. Se il tempo passa più rapidamente da
voi in Europa, pure qui, fra un impegno e
l’altro, i giorni si susseguono velocemente.
Ciò per dire che l’ordinazione diaconale è
stato un evento da me non ancora ben
assimilato, a motivo anche della mia vita
da fedele laico vissuta intensamente, una
condizione che non ho ancora del tutto
superato. Qui non vi sono molte occasioni
particolari per vivere il diaconato come
ministero (presto ci sarà il servizio all’altare soltanto la Domenica, più qualche occasione legata ad eventi diocesani). E per la
gente l’importante è che poi mi possa
ancora chiedere: «Verrai ancora a curare i
nostri buoi?».
Di sicuro, per la parrocchia di Mbikou, la
mia ordinazione diaconale è stata un avvenimento molto importante. Con diverso
tempo di anticipo, i fedeli si sono organizzati per preparare la celebrazione e una
festa veramente curate, tali da essere
ricordate a lungo. La celebrazione eucaristica, con annesso il rito di ordinazione, è
stata vissuta in un silenzio quasi surreale
da una popolazione a volte assai distratta e
da bambini particolarmente vivaci. Ma quel
giorno nessuno fiatava e i bambini erano
tranquillissimi. Il rituale di ordinazione è
stato tradotto in ngambay, e io ho dovuto
rispondere in questa lingua. La paura di
sbagliare mi ha tenuto un po’ sul chi vive,
ma poi tutto e filato via liscio. Di certo, per
me i regali più belli sono stati il raccoglimento della gente presente alla funzione e
i loro gesti di stima, come pure la vicinanza dei miei compagni, di alcuni missionari
e missionarie, dei genitori e degli amici più
cari che mi hanno manifestato il loro sostegno con lettere, sms e telefonate. Come
già ho scritto, dopo questo breve tempo
vissuto da diacono, mi è impossibile dire
cosa è cambiato per me. In parrocchia i
punti di riferimento rimangono i sacerdoti.
Già prima come laico avvertivo di non aver
alcun peso, visto che in parrocchia è normale che sia il sacerdote ad avere questo
ruolo, sia perché è visto come un’autorità,
sia perché rimane colui che dispensa i
sacramenti.
Per il momento, il diacono Marco è ancora colui che si prende cura degli animali, e
penso che sia bello così. Io ero venuto qui
senza un ruolo preciso, senza compiti specifici e mi sono ritrovato a fare da veterinario. Ciò non m’impedisce di captare i problemi e di parlare con la gente. C’è già chi
spera che ritorni come presbitero, e ciò è
un segnale incoraggiante. L’Africa purtroppo indurisce il cuore, vuoi per il clima poco
favorevole, vuoi per la marea di richieste,
che si dovrebbero (e si vorrebbero) soddisfare, ma che si deve quasi sistematicamente accantonare per non creare dipendenze e disparità di trattamento e, non da
ultimo, inutili illusioni e frustrazioni. Forse
dovrò attendere il ritorno in Europa per
poter sciogliere il mio cuore, per dar sfogo
alle mie emozioni. Ma intanto mi godo
l’Africa, continuando a captare quei segnali che mi aiuteranno a dire di non essere
rimasto invano in questa terra, che quasi
totalmente rimane impenetrabile, incomprensibile, misteriosa. Andrò quindi scoprendo la ricchezza del ministero diaconale, a poco a poco in parte nel tempo che mi
rimane di vivere qui, dandomi a questi fratelli ricchi di talenti da scoprire e valorizzare attraverso la Parola che converte e
salva e che già è presente nel cuore di ogni
uomo.
Marco Castelli, diacono
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
1-2007 / 5
Resoconti dalle Missioni
Esperienza di catechesi familiare a Espino
La trasmissione della fede e della pratica religiosa è anzitutto un compito
della famiglia. È un’affermazione che
viene spesso ripetuta, anche dalle nostre parti, mentre incontra sovente
difficoltà di applicazione: non è sempre ovvio coinvolgere i genitori o renderli attori principali della formazione
catechetica dei loro figli. Eppure è solo
motivandoli a svolgere un ruolo più attivo in quest’ambito, come in quello
della vita parrocchiale, che si riesce ad
istillare nelle generazioni più giovani il
seme della fede ed il desiderio di dare
una forma concreta alle proprie convinzioni spirituali. È quanto sperimentato con il percorso formativo elaborato nella parrocchia di Espino (Venezuela) e messo in pratica ora a livello
diocesano.
Per quattro anni, nella parrocchia di
Espino abbiamo fatto l’esperienza, direi
positiva, della catechesi familiare con i
bambini che si preparano a ricevere il sacramento della Prima Comunione, coinvolgendo i loro genitori (in particolare le
mamme, poiché gli uomini lasciano questa
responsabilità alle donne). Abbiamo iniziato questo progetto perché siamo convinti
che gli insegnamenti che rimangono di più
ai bambini sono quelli trasmessi dalla famiglia, con l’ esempio e il modo di vivere. Altrimenti tutto si ridurrebbe ad un «corso»
qualsiasi, limitato ai bambini e alle catechiste.
Lo svolgimento della formazione
Le catechiste, aiutate da un materiale
già preparato, si riuniscono per discuterlo e
per adattarlo alla realtà della comunità, per
renderlo più semplice, tenendo conto
anche delle esperienze fatte negli anni precedenti. Viene preparato un foglio per la
catechista, un altro più semplice da lasciare ai genitori e un foglio con un disegno, un
canto e delle attività per i bambini da fare
con le loro mamme e riportare poi agli incontri in parrocchia.
