Introduzione
Tema, metodologia e stato dell’arte
Questo lavoro, dal titolo “Riscritture tedesche del Coriolanus di Shakespeare
(1609-1951). Ricezione politica e politica della ricezione”, intende fornire
un’analisi del Coriolanus (1609?) come opera politica aperta e indagare un corpus di adattamenti del testo, appartenenti alla cultura tedesca, sottolineando il
loro essere, al contempo, atti estetici e atti politici, fortemente implicati e funzionanti nei relativi contesti storici, culturali e sociali. Il termine ad quem di tale
indagine, come indicato nel titolo, è il 1951, anno in cui Bertolt Brecht iniziò la
sua nota riscrittura dell’opera shakespeariana.
Tale studio — di natura comparatistica, interculturale e interdisciplinare —
ha richiesto, innanzitutto, un approccio metodologico basato sulla teoria della
ricezione, dagli scritti fondativi di Hans Robert Jauss (1989 [1967], 1985 [1972],
1988 [1978], 1988a [1982]), a quelli di altri studiosi come, ad esempio, Roland
Barthes (1975 [1973]), Umberto Eco (1962, 1973 [1970], 1979), Gian Biagio
Conte (1985) e Guido Almansi & Guido Fink (1976), sino ai più recenti modelli
proposti da John Bryant (2002), Linda Hutcheon (2006) e Julie Sanders (2006).
Particolarmente utili sono state le elaborazioni teoriche sulla ricezione specificamente pensate per gli studi shakespeariani, provenienti dal settore di ricerca
che prende il nome di Shakespeare’s afterlife: la ricezione produttiva, in lingua
inglese e non, delle opere del drammaturgo dopo la sua morte.
Grazie all’utilizzo di categorie e concetti inediti nella letteratura, derivanti
dalla linguistica, dalla sociologia e dall’antropologia, i modelli di analisi proposti, o adottati negli studi applicativi, da coloro che operano in tale settore —
Ruby Cohn (1976), Graham Holderness (1988, 2001, 2002, 2003), Barbara Hodgdon (1998), Daniel Fischlin & Mark Fortier (2000), Ton Hoenselaars (2004),
Sonia Massai (2005, 2007) e Margaret Jane Kidnie (2009), 1 solo per citarne alcuni — stimolano a dare nuovi e più profondi significati alla ricezione della
drammaturgia di Shakespeare. Inevitabili in questa ricerca, inoltre, sono stati il
riferimento alle teorie della traduzione di Hermans (1983), Susan Bassnett e André Lefevere (cfr. Bassnett 20023 [1980], 1983, Lefevere 1983, Bassnett & Le1 Di particolare importanza è l’idea dell’opera come processo, per cui “the limits of the work
are continually redefined. [...W]hat is recognized (or else will come to be recognized) as ‘the
text itself’ depends on how the work is currently constructed in relation to adaptation, the
politics of the work being fully implicated in ongoing processes of production” (Kidnie
2009: 65, 68).
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fevere 1998), e l’adozione della premessa teorica dell’aspetto dialogico della
letteratura e del concetto di intertestualità (cfr. Bachtin 1979a [1975], Kristeva
1978 [1969]), anche nelle sue formulazioni posteriori (cfr. Schmid & Stempel
1983, Pfister 1985, Plett 1991, Iser 1992). 2 Infine, è sembrato imprescindibile il
ricorso alle riflessioni sulla transtestualità di Gérard Genette (1997 [1982], 1989
[1987]), poiché esse forniscono un utile apparato terminologico, largamente
condiviso, e una accreditata griglia interpretativa, sistematica e oggettiva, per la
descrizione di testi e riscritture.
Il Coriolanus di Shakespeare è un campo d’indagine privilegiato per uno studio sulla ricezione che intende tale processo come politico. Si tratta, infatti, di un
testo drammatico, 3 di un autore classico, egli stesso adattatore di fonti, appartenente al canone inglese e a quello internazionale. L’opera, inoltre, contiene temi
eminentemente politici e riflessioni ante litteram sul ruolo della ricezione. Emblematici al riguardo sono i memorabili versi di Aufidio nell’opera: “[O]ur virtues / Lie in th’interpretation of the time” (IV.vii.49) 4, con i quali il personaggio
sostiene che la percezione delle qualità di una persona non può essere intesa
come fissa e assoluta, poiché, al contrario, è storicamente determinata, dunque
destinata a mutare nel tempo.
