PIETRO SCOPPOLA “LA NUOVA CRISTIANITA’ PERDUTA” Una lettura di Girolamo Valenza1 Pietro Scoppola scrive “La nuova cristianità perduta” all’inizio del 19852 (II edizione nell’96; la terza postuma nel 2008): vorrebbe essere un contributo alla discussione nella Chiesa italiana in prossimità del Convegno di Loreto che si svolge nell’86. In effetti Scoppola ci offre l’espressione più alta e più matura della sua sensibilità di credente, di studioso, di politico e di comunicatore: “una testimonianza della sua inesausta ricerca verso traguardi di matura laicità (Giuseppe dalla Torre, prefazione all’edizione del 2008) Dare conto del libro non è compito facile. Quando fu pubblicato suscitò un grande interesse, tra gli storici e nella comunità cristiana, per le sue originali e acute interpretazioni della crisi, che Lui, già, con nettezza,avvertiva come epocale; colpisce la passione nel trattare la condizione della Chiesa, la partecipazione “militante”, lo sforzo di dare un contributo alla presenza dei cristiani nella società, Scoppola, nella premessa, traccia il disegno del suo lavoro “uno schizzo storico che diventa via via un discorso di non definita natura epistemologica, ai confini fra ricerca e memoria,, studio critico, testimonianza, libera riflessione e proposta” Questa sua presentazione mostra già la difficoltà di riferirne il contenuto. Il mio tentativo sarà quello di offrirvi alcune chiavi di lettura utili alla discussione. Ovviamente il tentativo è sommario e insufficiente , rispetto alla ricchezza e alla complessità delle “riflessioni e proposte” contenute nel lavoro di Scoppola. La sua lettura per chi ancora non l’ha fatta è vivamente consigliata, e per chi l’ha già fatta, consiglio di completarla con la lettura di due volumi recenti, che in qualche modo rappresentano una “continuazione di “Cristianità perduta” 1. La democrazia dei cristiani. Il cattolicesimo politico nell’Italia unita (Laterza 2005): intervista rilasciata a Giuseppe Tognon, nella quale ancora una volta, la sensibilità dello storico e l’impegno civile e politico appaiono nelle loro interconnessioni profonde; 2. Un cattolico a modo suo (Morcellania 2008), terminato un mese prima della scomparsa. La narrazione costituisce il testamento spirituale di Scoppola. Il libretto è permeato da quel sentimento profondo per la storia e per la comunità che ha caratterizzato l’autore: un libro fuori da ogni schema, ricco di suggestioni, folgorante, profondamente sincero, amaro e fiducioso, autobiografico. Avendo avuto la grande fortuna di conoscerlo, leggendo il libretto,l’ho sentito ancora vivo con la sua voce, calda,. pacata e serena: Le pagine sono una confessione di come è maturata la sua fede, della sua sofferta testimonianza di credente e di cristiano, Egli approda ad una fede che non si identifica con una dottrina e nemmeno dimostrabile con astratti teoremi razionali: essa è un atto di libertà e trova i suoi motivi, entro la corrente viva della fede biblica. Egli crede – secondo aspetto della sua fede, complementare al primo- nella Chiesa, vive con la Chiesa, nella sua dimensione comunitaria, di comunità credente e orante, legata alla testimonianza biblica grazie alla liturgia partecipata, restituita al popolo dal Concilio. 1 Intervento nella tavola rotonda in memoria di Pietro Scoppola (24 agosto 2009), organizzata in occasione delle Conversazioni di Palazzo Petrangolini di Urbino 2 Scoppola P. 2La nuova cristianità perduta Ed. Studium Roma 1985. 1 Egli ha un rapporto vivo con la storia: centrale è il suo interesse per il rapporto tra Chiesa e libertà moderne. Studia l’intrasingentismo e il cattolicesimo liberale, il rapporto tra Chiesa, liberalismo, democrazia, il modernismo, il rapporto tra Chiesa e fascismo.. S’interesa di politica, come ricerca di un cattolicesimo incarnato nella storia (Egli dà della politica la bella definizione di “disegno per il futuro, valutazione razionale del possibile e sofferenza per l’impossibile.).E’ stato al centro delle iniziative del cattolicesimo democratico ( fondatore della Lega e direttore di Appunti di Cultura Politica,direttore della rivista” il Mulino”, punto d’incontro tra il pensiero laico e quello cattolico – democratico, parlamentare da esterno nella Dc, sostenitore dell’Ulivo, uno dei redattori del Manifesto del PD). Scoppola, dunque, è stato laico e profondamente credente. Del suo impegno a favore della laicità dello Stato, ne è prova il suo “no “sul referendum abrogativo del divorzio. In quegli stessi anni, partecipa attivamente alla preparazione del Convegno ecclesiale del 76 “Evangelizzazione e promozione umana”, confermando la definizione di Paolo VI, di “cattolico, a modo suo. Egli è stato sempre pronto al colloquio con le nuove generazioni, concretamente personificate, nel libro, dai figli e nipoti, preoccupato per . “radicale incertezza sul loro futuro”. Non parla da maestro, offre riflessioni personali, più domande che certezze. Le pagine finali sono la testimonianza di un uomo tormentato dal male, un Giobbe dei nostri giorni che chiede a Dio le ragioni della sofferenza, ma come Giobbe, uomo dalla fede autentica, fa la volontà di Dio, e in attesa della fine, si chiude nella preghiera e nel silenzo, atto estremo e intenso di una vita seria e buona. . Ritorno al tema della serata il confronto sul volume “la nuova cristianita’ perduta Mi soffermerò brevemente sull’introduzione La nuova cristianità:una speranza non realizzata per fornire alcune chiavi di contenuto (il significato di ideale storico di “nuova cristianità) e di metodo storiografico. Vi proporrò, dopo, in forma di “indice” il contenuto dei capitoli riguardanti le fasi storiche dalla successione al fascismo all’avvento della società secolarizzata. e, infine, cercherò di enucleare le questioni che Scoppola allora proponeva (e, ritengo) ancora attuali riguardanti i problemi della presenza cristiana nella società italiana. L’introduzione. Maritain. In Umanesimo Integrale, delineava la nuova cristianità come l’ideale storico di una nuova cristianità, intesa come un regime temporale o un’età di cui la civiltà, nella sua forma ispiratrice, sarebbe cristiana”. Questo ideale è stato un elemento di mobilitazione delle energie cattoliche nell’Europa del dopoguerra. In Italia, dopo il fascismo che aveva condizionato la cultura italiana, quel progetto di ricostruzione cristiana della società ebbe una versione mariteniana – montiniana. Un progetto ben diverso dell’ordine cristiano, posto in crisi dalla Riforma e dal liberalismo e ben diverso da quello concepito da Pi XII di una ricostruzione cristiana che implicava l’idea di una cultura autosufficiente e compiuta in se stessa, capace di dettare in ogni campo dello scibile un orientamento dottrinale, anche sul terreno professionale univoci criteri di comportamento. %el progetto mariteniano la nuova cristianità non è un ritorno ma un passo innanzi. La crisi degli anni trenta spinge Maritain a concepire il suo progetto storico come un superamento delle esperienze, per lui già fallimentari, del capitalismo e del comunismo. Pur essendo diverso, per il metodo, per i fondamenti ecclesiologici sottesi, per gli esiti cui approda in tema di rapporto Chiesa – mondo, per Scoppola, è un superamento, un arricchimento del progetto pacelliano, non un’alternativa ad esso. 2 Comune, per i due progetti, era il richiamo al popolo cristiano,, ad una società civile cristiana, sana, connessa strettamente connessa alla religiosa: Allo stato si richiedeva di uniformarsi alla realtà di un paese cattolico, offrendo le dovute garanzie alla religione della stragrande maggioranza degli italiani. E la democrazia doveva offrire garanzie oltre quelle giuridico – istituzionali. Di fatto, nei primi anni del dopoguerra. si è avuto un regime di doppia garanzia per la Chiesa: la garanzia concordataria ripristinata nella Costituzione repubblicana e la forte presenza organizzata sul piano civile, sociale e politico. Vi è stata indubbiamente una fase di egemonia cattolica: con il 18 aprile del 48 con l’affermazione elettorale sembrava avverarsi l’avvento della nuova cristianità. E invece “proprio i giorni dell’onnipotenza sono quelli in cui ha avuto inizio il processo di secolarizzazione del Paese. Questa è una tesi centrale di Scoppola. Egli parla di vistosa eterogenesi dei fini: quelle energie cattoliche che si erano mosse per la costruzione di una