Una volta la settimana le mamme nei loro quartieri e nelle loro case a turno s’incontrano con la catechista. I gruppi sono
piccoli per far modo che l’incontro, oltre a
una catechesi, sia uno scambio di esperienze e tutte le presenti possano espriSVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
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mersi. Nei giorni successivi, esse conversano con i loro figli ed elaborano così il materiale da riportare alle catechiste.
Facciamo anche degli incontri, dove recitiamo il rosario nelle case con grande entusiasmo delle mamme. È è un’occasione per
imparare ad avvicinarsi alla preghiera e per
stimolare l’abitudine di pregare in famiglia.
All’inizio è difficile far accettare ai genitori l’idea che anch’essi partecipino al Corso per la Prima Comunione dei loro figli,
ma cammin facendo ne sono contenti. In
tal modo, si crea un’unione anche fra di loro, mentre conoscono e vedono degli
aspetti del Vangelo e della vita cristiana e
si avvicinano di più alla chiesa, che sentono più prossima alla realtà quotidiana e
non solo limitata al culto della domenica.
È un’esperienza bella pure per i catechisti, anche se laboriosa, e come tutte le cose a volte presenta talune difficoltà. Infatti
non sempre è facile riunire, specialmente
all’inizio, le mamme che a volte hanno
avuto discordie tra di loro, alcune invece
non trovano il tempo di conversare e di
preparare il materiale con i loro figli, che
Resoconti dalle Missioni
ma Comunione e della Cresima con durata
di 1-2 anni, come si è fatto fino ad ora, ma
si darà la priorità alla catechesi degli adulti e alla formazione dei catechisti (questa
già avviata essendo stato sperimentato in
precedenza un ciclo di due anni).
Pure la catechesi degli adulti ha una durata biennale nel corso del quale si da la
possibilità a chi non avesse ricevuto ancora dei sacramenti di prepararvisi. L’idea è
che i frutti siano oltre che realizzare una
comunità cristiana più unita e attiva, di formare dei nuovi catechisti e agenti di pastorale.
Ai bambini viene proposto un «itinerario
cristiano» che dura dagli otto anni fino ai
sedici, mentre i loro genitori devono essere iscritti all’itinerario degli adulti. Durante
questi otto anni i ragazzi riceveranno i sacramenti del Battesimo (o rinnoveranno le
promesse battesimali), della Prima Comunione e della Cresima, non come traguardo
conclusivo ma come tappe di un percorso
che forma dei veri cristiani adulti sulle tracce di Gesù.
Gabriella Mella
così si ritrovano a farlo da soli. Quando terminiamo il ciclo degli incontri ci riuniamo
con le mamme per sentire i lati positivi e
quelli negativi, per esprimere quale argomento le ha maggiormente toccate e anche
per discutere come possiamo realizzare
concretamente tutto ciò che abbiamo appreso e vissuto durante i mesi della formazione catechistica. Alcune riprendono l’abitudine di andare in chiesa la domenica
(molte vi erano legate da ragazze poi se ne
erano allontanate); altre, anche se non
molte, decidono di partecipare attivamente
alle attività pastorali della catechesi e della
pastorale sociale; altre ancora manifestano
di sentirsi ora meglio con gli altri e con se
stesse.
Un percorso rinnovato
A partire dall’ottobre del 2006, dopo un
incontro di tutti i sacerdoti della nostra
Diocesi (Diocesi di Valle de la Pascua) e
dei Coordinatori parrocchiali con il nostro
Vescovo, si è deciso di rinnovare la catechesi a livello diocesano. Non ci saranno
più le preparazioni ai sacramenti della PriSVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
1-2007 / 7
Resoconti dalle Missioni
I missionari martiri del 2006
Anche l’anno scorso non meno di ventiquattro missionari cattolici sono stati
uccisi, in diverse parti del mondo, a
causa del loro impegno pastorale e
sociale.
Papa Benedetto XVI, nell’Angelus del 24
settembre del 2006, citando la Lettera di
Giacomo: «Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace» (3,18), aggiunge: «queste
parole ci fanno pensare alla testimonianza
di tanti cristiani che, con umiltà e in silenzio, mettono la propria vita a servizio degli
altri per il Signore, lavorando concretamente come servi dell’amore e, per questo,
come artefici di pace. A qualcuno viene a
volte addirittura chiesta la testimonianza
suprema del sangue. Non c’è dubbio che
seguire Cristo è difficile, però, come lui
stesso dice, solo chi perde la vita per causa
sua e del Vangelo, la salverà (cf Marco
8,35), dando pieno senso alla sua esistenza. Non esiste altra via per essere suoi discepoli; non esiste altra via per testimoniare il suo amore e tendere alla perfezione
evangelica».
La riflessione del Papa quel giorno era
stata dettata dal ricordo commosso di suor
Leonella Sgorbati, missionaria della Consolata assassinata il 16 settembre 2006 a
Mogadiscio. Molti pensano che i martiri appartengano ad altri secoli o ad altri mondi.
No, sono fratelli e sorelle comuni che hanno scelto Cristo, mettendolo davanti a tutti
gli interessi umani. L’Agenzia Fides ne segnala 24 per l’anno 2006, ma certamente
sono molti di più coloro che – per annunciare il Vangelo e la sua liberazione – sono
stati perseguitati fino a dare la vita. Non è
storia dell’impero romano, ma di oggi: ancora ai giorni nostri si muore a causa di un
certo Cristo! Forse non finiranno sugli altari come martiri riconosciuti ufficialmente
dalla chiesa, ma è fondamentale che rimanga vivo il loro esempio per il tributo da
loro dato alla crescita della chiesa in tutti i
continenti, al servizio della promozione
umana e dell’evangelizzazione. Sono stati
coscienti dei rischi che hanno corso, ma
hanno dato priorità all’impegno di testimoniare con i fatti, prima ancora che con le
parole, la buona notizia del Vangelo.