Tale affermazione è stata coerentemente trasposta nel campo dell’analisi letteraria da Coldiron (2008), per chiarire che, secondo la teoria dell’estetica della
ricezione, un’opera, seppur solidamente inserita nel canone internazionale, è soltanto apparentemente un classico senza tempo. La sua interpretazione, in verità,
è storicamente, socialmente, e dunque, culturalmente determinata, ed è proprio
grazie a tale “fluidità” (Bryant 2002) che essa può mantenere lo status di canone.
Quando un’opera teatrale viene messa in scena, e soprattutto quando la rappresentazione prende la forma di un dichiarato adattamento, o quando un testo
viene tradotto — essendo la traduzione un atto inevitabilmente creativo e interculturale (Basnett 20023 [1980]) —, la produttività della ricezione appare in modo ancora più evidente. Nel campo degli studi shakespeariani, è ormai assodato
che interpretare i testi del Bardo attraverso gli adattamenti e le traduzioni degli
stessi significa poter assumere un fruttuoso approccio dialettico, che porta a tra-
2 Si pensi, ad esempio, a quelle nate nell’ambito degli studi teatrali e interculturali (cfr. Spivak 1987). Per riflessioni sulle dinamiche della ricezione e dell’intertestualità nella rappresentazione dei testi di Shakespeare, si vedano, tra gli altri, Bulman 1996 e Worthen 2003.
3 Come scrivono Fischlin e Fortier: “Theatre is always a form of reworking, in a sense the
first step toward adaptation” (2000: 7).
4 Di qui in poi, le citazioni dal Coriolanus sono da riferirsi all’edizione Arden del 1976.
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durre in atto le potenzialità semantiche delle opere (Jones 1971: 3, Kennedy
1993a: 17, Chaudhuri & Lim 2006).
Un esempio di quanto affermato è costituito proprio dalla storia della ricezione del Coriolanus, oltremodo ricca di riscritture, in lingua inglese e non. David
George, nel suo studio comparatistico di sei diversi adattamenti del testo, ricorda
al lettore che Coriolanus è stato messo in scena più spesso come adattamento
che come testo shakespeariano, commentando questo dato come strano (George
2008: 9). John Ripley, invece, nel suo vasto e accurato lavoro di registrazione e
documentazione delle messe in scena inglesi e americane dell’opera —
dall’ipotetica prima rappresentazione nel regno giacomiano, fino alla produzione
della Royal Shakespeare Company nel 1994 —, tenta di dare un significato a
questa anomala ricezione, proponendo di considerarla come il risultato di una
“calculated aesthetic, however unconventional” (1998: 334). L’illuminante intuizione di Ripley, non ulteriormente sviluppata dallo studioso, è la premessa della
prima parte di questo volume.
Nel primo capitolo, prendendo le mosse dalla nozione di “opera aperta” di
Umberto Eco, ci si propone di individuare, nel testo shakespeariano, tracce di
relativismo del pensiero e prove dell’indefinitezza della forma e della comunicazione dei temi politici, sui piani sincronico e diacronico. Nel secondo capitolo, si
vogliono citare come dimostrazioni di apertura del testo le riscritture politiche
inglesi — The Ingratitude of a Common-Wealth. Or, the Fall of Caius Martius
Coriolanus di Tate (1681), The Invader of His Country. Or, The Fatal Resentment di Dennis (1719) e Coriolanus. A Tragedy di Thomson (1749) —, mettendole in relazione al contesto politico dell’epoca, sulla scorta della prospettiva
interpretativa adottata da Michael Dobson (19942 [1992]), nel suo noto volume
sulla canonizzazione inglese di Shakespeare.
Questa ricerca contribuisce ad arricchire gli studi esistenti sulle sopra citate
riscritture inglesi del Coriolanus, mediante l’aggiunta, nell’analisi, di altri importanti testi. Si prenderà in esame l’opera all’italiana Cajo Marzio Coriolano di
Haym (1723 e 1732), con libretto tradotto in inglese, rilevante principalmente
per due ragioni: sia per le relative implicazioni politiche, sia per il fatto di essere
stata rappresentata durante un lungo periodo che la critica sul Coriolanus definisce di assenza del testo dalla scena inglese (cfr. Ripley 1998: 82), divenendo,
così, fondamentale per la modificazione dell’orizzonte d’attesa rispetto al play
shakespeariano.
Inoltre, si annoverano nell’analisi anche A school-boy letter (1720), uno scritto sull’adattamento di Dennis di un autore anonimo, del quale si è ipotizzata
l’identità, e tre pamphlet di epoca georgiana: A Letter to the Mob of Great Bri-
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tain [condemning popular support for the Duke of Ormonde and his followers].
