Edgar Wallace CERCASI UN MILIONE Titolo dell'opera originale: The Missing Million Copyright Penelope Wallace 1923, 1967 Traduzione di Alberto Tedeschi Cercasi un milione, pubblicato in edizione originale nel 1923, fu uno dei primi romanzi che Wallace vendette a un editore non direttamente, ma attraverso un agente letterario. Verso la fine del 1921, infatti, Edgar si era affidato alle abili cure dell'agenzia Watt e i risultati non si erano fatti attendere: mentre prima le cessioni (in assoluto e senza percentuali sulle vendite) gli rendevano circa 70/80 sterline a romanzo, ora alla consegna di ogni nuovo manoscritto Wallace incassava, a solo titolo di anticipo sui futuri diritti, ben duecentocinquanta sterline. E il tutto da parte di una casa editrice assolutamente rispettabile e di provata capacità, quale la Hodder & Stoughton, il cui titolare, Sir Ernest Hodder-Williams avrebbe avuto non pochi meriti nella definitiva consacrazione del successo di Edgar Wallace. © 1980 Arnoldo Mondadori Editore S. p. A., Milano per l'opera in raccolta Edizione Club degli Editori su licenza della Arnoldo Mondadori Editori Personaggi principali Rex Walton - milionario Lea Walton - sua sorella Dora Coleman - fidanzata di Rex Walton Jimmy Sepping - ispettore di Scotland Yard Bill Dicker Miller - funzionari di Scotland Yard Teofìlo Coleman - funzionario delle Finanze e padre di Dora Léonard Collett - avvocato Kupie - ricattatore professionista Succhiello - scassinatore e buon diavolo Parker - cameriere dei Coleman Bennett - autista dei Coleman 1 «Scusate, signore, vi sono caduti dei fiori» disse il custode. L'ispettore Jimmy Sepping arrossì e abbassando gli occhi guardò le tre violette che giacevano sul selciato della piazza d'armi. Il giovanotto non aveva l'aspetto di un funzionario di polizia, ma piuttosto quello di un aitante giovanotto di mondo, molto dedito allo sport. «No, non raccoglietele… a meno che non sia contro i regolamenti della Torre di Londra, spargere fiori sul selciato.» Jimmy Sepping non si mosse, e il guardiano s'allontanò. L'ispettore era un uomo dotato di fine sensibilità. Ogni anno, in un certo giorno, andava alla Torre di Londra per lasciar cadere un fiore nel punto dove Fritz Haussman aveva guardato il cielo per l'ultima volta. Fritz era stato un agente segreto tedesco. Lo stesso Jimmy gli aveva dato la caccia e lo aveva arrestato. Una bella mattina di maggio, lo avevano condotto in piazza d'armi per fucilarlo, e lui aveva marciato coraggiosamente verso il luogo dell'esecuzione. Terminata una sigaretta, aveva affrontato la morte come a Jimmy sarebbe piaciuto affrontarla… da uomo. Così, ogni anno Jimmy si recava nel luogo dove Fritz era stato giustiziato e rendeva omaggio alla sua memoria. «Jimmy!» Il giovane si voltò di scatto e scorse una ragazza che lo guardava sorridendo. «Oh!» disse stupito. «Avete i capelli spettinati!» La ragazza gli lanciò un'occhiata di rimprovero e osservò severamente: «Non è educato far commenti sull'aspetto di una signorina! Naturale che ho i capelli scompigliati… a diciott'anni è permesso! Che cosa fate, voi, qui?» Sepping non vedeva Lea Walton da due anni ed era stupito del cambiamento che si era prodotto in lei. Non si era mai accorto, prima, di quanto fosse graziosa. La spigliatezza era sempre stata una delle sue caratteristiche principali, ma in altri tempi aveva assunto l'aspetto di una goffa disinvoltura che in qualche momento poteva sembrare ridicola. Ora, però, il suo portamento non aveva più nulla di ridicolo né di goffo. «Sono venuto a vedere i gioielli della Corona e le segrete» rispose lui. «Vedete, io ho l'anima del turista.» Lea scosse il capo. «Non vi credo. Rex dice che siete l'uomo più occupato di Londra.» «Rex è qui?» «È qui… con Dora. Mi ha detto che passerà la serata d'addio al celibato in casa vostra, Jimmy.» Il giovane rise. «Giovedì sera, non è vero? Sì, siamo già d'accordo. Ho visto spesso Rex in questi ultimi tempi, ma lo trovo cambiato. Che cosa gli è successo, Lea?» Stavano attraversando il cortile, e la ragazza si diresse verso una delle panchine di fronte allo spazio cintato. «Sediamoci» disse Lea. «Quest'incontro è davvero provvidenziale. Io vi devo una montagna di scuse, Jimmy. Ero molto villana quando vi prendevo in giro perché eravate entrato nella polizia.» Tacque a un tratto, e, cambiando argomento, disse: «Jimmy, vi sembra che Rex faccia bene a sposarsi così presto, dopo la morte di Edith?». Il viso dell'ispettore si fece serio. «Non so… sono passati quasi due anni, non mi sembra che si possa chiedere a Rex di rimanere per tutta la vita fedele a un ricordo.» La ragazza corrugò la fronte. «Perché la polizia non riesce a trovare quell'essere abietto?» domandò con veemenza. «È vergognoso che l'autore di un delitto così orrendo sia ancora in libertà, Jimmy!» Sepping non rispose. Le lettere anonime costituivano generalmente un grave problema, ma Kupie non era un delinquente ordinario. Alla vigilia delle nozze, Edith Brandsone era stata trovata morta nella sua camera e una lettera giaceva per terra accanto a lei. Era una delle tipiche lettere di Kupie: il ricattatore aveva esposto in modo chiaro e preciso come fosse al corrente di una scappatella della povera ragazza, di cui nessuno sapeva nulla. «Abbiamo fatto del nostro meglio» disse l'ispettore, «ma Kupie è qualcosa di più che un maligno autore di lettere anonime. A lui fa capo una grande organizzazione. Ha ricattato una buona metà delle persone più in vista di Londra. La povera Edith non è l'unica sua vittima. Ditemi, Lea, non vi piace Dora?» «Mi piace molto e, ripensandoci bene, sono stata una sciocca a insinuare che fosse meglio rimandare il matrimonio. Ma vorrei sapere che cosa preoccupa tanto Rex.» Lea lanciò un'occhiata di avvertimento al suo compagno, il quale voltandosi, vide Rex Walton che si avvicinava. Lo accompagnava una donna la cui bellezza non mancava mai di destare nuova ammirazione in Jimmy Sepping, ogni volta che la vedeva. Alta, bionda, i suoi capelli avevano quella tinta dorata che si trova quasi esclusivamente nei bambini. Gli occhi azzurri erano gravi, e sul suo volto nessuna traccia di trucco. La donna sorrise e fece un cenno di saluto con la mano, mentre Jimmy si alzava per andarle incontro. Rex Walton era un giovanotto bruno, dalle spalle larghe e dal viso alquanto severo. Coetaneo di Jimmy, aveva studiato con lui allo stesso collegio, e in seguito erano rimasti molto amici, benché Rex fosse enormemente ricco e Jimmy relativamente povero. Dopo i convenevoli, Rex incoraggiò le due donne a visitare la Torre. Si rivolse alla sua fidanzata: «Andate a vedere le segrete, tu e Lea. Io ho qualcosa da dire a Jimmy». Le due ragazze approvarono l'idea e se ne andarono senza discutere. «Jimmy, sono preoccupato, spaventato! Volesse il cielo che ti potessi dire ogni cosa!» «A proposito di Kupie?» domandò l'altro pacato. «Sì… e anche di altre cose. Sono stato un idiota… Il guaio è che non mi posso valere del tuo consiglio, perché devo mantenere un certo riserbo su alcuni fatti che non riguardano solo me.» «Hai ricevuto qualche altra lettera?» domandò Jimmy. Per tutta risposta il giovane trasse dal portafoglio un pezzo di carta grigia che porse all'amico. «È arrivato stamane» spiegò. Sepping annusò la carta. Aveva l'odore di tabacco caratteristico di tutte le lettere di Kupie, e non recava né data né premessa. Diceva semplicemente: Se sposate Dora Coleman, vi ridurrò in miseria. Per quanto il vostro danaro sia al sicuro, non mi sfuggirete. Questo è il mio ultimo avvertimento. K. Jimmy restituì la lettera a Rex. «Nelle lettere precedenti ha mai detto nulla di Dora?… Nulla che si riferisca al suo passato?» domandò. «No. Che ne pensi di questa minaccia?» «È una stupida bravata! Come può mettere le mani sul tuo danaro?» Rex pareva a disagio. «Eppure è riuscito a prendere quello di Pelmar. Un tale che sa molte cose su quel delinquente giudica la cosa molto più grave di quanto non la giudichi tu.» «Chi è questo tale?» chiese l'ispettore incuriosito. «Non posso dirtelo. Gli avevo promesso, anzi, di non dirti assolutamente nulla. Mi ha consigliato…» «Si tratta forse di una persona importante?… di un funzionario?» «Ehm… sì, di un funzionario di Scotland Yard.» «Chi è questo mio collega?» insisté Jimmy, ma Rex su questo punto fu inflessibile. L'ispettore proseguì: «Non ti preoccupare delle lettere di Kupie. Se non sbaglio è la decima che ricevi da che il tuo fidanzamento è stato annunciato. Kupie non è onnipossente. Vi sono cose che nemmeno lui può fare. Dora è al corrente?» Rex annuì. «La pensa come te, ma qualche volta ha paura e questo mi addolora.» «Pagherei qualunque somma per sapere il nome del funzionario che ti ha consigliato di prender sul serio Kupie» concluse l'ispettore. 2 A Scotland Yard, nell'ufficio numero 375, alle due in punto, i tre Capi si riunirono per discutere, come essi dicevano, profitti e perdite della settimana. Come di consueto, Bill Dicker fungeva da presidente e Jimmy Sepping da segretario. Il terzo era Miller, celebre per la sua aria perennemente impassibile. Dopo aver discusso a lungo sugli avvenimenti della settimana, Bill Dicker si grattò pensosamente il naso e disse: «L'attività di Kupie va fermata a ogni costo. Avete letto quel che ha detto il magistrato di Westminster a proposito del caso Shale? È la seconda morte di quest'anno e ve ne saranno ancora altre. Chissà su quante teste pesa la minaccia di Kupie! Sono al servizio della polizia da quarantatré anni e i miei insuccessi si possono contare sulle dita di una mano. Non c'è un delinquente al quale io abbia dato la caccia invano; i quattro che mi sfuggirono sono morti.» L'ispettore capo Dicker diceva la verità. I delinquenti stessi riconoscevano la sua abilità e sapevano anche quanto fosse spietato. «Ma Kupie mi disorienta» proseguì Dicker. «È un disonore, per la polizia, che costui possa continuare la sua opera indisturbato, per quanto ben poche delle sue vittime abbiano strillato prima di farsi pelare.» «Saranno sempre meno quelle che strilleranno» dichiarò Jimmy accendendo un sigaro. «Vi ricordate quel finanziere che si rivolse a noi per recuperare certe lettere che aveva scritto a una cantante?» «Non s'è più fatto vedere… che cosa ne è stato?» domandò Bill. «Kupie fece riprodurre una delle lettere in parecchie copie e le distribuì tra gli amici e i parenti del finanziere, comprese sua madre e sua moglie, tra i suoi soci e i direttori delle varie banche. Come potete bene immaginare il finanziere ha pagato, perché la cosa non si ripetesse con le altre lettere. Questo Kupie ha istituito un nuovo regime di terrore.» «C'è qualche caso nuovo?» domandò Dicker. «Quello di Walton… ma non è nuovo» rispose Jimmy. «Il mio povero amico comincia a spaventarsi. A proposito, Miller» soggiunse il giovane rivolgendosi d'un tratto all'uomo che stava alla sua destra, «conosci Walton, per caso?» «Di sfuggita» rispose l'altro. «Gli hai mai parlato?» «Può darsi… Perché?» Nel tono della sua voce c'era una sfumatura di risentimento. «Mi diceva oggi che qualcuno gli ha consigliato di prendere Kupie sul serio. Si tratterebbe di una persona che lo crede onnipotente.» Il viso di Miller si rabbuiò. «Non capisco che cosa vuoi dire» disse bruscamente. «Senza dubbio ho consigliato al signor Walton di prendere le sue precauzioni. Se tu credi che Kupie…» La porta si aprì e un agente entrò con una lettera. «Per me?» fece Miller. Strappò la busta e ne trasse due fogli dattiloscritti. Dicker parlava con Jimmy, quando udì un grido e si voltò di scatto. Miller stava accanto alla finestra con una mano alla gola, mentre l'altra stringeva convulsamente la lettera. La sua faccia era di un pallore mortale e i suoi occhi dilatati. Uscì di corsa dalla stanza e pochi minuti dopo i due uomini sentirono la porta dell'ufficio dell'ispettore che si chiudeva. «Cosa gli è successo?» mormorò Bill. Jimmy scosse il capo con aria perplessa. «Non saprei. Non può trattarsi di disgrazie in famiglia, perché non è sposato. Non so cosa pensare. Non è uomo che si confidi con…» Il giovane si fermò di colpo. Il rumore secco di uno sparo aveva lacerato l'aria. In men che non si dica, i due funzionari erano alla porta di Miller. Chiusa. Procuratisi una chiave universale riuscirono ad aprirla. Una nuvoletta di fumo gravitava nell'aria, dissolvendosi lentamente. Miller giaceva riverso al suolo con una rivoltella accanto. Jimmy vide un foglio che ardeva nel camino e, curvandosi, lo tolse dalle fiamme, ma potè salvare soltanto una striscia di carta. «È morto» disse Bill. «Che cos'è quello? Maneggialo con delicatezza.» Sepping pose il resto della lettera sulla scrivania; vi si scorgevano sette parole, ma queste bastavano a chiarire ogni cosa. Cinquantamila sterline… Tony Frisk… Fuga… Deposito Norwich… Più sotto si scorgeva una parte della lettera K. «Aveva un deposito bancario a Norwich… questo lo sapevo» fece Dicker, e col piede sparpagliò la cenere nel camino. «Deve avere aiutato Tony Frisk, il falsario, a fuggire dividendo con lui il bottino; lo sospettavo da tempo… e Kupie lo sapeva!» Accese un fiammifero e bruciò anche la strisciolina di carta salvata dalle fiamme. «Non faremo fotografare niente, Jimmy» disse. «Diremo che da qualche tempo i suoi modi erano strani… e salveremo le apparenze.» 3 Rex Walton era allegro. Era la sua ultima serata di celibato e pranzava a casa di Jimmy. Jimmy invece era pensieroso. A un tratto disse impulsivamente: «Ah, se potessi indagare sul conto di Kupie e sopprimerlo!» Rex si voltò a guardarlo. «Ho fatto di tutto, ma finora non ci sono riuscito. Kupie non è un comune ricattatore, ma un esperto in materia, e poi ha una particolarità che mi disorienta più di qualunque altra cosa: non lavora solo per lucro. In molti casi non si scorge nelle sue azioni che il malvagio piacere di far del male.» «Basta, parliamo d'altro» lo interruppe Rex. «È un argomento che mi fa sempre male, ma questa sera più che mai vorrei tenerlo lontano dai miei pensieri.» «Scusami… dimenticavo» disse Jimmy e tentò di parlar d'altro, ma un momento dopo stavano ancora discutendo sulla psicologia del terribile ricattatore. «Per esempio» disse Jimmy, «ha causato la morte di Miller per pura malvagità…» Rex balzò in piedi come se fosse stato punto. «Miller! Quale Miller? Il funzionario di Scotland Yard? Dio mio!» «Lo conoscevi? Era forse lui, il funzionario da te consultato in merito alle minacce di Kupie?» Rex annuì. «Credi… credi che…» «Ti dico questo in confidenza, Rex, poiché la parte che ha avuto Kupie nella triste fine di Miller non sarà mai resa nota al pubblico. Il fatto è che c'era una macchia nel passato del povero ispettore, e quel disgraziato lo sapeva.» Rex Walton scosse energicamente la testa. «Non è vero! Non è per questo che Kupie si è scagliato contro di lui, ma perché mi ha aiutato e consigliato! Inoltre… Inoltre sarò contento quando la giornata di domani sarà passata. Kupie rappresenta veramente un'incognita.» Rise a un tratto e soggiunse: «Ma sono uno stupido! La cosa che mi intimorisce, non può accadere… ora!». Jimmy era vivamente incuriosito. «Perché non può accadere "ora"?» domandò. In quel momento si udì bussare alla porta e il domestico entrò annunciando: «La signorina Coleman e la signorina Walton.» Walton aiutò la fidanzata a togliersi il mantello da teatro, mentre Lea guardava sulla tavola. «Che giovani morigerati siete voi due!» esclamò. «Credevo che in queste occasioni lo champagne fosse di prammatica. Jimmy, avete dato qualche buon consiglio a mio fratello?» «Non do mai consigli a quelli che stanno per sposarsi» rispose Sepping. «Non fa parte delle mansioni d'un funzionario di polizia.» Dora aveva preso un grappolo d'uva e lo piluccava con aria pensierosa. «Rex vi ha confidato il suo segreto?» Jimmy alzò le sopracciglia. «Non sapevo che avesse un segreto» rispose con aria ingenua. «Ha dei piani segreti per il viaggio di nozze» intervenne Lea. «Sarà una luna di miele senza precedenti!» E la ragazza si voltò verso il fratello lanciandogli un'occhiata maliziosa. «Svelaci il tuo progetto, Rex. Tanto, sei tra amici. Io sono disposta a giurarti…» così dicendo si passò una mano sulla gola con gesto significativo, mail fratello la interruppe. «Puoi giurare finché vuoi, ma sono deciso a mantenere il segreto. Lo confiderò a mia moglie non appena lasceremo il municipio. Ora, ragazze, vi accompagno a casa. Ci troveremo domani a casa Coleman. Faremo il pranzo di nozze prima… questo ve l'ho già detto, poi andremo in municipio. Niente regali, Jimmy, siamo intesi?» «Anche il regalo di nozze dello sposo per la sposa è un segreto» disse Lea. «Per quanto mi riguarda sono decisa a regalare un'oliera d'argento. Ai miei occhi il matrimonio non è completo se non c'è tra i regali un'oliera d'argento…» Jimmy li accompagnò al portone e rimase sul marciapiede finché la vettura non fu scomparsa. Mentre indugiava un momento, un uomo arrivò di corsa e, volgendosi per rientrare, Jimmy lo urtò involontariamente. «Scusate» disse ma l'altro proseguì senza rispondere. Sepping tornò nella sala da pranzo. Nel mettere la mano in tasca per cercare i fiammiferi, sentì un oggetto che non avrebbe dovuto esserci e lo tirò fuori. Era una bambolina di celluloide. Una bambolina a forma di amorino, di quelle che in quei giorni tutta Londra chiamava "Kupie". Aveva legato al collo un nastrino bianco, sul quale era scritto: Occupati dei fatti tuoi. Guardò stupito la bambolina. «Di dove diavolo è venuta?» si domandò. 4 Il signor Teofilo Coleman era affacciato a una finestra della sua sontuosa sala da pranzo, dalla quale godeva la vista di Portland Place. Il signor Coleman però non era di buon umore. Come lui stesso si definiva coi suoi colleghi del Ministero delle Finanze, era un abitudinario. Si alzava alle sette ogni mattina e faceva quattro volte il giro di Portland Place indossando d'estate una leggera giacca di alpagas e d'inverno un maglione d'un giallo violento, che attirava l'attenzione dei lattai, degli agenti di polizia e di altri membri delle classi lavoratrici. Alle nove, dopo aver esaminato la sua scarsa corrispondenza e letto il "Times" per tenersi al corrente della situazione politica, faceva colazione. Il signor Coleman non giocava mai al golf, ma era un appassionato di bridge. Aveva tre fobie: il socialismo, l'educazione del popolo e l'America. A queste tre cose attribuiva tutti i mali dell'umanità. Piuttosto piccolo e grasso, era completamente calvo. Aveva portato per molto tempo le fedine lunghissime, finché non aveva visto la fotografia di un attore cinematografico che le portava identiche alle sue. Apprendendo che l'attore in questione era americano, il signor Coleman aveva chiamato il proprio domestico e aveva ordinato perentoriamente l'abolizione di quell'ornamento che ormai gli era divenuto detestabile. La sua faccia era bianca e rosea, e la carnagione pareva quella di un ragazzo. I suoi molteplici menti contribuivano a dargli un aspetto placido. Durante la guerra gli era stata affidata la sinecura di un incarico permanente al Ministero delle Finanze, dove dalle dieci del mattino alle quattro del pomeriggio era intento ad apporre la propria sigla a una serie di documenti che faceva passare a un suo superiore, il quale a sua volta vi apponeva la sigla. Assunto come volontario al Ministero, in tempo di guerra, non era mai più stato eliminato. Le sue entrate non erano cospicue; tuttavia manteneva un regime di vita da prosperoso funzionario governativo, e molti credevano che fin da giovane fosse stato al Ministero. Quella mattina le sue abitudini erano scompigliate dal matrimonio della figlia. Il signor Coleman aveva l'impressione di essere stato defraudato della prima colazione. Chiamò il domestico e gli chiese: «Sono arrivati i bagagli del signor Walton?» «Sì, signore. Sono arrivati di buon'ora e mi sono preso la libertà di togliere da una valigia l'abito da viaggio del signor Walton.» «Oh, Dora, eccoti finalmente!» La ragazza era entrata nella stanza in quel momento. Poche donne appaiono veramente belle al mattino presto, ma Dora era senza dubbio una di queste. Si avvicinò al padre e lo baciò. «Hai dormito bene, eh? "Beata la sposa sul cui velo batte il sole… " Ma, perdiana, oggi piove!» «Sarò felice ugualmente» disse Dora sorridendo. In quel momento arrivò Léonard Collett, un brillante avvocato che, oltre a esser nipote del signor Coleman, era anche suo consulente legale. Rex Walton, sua sorella e Jimmy Sepping arrivarono insieme. Rex appariva nervoso e distratto. Il suo viso s'illuminò alla vita della fidanzata. «Ah, capitano Sepping, siete venuto a far la guardia ai regali di nozze?» fece il signor Coleman. L'ispettore sorrise educatamente alla battuta del padrone di casa e rispose: «Mi hanno detto che non ci sono regali di nozze.» Coleman annuì. Poi domandò: «Ci siamo tutti? Parker!». Si avvicinò ai due fidanzati e prendendo per mano Dora la condusse alla sua seggiola. Jimmy era alla destra di Lea e alla sinistra di questa era seduto Léonard Collett. «Siete riuscita a farvi confidare l'itinerario del viaggio di nozze?» chiese Jimmy alla ragazza. Lea scosse la testa. «È muto come un pesce, su questo argomento. Non so neanche quale sia il dono che farà alla sposa. Dev'essere qualcosa di prezioso e raro, perché i più grandi gioiellieri di Londra sono sfilati in casa nostra in questi ultimi tempi.» Lea guardò la sposa e sospirò. Jimmy indovinò il suo pensiero. «Voi pensate a qualcuno…» mormorò, «ma se fossi al vostro posto cercherei di astenermene.» La ragazza fece un cenno d'assenso. «Sono molto affezionata a Dora… è una cara ragazza oltre a essere molto bella. Ma Edith era una nostra carissima amica. Be', tutto considerato, sono contenta che mio fratello si sposi.» Cambiò argomento all'improvviso e tornò alla consueta allegria. Il programma della mattinata era semplicissimo. La cerimonia nuziale doveva avvenire all'ufficio municipale della zona, dopo di che gli sposi sarebbero tornati a Portland Place per cambiarsi d'abito e partire in una grossa automobile, carica di bagagli. Jimmy incontrò lo sguardo di Rex, che gli sorrise. Finalmente il signor Coleman si alzò con la coppa in mano per fare il brindisi. Quando ebbe finito, tutti applaudirono di cuore. Parker, il vecchio domestico, si avvicinò a Rex e gli sussurrò qualche parola all'orecchio. Il giovane si alzò in fretta e uscì dalla sala. «Dove va Rex?» fece Lea meravigliata. A quanto sembrava né il signor Coleman né la sposa trovavano strano che Walton si allontanasse momentaneamente. Jimmy vide che il signor Coleman chiamava Parker; vi fu un breve scambio di domande e risposte tra padrone e domestico. Alla fine Coleman annuì ripetutamente e disse a Dora qualcosa che non pervenne all'orecchio di Jimmy, ma che Lea udì. «Rex aveva pregato Parker di avvertirlo quando fossero le dieci e dieci» disse la ragazza con aria un po' preoccupata. «Come vorrei che Rex fosse meno misterioso. Forse è andato a prendere il regalo di nozze.» Passarono cinque minuti… ne passarono dieci e Rex Walton non ritornava. Il signor Coleman guardò l'orologio. «Bisognerà ricordare al nostro giovane amico che ha un importante appuntamento per le dieci e mezzo» disse scherzosamente. Passarono altri cinque minuti, poi Parker uscì dalla sala per ritornare quasi subito. «Il signor Walton non è più nella casa» annunciò il domestico. Infatti nella perlustrazione che seguì non si trovò alcuna traccia di Rex: era scomparso, e nessuno l'aveva visto allontanarsi. 5 Jimmy seguì Parker che lo condusse nella stanza dove Rex avrebbe dovuto cambiarsi dopo la cerimonia. Alla prima occhiata l'ispettore si accorse che il cambiamento era stato fatto, poiché il tight e i pantaloni rigati che Walton indossava poco prima erano gettati alla meglio sullo schienale di una seggiola. «Il soprabito e il cappello del signor Walton sono scomparsi» osservò Parker. «Che cosa c'è nella camera attigua a questa?» domandò Jimmy uscendo sul corridoio. «Quella è la camera della signorina.» Il domestico aprì la porta della stanza e Sepping guardò dentro. Sul pavimento c'erano due valigie chiuse, evidentemente pronte per il viaggio. Sul letto ce n'era un'altra, pure chiusa. «Ditemi, Parker, avete accompagnato il signore di sopra o è venuto solo?» «Gli ho indicato la stanza, signor ispettore. Mi aveva pregato di avvertirlo quando fossero state le dieci e dieci, perché desiderava salire a prendere non so che cosa.» «Non per cambiarsi?» Il domestico scosse la testa. «Nossignore. Doveva cambiarsi al ritorno dal municipio.» «Potrebbe essere sceso o uscito senza che qualcuno della servitù lo vedesse?» «Non saprei. Vado a domandare se l'hanno visto.» Parker tornò di lì a poco dicendo che nessuno aveva visto lo sposo a pian terreno. Sepping domandò: «Non c'è un'altra porta?». «C'è la scala di servizio» rispose il domestico e lo condusse in fondo a un corridoio dove si scorgeva una scala a chiocciola che scendeva fino alle cucine, nel seminterrato. Nella parete in fondo al corridoio stesso c'era una porta. Jimmy girò la maniglia e vide che si apriva. Fuori c'era un cortiletto e un'altra porta nel muro di cinta. «Dove si esce da quella porta?» domandò l'ispettore. «In un vicolo secondario, signore. È fiancheggiato dai garages dei palazzi di Portland Place.» Sepping attraversò il cortile selciato e trovò anche la porta del muro di cinta aperta. Pioveva a dirotto e il vicolo era deserto. Jimmy, tornato in sala da pranzo trovò Dora pallida e sconvolta. Lea benché pallida, non aveva perso la calma. «Cos'è successo, Jimmy?» domandò. «Non riesco a capire» rispose il giovane. «Vi consta che Rex avesse del danaro con sé?» Lea annuì. «Aveva una grossa somma… tre o quattromila sterline in banconote. Non ha voluto spiegarmi per quale motivo gli fosse necessaria una somma così forte.» «Siete proprio sicuro che non sia in casa?» domandò il signor Coleman. «Non è possibile che se ne sia andato! Ho sempre giudicato il signor Walton un uomo d'onore…» «Non occorre che voi cambiate opinione sul signor Walton» fece Jimmy con calma. «Non ha certamente lasciato la casa di sua spontanea volontà.» L'ispettore risalì le scale per esaminare gli effetti di Rex. Frugò in tutte le tasche, ma erano vuote. Perché si era cambiato d'abito? Secondo il programma avrebbe dovuto sposarsi in tight. Se il giovane era stato costretto con la forza ad allontanarsi, se era stato rapito, non si poteva supporre che si fosse cambiato vestito per far piacere ai suoi rapitori. Se i vestiti da viaggio fossero scomparsi senza che venisse lasciato l'altro abito, la cosa sarebbe stata più chiara. Quando Sepping ritornò in sala da pranzo, credette opportuno raccontare la storia dell'avvertimento che Rex aveva ricevuto. «Voi credete che Rex sia stato rapito?» Era Dora che interrogava Sepping. «Desidero che mi diciate la verità. Ieri sera Rex ha espresso qualche rimpianto o qualche dubbio sull'opportunità del matrimonio?» «Al contrario. Era molto soddisfatto e il suo unico pensiero era quello di rendervi felice.» «Al giorno d'oggi» disse rabbiosamente il signor Coleman con il viso contratto, «certe cose non succedono più, caro signore. Se il signor Walton non è in casa, vuol dire che se n'è andato di sua spontanea volontà.» «Sarà bene chiamare la polizia» osservò Sepping. «Questo significa uno scandalo» scattò Coleman impetuosamente. «Aspettiamo. Forse sarà tornato a casa sua.» Anche Jimmy aveva pensato a questa possibilità, ma una telefonata a casa di Rex portò a una nuova delusione. L'ispettore accompagnò a casa Lea. «Povera Dora» fece la ragazza con le lacrime agli occhi. «È terribile! Jimmy, voi credete che mio fratello sia impazzito? O forse potrebbe essere in pericolo?» «Non lo so… non so che cosa pensare. Fino ad ora Kupie non ha mai ucciso nessuno e Rex non è uomo da lasciarsi trascinare a qualche pazzia.» «Ditemi, Jimmy, non c'è qualcosa nel suo passato?» Jimmy negò energicamente. Ritornato a casa sua, l'ispettore prese il nastrino della bambola che si era trovato in tasca, sul quale spiccava un'impronta digitale. Frugando in fondo ad un cassetto, riuscì a trovare un quaderno sul quale una volta, per gioco, lui e Rex si erano divertiti a lasciare le proprie impronte digitali. Ma l'esperto di Scotland Yard lo rassicurò su quel suo pazzesco sospetto: no, l'impronta del nastrino non era di Rex. Uscito da Scotland Yard, Jimmy si fece condurre a casa Walton e fu ricevuto da Lea. «Nessuna notizia?» domandò la ragazza. «Nessuna. Vorrei parlare un momento col vostro domestico. Forse potrebbe fornirci qualche informazione.» Lea approvò. Mandò a chiamare Antony Wells che era domestico di Rex da molti anni. Poco dopo il maggiordomo ritornò dicendo che il Wells era uscito. «Antony è uscito?» fece la ragazza meravigliata. «È uscito dicendo che andava a comprare un giornale, e non si è più visto.» «Quando è successo?» «Questa mattina, alle dieci circa, signorina» rispose il domestico. 