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G. MOCELLIN,
UN CRISTIANO
PICCOLO PICCOLO.
Storie di fede
in questo tempo,
EDB, Bologna 2010,
pp. 120, € 9,90.
9788810510827
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i piacciono queste storie di donne
colte nella fuga dei giorni. Sono
infatti quasi tutti donne i protagonisti del libretto e io credo che l’autore –
uomo mitissimo ma bene informato – ci voglia dire qualcosa con questo suo parteggiare per le cristiane di ogni giorno: per esempio che bisogna innanzitutto guardare alle
donne – che non hanno voce nell’assemblea – per conoscere che cosa sia e che cosa possa essere il cristianesimo oggi, perché
la loro attestazione è preponderante ed è
forse la più feconda nella vita ordinaria.
Ecco la catechista Marta che «non vede
l’ora di rispondere» alla domanda di una ragazza del corso fidanzati che tanti uomini
di Chiesa riterrebbero irricevibile: se vi sia
«un modo cristiano di fare l’amore». Ed ecco Mariella – 37 anni e due bimbi «con i capelli ricci» – che dice di volere «una figlia»
quando vince a un telequiz e al conduttore
che osserva «ma ne ha già due» risponde
minimizzando: «Questa volta voglio una
bimba».
Clara che rintuzza donnescamente un
complimento galante sul vestito che indossa dicendo che «piace molto» anche al marito. Paola combattiva e combattuta nell’inedita figura di moglie di un diacono. La
«giovane suora» Maria Angela che si avventura nella Rete e cerca di «pacificare» i blogger più rissosi. Fulvia la tassista che è stata a
Medjugorje e ne parla con garbo ai clienti.
Emanuela svegliata «dalla pipì di Marco» che
pensa agli amici monaci che stanno salmodiando a quell’ora, forse a Camaldoli in
mezzo alla notte e alla foresta.
Cristina prende sul serio il ruolo di madrina e trattiene dalla rottura i genitori di
Thomas che ha appena tenuto a battesimo.
Marina ormai passa gran tempo davanti alla
TV e confonde i personaggi della cronaca e
quelli delle fiction, se hanno lo stesso nome e prega sia per quelli veri sia per quelli
finti: questa – intitolata «Pregare per Meredith» – è la storia più bella qui raccontata.
Valeria è la più giovane dei parenti e dice subito: «Al funerale ci penso io». Valenti-
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na abbandonata dal marito riama dopo tanto, come risvegliata dall’affetto di Andrea, e
fa i conti mitemente con la sua situazione
«irregolare», ottenendo una silente benedizione dal «bravo parroco». Ester per tutta la
vita si è fatta «figlia o sorella o mamma a
tutti» e si vede arrivare a casa – quand’è
malata – la nipote Licia che le ruba la sua
antica parola d’ordine: «Sono venuta a vedere se avevi bisogno di una mano».
Non mi stanco mai a leggere storie di vita purché siano vere e oso garantire al lettore che si addentrerà in questo vivo boschetto che qui non incontrerà nulla di artificioso. Sono racconti utili a conoscere, ma
anche ad agire, tanto sono aderenti alla vita
reale. Facilmente ognuno che legga potrà
intendere che qui di lui si narra e potrà entrare nell’una o nell’altra di queste parabole,
magari per tentare di volgerne al meglio gli
eventi. Io mi sono sentito dentro a quella
intitolata «Senza rete», dove una parrocchiana dice a don Carlo, che s’interroga interdetto sulla mamma di Merate e il papà di
Catania che dimenticano in macchina bimbi
piccolissimi: «Guarda che quel genitore potrei essere io». Da quando sono padre quante volte mi sono detto, per queste e altre
umane sventure: «Potevo essere io».
Abbiamo bisogno di parabole come
queste ai nostri giorni, per conoscere da vicino l’umanità minuta che vive senza pretese – eppure con impensabile generosità – la
propria avventura cristiana. Creature compassionevoli e che invocano misericordia.
