Renzi: “Italk-show dipingono un Paese finito. Non è così”. Ancora una volta lo statista di Rignano copia B. che nel ‘94 accusò la “Piovra”di Placido di diffamare l’Italia
Venerdì 21 novembre 2014 – Anno 6 – n° 321
e 1,40 – Arretrati: e 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
PRESCRIZIONE,
INFAMIA DI STATO
Mors tua, prescrizione mea
di Marco Travaglio
iciamo subito che la Cassazione non era afD
fatto obbligata dalla legge a dichiarare prescritto il reato di disastro colposo per il patron
Dopo 15 anni e la sentenza Eternit, i politici scoprono i reati
impuniti. Eppure, da mesi, il Pd accetta il rinvio della
riforma (un favore a B. e Alfano) e intanto annacqua le leggi
ambientali. Ma c’è un giudice a Torino e Guariniello accusa:
“256 omicidi volontari” De Carolis, Giambartolomei e Palombi » pag. 2, 3, 4 e 5
LA CITTÀ DEL DOLORE
“Noi, i morti
viventi di Casale
che non crediamo
più a nessuno”
Barbacetto » pag. 4
IL GIURISTA
SENZA VERGOGNA
Un sistema
ben costruito
per scappare
dalla Giustizia
L’ultimo oltraggio
di Schmidheiny,
il padrone
dell’amianto
Piercamillo Davigo » pag. 3
Caselli » pag. 18
» IL PM NEL MIRINO » Rivelazioni del boss » L’ULTIMA BORDATA » ”La Camusso come Salvini”
“150 kg di tritolo Renzi: “I sindacati
Un’autobomba perdono tempo
per Di Matteo” a fare gli scioperi”
Galatolo racconta
il progetto di attentato
contro il magistrato
del processo Trattativa.
In via D’Amelio la mafia
utilizzò 90 kg di
esplosivo per Borsellino,
a Capaci ne servirono
400 per uccidere Falcone
Nino Di Matteo con la scorta Ansa
y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!#!=!?!#
Pipitone e Rizza » pag. 9
DAVID ROSSI E IL GIALLO DEL VIDEO
Il mistero di Mps:
il manager, la morte
e l’incappucciato
Le perizie di parte:
sulla scena della
caduta dal balcone
la presenza di
un uomo. L’enigma
dell’orologio
comparso mezz’ora
dopo Vecchi » pag. 8
PAROLA DI MR TOD’S
Della Valle: “A Natale
pronto a guidare
i delusi del premier”
Sede a Milano e piattaforma
online: “Va bene, ha vinto, ma
vincerà sempre?” Tecce » pag. 7
ANTI-MENINGITE
Nel vaccino
c’è ossido di ferro:
lo ritirano, ma
in pochi lo sanno
Udi Nando dalla Chiesa
» IL GRANDE REGISTA
QUEL NORD
DELLE ‘NDRINE
ORA È PEGGIO
DEL SUD
Addio a Nichols,
il suo “Laureato”
cambiò gli Usa
adesso mettiamoli tutti
E
in fila. A destra ecco le
legioni di sindaci, ministri
Daina » pag. 9
Ma a Parma e poi a Bologna
lo accolgono di nuovo con
fischi, contestazioni e lanci
di uova. Scontri tra polizia
e dimostranti, danneggiata
sede del Pd bolognese. Lui
replica duro: “Non sarete mai
contenti, neppure se
trionferemo nelle urne. Però
sarà così”
Marra » pag. 6
della Repubblica, prefetti, imprenditori e politici vari che,
per decenni e decenni, hanno
negato tenacemente la presenza delle mafie in Lombardia.
» pag. 18
Pasetti » pag. 14
LA CATTIVERIA
Renzi: “Dobbiamo eliminare
gli scontrini”. Il mio idraulico
deve essere del Pd
» www.forum.spinoza.it
dell’Eternit Stephan Schmidheiny, condannato in
primo e secondo grado per la morte da amianto di
2154 persone (bilancio parziale). Anziché allinearsi alla richiesta del Pg Jacoviello, noto annullatore di processi eccellenti, e dell’avvocato Coppi,
sempre molto fortunato al Palazzaccio quando fa
certi incontri, la Corte poteva sposare l’interpretazione alternativa data dal Tribunale e dalla Corte
d’appello di Torino, che con due sentenze molto
ben motivate avevano spiegato come il disastro
provocato dall’amianto, rimasto a lungo latente e
poi esploso con effetti che semineranno malati e
morti per tanti decenni ancora, non può cristallizzarsi – come invece ritiene la Cassazione –
all’istante in cui le fibre del minerale-killer smisero
di depositarsi sul terreno con la chiusura della fabbrica di Casale nel lontano 1986 (ragion per cui il
reato, pur accertato, si sarebbe estinto addirittura
prima del processo, che dunque non avrebbe dovuto neppure cominciare). Insomma, come scrive
Vladimiro Zagrebelsky su La Stampa, c’era un’altra
“scelta, ragionata e seriamente argomentabile, tra
un’interpretazione che metteva d’accordo diritto
e giustizia e un’altra che proclamava summus jus
summa injuria”. I giudici hanno imboccato la via
più facile, e anche più comoda dinanzi al potente
di turno. E, trattandosi della Cassazione, non c’è
rimedio al loro eventuale errore: per convenzione,
l’ultimo giudice che si alza è quello che ha ragione.
Ma c’è qualcosa di ancor più odioso della sentenza
Eternit: il commento furbastro di Matteo Renzi:
“Cambieremo le regole della prescrizione e faremo in modo che i processi siano più veloci”. Intanto denota un’ignoranza sesquipedale del caso
Eternit: se la Cassazione ritiene che il processo non
sarebbe dovuto neppure iniziare, la sua durata
non c’entra nulla. E poi il tempo dei “faremo” è
scaduto da nove mesi: da quando Renzi smise di
essere outsider e diventò premier. Che la prescrizione non rientri fra le sue priorità fu chiaro fin da
subito, anzi da prima che entrasse a Palazzo Chigi:
precisamente dal 18 gennaio 2014, quando siglò il
Patto del Nazareno con il recordman mondiale delle prescrizioni. Poi quando accettò che Napolitano
gli depennasse il nome di Gratteri dal ministero
della Giustizia. Quando rinviò a settembre la riforma della giustizia promessa per giugno. E infine quando firmò due decreti per altrettante scemenze, cioè le ferie delle toghe e alcune regolette
inutili del processo civile, avviando invece le cose
serie (prescrizione, anticorruzione, autoriciclaggio ecc.) sul binario morto dei disegni di legge.
Che, come tutti sanno, non passeranno mai perché B. non vuole. Come spiega Davigo sull’ultimo
Micromega (pag. 3), la prescrizione non è l’effetto
dei processi lunghi: ne è la causa principale, perché
incoraggia i ricorsi dilatori e le perdite di tempo
degli imputati ricchi e dei loro avvocati specialisti
in criminalità & impunità. Un pilastro della Costituzione materiale di quest’Italia marcia, che
consente a centinaia di politici, amministratori,
imprenditori e finanzieri di riunirsi in Parlamento
e nei Cda anziché nell’ora d’aria. Il timidissimo ddl
Orlando, ove mai fosse approvato, non cambierebbe una virgola dello sconcio, che dipende da
due fattori nemmeno sfiorati dal ministro della
Giustizia: in Italia la prescrizione parte quando il
delitto viene commesso, non quando viene scoperto; e – caso unico al mondo – non si ferma mai,
nemmeno dopo due condanne di merito alla vigilia del giudizio di legittimità in Cassazione, e
neppure quando uno patteggia la pena (e poi fa
ricorso contro la sanzione da lui stesso concordata). Quindi le chiacchiere stanno a zero: se Renzi
vuole avere titoli per parlare, faccia subito un decreto per bloccare la mannaia della prescrizione al
momento del rinvio a giudizio, come in tutti i paesi civili. Se il Pd è una cosa seria, troverà in Parlamento i voti dei 5Stelle e di Sel per convertirlo in
legge. I requisiti di necessità e urgenza, se non li
capisce da sé, se li faccia spiegare dai parenti dei
morti ammazzati dall’Eternit.
2
CHIACCHIERE
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
A
nni di promesse
Da un biennio
è una “priorità”
ENRICO LETTA (2012)
Il ddl anticorruzione non
basta. Serve un ‘secondo
tempo’ legislativo che affronti i
tempi della prescrizione, il falso
in bilancio, l’autoriciclaggio
il Fatto Quotidiano
MARIO MONTI (2013)
Dopo il ddl
anticorruzione ora si
deve andare avanti con il falso
in bilancio, la prescrizione
e l’autoriciclaggio
“
“
NICOLÒ GHEDINI (2013)
Per quanto attiene la
prescrizione la Corte
costituzionale ha statuito
che la normativa attuale è
rispondente alla Costituzione
“
PRESCRIZIONE, PUNTUALE
IL PIANTO DEL GIORNO DOPO
DOPO LA BEFFA DI CASALE IL GOVERNO RILANCIA: “DOBBIAMO FARE PRESTO”
di Luca De Carolis
L
a promessa del giorno
dopo: “La giustizia
deve essere tempestiva, non possiamo cedere davanti alla prescrizione. I
processi devono essere veloci e
giusti”. Il milionesimo tweet di
Matteo Renzi è un annuncio che
è una toppa fuori tempo, figlia
anche delle prime pagine sul
processo Eternit. Nessun colpevole per i tremila morti di
amianto, zero risarcimenti ai parenti. Ha vinto la prescrizione,
spugna a norma di legge. E allora
il premier finora inerte monita.
“Vanno cambiate le regole sulla
prescrizione perché non è possibile che le regole facciano saltare la domanda di giustizia” si
lamenta in un’intervista alla radio Rtl. Più tardi, in Senato, il capogruppo del Pd Luigi Zanda:
“Dissento fortemente dal modo
in cui la legge è stata interpretata,
abbiamo il dovere di rimettere
mano alle regole della prescrizione”. Pare anche un messaggio
a Ncd (e a Forza Italia): bisogna
sbrigarsi, e i numeri per fare in
fretta possono trovarsi anche
bussando all’opposizione. Poi
c’è la nota del dem Pietro Grasso,
presidente di palazzo Madama
ed ex magistrato: “Un principio
che con il solo passaggio del tempo determina l’impunità non mi
pare equo, la legge sulla prescrizione è sbagliata e va cambiata”.
A danno fatto, si ripartirà in
commissione Giustizia alla Camera, dalle diverse proposte di
legge sul tema. Ferme da mesi e
mesi, prima che arrivasse la vergogna Eternit. “Si inizierà la
prossima settimana, faremo di
tutto perché si arrivi a una rapida
NELLA PALUDE
Eppure le norme
erano già state
accantonate
quando si discusse
sulla riforma
della giustizia
approvazione” giura il ministro
della Giustizia Andrea Orlando.
Ma a grattare via la retorica c’è la
realtà, quella dei ritardi del governo Renzi. La maggioranza ha
bloccato ddl ed emendamenti
sulla prescrizione, in entrambe
le Camere: un po’ per distrazione, molto per calcolo. Perché chi
tocca la principale causa di estinzione dei processi può irritare
Alfano e certamente fa infuriare
Berlusconi. Si è ancora fermi
all’articolo 175 del codice penale, guarda un po’ ritoccato in
peggio da quella legge ex Cirielli
del 2005 cara al Caimano. “La
prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al
massimo della pena edittale stabilita dalla legge” recita la norma. Prima dello stravolgimento
berlusconiano, il tempo era calcolato per fasce di reati.
MA IL GOVERNO non se ne è
dato pena. E dire che il 29 agosto
il Consiglio dei ministri aveva
approvato un disegno di legge
che fermava il decorrere della
prescrizione dopo la sentenza di
primo grado. Ma di quel ddl che
113.057
Prescritti
nel 2012
dovrebbe riformare un bel pezzo della giustizia penale si sono
perse le tracce. Nel frattempo,
bloccate le altre proposte. La
prima in ordine di tempo è quella dei Cinque Stelle, primo firmatario Andrea Colletti, presentata nell’estate 2013. “Prevede lo stop alla prescrizione già
dal rinvio a giudizio, sarebbe
una riforma di sistema che incentiverebbe il ricorso al patteggiamento e ai riti alternativi”
spiega Colletti. Sarebbe un bel
risparmio di tempo e di denaro.
“Ma la presidente della commissione Giustizia DonatellaFerranti (Pd) ha fermato tutto in attesa del ddl sul governo”. Mai
435
Salvati
in Cassazione
18.592 20.246
Salvati
in Appello
Salvati
in primo grado
INGIUSTIZIA
Cartelli fuori dalla Cassazione contro uno dei proprietari della Eternit, prescritto. A lato, Davigo Ansa
arrivato. Ora la palla torna alla
commissione, dove c’è anche un
ddl a firma Ferranti (prescrizione bloccata dopo la sentenza di
primo grado, se di condanna).
Proprio la deputata dem due
giorni fa sibilava sul Sole 24 Ore:
“Il governo non faccia il convitato di pietra e intervenga”. Pesa, il tempo perduto. “Si poteva
fare tutto mesi fa in Senato, approvando il ddl anticorruzione”
ricorda il civatiano Felice Cas-
son, firmatario di emendamenti
che riformano la prescrizione
sottoscritti anche da 5Stelle, Sel
ed ex M5S. “Uno prevede lo stop
dopo il rinvio a giudizio, l’altro
dopo la sentenza di primo grado” precisa. Ma il testo reintroduce il falso in bilancio e pone
norme severe sull’autoriciclaggio. Una bomba, per la maggioranza. “Hanno fermato tutto
per non spaccarsi, si può dire
che la responsabilità maggiore
per il caso Eternit è del Parlamento e del governo” conclude
Casson. Maurizio Buccarella
(M5S): “Il tempo trascorso conferma i nostri sospetti, certe
FUORI TUTTI
BERLUSCONI
ANDREOTTI
PENATI
BOLZANETO
SCAJOLA
Il principe
Il nazista
delle scorciatoie delle Ardeatine
Il Divo Giulio
e la mafia
Il Pd salvato
dal tempo
La scampano
in ventotto
L’affare
al Colosseo
SILVIO BERLUSCONI era accu-
IL SETTE VOLTE presidente del
FILIPPO PENATI, ex presiden-
COSÌ LA CASSAZIONE: a Bolzaneto si è verificato “l’accantonamento dei principi-cardine dello Stato di diritto”. Questo uno dei passaggi delle motivazioni della sentenza del 14
giugno 2013. Cento pagine che
confermano gli abusi avvenuti
nella “prigione provvisoria”
dal 20 al 23 luglio 2001 durante
il G8 di Genova. Per quelle violenze il 5 marzo 2010 la Corte
d’Appello aveva confermato la
sentenza di primo grado a carico di quattro imputati mentre ha dichiarato il non doversi
procedere per intervenuta prescrizione per altri 28 imputati.
Una richiesta di non luogo a
procedere fatta già dai pm. Alla
fine dei tre gradi di giudizio le
condanne sono state 7, 4 le assoluzioni e 33 le prescrizioni.
ASSOLTO in primo grado e
sato di aver corrotto l’avvocato
inglese David Mills con un “regalo” da 600 mila dollari in
cambio di testimonianze reticenti ai processi milanesi per le
tangenti alla Guardia di finanza e All Iberian. Il 25 febbraio
2012 il Tribunale di Milano lo
proscioglie perché il reato è
prescritto. Secondo il giudice la
prescrizione è intervenuta anche per via della “dichiarazione
di ricusazione” del collegio
presentata dall’ex premier il 27
gennaio e respinta il 23 febbraio. La ricusazione “ha costituito l’ostacolo finale - aveva
osservato il giudice Francesca
Vitale – alla tempestiva definizione, almeno in primo grado,
del processo”. La sentenza diventa definitiva il 9 luglio 2012.
PRIEBKE
IL GERARCA NAZISTAErich
Priebke, accusato della strage
del 24 marzo del 1944 passata
alla storia come l’eccidio delle
Fosse Ardeatine, ottiene la
scarcerazione nel 1996 perché
il tribunale militare di Roma
dichiarò estinto il reato per intervenuta prescrizione disponendo la scarcerazione. La sentenza non fu mai eseguita. Poche ore dopo l’ex SS venne
riarrestato per una richiesta di
estradizione presentata dalla
Germania. La Cassazione, il 15
ottobre 1996, annullò la decisione del tribunale e dispose
un nuovo processo: in primo
grado Priebke fu condannato a
15 anni. Nel 1998 l’Appello lo
condannò all’ergastolo. Per
l’età Priebke andò ai domiciliari. Morirà l’11 ottobre 2013.
Consiglio Giulio Andreotti
viene processato per associazione a delinquere. Il 23 ottobre 1999 il primo grado lo assolve con il comma 2 dell’articolo 530 cpp, la vecchia insufficienza di prove. La sentenza
d’Appello del 2 maggio 2003
proclama la prescrizione per i
fatti fino al 1980. Per quelli Andreotti è accusato di associazione a delinquere semplice. I
giudici confermano i contatti
con Cosa nostra, ma giudicano
quei fatti penalmente prescritti. Per gli episodi successivi al
1980 il senatore a vita, morto il
6 maggio 2013, viene assolto
utilizzando sempre la vecchia
formula dell’insufficienza di
prove. La Cassazione conferma
l’Appello il 15 ottobre 2004.
te della Provincia di Milano,
già nella segreteria Pd, viene
prescritto dal reato di concussione nel processo sul cosiddetto “sistema Sesto”. Il 27
febbraio 2014 la prescrizione
diventa definitiva. Il 22 maggio 2013 i giudici del Tribunale di Monza avevano dichiarato la prescrizione per la concussione. Penati era accusato
di presunte tangenti legate alle
aree ex Falck e Marelli di Sesto
San Giovanni. In quello stesso
giorno Penati annunciò: “Farò
ricorso in Cassazione per annullare la prescrizione”. Il ricorso sarà respinto dalla Cassazione. Inoltre la Sesta sezione penale ha condannato
l’esponente del Pd al pagamento delle spese di giudizio.
prescritto in Appello. Questo
l’iter giudiziario dell’ex ministro dello Sviluppo Economico
Claudio Scajola accusato di finanziamento illecito in ordine
all’acquisto di un appartamento in zona Colosseo. Secondo
l’accusa, l’allora esponente del
Pdl, nel 2004, ottenne da un
imprenditore circa un milione
di euro per acquistare l’immobile. In primo grado l’assoluzione perché secondo il giudice
monocratico l’ex ministro “era
inconsapevole” di quanto accaduto. Nei confronti di Scajola il
procuratore generale, Otello
Lupacchini, aveva sollecitato
una condanna a tre anni. Sul
caso interviene la prescrizione.
Da qui la decisione della Corte
di non luogo a procedere.
CHIACCHIERE
il Fatto Quotidiano
GIANFRANCO FINI (2013)
Quando incontrai
Berlusconi con Letta,
voleva solo che accorciassi
i tempi per la prescrizione
dei reati
“
ANDREA ORLANDO (2014)
È necessario assicurare
l’effettivo svolgimento dei
giudizi anche intervenendo
incisivamente sulla disciplina
della prescrizione
“
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
IL MATTINALE (2014)
Ritoccare i termini
della prescrizione,
diventerebbe
l’autorizzazione alla
tortura inqualificabile
“
3
MATTEO RENZI (2014)
Vanno cambiate le
regole sulla prescrizione
perché non è possibile che
le regole facciano saltare
la domanda di giustizia
“
PORTE APERTE
Scappare dal processo
Specialità tutta italiana
SOLO DA NOI LE LEGGI CONSENTONO DI ALLUNGARE I TEMPI PER FARLA FRANCA
di Piercamillo Davigo
I
norme non si possono approvare perché contrarie al patto del
Nazareno”. E pazienza per la
prescrizione, su cui anche in Senato l’M5S ha presentato un ddl.
Un altro dem, Massimo Caleo:
“Ci impegniamo ad approvare
in commissione il testo sui reati
ambientali”. Un ddl che ritocca
verso l’alto i tempi di prescrizione. Dalla maggioranza è tutto un
promettere. Ma Giuseppe Civati è caustico: “Leggendo Renzi
viene dire alla buon’ora presidente!”. E Antonio Ingroia:
“Con quale credibilità parla di
prescrizione se ancora non c’è la
riforma della giustizia?”.
LATELLA
Il killer che
confessò tardi
INCASTRATO da un’impronta
sull’auto trovata 33 anni dopo,
ma salvato dalla prescrizione.
Troppo tempo è passato dal
quel 1975 quando un gruppo
criminale sequestrò nel Comasco Cristina Mazzotti, 18 anni,
figlia di un noto imprenditore.
Due mesi dopo il corpo della
ragazza fu trovato senza vita.
Per quel caso ci furono cinque
condanne. Poi nel 2008, le
nuove tecnologie individuarono altri tre componenti il commando. Tra questi Demetrio
Latella, alias Luciano, uomo
del clan Epaminonda. Quando
bussarono alla sua porta, Latella non negò. “Da giovane ho
avuto cinque anni di follia. È
vero, quell’impronta è mia perché sono stato io” . Reo confesso, ma prescritto nel 2012.
l sistema vigente in Italia di prescrizione del reato è a dir poco
singolare e la sua scarsa ragionevolezza è stata accentuata dalla
riforma di cui alla legge 5 dicembre
2005, n. 251 (cosiddetta ex Cirielli), sicché anziché contribuire alla ragionevole durata del procedimento ne determina l’allungamento. La legge fissa un termine, superato il quale il reato si prescrive. Tale termine è di 6 anni dalla data del commesso reato per i delitti puniti con pena fino a 6 anni (minore per
le contravvenzioni) e pari alla pena
massima prevista per il delitto per le pene superiori (i delitti puniti con la pena
dell’ergastolo sono imprescrittibili).
Il compimento di determinati atti (ad
esempio l’interrogatorio dell’indagato,
le sentenze di condanna in primo o secondo grado) interrompe il decorso del
termine di prescrizione, che ricomincia
a decorrere dall’inizio.
Però, tranne che per
determinati reati o per
i recidivi, “in nessun
caso
l’interruzione
della prescrizione può
comportare l’aumento
di più di un quarto del
tempo necessario a
prescrivere” (in precedenza il tetto era della
metà).
(...) Il pubblico ministero, allorché riceve
notizia di un reato il
cui termine di prescrizione è ad esempio di 6 anni, commesso
5 anni prima, dovrà procedere interrompendo il decorso della prescrizione,
ma gli resteranno 2 anni e 6 mesi per
procedere alle indagini preliminari,
all’eventuale udienza preliminare e ai
giudizi di primo grado, appello e Cassazione.
(...) Un simile sistema di prescrizione
diviene infatti un potente incentivo per
condotte dilatorie e per la presentazione di impugnazioni pretestuose da parte degli imputati o dei loro difensori,
perché, se si riesce a far passare il tempo
previsto dalla legge, si evita la condanna.
Una diversa normativa, basata sul principio che, una volta iniziato il procedimento (rinvio a giudizio, o se proprio si
vuole, almeno dopo la condanna in primo grado) la prescrizione cessa di decorrere (come avviene nel procedimento civile), o che, quantomeno, preveda
limiti più elevati conseguenti all’interruzione e alla sospensione, farebbe venir meno l’interesse dell’imputato a
prolungare il procedimento e quindi, in
definitiva, concorrerebbe a ridurre la
durata dei processi. Tanto più che la
prescrizione è ambita più dagli imputati
colpevoli che da quelli innocenti.
ln altri paesi (ad esempio Usa a livello
federale) la prescrizione (tranne che per
i reali imprescrittibili) è di 5 anni, ma
cessa di decorrere dopo la richiesta di
rinvio a giudizio. È questa l’ovvia via
maestra. Infine, pur essendo la prescrizione rinunciabile da parte dell’imputato, non vi sono apprezzabili conseguenze (neppure di biasimo morale)
per chi, ricoprendo cariche elettive, se
ne avvalga in spregio all’articolo 54 del-
la Costituzione, che impone ai cittadini
che ricoprono cariche pubbliche il dovere di adempierle “con disciplina e
onore”. Vi è disciplina e onore nel ricercare la prescrizione e nell’avvalersene?
La cosa che più sorprende è che la prescrizione continua a decorrere anche
quando l’impugnazione sia proposta
dal solo imputato condannato (che spera che prima della nuova sentenza scadano i termini, con relativo proscioglimento). Non è facile spiegare agli stranieri perché, se è l’imputato a dolersi
della decisione, può godere anche del
vantaggio del decorrere della prescrizione, con cui sperare di farla franca
prima della nuova sentenza.
Le possibilità dilatorie
(Come scappare)
Il vigente codice di procedura penale si
fonda sul principio (successivamente
inserito nell’art. 111 della Costituzione)
MODELLI UTILI
Negli Stati Uniti, dove
è fissata a cinque
anni, cessa
di decorrere
dopo la richiesta
di rinvio a giudizio
della formazione della prova innanzi al
giudice nel contraddittorio delle parti,
salvo che per gli atti irripetibili e per
quelli di cui le parti consentano l’acquisizione al fascicolo del dibattimento.
Stante la disciplina della prescrizione, è
raro che la difesa consenta l’acquisizione di atti, anche quando non vi è alcuna
concreta esigenza di ripetere l’assunzione della prova. Ad esempio, in un processo per ricettazione di assegni, di solito non potrà essere acquisita la denunzia di furto o di smarrimento del libretto
degli assegni, ma il denunciante dovrà
essere citato come testimone, per dichiarare che ha presentato tale denunzia.
Un altro esempio è l’esame testimoniale
degli appartenenti alle forze di polizia, i
quali sono di solito i testi d’accusa. La
loro attività ordinaria (quella dei processi comuni) è ripetitiva e raramente
costoro, a distanza di mesi o di anni, sono in grado di ricordare i particolari relativi a uno scippo o a un borseggio. Peraltro essi documentano il loro operato
in annotazioni di servizio, delle quali
non è consentita l’acquisizione al fascicolo del dibattimento se non con il consenso delle parti.
Pertanto è necessario citarli (mancando
normalmente il consenso della difesa
all’acquisizione delle annotazioni di
servizio) per poi vederli consultare gli
atti da loro redatti in aiuto alla memoria
(...).
