Renzi: “Italk-show dipingono un Paese finito. Non è così”. Ancora una volta lo statista di Rignano copia B. che nel ‘94 accusò la “Piovra”di Placido di diffamare l’Italia Venerdì 21 novembre 2014 – Anno 6 – n° 321 e 1,40 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 PRESCRIZIONE, INFAMIA DI STATO Mors tua, prescrizione mea di Marco Travaglio iciamo subito che la Cassazione non era afD fatto obbligata dalla legge a dichiarare prescritto il reato di disastro colposo per il patron Dopo 15 anni e la sentenza Eternit, i politici scoprono i reati impuniti. Eppure, da mesi, il Pd accetta il rinvio della riforma (un favore a B. e Alfano) e intanto annacqua le leggi ambientali. Ma c’è un giudice a Torino e Guariniello accusa: “256 omicidi volontari” De Carolis, Giambartolomei e Palombi » pag. 2, 3, 4 e 5 LA CITTÀ DEL DOLORE “Noi, i morti viventi di Casale che non crediamo più a nessuno” Barbacetto » pag. 4 IL GIURISTA SENZA VERGOGNA Un sistema ben costruito per scappare dalla Giustizia L’ultimo oltraggio di Schmidheiny, il padrone dell’amianto Piercamillo Davigo » pag. 3 Caselli » pag. 18 » IL PM NEL MIRINO » Rivelazioni del boss » L’ULTIMA BORDATA » ”La Camusso come Salvini” “150 kg di tritolo Renzi: “I sindacati Un’autobomba perdono tempo per Di Matteo” a fare gli scioperi” Galatolo racconta il progetto di attentato contro il magistrato del processo Trattativa. In via D’Amelio la mafia utilizzò 90 kg di esplosivo per Borsellino, a Capaci ne servirono 400 per uccidere Falcone Nino Di Matteo con la scorta Ansa y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!#!=!?!# Pipitone e Rizza » pag. 9 DAVID ROSSI E IL GIALLO DEL VIDEO Il mistero di Mps: il manager, la morte e l’incappucciato Le perizie di parte: sulla scena della caduta dal balcone la presenza di un uomo. L’enigma dell’orologio comparso mezz’ora dopo Vecchi » pag. 8 PAROLA DI MR TOD’S Della Valle: “A Natale pronto a guidare i delusi del premier” Sede a Milano e piattaforma online: “Va bene, ha vinto, ma vincerà sempre?” Tecce » pag. 7 ANTI-MENINGITE Nel vaccino c’è ossido di ferro: lo ritirano, ma in pochi lo sanno Udi Nando dalla Chiesa » IL GRANDE REGISTA QUEL NORD DELLE ‘NDRINE ORA È PEGGIO DEL SUD Addio a Nichols, il suo “Laureato” cambiò gli Usa adesso mettiamoli tutti E in fila. A destra ecco le legioni di sindaci, ministri Daina » pag. 9 Ma a Parma e poi a Bologna lo accolgono di nuovo con fischi, contestazioni e lanci di uova. Scontri tra polizia e dimostranti, danneggiata sede del Pd bolognese. Lui replica duro: “Non sarete mai contenti, neppure se trionferemo nelle urne. Però sarà così” Marra » pag. 6 della Repubblica, prefetti, imprenditori e politici vari che, per decenni e decenni, hanno negato tenacemente la presenza delle mafie in Lombardia. » pag. 18 Pasetti » pag. 14 LA CATTIVERIA Renzi: “Dobbiamo eliminare gli scontrini”. Il mio idraulico deve essere del Pd » www.forum.spinoza.it dell’Eternit Stephan Schmidheiny, condannato in primo e secondo grado per la morte da amianto di 2154 persone (bilancio parziale). Anziché allinearsi alla richiesta del Pg Jacoviello, noto annullatore di processi eccellenti, e dell’avvocato Coppi, sempre molto fortunato al Palazzaccio quando fa certi incontri, la Corte poteva sposare l’interpretazione alternativa data dal Tribunale e dalla Corte d’appello di Torino, che con due sentenze molto ben motivate avevano spiegato come il disastro provocato dall’amianto, rimasto a lungo latente e poi esploso con effetti che semineranno malati e morti per tanti decenni ancora, non può cristallizzarsi – come invece ritiene la Cassazione – all’istante in cui le fibre del minerale-killer smisero di depositarsi sul terreno con la chiusura della fabbrica di Casale nel lontano 1986 (ragion per cui il reato, pur accertato, si sarebbe estinto addirittura prima del processo, che dunque non avrebbe dovuto neppure cominciare). Insomma, come scrive Vladimiro Zagrebelsky su La Stampa, c’era un’altra “scelta, ragionata e seriamente argomentabile, tra un’interpretazione che metteva d’accordo diritto e giustizia e un’altra che proclamava summus jus summa injuria”. I giudici hanno imboccato la via più facile, e anche più comoda dinanzi al potente di turno. E, trattandosi della Cassazione, non c’è rimedio al loro eventuale errore: per convenzione, l’ultimo giudice che si alza è quello che ha ragione. Ma c’è qualcosa di ancor più odioso della sentenza Eternit: il commento furbastro di Matteo Renzi: “Cambieremo le regole della prescrizione e faremo in modo che i processi siano più veloci”. Intanto denota un’ignoranza sesquipedale del caso Eternit: se la Cassazione ritiene che il processo non sarebbe dovuto neppure iniziare, la sua durata non c’entra nulla. E poi il tempo dei “faremo” è scaduto da nove mesi: da quando Renzi smise di essere outsider e diventò premier. Che la prescrizione non rientri fra le sue priorità fu chiaro fin da subito, anzi da prima che entrasse a Palazzo Chigi: precisamente dal 18 gennaio 2014, quando siglò il Patto del Nazareno con il recordman mondiale delle prescrizioni. Poi quando accettò che Napolitano gli depennasse il nome di Gratteri dal ministero della Giustizia. Quando rinviò a settembre la riforma della giustizia promessa per giugno. E infine quando firmò due decreti per altrettante scemenze, cioè le ferie delle toghe e alcune regolette inutili del processo civile, avviando invece le cose serie (prescrizione, anticorruzione, autoriciclaggio ecc.) sul binario morto dei disegni di legge. Che, come tutti sanno, non passeranno mai perché B. non vuole. Come spiega Davigo sull’ultimo Micromega (pag. 3), la prescrizione non è l’effetto dei processi lunghi: ne è la causa principale, perché incoraggia i ricorsi dilatori e le perdite di tempo degli imputati ricchi e dei loro avvocati specialisti in criminalità & impunità. Un pilastro della Costituzione materiale di quest’Italia marcia, che consente a centinaia di politici, amministratori, imprenditori e finanzieri di riunirsi in Parlamento e nei Cda anziché nell’ora d’aria. Il timidissimo ddl Orlando, ove mai fosse approvato, non cambierebbe una virgola dello sconcio, che dipende da due fattori nemmeno sfiorati dal ministro della Giustizia: in Italia la prescrizione parte quando il delitto viene commesso, non quando viene scoperto; e – caso unico al mondo – non si ferma mai, nemmeno dopo due condanne di merito alla vigilia del giudizio di legittimità in Cassazione, e neppure quando uno patteggia la pena (e poi fa ricorso contro la sanzione da lui stesso concordata). Quindi le chiacchiere stanno a zero: se Renzi vuole avere titoli per parlare, faccia subito un decreto per bloccare la mannaia della prescrizione al momento del rinvio a giudizio, come in tutti i paesi civili. Se il Pd è una cosa seria, troverà in Parlamento i voti dei 5Stelle e di Sel per convertirlo in legge. I requisiti di necessità e urgenza, se non li capisce da sé, se li faccia spiegare dai parenti dei morti ammazzati dall’Eternit. 2 CHIACCHIERE VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 A nni di promesse Da un biennio è una “priorità” ENRICO LETTA (2012) Il ddl anticorruzione non basta. Serve un ‘secondo tempo’ legislativo che affronti i tempi della prescrizione, il falso in bilancio, l’autoriciclaggio il Fatto Quotidiano MARIO MONTI (2013) Dopo il ddl anticorruzione ora si deve andare avanti con il falso in bilancio, la prescrizione e l’autoriciclaggio “ “ NICOLÒ GHEDINI (2013) Per quanto attiene la prescrizione la Corte costituzionale ha statuito che la normativa attuale è rispondente alla Costituzione “ PRESCRIZIONE, PUNTUALE IL PIANTO DEL GIORNO DOPO DOPO LA BEFFA DI CASALE IL GOVERNO RILANCIA: “DOBBIAMO FARE PRESTO” di Luca De Carolis L a promessa del giorno dopo: “La giustizia deve essere tempestiva, non possiamo cedere davanti alla prescrizione. I processi devono essere veloci e giusti”. Il milionesimo tweet di Matteo Renzi è un annuncio che è una toppa fuori tempo, figlia anche delle prime pagine sul processo Eternit. Nessun colpevole per i tremila morti di amianto, zero risarcimenti ai parenti. Ha vinto la prescrizione, spugna a norma di legge. E allora il premier finora inerte monita. “Vanno cambiate le regole sulla prescrizione perché non è possibile che le regole facciano saltare la domanda di giustizia” si lamenta in un’intervista alla radio Rtl. Più tardi, in Senato, il capogruppo del Pd Luigi Zanda: “Dissento fortemente dal modo in cui la legge è stata interpretata, abbiamo il dovere di rimettere mano alle regole della prescrizione”. Pare anche un messaggio a Ncd (e a Forza Italia): bisogna sbrigarsi, e i numeri per fare in fretta possono trovarsi anche bussando all’opposizione. Poi c’è la nota del dem Pietro Grasso, presidente di palazzo Madama ed ex magistrato: “Un principio che con il solo passaggio del tempo determina l’impunità non mi pare equo, la legge sulla prescrizione è sbagliata e va cambiata”. A danno fatto, si ripartirà in commissione Giustizia alla Camera, dalle diverse proposte di legge sul tema. Ferme da mesi e mesi, prima che arrivasse la vergogna Eternit. “Si inizierà la prossima settimana, faremo di tutto perché si arrivi a una rapida NELLA PALUDE Eppure le norme erano già state accantonate quando si discusse sulla riforma della giustizia approvazione” giura il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Ma a grattare via la retorica c’è la realtà, quella dei ritardi del governo Renzi. La maggioranza ha bloccato ddl ed emendamenti sulla prescrizione, in entrambe le Camere: un po’ per distrazione, molto per calcolo. Perché chi tocca la principale causa di estinzione dei processi può irritare Alfano e certamente fa infuriare Berlusconi. Si è ancora fermi all’articolo 175 del codice penale, guarda un po’ ritoccato in peggio da quella legge ex Cirielli del 2005 cara al Caimano. “La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge” recita la norma. Prima dello stravolgimento berlusconiano, il tempo era calcolato per fasce di reati. MA IL GOVERNO non se ne è dato pena. E dire che il 29 agosto il Consiglio dei ministri aveva approvato un disegno di legge che fermava il decorrere della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Ma di quel ddl che 113.057 Prescritti nel 2012 dovrebbe riformare un bel pezzo della giustizia penale si sono perse le tracce. Nel frattempo, bloccate le altre proposte. La prima in ordine di tempo è quella dei Cinque Stelle, primo firmatario Andrea Colletti, presentata nell’estate 2013. “Prevede lo stop alla prescrizione già dal rinvio a giudizio, sarebbe una riforma di sistema che incentiverebbe il ricorso al patteggiamento e ai riti alternativi” spiega Colletti. Sarebbe un bel risparmio di tempo e di denaro. “Ma la presidente della commissione Giustizia DonatellaFerranti (Pd) ha fermato tutto in attesa del ddl sul governo”. Mai 435 Salvati in Cassazione 18.592 20.246 Salvati in Appello Salvati in primo grado INGIUSTIZIA Cartelli fuori dalla Cassazione contro uno dei proprietari della Eternit, prescritto. A lato, Davigo Ansa arrivato. Ora la palla torna alla commissione, dove c’è anche un ddl a firma Ferranti (prescrizione bloccata dopo la sentenza di primo grado, se di condanna). Proprio la deputata dem due giorni fa sibilava sul Sole 24 Ore: “Il governo non faccia il convitato di pietra e intervenga”. Pesa, il tempo perduto. “Si poteva fare tutto mesi fa in Senato, approvando il ddl anticorruzione” ricorda il civatiano Felice Cas- son, firmatario di emendamenti che riformano la prescrizione sottoscritti anche da 5Stelle, Sel ed ex M5S. “Uno prevede lo stop dopo il rinvio a giudizio, l’altro dopo la sentenza di primo grado” precisa. Ma il testo reintroduce il falso in bilancio e pone norme severe sull’autoriciclaggio. Una bomba, per la maggioranza. “Hanno fermato tutto per non spaccarsi, si può dire che la responsabilità maggiore per il caso Eternit è del Parlamento e del governo” conclude Casson. Maurizio Buccarella (M5S): “Il tempo trascorso conferma i nostri sospetti, certe FUORI TUTTI BERLUSCONI ANDREOTTI PENATI BOLZANETO SCAJOLA Il principe Il nazista delle scorciatoie delle Ardeatine Il Divo Giulio e la mafia Il Pd salvato dal tempo La scampano in ventotto L’affare al Colosseo SILVIO BERLUSCONI era accu- IL SETTE VOLTE presidente del FILIPPO PENATI, ex presiden- COSÌ LA CASSAZIONE: a Bolzaneto si è verificato “l’accantonamento dei principi-cardine dello Stato di diritto”. Questo uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza del 14 giugno 2013. Cento pagine che confermano gli abusi avvenuti nella “prigione provvisoria” dal 20 al 23 luglio 2001 durante il G8 di Genova. Per quelle violenze il 5 marzo 2010 la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado a carico di quattro imputati mentre ha dichiarato il non doversi procedere per intervenuta prescrizione per altri 28 imputati. Una richiesta di non luogo a procedere fatta già dai pm. Alla fine dei tre gradi di giudizio le condanne sono state 7, 4 le assoluzioni e 33 le prescrizioni. ASSOLTO in primo grado e sato di aver corrotto l’avvocato inglese David Mills con un “regalo” da 600 mila dollari in cambio di testimonianze reticenti ai processi milanesi per le tangenti alla Guardia di finanza e All Iberian. Il 25 febbraio 2012 il Tribunale di Milano lo proscioglie perché il reato è prescritto. Secondo il giudice la prescrizione è intervenuta anche per via della “dichiarazione di ricusazione” del collegio presentata dall’ex premier il 27 gennaio e respinta il 23 febbraio. La ricusazione “ha costituito l’ostacolo finale - aveva osservato il giudice Francesca Vitale – alla tempestiva definizione, almeno in primo grado, del processo”. La sentenza diventa definitiva il 9 luglio 2012. PRIEBKE IL GERARCA NAZISTAErich Priebke, accusato della strage del 24 marzo del 1944 passata alla storia come l’eccidio delle Fosse Ardeatine, ottiene la scarcerazione nel 1996 perché il tribunale militare di Roma dichiarò estinto il reato per intervenuta prescrizione disponendo la scarcerazione. La sentenza non fu mai eseguita. Poche ore dopo l’ex SS venne riarrestato per una richiesta di estradizione presentata dalla Germania. La Cassazione, il 15 ottobre 1996, annullò la decisione del tribunale e dispose un nuovo processo: in primo grado Priebke fu condannato a 15 anni. Nel 1998 l’Appello lo condannò all’ergastolo. Per l’età Priebke andò ai domiciliari. Morirà l’11 ottobre 2013. Consiglio Giulio Andreotti viene processato per associazione a delinquere. Il 23 ottobre 1999 il primo grado lo assolve con il comma 2 dell’articolo 530 cpp, la vecchia insufficienza di prove. La sentenza d’Appello del 2 maggio 2003 proclama la prescrizione per i fatti fino al 1980. Per quelli Andreotti è accusato di associazione a delinquere semplice. I giudici confermano i contatti con Cosa nostra, ma giudicano quei fatti penalmente prescritti. Per gli episodi successivi al 1980 il senatore a vita, morto il 6 maggio 2013, viene assolto utilizzando sempre la vecchia formula dell’insufficienza di prove. La Cassazione conferma l’Appello il 15 ottobre 2004. te della Provincia di Milano, già nella segreteria Pd, viene prescritto dal reato di concussione nel processo sul cosiddetto “sistema Sesto”. Il 27 febbraio 2014 la prescrizione diventa definitiva. Il 22 maggio 2013 i giudici del Tribunale di Monza avevano dichiarato la prescrizione per la concussione. Penati era accusato di presunte tangenti legate alle aree ex Falck e Marelli di Sesto San Giovanni. In quello stesso giorno Penati annunciò: “Farò ricorso in Cassazione per annullare la prescrizione”. Il ricorso sarà respinto dalla Cassazione. Inoltre la Sesta sezione penale ha condannato l’esponente del Pd al pagamento delle spese di giudizio. prescritto in Appello. Questo l’iter giudiziario dell’ex ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola accusato di finanziamento illecito in ordine all’acquisto di un appartamento in zona Colosseo. Secondo l’accusa, l’allora esponente del Pdl, nel 2004, ottenne da un imprenditore circa un milione di euro per acquistare l’immobile. In primo grado l’assoluzione perché secondo il giudice monocratico l’ex ministro “era inconsapevole” di quanto accaduto. Nei confronti di Scajola il procuratore generale, Otello Lupacchini, aveva sollecitato una condanna a tre anni. Sul caso interviene la prescrizione. Da qui la decisione della Corte di non luogo a procedere. CHIACCHIERE il Fatto Quotidiano GIANFRANCO FINI (2013) Quando incontrai Berlusconi con Letta, voleva solo che accorciassi i tempi per la prescrizione dei reati “ ANDREA ORLANDO (2014) È necessario assicurare l’effettivo svolgimento dei giudizi anche intervenendo incisivamente sulla disciplina della prescrizione “ VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 IL MATTINALE (2014) Ritoccare i termini della prescrizione, diventerebbe l’autorizzazione alla tortura inqualificabile “ 3 MATTEO RENZI (2014) Vanno cambiate le regole sulla prescrizione perché non è possibile che le regole facciano saltare la domanda di giustizia “ PORTE APERTE Scappare dal processo Specialità tutta italiana SOLO DA NOI LE LEGGI CONSENTONO DI ALLUNGARE I TEMPI PER FARLA FRANCA di Piercamillo Davigo I norme non si possono approvare perché contrarie al patto del Nazareno”. E pazienza per la prescrizione, su cui anche in Senato l’M5S ha presentato un ddl. Un altro dem, Massimo Caleo: “Ci impegniamo ad approvare in commissione il testo sui reati ambientali”. Un ddl che ritocca verso l’alto i tempi di prescrizione. Dalla maggioranza è tutto un promettere. Ma Giuseppe Civati è caustico: “Leggendo Renzi viene dire alla buon’ora presidente!”. E Antonio Ingroia: “Con quale credibilità parla di prescrizione se ancora non c’è la riforma della giustizia?”. LATELLA Il killer che confessò tardi INCASTRATO da un’impronta sull’auto trovata 33 anni dopo, ma salvato dalla prescrizione. Troppo tempo è passato dal quel 1975 quando un gruppo criminale sequestrò nel Comasco Cristina Mazzotti, 18 anni, figlia di un noto imprenditore. Due mesi dopo il corpo della ragazza fu trovato senza vita. Per quel caso ci furono cinque condanne. Poi nel 2008, le nuove tecnologie individuarono altri tre componenti il commando. Tra questi Demetrio Latella, alias Luciano, uomo del clan Epaminonda. Quando bussarono alla sua porta, Latella non negò. “Da giovane ho avuto cinque anni di follia. È vero, quell’impronta è mia perché sono stato io” . Reo confesso, ma prescritto nel 2012. l sistema vigente in Italia di prescrizione del reato è a dir poco singolare e la sua scarsa ragionevolezza è stata accentuata dalla riforma di cui alla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cosiddetta ex Cirielli), sicché anziché contribuire alla ragionevole durata del procedimento ne determina l’allungamento. La legge fissa un termine, superato il quale il reato si prescrive. Tale termine è di 6 anni dalla data del commesso reato per i delitti puniti con pena fino a 6 anni (minore per le contravvenzioni) e pari alla pena massima prevista per il delitto per le pene superiori (i delitti puniti con la pena dell’ergastolo sono imprescrittibili). Il compimento di determinati atti (ad esempio l’interrogatorio dell’indagato, le sentenze di condanna in primo o secondo grado) interrompe il decorso del termine di prescrizione, che ricomincia a decorrere dall’inizio. Però, tranne che per determinati reati o per i recidivi, “in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere” (in precedenza il tetto era della metà). (...) Il pubblico ministero, allorché riceve notizia di un reato il cui termine di prescrizione è ad esempio di 6 anni, commesso 5 anni prima, dovrà procedere interrompendo il decorso della prescrizione, ma gli resteranno 2 anni e 6 mesi per procedere alle indagini preliminari, all’eventuale udienza preliminare e ai giudizi di primo grado, appello e Cassazione. (...) Un simile sistema di prescrizione diviene infatti un potente incentivo per condotte dilatorie e per la presentazione di impugnazioni pretestuose da parte degli imputati o dei loro difensori, perché, se si riesce a far passare il tempo previsto dalla legge, si evita la condanna. Una diversa normativa, basata sul principio che, una volta iniziato il procedimento (rinvio a giudizio, o se proprio si vuole, almeno dopo la condanna in primo grado) la prescrizione cessa di decorrere (come avviene nel procedimento civile), o che, quantomeno, preveda limiti più elevati conseguenti all’interruzione e alla sospensione, farebbe venir meno l’interesse dell’imputato a prolungare il procedimento e quindi, in definitiva, concorrerebbe a ridurre la durata dei processi. Tanto più che la prescrizione è ambita più dagli imputati colpevoli che da quelli innocenti. ln altri paesi (ad esempio Usa a livello federale) la prescrizione (tranne che per i reali imprescrittibili) è di 5 anni, ma cessa di decorrere dopo la richiesta di rinvio a giudizio. È questa l’ovvia via maestra. Infine, pur essendo la prescrizione rinunciabile da parte dell’imputato, non vi sono apprezzabili conseguenze (neppure di biasimo morale) per chi, ricoprendo cariche elettive, se ne avvalga in spregio all’articolo 54 del- la Costituzione, che impone ai cittadini che ricoprono cariche pubbliche il dovere di adempierle “con disciplina e onore”. Vi è disciplina e onore nel ricercare la prescrizione e nell’avvalersene? La cosa che più sorprende è che la prescrizione continua a decorrere anche quando l’impugnazione sia proposta dal solo imputato condannato (che spera che prima della nuova sentenza scadano i termini, con relativo proscioglimento). Non è facile spiegare agli stranieri perché, se è l’imputato a dolersi della decisione, può godere anche del vantaggio del decorrere della prescrizione, con cui sperare di farla franca prima della nuova sentenza. Le possibilità dilatorie (Come scappare) Il vigente codice di procedura penale si fonda sul principio (successivamente inserito nell’art. 111 della Costituzione) MODELLI UTILI Negli Stati Uniti, dove è fissata a cinque anni, cessa di decorrere dopo la richiesta di rinvio a giudizio della formazione della prova innanzi al giudice nel contraddittorio delle parti, salvo che per gli atti irripetibili e per quelli di cui le parti consentano l’acquisizione al fascicolo del dibattimento. Stante la disciplina della prescrizione, è raro che la difesa consenta l’acquisizione di atti, anche quando non vi è alcuna concreta esigenza di ripetere l’assunzione della prova. Ad esempio, in un processo per ricettazione di assegni, di solito non potrà essere acquisita la denunzia di furto o di smarrimento del libretto degli assegni, ma il denunciante dovrà essere citato come testimone, per dichiarare che ha presentato tale denunzia. Un altro esempio è l’esame testimoniale degli appartenenti alle forze di polizia, i quali sono di solito i testi d’accusa. La loro attività ordinaria (quella dei processi comuni) è ripetitiva e raramente costoro, a distanza di mesi o di anni, sono in grado di ricordare i particolari relativi a uno scippo o a un borseggio. Peraltro essi documentano il loro operato in annotazioni di servizio, delle quali non è consentita l’acquisizione al fascicolo del dibattimento se non con il consenso delle parti. Pertanto è necessario citarli (mancando normalmente il consenso della difesa all’acquisizione delle annotazioni di servizio) per poi vederli consultare gli atti da loro redatti in aiuto alla memoria (...). Le impugnazioni non pagano dazio In Italia nel processo penale impugnare conviene perché non si corrono rischi, in quanto vi è il divieto di peggiorare la posizione dell’imputato se è solo lui appellante, e non anche il pubblico ministero. La Corte d’appello non può aumentare la pena inflitta in precedenza, pertanto non vi sono rischi a proporre appelli infondati e dilatori. Attualmente perché in Italia l’imputato condannato a una pena