Rivista trimestrale di Con.Solida. s.c.s. – Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 1326 del 12/06/2007 – Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46 ) art. 1 comma 2 e 3 NE/TN – Costo singola copia: 3 € – Abbonamento annuale (4 numeri): 12 € – Contiene I.R. P3 p6 il futuro degli anziani life memory p8 la pelle p11 risparmio p12 val di fiemme p14 imu p17 MEDJUGORJE n. 17 luglio 2012 editoriale Nonni importanti, nonni necessari. La “nonnità” non è solo una situazione esistenziale bensì una condizione affettiva che richiede responsabilità e disponibilità al dialogo. I nonni sono ormai usciti da quel ruolo di “testimoni di una saggezza da tramandare” – importante, ma non centrale – nella vita della famiglia e vi sono entrati da protagonisti: come dei veri e propri ammortizzatori sociali stanno salvando l’Italia dalla rovina economica. Così ne parla – delineando un nuovo quadro sociale – la pedagogista e psicologa Silvia Veggetti Finzi: “Dopo secoli in cui la famiglia aveva una struttura verticale, e cioè quella dinastica, si è passati, a seguito del ’68, ad una famiglia che possiamo chiamare orizzontale, e cioè basata sull’affetto. Adesso siamo tornati ad una struttura verticalizzata in cui i nonni sono la cima della piramide e soprattutto sono parte attiva nel ménage familiare sia dal punto di vista finanziario, logistico, affettivo.” I “nuovi nonni” godono di una condizione di benessere, sono in salute e sono tanti: in Italia sono 12 milioni le persone over 65. Cresciuti per lo più negli anni del boom economico hanno partecipato alla modernizzazione della società, ma hanno anche assistito agli sconvolgimenti del periodo della contestazione e al rovesciamento dei valori. In uno scenario caratterizzato dalla precarietà del lavoro, dalla fragilità dei rapporti di coppia e dall’eclisse degli ideali politici, nonne e nonni sembrano essere l’unica architrave della famiglia. Spesso danno i loro risparmi ai figli, li aiutano col mutuo, comperano loro la macchina e si prendono cura dei nipoti. Assolti dalla responsabilità educativa diretta, possono sperimentare il piacere di condividere con i bambini momenti di libertà e di gioco, in cambio di affetto e complicità. La “nonnità” svolge quindi una funzione importante, ma a volte, proprio per questo, è sottoposta a un carico di aspettative, richieste, pressioni e ricatti affettivi difficile da governare. La redazione servizi il futuro degli anziani Invecchiamento della popolazione, crisi economica, nuovi ritmi e strutture famigliari richiedono un ripensamento delle politiche per gli anziani. La parola a chi cura i servizi per la Terza età di Silvia De Vogli minciamo ora ad ascoltare il parere delle molte organizzazioni che in Trentino operano a favore degli anziani, partendo da Michele Tait direttore di Con.Solida., consorzio a cui aderiscono tutte le cooperative sociali che in Trentino realizzano servizi nell’ambito socio-sanitario a favore della Terza età. Nello scorso numero, l’assessore Ugo Rossi ci ha spiegato le importanti novità della riforma sanitaria in riferimento ai servizi socio-sanitari pensata per rispondere ai profondi mutamenti di contesto – sociali, demografici ed economici – che la nostra Provincia sta attraversando. CoSopra: Michele Tait Già oggi le persone con più di 75 anni sono più del 10% della popolazione e nel 2020 saranno circa il 20%. Si vive più a lungo quindi, ma come si invecchia? Molte “carte dei diritti degli anziani” annoverano tra i diritti imprescindibili quelli dell’indipendenza economica e di rimanere a vivere nella propria abitazione. A prima vista sembrerebbero diritti acquisiti e certi in Trentino. E infatti è così, tuttavia i dati sull’invecchiamento della popolazione nella nostra Provincia uniti alla crisi della finanza pubblica ci costringeranno a pensare come mantenerli. Dobbiamo ripensare le politiche sociali nel loro complesso, comprensive quindi delle attività promozionali luglio 2012 T 3 Sotto: due immagini della struttura Spes di via Veneto Nella pagina accanto: Cecilia Niccolini e anche di quelle abitative, partendo proprio dai diritti che ora ci sembrano più scontati. Come la collettività si fa carico problemi dell’invecchiamento? Storicamente il nostro sistema di welfare, che affonda le radici nei primi del novecento, “rifonde il danno” in denaro e non in servizi. Ancor oggi si discute molto della quantificazione in denaro: la pensione di anzianità, l’indennità di accompagnamento e così via, mentre