Le impugnazioni
non pagano dazio
In Italia nel processo penale impugnare
conviene perché non si corrono rischi,
in quanto vi è il divieto di peggiorare la
posizione dell’imputato se è
solo lui appellante, e non anche il pubblico ministero. La
Corte d’appello non può aumentare la pena inflitta in
precedenza, pertanto
non vi sono rischi a
proporre appelli
infondati e dilatori.
Attualmente perché in
Italia l’imputato
condannato a una pena da eseguire non
dovrebbe
appellare? Se
è detenuto,
può uscire per
decorrenza
termini; se è
invece libero,
non andrà in
carcere fino a
sentenza definitiva.
Dopo l’appello, ci si può
rivolgere alla Corte di
Cassazione. Alla fine di
questa lunga corsa a
tappe, dopo aver scalato tutti i gradi, si
può sempre sperare nella prescrizione
(...). La soluzione va trovata nell’autoregolamentazione, introducendo dei rischi a carico di ch i propone impugnazioni infondate e meramente dilatorie.
In pratica, si deve consentire la reformatio in peius in appello, in modo da introdurre una qualche deterrenza e ricondurre il numero di impugnazioni a livello di quello di altri paesi .
Come funziona
nel resto del mondo
Il confronto con altri Stati è infatti impietoso per l’Italia. Sono poco più di 37
mila gli appelli pendenti in Francia (dove non vi è il divieto di reformatio in peius)
a fine 2009, contro i “nostri” 169 mila. La
Corte di Cassazione francese è investita
di circa 8 mila ricorsi all’anno, con un
centinaio di avvocati abilitati alle giurisdizioni superiori (meno che nella sola
città di Rieti). In Italia i ricorsi in Cassazione penali sono circa 50 mila l’anno,
quasi altrettanti nel civile e gli avvocati
iscritti all’albo delle giurisdizioni superiori sono circa 50 mila (...).
Negli Usa vi sono gli ordinamenti di 50
Stati, quello federale ordinario e quello
federale militare (...) Nel 2010, sono stati
appena 12.797 gli appelli che, provenienti dalle Us District Courts, sono stati
giudicati dalle US Courts of Appeals, con
una riduzione del 7 % rispetto al 2009.
Per quel che riguarda la Corte suprema
degli Stati Uniti, nel 2009 solo 8.159 casi
(civili e penali) sono approdati all’esame della più alta istanza giudiziaria
americana con un aumento del 5,4 % rispetto all’anno precedente. Di questi,
peraltro, solo una piccolissima parte
viene esaminata, essendo necessario che
almeno 4 dei 9 giudici chiedano di esaminare il ricorso.
In Italia il ricorso
è sempre possibile
(In Italia) il ricorso per Cassazione, secondo l’articolo 111 della Costituzione,
è sempre ammesso contro le sentenze e
i provvedimenti sulla libertà personale.
Ne l 2013, a fronte di quasi 53 mila ricorsi in materia penale, il 15,9 % dei procedimenti è stato definito con decisione
di rigetto e il 17,7 % con annullamento
(con rinvio nel 9,9 % dei casi, senza rinvio nel 7,8 %). Il 64,3 % dei definiti è stato
dichiarato inammissibile .
In caso di inammissibilità viene di solito
inflitta una sanzione pecuniaria (normalmente mille euro a favore della Cassa delle ammende), ma una percentuale ridicolmente bassa delle relative
somme viene effettivamente riscossa,
posto che la maggior parte degli
imputati non risulta intestataria di beni su cui eseguire coattivamente la sanzione (...).
Una peculiarità italiana è
l’elevato numero di
ricorsi per Cassazione proposti contro le sentenze di
applicazione
pena
(patteggiamento). Infatti il 14,9 %
dei ricorsi riguarda sentenze di patteggiamento,
rispetto
alle
quali la funzione
quasi
esclusivamente dilatoria del ricorso è evidente.
Amnistie e indulti
ad alta frequenza
In Italia fra il 1942 e il 1986 vi erano
stati circa 35 provvedimenti di amnistia (che estingue il reato) e indulto
(che estingue la pena). (...) Nel 1990, dopo l’entrata in vigore del codice di procedura penale vi fu un’amnistia. Successivamente vi è stato un indulto nel 2006
e recentemente si è tornati a proporre un
provvedimento di indulto a fronte del
problema del sovraffollamento delle
carceri. In altri paesi l’amnistia è un
provvedimento di carattere eccezionale
e piuttosto raro.
Qualche tempo dopo l’entrata in vigore
del codice accusatorio, alcuni giudici
della California vennero in Italia e parteciparono a un incontro organizzato
dall’Associazione nazionale magistrati
a Milano. Erano interessati a comprendere perché in Italia fosse così ridotta la
percentuale di patteggiamenti e furono
loro indicate le varie cause. Costoro, che
avevano compreso benissimo anche
questioni complesse, quando si indicò il
frequente ricorso all’amnistia, chiesero
più volte all’interprete di ritradurre.
Dopo una consultazione fra loro chiesero se fosse qualcosa di analogo al perdono presidenziale, ma fu risposto che
quello corrisponde in Italia alla grazia,
mentre l’amnistia è una legge che perdona tutti. Vi fu una nuova consultazione fra loro seguita da ampi sorrisi e dissero che avevano capito: stavamo facendo loro uno scherzo.
Il solo parlare di amnistia o indulto, come avvenuto ancora di recente, riduce le
richieste di riti alternativi e incentiva ulteriormente i comportamenti dilatori e
le impugnazioni. Infatti se la sentenza
diviene definitiva il condannato deve
scontare la pena, ma se riesce a differire
il passaggio in giudicato della sentenza
potrebbe arrivare un provvedimento di
clemenza (...). Sotto questo profilo la
modifica del sistema di prescrizione e
l’introduzione di adeguati rischi alla
proposizione di impugnazioni dilatorie
è indispensabile per cercare di dare efficienza e dignità al processo penale.
(da Micromega n. 7/2014)
4
PRESCRIVETECI TUTTI
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
Imorti
n Italia 64 mila
all’anno
per le polveri sottili
L’ITALIA non è messa bene. Non si parla, per una volta, di conti pubblici, ma
della situazione ambientale: il nostro è
infatti il Paese in Europa con il più alto
numero di morti premature per inquinamento da ozono con circa 3.400 vittime all’anno. Lo certificano i dati dell’ultimo rapporto Air Quality 2014
il Fatto Quotidiano
dell’Agenzia europea dell’Ambiente.
Quanto alle vittime da polveri sottili, invece, siamo “solo” secondi dietro la Germania: questa partita, però, vale l’enormità di 64mila decessi l’anno. È la ricca
pianura padana, ovviamente, la zona più
inquinata, assediata soprattutto da polveri sottili e ossidi di azoto.
“Un colpo di tosse e qui
si pensa al mesotelioma”
IL CORTEO FUNEBRE DI CASALE MONFERRATO: “ETERNIT, QUANTE VOLTE CI DEVONO
ANCORA UCCIDERE? STAVOLTA CI HANNO SCONFITTI, MA NON CI ARRENDIAMO”
di Gianni
Barbacetto
inviato a Casale Monferrato (Al)
A
spettare. Non la
giustizia, non più,
ma il prossimo funerale. Sapendo
che ce ne saranno molti, da
qui al 2025. L’unica certezza
che resta è che si continuerà a
morire. La mattina dopo la
sentenza della Cassazione, a
Casale Monferrato si riunisce
una manifestazione spontanea che percorre le strade e
arriva in piazza. Ci sono gli
studenti, gli insegnanti, i cittadini. In prima fila, il sindaco
Titti Palazzetti e i primi cittadini dei paesi del Monferrato, tutti con la fascia tricolore. “Eternit: quante volte ci
devono ancora uccidere?”, sta
scritto sui fogli che tanti tengono in mano. Non un grido,
non uno slogan. Un silenzio
irreale. Sembra, più che una
manifestazione, un funerale. E
infatti le panche della piazza
sono coperte da drappi neri e
il sindaco ha indetto non uno
sciopero, ma il lutto cittadino.
Anche chi parla, chi manifesta
la sua indignazione, lo fa sottovoce. “È una sentenza vergognosa”, sussurra Pietro, 20
anni di lavoro in Eternit, la
fabbrica dei veleni. “Del mio
reparto, sono l’unico rimasto
vivo. Per ora”. Luciano Bortolotto, sindacalista, spiega che
qui “quando ti viene la tosse e
qualche linea di febbre, non
pensi all’influenza, ma al mesotelioma”, il cancro provocato dalle fibre d’amianto. Non
corri in farmacia a comprare
l’aspirina, ma a fare gli esami
che ti dicono se sei sommerso,
o salvato.
COME NELLE TERRE dove si
sono combattute guerre etniche e faide mortali, a Casale
non c’è famiglia che non abbia
un padre, una madre, un nonno, uno zio, un figlio, un amico caduti in questa guerra. Ma
qui tutto è avvenuto senza che
le vittime neppure si accorgessero di essere in guerra, esercito disarmato colpito in silenzio dal giro del vento. Romana
Blasotti Pavesi, la donna simbolo della resistenza ai padroni dell’Eternit, in famiglia ha
cinque caduti, a partire dal
marito, prima vittima riconosciuta dell’amianto, nel 1982.
Dapprima erano gli operai e
gli impiegati della Eternit ad
ammalarsi e morire. Erano
duemila dipendenti negli anni
Settanta, la più grande fabbrica d’Europa dove si lavorava
l’amianto. Le fibre invisibili
volavano nell’aria, arrivavano
in dono alle donne che lavavano le tute dei mariti, attraversavano la cittadina sul trenino che portava il materiale
alla fabbrica. Nei primi anni
Ottanta, arrivano le prime indagini epidemiologiche, per
scoprire ciò che già si sapeva e
cioè che le fibre di amianto
provocano il cancro. Comincia a morire anche chi non ha
mai lavorato alla Eternit. Il
vento fa il suo giro. Il “polverino”, materiale di scarto
della lavorazione, viene diffuso generosamente in città per
pavimentare cortili, per coibentare solai, per asfaltare
campi sportivi. Come quello
su cui giocava a pallavolo Gabriella, la mamma di Paolo
Liedholm che oggi è uno dei
legali, sconfitti, delle parti civili. “L’avvocato Franco Coppi
ha salvato Andreotti, ha salvato Berlusconi e ora anche lo
Svizzero, il padrone della Eternit”, protesta in piazza Miriam,
“ma come possono andare in
prescrizione omicidi che continuano e continueranno per
anni? Matteo Renzi venga qui
a Casale, invece di andare dalla
D’Urso e dire parole a vanvera
sulla prescrizione”. È il sindaco a chiedere ufficialmente un
incontro con il presidente del
Consiglio. “Speravamo che la
Cassazione mettesse la parola
fine a questa vicenda”, dice
Maria Gaviati, insegnante, un
cugino e un cognato morti di
mesotelioma, “ma speravamo
fosse una fine giusta. Invece è
stato un azzeramento”.
Attenti al polverino è il titolo di
una fiaba scritta da Assunta
Prato, moglie di Paolo Ferraris,
assessore regionale anch’egli
morto di amianto. Per tenere
viva l’attenzione sulle fibre killer, Assunta ha ideato anche
un racconto a fumetti, Eternit,
dissolvenza in bianco. Ora che
tutto sembra finito, ci tiene a
dire che invece la battaglia
continua. Nelle scuole, dove
gli insegnanti fanno fare ricerche,
temi,
interviste
sull’amianto. “E sabato 29 novembre inaugureremo nel liceo di Casale un’aula interattiva multimediale sulla storia
dell’Eternit”.
FEDERICA è una giovane stu-
dentessa, racconta con fierezza
la campagna “Mettete una
bandiera sui vostri balconi”,
per invitare a esporre il tricolore con la scritta “Eternit: giustizia!”. Ora sembra una richiesta sconfitta. “Eppure sapeva, lo Svizzero, sapeva”, raccontano in piazza, a bassa voce. “Il padrone dell’Eternit cer-
PIETRO
“Vergogna. Ho lavorato
per vent’anni
in quella fabbrica: sono
per ora, l’unico
sopravvissuto
del mio reparto”
cò di pilotare le informazioni
che si stavano diffondendo, di
minimizzare gli allarmi, di
non far uscire da Casale le denunce. Per questo fece un contratto con un’agenzia di pubbliche relazioni di Milano, la
Bellodi, a cui era affidato anche il compito di ‘cooptare’ i
giornalisti. E infilò perfino una
spia stipendiata, Cristina Bruno, nel nostro comitato. Poi,
quando non riuscì più a fermare le proteste, lo Svizzero
cominciò a proporre risarcimenti, prima solo agli ex dipendenti, infine a tutti i cittadini colpiti dal mal d’amianto, 30 mila euro a testa. Molti
hanno accettato”.
Ne sono morti già 2 mila. Altri
700 sono malati. “Facciamo
uno o due funerali la settimana”. A chi toccherà, nei prossimi mesi, nei prossimi anni?
La probabilità statistica è democratica, non bada a privilegi di ceto o di casta. È soffiata
nel vento, a Casale e nel Monferrato. “Ma qui non ci fermiamo. Non ci fermeremo neanche adesso che sembriamo
sconfitti”, promette Luciano.
E pensa agli altri luoghi d’Italia
dove si muore in silenzio, senza reagire. A Broni, per esempio, nell’Oltrepò pavese, dove
funzionava un’altra fabbrica
d’amianto, la Fibronit. Lì ci sono in percentuale più morti di
mesotelioma che a Casale, ma
quasi nessuno si alza a contrastare il vento.
Lo sfregio degli avvocati:
“La vittima è l’imputato”
I RUOLI invertiti. L’assurda beffa che prende corpo nelle parole dei legali. L’imputato
svizzero Stephan Schmidheiny sarebbe
“vittima di un pregiudizio della magistratura italiana che ha voluto nei processi di
primo e secondo grado a tutti i costi individuare in lui il responsabile di una strage”, sono le parole usate mercoledì sera
Franco Coppi
nell’arringa dell’avvocato Astolfo Di Amato, nel collegio difensivo insieme a Franco Coppi. Dopo aver
sentito queste parole i tanti familiari delle vere vittime si
sono indignati: “Ha detto anche che Schmidheiny non è stato
insensibile al dolore e alla sofferenza dei nostri morti, ma che
ha condiviso la nostra sofferenza”, riporta Daniela Degiovanni, oncologa casalese. Contattato telefonicamente l’avvocato precisa: “Ho detto che quelle sentenze sono state il
frutto di un pregiudizio dei magistrati. Schmidheiny è l’unico
vivente di quelli che si sono succeduti alla guida dell’azienda.
Era un capro espiatorio nonostante le prove della sua innocenza”.
an.gi.
La procura insiste: 256 omicidi dolosi
NUOVA ACCUSA DEI PM TORINESI: “È IMPRESCRIVIBILE”. GUARINIELLO: “BISOGNA DARE RISPOSTE AI CITTADINI”
di Andrea
Giambartolomei
ma i pm aspettavano le ultime consulenze degli esperti sui vetrini con i
campioni dei polmoni dei pazienti
desso l’accusa è più grave: omiper verificare che si trattasse di mesotelioma.
cidio doloso continuato e pluriaggravato. Pena massima prevista:
Nel frattempo altre persone sono
morte. Da giugno a ieri si sono agl’ergastolo. Possibilità di prescrizioni:
limitate. Dopo l’annullamento della
giunti altri quaranta casi: uno morto il
condanna a 18 anni di Stephan IL PRIMO della lista è un operaio di 21 gennaio 2014, uno il 22 febbraio
Schmidheiny, da parte della Cassa- Cavagnolo scomparso nel 1989, gli 2014, uno il 28 febbraio, poi ancora
zione, per la prescrizione del reato, la ultimi sono della prima metà del un decesso il 26 aprile e un altro il 10
procura di Torino è tornata alla ca- 2014. C’è pure una donna di circa maggio 2014. Altri trenta casi più rerica. Ieri i sostituti procuratori Gian- trent’anni che non ha mai messo pie- centi giunti alla procura al momento
franco Colace e Raffaele Guariniello de in uno stabilimento eppure ha re- non rientrano in questa nuova indahanno firmato e poi inviato agli av- spirato la fibra killer diffusa nell’aria. gine. Ieri, dopo la sentenza della Casvocati Astolfo D’Amato e Guido Al- L’indagine era pronta quest’estate, sazione di mercoledì sera, i pm hanno
leva l’avviso di chiusura
definito l’imputazione
nel dettaglio. L’ipotesi
dell’indagine “Eternit bis”
su 256 morti per mesoteè questa: Stephan
STRAGE CONTINUA
Schmidheiny è indagalioma, il tumore inguaribile provocato dall’amianto di omicidio doloso
Le ultime vittime
to. “La giustizia non è un
perché era a conoscensogno. Possiamo essere
za della pericolosità
il 21 gennaio 2014,
dell’amianto e non ha
grandi e fini giuristi, ma
il 22 e 28 febbraio,
bisogna dare delle risposte
posto nessun rimedio,
ai cittadini”, dice Guarima “ometteva inforpoi ancora un decesso
niello.
mazione circa i rischi
Di questi morti 66 sono ex
dell’amianto e anzi
il 26 aprile e un altro
lavoratori esposti tra il
promuoveva un’opera
il 10 maggio scorso
Raffaele Guariniello LaPresse di
disinformazione
1976 e il 1986, cioè da
Torino
A
quando il manager svizzero ha preso
le redini della sezione italiana
dell’Eternit fino al fallimento. Poi ci
sono alcuni loro familiari dei lavoratori e anche semplici cittadini di
Cavagnolo (Torino) e Casale Monferrato (Alessandria).
impedendo ai cittadini la difesa”. Per
la procura Schmidheiny diceva che le
bonifiche erano state fatte e che le ricerche mediche non evidenziavano
rischi. Inoltre aveva ingaggiato un
esperto di relazioni pubbliche per allontanare dalla sua persona ogni sospetto e per occultare le proprie responsabilità.
IL REATO sarebbe continuato, perché
commesso in un lungo periodo,
un’“epidemia dilatata nel tempo”. Infine sarebbe pluriaggravato perché
compiuto “con un mezzo insidioso”,
quel veleno che è l’amianto, e con motivi abietti “per aver commesso il fatto
per mero fine di lucro”. Nello scrivere
“415 bis” i pm si sono appoggiati alle
motivazioni della sentenza d’appello
che ha posto dei punti fermi sulle responsabilità dello svizzero. In procura
si sostiene che la nuova ipotesi sia
“praticamente imprescrivibile”. La
difesa adesso avrà a disposizione venti
giorni di tempo per depositare una
memoria difensiva: “Prima dobbiamo studiarci le carte – afferma il legale Astolfo di Amato –. Sono certo
che Schmidheiny sia innocente”.
LUTTO NAZIONALE
il Fatto Quotidiano
SONO 44 I SITI ITALIANI A RISCHIO
DA TARANTO A BRONI: DOVE SI MUORE
Nei siti italiani a rischio per l’inquinamento ambientale – i cosiddetti siti di interesse nazionale per
le bonifiche (Sin) – è confermato un eccesso di incidenza per cancro pari al 9% negli uomini e al 7%
nelle donne. In queste aree, 44 in totale, si registra,
dunque, un eccesso di mortalità, ricoveri e casi di
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
5
tumore, mentre nei luoghi dove vi è stata lavorazione dell’amianto aumentano i casi tumorali di
mesotelioma pleurico polmonare. Da Casale Monferrato a Taranto, da Gela a Broni, si conferma insomma alto il rischio per la salute dei cittadini. È
questo il quadro che emerge dall’ultimo aggiornamento disponibile del Rapporto Sentieri sugli insediamenti a rischio da inquinamento.
E IL PARLAMENTO SI APPRESTA
AD “ABOLIRE” I REATI AMBIENTALI
ORA SI CHIEDE L’APPROVAZIONE RAPIDA DEL “DDL REALACCI”, MA ECOLOGISTI
E MAGISTRATI HANNO GIÀ DETTO CHE PEGGIOREREBBE SOLO LA SITUAZIONE
di Marco Palombi
È
GIUSTIZIA!
Volti di giovani casalesi ieri al corteo in
città contro la terribile sentenza della Cassazione Ansa
fatto
a mano
arrivato il momento
di approvare in Senato il ddl sui delitti
contro l’ambiente”.
Il renziano Ermete Realacci, che
di quella legge è il primo firmatario, la mette così: se ci fosse
stata, il processo Eternit sarebbe
finito diversamente. È solo la
voce più autorevole di un coro
che chiede l’accelerazione su
quel ddl, già approvato dalla
Camera e parcheggiato in Senato da mesi. Le cose, però, non
stanno proprio così: il ddl salvifico, se fosse approvato com’è,
sarebbe una sorta di pietra tombale su quel poco che resta del
contrasto ai reati ambientali.
Ha scritto il pm Maurizio Santoloci, esperto di reati ambientali, su dirittoambiente.net: “Che
vuol dire rilevante? Un concetto
astratto, che si presterà alle più
disparate interpretazioni”, creerà i soliti cumuli di “giurisprudenza controversa” con “effetto
deterrente e repressivo irrilevante”. Di più: il disastro è definito “l’alterazione irreversibile
dell’equilibrio dell’ecosistema”
o un danno “la cui eliminazione
SE QUEL TESTO fosse legge, le
difese dei 50 indagati nel “processo madre” sull’Ilva di Taranto – che riprende oggi davanti al
gup Wilma Gilli – potrebbero
legittimamente festeggiare. È
vero che, ad esempio, quel ddl
punisce tanto “l’inquinamento
ambientale” che il “disastro ambientale” con pene severe, ma è
anche vero che le fattispecie di
reato sono scritte in modo da essere sostanzialmente inapplicabili. Una sorta di rinuncia preventiva alla sanzione, un condono per via di insipienza legislativa. Vediamo perché. Ad oggi
l’inquinamento, ad esempio, sarebbe punibile solo in caso di
“compromissione o deterioramento rilevante” dell’ambiente.
Il renziano Ermete Realacci Ansa
TOGHE CONTRARIE
Scrive un pm esperto
della materia: per metà
sono “norme astratte
e inapplicabili”, per l’altra
“una brutta rivoluzione”
risulti particolarmente onerosa”
o “l’offesa della pubblica incolumità” per “l’estensione della
compromissione o per il numero
delle persone esposte”. Commenta Santoloci: “Tutti principi
e concetti sempre astratti, che si
prestano a prevedibili battaglie
giudiziarie infinite” destinate a
finire nel nulla.
AD APRILE, il pg di Civitavec-
chia, Gianfranco Amendola,
storico “pretore verde”, spiegò
un’altra grave lacuna a ilfattoquotidiano.it: il nuovo reato di disastro può essere contestato solo
nelle ipotesi in cui sia prevista
una “violazione di disposizioni
legislative, regolamentari o amministrative, specificamente
poste a tutela dell’ambiente”.
Insomma, si fa “dipendere la
punibilità di un fatto gravissimo
dall’osservanza o meno delle
pessime, carenti e complicate
norme regolamentari e amministrative esistenti”: ambiente e
salute, però, sono “beni costituzionalmente garantiti” e non
possono essere legati a questo o
quel codicillo amministrativo.
Questo senza contare la possibilità di “ravvedimento operoso” dell’inquinatore con riduzioni fino ai due terzi della pena:
nuove maglie in cui far sfuggire i
responsabili come se non fosse
già successo con decine di false
bonifiche di questi anni.
E non è finita perché – scrive ancora Santoloci – va letta “attentamente” la seconda parte del
ddl che “è una rivoluzione totale
(negativa) in tutto il settore degli
illeciti penali vigenti”. In sostanza si crea una corsia parallela
(all’acqua di rose) per “i reati
contravvenzionali” – che, in
materia ambientale, sono quasi
tutti, compresa la realizzazione
di una discarica abusiva – “che
non hanno cagionato danno o
pericolo concreto e attuale”.
Formula che comprende, a questo punto, tutti i comportamenti
criminosi ai danni dell’ambiente, il cui specifico è proprio il fatto che il danno si manifesta nel
tempo. “Scrivere una norma
preliminare del genere – spiega
Santoloci – vuol dire ignorare
totalmente la realtà storica e
giuridica”. Qui la chicca: per
“eliminare la contravvenzione”
per questi reati e uscirne immacolati basterà infatti rispettare le
prescrizioni... della polizia giudiziaria: insomma sarà la pattuglia della Forestale o dei Carabinieri a dare al responsabile le
“specifiche tecniche” e i “tempi
massimi” per rimettere tutto a
posto. “Il reato ambientale – è la
conclusione del pm – finisce a
tarallucci e vino”. Ne è convinto
anche Angelo Bonelli, portavoce dei Verdi: “Dopo la scandalosa sentenza Eternit, ora altri
processi per disastro ambientale
salteranno grazie al Parlamento.
Domani (oggi, ndr) saremo davanti al Tribunale di Taranto
per il processo Ilva: con le vittime pugliesi faremo un minuto
di silenzio per quelle di Casale”.
IL NIPOTE DI NILS LIEDHOLM
LA FIGLIA DELLA FORNAIA
IL DIRETTORE DEL “MONFERRATO”
“Mia madre giocava a pallavolo,
in palestra arrivava il polverino”
“Gli operai venivano a comprare
i panini da mamma, è così che...”
Scomparso prima dell’Appello,
ha raccontato la sua malattia
HA VISTO le udienze a Torino e pure quella di Roma: “Ho se-
È SEMPRE STATA in prima fila, una delle più combattive, ma
PER QUASI vent’anni lui è stato il direttore de Il Monferrato e
guito il pg e parte della discussione e poi sono ritornato a Milano. Ho ricevuto la notizia mentre ero in treno”. È stato un
choc. Il nipote del “Barone” Nils, Paolo Liedholm, praticante
avvocato di 26 anni, ha seguito l’Associazione dei familiari delle vittime dell’amianto (Afeva) e al processo Eternit ha dedicato la sua tesi di laurea nell’ottobre
2013: “Ora è da buttare, ma questo è
PAOLO L.
un’inezia rispetto al dolore di tutti
Lei non ha mai noi”. Il suo dolore personale è il lutto
per la scomparsa della madre, Gabrielmesso piede
la, scomparsa il 12 giugno 2008 a soli
49 anni per colpa del mesotelioma. Il
nello stabilimento.
caso di Gabriella è uno degli ultimi casi
Tutta la zona
prima dell’inizio del processo. “Mio
papà ha conosciuto mia mamma a Caera lastricata
sale Monferrato. Lei non ha mai messo
di polverino
piede nello stabilimento dell’Eternit e
quello che può avere portato alla malattia può essere il fatto che giocava a
pallavolo lì vicino – racconta il ragazzo – Tutta la zona e la pista ciclabile del Ronzone erano lastricati di ‘polverino’. Il quartiere era infestato dall’amianto”. La decisione della Suprema
Corte “è stata una sorpresa doppia. Ho intrapreso gli studi di
giurisprudenza specializzandomi nel diritto penale dell’ambiente. Questo dovrebbe permettermi di capire meglio il ragionamento dei giudici, ma in realtà la decisione mi sembra più
sconvolgente. Il tema centrale è il pericolo che esiste tuttora, di
cui le morti sono la realizzazione”.
da mercoledì sera non riesce a parlare. Può solo maledire.