nuova cristianità, oltre la contrapposizione fra capitalismo e comunismo, di fatto hanno contribuito, fornendo il consenso politico di massa, a creare le condizioni del compromesso fra capitalismo e democrazia e hanno reso possibile lo sviluppo neocapitalistico, uno sviluppo che ha corroso, silenziosamente, le basi della presenza cattolica nel paese, dando vita ad una società consumistica e al progressivo declino della presenza della Chiesa in Italia. La tesi di Scoppola è che la speranza di una nuova cristianità non è stata distrutta da ideologie opposte ma si è dissolta sotto la pressione dei meccanismi spontanei della società industriale. Scoppola rifiuta la lettura filosofica della storia: “questa lettura – scrive Scoppola - è figlia delle filosofie storiche ottocentesche delle quali anche la cultura del progetto di “nuova cristianità” deriva. Il progetto storico per i cattolici ha svolto lo stesso ruolo che per altre aree culturali hanno svolto le ideologie. L’ideologia offre una chiave di lettura del processo storico e pretende di dominarne e orientarne gli sviluppi futuri; il progetto storico – nell’ispirazione cristiana – implica un appello alla libertà e all’impegno dell’uomo e costituisce uno strumento di passaggio dal mondo dei valori morali all’azione concreta.” Entrambe, l’ideologia e il progetto, implicano l’idea e la pretesa che la storia si possa prevedere e dominare nel suo sviluppo in un disegno di lungo periodo. La smentita a questa pretesa è data dai fatti: lo sviluppo delle società industriali e postindustriali ha messo in crisi ogni visione ideologica. Tutte le categorie con le quali le diverse correnti culturali hanno tentato di decifrare e dominare il processo storico si sono rilevate deboli, insufficienti. Le filosofie a cui si ricollegano sono esposte a ripensamenti critici. Scoppola fa cenno, anche a supporto della sua tesi, alla riflessione teologica , sulla storia, che, soprattutto ad opera del Concilio, pone in grande risalto il mistero e la libera azione di Dio, comprendendo,, come categorie immanenti alla storia, il senso del limite, il peccato, la morte. Gli eventi, per acquistare il valore dei segni, devono essere interpretati e capiti nella loro propria dinamica. La riflessione teologica, impregnata di grande attenzione biblica, libera la storia e le restituisce tutto il suo spessore concreto. In questa ottica, Scoppola nella sua ricerca assume come campo privilegiato, con il metodo rigoroso dello storico, il rapporto fra vita religioso - culturale e vita politica, civile ed economica, allo scopo di ricostruire la storia del progressivo dissolversi delle speranze della nuova cristianità. La successione dei fatti. Egli parte dai fatti per comprendere gli avvenimenti. Per lui il problema centrale è la comprensione dell’impatto che le trasformazioni avvenute con l’avvento della società industriale hanno avuto nel mondo cattolico, trasformazioni che hanno avuto inizio con la società di massa posti in essere con il 3 fascismo. Per Scoppola non è un dato indifferente la continuità fra queste due forme di società di massa. Lo studio di Scoppola affronta nei capitoli successivi: 1. II sorgere della società di massa con il fascismo e come la Chiesa ha reagito; il rafforzamento della “l’ecclesiologia dell’autorità; il confronto, durante il periodo costituente tra le due “spinte” democratiche all’interno del cattolicesimo democratico: verso la democrazia sociale, sostenuta dai dossettiani, e la democrazia politica, ricercata da De Gasperi e sostenuta dall’asse Montini – De Gasperi. 2. La mobilitazione anticomunista (fine anni quaranta e negli anni cinquanta) del cattolicesimo organizzato (Curia Romana, Civiltà Cattolica, Gedda e i Comitati Civici) e il disagio dei cattolici (Mazzolari, Balducci, la crisi dell’Azione Cattolica – dimissioni di Carretto e Rossi –, esautoramento di Montini; il ritiro dalla politica di alcuni dossettiani (lo stesso Dossetti, Lazzati). 3. L’avvento della società consumistica, legata al rapido (incontrollato) progresso economico e sociale e la disattenzione della cultura e della dirigenza cattolica (anche ecclesiale) di fonte ai fenomeni del consumismo (l’avvento della televisione e gli stili di vita da questa diffusa). 