si presta poca attenzione al fatto che il carico assistenziale, comprensivo di quello emotivo, risulta molto più alto che in passato. Le ragioni sono molteplici: si vive, fortunatamente, più a lungo; le persone anziane hanno meno figli; si è ridotto il lavoro domestico. Cosa bisognerebbe fare? Non credo che, nel medio periodo, basterà aumentare le risorse a disposizione, piuttosto occorrerà immaginare servizi che aiutino le 4 T luglio 2012 famiglie a sviluppare competenze assistenziali ed emotive che in questa nostra società della specializzazione forse abbiamo accantonato. In questo senso la riforma promossa dalla Provincia autonoma di Trento in ambito socio-sanitario e la futura introduzione dell’assegno di cura sono un interessante banco di prova rispetto alle capacità del territorio di cogliere questa sfida. Oggi però è cambiato anche il profilo degli over 65. Vero, nei prossimi anni ci saranno sempre più nonni che, oltre ad accudire i nipoti dovranno farsi carico dei loro stessi genitori. La figura dei nonni “baby sitter” è ormai ricorrente e, fatta la tara sulla fatica fisica nell’accudire e educare i bambini, ha il pregio di mantenere il ruolo di mentore proprio dell’età matura. Affiancare a questo ruolo anche quello di badante risulterà però alla lunga non sostenibile. Senza contare poi che la riforma pensionistica porterà le persone a lavorare sempre più a lungo. servizi no sono più vecchi e con uno stato di salute più compromesso. Questo aggravamento delle condizioni dipende anche dal fatto che il punteggio assegnato dall’uvm (unità valutativa multidisciplinare) per l’accesso alle case di riposo tiene conto della componente sociale, ma anche di quella sanitaria e quindi da precedenza a chi ha maggiormente bisogno di cure. Oggi arrivano nelle nostre residenze situazioni che fino a qualche anno fa sarebbero state da ospedale. Abbiamo intervistato poi Cecilia Niccolini, presidente del Gruppo Spes attivo dal 1975 nell’ambito dei servizi socio sanitari a favore delle persone anziane gestendo residenze sanitarie assistenziali (RSA) e dai primi mesi del 2012 anche il servizio di assistenza domiciliare. I bisogni degli anziani e delle loro famiglie stanno cambiando? Oggi si vive di più e non sempre questo periodo più lungo corrisponde ad uno stato ottimale, ma richiede sostegno e aiuto. Dall’altro sono cambiate le famiglie: strutture e ritmi della modernità non consentono più di accudire gli anziani come un tempo. Tutto questo fa sì che le richieste di accesso nelle case di riposo siano aumentate. Oltre all’aumento del numero di anziani, sono cambiati anche i loro bisogni? In questi ultimi anni gli anziani che arriva- In questo contesto cosa dovrebbero fare le istituzioni? Oggi c’è bisogno di estrema flessibilità nei servizi. Le situazioni, infatti, sono così diversificate che diventa difficile dare risposte secondo modelli standardizzati. L’impressione però è che nel predisporre le riforme non si sia valutato a sufficienza che le famiglie oggi sono cambiate. Non vorrei, ad esempio, che puntare sull’assistenza domiciliare anche per anziani che hanno bisogni di cura considerevoli, significhi che parte del carico gravi sulla donna, magari costretta lasciare la propria occupazione per accudire il genitore, con le conseguenti difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro quando l’anziano viene a mancare. E il privato sociale (cooperative sociali, associazioni, fondazioni)? Nel contesto attuale mi sembrano più attrezzate sul piano della creatività e della flessibilità rispetto all’ente pubblico. Si tratta di organizzazioni che costituzionalmente si reinventano sui bisogni delle persone. Proprio per questa maggiore duttilità dovrebbero essere in primo piano rispetto alle istituzioni. Quindi il privato sociale abituato ad andare a prendersi gli spazi di risulta dell’azione pubblica dovrebbe essere chiamato in causa sul cuore dei servizi. Deve però ritrovare la capacità di progettualità concreta e di innovazione che negli ultimi anni, anche per effetto di un ente pubblico invasivo, si è un po’ smorzata. luglio 2012 T 5 TI MOSTRO UNA STORIA Televisione, lavatrice, aspirapolvere: le nuove tecnologie di una volta di Silvia De Vogli e Miriam Branz Curiosità e diffidenza. È con questi sentimenti ambivalenti che alcuni pensionati, uomini e donne, di Trento e dintorni si sono avvicinati al Laboratorio Life Memory, realizzato a maggio dall’Istituto Regionale di Studi e Ricerca Sociale, all’Università della Terza