Giovanna Patrucco è la figlia di una coppia di panettieri che
avevano il loro negozio a duecento metri dallo stabilimento
dell’Eternit. Siccome nella fabbrica non c’era la mensa gli
operai andavano sempre dai suoi genitori a comprare il pane. Ed è lì, nel negozio, che la madre ha
respirato la fibra killer trasportata dalle
GIOVANNA P.
tute blu degli operai. Per questo si è ammalata di mesotelioma ed è morta a 72
Seguivo
anni. “È una giornata pesante dal punto
l’udienza
di vista psicologico per tutti noi, mi fa
fatica andare a riprendere e raccontare i
a distanza, ma
fatti – dice la Patrucco – Scusatemi, ma
appena ho capito
ho bisogno di qualche giorno perché è
una cosa più grande di noi. Andare a riche aria tirava
vangare questa cosa... Abbiamo avuto
ho spento tutto
anche una cugina morta per l’amianto.
Io rappresento in piccolo la storia di
molti casalesi che hanno avuto più decessi in famiglia”. Mercoledì non era insieme agli altri concittadini aderenti all’Afeva andati al “Palazzaccio”: “Sono rimasta a lavorare e seguivo il dibattimento a distanza, ma appena ho capito come tirava l’aria ho preferito non seguire
più niente. Non mi sono mai arresa, ma il colpo è stato tremendo”. Una cosa tiene a precisarla: “Dica pure che sono
una delle tante che è sempre stata in prima fila e che oggi ho
augurato a quest’uomo (Schmidheiny, ma non ne pronuncia
il nome, ndr) di soffrire quello che abbiamo sofferto”.
su quelle pagine con i suoi colleghi ha raccontato le storie
della zona e dei suoi abitanti, delle loro lotte, dei processi e
pure delle tante morti. Poi il 25 gennaio 2011 i medici hanno
diagnosticato a Marco Giorcelli un “mesotelioma maligno
epiteliomorfo” e in quel momento lui stesso è diventato un
personaggio di quelle vicende collettive.
Se prima erano i suoi cronisti a seguire
MARCO G.
meticolosamente le storie, a quel punto
lui stesso si mette alla tastiera e scrive la
Ho vissuto
sua esperienza di malato: “Fino alla via testa bassa:
gilia di Natale, un mese prima, ho lavocon la passionaccia rato e vissuto a testa bassa: con frenesia,
fretta, con la passionaccia benedetta e
di un mestiere
maledetta di un lavoro che ti tiene inche ti tiene incollato collato in redazione anche 14 ore al
giorno”. Poi il 24 dicembre 2010 sono
in redazione
iniziati i problemi provocati dall’esposizione ambientale: “Cinquant’anni,
esclusi appena i periodi ferie, a respirare
a pieni polmoni l’aria di questa città che mi ha cresciuto: ad
annusare le violette della primavera, a sfidare l’afa dell’estate,
a lasciare entrare nelle ossa la nebbia e il fumo delle caldarroste, a mangiare la neve”. Non provava rabbia per la sua
malattia, ma solo verso gli imputati e verso il castello di
menzogne con cui avevano inquinato e ingannato Casale.
Marco Giorcelli non ha fatto in tempo a vedere il processo
d’appello, quando tutto sembrava possibile, e si è risparmiato il dolore della Cassazione. Il 15 marzo 2012 è scomparso.
an.gi.
an.gi.
an.gi.
“
“
“
6
POTERI
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
Lprima
a benedizione:
di Natale
Matteo dal Papa
PRIMA VISITA UFFICIALE di Matteo Renzi in
Vaticano. Papa Francesco riceverà il Presidente
del Consiglio il prossimo 13 dicembre. Ad annunciarlo ieri il portavoce della Santa Sede, padre
Federico Lombardi. Un incontro molto atteso in
cui non mancheranno certo i temi di cui parlare:
dal diritto al lavoro alla crisi economica. Sicuramente anche di famiglia e della possibilità che
il Fatto Quotidiano
l'Italia legiferi anche sul tema dei diritti per le
coppie gay. Soddisfazione da parte del cardinale
Parolin. Il segretario di stato ha dichiarato che
questa visita ufficiale sarà il segno dei rapporti
positivi con il Governo italiano, anzi sarà un buon
motivo per rafforzarli. L’incontro avverrà a tre
mesi esatti dalla commemorazione al Sacrario
militare di Redipuglia, cerimonia presieduta da
Papa Francesco e a cui il premier Renzi aveva dato
forfait. L’assenza aveva suscitato non pochi malumori tra i rappresentanti del Vaticano. Prima del
13 dicembre il Capo del Governo e il Pontefice si
incontreranno a Strasburgo, per la tanto attesa
visita del papa all’Europarlamento, dove Renzi
sarà presente in qualità di presidente di turno
dell’Unione Europea.
RENZI VA ALL’ATTACCO:
“CAMUSSO COME SALVINI
SA SOLO PROTESTARE”
IL PREMIER CHIUDE LA CAMPAGNA ELETTORALE IN EMILIA
NUOVE CONTESTAZIONI. LUI: “NON SARANNO MAI CONTENTI”
MA ALLA FESTA FINALE IL PALADOZZA È PIENO SOLO PER METÀ
di Wanda Marra
R
inviata a Bologna
enzi carogna, fuori
da Bologna”. Ad
aspettare il presidente del Consiglio, nonché segretario del Pd,
per la chiusura della campagna
elettorale dell’Emilia Romagna
ci sono le sigle antagoniste (da
Rossa, movimento fondato da
Giorgio Cremaschi, Asia Usb,
il Collettivo Obo. E poi, con un
loro manifesto a parte i precari
della giustizia di Fp Cgil). Non
più di poche decine di manifestanti. Con la polizia in schieramento compatto. Dentro, il
Paladozza è pieno solo a metà.
In Emilia Romagna (come in
Calabria) si vota domenica e il
clima è tutt’altro che festoso.
Tutt’altro che carico. Matteo
Renzi lo sa e mette la quinta
dalla mattina.
che si crea Renzi nella tre giorni
finale di campagna elettorale.
In Emilia i sondaggi danno vincente Bonaccini, ma registrano
il candidato leghista, Alan Fabbri, in crescita costante. Mentre
Matteo Salvini ogni giorno che
passa aggrega quella protesta
che i grillini non incarnano più.
Ma anche quella richiesta di
rinnovamento di tutti quelli
che non si riconoscono col tradizionale “potere rosso”. Avanza il partito dell’astensione. E il
premier lo sa. Non a caso ci
mette la faccia. “I sindacati che
non hanno fatto sciopero contro la Fornero e la riforma di
Monti, oggi hanno fatto più
scioperi che negli anni precedenti. Siamo sicuri che sia pro-
l'Italia l’avrebbe fatto quelli che
negli anni precedenti hanno rinunciato, lo avrebbe fatto
chiunque: io sono per fare le cose, non ne posso più di chi continua a rimandare. Ed è naturale che ci sia chi cerca di bloccare e tirare indietro sia nel mio
partito che fuori: è fisiologico”.
MENTRE il Paladozza lo aspetta, i manifestanti fuori spaccano la vetrina di una sede del Pd.
Dentro, un format in piena regola. Presenta Zacchiroli: consigliere comunale di Bologna,
nelle vesti di conduttore radiofonico. Interventi di Nicoletta
Mantovani e Enrico Panini.
L’innovazione si ferma lì. In
prima fila c’è Vasco Errani, che
LA PIAZZA
Vetrine rotte a Bologna
Contestato a Parma,
dove vede il sindaco
Pizzarotti (in cerca
di voti dei dissidenti
M5S sul Jobs Act)
PARLA ininterrottamente per
tutto il giorno, mentre passa da
un’intervista radiofonica a un
tour in piena regola tra Parma e
dintorni. Destinazione non casuale: nel giorno in cui la Commissione Lavoro della Camera
approva il jobs act, Renzi decide di andare in visita a tre aziende importanti dell’Emilia. E poi
di incontrare Pizzarotti, sindaco di Parma, dissidente Cinque
Stelle. “Salvini e Camusso sono
due facce della stessa medaglia:
ho grandissimo rispetto per loro perché fanno il loro lavoro.
Sono dei leader della protesta:
chapeau. Ma io non posso permettermi la protesta, sono
quello che ci prova non quello
che protesta”. Sono due i fili
conduttori e sono due i nemici
gruppo industriale della zona,
poi alla Dallara automobili,
marchio famoso. Infine alla Barilla. Azienda amica da sempre,
almeno da quando in occasione
della festa per il suo centocinquantesimo anniversario parlò
per mezz’ora buona con Berlusconi, nella settimana decisiva
che portò alla rielezione di Napolitano. In mezzo va in Comune a Parma. Incontro con i sindaci dei Comuni alluvionati:
occasione molto ghiotta la photo opportunity. Anche qui lo
aspetta la protesta. Prima che
arrivi la polizia carica. Anche
qui, poche decine di manifestanti (Cobas e sigle sindacali di
base), ma non c’è nessuno che
lo accolga con bandiere del Pd o
Matteo Renzi con il candidato governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini Ansa
testa contro i contenuti o è soltanto una posizione politica?”,
si chiede Renzi. “Se poi chi non
ha mai scioperato in passato
non trova di meglio che scioperare, contenti loro contenti
tutti”, ma “io mi preoccupo di
creare posti di lavoro”, rimarca
il premier. Fedele a questa linea, Renzi segue un programma preciso. Prima va alla Pizzarotti costruzioni, grande
incoraggiamenti. La tensione è
molta, e lui entra da dietro. Prima dell’incontro ufficiale, due
chiacchiere con Pizzarotti. A
parte le questioni locali, c’è in
ballo una trattativa: Renzi vorrebbe qualche voto dei dissidenti grillini già alla Camera
sulla riforma del lavoro. E un
asse emiliano diventa importante in assoluto.
“Se fosse stato facile cambiare
ha quasi completato tre mandati da governatore, e che rappresenta la vera continuità con
ex Ds e potere rosso delle cooperative. “Tanto se va bene diranno che c’è troppa astensione. Loro non sono mai contenti”, dice Renzi arrivando (anche
qui, passa da dietro). In mattinata aveva messo le mani avanti: “Non darei una lettura nazionale” al voto.
AL VOTO?
Tesauro boccia
la legge elettorale
LISTE E PREMI: PER L’EX PRESIDENTE, L’ITALICUM
NON PASSEREBBE L’ESAME DELLA CONSULTA
di Antonio Migliore
on c’è pace per la legge elettorale. Dopo l’incostituzionalità del Porcellum, l’Italicum non trova ancora
N
consensi. Prima di poter pensare di andare a votare, magari in
primavera, il Parlamento è costretto a risolvere alcune importanti “criticità”. È questa l'opinione di Giuseppe Tesauro,
presidente emerito della Corte Costituzionale. Ieri il giurista
napoletano ha ammesso in audizione alla Commissione affari
costituzionali del Senato che l’Italicum così com’è non si può
applicare. Troppe controversie. Al centro
delle critiche dell’ex presidente - che ha
lasciato il suo incarico il 9 novembre - ci
sono alcuni punti fondamentali della legge in esame da più di sei mesi al Senato.
TRA I PUNTI PIÙ CRITICI individuati da
Tesauro c’è la soglia fissata al 37% per
ottenere il premio di maggioranza. Per
evitare una “maggioranza esigua” la soglia andrebbe portata almeno al 40%. L’altra criticità riguarda le liste bloccate: anche se con pochi candidati inseriti, la distribuzione dei seggi su scala nazionale
non garantirebbe agli elettori di essere
rappresentati in Parlamento da chi loro indicato, anche in
caso di vittoria del partito scelto.
Infine un altro problema rappresenterebbe la validità della
legge solo per l’elezione dei membri della Camera. Non sarebbe di fatto ammissibile in un sistema ancora bicamerale
una legge che prevede l’elezione solo per una della camere. Per
questo problema si potrebbero però perseguire due soluzioni,
anche se complicate: l'approvazione di una norma transitoria
attraverso cui estendere la validità dell'Italicum anche al Senato, oppure andare a votare applicando due leggi elettorali,
l'Italicum per la Camera e il Consultellum per il Senato, reintrodotto dalla sentenza di incostituzionalità del Porcellum.
Rai, Tobagi e Colombo non lasciano
Il direttore generale
della Rai,
Luigi Gubitosi Ansa
OFFENSIVA DEM DOPO IL SÌ AL RICORSO CONTRO IL PRELIEVO: “SCELTA PER L’AZIENDA”. LA TARANTOLA A RISCHIO
l giovedì sera in Viale Mazzini, non ci sono i
I
consiglieri d’amministrazione che hanno provocato la furia di palazzo Chigi votando per il ri-
corso contro il prelievo da 150 milioni di euro
ordinato e già incassato dal Tesoro. E chi esce in
solitario, osserva: “Andranno via tutti, poi qui il
governo farà le purghe”. In attesa di marzo-aprile, quando il Cda sarà decaduto con l’approvazione del bilancio che coincide con la fine del
mandato, i consiglieri Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo, eletti dal partito democratico di
Pier Luigi Bersani come esponenti della società
civile, fanno sapere che non hanno intenzione di
lasciare il posto, convinti di aver rispettato un dovere di indipendenza senza tradire l’azionista di
riferimento, cioè il Tesoro. Ieri sera, Tobagi era a
Otto e Mezzo su La7, e ha ripetuto che non si è
comportata secondo logiche politiche, ma per
proteggere un’azienda da una misura sbagliata,
come motivato da diversi pareri di giuristi e da
una lettera che il presidente delle televisioni pubbliche europee spedì al Quirinale. Le dimissioni
di Tobagi e Colombo erano richieste, soprattutto,
dai renziani che ora comandano al Nazareno. Michele Anzaldi ha girato la domanda anche al presidente Anna Maria Tarantola, colpevole di essersi astenuta nel 6-2 a favore del ricorso.
Il governo si prepara a lanciare il nuovo canone
legato all’utenza elettrica che avrà una quota annua ridotta e un introito garantito di 1,7 milioni
di euro per Viale Mazzini. Il sottosegretario Antonello Giacomelli anticipa i tempi di una più ampia riforma dell’azienda pubblica: ora la primavera è il periodo da appuntarsi in calendario. A
parte i ganci a cui appendere la propaganda come
il canone che sarà abbassato senza recuperare
l’evasione odierna, il governo non sembra intenzione a intromettersi con impeto nei fatti Rai.
IN VIALE MAZZINI, in questi residui mesi di anar-
chia, in molti si giocano il futuro. Il direttore generale Luigi Gubitosi è riuscito a quotare RaiWay
drenando 240 milioni di euro con la cessione di un
terzo ai privati, operazione necessaria per arginare proprio i 150 milioni. Gubitosi ha criticato il
Cda pro ricorso, adesso è perfettamente in posizione renziana e crede di poter trovare una buona collocazione in una società pubblica o privata
dopo il triennio in Rai. Il presidente Tarantola,
che non ha uno splendido rapporto né con Gubitosi né con il governo, è riuscita a rovinare la
festa in Piazza Affari di RaiWay mettendo all’ordine del giorno del Cda il delicato tema ricorso, e
poi non ha votato contro. A differenza dell’ormai
ex consigliere Luisa
Todini, che adesso
potrà
occuparsi
unicamente di Poste Italia e di Antonio Pilati, il berlusconiano che ha un
contatto frequente
e diretto con il governo e spera così di restare in
Viale Mazzini. I sì di Antonino Verro (amico personale di B.) e di Guglielmo Rositani (ex An) si
motivano con l’esigenza di trovarsi un nuovo impiego pubblico da marzo in poi. Il discorso, non
proprio identico, vale anche per il casiniano Rodolfo De Laurentiis. Clamoroso il sì a trascinare il
Tesoro in Tribunale di Marco Pinto, delegato proprio di via XX Settembre in Rai.
Car. Tec.
POTERI
il Fatto Quotidiano
R
itorna Berlusconi:
“Maggioranza finta,
non dura molto”
di Carlo
Tecce
P
er Natale, Matteo
Renzi avrà un brutto regalo da Milano:
nasce il movimento
Della Valle. I suoi collaboratori lo danno sempre in moto
perpetuo. Questo fine settimana va in Cina, poi fa un salto a New York. Ormai è evidente che, appena rientra in
Italia, non spreca un’occasione per riemergere in televisione, a fare l’imprenditore di opposizione a Renzi, consumato
l’amore iniziale e sgualcite le
fotografie che li ritraggono
abbracciati o accanto in tribuna a Firenze. Ma l’ultima volta
in tv, il signor Tod’s ha corretto le obiezioni contro l’esecutivo, più morbide, più interlocutorie. E allora che fa
Della Valle, ci ripensa? Ai suoi
amici confida di non aver interrotto il rapporto personale
con il fiorentino, che sente e
vede quand’è necessario, ma
non ha strappato quel progetto che prevede un ingresso nel
dibattito politico, e non
soltanto ospitate nei salotti tv: “Io voglio dare
voce a coloro che non
si riconoscono nei
partiti e neanche in
Renzi, che ripete
sempre di aver vinto
e si comporta come
se la fiducia fosse illimitata. Va bene,
ha vinto, ma è
convinto di poter
vincere ancora?
E gli indecisi e gli
astenuti,
che
fanno? Al massimo un mese e
saremo pronti”.
Della Valle promette che entro
dicembre
sarà
presentata
una
“piattaforma” (leggi anche associazio-
IERI SERA Silvio Berlusconi, in merito
alle elezioni regionali Emilia Romagna
e Calabria, ha dichiarato ai microfoni
del Tg5:”Spero che a queste Regionali
ci sia una consapevolezza del fatto
che è importante dare uno slancio a
Forza Italia, quando io potrò ritornare
in campo pienamente libero, sarà ri-
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
fondata, ricostruita e rinnovata. Cosa
che stiamo peraltro già facendo”. Il
leader di FI ha inoltre commentato:
“Questo governo dei pensionati non
se ne è mai ricordato, non hanno goduto degli ottanta euro e disgustati da
questa politica hanno smesso di andare a votare, ma è loro interesse che
vadano anche se si tratta di due sole
regioni”. Ha concluso: ”Spero sia una
legge elettorale che terrà contro delle
reali situazioni elettorali del Paese.
C'è in corso un processo per arrivare
ad avere una buona legge completa in
termini di correttezza e giustizia. La
maggioranza è artificiale, non dura”.
Il pacco di Della Valle:
a Natale un movimento
IL SIGNOR TOD’S FA SAPERE DI NON ESSERE TORNATO RENZIANO: “SIAMO PRONTI,
TRA POCHE SETTIMANE CI SARÀ IL LANCIO. L’ESECUTIVO NON MI PIACE, È DEBOLE”
ne) per luoghi di incontro telematici e fisici, reali. Oltre la
Rete, la sede principale sarà a
Milano. L’imprenditore marchigiano vuole fare il controcanto a un governo che dispone – insiste – di un’ampia
comprensione da parte dei
media e vuole attrarre a sé cittadini delusi. Ha stupito, però,
il Della Valle che ha confes-
sato a Bruno Vespa di avere
obiettivi in comune con Renzi: “Banale: il bene dell’Italia
che passa attraverso un’operazione di pulizia di una classe
dirigente e politica che ha
acuito la crisi economica e sociale. Questa operazione è
mancata”, fa notare ai suoi.
Tra un’andata e un ritorno in
Cina o altrove, tra una com-
parsa in tv e un periodo di silenzio, sono avvenuti un paio
di fatti che potrebbero aver sedato l’ira di Della Valle: l’Autorità per i Trasporti ha ridotto il canone che Italo (di cui è
socio) paga a Fs, e non è ancora definita la questione stadio di Firenze. A chi lo provoca su questi temi, sui conflitti di interesse (da includere
Diego Della Valle con Renzi allo stadio LaPresse/Ansa
SEDE A MILANO
L’imprenditore vuole
dar voce ai delusi dai
partiti e dal governo.
Benedice lo sciopero:
inutile accanimento
sull’articolo 18
7
la partita Rcs) o sulla ennesima offensiva contro Sergio
Marchionne per sfruttare l’effetto mediatico nel giorno di
una trimestrale non positiva
per la sua azienda con relativo
crollo in Borsa di Tod’s, Della
Valle risponde: “Io sono abituato ad affrontare periodi
semplici e complicati, non ho
niente da occultare o proteggere. Questo non mi vieta di
dire che la strategia di Fiat per
la Ferrari serve soltanto a garantire degli introiti agli
Agnelli e non va certo a beneficio degli stabilimenti o degli operai. E su Ntv i meriti
semmai sono di Montezemolo, i miei interessi non sono
grandi. E poi far rispettare le
regole non significa aiutare
Italo”.
DENIS VERDINI non gli pia-
ceva un mese fa e non gli piace
adesso: “Non dovrebbe toccare la Costituzione, figurati se
può riformarla. Lo stesso discorso vale per il Patto del Nazareno”. Non è un consigliere
extra-politico di Renzi, ma
all’ex amico Matteo suggerisce
di fare un rimpasto, di eliminare i ministri deboli e le cariatidi che, di nascosto, si sono
mimetizzate e riciclate. A differenza del sindacato dei colletti bianchi (la Cisl) e, ovviamente, di Palazzo Chigi, il signor Tod’s quasi elogia lo sciopero generale: “Ben venga, se
utile a fare un punto, a recuperare energie disperse”.
Il Della Valle imprenditore ritiene sbagliato l’accanimento
sull'articolo 18, perché non
c’entra niente con i nuovi posti
di lavoro, con un mercato
competitivo, con un’Italia appetibile per gli investitori. E
avrebbe evitato pure le riforme
costituzionali. Al contrario,
crede che lo strumento democratico del voto sia in disuso e
molti partiti ne siano spaventati perché i politici sono impegnati in una bieca lotta di
sopravvivenza. Non è agevole
interpretare le intenzioni di
Diego Della Valle, parla da
ambizioso politico e dopo un
po’ sembra che torni in retrovia. Il signor Tod’s, ora, assicura che ha deciso, che non
resta a fare l’osservatore o il
critico davanti a una telecamera.
Volo-taxi, Pinotti vaga: “Attendo la magistratura”
ALLA CAMERA ESCLUDE LE DIMISSIONI. LA PROCURA INVIERÀ IL FASCICOLO AL TRIBUNALE DEI MINISTRI CHE DECIDERÀ SE ARCHIVIARE O NO
di Marco Lillo
a Procura di Roma ieri ha fatto filtrare il suo
L
orientamento sul caso del volo preso dal ministro Pinotti per tornare a Genova il 5 settembre.
Il sostituto procuratore Roberto Felici con tutta
probabilità iscriverà tra pochi giorni sul registro
degli indagati il ministro della difesa per peculato
d’uso. Però il passaggio ricevuto dal Falcon 50
dell’Aeronautica decollato quella sera da Ciampino secondo i pm romani non è un reato. L’iscrizione è solo formale, fanno filtrare dalla Procura,
perché quel Falcon non è un volo di Stato (soggetto a autorizzazione, che nel caso di specie
mancava) ma un volo in missione di addestramento.
Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone
quindi subito dopo l’iscrizione invierà tutti gli atti
al Collegio dei reati ministeriali
con la richiesta di archiviare il
tutto. Il ministro Pinotti ha gradito l’indiscrezione filtrata dalla
Procura e ieri in Parlamento ha
potuto rispondere così al deputato Alessandro Di Battista del
M5S che, dopo averla denunciata, l’ha stuzzicata con una battuta durante l’audizione sulla
minaccia del’ISIS: “C’è una denuncia e si è aperta un’indagine
- ha detto la Pinotti facendosi
scudo della Procura - si aspetta
che la magistratura faccia il suo lavoro, quando si
sarà concluso ciascuno trarrà le conseguenze”.
In realtà, anche se il procuratore Pignatone optasse per l’archiviazione la sua richiesta sarà solo
un suggerimento al Tribunale dei ministri, unico
vero dominus del fascicolo. La richiesta infatti
non arriva all’esito delle indagini come nei reati
comuni ma a monte. In questo procedimento
speciale il ruolo del pm è sostanzialmente quello
di ‘consulente’ del collegio dei reati ministeriali. Il
pm deve trasmettere le carte ‘omessa ogni indagine’ al collegio con una richiesta che può essere
di due tipi: l’archiviazione o l’indicazione di alcuni accertamenti da svolgere.
Ieri ipotizzavamo che il procuratore Giuseppe Pignatone suggerisse questa seconda via. Sembrava
possibile e anche probabile che proponesse almeno di acquisire i documenti pubblicati dal Fatto e
L’ESPOSTO M5S
Come dimostrano
i documenti del “Fatto”
e del TgLa7, il velivolo
militare ha atteso
la politica per darle
un “passaggio” a casa
dal Tg7 sul volo incriminato. In particolare la ‘nota del giorno del 306esimo gruppo’ di stanza a
Ciampino pubblicata dal Fatto il 26 settembre
scorso. Quella nota infatti rivela che quel volo del
5 settembre, oltre alla missione dell’addestramento dei piloti, ne prevedeva una seconda: il
Falcon doveva aspettare l’atterraggio dell’Airbus
di ritorno da Cardiff con a bordo il ministro prima di decollare per Genova. Ovviamente con il
soldato Pinotti a bordo.