6 Jimmy attese un'ora, ma il domestico non ricomparve. Tutto era in ordine nella sua stanza. Sul tavolo aveva lasciato una lettera non ancora finita indirizzata a un suo fratello che abitava in Canada. Giunse la sera e Antony non era ancora tornato. Sepping allora fece comunicare i connotati di entrambi gli scomparsi a tutti i giornali e a tutte le sezioni di polizia. A tarda ora Sepping vide Bill Dicker a Scotland Yard e il vecchio ispettore capo prese la cosa molto sul serio. «Kupie non è isolato. A lui fa capo una grande organizzazione e mi aspettavo da un giorno all'altro che, imbaldanzito dal successo, adottasse altri mezzi oltre al ricatto. Dimmi, Walton è molto ricco?» «È milionario.» Bill scosse la testa. «Non lo uccideranno, di questo sono certo. Lo terranno come ostaggio e noi riceveremo la richiesta di una somma favolosa per il riscatto. Temo che ci troviamo di fronte alla banda più terribile che abbiamo mai affrontato, Jimmy. Non dimenticare che si tratta di un'associazione a delinquere che opera da molto tempo e quindi piena di esperienza. Costoro sono ben organizzati e, se in principio hanno commesso degli errori, hanno anche avuto il tempo di perfezionare i loro metodi. L'organizzazione di Kupie è una delle più perfette; soprattutto quest'ultimo è al corrente dei metodi usati da Scotland Yard e ha trovato il sistema per rendere vani i nostri sforzi. Questa è la base del suo lavoro. Se mai ti capitasse di trovare una pista che conduce a Kupie, procedi con prudenza, perché quel bandito non esiterà di fronte a nulla. Sa che il giorno in cui verrà catturato, non potrà mai più riacquistare la libertà ed è uno di quelli che preferiscono il capestro al carcere a vita. Hai trovato quel domestico?» Jimmy scosse la testa. «Strano» mormorò Bill grattandosi il mento. «Come sono i suoi precedenti?» «Ottimi, da quanto ho potuto sapere» rispose Sepping. «Era macchinista nella marina, poi, congedatosi, entrò al servizio di Walton, prima come autista, poi come domestico.» «Strano davvero! Come si comporta la signorina Coleman in questa circostanza?» «In modo ammirevole» rispose Jimmy con entusiasmo. E in verità Dora aveva dimostrato un coraggio e una pazienza esemplari. Dicker rimase seduto a lungo con gli occhi fissi fuori della finestra che dava sul lungo Tamigi, poi disse: «Tu riderai, forse, ma io ti dico che Kupie diventerà un vero e proprio nemico pubblico. Non hai visto che il principio di quello che è capace di fare. Qual è la tua teoria sulla scomparsa di Walton?» «Non ho nessuna teoria» rispose Jimmy francamente. «Confesso che la cosa mi ha completamente disorientato.» Quando Jimmy tornò a casa, trovò Dora e suo padre che lo aspettavano. «È successo qualche cosa?» domandò. «Avete notizie di Rex?» La ragazza scosse la testa tristemente. «No, nessuna notizia… soltanto ho trovato questo.» Gli porgeva un astuccio di pelle; Jimmy lo prese, lo aprì e rimase abbagliato dallo splendore della piastra di diamanti che conteneva. «Diamine!» esclamò. «Dove avete trovato questo gingillo?» «Dora l'ha trovato nella sua valigetta» spiegò il signor Coleman, «e ho ragione di credere che sia stato comperato da Rex. Anzi mi sono informato dal gioielliere, di cui potete vedere il nome nell'interno dell'astuccio, e mi ha assicurato che questa è la piastra acquistata da Walton la vigilia del matrimonio al prezzo di duemilacinquecentottanta sterline.» Sepping fissava pensieroso il gioiello. «L'avete trovato nella valigetta, è vero? Dov'era la vostra valigetta, signorina Coleman?» «Sul mio letto. L'avevo lasciata aperta per metterci alcuni oggetti all'ultimo momento. Questa sera l'ho aperta per prendere una spazzola e in una delle buste. del coperchio ho trovato l'astuccio.» «Non c'era un biglietto?» «No. Avevo guardato poco dopo la scomparsa di Rex e sono certa che il gioiello non c'era.» Jimmy strinse le labbra perplesso. L'astuccio doveva essere stato messo nella valigetta tra le dieci e mezzo e l'ora in cui la ragazza l'aveva rinvenuto. Era una cosa strana… anzi, più che strana pareva soprannaturale. Ad un tratto gli venne un'idea. «Non vi è mancato nulla nella valigia?» domandò. «No. Non credo. Non ho fatto un esame minuzioso, ma a dire la verità non c'era niente che valesse la pena di essere rubato. Credevo che i rapitori di Rex agissero a scopo di furto, ma ora non so che cosa pensare.» L'ispettore restituì l'astuccio alla ragazza. «Questo, naturalmente, vi appartiene. È stato comperato per voi; l'avete trovato nella vostra valigia e inoltre non può offrirci nessun indizio. Sarebbe dunque inutile che lo conservassi io.» «Questo caso sarà riportato sui giornali, naturalmente» fece Coleman con tono afflitto. «Questa pubblicità mi è molto sgradevole, capitano Sepping, molto sgradevole.» La ragazza si appartò con Jimmy, mentre il signor Coleman indossava il cappotto. «Telefonatemi a qualunque ora del giorno o della notte, se aveste qualche notizia di Rex» disse, e Jimmy le strinse la mano con aria di comprensione. Nel momento in cui Jimmy stava per coricarsi suonò il campanello del telefono e un momento dopo il domestico bussava alla porta della camera da letto. «Qualcuno vi desidera al telefono, signore… non mi ha voluto dire il suo nome.» Jimmy indossò la vestaglia e passò nello studio. «Siete voi, Sepping?» La voce era brusca e del tutto ignota a Jimmy. «Sì, sono io, con chi parlo?» «Questo non importa» ribatté la voce. «Andate a casa del signor Walton e vuotate il cassetto superiore a destra della scrivania… in fretta.» «Ma voi chi siete?» «Badate, si tratta di cosa urgente! Fatelo questa sera stessa. Prendete la lettera che troverete nella busta azzurra.» «Ditemi chi siete!» insisté Jimmy, ma ormai lo sconosciuto all'altro capo del filo aveva riappeso il ricevitore. 7 Jimmy si vestì frettolosamente e, preso un taxi, arrivò a casa Walton che le luci erano ancora accese. Lea non si era ancora coricata. «Ci sono notizie?» domandò la ragazza appena lo vide. Jimmy Sepping stava accorgendosi che il suo interessamento non era del tutto professionale. Lea Walton era diventata una donna ed egli era quasi spaventato dall'attrazione che esercitava su di lui. Lea lo condusse nel salotto e Jimmy le raccontò della telefonata che aveva ricevuto. «Siete sicuro che non fosse la voce di mio fratello?» «No, non era la voce di Rex. Non so di dove telefonasse questa persona misteriosa. Ho incaricato il mio domestico di informarsi alla centrale.» Scesero al pianterreno dove era situato lo studio di Rex Walton. Era un locale molto vasto, con le pareti ricoperte da scaffali. Al centro c'era una bella scrivania moderna. Jimmy vi si sedette davanti e tentò di aprire il cassetto superiore a destra. Era chiuso a chiave e tutti i suoi sforzi non valsero ad aprirlo. «Bisognerà scassinarlo» disse la ragazza e suonò il campanello. Il domestico apparve subito e il giovane lo pregò di portargli gli arnesi necessari. Ritornò poco dopo con una grossa lama d'acciaio che veniva usata per aprire le casse. Ci volle molto tempo per introdurre l'estremità della lama tra il cassetto e la cornice, ma allora Jimmy si accorse che il cassetto resisteva in modo singolare. «Scusate, signore» intervenne il domestico, «quel cassetto è internamente rivestito d'acciaio. L'ho visto aperto. Il signor Walton mi ha detto che sfidava qualunque ladro ad aprirlo.» Alla fine, dopo parecchi tentativi inutili, Jimmy riuscì ad introdurre uno scalpello tra l'orlo superiore del cassetto e la cornice, torcendo la lamiera. Ma nello stesso momento gli sfuggì un'esclamazione. Dalla fessura che aveva aperto, usciva un getto di fumo giallastro. «Nel cassetto c'è qualcosa che brucia» disse. Con un colpo solo gli fu possibile far saltare la serratura. «Dell'acqua, presto» gridò Jimmy. Il fumo si era fatto denso. «Sarà meglio aprire la finestra» soggiunse poi. Ormai preferiva non usare l'acqua. Il fuoco doveva aver già distrutto tutto ciò che vi era di infiammabile e tanto valeva lasciarlo spegnere da solo, per non disperdere i resti carbonizzati, dai quali si poteva sempre trarre qualche indizio. Nello spazio di pochi secondi il fumo si diradò e Jimmy scorse la massa nera di ciò che era stato probabilmente un pacco di documenti. Tirò fuori il cassetto e lo posò sopra la scrivania. Il fondo e i lati erano molto caldi come se fossero stati sottoposti ad un calore maggiore di quello che il fuoco avrebbe potuto generare nel breve spazio di tempo trascorso dal momento in cui Sepping era riuscito ad aprire la prima fessura a quello in cui era cessato. «Credo che questo fuoco covasse da molto tempo» disse il giovane. «Probabilmente da qualche giorno. Non so esattamente quali siano i prodotti chimici che hanno potuto causare questo incendio. Forse la misteriosa busta azzurra li conteneva. Mi domando che cosa ci fosse in questo cassetto.» Sul fondo c'era un foglio carbonizzato ancora intero ed egli riuscì a sollevarlo con un cartoncino e a portarlo sotto la lampada. Di solito su un foglio carbonizzato la scrittura spicca in bianco, ma su questo non si scorgeva nulla. «Sono disorientato» confessò Sepping. «Chi poteva essere la persona che mi ha telefonato? A quale scopo mi ha indotto a venire qua per forzare questo cassetto? Sarà bene che nessuno tocchi questi residui. Chissà che non possano fornirci qualche indizio.» Alla fine Jimmy domandò: «Rex teneva un diario?». «Non credo» rispose Lea. «Anzi sono sicura di no. Prendeva sempre in giro le persone che ne tengono uno.» Sepping si guardò attorno. In una parete, tra uno scaffale e l'altro, c'era incassata una grossa cassaforte con la serratura a combinazione. «Conoscete la parola della combinazione?» domandò alla ragazza. «No. Rex non mi teneva al corrente dei suoi affari. Forse l'ha depositata in banca.» «Ho visto oggi il direttore del Credito Nazionale» disse Jimmy. «Avrei potuto chiederglielo.» «Il Credito Nazionale non può fornire nessuna informazione» fece la ragazza. «Rex vi teneva solamente un piccolo conto. Il suo deposito maggiore era al Banco Londinese. Vorrei proprio pregarvi di interpellare i dirigenti. Ho pensato molto alle minacce che Rex aveva ricevuto e sono veramente preoccupata.» «Credete che la minaccia sia stata messa in esecuzione?» Lea annuì. A un tratto Jimmy osservò: «Se lo sconosciuto che mi ha telefonato era ansioso di salvare il contenuto di questo cassetto, perché non ha telefonato qui subito, a voi?». «Probabilmente perché il nostro telefono non funziona. Si è guastato questa sera.» «È guasto?» ripetè Jimmy, e si alzò. «Da che parte entra il cavo telefonico?» La ragazza indicò la finestra. Accanto all'orlo della cornice Sepping scorse il filo che entrava. Chiese che gli venisse fornita una torcia elettrica, proiettò il raggio verso la finestra dello studio e non tardò a trovare il punto in cui il filo era stato tagliato. Ritornò nello studio e scarabocchiò poche parole su un foglietto che consegnò al servitore, pregandolo di portarlo alla più vicina sezione di polizia.» «Ma perché il cavo è stato tagliato?» domandò Lea. «Non posso fare che un'ipotesi assai vaga. Evidentemente qualcuno aveva ottimi motivi per fare aprire subito il cassetto, mentre qualcun altro aveva motivi altrettanto forti per impedire che venisse aperto. Secondo me, l'uomo che mi ha telefonato, ha tentato prima di telefonare a voi e l'altro, prevedendo la mossa, ha tagliato il filo, senza pensare che l'avversario poteva mettersi in comunicazione con me.» Ritornò il domestico e, con sua gran sorpresa, Lea vide che era accompagnato da un agente in divisa. «Desidero lasciare questo agente in casa per questa notte» spiegò Jimmy. «Domani sistemerò le cose diversamente.» «Credete che vi sia qualche pericolo?» domandò Lea. «No, ma la prudenza non è mai troppa.» Appena tornato a casa, Jimmy provvide a far reclamo alla centrale telefonica. Alle sei del mattino ebbe la soddisfazione di ricevere una chiamata da casa Walton. Nessuna notizia di Rex. L'unico indizio su Wells era stato dato da un negoziante, che lo aveva visto in un taxi nelle vicinanze di Marble Arch, mezz'ora dopo che era uscito di casa. Jimmy consumò una colazione frugale e quando la sede del Banco Londinese si aprì, quella mattina, fu il primo ad entrarvi. Fu introdotto subito nell'ufficio del direttore. «Sono lieto di vedervi, signor Sepping» disse questi. Jimmy volle sapere subito se Rex Walton aveva una cassetta di sicurezza al Banco Londinese. «Sì, ma è vuota» rispose il direttore. «Il signor Walton ne ha tolto tutti i valori prima di scomparire.» «Ma Walton ha tuttora un conto presso il Banco Londinese, vero?» Il direttore scosse la testa e Jimmy spalancò gli occhi. «Il conto c'è» spiegò l'altro, «ma contiene sì e no duecento sterline. Per ordine del signor Walton tutti i titoli e le azioni sono stati realizzati e, eccetto queste duecento sterline, ha ritirato tutto il suo deposito. Per essere più preciso, vi dirò che il signor Walton, nella settimana che ha preceduto la sua scomparsa, ha ritirato da questa banca un milione di sterline, in valuta americana. Posso dirvi dove è stato effettuato il cambio della valuta…» Sepping lo interruppe: «Questo non m'interessa. Ditemi piuttosto in che modo ha ritirato il danaro dalla banca». Il direttore chiamò un impiegato e si fece portare il conto del signor Walton. Nel registro risultava che un milione di sterline era stato prelevato in tre riprese. Il totale ammontava a 4. 785. 000 dollari. «Oltre a ciò» spiegò il direttore, «il signor Walton ha ritirato 4. 000 sterline in banconote inglesi dicendo che dovevano servirgli per il viaggio di nozze. Gli ho fatto notare il pericolo che correva tenendo presso di sé una somma come quella, ma mi ha risposto bruscamente dicendo che aveva già riflettuto in proposito. Non mi restava che eseguire le sue disposizioni.» L'ispettore rifletté per qualche secondo, poi domandò: «Questa operazione non ha nulla a che fare con il patrimonio della signorina Walton, è vero? Non ha anche lei un conto presso il Banco Londinese?». Il direttore annuì. «Vi dirò, però, che il conto della signorina non è molto rilevante in confronto a quanto possiede il fratello. C'è una cosa che mi preoccupa: qualche mese fa la signorina Walton fece trasferire un pacco di azioni, per un'importante cifra, nel conto di suo fratello. Desiderava investire la somma diversamente. Ora io ritengo che il signor Walton abbia dimenticato che il milione che ha ritirato non è interamente di sua proprietà.» Più tardi Jimmy potè constatare che nella cassetta di sicurezza di Rex non c'era nulla di interessante. «Il danaro non si trova a casa del signor Walton?» domandò il direttore. «Avete fatto aprire la cassaforte?» «Ero venuto nella speranza di trovare qui la parola della combinazione» fece Jimmy, «ma troverò ugualmente il modo di fare aprire la cassaforte.» Sepping ritornò da Lea e le espose la situazione. La ragazza fu turbata dallo strano atteggiamento del fratello. Jimmy le spiegò che Rex, preoccupatissimo delle minacce di Kupie riguardo il suo patrimonio, forse aveva pensato che i suoi beni fossero più al sicuro nella cassaforte che non alla banca. L'unica soluzione sarebbe stata quella di rivolgersi ai fabbricanti della cassaforte. Ma una delusione li attendeva. Senza conoscere la parola della combinazione non si poteva far nulla. «L'unico uomo che avrebbe potuto fare al caso vostro» disse il direttore della fabbrica, «si è messo purtroppo ad aprire casseforti per conto proprio ed ora temo che sia ancora in carcere.» «Come si chiama quest'uomo?» domandò Sepping. «Knowles» rispose l'altro. «Credo che sia noto alla polizia sotto il nome di "Succhiello".» Il nome giungeva nuovo a Jimmy. 8 «Sì, conosco Succhiello» disse Bill Dicker quando fu consultato. «Era un capo operaio di una fabbrica di casseforti di Sheffield. Era uno dei migliori elementi della fabbrica, ma è finito male. Non ho mai capito che cosa lo abbia fuorviato: forse la paga era scarsa, e poi doveva esserci di mezzo una donna. Anzi, senza dubbio, poiché Succhiello non dice mai tre parole senza scagliare qualche invettiva contro il sesso femminile. È comparso in tribunale al principio di quest'anno e ha messo a rumore l'aula lanciando una sfida alle donne che sedevano tra i giurati. Comunque fu assolto, quella volta. Ti darò il suo indirizzo. Riuscirà ad aprire la cassaforte e vedrai che il denaro lo troverete lì dentro.» Dicker si allontanò un momento e ritornò con un foglietto in mano. «Ecco l'indirizzo di Succhiello. Abita nel quartiere di Lambeth, in Bolver Street n. 165.» Poco dopo l'ispettore Sepping suonava al campanello del n. 165 di Bolver Street. Gli venne ad aprire una donna grassa, con le maniche rimboccate, che lo guardò con diffidenza. «Il signor Knowles? Vado a vedere» disse la donna e gli chiuse la porta in faccia. Un momento dopo riapparve. «Salite pure. Primo piano, porta di fronte.» L'ispettore salì e bussò alla porta indicata. «Avanti» disse una voce. La camera era comodamente arredata e scrupolosamente pulita. Succhiello era un uomo piuttosto piccolo e mingherlino. Quando Sepping entrò era in maniche di camicia, intento a cuocersi delle salsicce. Jimmy osservò lo scassinatore, la sua capigliatura color rame, il volto affilato dall'espressione aspra e il naso lungo sul quale era fissato un paio di occhiali a pince-nez. «Accomodatevi e chiudete la porta» disse l'uomo bruscamente. «Poco fa ero alla finestra e vi ho visto arrivare. Naturalmente vi conoscevo. Che volete, quando si è noti alla polizia la miglior cosa è conoscere la faccia di tutti i funzionari. Avete forse intenzione di portarmi dentro?» Jimmy sorrise. «Questa non è una visita professionale, ma di affari. Avrei bisogno che tu mi aprissi una cassaforte.» «Aprire una cassaforte?» fece l'altro voltandosi di scatto. «E di chi è questa cassaforte?» Jimmy lo mise al corrente della situazione, e Succhiello lo ascoltò attentamente, dimenticando anche la padella sul fuoco. «Ho letto i particolari di questo caso oggi sui giornali e sono molto spiacente perché il signor Walton è stato molto buono con me» disse lo scassinatore. «Lo conoscevi?» domandò l'ispettore meravigliato e Succhiello annuì. «La sistemazione della cassaforte in casa Walton è stato l'ultimo lavoro onesto che ho fatto» disse sfrontatamente. «Lui sapeva tutta la mia storia, perché gliel'ho raccontata. Ah, le donne! Se avessi ascoltato i suoi consigli "lei" non mi avrebbe mai raggirato con le sue promesse ed io non sarei finito male» e sbuffò con aria sdegnata. Jimmy non stette a domandare chi fosse la misteriosa "lei" e in che modo l'avesse raggirato. Ebbe tuttavia la curiosità di sapere se l'uomo fosse sposato e alla sua domanda ricevette in risposta un NO! che sembrava un ruggito. «Sono stato in prigione» soggiunse poi Succhiello, «ma non sono caduto così in basso da sposarmi.» Poi cambiando improvvisamente tono disse: «Se volete che faccia questo lavoro, dovrete procurarmi gli arnesi. Non voglio darvi un'arma per la prossima volta che mi pescate.» Mezz'ora dopo lo scassinatore era inginocchiato davanti alla cassaforte con il viso nascosto da una maschera, per proteggersi dalla fiamma ossidrica. Lavorava scientificamente per forzare il pesante sportello. «Ci sono soltanto due uomini a Londra capaci di fare un lavoro come questo» disse Succhiello fermandosi un momento per asciugarsi il sudore e bere un bicchier d'acqua. «Non domandatemi chi è l'altro, signor Sepping, perché non ve lo direi.» «Voi siete nemico delle donne, signor Knowles?» domandò Lea sorridendo, e Succhiello fece una smorfia. «Sono state la mia rovina… o meglio, una donna è stata la mia rovina. Le donne possono prendere gli uomini per il naso e convincerli a fare le cose più assurde. Quella che mi ha rovinato era una cameriera… una ragazza di bellezza straordinaria… si chiamava Julie.» Succhiello interruppe la narrazione bruscamente e riprese il lavoro per un altro quarto d'ora. Poco dopo depose la lampada, si tolse la maschera e si strofinò il viso energicamente con un fazzoletto. «Non dico di essere stato un tipo ultrascrupoloso» riprese lo scassinatore come se non si fosse mai interrotto, «ma a onor del vero non mi era mai venuta l'idea di diventare un ladro. La mia ragazza dunque era cameriera in una casa signorile presso Sheffield… la casa di un re dell'acciaio… o qualcosa del genere. Una sera avevo appuntamento con Julie e lei mi fece entrare nella villa. Era molto agitata, perché, a quanto diceva, aveva perso la chiave della cassaforte. Il padrone l'aveva mandata a riporre dei libri nel forziere e lo sportello le si era chiuso perché era scattata la serratura automatica. La chiave era rimasta dunque nella cassaforte. La ragazza piangeva quasi, dicendo che il padrone era molto severo e l'avrebbe licenziata. Aprii la cassaforte, ma la chiave non c'era. Sul momento la cosa non mi parve strana; pensai soltanto che la ragazza si fosse confusa. Il giorno seguente Julie era scomparsa. Lo seppi per caso e anzi lessi sul giornale del furto avvenuto in casa del suo padrone. Mi ci volle del tempo prima di rendermi conto che la ragazza c'entrava per qualche cosa e che di conseguenza c'entravo anch'io.» «L'hai più rivista?» domandò Jimmy. «Mai» disse Succhiello ritornando al suo lavoro. «Ho poi saputo che apparteneva ad una banda molto conosciuta dalle parti di Sheffield.» Continuò a lavorare in silenzio per oltre un quarto d'ora. Poi infilò la mano guantata nel buco che aveva praticato nello sportello e manovrò un momento passando le dita tra le due pareti dello sportello stesso e finalmente la cassaforte fu aperta. Sepping esaminò subito l'interno del forziere. Era vuoto! Non credeva ai propri occhi. Non un libro, non un documento. Il giovane guardò Lea. «Non c'è niente qui» annunciò. «Se qualche cosa c'era qualcuno è arrivato prima di noi…» Succhiello lo interruppe. «Questa cassaforte non è stata manomessa» disse. «Che cosa credevate di trovare, signor Sepping?» «Un milione di sterline» rispose Jimmy lentamente, e l'altro lo guardò credendo che scherzasse. «Volete forse farmi credere che è stato rubato un milione di sterline?» domandò con aria incredula. Fu la ragazza a rispondergli a sua volta. «Temo che sia proprio così, signor Knowles.» «Ma chi può essere stato?» fece Succhiello corrugando la fronte. «Non c'è in tutta la città una banda capace di aprire una cassaforte come questa senza conoscere la combinazione. No, nessuno può avervi derubata, signorina… credete a me.» «Comunque il denaro è scomparso» fece Jimmy semplicemente. Succhiello mise la testa dentro la cassaforte e osservò con occhio esperto le pareti dipinte di verde chiaro. Quando ebbe finito il suo esame, improvvisamente disse: «Così, voi avete perso un milione, eh? Temo che passerà molto tempo prima che lo rivediate». Nonostante la delusione, Jimmy rise. 9 Dora Coleman chiuse il libro che stava leggendo. Si alzò dalla comoda poltrona. In quel momento Parker stava sprangando la porta di strada. Il signor Coleman aveva dovuto assentarsi da Londra e ne era partito a malincuore. Con un piede sul primo gradino della scala la ragazza si volse a guardare l'impassibile maggiordomo. «Ditemi, Parker, siete proprio sicuro che non sia accaduto nulla all'infuori di ciò che avete detto, il giorno in cui il signor Walton è scomparso?» «Sono sicurissimo, signorina. L'ho accompagnato nella sua camera. Il signore mi ha domandato poi qual era la vostra camera, signorina, e io gliel'ho indicata.» «Voi scendeste subito, non è vero?» «Ritornai nella sala da pranzo, e non vidi più il signor Walton.» «Vi fece delle domande?» Il domestico la guardò meravigliato. «No, signorina. Mi domandò soltanto dov'era la vostra camera. Io lo lasciai sulla soglia della sua stanza.» «Grazie, Parker, buona notte» disse Dora e salì in camera sua. Dora si sedette sulla sponda del letto a riflettere. Più rifletteva e più si sentiva disorientata. Perché Rex era sparito? Che cosa poteva essere successo? Non poteva essere scomparso volontariamente, sapendo di farla soffrire. Doveva esserci qualche grave motivo oppure… che cosa? Poteva essere che Parker… Dora rise dei propri dubbi. Il mite e innocuo Parker le sembrava superiore a ogni sospetto. Finalmente la ragazza cominciò a svestirsi e cinque minuti dopo era profondamente addormentata. La sua camera da letto guardava su Portland Place. Al primo piano della casa vi era un balcone che prendeva tutta la facciata. Prima di ritirarsi Dora aveva aperto la porta-finestra per guardare fuori. L'orologio di una chiesa vicina aveva battuto la mezzanotte. La piazza era tutt'altro che deserta, dato che c'era un gran ballo in un palazzo di fronte e lungo i marciapiedi le automobili sostavano numerose. Quando Dora si svegliò la piazza era immersa nel silenzio. Non era certo un rumore proveniente dall'esterno che l'aveva svegliata. Guardò l'orologio luminoso: mancavano pochi minuti alle tre. Non era neppure il mormorio della pioggia che cadeva fitta. Si sedette sul letto e in quel momento fu abbagliata dal chiarore di un lampo. Indossò la vestaglia e si alzò per chiudere la finestra. Un secondo lampo illuminò il balcone e la ragazza si ritrasse con un grido di paura. Aveva scorto un'ombra scura rannicchiata contro il parapetto: si trattava di un uomo con un impermeabile di gomma lucida. Riprendendosi, con uno sforzo chiuse la finestra. Un momento dopo saliva le scale, diretta alle stanze della servitù, per chiamare il domestico. Parker apparve col soprabito addosso. «Parker… c'è un uomo sul balcone della mia camera! Un ladro!» Il vecchio domestico rientrò nella propria stanza e ricomparve subito con la rivoltella. Scese seguito dalla ragazza. Non appena accesa la luce, Dora vide che la seconda finestra era aperta e si ricordò che, atterrita com'era, ne aveva chiusa una, dimenticando addirittura l'esistenza dell'altra. «Non c'è nessuno sul balcone, signorina» annunciò Parker rientrando. In quel momento abbassò gli occhi e scorse un'impronta bagnata sul pavimento lucido, accanto alla finestra che era rimasta aperta. «Guardate quest'orma, signorina» disse. La ragazza si chinò a guardare. «Un uomo è entrato qua dentro!» disse e guardò più attentamente il pavimento. Scoprì così cinque impronte che terminavano presso la porta. Dora si chinò a toccarne una. Era ancora bagnata. «Dev'essere entrato mentre io salivo a chiamarvi, Parker» disse la ragazza a voce bassa e si accorse che la mano con cui il domestico teneva la rivoltella, tremava. «Allora deve trovarsi ancora nella casa, signorina.» «Chiamate Bennett»' disse la ragazza con gran sollievo del vecchio, ricordandosi che l'autista dormiva in una stanza sopra il garage. Non era necessario andare a chiamare Bennet, perché la casa era collegata al garage per mezzo di un telefono interno. L'autista giunse dopo pochi minuti. La porta della biblioteca a pianterreno era aperta, ma la stanza era vuota. Dalla biblioteca un breve corridoio conduceva al vestibolo di servizio; evidentemente l'intruso era passato da quella parte. Vi si scorgevano delle gocce d'acqua sul pavimento e qua e là il muro recava tracce di umidità, come se l'uomo vi si fosse appoggiato. Le tracce continuavano nell'anticamera di servizio. In quel momento si udì il rumore della porta di strada che veniva chiusa violentemente. L'autista si precipitò nel vestibolo principale, riaperse la porta e corse fuori. Non c'era nessuno nella via, ma poco distante si scorgeva un'automobile che si avviava. L'autista rientrò in casa. «Mi è sfuggito, signorina» disse. «Saliva in automobile mentre io uscivo dalla porta. Ma dove l'avete visto, signorina?» Dora gli spiegò quanto era avvenuto. «Devo chiamare un agente, signorina?» domandò Parker, ma Dora scosse la testa. «Non vale la pena. Prima di tutto voglio consultare mio padre. Si è già fatta fin troppa pubblicità sul conto del signor Coleman e… sul mio.» La ragazza compì una piccola ispezione, ma non notò che mancasse qualcosa. Dora e i due domestici si trovavano nel vestibolo quando Parker si lasciò sfuggire un'esclamazione. Sulla tavola, presso la porta di strada, c'era qualcosa che non avevano visto prima… una grossa rivoltella a canna lunga. «Deve averla posata mentre toglieva i catenacci alla porta» osservò Bennett pensosamente. Dora esaminò l'arma e domandò: «È carica?». Bennett gliela tolse di mano e fece scorrere la canna. «Sì. C'è un proiettile nella canna.» «Sarà bene che mi metta in comunicazione col signor Sepping» disse Dora. «Volete cercare il suo numero, Parker?» Jimmy dormiva profondamente quando il campanello del telefono suonò. Riconobbe subito la voce di Dora. «Sentite, Jimmy, c'è stato un ladro in casa mia, ma non voglio avvertire la polizia, per ora. Potreste venire da me?» «Sarò da voi tra dieci minuti» disse Jimmy da buon ottimista. Passò oltre mezz'ora prima che l'ispettore arrivasse a casa Coleman. In poche parole la ragazza gli raccontò gli avvenimenti della notte e il giovane ascoltò in silenzio. Stava esaminando la pistola e, ad un tratto, vide qualche cosa che era sfuggita a Bennett. Era un nome inciso nell'acciaio della canna, appena visibile. «Perdiana» esclamò. «Guardate qui! Un nome!» E indicò il punto. Allora anche Dora potè leggere, incisa in lettere irregolari, la parola "Rupie". 