Età e del Tempo Disponibile di Trento. Curiosità e diffidenza sia rispetto al tema oggetto del laboratorio (la memoria personale) sia rispetto agli strumenti (le nuove tecnologie). Se da un lato c’era voglia di raccontarsi, dall’altro confidare pubblicamente i propri ricordi a degli sconosciuti non era facile. Obiettivo del laboratorio era capire se le nuove tecnologie possano essere strumenti per facilitare la partecipazione attiva degli anziani alla comunità, l’apprendimento e la condivisione delle conoscenze con i più giovani. Durante il corso i partecipanti si sono cimentati nel racconto dell’arrivo, ormai diversi anni fa, di alcune tecnologie oggi date per scontate, come la lavatrice o la televisione. Oggi mi racconto… Raccontare storie è un’attività che affonda le radici nell’essenza degli esseri umani. Lo si fa per condividere esperienze, tramandare valori e principi, comunicare agli altri emozioni e sentimenti. Un tempo la narrazione era solo orale, raccontata dai grandi ai piccoli. Poi è arrivata la scrittura che ha sorpassato il racconto a voce, com6 T luglio 2012 plice anche tutta una serie di cambiamenti nel modo di vivere le giornate: le distanze, il lavoro sempre più lontano da casa, la frammentazione delle famiglie e così le occasioni per “raccontare e raccontarsi” sono diventate sempre più rare. Al laboratorio “Life Memory” le nuove tecnologie sono state inizialmente oggetto di severe critiche da parte dei partecipanti per l’influenza negativa che possono avere sulla salute e sui rapporti personali. Il loro uso diretto ne ha però dimostrato i molti aspetti positivi. Con l’aiuto del computer i partecipanti hanno sperimen- tempo libero tato che è possibile unire la narrazione orale a quella scritta, continuando a tramandare così la conoscenza più preziosa – quella nata da un’esperienza – alle nuove generazioni. Il digital storytelling è infatti un modo di narrare: la storia, raccontata direttamente dal protagonista, viene registrata ed arricchita con foto personali e la musica che più si desidera. L’insieme di più linguaggi ne fa un piccolo film da guardare ogni volta che si desidera. Ricordo la prima volta che vidi la lavatrice Televisione, radio, lavatrice, automobile, telefono, computer e aspirapolvere. Sono queste le vecchie e nuove tecnologie che i partecipanti hanno deciso di raccontare. A partire da un semplice oggetto apparentemente “neutro” da un punto di vista sentimentale, i ricordi hanno iniziato a venire a galla piano piano. Raccontandolo e condividendolo, il ricordo ha preso forma e i partecipanti lo hanno piano piano impresso sui fogli di carta, riletto e condiviso con gli altri, lo hanno arricchito di dettagli, qualche volta anche con vecchie foto. I prodotti finali del laboratorio sono, quindi, stati due: un testo scritto, raccolto nella pubblicazione allegata a questo numero di Tracce ed un video. Identico contenuto ma due diversi modi di narrare il passato. Come ha detto Marco: “leggerlo è ricordare, vederlo è riviverlo”. Al termine del laboratorio sono stati gli stessi partecipanti a chiedere di avere altre opportunità per imparare ad usare meglio i programmi informatici e di poter mettere le proprie narrazioni a disposizione dei coetanei e anche di un pubblico più giovane. La diffidenza, insomma, alla fine è scomparsa, sostituita da una generale soddisfazione e da un rinnovato entusiasmo. De Senectute 2.0 Le storie raccolte nella pubblicazione “Life Memory” allegata a questo numero speciale, sono il risultato del Laboratorio Digital Storytelling, uno dei quattro corsi organizzati all’Università della Terza Età e del Tempo Disponibile di Trento all’interno del progetto di ricerca DE SENECTUTE 2.0. Il progetto, realizzato dall’Istituto Regionale di Studi e Ricerca Sociale con il contributo della Fondazione Cassa Risparmio di Trento e Rovereto, è nato dalla volontà di capire se e come la tecnologia, e nello specifico il web 2.0 (tutta quelle applicazioni internet dove le persone interagiscono con il computer come blog, forum, facebook, etc. ) può supportare un’educazione permanente nella Terza età e un processo di partecipazione attiva degli anziani sia nella creazione di relazioni con altre persone sia nella valutazione dei servizi, e più in generale delle politiche di welfare, a loro dedicati. È un dato di fatto che la società oggi è sempre più pervasa dalle tecnologie informatiche e nell’immaginario collettivo la popolazione anziana è ai margini di questa rivoluzione