L’USO DEI VOLI di addestramento per trasportare
i politici al di fuori dei casi previsti dallo stringente
decreto legge del 2011 (che limita l’uso ai presidenti della repubblica, della Consulta e di Camera
e Senato) era stato svelato in tempi non sospetti
nel febbraio scorso da un’intervista trasmessa nel
programma tv ‘La Gabbia’. La giornalista Monica
Raucci aveva intervistato un pilota militare sotto
garanzia di anonimato che le aveva raccontato: “ci
si mette addestramento e con quella parola si dice
che quell’aereo e quell’equipaggio non è stato distratto dai suoi compiti istituzionali. I voli di addestramento li ho fatti io e li hanno fatti i miei
colleghi”.
Ieri mattina sul sito del Giornale è apparso un commento di tale ‘onurb’: “Sono stato ufficiale pilota
dell’Aeronautica Militare e in più circostanze sono stato comandato a eseguire voli addestrativi in
concomitanza con l'esigenza di trasporto di qualche papavero”. Il Falcon 50 del 31esimo stormo
che ha riportato a casa il ministro è un jet executive
militare nell’appartenenza ma non nell’apparenza. Con i suoi 9 comodi posti in pelle piace ai politici ma costa un paio di milioni di euro all’anno
più 3 mila euro circa per ogni ora di volo. I ministri
del centrodestra Roberto Calderoli e Michela
Brambilla, sono finiti davanti al Tribunale dei ministri (e poi sono stati salvati dal diniego dell’autorizzazione a procedere del Parlamento) perché
avevano chiesto e ottenuto l’autorizzazione di Palazzo Chigi senza che, secondo il Tribunale dei
Ministri, ricorressero i presupposti del volo di Stato.
Il ministro Pinotti non ha chiesto nulla alla Presidenza del Consiglio e ha approfittato del volo di
addestramento. Secondo l’impostazione del procuratore Pignatone, a leggere i giornali almeno, la
forma prevale sulla sostanza. Pinotti può volare a
casa con lo stesso aereo dei voli di Stato senza rischiare nulla perché l’Aeronautica gentilmente
pone il timbro ‘addestramento’ su quel Falcon e lo
pone fuori dai radar della presidenza del consiglio.
Se passasse questa linea si legittimerebbe la prassi
descritta dai piloti anonimi che la Procura potrebbe facilmente identificare, se volesse. Così non sarebbe più la Presidenza del Consiglio a decidere
quale politico vola sul Falcon ma l’Aeronautica. Il
collegio dei reati ministeriali che deciderà il caso è
così composto: il presidente è Luigi Nocella, giudice penale di Frosinone poi ci sono il gip di Roma
Flavia Costantini e il giudice penale di Roma Aurora Cantillo. L’ultima parola sul ministro Pinotti
e sul volo di addestramento spetterà a loro.
8
ALL’ITALIANA
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
D
e Magistris,
il Consiglio di Stato:
“Resta sindaco”
DE MAGISTRIS resta sindaco di Napoli. Il Consiglio di Stato ha confermato l’impianto già messo nero su
bianco dal Tar Campania e ha respinto i ricorsi che contro questa sentenza erano stati presentai dal governo
e da due associazioni: il Movimento
difesa del cittadino e l'Associazione
lotta piccole illegalità. È una felicità
improvvisa. Sono molto contento. È
stata sanata una ferita dolorosa", ha
commentato a caldo il primo cittadino, che a seguito di una condanna
in primo grado per abuso d’ufficio
nell’ambito dell’inchiesta Why Not sentenza di condanna impugnata - si
è visto applicare la legge Severino ed
è stato sospeso dalla carica di sindaco. Il verdetto del Consiglio di Stato sembrava, in un primo tempo, previsto per domani, ma la terza sezione, presieduta da Pier Giorgio Lignani, vista la delicatezza del provvedimento affidato alla stesura del giu-
MPS, VIDEO SULLA MORTE DI ROSSI
“QUELLA SERA LUI NON ERA SOLO”
NELLA PERIZIA DI PARTE, NOVITÀ SUL MANAGER DECEDUTO A MARZO DEL 2013
di Davide Vecchi
P
er la Procura di Siena
la morte di David
Rossi è un suicidio.
Eppure le perizie di
parte hanno rivelato numerose
incongruenze e lacune nelle indagini. A partire dalle analisi
degli hard disk dei computer
dell’ex manager del Monte dei
Paschi di Siena, in cui molto
materiale, tra cui lo scambio di
email tra Rossi e Fabrizio Viola,
amministratore delegato di
Rocca Salimbeni, era sfuggito
agli inquirenti ed è stato individuato solo grazie alle perizie
svolte per volontà dei familiari;
fino ai video delle telecamere di
sorveglianza che mostrano come sia palesemente errata, sempre secondo i tecnici della difesa, la dinamica della caduta ipotizzata dalla procura. Ancora: la
perizia dell’ingegnere Luca
Scarselli solleva numerosi dubbi anche sulle testimonianze
fornite da quanti erano nella sede di Mps la sera del 6 marzo
2013, quando Rossi ha perso la
vita. E soprattutto individua nei
filmati la presenza di persone
nelle vicinanze del cadavere del
manager sin dai minuti immediatamente successivi alla caduta. Persone, secondo la perizia, mai individuate dagli inquirenti. Infine, l’esame autoptico:
il corpo di Rossi ha lesioni e lividi ritenuti non compatibili
con la dinamica della caduta come ipotizzata dai magistrati.
Eppure la Procura di Siena ha
archiviato l’indagine nel marzo
2014 e lo scorso 10 novembre
anche la Procura generale, a cui
si erano rivolti i familiari di Ros-
LE INDAGINI
Dai filmati emerge
la presenza di un uomo
incappucciato nei pressi
del cadavere. “Qualcuno
lo ha aiutato a ‘suicidarsi’,
gettandosi dalla finestra”
Monte dei Paschi LaPresse
si per chiedere la riapertura dell'inchiesta, ha ribadito il diniego
dei magistrati toscani.
Solamente ieri ad Antonella
Tognazzi, vedova di Rossi, la
procura ha notificato la risposta
alla istanza di avocazione presentata lo scorso maggio. Tognazzi non ha mai creduto
all’ipotesi del suicidio, tanto da
aver più volte chiesto ai pm di
svolgere indagini approfondite
in diverse direzioni, in particolare considerando le forti pres-
il Fatto Quotidiano
sioni a cui Rossi era sottoposto
nella banca a seguito dell’avvio
dell’inchiesta e dovute al profondo legame con Giuseppe
Mussari, ex presidente del
Monte e poi dell’Abi, travolto
dall'inchiesta sull'acquisto di
Antonveneta da parte di Rocca
Salimbeni. Il fascicolo sulla
morte di David, inizialmente
aperto come istigazione al suicidio, è stato rapidamente archiviato.
LA MOGLIE di David Rossi non
ha mai creduto alla volontarietà
del gesto e ne ha parlato con
Paolo Mondani, che per Report
ha svolto un'inchiesta che sarà
trasmessa domenica prossima,
in cui passa in rassegna i dubbi e
le incongruenze dell'inchiesta,
dalla dinamica della caduta alle
forti pressioni che stava vivendo
il marito, sino ai particolari della
perizia legale e alle “stranezze”
accadute nei minuti successivi
alla morte di Rossi.
Nelle relazioni di parte, la più
sconcertante è proprio la ricostruzione di quanto avvenuto
immediatamente dopo la morte
e ricostruito attraverso le immagini delle videocamere di sorveglianza. In particolare, il perito
individua la presenza di un uomo con un cappuccio in testa
nei pressi del cadavere. La prima
“ombra ferma visibile in via dei
Rossi” appare dopo appena otto
secondi dall’avvio della registrazione. Rossi cade al secondo
“20” e la sequenza scandita nella
perizia, se fosse confermata, è
inquietante: a un minuto
dall’impatto al suolo nel vicolo
dice relatore, Rosario Polito, ha accelerato i lavori. Un pronunciamento
che non lascia spazio a interpretazioni. Tutti gli appelli sono stati respinti perché “nel bilanciamento degli interessi coinvolti, riveste prevalenza quello inerente alla prosecuzione del mandato elettivo”.
GALLI DELLA LOGGIA
Ernesto è deluso,
gli manca lo scatto
E
rnesto Galli della Loggia, si sa, è sempre un
pensatore di sostanza, ma ieri s’è superato.
Sulla prima del Corsera, con corposo prosieguo interno, il nostro ha messo a verbale che la democrazia “scricchiola”: e mica solo in Italia, che si sa
come sono gli italiani, ma pure in Europa. Il continente, dice, entra “in una nuova fase storica”, in
cui “la democrazia si trova davanti un ospite inatteso: la povertà”. Pare che sarebbe ora di passare
“dalla politica al politico”, senno finisce male. Il nostro, alla bisogna, aveva pensato a Renzi, ma quello
non ha fatto “lo scatto necessario”, “vola basso”, ha
la “voce tenue”, sta sempre su Twitter e così le
“grandi speranze si consumano” e tra un po’ “si
sentiranno tradite”. È chiaro che l’uomo è deluso,
disorientato, infelice: dai, Matteo, e fai ’sto scatto.
riappare l’ombra di un uomo.
Poi “una luce”. Al minuto 4 si
vede “una presenza di un mezzo” seguito pochi secondi dopo
da una “persona che entra nel
vicolo con un puntatore”. Al minuto “04:33” “persona più mezzo all’ingresso del vicolo”, al minuto 6 “persona dentro il vicolo”, poi un susseguirsi di ombre,
luci in movimento, presenze:
David Rossi muore dopo “tredici minuti”. Nel video, inoltre,
si vede chiaramente un uomo,
con piumino e cappuccio, intento a parlare al telefonino e avvicinarsi al cadavere di Rossi,
guardandolo: la perizia ricostruisce che ciò avviene alle ore
20:27. Gli inquirenti hanno ritenuto fosse la persona che ha
avvisato il 118, ma dalle verifiche compiute dai periti la telefonata alla sala operativa e alla
Questura è arrivata “fra le 20:40
e le 20:45”. I video delle telecamere di sorveglianza, di cui il
Fatto è in possesso, confermano
la ricostruzione temporale svolta dai periti. I tecnici hanno
inoltre individuato altri dettagli
attraverso analisi approfondite
sui singoli frame. I particolari su
un puntatore laser che illumina
dall’alto la zona dove si trova il
cadavere, ad esempio. O l’orologio di Rossi che cade solamente mezz’ora dopo il corpo. E la
cassa metallica cade distante dal
cinturino in pelle. Ma i dettagli
individuati sono davvero molti.
LE CONCLUSIONI della perizia
sono semplici: qualcuno ha aiutato Rossi a suicidarsi. Basta leggere l’esito dello studio scientifico svolto sulla dinamica della
caduta: “La posizione iniziale da
cui si è originato il moto, l’assenza di segni lasciati dalla vittima sulla finestra dalla quale si
sarebbe lanciato, i segni di sfregamento sulle scarpe (...) non si
spiegano con il mero presunto
suicidio della vittima”.
[email protected]
Di Stefano, il conto del “Leopoldo” in Svizzera
RINTRACCIATO UN DEPOSITO BANCARIO RICONDUCIBILE AL DEPUTATO PD. I PM: FORSE DA LÌ È PASSATA LA TANGENTE DA 1,8 MILIONI
di Valeria Pacelli
n conto in Svizzera sul quale potrebbero esU
sere arrivati i soldi della presunta tangente
contestata dalla procura di Roma a Marco Di Stefano, il renziano dell’ultima ora ma subito promosso coordinatore alla Leopolda.
Secondo i pm romani Corrado Fasanelli e Maria
Cristina Palaia l’ex assessore al Demanio del Lazio sarebbe stato corrotto dall’imprenditore romano Daniele Pulcini con una mazzetta di 1,8
milioni di euro perché la controllata della Regione, Lazio Service, prendesse in affitto una
nuova sede di proprietà del gruppo Pulcini.
NEL SILENZIO DEL PARTITO di Matteo Renzi,
che non ha detto una parola sul ‘caso Di Stefano’,
intanto le indagini continuano, e nel mirino dei
pm oltre la vicenda del palazzo di via Serafico dei
Pulcini, ci sarebbero finiti altri tre appalti. Intanto
nei giorni scorsi, le autorità svizzere hanno risposto ad una rogatoria internazionale inviata dai
magistrati capitolini. A Ginevra esisteva un conto
(ora estinto) presso l’Ubs sul quale Di Stefano
aveva la procura ad operare. Il rapporto bancario
non è intestato direttamente all’onorevole, ma i
pm sono certi che sia riconducibile a lui. Circostanza che non risulta al legale di Di Stefano, l’avvocato Francesco Gianzi: “Allo stato attuale, sembra che il mio assistito non abbia alcun conto in
Svizzera. Aspettiamo l’esito delle indagini”. Il so- lo l’inizio. Poi con le indagini si è scoperto che la
spetto dei pm però è che su quel conto ricondu- rete politica dello scomparso Alfredo Guagnelli
cibile a Di Stefano potrebbe essere transitata la era molto più ampia. Tra i testimoni sentiti nel
tangente da 1,8 milione. A mettere nei guai il ren- 2009 c’era l’ex socio di Guagnelli, il fotografo
ziano sono due testimonianze rese nel 2010. La Alessandro Innocenzi, che ha raccontato dei
prima è quella del fratello di Alfredo Guagnelli, viaggi fatti anche da alcuni politici con Alfredo. A
l’amico dell’onorevole scomparso misteriosa- Montecarlo, uno volta Alfredo Guagnelli portò
mente a ottobre del 2009. Bruno Guagnelli sentito anche Innocenzi ed è stato in quell’occasione che
dai pm aveva detto: “In una circostanza mio fra- il socio tornato in albergo avrebbe trovato su un
tello mi disse, ridendo, che Daniele Pulcini diceva tavolino decine di mazzette di banconote da 500
sempre che l’assessore, riferito a Di Stefano, era euro. Che si trattasse dei soldi a Di Stefano, sentito
un ladro perché aveva preteso 1.800.000,00 euro dal Fatto nelle scorse settimane, Alessandro Inper il buon esito di un affitto o di un acquisto di un nocenzi non può assolutamente confermarlo. Inpalazzo di cui aveva bisogno la Regione Lazio nel nocenzi al Fatto rivela che tra le amicizie politiche
2009”. Stessa versione è stata riferita anche dall’ex di Guagnelli c’era anche Paolo Bartolozzi, ex parmoglie del “leopoldo”, Gilda Renzi: “Sempre da lamentare europeo in quota Forza Italia: “Lo aiuBruno (Guagnelli, ndr) apprendevo che il rapporto tra Daniele
Pulcini e mio marito Marco era
LE TESTIMONIANZE
contraddistinto da forti interessi economici poiché Antonio
Arriva la risposta alla
Pulcini aveva dato in affitto, alla
Regione Lazio, un palazzo. Alrogatoria internazionale.
fredo gli aveva anche aggiunto
Nei prossimi giorni,
che Marco Di Stefano aveva
percepito 1,8 milioni di euro di
l’onorevole sarà sentito
‘mazzette’ mentre Alfredo, che
aveva fatto da intermediario
sulla scomparsa
aveva, a sua volta, percepito 300
dell’amico Guagnelli
mila euro di ‘mazzette’”. Era so-
tò nella campagna elettorale del 2005 per diventare deputato europeo. Praticamente mi chiese di
fare un bonifico da un conto cointestato della nostra società di 6 mila euro”. Nulla di irregolare,
spiega Bartolozzi raggiunto nei giorni scorsi al
telefono, perchè il bonifico era registrato ed era
solo il sostegno alla campagna elettorale.
ADESSO SU QUELLA SCOMPARSA, il pm Cugini
sta ancora indagando. Anche Di Stefano verrà risentito, come è stata sentita la ex moglie nei giorni
scorsi. Dopo questo interrogatorio, alcune testate
giornalistiche riportavano la notizia (smentita da
Gilda Renzi) di alcuni festini hard. “In questi giorni - ha detto Gilda Renzi al Fatto – ho letto testate
giornalistiche con vari titoli da gossip. Smentisco
con forza queste affermazioni
che mi sono state attribuite e addebitate. Per questo ho dato
mandato al mio avvocato di tutelarmi e di procedere per vie legali nelle sedi opportune”. Intanto il marito dichiara guerra:
“Da sette anni sono vittima di
stalking, non posso esimermi
dal querelarla per calunnia, diffamazione e falsa testimonianza
se quanto scritto sui giornali
corrispondesse ai verbali”.
Twitter: @PacelliValeria
MALITALIA
il Fatto Quotidiano
Ce iatania,
la mafia
traghetti
di Matacena
SONO IN TUTTO 23 le persone arrestate e valgono 50 milioni di euro i
beni sequestrati nell’operazione contro Cosa nostra della Dda di Catania.
Dall’inchiesta è emerso come la mafia
catanese fosse in affari con una società riconducibile ad Amedeo Matacena
per la gestione dei traghetti sullo Stret-
to di Messina. Una società facente capo in realtà agli Ercolano e i fratelli
Aiello, aveva stipulato con un’altra società riconducibile ad Amedeo Matacena, un contratto di affitto di tre navi
da utilizzare come vettori per i collegamenti tra la Sicilia e la Calabria.
L’attività si protrasse con ottimi risul-
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
tati nei mesi a cavallo tra gli anni 2005
e 2006, fino a quando, per ragioni legate a scelte effettuate da un’altra società estranea alle indagini, si interruppe improvvisamente la navigazione. L’inchiesta ha riguardato l’evoluzione di Cosa Nostra subito dopo l’indagine Iblis e ha confermato la voca-
9
zione imprenditoriale della famiglia
catanese, infiltratasi in vari settori tra
cui i trasporti per iniziativa del boss
Enzo Ercolano figlio del capomafia deceduto Giuseppe e fratello di Aldo,
condannato all’ergastolo. Ercolano ha
operato con la collaborazione di altri
indagati.
La maxi-autobomba
pronta per Di Matteo
PER UCCIDERE IL PM DI PALERMO IL MAFIOSO GALATOLO SI ERA PROCURATO 150 CHILI
DI TRITOLO, QUASI IL DOPPIO DI QUELLO USATO PER BORSELLINO IN VIA D’AMELIO
di Giuseppe Pipitone
e Sandra Rizza
Q
Palermo
uasi il doppio rispetto a quello utilizzato per imbottire l’autobomba di
via D’Amelio. Un po’ meno
della metà di quello agganciato
agli skateboard e piazzato sotto
l’autostrada di Capaci. Per far
saltare in aria il pm della trattativa Stato-mafia Nino Di
Matteo, il mafioso dell’Acquasanta Vito Galatolo aveva procurato 150 chili di tritolo.
L’esplosivo, nascosto in un bidone, sarebbe stato sotterrato
in una delle campagne della
zona di Monreale, sopra Palermo, che da alcuni giorni vengono battute metro per metro
dagli uomini della Dia sguinzagliati con cani artificieri, metal detector e geo-radar all’interno di fondi agricoli e casolari ritenuti nella disponibilità
di Cosa Nostra.
esplosivo utilizzati per l’attentatuni di Capaci sventrarono
l’asfalto dell’autostrada sulla
quale viaggiava la macchina
blindata di Giovanni Falcone,
uccidendo il giudice, sua moglie e tre uomini della scorta, in
via D’Amelio bastarono 90 chili di Semtex, detonante al plastico, nascosti nel cofano di una
Fiat 126, per massacrare Paolo
A RACCONTARE nei dettagli la
fase dell’acquisto e della raccolta dell’esplosivo è sempre Galatolo che da cinque giorni è ufficialmente un collaboratore di
giustizia dopo aver confidato
prima a Di Matteo e poi al procuratore di Caltanissetta Sergio
Lari, il primo a verbalizzare le
dichiarazioni del neo-pentito,
il piano di morte che avrebbe
dovuto rilanciare lo stragismo
a Palermo. E se i 400 chili di
Borsellino e cinque agenti di
scorta, per ferire 24 persone,
squarciando la facciata del palazzo dove abitava la madre del
magistrato. Antonino Vullo,
l’unico agente sopravvissuto
perché rimasto all’interno della
macchina blindata, ricorda così la scena: “Improvvisamente è
stato l’inferno, ho visto una
grossa fiammata, ho sentito
BARI Il Tar boccia
la pm in Comune
a pm Desirée Digeronimo chiude - per il moL
mento - la sua carriera politica. Il Tar, accogliendo il ricorso del primo fra i non eletti al con-
siglio comunale di Bari, Gianlucio Smaldone, ha stabilito che la Digeronimo dovrà lasciare il seggio.
Sebbene così breve – le elezioni si sono tenute a maggio - il curriculum politico della Digeronimo vanta
record difficili da battere. Ha sfidato, per la carica di
sindaco, Antonio Decaro (Pd) che lei stessa, da pm
della procura di Bari, aveva iscritto nel registro degli
indagati. Decaro – che s'è candidato dopo aver atteso l'archiviazione - ha poi vinto le elezioni. La lista
civica che ha sostenuto Digeronimo, per pochissimi
voti, non ha raggiunto il 3 per cento, ovvero la soglia
di sbarramento, ma la commissione elettorale ha
interpretato la legge in suo favore, attribuendole comunque un seggio, che ieri il Tar le ha invece sottratto, per attribuirlo al primo dei non eletti. La Digeronimo appellerà la sentenza ma il vero record è
un altro: non s'è mai dimessa dalla magistratura e,
quindi, continuerà a indossare la toga come ha sempre fatto, anche mentre era consigliera comunale.
sobbalzare la blindata. L’onda
d’urto mi ha sbalzato dal sellino
e non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a
me c’erano brandelli di carne
umana sparsi dappertutto”.
ORA, A SENTIRE GALATOLO,
Cosa Nostra con “entità esterne che sono interessate all’attentato” sarebbe pronta a fare il
bis con un quantitativo di tritolo che è quasi il doppio rispetto a quello usato il 19 luglio
del 1992. E proprio come in via
D’Amelio, il pentito ha raccontato che a vent’anni di distanza,
per eliminare Di Matteo, i boss
avrebbero intenzione di utilizzare ancora una volta lo stesso
piano di morte: un’autobomba
piazzata su un punto cruciale
del percorso che il pm compie
tutti i giorni a bordo della jeep
blindata per spostarsi dalla sua
residenza al lavoro.
È anche per questo motivo che
lunedì scorso il ministro
dell’Interno Angelino Alfano
ha convocato urgentemente
una riunione straordinaria del
comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica alla presenza dei
capi delle forze dell’ordine e dei
servizi: le modalità della strage
annunciata nel racconto di Galatolo hanno mandato in fibrillazione gli apparati di intelligence per una situazione ad alto rischio che minaccia la vita
del magistrato ma anche la sicurezza pubblica.
Ora si indaga sulla provenienza
Il pm di Palermo Di Matteo indaga sulla trattativa Stato-mafia Ansa
dei 150 chili di tritolo che probabilmente, dopo l’arresto di
Galatolo (nel giugno scorso)
qualcuno ha provveduto a spostare e a occultare in un nascondiglio più sicuro. Il boss
dell’Acquasanta ha spiegato di
essersi occupato in prima persona dell’acquisto dell’esplosivo e ha fornito ai pm dettagli
sull’origine e le fonti dell’approvvigionamento. Le sue rivelazioni, ovviamente, sono top
secret, ma è un fatto che Galatolo da due anni viveva a Mestre, vicino Venezia, dove ave-
LE RIVELAZIONI
Il mafioso ora pentito
viveva vicino a Mestre,
zona chiave del traffico
d’armi dai Balcani.
I mandanti: “Cosa Nostra
ed entità esterne”
va preso la residenza dopo l’applicazione del divieto di soggiorno a Palermo. Storicamente la zona del Nord-Est italico è
sempre stata crocevia del traffico d’armi e di esplosivo militare proveniente dagli armamenti dell’ex Jugoslavia.
NEI SUOI FREQUENTI sposta-
menti a Palermo, dove aveva il
permesso di recarsi per assistere ai suoi processi, il mafioso
dell’Acquasanta incontrava i
boss delle altre famiglie cittadine. Nelle carte del blitz denominato “Apocalisse”, che il 23
giugno scorso fece scattare l’arresto di Galatolo e di altri 90
uomini d’onore, è emerso che il
neo-pentito incontrava i boss
emergenti del clan di Resuttana
e San Lorenzo. Dopo aver deciso di “togliersi un peso dalla
coscienza”, il mafioso ha spiegato che alla fine del 2012, partecipò a Palermo a una serie di
summit per verificare lo stato
di avanzamento del piano di
morte per Di Matteo.
Aiutare Cosentino vale un seggio alla Camera
INDAGATO L’EX DEPUTATO PDL: AVREBBE FATTO ELEGGERE L’EX PREFETTO DI CASERTA IN CAMBIO DI UN CERTIFICATO ANTIMAFIA
di Angela
Camuso
n seggio in Parlamento, nelle
U
file del Pdl, in cambio del rilascio di un certificato antimafia in
favore di un’impresa infiltrata dalla
camorra. Lo scambio, di cui si legge
nelle nuove carte depositate in questi
giorni dai magistrati della DDA di
Napoli, ha come protagonisti, da
una parte, l’ex deputata Pdl nonché
ex Prefetto di Caserta Maria Elena
Stasi e dall’altra Nicola Cosentino,
l’ex parlamentare, ora in carcere,
plurinquisito, tra le altre cose, perche ritenuto il “referente politico nazionale” del clan dei Casalesi e
all’epoca dei fatti contestati alla Stasi
coordinatore del Pdl per la Campania.
IN MERITO a questa specifica vicen-
da, il procuratore aggiunto Borrelli e
i pm Curcio, D’Alessandro e Vanorio
si apprestano a chiedere sia per Cosentino che per la Stasi il rinvio a
giudizio per corruzione aggravata
dall’articolo 7 del d.l 152/91. La notizia emerge alla lettura dell’avviso di
conclusione indagini - notificato agli
DECADUTO
interessati tre giorni fa – inerente il fascicolo che ha per
oggetto gli sporchi affari dell’
Aversana Petroli, colosso industriale di stoccaggio e distribuzione di carburante della
quale risultano titolari i fratelli
di Nicola Cosentino ma che,
secondo l’accusa, quest’ultimo
di fatto co-gestiva, seppur in
maniera occulta.