da eseguire non dovrebbe appellare? Se è detenuto, può uscire per decorrenza termini; se è invece libero, non andrà in carcere fino a sentenza definitiva. Dopo l’appello, ci si può rivolgere alla Corte di Cassazione. Alla fine di questa lunga corsa a tappe, dopo aver scalato tutti i gradi, si può sempre sperare nella prescrizione (...). La soluzione va trovata nell’autoregolamentazione, introducendo dei rischi a carico di ch i propone impugnazioni infondate e meramente dilatorie. In pratica, si deve consentire la reformatio in peius in appello, in modo da introdurre una qualche deterrenza e ricondurre il numero di impugnazioni a livello di quello di altri paesi . Come funziona nel resto del mondo Il confronto con altri Stati è infatti impietoso per l’Italia. Sono poco più di 37 mila gli appelli pendenti in Francia (dove non vi è il divieto di reformatio in peius) a fine 2009, contro i “nostri” 169 mila. La Corte di Cassazione francese è investita di circa 8 mila ricorsi all’anno, con un centinaio di avvocati abilitati alle giurisdizioni superiori (meno che nella sola città di Rieti). In Italia i ricorsi in Cassazione penali sono circa 50 mila l’anno, quasi altrettanti nel civile e gli avvocati iscritti all’albo delle giurisdizioni superiori sono circa 50 mila (...). Negli Usa vi sono gli ordinamenti di 50 Stati, quello federale ordinario e quello federale militare (...) Nel 2010, sono stati appena 12.797 gli appelli che, provenienti dalle Us District Courts, sono stati giudicati dalle US Courts of Appeals, con una riduzione del 7 % rispetto al 2009. Per quel che riguarda la Corte suprema degli Stati Uniti, nel 2009 solo 8.159 casi (civili e penali) sono approdati all’esame della più alta istanza giudiziaria americana con un aumento del 5,4 % rispetto all’anno precedente. Di questi, peraltro, solo una piccolissima parte viene esaminata, essendo necessario che almeno 4 dei 9 giudici chiedano di esaminare il ricorso. In Italia il ricorso è sempre possibile (In Italia) il ricorso per Cassazione, secondo l’articolo 111 della Costituzione, è sempre ammesso contro le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale. Ne l 2013, a fronte di quasi 53 mila ricorsi in materia penale, il 15,9 % dei procedimenti è stato definito con decisione di rigetto e il 17,7 % con annullamento (con rinvio nel 9,9 % dei casi, senza rinvio nel 7,8 %). Il 64,3 % dei definiti è stato dichiarato inammissibile . In caso di inammissibilità viene di solito inflitta una sanzione pecuniaria (normalmente mille euro a favore della Cassa delle ammende), ma una percentuale ridicolmente bassa delle relative somme viene effettivamente riscossa, posto che la maggior parte degli imputati non risulta intestataria di beni su cui eseguire coattivamente la sanzione (...). Una peculiarità italiana è l’elevato numero di ricorsi per Cassazione proposti contro le sentenze di applicazione pena (patteggiamento). Infatti il 14,9 % dei ricorsi riguarda sentenze di patteggiamento, rispetto alle quali la funzione quasi esclusivamente dilatoria del ricorso è evidente. Amnistie e indulti ad alta frequenza In Italia fra il 1942 e il 1986 vi erano stati circa 35 provvedimenti di amnistia (che estingue il reato) e indulto (che estingue la pena). (...) Nel 1990, dopo l’entrata in vigore del codice di procedura penale vi fu un’amnistia. Successivamente vi è stato un indulto nel 2006 e recentemente si è tornati a proporre un provvedimento di indulto a fronte del problema del sovraffollamento delle carceri. In altri paesi l’amnistia è un provvedimento di carattere eccezionale e piuttosto raro. Qualche tempo dopo l’entrata in vigore del codice accusatorio, alcuni giudici della California vennero in Italia e parteciparono a un incontro organizzato dall’Associazione nazionale magistrati a Milano. Erano interessati a comprendere perché in Italia fosse così ridotta la percentuale di patteggiamenti e furono loro indicate le varie cause. Costoro, che avevano compreso benissimo anche questioni complesse, quando si indicò il frequente ricorso all’amnistia, chiesero più volte all’interprete di ritradurre. Dopo una consultazione fra loro chiesero se fosse qualcosa di analogo al perdono presidenziale, ma fu risposto che quello corrisponde in Italia alla grazia, mentre l’amnistia è una legge che perdona tutti. Vi fu una nuova consultazione fra loro seguita da ampi sorrisi e dissero che avevano capito: stavamo facendo loro uno scherzo. Il solo parlare di amnistia o indulto, come avvenuto ancora di recente, riduce le richieste di riti alternativi e incentiva ulteriormente i comportamenti dilatori e le impugnazioni. Infatti se la sentenza diviene definitiva il condannato deve scontare la pena, ma se riesce a differire il passaggio in giudicato della sentenza potrebbe arrivare un provvedimento di clemenza (...). Sotto questo profilo la modifica del sistema di prescrizione e l’introduzione di adeguati rischi alla proposizione di impugnazioni dilatorie è indispensabile per cercare di dare efficienza e dignità al processo penale. (da Micromega n. 7/2014) 4 PRESCRIVETECI TUTTI VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 Imorti n Italia 64 mila all’anno per le polveri sottili L’ITALIA non è messa bene. Non si parla, per una volta, di conti pubblici, ma della situazione ambientale: il nostro è infatti il Paese in Europa con il più alto numero di morti premature per inquinamento da ozono con circa 3.400 vittime all’anno. Lo certificano i dati dell’ultimo rapporto Air Quality 2014 il Fatto Quotidiano dell’Agenzia europea dell’Ambiente. Quanto alle vittime da polveri sottili, invece, siamo “solo” secondi dietro la Germania: questa partita, però, vale l’enormità di 64mila decessi l’anno. È la ricca pianura padana, ovviamente, la zona più inquinata, assediata soprattutto da polveri sottili e ossidi di azoto. “Un colpo di tosse e qui si pensa al mesotelioma” IL CORTEO FUNEBRE DI CASALE MONFERRATO: “ETERNIT, QUANTE VOLTE CI DEVONO ANCORA UCCIDERE? STAVOLTA CI HANNO SCONFITTI, MA NON CI ARRENDIAMO” di Gianni Barbacetto inviato a Casale Monferrato (Al) A spettare. Non la giustizia, non più, ma il prossimo funerale. Sapendo che ce ne saranno molti, da qui al 2025. L’unica certezza che resta è che si continuerà a morire. La mattina dopo la sentenza della Cassazione, a Casale Monferrato si riunisce una manifestazione spontanea che percorre le strade e arriva in piazza. Ci sono gli studenti, gli insegnanti, i cittadini. In prima fila, il sindaco Titti Palazzetti e i primi cittadini dei paesi del Monferrato, tutti con la fascia tricolore. “Eternit: quante volte ci devono ancora uccidere?”, sta scritto sui fogli che tanti tengono in mano. Non un grido, non uno slogan. Un silenzio irreale. Sembra, più che una manifestazione, un funerale. E infatti le panche della piazza sono coperte da drappi neri e il sindaco ha indetto non uno sciopero, ma il lutto cittadino. Anche chi parla, chi manifesta la sua indignazione, lo fa sottovoce. “È una sentenza vergognosa”, sussurra Pietro, 20 anni di lavoro in Eternit, la fabbrica dei veleni. “Del mio reparto, sono l’unico rimasto vivo. Per ora”. Luciano Bortolotto, sindacalista, spiega che qui “quando ti viene la tosse e qualche linea di febbre, non pensi all’influenza, ma al mesotelioma”, il cancro provocato dalle fibre d’amianto. Non corri in farmacia a comprare l’aspirina, ma a fare gli esami che ti dicono se sei sommerso, o salvato. COME NELLE TERRE dove si sono combattute guerre etniche e faide mortali, a Casale non c’è famiglia che non abbia un padre, una madre, un nonno, uno zio, un figlio, un amico caduti in questa guerra. Ma qui tutto è avvenuto senza che le vittime neppure si accorgessero di essere in guerra, esercito disarmato colpito in silenzio dal giro del vento. Romana Blasotti Pavesi, la donna simbolo della resistenza ai padroni dell’Eternit, in famiglia ha cinque caduti, a partire dal marito, prima vittima riconosciuta dell’amianto, nel 1982. Dapprima erano gli operai e gli impiegati della Eternit ad ammalarsi e morire. Erano duemila dipendenti negli anni Settanta, la più grande fabbrica d’Europa dove si lavorava l’amianto. Le fibre invisibili volavano nell’aria, arrivavano in dono alle donne che lavavano le tute dei mariti, attraversavano la cittadina sul trenino che portava il materiale alla fabbrica. Nei primi anni Ottanta, arrivano le prime indagini epidemiologiche, per scoprire ciò che già si sapeva e cioè che le fibre di amianto provocano il cancro. Comincia a morire anche chi non ha mai lavorato alla Eternit. Il vento fa il suo giro. Il “polverino”, materiale di scarto della lavorazione, viene diffuso generosamente in città per pavimentare cortili, per coibentare solai, per asfaltare campi sportivi. Come quello su cui giocava a pallavolo Gabriella, la mamma di Paolo Liedholm che oggi è uno dei legali, sconfitti, delle parti civili. “L’avvocato Franco Coppi ha salvato Andreotti, ha salvato Berlusconi e ora anche lo Svizzero, il padrone della Eternit”, protesta in piazza Miriam, “ma come possono andare in prescrizione omicidi che continuano e continueranno per anni? Matteo Renzi venga qui a Casale, invece di andare dalla D’Urso e dire parole a vanvera sulla prescrizione”. È il sindaco a chiedere ufficialmente un incontro con il presidente del Consiglio. “Speravamo che la Cassazione mettesse la parola fine a questa vicenda”, dice Maria Gaviati, insegnante, un cugino e un cognato morti di mesotelioma, “ma speravamo fosse una fine giusta. Invece è stato un azzeramento”. Attenti al polverino è il titolo di una fiaba scritta da Assunta Prato, moglie di Paolo Ferraris, assessore regionale anch’egli morto di amianto. Per tenere viva l’attenzione sulle fibre killer, Assunta ha ideato anche un racconto a fumetti, Eternit, dissolvenza in bianco. Ora che tutto sembra finito, ci tiene a dire che invece la battaglia continua. Nelle scuole, dove gli insegnanti fanno fare ricerche, temi, interviste sull’amianto. “E sabato 29 novembre inaugureremo nel liceo di Casale un’aula interattiva multimediale sulla storia dell’Eternit”. FEDERICA è una giovane stu- dentessa, racconta con fierezza la campagna “Mettete una bandiera sui vostri balconi”, per invitare a esporre il tricolore con la scritta “Eternit: giustizia!”. Ora sembra una richiesta sconfitta. “Eppure sapeva, lo Svizzero, sapeva”, raccontano in piazza, a bassa voce. “Il padrone dell’Eternit cer- PIETRO “Vergogna. Ho lavorato per vent’anni in quella fabbrica: sono per ora, l’unico sopravvissuto del mio reparto” cò di pilotare le informazioni che si stavano diffondendo, di minimizzare gli allarmi, di non far uscire da Casale le denunce. Per questo fece un contratto con un’agenzia di pubbliche relazioni di Milano, la Bellodi, a cui era affidato anche il compito di ‘cooptare’ i giornalisti. E infilò perfino una spia stipendiata, Cristina Bruno, nel nostro comitato. Poi, quando non riuscì più a fermare le proteste, lo Svizzero cominciò a proporre risarcimenti, prima solo agli ex dipendenti, infine a tutti i cittadini colpiti dal mal d’amianto, 30 mila euro a testa. Molti hanno accettato”. Ne sono morti già 2 mila. Altri 700 sono malati. “Facciamo uno o due funerali la settimana”. A chi toccherà, nei prossimi mesi, nei prossimi anni? La probabilità statistica è democratica, non bada a privilegi di ceto o di casta. È soffiata nel vento, a Casale e nel Monferrato. “Ma qui non ci fermiamo. Non ci fermeremo neanche adesso che sembriamo sconfitti”, promette Luciano. E pensa agli altri luoghi d’Italia dove si muore in silenzio, senza reagire. A Broni, per esempio, nell’Oltrepò pavese, dove funzionava un’altra fabbrica d’amianto, la Fibronit. Lì ci sono in percentuale più morti di mesotelioma che a Casale, ma quasi nessuno si alza a contrastare il vento. Lo sfregio degli avvocati: “La vittima è l’imputato” I RUOLI invertiti. L’assurda beffa che prende corpo nelle parole dei legali. L’imputato svizzero Stephan Schmidheiny sarebbe “vittima di un pregiudizio della magistratura italiana che ha voluto nei processi di primo e secondo grado a tutti i costi individuare in lui il responsabile di una strage”, sono le parole usate mercoledì sera Franco Coppi nell’arringa dell’avvocato Astolfo Di Amato, nel collegio difensivo insieme a Franco Coppi. Dopo aver sentito queste parole i tanti familiari delle vere vittime si sono indignati: “Ha detto anche che Schmidheiny non è stato insensibile al dolore e alla sofferenza dei nostri morti, ma che ha condiviso la nostra sofferenza”, riporta Daniela Degiovanni, oncologa casalese. Contattato telefonicamente l’avvocato precisa: “Ho detto che quelle sentenze sono state il frutto di un pregiudizio dei magistrati. Schmidheiny è l’unico vivente di quelli che si sono succeduti alla guida dell’azienda. Era un capro espiatorio nonostante le prove della sua innocenza”. an.gi. La procura insiste: 256 omicidi dolosi NUOVA ACCUSA DEI PM TORINESI: “È IMPRESCRIVIBILE”. GUARINIELLO: “BISOGNA DARE RISPOSTE AI CITTADINI” di Andrea Giambartolomei ma i pm aspettavano le ultime consulenze degli esperti sui vetrini con i campioni dei polmoni dei pazienti desso l’accusa è più grave: omiper verificare che si trattasse di mesotelioma. cidio doloso continuato e pluriaggravato. Pena massima prevista: Nel frattempo altre persone sono morte. Da giugno a ieri si sono agl’ergastolo. Possibilità di prescrizioni: limitate. Dopo l’annullamento della giunti altri quaranta casi: uno morto il condanna a 18 anni di Stephan IL PRIMO della lista è un operaio di 21 gennaio 2014, uno il 22 febbraio Schmidheiny, da parte della Cassa- Cavagnolo scomparso nel 1989, gli 2014, uno il 28 febbraio, poi ancora zione, per la prescrizione del reato, la ultimi sono della prima metà del un decesso il 26 aprile e un altro il 10 procura di Torino è tornata alla ca- 2014. C’è pure una donna di circa maggio 2014. Altri trenta casi più rerica. Ieri i sostituti procuratori Gian- trent’anni che non ha mai messo pie- centi giunti alla procura al momento franco Colace e Raffaele Guariniello de in uno stabilimento eppure ha re- non rientrano in questa nuova indahanno firmato e poi inviato agli av- spirato la fibra killer diffusa nell’aria. gine. Ieri, dopo la sentenza della Casvocati Astolfo D’Amato e Guido Al- L’indagine era pronta quest’estate, sazione di mercoledì sera, i pm hanno leva l’avviso di chiusura definito l’imputazione nel dettaglio. L’ipotesi dell’indagine “Eternit bis” su 256 morti per mesoteè questa: Stephan STRAGE CONTINUA Schmidheiny è indagalioma, il tumore inguaribile provocato dall’amianto di omicidio doloso Le ultime vittime to. “La giustizia non è un perché era a conoscensogno. Possiamo essere za della pericolosità il 21 gennaio 2014, dell’amianto e non ha grandi e fini giuristi, ma il 22 e 28 febbraio, bisogna dare delle risposte posto nessun rimedio, ai cittadini”, dice Guarima “ometteva inforpoi ancora un decesso niello. mazione circa i rischi Di questi morti 66 sono ex dell’amianto e anzi il 26 aprile e un altro lavoratori esposti tra il promuoveva un’opera il 10 maggio scorso Raffaele Guariniello LaPresse di disinformazione 1976 e il 1986, cioè da Torino A quando il manager svizzero ha preso le redini della sezione italiana dell’Eternit fino al fallimento. Poi ci sono alcuni loro familiari dei lavoratori e anche semplici cittadini di Cavagnolo (Torino) e Casale Monferrato (Alessandria). impedendo ai cittadini la difesa”. Per la procura Schmidheiny diceva che le bonifiche erano state fatte e che le ricerche mediche non evidenziavano rischi. Inoltre aveva ingaggiato un esperto di relazioni pubbliche per allontanare dalla sua persona ogni sospetto e per occultare le proprie responsabilità. IL REATO sarebbe continuato, perché commesso in un lungo periodo, un’“epidemia dilatata nel tempo”. Infine sarebbe pluriaggravato perché compiuto “con un mezzo insidioso”, quel veleno che è l’amianto, e con motivi abietti “per aver commesso il fatto per mero fine di lucro”. Nello scrivere “415 bis” i pm si sono appoggiati alle motivazioni della sentenza d’appello che ha posto dei punti fermi sulle responsabilità dello svizzero. In procura si sostiene che la nuova ipotesi sia “praticamente imprescrivibile”. La difesa adesso avrà a disposizione venti giorni di tempo per depositare una memoria difensiva: “Prima dobbiamo studiarci le carte – afferma il legale Astolfo di Amato –. Sono certo che Schmidheiny sia innocente”. LUTTO NAZIONALE il Fatto Quotidiano SONO 44 I SITI ITALIANI A RISCHIO DA TARANTO A BRONI: DOVE SI MUORE Nei siti italiani a rischio per l’inquinamento ambientale – i cosiddetti siti di interesse nazionale per le bonifiche (Sin) – è confermato un eccesso di incidenza per cancro pari al 9% negli uomini e al 7% nelle donne. In queste aree, 44 in totale, si registra, dunque, un eccesso di mortalità, ricoveri e casi di VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 5 tumore, mentre nei luoghi dove vi è stata lavorazione dell’amianto aumentano i casi tumorali di mesotelioma pleurico polmonare. Da Casale Monferrato a Taranto, da Gela a Broni, si conferma insomma alto il rischio per la salute dei cittadini. È questo il quadro che emerge dall’ultimo aggiornamento disponibile del Rapporto Sentieri sugli insediamenti a rischio da inquinamento. E IL PARLAMENTO SI APPRESTA AD “ABOLIRE” I REATI AMBIENTALI ORA SI CHIEDE L’APPROVAZIONE RAPIDA DEL “DDL REALACCI”, MA ECOLOGISTI E MAGISTRATI HANNO GIÀ DETTO CHE PEGGIOREREBBE SOLO LA SITUAZIONE di Marco Palombi È GIUSTIZIA! Volti di giovani casalesi ieri al corteo in città contro la terribile sentenza della Cassazione Ansa fatto a mano arrivato il momento di approvare in Senato il ddl sui delitti contro l’ambiente”. Il renziano Ermete Realacci, che di quella legge è il primo firmatario, la mette così: se ci fosse stata, il processo Eternit sarebbe finito diversamente. È solo la voce più autorevole di un coro che chiede l’accelerazione su quel ddl, già approvato dalla Camera e parcheggiato in Senato da mesi. Le cose, però, non stanno proprio così: il ddl salvifico, se fosse approvato com’è, sarebbe una sorta di pietra tombale su quel poco che resta del contrasto ai reati ambientali. Ha scritto il pm Maurizio Santoloci, esperto di reati ambientali, su dirittoambiente.net: “Che vuol dire rilevante? Un concetto astratto, che si presterà alle più disparate interpretazioni”, creerà i soliti cumuli di “giurisprudenza controversa” con “effetto deterrente e repressivo irrilevante”. Di più: il disastro è definito “l’alterazione irreversibile dell’equilibrio dell’ecosistema” o un danno “la cui eliminazione SE QUEL TESTO fosse legge, le difese dei 50 indagati nel “processo madre” sull’Ilva di Taranto – che riprende oggi davanti al gup Wilma Gilli – potrebbero legittimamente festeggiare. È vero che, ad esempio, quel ddl punisce tanto “l’inquinamento ambientale” che il “disastro ambientale” con pene severe, ma è anche vero che le fattispecie di reato sono scritte in modo da essere sostanzialmente inapplicabili. Una sorta di rinuncia preventiva alla sanzione, un condono per via di insipienza legislativa. Vediamo perché. Ad oggi l’inquinamento, ad esempio, sarebbe punibile solo in caso di “compromissione o deterioramento rilevante” dell’ambiente. Il renziano Ermete Realacci Ansa TOGHE CONTRARIE Scrive un pm esperto della materia: per metà sono “norme astratte e inapplicabili”, per l’altra “una brutta rivoluzione” risulti particolarmente onerosa” o “l’offesa della pubblica incolumità” per “l’estensione della compromissione o per il numero delle persone esposte”. Commenta Santoloci: “Tutti principi e concetti sempre astratti, che si prestano a prevedibili battaglie giudiziarie infinite” destinate a finire nel nulla. AD APRILE, il pg di Civitavec- chia, Gianfranco Amendola, storico “pretore verde”, spiegò un’altra grave lacuna a ilfattoquotidiano.it: il nuovo reato di disastro può essere contestato solo nelle ipotesi in cui sia prevista una “violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente”. Insomma, si fa “dipendere la punibilità di un fatto gravissimo dall’osservanza o meno delle pessime, carenti e complicate norme regolamentari e amministrative esistenti”: ambiente e salute, però, sono “beni costituzionalmente garantiti” e non possono essere legati a questo o quel codicillo amministrativo. Questo senza contare la possibilità di “ravvedimento operoso” dell’inquinatore con riduzioni fino ai due terzi della pena: nuove maglie in cui far sfuggire i responsabili come se non fosse già successo con decine di false bonifiche di questi anni. E non è finita perché – scrive ancora Santoloci – va letta “attentamente” la seconda parte del ddl che “è una rivoluzione totale (negativa) in tutto il settore degli illeciti penali vigenti”. In sostanza si crea una corsia parallela (all’acqua di rose) per “i reati contravvenzionali” – che, in materia ambientale, sono quasi tutti, compresa la realizzazione di una discarica abusiva – “che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale”. Formula che comprende, a questo punto, tutti i comportamenti criminosi ai danni dell’ambiente, il cui specifico è proprio il fatto che il danno si manifesta nel tempo. “Scrivere una norma preliminare del genere – spiega Santoloci – vuol dire ignorare totalmente la realtà storica e giuridica”. Qui la chicca: per “eliminare la contravvenzione” per questi reati e uscirne immacolati basterà infatti rispettare le prescrizioni... della polizia giudiziaria: insomma sarà la pattuglia della Forestale o dei Carabinieri a dare al responsabile le “specifiche tecniche” e i “tempi massimi” per rimettere tutto a posto. “Il reato ambientale – è la conclusione del pm – finisce a tarallucci e vino”. Ne è convinto anche Angelo Bonelli, portavoce dei Verdi: “Dopo la scandalosa sentenza Eternit, ora altri processi per disastro ambientale salteranno grazie al Parlamento. Domani (oggi, ndr) saremo davanti al Tribunale di Taranto per il processo Ilva: con le vittime pugliesi faremo un minuto di silenzio per quelle di Casale”. IL NIPOTE DI NILS LIEDHOLM LA FIGLIA DELLA FORNAIA IL DIRETTORE DEL “MONFERRATO” “Mia madre giocava a pallavolo, in palestra arrivava il polverino” “Gli operai venivano a comprare i panini da mamma, è così che...” Scomparso prima dell’Appello, ha raccontato la sua malattia HA VISTO le udienze a Torino e pure quella di Roma: “Ho se- È SEMPRE STATA in prima fila, una delle più combattive, ma PER QUASI vent’anni lui è stato il direttore de Il Monferrato e guito il pg e parte della discussione e poi sono ritornato a Milano. Ho ricevuto la notizia mentre ero in treno”. È stato un choc. Il nipote del “Barone” Nils, Paolo Liedholm, praticante avvocato di 26 anni, ha seguito l’Associazione dei familiari delle vittime dell’amianto (Afeva) e al processo Eternit ha dedicato la sua tesi di laurea nell’ottobre 2013: “Ora è da buttare, ma questo è PAOLO L. un’inezia rispetto al dolore di tutti Lei non ha mai noi”. Il suo dolore personale è il lutto per la scomparsa della madre, Gabrielmesso piede la, scomparsa il 12 giugno 2008 a soli 49 anni per colpa del mesotelioma. Il nello stabilimento. caso di Gabriella è uno degli ultimi casi Tutta la zona prima dell’inizio del processo. “Mio papà ha conosciuto mia mamma a Caera lastricata sale Monferrato. Lei non ha mai messo di polverino piede nello stabilimento dell’Eternit e quello che può avere portato alla malattia può essere il fatto che giocava a pallavolo lì vicino – racconta il ragazzo – Tutta la zona e la pista ciclabile del Ronzone erano lastricati di ‘polverino’. Il quartiere era infestato dall’amianto”. La decisione della Suprema Corte “è stata una sorpresa doppia. Ho intrapreso gli studi di giurisprudenza specializzandomi nel diritto penale dell’ambiente. Questo dovrebbe permettermi di capire meglio il ragionamento dei giudici, ma in realtà la decisione mi sembra più sconvolgente. Il tema