I corpi di alcuni sono stati ritrovati, ore o
giorni più tardi, vittime di aggressioni, furti
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
8 / 1-2007
in contesti sociali di particolare violenza, di
degrado umano e di povertà, che questi artigiani di pace cercavano di rendere meno
pesanti con la loro presenza e il loro lavoro. Alla lista dei 24, dobbiamo aggiungere
l’elenco di tanti fratelli sconosciuti dei quali
non avremo mai notizie, che soffrono in
ogni angolo del mondo e pagano con la vita
la fedeltà a Cristo. Il Papa, ricordandoli
nell’Angelus di Santo Stefano, ha affermato: «penso a quei cristiani che mantengono la fedeltà senza venire a compromessi,
a volte anche a prezzo di gravi sofferenze.
Tutta la chiesa ammira il loro esempio e
prega affinché continuino a perseverare,
sapendo che le loro sofferenze sono fonte
di vittoria, anche se al momento possono
sembrare una sconfitta».
La statistica fredda ci dice che nel 2006
sono stati assassinati 17 sacerdoti, 1 religioso, 3 religiose e 3 laici, di cui 11 morti
in Africa, 8 nelle Americhe, 4 in Asia e 1 in
Oceania. L’Agenzia Fides aggiunge che, nel
decennio 1990-2000, ben 604 sono stati i
testimoni del Vangelo caduti sul terreno. Di
tutti e di ognuno di loro, la chiesa invita
ogni anno a far memoria il 24 marzo. L’esempio che ci danno sia di stimolo a noi
cristiani comodi per un impegno più profilato nella grande vigna del Signore!
Mauro Clerici
Resoconti dalle Missioni
Concordia, una visita a padre Elia
Nel gennaio del 2006 sono andato a trovare padre Meo Elia nella sua Missione di
Concordia, situata nel nord del Brasile, a
circa 120 km da Belem. Mi aspettavo di ritrovare il medesimo Saveriano conosciuto
a Brescia ed invece ecco un uomo completamente trasformato, un missionario immerso da capo a piedi nel suo lavoro con i
poveri. Intendiamoci, p. Meo è sempre gioviale, cordiale e pacato come quando veniva in Ticino ad animare le giornate di formazione per la Conferenza Missionaria, ma
ora che opera in prima linea, a contatto
con la miseria e confrontato con mille problemi,
ha adottato uno stile di vita assai differente.
La sua abitazione di legno, alquanto malandata,
è aperta a tutti e la gente
del posto ne approfitta
largamente. Arrivano già
al mattino presto e tutti
hanno qualcosa di chiedere. P. Meo è sempre disponibile, attento ai bisogni
materiali e spirituali della
gente.
La missione di Concordia è assai vasta e comprende diversi villaggi di
povere capanne, sparsi
nella foresta. P. Elia li visita regolarmente, spostandosi con una vecchia jeep che a volte rimane impantanata nel fango delle piste disastrate. Nella stagione delle piogge, le trasferte diventano molto problematiche anche con un veicolo a quattro trazioni. P.
Meo celebra l’eucarestia nelle chiesine di
legno con il tetto in lamiera che non si differenziano molto dalle abitazioni e poi dedica l’intero pomeriggio alla visita di ammalati ed anziani. In ogni villaggio può
contare sull’aiuto di alcuni catechisti, uomini e donne. Sono loro ad animare la liturgia della Parola nelle domeniche in cui il
missionario è impegnato altrove e le catechesi per adulti e bambini.
Di solito, c’è sempre qualche famiglia
che invita p. Elia a pranzo nella propria capanna e lui mangia e beve ciò che gli mettono sul piatto, non preoccupandosi troppo
della qualità dei cibi e della mancanza d’i-
giene, in sintonia con il consiglio evangelico. Ma il nostro missionario ha dalla sua un
fisico eccezionale ed una salute di ferro e
sopporta egregiamente trasferte molto faticose ed i menu dei campesinos.
Partì da Brescia quattro anni or sono, lasciando le comodità, la comunità, la direzione della rivista Missione Oggi, i libri ed il
computer. Non ha rimpianti, anzi è molto
contento del suo nuovo impegno. Afferma
che per lui, la promessa di Gesù Cristo a
chi lascia tutto per causa sua e parte, si è
avverata. Tuttavia, anche a Concordia co-
me in molte altre zone del Sudamerica la
situazione si sta via via degradando. A conferma di ciò, nella prima settimana del
2007 è arrivato un messaggio di P. Meo.
Ecco cosa scrive il missionario: «Due giorni prima di Natale ho avuto la sgradita sorpresa di un assalto armato. Alle sette del
mattino, mentre ero solo in casa, sono entrati i malviventi e puntandomi contro la pistola, volevano il denaro. D’istinto mi sono
messo a gridare come un forsennato ed i
ladri, presi dal panico, sono fuggiti a gambe levate. Più tardi la polizia è riuscita ad
arrestare uno degli aggressori. Purtroppo
questi episodi sono diventati assai frequenti in questa zona. La violenza e le rapine
aumentano in modo preoccupante. Buon
anno e buon lavoro a tutti i collaboratori ed
amici della CMSI!».
Pier Giorgio Tettamanti
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
1-2007 / 9
Lettere dalle Missioni
Esperienze che aiutano a riflettere
Incontrare i missionari attraverso i
loro scritti ci consente di fare entrare
un ricco mondo di esperienze a casa
nostra e di condividere a distanza pensieri e progetti. Siamo accanto a tutti
questi amici che operano in terre lontane. Di alcuni proponiamo spunti di
riflessione.