10 Il sole era già alto nel cielo, quando l'ispettore ritornò nel suo appartamento. Il domestico stava preparando il caffè e il giovane percepì il piacevole aroma appena entrato. Mentre glielo versava disse: «Mi sembra una storia abbastanza strana questa della scomparsa del signor Walton». «Perché ti pare una faccenda strana, Albert?» «Vi ricordate, ispettore, quando il signor Walton partì l'anno scorso?» «Sì, mi ricordo… vuoi dire quando partì per la villeggiatura?» fece Jimmy. «Precisamente. Una volta voi diceste di aver bisogno di comunicare col signor Walton e vi rammaricaste che non avesse lasciato l'indirizzo.» Jimmy annuì. «Hai ragione. Rimase assente per tre mesi senza dare notizie di sé. Non mi sembra però che questo fatto possa aver attinenza con la sua scomparsa.» «Sì e no» rispose Albert rispettosamente. «Il fatto è che io lo vidi, durante la mia vacanza.» «Che diavolo! Non me l'avevi mai detto» esclamò Sepping meravigliato. Albert parve un po' a disagio e rispose arrossendo: «Ho taciuto per un senso di discrezione. Mi trovavo nel Gloucestershire l'otto agosto; ricordo la data con esattezza perché era il giorno del matrimonio di mio fratello e come ricorderete avevo tre giorni di vacanza». L'ispettore annuì. «Dopo aver salutato mio fratello, me ne andavo verso il paese di Spurley e stavo attraversando il ponte su un fiumicello che passa da quelle parti, quando scorsi seduto sulla riva un uomo dall'aspetto miserabile. Vi era qualche cosa in lui che mi parve familiare. Non credo che facesse caso al rumore dei miei passi, poiché non alzò neppure gli occhi. Io pensai "conosco quell'uomo", ma per quanto mi scervellassi non riuscivo a ricordare. Soltanto quando fui alle porte di Spurley compresi che era il signor Walton.» «Il signor Walton!» fece Jimmy incredulo. «Ne sei certo?» «Ero tanto certo» rispose Albert energicamente, «che ritornai sui miei passi per salutarlo. Ma quando tornai nel luogo dove l'avevo veduto, era scomparso. Entrai nel villaggio vicino, ma nessuno aveva visto un uomo che rispondesse ai connotati da me forniti. Lo strano e che in quella zona non ci sono altre strade.» «Forse si era allontanato camminando sulla riva del fiume.» «Non ci sono rive sulle quali si possa camminare da quelle parti» ribatté Albert. «Si sarebbe detto che fosse svanito. Domandai a un uomo che aveva una barca ormeggiata poco più a monte del fiume e questi mi disse di aver veduto la persona che mi interessava e aggiunse che, quando il signor Walton si era accorto che egli lo osservava, si era allontanato.» «Che cosa faceva il signor Walton sulla riva?» «Aveva tre pietre nelle mani e le faceva saltare in aria come fanno i giocolieri con le palle.» Sepping si lasciò sfuggire un'esclamazione. Sapeva che quello era '1 passatempo favorito di Rex. Albert non poteva conoscere quel particolare, ma per Jimmy costituiva la prova che il domestico non si era sbagliato. «Albert, domani partirai per Spurley e andrai a compiere delle indagini nei dintorni. Potrebbe anche darsi che il signor Walton avesse una villetta da quelle parti.» «L'avevo pensato anch'io…» Ma Jimmy tagliò corto. «Prendi Spurley come centro delle tue operazioni. Per le indagini ti autorizzo a spendere tutto quanto occorre. Se trovassi anche la più vaga traccia del signor Walton, telefonami. Potrai partire col treno delle otto.» Quella mattina stessa il signor Coleman si recò all'ufficio di Jimmy. «Ah, se fossi stato a casa!» esclamò non appena fu entrato. «Quel delinquente avrebbe avuto a che fare con me.» Per più di un quarto d'ora il signor Coleman si dilungò a far presente a Jimmy quanto gli spiacesse tutta la pubblicità che era stata fatta dai giornali su sua figlia e su di lui e quanto fosse nocivo e inopportuno che la sua vita privata fosse di pubblico dominio. Il signor Coleman stava già per avviarsi alla porta, quando si voltò domandando: «Nessuna notizia di Walton, naturalmente». «Perché dite "naturalmente", signor Coleman? Non prevedete di veder ricomparire Rex da un momento all'altro?» Coleman scosse la testa energicamente. «Proprio no» rispose. «Io sono convinto che Walton è impazzito e che un giorno o l'altro verremo a sapere che ha fatto una brutta fine.» «Mio Dio!» ribatté il giovane. «Voi pensate davvero così, signor Coleman? Rex è stato sempre sano di mente e di corpo e se davvero lo dovessimo trovare morto, vorrebbe dire che è stato vittima di un assassinio.» «Spero che abbiate ragione» rispose Coleman. «Tutta questa storia, è terribile. La mia povera figliola ne è tutta sconvolta.» Il signor Coleman uscì col portamento solenne e dignitoso che gli era caratteristico e si allontanò con tanta calma che Jimmy, uscendo qualche minuto dopo da Scotland Yard, lo raggiunse sul lungo Tamigi e rimase alquanto imbarazzato. Pure, il signor Coleman non sembrava sconcertato, quando si avviò al fianco dell'investigatore e riprese il filo del discorso dove l'aveva interrotto. «Mi procurerò un revolver, preferibilmente di fabbricazione europea. Non mi fido di quelli americani.» Jimmy si dilungò a spiegare pazientemente il funzionamento e la struttura di una pistola automatica, ma il signor Coleman non si lasciò convincere. Di fronte al Ministero delle Finanze si fermò sui due piedi. «Dobbiamo lasciarci qua» disse. «Non sarebbe bene, data la posizione che occupo, che mi vedessero in compagnia di un… di un funzionario di polizia.» All'angolo di Trafalgar Square e Whitehall, l'attenzione di Jimmy fu attratta da un titolo di giornale scritto in lettere cubitali: IL MILIONE SCOMPARSO Si lasciò sfuggire un'imprecazione. Tutte le precauzioni che aveva preso perché la notizia non si diffondesse erano state vane. Comprò una copia del giornale e si mise a leggerlo in mezzo alla strada. Certo qualcuno aveva parlato. Jimmy lesse attentamente l'articolo e, man mano che proseguiva nella lettura, il suo malcontento si accentuava. L'individuo che aveva informato la stampa sembrava al corrente degli avvenimenti quanto lui stesso. Era impossibile che fosse stata Lea. Dal primo telefono pubblico che incontrò telefonò alla ragazza. «Avete letto i giornali del pomeriggio?» le domandò. «Sì. Ne ho comperato uno proprio ora» rispose la voce ansiosa di Lea. «Vi assicuro, Jimmy, che non ho dato alcuna informazione a quel giornalista. Sapeva già tutto prima di venire da me. Quando mi ha chiesto di confermare le notizie non ho potuto fare a meno di assentire.» «È venuto un giornalista da voi?» chiese Jimmy stupito. «A che ora?» «Alle sette» rispose la ragazza. «Aveva già annotato in precedenza le notizie su un foglietto.» «È una cosa inaudita» disse Jimmy. «Credevo… che foste stato voi a informare la stampa.» Sepping, salutata Lea, prese un taxi e si fece portare agli uffici di redazione del "Megaphone" dove venne immediatamente ricevuto dal direttore. «La notizia ci è stata portata ieri notte» disse questi. «È stata recapitata a mano. Posso mostrarvi il testo originale.» Pochi minuti dopo Jimmy era intento a leggere quanto aveva scritto l'ignoto informatore. Per Jimmy il documento fu identificabile a prima vista, come se avesse portato l'indirizzo e la firma dello scrivente. «Kupie» disse subito, «conosco la calligrafia e la carta.» «Questa mattina il redattore capo, lette le informazioni» disse il direttore, «ha mandato un reporter, perché se le facesse confermare. Naturalmente non avremmo pubblicato nemmeno una riga se la signorina Walton non ci avesse detto che le notizie erano esatte. Kupie, eh?» Prese il foglio dalle mani dell'ispettore e lo osservò con curiosità. «Credevo che Kupie fosse morto da parecchi mesi…» Ma Jimmy non era disposto a discutere su questo argomento e se ne andò portando con sé il testo delle informazioni di Kupie. A che scopo Kupie poteva aver fatto questo? Se Kupie era responsabile della scomparsa di Walton e del suo patrimonio, aveva tutto l'interesse di mantenere il silenzio. Bill Dicker aveva la propria opinione in proposito: «Sta cercando di collegare la scomparsa di Rex col furto» disse. «Il suo scopo è di far credere che sia stato Rex Walton stesso a portare via il proprio danaro. Se la sottrazione del danaro è dovuta a lui, sono convinto che la scomparsa di Walton fu una sorpresa per lui come per noi.» Lesse il foglio per la seconda volta. «È proprio così» soggiunse. «Hai osservato che ogni volta che parla di Walton menziona anche il danaro? E quando accenna al milione scomparso cerca di collegare un mistero con l'altro? Che cosa ne pensi della calligrafia, Jimmy?» Jimmy pensava che chi aveva scritto doveva essere un uomo di una certa età, che non avesse l'abitudine di scrivere molto. Jimmy rimase per un'ora nel proprio ufficio. Era profondamente scoraggiato, quando gli fu portata una lettera. Era di Dora ed era stata recapitata a mano. Diceva: Caro Jimmy, potrei vedervi questa sera? Papà sarà fuori e io desidero poter parlare con voi di Rex, tranquillamente senza interruzioni. Se i vostri doveri professionali ve lo permettono, volete dedicarmi un'ora? Jimmy depose la lettera. Povera Dora! Che fosse lei e non Rex l'oggetto delle insidie di Kupie? Mentre stava meditando, Bill Dicker entrò aspirando furiosamente enormi boccate dalla sua pipa e chiuse la porta dietro di sé. «Devo fare un'incursione al numero 973 di Jemons Street, questa sera» disse. «Tengono un banco di faraone, laggiù, e ho l'idea che vi sia annesso uno spaccio di stupefacenti. Credo che Casey, il proprietario del locale, sia un uomo di paglia.» ' Jimmy lo guardò sorpreso e Bill Dicker proseguì: «Quella gente deve aver trovato il modo di corrompere qualche funzionario della sezione di polizia, in questi ultimi tempi, e le nostre precedenti irruzioni non hanno portato a nulla. Abbiamo avuto informazioni da una spia di fiducia e porremo fine alla loro attività questa sera. Vorresti assumerti l'incarico delle operazioni?» Jimmy scosse la testa. «Credo di avere abbastanza da fare per un mese circa» disse e Bill Dicker approvò. Sedette sull'orlo della scrivania fumando, con la faccia rabbuiata. «E dietro alle case da gioco c'è Kupie» disse improvvisamente. «Perché dici questo?» «Risali alle origini di tutti i delitti di Kupie» rispose Bill Dicker. «Troverai in ognuno di questi, eccettuato nel caso di Rex Walton, un filo che conduce a una casa da gioco. Ho constatato questo in una dozzina di casi.» Prese dalla tavola la busta della lettera di Dora e la guardò distrattamente. «L'uomo che ha portato questa lettera non è un ladro di professione» disse indicando un angolo sul quale si scorgeva la leggera impronta di un pollice. Jimmy sorrise maliziosamente. «Non sono mai stato un entusiasta del sistema delle impronte digitali» osservò. «Non è probante. Come può esserlo fino a che non abbiamo le impronte di tutta la popolazione? Può darsi benissimo che questa sia l'impronta digitale di un individuo perfettamente innocente e abbia un duplicato a Scotland Yard.» «C'è un milione di probabilità contro una che non l'abbia» ribatté Dicker. Scese dalla scrivania e andò ad aprire la porta dell'ufficio attiguo. «Portate questa all'ispettore Baring e pregatelo di identificarla» disse all'agente di servizio, consegnandogli la busta con l'impronta. «Naturalmente non vi riuscirà» disse Jimmy sdegnosamente. «Quell'impronta appartiene ai quaranta milioni non identificabili.» Stavano parlando della progettata irruzione nella casa da gioco, quando l'agente tornò con un foglietto in mano. A quella vista' Bill Dicker alzò le sopracciglia. «Un incartamento dell'archivio?» chiese incredulo. «Sì, ispettore» disse l'agente. «L'ispettore Baring dice che l'impronta è di Joseph Felman.» Dicker strappò quasi il foglietto di mano all'uomo e Jimmy, che l'osservava, vide che il collega rimaneva a bocca aperta. «Felman è stato condannato tre volte per ricatto» disse Dicker piano. «Età 56 anni; tre anni di lavori forzati, due condanne minori e… ascolta questo, Jimmy: "Felman si presenta di solito come cameriere o come valletto o come maggiordomo. In tal modo riesce a entrare in casa di persone dell'alta società dove può raccogliere materiale per compiere ricatti".» Jimmy prese il telefono e chiamò il sergente di servizio nel vestibolo. «Sergente, vi è stata recapitata una lettera per me mezz'ora fa. È stata portata a mano; chi l'ha portata?» «Un uomo anziano, ispettore» fu la risposta. «Ha affermato di essere il maggiordomo della signorina Coleman. Si chiama Parker.» 11 I due uomini si guardarono in faccia in silenzio. Parker! L'uomo che aveva condotto Rex Walton in camera sua. Il solenne e devoto domestico dei Coleman, l'ultimo uomo al mondo sul quale Jimmy Sepping si sarebbe sognato di concepire dei sospetti. Gli stessi pensieri attraversarono la mente di Bill Dicker. «Va' adagio» disse. «Cerca di non spaventare la selvaggina, o non avrai mai più un'occasione simile di trovare Kupie.» «Credi che Kupie sia lui?» «Se non lo è, lo deve conoscere. Di questo sono sicuro» disse Dicker. «Ma ti ripeto, va' adagio. Se interroghi Coleman…» Jimmy scosse la testa. «Non ho intenzione di interrogare Coleman, perché è un tipo d'idiota presuntuoso che non saprebbe trattenersi dal mostrare di essere a conoscenza del segreto di Parker.» Nondimeno vi erano alcune indagini preliminari che potevano essere svolte senza allarmare il futuro accusato. Quel pomeriggio una donna di mezza età suonò alla porta di servizio dell'abitazione dei Coleman. Era una merciaia ambulante e fu introdotta in cucina. Quando poi la donna rivelò di essere anche una chiromante, il suo soggiorno in cucina si prolungò fino a quando Parker, entrato improvvisamente, la trovò intenta a leggere la mano della cameriera e la mise fuori senza complimenti. La merciaia si recò all'appartamento di Jimmy. Era un'investigatrice, che lavorava per la polizia da molti anni. «Parker è a servizio dai Coleman, da due o tre anni» disse la donna. «Ha vacanza il giovedì e il sabato sera, e ha danaro in abbondanza. La governante ritiene che egli sia un giocatore di professione, perché l'ha trovato una volta che stava maneggiando un mazzo di carte in camera sua.» «Ha parenti?» «No, da quanto ho potuto sapere. La servitù sa poco di lui. Tiene sempre la sua camera chiusa a chiave.» Alle sette e mezzo Jimmy suonò il campanello di casa Coleman e Parker gli aprì. Il giovane osservò l'individuo con interesse nuovo. «La signorina Coleman è fuori» disse il maggiordomo. «Fuori?» ripetè Jimmy stupito. «Ma io ho un appuntamento con lei.» «Davvero, signore?» La domanda fu fatta con tono neutro e deferente. «Credo che non tarderà a tornare. Mi ha detto che se veniva qualcuno, lo trattenessi fino al suo ritorno. Avete visto i giornali della sera, signore?» «Sì, li ho visti, Parker» disse Jimmy con tono noncurante. «È una cosa terribile che siano state scritte tante cose intorno al signor Walton.» «Naturalmente» disse Jimmy in tono asciutto. «Qual è la vostra teoria, Parker? Credete che egli se ne sia andato di sua volontà?» Parker annuì. «È impossibile che se ne sia andato in qualsiasi altro modo, signore. Se il signor Walton fosse stato assalito, io avrei dovuto sentire qualche cosa, o per lo meno avrebbero dovuto sentirlo i domestici che erano nel vestibolo.» «Forse Kupie lo sentì» disse Jimmy con gli occhi fissi sul cameriere. «Intendete dire il ricattatore?» chiese l'imperturbabile Parker. «Sembra una di quelle storie che si trovano nei libri. Avete pranzato, signore?» Jimmy annuì e l'uomo con un deferente inchino se ne andò. Con la schiena volta verso il camino stava almanaccando sull'inchiesta che doveva svolgere su Parker, quando questi entrò con un vassoio d'argento che depose sulla tavola. «Mi sono preso la libertà di portarvi del caffè» disse. «Volete zucchero e panna, signore?» «No, grazie. Lo preferisco nero» disse Jimmy. Il domestico gli versò il caffè. Jimmy prese la tazzina che Parker gli porgeva e guardò l'uomo con aria assente. «Che cosa fate di bello, Parker, quando siete libero?» chiese in tono scherzoso. «Sono così poche le cose che può fare un uomo della mia età, signore! Vado a qualche concerto, sono appassionato di musica classica. D'estate impiego le mie ore di libertà a passeggiare nel parco.» Jimmy sorseggiava il caffè, ascoltando le confidenze del domestico. «Mi piace leggere qualche bel libro: di preferenza libri di viaggi» proseguì Parker. «Il cinema non mi attrae. In genere ho una preferenza per le commedie leggere.» Prese la tazza dalle mani di Jimmy e la depose sul vassoio. Jimmy lo ascoltava senza afferrare il senso delle parole; dopo poco si accorse che stava addormentandosi e tentò di aprire gli occhi, ma ogni sforzo fu inutile perché le palpebre gli si abbassarono di nuovo. Era una cosa ridicola, addormentarsi nel salotto di Dora, ma la voce di Parker era così blanda e monotona. E prima che potesse rendersi conto di quanto gli stava accadendo, la sua testa si rovesciò sullo schienale imbottito della poltrona e lui cadde in un sonno profondo. 12 La prima sensazione cosciente che scosse Jimmy Sepping fu quella di un replicato bussare. Stava sognando di essere a Scotland Yard e di esaminare con Dicker delle impronte digitali. Poi udì una voce che diceva: «Chi è là dentro?» La testa gli faceva male e si sentiva la bocca secca e impastata. Con un supremo sforzo di volontà si alzò a sedere gemendo e, alla luce violenta di una lampada appesa al soffitto, vide che si trovava in una stanzetta e giaceva steso su una branda di ferro. Dov'era? Si prese il viso tra le mani e cercò di raccogliere le idee, mentre fuori dalla porta continuavano a bussare. «Chi c'è qua?» ripetè la voce. Jimmy si avvicinò barcollando alla porta e tentò di aprirla, ma era chiusa a chiave. «Aprite questa porta?» disse la voce di fuori e Jimmy, sbalordito, riconobbe la voce di Bill Dicker. «Non c'è la chiave» disse. «Sei tu, Dicker?» Vi fu una pausa. «Chi siete?» «Sepping. Fa' forzare la serratura.» Con uno schianto la porta si aprì. Bill Dicker era fermo sulla soglia» e dietro di lui c'erano due uomini che Jimmy riconobbe per adenti di Scotland Yard. Gli occhi di Dicker avevano uno sguardo che Jimmy non aveva mai visto prima. «Cosa diavolo stai facendo qua, Sepping?» «Non lo so. Dove sono, per cominciare?» «Sei nella bisca di Casey.» Jimmy sedette sul letto. «O sono pazzo io o sei pazzo tu» disse. «Dove sono i tuoi vestiti?» chiese Dicker. E Jimmy si accorse di aver indosso soltanto le calze e i pantaloni. La giacca era gettata su una sedia e le scarpe giacevano accanto al letto. «Portate su Casey» disse Dicker brevemente. Uno degli agenti tornò poco dopo con un uomo in abito da sera. «Che cosa fa qua questo signore?» chiese Dicker bruscamente. «Che cosa fa? Abita qua» disse Casey con voce stentorea. «Mi spiace di buttarvi a mare» disse rivolto a Jimmy, «ma sono anch'io in cattive acque..» «Vorresti insinuare che il signor Sepping era al corrente dell'esistenza della bisca?» chiese Dicker tranquillamente. «Ho detto questo?» disse l'altro sogghignando. «Da anni sto pagando dei ricattatori e il signor Sepping ha avuto la sua parte di guadagno…». Senza una parola di protesta Jimmy si avvicinò al lavabo e tuffò la testa nell'acqua fredda; questo fece sì che se la sentisse meno pesante e riuscisse ad avere le idee un po' più chiare. «Ripeti quanto hai detto?» «A che serve?» fece Casey con voce untuosa. «Ci hanno pescati. Io prenderò sei mesi, voi perderete il posto.» E rivolgendosi a Dicker: «Dormiva qui due volte alla settimana e posso provarvelo con una mezza dozzina di testimoni.» «Conducetelo giù» disse tranquillamente Dicker, ed entrando nella stanza chiuse la porta dietro di sé. «Ora vuoi dirmi com'è la storia, Jimmy?» disse in tono amichevole. Jimmy scosse la testa. «Tutto quello che mi ricordo è di aver preso una tazza di caffè offertomi da Parker stasera, o ieri sera, o l'altro ieri sera… Dio sa quando… e di essermi trovato qua.» Raccontò brevemente quanto era accaduto a Portland Place. «Ti credo» disse Dicker quando ebbe finito. «Si tratta evidentemente di un complotto per rovinarti. Vestiti, ce ne andremo a Portland Place, per parlare un po' col signor Parker. A che ora hai Preso il narcotico? Perché naturalmente sei stato narcotizzato.» Jimmy rifletté. «Dovevano essere circa le otto.» «Ora sono le due e mezzo» disse l'ispettore guardando l'orologio. «Jimmy, Kupie voleva che tu non ti interessassi più dell'inchiesta. Naturalmente, Parker è Kupie.» Quando raggiunsero Portland Place, la casa era immersa nel buio e, benché essi suonassero ripetutamente il campanello, nessuno venne ad aprire. Provarono a telefonare da un albergo di fronte e rispose loro la voce del signor Coleman. Poco dopo i due uomini erano introdotti in casa. Il signor Coleman sembrava molto seccato: «Entrate, entrate. Cosa diavolo volete? Mi sembra un po' troppo farmi alzare dal letto a quest'ora…» S'interruppe ad un tratto. «È accaduto qualcosa a Parker?» chiese. «Perché mi fate questa domanda?» disse Dicker. «Era fuori quando sono tornato a casa, e non è rientrato. Naturalmente domani mattina lo licenzierò.» «Non è accaduto nulla a Parker, per ora» disse Bill. «Volete mostrarmi la sua stanza?» «Perché volete vedere la camera di Parker?» chiese il signor Coleman. «Non è in camera sua, ci sono già stato io.» «Signor Coleman, ho buoni motivi per credere che Parker sia un ex-galeotto, un ricattatore di nome Felman» disse Bill tranquillamente. Il signor Coleman rimase a bocca aperta. «Un ex-galeotto?» ripetè come se non potesse credere alle proprie orecchie. «Si è presentato da me con un eccellente benservito di Lord Lagenhame.» «Volete permetterci di vedere la sua camera?» lo interruppe Dicker. Il padrone di casa li condusse all'ultimo piano. Quando furono a metà della seconda scala una voce disse: «È successo qualcosa, papà?» «Nulla di male» disse Jimmy prevedendo la risposta dell'indignato signor Coleman. «Oh, siete voi, Jimmy? È successo qualche cosa a Parker?» «No, nulla» disse Jimmy e subito dopo sentì la porta che si richiudeva leggermente. Parker aveva una stanza all'ultimo piano. Era piccola, ma abbastanza ben ammobiliata; il letto era intatto. I due funzionari non trovarono assolutamente alcun indizio che potesse illuminarli sulle abitudini dell'uomo. Quando furono tornati in salotto, il signor Coleman raccontò loro tutto quanto sapeva. Raccontò che quella sera sua figlia e lui si erano recati a teatro e come al solito si dilungò sul racconto della serata. Jimmy lo interruppe. «Vorrei vedere Dora. Volete pregarla di scendere?» Il suo desiderio era stato prevenuto, perché, mentre il signor Coleman si stava avviando verso la porta, questa si aprì e la ragazza entrò. «È successo qualcosa di male?» domandò rivolgendosi a Jimmy. Fu il signor Coleman a risponderle: «Parker è un delinquente! È un ricattatore, a quanto dicono questi signori. È un lupo in veste di agnello, mia cara! Quell'uomo mi ha ingannato!» Jimmy intervenne e raccontò a Dora come avesse ricevuto una sua lettera, con la quale era stato pregato di venire a trovarla. «Io non vi ho scritto.» «Voi non mi avete scritto? Avrei giurato che la calligrafia fosse la vostra. Ma credo di aver qua la lettera.» Si frugò in tasca e trovò il foglio che porse alla ragazza. Dora vi gettò un'occhiata e disse: «Sì, è scritta da me, ma la scrissi una settimana fa e precisamente il giorno prima della scomparsa di Rex. Volevo parlarvi di lui, ma poi cambiai idea. Credevo di aver stracciato il foglio, ma evidentemente lo devo aver gettato nel cestino della carta. Probabilmente avevo già scritto anche la busta. Ho l'abitudine di scrivere prima la busta della lettera e Parker deve aver trovato anche quella.» «Eppure non riesco a capire» osservò Dicker perplesso. «Parker dovrebbe aver pensato che se io avessi accettato la versione di Sepping egli si sarebbe trovato a mal partito. Si direbbe quasi il gesto disperato di un uomo che sappia di essere alle ultime cartucce. Ma come poteva sapere di essere alle ultime cartucce? Potete mostrarmi un campione della sua calligrafia?» «Credo di avere una lista scritta da Parker» disse Dora. Si avvicinò ad una piccola scrivania situata in un angolo e aprì un cassetto traendone un quaderno. «Questo è scritto da lui. Teneva una lista degli oggetti che venivano rotti e che la servitù doveva pagare. Mio padre esige che i piatti e gli altri oggetti rotti, vengano rimborsati.» Un'occhiata al quaderno bastò perché Jimmy si sincerasse di quanto sospettava. L'ispettore lo porse a Dicker e questi grugnì soddisfatto. «È la calligrafia del nostro caro Kupie» disse. «Non c'è più alcun dubbio, Sepping.» Non si trattennero a Portland Place un minuto di più. Jimmy insieme al suo superiore impiegò il resto della notte a sguinzagliare agenti e a stabilire sbarramenti di polizia su tutte le strade che conducevano fuori città. Alle sei tornò a casa esausto. Aprì i vetri della finestra ed aveva appena afferrata la corda della persiana scorrevole, per abbassarla, quando vide un uomo che camminava lentamente sul marciapiede opposto. Aveva un leggero soprabito abbottonato fino al mento e un cappello di feltro calato fin sugli occhi. Non c'era nulla che differenziasse quell'uomo dagli altri passanti, ad eccezione della sua aria sfaccendata. Qualche cosa nella sua andatura gli sembrò familiare. Jimmy prese il suo binocolo; – quando lo avvicinò agli occhi il passante alzò la testa e guardò in su. «Dio buono!» disse ansimando l'investigatore. Il vagabondo era Rex Walton. 13 Sporgendosi dalla finestra, Jimmy lanciò un grido di richiamo, ma l'altro non lo sentì o non volle sentirlo. Rapidamente Jimmy si infilò un soprabito e si precipitò giù per le scale. Ma quando uscì sulla strada, l'individuo era scomparso. Il desiderio e il bisogno di riposo erano scomparsi totalmente in Jimmy; risalì velocemente le scale, corse in bagno, si lavò e si vestì e, quando Lea Walton lo vide un'ora dopo, c'era ben poco nella voce di lui che potesse indicare che non dormiva da ventiquattro ore. «Rex è stato qui?» fu la prima domanda che fece. «No» disse la ragazza impetuosamente. «È stato trovato?» «L'ho visto io. Sono disposto a giurare che era lui… Non poteva essere che lui. Se fossi stato vestito sarei riuscito ad acchiapparlo.» E le raccontò della stupefacente apparizione che aveva colpito i suoi occhi stanchi, quella mattina. «Grazie a Dio, è vivo!» disse la ragazza. «Non mi importa di sapere come siano andate le cose; è vivo e questo è l'essenziale! Rex è tutto per me… per quanto questo possa sembrare esagerato a un vecchio e incallito funzionario di polizia, ma…» «Vecchio, ma non incallito» disse Jimmy arrossendo al ricordo delle violette della Torre. Sepping mise una mano sulla spalla di lei, con un gesto che gli era abituale un tempo. Ora, invece, ebbe l'impressione di essere goffo e ritrasse la mano. Lea sentì quel movimento, e si voltò rapidamente a guardarlo. «Jimmy, vi intimorisco ora?» chiese in tono di sfida. «Sì» ammise lui. «No, vi prego. Non trattatemi come una signorina altrimenti mi do delle arie. Grazie al cielo Rex è salvo.» Abitualmente Jimmy non discuteva di affari professionali con nessuno, ma quel giorno si sentiva comunicativo e raccontò alla ragazza quanto gli era successo. Alla fine le domandò: «Lea, non avete più avuto guasti al telefono?» «No… no…» disse la ragazza con esitazione. «Non precisamente. Ho avuto una strana impressione. Non volevo parlarne perché probabilmente si tratta di cosa senza importanza.» «Che cosa è accaduto al telefono?» insistette Jimmy. «Si tratta di una piccolezza. Due o tre volte, ieri, quando chiamavo un numero, avevo la sensazione che qualcuno stesse ad ascoltare. Appena staccavo il ricevitore e formavo il numero, sentivo un'interferenza sulla linea. Una volta, mentre stavo cercando di parlare con voi, sentii una voce che diceva: "Silenzio, sta parlando". Non era che un mormorio, ma il mio ricevitore è straordinariamente sensibile. Che cosa ne dite?» «Naturalmente qualcuno stava ascoltando» disse Jimmy «È una cosa che si può verificare. Avete fatto bene a parlarmene.» «Questa storia, e quell'uomo là fuori, che era probabilmente un fenomeno di suggestione, mi avevano resa abbastanza nervosa ieri. E perciò ieri sera vi ho telefonato, ma poi sono stata contenta che non foste in casa.» Jimmy la guardò fissamente. «Ragazza mia» disse in tono di rimprovero, «siete piena di misteri. Che cosa intendente dire con "quell'uomo là fuori"?» «Da qualche giorno c'è un uomo che continua a bighellonare su e giù per la strada, sempre nei pressi della casa. Ieri sera ce n'era un altro. Il primo aveva il cappello duro, il secondo un feltro floscio. C'era ancora quando ho guardato fuori alle due di questa notte. L'unico momento nel quale si è allontanato è stato quando è passato un agente. Non appena però questo è scomparso, l'uomo è ritornato.» «Ci sarà anche adesso?» disse Jimmy. Andarono a guardare alla finestra. Accanto alla buca delle lettere era fermo un uomo con l'impermeabile blu. Aveva le mani in tasca e sembrava stesse osservando oziosamente il movimento della strada. «Siete sicura che sia lo stesso individuo di ieri?» Lea annuì. L'uomo era troppo lontano perché si potessero distinguere i suoi lineamenti, ma Jimmy, con la sua fenomenale memoria, lo riconobbe istantaneamente. «Lo conoscete?» domandò la ragazza. «Assomiglia ad un mio vecchio amico» disse Jimmy. «Lea, volete farmi il favore di rimanere in una stanza che dia sulla parte posteriore della casa, per il prossimo quarto d'ora?» «Perché?» «Perché la modestia è una delle mie migliori qualità» disse Jimmy, «e se so che i vostri occhi sono fissi su di me, divento nervoso.» Sepping uscì dalla casa e si avviò in direzione della buca delle lettere, ma al suo avvicinarsi l'uomo gli voltò le spalle e si allontanò lentamente. Raggiunse l'angolo dell'isolato e fece un mezzo giro su se stesso, in modo da voltare la schiena all'ispettore mentre questi passava. Ma Jimmy non proseguì, si fermò e batté leggermente una mano sulla spalle dell'uomo. Questi si volse con aria interrogativa. «Come va, Farringdon?» chiese Jimmy. «Credevo che fossi dentro.» «Credo che vi inganniate, signore» disse l'uomo con cortesia affettata. «Mi chiamo Wilthorpe e sto aspettando un amico.» «Si fa aspettare, quell'amico» disse Jimmy freddamente. «Ora tu verrai a passeggio con me, e se tiri fuori una rivoltella, ti accoppo.» «Voi commettete un grave errore, temo» disse l'uomo senza muoversi. Ma qualche cosa che scorse negli occhi di Jimmy gli fece cambiare tono. «Che cosa c'è, Sepping?» chiese sgarbatamente. «Possibile che voialtri della polizia non abbiate nulla di meglio da fare che dare la caccia a un individuo soltanto perché è stato in galera?» «Andiamo?» fece Jimmy. «Andiamo» disse Farringdon e si avviò a fianco dell'ispettore. «Non siete contenti finché non avete rovinato un uomo, voialtri» disse il pregiudicato. «Non lasciate mai a un individuo la possibilità di rigar diritto. Proprio quando uno si mette a cercare lavoro, voi vi mettete di mezzo e gli impedite di trovarlo.» «Piantala» disse Jimmy. Stavano percorrendo una strada tranquilla nella quale, a eccezione di qualche domestica che scopava gli scalini di una porta, non c'era nessuno in vista. D'un tratto, e senza il minimo preavviso, il grosso pugno di Farringdon scattò; sbagliò la faccia di Jimmy per una frazione di centimetro e un minuto dopo l'investigatore stava lottando col suo prigioniero. Il colpo che Jimmy riuscì ad assestargli era degno di un pugile. Farringdon andò a finire con un tonfo sul marciapiede. Prima che riprendesse i sensi, Jimmy lo voltò bocconi e gli mise le manette. «Sei un brutto tipo» disse mettendolo in piedi. Farringdon, intontito, non rispose. Al posto di polizia, quando fu perquisito, gli venne trovata una rivoltella Browning in ogni tasca. Non appena il dottore gli ebbe medicato la ferita alla testa, Jimmy andò a interrogarlo nella sua cella. «Ti denuncerò come persona sospetta» disse. «E questo significa per te restare dentro tre anni. Se fossi intelligente, Farringdon, canteresti.» Un sorriso ironico illuminò il viso truce dell'uomo: «Credete che me la caverei meglio se vi dicessi che cosa stavo facendo? No, non mi farete cantare. Tre anni di galera sono un paradiso, in confronto a quello che capita a chi canta. Non crederete per caso che l'individuo per il quale lavoro mi abbia dato il suo biglietto da visita, perché lo consegni al primo agente che trovo! Cercate di usare l'intelligenza, Sepping. Mi meraviglio di voi.» «È Joseph Felman?» chiese Jimmy d'improvviso e vide un lampo di sorpresa passare negli occhi di Farringdon. «Joseph? Che cosa intendete dire? Non so nulla di Joseph. Credete che io sia un archivio criminale? Non vi è nessuno che abbia visto Joseph da anni.» «Questa è una menzogna» disse freddamente Jimmy. «Joseph era cameriere al servizio del signor Coleman in Portland Place. Ti sorprende che io sia così bene informato? Ed ora è scomparso.» Il prigioniero corrugò la fronte. «Sarà scomparso perché avete scoperto dove abita. Quando è scomparso, ispettore?» «Joseph è l'individuo che ti diede l'incarico di tener d'occhio la casa di Walton» ribatté l'ispettore. «È inutile che tu menta, perché ha detto ogni cosa prima di andarsene.» Ma Farringdon era troppo furbo per cadere nel tranello. 