centrale è il pericolo che esiste tuttora, di cui le morti sono la realizzazione”. da mercoledì sera non riesce a parlare. Può solo maledire. Giovanna Patrucco è la figlia di una coppia di panettieri che avevano il loro negozio a duecento metri dallo stabilimento dell’Eternit. Siccome nella fabbrica non c’era la mensa gli operai andavano sempre dai suoi genitori a comprare il pane. Ed è lì, nel negozio, che la madre ha respirato la fibra killer trasportata dalle GIOVANNA P. tute blu degli operai. Per questo si è ammalata di mesotelioma ed è morta a 72 Seguivo anni. “È una giornata pesante dal punto l’udienza di vista psicologico per tutti noi, mi fa fatica andare a riprendere e raccontare i a distanza, ma fatti – dice la Patrucco – Scusatemi, ma appena ho capito ho bisogno di qualche giorno perché è una cosa più grande di noi. Andare a riche aria tirava vangare questa cosa... Abbiamo avuto ho spento tutto anche una cugina morta per l’amianto. Io rappresento in piccolo la storia di molti casalesi che hanno avuto più decessi in famiglia”. Mercoledì non era insieme agli altri concittadini aderenti all’Afeva andati al “Palazzaccio”: “Sono rimasta a lavorare e seguivo il dibattimento a distanza, ma appena ho capito come tirava l’aria ho preferito non seguire più niente. Non mi sono mai arresa, ma il colpo è stato tremendo”. Una cosa tiene a precisarla: “Dica pure che sono una delle tante che è sempre stata in prima fila e che oggi ho augurato a quest’uomo (Schmidheiny, ma non ne pronuncia il nome, ndr) di soffrire quello che abbiamo sofferto”. su quelle pagine con i suoi colleghi ha raccontato le storie della zona e dei suoi abitanti, delle loro lotte, dei processi e pure delle tante morti. Poi il 25 gennaio 2011 i medici hanno diagnosticato a Marco Giorcelli un “mesotelioma maligno epiteliomorfo” e in quel momento lui stesso è diventato un personaggio di quelle vicende collettive. Se prima erano i suoi cronisti a seguire MARCO G. meticolosamente le storie, a quel punto lui stesso si mette alla tastiera e scrive la Ho vissuto sua esperienza di malato: “Fino alla via testa bassa: gilia di Natale, un mese prima, ho lavocon la passionaccia rato e vissuto a testa bassa: con frenesia, fretta, con la passionaccia benedetta e di un mestiere maledetta di un lavoro che ti tiene inche ti tiene incollato collato in redazione anche 14 ore al giorno”. Poi il 24 dicembre 2010 sono in redazione iniziati i problemi provocati dall’esposizione ambientale: “Cinquant’anni, esclusi appena i periodi ferie, a respirare a pieni polmoni l’aria di questa città che mi ha cresciuto: ad annusare le violette della primavera, a sfidare l’afa dell’estate, a lasciare entrare nelle ossa la nebbia e il fumo delle caldarroste, a mangiare la neve”. Non provava rabbia per la sua malattia, ma solo verso gli imputati e verso il castello di menzogne con cui avevano inquinato e ingannato Casale. Marco Giorcelli non ha fatto in tempo a vedere il processo d’appello, quando tutto sembrava possibile, e si è risparmiato il dolore della Cassazione. Il 15 marzo 2012 è scomparso. an.gi. an.gi. an.gi. “ “ “ 6 POTERI VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 Lprima a benedizione: di Natale Matteo dal Papa PRIMA VISITA UFFICIALE di Matteo Renzi in Vaticano. Papa Francesco riceverà il Presidente del Consiglio il prossimo 13 dicembre. Ad annunciarlo ieri il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Un incontro molto atteso in cui non mancheranno certo i temi di cui parlare: dal diritto al lavoro alla crisi economica. Sicuramente anche di famiglia e della possibilità che il Fatto Quotidiano l'Italia legiferi anche sul tema dei diritti per le coppie gay. Soddisfazione da parte del cardinale Parolin. Il segretario di stato ha dichiarato che questa visita ufficiale sarà il segno dei rapporti positivi con il Governo italiano, anzi sarà un buon motivo per rafforzarli. L’incontro avverrà a tre mesi esatti dalla commemorazione al Sacrario militare di Redipuglia, cerimonia presieduta da Papa Francesco e a cui il premier Renzi aveva dato forfait. L’assenza aveva suscitato non pochi malumori tra i rappresentanti del Vaticano. Prima del 13 dicembre il Capo del Governo e il Pontefice si incontreranno a Strasburgo, per la tanto attesa visita del papa all’Europarlamento, dove Renzi sarà presente in qualità di presidente di turno dell’Unione Europea. RENZI VA ALL’ATTACCO: “CAMUSSO COME SALVINI SA SOLO PROTESTARE” IL PREMIER CHIUDE LA CAMPAGNA ELETTORALE IN EMILIA NUOVE CONTESTAZIONI. LUI: “NON SARANNO MAI CONTENTI” MA ALLA FESTA FINALE IL PALADOZZA È PIENO SOLO PER METÀ di Wanda Marra R inviata a Bologna enzi carogna, fuori da Bologna”. Ad aspettare il presidente del Consiglio, nonché segretario del Pd, per la chiusura della campagna elettorale dell’Emilia Romagna ci sono le sigle antagoniste (da Rossa, movimento fondato da Giorgio Cremaschi, Asia Usb, il Collettivo Obo. E poi, con un loro manifesto a parte i precari della giustizia di Fp Cgil). Non più di poche decine di manifestanti. Con la polizia in schieramento compatto. Dentro, il Paladozza è pieno solo a metà. In Emilia Romagna (come in Calabria) si vota domenica e il clima è tutt’altro che festoso. Tutt’altro che carico. Matteo Renzi lo sa e mette la quinta dalla mattina. che si crea Renzi nella tre giorni finale di campagna elettorale. In Emilia i sondaggi danno vincente Bonaccini, ma registrano il candidato leghista, Alan Fabbri, in crescita costante. Mentre Matteo Salvini ogni giorno che passa aggrega quella protesta che i grillini non incarnano più. Ma anche quella richiesta di rinnovamento di tutti quelli che non si riconoscono col tradizionale “potere rosso”. Avanza il partito dell’astensione. E il premier lo sa. Non a caso ci mette la faccia. “I sindacati che non hanno fatto sciopero contro la Fornero e la riforma di Monti, oggi hanno fatto più scioperi che negli anni precedenti. Siamo sicuri che sia pro- l'Italia l’avrebbe fatto quelli che negli anni precedenti hanno rinunciato, lo avrebbe fatto chiunque: io sono per fare le cose, non ne posso più di chi continua a rimandare. Ed è naturale che ci sia chi cerca di bloccare e tirare indietro sia nel mio partito che fuori: è fisiologico”. MENTRE il Paladozza lo aspetta, i manifestanti fuori spaccano la vetrina di una sede del Pd. Dentro, un format in piena regola. Presenta Zacchiroli: consigliere comunale di Bologna, nelle vesti di conduttore radiofonico. Interventi di Nicoletta Mantovani e Enrico Panini. L’innovazione si ferma lì. In prima fila c’è Vasco Errani, che LA PIAZZA Vetrine rotte a Bologna Contestato a Parma, dove vede il sindaco Pizzarotti (in cerca di voti dei dissidenti M5S sul Jobs Act) PARLA ininterrottamente per tutto il giorno, mentre passa da un’intervista radiofonica a un tour in piena regola tra Parma e dintorni. Destinazione non casuale: nel giorno in cui la Commissione Lavoro della Camera approva il jobs act, Renzi decide di andare in visita a tre aziende importanti dell’Emilia. E poi di incontrare Pizzarotti, sindaco di Parma, dissidente Cinque Stelle. “Salvini e Camusso sono due facce della stessa medaglia: ho grandissimo rispetto per loro perché fanno il loro lavoro. Sono dei leader della protesta: chapeau. Ma io non posso permettermi la protesta, sono quello che ci prova non quello che protesta”. Sono due i fili conduttori e sono due i nemici gruppo industriale della zona, poi alla Dallara automobili, marchio famoso. Infine alla Barilla. Azienda amica da sempre, almeno da quando in occasione della festa per il suo centocinquantesimo anniversario parlò per mezz’ora buona con Berlusconi, nella settimana decisiva che portò alla rielezione di Napolitano. In mezzo va in Comune a Parma. Incontro con i sindaci dei Comuni alluvionati: occasione molto ghiotta la photo opportunity. Anche qui lo aspetta la protesta. Prima che arrivi la polizia carica. Anche qui, poche decine di manifestanti (Cobas e sigle sindacali di base), ma non c’è nessuno che lo accolga con bandiere del Pd o Matteo Renzi con il candidato governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini Ansa testa contro i contenuti o è soltanto una posizione politica?”, si chiede Renzi. “Se poi chi non ha mai scioperato in passato non trova di meglio che scioperare, contenti loro contenti tutti”, ma “io mi preoccupo di creare posti di lavoro”, rimarca il premier. Fedele a questa linea, Renzi segue un programma preciso. Prima va alla Pizzarotti costruzioni, grande incoraggiamenti. La tensione è molta, e lui entra da dietro. Prima dell’incontro ufficiale, due chiacchiere con Pizzarotti. A parte le questioni locali, c’è in ballo una trattativa: Renzi vorrebbe qualche voto dei dissidenti grillini già alla Camera sulla riforma del lavoro. E un asse emiliano diventa importante in assoluto. “Se fosse stato facile cambiare ha quasi completato tre mandati da governatore, e che rappresenta la vera continuità con ex Ds e potere rosso delle cooperative. “Tanto se va bene diranno che c’è troppa astensione. Loro non sono mai contenti”, dice Renzi arrivando (anche qui, passa da dietro). In mattinata aveva messo le mani avanti: “Non darei una lettura nazionale” al voto. AL VOTO? Tesauro boccia la legge elettorale LISTE E PREMI: PER L’EX PRESIDENTE, L’ITALICUM NON PASSEREBBE L’ESAME DELLA CONSULTA di Antonio Migliore on c’è pace per la legge elettorale. Dopo l’incostituzionalità del Porcellum, l’Italicum non trova ancora N consensi. Prima di poter pensare di andare a votare, magari in primavera, il Parlamento è costretto a risolvere alcune importanti “criticità”. È questa l'opinione di Giuseppe Tesauro, presidente emerito della Corte Costituzionale. Ieri il giurista napoletano ha ammesso in audizione alla Commissione affari costituzionali del Senato che l’Italicum così com’è non si può applicare. Troppe controversie. Al centro delle critiche dell’ex presidente - che ha lasciato il suo incarico il 9 novembre - ci sono alcuni punti fondamentali della legge in esame da più di sei mesi al Senato. TRA I PUNTI PIÙ CRITICI individuati da Tesauro c’è la soglia fissata al 37% per ottenere il premio di maggioranza. Per evitare una “maggioranza esigua” la soglia andrebbe portata almeno al 40%. L’altra criticità riguarda le liste bloccate: anche se con pochi candidati inseriti, la distribuzione dei seggi su scala nazionale non garantirebbe agli elettori di essere rappresentati in Parlamento da chi loro indicato, anche in caso di vittoria del partito scelto. Infine un altro problema rappresenterebbe la validità della legge solo per l’elezione dei membri della Camera. Non sarebbe di fatto ammissibile in un sistema ancora bicamerale una legge che prevede l’elezione solo per una della camere. Per questo problema si potrebbero però perseguire due soluzioni, anche se complicate: l'approvazione di una norma transitoria attraverso cui estendere la validità dell'Italicum anche al Senato, oppure andare a votare applicando due leggi elettorali, l'Italicum per la Camera e il Consultellum per il Senato, reintrodotto dalla sentenza di incostituzionalità del Porcellum. Rai, Tobagi e Colombo non lasciano Il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi Ansa OFFENSIVA DEM DOPO IL SÌ AL RICORSO CONTRO IL PRELIEVO: “SCELTA PER L’AZIENDA”. LA TARANTOLA A RISCHIO l giovedì sera in Viale Mazzini, non ci sono i I consiglieri d’amministrazione che hanno provocato la furia di palazzo Chigi votando per il ri- corso contro il prelievo da 150 milioni di euro ordinato e già incassato dal Tesoro. E chi esce in solitario, osserva: “Andranno via tutti, poi qui il governo farà le purghe”. In attesa di marzo-aprile, quando il Cda sarà decaduto con l’approvazione del bilancio che coincide con la fine del mandato, i consiglieri Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, eletti dal partito democratico di Pier Luigi Bersani come esponenti della società civile, fanno sapere che non hanno intenzione di lasciare il posto, convinti di aver rispettato un dovere di indipendenza senza tradire l’azionista di riferimento, cioè il Tesoro. Ieri sera, Tobagi era a Otto e Mezzo su La7, e ha ripetuto che non si è comportata secondo logiche politiche, ma per proteggere un’azienda da una misura sbagliata, come motivato da diversi pareri di giuristi e da una lettera che il presidente delle televisioni pubbliche europee spedì al Quirinale. Le dimissioni di Tobagi e Colombo erano richieste, soprattutto, dai renziani che ora comandano al Nazareno. Michele Anzaldi ha girato la domanda anche al presidente Anna Maria Tarantola, colpevole di essersi astenuta nel 6-2 a favore del ricorso. Il governo si prepara a lanciare il nuovo canone legato all’utenza elettrica che avrà una quota annua ridotta e un introito garantito di 1,7 milioni di euro per Viale Mazzini. Il sottosegretario Antonello Giacomelli anticipa i tempi di una più ampia riforma dell’azienda pubblica: ora la primavera è il periodo da appuntarsi in calendario. A parte i ganci a cui appendere la propaganda come il canone che sarà abbassato senza recuperare l’evasione odierna, il governo non sembra intenzione a intromettersi con impeto nei fatti Rai. IN VIALE MAZZINI, in questi residui mesi di anar- chia, in molti si giocano il futuro. Il direttore generale Luigi Gubitosi è riuscito a quotare RaiWay drenando 240 milioni di euro con la cessione di un terzo ai privati, operazione necessaria per arginare proprio i 150 milioni. Gubitosi ha criticato il Cda pro ricorso, adesso è perfettamente in posizione renziana e crede di poter trovare una buona collocazione in una società pubblica o privata dopo il triennio in Rai. Il presidente Tarantola, che non ha uno splendido rapporto né con Gubitosi né con il governo, è riuscita a rovinare la festa in Piazza Affari di RaiWay mettendo all’ordine del giorno del Cda il delicato tema ricorso, e poi non ha votato contro. A differenza dell’ormai ex consigliere Luisa Todini, che adesso potrà occuparsi unicamente di Poste Italia e di Antonio Pilati, il berlusconiano che ha un contatto frequente e diretto con il governo e spera così di restare in Viale Mazzini. I sì di Antonino Verro (amico personale di B.) e di Guglielmo Rositani (ex An) si motivano con l’esigenza di trovarsi un nuovo impiego pubblico da marzo in poi. Il discorso, non proprio identico, vale anche per il casiniano Rodolfo De Laurentiis. Clamoroso il sì a trascinare il Tesoro in Tribunale di Marco Pinto, delegato proprio di via XX Settembre in Rai. Car. Tec. POTERI il Fatto Quotidiano R itorna Berlusconi: “Maggioranza finta, non dura molto” di Carlo Tecce P er Natale, Matteo Renzi avrà un brutto regalo da Milano: nasce il movimento Della Valle. I suoi collaboratori lo danno sempre in moto perpetuo. Questo fine settimana va in Cina, poi fa un salto a New York. Ormai è evidente che, appena rientra in Italia, non spreca un’occasione per riemergere in televisione, a fare l’imprenditore di opposizione a Renzi, consumato l’amore iniziale e sgualcite le fotografie che li ritraggono abbracciati o accanto in tribuna a Firenze. Ma l’ultima volta in tv, il signor Tod’s ha corretto le obiezioni contro l’esecutivo, più morbide, più interlocutorie. E allora che fa Della Valle, ci ripensa? Ai suoi amici confida di non aver interrotto il rapporto personale con il fiorentino, che sente e vede quand’è necessario, ma non ha strappato quel progetto che prevede un ingresso nel dibattito politico, e non soltanto ospitate nei salotti tv: “Io voglio dare voce a coloro che non si riconoscono nei partiti e neanche in Renzi, che ripete sempre di aver vinto e si comporta come se la fiducia fosse illimitata. Va bene, ha vinto, ma è convinto di poter vincere ancora? E gli indecisi e gli astenuti, che fanno? Al massimo un mese e saremo pronti”. Della Valle promette che entro dicembre sarà presentata una “piattaforma” (leggi anche associazio- IERI SERA Silvio Berlusconi, in merito alle elezioni regionali Emilia Romagna e Calabria, ha dichiarato ai microfoni del Tg5:”Spero che a queste Regionali ci sia una consapevolezza del fatto che è importante dare uno slancio a Forza Italia, quando io potrò ritornare in campo pienamente libero, sarà ri- VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 fondata, ricostruita e rinnovata. Cosa che stiamo peraltro già facendo”. Il leader di FI ha inoltre commentato: “Questo governo dei pensionati non se ne è mai ricordato, non hanno goduto degli ottanta euro e disgustati da questa politica hanno smesso di andare a votare, ma è loro interesse che vadano anche se si tratta di due sole regioni”. Ha concluso: ”Spero sia una legge elettorale che terrà contro delle reali situazioni elettorali del Paese. C'è in corso un processo per arrivare ad avere una buona legge completa in termini di correttezza e giustizia. La maggioranza è artificiale, non dura”. Il pacco di Della Valle: a Natale un movimento IL SIGNOR TOD’S FA SAPERE DI NON ESSERE TORNATO RENZIANO: “SIAMO PRONTI, TRA POCHE SETTIMANE CI SARÀ IL LANCIO. L’ESECUTIVO NON MI PIACE, È DEBOLE” ne) per luoghi di incontro telematici e fisici, reali. Oltre la Rete, la sede principale sarà a Milano. L’imprenditore marchigiano vuole fare il controcanto a un governo che dispone – insiste – di un’ampia comprensione da parte dei media e vuole attrarre a sé cittadini delusi. Ha stupito, però, il Della Valle che ha confes- sato a Bruno Vespa di avere obiettivi in comune con Renzi: “Banale: il bene dell’Italia che passa attraverso un’operazione di pulizia di una classe dirigente e politica che ha acuito la crisi economica e sociale. Questa operazione è mancata”, fa notare ai suoi. Tra un’andata e un ritorno in Cina o altrove, tra una com- parsa in tv e un periodo di silenzio, sono avvenuti un paio di fatti che potrebbero aver sedato l’ira di Della Valle: l’Autorità per i Trasporti ha ridotto il canone che Italo (di cui è socio) paga a Fs, e non è ancora definita la questione stadio di Firenze. A chi lo provoca su questi temi, sui conflitti di interesse (da includere Diego Della Valle con Renzi allo stadio LaPresse/Ansa SEDE A MILANO L’imprenditore vuole dar voce ai delusi dai partiti e dal governo. Benedice lo sciopero: inutile accanimento sull’articolo 18 7 la partita Rcs) o sulla ennesima offensiva contro Sergio Marchionne per sfruttare l’effetto mediatico nel giorno di una trimestrale non positiva per la sua azienda con relativo crollo in Borsa di Tod’s, Della Valle risponde: “Io sono abituato ad affrontare periodi semplici e complicati, non ho niente da occultare o proteggere. Questo non mi vieta di dire che la strategia di Fiat per la Ferrari serve soltanto a garantire degli introiti agli Agnelli e non va certo a beneficio degli stabilimenti o degli operai. E su Ntv i meriti semmai sono di Montezemolo, i miei interessi non sono grandi. E poi far rispettare le regole non significa aiutare Italo”. DENIS VERDINI non gli pia- ceva un mese fa e non gli piace adesso: “Non dovrebbe toccare la Costituzione, figurati se può riformarla. Lo stesso discorso vale per il Patto del Nazareno”. Non è un consigliere extra-politico di Renzi, ma all’ex amico Matteo suggerisce di fare un rimpasto, di eliminare i ministri deboli e le cariatidi che, di nascosto, si sono mimetizzate e riciclate. A differenza del sindacato dei colletti bianchi (la Cisl) e, ovviamente, di Palazzo Chigi, il signor Tod’s quasi elogia lo sciopero generale: “Ben venga, se utile a fare un punto, a recuperare energie disperse”. Il Della Valle imprenditore ritiene sbagliato l’accanimento sull'articolo 18, perché non c’entra niente con i nuovi posti di lavoro, con un mercato competitivo, con un’Italia appetibile per gli investitori. E avrebbe evitato pure le riforme costituzionali. Al contrario, crede che lo strumento democratico del voto sia in disuso e molti partiti ne siano spaventati perché i politici sono impegnati in una bieca lotta di sopravvivenza. Non è agevole interpretare le intenzioni di Diego Della Valle, parla da ambizioso politico e dopo un po’ sembra che torni in retrovia. Il signor Tod’s, ora, assicura che ha deciso, che non resta a fare l’osservatore o il critico davanti a una telecamera. Volo-taxi, Pinotti vaga: “Attendo la magistratura” ALLA CAMERA ESCLUDE LE DIMISSIONI. LA PROCURA INVIERÀ IL FASCICOLO AL TRIBUNALE DEI MINISTRI CHE DECIDERÀ SE ARCHIVIARE O NO di Marco Lillo a Procura di Roma ieri ha fatto filtrare il suo L orientamento sul caso del volo preso dal ministro Pinotti per tornare a Genova il 5 settembre. Il sostituto procuratore Roberto Felici con tutta probabilità iscriverà tra pochi giorni sul registro degli indagati il ministro della difesa per peculato d’uso. Però il passaggio ricevuto dal Falcon 50 dell’Aeronautica decollato quella sera da Ciampino secondo i pm romani non è un reato. L’iscrizione è solo formale, fanno filtrare dalla Procura, perché quel Falcon non è un volo di Stato (soggetto a autorizzazione, che nel caso di specie mancava) ma un volo in missione di addestramento. Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone quindi subito dopo l’iscrizione invierà tutti gli atti al Collegio dei reati ministeriali con la richiesta di archiviare il tutto. Il ministro Pinotti ha gradito l’indiscrezione filtrata dalla Procura e ieri in Parlamento ha potuto rispondere così al deputato Alessandro Di Battista del M5S che, dopo averla denunciata, l’ha stuzzicata con una battuta durante l’audizione sulla minaccia del’ISIS: “C’è una denuncia e si è aperta un’indagine - ha detto la Pinotti facendosi scudo della Procura - si aspetta che la magistratura faccia il suo lavoro, quando si sarà concluso ciascuno trarrà le conseguenze”. In realtà, anche se il procuratore Pignatone optasse per l’archiviazione la sua richiesta sarà solo un suggerimento al Tribunale dei ministri, unico vero dominus del fascicolo. La richiesta infatti non arriva all’esito delle indagini come nei reati comuni ma a monte. In questo procedimento speciale il ruolo del pm è sostanzialmente quello di ‘consulente’ del collegio dei reati ministeriali. Il pm deve trasmettere le carte ‘omessa ogni indagine’ al collegio con una richiesta che può essere di due tipi: l’archiviazione o l’indicazione di alcuni accertamenti da svolgere. Ieri ipotizzavamo che il procuratore Giuseppe Pignatone suggerisse questa seconda via. Sembrava possibile e anche probabile che proponesse almeno di acquisire i documenti pubblicati dal Fatto e L’ESPOSTO M5S Come dimostrano i documenti del “Fatto” e del TgLa7, il velivolo militare ha atteso la politica per darle un “passaggio” a casa dal Tg7 sul volo incriminato. In particolare la ‘nota del giorno del 306esimo gruppo’ di stanza a Ciampino pubblicata dal Fatto il 26 settembre scorso. Quella nota infatti rivela che quel volo del 5 settembre, oltre alla missione dell’addestramento dei piloti, ne prevedeva una seconda: il Falcon doveva aspettare l’atterraggio dell’Airbus di ritorno da Cardiff con a bordo il ministro prima di decollare per Genova. Ovviamente con il soldato Pinotti a bordo. L’USO DEI VOLI di addestramento per trasportare i politici al di fuori dei casi previsti dallo stringente decreto legge del 2011 (che limita l’uso ai presidenti della repubblica, della Consulta e di Camera e Senato) era stato svelato in tempi non sospetti nel febbraio scorso da un’intervista trasmessa nel programma tv ‘La Gabbia’. La giornalista Monica Raucci aveva intervistato un pilota militare sotto garanzia di anonimato che le aveva raccontato: “ci si mette addestramento e con quella parola si dice che quell’aereo e quell’equipaggio non è stato distratto dai suoi compiti istituzionali. I voli di addestramento li ho fatti io e li hanno fatti i miei colleghi”. Ieri mattina sul sito del Giornale è apparso un commento di tale ‘onurb’: “Sono stato ufficiale pilota dell’Aeronautica Militare e in più circostanze sono stato comandato a eseguire voli addestrativi in concomitanza con l'esigenza di trasporto di qualche papavero”. Il Falcon 50 del 31esimo stormo che ha riportato a casa il ministro è un jet executive militare nell’appartenenza ma non nell’apparenza. Con i suoi 9 comodi posti in pelle piace ai politici ma costa un paio di milioni di euro all’anno più 3 mila euro circa per ogni ora di volo. I ministri del centrodestra Roberto Calderoli e Michela Brambilla, sono finiti davanti al Tribunale dei ministri (e poi sono stati salvati dal diniego dell’autorizzazione a procedere del Parlamento) perché avevano chiesto e ottenuto l’autorizzazione di Palazzo Chigi senza che, secondo il Tribunale dei Ministri, ricorressero i presupposti del volo di Stato. Il ministro Pinotti non ha chiesto nulla alla Presidenza del Consiglio e ha approfittato del volo di addestramento. Secondo l’impostazione del procuratore Pignatone, a leggere i giornali almeno, la forma prevale sulla sostanza. Pinotti può volare a casa con lo stesso aereo dei voli di Stato senza rischiare nulla perché l’Aeronautica gentilmente pone il timbro ‘addestramento’ su quel Falcon e lo pone fuori dai radar della presidenza del consiglio. Se passasse questa linea si legittimerebbe la prassi descritta dai piloti anonimi che la Procura potrebbe facilmente identificare, se volesse. Così non sarebbe più la Presidenza del Consiglio a decidere quale politico vola sul Falcon ma l’Aeronautica. Il collegio dei reati ministeriali che deciderà il caso è così composto: il presidente è Luigi Nocella, giudice penale di Frosinone poi ci sono il gip di Roma Flavia Costantini e il giudice penale di Roma Aurora Cantillo. L’ultima parola sul ministro Pinotti e sul volo di addestramento spetterà a loro. 8 ALL’ITALIANA VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 D e Magistris, il Consiglio di Stato: “Resta sindaco” DE MAGISTRIS resta sindaco di Napoli. Il Consiglio di Stato ha confermato l’impianto già messo nero su bianco dal Tar Campania e ha respinto i ricorsi che contro questa sentenza erano stati presentai dal governo e da due associazioni: il Movimento difesa del cittadino e l'Associazione lotta piccole illegalità. È una felicità improvvisa. Sono molto contento. È stata sanata una ferita dolorosa", ha commentato a caldo il primo cittadino, che a seguito di una condanna in primo grado per abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta Why Not sentenza di condanna impugnata - si è visto applicare la legge Severino ed è stato sospeso dalla carica di sindaco. Il verdetto del Consiglio di Stato sembrava, in un primo tempo, previsto per domani, ma la terza sezione, presieduta da Pier Giorgio Lignani, vista la delicatezza del provvedimento affidato alla stesura del giu- MPS, VIDEO SULLA MORTE DI ROSSI “QUELLA SERA LUI NON ERA SOLO” NELLA PERIZIA DI PARTE, NOVITÀ SUL MANAGER DECEDUTO A MARZO DEL 2013 di Davide Vecchi P er la Procura di Siena la morte di David Rossi è un suicidio. Eppure le perizie di parte hanno rivelato numerose incongruenze e lacune nelle indagini. A partire dalle analisi degli hard disk dei computer dell’ex manager del Monte dei Paschi di Siena, in cui molto materiale, tra cui lo scambio di email tra Rossi e Fabrizio Viola, amministratore delegato di Rocca Salimbeni, era sfuggito agli inquirenti ed è stato individuato solo grazie alle perizie svolte per volontà dei familiari; fino ai video delle telecamere di sorveglianza che mostrano come sia palesemente errata, sempre secondo i tecnici della difesa, la dinamica della caduta ipotizzata dalla procura. Ancora: la perizia dell’ingegnere Luca Scarselli solleva numerosi dubbi anche sulle testimonianze fornite da quanti erano nella sede di Mps la sera del 6 marzo 2013, quando Rossi ha perso la vita. E soprattutto individua nei filmati la presenza di persone nelle vicinanze del cadavere del manager sin dai minuti immediatamente successivi alla caduta. Persone, secondo la perizia, mai individuate dagli inquirenti. Infine, l’esame autoptico: il corpo di Rossi ha lesioni e lividi ritenuti non compatibili con la dinamica della caduta come ipotizzata dai magistrati. Eppure la Procura di Siena ha archiviato l’indagine nel marzo 2014 e lo scorso 10 novembre anche la Procura generale, a cui si erano rivolti i familiari di Ros- LE INDAGINI Dai filmati emerge la presenza di un uomo incappucciato nei pressi del cadavere. “Qualcuno lo ha aiutato a ‘suicidarsi’, gettandosi dalla finestra” Monte dei Paschi LaPresse si per chiedere la riapertura dell'inchiesta, ha ribadito il diniego dei magistrati toscani. Solamente ieri ad Antonella Tognazzi, vedova di Rossi, la procura ha notificato la risposta alla istanza di avocazione presentata lo scorso maggio. Tognazzi non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio, tanto da aver più volte chiesto ai pm di svolgere indagini approfondite in diverse direzioni, in particolare considerando le forti pres- il Fatto Quotidiano sioni a cui Rossi era sottoposto nella banca a seguito dell’avvio dell’inchiesta e dovute al profondo legame con Giuseppe Mussari, ex presidente del Monte e poi dell’Abi, travolto dall'inchiesta sull'acquisto di Antonveneta da parte di Rocca Salimbeni. Il fascicolo sulla morte di David, inizialmente aperto come istigazione al suicidio, è stato rapidamente archiviato. LA MOGLIE di David Rossi non ha mai creduto alla volontarietà del gesto e ne ha parlato con Paolo Mondani, che per Report ha svolto un'inchiesta che sarà trasmessa domenica prossima, in cui passa in rassegna i dubbi e le incongruenze dell'inchiesta, dalla dinamica della caduta alle forti pressioni che stava vivendo il marito, sino ai particolari della perizia legale e alle “stranezze” accadute nei minuti successivi alla morte di Rossi. Nelle relazioni di parte, la più sconcertante è proprio la ricostruzione di quanto avvenuto immediatamente dopo la morte e ricostruito attraverso le immagini delle videocamere di sorveglianza. In particolare, il perito individua la presenza di un uomo con un cappuccio in testa nei pressi del cadavere. La prima “ombra ferma visibile in via dei Rossi” appare dopo appena otto secondi dall’avvio della registrazione. Rossi cade al secondo “20” e la sequenza scandita nella perizia, se fosse confermata, è inquietante: a un minuto dall’impatto al suolo nel vicolo dice relatore, Rosario Polito, ha accelerato i lavori. Un pronunciamento che non lascia spazio a interpretazioni. Tutti gli appelli sono stati respinti perché “nel bilanciamento degli interessi coinvolti, riveste prevalenza quello inerente alla prosecuzione del mandato elettivo”. GALLI DELLA LOGGIA Ernesto è deluso, gli manca lo scatto E rnesto Galli della Loggia, si sa, è sempre un pensatore di sostanza, ma ieri s’è superato. Sulla prima del Corsera, con corposo prosieguo interno, il nostro ha messo a verbale che la democrazia “scricchiola”: e mica solo in Italia, che si sa come sono gli italiani, ma pure in Europa. Il continente, dice, entra “in una nuova fase storica”, in cui “la democrazia si trova davanti un ospite inatteso: la povertà”. Pare che sarebbe ora di passare “dalla politica al politico”, senno finisce male. Il nostro, alla bisogna, aveva pensato a Renzi, ma quello non ha fatto “lo scatto necessario”, “vola basso”, ha la “voce tenue”, sta sempre su Twitter e così le “grandi speranze si consumano” e tra un po’ “si sentiranno tradite”. È chiaro che l’uomo è deluso, disorientato, infelice: dai, Matteo, e fai ’sto scatto. riappare l’ombra di un uomo. Poi “una luce”. Al minuto 4 si vede “una presenza di un mezzo” seguito pochi secondi dopo da una “persona che entra nel vicolo con un puntatore”. Al minuto “04:33” “persona più mezzo all’ingresso del vicolo”, al minuto 6 “persona dentro il vicolo”, poi un susseguirsi di ombre, luci in movimento, presenze: David Rossi muore dopo “tredici minuti”. Nel video, inoltre, si vede chiaramente un uomo, con piumino e cappuccio, intento a parlare al telefonino e avvicinarsi al cadavere di Rossi, guardandolo: la perizia ricostruisce che ciò avviene alle ore 20:27. Gli inquirenti hanno ritenuto fosse la persona che ha avvisato il 118, ma dalle verifiche compiute dai periti la telefonata alla sala operativa e alla Questura è arrivata “fra le 20:40 e le 20:45”. I video delle telecamere di sorveglianza, di cui il Fatto è in possesso, confermano la ricostruzione temporale svolta dai periti. I tecnici hanno inoltre individuato altri dettagli attraverso analisi approfondite sui singoli frame. I particolari su un puntatore laser che illumina dall’alto la zona dove si trova il cadavere, ad esempio. O l’orologio di Rossi che cade solamente mezz’ora dopo il corpo. E la cassa metallica cade distante dal cinturino in pelle. Ma i dettagli individuati sono davvero molti. LE CONCLUSIONI della perizia sono semplici: qualcuno ha aiutato Rossi a suicidarsi. Basta leggere l’esito dello studio scientifico svolto sulla dinamica della caduta: “La posizione iniziale da cui si è originato il moto, l’assenza di segni lasciati dalla vittima sulla finestra dalla quale si sarebbe lanciato, i segni di sfregamento sulle scarpe (...) non si spiegano con il mero presunto suicidio della vittima”. [email protected] Di Stefano, il conto del “Leopoldo” in Svizzera RINTRACCIATO UN DEPOSITO BANCARIO RICONDUCIBILE AL DEPUTATO PD. I PM: FORSE DA LÌ È PASSATA LA TANGENTE DA 1,8 MILIONI di Valeria Pacelli n conto in Svizzera sul quale potrebbero esU sere arrivati i soldi della presunta tangente contestata dalla procura di Roma a Marco Di Stefano, il renziano dell’ultima ora ma subito promosso coordinatore alla Leopolda. Secondo i pm romani Corrado Fasanelli e Maria Cristina Palaia l’ex assessore al Demanio del Lazio sarebbe stato corrotto dall’imprenditore romano Daniele Pulcini con una mazzetta di 1,8 milioni di euro perché la controllata della Regione, Lazio Service, prendesse in affitto una nuova sede di proprietà del gruppo Pulcini. NEL SILENZIO DEL PARTITO di Matteo Renzi, che non ha detto una parola sul ‘caso Di Stefano’, intanto le indagini continuano, e nel mirino dei pm oltre la vicenda del palazzo di via Serafico dei Pulcini, ci sarebbero finiti altri tre appalti. Intanto nei giorni scorsi, le autorità svizzere hanno risposto ad una rogatoria internazionale inviata dai magistrati capitolini. A Ginevra esisteva un conto (ora estinto) presso l’Ubs sul quale Di Stefano aveva la procura ad operare. Il rapporto bancario non è intestato direttamente all’onorevole, ma i pm sono certi che sia riconducibile a lui. Circostanza che non risulta al legale di Di Stefano, l’avvocato Francesco Gianzi: “Allo stato attuale, sembra che il mio assistito non abbia alcun conto in Svizzera. Aspettiamo l’esito delle indagini”. Il so- lo l’inizio. Poi con le indagini si è scoperto che la spetto dei pm però è che su quel conto ricondu- rete politica dello scomparso Alfredo Guagnelli cibile a Di Stefano potrebbe essere transitata la era molto più ampia. Tra i testimoni sentiti nel tangente da 1,8 milione. A mettere nei guai il ren- 2009 c’era l’ex socio di Guagnelli, il fotografo ziano sono due testimonianze rese nel 2010. La Alessandro Innocenzi, che ha raccontato dei prima è quella del fratello di Alfredo Guagnelli, viaggi fatti anche da alcuni politici con Alfredo. A l’amico dell’onorevole scomparso misteriosa- Montecarlo, uno volta Alfredo Guagnelli portò mente a ottobre del 2009. Bruno Guagnelli sentito anche Innocenzi ed è stato in quell’occasione che dai pm aveva detto: “In una circostanza mio fra- il socio tornato in albergo avrebbe trovato su un tello mi disse, ridendo, che Daniele Pulcini diceva tavolino decine di mazzette di banconote da 500 sempre che l’assessore, riferito a Di Stefano, era euro. Che si trattasse dei soldi a Di Stefano, sentito un ladro perché aveva preteso 1.800.000,00 euro dal Fatto nelle scorse settimane, Alessandro Inper il buon esito di un affitto o di un acquisto di un nocenzi non può assolutamente confermarlo. Inpalazzo di cui aveva bisogno la Regione Lazio nel nocenzi al Fatto rivela che tra le amicizie politiche 2009”. Stessa versione è stata riferita anche dall’ex di Guagnelli c’era anche Paolo Bartolozzi, ex parmoglie del “leopoldo”, Gilda Renzi: “Sempre da lamentare europeo in quota Forza Italia: “Lo aiuBruno (Guagnelli, ndr) apprendevo che il rapporto tra Daniele Pulcini e mio marito Marco era LE TESTIMONIANZE contraddistinto da forti interessi economici poiché Antonio Arriva la risposta alla Pulcini aveva dato in affitto, alla Regione Lazio, un palazzo. Alrogatoria internazionale. fredo gli aveva anche aggiunto Nei prossimi giorni, che Marco Di Stefano aveva percepito 1,8 milioni di euro di l’onorevole sarà sentito ‘mazzette’ mentre Alfredo, che aveva fatto da intermediario sulla scomparsa aveva, a sua volta, percepito 300 dell’amico Guagnelli mila euro di ‘mazzette’”. Era so- tò nella campagna elettorale del 2005 per diventare deputato europeo. Praticamente mi chiese di fare un bonifico da un conto cointestato della nostra società di 6 mila euro”. Nulla di irregolare, spiega Bartolozzi raggiunto nei giorni scorsi al telefono, perchè il bonifico era registrato ed era solo il sostegno alla campagna elettorale. ADESSO SU QUELLA SCOMPARSA, il pm Cugini sta ancora indagando. Anche Di Stefano verrà risentito, come è stata sentita la ex moglie nei giorni scorsi. Dopo questo interrogatorio, alcune testate giornalistiche riportavano la notizia (smentita da Gilda Renzi) di alcuni festini hard. “In questi giorni - ha detto Gilda Renzi al Fatto – ho letto testate giornalistiche con vari titoli da gossip. Smentisco con forza queste affermazioni che mi sono state attribuite e addebitate. Per questo ho dato mandato al mio avvocato di tutelarmi e di procedere per vie legali nelle sedi opportune”. Intanto il marito dichiara guerra: “Da sette anni sono vittima di stalking, non posso esimermi dal querelarla per calunnia, diffamazione e falsa testimonianza se quanto scritto sui giornali corrispondesse ai verbali”. Twitter: @PacelliValeria MALITALIA il Fatto Quotidiano Ce iatania, la mafia traghetti di Matacena SONO IN TUTTO 23 le persone arrestate e valgono 50 milioni di euro i beni sequestrati nell’operazione contro Cosa nostra della Dda di Catania. Dall’inchiesta è emerso come la mafia catanese fosse in affari con una società riconducibile ad Amedeo Matacena per la gestione dei traghetti sullo Stret- to di Messina. Una società facente capo in realtà agli Ercolano e i fratelli Aiello, aveva stipulato con un’altra società riconducibile ad Amedeo Matacena, un contratto di affitto di tre navi da utilizzare come vettori per i collegamenti tra la Sicilia e la Calabria. L’attività si protrasse con ottimi risul- VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 tati nei mesi a cavallo tra gli anni 2005 e 2006, fino a quando, per ragioni legate a scelte effettuate da un’altra società estranea alle indagini, si interruppe improvvisamente la navigazione. L’inchiesta ha riguardato l’evoluzione di Cosa Nostra subito dopo l’indagine Iblis e ha confermato la voca- 9 zione imprenditoriale della famiglia catanese, infiltratasi in vari settori tra cui i trasporti per iniziativa del boss Enzo Ercolano figlio del capomafia deceduto Giuseppe e fratello di Aldo, condannato all’ergastolo. Ercolano ha operato con la collaborazione di altri indagati. La maxi-autobomba pronta per Di Matteo PER UCCIDERE IL PM DI PALERMO IL MAFIOSO GALATOLO SI ERA PROCURATO 150 CHILI DI TRITOLO, QUASI IL DOPPIO DI QUELLO USATO PER BORSELLINO IN VIA D’AMELIO di Giuseppe Pipitone e Sandra Rizza Q Palermo uasi il doppio rispetto a quello utilizzato per imbottire l’autobomba di via D’Amelio. Un po’ meno della metà di quello agganciato agli skateboard e piazzato sotto l’autostrada di Capaci. Per far saltare in aria il pm della trattativa Stato-mafia Nino Di Matteo, il mafioso dell’Acquasanta Vito Galatolo aveva procurato 150 chili di tritolo. L’esplosivo, nascosto in un bidone, sarebbe stato sotterrato in una delle campagne della zona di Monreale, sopra Palermo, che da alcuni giorni vengono battute metro per metro dagli uomini della Dia sguinzagliati con cani artificieri, metal detector e geo-radar all’interno di fondi agricoli e casolari ritenuti nella disponibilità di Cosa Nostra. esplosivo utilizzati per l’attentatuni di Capaci sventrarono l’asfalto dell’autostrada sulla quale viaggiava la macchina blindata di Giovanni Falcone, uccidendo il giudice, sua moglie e tre uomini della scorta, in via D’Amelio bastarono 90 chili di Semtex, detonante al plastico, nascosti nel cofano di una Fiat 126, per massacrare Paolo A RACCONTARE nei dettagli la fase dell’acquisto e della raccolta dell’esplosivo è sempre Galatolo che da cinque giorni è ufficialmente un collaboratore di giustizia dopo aver confidato prima a Di Matteo e poi al procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, il primo a verbalizzare le dichiarazioni del neo-pentito, il piano di morte che avrebbe dovuto rilanciare lo stragismo a Palermo. E se i 400 chili di Borsellino e cinque agenti di scorta, per ferire 24 persone, squarciando la facciata del palazzo dove abitava la madre del magistrato. Antonino Vullo, l’unico agente sopravvissuto perché rimasto all’interno della macchina blindata, ricorda così la scena: “Improvvisamente è stato l’inferno, ho visto una grossa fiammata, ho sentito BARI Il Tar boccia la pm in Comune a pm Desirée Digeronimo chiude - per il moL mento - la sua carriera politica. Il Tar, accogliendo il ricorso del primo fra i non eletti al con- siglio comunale di Bari, Gianlucio Smaldone, ha stabilito che la Digeronimo dovrà lasciare il seggio. Sebbene così breve – le elezioni si sono tenute a maggio - il curriculum politico della Digeronimo vanta record difficili da battere. Ha sfidato, per la carica di sindaco, Antonio Decaro (Pd) che lei stessa, da pm della procura di Bari, aveva iscritto nel registro degli indagati. Decaro – che s'è candidato dopo aver atteso l'archiviazione - ha poi vinto le elezioni. La lista civica che ha sostenuto Digeronimo, per pochissimi voti, non ha raggiunto il 3 per cento, ovvero la soglia di sbarramento, ma la commissione elettorale ha interpretato la legge in suo favore, attribuendole comunque un seggio, che ieri il Tar le ha invece sottratto, per attribuirlo al primo dei non eletti. La Digeronimo appellerà la sentenza ma il vero record è un altro: non s'è mai dimessa dalla magistratura e, quindi, continuerà a indossare la toga come ha sempre fatto, anche mentre era consigliera comunale. sobbalzare la blindata. L’onda d’urto mi ha sbalzato dal sellino e non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c’erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto”. ORA, A SENTIRE GALATOLO, Cosa Nostra con “entità esterne che sono interessate all’attentato” sarebbe pronta a fare il bis con un quantitativo di tritolo che è quasi il doppio rispetto a quello usato il 19 luglio del 1992. E proprio come in via D’Amelio, il pentito ha raccontato che a vent’anni di distanza, per eliminare Di Matteo, i boss avrebbero intenzione di utilizzare ancora una volta lo stesso piano di morte: un’autobomba piazzata su un punto cruciale del percorso che il pm compie tutti i giorni a bordo della jeep blindata per spostarsi dalla sua residenza al lavoro. È anche per questo motivo che lunedì scorso il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha convocato urgentemente una riunione straordinaria del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica alla presenza dei capi delle forze dell’ordine e dei servizi: le modalità della strage annunciata nel racconto di Galatolo hanno mandato in fibrillazione gli apparati di intelligence per una situazione ad alto rischio che minaccia la vita del magistrato ma anche la sicurezza pubblica. Ora si indaga sulla provenienza Il pm di Palermo Di Matteo indaga sulla trattativa Stato-mafia Ansa dei 150 chili di tritolo che probabilmente, dopo l’arresto di Galatolo (nel giugno scorso) qualcuno ha provveduto a spostare e a occultare in un nascondiglio più sicuro. Il boss dell’Acquasanta ha spiegato di essersi occupato in prima persona dell’acquisto dell’esplosivo e ha fornito ai pm dettagli sull’origine e le fonti dell’approvvigionamento. Le sue rivelazioni, ovviamente, sono top secret, ma è un fatto che Galatolo da due anni viveva a Mestre, vicino Venezia, dove ave- LE RIVELAZIONI Il mafioso ora pentito viveva vicino a Mestre, zona chiave del traffico d’armi dai Balcani. I mandanti: “Cosa Nostra ed entità esterne” va preso la residenza dopo l’applicazione del divieto di soggiorno a Palermo. Storicamente la zona del Nord-Est italico è sempre stata crocevia del traffico d’armi e di esplosivo militare proveniente dagli armamenti dell’ex Jugoslavia. NEI SUOI FREQUENTI sposta- menti a Palermo, dove aveva il permesso di recarsi per assistere ai suoi processi, il mafioso dell’Acquasanta incontrava i boss delle altre famiglie cittadine. Nelle carte del blitz denominato “Apocalisse”, che il 23 giugno scorso fece scattare l’arresto di Galatolo e di altri 90 uomini d’onore, è emerso che il neo-pentito incontrava i boss emergenti del clan di Resuttana e San Lorenzo. Dopo aver deciso di “togliersi un peso dalla coscienza”, il mafioso ha spiegato che alla fine del 2012, partecipò a Palermo a una serie di summit per verificare lo stato di avanzamento del piano di morte per Di Matteo. Aiutare Cosentino vale un seggio alla Camera INDAGATO L’EX DEPUTATO PDL: AVREBBE FATTO ELEGGERE L’EX PREFETTO DI CASERTA IN CAMBIO DI UN CERTIFICATO ANTIMAFIA di Angela Camuso n seggio in Parlamento, nelle U file del Pdl, in cambio del rilascio di un certificato antimafia in favore di un’impresa infiltrata dalla camorra. Lo scambio, di cui si legge nelle nuove carte depositate in questi giorni dai magistrati della DDA di Napoli, ha come protagonisti, da una parte, l’ex deputata Pdl nonché ex Prefetto di Caserta Maria Elena Stasi e dall’altra Nicola Cosentino, l’ex parlamentare, ora in carcere, plurinquisito, tra le altre cose, perche ritenuto il “referente politico nazionale” del clan dei Casalesi e all’epoca dei fatti contestati alla Stasi coordinatore del Pdl per la Campania. IN MERITO a questa specifica vicen- da, il procuratore aggiunto Borrelli e i pm Curcio, D’Alessandro e Vanorio si apprestano a chiedere sia per Cosentino che per la Stasi il rinvio a giudizio per corruzione aggravata dall’articolo 7 del d.l 152/91. La notizia emerge alla lettura dell’avviso di conclusione indagini - notificato agli DECADUTO interessati tre giorni fa – inerente il fascicolo che ha per oggetto gli sporchi affari dell’ Aversana Petroli, colosso industriale di stoccaggio e distribuzione di carburante della quale risultano titolari i fratelli di Nicola Cosentino ma che, secondo l’accusa, quest’ultimo di fatto co-gestiva, seppur in maniera occulta. Nicola Cosentino, classe 1959, ex deputato del Popolo delle libertà, è stato arrestato ad aprile con l’accusa di aver favorito il clan dei Casalesi Ansa I MAGISTRATI ritengono che l’onorevole Stasi, favorendo con tale comportamento la mafia (di qui l’aggravante prevista dall’art.7), abbia compiuto “atti contrari ai doveri d’ufficio” e abbia “asservito l’esercizio della sua funzione agli interessi economici e politici di Nicola Cosentino e della sua famiglia ricevendo da Cosentino, quale ricompensa per i suoi servigi, l’utilità di notevole valore consistente nella candidatura nella lista del Pdl per l’elezione del 2008 alla Camera dei Deputati – Collegio Campania”. Elezione avvenuta, fanno notare i pm, “col sistema della lista boccata”: cioè in una posizione che “garantiva alla Stasi la successiva elezione e quindi, una volta eletta, le relative indennità”. L’inchiesta, giunta ora alle battute finali, era già sfociata a gennaio scorso in una serie di ordinanze di custodia cautelare, tant’è che lo stesso Nicola Cosentino e il fratello maggiore Giovanni sono ancora detenuti. La Stasi