Nicola Cosentino, classe 1959, ex
deputato del Popolo delle libertà,
è stato arrestato ad aprile con
l’accusa di aver favorito il clan
dei Casalesi Ansa
I MAGISTRATI ritengono che
l’onorevole Stasi, favorendo
con tale comportamento la
mafia (di qui l’aggravante prevista dall’art.7), abbia compiuto “atti contrari ai doveri d’ufficio” e abbia “asservito l’esercizio della sua funzione agli interessi
economici e politici di Nicola Cosentino e della sua famiglia ricevendo
da Cosentino, quale ricompensa per i
suoi servigi, l’utilità di notevole valore consistente nella candidatura
nella lista del Pdl per l’elezione del
2008 alla Camera dei Deputati – Collegio Campania”. Elezione avvenuta,
fanno notare i pm, “col sistema della
lista boccata”: cioè in una posizione
che “garantiva alla Stasi la successiva
elezione e quindi, una volta eletta, le
relative indennità”. L’inchiesta,
giunta ora alle battute finali, era già
sfociata a gennaio scorso in una serie
di ordinanze di custodia cautelare,
tant’è che lo stesso Nicola Cosentino
e il fratello maggiore Giovanni sono
ancora detenuti. La Stasi era già finita
nel registro degli indagati a piede libero per la sola accusa di abuso d’uf-
ficio insieme ad altri pubblici
ufficiali comunali e regionali.
Le si contestava finora soltanto un episodio avvenuto a
marzo del 2000: la Stasi avrebbe intimato il sindaco di Villa
Libriano di rimuovere un tecnico comunale colpevole di
aver resistito alle incessanti
pressioni esercitate su di lui
dai Cosentino.
LA NUOVA ACCUSA fa rifermento
invece a una vicenda iniziata a novembre del 2006, quando il comune
di Casal di Principe aveva richiesto al
prefetto la prevista comunicazione
antimafia dovendo stipulare un contratto per la fornitura di gasolio da
riscaldamento per i palazzi comunali
con la Avesana Petroli. Maria Elena
Stasi, secondo la ricostruzione della
procura, fingendo di ignorare che il
precedente prefetto di Caserta aveva
già negato il certificato antimafia a
quell’impresa e pure che i Cosentino
avevano perso il relativo ricorso al
Tar, aveva dapprima chiesto un parere alle forze dell’ordine preposte e
quindi, una volta ricevuta risposta
negativa, aveva, “del tutto arbitrariamente” interpellato nel merito, a febbraio del 2007, il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica (organo
non competente in materia), ottenendo dallo stesso, senza informare i
suoi componenti dei precedenti pareri negativi e anche dell’esito del ricorso al Tar, una deliberazione favorevole all’Avesana Petroli. “In tal
modo la Stasi – scrive la Procura –
garantiva alla società dei Cosentino,
per i successivi quattro anni, di contrattare con la Pubblica Amministrazione e di godere dei finanziamenti
pubblici”. Il tutto “dietro la promessa
della citata candidatura fattale da Cosentino”.
Promessa mantenuta, a quanto pare,
visto che Maria Elena Stasi alle politiche del 2008 fu eletta alla Camera.
ALL’ITALIANA
il Fatto Quotidiano
Cunaallnotte
center,
bianca
per non sparire
OLTRE 5000 A RISCHIO. Potrebbe
essere la vertenza settoriale più
drammatica. La conta dei call center
chiusi o a rischio chiusura si ingrossa ogni giorno di più. Dopo il caso
dell’Accenture di Palermo, ad esempio, il capoluogo siciliano è minacciato dal rischio di 3000 esuberi
provenienti da Almaviva, il colosso
del settore. Stasera, i sindacati di categoria, Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom
Uil, dopo lo sciopero unitario organizzano una “Notte bianca”. In questa occasione il corteo sarà serale e
partirà da piazza della Repubblica
intorno alle 17 e arriverà in piazza del
Popolo. Dalle 19.00, poi, sul palco
allestito nella storica piazza romana,
si alterneranno interventi di lavoratori, personalità, la stessa Susanna
Camusso e numerosi musicisti provenienti da tutta Italia. Tra gli ospiti
della serata cantautori, attori, band e
gruppi jazz e folk. “Quanto sta ac-
Guerra legale delle famiglie
per il vaccino all’acciaio
RITIRATI PER PRECAUZIONE I LOTTI DI FIALE ANTI-MENINGITE CON IMPURITÀ
di Chiara
I
Daina
mi sono rivolto a un avvocato”.
Il signor Airaldi ha fondato
anche un gruppo sul social
network “Scandalo vaccino
meningicocco C”, conta 153
iscritti, tutti coinvolti direttamente. “Serve per tenerci aggiornati, visto che gli organi
competenti fanno finta che
non sia successo niente.
Neanche la asl mi ha avvertito, sono indignato”. L’iniezione del vaccino a suo figlio
ha provocato febbre alta, vomito e diarrea. “Il pediatra mi
tranquillizzò, sono effetti collaterali comuni, mi disse”.
Anche Fabiola Ermo, di Roma
ha saputo del ritiro dei lotti
tramite il social network.
“Faccio parte di un gruppo di
mamme, e una di loro ci ha
dato l’allarme. Ora vogliamo
la verità”.
l ritiro del vaccino Meningitec dal mercato
ha trascinato centinaia
di famiglie nel panico.
A disporlo sono stati due
provvedimenti
emessi
dall’Agenzia del farmaco italiana (Aifa) il 26 settembre e il
6 ottobre. Sotto accusa undici
lotti del farmaco prodotto
dalla casa farmaceutica olandese Nuron Biotech, che sono
entrati in commercio in Italia
a partire da maggio 2013.
ALL’INTERNO DELLE FIALE è
stata riscontrata “la presenza
di corpo estraneo color arancio rossastro identificato come ossido di ferro e acciaio
inossidabile”. Così riporta il
sito online dell’Aifa in data 13
ottobre dopo aver ricevuto la
segnalazione dalla stessa ditta
produttrice. Segue un’altra
comunicazione tre giorni più
tardi che assicura l’inesistenza
di potenziali effetti che sarebbero potuti derivare dall’impiego di queste siringhe. L’ultima parola spetta però alla
Commissione tecnica scientifica dell’Aifa che il 27 del mese
scorso dichiara che “non vi
sono indicazioni, ad oggi, che
le impurezze (particelle di ossido di ferro), qualora presenti, possano impattare l’efficacia del vaccino”.
Il ritiro, come sempre accade
in casi sospetti, è stato cautelativo. Le anomalie, precisa
l’Aifa, non riguardano tutte le
confezioni dei lotti individua-
La meningite colpisce spesso i bambini, che quindi vengono vaccinati Ansa
IL PROVVEDIMENTO
Tracce di metalli nel farmaco della Neuron Biotech
somministrato ai bambini: l’Aifa interviene, i medici dicono
che non ci sono stati danni, ma alcuni genitori fanno causa
ti. Ma il timore che qualcosa
non sia andato per il verso
giusto rimane. Tanto che una
sessantina di famiglie, appresa
la notizia, hanno deciso di fare
causa. Si tratta soprattutto di
residenti del Lazio, Veneto e
Calabria. “L’ho scoperto grazie a Facebook – spiega Sandro Airaldi, di Castrolibero,
in provincia di Cosenza, che
ha vaccinato suo figlio nel luglio 2013 – un genitore di un
paese vicino al mio, Corigliano, ha postato un avviso. Così
mi sono subito informato. Ho
chiamato la Asl, ho chiesto il
certificato con il numero di
serie del vaccino somministrato al mio bambino e poi
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
11
cadendo - ricordano i sindacati - era
stato previsto e preannunciato”. Le
organizzazioni hanno evidenziano
da tempo la mancata trasposizione
della direttiva Ue sulle tutele in caso
di cambio di appalti e l’uso estensivo
degli incentivi previsti dalla legge
407/90, per le regioni del sud.
POVERTÀ Tagli al fondo
per il cibo, non alla Sla
allarme è di onlus e associazioni: “Nella legge di
L’
Stabilità il governo dimentica i poveri”. L'ultimo
allarme è stato lanciato dal Banco alimentare su
Avvenire: dalla legge è sparito il Fondo nazionale per gli
indigenti. Cioè la parte che l’Italia stanzia a supporto
dei programmi europei. A lungo il Fondo è rimasto
fermo nei conti del Ministero dell'Agricoltura. Poi lo
sblocco: 9,5 milioni, più altri 12,5. Ora i dieci milioni
del Fondo non compaiono più per i prossimi tre anni.
In pratica, denunciano le associazioni, l'Italia si affiderà completamente alle risorse di Bruxelles, tagliate però di 30 milioni l'anno a Paese e saranno estese
dall’emergenza alimentare a tutte le politiche sociali:
gli stessi soldi per più fronti. Il ministero ha promesso
altri 36,7 milioni. Ma è solo di un'anticipazione della
“quota di fondi Ue 2014 per l'Italia”. Soldi di Bruxelles. “Per l'emergenza alimentare non avremo fondi
nazionali - spiega al Fatto Marco Lucchini direttore
del Banco - Abbiamo appreso da un’intervista del viceministro Olivero che hanno commesso un errore”.
Ieri, la social card è stata estesa anche ai cittadini
extracomunitari. Ancora ferma, invece, la fase due del
Sostegno all’inclusione attiva ideato dall’ex ministro
Enrico Giovanni: avrebbe potuto coprire circa il 75%
dei poveri assoluti con 7,5 miliardi. Stessa cifra del
Bonus Irpef. La commissione Bilancio della Camera
ha approvato un emendamento alla legge di Stabilità
che porta da 250 milioni a 400 milioni. Ma soltanto
per il 2015, dal 2016 la cifra è di nuovo 250.
Cdf
LE FAMIGLIE COINVOLTE si
sono affidate all’avvocato Roberto Mastalia, che sta predisponendo una denuncia contro l’Aifa, il ministero della
Salute e la casa farmaceutica
olandese. “Le valutazioni
dell’Aifa non tengono conto
dei danni che potrebbero manifestarsi in futuro. Al momento la medicina non li
esclude ancora” annota il legale. “Non si può accettare –
aggiunge - che a dare per prima l’avviso sia stata l’azienda
che produce il Meningitec e
non gli organi di vigilanza statali. E poi, chi ci dice che la
Nuron Biotech non abbia
aspettato di smaltire i lotti pri-
ma di denunciare la contaminazione?”.
Un altro dettaglio che potrebbe inquietare le famiglie si trova nel comunicato diffuso sul
portale online dell’azienda:
“Ossido di ferro e acciaio ossidato – si legge – potrebbero
produrre reazioni locali e sistemiche simili a quelli prodotti dal principio attivo di
Meningitec”. Conclusione: è
difficile stabilire se gli effetti
avversi sono quelli causati
normalmente dal vaccino o da
quello contaminato. Il compito di controllare i vaccini
prima che entrino sul mercato
spetta all’Istituto superiore di
sanità che finora non ha riscontrato stranezze e fa rientrare l’allarme.
NON SI PREOCCUPA neppure
Silvio Garattini, direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri”. Il
suo commento: “Il ritiro di
lotti di farmaci è abbastanza
frequente. Capita che ci siano
delle impurità. Ma fino adesso
non si sono mai rivelate nocive per la salute dell’uomo.
Gli studi sulle conseguenze a
distanza però sono tuttora in
corso”.
Il mistero dello spot sulla gelateria a 4.900 euro
L’INVITO AD APRIRE UN PUNTO VENDITA IN FRANCHISING È SU TUTTI I GIORNALI. DIETRO C’È UNA PICCOLA SOCIETÀ DI UDINE E UN SISTEMA ORIGINALE
di Carlo Di Foggia
ure tu? È la quinta persona oggi: è una gelateria mica uno sportello commerciale”. RoP
ma, centro storico, sotto le impalcature l'insegna
recita “gelateria Crema & Cioccolato”: “Ma da
stamattina mi chiedono solo come ho fatto ad aprire, sembrano
impazziti”, spiega il gestore.
IL VIA VAI È INIZIATO presto,
poco dopo l'apertura dei giornali. Pagine pubblicitarie simili ad
articoli di economia, da mesi
comparse quasi ovunque sulla
stampa nazionale. Una campagna battente che ha intasato i
centralini di richieste: “Se vuoi la
tua gelateria ti bastano 4.900 euro”, l’ultimo annuncio. Incredibile, ma possibile in tempi di crisi, visto che il marchio rivendica
di aver finora permesso “l’apertura di 340 gelaterie”, con un
“fatturato del gruppo di 35 milioni di euro” e un investimento
di “20 milioni” in 13 anni.
Quest'azienda nata nel 2001 a
Cervignano del Friuli sembra
incarnare l'idea di imprendito-
rialità che Matteo Renzi evoca nei suoi discorsi,
grazie a una interpretazione originale del concetto
di franchising: il titolare mette il locale, l'azienda il
marchio. Per sfruttarlo si paga solo l'iscrizione:
niente diritti sui guadagni. L’azienda ti fornisce “le
attrezzature e l'arredo”, recita l’annuncio. “Sono il
bancone e il pannello
con le scritte, e per 5 anni
ti devi fornire obbligatoriamente da loro, compresa una lista di prima
fornitura con specificato
quali prodotti e in quale
quantità ordinare”, spiega uno dei tanti titolari
che hanno aperto a Ro-
SLURP La pubblicità della gelateria in
franchising che si vede
ovunque sui giornali
CREMA E CIOCCOLATO
Chi decide di aprire deve affittare un locale e riceve
il bancone e i pannelli, per cinque anni c’è il vincolo
a usare i fornitori indicati, cioè Unilever (Algida)
ma: “Ma dopo rimane tutto in mano a te, gratis. E
puoi scegliere se riforniti ancora da loro”. Loro
chi? “I sub-fornitori di Crema e Cioccolato”.
DIETRO LE SIGLE Crema & Cioccolato, spuntate
in tutte le città c'è soltanto una piccola srl, la Bmv:
otto dipendenti, più una sede operativa a Torviscosa, a una manciata di chilometri. “In totale siamo una trentina di addetti”, spiegano dall'azienda.
Nessuna produzione: il fornitore è unico, e consegna un gelato già pronto, artigianale, realizzato
in grandi quantità ma sotto parametri precisi.
“Deve essere di origine naturale con una percentuale di aria piuttosto contenuta” ha spiegato l'ad
Lorenzo Mazzilli, l'imprenditore friulano cofondatore e socio paritetico insieme ad Alex Bertogna.
I contratti con la multinazionale Unilever, che in
Italia controlla Algida, assicura ricarichi elevati ai
gestori. Questo spiega il successo, nonostante le
ridotte dimensioni della catena friulana. Le cifre
sbandierate si riferiscono sempre al giro d’affari
dei negozi, che però sono dei gestori: dei “32 milioni di fatturato, 800 addetti e l'incremento del
500 per cento” nelle paginate pubblicitarie solo le
spese i margini sui prodotti e le spese di spedizione
arrivano a Udine. Nel 2013 i ricavi della Bmv hanno toccato quota due milioni di euro, erano 1,1 del
2012 (927 mila l'anno prima). Con la quota salari
ridotta al minimo, un terzo del fatturato finisce in
“costi dei servizi”, cioè trasporto e pubblicità.
Quest'ultima voce è cresciuta in maniera esponenziale, passando - stando a quanto dichiarato dall'azienda – dal 4 a circa il 20 per cento del fatturato
totale. Nonostante questo gli utili, dopo una flessione nel 2012, hanno ripreso a crescere: 375 mila
euro nel 2012.
Soldi mai distribuiti ai soci ma messi a riserva, in
modo da garantire sui debiti (circa 900 mila euro)
e, soprattutto, alimentare una campagna pubblicitaria vorticosa: periodici, quotidiani, riviste di
settore ospitano puntualmente articolesse o inserzioni con volti sorridenti ed esperienze di successo
del neo-gestore di turno. “Sui settimanali ci siamo
sempre. Generalmente il costo che chiediamo è di
12.900 euro, abbiamo deciso per un mese di portarlo a meno di cinquemila”, spiegano dall'azienda.
L’EFFETTO È STATO IMMEDIATO: “Osservano da
fuori, poi trovano il coraggio ed entrano per chiedere come funziona”, spiega un gestore. Lo slogan
“senza alcuna esperienza potrai diventare anche
tu un imprenditore del settore” in tempi di crisi è
un'attrazione fatale: “Sognano tutti di diventare i
nuovi Grom (la catena di gelaterie famosa in tutto
il mondo, ndr). Le spese per gli impianti e l’apertura, però, sono a carico tuo e non è facile reinventarsi ristoratore. Ma fa sognare in grande anche l'impiegato, ce n'è bisogno di questi tempi”.
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ALTRI MONDI
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
GIORDANIA LA REGINA: L’ISIS NON È ISLAM
Tutto il mondo arabo, e in particolare gli operatori
dell’informazione, deve combattere contro la propaganda dell’Isis, che offre un’immagine “ripugnante” del Medio Oriente e dell’Islam. È l’appello
della regina Rania, che spiega che si deve puntare
sull’educazione contro il fanatismo. Ansa
IRAN COLLOQUI SUL NUCLEARE AL PUNTO DI ROTTURA
“I colloqui sono a un punto estremamente teso”, ha detto il vice ministro degli Esteri russo Ryabkov, a capo della delegazione di Mosca
che partecipa ai negoziati sul programma nucleare iraniano tra il
gruppo 5+1 e Teheran, in corso a Vienna e che scadono lunedì. Ansa
OBAMA DA NOBEL: IN 5 MILIONI
DA INVISIBILI AD AMERICANI
Il “paradosso dell’abbondanza”
DECRETO DEL PRESIDENTE USA PER REGOLARIZZARE I CLANDESTINI, IN GRAN
PARTE LATINO-AMERICANI. IN TUTTO GLI IRREGOLARI SONO OLTRE 11 MILIONI
di Angela
Vitaliano
L
New York
o aveva detto all'indomani delle elezioni di medio termine del 5 novembre, che avevano regalato la
maggioranza al senato ai repubblicani, che avrebbe
smesso di essere “Mr nice guy”,
il presidente “gentile” alla
continua ricerca di accordi
bipartisan. Barack Obama,
prima della scadenza di gennaio, in cui il Congresso diventerà dominio esclusivo
del Gop, deve agire e farlo in
fretta per sbloccare almeno
alcune delle questioni che gli
stanno più a cuore. Come
l'immigrazione, con quel
progetto di riforma che da
troppi mesi, anzi anni ormai,
giace al Congresso senza, ormai, nessuna speranza che su
di esso si raggiunga un accordo.
IL PAPA: “CIBO PER TUTTI MA A MOLTI MANCA”
Alla Fao, agenzia Onu sull’alimentazione, Papa
Francesco ha detto: “È doloroso constatare che la lotta
contro la fame e la denutrizione viene ostacolata dalla
priorità del mercato e dalla preminenza del guadagno,
che hanno ridotto il cibo a una merce qualsiasi, soggetta
a speculazione, anche finanziaria” Ansa
Migranti honduregni e salvadoregni fermati al confine Messico-Stati Uniti LaPresse
3,8
mln
CON DIRITTO
AL LAVORO
PER QUESTO, ieri sera, in un
attesissimo messaggio alla nazione, andato in onda su tutti
i principali network, nella fascia di prima serata, il presidente ha annunciato che, utilizzando il suo potere esecutivo, come la costituzione gli
garantisce di fare, agirà da solo autorizzando personalmente delle modifiche che
consentiranno a circa cinque
milioni di immigrati senza
documenti di restare negli
Stati Uniti e regolamentare la
propria posizione.
La metà circa rispetto a quei
quasi undici milioni di illegali
ai quali, la sua riforma, avrebbe consentito finalmente una
vita dignitosa e alla luce del
sole; una metà che, però, in un
paese sempre più in preda alla
solita vena anti-migratoria
dei conservatori, ha il sapore
di una grande vittoria.
I primi che potranno tirare un
sospiro di sollievo sono i clandestini i cui figli sono nati in
America o hanno una green
card per altri motivi; sicuramente potranno aspirare alla
cittadinanza tutti i “dreamers”,
vale a dire i giovani arrivati
qui clandestinamente da piccoli e che, però, hanno sempre studiato arrivando addirittura al college.
INUTILE DIRE che a beneficiare dei cambiamenti introdotti dal presidente saranno
coloro che, negli anni, non
hanno mai infranto la legge e
contribuito con il proprio lavoro al benessere delle proprie comunità.
Dovrebbero essere esclusi,
sfortunatamente, da questa
prima grande sanatoria, i
clandestini che non hanno legami con minori in possesso
di carta verde o dei requisiti
per averla.
E se Bill Clinton - da ex presidente e marito del prossimo
probabile candidato democratico alla Casa Bianca nel
2016, Hillary - ha salutato positivamente la decisione di
Barack Obama come un suo
diritto indiscutibile, i repubblicani hanno dichiarato
guerra (di nuovo) a colui che
hanno definito “l'Imperatore
degli Stati Uniti”. Un “imperatore” che, giusto in tempo
per il Ringraziamento, cambierà, finalmente, la vita a cinque milioni di esseri umani.
LIBIA, GUERRA E MIGRANTI
Il business di Zuwara
capitale dei barconi
di Nancy Porsia
Zuwara (libia)
l telefono squilla e qualcuno informa un
I
uomo di una città libica sulla costa libica
che due barconi sono al largo della piatta-
forma petrolifera Al Bouri, a circa 70 miglia
dalla costa. È l'una di domenica. L'uomo di
Zuwara, noto per i suoi traffici illeciti si lancia a recuperare i due vecchi pescherecci.
Ma qualcuno lo ha battuto sul tempo: “I due
barconi non sono più lì, sono spariti”, racconta al Fatto. Poi spiega “Siamo come pirati: chi primo arriva, prende il bottino!”.
Ad agosto, il ministro degli Interni Alfano
aveva dichiarato che gli uomini di Mare Nostrum avrebbero distrutto le carrette del
mare immediatamente dopo il recupero dei
migranti a bordo, per combattere il traffico
dei migranti attraverso il Mediterraneo.
Chissà se questo impegno vale ancora oggi,
considerando che da inizio novembre gli
uomini di Mare Nostrum operano in misura ridotta a fronte del passaggio di consegne all'agenzia europea Frontex, impegnata nella missione Triton. Tuttavia la pre-
senza di due pescherecci farebbe presumere
che gli italiani siano tornati a prestare soccorso ai migranti sulle carrette del mare verso l'Europa, a ridosso della costa libica.
Qualche ora dopo, sulla sponda Nord del
Mediterraneo, arriverà la conferma: domenica sera, le agenzie di stampa italiane battono la notizia dell'arrivo di 864 migranti a
bordo della nave della Marina Militare italiana San Giorgio.
“ANCHE QUANDO MARE NOSTRUM lavo-
rava a pieno regime, in settembre e ottobre,
molti barconi sono stati rinvenuti abbandonati al largo della costa libica”, rivela al Fatto
un uomo dell'Unità anti-crimine di Zuwara. “Noi vorremmo porre fine a questo stillicidio, ma da soli non ce la facciamo”. La
guerra civile in cui è sprofondata la Libia per
i migranti rappresenta una grande opportunità. Mentre nella regione orientale della
Cirenaica la guerra tra i gruppi armati del
generale Haftar e le milizie fondamentaliste
ha messo in fuga i migranti e il valico egiziano oggi risulta quasi in disuso, a Sud e a
Ovest, il traffico dei migranti prospera. No-
Migranti sub-sahariani in Libia Ansa
nostante gli scontri armati tra Tabu e Tuareg nel Sud, i migranti dell'Africa Sub-sahariana continuano ad arrivare sulla costa. Sul
versante Ovest, i combattimenti sulla montagna Nafusa non scoraggiano i siriani in
ingresso. Dopo che Algeri ha innalzato una
barriera protettiva nel deserto per prevenire
la potenziale infiltrazione terroristica dalla
Libia, i siriani hanno trovato un altro “corridoio di scorrimento”, attraverso il valico
di Al Assa, non lontano dal posto di frontiera di Ras Jadir tra Tunisia e Libia.
Il trafficante che si è visto soffiare il bottino,
rimugina: “Ognuno di quei pescherecci vale
tanti soldi: circa 100 mila dollari al mercato
nero, o 50 mila dollari al porto”.
L’ALLARME
Altro che Ebola:
due miliardi
e mezzo senza igiene
L’ONU: SERVONO INFRASTRUTTURE, ALTRIMENTI
LE EPIDEMIE DEL TERZO MONDO DIVENTANO GLOBALI
di Roberta Zunini
urante la celebrazione della prima giornata mondiale della
D
toilette è emerso un dato impressionante che dovrebbe far
riflettere tutti. Con l'aumento esponenziale della popolazione,
soprattutto in Asia e Africa, oggi 2 miliardi e mezzo di persone
non hanno accesso ai servizi igienici ma né la classe politica né
l'opinione pubblica sembrano interessate al problema perché si
tratta ancora di un argomento tabù e perché riguarda solo Africa e Asia. Si dà però il caso che siano i continenti più popolosi e
che la mancanza di bagni appropriati, cioè dotati di fogne e
acqua corrente, acuiscano e favoriscano il diffondersi di malattie mortali, non ultima l'Ebola, che vive nei liquidi corporei.
In Liberia, il Paese più colpito, la maggior parte della popolazione non ha servizi igienici mentre in Sierra Leone solo il
28%. Anche in India la situazione è gravissima: 600 milioni (su
un miliardo e 200 mila) di persone devono arrangiarsi all'aperto. Le donne peraltro ne sono doppiamente vittime: molte
ragazze sono state stuprate mentre cercavano un luogo appartato e buio per avere un minimo di privacy.
Designando il 19 novembre la giornata della toilette, l'Onu ha
chiesto di diffondere lo slogan “igiene per tutti”, adottato nel
2013 dall’Assemblea generale. Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’assenza di servizi igienici nelle abitazioni ha
un impatto rilevante sulla salvaguardia della salute non solo di
chi vi abita. La velocità con cui ci si sposta da un Continente
all'altro, fa sì che chiunque possa subire le conseguenze di un
problema che si genera a migliaia di chilometri di distanza.