Un piccolo popolo molto vicino a quello
che abita e anima i Vangeli: anche qui c’è
chi chiede aiuto e chi soccorre, chi accompagna alla sepoltura e chi è tentato di scappare di casa al compimento dei 18 anni.
Ne viene un’immagine veridica – in nulla abbellita – degli uomini e delle donne del
nostro tempo e dunque anche della Chiesa
che essi impersonano e del Padre misericordioso in cui credono. La vita degli umili come il giusto luogo per conoscere a quali lacrime e a quali gioie sia intrecciata oggi la
nostra poca fede. «Ma tu Signore aumentala», sembrano dire in coro i protagonisti di
queste storie.
Luigi Accattoli*
* Riproduciamo qui, come recensione al
volume, la presentazione di Luigi Accattoli
«Qui di noi si narra…» (5-7).
AA.VV.,
KARL BARTH
IN PROSPETTIVA
ECUMENICA,
Hermeneutica.
Annuario di filosofia
e teologia (2009),
Morcelliana, Brescia
2009, pp. 333, € 23,00.
9788837223441
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ileggere Karl Barth in prospettiva ecumenica a poco più di quarant’anni dalla scomparsa non è un’operazione di
tipo archeologico. Anche se la distanza temporale è ampia, è indubbio che dopo Lutero
e Schleiermacher Barth si è confermato il
pensatore che maggiormente ha inciso sulla
teologia evangelica, dando origine a una corrente che è stata egemone per tutta la prima
metà del Novecento ed è proseguita nell’opera di autori ancora viventi, tra i quali spiccano E. Jüngel in area europea e G.A. Lindbeck
in area statunitense.
È vastamente conosciuta la sua netta opposizione a tutte le forme antropocentriche
della religione (come il sentimento o l’esperienza individuale) per affermare senza equivoci la logica autonoma della religione stessa
a partire dalla parola di Dio, storicamente e
pubblicamente rivelata, dogma ed evento
fondatore, comandamento che si fa appello
diretto e sollecita la responsabilità di ciascuno, suscitatrice di comunità animate dalla
forza dello Spirito. Come scrive nella Dogmatik: «La realtà della parola di Dio in tutte le
sue tre forme si fonda solo su se stessa. Così
la conoscenza che l’uomo ne ha si basa unicamente sul suo riconoscimento e questo riconoscimento non può divenire reale, essere reso comprensibile, che attraverso essa stessa»
(Dogmatik 1/1, 94).
Per realizzare il compito teologico in cui
l’uomo non può non parlare di Dio sfuggendo
al rischio di mettere al suo posto degli idoli
(idoli sono le immagini di Dio prodotte dalla
riflessione dei filosofi), si deve invocare che
Dio parli laddove si parla di lui. Per questa ragione Barth ha rinnovato profondamente il
linguaggio teologico (nella linea dell’incoordinabilità, della paradossalità, della rottura, della differenza), contribuendo a creare una
koinè espressiva che porta con sé anche la
convergenza su temi e idee con teologi cattolici come Henri Bouillard, Hans Urs von
Balthasar, Hans Küng (o con teologi ortodossi come Evdokimov), tanto che taluno ha accusato Barth, in maniera sommaria e impropria, di criptocattolicesimo, anche come con-
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seguenza dell’attenzione da lui portata al
concilio Vaticano II (1962-1965), al quale fu invitato come osservatore. Malandato di salute,
poté recarsi «pellegrino a Roma» solo un anno dopo la conclusione della grande assise
ecumenica per documentarsi di persona sull’evento.
