Giornalisti in gioco
CASTORINA ALICE 2°B
Era il 14 agosto ed ero in vacanza a Cesenatico,all'hotel Vera.Era una serata piovosa e quindi io e i
miei genitori decidemmo di rimanere in hotel a giocare e a passare una pacifica serata tutti
insieme.Conoscevo tutti nell'hotel:bambini,anziani,camerieri e cameriere,la direttrice,insomma
tutti.Insieme ai miei amici della mia età,ovvero Mirko,Chiara e Alessandra,c'erano anche bambini
più piccoli-Zoey,Sara,Marco e Tommy- e quindi dovevamo trovare,visto che volevamo giocare tutti
insieme,un gioco adatto a tutte le età.Ad un certo punto Chiara disse:"Hey,perchè non giochiamo
alla caccia al tesoro?.Dai!Facciamo che nascondiamo questo braccialetto e Ali lo deve trovare".Io
risposi:"Ovvio,tanto lo saprò trovare,andrò nei posti più pericolosie in mezz'ora troverò questo
braccialetto".Disse Mirko ribattendo:"No,lo nascondiamo in posti facili e per niente
pericolosi,sai,magari non ti va di imbatterti in questa avventura!".Io risposi"Ma certo che mi
va!Nascondetelo nei posti più complessi,tanto con la mia bravura rimmarrete a bocca aperta!Che
la sfida abbia inizio".Intanto che preparavano il tutto,io andai nella sala tv a vedere la partita di
calcio con mio papà.Dopo circa un quarto d'ora mi chiamaronoe mi diedero il primo
bigliettino.Sembrava abbastanza facile.Mi dissero che in tutto gli indizi erano tre,ma che trovare il
tesoro era davvero impossibile.Il primo indizio chiedeva di andare in giardino per chiedere a tutte
le persone,maschi e femmine,se avevano un bigliettino arancione e ovviamente dovevano
rispondermi sinceramente.Interpellai più di trenta persone e alla fine il bigliettino lo nascondeva la
piccola Sara,nelle tasche dei jeans.Come lo scoprii?Inciampai su un sasso e
"fortunatamente"cadendo lo notai.Il secondo indizio invece diceva di cercare sotto un tavolo o
una scrivania un bigliettino giallo e che lì avrei trovato un'altra indicazione per arrivare al
tesoro.Cercai sotto tutti i tavoli della sala (erano quasi 40!),ma non trovai nulla.Poi pensai "in ogni
camera c'è una scrivania,guarderò lì!".Non avevo nessun tipo di paura.Intanto il tempo passava e
io dovevo trovare il bigliettino giallo.I miei amici continuavano a seguirmi,tallonandomi nella
ricerca,ma ciò non mi metteva per niente in ansia.Mi feci dare il mazzo di chiavi da Sabrina,la
direttrice,ma i miei amici non vollero che cercassi inutilmente in tutto l'albergo e mi dissero che il
foglietto poteva essere solo in una delle nostre camere.Fortunatamente iniziai da quella di Chiara
e lo trovai subito.Trovai così il terzo indizio,scritto sul bigliettino giallo:"se il tesoro vorrai
trovare,vicino ad utensili da lavoro dovrai andare".La prima cosa che mi venne in mente fu di
andare nella "stanza del papà",che era una stanza piena di strumenti per qualsiasi tipo di
lavoro.Mancavano solo dieci minuti allo scadere del tempo.Per prima cosa guardai nella zona degli
utensili da cucina,ma non c'era niente,neanche in quella da giardinaggio e da bricolage.L'unica che
rimaneva da esplorare era "l'angolo del forte",l'angolo con attrezzi per la palestra.Camminavo
molto veloce perchè il tempo avanzava inesorabile e dovevo trovare il tesoro in cinque
minuti.Correndo inciampai su un tapisroulant e caddi rovinosamente per terra.La prima cosa che
pensai fu "mi sono rotta il polso".Faceva un male incredibile.Fortunatamente nella stanza non
c'era nessuno e i miei amici mi corsero in contro chiedendomi come stavo.Io volendomi
dimostrare coraggiosa,cercai di trattenere le lacrime,ma non ci riuscii e corsi da mia mamma a
piangere.Mi misero il ghiaccio e andai su in camera mia.Ad un certo punto mi chiesi:"Ma il
braccialetto?". Un secondo dopo capii che non era importante e non ci pensai più.Il dolore si
calmò e così riuscii ad addormentarmi.La mattina seguente andai al pronto soccorso e mi dissero