L'EPIDEMIA DI COLERA ad Haiti subito dopo l'ultimo catastro-
fico terremoto fu causata da una serie di concause tra cui l'uso da
parte dei caschi blu nepalesi di servizi privi di rete fognaria che
scaricavano direttamente nel fiume. Dalle analisi era emerso che
quel ceppo di colera non era mai stato presente sull'isola mentre
lo era in Nepal.
Fleur Anderson di Water Aid ha sottolineato: “La crisi di Ebola, in
questo momento, ha reso più visibile l’assenza di servizi, la cui
costruzione è una questione trascurata, quando invece dovrebbe
essere una priorità”. Paesi come la Corea del Sud e Singapore che
vi hanno investito 30 anni fa sono la prova che si tratta di una
questione di volontà politica, non solo di denaro. Se le autorità
locali non sono in grado di superare questa grave lacuna per
ignoranza, corruzione e mancanza di lungimiranza, sarebbe
dunque utile che le agenzie Onu provvedessero, destinando parte del budget a questo scopo. Ma l'Onu siamo noi, i paesi che lo
formano. Avari o in crisi economica.
il Fatto Quotidiano
ALTRI MONDI
INDIA STRANGOLATA PER NOZZE LIBERE
Bhavna, studentessa hindu di 22 anni, aveva osato
ribellarsi ai genitori (membri della nuova middle
class) e alla tradizione dei matrimoni combinati
sposando di nascosto un uomo che apparteneva
alla casta dei i sikh. Il padre, con l’aiuto dei parenti,
l’ha strangolata e ne ha nascosto il cadavere. Ansa
USA BAMBOLA CON BRUFOLI E CELLULITE
Altezza media - equivalente a non più di 160 cm - e
sovrappeso come la maggior parte delle adolescenti americane. Capelli neri, pelle bianca ma con
possibili tracce d’acne, sedere un pò troppo pieno,
accenni di cellulite sulle cosce rotonde, smagliature da crescita: è la nuova anti-Barbie.
13
MITOLOGICA
di Cosimo Caridi
I
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
Gerusalemme
palloni aerostatici sorvolano le colline dalla
città santa. Sono gli occhi, molto più tecnologici di quanto si possa pensare,
della polizia cittadina sui quartieri arabi. Dopo l'attentato di
tre giorni fa alla sinagoga di
Har Nof, le forze dell'ordine
hanno alzato il livello di allerta
e la pressione sulla popolazione araba. Strade chiuse, perquisizioni, demolizioni di case
e arresti. Sono riapparsi, dopo
anni, i posti di blocco all’ingresso delle periferie arabe della città. La tecnica è chiara: far
soffocare i palestinesi, e la loro
fragile economia, impedendone i movimenti. Questo non è
che un assaggio di quel che
Israele metterà in campo se
continueranno gli attentati.
DAL SEQUESTRO, lo scorso 3
luglio, del 13enne Mohammed
Abu Khdeir, trovato morto carbonizzato per opera di tre coloni ebrei, il livello dello scontro in città non ha fatto che alzarsi. Solo nelle ultime quattro
settimane ci sono state 12 vittime a causa degli attacchi palestinesi. Gli attentatori hanno
sempre lo stesso profilo: ventenni o poco più, nati e cresciuti
nei sobborghi arabi e senza una
forte affiliazione politica. Sono
gli esclusi dal benessere cittadino.
“Questa è un’Intifada. L’Intifada di Gerusalemme”. Meir
Margalit è uno dei politici cittadini più in vista della sinistra
sionista. Nato in Argentina è
passato attraverso la prima (a
cavallo tra gli anni ’80 e ’90) e la
seconda (dal 2000 al 2005) sollevazione popolare palestinese.
“Siamo davanti al fallimento
dell’unificazione di Gerusalemme. Questa è una ‘non-città’. Non c’è un denominatore
comune della popolazione.
Non solo tra israeliani e pale-
Il tramonto di donna
d’Alba: il sangue
più blu della storia
LA DUCHESSA SPAGNOLA, STRAVOLTA DAL LIFTING,
MORTA A 88 ANNI (E CON UN MILIARDO DI EURO)
di Caterina Minnucci
on era tenuta, per il proN
tocollo, ad inginocchiarsi davanti alla regina
Soldatessa di guardia sulle colline sopra la Città Vecchia LaPresse
Tra coloni e Intifada
assedio generale
a Gerusalemme
d’Inghilterra
Cayetana
Fitz-James, meglio conosciuta come la mitologica “duchessa d’Alba”. Si è spenta ieri
a 88 anni, ha trascorso le sue
ultime ore nel Palazzo de Las
Dueñas di Siviglia assieme al
marito e ai sei figli. Colpita da
una polmonite era stata ricoverata d’urgenza a Siviglia,
martedì scorso ha ordinato ai
medici di essere riportata nella sua casa. “Il sangue più blu
di tutti i tempi”, per il Guinness World Records aveva
LA CITTÀ TORNA AI TEMPI DELLE GUERRE ARABO-ISRAELIANE,
TRINCEA E CONFINE TRA DUE POPOLAZIONI, E DUE RELIGIONI
stinesi, ma anche tra quella laici
e religiosi”. Qui vivono oltre
800mila persone, 300mila sono
palestinesi, di cui 20mila cristiani. “Il 38% dei gerosolimitani non sono ebrei – continua
Margalit - ma a essi sono destinate solo l’11% delle risorse.
È una discriminazione ed è sistematica. Il comune vuole che
rimangano poveri e marginalizzati, quindi poco integrati e
ancor meno istruiti. Le giuste
condizioni per tenerli sotto
controllo”.
Ogni anno decine di case, di pa-
lestinesi residenti a Gerusalemme,
vengono
distrutte
dall’esercito e gli abitanti cacciati. In alcuni casi si tratta di
azioni contro le famiglie di chi
ha compiuto atti terroristici.
MENTRE GLI ARABI vengono
mandati via arrivano i coloni
israeliani. Sono oltre 200mila
gli ebrei che vivono negli insediamenti a Gerusalemme est, in
quella che, secondo la comunità internazionale, dovrebbe essere la capitale dello Stato palestinese. “Penso che sia mio di-
ritto vivere ovunque a Gerusalemme e questo non ha alcun
legame con gli attacchi jihadisti
degli arabi contro noi ebrei”
Yashai Fleisher, voce nota di
una delle radio più seguite del
paese ‘Voice of Israel’ vive sul
Monte degli Ulivi, nella zona
orientale di Gerusalemme.
“Questi attentati hanno una
matrice religiosa – continua
Fleisher – fanno parte di un piano contro Israele. Sono rivolti
contro di noi che viviamo a Gerusalemme perché siamo gli
obbiettivi più facili a colpire”.
La duchessa d’Alba ritratta
da Goya e l’attuale nel 2012 Ansa
FANTA-MONARCHIA
Il discorso (esagerato) del re Carlo III
di Caterina Soffici
Londra
n dossier di tre pagine e l’apertura del giornale:
U
come sarà re Carlo III? Un re troppo chiacchierone. Niente di strano se a farlo fosse un tabloid, il Daily
Mail o simili i giornali innamorati della monarchia
inglese, che non si lasciano scappare un gossip, una
foto di principi o principini e scrivono lenzuolate sul
nuovo taglio di capelli di Kate Middleton. Ma invece
siamo sul Guardian, il quotidiano vicino ai laburisti,
amico di Assange, fiore all’occhiello dell’informazione progressista mondiale, profondamente antimonarchico e
repubblicano (nel senso che sogna una Repubblica di Gran
Bretagna). E allora perché parlano del ruolo del principe
quando sarà re? Tranquilli, la
regina Elisabetta è ancora viva e
vegeta. Ma re Carlo III è il nome che assumerà l’erede al trono, il povero principe di Galles,
l’eterno primo in linea di successione, che da 45 lunghissimi
anni teme e aspetta la morte
della madre per dare finalmente un senso alla propria esistenza. E che ogni due per tre si sente minacciato dal figlio Wil-
principe non si limitino a insalatine e diserbanti. Il
principe ama dire la sua su molte cose e le sue uscite
hanno suscitato spesso controversie, soprattutto quando prende carta e penna e scrive direttamente ad esponenti politici. Per 9 lunghi anni il Guardian ha provato a
PERCHÉ UNA FONTE che conosce molto bene il prin- mettere le mani sulle 27 lettere che il principe ha scritto
cipe Carlo, parlando con il giornale, racconta che Carlo a vari ministri. Ma le richieste, fatte in nome del Freenon perderà occasione per dire la sua. Quindi dalla dom of Information Act (la sacrosanta istituzione britan“taciturna discrezione” della regina Elisabetta, si pas- nica per cui un ente pubblico è tenuto a rispondere alle
serà ai “toccanti interventi” del figlio, su questioni che domande di giornalisti e cittadini), si sono scontrate
gli sono care. Leggi, principalmente, agricoltura (bio- contro il segreto di Stato evocato per proteggere la
logica) e inquinamento. Il timore è che gli interessi del “neutralità della figura del principe Carlo”.
Quindi non è dato sapere il contenuto delle missive. Un re
chiacchierone, però, provocheREGINA INFINITA
rà polemiche (qualsiasi sia la
posizione che prende o l’argoProvocatoria inchiesta
mento che tocca) e minerà
l’istituzione stessa della monardel Guardian su quanto
chia. In 61 anni di regno la resarebbe “ficcanaso”
gina Elisabetta non ha mai
espresso un’opinione. E quanil figlio se Elisabetta
do è trapelato qualcosa (tipo
quando ha detto agli scozzesi “
dovesse abdicare
pensateci bene”) si è scatenato il
putiferio. Se una regina muta va
bene a tutti (anche al Guardian),
SUL TRONO DA 63 ANNI
un re chiacchierone farà storElisabetta II col principe di Galles
cere il naso anche ai monarchi(fresco 66enne) e William LaPresse
ci.
liam, più popolare di lui tra i sudditi britannici, al punto che per un periodo si è parlato di un salto generazionale. Invece niente, pare proprio che il successore
sarà Carlo. Al Guardian sono molto preoccupati.
più titoli riconosciuti rispetto
a qualsiasi altra nobile del
mondo, e con un patrimonio
di oltre 600 milioni di dollari
era anche una delle donne più
ricche di Spagna. Regina della
cronaca rosa, decine di flirt e
tre matrimoni, l’ultimo con
un uomo di 24 anni più giovane che aveva sposato tre anni fa strizzata in un romantico
abito di pizzo rosa. Il suo primo amore era stato un torero,
nel '75, sempre controcorrente, aveva sposato un ex gesuita. La duchessa che dava del tu
alla regina Elisabetta, alla
compagnia dei nobili preferiva quella degli zingari e dei
ballerini, che la onoravano
durante le processioni della
Semana Santa passeggiando
sotto il suo palazzo il Cristo de
los Gitanos. Donna d’Alba
stravagante e sfrenata danzatrice di flamenco, ribelle di
natura, per spostarsi da Madrid a Siviglia non usava auto
di lusso con autista, ma la Tav
statale. Vanity Fair nel 2009 la
inserisce nella classifica delle
donne più eleganti. Ma lei, a
conferma che si può essere
eleganti anche senza abiti
griffati, vestiva ai popolari
grandi magazzini “Galerias
Preciados”. La scorsa estate,
nonostante l'ictus che l'aveva
colpita non rinunciò alle vacanze ad Ibiza, dove si presentò in spiaggia con infermiera
a seguito, sfoggiando un sexy
bikini nero e azzardando anche il topless. I suoi abiti sono
diventati oggetti di studio per
la maggior parte delle donne
spagnole, vera e propria icona
per il mondo omosessuale
aveva festeggiato il Capodanno nel circolo gay più famoso
di Madrid. Proprietaria di
una della collezioni d’arte private più importanti del mondo si era permessa il lusso di
rifiutare un ritratto da Picasso
in persona. Lei, la donna più
amata di Spagna, non si era
mai rassegnata ai segni del
tempo che avevano sciupato
la sua bellezza giovanile e per
questo era divenuta il simbolo dell'accanimento chirurgico: il bisturi che avrebbe dovuto cristallizzare e levigare i
suoi tratti l'aveva trasformata
quasi in un mostro.
14
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
FERMO DALLA GARA CON L’EMPOLI
CASTAN SI OPERA AL CERVELLO
Il difensore della Roma Leandro Castan dovrà
sottoporsi a un intervento al cervello
per un cavernoma. Lo ha comunicato il club
giallorosso in una nota sul proprio sito
LA LENTA FINE DI CINECITTÀ: DOPO
TECHNICOLOR CHIUDE LA DELUXE
SEMPITERNI PINK FLOYD: PRIMI
IN CLASSIFICA ANCHE IN ITALIA
Brutte notizie per Cinecittà: la Deluxe
va in liquidazione mettendo a rischio
disoccupazione 54 lavoratori. Lo hanno
comunicato Cgil, Cisl, Uil e Ugl
SECONDO
“The Endless River” dei Pink Floyd, già primo
in altri Paesi, raggiunge la vetta anche della
classifica Fimi-Gfk degli album più venduti
in Italia. Scende al secondo posto Vasco Rossi
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
L’ultima corsa del Laureato
È MORTO MIKE NICHOLS, IL REGISTA DA OSCAR CHE HA CAMBIATO IL CINEMA AMERICANO (E SCOPERTO DUSTIN HOFFMAN)
E
di Anna
Maria Pasetti
laaaaine! Elaaaine!”. L’urlo forsennato arrivava da dietro la vetrata della chiesa, e a emetterlo un giovane
mingherlino, piuttosto bruttino ma
caricato di una forza senza precedenti. Voleva la sposa che, da parte
sua e dal basso dell’altare, alzava lo
sguardo. “Andiamo via!”. “Ma è
troppo tardi” replicava disperata la
madre di lei, la leggendaria Mrs. Robinson. “Per me, no” decideva la figlia, appunto Elaine. E fu così che
inquadrati sul retro del pulmino
giallo, Ben & Elaine andavano incontro al loro destino, verso
un’America che stava violentemente
mutando pelle accompagnata dalle
dolci sonorità di Simon & Garfunkel. Era il 1967, così si chiudeva Il
Laureato e si apriva un nuovo capitolo nella storia del cinema americano e non solo. Mentre nel firmamento dello star system veniva lanciato, a bordo della sua Alfa Romeo
Spider “Duetto”, l’antidivo Dustin
Hoffman.
A DIRIGERE il miglior settimo film
tra i 100 best American movies di sem-
pre, era un 36enne regista tedesco
ebreo di origini russe migrante a
New York, Mike Nichols, che due
Mike Nichols,
giorni fa si è spento. “Inaspettatapseudonimo
mente”, è stato l’annuncio di ieri deldi Michael Igor
Peschkowsky, è
la quarta moglie, Danielle Soawyer,
tramite l’emittente ABC. Aveva 83
morto due giorni
anni ed è impensabile immaginare
fa a New York.
che non ci sia più. Perché il nostro
Aveva 83 anni
debito nei suoi confronti è inestimae quattro mogli.
bile: Nichols ci ha lasciato un paIn basso,
trimonio cinematografico di valore la locandina de “Il
straordinario, a partire (ma non solaureato” LaPresse
lo) da quel The Graduate
(appunto, Il Laureato)
che era la sua opera se13 NOMINATION
conda e per il quale si
meritò subito l’Oscar
Tedesco ebreo di origini
come Miglior Regista.
Il cinema era l’emanarusse emigrato a NY,
zione stessa della sua
ha diretto tra gli altri
esistenza, una rincorsa
alla sopravvivenza da
Elizabeth Taylor, Melanie
quando, 12enne, era rimasto orfano di padre:
Griffith, Harrison Ford
era il 1943 ma già dal
e Robin Williams
1939 si era trasferito
con la famiglia dalla natìa Berlino a Chicago
fuggendo dalle leggi razziali. Di vero
nome faceva Michael Igor Peschkowsky, suo padre era un intellettuale,
amico di Nabokov e Pasternak: l’eredità culturale era imponente.
Ma i primi impieghi furono umili,
almeno fino al trasferimento a New
York con l’accesso all’Actor’s Studio.
Dopo importanti esperienze a
Broadway, in cui si cimentò nelle sue
prime commedie dense di pungente
ironia a colpire i vizi della società di
allora, scelse il cinema e a 35 anni
realizzò il suo esordio: Chi ha paura di
Virginia Woolf? Tredici nomination
agli Oscar di cui 5 vinti, e tra questi a
Elizabeth Taylor, alla sua seconda
statuetta da protagonista. Hollywood comprese immediatamente
il talento di Nichols, che l’anno successivo “si consacrava” attraverso ciò
che sarebbe diventato il suo capolavoro indiscusso, appunto Il Laureato, tratto dall’omonimo romanzo di
Charles Webb.
Il film si configurò subito quale paradigma di una rottura assoluta, tanto nella narrazione quanto nel divismo, rispetto ai canoni del classicismo hollywoodiano. E negli anni,
The Graduate è divenuto un simbolo
epocale a doppia mandata: dall’ester-
ROMA CAPITALE?
All’Eliseo va in scena solo la chiusura
di Tommaso Rodano
a Eduardo De Filippo a Luca
D
Barbareschi. La triste fine del
Teatro Eliseo si consuma tra milioni
di debiti, querele e appuntamenti in
tribunale. Alla fine la serranda è stata
abbassata. Il palco romano che ha fatto la storia del teatro nazionale è chiuso da ieri mattina, dopo 114 anni di
spettacoli. L'ufficiale giudiziario aveva rimandato lo sfratto, minacciato
da quest’estate, già quattro o cinque
volte. Il tempo in più non è bastato.
Il fallimento dell'Eliseo è una questione di famiglia. Il responsabile della
gestione economica e artistica – fino a
ieri – era Massimo Monaci. La società
proprietaria dell’immobile, invece,
ha tre quote, una delle quali appartiene al padre di Massimo, Vincenzo
Monaci. Due dei tre soci hanno accettato l’offerta di Luca Barbareschi,
attore ed ex deputato finiano, poi rin-
negato. Ma non basta: per statuto serve una maggioranza di quattro quinti.
In pratica, l’unanimità. Il terzo socio,
Vincenzo Monaci, non vuole darla
vinta a Barbareschi: il teatro rimane
chiuso a tempo indeterminato; 17 lavoratori assunti e altri 63 scritturati
restano a casa.
L’AFFARE di famiglia va in scena qual-
che ora dopo l’apposizione dei sigilli.
Massimo Monaci convoca una conferenza stampa. Quando conclude la sua
memoria difensiva, entra in sala il padre Vincenzo. Il figlio prova a dissuaderlo (“Papà ti prego, non devi farlo”),
ma l’altro si prende le telecamere: “Abbiamo subito una violenza micidiale. I
fascisti purtroppo esisto ancora. E nel
breve periodo vincono”. Il fascista in
questione sarebbe Barbareschi. Nel
braccio di ferro con la famiglia Monaci, l’attore è andato giù pesante:
“L’attuale gestione – ha scritto su Fa-
cebook – ha creato voragini finanziarie stornando risorse pubbliche a beneficio di attività diverse (come una
cantina di vini in Toscana). Ha devastato il teatro italiano”. I Monaci hanno risposto querelando. Ieri Massimo
se l’è sono presa un po’ con tutta la politica del Lazio, dall'assessore comunale Marinelli fino a Nicola Zingaretti.
Eppure l’Eliseo è un teatro privato, che
ha goduto per anni di cospicui finanziamenti pubblici. “Avrò pure sbagliato qualcosa, magari due o tre spettacoli
– replica l’ex direttore – ma qui la crisi
è strutturale. Il pubblico non c’è più:
dal 2011 in poi il botteghino è calato di
circa il 20, 25 per cento. Gli sponsor
privati idem. Lo Stato ha diminuito i
fondi da 1.700.000 euro a 1.350.000.
Abbiamo provato a governare in perdita, ma non siamo né Berlusconi, né
Della Valle. Ora basta”. Tocca a Luca
Barbareschi, sempre che i Monaci si
facciano da parte. Il teatro che ha
ascoltato le parole di Enrico Berlinguer in mano a un ex deputato post-fascista. “Mi spiace sia andata così – sussurra Monaci – ma non possiamo farci
niente. Il modo in cui siamo stati estromessi, quello sì, è stato violento e fascista”. Le serrande sono chiuse. Emma Dante, che si stava esibendo all’Eliseo in questi giorni, ha cancellato il suo
spettacolo: “È allucinante – ha detto la
regista –, chiudono in corsa Roma Europa Fest, una manifestazione di fama
internazionale. L’ennesima pessima
figura davanti al mondo”.
no, di una squallida middle class
americana ormai divorata dalla disfunzionalità e dalle trasgressioni
originate a metà dei ’50, dall’interno,
di un totale sconvolgimento delle regole dei generi.
“LO SCARTO prodotto da Il Laureato
risiede soprattutto nella maniera di
raccontare, nella regia che osa un
adattamento drastico e radicale ai
tempi e ai canoni estetici che stanno
cambiando” osserva Emanuela Martini nel nuovissimo volume New Hollywood (Il Castoro) che da domani al
32° Torino Film Festival accompagnerà la seconda parte dell’imponente retrospettiva Suicide is Painless: Il
nuovo cinema americano 1967-1976: e
non è un caso che si inizi proprio con
il 1967, percepito quale “l’anno de Il
Laureato”.
Dopo il cult di The Graduate, Mike
Nichols ha continuato a spiazzare
Hollywood, per lo più divertendola,
ma sempre con un’intelligenza di rara qualità. Nella levità di Una donna in
carriera (1988) c’è l’amara riflessione
sul compromesso virato al femminile (oltre che una suprema Melanie
Griffith), nel dramma mnemonico
di A proposito di Henry (1991) con
Harrison Ford, si insinua quella necessaria tabula rasa esistenziale per
poter diventare persone migliori,
nella follia di Piume di struzzo (1996)
c’è l’omaggio a uno dei capisaldi del
teatro/cinema queer (La Cage aux Folles di Jean Poiret e poi Il Vizietto di
Edouard Molinaro) ma anche una
delle migliori performance del compianto Robin Williams, e infine nel
claustrofobico e perverso Closer
(2004) c’è il suo ultimo, forse incompreso, capolavoro. Perché “Senza verità siamo animali”, e questo l’immenso Mike Nichols lo sapeva bene.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
15
Capriole Figc: più italiani,
ma anche più stranieri
LE CONTRADDIZIONI DI TAVECCHIO: ROSE RISTRETTE, GIOVANI
DAI VIVAI ASSIEME AL VIA LIBERA AL TERZO EXTRACOMUNITARIO
di Luca
Pisapia
L
otito chiede, Tavecchio esegue. Il
Consiglio Federale
della Figc riunito
ieri ha approvato a maggioranza una serie di riforme del
regolamento: dalla riduzione
delle rose a un massimo di 25
giocatori (di cui 4 provenienti
dal vivaio e 4 da un vivaio nazionale) all’introduzione del
fair play finanziario, dalla
proposta
dell’abolizione
dell’albo dei procuratori (un
unicum italiano) fino alla
modifica del numero di extracomunitari tesserabili, che
passano da due a tre. E questo
è il punto più importante. Il
dibattito sul numero di calciatori extracomunitari è
esploso all’indomani della disfatta della Nazionale ai Mondiali di Brasile 2014, con buona parte della stampa sportiva
che ha iniziato una campagna
contro lo straniero quasi come se rubasse il lavoro ai calciatori italiani.
E così, anche oggi, all’indomani del pareggio della Nazionale di Conte con l’Albania e dello sfogo del ct azzurro, in molti hanno collegato
l’apertura al terzo extracomunitario all’impoverimento del
calcio italiano. Così non è, ovviamente. Il sistema calcio è
prigioniero della mala gestione dei diritti televisivi, di dirigenti incapaci di stare al
passo coi tempi e di sfruttare
le nuove vie del marketing e
del merchandising. Il vero
problema del numero di
extracomunitari è invece la
compravendita di un numero
inusitato di calciatori stranieri da far girare nel calcio minore, per creare plusvalenze e
spostare fondi all’estero.
BASTI vedere il mercato di al-
cune squadre di Serie A, che in
una sola estate riescono a
comprare e rivendere centinaia di giocatori, di cui al massimo un paio poi entrano in
prima squadra. Il terzo extracomunitario, fortemente vo-
luto da Lotito, serve quindi ad
allargare ancora di più questo
tipo di mercato. Se infatti prima era possibile tesserare solo
due extracomunitari, o aggiungerne uno già tesserato
precedentemente in Italia per
ogni posto libero lasciato da
uno venduto all’estero, i numeri della Serie A 2014-15
raccontano di 569 tesserati di
cui 102 extracomunitari. Uno
su cinque, altro che due per
squadra. Questo perché il
mercato si alimenta di giocatori prelevati nel loro paese di
origine che sono tesserati per
volere della squadra X da una
squadra di un campionato
minore, poi sono comprati
dalla stessa squadra X dalla
squadra minore italiana e rivenduti immediatamente in
qualche campionato estero, in
modo da liberare alla squadra
X il posto per un nuovo acquisto. Con la creazione di
quella che Martin Samuel,
editorialista del Daily Mail, ha
definito “una vera e propria
tratta degli schiavi”. A parziale discapito dell’allargamento
al terzo extracomunitario, va
riconosciuto che sono stati introdotti alcuni paletti. Il terzo
uomo, sulla falsariga del siste-
FERRARI Ufficiale: Alonso addio
Arrivano i sogni di Vettel
ilota Ferrari. Una esperienza. Un or- “La Scuderia Ferrari
P
goglio. Grazie”. L’addio alla Rossa è ha deciso di riporre la
confermato da un
: Fernando Alonso sua fiducia nel più
tweet
lascia la scuderia di Maranello dopo cinque
anni nei quali ha accumulato 1186 punti, 44
podi e 11 vittorie. Niente titolo iridato, però,
sempre inseguito, cercato, sperato, ma mai
portato a casa. “Tutta la Scuderia ringrazia
Fernando per il suo grande contributo, sia
sotto il profilo umano che professionale”,
recita il comunicato ufficiale della Ferrari,
quasi a voler mettere a tacere mesi di incomprensioni e dissidi che hanno poi portato al divorzio. Il futuro di Alonso? La nuova McLaren-Honda. Quello del Cavallino?