Tornò a Basilea convinto che il campo
cattolico, in ambito teologico, fosse in pieno
movimento e che non fosse casuale il posto
centrale attribuito, tra le costituzioni conciliari, alla Dei verbum, cui volle dedicare il seminario invernale 1966-1967. Senza che tutto
questo comportasse un appiattimento sulle
posizioni cattoliche, poiché rimanevano a
suo parere punti decisivi di dissenso, per cui
poteva dire d’aver lasciato Roma «pieno di
speranza, ma insieme tenacemente evangelico così com’ero arrivato». Prendeva atto delle differenze e indicava un orizzonte di unità
per cui lottare, tenendo ben fermo un principio capace di orientare la rotta: «Partire da
ciò che unisce, discutere di ciò che separa, in
vista di ciò che unisce».
La negazione di ogni forma d’innatismo e
di spontaneismo religioso, la rottura dell’umano con il teologico, l’enfasi sulla differenza
lo avevano posto in rotta di collisione con le
pretese di totalizzazione romantica di
Schleiermacher, della quale – secondo Barth
– Feuerbach era stato il demolitore più efficace, poiché ne aveva riconosciuta la riducibilità ad antropologia.
Questo faceva preferire a Barth la cultu-
ra di natura illuministica, riluttante a ogni
confusione tra il mondo dell’uomo e Dio. E
tuttavia nel primo volume di Teologia protestante del XX secolo i lunghi saggi dedicati ai
maggiori rappresentanti di tale movimento
mostrano come la volontà assolutistica dell’uomo dell’Illuminismo, «la volontà di forma» che investiva totalmente la vita e i suoi
aspetti, sia sostanzialmente fallita nella pretesa di «significare un sistema fondato sul
presupposto fideistico dell’onnipotenza delle facoltà umane».
Così come è fallita l’accentuazione, nel
tema religioso, del momento attivistico-morale, secondo l’assioma di Kant che nella religione tutto dipende dal fare in vista della rivitalizzazione del cristianesimo come poten-
S e l ’a n t i c le r i cal i s m o e n t ra i n l i b re r i a
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ibreria Ambasciatori di Bologna: una grande libreria nel
cuore di una media città italiana. Periodicamente torno
a controllare la situazione del piccolo scaffale dedicato
ai temi religiosi. Solitamente ne traggo l’ovvia conferma che non
solo il religioso – e cattolico in specifico – è una voce di nicchia
nella libreria laica; ma che, all’interno di questa nicchia, lo spazio
per i testi che non siano miracolistici, agiografici o storie e romanzi di tipo esoterico è risicato. Anche se, a onor del vero, la
nuova traduzione della Bibbia CEI, uscita nel 2008, si era meritata qualche centimetro di espositore.
Ma – sorpresa! – al posto di questi testi trovo un’etichetta
che segnala una nuova sezione: «anti-clericalismo».
Per un momento penso a una curiosa nemesi storica: l’anticlericalismo ha soppiantato il poco di cultura religiosa che anche
la libreria laica è in grado di tollerare.
Non è così. Alla cultura religiosa è ora dedicato uno scaffale
più grande, più completo e quindi più visibile, qualche passo più
in là. Ma per ragioni di parentela – è pur sempre il «religioso» ciò
contro cui si scaglia questa pubblicistica – la new entry ne ha
preso il posto; e a buon diritto, nella misura in cui nel religioso i
titoli su Medjugorje, i miracoli e le rivelazioni private sono i più
rappresentati!
Che i titoli anticlericali fossero in crescita era cosa facile da
constatare: come abbiamo fatto anche dalle pagine dell’annale
Chiesa in Italia a partire dal montare del dibattito sulla destinazione dell’8 per mille. Un esempio per tutti è il volume, che riecheggia nel titolo la serie «anti» (politica) aperta da G. Stella e S.