tecnologica. Tuttavia, l’esperienza vissuta nei laboratori dimostra che anche chi ha qualche primavera alle spalle ha le competenze, ma soprattutto il desiderio di imparare ad utilizzare il computer, cogliendo anche le opportunità del web 2.0 considerato sempre più il mezzo non solo per rafforzare il proprio bagaglio di conoscenze, ma anche per stringere relazioni con le nuove generazioni. (Francesca Gennai, responsabile progetto De Senectute 2.0) luglio 2012 T 7 SALUTE A FIOR DI PELLE Informazioni e consigli su come prendersi cura della pelle di Laxmi Fumanelli “Ciò che di più profondo esiste nell’uomo è la pelle” scriveva lo scrittore francese Paul Valéry. È vero. La pelle è molto più di una semplice barriera; con i suoi tre chili e mezzo e i suoi due metri quadrati si guadagna il titolo di organo più pesante ed esteso del corpo umano. Costituita da tre strati sovrapposti – uno superficiale (epidermide), uno connettivo (derma), uno adiposo (ipoderma) – la pelle, detta anche cute, svolge diverse funzioni che non tutti conoscono. Oltre a difendere l’organismo da attacchi fisici o chimici esterni (come batteri o raggi solari), è anche direttamente coinvolta nei processi di scambio tra corpo e ambiente. Ad esempio reagisce agli stimoli della pressione e del dolore, regola la temperatura corporea mediante la 8 T luglio 2012 sudorazione oppure elimina le sostanze nocive. Sempre connessa con gli altri organi, la cute rappresenta un vero e proprio specchio della salute. Comunica quando il corpo sta bene o sta male, trasmettendo informazioni sulle varie disfunzioni epidermiche e non solo. Ma anche la pelle ha un’età e, come tale, è sottoposta ad invecchiamento che genera cambiamenti evidenti e spesso accentua imperfezioni e disturbi cutanei. Ne abbiamo parlato con il dottor salute Scarmigli. “Più secca e ruvida, perché il grasso corporeo si riduce e anche la sudorazione, che idrata la pelle, diminuisce; più sottile e meno elastica, perché le proteine che servono a dare elasticità (collagene ed elastina) vengono prodotte più lentamente; infine meno capace di guarire, perché le cellule della pelle non si rigenerano più come prima”. Franco Scarmigli, Specialista in Dermatologia di Trento che ci spiega quali malattie possono colpire la pelle delle persone anziane e ci fornisce qualche indicazione su come curarle o evitarle. La pelle è più vulnerabile con l’età “Con il passare degli anni, la pelle diventa più secca, più sottile, meno elastica e meno capace di guarire dopo una ferita”, spiega il dottor Il sole: metà angelo, metà demone “Nonostante sia indispensabile alla crescita delle ossa e sia fonte di buon umore e bellezza – spiega il dottore – il sole nasconde delle insidie per la pelle, alle quali bisogna prestare attenzione. Gli effetti dei raggi UVB, che provocano le macchie scure, se associati a quelli dei raggi UVA, responsabili delle rughe, diventano molto pericolosi, soprattutto se colpiscono una persona con più di 60 anni che, rispetto ad un giovane, ha una cute più assottigliata e, quindi, meno capace di schermare dai raggi”. luglio 2012 T 9 Le malattie cutanee più comuni tra gli anziani Il processo di invecchiamento combinato ad un’esposizione al sole, prolungata e senza adeguate creme protettive, aumenta il rischio di ammalare la pelle e di innescare disturbi cutanei, come il fastidioso prurito per secchezza cutanea, o gli eczemi tipici degli anziani che compaiono sul volto e sul dorso delle mani, oppure l’insufficienza venosa che provoca gonfiori e pesantezza a piedi, caviglie e gambe. “Alcuni di questi problemi – afferma il dott. Scarmigli – sono di natura solo estetica e, dopo un consulto da un dermatologo, si possono curare mediante piccoli trattamenti o l’applicazione di creme emollienti. Esistono però altri disturbi che fanno da “campanello d’allarme” a malattie più serie ed hanno bisogno di un intervento più specialistico, come laserterapia o congelamento con azoto liquido. Tra queste patologie sono comprese la cheratosi attinica, una lesione cutanea che richiede un trattamento immediato e il basalioma, molto diffuso tra gli uomini di età compresa tra i 60 e i 70 anni, somigliante ad una grave “ulcera” che resiste e cresce nel tempo”. La prevenzione è la miglior cura Ricorrere ai diversi metodi di terapia e trattamento dermatologici, non è l’unico modo per prendersi cura della pelle. Spesso promuovere strategie corrette di prevenzione aiuta a ridurre il rischio di disturbi e malattie cutanee. Il dermatologo