Accogliamo anzitutto l’invito di suor Olga Pianezza che, dall’Uruguay, suggerisce
di guardare ciò che succede nel mondo con
gli occhi della fede e della speranza. «In
Gesù troviamo il coraggio di agire controcorrente; dal suo esempio attingiamo la
forza dell’amore, della pace e della giustizia». La religiosa in Uruguay è confrontata
con una difficile realtà sociale, di cui individua gli elementi essenziali, le cause e le
strategie in atto per dirigere gli sforzi nella
giusta direzione. «Il mondo dei poveri qui
ha cambiato caratteristiche. Azioni politiche non adeguate stanno alimentando una
dipendenza assistenzialistica tale da indurre la gente povera a perdere la propria dignità. I più accettano una miserabile cifra
mensile, si accontentano di ricevere un
pezzo di pane e di vivere nella loro catapecchia, assumendo così il principio del
minimo sforzo». L’impegno della chiesa locale è pertanto rivolto a favorire progetti di
rinnovamento per la crescita della persona
in tutti i suoi aspetti. «Cerchiamo di sollecitare la formazione di gruppi di riflessione
ed azione attraverso forum zonali e nazionali. Non ci scoraggiamo degli scarsi risultati. […] D’altra parte sappiamo che i mezzi
di comunicazione non aiutano ad uscire dal
tunnel. Qui, come altrove, la legge del consumismo provoca sempre più l’individualismo». Suor Olga constata che la sete di ottenere tutto induce i giovani alla violenza.
Tale fenomeno è in graduale aumento, così
pure la corruzione in tutti i settori. Ben si
comprende come il nostro appoggio, unito
alle offerte per le iniziative in quella missione sia motivo di coraggio e speranza.
Don Angelo Treccani ci riferisce, con
entusiasmo, di un’iniziativa intrapresa dalla
chiesa venezuelana per «vivere il Vangelo
ed annunciarlo in maniera comprensibile e
credibile». Aggiunge: «il Concilio Plenario
ci ha messo in mano un programma di catechesi ambizioso ed impegnativo. Non più
corsi di preparazione ai sacramenti, ma itinerari di formazione cristiana permanente
per bambini, ragazzi, giovani e adulti, con
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
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l’invito ad incominciare con gli adulti» (vedi
il rendiconto di Gabriella Mella alle pp. 6-7
di questo numero). Don Angelo ha accettato la sfida e si è già messo al lavoro. Ad
Espino si avvale della preziosa collaborazione di Marzio; a Parmana lavora Tahys,
un volonteroso aiutante. Don Angelo conta
ancora su Gabriella, una volta ristabilita in
salute. «Ci vorrebbero altri formatori. Dovremo prepararli». Con la schiettezza che
lo caratterizza, afferma: «La difficoltà più
grossa per me è lo scetticismo di molti preti, che giudicano il programma troppo difficile e faticoso. Le altre attività a favore dei
bambini di strada, dell’assistenza ai malati,
del lavoro agricolo e di falegnameria in
Cooperativa proseguono e dovrebbero dare
concretezza e credibilità all’annuncio del
Vangelo».
Suor Maria del Sasso Franscella dà
risalto al valore della testimonianza e apprezza le numerose iniziative nel nostro
territorio: «è veramente una grande soddisfazione osservare che nel nostro caro Ticino nascono e crescono, con tanta efficacia missionaria, diversi gruppi che lavorano
a livello economico, ma non solo… Il Signore benedica tanta buona volontà!». Per caratterizzare il lavoro pastorale nella zona in
cui opera (Parrocchia Cristo Rey de Sauce
de Luna, Brasile) suor Maria del Sasso ricorre al simbolismo del linguaggio metaforico: «qui da noi seminiamo e coltiviamo».
Il sostegno all’Infanzia Missionaria, agli
ammalati e agli anziani sono i campi più
fecondi della sua attività. Riferisce di un’iniziativa, denominata «Dìa del niño» (vedi
foto della pagina seguente) e commenta
così i risultati di quell’evento: «è stato un
giorno splendido, perché tutte le famiglie
riunite hanno partecipato». Ecco le fasi di
quella giornata: «Abbiamo riunito un gruppo di giovani, di maestri e i rappresentanti
del Municipio. Abbiamo organizzato una
bicicleteada, invitando tutti i bambini. La
polizia era davanti a sirene accese, accompagnata da gridi di fanciulli. Nel polideportivo sono stati realizzati giochi nel pomeriggio e il Municipio ha offerto una cioccolata». In un quartiere povero le religiose,
con un gruppo di giovani, hanno aperto un
nuovo Centro ricreativo, per un sano svago
domenicale e come occasione di coinvolgimento alle iniziative di aiuto solidale tra
bambini, secondo gli obiettivi dell’Infanzia
Missionaria. Inoltre, grazie al dialogo con i
gerenti di un supermercato, inaspettata-
Lettere dalle Missioni
mente le suore hanno verificato i risultati del loro
seminare: «Ho cercato di
far capire che il lavoro di
domenica esaurisce le forze fisiche e non rispetta il
precetto del Signore… Una
domenica, con sorpresa,
ho notato che il supermercato era chiuso; non
solo, i responsabili sono
stati riconoscenti e ci hanno ringraziato per il consiglio ricevuto».
Infine un saluto è giunto da parte della famiglia
Moggi dalle Filippine.
Mamma Eveline, papà Mathieu e i loro quattro figli
(che crescono) Jody, Floralinda, Marylin e Tristan.
«Noi stiamo bene e siamo
molto felici dell’esperienza che possiamo
fare, anche se ci rendiamo conto quanto
sia limitato l’aiuto che possiamo dare. La
gente nel bisogno è così tanta! E pensare
quanta abbondanza c’è da noi…».