Rizzo con La casta, a firma di C. MALTESE: La questua. Quanto costa la Chiesa agli italiani.1
Tuttavia la meraviglia che traggo da questa visita è che se il
libraio decide di coniare una sezione apposita da offrire all’acquirente, ciò significa che giorno dopo giorno tanti titoli formano una linea; e che, pur essendo il sentimento anticlericale antico tanto quanto quello clericale, oggi questa linea si sta facendo consistente. Mi domando, poi, se tra i due scaffali (l’anticlericale e il religioso) non vi sia una relazione uguale ed opposta,
ovvero se questa parentela non sia la chiave di lettura che il
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mondo laico ha del fatto religioso oggi in Italia. Ci sarebbe materia anche per qualche domanda per l’editore cattolico.
Cerco quindi di analizzare i titoli a scaffale per vedere di che
cosa si tratta. Innanzitutto vi sono le case editrici che alla causa
«anticlericale» hanno dedicato collane specifiche, come Ariele,
che nella propria homepage dichiara: «L’anticlericalismo un dovere civile». Comunque oggi la collana di denuncia è un must per
quasi tutti gli editori laici.
O gli autori che al tema hanno dedicato buona parte della
propria produzione editoriale, come K. Deschner, P. Odifreddi,2
C. Hitchens, noto per i suoi attacchi a madre Teresa di Calcutta,
per via delle posizioni antiabortiste di quest’ultima.
Quanto alle tematiche, la confusione regna. Si potrebbero
raggruppare i titoli in tre grandi categorie: innanzitutto i manuali per l’apprendista ateo.3 Sono i testi-base dell’Unione atei
agnostici razionalisti, l’associazione nata nel 1990 per denunciare e contrastare «ogni forma di fideismo».
A seguire, la serie anti-religioni.4 Nella quarta di copertina di
uno di questi (H. METHA, Ho venduto l’anima su e-bay. La religione agli occhi di un ateo, Baldini Castoldi Dalai 2008), c’è una frase illuminante: «Chi meglio di un non credente può offrire un
onesto e obiettivo ritratto della fede?». Già, come chiedere a un
allergico di valutare dei profumi!
Poi la nutrita schiera dei testi anticattolici, in primis anti-papa.5 O anche i volumi che volta a volta propongono confutazioni più o meno riccamente argomentate;6 «smascheramenti» di
santità millantate,7 di complotti oscuri e società segrete, dove
gioca la parte del leone la pubblicistica contro l’Opus Dei.8
Dulcis in fundo, la ricerca storica a tesi: gli uomini di Chiesa in
nome della Chiesa si sono sempre e solo macchiati di (parecchie) nefandezze, come argomenta la monumentale Storia criminale del cristianesimo, opera in 10 volumi, tradotta dal tedesco.9
In quest’ultimo gruppo, vi è un titolo che mi sembra essere
finito lì per sbaglio. È infatti un testo della collana degli studi
storici di Carocci con prefazione di Adriano Prosperi – storico e
docente alla Normale di Pisa – intitolato Streghe, guaritori e isti-
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za benefica attraverso la prassi. Per cui da
parte di Kant si affermava che la vera adorazione di Dio consiste nel miglioramento della
vita, nella soppressione dell’eteronomia clericale, nella lotta contro l’irrazionalità e contro
il vizio, nella pratica fedele dei doveri e delle
virtù cristiane.
L’intransigente surrealismo teologico di
Barth ha suscitato molte reazioni e dibattiti,
anche tra i pensatori della teologia liberale,
suoi maestri, a cominciare da Rudolf Harnack,
il quale lo accusò di essere un barbaro in preda a un orgoglioso dualismo gnostico e in definitiva un ateo, per non aver voluto riconoscere quanto d’impronta teologica ci fosse in
Kant o in Goethe o negli altri ingegni che
hanno modellato la civiltà europea.