era già finita nel registro degli indagati a piede libero per la sola accusa di abuso d’uf- ficio insieme ad altri pubblici ufficiali comunali e regionali. Le si contestava finora soltanto un episodio avvenuto a marzo del 2000: la Stasi avrebbe intimato il sindaco di Villa Libriano di rimuovere un tecnico comunale colpevole di aver resistito alle incessanti pressioni esercitate su di lui dai Cosentino. LA NUOVA ACCUSA fa rifermento invece a una vicenda iniziata a novembre del 2006, quando il comune di Casal di Principe aveva richiesto al prefetto la prevista comunicazione antimafia dovendo stipulare un contratto per la fornitura di gasolio da riscaldamento per i palazzi comunali con la Avesana Petroli. Maria Elena Stasi, secondo la ricostruzione della procura, fingendo di ignorare che il precedente prefetto di Caserta aveva già negato il certificato antimafia a quell’impresa e pure che i Cosentino avevano perso il relativo ricorso al Tar, aveva dapprima chiesto un parere alle forze dell’ordine preposte e quindi, una volta ricevuta risposta negativa, aveva, “del tutto arbitrariamente” interpellato nel merito, a febbraio del 2007, il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica (organo non competente in materia), ottenendo dallo stesso, senza informare i suoi componenti dei precedenti pareri negativi e anche dell’esito del ricorso al Tar, una deliberazione favorevole all’Avesana Petroli. “In tal modo la Stasi – scrive la Procura – garantiva alla società dei Cosentino, per i successivi quattro anni, di contrattare con la Pubblica Amministrazione e di godere dei finanziamenti pubblici”. Il tutto “dietro la promessa della citata candidatura fattale da Cosentino”. Promessa mantenuta, a quanto pare, visto che Maria Elena Stasi alle politiche del 2008 fu eletta alla Camera. ALL’ITALIANA il Fatto Quotidiano Cunaallnotte center, bianca per non sparire OLTRE 5000 A RISCHIO. Potrebbe essere la vertenza settoriale più drammatica. La conta dei call center chiusi o a rischio chiusura si ingrossa ogni giorno di più. Dopo il caso dell’Accenture di Palermo, ad esempio, il capoluogo siciliano è minacciato dal rischio di 3000 esuberi provenienti da Almaviva, il colosso del settore. Stasera, i sindacati di categoria, Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, dopo lo sciopero unitario organizzano una “Notte bianca”. In questa occasione il corteo sarà serale e partirà da piazza della Repubblica intorno alle 17 e arriverà in piazza del Popolo. Dalle 19.00, poi, sul palco allestito nella storica piazza romana, si alterneranno interventi di lavoratori, personalità, la stessa Susanna Camusso e numerosi musicisti provenienti da tutta Italia. Tra gli ospiti della serata cantautori, attori, band e gruppi jazz e folk. “Quanto sta ac- Guerra legale delle famiglie per il vaccino all’acciaio RITIRATI PER PRECAUZIONE I LOTTI DI FIALE ANTI-MENINGITE CON IMPURITÀ di Chiara I Daina mi sono rivolto a un avvocato”. Il signor Airaldi ha fondato anche un gruppo sul social network “Scandalo vaccino meningicocco C”, conta 153 iscritti, tutti coinvolti direttamente. “Serve per tenerci aggiornati, visto che gli organi competenti fanno finta che non sia successo niente. Neanche la asl mi ha avvertito, sono indignato”. L’iniezione del vaccino a suo figlio ha provocato febbre alta, vomito e diarrea. “Il pediatra mi tranquillizzò, sono effetti collaterali comuni, mi disse”. Anche Fabiola Ermo, di Roma ha saputo del ritiro dei lotti tramite il social network. “Faccio parte di un gruppo di mamme, e una di loro ci ha dato l’allarme. Ora vogliamo la verità”. l ritiro del vaccino Meningitec dal mercato ha trascinato centinaia di famiglie nel panico. A disporlo sono stati due provvedimenti emessi dall’Agenzia del farmaco italiana (Aifa) il 26 settembre e il 6 ottobre. Sotto accusa undici lotti del farmaco prodotto dalla casa farmaceutica olandese Nuron Biotech, che sono entrati in commercio in Italia a partire da maggio 2013. ALL’INTERNO DELLE FIALE è stata riscontrata “la presenza di corpo estraneo color arancio rossastro identificato come ossido di ferro e acciaio inossidabile”. Così riporta il sito online dell’Aifa in data 13 ottobre dopo aver ricevuto la segnalazione dalla stessa ditta produttrice. Segue un’altra comunicazione tre giorni più tardi che assicura l’inesistenza di potenziali effetti che sarebbero potuti derivare dall’impiego di queste siringhe. L’ultima parola spetta però alla Commissione tecnica scientifica dell’Aifa che il 27 del mese scorso dichiara che “non vi sono indicazioni, ad oggi, che le impurezze (particelle di ossido di ferro), qualora presenti, possano impattare l’efficacia del vaccino”. Il ritiro, come sempre accade in casi sospetti, è stato cautelativo. Le anomalie, precisa l’Aifa, non riguardano tutte le confezioni dei lotti individua- La meningite colpisce spesso i bambini, che quindi vengono vaccinati Ansa IL PROVVEDIMENTO Tracce di metalli nel farmaco della Neuron Biotech somministrato ai bambini: l’Aifa interviene, i medici dicono che non ci sono stati danni, ma alcuni genitori fanno causa ti. Ma il timore che qualcosa non sia andato per il verso giusto rimane. Tanto che una sessantina di famiglie, appresa la notizia, hanno deciso di fare causa. Si tratta soprattutto di residenti del Lazio, Veneto e Calabria. “L’ho scoperto grazie a Facebook – spiega Sandro Airaldi, di Castrolibero, in provincia di Cosenza, che ha vaccinato suo figlio nel luglio 2013 – un genitore di un paese vicino al mio, Corigliano, ha postato un avviso. Così mi sono subito informato. Ho chiamato la Asl, ho chiesto il certificato con il numero di serie del vaccino somministrato al mio bambino e poi VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 11 cadendo - ricordano i sindacati - era stato previsto e preannunciato”. Le organizzazioni hanno evidenziano da tempo la mancata trasposizione della direttiva Ue sulle tutele in caso di cambio di appalti e l’uso estensivo degli incentivi previsti dalla legge 407/90, per le regioni del sud. POVERTÀ Tagli al fondo per il cibo, non alla Sla allarme è di onlus e associazioni: “Nella legge di L’ Stabilità il governo dimentica i poveri”. L'ultimo allarme è stato lanciato dal Banco alimentare su Avvenire: dalla legge è sparito il Fondo nazionale per gli indigenti. Cioè la parte che l’Italia stanzia a supporto dei programmi europei. A lungo il Fondo è rimasto fermo nei conti del Ministero dell'Agricoltura. Poi lo sblocco: 9,5 milioni, più altri 12,5. Ora i dieci milioni del Fondo non compaiono più per i prossimi tre anni. In pratica, denunciano le associazioni, l'Italia si affiderà completamente alle risorse di Bruxelles, tagliate però di 30 milioni l'anno a Paese e saranno estese dall’emergenza alimentare a tutte le politiche sociali: gli stessi soldi per più fronti. Il ministero ha promesso altri 36,7 milioni. Ma è solo di un'anticipazione della “quota di fondi Ue 2014 per l'Italia”. Soldi di Bruxelles. “Per l'emergenza alimentare non avremo fondi nazionali - spiega al Fatto Marco Lucchini direttore del Banco - Abbiamo appreso da un’intervista del viceministro Olivero che hanno commesso un errore”. Ieri, la social card è stata estesa anche ai cittadini extracomunitari. Ancora ferma, invece, la fase due del Sostegno all’inclusione attiva ideato dall’ex ministro Enrico Giovanni: avrebbe potuto coprire circa il 75% dei poveri assoluti con 7,5 miliardi. Stessa cifra del Bonus Irpef. La commissione Bilancio della Camera ha approvato un emendamento alla legge di Stabilità che porta da 250 milioni a 400 milioni. Ma soltanto per il 2015, dal 2016 la cifra è di nuovo 250. Cdf LE FAMIGLIE COINVOLTE si sono affidate all’avvocato Roberto Mastalia, che sta predisponendo una denuncia contro l’Aifa, il ministero della Salute e la casa farmaceutica olandese. “Le valutazioni dell’Aifa non tengono conto dei danni che potrebbero manifestarsi in futuro. Al momento la medicina non li esclude ancora” annota il legale. “Non si può accettare – aggiunge - che a dare per prima l’avviso sia stata l’azienda che produce il Meningitec e non gli organi di vigilanza statali. E poi, chi ci dice che la Nuron Biotech non abbia aspettato di smaltire i lotti pri- ma di denunciare la contaminazione?”. Un altro dettaglio che potrebbe inquietare le famiglie si trova nel comunicato diffuso sul portale online dell’azienda: “Ossido di ferro e acciaio ossidato – si legge – potrebbero produrre reazioni locali e sistemiche simili a quelli prodotti dal principio attivo di Meningitec”. Conclusione: è difficile stabilire se gli effetti avversi sono quelli causati normalmente dal vaccino o da quello contaminato. Il compito di controllare i vaccini prima che entrino sul mercato spetta all’Istituto superiore di sanità che finora non ha riscontrato stranezze e fa rientrare l’allarme. NON SI PREOCCUPA neppure Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri”. Il suo commento: “Il ritiro di lotti di farmaci è abbastanza frequente. Capita che ci siano delle impurità. Ma fino adesso non si sono mai rivelate nocive per la salute dell’uomo. Gli studi sulle conseguenze a distanza però sono tuttora in corso”. Il mistero dello spot sulla gelateria a 4.900 euro L’INVITO AD APRIRE UN PUNTO VENDITA IN FRANCHISING È SU TUTTI I GIORNALI. DIETRO C’È UNA PICCOLA SOCIETÀ DI UDINE E UN SISTEMA ORIGINALE di Carlo Di Foggia ure tu? È la quinta persona oggi: è una gelateria mica uno sportello commerciale”. RoP ma, centro storico, sotto le impalcature l'insegna recita “gelateria Crema & Cioccolato”: “Ma da stamattina mi chiedono solo come ho fatto ad aprire, sembrano impazziti”, spiega il gestore. IL VIA VAI È INIZIATO presto, poco dopo l'apertura dei giornali. Pagine pubblicitarie simili ad articoli di economia, da mesi comparse quasi ovunque sulla stampa nazionale. Una campagna battente che ha intasato i centralini di richieste: “Se vuoi la tua gelateria ti bastano 4.900 euro”, l’ultimo annuncio. Incredibile, ma possibile in tempi di crisi, visto che il marchio rivendica di aver finora permesso “l’apertura di 340 gelaterie”, con un “fatturato del gruppo di 35 milioni di euro” e un investimento di “20 milioni” in 13 anni. Quest'azienda nata nel 2001 a Cervignano del Friuli sembra incarnare l'idea di imprendito- rialità che Matteo Renzi evoca nei suoi discorsi, grazie a una interpretazione originale del concetto di franchising: il titolare mette il locale, l'azienda il marchio. Per sfruttarlo si paga solo l'iscrizione: niente diritti sui guadagni. L’azienda ti fornisce “le attrezzature e l'arredo”, recita l’annuncio. “Sono il bancone e il pannello con le scritte, e per 5 anni ti devi fornire obbligatoriamente da loro, compresa una lista di prima fornitura con specificato quali prodotti e in quale quantità ordinare”, spiega uno dei tanti titolari che hanno aperto a Ro- SLURP La pubblicità della gelateria in franchising che si vede ovunque sui giornali CREMA E CIOCCOLATO Chi decide di aprire deve affittare un locale e riceve il bancone e i pannelli, per cinque anni c’è il vincolo a usare i fornitori indicati, cioè Unilever (Algida) ma: “Ma dopo rimane tutto in mano a te, gratis. E puoi scegliere se riforniti ancora da loro”. Loro chi? “I sub-fornitori di Crema e Cioccolato”. DIETRO LE SIGLE Crema & Cioccolato, spuntate in tutte le città c'è soltanto una piccola srl, la Bmv: otto dipendenti, più una sede operativa a Torviscosa, a una manciata di chilometri. “In totale siamo una trentina di addetti”, spiegano dall'azienda. Nessuna produzione: il fornitore è unico, e consegna un gelato già pronto, artigianale, realizzato in grandi quantità ma sotto parametri precisi. “Deve essere di origine naturale con una percentuale di aria piuttosto contenuta” ha spiegato l'ad Lorenzo Mazzilli, l'imprenditore friulano cofondatore e socio paritetico insieme ad Alex Bertogna. I contratti con la multinazionale Unilever, che in Italia controlla Algida, assicura ricarichi elevati ai gestori. Questo spiega il successo, nonostante le ridotte dimensioni della catena friulana. Le cifre sbandierate si riferiscono sempre al giro d’affari dei negozi, che però sono dei gestori: dei “32 milioni di fatturato, 800 addetti e l'incremento del 500 per cento” nelle paginate pubblicitarie solo le spese i margini sui prodotti e le spese di spedizione arrivano a Udine. Nel 2013 i ricavi della Bmv hanno toccato quota due milioni di euro, erano 1,1 del 2012 (927 mila l'anno prima). Con la quota salari ridotta al minimo, un terzo del fatturato finisce in “costi dei servizi”, cioè trasporto e pubblicità. Quest'ultima voce è cresciuta in maniera esponenziale, passando - stando a quanto dichiarato dall'azienda – dal 4 a circa il 20 per cento del fatturato totale. Nonostante questo gli utili, dopo una flessione nel 2012, hanno ripreso a crescere: 375 mila euro nel 2012. Soldi mai distribuiti ai soci ma messi a riserva, in modo da garantire sui debiti (circa 900 mila euro) e, soprattutto, alimentare una campagna pubblicitaria vorticosa: periodici, quotidiani, riviste di settore ospitano puntualmente articolesse o inserzioni con volti sorridenti ed esperienze di successo del neo-gestore di turno. “Sui settimanali ci siamo sempre. Generalmente il costo che chiediamo è di 12.900 euro, abbiamo deciso per un mese di portarlo a meno di cinquemila”, spiegano dall'azienda. L’EFFETTO È STATO IMMEDIATO: “Osservano da fuori, poi trovano il coraggio ed entrano per chiedere come funziona”, spiega un gestore. Lo slogan “senza alcuna esperienza potrai diventare anche tu un imprenditore del settore” in tempi di crisi è un'attrazione fatale: “Sognano tutti di diventare i nuovi Grom (la catena di gelaterie famosa in tutto il mondo, ndr). Le spese per gli impianti e l’apertura, però, sono a carico tuo e non è facile reinventarsi ristoratore. Ma fa sognare in grande anche l'impiegato, ce n'è bisogno di questi tempi”. 12 ALTRI MONDI VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 Pianeta terra il Fatto Quotidiano GIORDANIA LA REGINA: L’ISIS NON È ISLAM Tutto il mondo arabo, e in particolare gli operatori dell’informazione, deve combattere contro la propaganda dell’Isis, che offre un’immagine “ripugnante” del Medio Oriente e dell’Islam. È l’appello della regina Rania, che spiega che si deve puntare sull’educazione contro il fanatismo. Ansa IRAN COLLOQUI SUL NUCLEARE AL PUNTO DI ROTTURA “I colloqui sono a un punto estremamente teso”, ha detto il vice ministro degli Esteri russo Ryabkov, a capo della delegazione di Mosca che partecipa ai negoziati sul programma nucleare iraniano tra il gruppo 5+1 e Teheran, in corso a Vienna e che scadono lunedì. Ansa OBAMA DA NOBEL: IN 5 MILIONI DA INVISIBILI AD AMERICANI Il “paradosso dell’abbondanza” DECRETO DEL PRESIDENTE USA PER REGOLARIZZARE I CLANDESTINI, IN GRAN PARTE LATINO-AMERICANI. IN TUTTO GLI IRREGOLARI SONO OLTRE 11 MILIONI di Angela Vitaliano L New York o aveva detto all'indomani delle elezioni di medio termine del 5 novembre, che avevano regalato la maggioranza al senato ai repubblicani, che avrebbe smesso di essere “Mr nice guy”, il presidente “gentile” alla continua ricerca di accordi bipartisan. Barack Obama, prima della scadenza di gennaio, in cui il Congresso diventerà dominio esclusivo del Gop, deve agire e farlo in fretta per sbloccare almeno alcune delle questioni che gli stanno più a cuore. Come l'immigrazione, con quel progetto di riforma che da troppi mesi, anzi anni ormai, giace al Congresso senza, ormai, nessuna speranza che su di esso si raggiunga un accordo. IL PAPA: “CIBO PER TUTTI MA A MOLTI MANCA” Alla Fao, agenzia Onu sull’alimentazione, Papa Francesco ha detto: “È doloroso constatare che la lotta contro la fame e la denutrizione viene ostacolata dalla priorità del mercato e dalla preminenza del guadagno, che hanno ridotto il cibo a una merce qualsiasi, soggetta a speculazione, anche finanziaria” Ansa Migranti honduregni e salvadoregni fermati al confine Messico-Stati Uniti LaPresse 3,8 mln CON DIRITTO AL LAVORO PER QUESTO, ieri sera, in un attesissimo messaggio alla nazione, andato in onda su tutti i principali network, nella fascia di prima serata, il presidente ha annunciato che, utilizzando il suo potere esecutivo, come la costituzione gli garantisce di fare, agirà da solo autorizzando personalmente delle modifiche che consentiranno a circa cinque milioni di immigrati senza documenti di restare negli Stati Uniti e regolamentare la propria posizione. La metà circa rispetto a quei quasi undici milioni di illegali ai quali, la sua riforma, avrebbe consentito finalmente una vita dignitosa e alla luce del sole; una metà che, però, in un paese sempre più in preda alla solita vena anti-migratoria dei conservatori, ha il sapore di una grande vittoria. I primi che potranno tirare un sospiro di sollievo sono i clandestini i cui figli sono nati in America o hanno una green card per altri motivi; sicuramente potranno aspirare alla cittadinanza tutti i “dreamers”, vale a dire i giovani arrivati qui clandestinamente da piccoli e che, però, hanno sempre studiato arrivando addirittura al college. INUTILE DIRE che a beneficiare dei cambiamenti introdotti dal presidente saranno coloro che, negli anni, non hanno mai infranto la legge e contribuito con il proprio lavoro al benessere delle proprie comunità. Dovrebbero essere esclusi, sfortunatamente, da questa prima grande sanatoria, i clandestini che non hanno legami con minori in possesso di carta verde o dei requisiti per averla. E se Bill Clinton - da ex presidente e marito del prossimo probabile candidato democratico alla Casa Bianca nel 2016, Hillary - ha salutato positivamente la decisione di Barack Obama come un suo diritto indiscutibile, i repubblicani hanno dichiarato guerra (di nuovo) a colui che hanno definito “l'Imperatore degli Stati Uniti”. Un “imperatore” che, giusto in tempo per il Ringraziamento, cambierà, finalmente, la vita a cinque milioni di esseri umani. LIBIA, GUERRA E MIGRANTI Il business di Zuwara capitale dei barconi di Nancy Porsia Zuwara (libia) l telefono squilla e qualcuno informa un I uomo di una città libica sulla costa libica che due barconi sono al largo della piatta- forma petrolifera Al Bouri, a circa 70 miglia dalla costa. È l'una di domenica. L'uomo di Zuwara, noto per i suoi traffici illeciti si lancia a recuperare i due vecchi pescherecci. Ma qualcuno lo ha battuto sul tempo: “I due barconi non sono più lì, sono spariti”, racconta al Fatto. Poi spiega “Siamo come pirati: chi primo arriva, prende il bottino!”. Ad agosto, il ministro degli Interni Alfano aveva dichiarato che gli uomini di Mare Nostrum avrebbero distrutto le carrette del mare immediatamente dopo il recupero dei migranti a bordo, per combattere il traffico dei migranti attraverso il Mediterraneo. Chissà se questo impegno vale ancora oggi, considerando che da inizio novembre gli uomini di Mare Nostrum operano in misura ridotta a fronte del passaggio di consegne all'agenzia europea Frontex, impegnata nella missione Triton. Tuttavia la pre- senza di due pescherecci farebbe presumere che gli italiani siano tornati a prestare soccorso ai migranti sulle carrette del mare verso l'Europa, a ridosso della costa libica. Qualche ora dopo, sulla sponda Nord del Mediterraneo, arriverà la conferma: domenica sera, le agenzie di stampa italiane battono la notizia dell'arrivo di 864 migranti a bordo della nave della Marina Militare italiana San Giorgio. “ANCHE QUANDO MARE NOSTRUM lavo- rava a pieno regime, in settembre e ottobre, molti barconi sono stati rinvenuti abbandonati al largo della costa libica”, rivela al Fatto un uomo dell'Unità anti-crimine di Zuwara. “Noi vorremmo porre fine a questo stillicidio, ma da soli non ce la facciamo”. La guerra civile in cui è sprofondata la Libia per i migranti rappresenta una grande opportunità. Mentre nella regione orientale della Cirenaica la guerra tra i gruppi armati del generale Haftar e le milizie fondamentaliste ha messo in fuga i migranti e il valico egiziano oggi risulta quasi in disuso, a Sud e a Ovest, il traffico dei migranti prospera. No- Migranti sub-sahariani in Libia Ansa nostante gli scontri armati tra Tabu e Tuareg nel Sud, i migranti dell'Africa Sub-sahariana continuano ad arrivare sulla costa. Sul versante Ovest, i combattimenti sulla montagna Nafusa non scoraggiano i siriani in ingresso. Dopo che Algeri ha innalzato una barriera protettiva nel deserto per prevenire la potenziale infiltrazione terroristica dalla Libia, i siriani hanno trovato un altro “corridoio di scorrimento”, attraverso il valico di Al Assa, non lontano dal posto di frontiera di Ras Jadir tra Tunisia e Libia. Il trafficante che si è visto soffiare il bottino, rimugina: “Ognuno di quei pescherecci vale tanti soldi: circa 100 mila dollari al mercato nero, o 50 mila dollari al porto”. L’ALLARME Altro che Ebola: due miliardi e mezzo senza igiene L’ONU: SERVONO INFRASTRUTTURE, ALTRIMENTI LE EPIDEMIE DEL TERZO MONDO DIVENTANO GLOBALI di Roberta Zunini urante la celebrazione della prima giornata mondiale della D toilette è emerso un dato impressionante che dovrebbe far riflettere tutti. Con l'aumento esponenziale della popolazione, soprattutto in Asia e Africa, oggi 2 miliardi e mezzo di persone non hanno accesso ai servizi igienici ma né la classe politica né l'opinione pubblica sembrano interessate al problema perché si tratta ancora di un argomento tabù e perché riguarda solo Africa e Asia. Si dà però il caso che siano i continenti più popolosi e che la mancanza di bagni appropriati, cioè dotati di fogne e acqua corrente, acuiscano e favoriscano il diffondersi di malattie mortali, non ultima l'Ebola, che vive nei liquidi corporei. In Liberia, il Paese più colpito, la maggior parte della popolazione non ha servizi igienici mentre in Sierra Leone solo il 28%. Anche in India la situazione è gravissima: 600 milioni (su un miliardo e 200 mila) di persone devono arrangiarsi all'aperto. Le donne peraltro ne sono doppiamente vittime: molte ragazze sono state stuprate mentre cercavano un luogo appartato e buio per avere un minimo di privacy. Designando il 19 novembre la giornata della toilette, l'Onu ha chiesto di diffondere lo slogan “igiene per tutti”, adottato nel 2013 dall’Assemblea generale. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’assenza di servizi igienici nelle abitazioni ha un impatto rilevante sulla salvaguardia della salute non solo di chi vi abita. La velocità con cui ci si sposta da un Continente all'altro, fa sì che chiunque possa subire le conseguenze di un problema che si genera a migliaia di chilometri di distanza. L'EPIDEMIA DI COLERA ad Haiti subito dopo l'ultimo catastro- fico terremoto fu causata da una serie di concause tra cui l'uso da parte dei caschi blu nepalesi di servizi privi di rete fognaria che scaricavano direttamente nel fiume. Dalle analisi era emerso che quel ceppo di colera non era mai stato presente sull'isola mentre lo era in Nepal. Fleur Anderson di Water Aid ha sottolineato: “La crisi di Ebola, in questo momento, ha reso più visibile l’assenza di servizi, la cui costruzione è una questione trascurata, quando invece dovrebbe essere una priorità”. Paesi come la Corea del Sud e Singapore che vi hanno investito 30 anni fa sono la prova che si tratta di una questione di volontà politica, non solo di denaro. Se le autorità locali non sono in grado di superare questa grave lacuna per ignoranza, corruzione e mancanza di lungimiranza, sarebbe dunque utile che le agenzie Onu provvedessero, destinando parte del budget a questo scopo. Ma l'Onu siamo noi, i paesi che lo formano. Avari o in crisi economica. il Fatto Quotidiano ALTRI MONDI INDIA STRANGOLATA PER NOZZE LIBERE Bhavna, studentessa hindu di 22 anni, aveva osato ribellarsi ai genitori (membri della nuova middle class) e alla tradizione dei matrimoni combinati sposando di nascosto un uomo che apparteneva alla casta dei i sikh. Il padre, con l’aiuto dei parenti, l’ha strangolata e ne ha nascosto il cadavere. Ansa USA BAMBOLA CON BRUFOLI E CELLULITE Altezza media - equivalente a non più di 160 cm - e sovrappeso come la maggior parte delle adolescenti americane. Capelli neri, pelle bianca ma con possibili tracce d’acne, sedere un pò troppo pieno, accenni di cellulite sulle cosce rotonde, smagliature da crescita: è la nuova anti-Barbie. 