14 Jimmy e Bill Dicker erano intenti a riesaminare insieme la faccenda Kupie. A un tratto Bill Dicker disse: «Mi sembra che il nostro compito sia facilitato, ora che sappiamo che dietro alla misteriosa figura di Kupie si cela un delinquente di professione. Sono quelli che si chiamano dilettanti, o meglio delinquenti occasionali, che disorientano maggiormente. La differenza più saliente tra professionista e dilettante è che il professionista non canta. Hai saputo qualcosa di nuovo di Knowles? Mi hai detto che ha un debito di riconoscenza con Walton, no?» «Sì, ebbene?» «Tenta di sondarlo» consigliò Bill. «Succhiello ha rapporti con la maggior parte delle bande importanti e lavora ora con l'una ora con l'altra. Potrebbe darsi che ti facesse trovare qualche traccia di Felman e vale la pena di tentare.» Succhiello era fuori quando Jimmy andò a cercarlo e la sua padrona di casa dichiarò che non sapeva assolutamente dove fosse, a che ora fosse uscito e quando potesse rientrare. C'erano tre locali dove era probabile incontrare Knowles e Jimmy ebbe la fortuna di trovarlo nel primo: un piccolo ristorante di Soho. Lo scassinatore stava consumando un pasto frugale solo soletto. Il locale era quasi deserto. L'ometto fulvo guardò al di sopra degli occhiali l'ispettore che entrava. «Buon giorno, signor Sepping» disse allegramente. «Nessuna notizia del signor Walton? Ho letto i giornali e il caso mi sembra davvero complesso. Credete che sia diventato matto?» «Non è probabile» disse Jimmy sedendosi, «e credo di poterlo ritrovare. A proposito era tuo amico, non è vero?» «Non proprio un amico» corresse Succhiello, «ma fu molto gentile con me. Io ero al verde; lui mi diede del denaro e dei buoni consigli. Se avesse dato retta a lui… Julie non mi avrebbe fatto cambiar vita e io sarei ora un galantuomo, invece di essere un volgare ladro.» Jimmy si protese verso l'ometto e abbassò la voce: «Knowles, dov'è Joseph Felman?» Un'espressione vacua apparve sul viso di Succhiello. «Questo nome mi giunge nuovo» disse, ma Jimmy capì che mentiva. «Proprio mi giunge nuovo. Che mestiere fa?» «Il ricattatore» rispose Jimmy, e lo scassinatore scosse il capo. «Io non frequento i ricattatori. Quello è un mestiere troppo sudicio. Quanto a Joseph Felman, è il peggiore di tutti.» Jimmy non fece caso all'incoerenza del suo compagno, il quale pochi secondi prima aveva dichiarato di non aver mai sentito quel nome. «Era al servizio del signor Coleman in Portland Place» disse l'ispettore e il ladro annuì. «È forse scappato? Io non so nulla di lui eccetto che ha un paio di tiratori scelti al suo servizio.» «Se intendi parlare di Farringdon, ti dico subito che l'ho pescato stamane» fece Jimmy. «Davvero?» rispose Succhiello con tono indifferente. «Io non faccio lega con quegli individui che maneggiano le armi da fuoco con tanta disinvoltura. Son tutti dei vigliacchi. Voi avete pescato Farringdon; ieri ho visto l'altro che è al servizio di Fel… è il peggiore. Forse lo conoscete; se non lo conoscete non posso dirvi chi è, perché non sono nato per "cantare". Posso dirvi soltanto che quei due sapranno senza dubbio qualche cosa di Felman.» Succhiello si appoggiò all'indietro contro lo schienale della seggiola, masticando uno stuzzicadenti e il suo viso aveva un'espressione assente. A un tratto disse: «Signor Sepping, siete sulla lista nera di Kupie e, se volete accettare un consiglio, cercate di acchiappare l'altro tiratore scelto, prima che vi faccia la festa.» «Dove posso trovarlo?» chiese Jimmy con un sorriso. «Vi sta aspettando fuori della porta» disse Succhiello. «Buona fortuna!"» Jimmy uscì sulla strada. Si guardò attorno scrutando attentamente i passanti. C'era una mezza dozzina di vagabondi: ognuno di questi poteva essere l'uomo di Felman. Quel rapido esame non rivelò però a Jimmy nessuna faccia nota. Si avviò cautamente per la strada principale e, fermandosi ad una vetrina finse di esaminarne il contenuto, mentre gettava un rapido sguardo dietro di sé. L'ispettore aveva fotografato mentalmente ognuno degli sfaccendati che passava. Osservò allora un uomo che riconobbe subito per uno di quelli che erano fermi davanti alla trattoria. Era un individuo corpulento, con un cappello duro portato all'indietro e un fazzoletto di seta azzurro al posto del colletto. Stava fumando pensosamente un sigaro e guardava anche lui una vetrina. Jimmy raccolse rapidamente le idee. La notizia dell'arresto di Farringdon doveva già essersi sparsa e quell'uomo non l'avrebbe certamente seguito se non avesse avuto l'intenzione di metterlo fuori combattimento. Jimmy raggiunse Waldour Street e svoltò attraversando la strada con passo svelto. Quando tornò a guardare dietro di sé, vide il suo inseguitore che svoltava lentamente l'angolo, e aveva le mani in tasca. Jimmy guardò su e giù per la strada e vide un agente di polizia che veniva verso di lui; anche l'altro dovette scorgerlo, perché attraversò la strada. Era giunto il momento d'agire e l'ispettore si voltò rapidamente per far fronte all'inseguitore. Questi, con l'aria di non vederlo, gli passò accanto canticchiando. Oltrepassò l'agente e giunto in fondo alla stradicciola si fermò. Plop! Non sembrò una detonazione, ma soltanto lo schiocco di un tappo di una bottiglia che salta. Il proiettile colpì il fanale e le schegge rimbalzarono contro una vetrina. L'uomo che aveva sparato si voltò e corse via come il vento. Quando Jimmy e l'agente raggiunsero l'angolo, era scomparso. 15 L'avvocato Léonard Collett abitava in Park Lane. Era un uomo non molto occupato, eccessivamente taciturno e il numero dei suoi amici si poteva contare sulle dita di una mano. Si sapeva che era un avvocato in gamba, benché privo di entusiasmo, e che aveva una passione per le transazioni. Léonard Collett risolveva fuori del tribunale molte delle cause delle quali era incaricato. Se aveva dei vizi, questi non erano evidenti; era uno studioso, dall'aria un po' sorniona. Jimmy l'aveva incontrato una mezza dozzina di volte per ragioni professionali, ma non era mai riuscito a farsi un'opinione ben definita sul suo conto. L'avvocato aveva nelle vicinanze del Covent Garden un ufficio che era ancora più piccolo del suo appartamentino. Se Collett fosse stato un sentimentale, il fatto di tenere quello studio sarebbe stato comprensibile, dato che lì aveva iniziato la sua professione e per anni vi aveva lavorato disperatamente, trovando clienti nel vicino tribunale di Bow Street. Poi la fortuna era giunta, il denaro era affluito nelle sue tasche. Ma l'avvocato si accontentava del suo vecchio ufficio. Era noto come l'unico avvocato di Londra che fosse riuscito ad infliggere uno scacco a Kupie; e di conseguenza le vittime di Kupie affluivano al suo misero studio, nella speranza che lui trovasse una scappatoia per loro, come l'aveva trovata per Sir John Diller, una delle prime vittime di Kupie. Collett quel giorno aveva ascoltato pazientemente le disavventure coniugali di una sua cliente e quando la vide andarsene tirò un sospiro di sollievo. L'avvocato suonò il campanello. «È arrivato il signor Sepping?» chiese all'impiegata che entrò. «Sì, è arrivato in questo momento.» «Fatelo entrare, per favore» disse cortesemente Collett. Stava scrivendo degli appunti su un foglio, quando Jimmy venne introdotto. «Accomodatevi, Sepping. Posso offrirvi un sigaro o qualcosa da bere, o entrambe le cose? Che novità ci sono? È stato trovato quel miserabile Parker?» «No» disse Jimmy. «Naturalmente sarebbe assurdo che vi chiedessi se è stato trovato Walton… che cosa c'è dietro la straordinaria scomparsa di Walton, Sepping?» Collett alzò gli occhi e fissò il visitatore. «Anche voi» proseguì, «siete stato molto vicino al numero degli scomparsi, a quanto dicono i giornali del pomeriggio. Non che io creda interamente a quanto scrivono i giornali. È stato trovato l'uomo che vi ha sparato?» «No, è scomparso. Sembra che tutti quelli che sono alle dipendenze di quell'infernale Kupie abbiano il potere di svanire nell'aria. Abbiamo perquisito ogni casa e ogni angolo della strada, ogni cantina, ci siamo arrampicati sui tetti, ma il Minatore…» «Il Minatore?» domandò l'altro con curiosità. «Il Minatore è il nostro uomo; è un delinquente australiano noto a tutte le polizie. Ma veniamo a quello che mi interessa. Sono venuto a trovarvi perché mi risulta che in passato avete avuto occasione di conoscere abbastanza bene la maggior parte dei delinquenti della città.» Léonard Collett rise sommessamente. «L'ambiente dei criminali muta spesso» disse. «C'è fra loro una quota di mortalità molto alta ed è poco probabile che, degli uomini che mi sono passati fra le mani in principio della mia carriera, ve ne siano ancora due in vita e in libertà.» «Avete mai trovato sulla vostra strada Parker o Felman?» Collett scosse la testa. «Conosco la storia di Felman» disse. «Credete che sia Kupie?» chiese Jimmy. «Non saprei.» Collett era molto pensieroso. «A me sembra molto più probabile che sia solo un agente. In primo luogo non credo che Felman abbia un gran coraggio. Dora mi ha detto che la notte nella quale avvenne quel tentativo di furto in casa sua, il vecchio era sgomento, tremante di paura. Non mi sembra che questo possa far pensare che lui sia Kupie, non vi pare? Tutti i contatti che ho avuto con quel delinquente, mi hanno convinto che deve essere un individuo molto audace.» «C'è un'altra domanda che vorrei farvi, Collett» disse Jimmy. «Il vostro ufficio non è mai stato svaligiato?» Léonard Collett alzò le fini sopracciglia. «Dio buono! No!» disse. «Perché avrebbe dovuto essere svaligiato? I ladri non hanno interesse per gli uffici degli avvocati.» «In questo vi sbagliate» disse tranquillamente Jimmy. «Nei due anni scorsi gli uffici di tutti i più eminenti avvocati di Londra, e molti della provincia, sono stati visitati dai ladri.» Léonard Collett sussultò. «Dite davvero? Ma è proprio vero?» Jimmy annuì. «Dicker ha constatato la cosa per caso, mentre stavamo esaminando le statistiche compilate a Scotland Yard. La cosa più strana è che nessuno ha pensato a collegare Kupie coi furti in questione.» «Credete che vi sia un legame?» chiese subito l'altro. «Naturalmente» rispose Jimmy. «In ognuno dei casi nei quali un uomo o una donna sono stati ricattati da Kupie, abbiamo constatato che, qualche mese prima, l'ufficio del suo legale era staso visitato dai ladri. Fu così nel caso di una disgraziata ragazza che morì qualche anno fa.» Non fece il nome della prima fidanzata di Rex Walton. Collett tacque per qualche istante. «È straordinario. Anch'io ho avuto a che fare con vittime di Kupie, ma il mio ufficio non è mai stato svaligiato. Spero che non vorrete allarmare mio zio Coleman, altrimenti verrebbe a ritirare tutti i suoi documenti, e questo sarebbe una seccatura.» «Immagino che non abbiate documenti che riguardino Dora… Se il rispondermi è contro il dovere professionale, non rispondete.» Collett sembrò esitare. «Ho vari documenti che riguardano Dora» disse. «Non posso dirvi che documenti siano, ma non credo che possano interessare Kupie.» Si guardò intorno nella stanza i cui muri erano ricoperti da scaffali, sui quali erano situati dei classificatori metallici verniciati di nero, e scosse la testa. Quando Jimmy se ne andò, l'avvocato non pensò più all'implicito avvertimento di questi. Jimmy tornò a casa presto, perché cominciava a rendersi conto di non aver dormito da un numero considerevole di ore. Fu svegliato alle sette, l'ora in cui aveva l'abitudine di alzarsi, da Albert che entrò nella stanza col vassoio della colazione. «Nessuna notizia, signore» disse Albert. «Ho girato tutto il paese da capo a fondo, senza trovar traccia del signor Walton.» Jimmy sbadigliò e si stiracchiò. «Non ho mai avuto grandi speranze che tu potessi trovare qualche cosa, Albert» disse, mentre si sedeva sul letto e si versava una tazza di tè. «Telefona a Scotland Yard e domanda se c'è niente di nuovo.» Albert ritornò dopo pochi minuti. «L'ispettore di servizio dice che l'ufficio del signor Collett è stato svaligiato stanotte. La polizia è stata avvisata proprio ora.» Jimmy emise un fischio. Fece un bagno, si vestì rapidamente e mezz'ora dopo era in mezzo a ciò che restava dell'ufficio dell'avvocato. Ognuno dei classificatori era stato tolto dagli scaffali, aperto, e il suo contenuto giaceva alla rinfusa sul pavimento. La scrivania era stata scassinata ed era stato compiuto un tentativo di aprire una piccola cassaforte situata in un angolo della stanza. «Com'è stato scoperto il furto?» chiese Jimmy. «Uno dei nostri uomini di servizio vide qualcuno che usciva dalla porta alle cinque e mezzo, e si allontanava rapidamente» rispose l'ispettore. «L'agente in un primo tempo credette che uscisse dal magazzino attiguo, che è uno spaccio all'ingrosso di frutta. Quando l'agente si avvicinò, vide che la porta che conduce all'ufficio dell'avvocato Collett era socchiusa. Fu allora che scoprì il furto.» «È stato possibile riconoscere il ladro?» «No, l'agente lo vide soltanto di dietro.» Pochi minuti dopo Léonard Collet arrivò. Il suo sbalordimento alla vista dello spettacolo offerto dal suo ufficio, era quasi comico, Guardò in silenzio quella confusione, poi si slanciò verso un angolo della stanza e raccolse un classificatore. Jimmy vi scorse il nome del signor Coleman. Era aperto e vuoto. Parte del contenuto era in terra. Collett mise rapidamente al sicuro quei documenti e cominciò a cercare qualche cosa sul pavimento. «Manca niente?» chiese Jimmy. «Il contratto di matrimonio di Dora è scomparso.» Era una novità, per Jimmy, che fosse stato compilato un contratto di matrimonio. Pensò però che era naturale che un uomo prudente come Rex avesse provveduto a questa formalità. «Nient'altro?» «Non so ancora» rispose Collett. Andò a esaminare i cassetti della scrivania. «Credo che non manchi altro» disse dopo aver esaminato a lungo. «La cassaforte è stata forzata?» Un'idea colpì Jimmy. Si volse ad un agente che era arrivato sul posto prima di lui. «Prendete un tassì e conducete qui Knowles, detto Succhiello. Ho bisogno di vederlo. Non suppongo nemmeno lontanamente che sia opera sua, ma devo fargli alcune domande.» Passò un'ora prima che l'agente ritornasse con Succhiello spettinato e indignato. «Sono dunque l'unico scassinatore di casseforti di Londra perché mi mandiate sempre a chiamare, signor Sepping?» proruppe con tono di rimprovero, mentre i suoi occhi si volgevano a guardare la stanza con interesse professionale. Fermò lo sguardo sulla cassaforte e proruppe in una risata ironica. «Roba da principianti!» «Credi che sia opera di uno scassinatore di professione?» disse Jimmy. «Di professione?» esclamò il ladro. «Un bambino in fasce avrebbe fatto un lavoro migliore. Guardate quelle tacche nella cassaforte; hanno usato lo scalpello a freddo per martellare la serratura. È uno dei soliti furti negli uffici legali, non è vero, signor Sepping?» «Ne hai sentito parlare?» disse Jimmy scrutandolo attentamente. «Si capisce» rispose l'altro con disprezzo. «E quel che più conta, ho visto uno di quei lavori, ma era fatto meglio di questo.» Tornò a esaminare la cassaforte, poi ne strofinò la superficie con la manica. «Perché hai fatto questo?» domandò Jimmy. «Il ladro è un dilettante» rispose Succhiello con calma. «Essendo un dilettante, naturalmente ha lasciato delle impronte. "Vivi e lascia vivere" è uno dei miei motti e "tu non aiuterai la polizia " è un altro.» L'avvocato Collett nel frattempo aveva riordinato il caos. Nessun oggetto, tranne il contratto matrimoniale di Dora, era stato sottratto. «Quando era stato compilato il contratto?» domandò Jimmy. «Il dodici… era il dodici? Dovevano sposarsi il quattordici. Sì, era il dodici.» «Non avete nessun documento che riguardi Rex?» Collett scosse la testa. «Non era mio cliente.» Jimmy andò a casa a far colazione, più perplesso che mai. Aveva la magra soddisfazione che Kupie aveva mostrato nel modo solito l'interesse che portava per il matrimonio di Rex Walton. Ma il perché di quell'interesse era ancora problematico e inspiegabile. Dopo colazione, Jimmy si recò in ufficio. Non erano giunti nuovi particolari del furto e non c'era nessuna comunicazione di Collett, il quale aveva promesso di avvertire immediatamente Sepping se si fosse accorto della scomparsa di qualche altro documento. Sepping si sedette per riflettere sulla situazione. Prese un pezzo di carta e cominciò ad annotare i fatti essenziali. Il 14 maggio, Rex Walton è presente a Portland Place nell'attesa del suo matrimonio con Dora Coleman, matrimonio che deve aver luogo quella mattina. Uscito dalla stanza, a quanto sembra per prendere il regalo di nozze per la sposa, egli scompare e viene visto soltanto una volta da allora e precisamente da me. Dopo la sua scomparsa è stato scoperto che il suo intero patrimonio, ammontante pressappoco a un milione di sterline, è pure scomparso. Walton ha attirato l'attenzione di Kupie, il quale è un autore di lettere anonime, nonché un ricattatore. Kupie aveva minacciato Walton di privarlo del suo patrimonio se avesse sposato Dora Coleman. Domande: Qual è il motivo della scomparsa di Rex? Quale legame esiste fra tale scomparsa e la sottrazione del danaro di sua proprietà? Quale legame tra il furto nell'ufficio di Léonard Collett e il mistero di Rex Walton? Perché Kupie ha assoldato dei banditi per spiare Lea ed uccidere me? E non bisognava dimenticare Miller. Che parte aveva recitato Miller e quale era il motivo della lettera che ne aveva causato la morte? Kupie non faceva nulla senza motivo. La lettera che Miller aveva ricevuto rappresentava più che un ricatto. Mentre Jimmy stava riflettendo, venne bussato alla porta. Un funzionario entrò nella stanza. Era il fotografo del quartier generale di polizia. «Ho fotografato quei resti inceneriti ispettore. Desiderate vedere la positiva?» «La positiva?» fece Jimmy. Poi si ricordò d'improvviso «Ah! Si tratta dei resti trovati in fondo al cassetto della scrivania del signor Walton? È venuto fuori qualche cosa?» L'uomo annuì. «Soltanto un pezzetto di carta ha dato qualche risultato» rispose, e porse a Jimmy una grande fotografia. «Le parole sono sbiadite, ma leggibili. È un certificato matrimoniale, ispettore.» Jimmy lesse e si lasciò sfuggire un'esclamazione. Il nome dello sposo era Rex Walton; quello della sposa mancava. Ma la cosa più significativa era la data: 13 maggio. Un fatto era certo, indiscutibile: quando Rex Walton era andato a Portland Place per prendere sua moglie, era già ammogliato… Si era sposato il giorno prima. 16 Con la fotografia in tasca, Jimmy si presentò all'ufficio centrale dello Stato Civile per compiere delle ricerche. Non tardò a trovare la registrazione. Era l'atto di matrimonio fra Rex e una ragazza di nome May Liddiart. L'indirizzo di lei era Grand Hotel Centrale e il matrimonio era stato celebrato all'ufficio di Stato Civile di Chelsea. Jimmy annotò i dati e si recò a Chelsea, dove subì il primo scacco. La coppia era stata sposata da un supplente dell'ufficiale di Stato Civile, che era in vacanza, ed il supplente era all'ospedale gravemente malato. C'era però un impiegato che ricordava quel matrimonio e descrisse fedelmente Rex. «La signora com'era?» domandò Jimmy. «Non so, signore. Indossava un vestito nero ed aveva un fitto velo. Soltanto l'ufficiale che li sposò e i due autisti che fecero da testimoni erano presenti, oltre allo sposo e alla sposa.» I nomi e gli indirizzi dei due autisti furono facilmente reperibili, ma nessuno dei due potè dare esaurienti informazioni sulla donna. Jimmy tornò al suo ufficio scornato e perplesso. Il concetto che aveva di Rex e la stima che nutriva per lui erano stati fortemente scossi da quella scoperta sbalorditiva. Rex, un uomo d'onore, il giorno prima di sposare Dora Coleman aveva contratto matrimonio con un'altra donna! Era quello il segreto della sua scomparsa? Ma Jimmy non poteva persuadersi che Rex fosse capace di una cosa simile. E poi perché, se era deciso a scomparire, non farlo prima di recarsi a Portland Place? Jimmy si recò da Bill Dickes e gli espose il dilemma. L'ispettore lo ascoltò fumando pensosamente la pipa. «Credi che possa trattarsi di qualcuno che si è appropriato dell'identità di Walton?» domandò poi. «L'idea era venuta anche a me» disse Jimmy. «Ma la descrizione che mi è stata fatta di Rex, sia dai due autisti che dall'impiegato dell'ufficio, è così perfetta da togliere ogni dubbio.» Bill Dicker scosse la cenere della pipa e tornò a riempire il fornello. «È una storia molto strana. Ho interrogato Casey.» «Casey?» disse Jimmy con aria interrogativa. Il ricordo del rapimento di cui era stato vittima gli era già uscito dalla memoria. «Ah, ho capito. Vuoi parlare del biscazziere?» «Ero impaziente» disse Bill Dicker, «di sapere perché ha tentato di rovinarti. È stato difficile farlo cantare, ma alla fine ha ammesso che sei stato trasportato a mezzanotte, narcotizzato, alla casa da gioco, che ti hanno portato dentro dalla parte posteriore dello stabile, poi trasportato al piano superiore e messo a letto.» «Da chi?» «Ha rifiutato di rispondere a questo proposito. Naturalmente si trattava di Kupie, perché Casey è una spia nata e venderebbe la propria madre purché lo pagassero bene. Kupie terrorizza questo genere di individui in modo che essi non cantino e Casey è uno strumento di Kupie. Naturalmente questo ci riporta sulla pista di Parker. Parker ti narcotizzò, ti mandò la lettera che ti convocava a Portland Place. Parker scomparve immediatamente quando credette di averti messo a mal partito. Possiamo così stabilire che Parker è Kupie. Leggi questi: ti deprimeranno.» Bill spinse verso Jimmy una pila di rapporti di polizia, che venivano da ogni parte del paese. Tutti dicevano la stessa cosa: nessuna traccia di Parker, nessuna traccia di Walton, nessuna traccia del patrimonio scomparso. «Parker è a Londra» disse Jimmy tranquillamente. «Un individuo come quello non si allontana dalla città, e fa bene. Londra è il miglior nascondiglio per un individuo ricercato dalla polizia.» Bill Dicker, con la pipa in bocca, gettò uno sguardo vago fuori della finestra. «Sepping, la questione ora è di sapere chi ha il diritto di esser messo al corrente di questo matrimonio.» Jimmy si era già rivolto questa domanda. «Non posso dirlo a Dora Coleman» disse in tono risoluto. «Sarebbe una cosa troppo brutale. Ma credo che lo dirò a Lea.» «Lea?» L'ispettore alzò le sopracciglia e Jimmy arrossì. «Intendo parlare della signorina Walton. È una mia vecchie amica» soggiunse confuso e lieto di svignarsela. Lea non era in casa quando Jimmy arrivò e il giovane ingannò l'attesa facendo un'altra ispezione nello studio di Rex. Si era ricordato di non aver esaminato abbastanza attentamente il blocco di carta assorbente e il contenuto della cartelletta. Il primo foglio era immacolato e Jimmy si chiese se Rex seguisse l'abitudine di quelli che, avendo occasione di scrivere molto, passano sotto il blocco i fogli di carta assorbente troppo macchiati. Tolse il blocco e lo capovolse. Evidentemente Rex aveva davvero quell'economica abitudine. Tre fogli erano sporchi d'inchiostro e coperti di tracce di scrittura. Li mise da parte, benché non sperasse di scoprire molto. Con l'aiuto dello specchio situato sul camino, riuscì a decifrare alcune lettere di affari, delle quali una in particolare lo interessò. Era la lettera nella quale Rex Walton dava istruzioni al direttore della sua banca per la vendita di un forte blocco di azioni, per la conversione in denaro liquido. Stava ancora esaminando i fogli, quando Lea rientrò. Era così assorto nel suo esame, che non la vide. La ragazza era già sulla soglia da qualche istante, quando si decise a segnalargli la propria presenza. «Avevo dimenticato il blocco di carta assorbente» disse la ragazza. «Immagino che non abbiate trovato nulla.» «Nulla, eccetto qualche lettera» disse Jimmy, «e…» s'interruppe e guardò più attentamente la traccia che stava esaminando. «Questa mi sembra una ricevuta.» Lea gli si avvicinò e guardò al di sopra della spalla di Jimmy. «Ricevo dal signor Rex Walton la somma di…» «Può trattarsi di qualsiasi cifra» osservò. «Mi sembra che vi sia un enorme numero di zeri.» Sotto vi erano due righe quasi illeggibili. «Riesco a decifrare "todia"» disse Jimmy. «Rex aveva un libretto di ricevute?» La ragazza annuì. «Era molto metodico in materia di affari. So che ne aveva uno. Ora vado a cercarlo.» Tornò quasi subito con il libretto in mano. Era un comunissimo libretto oblungo per ricevute. Per metà era vuoto. Jimmy voltò le pagine. Ne aveva appena girate due, quando ne trovò una sulla quale c'era soltanto una cifra scritta a matita; gli bastò un'occhiata per rendersi conto che la cifra corrispondeva alla somma scomparsa. Tornò a esaminare il foglio di carta assorbente, sperando di trovarvi un nome, ma arrivò alla conclusione che, quando la ricevuta era stata firmata, la persona non doveva essere nella stanza. Rex Walton doveva averla portata con sé in qualche luogo e la firma vi era stata apposta altrove, e… che cosa era accaduto poi della ricevuta? Con un sussulto Jimmy si ricordò della busta azzurra! La ricevuta era uno dei documenti che conteneva! 