Margherita Morandi
INFANZIA MISSIONARIA: BAMBINI, TESTIMONI DELLA TENEREZZA DI DIO
Città del Vaticano, sabato 6 gennaio 2007: nel celebrare la Giornata Mondiale
dell‚Infanzia Missionaria istituita da Pio XII (1939-1958), Benedetto XVI ha spiegato
che anche i bambini possono essere «testimoni della tenerezza di Dio». Con il motto
«I bambini aiutano i bambini», in questa Giornata si organizzano migliaia di iniziative
di solidarietà sostenute dalla Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria. In particolare,
prima della preghiera dell’Angelus, il Papa ha spiegato che questa festa si celebra, a
livello mondiale, in occasione della Solennità dell’Epifania del Signore, e che riguarda
i «bambini cristiani che vivono con gioia il dono della fede e pregano, perché la luce
di Gesù arrivi a tutti i fanciulli del mondo». Ha detto ancora il Pontefice: «Ringrazio i
bambini della Santa Infanzia, presente in 110 Paesi, perché sono preziosi cooperatori del Vangelo e apostoli della solidarietà cristiana verso i più bisognosi». Il Vescovo di
Roma ha quindi incoraggiato «gli educatori a coltivare nei piccoli lo spirito missionario, affinché nascano tra loro missionari appassionati, testimoni della tenerezza di Dio
e annunciatori del suo amore».
L’Infanzia Missionaria è una delle quattro Pontificie Opere Missionarie ed ha il compito di suscitare nei bambini il desiderio di essere missionari e aiutare altri bambini con
la preghiera e con la collaborazione economica. Dipende dalla Congregazione vaticana per l’Evangelizzazione dei Popoli. Le Opere – Pontificia Opera della Propagazione
della Fede, Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria, Pontificia Opera di San Pietro
Apostolo e Pontificia Unione Missionaria – sono accomunate da una missione fondamentale: promuovere lo spirito missionario universale in tutto il Popolo di Dio che è
la chiesa. L’Infanzia Missionaria o Santa Infanzia è stata istituita dal Vescovo di Nancy,
monsignor Charles de Forbin Janson, il 9 maggio 1843 a Parigi. Oggi è composta da
milioni di «piccoli missionari» fino ai 14 anni distribuiti in parrocchie, scuole e movimenti dei cinque continenti. I bambini offrono parte dei loro risparmi in favore dei
circa 4.000 progetti che l’Infanzia Missionaria finanzia annualmente per i bambini più
bisognosi del mondo.
(ZENIT)
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
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Gruppi missionari
L’associazione «Amigos para sempre»
Prosegue il nostro itinerario alla scoperta dei gruppi e degli enti, legati alle
attività missionari e presenti nella
Svizzera italiana. È il caso di un’iniziativa a sostegno di un centro d’accoglienza per minorenni a Ponta Grossa
(Brasile), dove ha lavorato per cinque
anni un presbitero della Diocesi luganese, don Sandro Colonna. Questi
s’appresta a partire di nuovo in missione, in Congo, sempre con la Congregazione Cavanis.
L’associazione «Amigos para sempre» è
stata fondata nel gennaio del 1999 da un
gruppo di amici vicini a don Sandro Colonna, che ha operato in Brasile dal 1996 al
2001 presso la Casa do Menor Irmaos Cavanis. È un centro d’accoglienza per ragazzi gestito da religiosi di una congregazione
nata in Italia all’inizio del 1800. La casa è
situata in un quartiere di estrema povertà
di Ponta Grossa, una città a 110 km da Curitiba, capitale dello Stato del Paranà, nel
sud del Brasile.
La maggior parte dei ragazzi vive nelle
favelas, i rioni più poveri delle città, in condizioni igieniche minime: spesso mancano
di cibo e vestiti. Le famiglie vivono situazioni difficili: genitori separati, figli spesso
allo sbando, alcolismo e violenza... Solo un
quinto degli abitanti vive una situazione
‘normale’, comunque ben al di sotto degli
standard occidentali. Nelle favelas mancano le infrastrutture di base: fognature, canalizzazioni e illuminazione. Sono quasi inesistenti i servizi pubblici (come gli uffici
postali) e gli ambulatori medici sono piuttosto inefficienti. Le abitazioni sono costruite con materiale di fortuna: lamiere,
cartone e legno.
Una formazione adeguata
L’associazione offre la possibilità ad ogni
ragazzo di seguire una formazione scolastica o professionale. Al termine degli studi il
ragazzo dovrebbe trovare maggior possibilità d’integrarsi nella società, con un impegno che gli offrirà sicurezza e stabilità nella
vita. La formazione avviene in parte alla
Casa do Menor, suddivisa tra studio e attività varie quali informatica, dattilografia,
corale, chitarra e altre, proposte da diversi
volontari e in parte nelle scuole esterne.
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
12 / 1-2007
Nel 1998 nasce l’idea di istituire il progetto delle borse di studio. Questo progetto dà la possibilità al ragazzo di studiare fino all’università, se ne ha le capacità, oppure di seguire una formazione professionale. Gli educatori preparano i ragazzi ad
affrontare la vita con le proprie forze senza
più dover dipendere dagli altri. L’aiuto finanziario è diviso in tre parti: un terzo è
versato alla famiglia per coprire le spese
alimentari, un terzo al ragazzo per le trasferte e il materiale scolastico, e un terzo
viene versato su un libretto di risparmio
per procurare al ragazzo, dopo gli studi,
una minima disponibilità finanziaria, che lo
aiuti ad affrontare le spese più impellenti.