che avevo il polso slogato e che me lo avrebbero ingessato.Fortunatamente la mia vacanza era
quasi finita e non mi dovetti preoccupare più di tanto,in fondo era solo una semplice
slogatura,poteva accadere di peggio.Quando tornai in hotel,verso le 10:00,i miei amici non erano
scesi in spiaggia perchè volevano sapere come stavo e Mirko mi disse:"Hey,guarda che non c'è
bisogno di dimostrarsi coraggiosa più di quello che si è.Noi ti vogliamo bene così!".E mi
abbracciarono.Non dimenticherò mai queste parole a tal punto da scriverle sul mio diario
segreto.Ci abbracciammo così forte!.Dopo pranzo,Gigi,il cuoco,mi preparò una torta con scritto
"Sei perfetta".Mi scappò una lacrima e ci mettemmo insieme a fare una foto che ancora oggi
conservo.Il mio obiettivo,dopo la caduta,era dimostrare il mio coraggio,ma ho capito che se ci si fa
male può diventare grave,quindi meglio non rischiare.Alla fine mi sentii stupida per aver fatto ciò
che avevo fatto e giurai che non sarebbe capitato mai più,mai mai più.
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Tommaso Guffanti
Dopo aver osservato le diverse opere d'arte italiane del '900, siamo passati all'attività di
laboratorio.
Ci siamo divisi in diversi gruppi, il mio era formato da Davide, Enrico e Alessandro, e ci hanno
assegnato la tecnica del decollage di Rotella.
Ognuno ha strappato diverse immagini da pagine di riviste e quotidiani, che poi abbiamo incollato
su un foglio; io ho incollato un tagliaerba,tre immagini di persone,due immagini di calciatori, Lucio
Dalla e Zucchero e automobili, li ho incollati uno vicino all'altro nella parte alta del foglio a destra.
Intanto anche gli altri miei compagni riempivano il foglio. Quello che ha combinato un po' più
disastri è stato Davide, che però poi con la colla è stato geniale, perché avendo messo uno strato
spesso di colla sul foglio,una volta essiccata l'effetto finale è stato davvero sorprendente.
Abbiamo chiamato la nostra opera "l'opera del 2013".
È stata un'esperienza molto divertente e originale e sono stato soddisfatto dell'esito finale.
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La torta al cioccolato
Mucedola Giulia 2°B
Il giorno del mio dodicesimo compleanno non lo dimenticherò mai, lo ricorderò come “il giorno del
guaio”: il guaio più grande che io abbia mai combinato e adesso vi racconterò il perché.
Finalmente era arrivato il fatidico giorno del mio compleanno; quell’anno io e la mamma avevamo
deciso di organizzare una piccola festicciola a casa: avremmo festeggiato tra di noi e con i miei
nonni.
I giorni prima avevamo comprato tutto quello che poteva servirci per preparare un pranzo con i
fiocchi, avremmo persino preparato una torta al cioccolato come piace a me.
Io mi ero fissata che la torta l’avrei preparata da sola; continuavo a ripetere alla mamma che non
ci voleva certo una scienza per preparare una torta, che sarei stata bravissima nel farla e che non
volevo per nulla al mondo il suo aiuto.Naturalmente la mamma continuava a ripetermi che la torta
l’avremmo preparata insieme: ero troppo piccola e inesperta per farla da sola.
Ero molto arrabbiata: volevo, per la mia festa, preparare qualcosa da sola, senza l’aiuto di nessuno
e, nemmeno a farlo apposta, mi si presentò l’occasione per realizzare questo mio desiderio.
La mamma era stata chiamata da mia nonna che abita due piani sopra di noi.
“Giulia, vuoi venire con me dalla nonna?”
Di colpo mi si accese una lampadina: “Se la mamma andrà dalla nonna, come minimo ci rimarrà
per un’ora e io ho avrò tutto il tempo per preparare la torta”, pensai.
“No, mamma ti aspetto qui” le risposi.
Appena la mamma varcò l’uscita di casa, corsi in cucina più veloce della luce, presi il libretto delle
ricette e cominciai a tirare fuori tutti gli ingredienti; la cucina sembrava un piccolo laboratorio.