17 Oltre alla busta azzurra, c'era un'altra cosa: il certificato di matrimonio. A chi era stato dato il danaro? Alla misteriosa May Liddiart? Ma questo sembrava impossibile. Rex non avrebbe mai affidato ad una donna una somma simile. «Che cosa c'è?» chiese Lea, scrutando il viso pensieroso del giovane. «Avete trovato qualcosa di nuovo?» «Sì, ho trovato qualcosa di straordinario» disse Jimmy. «Sedetevi, Lea. Perdonatemi se mi permetto di fare da padrone in casa vostra. È sorto un nuovo problema. Conoscete una ragazza che si chiama May Liddiart?» Lea scosse la testa. «Sapete se Rex la conoscesse?» «No, sono certa di no. Me ne avrebbe parlato» disse Lea. «Mi parlava sempre delle ragazze che conosceva. Povero, caro Rex! Aveva una conoscenza molto limitata delle donne. Chi è May Liddiart?» «Ho serie ragioni per credere che il giorno in cui ci siamo incontrati alla Torre, Rex ha sposato una ragazza di nome May Liddiart» disse Jimmy tranquillamente. Lea balzò in piedi. «Sposato May Liddiart!» disse incredula. «Chi è May Liddiart?» «È quello che vorrei sapere» disse Jimmy. «Ma è impossibile, assolutamente impossibile! Rex non avrebbe mai fatto una cosa simile. Era fidanzato con Dora. Potete credere che volesse rendersi colpevole di bigamia?» domandò impetuosamente. «Chi vi ha detto questo?» «Disgraziatamente ho i documenti che lo provano» disse Jimmy. Le raccontò brevemente la scoperta da lui fatta fra le ceneri del cassetto della scrivania e come avesse verificato la veridicità del frammento decifrato all'ufficio di Stato Civile. Lea si sedette con gesto scoraggiato. «È incredibile, Jimmy. Mi pare di sognare. Sono accaduti molti fatti strani. Ma nonostante tutto non mi riesce di credere che Rex abbia fatto una cosa simile.» «Accade lo stesso a me» disse Jimmy. «Ora, Lea, che cosa dobbiamo fare?» «Intendete dire se dobbiamo comunicare la cosa a Dora?» Jimmy annuì e Lea soggiunse: «Non so… credo di sì… Povera Dora! È una cosa terribile! Ma credo che dobbiamo dirglielo. È meglio che sappia tutto, e se è in ansia per Rex, il sapere del suo… oh, è stata una cosa orribile da parte di mio fratello, Jimmy! Un'infamia!» Jimmy si accorse che Lea stava per scoppiare a piangere. «Glielo direte voi o devo farlo io?» «Credo sia meglio che glielo diciate voi» rispose la ragazza dopo un attimo di esitazione. «Non ho il coraggio di andare da Dora.» Jimmy se ne andò con la spiacevole sensazione di dover sottostare a una prova penosa. Quando arrivò a Portland Place gli fu detto che Dora era uscita. Jimmy tirò un sospiro di sollievo. Lasciò detto al nuovo cameriere che sarebbe tornata verso l'ora di pranzo. Qualche cosa però nel viso di quell'uomo gli era familiare, e Jimmy si voltò. «Io vi conosco» disse, e l'uomo sorrise. Era molto giovane per essere un cameriere, pensò Jimmy, sicuro di averlo visto in precedenza. «Sono Bennett, signore» e d'un tratto Jimmy si ricordò. «L'autista… naturalmente! Siete stato promosso?» Bennett sorrise di nuovo. «Sì, signore. È una promozione, per me. Suppongo che non abbiate trovato il ladro, signor ispettore.» «Quale?» chiese Jimmy, sorridendo al pensiero che il solo furto che contasse per Bennett era quello nel quale egli aveva avuto una parte di inseguitore. Un grosso plico attendeva Jimmy quando questi ritornò a casa. L'indirizzo era scritto da mano sconosciuta. Aprì la busta e ne trasse un pacco di lettere. Diede un'occhiata al foglietto che le accompagnava; il mittente era Succhiello. Caro Sepping, non sono mai stato uomo da deviare dalla mia strada per aiutare la polizia e per questo non desidero ringraziamenti per quel poco che ho fatto per voi l'altro giorno. L'avete scampata bella. Mi hanno detto che il Minatore non ha rinunciato a farvi la festa. State all'erta! Riguardo a una certa storia della quale vi ho parlato, vi unisco alcune lettere di lei e vi prego di dirmi, come studioso della natura umana, se credete che una ragazza capace di scrivere come quella scriveva a me, possa poi tradire un uomo come ha tradito me. Spero che voi stiate bene. Cordialmente. Succhiello Seguiva una postilla. Qualunque cosa io possa fare per voi, sarò contento di farla, perché siete una persona onesta, cosa che non si può dire della maggioranza della gente di Scotland Yard. Sono contenti soltanto quando possono rovinare coloro che li hanno aiutati. Jimmy lesse con un sorriso quello sfogo contro gli attivi funzionari di Scotland Yard, poi mise le lettere in un cassetto della sua scrivania, per esaminarle in un altro momento. Non era in uno stato d'animo che gli permettesse di leggere lettere amorose di una cameriera. Quella sera alle sette si recò a casa Coleman, e fu ricevuto immediatamente da Dora. Era sola nel salotto e gli mosse incontro con le mani tese. «Jimmy, voi avete qualche novità!» disse e Jimmy provò una stretta al cuore. «È accaduto qualcosa a Rex?» «No, non precisamente. Dora, conoscete una ragazza che si chiama May Liddiart?» Jimmy si aspettava che Dora negasse decisamente di conoscere la misteriosa ragazza. Invece con suo gran stupore rispose: «Sì. Perché? Intendete parlare del matrimonio?» Jimmy la guardava esterrefatto. «Lo sapevate?» balbettò. «Che Rex aveva sposato May Liddiart a Chelsea, il giorno prima della sua scomparsa? Sì, lo sapevo. May Liddiart sono io. Dora May Liddiart Coleman… o Dora Walton. Rex è mio marito.» 18 «Mi domandavo se nel corso delle indagini avreste scoperto il nostro segreto» disse Dora. «Avrei dovuto raccontarvi tutto prima, ma avevo paura che papà venisse a saperlo. Rex dunque era terribilmente preoccupato a proposito di quelle stupide lettere che aveva ricevuto e temeva che accadesse qualcosa prima del nostro matrimonio. Finì col domandarmi se fossi disposta ad anticipare la data delle nozze. Non lo potevo fare a causa di mio padre che è abbastanza autoritario. Allora Rex progettò di sposarmi nel suo distretto, segretamente, per poi ripetere il matrimonio l'indomani, senza che nessuno sapesse di quello precedente. Ci saremmo sposati sotto un falso nome, però per vari motivi era necessario che Rex desse le sue generalità. Dopo la cerimonia facemmo il giro del Parco e infine ognuno tornò a casa sua. Fu una pazzia… una cosa irragionevole, ma Rex aveva paura… paura di perdermi.» «Vostro padre non sa nulla?» domandò Sepping. «Non ho osato dirgli la verità. Lea è al corrente della vostra nuova scoperta, Jimmy?» «Sì. Gliel'ho detto. Ha dichiarato che non avrà mai più il coraggio di presentarsi davanti a voi.» Dora scoppiò a ridere. «Andiamo da lei insieme. Le spiegherò tutto. Povero Jimmy! Persino le complicazioni amorose vengono ad aumentare le vostre perplessità!» «Le complicazioni amorose sono la mia specialità» rispose il giovane tranquillamente. «Persino i conoscenti della malavita vengono a sottopormi le ferite dei loro cuori.» E le raccontò la storia di Succhiello e della sua Julie traditrice. Lea accolse la stupefacente notizia con entusiasmo. «Sia lodato il cielo! Mia cara Dora, tu sei una Walton ormai! Come sono contenta!» E baciò la cognata affettuosamente. Dora e Jimmy si fermarono a pranzo. Quando il pasto fu terminato i tre passarono nel salotto. Poi Dora andò a telefonare in anticamera, e al suo ritorno le due ragazze parlarono tra loro a lungo. Intanto Jimmy non cessava di riflettere sulle possibili spiegazioni della sparizione di Rex e del suo danaro. Un paio di volte si rammentò della ricevuta, ma non si presentò l'occasione di rivolgere a Dora la domanda che si riprometteva, fino al momento di uscire. «Mio padre deve rientrare alle nove e mezzo» disse Dora. «Se non mi trova in casa, si metterà in agitazione.» «Un momento ancora» disse Jimmy. «Sentite Dora. Io sono certo che Rex prima di andarsene ha versato a qualcuno quel milione di sterline. Ebbene, ho le prove che Rex ha avuto una ricevuta per questa somma.» E raccontò per filo e per segno come era arrivato a scoprire l'esistenza della ricevuta attraverso l'impronta che questa aveva lasciato sulla carta assorbente. «Jimmy» disse Dora, «voi credete che quel terribile Kupie sia in possesso del danaro di… di mio marito?» «È probabile» rispose l'ispettore. «A voi Rex non ha mai parlato del suo danaro?» «Mai, eccetto…» la ragazza esitò un attimo, «eccetto quando mi disse che mi avrebbe fatto una donazione di cinquemila sterline. Nel contratto matrimoniale, steso tre giorni prima delle nozze, aveva specificato diverse disposizioni d'indole finanziaria. Ma tutte queste cose non hanno importanza, purché Rex ritorni… del resto si prendano pur tutto il suo danaro e anche il mio. Saremo felici ugualmente!» Jimmy ricondusse Dora a casa. Il signor Coleman non era ancora rientrato. Jimmy ritornò a casa e salì le scale lentamente. Introdusse la chiave nella toppa e girò. Ma la porta non cedette. Schiacciò allora il campanello: nessuna risposta. Albert era un ottimo domestico, di tutta fiducia e non era possibile che fosse uscito senza permesso. Il giovane stava per suonare il campanello una seconda volta, quando una voce sommessa domandò: «Che cos'ha la vostra camicia?» Jimmy fece un passo indietro sbalordito da quella singolare domanda. Aveva riconosciuto la voce di Albert che parlava attraverso l'apertura della cassetta delle lettere. «Apri la porta!» disse l'ispettore sospettando che Albert fosse ubriaco. «Che cos'è questo scherzo?» «Che cos'ha la vostra camicia?» ripetè la voce ostinatamente. Jimmy corrugò la fronte. Albert doveva avere una ragione per rivolgergli quella domanda… ricordava che proprio quella mattina aveva consegnato una camicia al domestico perché la facesse riparare. «Ha i polsini da cambiare» dispose. Si udì un rumore di catenacci e la porta si aprì. Jimmy guardò il suo domestico e rimase impietrito. Albert era senza giacca e con la camicia tutta macchiata di sangue. Aveva inoltre la testa bendata, il suo viso era pallidissimo e teneva in mano una pesante rivoltella d'ordinanza. 19 «Che diavolo è successo, Albert? Sei ferito?» «Sissignore. Sono ferito alla testa e anche nei miei sentimenti» rispose cupamente Albert. Condusse Jimmy nello studio, dove una scena indescrivibile si presentò ai suoi occhi. La scrivania era stata rovesciata, i cassetti erano tutti fuori e il contenuto era sparso sul pavimento. «Hanno fatto tutto questo bel lavoro dopo avermi stordito» spiegò Albert. «Dimmi cos'è successo.» «Verso le otto, questa sera, ho sentito suonare il campanello. Cosa strana, io, che di solito apro la porta subito, esitai un poco e domandai attraverso la porta chi fosse. Forse mi insospettì il fatto che attraverso la lunetta della porta vidi che il pianerottolo era buio. Domandai dunque: "Chi è?" e una voce dal di fuori mi rispose: "Apri la porta, scemo!". Io credetti che foste voi e aprii. Da quel momento non ricordo più nulla, fino a quando mi svegliai nel mio letto e li ho sentiti nel vostro studio che facevano un pandemonio.» «In quanti erano?» «In due» rispose Albert. «Frugavano dappertutto in cerca di non so che cosa e Parker imprecava contro l'altro.» «Chi?» fece Jimmy. «Parker… quel tale che era maggiordomo dal signor Coleman. Sono sicuro che era lui, perché sono stato molte volte a casa del signor Coleman e ho riconosciuto la sua voce. Appena mi svegliai, mi alzai. Benché mi girasse la testa, andai in cerca della mia rivoltella. Per quanto cercassi di non far rumore, essi dovettero sentire che mi muovevo, poiché uno dei due apparve sulla porta della mia stanza nel momento in cui afferravo l'arma. Quando feci l'atto di puntare la rivoltella, afferrò la maniglia della porta, chiuse il battente e girò la chiave. Mi precipitai, ma prima che potessi sfondare la porta se n'erano andati tutti e due.» Jimmy si guardava attorno. Che cosa cercavano quei banditi? Non c'era niente in casa, a quanto egli sapeva, che potesse interessare Kupie. «Hanno lasciato un biglietto» disse Albert. Il biglietto diceva: Occupati dei fatti tuoi e disinteressati del caso Walton. Ed era firmato con l'immancabile K. «Cose che succedono in piena Londra» fece Sepping ironicamente. «Albert, tu ritornerai subito a letto. Penserò io a raccogliere le carte. Ma prima di tutto fammi vedere la ferita.» Jimmy scoprì la ferita e si accorse che era più seria di quanto avesse immaginato. Un quarto d'ora dopo arrivava un medico per compiere un'accurata medicazione. Frattanto Jimmy aveva rimesso un po' d'ordine tra le sue carte. Mentalmente passò in rivista i documenti che erano in suo possesso e che potevano avere interesse per Parker, alias Kupie. Finì per rinunciare a comprendere lo scopo di quella visita. Alla fine sedette meditabondo su una poltrona. Poco dopo comparve il medico. «Il vostro domestico ha una ferita abbastanza grave» disse. «Bisognerebbe prendere un'infermiera.» «Mandatemene una» disse Jimmy, «anzi un infermiere.» Ma un infermiere non si trovò e allora Jimmy pensò a Succhiello, che si era messo a sua disposizione. All'una del mattino Succhiello arrivò e, con gran sorpresa dell'ispettore, non si meravigliò affatto della sua proposta. «L'hanno stordito eh?» disse pensosamente. «Brutta faccenda. Opera di Kupie, naturalmente. Volete che rimanga qui per fare paura ai ladri?» «In parte per questo» rispose Jimmy, «e anche perché vorrei il tuo parere di esperto.» «Io curerò il vostro domestico» dichiarò Succhiello, e, se voi limiterete le vostre esigenze alle salsicce fritte, posso anche prepararvi la colazione, ma fare la spia no.» In tal modo Knowles si installò in casa di Jimmy Sepping, la qual cosa divertì immensamente l'ispettore Dicker. «Non ho intenzione di dedicarmi alla redenzione dei delinquenti» disse Jimmy, «ma quell'ometto mi è simpatico e credo che possa ancora ritornare sulla buona strada. D'altra parte, avendolo sempre vicino, finirà per lasciarsi sfuggire qualche piccola indiscrezione sul suo ambiente. Inoltre, se venisse a sapere che c'è qualcuno che mi prepara un brutto scherzo, sono sicuro che mi avviserebbe.» «Ti aspetti forse una nuova offensiva da parte di Kupie? Hai scoperto che cosa voleva a casa tua?» Jimmy scosse la testa. «L'unica cosa che poteva forse interessargli era… no, non è possibile.» «Che cosa?» fece Dicker e l'altro rise. «C'era un pacco di lettere amorose appartenenti al nostro amico Succhiello; risalgono ai tempi in cui era un galantuomo. Non sono molto vecchie; Knowles fa il ladro da cinque o sei anni. Non so perché, ma l'ometto desiderava che io le leggessi.» Bill sogghignò. «Non mi pare possibile che Kupie abbia messo a soqquadro il tuo appartamento e abbia mezzo accoppato il' tuo domestico per impadronirsi di ciò che gli potrebbe servire per ricattare Knowles. Quelle lettere sono forse scomparse?» «Non lo so. Non mi sono ricordato della loro esistenza che un momento fa. A dire il vero non mi sembra di averle viste rimettendo in ordine le mie carte. Le avevo messe in un cassetto della scrivania, ma forse ci saranno ancora.» Jimmy al suo ritorno a casa trovò Succhiello intento ad assistere il ferito. L'ispettore lo chiamò. «Senti, Knowles, c'è una cosa che non riesco a capire. Hai visto per caso quelle lettere che mi avevi consegnato?» «Le lettere di Julie?» domandò l'altro meravigliato. «Ebbene, signor Sepping, che cosa ne pensate?» L'ispettore gli disse che non le aveva ancora lette e domandò allo scassinatore se per caso non le avesse viste da qualche parte. «No, signor ispettore. Non sono neppure venuto nel vostro studio e anche se le avessi viste non le avrei prese senza chiedervi il permesso.» Jimmy cominciò a frugare nei cassetti, ma le lettere non c'erano. Knowles si grattò il mento con aria meditabonda. «Credete che se ne siano impadroniti i ladri?» domandò. «Ne sono quasi certo. Altrimenti non saprei dove possono essere andate a finire.» «Dunque non ci sono» fece Succhiello e c'era qualche cosa nel suo tono che incuriosì Jimmy. «A cosa stai pensando, Knowles?» «A una cosa sola posso pensare signor Sepping, ed è che Julie faccia parte della banda.» «Vuoi dire che lavora per Kupie?» fece Jimmy in tono di scherno, ma l'ometto non scherzava. «Badate, è una ragazza intelligente. Non era una cameriera come le altre. Se aveste letto quelle lettere, avreste subito capito che era una ragazza destinata a far carriera.» «Che aspetto aveva la tua Julie?» «Non so come descriverla. Era molto bella.» «Hai la sua fotografia?» Succhiello scosse la testa. «Non l'ho mai avuta… e se l'avessi non ve la mostrerei.» «Chi era il suo padrona?» «Non posso dirvelo» fece l'altro. «Non offendetevi, ma il mio motto è: "Tu non devi cantare". Se voi troverete Julie per conto vostro, non piangerò, ma non sarò io a metterla nelle vostre mani.» «L'hai conosciuta a Sheffield?» «Cercate di dimenticarvene» rispose Succhiello. «Mi sono lasciato sfuggire il nome della città, ma quanto al luogo dove precisamente ho conosciuto la ragazza, non lo direi a mia madre.» 20 Lo scassinatore si immerse in profonde riflessioni e Jimmy, che credeva chiusa la conversazione sull'argomento, fu sorpreso quando Knowles disse: «Conosco molto poco la banda con cui Julie lavorava. Era con Haydn. Voi conoscete Tod Haydn, non è vero?». Sepping conosceva di fama il temibile ladro. «Non posso dirvi altro» soggiunse Succhiello. «Però… sentite, signor Sepping, vi pare possibile che Tod sia Kupie?» Questa idea non era venuta a Jimmy. «Indagherò» disse e l'altro rise. «Può darsi benissimo che Kupie e Tod siano la stessa persona» disse ancora Succhiello. «È il genere di lavoro che può piacere a Haydn. È un uomo abbastanza alto… un grande attore. Quando si lavora per lui bisogna immedesimarsi nella parte che affida. Se, per esempio, assegna la parte di pastore a un compare, il compare deve comportarsi come un pastore anche in privato. Se Tod fa camuffare uno da prete e viene a sapere che quello non recita le preghiere anche in privato, va su tutte le furie.» Sepping era invitato quella sera a pranzo in casa Coleman, ed era particolarmente ansioso che giungesse l'ora di recarsi a Portland Place, per sapere se Dora aveva comunicato al padre la notizia del matrimonio. Una sola occhiata al signor Coleman, gli bastò per rendersi conto che era ancora all'oscuro di tutto. Jimmy Sepping non era il solo invitato; c'era anche Léonard Collett. «Dunque, Sepping, siamo compagni di sventura, eh?» fece l'avvocato. «Alludete alla visita dei ladri in casa mia?» disse Jimmy sorridendo. «Sì, mi hanno trattato come voi. A proposito, avete constatato la scomparsa di qualche documento?» «No» rispose Collett. «Ad eccezione del contratto di matrimonio di Dora, non manca niente.» Jimmy lanciò alla giovane un'occhiata furtiva e la ragazza fece un lieve cenno di diniego. Dunque non si era confidata neanche con il suo legale. Collett riprese: «Che cosa hanno rubato in casa vostra, Sepping?». «Nulla, a eccezione di un pacco di lettere che non appartenevano a me.» «Ladri, ladri, ladri!» scattò il signor Coleman rabbiosamente. «Non potreste trovare qualche altro argomento di conversazione, voi due? Non si può andare a un pranzo o a una riunione, a Londra, senza che il discorso cada sulla questione della delinquenza!» «La colpa è mia!» disse Jimmy. «Noi funzionari viviamo in una atmosfera di delitti e non ne possiamo mai uscire completamente. D'altra parte qui siamo tutti compagni di sventura.» «È stato trovato quello sciagurato di Parker?» domandò Coleman. «Temo di no.» Coleman ebbe un moto di impazienza. «Un tempo io credevo che la nostra polizia fosse la migliore del mondo» disse amaramente. «Purtroppo temo di dover modificare la mia opinione. Prima di tutto abbiamo avuto la scomparsa di Walton, poi la visita di un ladro nella mia casa, poi la scomparsa di Parker e il tentativo di avvelenare voi, signor Sepping… non cesserò mai di deplorare che una cosa simile abbia potuto accadere a casa mia! Infine abbiamo il furto nello studio di mio nipote. Spero che tu abbia messo tutte le mie carte al sicuro, in una cassaforte, Léonard.» «I tuoi documenti sono al sicuro, zio, sta tranquillo!» disse Collett. Léonard Collett dovette andarsene molto presto e il signor Coleman si ritirò nel proprio studio. In tal modo Jimmy potè restare solo con Dora. La ragazza gli raccontò che non aveva ancora parlato col padre e che questi le aveva già proposto un nuovo candidato al matrimonio e precisamente suo nipote Léonard Collett. «Ad ogni modo» disse Jimmy, «voi non potreste prender marito un'altra volta, prima che fosse accertata la morte di Rex. Ora, siccome Rex è vivo…» «Lo sapete per certo?» domandò Dora tutta eccitata. «Oh, Jimmy, parlate, vi prego!» E l'ispettore le raccontò in quali circostanze aveva visto Rex. La ragazza lo guardò con aria di rimprovero. «Avreste dovuto dirmelo prima… o forse avete fatto bene a tacere. Non avete voluto darmi delle speranze e poi non sapevate ancora che ci fossimo sposati. Ma come diamine si può spiegare il contegno di Rex?» «Non ci capisco niente» confessò l'ispettore. «Credevo di aver trovato la soluzione del mistero quando ho scoperto che si era sposato alla vigilia del giorno fissato per la cerimonia, ma anche questa spiegazione si è dimostrata sbagliata.» Dora si alzò e con un sospiro gli tese la mano. «Sarà bene che io vada a letto, Jimmy. Mi sento un po'…» Non terminò la frase e per la prima volta Sepping la vide in preda a un'emozione che non poteva reprimere. Il giovane, che aveva un appuntamento importante, fu lieto di potersene andare per tempo. Prese un taxi e si fece portare in una sala da ballo. Trovò la sala affollatissima, ma finalmente vide la persona che cercava. Era un giovane elegantissimo, il quale appena scorse Sepping si alzò dal tavolino dove era seduto per venirgli incontro. Il giovane era noto nella malavita col nome di Folder ed era ritenuto persona dotata di molta influenza. Quelli che non facevano parte della malavita, pensavano che fosse un ladro in guanti gialli. In realtà era un funzionario del reparto investigativo di Scotland Yard. Era stato incaricato da Sepping di indagare intorno alla Julie di Succhiello. Ma Folder non era venuto a capo di niente. Jimmy ritornò a casa. Alle tre del mattino Knowles, paludato in una specie di veste da camera, venne ad avvertirlo che lo chiamavano al telefono. Corse all'apparecchio e non senza una certa apprensione riconobbe la voce di Dora. «Siete voi, Jimmy? Sentite, mio padre è stato chiamato al telefono poco fa, dal domestico di Léonard.» «Perché? Che cos'è successo?» domandò Sepping. «Collett non è rientrato» rispose Dora con voce che tradiva una certa agitazione. «Il domestico dice che non è mai accaduto che Léonard rincasasse tanto tardi. Inoltre doveva partire con uno dei primi treni della mattinata e aveva detto al domestico che sarebbe ritornato a casa alle dieci. Dopo cena, quando se n'è andato, ha detto anche a me che intendeva rientrare subito. Mi dispiace disturbarvi, Jimmy, ma se voleste essere così gentile…» «Certo, certo, me ne interesso subito» rispose l'ispettore ed appese il ricevitore. Si mise subito in comunicazione con Scotland Yard e mezz'ora dopo riceveva un rapporto. Nessuna traccia di Léonard Collett presso le varie sezioni di polizia, né presso i diversi ospedali della città. Era mai possibile che l'avvocato fosse scomparso come Rex Walton e il suo domestico? 21 Accadeva raramente che Léonard Collett si servisse di un taxi. Era solito vantarsi di percorrere a piedi almeno dieci chilometri al giorno. Aveva già superato i suoi dieci chilometri, la sera in cui era stato a pranzo da suo zio Coleman, ma non per questo gli venne in mente di prendere un taxi per ritornare a casa. Si avviò per Oxford Street, ma trovando quella strada molto affollata, prese una via laterale per poi svoltare in un corso parallelo alla stessa Oxford Street. Procedeva senza affrettarsi, con le mani in tasca e con un lungo bocchino tra i denti. Era deciso a resistere alla tentazione di fare una scappata al circolo, dato che doveva partire di buon mattino, l'indomani. Arrivò in un punto della strada quasi deserto e, voltandosi, si accorse che una grossa automobile lo seguiva costeggiando il marciapiede. Pensò che l'autista aspettasse qualcuno… forse quella era la macchina di un medico, e non vi fece caso. La vettura lentamente lo raggiunse e gli era proprio a fianco quando lo sportello si aprì con violenza e un uomo balzò sul marciapiede. Il punto era stato scelto a meraviglia. Era esattamente a metà tra due lampioni e, anche se Collett si fosse insospettito o incuriosito, non avrebbe potuto distinguere la faccia dello sconosciuto. L'avvocato si scostò credendo che questi volesse entrare nel portone che stava alla sua destra, ma l'uomo fece l'atto di passargli accanto, poi si voltò di scatto e l'avvocato sentì un oggetto contundente premuto contro il proprio petto. «Sali in macchina o sparo!» fece l'aggressore a bassa voce, e nel suo tono vi era qualcosa che non ammetteva replica. Collett obbedì e lo sconosciuto balzò sulla vettura dietro di lui, e chiuse lo sportello. L'interno era nella più completa oscurità. I finestrini erano ricoperti da uno schermo che non lasciava filtrare neppure la luce dei lampioni. «Posso domandarvi dove mi state conducendo?» chiese l'avvocato con calma. «Lo saprete a suo tempo» rispose il rapitore che aveva preso posto sul seggiolino di fronte. Collett tastò il fianco della vettura e sentì che i finestrini erano ricoperti da una specie di imposta di legno. Come se avesse intuito o indovinato il gesto, lo sconosciuto disse: «Non tentate qualche scherzo. Potreste pentirvene.» Il tono con cui parlava era quello di un uomo rozzo, ma a Collett parve simulato. A un tratto sentì molto vicino un suono che gli era familiare. Era quello della campana di Westminster; evidentemente stavano passando vicino al Parlamento. Sentì che la macchina superava una breve salita e capì che stava attraversando il Ponte di Westminster. La corsa continuò per una mezz'ora senza che prigioniero e rapitore pronunciassero una sola parola, poi Collett domandò: «Posso fumare?» «Aspettate» rispose l'altro. Collett sentì un piccolo scatto, vide una scintilla, poi il cerchietto incandescente di un accendisigari a miccia. Il viaggio durava da circa un'ora. «Andiamo lontano?» domandò l'avvocato. «Ne abbiamo ancora per un paio d'ore» rispose laconicamente lo sconosciuto. L'orologio segnava l'una e un quarto quando l'automobile rallentò e si fermò. «Non muovetevi» disse la voce del rapitore al buio. «Devo bendarvi gli occhi.» «È necessaria questa pagliacciata?» chiese Collett. «Sì» rispose secca la voce dell'uomo e Léonard docilmente si lasciò legare una sciarpa di seta sugli occhi. Il rapitore e l'autista lo presero ciascuno per un braccio e lo guidarono. «Dobbiamo scendere dei gradini» avvertì il primo. «State attento.» Collett contò sette gradini, poi udì uno sciacquio, un rumore di remi e il tonfo di una barca che si accostava. «Attenzione» disse qualcuno e l'avvocato mise piede in un'imbarcazione. Il viaggio in barca durò mezz'ora, dopo di che Collett, sempre guidato per un braccio, cominciò a salire la scaletta di una nave; dopo pochi passi camminò su un tavolato e fu fatto scendere di nuovo. L'avvocato udì voci sommesse senza poter distinguere quello che dicevano e finalmente gli fu tolta la benda. Si trovava nell'ampio salone di una nave, il cui arredamento era lussuoso. Léonard si guardava attorno meravigliato. Doveva trovarsi a bordo di un panfilo privato, ma non era certo un panfilo comune se aveva un salone di quelle dimensioni. Si volse per guardare l'uomo che lo aveva guidato, ma il suo volto era coperto da una maschera. «Posso domandare di chi ho l'onore di essere ospite?» domandò. «Chiamatelo pure Kupie» rispose l'altro con un sogghigno e in quel momento si aprì la porta ed entrò un uomo in abito da sera a viso scoperto. «Voi!» fece con voce roca. «Voi!» Il nuovo venuto alzò le sopracciglia. «Una piccola sorpresa per te, Collett, è vero?» disse l'uomo in tono bonario, ma sulle labbra aveva un sorriso bieco e nei suoi occhi freddi Collett credette di leggere un presagio di sventura. 