consiglia innanzitutto di: proteggere sempre la pelle dal sole, evitando esposizioni dirette nelle ore più calde; tenere sotto controllo la salute della cute, monitorando soprattutto quelle macchie e quei nei che tendono a modificarsi nel colore e nella forma; adottare stili di vita più sani, evitando fumo, alcool, cibi grassi e ipercalorici. Infatti, il fumo incide molto sulla salute della pelle, perché toglie l’ossigeno alle cellule e accentua i segni dell’invecchiamento cutaneo. Anche l’abuso di alcool è una causa correlata alle patologie della pelle, come le dermatiti. Invece un’alimentazione equilibrata, ricca di fibre e anti-ossidanti (frutta e verdura) e adatta all’età, mantiene una pelle più integra e sana anche dopo i 60 anni. Marigold Hotel Evelyn una vedova in cerca di libertà, Graham un giudice disincantato, Douglas e Jean una coppia litigiosa, Muriel una casalinga bisbetica e “zoppicante”, 10 T luglio 2012 Madge una divorziata a caccia del prossimo consorte e dell’amore, Norman un single impenitente col vizio delle donne. Sono i protagonisti di Marigold Hotel, la commedia di John Madden: un gruppo di inglesi pensionati che, in barba all’età, decide di dare una svolta alla propria vita, affittando un hotel nel cuore del Rajasthan, il Marigold appunto. Ma quello che sulla brochure dovrebbe essere un lussuoso residence appena ristrutturato, in realtà si rivela una pensione decadente, gestita dal giovane stravagante Sonny Kapoor. Nonostante ciò, i nuovi ospiti, affascinati dall’India, troveranno di più di ciò che stanno cercando e scopriranno la bellezza del cambiamento, anche quando la vita sembra ormai al tramonto. (Laxmi Fumanellii) servizi bancari IL RISPARMIO Un valore da tramandare A cura dell’ufficio stampa delle Casse Rurali Trentine Il risparmio è un’attività che i nonni di oggi hanno imparato a fare bene, sulla base di insegnamenti che a loro volta hanno ricevuto dai più anziani. Anche oggi quello del risparmio è un argomento che i nonni possono affrontare con i più piccoli. Un modo per farlo è Risparmiolandia, un vero e proprio mondo fatto di giochi, fiabe ed iniziative per parlare ai bambini di denaro e parsimonia. Un progetto sempre più distintivo nel panorama bancario perché trasforma il gioco in uno strumento educativo per trasmettere i valori del risparmio e far conoscere al contempo anche il territorio trentino. A raccontare ai piccoli questi concetti c’è un narratore speciale: Gellindo Ghiandedoro, lo scoiattolo testimonial di Risparmiolandia. Gellindo, ideato dallo scrittore e giornalista Mauro Neri, è il protagonista delle numerose fiabe che trattano in modo divertente e semplice temi molto importanti quali il risparmio, il denaro, il lavoro e la cooperazione. Le fiabe sono raccontate ed illustrate in una raccolta di libri distribuiti dalle Casse Rurali alla sottoscrizione di un libretto a risparmio e pubblicate settimanalmente su www.risparmiolandia.it. Il sito internet dedicato ai piccoli, ma anche a nonni e genitori, contiene quasi 200 fiabe scritte da Mauro Neri che raccontano ai piccoli in modo semplice e divertente il risparmio consapevole attraverso le avventure di Gellindo e dei suoi amici come Tisana La Dolce, Posticcio, Palo sghembo e molti altri. Navigando nel sito è possibile scaricare le immagini da colorare dei vari personaggi delle fiabe, trovare giochi educativi o andare alla scoperta del Trentino con la cartina Geomagica. Infine, nella sezione “news”, sono segnalate tutte le iniziative trentine dove trovare lo scoiattolo di Risparmiolandia. Accanto alle fiabe, infatti, ci sono una serie di altre iniziative ed eventi sul territorio rivolti ai più piccoli con l’obiettivo di coniugare divertimento, educazione e risparmio consapevole. Fra queste, ad esempio, il Trofeo Topolino, il Carnevale di Trento, la Fiera dell’Agricoltura, le Feste Vigiliane. Alla sala Baby Mart, inoltre, presso l’omonimo museo di Rovereto, grandi e piccoli possono giocare e ascoltare in compagnia le fiabe di Gellindo o scoprire il nuovo volume ideato da Mauro Neri dedicato alla mostra “Alice in Wonderland”. luglio 2012 T 11 NONNI… DEL BOSCO Per imparare ad ascoltare anche le storie senza parole di Miriam Branz 12 T luglio 2012 Riscoprire il trentino Gli alberi che ci circondano non forniscono solo l’ossigeno per vivere, ma ci parlano del passato testimoniandolo con le loro forme – a volte strane – con i tronchi o la corteccia. Ad ospitare i boschi più estesi e fra i più belli dell’arco alpino è la