Humbly Dedicated to the Most Reverend Dr S---------LL (1715), An Answer to
Junius: Shewing His Imaginary Ideas, and False Principles; His Wrong Positions, and Random Conclusions (1771) e A Consitutional Defence of Government (1782). Aggiungere questi brevi trattati politici alle indagini esistenti si
rivela estremamente interessante, in quanto i rispettivi autori analizzano il tema
della lotta tra patrizi e plebei, utilizzando lo pseudonimo di “Coriolanus”. Ciò a
dimostrazione del fatto che l’esperienza estetica ha un valore reale e concreto,
perché l’opera fruita, dopo aver portato il lettore all’identificazione attraverso il
coinvolgimento estetico, diventa energeia aristotelica, forza propulsiva che si
cala nella prassi per diventare gesto e azione sociale (cfr. Jauss 1985 [1972]).
La seconda parte del volume, basata sulle premesse formulate nella prima
parte dello stesso, è concentrata sulle riscritture tedesche del Coriolanus. Nel
1973, lo studioso Martin Brunkhorst ha condotto uno studio sul tema dal titolo
Shakespeares ‘Coriolanus’ in deutscher Bearbeitung. Si tratta di un lavoro piuttosto influente, anche perché contribuisce a colmare la mancanza di contributi
critici sulla maggior parte degli adattamenti tedeschi dell’opera. Dopo un interessante capitolo sul mito europeo di Coriolano e sui primi testi drammatici su
questa vicenda, Brunkhorst analizza la ricezione tedesca del Coriolanus, dal
XVIII al XX secolo, attraverso l’analisi formale di sette adattamenti: le opere di
Lenz, Dyk, Schink, Falk, Marbach, Brecht e Grass. L’interessante finalità di tali
descrizioni, compilate facendo riferimento alla critica, alle traduzioni e alle messe in scena del Coriolanus relative alle varie epoche, è quella di mostrare la correlazione esistente tra “Shakespeare-Rezeption und Shakespeare-Adaption” (p.
vii). L’attenzione, pertanto, è rivolta principalmente all’aspetto formale degli
adattamenti e al loro riflettere la critica shakespeariana del tempo.
Pur concentrandosi sullo stesso tema e pur utilizzando i risultati ottenuti da
Brunkhorst, il presente studio ha uno scopo differente: dare un significato politico-sociale agli atti di riscrittura, considerando il valore politico della ricezione di
Shakespeare in Germania. Questo intento ha più motivazioni: innanzitutto la
considerazione del tradizionale legame tra teatro e politica nella cultura tedesca
(cfr. Daniell 1980: 118); inoltre la convinzione che la causa politico-sociale che
muove gli adattamenti e le traduzioni di testi stranieri, in particolare se appartenenti al canone, deve necessariamente essere indagata, perché, come sostiene
Kennedy, riflettendo sulla ricezione internazionale del Bardo: “Whereas Shakespeare has been a given in English for some centuries, readers and audiences in
linguistically foreign environments have had to find a desire for him” (1993a:
3). Infine, la motivazione più forte deriva dall’idea di critica letteraria propria
dell’approccio metodologico adottato in questo studio, nelle parole di Jauss,
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[i]l compito della storia della letteratura è portato a termine solo quando la produzione letteraria non solo è descritta sincronicamente e diacronicamente nel succedersi dei suoi sistemi, ma è vista come storia speciale anche nel suo rapporto a lei proprio con la storia generale. […] La funzione sociale si manifesta pienamente solo
quando l’esperienza letteraria del lettore entra nell’orizzonte di attesa della sua vita
reale, determina la sua comprensione del mondo e perciò reagisce anche sul suo
comportamento sociale. (1989: 69 [1967], cfr. Fischlin & Fortier 2000)
Da ciò è nata l’esigenza di far precedere all’esame delle riscritture del testo un
capitolo (il terzo) in cui si fornisce un propedeutico resoconto della ricezione di
Shakespeare in Germania, sottolineandone l’aspetto politico. Tale capitolo è inevitabilmente debitore nei confronti dei copiosi contributi critici sulla questione.5 La sua originalità risiede nell’approfondimento delle implicazioni politiche
di alcuni scritti e di alcuni fatti che costituiscono la storia dello “Shakespeare
tedesco”.
Ancora dalla necessità di mantenere una prospettiva di analisi basata sull’idea
di interazione tra letteratura e realtà dipende la selezione di testi analizzati nei
capitoli quarto e quinto: le riscritture, prese in esame anche da Brunkhorst, di
Lenz (1776), Dyk (1786), Schink (1781-1790), Falk (1812), Marbach (1867?) e
Brecht (1951 ca.), alle quali si aggiungono altri testi non considerati o appena
menzionati dallo studioso tedesco, vale a dire la critica relativa all’Ouverture op.