Che emozione! Avevo cominciato a mischiare tutti gli ingredienti; mi sembrava tutto prefetto.
Avevo seguito per filo e per segno tutto quello che c’era scritto sul libro delle ricette; tutto
sembrava procedere per il meglio; versai il composto nella teglia e io la misi nel forno a 180°.
“Che ci vuole? Sono più brava della mamma”, pensai.
Per non lasciare nulla in giro, lavai tutti gli utensili utilizzati e decisi che nel frattempo che la torta
cuoceva avrei guardato un bel film.
Fu la fine!
Ero coricata pacificamente sul divano intenta a guardare il film, quando all’improvviso sentii un
odore intenso di bruciato.
Subito pensai “La torta!!!”. Corsi in cucina, ma ormai era troppo tardi: dal forno usciva un fumo
nero e la torta si era completamente carbonizzata.
Aprii tutte le finestre, ma l’odore di bruciato non andava via. Tirai fuori la torta: era un disastro!
Cercai di grattare via la parte bruciata, ma c’era poco da fare.
Mi sembrava che il mondo mi fosse caduto addosso: non potevo più tornare indietro e rimediare a
quello che avevo combinato.
Se solo avessi dato ascolto alla mamma!
Era il mio compleanno e volevo far trovare una bella e commestibile torta ai miei genitori e ai miei
nonni, e invece!!
Mi ero cacciata proprio in un bel guaio.
Vi lascio immaginare cosa successe quando la mamma tornò a casa.
Il risultato fu che, oltre a prendermi una bella sgridata dalla mamma, festeggiai il mio compleanno
senza la torta.
Ho imparato che a volte la voglia di farsi vedere più bravi di altri ti porta in un mare di guai.
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Laboratorio di teatro I B
Durante il Primo quadrimestre ho avuto l'opportunità di svolgere un laboratorio teatrale con
l'attore Pongolini. All'inizio, quando ho saputo che avrei dovuto recitare davanti ai miei
compagni..... beh, mi vergognavo parecchio! Poi, per la prima volta, ossia il 7 ottobre, siamo saliti
insieme alla prof.ssa Renieri e al prof. Pongolini nella sala di teatro. Pongolini si è presentato e ci
ha raccontato che ha recitato in un film :"Lui è peggio di me" e faceva la parte del dottore. Quando
ha detto di aver recitato in un film e di essere andato in televisione, ho pensato: "Wow, deve
essere davvero bravo!" Dopo di che ci ha fatto fare degli esercizi per imparare a muoverci nello
spazio. In questi esercizi dovevamo camminare e agire a volte come degli animali, altre come
persone con diverse espressioni e, per rendere più facile l'esecuzione di questi esercizi, ci ha
svelato un segreto: ci ha consigliato di rubare!! Non intendeva dire di fare un furto, ma di "rubare"
le espressioni delle persone che ci circondano e di "rubare " dalla nostra stessa esperienza. Tutti
noi abbiamo visto almeno una volta nella nostra vita un uomo o una donna che corre pur di non
perdere l'autobus, oppure noi stessi abbiamo vissuto l'esperienza di essere felici per un regalo che
ci hanno donato, o tristi e imbronciati, perché non ci vogliono regalare ciò che vogliamo. Beh,
basta ricordare ciò che abbiamo visto o abbiamo vissuto e riproporlo quando recitiamo. Facile?
NOOO!
Uno degli esercizi che mi ha fatto più ridere è stato quello di far finta di dover aspettare di andare
in bagno durante un giorno d'estate, dopo aver bevuto tantissima, ma tantissima acqua. L'ho
trovato divertente, perché vedere l'espressione dei miei compagni...beh era uno spasso! A questo
"gioco" si è unita la prof.ssa Renieri.
Un altro esercizio che ci ha fatto fare è stato il mimo: dovevamo dare agli spettatori l'impressione
di bere dell'acqua, aprire una porta, essere dentro a una scatola, aprire una bottiglia, senza che ci
fosse alcun oggetto sulla scena.
Pongolini ci ha fatto anche leggere; mi è sembrata strana questa richiesta, ma invece è stata molto
utile, perché per leggere nel modo giusto bisogna assumere un tono di voce adeguato, bisogna
saper comunicare emozioni.
Abbiamo anche interpretato varie scenette improvvisate. In una di queste, protagonisti erano
mamma, papà e una figlia di quattordici anni; i genitori, a notte inoltrata, erano preoccupati
perché il figlio non era ancora rientrato a casa e non aveva rispettato il "coprifuoco" contrattato.