Sebastian Vettel. Tutto già scritto, un
uno-due arrivato a pochi minuti di distanza.
giovane pluricampione della storia
della Formula 1” ha
spiegato il team principal, Marco Mattiacci. “Sebastian Vettel rappresenta una
combinazione unica di gioventù ed esperienza, e porta con sé uno spirito di squadra
fondamentale per affrontare insieme a Kimi
le sfide che ci attendono per tornare ad essere protagonisti il prima possibile”. Voglia
di rivincita per le strade di Maranello, coronata dalle parole usate ieri dallo stesso
Vettel: “Il sogno di una vita che si avvera”.
PADRONI DEL CALCIO
Carlo Tavecchio, presidente
della Figc, e il suo grande sponsor Claudio Lotito LaPresse
ma inglese, dovrà essere un
vero calciatore, con almeno 5
panchine in carriera (o 2
nell’ultima stagione) nella
Nazionale di appartenenza.
QUEL DOVEROSO attestato di
competenza che in una delle
sue uscite razziste Tavecchio
aveva chiamato pedigree. A
questo si aggiunge, per il tesseramento dei minorenni,
l’obbligo di essere in Italia con
almeno uno dei genitori, e di
avere frequentato almeno 4
anni di una scuola italiana.
Questo dovrebbe limitare la
tratta di ragazzini, organizzata da procuratori senza scrupoli per giunta dietro pagamento da parte della famiglia,
prelevati dall’Africa e dal Sudamerica per inseguire un sogno e che poi finiscono a gi-
rovagare per l’Europa senza
contratto, in condizioni di indigenza. Anche se questi paletti, senza una riforma strutturale dei tesseramenti e del
numero di giocatori trasferibili, senza la necessaria e doverosa trasparenza dei bilanci,
sembrano quelle leggi fatte
apposta per trovare l’inganno.
E aumentare ancora di più loschi traffici. Se quando era
possibile tesserarne due, la
media era di cinque per squadra, adesso che è possibile tesserarne tre prepariamoci, senza i necessari controlli che
nessun dirigente del calcio pare in realtà auspicare, a sessioni di calciomercato ancora
più assurde. Dove sparisce la
differenza semantica tra trattativa (di mercato) e tratta
(degli schiavi).
Porsche per famiglie, un po’ come la Duna
ESISTE UN MODELLO ELETTRICO, LA CUI PUBBLICITÀ PERÒ È POCO CREDIBILE: NON SI È MAI VISTA UN’AUTO DI LUSSO IN UN SALOTTO UMILE
di Bruno
Tinti
l Direttore è una persona
I
gentile e un po’ grave;
molto pacato, non gli ho mai
sentito alzare la voce. Ogni
tanto è imprevedibile. Come
quando mi ha telefonato.
“Ma lo sapevi che c’è una
Porsche elettrica?” “Beh sì,
veramente ce ne sono due,
anzi, contando quelle che
corrono a Le Mans, tre”. Non
si direbbe, ma Antonio Padellaro è appassionato di automobili e, non potendo
chiacchierarne con Travaglio (che una volta mi ha detto che la mia era una macchina da tamarro, tanto per
spiegare il suo atteggiamento
in materia), qualche volta ne
chiacchiera con me.
“Ma una Porsche elettrica... e
poi la pubblicità...”. “Io la
pubblicità della Cayenne
non l’ho vista, ma guarda che
la 918 ha 700 cavalli; e i prototipi di Le Mans quasi
1000”. “Ma dai, una Porsche
elettrica...”. Proprio non gli
andava giù. Ci siamo salutati
molto divertiti. Poi io ho cercato su Internet la pubblicità
di cui il Direttore mi aveva
parlato e ho capito tutto.
C’è una famigliola che se ne
sta nel suo modesto soggiorno: padre, madre e figliolino
decenne. Il bambino dice
con tono da adulto: vado a
fare il pieno alla macchina; e
sparisce. Papà e mamma si
guardano. Cambio scena: un
orribile garage giallastro,
una Cayenne vista di ¾, un
filo elettrico che parte dal
fianco della vettura e si infila
in una presa di corrente; e il
bambino appoggiato al muro con le braccia incrociate,
parodia di un adulto alla
pompa di benzina. Messaggio evidente: la Cayenne è
una macchina da famiglie
comuni, consuma poco,
compratevela
tranquillamente.
PUÒ ANCHE essere che una
pubblicità del genere faccia
aumentare le vendite della
Cayenne; quanto contribuisca all’appeal del marchio
Porsche credo sia da verificare. Mi è venuta in mente
una pubblicità della Fiat di
circa 25 anni fa; promuoveva
uno dei suoi peggiori modelli, la Duna.
C’era un tizio con un’aria da
deficiente che canterellava
tra sé mentre camminava saltellando: “Mi sono comprato
la Duna, mi sono comprato
la Duna”. Poi saliva in macchina, faceva retromarcia e
bocciava la vettura parcheggiata dietro, innestava la prima e bocciava quella parcheggiata davanti; finalmente, sempre canterellando mi
sono comprato la Duna, riusciva a partire e se ne andava a
casa. Qui suonava il clacson
(da vero tamarro, lui certamente), la famigliola si affacciava, e il nostro, sempre con
la sua faccia da deficiente,
parcheggiava bocciando prima dietro e poi davanti. Infine scendeva dalla vettura
tutto contento. Messaggio:
“Chiunque sia un autentico
imbecille compri la Duna”.
Ecco, rappresentare la Porsche come una casa che produce autovetture per famiglia
mi sembra alquanto controproducente. Ma forse, visto
che Marchionne ha deciso di
attrarre la Ferrari in area Fiat
(anzi FCA), loro hanno ragione e io ho torto.
Certo che, quando la pubblicità puntava sull’emozione
INGANNEVOLE
Padre, madre e figlio
che dice: “Vado a fare
il pieno” e attacca l’auto
al filo della corrente.
Sicuri che uno spot così
aumenti le vendite?
PORSCHE ELETTRICA
La vettura (comunque di lusso)
in mostra
al Salone di Francoforte
insita in una Carrera, era
un’altra cosa.
Del resto, siccome con la tecnologia ibrida si fanno automobili con prestazioni fantastiche, Porsche avrebbe potuto puntare su questo messaggio, visto il tipo di vetture
che produce, e non sulla famigliola che ha pochi soldi
per la benzina. Anche perché, se la fai andare come deve andare una Cayenne, i
consumi della ibrida sono
ben diversi da quelli suggeriti
da questa pubblicità un po’
ingannevole.
Poi, siccome anche le cose facete hanno un loro aspetto
serio, mi sono ricordato della
polemica scoppiata a Parigi
sulle auto elettriche che la
municipalità utilizzava per il
car sharing, al centro di una
campagna che pubblicizzava
l’impegno
ecologico
dell’Amministrazione (Il Fatto Quotidiano on line,
7/7/2014).
VENNE FUORI che si trattava
di pubblicità ingannevole
perché, pur essendo vero che
l’auto elettrica non emette
CO2 quando si muove, inquina massicciamente quando viene prodotta e soprattutto ricaricata.
Quando viene prodotta, perché il litio di cui sono fatte le
batterie deve essere estratto
dalle miniere con impiego di
macchinari che certamente
ecologici non sono. E, quan-
do viene ricaricata, perché
l’energia elettrica si produce
in centrali (nucleari in Francia – dove sono furbi – e alimentate a petrolio in Italia –
dove crediamo di essere furbi) che inquinano alla grande. Insomma il motore elettrico inquina di più del motore a scoppio.Non resisto:
propongo alla Porsche uno
spunto fantastico per pubblicizzare la Cayenne. Tutti i record sono caduti. Solo uno
non è mai stato battuto.
Nel 1983 Stefan Bellof, su
Porsche 956, ha girato al
Nurburgring in 6 minuti, 11
secondi e 13 decimi. Nessuno
ha mai fatto meglio. Forse un
giorno lo farà una Porsche
per famiglie.
16
SECONDO TEMPO
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
il Fatto Quotidiano
MASTERIZZATI
DOPPIO CD LIVE
“La musica mi ha
salvato dal camice”
LA NUOVA OPERA DI RENZO ARBORE: UN TRIBUTO
ALL’ITALIA E TANTI OMAGGI (ANCHE AL PADRE)
di Guido Biondi
C
ome Gilberto Gil per
il Brasile chi meglio
di Renzo Arbore è il
nostro ambasciatore
di musica italiana nel mondo?
Alla presentazione del suo
nuovo disco E pensare che dovevo fare il dentista, scorre un
lungo video con una serie di
esibizioni – insieme alla sua
longeva Orchestra Italiana – a
Londra, New York, Caracas e
ovunque si registra il sold out.
Canzoni melodiche di Roberto
Murolo, suo mentore, oltre a
improvvisazioni jazz e grandi
canzoni italiane del secolo
scorso. Una intera carriera in
evoluzione per l’outsider della
radio e tv nazionale, con l’estro
di Alto gradimento e Quelli della
notte, programmi cult esplosivi: il ruolo di talent scout di attori, comici e musicisti. Il guiz-
zo tipico dell’istrionico artista
napoletano, orgoglioso delle
sue radici, l’hanno portato –
negli ultimi tempi – a concentrasi prevalentemente sulla
musica.
“ALL’INIZIO volevo farmi foto-
grafare in copertina con una
giacca militare e una serie di
medaglie appese alle spalle”
racconta Renzo, “perché il disco rappresenta questa immagine per tutta una serie di collaborazioni prestigiose e registrazioni dal vivo in ogni parte
del mondo. Poi – riflettendo
con un po’ di ironia – mi è venuto in mente che avrei potuto
fare il dentista e ho optato per la
classica foto sul lettino del paziente. Mio padre, Giulio, era
un dentista e mi ospitava nel
suo ambulatorio sperando che
mi appassionassi al mestiere.
Ma era anche un appassionato
L’ORCHESTRA
Epica africana
in tre movimenti
di musica lirica e canzoni napoletane e aveva un senso
dell’umorismo sfrenato, forse
perché doveva alleviare le sofferenze dei pazienti. Mi ha suggerito, suo malgrado, che fare
l’artista è il miglior antidoto ai
dispiaceri della vita. Certamente mi ha trasmesso le sue qualità che poi ho utilizzato in radio e nella composizione di
musica blues. In questa raccolta, oltre alle esecuzioni con l’orchestra napoletana, ci sono alcune chicche tratte da passaggi
televisivi o altre registrazioni in
giro per il mondo, una tra tutte
quella con Lucio Dalla, con cui
condividevo la passione per il
jazz tradizionale. E una storica
con Ray Charles, l’unica volta
che ha cantato in vita sua O’ sole
mio. Anche se non arrivo più al
terzo vincerò la voce c’è ancora
(ride, ndr). E un mio omaggio al
genio e all’estro di Lelio Luttaz-
di Pasquale Rinaldis
Renzo Arbore, 77 anni, nella copertina del suo nuovo album
zi e a Giorgio Gaber con la sua
Non arrossire: tante medaglie
che mi sono conquistato in tutti questi anni. Sono oltre 25 anni che porto in giro e cerco di
rilanciare la mia grande passione per la canzone napoletana:
in ogni città del mondo le persone – anche se non conoscono
l’italiano – le cantano appassionatamente. È anche un lavoro
di comunicazione importante,
di divulgazione e spero di riuscire a coinvolgere anche il
prossimo Expo. Dobbiamo
ringraziare i tenori: Pavarotti,
FOLK
Il canzoniere
rimodernato
Bocelli e perfino quelli stranieri
perché continuano a fare promozione al nostro paese con le
canzoni napoletane e alcuni
brani straordinari come Nessun
Dorma, nella lingua italiana”.
La pubblicazione del doppio cd
anticipa il ritorno dal vivo
dell’artista partenopeo: il 22 dicembre al Teatro Alfieri di Torino, il 26 all’Auditorium di
Bologna, il 28 a Isernia (Auditorium Unità d’Italia) e una serata evento per capodanno a
Roma all’Auditorium Parco
della musica.
GARAGE
I figli degeneri
di Jon Spencer
REGARD SUR LE PASSÉ ©
THE BELGIANS ©
UNA CELEBRAZIONE della storia e dello spirito identitario africani, un inno all’incontro e alla
mescolanza di tradizioni. Regard Sur Le Passé è
un esperimento coraggioso, che merita l’attenzione di chi ama la musica al di là degli steccati. Un’”epica musicale in tre movimenti”, originariamente composta dall’orchestra guineana Bembeja Jazz National, oggi riletta da un ensemble italiano, la Classica Orchestra Afrobeat
diretta da Marco Zanotti. Il “libretto” è costituito dalle parole dei griots,
i custodi della tradizione orale africana, e il protagonista è Samory
Toure, ultimo imperatore mandingo artefice di una strenua resistenza
ai francesi a fine 800. Le sue gesta sono narrate – in francese e nei
dialetti locali – dalle voci di Sekouba Bambino e Baba Sissoko, e immerse in un affascinante impasto di musica classica e popolare in cui
trovano spazio anche interludi dedicati a compositori italiani secenteschi. Il disco è stato inciso dal vivo al Teatro Alighieri di Ravenna, ma
chi vuole godersi lo spettacolo di persona potrà farlo questa sera all’Auditorium di Roma e domani all’oratorio Santa Cristina di Bologna.
Carlo Bordone
GIÀ NOTI per il precedente
e ottimo “Liquid Love”, prodotto da Jon Spencer, i belgi The Experimental Tropic Blues Band pubblicano il loro quarto disco, “The
Belgians”, una sorta di concept album, ricco di ironia e irriverenza sul Belgio, la sua storia e i suoi abitanti. Il trio di Liegi non ha mai fatto mistero delle
sue influenze: nella musica e nello spirito c’è molto
di Jon Spencer, del suo blues punk scorticato e delle
annesse sperimentazioni rumoriste. È la celebrazione del rock nella sua essenza più sporca e selvaggia: un r’n’r psicotico ed epilettico fatto di umori
trash funk, noise, punk e psychobilly. Oltre a Jon
Spencer si scorgono echi di Cramps e Black Lips. Un
disco divertente e senza pretese, ottimo per i cultori
del garage più deviato e sgangherato.
G. Ba.
Classica Orchestra Afrobeat
Brutture Moderne
DA BROOKLYN
Per automobile,
ad alto volume
77 ©
Nude Beach
Don Giovanni
IL TITOLO è uguale a quello del primo album
dei Talking Heads, ma punk e new wave c’entrano poco con il suono dei Nude Beach, band di
Brooklyn giunta al terzo disco. Il jingle jangle nel quale avvolgono le loro
canzoni riporta in altri spazi della memoria, cari a molti appassionati:
Byrds, Tom Petty, il Paisley Underground degli anni Ottanta. Con quel
tocco di Rolling Stones che non guasta mai. Tra ballate e pezzi più tirati,
il disco scorre piacevolmente nonostante la lunghezza esagerata (diciotto brani, forse troppi quando lo stile è così omogeneo). Niente di
nuovo, ovviamente: siamo davanti a un monumento al classicismo
rock, nel quale si preferisce rileggere la lezione dei maestri piuttosto
che tentare qualcosa di nuovo. Ma le fughe in avanti non sono certo
compito di band come questa. Dai Nude Beach ci si aspetta solidità e
buona scrittura rock’n’roll, e qui ce n’è in abbondanza di entrambe. Da
ascoltare possibilmente in auto. e ad altissimo volume.
C. Bord.
Nicola
Barghi
ripar te
cantando
Harrison
The Experimental
Tropic Blues Band
Jaune Orange
IL CANZONIERE
ANARCHICO ©
Montelupo
Godfellas
ERA DA ANNI che non veniva pubblicata un’antologia interamente dedicata ai canti anarchici italiani. Montelupo è un progetto volto al recupero
di quella tradizione, nato nel 2012 da un’idea dei
romani Il Muro del Canto, Daniele Coccia (voce),
Eric Caldironi (chitarre), Alessandro Marinelli
(fisarmonica), cui si aggiunge al contrabbasso
Nicolò Pagani. L’intento è quello di registrare un
canzoniere per le nuove generazioni, “che rendesse le canzoni perfettamente riconoscibili,
senza farle provenire dal grammofono del bisnonno mazziniano”, come scrive nell’introduzione il cantautore Alessio Lega: dunque, arrangiamenti moderni, in chiave folk, saldamente ancorati alla musica popolare e impreziositi dalla
voce magnetica e profonda di Daniele Coccia. Un
tributo rigoroso e appassionato agli ideali libertari, antimilitaristi e anticlericali difesi fino alla
morte dagli anarchici e un omaggio a personaggi
storici come Gaetano Bresci, Giuseppe Pinelli e
Pietro Gori. Un ottimo lavoro.
Gabriele Barone
ECCO UNO dei più fulgidi esempi di artista indipendente nell’era
del do it yourself. Subito dopo
aver pubblicato il suo quinto album Sunny Day, Nicola Barghi,
cantautore di genere Brit-Pop e
grande amante dei Beatles, è
partito dalla sua Toscana e organizzato, senza intermediazioni,
un lungo tour terminato dopo
quasi 100 concerti tra Italia ed
estero, viaggiando a bordo di un
pulmino con la band per promuoverlo. Appena rientrato a Pisa, poi, ha iniziato a scrivere le
canzoni di questo nuovo lavoro
intitolato Elettroshock: “È un album che segna un punto distinto nella mia vita, sia artistica che
personale. È un disco di cambiamento, che mi porta a guardare
le cose da un’altra prospettiva
ma su di una solida base dal
quale ho intenzione di partire
per i prossimi progetti”. I brani,
cantati sia in italiano sia in inglese, “raccontano di me. Questo
album, infatti, mi rappresenta
molto più di quanto avrei pensato. Con Elettroshock credo di essere stato in grado di fermare
un’immagine chiara dei miei ultimi quattro anni, esternando
tutte le emozioni che mi hanno
investito”. Il disco, composto da
11 brani, comprende anche due
cover: “È la prima volta che propongo brani di altri all’interno di
un mio album. Ho scelto due
canzoni che mi rappresentassero: Old Brown Shoe è un brano di
George Harrison quand’era ancora nei Beatles, ma non è un
brano rappresentativo di questi
ultimi, perciò mi piaceva l’idea di
coverizzarlo. Lonely Boy dei Black
Keys, invece, è un bel blues
sporco che ho voluto rendere
punk nel ritornello”. Un’ultima
menzione la merita la copertina
in cui è ritratto il volto stilizzato
dell’artista, ma al posto dei capelli, la testa è ricoperta da quello che rappresenta un colorato
pantheon dei suoi miti ed eroi.
JAZZ
Ron Miles, Frisell,
Blade: lezioni di trio
CIRCUT RIDER ©
Ron Miles
Yellowbird/enja
C’È DA APRIRE le orecchie al solo sentire la line-up: una cornetta, nobile antesignana della tromba, una chitarra elettrica e una batteria. Associandovi i nomi,
le orecchie cominciano a scottare: Ron
Miles, leader del trio e solo formalmente il
meno noto della band; Bill Frisell, geniaccio che per la sei corde nel jazz è ormai
quello che fu Hendrix nel rock; e Brian
Blade, poliedrico percussionista dal tocco
versatile e personalità multiforme. Poi c’è
la scaletta, cinque originali a firma di Miles e tre riletture: due dal repertorio di
Charles Mingus (Jive Five Floor Four e
Reincarnation Of A Lovebird) e una dalla
penna di Jimmy Giuffre (Two Kind Of
Blues). E a questo punto le orecchie friggono perché Circuit Rider conferma la
bontà dell’impasto timbrico del precedente Quiver, puntando non solo sulle capacità improvvisative dei singoli (elevate)
e sulle rispettive doti di arrangiatori (forse
persino maggiori) ma soprattutto sull’intelligenza musicale di tre solisti che sanno
perfettamente dove e quando inserirsi
con un solo accordo in controtempo per
sottolineare il fraseggio del compagno
(Frisell su Miles); come offrire una punteggiatura che arricchisca il dialogo degli
altri (Blade su Frisell e Miles); o in che
modo completare un tema quasi senza far
accorgere che sul proscenio è cambiato il
protagonista (tutti su tutti). In sintesi un
equilibrio formale che rende fruibili anche
le scelte estetiche più rischiose.
Andrea Di Gennaro
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
FEDERICA PANICUCCI
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
17
conduce
“Mattino Cinque” LaPresse
SU RAIUNO
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
L’Europa come (forse)
avrebbe dovuto essere
di Patrizia Simonetti
e origini dellEuropa unita, libeL
ra, democratica, pacifica e solidale come doveva essere, le basi
gettate di nascosto da un gruppo di
giovani antifascisti confinato nel
1941 su un isola del Tirreno: Altiero
Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio
Colorni ne scrissero i principi su
cartine di sigarette, piccole pagine
che attraversarono il mare nascoste
in un pollo arrosto per arrivare ad
essere stampate e diffuse tra le fila
della Resistenza grazie al coraggio di
due donne, Ursula Hirschmann e
Ada Rossi, mogli di Eugenio ed Ernesto, e passare alla storia come il
Manifesto di Ventotene. Le racconta
così il film Tv Un mondo nuovo, domenica su Rai1 a chiudere la settimana dedicata all'Europa, prodotto
da Rai Fiction e Palomar, diretto da
Alberto Negrin, protagonista Vinicio Marchioni nel “ruolo che ti cambia la vita” dice.
Dopo la presentazione a Bruxelles,
ieri la proiezione a Roma per 400 ragazzi dei licei che se gli chiedi cos'è
l'Europa ti rispondono “un paese diviso in più parti”, “un trattato di pace”, “un insieme di stati che hanno
formato l’Unione per far andare bene in circolo questa Europa, ma non
so perché”; poi c’è Laura che “per noi
giovani è una prospettiva per un futuro migliore – dice – ma se non c’è
collaborazione non c'è prospettiva
quindi per il momento non si sa cos'è l'Europa”, e Pietro che “economicamente non tutti stanno messi
uguale per cui non credo funzioni
tanto bene”. Che questa Europa non
funziona lo dice anche Pier Virgilio
Dastoli, collaboratore di Spinelli,
oggi Presidente del Cime e consulente della fiction, “ma quando sentiamo i capi di governo dire ‘ce l'ha
chiesto l'Europa’ non è vero - aggiunge - sono loro che decidono”.
UN MONDO nuovo è un lungo flashback tra i ricordi di Spinelli, dal
suo arresto al confino, dopo 10 anni
di galera, sull'isola pontina dove conosce il suo “maestro della mente”
Ernesto Rossi (Peppino Mazzotta) e
sua moglie Ada (Valentina Carnelutti), e il suo “maestro dell'anima”
Eugenio Colorni (Orlando Cinque)
e sua moglie Ursula Hirschmann
(Isabella Ragonese), giovane ebrea
tedesca di cui si innamora che gli insegna a coltivare pomodori e fagiolini sulla roccia che “sono la vita” dice, e pure Sandro Pertini (Ignazio
Oliva). Con loro condivide il sogno
di “un'Europa unita che significa lavoro e democrazia per tutti” e che
scongiuri “tutte le condizioni per
una terza guerra mondiale” e che in
qualche modo nasce, o tenta di farlo,
nelle grotte di un'isola sotto le bombe.
Panicucci e D’Urso: la morta
e i suoi amanti, che passione
di Veronica
Tomassini
arebbe interessante recuperare il
S
senso di una morta (morta: al
femminile, è una donna), veramente
basterebbe anche soltanto quello del
lutto. Macché, i morti sono il palinsesto dei pomeriggi televisivi, altrimenti cosa resterebbe per certa autorialità, cosa può funzionare meglio,
tolte le ricette della Parodi? Nel suo
pomeriggio urlato, da strilloni della
tv, perché dannazione le trovano tutte
loro, Barbara D’Urso – con i suoi autori – ha raggiunto la vetta eccellente
dell’inaudito, mostrando pochi giorni
fa niente di meno che un grafico
(avercene) sugli amanti di Elena Ceste. Così un bel pomeriggio, davanti
alla tv, abbiamo ingoiato l’abominevole, un castigo prono, senza alcun
biscottino al burro sul finale. Abbiamo sicché seguito filo per filo ogni
collegamento delle freccette. Dunque
c’è tizio, anni eccetera eccetera, professione eccetera; poi c’è l’altro e l’altro ancora. E inchiodata all’abominio
c’è Elena, che è morta-morta; della
quale dimenticheremo l’assenza, ab-
biamo già smarrito il peso della perdita, non nutriamo la compartecipazione, niente: ingoiare l’abominio,
contare i presunti amanti, lo dice la
D’Urso, signori. Chi era Elena Ceste?
Ma che domanda è? È un fantoccio,
un pezzo, un pezzo di un arto, un
corpo smembrato, sì va bene: vorremmo continuare a leggere il grafico. La
D’Urso è consapevole, dove c’è lei
non c’è trippa per gatti, complici le
sue inviate gagliarde, nel senso: e chi
le frega quelle?
EPPUR la sua leggerezza (della D’Ur-
so), o anche le sue smorfie di disapprovazione – sarà una specie di tristezza civica senz’altro – inducono
stoltamente lo spettatore a ingiusti parallelismi. Parallelismi sbagliati, Barbara D’Urso uguale paesaggio da
emoticon. No, non sta bene, non è
così, neanche per estensione. I grafici
continuano, ogni mattina, con Federica Panicucci, anche lei come la
D’Urso, cerca di capire sempre qualcosa e chiede il collegamento con una
tale Dalle Palle (è un cognome, tutto
qui). Deve cercare di capire. Rielenca
Gli ascolti
di mercoledì
VELVET
Spettatori 3,7 mln Share 14,1%
I CESARONI 6
Spettatori 4,1 mln Share 17,3%
gli uomini, uno per uno; usa con devota titubanza il sostantivo aggettivato più prossimo al significato di
“amante”. Elenco, freccette, professione, età. Non è una slide. Ma chi è la
morta? Che domanda. Ed è una risposta tutto sommato. C’è persino un
signore avanti con gli anni. È nella
lista, attenzione. Gli autori qui forse
trepideranno in gran segreto, chi può
dirlo, questa è la parte più delicata,
quella che c’è da giurarci farà inorridire l’Italia intera di buon mattino
(evvai). Anzi no, perché è la D’Urso
per prima ad aver lanciato la notiziona, ed era pomeriggio. Un grafico pomeridiano. Uh. Però Federica, quanto
giovanilismo, quanti sorrisi, giusto:
trattare confidenzialmente tutto, finanche l’abominio. Non sottrarsi al
gusto di mandare il collegamento come se fosse un jingle. Vocina adolescenziale. Dobbiamo capire, dici. Genialità. Infatti sorride Federica Panicucci, parla di morti eppur sembra che
discetti di ammorbidenti al pino bianco. Quanto giovanilismo, neanche
fossimo a Radio Dj. Complimenti,
bravi bravi.