Dal rientro di don Sandro in Ticino, nel
2001, la conduzione del progetto è affidata
a un gruppo composto da un responsabile
delle borse di studio, da un genitore degli
alunni, dalla responsabile della Casa do
Menor, da una psicologa, dal direttore (un
padre Cavanis) e da un giovane ex-allievo
dell’istituto stesso, che ha concluso brillantemente gli studi universitari e ora, con un
lavoro fisso, è felicemente sposato.
Tramite il nostro Comitato l’associazione
effettua un controllo regolare sull’operato
del gruppo, intervenendo se necessario, e
recandosi sul posto almeno una volta ogni
due anni. Come associazione siamo consci
del fatto che non è facile condurre un progetto di aiuto allo sviluppo, soprattutto se
ambientato in un contesto sociale completamente diverso dal nostro. Il fatto però di
vedere i buoni risultati che ogni anno ottengono i ragazzi, ci dà la forza di continuare con entusiasmo e sperare.
Marco Bernasconi,
membro del Comitato
Botteghe del Mondo
Made in… dignity
È ancora tempo di saldi mentre scrivo
queste righe. Prezzi ridotti accattivanti trasformano presto il rapido giro nei
negozi in una prova di forza di volontà: tutto sembra gratis… o quasi! Occasioni a non più finire stuzzicano il
nostro portamonete e resistere può
sembrare a volte quasi da stupidi. Forse però questo dei saldi è il momento
giusto per fare qualche riflessione sul
tema dei prezzi ed approfondire qualche idea, in sintonia con il tema della
campagna ecumenica di questo anno.
Per esempio: l’espressione «prezzo equo», che caratterizza i prodotti in
vendita nelle Botteghe del Mondo, si
riferisce ad un solo aspetto del commercio equo, la formazione del prezzo,
appunto. Ma il commercio equo è ben
di più: è il rispetto della dignità di chi
produce e anche di chi consuma!
Cos’è un prezzo equo?
La prima risposta è quella classica: è definito equo un prezzo che consente ai produttori di coprire le spese di produzione e
di avere un reddito che permetta loro di vivere degnamente. L’IFAT (International
Fair Trade Association, un organismo che
raggruppa produttori e distributori del
commercio equo) precisa inoltre che è considerato equo un prezzo concordato fra le
parti tramite il dialogo e la partecipazione,
che garantisca una retribuzione equa per i
produttori ma che allo stesso tempo sia sostenibile dal mercato (che abbia cioè la
possibilità di trovare dei compratori).
Generalmente, le organizzazioni impegnate nell’importazione dei prodotti accettano i calcoli proposti dai produttori e in
ogni caso viene garantito un prezzo minimo. In pratica, se nel commercio ‘normale’
l’acquirente tenta di ottenere il prezzo più
basso possibile, gli attori del commercio
equo cercano invece quel punto di equilibrio nel quale il prezzo sia il più alto possibile: un prezzo che garantisca una giusta
retribuzione del lavoro e che, nello stesso
tempo, trovi dei compratori per il prodotto.
Equo non è solo prezzo giusto
Nella pratica del commercio equo il calcolo del prezzo più giusto è tuttavia solo
uno dei criteri che guidano l’attività di pro-
Prezzi e condizioni stabilite a tavolino per i
produttori di riso tailandesi garantiscono condizioni di lavoro dignitose.
duttori e importatori. Il commercio equo è
anche basato sul pre-finanziamento della
produzione: il produttore è pagato in parte
in anticipo, in modo da poter disporre degli
strumenti, materie prime, sementi, ecc.
che gli occorrono per portare a termine
l’ordinazione. Inoltre, le organizzazioni di
importazione del commercio equo garantiscono contratti a lungo termine, consulenze e sostegno nello sviluppo di progetti legati alle attività di produzione (come, per
esempio, nelle procedure per ottenere la
certificazione biologica), senza dimenticare
la preoccupazione di promuovere una produzione rispettosa dell’ambiente e di valorizzare le culture locali.
Tutti questi criteri giocano un ruolo determinante per i produttori e contano quasi
altrettanto del giusto prezzo e, insieme,
fanno sì che il commercio equo rappresenti un’alternativa valida alle regole inique
del mercato mondiale.
Prezzi equi = prezzi alti?
Ed infine, qualche considerazione sul
prezzo finale. È vero: a volte la salvaguardia dei diritti e della dignità di chi lavora
può influire sul prezzo finale dei prodotti,
ma non è la regola. Spesso i prezzi del
commercio equo possono essere concorrenziali, grazie alla presenza limitata di
intermediari nella catena di distribuzione e
al contributo prezioso dei volontari.
Daniela Sgarbi Sciolli
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
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Infanzia Missionaria
Con i bambini per imparare la solidarietà
Benché ancora limitata a pochi gruppi
locali, l’Infanzia Missionaria sta gradatamente prendendo piede anche nella
Svizzera italiana. Le sue attività si
concentrano in prevalenza attorno ad
iniziative puntuali, come testimonia il
breve resoconto che segue. Insegnare
a bambini e ragazzi ad essere attenti
ai bisogni altrui è il modo più indicato
per coltivare lo spirito missionario.
«È stata bellissima questa lezione. Che
belli quegli animali! Vorrei per tutti i bambini amore, affetto ed istruzione. Mi piacerebbe aiutarli a costruire qualcosa. Porterei
ai poveri qualcosa di interessante». Queste sono
alcune spontanee espressioni dei bambini di Malvaglia, Semione e Ludiano, incontrati da Rosalba
e da suor Carla Pia il 7
febbraio scorso durante
una loro lezione di catechismo. L’invito alle animatrici di Infanzia Missionaria era stato rivolto dal
parroco don Giorgio Pastiu e dalla catechista
Chiara Rossetti nell’ambito del percorso di preparazione al sacramento
della Prima Comunione.