Val di Fiemme: 60 milioni di alberi che aumentano di anno in anno al ritmo di circa 100 ettari. Fra questi ce ne sono alcuni monumentali, 14 per la precisione, chiamati per nome e fotografati affinchè la loro storia possa essere conosciuta e tramandata di generazione in generazione. Alcuni facilmente raggiungibili anche in auto, altri nascosti, verso le cime, o nel cuore del bosco. Fra i 14 monumenti vegetali: il più grosso e il più vecchio, Re Leone, con una circonferenza di 7,10 metri e 800 anni alle spalle; il più alto le Colonne della Casaia, 52 metri e quello con volume maggiore il Maestro dei Pertegari, alto e ritto nonostante i suoi 300 quintali di peso e 50 m di altezza. Ma non meno importanti tutti gli altri: L’Eterno, un pino cembro ormai secco che si erge ad oltre 2.000 m di quota; La torre di Pisa, che pende a bordo della strada del passo Manghen; il Zirmo dei Zochi Alti, che si divide in ben 13 tronchi per accogliere, come comode panchine, chi ha bisogno di riposo. Ci sono poi il Pezo del Gazolin, facilmente raggiungibile a piedi camminando per 300 metri, El Pecio del Cuco, duecentenario abete “promettente” che ogni anno cresce di oltre 30 cm pur essendo alto già più di 40 metri. Protettivi e accoglienti la Regina del Feudo ed il Rifugio che con le fitte chiome difendono dalle intemperie animali, escursionisti ed alberi vicini. Nel Comune di Daiano, camminando solo per 800 metri, si possono ammirare i colossi del Doss, due larici di 200 anni che spuntano dal terreno separati e uniscono in alto le loro chiome, mentre a metà strada fra Passo Lavazè e Passo Oclini, si erge un abete che è per metà cipresso. Fra San Lugano e Anterivo, camminando su strada pianeggiante per circa 1 km, delimita il confine fra Trento e Bolzano un grosso larice dalla forma di un candelabro. Seguendo un percorso leggermente più lungo nella stessa zona si può far visita al Pec del Bosnia, il più grande abete bianco del versante destro della vallata: un mistero della natura, visto il terreno non molto fertile dove normalmente crescono solo larici, pini o abeti rossi. luglio 2012 T 13 l’esperto IMU: ISTRUZIONI PER L’USO di Alessandra Cattani 14 T luglio 2012 l’esperto Che cos’è l’IMU? Come si calcola? Dove e quando si paga? Che cosa cambia rispetto al passato? L’introduzione da parte del Governo Monti dell’Imposta Municipale Unica ha generato non solo un fervente dibatto ma anche confusione. Ne abbiamo parlato con Luca Oliver, vicepresidente delle ACLI Trentine. Che cos’è l’IMU e quali cambiamenti ha introdotto? L’IMU è l’imposta che colpisce la proprietà o comunque la disponibilità di immobili, cioè fabbricati e terreni edificabili. La metodologia di applicazione è molto simile a quella dell’ICI, ma dal momento che l’imposta è stata introdotta per raccogliere risorse pubbliche sia statali che locali ha necessariamente dovuto passare per la cancellazione di una serie di benefici che erano stati introdotti con l’ICI. Un esempio tra tanti è il caso degli anziani che devono lasciare la propria abitazione per essere ricoverati in casa di riposo: queste persone si trovano a pagare una cifra molto elevata perché l’abitazione lasciata vuota viene considerata una seconda casa. Come si calcola l’IMU e quali sono le modalità di pagamento? Il calcolo parte dal valore della rendita catastale dell’immobile sul quale si vuole calcolare l’imposta. Questa rendita deve essere aggiornata del 5% e moltiplicata per 160 nel caso di abitazioni (per altri moltiplicatori nel caso di altre tipologie di immobili o beni). Fatta questa operazione si ottiene la base imponibile. L’imposta si calcola moltiplicando la base imponibile per l’aliquota corrispondente che nel caso dell’abitazione principale è dello 0,4%, mentre per qualsiasi altro fabbricato normale è dello 0,76%. L’IMU si paga attraverso il modello F24 in banca o alla posta e lo si fa in due rate: la prima che è scaduta il 18 giugno e la seconda che scadrà invece il 16 dicembre. Le modalità di calcolo tuttavia cambieranno per la seconda rata perché verranno seguite le norme locali e dunque le aliquote stabilite da ogni comune. A dicembre dunque il conguaglio non sarà solo la seconda metà dell’imposta – così come era previsto dalle norme nazionali – ma si dovrà fare un calcolo preciso e pagare la differenza. Ci sono delle detrazioni? L’unica differenza sostanziale nell’IMU è tra abitazione principale e gli altri fabbricati che si possiedono. Nel caso dell’abitazione principale è prevista un’aliquota