13 MITOLOGICA di Cosimo Caridi I VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 Gerusalemme palloni aerostatici sorvolano le colline dalla città santa. Sono gli occhi, molto più tecnologici di quanto si possa pensare, della polizia cittadina sui quartieri arabi. Dopo l'attentato di tre giorni fa alla sinagoga di Har Nof, le forze dell'ordine hanno alzato il livello di allerta e la pressione sulla popolazione araba. Strade chiuse, perquisizioni, demolizioni di case e arresti. Sono riapparsi, dopo anni, i posti di blocco all’ingresso delle periferie arabe della città. La tecnica è chiara: far soffocare i palestinesi, e la loro fragile economia, impedendone i movimenti. Questo non è che un assaggio di quel che Israele metterà in campo se continueranno gli attentati. DAL SEQUESTRO, lo scorso 3 luglio, del 13enne Mohammed Abu Khdeir, trovato morto carbonizzato per opera di tre coloni ebrei, il livello dello scontro in città non ha fatto che alzarsi. Solo nelle ultime quattro settimane ci sono state 12 vittime a causa degli attacchi palestinesi. Gli attentatori hanno sempre lo stesso profilo: ventenni o poco più, nati e cresciuti nei sobborghi arabi e senza una forte affiliazione politica. Sono gli esclusi dal benessere cittadino. “Questa è un’Intifada. L’Intifada di Gerusalemme”. Meir Margalit è uno dei politici cittadini più in vista della sinistra sionista. Nato in Argentina è passato attraverso la prima (a cavallo tra gli anni ’80 e ’90) e la seconda (dal 2000 al 2005) sollevazione popolare palestinese. “Siamo davanti al fallimento dell’unificazione di Gerusalemme. Questa è una ‘non-città’. Non c’è un denominatore comune della popolazione. Non solo tra israeliani e pale- Il tramonto di donna d’Alba: il sangue più blu della storia LA DUCHESSA SPAGNOLA, STRAVOLTA DAL LIFTING, MORTA A 88 ANNI (E CON UN MILIARDO DI EURO) di Caterina Minnucci on era tenuta, per il proN tocollo, ad inginocchiarsi davanti alla regina Soldatessa di guardia sulle colline sopra la Città Vecchia LaPresse Tra coloni e Intifada assedio generale a Gerusalemme d’Inghilterra Cayetana Fitz-James, meglio conosciuta come la mitologica “duchessa d’Alba”. Si è spenta ieri a 88 anni, ha trascorso le sue ultime ore nel Palazzo de Las Dueñas di Siviglia assieme al marito e ai sei figli. Colpita da una polmonite era stata ricoverata d’urgenza a Siviglia, martedì scorso ha ordinato ai medici di essere riportata nella sua casa. “Il sangue più blu di tutti i tempi”, per il Guinness World Records aveva LA CITTÀ TORNA AI TEMPI DELLE GUERRE ARABO-ISRAELIANE, TRINCEA E CONFINE TRA DUE POPOLAZIONI, E DUE RELIGIONI stinesi, ma anche tra quella laici e religiosi”. Qui vivono oltre 800mila persone, 300mila sono palestinesi, di cui 20mila cristiani. “Il 38% dei gerosolimitani non sono ebrei – continua Margalit - ma a essi sono destinate solo l’11% delle risorse. È una discriminazione ed è sistematica. Il comune vuole che rimangano poveri e marginalizzati, quindi poco integrati e ancor meno istruiti. Le giuste condizioni per tenerli sotto controllo”. Ogni anno decine di case, di pa- lestinesi residenti a Gerusalemme, vengono distrutte dall’esercito e gli abitanti cacciati. In alcuni casi si tratta di azioni contro le famiglie di chi ha compiuto atti terroristici. MENTRE GLI ARABI vengono mandati via arrivano i coloni israeliani. Sono oltre 200mila gli ebrei che vivono negli insediamenti a Gerusalemme est, in quella che, secondo la comunità internazionale, dovrebbe essere la capitale dello Stato palestinese. “Penso che sia mio di- ritto vivere ovunque a Gerusalemme e questo non ha alcun legame con gli attacchi jihadisti degli arabi contro noi ebrei” Yashai Fleisher, voce nota di una delle radio più seguite del paese ‘Voice of Israel’ vive sul Monte degli Ulivi, nella zona orientale di Gerusalemme. “Questi attentati hanno una matrice religiosa – continua Fleisher – fanno parte di un piano contro Israele. Sono rivolti contro di noi che viviamo a Gerusalemme perché siamo gli obbiettivi più facili a colpire”. La duchessa d’Alba ritratta da Goya e l’attuale nel 2012 Ansa FANTA-MONARCHIA Il discorso (esagerato) del re Carlo III di Caterina Soffici Londra n dossier di tre pagine e l’apertura del giornale: U come sarà re Carlo III? Un re troppo chiacchierone. Niente di strano se a farlo fosse un tabloid, il Daily Mail o simili i giornali innamorati della monarchia inglese, che non si lasciano scappare un gossip, una foto di principi o principini e scrivono lenzuolate sul nuovo taglio di capelli di Kate Middleton. Ma invece siamo sul Guardian, il quotidiano vicino ai laburisti, amico di Assange, fiore all’occhiello dell’informazione progressista mondiale, profondamente antimonarchico e repubblicano (nel senso che sogna una Repubblica di Gran Bretagna). E allora perché parlano del ruolo del principe quando sarà re? Tranquilli, la regina Elisabetta è ancora viva e vegeta. Ma re Carlo III è il nome che assumerà l’erede al trono, il povero principe di Galles, l’eterno primo in linea di successione, che da 45 lunghissimi anni teme e aspetta la morte della madre per dare finalmente un senso alla propria esistenza. E che ogni due per tre si sente minacciato dal figlio Wil- principe non si limitino a insalatine e diserbanti. Il principe ama dire la sua su molte cose e le sue uscite hanno suscitato spesso controversie, soprattutto quando prende carta e penna e scrive direttamente ad esponenti politici. Per 9 lunghi anni il Guardian ha provato a PERCHÉ UNA FONTE che conosce molto bene il prin- mettere le mani sulle 27 lettere che il principe ha scritto cipe Carlo, parlando con il giornale, racconta che Carlo a vari ministri. Ma le richieste, fatte in nome del Freenon perderà occasione per dire la sua. Quindi dalla dom of Information Act (la sacrosanta istituzione britan“taciturna discrezione” della regina Elisabetta, si pas- nica per cui un ente pubblico è tenuto a rispondere alle serà ai “toccanti interventi” del figlio, su questioni che domande di giornalisti e cittadini), si sono scontrate gli sono care. Leggi, principalmente, agricoltura (bio- contro il segreto di Stato evocato per proteggere la logica) e inquinamento. Il timore è che gli interessi del “neutralità della figura del principe Carlo”. Quindi non è dato sapere il contenuto delle missive. Un re chiacchierone, però, provocheREGINA INFINITA rà polemiche (qualsiasi sia la posizione che prende o l’argoProvocatoria inchiesta mento che tocca) e minerà l’istituzione stessa della monardel Guardian su quanto chia. In 61 anni di regno la resarebbe “ficcanaso” gina Elisabetta non ha mai espresso un’opinione. E quanil figlio se Elisabetta do è trapelato qualcosa (tipo quando ha detto agli scozzesi “ dovesse abdicare pensateci bene”) si è scatenato il putiferio. Se una regina muta va bene a tutti (anche al Guardian), SUL TRONO DA 63 ANNI un re chiacchierone farà storElisabetta II col principe di Galles cere il naso anche ai monarchi(fresco 66enne) e William LaPresse ci. liam, più popolare di lui tra i sudditi britannici, al punto che per un periodo si è parlato di un salto generazionale. Invece niente, pare proprio che il successore sarà Carlo. Al Guardian sono molto preoccupati. più titoli riconosciuti rispetto a qualsiasi altra nobile del mondo, e con un patrimonio di oltre 600 milioni di dollari era anche una delle donne più ricche di Spagna. Regina della cronaca rosa, decine di flirt e tre matrimoni, l’ultimo con un uomo di 24 anni più giovane che aveva sposato tre anni fa strizzata in un romantico abito di pizzo rosa. Il suo primo amore era stato un torero, nel '75, sempre controcorrente, aveva sposato un ex gesuita. La duchessa che dava del tu alla regina Elisabetta, alla compagnia dei nobili preferiva quella degli zingari e dei ballerini, che la onoravano durante le processioni della Semana Santa passeggiando sotto il suo palazzo il Cristo de los Gitanos. Donna d’Alba stravagante e sfrenata danzatrice di flamenco, ribelle di natura, per spostarsi da Madrid a Siviglia non usava auto di lusso con autista, ma la Tav statale. Vanity Fair nel 2009 la inserisce nella classifica delle donne più eleganti. Ma lei, a conferma che si può essere eleganti anche senza abiti griffati, vestiva ai popolari grandi magazzini “Galerias Preciados”. La scorsa estate, nonostante l'ictus che l'aveva colpita non rinunciò alle vacanze ad Ibiza, dove si presentò in spiaggia con infermiera a seguito, sfoggiando un sexy bikini nero e azzardando anche il topless. I suoi abiti sono diventati oggetti di studio per la maggior parte delle donne spagnole, vera e propria icona per il mondo omosessuale aveva festeggiato il Capodanno nel circolo gay più famoso di Madrid. Proprietaria di una della collezioni d’arte private più importanti del mondo si era permessa il lusso di rifiutare un ritratto da Picasso in persona. Lei, la donna più amata di Spagna, non si era mai rassegnata ai segni del tempo che avevano sciupato la sua bellezza giovanile e per questo era divenuta il simbolo dell'accanimento chirurgico: il bisturi che avrebbe dovuto cristallizzare e levigare i suoi tratti l'aveva trasformata quasi in un mostro. 14 il Fatto Quotidiano VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 FERMO DALLA GARA CON L’EMPOLI CASTAN SI OPERA AL CERVELLO Il difensore della Roma Leandro Castan dovrà sottoporsi a un intervento al cervello per un cavernoma. Lo ha comunicato il club giallorosso in una nota sul proprio sito LA LENTA FINE DI CINECITTÀ: DOPO TECHNICOLOR CHIUDE LA DELUXE SEMPITERNI PINK FLOYD: PRIMI IN CLASSIFICA ANCHE IN ITALIA Brutte notizie per Cinecittà: la Deluxe va in liquidazione mettendo a rischio disoccupazione 54 lavoratori. Lo hanno comunicato Cgil, Cisl, Uil e Ugl SECONDO “The Endless River” dei Pink Floyd, già primo in altri Paesi, raggiunge la vetta anche della classifica Fimi-Gfk degli album più venduti in Italia. Scende al secondo posto Vasco Rossi TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE L’ultima corsa del Laureato È MORTO MIKE NICHOLS, IL REGISTA DA OSCAR CHE HA CAMBIATO IL CINEMA AMERICANO (E SCOPERTO DUSTIN HOFFMAN) E di Anna Maria Pasetti laaaaine! Elaaaine!”. L’urlo forsennato arrivava da dietro la vetrata della chiesa, e a emetterlo un giovane mingherlino, piuttosto bruttino ma caricato di una forza senza precedenti. Voleva la sposa che, da parte sua e dal basso dell’altare, alzava lo sguardo. “Andiamo via!”. “Ma è troppo tardi” replicava disperata la madre di lei, la leggendaria Mrs. Robinson. “Per me, no” decideva la figlia, appunto Elaine. E fu così che inquadrati sul retro del pulmino giallo, Ben & Elaine andavano incontro al loro destino, verso un’America che stava violentemente mutando pelle accompagnata dalle dolci sonorità di Simon & Garfunkel. Era il 1967, così si chiudeva Il Laureato e si apriva un nuovo capitolo nella storia del cinema americano e non solo. Mentre nel firmamento dello star system veniva lanciato, a bordo della sua Alfa Romeo Spider “Duetto”, l’antidivo Dustin Hoffman. A DIRIGERE il miglior settimo film tra i 100 best American movies di sem- pre, era un 36enne regista tedesco ebreo di origini russe migrante a New York, Mike Nichols, che due Mike Nichols, giorni fa si è spento. “Inaspettatapseudonimo mente”, è stato l’annuncio di ieri deldi Michael Igor Peschkowsky, è la quarta moglie, Danielle Soawyer, tramite l’emittente ABC. Aveva 83 morto due giorni anni ed è impensabile immaginare fa a New York. che non ci sia più. Perché il nostro Aveva 83 anni debito nei suoi confronti è inestimae quattro mogli. bile: Nichols ci ha lasciato un paIn basso, trimonio cinematografico di valore la locandina de “Il straordinario, a partire (ma non solaureato” LaPresse lo) da quel The Graduate (appunto, Il Laureato) che era la sua opera se13 NOMINATION conda e per il quale si meritò subito l’Oscar Tedesco ebreo di origini come Miglior Regista. Il cinema era l’emanarusse emigrato a NY, zione stessa della sua ha diretto tra gli altri esistenza, una rincorsa alla sopravvivenza da Elizabeth Taylor, Melanie quando, 12enne, era rimasto orfano di padre: Griffith, Harrison Ford era il 1943 ma già dal e Robin Williams 1939 si era trasferito con la famiglia dalla natìa Berlino a Chicago fuggendo dalle leggi razziali. Di vero nome faceva Michael Igor Peschkowsky, suo padre era un intellettuale, amico di Nabokov e Pasternak: l’eredità culturale era imponente. Ma i primi impieghi furono umili, almeno fino al trasferimento a New York con l’accesso all’Actor’s Studio. Dopo importanti esperienze a Broadway, in cui si cimentò nelle sue prime commedie dense di pungente ironia a colpire i vizi della società di allora, scelse il cinema e a 35 anni realizzò il suo esordio: Chi ha paura di Virginia Woolf? Tredici nomination agli Oscar di cui 5 vinti, e tra questi a Elizabeth Taylor, alla sua seconda statuetta da protagonista. Hollywood comprese immediatamente il talento di Nichols, che l’anno successivo “si consacrava” attraverso ciò che sarebbe diventato il suo capolavoro indiscusso, appunto Il Laureato, tratto dall’omonimo romanzo di Charles Webb. Il film si configurò subito quale paradigma di una rottura assoluta, tanto nella narrazione quanto nel divismo, rispetto ai canoni del classicismo hollywoodiano. E negli anni, The Graduate è divenuto un simbolo epocale a doppia mandata: dall’ester- ROMA CAPITALE? All’Eliseo va in scena solo la chiusura di Tommaso Rodano a Eduardo De Filippo a Luca D Barbareschi. La triste fine del Teatro Eliseo si consuma tra milioni di debiti, querele e appuntamenti in tribunale. Alla fine la serranda è stata abbassata. Il palco romano che ha fatto la storia del teatro nazionale è chiuso da ieri mattina, dopo 114 anni di spettacoli. L'ufficiale giudiziario aveva rimandato lo sfratto, minacciato da quest’estate, già quattro o cinque volte. Il tempo in più non è bastato. Il fallimento dell'Eliseo è una questione di famiglia. Il responsabile della gestione economica e artistica – fino a ieri – era Massimo Monaci. La società proprietaria dell’immobile, invece, ha tre quote, una delle quali appartiene al padre di Massimo, Vincenzo Monaci. Due dei tre soci hanno accettato l’offerta di Luca Barbareschi, attore ed ex deputato finiano, poi rin- negato. Ma non basta: per statuto serve una maggioranza di quattro quinti. In pratica, l’unanimità. Il terzo socio, Vincenzo Monaci, non vuole darla vinta a Barbareschi: il teatro rimane chiuso a tempo indeterminato; 17 lavoratori assunti e altri 63 scritturati restano a casa. L’AFFARE di famiglia va in scena qual- che ora dopo l’apposizione dei sigilli. Massimo Monaci convoca una conferenza stampa. Quando conclude la sua memoria difensiva, entra in sala il padre Vincenzo. Il figlio prova a dissuaderlo (“Papà ti prego, non devi farlo”), ma l’altro si prende le telecamere: “Abbiamo subito una violenza micidiale. I fascisti purtroppo esisto ancora. E nel breve periodo vincono”. Il fascista in questione sarebbe Barbareschi. Nel braccio di ferro con la famiglia Monaci, l’attore è andato giù pesante: “L’attuale gestione – ha scritto su Fa- cebook – ha creato voragini finanziarie stornando risorse pubbliche a beneficio di attività diverse (come una cantina di vini in Toscana). Ha devastato il teatro italiano”. I Monaci hanno risposto querelando. Ieri Massimo se l’è sono presa un po’ con tutta la politica del Lazio, dall'assessore comunale Marinelli fino a Nicola Zingaretti. Eppure l’Eliseo è un teatro privato, che ha goduto per anni di cospicui finanziamenti pubblici. “Avrò pure sbagliato qualcosa, magari due o tre spettacoli – replica l’ex direttore – ma qui la crisi è strutturale. Il pubblico non c’è più: dal 2011 in poi il botteghino è calato di circa il 20, 25 per cento. Gli sponsor privati idem. Lo Stato ha diminuito i fondi da 1.700.000 euro a 1.350.000. Abbiamo provato a governare in perdita, ma non siamo né Berlusconi, né Della Valle. Ora basta”. Tocca a Luca Barbareschi, sempre che i Monaci si facciano da parte. Il teatro che ha ascoltato le parole di Enrico Berlinguer in mano a un ex deputato post-fascista. “Mi spiace sia andata così – sussurra Monaci – ma non possiamo farci niente. Il modo in cui siamo stati estromessi, quello sì, è stato violento e fascista”. Le serrande sono chiuse. Emma Dante, che si stava esibendo all’Eliseo in questi giorni, ha cancellato il suo spettacolo: “È allucinante – ha detto la regista –, chiudono in corsa Roma Europa Fest, una manifestazione di fama internazionale. L’ennesima pessima figura davanti al mondo”. no, di una squallida middle class americana ormai divorata dalla disfunzionalità e dalle trasgressioni originate a metà dei ’50, dall’interno, di un totale sconvolgimento delle regole dei generi. “LO SCARTO prodotto da Il Laureato risiede soprattutto nella maniera di raccontare, nella regia che osa un adattamento drastico e radicale ai tempi e ai canoni estetici che stanno cambiando” osserva Emanuela Martini nel nuovissimo volume New Hollywood (Il Castoro) che da domani al 32° Torino Film Festival accompagnerà la seconda parte dell’imponente retrospettiva Suicide is Painless: Il nuovo cinema americano 1967-1976: e non è un caso che si inizi proprio con il 1967, percepito quale “l’anno de Il Laureato”. Dopo il cult di The Graduate, Mike Nichols ha continuato a spiazzare Hollywood, per lo più divertendola, ma sempre con un’intelligenza di rara qualità. Nella levità di Una donna in carriera (1988) c’è l’amara riflessione sul compromesso virato al femminile (oltre che una suprema Melanie Griffith), nel dramma mnemonico di A proposito di Henry (1991) con Harrison Ford, si insinua quella necessaria tabula rasa esistenziale per poter diventare persone migliori, nella follia di Piume di struzzo (1996) c’è l’omaggio a uno dei capisaldi del teatro/cinema queer (La Cage aux Folles di Jean Poiret e poi Il Vizietto di Edouard Molinaro) ma anche una delle migliori performance del compianto Robin Williams, e infine nel claustrofobico e perverso Closer (2004) c’è il suo ultimo, forse incompreso, capolavoro. Perché “Senza verità siamo animali”, e questo l’immenso Mike Nichols lo sapeva bene. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 15 Capriole Figc: più italiani, ma anche più stranieri LE CONTRADDIZIONI DI TAVECCHIO: ROSE RISTRETTE, GIOVANI DAI VIVAI ASSIEME AL VIA LIBERA AL TERZO EXTRACOMUNITARIO di Luca Pisapia L otito chiede, Tavecchio esegue. Il Consiglio Federale della Figc riunito ieri ha approvato a maggioranza una serie di riforme del regolamento: dalla riduzione delle rose a un massimo di 25 giocatori (di cui 4 provenienti dal vivaio e 4 da un vivaio nazionale) all’introduzione del fair play finanziario, dalla proposta dell’abolizione dell’albo dei procuratori (un unicum italiano) fino alla modifica del numero di extracomunitari tesserabili, che passano da due a tre. E questo è il punto più importante. Il dibattito sul numero di calciatori extracomunitari è esploso all’indomani della disfatta della Nazionale ai Mondiali di Brasile 2014, con buona parte della stampa sportiva che ha iniziato una campagna contro lo straniero quasi come se rubasse il lavoro ai calciatori italiani. E così, anche oggi, all’indomani del pareggio della Nazionale di Conte con l’Albania e dello sfogo del ct azzurro, in molti hanno collegato l’apertura al terzo extracomunitario all’impoverimento del calcio italiano. Così non è, ovviamente. Il sistema calcio è prigioniero della mala gestione dei diritti televisivi, di dirigenti incapaci di stare al passo coi tempi e di sfruttare le nuove vie del marketing e del merchandising. Il vero problema del numero di extracomunitari è invece la compravendita di un numero inusitato di calciatori stranieri da far girare nel calcio minore, per creare plusvalenze e spostare fondi all’estero. BASTI vedere il mercato di al- cune squadre di Serie A, che in una sola estate riescono a comprare e rivendere centinaia di giocatori, di cui al massimo un paio poi entrano in prima squadra. Il terzo extracomunitario, fortemente vo- luto da Lotito, serve quindi ad allargare ancora di più questo tipo di mercato. Se infatti prima era possibile tesserare solo due extracomunitari, o aggiungerne uno già tesserato precedentemente in Italia per ogni posto libero lasciato da uno venduto all’estero, i numeri della Serie A 2014-15 raccontano di 569 tesserati di cui 102 extracomunitari. Uno su cinque, altro che due per squadra. Questo perché il mercato si alimenta di giocatori prelevati nel loro paese di origine che sono tesserati per volere della squadra X da una squadra di un campionato minore, poi sono comprati dalla stessa squadra X dalla squadra minore italiana e rivenduti immediatamente in qualche campionato estero, in modo da liberare alla squadra X il posto per un nuovo acquisto. Con la creazione di quella che Martin Samuel, editorialista del Daily Mail, ha definito “una vera e propria tratta degli schiavi”. A parziale discapito dell’allargamento al terzo extracomunitario, va riconosciuto che sono stati introdotti alcuni paletti. Il terzo uomo, sulla falsariga del siste- FERRARI Ufficiale: Alonso addio Arrivano i sogni di Vettel ilota Ferrari. Una esperienza. Un or- “La Scuderia Ferrari P goglio. Grazie”. L’addio alla Rossa è ha deciso di riporre la confermato da un : Fernando Alonso sua fiducia nel più tweet lascia la scuderia di Maranello dopo cinque anni nei quali ha accumulato 1186 punti, 44 podi e 11 vittorie. Niente titolo iridato, però, sempre inseguito, cercato, sperato, ma mai portato a casa. “Tutta la Scuderia ringrazia Fernando per il suo grande contributo, sia sotto il profilo umano che professionale”, recita il comunicato ufficiale della Ferrari, quasi a voler mettere a tacere mesi di incomprensioni e dissidi che hanno poi portato al divorzio. Il futuro di Alonso? La nuova McLaren-Honda. Quello del Cavallino? Sebastian Vettel. Tutto già scritto, un uno-due arrivato a pochi minuti di distanza. giovane pluricampione della storia della Formula 1” ha spiegato il team principal, Marco Mattiacci. “Sebastian Vettel rappresenta una combinazione unica di gioventù ed esperienza, e porta con sé uno spirito di squadra fondamentale per affrontare insieme a Kimi le sfide che ci attendono per tornare ad essere protagonisti il prima possibile”. Voglia di rivincita per le strade di Maranello, coronata dalle parole usate ieri dallo stesso Vettel: “Il sogno di una vita che si avvera”. PADRONI DEL CALCIO Carlo Tavecchio, presidente della Figc, e il suo grande sponsor Claudio Lotito LaPresse ma inglese, dovrà essere un vero calciatore, con almeno 5 panchine in carriera (o 2 nell’ultima stagione) nella Nazionale di appartenenza. QUEL DOVEROSO attestato di competenza che in una delle sue uscite razziste Tavecchio aveva chiamato pedigree. A questo si aggiunge, per il tesseramento dei minorenni, l’obbligo di essere in Italia con almeno uno dei genitori, e di avere frequentato almeno 4 anni di una scuola italiana. Questo dovrebbe limitare la tratta di ragazzini, organizzata da procuratori senza scrupoli per giunta dietro pagamento da parte della famiglia, prelevati dall’Africa e dal Sudamerica per inseguire un sogno e che poi finiscono a gi- rovagare per l’Europa senza contratto, in condizioni di indigenza. Anche se questi paletti, senza una riforma strutturale dei tesseramenti e del numero di giocatori trasferibili, senza la necessaria e doverosa trasparenza dei bilanci, sembrano quelle leggi fatte apposta per trovare l’inganno. E aumentare ancora di più loschi traffici. Se quando era possibile tesserarne due, la media era di cinque per squadra, adesso che è possibile tesserarne tre prepariamoci, senza i necessari controlli che nessun dirigente del calcio pare in realtà auspicare, a sessioni di calciomercato ancora più assurde. Dove sparisce la differenza semantica tra trattativa (di mercato) e tratta (degli schiavi). Porsche per famiglie, un po’ come la Duna ESISTE UN MODELLO ELETTRICO, LA CUI PUBBLICITÀ PERÒ È POCO CREDIBILE: NON SI È MAI VISTA UN’AUTO DI LUSSO IN UN SALOTTO UMILE di Bruno Tinti l Direttore è una persona I gentile e un po’ grave; molto pacato, non gli ho mai sentito alzare la voce. Ogni tanto è imprevedibile. Come quando mi ha telefonato. “Ma lo sapevi che c’è una Porsche elettrica?” “Beh sì, veramente ce ne sono due, anzi, contando quelle che corrono a Le Mans, tre”. Non si direbbe, ma Antonio Padellaro è appassionato di automobili e, non potendo chiacchierarne con Travaglio (che una volta mi ha detto che la mia era una macchina da tamarro, tanto per spiegare il suo atteggiamento in materia), qualche volta ne chiacchiera con me. “Ma una Porsche elettrica... e poi la pubblicità...”