Pongolini mi ha chiesto di fare la mamma; io ero imbarazzata, mi vergognavo, ma, una volta
iniziato, beh... mi sono sentita a mio agio!
Poi è arrivato il momento in cui Pongolini ci ha detto che dovevamo inventare un soggetto a
nostro piacimento, che potesse essere trasformato in un testo teatrale e che prevedesse la
partecipazione di tutta la classe.
I migliori temi che racchiudevano tutte le caratteristiche richieste da Pongolini sono stati quelli di
Alessandro Motta e di Rufail Girgis. Il tema di Girgis parlava di scienziati che avevano scoperto
un'altra forma di vita su Nettuno; si intitolava: "La scoperta". Il tema di Alessandro si intitolava "La
fonte della vita eterna": Sherlock Holmes e Watson, il suo aiutante, dovevano superare degli
ostacoli per aiutare una contessa, il cui padre era in fin di vita, a ritrovare la fonte della vita eterna.
Fra i due testi scegliemmo quello di Alessandro, perché era più sviluppato, aveva più personaggi
ed era più facilmente realizzabile dal punto di vista teatrale.
Poi vennero assegnati i personaggi. Alessandro, dal momento che era lo scrittore del testo, scelse
di fare Sherlock Holmes, , secondo me personaggio molto azzeccato, perché è bravo a fare
l'accento inglese; Tommy si propose per Watson e anche lui si mostra bravo a parlare con cadenza
britannica ed è nel suo personaggio, come Alessandro, quando recita. Il ruolo della contessa Sara
Mac Gregor, la figlia dell'uomo che necessitava della fonte della vita eterna per continuare a
vivere, fu assegnato a Silvia Biffi, mentre il ruolo della contessa Fiona venne assegnato a Diana. Poi
c'erano altri personaggi: il principe Shang Kexi, assegnato a Rufail; il direttore del museo,
interpretato da Matteo Hu; il suo aiutante: Hu Francesco; le guardiane del tempio: Precious e Miki;
una statuta: Enrico; le guardie: Marco, Christian e Kevin; gli schiavi: Davide, Pietro, Jacopo ed io; la
signora vanitosa: Giada.
Io, come ho già detto, interpreto la schiava nella seconda parte dello spettacolo, mentre nella
prima parte sono un elemento del coro. Il mio personaggio dice solo una frase e quindi non lo
trovo difficile; in più devo fare una finta lotta a rallentatore fra schiavi e guardie, che mi diverte
molto.
Secondo me la recita di febbraio andrà bene, perché il nostro spettacolo è coinvolgente,
interessante, ma anche divertente. Non vedo l'ora di vedere recitare i miei compagni con vestiti,
borse, spade e altro ancora e di sentire tanti applausi.
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Ti è mai capitato di trovarti in pericolo, di correre un serio rischio o di cacciarti in mezzo ai guai,
per dimostrare la tua bravura? Racconta la tua esperienza.
Alessandra Berini Classe 2^ B
Un giorno di piena estate io, mia sorella Micaela e i miei amici Lorenzo e Chiara stavamo
chiacchierando allegramente nel nostro giardino della casa in montagna. A Lorenzo venne in
mente un’idea grandiosa: divertirci nel boschetto che si trovava poco più distante dalle nostre
case, vicino a una fattoria.
Iniziammo allora a camminare verso il boschetto; mentre camminavo ammiravo le montagne: un
paesaggio a dir poco stupendo! Arrivati in prossimità del boschetto, ci fermammo in uno spiazzo
molto grande, nei pressi della fattoria e rimanemmo lì un po' a giocare; mia sorella ad un certo
punto disse che forse era meglio chiedere al fattore se potevamo inoltrarci nel boschetto.
Allora, andammo dal fattore ed io dissi: “Buongiorno, questo bosco è privato?”
Il fattore, stupito, rispose: “Buongiorno ragazzi! Questo bosco è di mia proprietà... Avete
bisogno?”
Chiara, a quel punto, rispose: “Ehm...volevamo giocare un po’ nel suo bosco..”
Il fattore, quindi, rispose: ”Certo ragazzi, fate pure, ma state attenti a non farvi male!”
Noi, a quel punto, lo ringraziammo e lo salutammo. Lui fece altrettanto.