inferiore – circa la metà rispetto all’aliquota normale – oltre ad una detrazione dell’imposta che parte dai 200 euro e sale in base al numero di figli che si hanno e che sono conviventi all’interno del nucleo famigliare. Questa imposta grava in particolare su qualche categoria di persone? Il problema è legato al possesso di fabbricati e luglio 2012 T 15 l’esperto quindi chi possiede solo la propria abitazione principale e le pertinenze paga delle cifre che sono in linea con quella che era l’ICI, prima che questa fosse esclusa per i titolari di abitazione principale. Quelle che invece sono state molto penalizzate sono tutte le case diverse dall’abitazione principale. È tuttavia difficile dire se chi ha più case sia una persona ricca, o sia una persona che per i fatti della vita si è ritrovata ad avere più immobili, che magari non riesce a vendere perché si trovano in zone periferiche. Quindi in questo senso, il fatto che non ci siano elementi che consentono di considerare le differenze tra i cittadini, di per sé genera iniquità, perché questa imposta non ha un meccanismo in grado di compensare eventuali situazioni soggettive particolari. ne non è possibile tenere conto delle considerazioni e delle obiezioni – seppur corrette – dei cittadini, come ad esempio le agevolazioni, l’attenzione alle categorie svantaggiate, l’utilizzo di immobili a fini sociali, ecc. La critica quindi è legata a questo tipo di ragionamento, che invece – spero in tempi brevi – dovrà tornare ad essere razionale, oggettivo e quindi a prendere in considerazione tutte le idee che tra l’altro erano alla base dell’imposta. Quali sono gli aspetti critici dell’introduzione dell’IMU? Il problema principale è che l’imposta nasce da una forte necessità di racimolare in tempi brevi i soldi per il bilancio statale e degli gli enti locali che negli ultimi anni si sono visti togliere progressivamente risorse. In una simile situazio- Giovani e anziani: quale relazione? Quest’anno il Festival dell’Economia ha chiamato a Trento esperti da tutto il mondo per parlare di come la crisi stia modificando il ciclo di vita di intere generazioni. Giovani ed anziani sono e saranno sempre legati: le pensioni oggi sono pagate da chi lavora. Se il numero di chi paga si assottiglia perché nascono meno figli e quello di chi riceve si allarga perché si vive più a lungo senza lavorare, questo patto intergenerazionale rischia di venir meno. Ma quanto conta in economia il rapporto tra generazioni? Ha risposto Innocenzo Cipolletta, 16 TT gennaio luglio 2012 2012 presidente dell’Università di Trento, nonché membro del comitato editoriale del festival. In Italia ha sempre contato molto perchè si tende ad accumulare risparmio durante la vita lavorativa anche per la presenza di formule legislative come il TFR che integra le pensioni e dà capitale alla famiglia nel momento in cui si smette di lavorare. Per questo le persone anziane hanno maggiore disponibilità di capitale e patrimonio di quella dei giovani. La situazione si sta accentuando non tanto per il precariato, ma per un calo demografico. Le generazioni degli anni ’50/’70 erano demograficamente ampie, i figli avevano poco patrimonio dai genitori che lo dovevano dividere tra un numero elevato di figli. Oggi il patrimonio accumulato viene diviso tra un numero di figli inferiore e questo fornisce un maggior patrimonio alle nuove generazioni. Le conseguenze da un lato sono positive perchè si aiutano le nuove generazioni dall’altra, però, anche negative perchè i giovani non hanno stimolo a cercare sbocchi di lavoro. (Miriam Branz) storie di vita MEDJUGORJE Passione di una vita insieme di Marco e Francesca Bassetti testimonianza raccolta da Miriam Branz storie di vita Sono passati 32 anni dal primo viaggio. Da allora tante cose sono cambiate – le strutture di accoglienza, la strada per arrivarci – ma non sono cambiati l’entusiasmo e la passione con cui, mia moglie ed io andiamo a Medjugorje. Non solo continuiamo ad andarci, ma quattro o cinque volte all’anno organizziamo pellegrinaggi per portare là quante più persone possiamo da Trento. Nel 1987 abbiamo vissuto il periodo più intenso: più di 800 persone hanno aderito alla nostra iniziativa. Quando abbiamo cominciato io avevo 54 anni e mia moglie 47. Avevo smesso di lavorare da alcuni mesi, dopo essermi licenziato dalla Cassa di Risparmio dove lavoravo, per poter pagare con la liquidazione di 30 anni di lavoro i debiti dell’azienda della mia famiglia, purtroppo fallita dopo 3 