22 Jimmy portò le ultime notizie a casa Coleman. «Léonard è stato visto in Wilton Street dieci minuti dopo aver lasciato noi» disse l'ispettore. «Un agente l'ha riconosciuto. L'unica traccia che abbiamo sulla sua scomparsa è l'apparizione in Wilton Street di una grossa automobile. La macchina si è avviata a passo d'uomo come se seguisse Léonard ed è stata vista correre a tutta velocità verso Hyde Park. Poi ogni traccia si è perduta. Ritengo che vostro nipote sia stato rapito» disse Jimmy rivolto al signor Coleman. «È deplorevole!» scattò Coleman facendosi rosso in viso «È inammissibile! Naturalmente si tratta di un'altra impresa di Kupie! Diamine, a quest'ora Léonard potrebbe essere già morto!» Jimmy non condivideva le sue idee, ma non poteva neppure controbattere la pessimistica ipotesi di Coleman. Quello che lasciava perplesso Jimmy era l'apparente inutilità delle azioni di Kupie nelle ultime settimane. Se avesse potuto intravedere lo scopo di quegli atti, avrebbe avuto almeno un indizio della mentalità con cui Kupie operava. La giornata passò senza che si avesse nessuna notizia di Collett. Alle dieci di sera il centralino di Scotland Yard fu messo a soqquadro. Da ogni parte del paese giungevano telefonate di persone che riferivano un caso singolare. Jimmy era nel suo ufficio quando un assistente gli portò la notizia. «Alcuni radioamatori hanno raccolto un messaggio radiotelefonico» disse e porse un foglietto all'ispettore che lesse: Sono Léonard Collett. Mi trovo prigioniero su una nave sconosciuta… Il messaggio si limitava a quelle poche parole. Nello spazio di un'ora alcune centinaia di persone trasmisero il messaggio captato a Scotland Yard. Il testo era sempre lo stesso. Qualcuno degli ascoltatori sosteneva di aver udito dopo l'ultima parola un grido. Altri di aver udito distintamente un'altra voce che diceva: "Fermalo!". Quest'ultima versione veniva riferita da tre fonti attendibili. «Su una nave?» fece Bill Dicker quando glielo riferirono. «È una cosa molto strana. Non è possibile che il quartier generale di Kupie sia su una nave… Sempre che si tratti di Kupie. Credi che possa essere un trucco per disorientarci?» Jimmy scosse la testa. «Collett ha un leggero difetto di pronuncia e alcuni ascoltatori hanno notato questo particolare. Era proprio Collett.» Tutta la notte migliaia di radioamatori stettero in ascolto nella speranza di intercettare qualche messaggio, ma la voce di Léonard Collett non fu più udita. Era naturale, poiché si trovava rinchiuso in una cabina buia, e le sue gambe erano immobilizzate da una catena assicurata al pavimento di quercia. Quella sera stessa oltre ai radioamatori c'era un'altra persona che si trovava in ascolto per intercettare dei messaggi, ma non si trattava di comunicazioni radiotelefoniche. In una stanzetta all'ultimo piano di una casa di Stanley Street, due uomini erano seduti intorno a un tavolo, intenti a giocare a carte. Il più piccolo dei due aveva una cuffia telefonica alle orecchie, collegata per mezzo di due fili a una specie di cassettina fissata al muro. L'altro era un uomo grande e grosso, di mezz'età, con un viso olivastro, poco piacevole a vedersi, che una barba di tre giorni non tendeva certo a migliorare. L'uomo dalla cuffia guardò l'orologio e disse rabbiosamente: «La ragazza deve essersene andata. Non c'è più stata nessuna comunicazione dalle prime ore del pomeriggio. Non credi che abbia scoperto che qualcuno ascolta le sue telefonate?». «Non è possibile» rispose l'altro e avvicinatosi ad un letto ne rimise in ordine le coperte. «Come vorrei essere al tuo posto!» borbottò il telefonista. «Detesto questo lavoro, quando si deve star alzati tutta la notte!» «Vallo a raccontare a Parker» rispose l'altro. «Del resto di cosa ti lamenti? Io sono stato sedici ore con la cuffia attaccata alle orecchie. Inoltre…» Un gesto del suo compagno lo interruppe. Il telefonista era in ascolto e aveva afferrato una matita. Dopo cinque minuti l'uomo si toglieva la cuffia con un sospiro di sollievo. «Era la ragazza?» domandò il suo compagno. «Sì. Sepping l'ha chiamata al telefono per dirle che ci sono notizie di Léonard Collett… un messaggio radiotelefonico.» I due si guardarono. Il compagno del telefonista si stiracchiò. «Sarò contento quando tutta questa storia sarà finita. Non è piacevole starsene rintanati in un buco come questo per giornate e giornate.» «Non saremmo qui se tu avessi avuto più occhio, Minatore» disse il telefonista in tono significativo. «Cosa ha detto Parker?» «Non gli ho parlato» rispose il Minatore. «Del resto sono contento di non aver fatto la pelle a Sepping. Se ci fossi riuscito, ora mi darebbero una caccia spietata.» Il telefonista riprese la cuffia e se la rimise alle orecchie con un sospiro, ma subito il Minatore lo vide sobbalzare. L'espressione sconvolta del suo viso gli fece capire che il compagno stava ascoltando un messaggio di grande importanza. Ascoltava nella più assoluta immobilità. Dopo dieci minuti si tolse di nuovo la cuffia. «Era la ragazza» disse. «Parlava con qualcuno di Scotland Yard e diceva che c'era di nuovo un'interferenza telefonica. L'altro ha risposto che lo sapeva già…» Nessuno dei due uomini sentì un passo sulla scala, perché l'intruso aveva scarpe con suole di feltro. Ebbero un'idea di quanto stava accadendo solo quando, con uno schianto lacerante, la porta si aprì e sulla soglia comparve un uomo che teneva in mano una rivoltella. «Mani in alto» disse l'uomo. «Parlo in particolar modo con te, Minatore. Provati a fare qualche scherzo e ti spedisco all'inferno per direttissima!» Era Jimmy Sepping. 23 I due prigionieri furono condotti alla più vicina sezione di polizia e un agente rimase di guardia all'apparecchio telefonico. Durante il tragitto il Minatore incuriosito domandò a Jimmy come aveva fatto a scoprire dov'era inserito l'apparecchio per intercettare le comunicazioni. «C'è un congegno scientifico di cui non tenterò di spiegarti il funzionamento» rispose Jimmy «che permette di accertare con esattezza il punto in cui si verifica un'interferenza sulla linea telefonica.» «Voi non potete condannarmi…» cominciò il Minatore, ma Jimmy lo interruppe. «Infatti non sono un tribunale. Però sono un buon profeta e credo che tu possa beccarti dieci anni. L'unico modo di migliorare la tua posizione, è di "cantare".» «Nemmeno se mi dessero cinquant'anni di galera!» gridò il Minatore e Jimmy rise. «Così mi piace! Si comincia in questo modo e si finisce per cantare! Ad ogni modo pensaci su.» La mattina dopo il Minatore aveva già preso un atteggiamento più sottomesso. Raccontò che il suo padrone era Parker. «Mi ha detto che doveva organizzare un colpo per cui si sarebbero guadagnati soldi a palate. Gli domandai se si trattava di qualche ricatto, ma Parker mi rispose che era qualche cosa di meglio. Da me non voleva altro che un po' di vigilanza.» «Chi dovevi vigilare?» domandò Jimmy. «Voi e la sorella di Walton. La ragazza l'ho tenuta d'occhio per un paio di mesi.» «E suo fratello?» «Sulle prime Parker non me ne parlò. Una quindicina di giorni fa mi fece sapere che non era più necessario che facessi la guardia a voi; disse che eravate un uomo pericoloso e che non vi facevate corrompere. Proprio in quel periodo fui messo di guardia alla casa di Walton, con l'ordine di ucciderlo se fosse comparso. Mi diedero in anticipo cinquecento sterline, con la promessa di darmene altre cinquemila quando l'avessi fatto fuori. Quanto a voi, non ho mai avuto l'intenzione di ammazzarvi…» Jimmy sorrise con aria scettica. «Dunque tu hai visto Parker. Quante volte?» «Tre o quattro. È il capo, senza dubbio. Non conosco nessun altro. A me è sembrato un giovanotto molto in gamba.» «Un giovanotto?» fece Sepping stupito. «Cosa dici? Parker avrà quasi sessant'anni.» L'espressione meravigliata che apparve sul viso del Minatore era inequivocabilmente sincera. «Sessantanni?» esclamò. «Vi sbagliate, signor Sepping! Non ne avrà più di trenta.» Per un momento Jimmy rimase interdetto. «Parker ha quasi sessant'anni» disse alla fine. «La persona che tu hai visto non era lui. Come lo hai conosciuto?» «Tramite un amico» rispose il Minatore. «Qualcuno mi disse che un tale aveva bisogno di un aiutante e fu stabilito un appuntamento nella city. L'uomo che vidi, non era certamente un vecchio e aveva una voce e un modo di fare da persona distinta. Non mi disse di essere al servizio del signor Coleman, ma che si chiamava Parker e che era domestico di una casa signorile. Naturalmente quando i giornali annunciarono l'avventura toccata a Coleman, capii chi era.» «Chi è il telefonista che abbiamo preso con te?» domandò l'ispettore passando ad un altro argomento. «È un tale che lavorava alla posta ed è stato licenziato perché rubava. Sono stato io a trovarlo.» «Congratulazioni!'» fece Jimmy ironicamente. 24 Jimmy, nel rincasare, pensava tristemente che la soluzione del mistero era più che mai remota. La storia del Minatore, per quanto sorprendente, era senza dubbio vera. Ma chi era dunque quell'uomo di trent'anni dalla voce di persona distinta? Era forse Tod Haydn? La cosa non sembrava improbabile. Il Minatore non aveva mai conosciuto Tod. Un breve biglietto che Jimmy aveva fatto recapitare da un inserviente, fece accorrere il signor Coleman a Scotland Yard. Era seccatissimo di essere stato disturbato da Jimmy soltanto perché questi aveva bisogno di ulteriori informazioni su Parker. «C'è una cosa che vorrei domandarvi, signor Coleman» fece Jimmy. «Siete convinto che Parker avesse l'età che dimostrava?» L'altro aggrottò le sopracciglia. «Non capisco che cosa intendete dire. Supponete che fosse camuffato? In tal caso, vi dirò che escludo questa possibilità. Sono un acuto osservatore e una cosa simile non mi sarebbe sfuggita.» Ma improvvisamente Coleman cambiò argomento. «Ho mandato Dora in campagna… o meglio partirà oggi pomeriggio. Tutte queste complicazioni l'hanno sconvolta e temo che abbia un principio di esaurimento nervoso. Ora che Bennett ha preso il posto di Parker, non riesco a trovare un buon autista. Per fortuna, Bennett è un bravo ragazzo e si presta a guidare la mia macchina. Oggi accompagnerà Dora in campagna.» Guardò l'orologio e aggiunse: «Ora devo andarmene. Se vogliamo pranzare insieme questa sera allo "Splendid", potremo parlare ancora di questo argomento e può darsi che mi vengano in mente altri particolari su Parker, che forse vi interesserebbero». L'ispettore esitò prima di accettare, perché non gli sorrideva di passare una serata insieme al borioso signor Coleman. Alla fine accettò. «Ebbene, verrò» disse Jimmy. «A che ora?» «Alle sette e mezzo. E adesso bisogna proprio che me ne vada.» Quel pomeriggio ci fu la consueta riunione dei capi a Scotland Yard. Jimmy comunicò ai colleghi tutto ciò che sapeva ed essi a loro volta gli sottoposero i rapporti giunti ai loro reparti. Di Collett nessuna notizia. Finita la riunione, Jimmy ritornò nel proprio ufficio e vi trovò un telegramma di Dora, proveniente da Marlow. Diceva: Pregovi tenermi informata ogni novità. Trovomi Giuncheto. Il "Giuncheto" era il nome della villa che i Coleman avevano a Marlow, sul Tamigi. Sepping stava per stracciare il telegramma, quando il campanello del telefono suonò. «Un certo Knowles domanda di voi, signor Sepping.» «Dategli la comunicazione» rispose il giovane. Un momento dopo Succhiello lo salutava con voce concitata. «Siete voi, signor Sepping? Mi trovo nel quartiere di Tidal Basin.» «Ebbene, che c'è di nuovo?» «Indovinate chi ho visto un momento fa?» «Chi?» domandò l'ispettore credendo che si fosse verificata un'altra apparizione di Rex. «Julie!» rispose solennemente lo scassinatore. 25 Benché piuttosto deluso, Jimmy non potè far a meno di ridere. «E con questo?» disse. «Lei abita qui, in Carsholt Road… con Tod Haydn!» «Tod Haydn?» ripetè Jimmy rapidamente. «Ne sei sicuro?» «Sicurissimo! Li ho visti insieme. Credo che siano sposati. Se è così compiango Tod. Li ho visti uscire da un cinematografo pochi minuti fa e li ho seguiti. Hanno l'aria di essere al verde.» «Prendi un taxi e vieni subito qui!» disse l'ispettore. «Non posso venire subito, signor Sepping. Prima devo andare a casa. Sarò da voi tra un'ora.» Passò un'ora, un'ora e mezzo, ma Succhiello non compariva. Soltanto quella mattina l'ometto aveva abbandonato il suo posto di infermiere e Jimmy si ricordò di non averlo neppure ringraziato. Alle sei e mezzo Knowles non si era ancora fatto vivo e l'ispettore si mise in comunicazione con la sezione di polizia del quartiere dove abitava lo scassinatore. «Andate a casa di Knowles» disse dando l'indirizzo, «e vedete un po' se lo trovate.» Un quarto d'ora dopo arrivò la risposta. Knowles era ritornato a casa circa mezz'ora dopo che aveva telefonato a Jimmy. Si era fermato appena pochi minuti, ma nell'uscire si era imbattuto sulla porta in un uomo col quale si era allontanato dopo un breve colloquio. Jimmy attese sino alle sette e un quarto, poi si ricordò del malaugurato invito per la cena. Trovò il signor Coleman al tavolo del ristorante, intento a leggere la pagina finanziaria di un giornale della sera. Durante la prima parte del pranzo l'ometto continuò a parlare di cose inerenti la sua carica al Ministero. Alla fine si decise con riluttanza a passare all'argomento di Parker. «Quello che sto per dirvi, Sepping, l'ho appreso per puro caso pochi giorni fa. Bennett mi ha fatto qualche rivelazione interessante. Come sapete, Bennett ha preso il posto di Parker, e soltanto ora comincio a capire quale fosse realmente il contegno di quel disgraziato in casa mia. A parte il fatto che mi derubava sistematicamente, d'accordo coi fornitori, sono venuto a sapere che Parker era in corrispondenza con un certo Haydn, il quale per ben tre volte è stato ricevuto in casa durante la mia assenza.» «Solo?» «Non solo» rispose Coleman. «Era con lui una giovane, che suppongo fosse sua moglie. Era una donna, a quanto dice Bennett, bellissima. Pensate, Sepping, dei ladri, dei banditi e… chissà che cosa ancora… nel mio salotto! Biasimo Bennett per non avermi avvertito prima…» «Quale era il motivo delle visite?» «Non lo so esattamente. Spesso scrivevano… allo scrittoio di Dora naturalmente, e una volta il mio domestico sorprese Parker mentre distruggeva delle carte. Bennett dice che potè dare un'occhiata alle carte mentre bruciavano e giura di aver visto chiaramente scritto il nome di Walton. E ora passiamo ad un'altra questione. Vi ricordate che, dopo la scomparsa di Rex, Dora trovò nella sua valigetta una piastra di diamanti?» Jimmy assentì e l'altro riprese: «Ebbene, fino a ieri il gioiello era nello scrigno che si trova in camera di Dora.» «Dunque che cosa è avvenuto del gioiello?» chiese Jimmy. «Ieri è scomparso! Dora ha aperto lo scrigno per prendere non so che cosa e ha constatato che la piastra non c'era più.» «Lo scrigno è stato forzato?» «No. Evidentemente è stato aperto con una chiave.» «C'era qualcuno in casa?» «Soltanto la cuoca e tre cameriere. Dora è rimasta fuori quasi tutto il giorno. Naturalmente c'era Bennett, ma su di lui non ho dubbi; è superiore ad ogni sospetto. Ho guardato anche con una lente se sulla superficie dello scrigno vi erano impronte digitali, ma non ho trovato nulla. E la cosa strana è che non mancava nessun altro gioiello oltre alla piastra.» «Bisognerà che io veda quello scrigno» dichiarò Jimmy e il signor Coleman parve tutt'altro che entusiasta. «Lo temevo» disse. «D'altra parte, come si suol dire, quando si è in ballo bisogna ballare e io sono rassegnato ad avere in permanenza la polizia per casa. Comincio quasi ad abituarmici.» Era una splendida notte di plenilunio e i due uomini fecero la strada a piedi. Arrivarono a destinazione alle nove meno un quarto. «Non potrò offrirvi nemmeno una tazza di caffè» disse Colemann «dato che la cuoca e le cameriere non dormono in casa e Bennet è assente.» «Allora questa notte voi sarete solo» fece Jimmy. «Sarò solo, ma io sono un uomo coraggioso, tanto è vero che vi ho permesso di accompagnarmi a casa e vi ho fatto entrare. Se fossi pauroso, la presenza di un agente di polizia potrebbe turbarmi quanto quella di un ladro» disse Coleman ridendo. Coleman condusse Jimmy nella stanza di Dora. Lo scrigno era uno di quegli eleganti cofanetti che spesso adornano la camera di una donna. «Avete la chiave?» domandò il giovane e Coleman la tirò fuori di tasca. L'ispettore aprì lo scrigno. Era vuoto e il padrone di casa gli spiegò che, dopo l'incidente, aveva mandato in banca tutti i gioielli che Dora non portava abitualmente. «Vostra figlia è sicura di aver sempre avuto la chiave con sé?» «Sicurissima!» Sepping si guardò attorno, osservando i particolari della stanza: le tende di seta, il soffice tappeto, il letto con il tavolino accanto e la lampadina per la notte, la poltrona davanti al caminetto… «Dove conduce quella porta?» domandò ad un tratto. «In uno stanzino che serve da guardaroba» spiegò Coleman, e si avviò verso la porta in questione, ma si fermò di colpo fissando il pavimento. «Che… che cos'è quello?» balbettò. Di sotto la porta usciva un liquido denso che formava un rigagnolo serpeggiante. «Sangue» fece Jimmy a voce bassa. La chiave era nella toppa e Jimmy la girò. La porta si aprì violentemente. Il corpo di un uomo cadde con un tonfo ai piedi del giovane, che ne fissò il volto esangue non credendo ai propri occhi. Era Parker, morto! 26 «Telefonate al quartier generale della polizia e chiedete che mandino due agenti il più presto possibile.» Quando Coleman si fu allontanato, Jimmy voltò il cadavere per esaminare la schiena. L'uomo era stato ucciso da un colpo di rivoltella sparatogli a bruciapelo, questo si capiva perché la stoffa della giacca era bruciacchiata. Sepping accese una lampada portatile e la posò a terra accanto al cadavere. Poi riprese l'esame. Al polso sinistro Parker portava un orologio. Il vetro era rotto e il polso stesso era contuso come se fosse stato colpito da un corpo contundente. L'orologio si era fermato sulle otto meno venti. La morte doveva essere stata quasi istantanea. L'ispettore compì un'ispezione nello stanzino e potè accertare che il delitto era accaduto sul luogo, poiché il proiettile aveva attraversato il corpo ed era andato a conficcarsi nel legno di cui era rivestito il piccolo guardaroba. Perquisì le tasche del morto. Contenevano alcune banconote, qualche moneta d'argento e un orologio di nickel che andava ancora. Perché mai Parker portava due orologi? Passando la mano sulle tasche della giacca del morto sentì un oggetto quadrato e lo tirò fuori. Era un astuccio di marocchino che riconobbe subito: conteneva il gioiello che Rex Walton aveva lasciato a Dora il giorno in cui era sparito. Jimmy depose la piastra sul letto e riprese la perquisizione. Allora fece un'altra scoperta. Rinvenne un foglio scritto con una calligrafia che Jimmy credette di riconoscere. Era quella di tutte le lettere di Kupie e senza dubbio quel foglio era stato scritto da Parker. La premessa era: Caro Tod ed era evidente che l'uomo era stato interrotto mentre scriveva. Lo scritto infatti si fermava a tre centimetri dalla fine della pagina, a metà di una frase. Sepping si mise il foglio di carta in tasca ripromettendosi di leggerlo più tardi. Frattanto Coleman era tornato. «Gli agenti verranno subito» disse e Jimmy non potè fare a meno di ammirare il sangue freddo di quell'uomo. «Bisognerà che avverta Dora, dato che aveva l'intenzione di tornare domani mattina e poi non voglio che apprenda la notizia dai giornali. È morto?» Jimmy annuì. «Che cosa credete che facesse a casa mia?» domandò Coleman. Poi il suo sguardo si posò sul gioiello. «L'avete trovato addosso a Parker?» «Sì, l'aveva in tasca. È il gioiello di Dora, non è vero?» «Sì, è questo. Dev'essere stato Parker a…» «O Parker o l'uomo che lo ha ucciso. Non so che cosa pensare… è una cosa straordinaria» disse Jimmy pensieroso. Bill Dicker arrivò col medico della polizia. Quest'ultimo si limitò a dare un'occhiata al corpo inanimato. «È morto senza dubbio. Con un colpo di rivoltella, eh?» disse. «Da quanto tempo sarà morto, dottore?» domandò Jimmy. «Da due o tre ore. Suppongo che vogliate farlo trasportare altrove. Me ne occuperò io.» Il medico si allontanò col signor Coleman per andare a telefonare. «Ebbene quali sono le tue conclusioni?» domandò Bill non appena rimasero soli. «Non ho tratto nessuna conclusione. Il delitto deve essere avvenuto alle otto meno venti circa, questa sera.» Jimmy indicò le contusioni al polso e l'orologio rotto. «Si direbbe che abbia lottato e che sia stato prima tramortito, poi ucciso.» Bill cominciò a gironzolare per la stanza osservando attentamente ogni particolare. «Non si sente odore di polvere da sparo» disse. «Questo sarebbe comprensibile se le finestre fossero aperte, ma sono chiuse. Dobbiamo dedurre che dopo il delitto le finestre sono state aperte, per dissipare l'odore della polvere combusta, e poi richiuse. Le tende sono tirate. Non hai detto che la signorina non doveva dormire qui questa notte? Perché le tende allora sono chiuse?» «È un'idea che è venuta anche a me» fece Jimmy. «Che cosa significa quello scrigno aperto?» Sepping gli raccontò per filo e per segno la storia della piastra di diamanti scomparsa e il modo in cui l'aveva ritrovata. «Mi sembra strano, dato che la piastra era scomparsa ieri, che sia stata trovata questa sera in tasca di Parker. Dovremmo concludere che all'insaputa di tutti Parker è rimasto nascosto in questa casa ieri e oggi. Sarà bene che facciamo una piccola ispezione.» Ispezionarono la casa dalle fondamenta al tetto. Ma non fu trovato nulla di notevole. Soltanto in una stanzetta attigua alla dispensa, Jimmy scoprì un sotterraneo misterioso. Vi si accedeva per mezzo di una botola, attualmente coperta da un cassone, e l'ispettore ebbe l'impressione che fosse stata usata di recente. Il coperchio era di pietra, ma si poteva alzarlo per mezzo di un anello di ferro. Dicker aprì la botola e al raggio di una lampadina tascabile, vide una scaletta di legno che scendeva nel sotterraneo. Il locale era quadrato e non aveva né porte né finestre. Alle pareti erano scaffali di ferro. Evidentemente quella era stata una cantina per i vini e infatti non era vuota. In uno degli scaffali si trovavano due cassette di vino di Porto. «Non ho mai saputo dell'esistenza di questo sotterraneo» disse il signor Coleman. «Ecco dunque una bella sorpresa per voi» osservò Dicker sorridendo. «Se l'etichetta è autentica, qui ci sono ventiquattro bottiglie di Porto del '58.» «Quel vino non mi appartiene. Certo è stato dimenticato dal precedente proprietario della casa e, se potrò rintracciarlo, glielo restituirò.» Jimmy esplorò le pareti, ma non vi trovò nulla di anormale. «Questo sotterraneo non riceve aria da nessuna parte; non è possibile che quell'uomo sia rimasto nascosto per una notte e un giorno» disse Bill. I funzionari stavano per lasciare la casa, quando Jimmy si ricordò che bisognava telefonare a Marlow. Dopo una breve attesa ottenne la comunicazione. Dopo aver udito quello che era successo, Dora disse che sarebbe tornata il giorno dopo a Londra. Jimmy la sconsigliò, ma la ragazza appese la cornetta senza neppure salutarlo. La polizia si era ormai installata in casa Coleman e questi era andato a dormire nel vicino albergo. Di ritorno a Scotland Yard, Jimmy lesse la lettera trovata nelle tasche del morto. Era scritta a matita e non portava indirizzo. Diceva: Caro Tod, in questa nostra impresa ci sono diverse cose che non capisco. Per essere franco ti dirò che comincio ad averne abbastanza. Il denaro che mi hai dato per riparare all'estero non basta. Tenterò di vederti al solito posto questa sera, ma se non ti trovassi, lascerò questa lettera. L'affare Kupie non si regge più e credo che l'allocco finirà per sfuggirci. Tu mi devi ancora qualcosa per quelle lettere. Per impadronircene abbiamo dovuto tramortire un uomo e il rischio è stato grave, perché il poliziotto è arrivato pochi minuti dopo che noi ci eravamo eclissati. Se ci fossimo fermati poco di più la cosa sarebbe finita disastrosamente. Io farò un altro… La lettera era interrotta a questo punto. Dicker completò: «Farò un altro tentativo per vederti, e se non ci riuscirò ti farò pervenire questa mia.» «Mi sembra che sia riuscito a vederlo» osservò cupamente Sepping. «La spiegazione più plausibile a mio giudizio è questa: Parker si è incontrato con Tod, il quale lo ha persuaso ad impadronirsi della piastra di diamanti. Parker era soltanto uno strumento, come già sospettavo.» «Secondo te, allora, penetrarono entrambi in casa Coleman, poi sorse tra loro una disputa, nel corso della quale Parker è stato ucciso.» Jimmy assentì. «Forse» proseguì Bill Dicker «il gioiello è stato rubato da Tod, invece. Questi, col miraggio dei diamanti, ha spinto Parker a introdursi in casa Coleman, oppure a tentare il furto degli altri gioielli dandogli la piastra come ricompensa anticipata… Ma sarà meglio riparlarne domani, altrimenti io finisco col formulare le ipotesi più strane. Chi diamine sarà quell'"allocco"?» «Forse sono io» rispose Jimmy. Poi dopo una pausa: «Così quando sono venuti a casa mia cercavano proprio le lettere di Julie.» Rimasero a lungo in silenzio. Finalmente Jimmy si alzò con un sospiro. «C'è un uomo che mi piacerebbe interrogare, ora, ed è il nostro amico Succhiello, che senza dubbio potrebbe fornirci preziose informazioni sul conto di Tod Haydn. Ad ogni modo, credo che la miglior cosa da fare sia frugare palmo a palmo Carsholt Street, nel quartiere di Tidal Basin.» Era già l'alba quando Sepping terminò i preparativi necessari alla spedizione. La sua prima visita fu per l'abitazione di Succhiello, dove raccolse notizie sorprendenti dalla padrona di casa. La donna disse che era molto in ansia per il suo inquilino. «Avete visto l'uomo col quale se n'è andato ieri sera?» «No, ma l'ho sentito parlare. Mi è parso un signore molto distinto e vi posso dire anche il suo nome.» «Il suo nome?» fece Jimmy stupito. «Ditemelo subito.» «Il signor Knowles» proseguì la donna, «è rimasto in casa pochi minuti e stava per uscire, quando quel signore si è presentato alla porta. Io mi trovavo a metà della scala e ho sentito il mio inquilino dire: "Che cosa desiderate?". Allora quel signore ha detto: "Voi mi conoscete, Knowles, non è vero?". Allora il signor Knowles ha esclamato: "Oh, signor Walton, che sorpresa!"». «Walton!» gridò Jimmy. «Ne siete sicura?» «Sicurissima. Sarei disposta a giurarlo sulla Bibbia davanti a un tribunale» rispose con enfasi. 27 Preso un taxi, Sepping si fece condurre al Tidal Basin dove trovò la sua squadra che l'attendeva. Le finestre di tutti i caseggiati erano chiuse e la strada era deserta. Non aspettarono a lungo. Una delle porte si aprì e ne uscì un uomo che si avviò in direzione di Jimmy. Era un operaio mattiniero e gettò un'occhiata sospettosa a Jimmy, quando questi gli si avvicinò. «No, signore. Non so nulla, non conosco persone che si chiamano Haydn» rispose alla domanda dell'ispettore. «Ci sono dozzine di giovani coppie che abitano in questa strada. Com'è la ragazza?» «Credo che sia graziosa» disse Jimmy. «Di belle ragazze che abitano in questa strada, ce n'è soltanto una, e io non l'ho mai vista» affermò l'operaio. «Abita al numero quarantaquattro e occupa col marito l'appartamento del primo piano. Hanno due stanze in affitto e vi capitano di tanto in tanto. Si suppone che lui sia un marinaio e che lei viva con sua madre, quando il marito è in navigazione. Non so che tipo sia lui.» L'informatore proseguì per la sua strada. Poco dopo apparve una donna di mezza età, che fu pure interrogata da Jimmy. «Deve essere proprio quella coppia del numero quarantaquattro» confermò la donna. «Non c'è nessun'altra ragazza nei dintorni che si possa proprio dire bella. Lui ha il tipo dell'uomo di mare…» Praticamente la donna ripetè quello che aveva detto l'operaio. Jimmy si diresse verso il numero quarantaquattro. Bussò e gli fu risposto immediatamente. Si udì un rumore di passi, poi la porta fu aperta e il pallido viso di un ragazzo apparve sullo sfondo buio di un corridoio. Il ragazzo era zoppo e sembrava fosse il solo inquilino del pianterreno. Sua madre, come confessò candidamente, stava "facendo ventun giorni per ubriachezza". «Chi abita al piano di sopra?» «Il signore e la signora Marsh» disse il ragazzo. «Ma non sono in casa. Vengono molto di rado, anzi non mi ricordo che vi abbiano mai abitato.» Jimmy salì al primo piano per visitare l'appartamento. Consisteva solo di due stanze e non vi trovò nulla di notevole all'infuori di una carta dell'Inghilterra, sulla quale certe zone erano segnate con inchiostro rosso. I segni corrispondevano alle circoscrizioni giudiziarie. Trovarono anche un almanacco legale sul quale erano sottolineate le date delle sedute della Corte d'Assise. «Sembrerebbe che l'amico si aspettasse di dover apparire in Tribunale» disse Jimmy. «Forse aveva piuttosto l'idea di sfuggire al processo» disse l'agente che lo accompagnava. «In alcuni di questi luoghi si può essere rilasciati su garanzia.» Jimmy aprì tutti i cassetti nella speranza di trovare qualche effetto di vestiario femminile, ma fu deluso. Nulla. Provò ad interrogare ancora il ragazzo zoppo, ma anche questo lo deluse. Si teneva molto sulle generali e pareva che lo facesse di proposito. Seppe in seguito che il ragazzo e sua madre vivevano senza pagare affitto nell'appartamento al piano terreno, in cambio di alcuni piccoli servigi che rendevano al padrone di casa. Jimmy stava per andarsene, quando fu colpito da un pensiero e tornò a rivolgersi al ragazzo. «Dove respingete le lettere?» chiese. Si accorse subito dal rossore che salì al viso del ragazzo di aver fatto una domanda alla quale lui non voleva rispondere. «Non riceve molte lettere» il ragazzo esitò. «E quando ne arrivano le teniamo qua.» «Dove le mandate?» insisté Jimmy. «Non mi ricordo l'indirizzo, signore» disse il ragazzo. «La mamma lo sa meglio di me.» Munito dell'autorizzazione del Ministero della Giustizia, Jimmy interrogò la madre dello zoppo nel parlatorio della prigione di Holloway. L'atteggiamento della donna contro la polizia era feroce. «È inutile che stiate qui, perché non ho nessuna informazione da darvi. I miei inquilini sono gente rispettabilissima. Essi stanno per conto loro e io per conto mio.» «Se voi sarete ragionevole» disse Jimmy con aria convincente «vedrò che cosa potrò fare per ridurre la vostra pena.» «Non ho bisogno che la mia pena venga ridotta, andrò fuori dopodomani!» disse la donna con aria di trionfo. «E anche se dovessi fare cent'anni, non vi direi nulla lo stesso.» «Non farete cent'anni, ma ne farete forse sette» disse Jimmy cambiando tono. «Il vostro inquilino è ricercato per assassinio e non occorre che ripeta due volte a una donna ragionevole come voi che chi aiuta un assassino a sfuggire alla giustizia, è passibile di una condanna ai lavori forzati.» L'atteggiamento della donna cambiò immediatamente. «Dovessi star qui tutta la vita, signor… non so come vi chiamiate… vi giuro che non so, intorno a quella gente, più di quanto non ne sappiate voi. Sono sempre stati buoni e generosi con me.» «Dove respingete la loro corrispondenza?» La donna gli diede un indirizzo che Jimmy riconobbe per quello di un recapito autorizzato in West End che non gli serviva a nulla. «Quando respingete loro le lettere fuori di Londra, dove le mandate?» «Non ho mai mandato lettere fuori Londra» rispose la donna e Jimmy le credette. «Chi è stato ucciso, signor ispettore?» chiese la donna non potendo resistere alla propria curiosità. «Un uomo che si chiama Parker o Felman» disse e l'effetto che le sue parole ebbero sulla prigioniera lo