Seguimmo un sentiero che si inoltrava fra la fitta vegetazione e intanto parlavamo tra di noi,
chiedendoci che gioco si poteva fare in quel bosco. A Chiara venne subito in mente di giocare a
nascondino, lasciando il sentiero tracciato, andando nella zona in cui c’erano molti alberi dove
potevamo nasconderci. Dopo aver fatto la conta, per decidere chi doveva contare, iniziammo a
nasconderci in zone diverse del bosco. Sfortunatamente, mentre cercavo di raggiungere la “tana”,
caddi su una grossa pietra appuntita, nascosta da foglie e rami. Provai un forte bruciore al
ginocchio sinistro. Per un momento non guardai il ginocchio perché volevo arrivare a tutti i costi
alla "tana" e per di più non volevo interrompere il gioco che avevamo iniziato: fino a quel
momento era andato tutto così bene, ci stavamo divertendo, la giornata era stupenda e non
volevo che, per causa mia, tutto si interrompesse! Volli mostrarmi coraggiosa, trattenni il dolore
che provavo, non piansi, cercai di rialzarmi; Chiara, che mi aveva visto cadere, mi fu subito
accanto. "Che è successo?" chiese "Ti sei fatta male?" " No" risposi io "niente di grave."
Guardammo tutte e due il ginocchio, che era pieno di terra, di graffi, e notammo il sangue che
scendeva come un rivoletto lungo la gamba. Mi sedetti per terra e anche mia sorella venne in mio
soccorso, tirando fuori dal suo zainetto dei cerotti. Ne presi qualcuno e in breve coprii tutte le
ferite. Mi rimisi in piedi; i miei amici mi chiesero se volevo tornare indietro. Io risposi che non ce
n'era bisogno, però, dentro di me, sentivo un gran desiderio di andare a casa: il ginocchio mi
bruciava. D'altra parte non volevo fare la lagna e non volevo tornare dai miei genitori,
lamentandomi per il male che provavo, come facevo quando ero piccolina, perché ero sicura che
si sarebbero arrabbiati con noi ragazzi: ci avevano già avvisato molte volte di non andare nel bosco
al di fuori dei sentieri, dove c’erano pietre, rami, buche. Decidemmo che era meglio lasciar
perdere quel gioco, dal momento che il terreno era troppo accidentato e altri avrebbero rischiato
di farsi male. Proseguimmo quindi lungo il sentiero. Ad ogni passo sentivo fitte al nel punto in cui
ero caduta, poi il dolore, dal ginocchio, si estese a tutta la gamba sinistra; pensai che, a quel
punto, forse, era meglio andare a casa, però decisi di non dire niente a mia sorella e ai miei amici e
preferii restare ancora con loro in quel bosco. Ora invece mi accorgo che feci un errore molto
grosso: volevo dimostrare a me stessa e ai miei compagni di avventura il mio coraggio e la mia
bravura di saper resistere a qualunque cosa.
Verso le sette di sera tornammo a casa e la discesa per me fu più dolorosa della salita.
Io ero terrorizzata perché sapevo che i miei genitori mi avrebbero rimproverato, però, allo stesso
tempo, ero felice, perché a casa mi potevo sdraiare sul letto e stare più tranquilla. Arrivati a casa, i
miei genitori, vedendo il ginocchio coperto di cerotti, mi chiesero cos’era successo. Io spiegai loro
che eravamo andati in un bosco a giocare a nascondino. Spiegai, inoltre, che ero caduta su una
grossa pietra appuntita. Dissi che mi faceva molto male tutta la gamba. Mio papà, che è ancora
oggi è un esperto nell’ esaminare le ferite, tolti i cerotti, inorridì vedendo il ginocchio ancora
impastato di terra e sangue, me lo pulì prima con acqua, poi mi disse che c’era un’infezione e mi
versò sopra mezza bottiglietta di acqua ossigenata, che mi fece urlare a squarciagola. Dopo che mi
fui acquietata, mi chiese di raccontare bene l'accaduto. A questo punto mi convinsi che era
arrivato il momento di dire la verità, quindi dissi: “Papà, mamma! Lo so, adesso mi sono resa conto
che ho fatto una sciocchezza ... E’ da circa tre ore che sono caduta e, ogni minuto che passava, il
ginocchio mi faceva sempre più male! Però non sono venuta a casa prima, perché volevo
mostrarmi coraggiosa davanti ai miei amici e a mia sorella. Lo so, lo so. Sarei dovuta tornare a
disinfettarmi bene, prima di coprire il tutto con i cerotti.”