. “Io la pubblicità della Cayenne non l’ho vista, ma guarda che la 918 ha 700 cavalli; e i prototipi di Le Mans quasi 1000”. “Ma dai, una Porsche elettrica...”. Proprio non gli andava giù. Ci siamo salutati molto divertiti. Poi io ho cercato su Internet la pubblicità di cui il Direttore mi aveva parlato e ho capito tutto. C’è una famigliola che se ne sta nel suo modesto soggiorno: padre, madre e figliolino decenne. Il bambino dice con tono da adulto: vado a fare il pieno alla macchina; e sparisce. Papà e mamma si guardano. Cambio scena: un orribile garage giallastro, una Cayenne vista di ¾, un filo elettrico che parte dal fianco della vettura e si infila in una presa di corrente; e il bambino appoggiato al muro con le braccia incrociate, parodia di un adulto alla pompa di benzina. Messaggio evidente: la Cayenne è una macchina da famiglie comuni, consuma poco, compratevela tranquillamente. PUÒ ANCHE essere che una pubblicità del genere faccia aumentare le vendite della Cayenne; quanto contribuisca all’appeal del marchio Porsche credo sia da verificare. Mi è venuta in mente una pubblicità della Fiat di circa 25 anni fa; promuoveva uno dei suoi peggiori modelli, la Duna. C’era un tizio con un’aria da deficiente che canterellava tra sé mentre camminava saltellando: “Mi sono comprato la Duna, mi sono comprato la Duna”. Poi saliva in macchina, faceva retromarcia e bocciava la vettura parcheggiata dietro, innestava la prima e bocciava quella parcheggiata davanti; finalmente, sempre canterellando mi sono comprato la Duna, riusciva a partire e se ne andava a casa. Qui suonava il clacson (da vero tamarro, lui certamente), la famigliola si affacciava, e il nostro, sempre con la sua faccia da deficiente, parcheggiava bocciando prima dietro e poi davanti. Infine scendeva dalla vettura tutto contento. Messaggio: “Chiunque sia un autentico imbecille compri la Duna”. Ecco, rappresentare la Porsche come una casa che produce autovetture per famiglia mi sembra alquanto controproducente. Ma forse, visto che Marchionne ha deciso di attrarre la Ferrari in area Fiat (anzi FCA), loro hanno ragione e io ho torto. Certo che, quando la pubblicità puntava sull’emozione INGANNEVOLE Padre, madre e figlio che dice: “Vado a fare il pieno” e attacca l’auto al filo della corrente. Sicuri che uno spot così aumenti le vendite? PORSCHE ELETTRICA La vettura (comunque di lusso) in mostra al Salone di Francoforte insita in una Carrera, era un’altra cosa. Del resto, siccome con la tecnologia ibrida si fanno automobili con prestazioni fantastiche, Porsche avrebbe potuto puntare su questo messaggio, visto il tipo di vetture che produce, e non sulla famigliola che ha pochi soldi per la benzina. Anche perché, se la fai andare come deve andare una Cayenne, i consumi della ibrida sono ben diversi da quelli suggeriti da questa pubblicità un po’ ingannevole. Poi, siccome anche le cose facete hanno un loro aspetto serio, mi sono ricordato della polemica scoppiata a Parigi sulle auto elettriche che la municipalità utilizzava per il car sharing, al centro di una campagna che pubblicizzava l’impegno ecologico dell’Amministrazione (Il Fatto Quotidiano on line, 7/7/2014). VENNE FUORI che si trattava di pubblicità ingannevole perché, pur essendo vero che l’auto elettrica non emette CO2 quando si muove, inquina massicciamente quando viene prodotta e soprattutto ricaricata. Quando viene prodotta, perché il litio di cui sono fatte le batterie deve essere estratto dalle miniere con impiego di macchinari che certamente ecologici non sono. E, quan- do viene ricaricata, perché l’energia elettrica si produce in centrali (nucleari in Francia – dove sono furbi – e alimentate a petrolio in Italia – dove crediamo di essere furbi) che inquinano alla grande. Insomma il motore elettrico inquina di più del motore a scoppio.Non resisto: propongo alla Porsche uno spunto fantastico per pubblicizzare la Cayenne. Tutti i record sono caduti. Solo uno non è mai stato battuto. Nel 1983 Stefan Bellof, su Porsche 956, ha girato al Nurburgring in 6 minuti, 11 secondi e 13 decimi. Nessuno ha mai fatto meglio. Forse un giorno lo farà una Porsche per famiglie. 16 SECONDO TEMPO VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano MASTERIZZATI DOPPIO CD LIVE “La musica mi ha salvato dal camice” LA NUOVA OPERA DI RENZO ARBORE: UN TRIBUTO ALL’ITALIA E TANTI OMAGGI (ANCHE AL PADRE) di Guido Biondi C ome Gilberto Gil per il Brasile chi meglio di Renzo Arbore è il nostro ambasciatore di musica italiana nel mondo? Alla presentazione del suo nuovo disco E pensare che dovevo fare il dentista, scorre un lungo video con una serie di esibizioni – insieme alla sua longeva Orchestra Italiana – a Londra, New York, Caracas e ovunque si registra il sold out. Canzoni melodiche di Roberto Murolo, suo mentore, oltre a improvvisazioni jazz e grandi canzoni italiane del secolo scorso. Una intera carriera in evoluzione per l’outsider della radio e tv nazionale, con l’estro di Alto gradimento e Quelli della notte, programmi cult esplosivi: il ruolo di talent scout di attori, comici e musicisti. Il guiz- zo tipico dell’istrionico artista napoletano, orgoglioso delle sue radici, l’hanno portato – negli ultimi tempi – a concentrasi prevalentemente sulla musica. “ALL’INIZIO volevo farmi foto- grafare in copertina con una giacca militare e una serie di medaglie appese alle spalle” racconta Renzo, “perché il disco rappresenta questa immagine per tutta una serie di collaborazioni prestigiose e registrazioni dal vivo in ogni parte del mondo. Poi – riflettendo con un po’ di ironia – mi è venuto in mente che avrei potuto fare il dentista e ho optato per la classica foto sul lettino del paziente. Mio padre, Giulio, era un dentista e mi ospitava nel suo ambulatorio sperando che mi appassionassi al mestiere. Ma era anche un appassionato L’ORCHESTRA Epica africana in tre movimenti di musica lirica e canzoni napoletane e aveva un senso dell’umorismo sfrenato, forse perché doveva alleviare le sofferenze dei pazienti. Mi ha suggerito, suo malgrado, che fare l’artista è il miglior antidoto ai dispiaceri della vita. Certamente mi ha trasmesso le sue qualità che poi ho utilizzato in radio e nella composizione di musica blues. In questa raccolta, oltre alle esecuzioni con l’orchestra napoletana, ci sono alcune chicche tratte da passaggi televisivi o altre registrazioni in giro per il mondo, una tra tutte quella con Lucio Dalla, con cui condividevo la passione per il jazz tradizionale. E una storica con Ray Charles, l’unica volta che ha cantato in vita sua O’ sole mio. Anche se non arrivo più al terzo vincerò la voce c’è ancora (ride, ndr). E un mio omaggio al genio e all’estro di Lelio Luttaz- di Pasquale Rinaldis Renzo Arbore, 77 anni, nella copertina del suo nuovo album zi e a Giorgio Gaber con la sua Non arrossire: tante medaglie che mi sono conquistato in tutti questi anni. Sono oltre 25 anni che porto in giro e cerco di rilanciare la mia grande passione per la canzone napoletana: in ogni città del mondo le persone – anche se non conoscono l’italiano – le cantano appassionatamente. È anche un lavoro di comunicazione importante, di divulgazione e spero di riuscire a coinvolgere anche il prossimo Expo. Dobbiamo ringraziare i tenori: Pavarotti, FOLK Il canzoniere rimodernato Bocelli e perfino quelli stranieri perché continuano a fare promozione al nostro paese con le canzoni napoletane e alcuni brani straordinari come Nessun Dorma, nella lingua italiana”. La pubblicazione del doppio cd anticipa il ritorno dal vivo dell’artista partenopeo: il 22 dicembre al Teatro Alfieri di Torino, il 26 all’Auditorium di Bologna, il 28 a Isernia (Auditorium Unità d’Italia) e una serata evento per capodanno a Roma all’Auditorium Parco della musica. GARAGE I figli degeneri di Jon Spencer REGARD SUR LE PASSÉ © THE BELGIANS © UNA CELEBRAZIONE della storia e dello spirito identitario africani, un inno all’incontro e alla mescolanza di tradizioni. Regard Sur Le Passé è un esperimento coraggioso, che merita l’attenzione di chi ama la musica al di là degli steccati. Un’”epica musicale in tre movimenti”, originariamente composta dall’orchestra guineana Bembeja Jazz National, oggi riletta da un ensemble italiano, la Classica Orchestra Afrobeat diretta da Marco Zanotti. Il “libretto” è costituito dalle parole dei griots, i custodi della tradizione orale africana, e il protagonista è Samory Toure, ultimo imperatore mandingo artefice di una strenua resistenza ai francesi a fine 800. Le sue gesta sono narrate – in francese e nei dialetti locali – dalle voci di Sekouba Bambino e Baba Sissoko, e immerse in un affascinante impasto di musica classica e popolare in cui trovano spazio anche interludi dedicati a compositori italiani secenteschi. Il disco è stato inciso dal vivo al Teatro Alighieri di Ravenna, ma chi vuole godersi lo spettacolo di persona potrà farlo questa sera all’Auditorium di Roma e domani all’oratorio Santa Cristina di Bologna. Carlo Bordone GIÀ NOTI per il precedente e ottimo “Liquid Love”, prodotto da Jon Spencer, i belgi The Experimental Tropic Blues Band pubblicano il loro quarto disco, “The Belgians”, una sorta di concept album, ricco di ironia e irriverenza sul Belgio, la sua storia e i suoi abitanti. Il trio di Liegi non ha mai fatto mistero delle sue influenze: nella musica e nello spirito c’è molto di Jon Spencer, del suo blues punk scorticato e delle annesse sperimentazioni rumoriste. È la celebrazione del rock nella sua essenza più sporca e selvaggia: un r’n’r psicotico ed epilettico fatto di umori trash funk, noise, punk e psychobilly. Oltre a Jon Spencer si scorgono echi di Cramps e Black Lips. Un disco divertente e senza pretese, ottimo per i cultori del garage più deviato e sgangherato. G. Ba. Classica Orchestra Afrobeat Brutture Moderne DA BROOKLYN Per automobile, ad alto volume 77 © Nude Beach Don Giovanni IL TITOLO è uguale a quello del primo album dei Talking Heads, ma punk e new wave c’entrano poco con il suono dei Nude Beach, band di Brooklyn giunta al terzo disco. Il jingle jangle nel quale avvolgono le loro canzoni riporta in altri spazi della memoria, cari a molti appassionati: Byrds, Tom Petty, il Paisley Underground degli anni Ottanta. Con quel tocco di Rolling Stones che non guasta mai. Tra ballate e pezzi più tirati, il disco scorre piacevolmente nonostante la lunghezza esagerata (diciotto brani, forse troppi quando lo stile è così omogeneo). Niente di nuovo, ovviamente: siamo davanti a un monumento al classicismo rock, nel quale si preferisce rileggere la lezione dei maestri piuttosto che tentare qualcosa di nuovo. Ma le fughe in avanti non sono certo compito di band come questa. Dai Nude Beach ci si aspetta solidità e buona scrittura rock’n’roll, e qui ce n’è in abbondanza di entrambe. Da ascoltare possibilmente in auto. e ad altissimo volume. C. Bord. Nicola Barghi ripar te cantando Harrison The Experimental Tropic Blues Band Jaune Orange IL CANZONIERE ANARCHICO © Montelupo Godfellas ERA DA ANNI che non veniva pubblicata un’antologia interamente dedicata ai canti anarchici italiani. Montelupo è un progetto volto al recupero di quella tradizione, nato nel 2012 da un’idea dei romani Il Muro del Canto, Daniele Coccia (voce), Eric Caldironi (chitarre), Alessandro Marinelli (fisarmonica), cui si aggiunge al contrabbasso Nicolò Pagani. L’intento è quello di registrare un canzoniere per le nuove generazioni, “che rendesse le canzoni perfettamente riconoscibili, senza farle provenire dal grammofono del bisnonno mazziniano”, come scrive nell’introduzione il cantautore Alessio Lega: dunque, arrangiamenti moderni, in chiave folk, saldamente ancorati alla musica popolare e impreziositi dalla voce magnetica e profonda di Daniele Coccia. Un tributo rigoroso e appassionato agli ideali libertari, antimilitaristi e anticlericali difesi fino alla morte dagli anarchici e un omaggio a personaggi storici come Gaetano Bresci, Giuseppe Pinelli e Pietro Gori. Un ottimo lavoro. Gabriele Barone ECCO UNO dei più fulgidi esempi di artista indipendente nell’era del do it yourself. Subito dopo aver pubblicato il suo quinto album Sunny Day, Nicola Barghi, cantautore di genere Brit-Pop e grande amante dei Beatles, è partito dalla sua Toscana e organizzato, senza intermediazioni, un lungo tour terminato dopo quasi 100 concerti tra Italia ed estero, viaggiando a bordo di un pulmino con la band per promuoverlo. Appena rientrato a Pisa, poi, ha iniziato a scrivere le canzoni di questo nuovo lavoro intitolato Elettroshock: “È un album che segna un punto distinto nella mia vita, sia artistica che personale. È un disco di cambiamento, che mi porta a guardare le cose da un’altra prospettiva ma su di una solida base dal quale ho intenzione di partire per i prossimi progetti”. I brani, cantati sia in italiano sia in inglese, “raccontano di me. Questo album, infatti, mi rappresenta molto più di quanto avrei pensato. Con Elettroshock credo di essere stato in grado di fermare un’immagine chiara dei miei ultimi quattro anni, esternando tutte le emozioni che mi hanno investito”. Il disco, composto da 11 brani, comprende anche due cover: “È la prima volta che propongo brani di altri all’interno di un mio album. Ho scelto due canzoni che mi rappresentassero: Old Brown Shoe è un brano di George Harrison quand’era ancora nei Beatles, ma non è un brano rappresentativo di questi ultimi, perciò mi piaceva l’idea di coverizzarlo. Lonely Boy dei Black Keys, invece, è un bel blues sporco che ho voluto rendere punk nel ritornello”. Un’ultima menzione la merita la copertina in cui è ritratto il volto stilizzato dell’artista, ma al posto dei capelli, la testa è ricoperta da quello che rappresenta un colorato pantheon dei suoi miti ed eroi. JAZZ Ron Miles, Frisell, Blade: lezioni di trio CIRCUT RIDER © Ron Miles Yellowbird/enja C’È DA APRIRE le orecchie al solo sentire la line-up: una cornetta, nobile antesignana della tromba, una chitarra elettrica e una batteria. Associandovi i nomi, le orecchie cominciano a scottare: Ron Miles, leader del trio e solo formalmente il meno noto della band; Bill Frisell, geniaccio che per la sei corde nel jazz è ormai quello che fu Hendrix nel rock; e Brian Blade, poliedrico percussionista dal tocco versatile e personalità multiforme. Poi c’è la scaletta, cinque originali a firma di Miles e tre riletture: due dal repertorio di Charles Mingus (Jive Five Floor Four e Reincarnation Of A Lovebird) e una dalla penna di Jimmy Giuffre (Two Kind Of Blues). E a questo punto le orecchie friggono perché Circuit Rider conferma la bontà dell’impasto timbrico del precedente Quiver, puntando non solo sulle capacità improvvisative dei singoli (elevate) e sulle rispettive doti di arrangiatori (forse persino maggiori) ma soprattutto sull’intelligenza musicale di tre solisti che sanno perfettamente dove e quando inserirsi con un solo accordo in controtempo per sottolineare il fraseggio del compagno (Frisell su Miles); come offrire una punteggiatura che arricchisca il dialogo degli altri (Blade su Frisell e Miles); o in che modo completare un tema quasi senza far accorgere che sul proscenio è cambiato il protagonista (tutti su tutti). In sintesi un equilibrio formale che rende fruibili anche le scelte estetiche più rischiose. Andrea Di Gennaro SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano FEDERICA PANICUCCI VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 17 conduce “Mattino Cinque” LaPresse SU RAIUNO IL PEGGIO DELLA DIRETTA L’Europa come (forse) avrebbe dovuto essere di Patrizia Simonetti e origini dellEuropa unita, libeL ra, democratica, pacifica e solidale come doveva essere, le basi gettate di nascosto da un gruppo di giovani antifascisti confinato nel 1941 su un isola del Tirreno: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni ne scrissero i principi su cartine di sigarette, piccole pagine che attraversarono il mare nascoste in un pollo arrosto per arrivare ad essere stampate e diffuse tra le fila della Resistenza grazie al coraggio di due donne, Ursula Hirschmann e Ada Rossi, mogli di Eugenio ed Ernesto, e passare alla storia come il Manifesto di Ventotene. Le racconta così il film Tv Un mondo nuovo, domenica su Rai1 a chiudere la settimana dedicata all'Europa, prodotto da Rai Fiction e Palomar, diretto da Alberto Negrin, protagonista Vinicio Marchioni nel “ruolo che ti cambia la vita” dice. Dopo la presentazione a Bruxelles, ieri la proiezione a Roma per 400 ragazzi dei licei che se gli chiedi cos'è l'Europa ti rispondono “un paese diviso in più parti”, “un trattato di pace”, “un insieme di stati che hanno formato l’Unione per far andare bene in circolo questa Europa, ma non so perché”; poi c’è Laura che “per noi giovani è una prospettiva per un futuro migliore – dice – ma se non c’è collaborazione non c'è prospettiva quindi per il momento non si sa cos'è l'Europa”, e Pietro che “economicamente non tutti stanno messi uguale per cui non credo funzioni tanto bene”. Che questa Europa non funziona lo dice anche Pier Virgilio Dastoli, collaboratore di Spinelli, oggi Presidente del Cime e consulente della fiction, “ma quando sentiamo i capi di governo dire ‘ce l'ha chiesto l'Europa’ non è vero - aggiunge - sono loro che decidono”. UN MONDO nuovo è un lungo flashback tra i ricordi di Spinelli, dal suo arresto al confino, dopo 10 anni di galera, sull'isola pontina dove conosce il suo “maestro della mente” Ernesto Rossi (Peppino Mazzotta) e sua moglie Ada (Valentina Carnelutti), e il suo “maestro dell'anima” Eugenio Colorni (Orlando Cinque) e sua moglie Ursula Hirschmann (Isabella Ragonese), giovane ebrea tedesca di cui si innamora che gli insegna a coltivare pomodori e fagiolini sulla roccia che “sono la vita” dice, e pure Sandro Pertini (Ignazio Oliva). Con loro condivide il sogno di “un'Europa unita che significa lavoro e democrazia per tutti” e che scongiuri “tutte le condizioni per una terza guerra mondiale” e che in qualche modo nasce, o tenta di farlo, nelle grotte di un'isola sotto le bombe. Panicucci e D’Urso: la morta e i suoi amanti, che passione di Veronica Tomassini arebbe interessante recuperare il S senso di una morta (morta: al femminile, è una donna), veramente basterebbe anche soltanto quello del lutto. Macché, i morti sono il palinsesto dei pomeriggi televisivi, altrimenti cosa resterebbe per certa autorialità, cosa può funzionare meglio, tolte le ricette della Parodi? Nel suo pomeriggio urlato, da strilloni della tv, perché dannazione le trovano tutte loro, Barbara D’Urso – con i suoi autori – ha raggiunto la vetta eccellente dell’inaudito, mostrando pochi giorni fa niente di meno che un grafico (avercene) sugli amanti di Elena Ceste. Così un bel pomeriggio, davanti alla tv, abbiamo ingoiato l’abominevole, un castigo prono, senza alcun biscottino al burro sul finale. Abbiamo sicché seguito filo per filo ogni collegamento delle freccette. Dunque c’è tizio, anni eccetera eccetera, professione eccetera; poi c’è l’altro e l’altro ancora. E inchiodata all’abominio c’è Elena, che è morta-morta; della quale dimenticheremo l’assenza, ab- biamo già smarrito il peso della perdita, non nutriamo la compartecipazione, niente: ingoiare l’abominio, contare i presunti amanti, lo dice la D’Urso, signori. Chi era Elena Ceste? Ma che domanda è? È un fantoccio, un pezzo, un pezzo di un arto, un corpo smembrato, sì va bene: vorremmo continuare a leggere il grafico. La D’Urso è consapevole, dove c’è lei non c’è trippa per gatti, complici le sue inviate gagliarde, nel senso: e chi le frega quelle? EPPUR la sua leggerezza (della D’Ur- so), o anche le sue smorfie di disapprovazione – sarà una specie di tristezza civica senz’altro – inducono stoltamente lo spettatore a ingiusti parallelismi. Parallelismi sbagliati, Barbara D’Urso uguale paesaggio da emoticon. No, non sta bene, non è così, neanche per estensione. I grafici continuano, ogni mattina, con Federica Panicucci, anche lei come la D’Urso, cerca di capire sempre qualcosa e chiede il collegamento con una tale Dalle Palle (è un cognome, tutto qui). Deve cercare di capire. Rielenca Gli ascolti di mercoledì VELVET Spettatori 3,7 mln Share 14,1% I CESARONI 6 Spettatori 4,1 mln Share 17,3% gli uomini, uno per uno; usa con devota titubanza il sostantivo aggettivato più prossimo al significato di “amante”. Elenco, freccette, professione, età. Non è una slide. Ma chi è la morta? Che domanda. Ed è una risposta tutto sommato. C’è persino un signore avanti con gli anni. È nella lista, attenzione. Gli autori qui forse trepideranno in gran segreto, chi può dirlo, questa è la parte più delicata, quella che c’è da giurarci farà inorridire l’Italia intera di buon mattino (evvai). Anzi no, perché è la D’Urso per prima ad aver lanciato la notiziona, ed era pomeriggio. Un grafico pomeridiano. Uh. Però Federica, quanto giovanilismo, quanti sorrisi, giusto: trattare confidenzialmente tutto, finanche l’abominio. Non sottrarsi al gusto di mandare il collegamento come se fosse un jingle. Vocina adolescenziale. Dobbiamo capire, dici. Genialità. Infatti sorride Federica Panicucci, parla di morti eppur sembra che discetti di ammorbidenti al pino bianco. Quanto giovanilismo, neanche fossimo a Radio Dj. Complimenti, bravi bravi. CHI L'HA VISTO? Spettatori 3,4 mln Share 14,9% LE IENE SHOW Spettatori 2,4 mln Share 12,6% 18 SECONDO TEMPO VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano GIUSTAMENTE CRIMINI E MISFATTI La mafia al Nord, peggio che al Sud di Nando dalla Chiesa E ora mettiamoli tutti in fila. A destra le legioni di sindaci, ministri, prefetti, imprenditori e politici vari che per decenni hanno negato la presenza della mafia in Lombardia. A sinistra le legioni, ugualmente numerose, di altri politici, imprenditori, professionisti, intellettuali e giornalisti che per un periodo un po’ più breve si sono avvicendati su palchi e cattedre e tavole rotonde, per spiegare, da esperti, che oggi il “vero mafioso” non è più quello “con la coppola e la lupara” o “che fa i riti di iniziazione”, ma è un professionista raffinato che porta il doppio petto e parla fluentemente l’inglese. Invece parla giusto il suo dialetto e fa i riti di iniziazione; anzi, li fa anche in Lombardia, là dove dovrebbero esprimere la sua faccia moderna e finanziaria. Se al nord siamo giunti a questo punto è perché ci si è abbeverati di rimozione e di luoghi comuni evitando accuratamente di fare l’unica cosa sensata da fare quando si ha un nemico davanti: studiarlo, conoscerlo. Tanto tempo fa ci fu in Brianza un bravo sindaco, si chiamava Erminio Barzaghi, che mobilitava i suoi concittadini di Giussano e i propri colleghi brianzoli contro le organizzazioni mafiose avviate, un sequestro di persona dopo