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Eppure il Novecento ha visto filosofi come Pietro Martinetti, Karl Jaspers, Luigi Pareyson, Italo Mancini, solo per fare qualche nome, che hanno voluto fare i conti sino in fondo con tale pensiero, ritenuto da Paul Ricoeur una forma di teologia che, rinunciando
alla totalizzazione sistematica, si è impegnata
a pensare il male e la salvezza nella loro radicalità. A Martinetti le tesi del primo Barth
sembrano derivare dalle falde della mistica
apofatica e dualistica, da cui non poteva
giungere in maniera corretta la giustificazione, mentre Jaspers – collega di Barth per tanti anni a Basilea – gli contrappone la fede filosofica, con il linguaggio delle cifre, considerato in grado di cogliere l’infinita realtà della
trascendenza poiché la custodisce nella sua
gatori. Casi di Inquisizione diocesana in età moderna. Che si sia
sbagliato il libraio, magari a motivo del titolo?
La lettura della prefazione e una rapida ricerca mi fanno
comprendere invece che il volume è lì a motivo di una storia
«tempestosa», come dice Prosperi. Una storia che non data tanto all’età moderna del titolo, ma a quella odierna, dove protagonista è un’infelice gestione della comunicazione da parte di una
diocesi.10 E così un testo, cui pochi cultori della materia avrebbero dato attenzione, è diventato quasi un best seller. Un volume,
forse discutibile o sgradevole quanto a contenuto, ma serio per
impianto scientifico è andato a far compagnia a una paccottiglia
presuntuosa e ignorante.
La domanda è: abbiamo proprio bisogno di regalare la ricerca storica all’anticlericalismo?10
Maria Elisabetta Gandolfi
1
Pubblicato nel 2008 da Feltrinelli, si tratta della raccolta degli articoli che il giornalista ha redatto a puntate su Repubblica. Gli dà man forte anche M. AINIS con Chiesa padrona. Un falso giuridico dai Patti lateranensi a oggi, Garzanti, Milano 2009.
2
Suo è Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), Longanesi, Milano 2007.
3
Si va dal Catechismo anticlericale di A. COLONNA (Cooper 2008) al
Corso accelerato di ateismo di A. LÓPEZ CAMPILLO E J. IGNACIO FERRERAS (Castelvecchi 2007), all’Elogio dell’ateismo di N. TONON (Dedalo 2009), alla
Bibbia atea di J. KONNER (Mondadori 2009).
4
Qui vanno annoverati di S. HARRIS, La fine della fede. Religione, terrore e il futuro della ragione (Nuovi mondi 2006), di E. BARNAVI, Religioni
assassine (Bompiani 2007), di K. DESCHNER, Sopra di noi... niente. Per un
cielo senza dèi e un mondo senza preti (Ariele 2008), di R. KICK, Tutto
quello che sai su Dio è falso (Nuovi Mondi 2008), del sociologo F. CRESPI,
Contro l’aldilà (Il Mulino 2008), di W.H. BURR, Dio non è onnipotente. Le
contraddizioni della Bibbia (Stampa alternativa 2008), solo per citarne
alcuni.
5
Cf. Contro Ratzinger e Contro Ratzinger 2.0, pubblicati tra 2006 e
2007 da ISBN editrice (cf. Regno-Att. 4,2008,118) e il più recente di F. REMOTTI, Contro natura. Una lettera al papa, Laterza 2008.
6
Cf. W. PERUZZI, Il cattolicesimo reale. Attraverso i testi della Bibbia,
dei papi, dei dottori della Chiesa, dei concili, Odradek 2008.
7
Cf. Dossier padre Pio. Cronologia e documenti di un grande inganno, Kaos 2009, il sequel di Santo impostore, sempre a firma di M.
GUARINO, pubblicato nel 2004.
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infinita apertura e pluralità di sensi senza irrigidirla nell’involucro dogmatico.