62 di Beethoven (1808), che ebbe un ruolo centrale nella costruzione del binomio Shakespeare-Beethoven, e i libri scolastici — scritti nei regni di Wilhelm I e
Wilhelm II, e in epoca nazista — dedicati al Coriolanus. Nel corpus dei testi
presi in esame sono state inserite anche l’opera all’italiana dedicata alla vicenda
di Coriolano scritta da Pariati per il sovrano Karl VI (1717) e, cosa ancora più
interessante, quella scritta su indicazioni di Friedrich II da Leopoldo de Villati,
pubblicata con la traduzione tedesca del libretto (1749, 1782). I risultati ottenuti
porteranno a ridefinire i confini del “campo culturale”6 costituito dall’opera di
5 Afferma Price: “‘Shakespeare in Deutschland’ ist die längste untersuchte Episode in den
literarischen Beziehung zwischen England un Deutschland” (1961: 223). Ancora oggi le
pubblicazioni sull’argomento, tanto nel panorama critico di lingua tedesca, quanto in quello
di lingua inglese, sono numerosissime e l’interesse correlato non si è spento, come dimostra
anche il fatto che il responsabile del settore formativo del Globe Theatre di Londra, Patrick
Spottiswoode, abbia organizzato nell’autunno 2010 una stagione dal titolo “Shakespeare is
German”, in onore dell’affinità esistente tra Shakespeare e la Germania.
6 Per la nozione di campo culturale, mutuata dalle teorie del sociologo francese Pierre Bourdieu (cfr. 1993), si veda Massai (2005a: 6).
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Shakespeare (cfr. Bate & Rasmussen 2011: 155) e dimostreranno l’ipotesi premessa alla tesi del volume: l’esistenza, nel Coriolanus, di una peculiare apertura
estetica, che valorizza il ruolo della ricezione del testo e invita ad una moderna
riflessione sull’uso politico della storia e della sua trasmissione.
Il lavoro di ricerca di questa seconda parte del volume, centrale dal punto di
vista tematico, è stato particolarmente stimolante, in quanto, come accennato
sopra, oltre al suddetto studio di Brunkhorst, scarsi sono i contributi critici sulle
riscritture tedesche del Coriolanus. Esistono, però, eccezioni nel panorama delineato. Come è facile intuire, esse sono costituite in parte dalle riflessioni sulla
traduzione-adattamento di Lenz, ma soprattutto dai numerosi saggi sul lavoro di
Brecht.7 Anche in quest’ultimo caso, tuttavia, il Coriolan ha ricevuto
un’attenzione minore rispetto ad altre opere del drammaturgo di Augusta e, più
in generale, la ricezione brechtiana di Shakespeare — nonostante esistano ricerche sull’argomento — deve essere ancora indagata compiutamente, come sostiene Roger Paulin nel suo magistrale studio sulla ricezione critica del Bardo in
Germania, dalle origini alla prima guerra mondiale. Nella prefazione al volume,
egli scrive che il XX secolo meriterebbe un lavoro simile a quello da lui compiuto e precisa: “Brecht would take a major Part [of it]. I hope that someone will
yet do it” (2003: 2). Nei paragrafi incentrati sul Coriolan di Brecht, nei limiti di
un’analisi dedicata ad un testo in particolare e non all’intera opera brechtiana,
l’invito di Paulin è stato raccolto.
Questa ricerca ha ricevuto interessanti e proficui stimoli anche grazie
all’opportunità di presentare e sottoporre a dibattito alcuni dei risultati in occasione di convegni internazionali.8 Le riflessioni emerse dalle discussioni sulle
comunicazioni esposte hanno guidato e arricchito il lavoro di ricerca. 9
7 Le relative indicazioni bibliografiche vengono fornite nel corso del quarto e quinto capitolo.
8 I convegni sono i seguenti: “Shakespeare and his Contemporaries Graduate Conference”,
organizzato dal British Institute of Florence e dalla Italian Association of Shakespearean and
Early Modern Studies (Firenze, 14 aprile 2011), “The Aesthetics and Politics of Shakespeare
Re-translation”, organizzato dalla European Shakespeare Research Association e dalla Shakespeare Deutsche Gesellschaft (Weimar, 28 aprile-1 maggio 2011), e “Hamlet and Poetry”,
organizzato dalla University of Glamorgan e dalla University of Cardiff (13-14 settembre
2011).
9 I testi in lingua inglese e tedesca, dei secoli XVI, XVII, XVIII e XIX, saranno citati in originale, senza modernizzare l’ortografia. Per comodità d’esposizione si utilizzerà il termine
Germania per designare i Paesi di lingua tedesca (esclusa l’Austria).
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