sbalordì. Impallidì e si alzò a metà. «Felman!» disse con voce strozzata. «Dio mio! Chi l'ha ucciso?» «Non lo so, ma sto cercando il signor Marsh, in relazione al delitto» disse Jimmy. «Conoscete Felman?» La donna annuì. Le labbra le tremavano. «Era mio marito!» singhiozzò. Quando si fu calmata un poco, la donna raccontò che da anni non viveva col marito, il quale però le passava un piccolo assegno. Non lo aveva visto per parecchio tempo, ma ultimamente era venuto diverse volte a far visita ai Marsh. «Non è stato il signor Marsh a ucciderlo, posso giurarlo» affermò energicamente. «Era molto affezionato a Felman. Naturalmente Felman era uno sciagurato, ma l'idea che sia stato assassinato è terribile.» «Sapete dove lavorava vostro marito?» La donna annuì, e scoppiò di nuovo in singhiozzi. Jimmy diede l'incarico al reparto investigativo di far sorvegliare la casa della donna. «Benché io non speri di pescare quei due» disse, «il ragazzo e la donna comunicheranno certamente con loro.» Dormì qualche ora e a mezzogiorno era di nuovo alla sua scrivania occupato a lasciarsi intervistare da alcuni giornalisti privilegiati, che potevano accedere al suo ufficio. Di Knowles ancora nessuna notizia. Il succedersi degli eventi era stato così rapido, dopo la scomparsa di Rex Walton, che Jimmy aveva quasi dimenticato che il suo compito era quello di scoprire che cosa fosse successo del suo amico. Lea glielo ricordò quando presero il tè insieme, quel giorno, al Carlton. «Jimmy, vi farò una confessione che vi sembrerà straordinaria. Non sono preoccupata per Rex.» «Nemmeno io» rispose Jimmy. «Sono convinto più che mai che Rex è pronto a difendersi da qualunque attacco.» L'ispettore raccontò alla ragazza della sparizione di Succhiello. «Non capisco» disse Lea. «Rex conosceva quel simpatico ometto. Ma in che cosa può essergli stato utile?» «Lo sa solo il cielo» rispose Jimmy. Poi con sua grande sorpresa la ragazza gli domandò: «Jimmy, potete trovarmi un impiego?» «Che cosa intendete dire?» e Lea rise sommessamente. «Non dispongo di una gran somma di danaro e se Rex ritarda a ritornare, è necessario che io faccia qualcosa. È una cosa incomprensibile. Rex non può avermi voluto lasciare senza danaro volontariamente. Di questo sono ben certa.» «Forse ha dimenticato di aver avuto in consegna anche il vostro danaro» osservò Jimmy dopo un momento di riflessione. «Aveva con sé una forte somma di danaro quando è scomparso, non è vero?» «Credo che l'avesse, ma la sola persona che lo potrebbe confermare è il suo cameriere, che è pure scomparso. Non vi spaventa tutto questo, Jimmy? Prima Rex, poi Wells, poi il povero Collett, ed ora Knowles. A chi toccherà la prossima volta?» «È quello che vorrei sapere» disse Jimmy pensieroso. «Chissà chi sarà il primo a ricomparire?» Quella era una domanda alla quale avrebbe avuto una drammatica risposta poche ore dopo. 28 Dora era tornata in città; Jimmy lo seppe più tardi quando ricevette un suo biglietto che lo pregava di recarsi a Portland Place. Bennett gli aprì la porta e gli comunicò che il signor Coleman era assente. «È stata una cosa terribile, signore» disse il nuovo cameriere. «Terribile! Da un po' di tempo non abbiamo che disgrazie. Vorrei essere stato presente io, oggi, quando è venuto quell'uomo.» «Quale uomo?» chiese Jimmy distrattamente. «Nessuno lo conosce. Il signor Coleman ha detto di non averlo mai visto.» «Cos'è successo?» «Il signor Coleman ha aperto lui stesso la porta. Io ero uscito proprio' allora. L'individuo, senza dire una parola, lo ha percosso in faccia con un bastone o con una frusta che aveva con sé.» Jimmy lo guardò a bocca aperta, sbalordito. «Ha percosso il signor Coleman? Perché» «È anche quello che il signor Coleman vorrebbe sapere.» «Ma non poteva inseguirlo o consegnarlo ad un agente?» «No, signore. È rimasto così esterrefatto, che l'uomo era già lontano prima che il signor Coleman si fosse ripreso. Era completamente sconvolto.» «Rinuncio a capire» disse Jimmy scrollando le spalle. «È un imbroglio che io dispero di… La signorina Coleman è in casa?» Dora era pallidissima e aveva gli occhi cerchiati. Gli disse che non avrebbero passata la notte in città, lei e suo padre. «Non avete scoperto nulla che possa aiutare a consegnare l'assassino alla giustizia?» domandò poi. «Nulla» disse Jimmy. Erano soli e d'improvviso, con grande imbarazzo del giovane, Dora gli gettò le braccia al collo e gli lasciò cadere la testa sulla spalla. «Oh, Jimmy!» singhiozzò. «Sono così stanca di tutto, così stanca! Dio volesse che fossi morta!» L'ispettore cercò di consolarla come meglio poteva. A un tratto sentirono il leggero tonfo della porta di casa che si chiudeva. «Ecco papà» disse Dora. Il signor Coleman entrò pochi secondi dopo e Jimmy lo guardò con stupore. Una striscia livida gli attraversava la faccia, il naso era gonfio, e un occhio pesto. «Sono molto spiacente di tutto questo» disse Jimmy con sincerità. Per quanto l'ometto non gli fosse eccessivamente simpatico, non poteva fare a meno di compiangerlo. «Oh, non è nulla, nulla» brontolò Coleman rabbiosamente. «Naturalmente non potrò andare in ufficio per un giorno o due. Il dottore dice che occorreranno forse settimane prima che i segni scompaiano completamente.» «Bennett mi ha detto quello che è accaduto. Vorrei che foste riuscito ad acchiappare il delinquente.» «Anch'io» disse l'altro energicamente. «Vorrei averlo preso. L'avrei ammazzato! Questa notte andremo a dormire all'albergo. Sto pensando seriamente di vendere questa casa!» Jimmy udì di nuovo il rumore della porta d'ingresso che si chiudeva e si domandò chi fosse il visitatore. «Se Walton avesse soltanto…» cominciò il signor Coleman, quando la porta si aprì ed entrò un uomo alla vista del quale rimase ammutolito dallo stupore. Era Léonard Collett. 29 «Da dove venite?» chiese Jimmy. «Vorrei essere in grado di dirvelo» rispose l'avvocato, «ma non ne ho la più vaga idea. Tutto quello che so è che ero a tre ore di distanza di qua, su di un panfilo. Ho bisogno di parlarti, zio.» Fissò stupito il viso sfigurato di Coleman. «Cosa è successo?» domandò. «Te lo dirò poi. Che cos'è tutta questa storia, Léonard? Dove sei stato?» «Ero prigioniero. Posso fumare?» Accese una sigaretta sdraiandosi voluttuosamente in una poltrona. «Ero prigioniero» ripetè. «In piena Londra, a dispetto della nostra ben organizzata polizia; trasportato in riva al mare; poi su un panfilo e tenuto sotto sequestro sino al pomeriggio di oggi. L'imbarcazione ha una stazione radiotelegrafica e fortunatamente so come si trasmette un messaggio. Però quello che stavo per lanciare al mondo non potè essere comunicato per intero.» «Ma chi vi teneva prigioniero?» chiese Jimmy. «Suppongo che vi fosse qualcuno a bordo a farvi la guardia.» «Naturalmente, ma non so chi fosse» disse Collett rabbiosamente. Jimmy lo osservava con attenzione. Era certo che l'uomo mentiva. «Non potete fare un piccolo sforzo di memoria e dirmi chi era?» «Forse, in un secondo tempo. Per ora mi sento molto reticente. Farò un rapporto in regola a suo tempo» disse Collett. «Ora non desidero, né intendo dire nulla di più di quanto ho già detto.» Jimmy si domandò perché, se le cose stavano così, l'avvocato si fosse preso il disturbo di recarsi a Portland Place, a meno che non fosse perché il signor Coleman era il suo unico parente. Poco dopo Jimmy si congedò lasciando che Léonard Collett rimanesse a raccontare allo zio la storia più o meno veritiera di quella sua avventura. Per quanto Léonard Collett avesse voluto mantenere il segreto, c'erano alcune formalità ufficiali attraverso le quali bisognava passare. Arrivando nel suo appartamento verso mezzanotte l'avvocato ebbe la contrarietà di trovare una dozzina di giornalisti che l'aspettavano alla porta. Collett fu tempestato da una caterva di domande, ma se la cavò dicendo che avrebbe raccontato l'intera storia a suo tempo. Congedò i giornalisti, dicendo che era stanco e aveva bisogno di una notte di riposo. Chiuse la porta dietro di loro e tornò nel suo salotto riflettendo. Per un individuo che voleva dormire, il suo contegno era piuttosto strano. Per due ore esaminò il contenuto della sua scrivania, leggendo e distruggendo carte. Quando la scrivania fu vuotata, cominciò a fare una scelta di volumi negli scaffali. Ne tolse alcuni e li pose in fondo a un baule, che cominciò a riempire. Alle sette del mattino si recò in ufficio. Anche là fece un'accurata ispezione delle carte, che erano già state esaminate dalla polizia. Bruciò qualche documento. Ne estrasse altri da un classificatore e se li mise in tasca. Alle nove e mezzo si presentava al Banco Londinese. Ebbe un colloquio col direttore. Alla sua conclusione presentò un assegno di settemilatrecento sterline, facendoselo pagare in biglietti della Banca d'Inghilterra. Distribuì le banconote in varie tasche. Poi tornò al suo appartamento e, tagliando corto alle effusioni del suo domestico, gli disse: «Preparatemi la colazione. Parto per il continente col treno delle undici. Respingetemi tutte le lettere all'Hotel Meurice. Rimarrò a Parigi una quindicina di giorni.» Finita la colazione si fece condurre da un taxi a un'agenzia di viaggi e si mise in coda ad uno sportello. «Voglio un biglietto di prima classe per Oslo, via Hull; uno di prima classe per Monaco, via Harwich-Colonia-Berlino, e uno di prima classe per Parigi, via Calais» disse quando fu il suo turno. Ritornò al suo taxi che lo aspettava, lasciò i suoi due bauli al deposito della stazione Victoria, poi, con una sola valigia, si recò alla stazione della metropolitana. Nelle prime ore del pomeriggio era a Southend, da dove, lungo la costa orientale, avrebbe potuto raggiungere comodamente Harwick. A Southend si recò dal barbiere. Si fece tagliare i capelli e radere i baffi. Queste precauzioni, cui si aggiunsero un paio di occhiali cerchiati di corno e un abito marrone chiaro, mutarono il suo aspetto in modo che non sarebbe stato facile riconoscerlo. Nel pomeriggio andò a Colchester e prese il treno diretto a Ely. Sarebbe stato meglio se fosse stato meno reticente. Quella notte alle due, Jimmy, tornando stanco e scoraggiato a casa, trovò Albert che stava per riattaccare il ricevitore del telefono. «Siete chiamato al telefono, signore, dal vostro ufficio.» Jimmy prese il ricevitore. «Parlo con l'ispettore Sepping?» disse la voce dell'ispettore di servizio. «Abbiamo ricevuto in questo momento un telegramma dalla polizia dell'Essex. È stato trovato in uno scompartimento di prima classe il cadavere dell'avvocato Léonard Collett.» «Assassinato?» chiese Jimmy. «Ucciso da una revolverata tiratagli a bruciapelo. È stato identificato perché c'era il suo nome nel cappello… Le tasche erano state vuotate.» 30 «Senza dubbio stava tentando di scappare all'estero, segretamente» disse Jimmy al suo collega Bill. «Aveva anche trasformato un poco il suo aspetto. Prima di partire aveva pagato al domestico sei mesi di stipendio anticipati e gli aveva regalato tutto ciò che conteneva l'appartamento, confermando la donazione per iscritto. I suoi bauli si trovano depositati alla stazione Victoria. Aveva con sé soltanto una valigetta contenente un abito. «Aveva del danaro?» «Risulta che era partito con oltre settemila sterline» rispose Jimmy. «Ma addosso non gli è stato trovato nulla. Sotto molti aspetti l'assassinio è analogo a quello di Parker. Anche Collett è stato ucciso da un colpo di rivoltella sparato a bruciapelo. L'arma doveva essere munita di silenziatore, perché negli scompartimenti vicini non è stato sentito nessun rumore. A mio giudizio deve essere stato pedinato fin dal momento in cui lasciò il suo appartamento. E l'uomo che lo pedinava è quello che l'ha ucciso.» «Kupie?» suggerì Bill. «Non posso spingermi al punto da dare un nome all'assassino, ma ritengo che l'uccisore di Collett sia quello che ha soppresso Parker.» «E quale sarebbe il movente, secondo te?» «Lo stesso che abbiamo attribuito al caso Parker. Collett era in procinto di cantare.» Bill Dicker si lasciò sfuggire un fischio. «Vuoi dire che Collett fosse un complice di Kupie?» «Non c'è dubbio. Osserva a quale periodo risale la prosperità di Collett e troverai che coincide col periodo in cui Kupie ha cominciato il suo lavoro in grande stile. Collett fungeva da intermediario per Kupie. Ti rendi conto che in tutti i casi in cui le vittime del ricattatore hanno pagato, le trattative si sono svolte per mezzo di Léonard Collett?» «Ma c'è stato un caso in cui Kupie non ha ottenuto un soldo» osservò Bill. «E quella volta c'era di mezzo Collett. Come lo spieghi?» «Era il primo tentativo di ricatto da parte di Kupie. Léonard Collett trattò la cosa con grande abilità e fece recuperare al cliente le lettere compromettenti senza fargli pagare alcun prezzo per il riscatto. Cos'è stato il risultato di questo? Una grande pubblicità per Collett. Dopo di che tutti quelli che venivano ricattati da Kupie si rivolgevano a Collett! Le vittime correvano da lui e alla fine pagavano. Io credo che i due complici si siano urtati e che Collett intendesse scomparire, prima di essere raggiunto dalla vendetta del ricattatore. Altra prova, questa, che Kupie è in preda al panico. Ha ucciso Parker perché minacciava di cantare e ha ucciso l'avvocato per lo stesso motivo.» La cosa che lasciava Jimmy più perplesso era l'aggressione subita dal signor Coleman. Più ci pensava, più trovava inesplicabile il contegno dello sconosciuto che aveva sfregiato il padre di Dora. Quando venne la sera, Jimmy fece trasmettere via radio un messaggio nella speranza che potesse essere captato dal misterioso panfilo sul quale Collett era stato prigioniero. Il messaggio diceva: "Il proprietario del panfilo sul quale l'avvocato Léonard Collett è stato recentemente ospite è pregato di mettersi in comunicazione con Scotland Yard, nell'interesse della Giustizia. " La trasmissione non ebbe alcuna risposta. L'ispettore si recò poi a Portland Place, dove i Coleman si erano trasferiti, e trovò Dora in uno stato di grande prostrazione. «Siete proprio sicuro che Collett non vi abbia dato particolari del suo soggiorno sulla nave?» domandò Jimmy a Coleman. «Vi ripeto che ne sono sicuro» rispose questi. «Sapete com'era quel benedetto ragazzo. Abbiamo tentato in tutti i modi di farlo parlare, Dora ed io, ma lui se l'è cavata con qualche risposta evasiva e scherzosa. La povera Dora è proprio sconvolta. Era molto affezionata a Léonard.» Quando Jimmy uscì dall'albergo notò appena un taxi accostato al marciapiede. Stava per passare oltre, quando vide una mano spuntare dal finestrino e fargli cenno di avvicinarsi. «Lea!» esclamò Jimmy meravigliato. «Cosa diamine fate qui?» «Vi sono corsa dietro. È un'ora che aspetto. Sono andata a Scotland Yard e il signor Dicker mi ha detto dove eravate andato. Salite, Jimmy, ho bisogno di parlarvi.» Jimmy prese posto accanto alla ragazza. «E ora ditemi quali sono i gravi motivi che vi hanno spinta a darmi la caccia.» «Sentite, voi siete molto generoso, ma io non posso accettare. Devo trovare un impiego.» «Accettare che cosa?» «Il danaro che mi avete mandato.» «Ma io non vi ho mandato del danaro! Non avrei mai osato. Quando l'avete ricevuto?» «Nel pomeriggio di oggi. È arrivato in una busta assicurata. Dieci banconote da cento sterline» rispose Lea. Poi ad un tratto esclamò: «Che sia stato Rex?». «Da dove è stata spedita l'assicurata?» domandò Jimmy. «Dalla posta centrale di Londra. È la prima cosa che ho guardato. Il nome del mittente è J. Smith… Sarà falso, naturalmente. Ecco perché ho pensato che foste stato voi.» Pochi minuti dopo l'auto si fermava davanti all'abitazione di Lea e un uomo, che passeggiava con aria sfaccendata, aprì lo sportello e proseguì. «Mio Dio, Jimmy» fece la ragazza con un sussulto, «è forse un altro che sorveglia la mia casa?» «Credo di sì» rispose Jimmy. «Ma questa volta si tratta di una persona dalla parte della legge. In altre parole è un agente di polizia.» In casa, Jimmy esaminò le banconote che Lea aveva ricevuto e constatò che i numeri delle serie erano consecutivi e corrispondevano ai valori inglesi prelevati da Rex. «Il mistero è chiarito» annunciò Sepping, «è stato Rex.» «Sono contenta che me l'abbia mandato lui il danaro, perché significa che ha una discreta libertà di azione.» Poi Lea aggiunse: «È vero che il signor Collett è stato assassinato?». «Purtroppo sì. Probabilmente Rex e il suo milione non sono estranei agli avvenimenti che vanno disorientando la polizia.» «Credete che qualche pericolo mi minacci?» domandò Lea con voce ferma fissandolo con occhi che non tradivano il minimo spavento. «Credo che tutti siamo in pericolo e lo saremo finché non avremo messo le mani su Kupie.» «Dove sarà ora Rex?» chiese la ragazza. «Non lo so. Non capisco neppure il mistero della sua scomparsa. Nei primi tempi può essere rimasto lontano sapendo che qualche rischio lo aspettava nelle vicinanze della sua casa, ma ora… La vostra casa non era la sola vigilata, Lea. Lo era anche la mia. Quando vidi Rex dalla finestra, probabilmente aveva avuto intenzione di venire da me, ma scorgendo gli uomini di guardia alla mia porta credette prudente eclissarsi. Certamente Kupie è ancora deciso a impedire il ritorno di Rex e in tal caso non indietreggerà di fronte a nulla. Dovrete sopportare la presenza di quell'agente ancora per una settimana o due.» Jimmy in verità era preoccupato per Lea. In modo vago e impreciso sentiva che un pericolo incombeva sul suo capo. Con una scusa trovò modo di parlare col domestico, un uomo di mezza età, energico e vigoroso. La ragazza era salita per prendere la busta nella quale erano arrivate le banconote. Il domestico, quando Jimmy gli ebbe spiegato la situazione, disse: «Vi ringrazio per avermi avvertito. Ad ogni modo a tutte le porte sono installati i segnali d'allarme e ho una rivoltella d'ordinanza in perfetta efficienza. A che ora credete probabile che possiamo ricevere qualche visita poco desiderabile?» Jimmy arrischiò un'ipotesi. «Tra mezzanotte e le tre del mattino. Più tardi comincia ad albeggiare. Più presto c'è quasi sempre qualcuno che veglia in casa. Potrete dire alla signorina che vi ho pregato di stare alzato nel caso che venga qualche comunicazione notturna da Scotland Yard.» «Benissimo, signor ispettore. Non mi coricherò prima delle tre del mattino.» 31 Filippo, il domestico dei Walton, si sorprese a sonnecchiare sul libro che stava leggendo. Allora si alzò e si stiracchiò sbadigliando. Guardò l'orologio: era la una e mezzo. Accese il fornello a gas e mise a scaldare un pentolino d'acqua. Poi fece per la seconda volta il giro d'ispezione nella casa, sostando a esaminare le porte e le finestre del pianterreno. Non vide nulla di sospetto. Nello scendere le scale, però, scorse con la coda dell'occhio un momentaneo lampo riflesso da un vetro della finestra che dava luce al pianerottolo del primo piano. Si voltò di scatto, ma la luce era scomparsa. Credendo a un'illusione ottica, ritornò in dispensa e si preparò una tazza di tè. Nessun rumore turbava il silenzio della casa. Due volte nel corso della notte aveva guardato fuori dalle finestre della sala da pranzo e si era sentito rassicurato alla vista dell'uomo che faceva la ronda nella via. Ora però si sentiva nervoso e provava un senso di solitudine. Il domestico tornò a guardare in strada dalla finestra della sala, ma l'agente di guardia era scomparso. Filippo pensò che il poliziotto fosse andato fino all'angolo della via. Passarono alcuni minuti, ma il poliziotto non ricompariva. Filippo decise di andare a dare un'occhiata fuori, ma esitò con la mano sulla maniglia. Mancava un quarto alle due e ritornò verso la dispensa. Era sul secondo gradino quando si fermò di colpo. La luce della dispensa era spenta e un soffio d'aria fredda lo investì. Evidentemente la porta di servizio che dalla cucina dava sul cortile era stata aperta. Filippo trasse la rivoltella e tolse il fermo, poi scendendo cautamente allungò la mano per accendere la luce. Udì il sibilo di un bastone che fendeva l'aria, tentò di scostarsi. Troppo tardi. Una canna piombata si abbatté sulla sua testa e il domestico cadde a terra privo di sensi. La nera figura del suo aggressore si curvò su di lui, lo risollevò e lo trasportò in cucina. «Mettigli un tovagliolo in bocca e legagli le mani» disse e l'uomo che era con lui obbedì prontamente. Lea non dormì tranquilla quella notte. Forse l'avvertimento di Jimmy l'aveva turbata. La finestra a saliscendi di fronte al suo letto era alzata a metà, dato che faceva caldo. Era appena assopita quando qualcosa la svegliò. Era lo scricchiolio di una tavola del pavimento e proveniva da fuori della sua porta. Istantaneamente fu perfettamente sveglia. Si alzò senza fare rumore e si avvicinò alla porta appoggiando una mano sulla maniglia. Non udì alcun altro rumore, ma, ad un tratto, si sentì gelare il sangue: la maniglia girava lentamente nella sua mano. Per fortuna la porta era chiusa a chiave. Udì un parlottare sommesso. «Chi è?» domandò la ragazza sforzandosi di assumere un tono naturale. «Sono io, Filippo» sussurrò qualcuno e Lea stava già per aprire, quando in un lampo si ricordò che il domestico non avrebbe mai tentato di girare la maniglia senza bussare. «Aspettate un momento, Filippo» rispose cercando di controllare la propria voce. «Devo infilarmi la vestaglia.» Accese la luce e cominciò a vestirsi, ma le mani le tremavano. Gli uomini che aspettavano di fuori si impazientirono. «Si tratta di una cosa urgente» sussurrò la voce. «Ancora un secondo, Filippo» disse Lea. Il letto era su rotelle e senza uno sforzo eccessivo la ragazza riuscì a spostarlo fino a far appoggiare la spalliera contro la porta. In quel momento udì uno schianto e uno dei pannelli della porta tremò. Gli intrusi avevano capito quanto stava accadendo. Lea si guardò attorno smarrita cercando un'arma e vide su un mobile un grosso specchio a mano. Lo afferrò e in quel momento il pannello della porta cedette e una mano penetrò nella fessura cercando di girare la chiave. Lea alzò lo specchio e colpì il polso con quanta forza aveva. Si udì un grido di dolore e la mano si ritirò. Dal piano superiore le pervenne un grido: una delle cameriere si era svegliata e aveva sentito uno degli aggressori dire all'altro: «Sfondiamo la porta!» Il letto cominciava a muoversi e la serratura già aveva ceduto. In quel momento qualcuno bussò violentemente alla porta di strada. Lea sentì un'esclamazione di sgomento di uno degli intrusi. «Scendi e toglilo di mezzo!» mormorò l'uomo e Lea ebbe un momento di tregua, che utilizzò per trascinare una tavola e incastrarla tra il letto e la toeletta. Chi bussava alla porta? In un lampo si rese conto che, chiunque fosse, era in grave pericolo. Corse alla finestra e gridò: «Fate attenzione! C'è un uomo che scende per… per togliervi di mezzo!» «Siete voi signorina Walton? È successo qualcosa?» domandò una voce dal basso. «Sì… sì, qualcuno tenta di entrare nella mia camera…» Immediatamente il fischio della polizia lacerò l'aria. Lea sentì imprecare fuori della porta e sentì che l'uomo se la dava a gambe. Non osava uscire dalla camera, neppure per andare ad aprire agli agenti. Prese la chiave del portone e la gettò dalla finestra. La ragazza vide l'agente che si chinava a raccoglierla. Due minuti dopo, tremante di paura, Lea spostava nuovamente il letto per lasciare entrare il poliziotto. Ma presto la ragazza ritrovò il suo equilibrio. «Dobbiamo trovare Filippo, il mio domestico. Non credo che sia a letto, perché doveva rimanere alzato fino alle tre di notte, secondo le disposizione dell'ispettore Sepping.» «Andrò a cercarlo» rispose l'agente. Ma la ragazza lo volle seguire. Non avevano ancora messo piede nella dispensa quando giunse loro un gemito soffocato. «L'hanno tramortito» disse l'agente. «È la specialità di Kupie.» Filippo fu liberato dal bavaglio e dalla corda che gli stringeva i polsi e quando si trovò seduto sulla seggiola girò lo sguardo intontito dalla ragazza al poliziotto. Trasportarono il domestico nella sua camera e poi tentarono di telefonare. Ma il telefono era stato messo fuori uso. L'agente di guardia alla porta dei Walton fu ritrovato legato e imbavagliato nel cortiletto della casa. Uno dei quattro agenti che nel frattempo erano arrivati, fu mandato a chiamare l'ispettore Sepping, il quale arrivò a Cadogan Place prima che il domestico avesse ripreso i sensi. Jimmy ispezionò la porta della cucina. Due fori circolari erano stati praticati al di sopra e al di sotto della serratura e, attraverso quelle aperture, gli intrusi dovevano aver tirato il catenaccio. L'ispettore non aveva sbagliato nelle sue previsioni. Kupie non aveva perduto tempo. Quello che intendeva fare della ragazza poteva facilmente immaginarlo. «Quei due dovevano aver l'ordine di portarvi al loro capo sana e salva, altrimenti avrebbero potuto sparare attraverso la fessura della porta.» «Ma che cosa volevano, allora?» domandò Lea. «Rapirvi. Tenervi come ostaggio e… per Giove! Credo di aver capito. Tenendovi prigioniera, Kupie voleva far ricomparire Rex!"» Albeggiava quando Sepping ritornò a casa lasciando questa volta due agenti nella casa. Sapeva che Kupie non aveva giocato la sua ultima carta. 32 Nei giorni che seguirono le facoltà mentali e l'equilibrio morale di Jimmy furono messi a dura prova. Anche Dicker aveva ricevuto da Kupie un messaggio, il quale, con calligrafia diversa, lo invitava a disinteressarsi del caso. Dora, che si sentiva molto meglio, stava per partire per Marlow. Nel pomeriggio accadde un banale incidente, ma Jimmy credette di poterlo ricollegare con le azioni molto più gravi che erano state ispirate da Kupie. La governante di casa Coleman aveva smontato i tendaggi della stanza dove era stato commesso il delitto e li aveva messi in una scatola con altri oggetti che dovevano essere puliti, poi aveva telefonato a una tintoria perché mandasse a ritirarli. Alle quattro e mezzo un furgoncino della tintoria si era fermato davanti alla casa. L'autista aveva ritirato la scatola e l'aveva messa nel furgoncino, per proseguire poi il suo giro. Aveva fatto la sua ultima commissione a Richmond. Di solito con l'autista c'era un ragazzetto che restava a guardia del furgoncino, ma questa volta era stato mandato per un'altra commissione. Al ritorno in sede l'autista scoprì che mancava una scatola e precisamente quella del signor Coleman. L'incidente fu denunziato alla polizia di Richmond. Indagando, gli agenti scoprirono che un uomo aveva visto una vettura fermarsi dietro il furgoncino della tintoria. L'autista ne era disceso, aveva aperto il furgoncino stesso e ne aveva tolto una scatola, che aveva consegnato a un altro individuo che si trovava nella vettura. L'automobile si era poi allontanata velocemente. Quando il conducente del furgoncino fu interrogato dichiarò che durante tutto il tragitto da Londra a Richmond era stato seguito da una grossa vettura Fiat. Il mattino seguente il domestico del signor Coleman spedì una cassetta a Marlow. Conteneva alcuni libri che Dora gli aveva ordinato di mandarle. Il servitore li aveva messi in una cassettina di legno grezzo, aveva preso un taxi ed era andato per spedirli alla stazione Ovest. La cassetta aveva viaggiato fino a Maidenhead, poi era stata trasferita nel treno locale e più precisamente in un bagagliaio in coda al convoglio. All'arrivo a Marlow un inserviente, aperto il vagone, con grande stupore aveva trovato la cassetta scardinata e i libri sparsi sul pavimento. Anche questa volta c'era una testimonianza: un operaio della ferrovia aveva visto un uomo di mezza età, con gli occhiali, arrampicarsi nel bagagliaio durante una sosta del treno a un miglio da Bourne End. Il terzo incidente era il più grave. Il signor Coleman aveva ordinato al suo domestico di portare una valigetta, contenente un cambio di biancheria e un abito, al deposito bagagli di Paddigton, in previsione di una scappata che intendeva fare alla sua casa di campagna. Bennett decise di andare a piedi alla stazione. Era l'imbrunire e i passanti erano rari. Il servitore stava costeggiando un giardino in fondo a Portland Place, quando un cancello si aprì e, prima che il giovanotto si rendesse conto di quanto accadeva, gli veniva strappata di mano la valigia, mentre qualcuno gli gettava in faccia una spugna imbevuta di ammoniaca. Quando Bennett si era riavuto l'aggressore era scomparso. La valigia fu trovata più tardi nel giardino e il suo contenuto era sparso sul prato. Jimmy, molto incuriosito, andò a far visita al signor Coleman, il quale dormiva in albergo, ma passava le serate in casa. «Sono stanco di dovermi rivolgere continuamente alla polizia» disse questi rabbiosamente. «C'era qualcosa di valore nella valigia?» «Nulla! Assolutamente nulla!» Jimmy si fece mostrare la valigia e il suo contenuto. Non vi era certo di che tentare il più meschino dei ladri. La mattina seguente Jimmy ebbe una visita da Lea. La ragazza aveva ricevuto una lettera da Dora, che la pregava di andarla a raggiungere a Marlow, dato che, sola com'era, si sentiva molto triste, soprattutto al pensiero dell'assassinio di Léonard Collett. Jimmy fece una smorfia contrariata quando lesse la lettera. «Non sarei affatto contento se voi andaste a Marlow» disse. «Mi. sarebbe più difficile provvedere alla vostra sicurezza personale. Non mi fido della polizia di provincia.» Lea rimase perplessa. «Eppure, sento il bisogno di allontanarmi per qualche giorno da Londra e soprattutto dalla mia casa. Del resto Dora mi dice che ha ai suoi ordini due robusti giardinieri. Siate buono, datemi il permesso di andare!» «Se proprio ci tenete, andate. Questo però aumenterà le mie preoccupazioni» rispose. Poi vedendo che la ragazza si rattristava aggiunse: «No, non volevo dire questo. Sono un egoista. Un po' di distrazione vi farà bene e poi la vostra visita farà piacere a Dora». Dora aspettava Lea alla stazione. Le due ragazze attraversarono il vecchio ponte sul fiume e si avviarono per la lunga strada di campagna che conduceva al Giuncheto. Era questo il nome della villa, costruita sulla riva erbosa di un'insenatura del Tamigi. Dalla parte della strada il villino era nascosto da una cinta di pini. L'arredamento della casa era molto grazioso, le stanze arieggiate e luminose. Lea si sprofondò con un senso di benessere in una poltrona di vimini nella camera che le era stata assegnata. Una porta-finestra stava sul balcone sovrastante il portico. La ragazza si alzò e guardò fuori. Ricordando l'avventura che le era capitata pochi giorni prima in casa sua, pensò quanto le sarebbe stato più facile fuggire, se le fosse successo qualcosa di simile al Giuncheto. Poi rise dell'assurdità di quell'idea. Si cambiò e raggiunse Dora sul prato scosceso, che scendeva fino alla riva. «Questa è la darsena» spiegò Dora. «Non è proprio una darsena, ma una semplice tettoia. Ed ecco il motoscafo. Ti insegnerò a guidarlo.» Per un'ora Lea si sottopose di buon grado a una lezione teorico-pratica sul modo di manovrare l'imbarcazione. Dora sembrava aver dimenticato ogni ricordo spiacevole e appariva allegra e serena. La sera soltanto, quando si trovarono accanto al camino, Dora improvvisamente domandò: «Ti ho mai detto che Léonard Collett desiderava sposarmi?» «Quanti uomini hanno desiderato di sposarti?» «Molti» rispose Dora in tono vago. «Ci sono uomini che ti propongono il matrimonio con la disinvoltura con cui ti inviterebbero a pranzo. Suppongo che anche a te sia già capitata qualche occasione.» Si voltò a guardare Lea, la quale arrossì. «No, nessuno.» «Jimmy lo farà un giorno o l'altro» fece Dora e Lea cambiò discorso. «Perché mi hai parlato di Léonard?» «Pensavo a lui» rispose Dora. «Ero affezionata a Léonard, era un buon ragazzo. Lea, sai qual è la prova più dura a cui può essere sottoposto un essere umano?» La ragazza scosse il capo. «Quella di essere legata al proprio capriccio e obbligata a continuare una commedia, cominciata per un semplice ghiribizzo. In principio tutto è bello, nuovo e divertente, ma viene il momento in cui si desidera smettere di recitare e allora ci si trova incatenati. È terribile, opprimente!» Lea la fissava sbalordita. «I tuoi pensieri balzano da un'idea all'altra, Dora. A che cosa pensavi, dunque?» «Pensavo… così… a nulla in particolare» rispose l'altra alzandosi bruscamente, ma Lea non si accontentò di una risposta evasiva. «Con chi hai recitato? Non con Rex, suppongo. Facevi sul serio, allora, non è vero?» Dora annuì lentamente. «Sì, facevo sul serio. Non ho capito quanto facessi sul serio, fino a che…» Ancora una volta i suoi pensieri parvero sviarsi e Dora cambiò argomento. «Ti ricordi la ragazza che Rex doveva sposare… prima di conoscere me? Si chiamava Edith, se non erro.» «Sì. Fu assassinata. Dico assassinata e non credo di sbagliare, perché fu una vera crudeltà quella di Kupie: scriverle minacciando di divulgare il suo segreto! Povera Edith!» «Povera Edith» fece eco Dora. «Povero Léonard!