l’altro, una bomba dopo l’altra, a “cucinarsi” una delle aree più ricche del paese. Non era un mafiologo, Barzaghi, ma da amministratore responsabile capì decenni fa quel che ancora tanti amministratori (leghisti compresi) non capiscono. Che il futuro dei “nostri figli” (così disse in un discorso) è in pericolo, perché il peggio del Sud si sposa con il peggio del Nord. Sembra incredibile che i processi che si sono celebrati dagli Anni 90 a oggi, le denunce documentate prodotte da minoranze, spesso esigue, della società civile, non siano riusciti a cambiare nulla o quasi nella testa della classe dirigente settentrionale. Che nei casi migliori fa dibattiti, ma non spinge perché la politica, le associazioni imprenditoriali e di categoria, gli ordini professionali, la stessa magistratura (basti pensare alla lunghissima impunità giudiziaria ligure), assumano posizioni coerenti nei fatti, invece di accontentarsi di protocolli e di codici etici mai rispettati. Si è affermata, chissà perché, l’idea che al Nord la mafia (includendo nel termine tutte le forme possibili di organizzazione mafiosa, a partire da quella ormai dominante, la ‘ndrangheta) al massimo ricicli i soldi, ma non “faccia” davvero la mafia. È la versione aggiornata della Rimozione. È la sciagurata convinzione che porta tante corti giudicanti, del tutto a digiuno di studi e conoscenze del fenomeno mafioso, a mandare assolti fior di clan dall’imputazione di 416 bis. Certo, è la motivazione: chi nega che siano al Nord, e d’altronde dove do- Ansa RIMOZIONE Quando capiremo che i clan, i calabresi su tutti, si stanno impadronendo di pezzi di economia del Settentrione esattamente come nel Mezzogiorno? vrebbero investire i soldi? Ma qui non commettono il reato di associazione mafiosa. Un giorno, quando sollevai questo problema alla Scuola Superiore della Magistratura, un sostituto procuratore mi disse, a conferma, durante un intervallo: “Io sono dovuto andare in Sicilia per vedere condannati per associazione mafiosa determinati comportamenti. Con gli stessi esatti comportamenti in Piemonte non ci riuscivo”. Perché “qui al nord non fanno le stesse cose”, appunto. Mentre invece mettono bombe, incendiano, fanno estorsioni, uccidono, fanno riti di affiliazione, intimidiscono e terrorizzano testimoni, corrompono politici e pubblici funzionari, raccolgono voti, fanno prestito a usura, impongono servizi e forniture. QUANDO la finiremo di auto immaginarci che cosa fa davvero la mafia nelle contrade del Nord progredito? Quando riusciremo a convincerci che passo dopo passo i clan, quelli calabresi soprattutto, si stanno impadronendo di pezzi di economia e di società del nord, specie nel nord-ovest e nell’Emilia Romagna? Che le situazioni di Milano, Monza-Brianza, Torino e ponente ligure sono da allarme rosso, e che tutto quello che sembrava infiacchito, o addirittura scomparso, continua a covare sotto la cenere, vedi i casi di Lecco e di Fino Mornasco? Il comitato antimafia istituito a Milano dal sindaco Pisapia ha gettato nel suo ultimo rapporto (il quinto, lo si trova sul sito del Comune di Milano) un allarme che avrebbe dovuto mobilitare tutti i protagonisti, pubblici e privati, della vita milanese. E invece non è successo. I suoi contenuti girano più tra gli insegnanti e gli studenti universitari che nei vari spezzoni di classe dirigente. E lo stesso mondo dell’informazione sembra in preda a bioritmi svegliarsi ciclicamente davanti alle inchieste della magistratura, come in un fenomeno di parassitismo giudiziario, per riappisolarsi altrettanto ciclicamente. Tutto ciò che accade e parla e insegna e dovrebbe scuotere non fa notizia. Perché dieci incendi non fanno notizia. Non la fa uno solo, non la fanno dieci volte “uno solo”. Strana situazione. I miei studenti continuano a segnalarmi magazzini e negozi e auto a fuoco dalle varie provincie lombarde, registrando la forza quotidiana della minaccia mafiosa. Incendi in provincia di Bergamo, per dire. Bar conquistati in provincia di Pavia. Perfino scuole espugnate in provincia di Milano. E i segni eclatanti, impressionanti, dell’avanzata nella sanità lombarda. Ma nessuno sembra capace di prendere il toro per le corna e dettare o impostare una strategia di risposta. Qualcuno, ultima versione della Rimozione, si illude che sia tutta colpa dell’Expo. Poi finirà e finiranno gli appetiti. Non è così. Se la ’ndrangheta ha puntato sull’Expo è perché giocava in casa. C’era prima, da decenni, e ci sarà dopo. A Lecco i riti di affiliazione non li ha portati l’Expo. Ma ancora una volta la constatazione è d’obbligo, la loro forza sta nelle nostre debolezze. In una società senz’anima e capace di fare la voce grossa solo con i clandestini. Una società liquida davanti a un potere che è tutto “sangue e suolo”. Un Nord che al termine di un lungo ciclo culturale scopre di avere come propria identità il denaro. Ossia il valore meno indicato per scavare fossati morali. La farsa di Medicina: laureati e disoccupati di Bruno Tinti LA STORIA dei test per essere ammessi alle specializzazioni mediche si è risolta nel peggiore dei modi: i due test invertiti, quelli destinati ai cosiddetti servizi (radiologia, anestesia, medicina del lavoro etc) finiti ai medici e viceversa, sono stati aboliti; dovevate rispondere a 30 domande, vanno bene 28; tutto regolare. Regolare un accidente. Immaginiamo due esaminandi; il primo ha sbagliato le risposte ai due test aboliti, quindi ha punteggio pieno, 28; il secondo ne ha sbagliate altre 2 ma ha risposto bene ai test aboliti; anche lui avrebbe 28; invece ha solo 26. Risultato: il primo è ammesso alla specialità e il secondo no. Ovvio che i ricorsi al TAR si sprecheranno. Al di là della soluzione sbagliata, la vicenda bene evidenzia l'incapacità della Pubblica amministrazione: in questo caso quella sanitaria; ma inefficienza e insipienza analoghe sono riscontrabili in ogni settore: mi mettessi a raccontare della Giustizia, riempirei tutte le pagine del giornale. Motivo per cui torniamo ai test per l'ammissione alle specializzazioni. Bisogna sapere che il laureato in Medicina non può fare a meno di una qualsiasi specializzazione: se non ne ha una può solo fare le guardie e le sostituzioni dei medici della mutua; insomma non può lavorare. Va bene, si specializzi. Solo che non può, almeno non è detto che possa. Alla facoltà di Medicina c'è il numero chiuso: bisogna sun perare i test, troppi medici non vanno bene; e sarà anche giusto. Ma a questo punto basterebbe calcolare questo numero chiuso in funzione dei medici specializzati, gli unici che faranno davvero il medico, non in funzione dei laureati. In altri termini, perché ammettere all'Università 20.000 (numero di fantasia) studenti con prevedibili 15.000 laureati per poi ammetterne alle specializzazioni solo 5.000? E gli altri 10.000 (che non solo hanno speso tempo e danaro per laurearsi ma hanno utilizzato risorse della collettività per la loro formazione - Università e professori li paga lo Stato) che cosa faranno? Se non servono più di 5.000 ANOMALIE Non abbiamo i soldi per gli specializzandi, ma anziché evitare di formarne troppi, li facciamo studiare e poi li mandiamo all’estero Medici in corsia Ansa medici “veri” si limiti l'accesso all'università in funzione di questo numero, non si creino disoccupati dopo aver speso capitali per formarli. Tanto più in quanto i non ammessi alle specializzazioni vanno a lavorare in altri Paesi (i medici italiani sono molto apprezzati, hanno un'ottima preparazione) che non hanno speso una lira per farli studiare. QUESTA storia induce a pensare, ancora una volta, che si stava meglio quando si stava peggio. Prima della ennesima riforma, le specializzazioni venivano svolte presso le varie Università; i medici non erano pagati (borse di studio, guardie, sostituzioni, sbarcavano il lunario alla meno peggio) però intanto imparavano e si specializzavano. Alla fine potevano lavorare, sempre nel rispetto del numero chiuso per l’accesso a Medicina. Poi qualcuno ha cominciato a sollevare il problema: non è giusto che lo specializzando lavori in ospedale e non venga pagato! Dobbiamo dargli uno stipendio. Sì, ma i soldi dove li prendiamo? Eccoli qui, bastano per tre specializzandi. Va bene, e gli altri? Fateli entrare in soprannumero, lavorano gratis (un po' incoerente, ma si salvano capra e cavoli). Poi i baroni, i favoritismi veri o presunti, la "razionalizzazione" (ottima cosa se la sapete fare): concorso in sede nazionale, chi passa si specializza, gli altri si arrangino. Ma io ho studiato, sono medico! Peggio per te, vai a lavorare in Inghilterra. Ma ci sarà un limite all’imbecillità? n MORTI PER AMIANTO L’ultimo oltraggio di Mr Eternit: “Perseguitato, finalmente assolto” di Stefano Caselli Torino, durante i proA cessi di primo grado e di Appello, non lo hanno mai visto. Così come non lo vedevano quasi mai a Casale Monferrato, dove per tutti era semplicemente “lo Svizzero”. Eppure Stephan Schmidheiny non è – a quanto pare – uomo così schivo. Salvato in Cassazione dalla prescrizione dopo una condanna a 18 anni per i morti causati dalle spore di amianto della sua Eternit, il magnate svizzero ha sentito il bisogno di celebrare pubblicamente quella che lui – dimostrando di aver imparato molto bene certe lezioni di italiano – considera a sproposito un’assoluzione: “La sentenza della Suprema Corte – scrive in un comunicato – conferma che il processo Eternit si è svolto in violazione dei principi del giusto processo”. Non sappiamo chi gli abbia raccontato questa storia, dal momento che il pg della Cassazione Iacoviello lo ha definito comunque “responsabile di L’IMPUTATO Il magnate Schmidheiny, condannato a 18 anni in Appello, esulta per la prescrizione. I soldi, evidentemente, non possono comprare lo stile tutte le condanne a lui ascritte”, ossia consapevole di quanto letale fosse l’amianto lasciato libero di liberarsi nell’aria di Casale Monferrato (accusa invero un po’ lontana dalla definizione di “pioniere dei metodi più sicuri nella lavorazione dell’amianto” che Schmidheiny da di sé). DI CERTO, però, devono aver- gli comunicato che presto potrebbe essere processato per altre 200 morti (a Casale si continua a morire) e questa volta per omicidio: “Mi aspetto che lo Stato italiano – scrive infatti ancora il magnate nella sua nota – mi protegga da ulteriori processi ingiustificati”. Le perizie depositate al processo di Torino dicono che a Casale Monferrato la percentuale di contrarre una malattia mortale legata all’amianto è 2.000 volte superiore a quella della media. E dall’Eternit, la sua fabbrica, usciva l’amianto che si infilava nei polmoni dei casalesi. Eppure, secondo il signor Schmidheiny, i processi sono “ingiustificati”. Libero di pensarlo, così come è stato libero di reinventare se stesso (dopo che nel 1986 abbandonò l’Eternit) come alfiere mondiale dello sviluppo sostenibile, impegnato “nella protezione e nella crescita ambientale per rispondere alle esigenze economiche e sociali della generazione attuale, senza compromettere le generazioni future”. Così scriveva nel 1991, quando fondò il Business Council of Sustainable Development, un ristretto club che riu- nisce 51 grandi industriali molto preoccupati per le sorti del pianeta. Alla guida del Council partecipò anche alla conferenza mondiale su Ambiente e Sviluppo di Rio de Janeiro nel 1992, consegnando nelle mani dell'allora presidente degli Stati Uniti George Bush (padre) una relazione di 374 pagine contenente la summa delle sue idee ambientaliste. Idee che poi trasfuse in un libro dal titolo Cambiare rotta, pubblicato in Italia dal Mulino. Negli anni 90 l’ex signor Eternit ha poi fondato la fondazione “Avina” per contribuire allo “sviluppo sostenibile dell’America Latina” (possiede, tra l’altro, 128 mila ettari di terra nel Cile meridionale) e tuttora finanzia associazioni ambientaliste in tutto il mondo. È LIBERO, insomma, il signor Schmidheiny di sentirsi un campione dell’ambiente. Ed è libero di credere che sarà nuovamente assolto. Ma altrettanto liberi sono i malati e i parenti delle vittime nel parafrasare – finalmente a proposito – il famoso verso de La Canzone del Maggio di Fabrizio De André “per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”. E liberi tutti noi di pensare che il denaro non può comprare lo stile. In questo caso, un bel silenzio, sarebbe stato più dignitoso. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano 19 VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo Nessun Alto Patronato per il Premio America Spiace, ma è inevitabile, dover intervenire per smentire l’ennesima ricostruzione, priva di qualsiasi fondamento, apparsa il 20 novembre sul quotidiano, della vicenda relativa all’asserita “sconfessione” dell’adesione del Presidente della Repubblica al premio America della Fondazione Italia Usa. In merito, come già ampiamente chiarito, gli unici riconoscimenti concessi a tale manifestazione sono consistiti in una breve lettera di apprezzamento a mia firma nel 2009 in occasione della prima edizione del premio e nella concessione di tre medaglie per le edizioni del 2010 e del 2011, che oltre a essere riferite soltanto a quelle edizioni, non costituiscono né un Alto Patronato né l’adesione del Presidente della Repubblica. Né può essere attribuita alcuna rilevanza all’intestazione del fax che si riferisce esclusivamente alla denominazione dell’area del servizio proposto alle istruttorie, la cui competenza riguarda tutte le diverse forme che possono assumere i riconoscimenti presidenziali, che vanno dall’Alto patronato, all’adesione del Presidente della Repubblica, alla concessione di medaglie di rappresentanza e da ultimo a semplici lettere di apprezzamento. Ma soprattutto è inesatto affermare che “soltanto nel 2014 il Quirinale ha sentito l’esigenza di sottolineare che il premio America non era apprezzato e che quindi non si poteva tollerare che il nome del Capo dello Stato fosse abbinato all'evento”. Infatti nel 2014 non c’è stata alcuna lettera del Quirinale relativa al premio America non essendovi stata alcuna richiesta di riconoscimento al riguardo da parte della Fondazione, mentre nel 2012 e nel 2013 non furo- no accolte le richieste di medaglie. Dunque non vi è alcun nesso, come si vuol far credere, con il premio conferito nel 2014 al giornalista Alan Friedman. È invece più che sufficiente a spiegare il comportamento assunto dal Quirinale a partire dal 2012 la precisazione dell’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma, resa pubblica il 14 maggio 2012, del seguente tenore: “Con il tempo, l’Ambasciata ha avuto modo di constatare che la politica di comunicazione della Fondazione seguiva criteri non pienamente condivisibili. Da qui la decisione di uscire dal board così come hanno fatto altri soggetti”. Donato Marra Segretario generale Presidenza della Repubblica primato dei politici”. Se a questo aggiungiamo che oggi, per dirla con Ernesto Galli della Loggia sempre sul Corriere, i politici sono “figure perlopiù mediocri”, e annotiamo che né Pieroni né Galli della Loggia sono fonti “estremiste”, c’è ben poco da sperare. A supporto di ciò, porto Gianrico Carofiglio che, intervistato da Alessandro Ferrucci per Il Fatto Quotidiano, così ha risposto: “F. La vita da investigatore quanto le ha permesso di analizzare la psicologia altrui? C. È stata fondamentale la capacità di immedesimarsi nell’altro, stessa esigenza per lo scrittore. F. E la vita da parlamentare? C. A certe condizioni la rifarei. Sono stati cinque anni interessanti in chiave personale, inutili dal punto di vista politico. Ma lo sape- L’infanzia trascurata ogni giorno CARO FURIO COLOMBO, tutti i Gr e i Tg ci dicono (le sto scrivendo il 19 novembre) che le Nazioni Unite hanno dichiarato il 20 novembre “Giornata dei diritti del bambino”. Le risulta che l’Italia faccia o abbia fatto qualcosa in proposito? Emilia MI RISULTA che i media ne parlano molto. Non ieri, non domani, solo oggi. Ho visto persino una fotografia della ex leader politica berlusconiana Brambilla a colori (foto con cane in braccio) che, da un governo o dall’altro, deve essere stata nominata in qualche “commissione per l’infanzia” di cui altrimenti non si hanno notizie (certo non l’infanzia). Ma vediamo di riassumere in che modo e in che senso questo nostro Paese, di cui Renzi dice un gran bene, ha potuto, o potrebbe essere utile. 1) Ogni giorno le culle degli ospedali italiani sono affollate di nuovi bambini, di varie culture e vario colore. Una superstizione italiana, legata a non si sa quali sacri confini, vuole che questi bambini vengano al mondo e crescano senza cittadinanza, senza diritti, senza protezione giuridica o politica, diventando italiani in tutto (lingua, dialetti, cultura, scherzi, gestualità, espressioni facciali) ma non nei diritti civili. Quei bambini e adolescenti restano nessuno fino a quando, “compiuto il ciclo di studi obbligatori” (cioè dopo i 16 anni), potranno chiedere e ottenere (se Salvini non è andato al governo, se i Cinque stelle si sono rasserenati sull’argomento, e se la burocrazia se ne ricorda) i documenti italiani. Ecco un annuncio memorabile per il giorno dell’infanzia proclamato dall’Onu: chi nasce in Italia è cittadino italiano. 2) L’Italia non sa di avere almeno ventimila bambini rom. Spesso sono italiani e vengono trattati da stranieri. Quando non lo sono, sono due volte stranieri. Altro an- la vignetta La verità di Carofiglio sui parlamentari inutili In un elzeviro sul Corriere della Sera, Alfredo Pieroni nei primi anni 90 scriveva: “L’individualismo-vizio degli italiani ingigantisce e diventa patologico nei politici, che sono forniti dei poteri per farsi valere. I privilegia sono tutt’altro che banditi. La concordia è sempre in pericolo. Non c’è primato della politica: c’è vo. F. Tradotto? C. Sapevo che sarei andato a non contare nulla, la mia era un’esplorazione, oggi vorrei altro. F. Cosa detesta o ha detestato dei politici colleghi? C. Quando descrivono la loro esperienza come un sacrificio. Fesserie. Chi si butta in politica lo fa perché la ama, invece quasi si vergognano a dirlo, e questo è il segno di un rapporto non sincero che è parente dell’inclinazione a non riconoscere i propri errori, le proprie violazioni e la tendenza ad auto-giustificarsi e auto-assolversi”. Se un parlamentare del suo spessore non conta, vuol dire che i 101 che hanno silurato Prodi, giusto per prenderne un “gruppo” a riferimento, tutto sono meno che l’espressione dell’autonomia del “parlamentare” che dovrebbe agire il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Condirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: [email protected] - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez, Antonio Padellaro, Layla Pavone, Marco Tarò, Marco Travaglio nuncio memorabile: uno statuto per i diritti dei rom - e dunque per la protezione dei figli dei rom - che il Parlamento emana in forma di legge. 3) L’inferno delle periferie urbane di Roma (Tor Sapienza, Infernetto) ha riguardato quasi esclusivamente l’infanzia, nella sua versione inferiore di “bambini e ragazzi migranti, che vuol dire salvati in mare o comunque non annegati. Il loro arrivo in un quartiere e poi il trasferimento nell’altro quartiere ha riguardato esclusivamente persone che la polizia definisce “minori”. Non saranno bambini piccoli, a causa delle cure di cui persino i bambini migranti hanno bisogno, ma di bambini, ragazzi e adolescenti giunti (o salvati) da soli, e per i quali un Paese civile dovrebbe fare qualcosa. Noi, popolo di navigatori, marinai, artisti, e altre cose descritte enfaticamente dall’ispiratore di Casa Pound (una delle due ditte di aspra opposizione ai bambini profughi, l’altra è la Lega, ma gruppi di romani del luogo hanno fatto la loro parte) abbiamo prontamente respinto questi bambini e giovani fino al punto da terrorizzarli. Eppure c’era un ampio spazio per accoglierli. A Tor Sapienza abbiamo visto un immobile in buono stato e volontari e volontarie pronti e disponibili, a cui è stato impedito di rappresentare ciò che resta della civiltà italiana. Nel giorno Onu dedicato alla protezione dei bambini l’Italia ha fatto e detto il suo peggio. Affermava il conduttore del servizio Tg3 del 19 novembre, sull’argomento: “È nella difesa dell’infanzia che si garantisce il nostro futuro”. Senza dubbio il futuro, nonostante il coraggio isolato del volontariato, questo Paese, al momento, non ha garanzie. Non di civiltà. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] senza vincolo di mandato, mentre rappresentano al meglio quella condizione per cui bastano pochi “capibastone” per indirizzare il “gregge” dove vuole il padrone. Una legge elettorale capace di “nominare” da parte dei “capi partito” anche solo i capilista, basta e avanza per continuare ad esercitare quel ferreo controllo per cui un Carofiglio non conta un tubo e, ad esempio, una Paola De Micheli deputato dal 2008, nel 2014 diventa sottosegretario di Stato. Anche perché in questa politica contano sì i fedelissimi di lungo corso ma i neofiti e più zelanti contano ancora di più. Vittorio Melandri I tempi sono maturi per una donna al Colle Nel 2015 non ci sarà più Giorgio Napolitano sul Colle. Ormai è più che un’ipotesi. Le voci che si sono rincorse sono state confermate da un comunicato del Quirinale. Devo dire, fuori dai denti e con tutto il rispetto e la stima che godo per “re Giorgio”, ormai novantenne, che la notizia non mi rattrista oltremodo. Sono fondamentalmente contro la gerontocrazia politica. Vedi altri paesi europei: lasciano lo “scettro” ancora in giovane età. Con la fine prematura del secondo settennato di Napolitano, si apre, a questo punto, la corsa alla successione. Mi auspico ardentemente che arrivi presto il momento in cui una donna possa essere eletta Presidente della Repubblica. Mi rendo conto che le donne devono fare i conti con la complessa e astrusa politica italiana ancora molto maschile, ma ciò non esclude che alcune donne possono fare il grande salto. Non è impossibile e nessuna norma lo vieta. La loro presenza nei seggi delle Camere è ben sostanziosa, ciò grazie all’applicazione delle regolamentazioni internazionali sulle pari opportunità. Le donne, oggigiorno, sono molto risolute. Rivendicano con determinazione, in più circostanze, la propria identità-dignità e quindi hanno tutte le carte in regola per assumersi la responsabilità del Colle. Ciò, ovviamente, al di là di ogni colore politico. Sono convinto che le donne, pur appartenendo a schieramenti opposti, riescono a trovare sempre il giusto e necessario accordo per costruire una società più attenta ai bisogni delle famiglie (attualmente in forte crisi) e più rispettose delle regole. Premiamo, quindi, il loro coraggio, la loro onestà e la loro capacità. Franco Petraglia Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 e Prezzo 220,00 e Prezzo 200,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e Prezzo 135,00 e Prezzo 120,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e Prezzo 320,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e Prezzo 180,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 e • 7 giorni Prezzo 290,00 e • 6 giorni È possibile sottoscrivere l’abbonamento su: https://shop.ilfattoquotidiano.it/abbonamenti/ • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 e • 7 giorni Prezzo 170,00 e • 6 giorni Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: [email protected] ABBONAMENTO DIGITALE • Mia - Il Fatto Quotidiano (su tablet e smartphone) Abbonamento settimanale 5,49 e Abbonamento mensile 17,99 e Abbonamento semestrale 94,99 e Abbonamento annuale 179,99 e • il Fatto Quotidiano - Pdf (su Pc) Abbonamento settimanale Abbonamento mensile Abbonamento semestrale Abbonamento annuale 4,00 e 15,00 e 80,00 e 150,00 e * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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