generazioni. Ho deciso che il tempo che mi si era “liberato” lo avrei dedicato interamente al rinnovamento dello spirito e ho iniziato così ad andare a Medjugorje e ad organizzare i pellegrinaggi. Non ho mai smesso, nemmeno durante la guerra, scoppiata nel 1991. Una guerra scoppiata proprio mentre eravamo lì; per fortuna, nonostante i blocchi, siamo riusciti ad uscire dal Paese e a rientrare in Italia. I primi anni – subito dopo le apparizioni che Le apparizioni di Medjugorje Međugorje è una piccola località del comune di Čitluk della Federazione di Bosnia ed Erzegovina. È diventata celebre nel mondo perché, il 24 giugno del 1981, Vicka Ivanković, Miriana Dragičević, Marija Pavlović, Ivan Dragičević, Ivanka Ivanković e Jakov Čolo (che allora avevano tra 10 e 16 anni, oggi sono tutti adulti, padri e madri di famiglia) affermano di vedere apparire la Vergine Maria, che si presenterebbe con il titolo di “Regina della Pace” (Kraljica Mira). Da allora è divenuta oggi 18 T gennaio 2012 una famosa meta di numerosi pellegrinaggi. La posizione attuale della Chiesa sulle apparizioni è di “non constat de supernaturalitate” (non c’è evidenza di soprannaturale), non volendo escludere a priori che ci siano davvero apparizioni mariane a Medjugorje. Nel 2010, la Santa Sede ha formato una commissione, composta da vescovi, teologie ed altri esperti, per indagare in assoluto riserbo sui fatti. (Miriam Branz) sono state nel 1981 – abbiamo fatto tanti sacrifici. Eravamo solo noi, io e mia moglie, ad organizzare i pellegrinaggi da Trento, oggi invece siamo in molti. Ai tempi andavamo attraverso l’Austria perché a Trieste ci voleva il passaporto. Per guadagnare tempo si partiva la sera e si viaggiava la notte: più di 20 ore di pullman. Oggi, invece, grazie all’autostrada, bastano 13-14 ore. Nonostante il viaggio sia ancora lungo ed impegnativo non molliamo, perché la gente che desidera andarci è sempre tanta e i cambiamenti che vediamo nelle persone che ritornano da Medjugorje sono per noi confortanti: conversioni, famiglie che si riuniscono e giovani che trovano la propria strada. I primi tempi non c’erano strutture alberghiere che ci potessero accoglie- re, perciò andavamo ospiti nelle case di privati: lì abbiamo visto una povertà enorme, al limite della sopravvivenza. Il comunismo di Tito, infatti, ha provato in ogni modo a distruggere Medjugorje e il poco tabacco che i contadini coltivavano per lo Stato veniva pagato miseramente. Così abbiamo cominciato a portare caffè, camomilla per i bambini, medicinali, vestiario. Noi per loro siamo stati l’America: allora la paga di un operaio era 80 mila lire al mese e quando arrivavamo noi lasciavamo circa un milione e mezzo. Ospiti degli abitanti del paese abbiamo costruito un legame forte con la comunità, ci si aiutava a vicenda: lì le donne producevano e cucinavano tutto in casa, dal latte al burro. Erano loro a prendersi cura di tutto – l’abitazione, la stalla, le bestie – perché mariti e fratelli andavano a lavorare in Germania. Una cosa di cui siamo molto orgogliosi è la costruzione di una Chiesa che siamo riusciti a finanziare attraverso una raccolta fondi. Una Chiesa tanto voluta, ma mai avuta, da un piccolo paese di circa 500 abitanti della valle del Neretta, il fiume dove sono morti molti alpini, anche trentini, mandati da Mussolini durante la seconda guerra mondiale ad occupare la Grecia. Già da molti anni i frati di lì volevano costruire una Chiesa, ma nessuno, pur essendo tutti cattolici, voleva vendere alla Parrocchia il proprio terreno, perché portava buoni frutti. Finché un giorno l’appezzamento di terra arrivò da un musulmano, che decise di venderlo. La Chiesa fu così costruita e santificata nel 2002 con una grande festa. Proprio in quell’occasione, ero seduto su una panchina all’esterno della Chiesa, mi si sono avvicinati due ragazzini – là ormai parlano tutti l’italiano – e mi hanno chiesto: “Sei tu Marco, quello che ci ha fatto la Chiesa?” “Sì” – risposi. Mi dissero un grazie così sentito e profondo che mi ha riempito il cuore di gioia. Io e mia moglie quest’anno festeggiamo i 60 anni di matrimonio; continueremo ancora per un po’ ad organizzare pellegrinaggi, anche se siamo un po’ stanchi e passeremmo volentieri “la palla” a qualcun altro. luglio 2012 T 19 TRACCE Rivista trimestrale di proprietà del consorzio Con.Solida. realizzata in collaborazione con le cooperative sociali Delfino, Spes, Assistenza e Stella Montis. 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