Scopo dell’incontro è stato quello di offrire a quei
bambini gli strumenti per
aprire la loro mente e il
loro cuore alla condivisione, secondo il motto di
Infanzia Missionaria «I
bambini aiutano i bambini». La realtà della scuola
di Ihosy (Sud del Madagascar) è apparsa viva e vicina a quei piccoli della valle di Blenio, tanto che il commiato da loro è avvenuto con la promessa
di un ulteriore incontro il 18 aprile prossimo. «È stato veramente fantastico» – ha
commentato suor Carla Pia. Ora l’impegno
continua. Il sacchetto di zucchero di canna,
prodotto tipico del Madagascar e le penne
della solidarietà sono i preziosi doni ricevuti che rammentano una promessa: la rinuncia al superfluo per permettere a quei
bambini malgasci di frequentare la scuola.
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
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A Giubiasco i Cantori della Stella hanno
iniziato l’attività del 2007 nel giorno
dell’Epifania, festività dedicata in tutto il
mondo all’Infanzia Missionaria. «Guarda al
futuro» è stato l’invito scelto per caratterizzare tutte le attività di sensibilizzazione
nello spazio dell’anno. «I bambini hanno un
cuore grande per amare il mondo» – ha affermato con convinzione don Angelo nel rivolgersi agli oltre quaranta bambini della
zona pastorale di Giubiasco nella mattinata
del 6 gennaio. Le attività sono iniziate con
la condivisione della colazione e l’illustrazione del progetto di scolarizzazione a Ranotsara (Madagascar), sorto per iniziativa
delle Suore della Misericordia, con il sostegno
economico di missio. L’incontro è culminato con la
celebrazione eucaristica e
la riunione dei convenuti,
grandi e piccini, al centro
della piazza antistante la
chiesa, secondo una disposizione tale da formare una stella, con al centro la statua di Gesù
Bambino. «Felicità su tutta la terra» è stato l’auspicio cantato dopo le
preghiere e le invocazioni.
Un’ulteriore riunione
dei bambini è avvenuta il
26 gennaio scorso. Ecco
la consegna a ciascuno:
«Un soldo guadagnato
per un servizio in casa diventi un soldo risparmiato
e offerto». Un altro appuntamento è stato previsto venerdì 9 marzo,
nella chiesa di Giubiasco.
Tutti i bambini di quella
zona pastorale sono stati invitati all’animazione della Via Crucis. Gli episodi della via
dolorosa di Gesù sono stati commentati ed
attualizzati alla luce dei progetti missionari
proposti da missio nell’ultimo decennio.
L’esperienza della Via Crucis con i bambini
(con una connotazione missionaria) si è
ripetuta nella parrocchia di Cureglia, la
mattinata del Venerdì Santo, con la partecipazione di suor Carla Pia, seguita da un
pranzo povero.
Margherita Morandi
Notizie CMSI/missio
Proposte e ringraziamenti
Azione Natalizia 2006 e Sante Messe
In gennaio si è chiusa l’Azione natalizia,
almeno contabilmente per poterci permettere la ripartizione tra i missionari. Altre
offerte giunte dopo il 20 gennaio saranno
conteggiate con la prossima Azione natalizia. La somma totale, che per il 2006 è
stato possibile ripartire, è inferiore a quella dell’anno precedente. Si tratta di CHF
85’553,75 e come ogni anno il dettaglio
delle offerte sarà pubblicato in occasione
dell’Azione natalizia successiva.
Abbiamo pure ripartito fra cinque missioni le offerte ricevute per la celebrazione di
Sante Messe. Ad ognuna di queste persone
abbiamo inviato CHF 1’500,00, per intenzioni da far celebrare nelle rispettive zone
d’attività. Si tratta delle missioni di: sr. Olga Pianezza (Uruguay), Roberto Rossi
(Lituania), Gérard Rovelli (Ciad), p. Guido
Zanetti (Zimbabwe), nonché due sacerdoti
del Ghana. Da queste missioni si pregherà
per i nostri defunti. A nome dei missionari
della Svizzera Italiana, ringraziamo per
avere generosamente risposto all’Azione
natalizia dimostrando una volta ancora la
solidarietà cristiana. Grazie alla mano fraterna che, tramite i missionari, viene tesa
a tanti giovani, donne, bambine, anziani –
agli occhi del Padre di tutti – ognuno di noi
personalmente offre loro una speranza
concreta e contribuisce davvero a cambiare qualcosa nella vita dei poveri dimostrando che un altro mondo è possibile. E quando, con un abbraccio solidale e il conforto,
ma soprattutto aiuti materiali concreti, i
nostri missionari spendono la propria vita
per questi fratelli, siamo presenti anche noi
in comunione di spirito.
Noi della CMSI, siamo grati a quanti hanno condiviso la loro ricchezza – non quella
ostentata e maggiore del necessario, di beni che nel periodo natalizio ha forse fatto
venire a chiunque la nausea di panettoni e
giocattoli –, ma la ricchezza di cuore, di generosità, misericordia e condivisione.
Carlo Carbonetti
*******
Campo estivo 2007
Torna anche per il 2007 il campo estivo
organizzato dalla CMSI. Dopo l’esperienza
in Colombia l’anno scorso, ecco la proposta
del Paraguay, nello stato di Guairà. Il Paraguay era conosciuto un tempo come la
Svizzera dell’America del Sud. Purtroppo la
dittatura di vari decenni di Strössner, la
corruzione e la mancanza di fiducia dell’economia del nord, hanno lasciato il paese
in cattive acque. Oggi il Paraguay cerca di
uscire dall’impasse, ma è soprattutto l’agricoltura a soffrire della mancanza di tecnici preparati ed investimenti adeguati per
abbandonare definitivamente i metodi di
lavoro medievali. Le coltivazioni di canna
da zucchero e cotone e l’allevamento di bestiame sono le uniche risorse per buona
parte della popolazione.
