I
C O N C E R T I
A P E R I T I V O
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Coro di voci bianche
del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi”
DOMENICA 9 DICEMBRE 2012 ORE 11
TEATRO REGIO
Coro di voci bianche
del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi”
Claudio Fenoglio maestro del coro e direttore
Mauro Ginestrone narratore
Andrea Secchi pianoforte
Viaggio nel repertorio per voci bianche
Gregoriano
Kyrie eleison
Orlando di Lasso (1532-1594)
Cantiones duarum vocum
n. 3 Oculus non vidit
Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525-1594)
Pleni sunt cœli
Johann Sebastian Bach (1685-1750)
«Denn das Gesetz des Geistes»
(Poiché la legge dello Spirito) dal mottetto
Jesu, meine Freude (Gesù, mia gioia)
Testo di Johann Franck
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
«Bald prangt, den Morgen zu verkünden»
(Presto ad annunciare il giorno)
dall’atto II del Singspiel Die Zauberflöte
Libretto di Emanuel Schikaneder
Georges Bizet (1838-1875)
«Avec la garde montante»
(Con la guardia che monta)
dall’atto I dell’opéra-comique Carmen
Libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy
Pëtr Il’ič Čajkovskij (1840-1893)
«My, vse zdes’ sobralis’»
(Siamo tutti qui riuniti)
dall’atto I dell’opera Pikovaja dama
Libretto di Modest Il’ič Čajkovskij
Sergej Rachmaninoff (1873-1943)
Sei cori op. 15
n. 2 La notte (Lento assai)
Testo di Vladimir Lodyženskij
n. 5 La prigionia (Andantino)
Testo di Nikolaj Cyganov
n. 6 L’angelo (Andantino)
Testo di Michail Lermontov
Jean Absil (1893-1974)
Le Cirque volant
cantata per coro di voci bianche, voce recitante
e pianoforte op. 82
Testi di Étienne de Sadeleer
Entrée (Introduzione)
Les Pumas (I puma)
Le Danseur de corde (Il funambolo)
L’Amazone (L’amazzone)
Les Clowns (I pagliacci)
Les Chiens savants (I cani ammaestrati)
Le Fakir (Il fachiro)
Buffalo Bill
Benjamin Britten (1913-1976)
Three Two-part Songs
Testi di Walter de la Mare
n. 1 The Ride-by-Nights (Cavalcate notturne)
n. 2 The Rainbow (L’arcobaleno)
Carlo Galante (1959)
Missa Puer Natus
Sanctus
Benedictus
I Concerti Aperitivo sono realizzati con il sostegno di una Fondazione privata.
Al termine del concerto, aperitivo offerto da
Immaginiamo i ragazzi del coro come tanti Tamino e tante Pamina, iniziati in un
viaggio edificante volto alla conoscenza e alla virtù attraverso la musica, tra difficoltà
di carattere vocale, stilistico, espressivo e interpretativo. Un’elevazione dello spirito in
cui, a un immaginario filo conduttore che si snoda tra testi liturgici, sacri e poetici, si
interseca il fil rouge rappresentato da forme e procedimenti originari della polifonia
portati al massimo livello attraverso i secoli e, riletti in chiave moderna, messi al servizio di una logica e di uno stile contemporanei.
Il percorso prende avvio dalla forma spirituale di intimo raccoglimento per eccellenza: il Kyrie eleison. Primo brano dell’ordinarium missae – la parte della messa
con testo fisso di cui fanno parte anche Gloria, Credo, Sanctus e Benedictus, Agnus
Dei – è una delle forme liturgiche più antiche, prerogativa dell’assemblea dei fedeli
che, in una sommessa preghiera all’unisono, chiede pietà dei propri peccati attraverso
tre acclamazioni («Kyrie eleison, Christe eleison, Kyrie eleison») ripetute ognuna tre
volte. Il delicatissimo bicinium – termine che in epoca rinascimentale e barocca indica
una composizione didattica a due sole voci – Oculus non vidit (1577) del fiammingo
Orlando di Lasso giunge come conforto divino al pentimento dei fedeli: «gli occhi, le
orecchie e il cuore degli uomini non percepiscono ciò che Dio ha riservato a coloro che
lo amano», mentre il canone a tre voci Pleni sunt cœli – espressione della perfezione
architettonica dello stile a cappella palestriniano, su testo del Sanctus dell’ordinarium
missae – esprime la lode al Signore. Se lo stile imitativo di Lasso e Palestrina, coetanei
e tra i massimi esponenti della polifonia italiana ed europea del Cinquecento, si erge
a vette eccelse di purezza e di essenzialità contrappuntistica, la musica sacra di Bach
assume toni sublimi e quotidiani insieme: la liberazione dell’uomo dalla morte e dal
peccato è espressa con incredibile semplicità in Denn das Gesetz des Geistes a tre voci,
quarto brano del celebre mottetto in undici parti Jesu, meine Freude bwv 227, su testo
tratto dalla lettera di San Paolo ai Romani. Composto a Lipsia nel 1723, il mottetto
ben si prestava infatti a finalità edificanti per la stretta aderenza della musica alle
parole – in lingua tedesca, secondo i dettami luterani.
Anche sotto la veste fantastica del mozartiano Flauto magico (1791), seppure in
chiave massonica, è presente un messaggio di elevazione spirituale, verso la saggezza.