4. Gli anni del centro – sinistra (la resistenza della gerarchia ecclesiastica, l’opposisione nelle fila della democrazia cristiana, e il ruolo di Aldo Moro).Ma anche i tentativi di animazione culturale e politica dei convegni di S. Pellegrino; 5. Giovanni XXIII, il Concilio, il diverso rapporto con il Mondo (la Gaudium et Spes), una diversa ecclesiologia (la Chiesa popolo di Dio proclamata dalla Lumen gentium), la riforma liturgica; la centralità della Scrittura (la Dei Verbum: eventi che rompono il monolitismo ecclesiastico e che danno sostanza alla speranza della “Riforma religiosa; 6. Gli anni della contestazione, la stagione dei referendum e la risposta della Chiesa italiana con il Convegno Ecclesiale “Evangelizzazione e Promozione Umana (76) e il documento dei Vescovi italiani “I cristiani e le nuove prospettive del Paese” (1981); 7. Il rapido e violento affermarsi della società secolarizzata e la dura prova (sconfitta) della Chiesa nella sua secolare aspirazione a plasmare la coscienza popolare. Scoppola tuttavia fa osservare che la sconfitta riguarda non solo la Chiesa ma tutte le culture laiche che hanno preteso in passato di guidare dall’alto, attraverso il dominio dei grandi centri culturali (editoria,Università…), la cultura del Paese……I processi di secolarizzazione pongono alle società industriali una sfida e un’alternativa radicale fra le nuove forme di libertà, fondate sulla responsabilità e sull’iniziativa di singoli e di gruppi, o forme di schiavitù collettive, anche se camuffate della società del benessere” Questa alternativa fa da sfondo alle questioni che Scoppola pone ai cristiani alla conclusione del libro.(rapporto società civile e società religiosa; Chiesa non più parte e le conseguenze della fine dell’esperienza del partito cristiano; il tema dell’animazione della società e la riserva escatologica dxi cui è dotata la Chiesa; la necessità di passare dalla cultura del progetto a quella del comportamento;la categoria del conflitto come dato esperienziale della spiritualità) Tutte queste questioni sono ancora lontane da avere ascolto, luoghi di adeguati approfondimenti, testimonianze corali. 4 Le conclusioni: Problemi della presenza cristiana in una società secolarizzata. 1. Rapporto fra la società civile e la società religiosa. Scoppola considera senza senso la richiesta della Chiesa allo Stato di più spazi privilegiati per lo svolgimento della sua missione; sarebbe meglio che i cristiani contribuiscano al buon funzionamento dello Stato, al consolidamento di un sistema di libertà garantite per tutti. Lo stato è oggi profondamente segnato dalla crisi; non vi sono altre garanzie da chiedere che quelle che derivano da un suo risanamento, da una coerente legislazione ispirata ai criteri di interesse generale e di efficienza. Il buon governo, nella democrazia è oggi la prima e vera garanzia degli stessi interessi dei cristiani in quanto cittadini……Si chiede ai cristiani una piena partecipazione alle dimensioni laiche della politica e il superamento di ogni mentalità corporativa nei loro interessi. Con queste premesse Scoppola esprime le sue riserve di come la istituzione “Chiesa” continui nella difesa di “privilegi” che rischiano di ritorcersi contro (boomerang) nella sua condizioni di “minoranza” nella società italiana ormai secolarizzata e non prendendo atto, all’interno della Chiesa, dello scisma sommerso (di cui parlerà il filosofo Pietro Prini in suo fortunato pamphlet del 19993), tra i proclami della gerarchia e le coscienze dei fedeli. La Chiesa non può affidarsi alla protezione dello Stato nel perseguimento della sua missione, deve puntare alla sua credibilità e alla sua testimonianza. Lo strumento concordatario è obsoleto. Scoppola riconosce le innovazioni del concordato dell’84, che, pur affermando il principio di collaborazione tra Stato e Chiesa, lascia ampi spazi di scelta alla volontà dei cittadini (l’opzione dell’8 per mille, l’avvalersi dell’insegnamento di religione…..). Comunque Scoppola considera “arretrato” l’arroccamento della Chiesa nel controllo di una posizione nella scuola pubblica che rischia di avere come destinatari settori di popolazione che sono già in contatto con la Chiesa o, peggio ancora, di risolversi in posizioni di difesa corporativa di una particolare categoria di docenti. Non sarebbe stata più lungimirante far passare il tema religioso nel curriculum scolastico come elemento essenziale della nostra tradizione culturale? Non sarebbe stato, ancora, più intelligente far rientrare l’insegnamento della Teologia nell’Università italiana? 