Al contrario, Luigi Pareyson che ha incontrato tramite Jaspers il pensiero di Kierkegaard e nell’indagine sulla Kierkegaard Renaissance si è imbattuto nel Römerbrief (destinato a lasciare tracce indelebili nella sua
lunga riflessione), dichiara di avervi trovato la
chiave per capire tutto il mondo da cui era
sorto l’esistenzialismo tedesco. Italo Mancini
infine, autore dell’Introduzione (una vera monografia) all’edizione italiana, presso l’editrice
Il Mulino, dell’antologia di testi tratti dalla
Dogmatica ecclesiale curata da Helmut Gollwitzer, fa proprio, nella sua elaborata Filosofia della religione, un concetto di religione
che s’identifica con la rivelazione, con un
8
Cf. di A. LISSONI, Vaticano segreto. Inquisizioni, esoterismo, paranormale. Misteri e ombre della cristianità, Olimpia 2006, preceduto da
Gli enigmi del Vaticano. Storia ragionata dei più sconcertanti misteri
della cristianità del 2004.
Per l’Opus Dei, cf. Opus Dei segreta di F. PINOTTI per Rizzoli (2006),
assieme dalla 2a edizione del volume di J. ALLEN, Opus Dei. La vera storia. I segreti della forza più controversa nella Chiesa cattolica (sulla forzatura del titolo italiano, cf. Regno-att. 2,2007,46), edito da Newton
Compton, la cui collana «Controcorrente», vanta una ricca serie di titoli
anti-cattolici: T.C. LEEDOM, M. MURDY (a cura di), Il libro che la tua Chiesa
non ti farebbe mai leggere; D. ALVAREZ, I servizi segreti del Vaticano; C.
RENDINA, La santa casta della Chiesa e I peccati del Vaticano; T. NEWTON,
Il Vangelo che la Chiesa non ti farebbe mai leggere; A. ARONSON, Vivere
senza Dio; J.O. KOEHLER, Il libro che il Vaticano non ti farebbe mai leggere. La storia mai raccontata della guerra dei servizi segreti contro la
Chiesa cattolica; J. BOUFLET, La storia segreta di padre Pio.
All’interno del gruppo editoriale Mauri Spagnol è sorto da qualche
tempo il marchio Chiarelettere, nel quale trova posto il vol. di G. NUZZI,
Vaticano s.p.a. Da un archivio segreto la verità sugli scandali finanziari
e politici della Chiesa, 2009 (con 6 ristampe nell’anno): indagine sullo IOR
attraverso l’archivio di mons. Renato Dardozzi (1922-2003); o anche il volume curato nel 2009 da E. PROVERA, Quando eravamo dell’Opus Dei, che
raccoglie le interviste a un gruppo di numerari fuoriusciti dalla prelatura.
Cf. anche di G. ZIZOLA, Santità e potere, Sperling & Kupfer 2009.
Che una delle anime anticlericali si nutra del fastidio per il ruolo di
primo piano ricoperto dalle gerarchie ecclesiastiche nella politica segnatamente italiana – da segnalare la nascita il 19 gennaio scorso del movimento politico «Democrazia atea» –, è testimoniato – se ve ne fosse bisogno – da alcuni volumi: D. YALLOP, Habemus papam. Il potere e la gloria: dalla morte di papa Luciani all’ascesa di Ratzinger, Nuovi mondi
2006; M. MARTELLI, Italy, Vatican State, 2009, che ribadisce la tesi già
espressa in Senza dogmi. L’antifilosofia di papa Ratzinger (Riuniti, Roma
2007); o il più recente F. PINOTTI, U. GUMPEL, L’unto del Signore. L’intesa
con il Vaticano, la nascita di Forza Italia, le oscure origini di una grande fortuna. Affari, fede e potere nell’Italia secondo Silvio (Rizzoli 2009),
che mette a tema l’appoggio vaticano alla nascita di Forza Italia (cf. in
questo numero a p. 110).
9
L’autore è K. DESCHNER e viene pubblicato da Ariele; sul tema storico ci sono i testi di E. FRATTINI, L’entità. La clamorosa scoperta del servizio segreto vaticano: intrighi, omicidi, complotti degli ultimi cinquecento anni, Fazi 2008; ID., Le spie del papa. Dal Cinquecento a oggi, venti vite di assassini e sicofanti al servizio di Dio, Ponte alle grazie 2009.