CHI L'HA VISTO?
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LE IENE SHOW
Spettatori 2,4 mln Share 12,6%
18
SECONDO TEMPO
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
il Fatto Quotidiano
GIUSTAMENTE
CRIMINI E MISFATTI
La mafia al Nord,
peggio che al Sud
di Nando dalla Chiesa
E
ora mettiamoli tutti
in fila. A destra le legioni di sindaci, ministri, prefetti, imprenditori e politici vari che per
decenni hanno negato la presenza della mafia in Lombardia.
A sinistra le legioni, ugualmente numerose, di altri politici,
imprenditori, professionisti,
intellettuali e giornalisti che per
un periodo un po’ più breve si
sono avvicendati su palchi e cattedre e tavole rotonde, per spiegare, da esperti, che oggi il “vero
mafioso” non è più quello “con
la coppola e la lupara” o “che fa i
riti di iniziazione”, ma è un professionista raffinato che porta il
doppio petto e parla fluentemente l’inglese. Invece parla
giusto il suo dialetto e fa i riti di
iniziazione; anzi, li fa anche in
Lombardia, là dove dovrebbero
esprimere la sua faccia moderna e finanziaria.
Se al nord siamo giunti a questo
punto è perché ci si è abbeverati
di rimozione e di luoghi comuni
evitando accuratamente di fare
l’unica cosa sensata da fare
quando si ha un nemico davanti: studiarlo, conoscerlo. Tanto
tempo fa ci fu in Brianza un bravo sindaco, si chiamava Erminio Barzaghi, che mobilitava i
suoi concittadini di Giussano e i
propri colleghi brianzoli contro
le organizzazioni mafiose avviate, un sequestro di persona
dopo l’altro, una bomba dopo
l’altra, a “cucinarsi” una delle
aree più ricche del paese.
Non era un mafiologo, Barzaghi, ma da amministratore responsabile capì decenni fa quel
che ancora tanti amministratori (leghisti compresi) non capiscono. Che il futuro dei “nostri
figli” (così disse in un discorso)
è in pericolo, perché il peggio
del Sud si sposa con il peggio del
Nord. Sembra incredibile che i
processi che si sono celebrati
dagli Anni 90 a oggi, le denunce
documentate prodotte da minoranze, spesso esigue, della società civile, non siano riusciti a
cambiare nulla o quasi nella testa della classe dirigente settentrionale. Che nei casi migliori fa
dibattiti, ma non spinge perché
la politica, le associazioni imprenditoriali e di categoria, gli
ordini professionali, la stessa
magistratura (basti pensare alla
lunghissima impunità giudiziaria ligure), assumano posizioni
coerenti nei fatti, invece di accontentarsi di protocolli e di codici etici mai rispettati.
Si è affermata, chissà perché,
l’idea che al Nord la mafia (includendo nel termine tutte le
forme possibili di organizzazione mafiosa, a partire da quella
ormai dominante, la ‘ndrangheta) al massimo ricicli i soldi,
ma non “faccia” davvero la mafia. È la versione aggiornata della Rimozione. È la sciagurata
convinzione che porta tante
corti giudicanti, del tutto a digiuno di studi e conoscenze del
fenomeno mafioso, a mandare
assolti fior di clan dall’imputazione di 416 bis. Certo, è la motivazione: chi nega che siano al
Nord, e d’altronde dove do-
Ansa
RIMOZIONE
Quando capiremo che
i clan, i calabresi su tutti,
si stanno impadronendo
di pezzi di economia del
Settentrione esattamente
come nel Mezzogiorno?
vrebbero investire i soldi? Ma
qui non commettono il reato di
associazione mafiosa. Un giorno, quando sollevai questo problema alla Scuola Superiore della Magistratura, un sostituto
procuratore mi disse, a conferma, durante un intervallo: “Io
sono dovuto andare in Sicilia
per vedere condannati per associazione mafiosa determinati
comportamenti. Con gli stessi
esatti comportamenti in Piemonte non ci riuscivo”. Perché
“qui al nord non fanno le stesse
cose”, appunto. Mentre invece
mettono bombe, incendiano,
fanno estorsioni, uccidono,
fanno riti di affiliazione, intimidiscono e terrorizzano testimoni, corrompono politici e pubblici funzionari, raccolgono voti, fanno prestito a usura, impongono servizi e forniture.
QUANDO la finiremo di auto
immaginarci che cosa fa davvero la mafia nelle contrade del
Nord progredito? Quando riusciremo a convincerci che passo
dopo passo i clan, quelli calabresi soprattutto, si stanno impadronendo di pezzi di economia
e di società del nord, specie nel
nord-ovest e nell’Emilia Romagna? Che le situazioni di Milano, Monza-Brianza, Torino e
ponente ligure sono da allarme
rosso, e che tutto quello che
sembrava infiacchito, o addirittura scomparso, continua a covare sotto la cenere, vedi i casi di
Lecco e di Fino Mornasco?
Il comitato antimafia istituito a
Milano dal sindaco Pisapia ha
gettato nel suo ultimo rapporto
(il quinto, lo si trova sul sito del
Comune di Milano) un allarme
che avrebbe dovuto mobilitare
tutti i protagonisti, pubblici e
privati, della vita milanese. E invece non è successo. I suoi contenuti girano più tra gli insegnanti e gli studenti universitari
che nei vari spezzoni di classe
dirigente. E lo stesso mondo
dell’informazione sembra in
preda a bioritmi svegliarsi ciclicamente davanti alle inchieste
della magistratura, come in un
fenomeno di parassitismo giudiziario, per riappisolarsi altrettanto ciclicamente. Tutto ciò
che accade e parla e insegna e
dovrebbe scuotere non fa notizia. Perché dieci incendi non
fanno notizia. Non la fa uno solo, non la fanno dieci volte “uno
solo”. Strana situazione.
I miei studenti continuano a segnalarmi magazzini e negozi e
auto a fuoco dalle varie provincie lombarde, registrando la forza quotidiana della minaccia
mafiosa. Incendi in provincia di
Bergamo, per dire. Bar conquistati in provincia di Pavia. Perfino scuole espugnate in provincia di Milano. E i segni eclatanti,
impressionanti, dell’avanzata
nella sanità lombarda. Ma nessuno sembra capace di prendere
il toro per le corna e dettare o
impostare una strategia di risposta. Qualcuno, ultima versione della Rimozione, si illude
che sia tutta colpa dell’Expo. Poi
finirà e finiranno gli appetiti.
Non è così. Se la ’ndrangheta ha
puntato sull’Expo è perché giocava in casa. C’era prima, da decenni, e ci sarà dopo. A Lecco i
riti di affiliazione non li ha portati l’Expo. Ma ancora una volta
la constatazione è d’obbligo, la
loro forza sta nelle nostre debolezze. In una società senz’anima
e capace di fare la voce grossa solo con i clandestini. Una società
liquida davanti a un potere che è
tutto “sangue e suolo”. Un Nord
che al termine di un lungo ciclo
culturale scopre di avere come
propria identità il denaro. Ossia
il valore meno indicato per scavare fossati morali.
La farsa di Medicina:
laureati e disoccupati
di Bruno
Tinti
LA STORIA dei test per
essere ammessi alle specializzazioni mediche si è risolta
nel peggiore dei modi: i due
test invertiti, quelli destinati
ai cosiddetti servizi (radiologia, anestesia, medicina del
lavoro etc) finiti ai medici e
viceversa, sono stati aboliti;
dovevate rispondere a 30
domande, vanno bene 28;
tutto regolare. Regolare un
accidente.
Immaginiamo
due esaminandi; il primo ha
sbagliato le risposte ai due
test aboliti, quindi ha punteggio pieno, 28; il secondo
ne ha sbagliate altre 2 ma ha
risposto bene ai test aboliti;
anche lui avrebbe 28; invece
ha solo 26. Risultato: il primo
è ammesso alla specialità e il
secondo no. Ovvio che i ricorsi al TAR si sprecheranno.
Al di là della soluzione sbagliata, la vicenda bene evidenzia l'incapacità della
Pubblica amministrazione:
in questo caso quella sanitaria; ma inefficienza e insipienza analoghe sono riscontrabili in ogni settore: mi
mettessi a raccontare della
Giustizia, riempirei tutte le
pagine del giornale. Motivo
per cui torniamo ai test per
l'ammissione alle specializzazioni.
Bisogna sapere che il laureato in Medicina non può fare a
meno di una qualsiasi specializzazione: se non ne ha
una può solo fare le guardie e
le sostituzioni dei medici
della mutua; insomma non
può lavorare. Va bene, si specializzi. Solo che non può, almeno non è detto che possa.
Alla facoltà di Medicina c'è il
numero chiuso: bisogna sun
perare i test, troppi medici
non vanno bene; e sarà anche giusto. Ma a questo punto basterebbe calcolare questo numero chiuso in funzione dei medici specializzati,
gli unici che faranno davvero
il medico, non in funzione dei
laureati. In altri termini, perché ammettere all'Università 20.000 (numero di fantasia) studenti con prevedibili 15.000 laureati per poi
ammetterne alle specializzazioni solo 5.000? E gli altri
10.000 (che non solo hanno
speso tempo e danaro per
laurearsi ma hanno utilizzato
risorse della collettività per
la loro formazione - Università e professori li paga lo
Stato) che cosa faranno? Se
non servono più di 5.000
ANOMALIE
Non abbiamo i soldi
per gli specializzandi,
ma anziché evitare
di formarne troppi, li
facciamo studiare e poi
li mandiamo all’estero
Medici in corsia Ansa
medici “veri” si limiti l'accesso all'università in funzione
di questo numero, non si
creino disoccupati dopo aver
speso capitali per formarli.
Tanto più in quanto i non ammessi alle specializzazioni
vanno a lavorare in altri Paesi
(i medici italiani sono molto
apprezzati, hanno un'ottima
preparazione) che non hanno speso una lira per farli
studiare.
QUESTA storia induce a
pensare, ancora una volta,
che si stava meglio quando si
stava peggio. Prima della ennesima riforma, le specializzazioni venivano svolte presso le varie Università; i medici non erano pagati (borse
di studio, guardie, sostituzioni, sbarcavano il lunario alla
meno peggio) però intanto
imparavano e si specializzavano. Alla fine potevano lavorare, sempre nel rispetto
del numero chiuso per l’accesso a Medicina. Poi qualcuno ha cominciato a sollevare il problema: non è giusto che lo specializzando lavori in ospedale e non venga
pagato! Dobbiamo dargli
uno stipendio. Sì, ma i soldi
dove li prendiamo? Eccoli
qui, bastano per tre specializzandi. Va bene, e gli altri?
Fateli entrare in soprannumero, lavorano gratis (un po'
incoerente, ma si salvano capra e cavoli). Poi i baroni, i
favoritismi veri o presunti, la
"razionalizzazione" (ottima
cosa se la sapete fare): concorso in sede nazionale, chi
passa si specializza, gli altri
si arrangino. Ma io ho studiato, sono medico! Peggio
per te, vai a lavorare in Inghilterra. Ma ci sarà un limite
all’imbecillità?
n
MORTI PER AMIANTO
L’ultimo oltraggio di Mr Eternit:
“Perseguitato, finalmente assolto”
di Stefano
Caselli
Torino, durante i proA
cessi di primo grado e di
Appello, non lo hanno mai
visto. Così come non lo vedevano quasi mai a Casale
Monferrato, dove per tutti
era semplicemente “lo Svizzero”.
Eppure
Stephan
Schmidheiny non è – a quanto pare – uomo così schivo.
Salvato in Cassazione dalla
prescrizione dopo una condanna a 18 anni per i morti
causati dalle spore di amianto
della sua Eternit, il magnate
svizzero ha sentito il bisogno
di celebrare pubblicamente
quella che lui – dimostrando
di aver imparato molto bene
certe lezioni di italiano – considera a sproposito un’assoluzione: “La sentenza della
Suprema Corte – scrive in un
comunicato – conferma che il
processo Eternit si è svolto in
violazione dei principi del
giusto processo”. Non sappiamo chi gli abbia raccontato questa storia, dal momento che il pg della Cassazione Iacoviello lo ha definito
comunque “responsabile di
L’IMPUTATO
Il magnate Schmidheiny,
condannato a 18 anni
in Appello, esulta per
la prescrizione. I soldi,
evidentemente, non
possono comprare lo stile
tutte le condanne a lui ascritte”, ossia consapevole di
quanto letale fosse l’amianto
lasciato libero di liberarsi
nell’aria di Casale Monferrato (accusa invero un po’ lontana dalla definizione di “pioniere dei metodi più sicuri
nella lavorazione dell’amianto” che Schmidheiny da di
sé).
DI CERTO, però, devono aver-
gli comunicato che presto potrebbe essere processato per
altre 200 morti (a Casale si
continua a morire) e questa
volta per omicidio: “Mi aspetto che lo Stato italiano – scrive
infatti ancora il magnate nella
sua nota – mi protegga da ulteriori processi ingiustificati”.
Le perizie depositate al processo di Torino dicono che a
Casale Monferrato la percentuale di contrarre una malattia mortale legata all’amianto
è 2.000 volte superiore a quella della media. E dall’Eternit,
la sua fabbrica, usciva
l’amianto che si infilava nei
polmoni dei casalesi. Eppure,
secondo il signor Schmidheiny, i processi sono “ingiustificati”. Libero di pensarlo, così come è stato libero di reinventare se stesso (dopo che
nel 1986 abbandonò l’Eternit)
come alfiere mondiale dello
sviluppo sostenibile, impegnato “nella protezione e nella crescita ambientale per rispondere alle esigenze economiche e sociali della generazione attuale, senza compromettere le generazioni future”. Così scriveva nel 1991,
quando fondò il Business
Council of Sustainable Development, un ristretto club che riu-
nisce 51 grandi industriali
molto preoccupati per le sorti
del pianeta. Alla guida del
Council partecipò anche alla
conferenza mondiale su Ambiente e Sviluppo di Rio de
Janeiro nel 1992, consegnando nelle mani dell'allora presidente degli Stati Uniti George Bush (padre) una relazione
di 374 pagine contenente la
summa delle sue idee ambientaliste. Idee che poi trasfuse in
un libro dal titolo Cambiare
rotta, pubblicato in Italia dal
Mulino. Negli anni 90 l’ex signor Eternit ha poi fondato la
fondazione “Avina” per contribuire allo “sviluppo sostenibile dell’America Latina”
(possiede, tra l’altro, 128 mila
ettari di terra nel Cile meridionale) e tuttora finanzia associazioni ambientaliste in
tutto il mondo.
È LIBERO, insomma, il signor
Schmidheiny di sentirsi un
campione dell’ambiente. Ed è
libero di credere che sarà nuovamente assolto. Ma altrettanto liberi sono i malati e i
parenti delle vittime nel parafrasare – finalmente a proposito – il famoso verso de La
Canzone del Maggio di Fabrizio
De André “per quanto voi vi
crediate assolti, siete per sempre coinvolti”. E liberi tutti
noi di pensare che il denaro
non può comprare lo stile. In
questo caso, un bel silenzio,
sarebbe stato più dignitoso.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
19
VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2014
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
Nessun Alto Patronato
per il Premio America
Spiace, ma è inevitabile,
dover intervenire per
smentire l’ennesima ricostruzione, priva di
qualsiasi fondamento,
apparsa il 20 novembre
sul quotidiano, della vicenda relativa all’asserita
“sconfessione” dell’adesione del Presidente della
Repubblica al premio
America della Fondazione Italia Usa. In merito,
come già ampiamente
chiarito, gli unici riconoscimenti concessi a tale
manifestazione
sono
consistiti in una breve
lettera di apprezzamento
a mia firma nel 2009 in
occasione della prima
edizione del premio e
nella concessione di tre
medaglie per le edizioni
del 2010 e del 2011, che
oltre a essere riferite soltanto a quelle edizioni,
non costituiscono né un
Alto Patronato né l’adesione del Presidente della
Repubblica.
Né può essere attribuita
alcuna rilevanza all’intestazione del fax che si riferisce esclusivamente
alla
denominazione
dell’area del servizio proposto alle istruttorie, la
cui competenza riguarda
tutte le diverse forme che
possono assumere i riconoscimenti presidenziali, che vanno dall’Alto patronato, all’adesione del
Presidente della Repubblica, alla concessione di
medaglie di rappresentanza e da ultimo a semplici lettere di apprezzamento.
Ma soprattutto è inesatto
affermare che “soltanto
nel 2014 il Quirinale ha
sentito l’esigenza di sottolineare che il premio
America non era apprezzato e che quindi non si
poteva tollerare che il nome del Capo dello Stato
fosse abbinato all'evento”. Infatti nel 2014 non
c’è stata alcuna lettera del
Quirinale relativa al premio America non essendovi stata alcuna richiesta di riconoscimento al
riguardo da parte della
Fondazione, mentre nel
2012 e nel 2013 non furo-
no accolte le richieste di
medaglie. Dunque non vi
è alcun nesso, come si
vuol far credere, con il
premio conferito nel
2014 al giornalista Alan
Friedman.
È invece più che sufficiente a spiegare il comportamento assunto dal
Quirinale a partire dal
2012 la precisazione
dell’Ambasciata
degli
Stati Uniti a Roma, resa
pubblica il 14 maggio
2012, del seguente tenore: “Con il tempo, l’Ambasciata ha avuto modo
di constatare che la politica di comunicazione
della Fondazione seguiva
criteri non pienamente
condivisibili.
Da qui la decisione di
uscire dal board così come hanno fatto altri soggetti”.
Donato Marra
Segretario generale
Presidenza della Repubblica
primato dei politici”. Se a
questo aggiungiamo che
oggi, per dirla con Ernesto Galli della Loggia
sempre sul Corriere, i politici sono “figure perlopiù mediocri”, e annotiamo che né Pieroni né Galli della Loggia sono fonti
“estremiste”, c’è ben poco da sperare. A supporto
di ciò, porto Gianrico Carofiglio che, intervistato
da Alessandro Ferrucci
per Il Fatto Quotidiano,
così ha risposto: “F. La vita da investigatore quanto le ha permesso di analizzare la psicologia altrui? C. È stata fondamentale la capacità di immedesimarsi nell’altro,
stessa esigenza per lo
scrittore. F. E la vita da
parlamentare? C. A certe
condizioni la rifarei. Sono stati cinque anni interessanti in chiave personale, inutili dal punto di
vista politico. Ma lo sape-
L’infanzia
trascurata
ogni giorno
CARO FURIO COLOMBO, tutti i Gr e i Tg
ci dicono (le sto scrivendo il 19 novembre) che le Nazioni Unite hanno dichiarato il 20 novembre “Giornata dei diritti del
bambino”. Le risulta che l’Italia faccia o
abbia fatto qualcosa in proposito?
Emilia
MI RISULTA che i media ne parlano molto. Non ieri, non domani, solo oggi. Ho visto persino una fotografia della ex leader
politica berlusconiana Brambilla a colori
(foto con cane in braccio) che, da un governo o dall’altro, deve essere stata nominata
in qualche “commissione per l’infanzia” di
cui altrimenti non si hanno notizie (certo
non l’infanzia). Ma vediamo di riassumere
in che modo e in che senso questo nostro
Paese, di cui Renzi dice un gran bene, ha
potuto, o potrebbe essere utile.
1) Ogni giorno le culle degli ospedali italiani sono affollate di nuovi bambini, di varie
culture e vario colore. Una superstizione
italiana, legata a non si sa quali sacri confini, vuole che questi bambini vengano al
mondo e crescano senza cittadinanza, senza diritti, senza protezione giuridica o politica, diventando italiani in tutto (lingua,
dialetti, cultura, scherzi, gestualità, espressioni facciali) ma non nei diritti civili. Quei
bambini e adolescenti restano nessuno fino
a quando, “compiuto il ciclo di studi obbligatori” (cioè dopo i 16 anni), potranno
chiedere e ottenere (se Salvini non è andato
al governo, se i Cinque stelle si sono rasserenati sull’argomento, e se la burocrazia se
ne ricorda) i documenti italiani. Ecco un
annuncio memorabile per il giorno dell’infanzia proclamato dall’Onu: chi nasce in
Italia è cittadino italiano.
2) L’Italia non sa di avere almeno ventimila bambini rom. Spesso sono italiani e vengono trattati da stranieri. Quando non lo
sono, sono due volte stranieri. Altro an-
la vignetta
La verità di Carofiglio
sui parlamentari inutili
In un elzeviro sul Corriere della Sera, Alfredo Pieroni nei primi anni 90
scriveva: “L’individualismo-vizio degli italiani
ingigantisce e diventa patologico nei politici, che
sono forniti dei poteri per
farsi valere. I privilegia
sono tutt’altro che banditi. La concordia è sempre
in pericolo. Non c’è primato della politica: c’è
vo. F. Tradotto? C. Sapevo che sarei andato a non
contare nulla, la mia era
un’esplorazione,
oggi
vorrei altro. F. Cosa detesta o ha detestato dei politici colleghi? C. Quando
descrivono la loro esperienza come un sacrificio. Fesserie. Chi si butta
in politica lo fa perché la
ama, invece quasi si vergognano a dirlo, e questo
è il segno di un rapporto
non sincero che è parente
dell’inclinazione a non
riconoscere i propri errori, le proprie violazioni e
la tendenza ad auto-giustificarsi e auto-assolversi”. Se un parlamentare
del suo spessore non conta, vuol dire che i 101 che
hanno silurato Prodi,
giusto per prenderne un
“gruppo” a riferimento,
tutto sono meno che
l’espressione dell’autonomia del “parlamentare” che dovrebbe agire
il Fatto Quotidiano
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Marco Tarò, Marco Travaglio
nuncio memorabile: uno statuto per i diritti dei rom - e dunque per la protezione dei
figli dei rom - che il Parlamento emana in
forma di legge.
3) L’inferno delle periferie urbane di Roma
(Tor Sapienza, Infernetto) ha riguardato
quasi esclusivamente l’infanzia, nella sua
versione inferiore di “bambini e ragazzi
migranti, che vuol dire salvati in mare o comunque non annegati. Il loro arrivo in un
quartiere e poi il trasferimento nell’altro
quartiere ha riguardato esclusivamente
persone che la polizia definisce “minori”.
Non saranno bambini piccoli, a causa delle
cure di cui persino i bambini migranti hanno bisogno, ma di bambini, ragazzi e adolescenti giunti (o salvati) da soli, e per i
quali un Paese civile dovrebbe fare qualcosa. Noi, popolo di navigatori, marinai, artisti, e altre cose descritte enfaticamente
dall’ispiratore di Casa Pound (una delle
due ditte di aspra opposizione ai bambini
profughi, l’altra è la Lega, ma gruppi di romani del luogo hanno fatto la loro parte)
abbiamo prontamente respinto questi
bambini e giovani fino al punto da terrorizzarli. Eppure c’era un ampio spazio per
accoglierli. A Tor Sapienza abbiamo visto
un immobile in buono stato e volontari e
volontarie pronti e disponibili, a cui è stato
impedito di rappresentare ciò che resta della civiltà italiana. Nel giorno Onu dedicato
alla protezione dei bambini l’Italia ha fatto
e detto il suo peggio. Affermava il conduttore del servizio Tg3 del 19 novembre,
sull’argomento: “È nella difesa dell’infanzia che si garantisce il nostro futuro”. Senza
dubbio il futuro, nonostante il coraggio isolato del volontariato, questo Paese, al momento, non ha garanzie. Non di civiltà.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
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senza vincolo di mandato, mentre rappresentano al meglio quella condizione per cui bastano
pochi “capibastone” per
indirizzare il “gregge”
dove vuole il padrone.
Una legge elettorale capace di “nominare” da
parte dei “capi partito”
anche solo i capilista, basta e avanza per continuare ad esercitare quel
ferreo controllo per cui
un Carofiglio non conta
un tubo e, ad esempio,
una Paola De Micheli deputato dal 2008, nel 2014
diventa sottosegretario
di Stato. Anche perché in
questa politica contano sì
i fedelissimi di lungo corso ma i neofiti e più zelanti contano ancora di più.
Vittorio Melandri
I tempi sono maturi
per una donna al Colle
Nel 2015 non ci sarà più
Giorgio Napolitano sul
Colle. Ormai è più che
un’ipotesi. Le voci che si
sono rincorse sono state
confermate da un comunicato del Quirinale. Devo dire, fuori dai denti e
con tutto il rispetto e la
stima che godo per “re
Giorgio”, ormai novantenne, che la notizia non
mi rattrista oltremodo.
Sono fondamentalmente
contro la gerontocrazia
politica. Vedi altri paesi
europei: lasciano lo “scettro” ancora in giovane
età. Con la fine prematura del secondo settennato
di Napolitano, si apre, a
questo punto, la corsa alla
successione. Mi auspico
ardentemente che arrivi
presto il momento in cui
una donna possa essere
eletta Presidente della
Repubblica. Mi rendo
conto che le donne devono fare i conti con la complessa e astrusa politica
italiana ancora molto
maschile, ma ciò non
esclude che alcune donne
possono fare il grande
salto. Non è impossibile e
nessuna norma lo vieta.
La loro presenza nei seggi
delle Camere è ben sostanziosa, ciò grazie
all’applicazione delle regolamentazioni internazionali sulle pari opportunità. Le donne, oggigiorno, sono molto risolute. Rivendicano con determinazione, in più circostanze, la propria identità-dignità e quindi hanno tutte le carte in regola
per assumersi la responsabilità del Colle. Ciò, ovviamente, al di là di ogni
colore politico.
Sono convinto che le
donne, pur appartenendo a schieramenti opposti, riescono a trovare
sempre il giusto e necessario accordo per costruire una società più attenta ai bisogni delle famiglie (attualmente in
forte crisi) e più rispettose delle regole. Premiamo, quindi, il loro coraggio, la loro onestà e la loro
capacità.
Franco Petraglia
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