2. Una Chiesa “non più parte” e la fine del partito cristiano. Già allora Scoppola ( ancora il muro di Berlino non era crollato) prevedeva l’evoluzione del sistema politico verso la democrazia dell’alternanza. In un tale regime la Chiesa non può essere parte (se lo è, diventa gravissimo motivo di divisione della comunità dei credenti). In una democrazia dell’alternanza i cristiani non sono più un soggetto sostanzialmente unitario. Questo non significa la fine o l’esaurimento del partito dei cattolici.. Da storico Scoppola sostiene che la possibilità di vita di un partito cattolico in un sistema democratico dell’alternanza è legata al fatto che esso abbia una propria connotazione politico sociale e riesca ad avere una rappresentanza di interessi e che sia sufficientemente autonomo dalla Chiesa o meglio ancora se raccolga il consenso di non cattolici: Scoppola, allora, prevedeva due possibili sbocchi, per una eventuale presenza dei cattolici nella politca cpme forza organizzata: la continuazione dell’esperienza di un partito cattolico: come “perno di un polo moderato – conservatore”, o diventare un partito che abbia come “missione” la difesa degli interessi cattolici nel senso più tradizionale. Entrambi gli esiti sarebbero, o una rottura netta con la tradizione legata ai nomi di Sturzo, De Gasperi, Moro o ridurre, nella società secolarizzata italiana, all’irrilevanza una formazione politica. L’alternativa praticabile (allora, per Scoppola): la rigenerazione di un forte partito democratico – cristiano, laico, capace di esprimere compiutamente esigenze etiche e valoriali di cui cristiani sono portatori, capace di fondare la sua dirigenza su persone moralmente credibili e di una progettualità 3 Prinii P “ Lo scisma sommerso. Il messaggio cristiano, la società moderna e la Chiesa Cattolica Garzanti 1999 (II ed. 2002) 5 che non abbia come premessa l’ispirazione cristiana. Scoppola riteneva ristretta e problematica una tale possibilità quasi esclusivamente legata al rinnovo rele di una classe dirigente (da Scoppola ritenuto molto improbabile, vista la degenerazione incombente in quegli anni) Scoppola si allontana dall’ipotesi di una linea politica per proporre una “via non politica”, chiamando in causa, direttamente, della Chiesa come risorsa di animazione sociale e “riserva escatologica. Scoppola, scrive il suo libro alla vigilia del Convegno Ecclesiale di Loreto e a pochi anni dell’importante documento della CEI “la Chiesa Italiana e le prospettive del Paese” (81), che risentiva, con un vigore profetico inusitato, del Convegno Ecclesiale del 76. Allora, effettivamente, si respirava un clima di speranza e di possibile rinnovamento religioso, che poi proprio il Convegno di Loreto.fu all’origine di processi di “normalizzazione” con l’avvento dell’egemonia, nella Chiesa Italiana, ruiniana4). 3. Animazione civile e riserva escatologica.. Scoppola, che scrive prima e per il Convegno di Loreto, sfida la Gerarchia dandole credito di potere essere protagonista della ricostruzione di quelle riserve di valori morali, di solidarietà, di responsabilità, di dedizione, necessarie alla convivenza civile e alla stessa vitalità della democrazia, soprattutto in un tempo di profonda crisi morale prodotta dai processi di secolarizzazione. I cristiani possono dare un contributo significativo nei campi del volontariato. Questo contributo diventa significativo, in una stagione dove s’intravede la crisi del welfare state, non più in grado di garantire sicurezza e benessere.. Il volontariato ha bisogno, però, di condizioni favorevoli al suo operare. Queste condizioni possono essere favorite se esiste un volontariato diffuso, di un impegno civile verso il sistema per rifornirlo di quella energia morale di cui ha bisogno