Il gruppo di giovani e no della CMSI sarà
impegnato dal 9 luglio al 5 agosto a Dr.
Bottrell, un piccolo villaggio di 2 mila abitanti, dove ancora non sono asfaltate le
strade, nessuno possiede l’auto e i giovani
cercano di fuggire per un futuro più sicuro.
Sono già chiuse le iscrizioni per quest’anno, ma chi desiderasse maggiori informazioni su quest’iniziativa, può annunciarsi
alla nostra Segreteria (091/966.72.42).
Mauro Clerici
*******
Incontri di formazione
Come ogni anno, la CMSI si fa promotrice d’incontri di formazione rivolti a tutte le
persone interessate. Purtroppo, a motivo
del ritardo con cui esce il presente numero, non abbiamo potuto segnalare per tempo la mattinata del 17 marzo allo Spazio
Aperto di Bellinzona, sul tema della condivisione, organizzata insieme alla Segreteria regionale di Sacrificio Quaresimale. Medesima sorte è toccata al ciclo «La Parola di
Dio può divenire vita vissuta? Grandi cristiani di ieri e di oggi rispondono», proposto con l’Associazione Biblica della Svizzera
italiana ed il Centro culturale «Ut unum
sint» a Casa Santa Brigida di Lugano. Dopo
aver presentato don Primo Mazzolari (16
aprile) e Maria Elisabetta Hesselblad (23
aprile), il prossimo appuntamento offrirà
un ritratto di Alcide De Gasperi (2 maggio,
ore 20.30), curato da Maria Romana De
Gasperi e Alfredo Canavero. Il 1° maggio,
Infanzia Missionaria sarà presente alla
Festa diocesana dei bambini alle Scuole
Medie di Stabio (9.30-16.00).
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
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L’ultima
PP
Casella postale 4329
CH-6904 Lugano
Tel. 091/966.72.42
Fax 091/967.47.89
E-mail: [email protected]
CCP 69-868-6
6904 Lugano
SEGRETERIA CMSI/missio
Una matita in ogni casa: grazie di cuore!
«Dopo il pane, l’educazione è il primo bisogno dei popoli» – citando
questa frase incisa nella pietra, un benefattore ticinese ha finanziato
per intero la costruzione di una scuola nella Diocesi di Yoshi (Madagascar) per i bambini della tribù dei Bara. A lui va il nostro grazie più
sincero a nome dei ragazzi e ragazze che beneficeranno della sua generosità. È un piccolo strumento: una matita ha permesso di finanziare una seconda scuola e qualche banco per una terza. Grazie a
quanti (parroci, catechiste, singole famiglie, ragazze e ragazzi) si sono dati da fare per diffondere la «matita missionaria» (foto) che avevamo proposto in ottobre. È singolare, ad esempio, la motivazione
che ha scatenato una successione di richieste di una signora di Prosito. Dopo aver letto di quest’azione ha pensato assieme al marito,
autista del bus che trasporta i ragazzi a scuola, di regalare al posto
di un dolcetto o cioccolatini, agli alunni che vanno a scuola, una di
queste matite. Così ha comandato dapprima 65 matite. La figlia è venuta a conoscenza di ciò e s’è impegnata per ampliarne la diffusione
e ne ha richieste altre 100. Il contagio delle buone azioni, forse favorito dal periodo invernale in cui anche l’influenza è contagiosa, ha trovato terreno fertile a Prosito e a metà novembre la signora Beatrice
ci ha domandato altre 150 matite. Probabilmente a Prosito qualcuno
dev’essere rimasto senza matita, poiché ancora a gennaio la stessa signora ne ha
chieste altre 40. Se in qualche casa a Prosito non c’è ancora la matita rivolgetevi
alla sig.ra Beatrice! E se qualche altro paese volesse imitare Prosito si rivolga alla
nostra segreteria.
Perché non fare in modo che in ogni casa ci sia una di queste matite? Dalla nostra
segreteria possiamo fare ben poco se non un po’ di pubblicità, ma sono le persone di buona volontà nei nostri paesi a stimolare la bontà di cuore dei suoi abitanti. Grazie a Beatrice, Nelly, Marzia, Pucci, Dorly, Myriam, Ivana, Rosaria, Franco,
ad Antonio per la disponibilità a fare da corriere, a molti parroci, alle suore che
hanno pazientemente arrotolato ed inserito negli astucci portamatita un foglietto
di spiegazione di questa «piccola matita nelle mani di Dio» e ad altre persone che
direttamente sono venute a ritirare le matite. Ringraziamo anche le persone che
hanno acquistato la matita nei mercatini. Sostenuti dalla generosità di chi ha compreso che nessun progresso è possibile senza l’istruzione, molte bambine e bambini malgasci e no avranno la possibilità d’imparare a leggere e scrivere. E le ragazze ed i ragazzi in Svizzera che hanno la possibilità d’impegnarsi nello studio, con
questa matita possono fare un disegno o scrivete un messaggio di solidarietà o un
pensiero dedicato ai propri genitori oppure inviarlo a noi, come ha fatto un ragazzo che ci ha spedito un disegno e ha scritto: «Ciao, mi chiamo Andrea ed ho 12
anni. Sono molto fortunato per poter andare a scuola e spero che anche voi avete
la fortuna di andare a scuola». Questa matita può diventare quindi per chiunque
la usi e l’acquisti il segno di un gesto di bontà. Ne abbiamo ancora circa 500: richiedetecele!
Carlo Carbonetti
SVIZZERA ITALIANA E MISSIONE
16 / 1-2007
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Bollettino 1-2007