10
Protagonista è la curia diocesana di Sarno, che ha concesso alla
storica Gaetana Mazza libero accesso ai propri archivi e poi, quando ha
preso visione dei documenti pubblicati, ha chiesto e ottenuto attraverso le vie legali che le copie stampate venissero ritirate.
11
Con buona pace delle acute osservazioni di Daniele Menozzi su
«Storiografia e mercato. Il Novecento della Chiesa tra banalizzazione e
ideologia», in Adista, 26.12.2009.
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apriori divino inteso in senso logico e ontologico: da Dio viene l’origine della conoscenza
religiosa come grazia pubblicamente data e
da Dio viene la sua forza di liberazione.
Non segue però Barth nella sua radicale
negazione di qualsiasi ruolo per la filosofia:
nella struttura ermeneutica la rivelazione, il
kerygma diventa oggetto di un discorso filosofico che fa sì che essa passi dal dato al significato per noi, pur mantenendo la propria
originalità e specificità.
Nel tentativo di stilare un bilancio di
quello che ha significato Barth nel Novecento, non si può dimenticare l’apporto dato alla vita politica: dalla Confessione di Barmen
del 1934, il manifesto della Chiesa confessante contro il nazismo, agli scritti che incitavano alla resistenza (Eine Schweizer Stimme,
1938-1945), ai saggi sulla corresponsabilità politica della Chiesa, e poi, nel secondo dopoguerra, al teso e aspro dibattito sulla questione tedesca, sulla bomba atomica, sulla dubbia
qualità di certo anticomunismo...
Un entrare nel vivo delle questioni storiche, a dimostrazione del fatto che l’aver accentuato il motivo teologico, nello spazio liberato dall’innalzamento di Dio, gli aveva posto come ineludibile e urgente il compito
dell’azione offrendogli una maggiore libertà
per rielaborare e vivere un’etica come invenzione, «tagliata sulla misura della storia».
Quella politica è stata la dimensione più incompresa – e ancora in parte da esplorare –
nella biografia di Barth.
Un fatto da lui ampiamente previsto: in
un bilancio della sua vita nel decennio 19481958, apparso sul The Christian Century di
Chicago nel gennaio del 1960 con il titolo
«Recapitulation Number Three» anticipava,
infatti, con la visione il giorno in cui sarebbero apparsi i necrologi.
In essi – scriveva – «si dirà di me sbrigativamente che ho reso certi servizi per il rinnovamento della teologia durante la lotta della
Chiesa in Germania, ma che riguardo alla politica sono stato un fuoco fatuo sospetto».
Eppure, le prese di posizione di Barth,
tanto discusse, discendevano dalla sua fatica
di liberare Dio dalla caduta idolatrica, misuravano la sua concezione della dogmatica con il
compito politico e, in tal modo, restituivano
la terra al proprio spessore laico, senza nulla
concedere agli assolutismi terreni, lontane
dal rischio sempre incombente di creare quei
«cortocircuiti» che bruciavano a un tempo e
il sostantivo teologico e quello umano.
Ha scritto Henri Bouillard che il dialogo
ecumenico della Chiesa cattolica con le Chiese evangeliche è certamente proceduto con
Barth oltre Barth, ma che resta tuttavia perennemente orientatore il suo assillante avvertimento a «restare fedeli alla parola di Dio,
attestata nella Bibbia e predicata nella Chiesa,
senza dissolverla nelle ideologie del nostro
tempo».
I documentati contributi di noti specialisti e la pubblicazione di rari inediti in lingua
italiana cercano di dar ragione in questo fascicolo di Hermeneutica, di un’originale e compiuta esistenza teologica e di una produzione
teologica imponente, la cui Wirkungsgeschichte (storia degli effetti; ndr) è ben lungi dall’essersi esaurita.