per il suo cambiamento e funzionamento. In una società secolarizzata, la presenza dei cristiani negli ambienti in cui operano dovrebbe favorire e rafforzare quelle virtù di tolleranza, di iniziativa, di responsabilità e di solidarietà che sono il fondamento etico della convivenza civile e della stessa democrazia. “Una presenza dei cristiani in questa direzione si traduce anche in una funzione critica nei confronti dei partiti e delle forze sociali, quali esse siano, anche se di nome e di dichiarata ispirazione cristiana. In sostanza, la Chiesa avrebbe dovuto riacquistare un ruolo nell’educazione pre- partitica e civile, influire sui comportamenti e sulle mentalità da rafforzare e da formare nella società, al di fuori della ricerca di spazi garantiti di influenza e di azione. Scoppola denuncia il fatto che i cattolici (e quindi la Chiesa) hanno a lungo considerato differente ed estraneo ai loro interessi il campo dei comportamenti civili e collettivi. Il tenace attaccamento all’idea di una cristianità da ricostruire ha impedito loro di considerare e di sentire la società di tutti come la loro società e di impegnarsi a migliorarla e vivificarla. E qui Scoppola indica un compito “ proprio della Chiesa” connesso con quella che egli chiama “riserva escatologica”, il compito di continua e responsabile denuncia di tutto quanto offende la dignità dell’uomo, la possibilità stessa del suo libero rapporto con Dio, di continua spinta verso mete più alte di umanità e di solidarietà, di strenua difesa delle ragioni della pace, di richiamo costante alle ragioni degli ultimi. 4 Cfr.l’editoriale di Aggiornamenti Sociali di settembre – ottobre 2007; Sorge B. “Chiesa italiana: una «nuova tappa»? “Totalmente dedito alla sua grandiosa opera di promozione della fede a livello mondiale, Papa Wojtyla delega di fatto il governo pastorale della Chiesa italiana al Presidente della CEI e Vicario per la diocesi di Roma. Il card. Ruini, da un lato, punta a una solida organizzazione centralizzata della Chiesa italiana, e, dall'altro, tenta di rianimare una presenza tendenzialmente unitaria sul piano culturale, mirando a una diversa forma di leadership cattolica nel Paese, dopo la fine di quella politica. Al card. Ruini va il merito di aver condotto la Chiesa italiana a prendere coscienza delle gravi sfide che la «questione antropologica» pone all'evangelizzazione e alla società; tuttavia la concentrazione del potere per così lungo tempo (circa un ventennio) nelle mani di una sola persona ha prodotto inevitabilmente un'attenuazione dello spirito collegiale e dell'autonomia delle Chiese locali, non ha favorito la crescita di un laicato maturo e responsabile, ha finito col dare un crescente sapore politico agli interventi pubblici della Gerarchia, offrendo al laicismo nostrano l'occasione di riattizzare un clima di scontro tra Stato e Chiesa che si pensava superato per sempre dopo l'abbattimento degli «storici steccati», come li definì De Gasperi”. 6 Tutto ciò fa parte pienamente dell’annuncio e della profezia che è missione “propria della Chiesa. L’annuncio e la profezia sono un tutt’uno con le opere. Se manca la testimonianza dell’impegno il rischio è di ridurre l’annuncio in vuoto verbalismo, in alibi alla fuga delle concrete responsabilità che la realtà impone.” 4. Dalla cultura del progetto alla cultura del comportamento. Allora, prendendo come fonte la lettera a Diogneto, Scoppola lancia un appello a prendere coscienza intellettualmente e soprattutto nei comportamenti concreti, che non c’è una cristianità da ricercare, un’altra patria terrena da attendere o da costruire, in questa patria e in questo tempo che siamo chiamati a vivere, dobbiamo operare con il massimo impegno, per il suo miglioramento, per la sua crescita, in senso più umano e al tempo stesso con il massimo distacco e libertà.. Dunque l’invito di Pietro: Occorre convertirsi dalla cultura del progetto alla cultura del comportamento.. Scoppola nel suo libro “la Democrazia dei cristiani”, nel 2005 (vent’anni dopo “La nuova cristianità perduta”) scrive ” l’identità politica dei cattolici è ancora una volta un problema aperto: non credo che debbano essere più alla ricerca di una loro