Allora, i miei genitori mi rimproverarono un po’ e mi spiegarono che se fossi tornata a casa prima,
il ginocchio non si sarebbe infettato. Scoppiai in un lungo pianto.
Da quel giorno capii che non bisogna dimostrarsi coraggiosi davanti agli altri, perché poi sono io a
pagare le conseguenze.
Infatti quella volta, per curare l’infezione, dovetti far uso di un forte antibiotico per circa sette
giorni e non riuscii a camminare bene per tutto quel periodo, rovinandomi una parte delle mie
vacanze.
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L’INCONTRO CON I VIGILI DEL FUOCO
CORBELLI PIETRO, PILOZO DENNIS, PULCI GIADA
IB
Il giorno 18 novembre 2013, durante le ore scolastiche, ci siamo trasferiti nella scuola elementare
per conoscere il lavoro che svolgono i Pompieri. Quello dei vigili del fuoco è un lavoro molteplice,
poiché salvano le persone o gli animali che si trovano in pericolo, come nei casi di incendi,
alluvioni, terremoti. Sono spesso chiamati per intervenire nelle nostre case.
Ci hanno dato numerosi consigli utili, per prevenire incidenti domestici:
 Se si va fuori casa non si deve lasciare la lavatrice accesa. Infatti, se dovesse rompersi
qualche tubo, si allagherebbe la casa e l'appartamento al piano inferiore.
 Non si devono usare apparecchiature elettriche vicino all'acqua, per non correre il rischio
che queste cadano e noi, immergendo le mani nell'acqua, potremmo rimanere fulminati.
 Non si deve appoggiare una lampada accesa sui mobili se vicino ci sono giochi, altrimenti
questi potrebbero incendiarsi.
 Non si deve lasciare candele accese incustodite altrimenti c’è il rischio di incendio.
 Non si deve lasciare incustoditi fornelli accesi in nessun caso, neanche per una telefonata,
perché si rischia di dimenticarli accesi; come conseguenza, possono bruciare le pentole, i
guanti da cucina appoggiati vicino ai fornelli, si può provocare un possibile incendio della
cappa e della cucina.
 Non si deve lasciare il microonde vuoto acceso, perché potrebbe esplodere o incendiarsi.
 Non si deve fissare la libreria al muro sopra il letto, altrimenti potrebbe cadere addosso.
 Non si deve lasciare nel ripostiglio un contenitore di benzina senza tappo, perché la
benzina evapora e il vapore si espande nel ripostiglio. Successivamente quando si andrà ad
accendere la luce esso salterà in aria.
 Se ci troviamo in pericolo dobbiamo chiamare il 112 o il 115 Se un bambino telefona ai
pompieri dicendo che gli si è incendiata la casa, il pompiere chiede se è solo o con
qualcuno. Il bambino deve poi comunicare la via, il numero, il piano, il citofono.
Successivamente il pompiere gli chiede di uscire dall’edificio e di fare segni con le mani
quando li vedrà arrivare. Inoltre gli chiede se sia uno scherzo, perché in tal caso il bambino
passerebbe dei brutti guai in caserma.
A chiusura dell'incontro, i Pompieri ci hanno portato in cortile per mostrarci un gommone che
utilizzano per le operazioni di salvataggio durante le alluvioni e ci hanno fatto salire due ragazzini;
noi li abbiamo invidiati molto: avremmo voluto essere al loro posto, anche per poter vedere quello
che c'era all'interno. Intanto ci hanno mostrato il giubbotto che indossano le persone soccorse in
acqua. A questo giubbotto è attaccato un fischietto per attirare l’attenzione dei pompieri, in caso
dovessero cascare dal gommone. Se vi sono delle persone in acqua, un pompiere si deve calare
con una fune indossando una tuta speciale. Questa tuta a contatto con l’acqua si gonfia e
impedisce di affondare, permettendo al pompiere di portare fuori dall’acqua addirittura 5-6
bambini alla volta.
Ci hanno salutato, facendoci ascoltare la sirena dei Vigili del Fuoco.
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Giornalisti in gioco CASTORINA ALICE 2°B Era il 14 agosto ed ero