Piergiorgio Grassi*
* Riprendiamo l’introduzione al numero
monografico «Karl Barth in prospettiva ecumenica», in Hermeneutica 16(2009), 3ss.
E v v i va : I n te r n e t e i l Co n c i l i o
A
51 anni dall’indizione del concilio Vaticano II, il 25 gennaio si è avviato un sito Internet dallo squillante titolo
www.vivailconcilio.it. L’immediatezza del linguaggio telematico dà voce a una vasta area di cattolici italiani non disponibili a ridurre l’evento conciliare ai limiti, ai condizionamenti e alle prudenze di cui oggi è circondato. La ricezione è atto più ampio, spiritualmente e pastoralmente decisivo, rispetto alle pur ragionevoli paure di deviazioni e insufficienze. I 70.000 contatti
che in pochi giorni il sito ha conosciuto testimoniano di una domanda che va oltre il dibattito su «continuità-discontinuità» del
Vaticano II rispetto alla tradizione precedente e oltre gli stessi
confini nazionali.
La pagina si apre con la scintillante interpretazione dell’aula
conciliare del pittore Lello Scorzelli e suggerisce l’accesso ad alcune rubriche e al settore documenti ed eventi. Fra le rubriche:
l’editoriale, le perle del Concilio (passi di particolare valore), le
bolle del Concilio (battute e curiosità dei padri conciliari), l’invito alla lettura (testi di commento). Fra le fonti: i 16 documenti
conciliari, alcuni interventi dei pontefici e dei vescovi, studi di
approfondimento, video e immagini del Concilio.
L’idea nasce all’interno dell’Associazione teologica italiana
(ATI) dopo una settimana di studi sulla Lumen gentium (Camaldoli, agosto 2009) e all’associazione fanno capo cinque dei nove
membri del comitato promotore (G. Canobbio, P. Coda, S. Dianich, M. Nardello, M. Vergottini). Gli altri sono i «padri nobili»: dai
cardd. C.M. Martini e R. Tucci a mons. L. Bettazzi e al teologo G.
Routhier. Sono una trentina i vescovi che hanno accompagnato
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favorevolmente l’avvio del sito, fra cui i cardd. R. Etchegaray, S.
Piovanelli, A. Silvestrini, D. Tettamanzi e i monss. C. Celli, G. Ravasi e L. Capovilla.
Ma il processo di preparazione non è stato privo di remore e
difficoltà. Qualche timore riguardava l’eventuale forma oppositiva del sito ad altre posizioni ecclesiali (anche solo per logica della rete e dei condizionamenti mediali), un eccesso di esposizione
delle istituzioni accademiche, una possibile impressione di minore impegno sul lavoro di ricerca proprio del teologo. Alla fine il
prodotto ha preso forma grazie all’entusiasmo del coordinatore,
M. Vergottini, e alla competenza tecnica di don M. Nardello. Con
alcuni indirizzi precisi: si tratta di uno strumento divulgativo e
non di una testata specialistica; non è espressione di una singola
teologia o di una sola interpretazione del Concilio, ma memoria
dell’intero evento; i contributi ospitati devono rispondere a criteri di serietà e compostezza; sia lo strumento sia alcune rubriche (video, foto ecc.) sono finalizzati a un pubblico giovane più a
suo agio all’incrocio degli strumenti mediatici. Nato come invenzione di alcuni, si è già collocato nel centro dell’interesse ecclesiale. Un’adesione come quella del card. T. Bertone lo dimostra.
Nel dialogo del card. Tettamanzi con i direttori delle maggiori testate italiane in occasione della memoria liturgica di san Francesco di Sales, il direttore del Corriere della sera, Ferruccio De
Bortoli, si augurava che oltre all’informazione istituzionale la
Chiesa liberasse maggiori energie per l’informazione meno paludata e per il libero dibattito di cui il sito è un’espressione.
L. Pr.
XL
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