democrazia, ma diuna forma più alta di democrazia. La democrazia dei cristiani non può più essere una nuova democrazia cristiana. Oggi coincide con la democrazia di tutti; è un impegno a tener viva, anche con la fede, una speranza di civiltà per il nuovo millennio….Ma la democrazia non è autosufficiente. Per recuperare e approfondire il suo tessuto etico di base ha bisogno di nuove aristocrazie, morali, religiose e culturali.La laicità che è una conquista condivisa, ha bisogno di un’anima religiosa” La dimensione spirituale, nelle pagine conclusive di “Nuova Cristianità perduta”,viene evocata fortemente con la sua riflessione sul rapporto fra certezza e coscienza del conflitto nell’esperienza di fede. “Una fede senza ricerca e incertezza è esposta facilmente al rischio di diventare convinzione umana, dato di cultura ne quale il senso stesso del dono si perde………il cammino del cristiano per scoprire la “maturità della sua fede deve svolgersi tutto, nella dimensione del conflitto, della ricerca, del rischio, del dubbio: E su questo terreno che egli può incontrare e condividere le condizioni di ogni uomo…… La coscienza del conflitto, legata ad un dato essenziale della fede, quello del peccato del quale non si può essere liberati senza l’intervento di Dio, da dato culturale legato alla visione critica della società in cui siamo chiamati a vivere, diventa necessariamente dato interiore da vivere in una spiritualità…..” E qui Scoppola richiama l’esigenza di “una spiritualità, capace di vivere conflittualmente la doppia fedeltà al messaggio cristiano e alle cose, nel loro spessore laico, singoli e comunità possono diventare strumento di mediazione fra fede e storia…….una spiritualità che aiuti a fare ogni giorno tutto quello che è possibile fare nelle dimensioni concrete della laicità quotidiana, sapendo al tempo stesso, che quello che si fa è sempre poco e talvolta inutile; che consenta di credere nel valore delle cose e al tempo stesso di relativizzarle; tanto ferma nella fede da essere tollerante e discreta quando le divisioni traversano le famiglie e la stessa comunità ecclesiale; una spiritualità della tenda, del deserto, dell’esodo, più che nel tempio e perciò radicata in pieno nella Bibbia…..La conoscenza del “libro”, farne esperienza dovrebbe diventare la condizione di un cristianesimo adulto, unico possibile in una società secolarizzata, ………di una rinnovata esperienza di fede5” 5 Recensendo il libro del Card. Martini Conversazioni notturne a Gerusalemme. Sul rischio della fede (Mondadori, Milano 2008). Padre Sorge nel suo editoriale per Aggiornamenti Sociali di novembre 2008 scrive “Occorre, , - come fa la Bibbia - enunciare con chiarezza alcuni principi e riferirsi poi alla responsabilità dei singoli. Il Cardinale è convinto che la valorizzazione della responsabilità della coscienza personale faciliterà il dialogo e la mutua comprensione tra culture. La ragione è che la verità di Dio è accessibile solo attraverso le mediazioni storiche e culturali. Pertanto, alla luce della Bibbia, l'«inculturazione» della fede non è la rigida trasmissione, da una generazione all'altra, di un sistema dottrinale certo e immutabile (il depositum fidei), ma è fare storia e cultura attraverso le necessarie «mediazioni». Il discorso sulla verità non si può disgiungere da quello sulla prassi pastorale. È molto diverso intendere la nuova evangelizzazione come mero adeguamento della verità rivelata (intesa come un sistema dottrinale astorico) ai problemi del mondo moderno, oppure intenderla nel senso di quel «pensare in modo più aperto» (e biblico), di cui Martini offre un esempio nelle sue risposte ai giovani. Ciò consente di ampliare gli orizzonti pastorali e di entrare in dialogo con la 7 Scoppola non fu un cattolico eccentrico (un cattolico a modo suo), ma un autentico testimone, vero credente e vero intellettuale cristiano: maestro di molt e può continuare ad esserlo, per giovani, attraverso i suoi scritti. . cultura dei nostri giorni, anche se molte riflessioni del libro difficilmente saranno condivise da quanti sono fermi all'impostazione scolastica, prevalente negli stessi documenti conciliari.(Sorge B. Per una Chiesa audace) 8