Ad annunciare l’imminente vittoria della virtù sul male in Bald prangt, den Morgen
zu verkünden – «il sole splenderà, la terra diventerà un regno celeste e i mortali si congiungeranno con la divinità» – sono tre fanciulli, messaggeri del regno della luce, che
esortano Pamina, afflitta dal dolore per l’indifferenza di Tamino, a continuare nel suo
percorso verso la purezza. In quel teatro di vicende terrene che è il melodramma ottocentesco sono ancora i cori di fanciulli, simbolo di innocenza e di speranza, contraltare
delle passioni degli adulti, a riequilibrare la tensione emotiva, come in Avec la garde
montante nella Carmen di Bizet (1875) dove, tra zingari, contrabbandieri e soldati che
ruotano intorno alla fatale donna, si ode da lontano una marcia militare: è il cambio
della guardia a Siviglia. I passanti si fermano per assistere alla parata e, mentre i soldati
si avvicinano, un gruppo di ragazzi ne emula la marcia, la postura e gli squilli di tromba.
Il gioco disincantato e ironico del coro dei monelli della Carmen assume invece in My,
vse zdes’ sobralis’ da La dama di picche di Čajkovskij (1890) – con il protagonista German
in bilico tra la passione per Liza e il gioco delle carte – il tono serioso di una lezione di
rigore morale in chiave patriottica: i “soldatini” che irrompono nel Giardino d’Estate di
San Pietroburgo, preceduti dal suono delle trombette e dei tamburi, «annienteranno il
nemico con indomito ardor, fieri di lottare nel nome della grande madre Russia».
Un’atmosfera arcana e affascinante, un lento canto omoritmico che si adagia su
un’armonia cangiante dai frequenti cromatismi domina invece i Cori op. 15 (1895) di
Rachmaninoff, un perfetto sodalizio poesia-musica che dall’anelito alla libertà – La
notte (dopo la notte il giorno luminoso ridarà felicità al popolo) e La prigionia (l’usignolo liberato simbolo di affrancamento) – si innalza verso il sovrasensibile, in una
dimensione altra, con L’angelo, dove un angelo dal canto silenzioso conduce un’anima
tra le stelle, oltre il mondo di dolore e di lacrime; e quel canto paradisiaco verrà custodito per sempre nel profondo dell’anima.
Ormai siamo nell’etere, oltre la Terra, e in questo viaggio non potevano mancare il
gioco, l’ironia e la sottile maestria contrappuntistica di Jean Absil e Benjamin Britten,
autori che hanno dedicato buona parte della loro produzione alle voci dei fanciulli. In
Le Cirque volant op. 82 (1957) di Absil, «la Direzione del Circo Volante ha il piacere
di presentare per l’ultima volta, prima di partire per la Via Lattea, i numeri più applauditi sugli altri Pianeti»: Les Pumas, Le Danseur de corde, L’Amazone, Les Clowns,
Les Chiens savants, Le Fakir, Buffalo Bill. Un capolavoro di invenzione musicale che
ci immerge totalmente nel magico mondo del circo, dove nulla più è reale, dove la
musica esplora le possibilità del pianoforte e delle voci caratterizzando personaggi
e numeri attraverso timbri, sonorità, sinuosità orientali e rapidi andamenti. Anche
in Ride-by-Nights, il primo dei Three Two-Parts Songs di Britten (1932), strutturati in
forma di canone su poemi di Walter de la Mare, siamo tra le stelle, dove numerose
streghe sfrecciano veloci sul loro manico di scopa, anch’esse attraverso la Via Lattea
e le costellazioni. Chissà, forse si incontreranno – o si scontreranno – con Le Cirque
volant... La forma imitativa su un basso ostinato del pianoforte ce ne restituisce il
rapido rincorrersi. Di ripiegato intimismo è invece The Rainbow: un movimento lento e contemplativo su morbide sonorità evoca il ritorno della luce dopo la tempesta,
annunciando così Sanctus e Benedictus dalla Missa Puer Natus (2002) a due voci del
contemporaneo Carlo Galante, dove l’antico procedimento del discantus, nella sua
provenienza dal canto gregoriano, e il fugato dell’Hosanna, arricchiti di pulsione ritmica e di sonorità novecentesche, ci riportano nuovamente indietro nel tempo, chiudendo circolarmente il concerto.
Edificati attraverso canti liturgici e sacri, elevati spiritualmente oltre le umane passioni grazie alla virtù e alla saggezza, trasportati da un angelo dal canto paradisiaco,
abbiamo giocato tra gli astri con la leggerezza dell’ironia, sempre più vicini all’Assoluto; e ora, alla fine di tutto, siamo pronti a ripartire nel mistero del rito di una
rinnovata epifania che con l’esultanza del Sanctus finale suona come un rinnovato
augurio natalizio.
Donatella Meneghini
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Coro di voci bianche
del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi”
Gaia Albonico
Valentina Almiron
Martina Baroni
Beatrice Susanna Benvenuti
Giorgia Bonaventura
Bianca Bonora
Emma Bruno
Alice Cavalli
Michelangelo Chiappero
Virginia Clerico
Beatrice Cozzula
Sara Daneo
Emanuela De Fezza
Francesca Demarchi
Luca Demestrio
Margherita Derossi
Matilda Elia
Manuela Escobar
Valentina Escobar
Giulia Ferri
Giorgio Fidelio
Veronica Fratino
Adam Gatti
Giulia Graziano
Francesca Idini
Sara Jahanbakhsh
Lavinia Jurlin
Rebecca Leidi
Eleonora Macrì
Sofia Magni
Anita Maiocco
Lorena Mantia
Giulia Moretto
Celeste Mostert
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Martina Pelusi
Carlotta Petruccioli
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Lucrezia Piovano
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