… Povero Parker… vittime di un'avidità insaziabile.» A un tratto Lea rivolse alla sua compagna una domanda che da tempo le girava per la testa. «Che scuole hai fatto, Dora?» «Non sono andata a scuola che dopo i dieci anni ed anche allora per poco tempo» rispose Dora con gran stupore di Lea. «Mi sono istruita da sola. Credo che l'istruzione, per quanto riguarda la donna, debba arrivare fino a permetterle di esprimere i propri sentimenti per iscritto in modo decoroso.» «Ma tuo padre…» «Papà non era ricco un tempo e non sempre si è interessato di me come fa ora. Lea, mia cara, tu devi andare a letto. Potrai dormire tranquillamente; nessuno tenterà di penetrare nella tua stanza.» Lea dormì davvero placidamente tutta la notte e quando si svegliò vide la cameriera di Dora che disponeva l'occorrente per il tè sul tavolino accanto al letto. Erano già le dieci e Dora aveva dato ordine di non svegliare la ragazza prima di quell'ora. Quando fu pronta Lea trovò sua cognata che stava tornando nella sua barchetta. «Se ti fossi alzata più presto avremmo potuto fare qualche tuffo» disse, ma Lea la fissava a bocca aperta. «Cosa ti sei fatta in faccia?» domandò, e l'altra arrossì. «Nulla, nulla. Nello sbarcare in un'isoletta sono caduta e mi sono fatta male.» Lea non insistette, ma era ben certa che i segni che Dora aveva sulla guancia non erano quelli prodotti da una caduta. Erano ben chiare le impronte delle dita, lasciate da uno schiaffo. 33 Col procedere della giornata la serenità di Dora scompariva. Verso sera, appariva nervosa e sussultava a ogni piccolo rumore. Lea guardò di sfuggita la sua compagna e fu impressionata nel vedere come il suo viso fosse contratto e sconvolto. Forse era un effetto della luce, ma parve alla ragazza che Dora fosse in preda a terrore mortale. I suoi occhi erano fissi sul fuoco, le sue dita si stringevano convulsamente su un libro. Aveva le labbra semiaperte e respirava affannosamente. «Che ti succede?» domandò Lea. Dora sussultò. «Non lo so… stavo fantasticando. Vuoi salire un momento con me in camera mia? Forse ho i nervi un po' scossi.» La camera di Dora era arredata con maggior semplicità di quella di Lea. Contro una parete, tra le due finestre, si trovava un'ampia scrivania. Dora aprì un cassetto e ne trasse una piccola rivoltella automatica. «Ti sei mai servita di uno di questi giocattoli?» domandò con ostentata indifferenza. Lea annuì. «Sì. Rex mi ha insegnato a sparare fin da quando ero bambina… perché?» Dora fece scorrere la canna e parve soddisfatta. «C'è il proiettile nella canna e credo che il caricatore sia al completo. Sai come si fa a togliere la sicura?» «Ma che diamine…» cominciò Lea. «Nervi e null'altro. Mi sembra che tu sia più equilibrata di me questa sera, ed ecco perché te la presto.» Insieme passarono nella camera di Lea. Qui Dora si affrettò a chiudere le finestre. «Questa camera è abbastanza ventilata e siccome qui di notte fa freddo, è meglio che tu tenga la finestra chiusa… ecco il catenaccio…» «Ma perché tante precauzioni? C'è qualche pericolo in vista?» Dora scosse la testa. «Sono nervosa e mi darà un senso di sicurezza il sapere che c'è nella casa una persona capace di non abbandonarsi ad una crisi isterica per un nonnulla e munita di mezzi di difesa.» Dora posò la rivoltella sul tavolino da notte. «E ora buona notte, cara» disse baciando la ragazza affettuosamente. «Chiudi la porta a chiave, perché… io credo che sia sempre opportuno chiudersi nella propria camera, non sei del mio parere? I domestici hanno il vizio di entrare nei momenti più inopportuni…» Rimasta sola, Lea si sedette per riflettere sullo strano atteggiamento di Dora. Poi prese la rivoltella e la esaminò. Non avrebbe mai pensato che una persona così dolce come Dora potesse possedere un'arma di quel genere. Posò di nuovo l'arma sul tavolino e rise della situazione alquanto melodrammatica. Cinque minuti dopo essersi coricata la ragazza dormiva. Si svegliò quando qualcosa urtò contro il piede del suo letto. Il colpo la svegliò di soprassalto. Si mise seduta sul letto appoggiandosi al guanciale. La camera era immersa nella più profonda oscurità. Lea non poteva vedere nulla, eppure sentiva che qualcuno era entrato. Stando in ascolto, udì il lieve sibilo d'un respiro affannoso. Per un momento rimase pietrificata, poi si ricordò della rivoltella e allungò una mano. Le sue dita strinsero nervosamente il calcio. «Non accendere la luce o te ne pentirai» disse una voce cavernosa. «Chi siete?» domandò Lea. «Alzati e seguimi» rispose la voce. Presa da sgomento la ragazza abbassò la sicura e premette il grilletto convulsamente. Due detonazioni risonarono una dopo l'altra. Lea udì un rumore di vetri infranti e un'esclamazione di paura sfuggire all'intruso. Un momento dopo era scesa dal letto e si era precipitata alla finestra. Dopo averla aperta era uscita sul balcone volgendosi immediatamente verso l'interno della camera, con la rivoltella puntata. «Se fate un passo vi uccido!» gridò la ragazza, poi con moto fulmineo scavalcò il parapetto del balcone e scese a terra aggrappandosi all'esile colonna di legno che sosteneva il portico sottostante. Aveva le mani lacerate dalle schegge, ma era riuscita a conservare la rivoltella. Da che parte doveva andare? Aveva fatto bene a scendere? Per arrivare a Marlow avrebbe dovuto percorrere oltre un chilometro ed era ancora buio, benché un tenue bagliore apparisse già ad oriente. All'improvviso si ricordò del motoscafo e corse a piedi nudi per il prato, verso la darsena. Tirò con forza la catena dell'ormeggio. Questa cedette e cadde nell'acqua con un tonfo. Spinse la leva della messa in moto e l'elica cominciò a girare. La ragazza si trovava già al centro della piccola baia e dirigeva l'imbarcazione verso il fiume, quando scorse due figure avanzare frettolosamente verso la darsena. Le parve di riconoscere nel primo uomo uno dei due "aitanti giardinieri". Gli inseguitori dovettero udire il ronzio dell'elica poiché una voce sibilò: «Ritornate! Non vi faremo alcun male.» Lea non rispose e allora udì… Plop! Vide un lampo e un proiettile le passò a un palmo dalla testa. La detonazione era soffocata. Evidentemente l'arma era munita di silenziatore. La ragazza si abbassò accelerando al massimo il motore. Frattanto i due uomini avevano preso posto in una barca a remi e la inseguivano. Il motoscafo procedeva molto lento. Gli accumulatori erano quasi scarichi! Dora le aveva detto che avrebbe dovuto farli ricaricare. Attraverso il groviglio di canne e di erbe acquatiche, Lea sbucò nel fiume e il motoscafo cominciò a discendere aiutato dalla leggera corrente. Ma ormai l'elica si muoveva appena. Se avesse potuto incontrare la lancia della polizia fluviale! Ma forse da quelle parti non vi era neppure una polizia fluviale. Più a valle c'era una chiusa; l'avrebbero raggiunta inevitabilmente. Ma se c'era una chiusa, c'era anche un guardiano. Questo pensiero la confortò, come pure l'idea di avere ancora la rivoltella. La barca degli inseguitori intanto si avvicinava sempre più. A un tratto Lea udì uno schianto e fu proiettata in avanti. Nell'ansia di tener d'occhio i due che la inseguivano, aveva perso di vista la rotta e l'imbarcazione aveva urtato contro un ostacolo. Quando si riebbe dal colpo, si trovò coi piedi immersi nell'acqua: si era prodotta una falla nello scafo. La barca degli inseguitori si era avvicinata ancora. Allungò una mano per prendere la rivoltella che aveva lasciato sul sedile, ma con suo sgomento non la trovò più. Poco distante si scorgeva l'ombra di un barcone verso il quale la corrente trascinava il motoscafo. Stava per aggrapparsi al bordo del barcone. La barca inseguitrice era ormai vicina. «Ah, signorina Lea!» esclamò una voce esultante e una mano robusta l'afferrò per un braccio. 34 La mattina precedente l'ispettore Dicker era entrato senza cerimonie nello studio di Jimmy, mentre questi si preparava a rincasare. «Knowles è stato visto in città» annunciò Bill. «Chi l'ha visto?» domandò Sepping. «Uno dei nostri uomini, mezz'ora fa, mentre attraversava Coventry Street. Ha cercato di raggiungerlo, ma Succhiello è scomparso tra la folla. Io credo che si dia troppa importanza al Knowles e alla sua latitanza. Molto probabilmente ha la coscienza sporca, se non si fa vedere. Ho parlato al Direttore Generale a proposito di quegli uomini che volevi mandare a Marlow. Mi ha detto che non gli piace mandare i nostri agenti fuori di Londra, se non è indispensabile. Mi sono messo in comunicazione con la polizia della regione, la quale è disposta a distaccare un paio di agenti per metterli di guardia al Giuncheto.» «Prenderò delle misure per conto mio» disse Jimmy, ma non specificò quali sarebbero state e Bill non lo interrogò in proposito. Prima di coricarsi, quella sera, Jimmy telefonò a Scotland Yard, ma seppe che non si era trovata nessun'altra traccia di Succhiello. Il giovane d'abitudine si alzava di buon'ora. Trovava il lavoro più leggero nelle ore in cui la città era immersa nel silenzio. Era alla sua scrivania intento a scrivere un rapporto, quando il campanello del telefono trillò. «Non ditemi che hanno ucciso qualcun altro» fece Jimmy riconoscendo la voce dell'ispettore in servizio notturno. «No, no, non si tratta di un assassinio, ma di un furto. È stata fatta un'incursione in casa Coleman, questa notte.» Sepping riappese il ricevitore e rise con aria rassegnata. Bill Dicker era nello studio del signor Coleman quando il giovane arrivò. Quello che colpì maggiormente Sepping fu il pallore intenso del viso del signor Coleman, pallore che faceva risaltare maggiormente l'ecchimosi lasciatavi dal colpo ricevuto dal misterioso aggressore, pochi giorni prima. «Siamo di fronte a un caso curioso» gli disse Dicker. «Hanno rubato molto?» domandò Jimmy. «Non hanno rubato nulla, ma lo strano non sta in questo. Il colpo è opera di un esperto. Tutti i fili dei campanelli d'allarme sono stati tagliati, e tu sai che abilità occorra per far questo. Tre serrature sono state forzate o divelte, eppure i ladri non hanno messo piede nelle camere. Hanno frugato solo nella cucina.» «Nella cucina?» ripetè Jimmy. «È strano. In questa settimana è la seconda cucina visitata dai ladri.» Le dichiarazioni di Bennett sulla faccenda, la resero ancora più oscura. Il domestico aveva dormito solo nella casa, dato che il signor Coleman aveva preso alloggio all'albergo e gli altri domestici dormivano fuori come al solito. Bennett non si era accorto di nulla, fino a che non aveva udito qualcuno camminare sulle scale. Allora era uscito dalla stanzetta a pianterreno, che provvisoriamente occupava, e aveva apostrofato l'intruso. Si trattava di un agente di polizia che, trovando la porta aperta, era entrato. Aveva chiamato ripetutamente. Non avendo ottenuto risposta l'agente era salito per vedere se vi fosse qualcuno ai piani superiori. Dopo una prima ispezione superficiale, Bill prese Jimmy a braccetto e lo condusse nella via. «Quale ti sembra l'elemento più notevole di questo colpo, Jimmy?» «Ce ne sono due o tre che mi lasciano perplesso. Prima di tutto come mai Bennett non ha sentito l'agente quando questi ha gridato dal vestibolo per domandare se vi fosse qualcuno?» Bill scosse il capo perplesso. «È quello che ho notato anch'io. Il domestico dice di essersi svegliato udendo i passi dell'agente. Perché dunque non l'ha sentito gridare? Forse la paura lo fa mentire.» «Non credo. Non è uomo da spaventarsi facilmente.» «Allora qualcuno gli ha somministrato un narcotico» azzardò Dicker. «A sostegno di questa teoria, in un secondo tempo Bennett ha dichiarato di aver udito i richiami dell'agente come in sogno, senza riuscire a scuotersi. Gli ho domandato se ha bevuto con qualche sconosciuto in un bar, ma mi ha risposto di non aver bevuto altro che una tazza di caffè prima di coricarsi. Ricorda però che la bevanda era particolarmente amara. Era solo in casa, eppure…» «Eppure è stato narcotizzato» completò Jimmy. «È questo che vuoi dire? Non sono convinto. Perché allora i ladri non sono andati nella sua camera per portargli via le chiavi? Come hai visto, per arrivare alla cucina hanno dovuto forzare un paio di serrature. Avrebbero potuto risparmiarsi questa fatica.» «Anche a questo avevo pensato, Jimmy. Qui si tratta dell'opera di un maestro, caro mio. Il signor Coleman è convinto che si tratti dello stesso che si è introdotto in casa sua in precedenza ma non sono del suo parere. Il primo era un dilettante. Questo è un professionista di prim'ordine. Nota con quanta precisione ha lavorato nello scardinare la serratura della cucina.» Quando sorse il sole e la luce fu più favorevole, i due funzionari ripresero l'ispezione e arrivarono alla dispensa, dove sollevarono la botola di pietra. «Non c'è nulla da rubare, qui, a meno che non abbiano preso il vostro vino, signor Coleman» disse Bill Dicker scherzosamente. Si curvò e proiettò il raggio della lampada tascabile nel locale sottostante e si rialzò subito, esclamando: «Diamine, è scomparso davvero!» «Scomparso?» ripetè Coleman con tono sgomento. «Avete detto che è scomparso?» Bill non rispose, ma discese cautamente per la scaletta. Ritornò un momento dopo. «Hanno rubato il vostro Porto del '58, signor Coleman. A meno che non l'abbiate restituito voi stesso al legittimo proprietario.» L'altro scosse la testa. Il suo viso si era fatto di un pallore mortale. La mano che si portava meccanicamente alle labbra tremava. Due o tre volte tentò di parlare, ma la voce gli mancò, poi cominciò a gemere: «Scomparso! Il vino è scomparso! Oh, mio Dio, è mai possibile?» Jimmy lo guardava curiosamente e ad un tratto domandò: «Ma perché agitarsi tanto per il furto di qualche bottiglia di vino?» Coleman parve per un momento sconcertato, poi balbettò: «Non… non mi apparteneva! Non mi apparteneva.» L'ispettore cominciava a temere che le emozioni a cui era stato sottoposto negli ultimi tempi avessero sconvolto la mente del povero funzionario del Ministero. 35 Jimmy si guardò attorno. Bennett era salito nella propria camera per prendere una chiave che Dicker gli aveva chiesto. Con uno sforzo di volontà il signor Coleman aveva ripreso un atteggiamento normale. «È una cosa che mi contraria molto» disse. «Avrei dovuto provvedere subito alla restituzione di quel vino.» Per la seconda volta nella settimana la casa fu perquisita dalle cantine al tetto, ma a quanto sembrava non era mancato altro. Sepping sostò qualche minuto nella camera di Dora. La macchia scura del sangue di Parker era ancora visibile sul pavimento. L'assassino era Kupie o uno dei suoi accoliti. L'ipotesi formulata da Succhiello gli ritornò in mente: Tod Haydn, l'uomo dalla volontà di ferro, il capo autoritario, era la forza motrice di quella banda di uomini disposti a tutto. Bisognava mettere le mani su Tod Haydn per distruggere la potenza contro la quale la polizia stava lottando invano. L'ispettore si disponeva a lasciare la casa, quando Coleman lo raggiunse. «Vi dispiace se vengo con voi?» domandò con tono quasi implorante. «Questa casa mi è divenuta odiosa. Se ci rimanessi un minuto di più impazzirei. Povero Parker! Povero Léonard!…» «Perché collegate i due delitti?» domandò Dicker bruscamente. «Che altro posso fare?» rispose Coleman torcendosi le mani. «Non è forse vero che li conoscevo entrambi? Parker è stato ucciso nella mia casa e Collett, mio nipote, è uscito di qui per andare incontro alla morte. Sepping, da che parte andate, voi?» «Dovrei tornare a casa, ma è meglio che vada direttamente a Scotland Yard» rispose Jimmy. «E voi, signor Dicker?» «Io mi fermo ancora un momento.» «Allora, Sepping, se non vi dispiace, vengo con voi. Ho qualche cosa da dirvi.» Si guardò attorno con aria preoccupata e ripetè: «Ho qualche cosa da dirvi». «Benissimo» fece Jimmy. «Allora andiamo.» Pochi minuti dopo i due percorrevano Regent Street che a quell'ora era quasi deserta. «Voi giudicherete strano il mio contegno» cominciò Coleman, «poiché un pubblico funzionario ha naturalmente…» si fermò di colpo e il tono pomposo scomparve dalla sua voce, mentre soggiungeva: «Sto parlando come un imbecille… come un vero imbecille!». Non disse altro fino a che non arrivarono a Piccadilly Circus. Allora, mentre scendevano verso Cockspur Street, il rombo di una motocicletta lo fece voltare bruscamente. Era il motore più rumoroso che Jimmy avesse mai udito, tanto che anch'egli si volse e vide un uomo in giubbotto di pelle, casco e grandi occhiali che arrivava a tutta velocità. «Che fracasso!» fece Sepping e, d'un tratto, il signor Coleman si curvò verso di lui e sarebbe caduto se non l'avesse sorretto. «Toccato!» fece il vecchio con voce rauca. L'ispettore lo raddrizzò. «Diamine, che cosa vi succede?» Ma l'altro non rispose. Un agente di servizio che aveva visto la scena, accorse subito. «Credo che sia svenuto per l'emozione» disse Jimmy. «Sono l'ispettore capo Sepping.» L'atteggiamento dell'agente, in un primo tempo sospettoso, mutò. «C'è un farmacista di turno poco distante di qui. Volete che lo trasportiamo, ispettore?» Jimmy curvandosi per rialzare Coleman scorse una macchia di sangue sulla giacca. «È ferito!» esclamò e con gesto brusco sbottonò la giacca del poveretto e strappò la camicia. Il proiettile era penetrato poco più in su del cuore e il sangue usciva abbondantemente. Un quarto d'ora dopo Coleman spirava nell'autoambulanza che lo trasportava all'ospedale. Jimmy ritornò sul teatro del delitto e trovò l'agente che disperdeva la folla che si era adunata, nonostante l'ora mattutina. «Sono stati sparati tre o quattro colpi» gli disse il subalterno. «Guardate qui» e indicava due fori nella tavola di legno che ricopriva la vetrinetta di un negozio. «Direi che l'assassino ha usato una rivoltella automatica, ma non si è udita alcuna detonazione.» «Avete sentito la motocicletta?» domandò Jimmy. «Quella che faceva tanto rumore? Volevo metterle la contravvenzione per mancanza di silenziatore.» «Il silenziatore l'aveva» fece Jimmy, «ma sulla rivoltella.» 36 Passato il primo eccitamento, il pensiero di Jimmy volò a Dora. Come avrebbe sopportato la nuova tragedia? Bisognava avvertirla subito. Fece diramare un ordine a tutte le sezioni di polizia, dando la descrizione del motociclista. L'assassino era stato visto prendere la direzione di Knightbridge. Dopo di ciò però, le tracce sembravano perdute. Ma verso le sette della mattina stessa, la motocicletta fu rinvenuta abbandonata in un viottolo di campagna, con il giubbotto di pelle e il casco. L'uomo era scomparso. Dicker interrogò i funzionari del Ministero delle Finanze e fu sorpreso apprendendo che la carica coperta dal defunto Coleman era di ben poca importanza. Erano tutti convinti che fosse un uomo innocuo e che avesse mezzi propri oltre allo stipendio che percepiva. «Da quanto tempo aveva questo impiego?» «Dal tempo della guerra. Eravamo a corto di funzionari, allora, e la sua posizione aveva perduto d'importanza dopo l'armistizio.» Quando Bill arrivò alla casa di Portland Place fu ricevuto da Bennett che pareva sconvolto. «C'è da impazzire, signor ispettore» gemette. Dicker volle esaminare le carte del morto. Quando Jimmy ritornò in ufficio, dopo aver fatto una colazione affrettata, trovò Bennett che lo aspettava tenendo in mano una grande busta sigillata. «Questi sono documenti del povero signor Coleman» disse il domestico. «Il signor Dicker mi ha pregato di portarveli e di dirvi che crede di aver trovato Kupie.» «Oh!» esclamò Sepping. «Dov'è andato il signor Dicker?» «Mi ha detto che partiva col treno delle otto e trenta per Northampton. Signor Sepping, che cosa devo fare? Povera signorina Dora!» «È stata avvertita?» domandò Jimmy e Bennett scosse la testa. «Chi credete che sia Kupie? Vi confesso che ho una mia teoria. Ma forse è un'idea pazza.» «Di chi sospettate?» «Io sospetto del signor Walton in persona e il signor Coleman condivideva la mia idea.» «Potete metter da parte quest'idea anche subito» fece Jimmy in tono severo. «Il signor Walton non è un delinquente. Ormai siamo arrivati a sospettare di un mucchio di gente. Il mio collega Dicker sospettava persino del signor Coleman. Quanto a voi, la miglior cosa che possiate fare è di rimanere in casa in attesa delle decisioni della signorina Dora. Io andrò a Marlow per parlarle.» Bennett era appena uscito quando un inserviente portò un telegramma a Jimmy, che lo aprì con aria distratta credendo che fosse uno dei tanti rapporti che gli pervenivano giornalmente. Venite a Marlow immediatamente. Lea scomparsa. Dora Il giovane fissò il messaggio sgomento. Poi uscì di corsa e pochi minuti dopo volava a tutta velocità su una macchina della polizia verso Chelsea. Attraversò Mainhead e, noncurante dei regolamenti stradali, si slanciò verso Marlow. Quando suonò al villino, non ottenne nessuna risposta. Evidentemente non c'era neppure la servitù. Trovò la porta della cucina chiusa e sprangata. Ritornando sul davanti della casa, Jimmy notò la porta-finestra del balcone sovrastante il porticato e, senza esitare, si arrampicò per mezzo di una colonna fino alla balaustra. Si trovò nella camera di una donna. Il letto era in disordine. Gli indumenti erano disposti con cura sullo schienale di una sedia. Una seconda finestra aveva il vetro rotto, evidentemente da un proiettile. Il suo cuore cominciò a battere furiosamente. Era la stanza di Lea! Riconosceva la valigia e gli abiti. La porta era aperta e il giovane uscì nel pianerottolo e ne aprì un'altra di fronte. Vide una piccola camera da letto e indovinò che si trattava di quella di Coleman. La terza porta del pianerottolo era chiusa a chiave. Il giovane la scosse e una voce flebile lo chiamò. Assestò un poderoso calcio contro la serratura, che cedette al primo colpo. Era una camera da letto. Una donna era rannicchiata in terra accanto ad una finestra. Le sue mani erano legate insieme sul petto ed anche i gomiti erano legati a loro volta, l'uno all'altro, da una corda che le passava dietro la schiena. Sepping la guardava ammutolito. Quella ragazza dagli occhi arrossati, dal volto sfigurato dalle ecchimosi, era proprio Dora Coleman. Jimmy, che era rimasto come impietrito, si scosse e, alzatala, la adagiò delicatamente sul letto. Con un temperino recise i legami che le stringevano le braccia e le caviglie. Aveva appena terminata questa operazione, che Dora con un gemito svenne. Tentò di telefonare, ma naturalmente Kupie aveva operato con la solita accuratezza, e la linea era interrotta. Il giovane frizionò i polsi e le tempie della ragazza con dell'acquavite che aveva trovato in sala da pranzo. Poco dopo Dora riprese conoscenza. «Dov'è Lea?» domandò subito Jimmy. La ragazza scosse la testa con aria stanca. «Non lo so. Ho fatto del mio meglio, Jimmy… Lea ha sparato contro di loro. Credo che sia riuscita a fuggire, perché sono tornati e mi hanno picchiato a sangue. Oh, mio Dio!» «Chi vi ha picchiato?» Dora scosse la testa. «È stato Tod Haydn?» Per un attimo Jimmy le vide un lampo passare negli occhi, che subito abbassò. «Voi non conoscete Tod» mormorò. «Ma a che serve parlare?» «Dora, ditemi, che cos'era quell'uomo per voi?» «Nulla… nulla se non il mio padrone… il padrone di Coleman… povero Coleman, lo uccideranno!» Il giovane non credeva alle proprie orecchie. «Non era vostro padre?» «No. Gli hanno già saldato il conto?» «Sì, gli hanno saldato il conto» rispose l'ispettore. «Chi era, Dora? Dora è proprio il vostro nome?» «No, mi chiamo Julie Coleman. Coleman è proprio il mio nome. Sono la Julie del piccolo Knowles. Credevo che l'aveste indovinato da tempo.» «Ma chi è Tod Haydn?» le domandò ancora Jimmy. «Non posso dirvelo. Dovrete scoprirlo senza il mio aiuto.» Su questo punto la ragazza fu irremovibile. Quando si fu ripresa, Dora raccontò all'ispettore quel che sapeva della scomparsa di Lea. Era stata svegliata da due detonazioni e poco dopo aveva udito la voce di Tod che diceva: «È andata alla darsena». Dopo di questo non sapeva che cosa era successo. «Probabilmente ha preso il motoscafo. Le aveva insegnato a guidarlo, temendo che avrebbe dovuto servirsene. Che farete di me, Sepping?» «Che volete che faccia? Sarete processata per complicità in questi omicidi.» Jimmy era veramente sconvolto. «Non so nulla degli assassini di cui parlate» disse Dora. «Tod non ci confida mai nulla. Siete sicuro che Coleman sia morto? Me lo giurate?» «Lo giuro» rispose l'ispettore meravigliato. «Allora posso dirvi qualche cosa. È stato lui ad uccidere Parker, ma non ha operato secondo i desideri del capo. La conseguenza l'avete vista sulla faccia di quel poveretto. Tod lo frustò. Sotto certi punti di vista è un essere inumano. Incapace di amare, non desiderò mai una compagna.» Dora si interruppe, ma subito aggiunse: «Bisogna che facciate in fretta ad arrestarlo, Jimmy, perché altrimenti vi troverete nei guai. Quando Tod ritornò mi disse che io l'avevo tradito. Indovinò che ero stata io a fornire la rivoltella a Lea. Allora mi picchiò finché fu stanco. Questa mattina è venuto il lattaio. Io mi sono trascinata fino allo scrittoio e sono riuscita a scarabocchiare il testo del telegramma che avete ricevuto. Poi ho tirato fuori dalla borsetta una moneta, l'ho avvolta nel foglio e ho gettato il tutto dalla finestra, nella speranza che il lattaio se ne accorgesse. Non avevo fiato per parlare ma avevo scritto sul foglio stesso due parole per pregarlo di spedire il messaggio.» Sepping uscì sulla strada e quando passò un ciclista gli consegnò un messaggio per la polizia locale. Poco dopo un rumore di passi nel viale lo avvertiva del sopraggiungere degli agenti. «Non so se faccio bene o male, Dora, ma per il momento non parlerò della parte da voi avuta in questi eventi. Potrete dire di essere stata picchiata da un ladro sconosciuto introdottosi in casa.» «Siete molto buono con me» mormorò la ragazza. «Volevo dirvi, Jimmy, che io amo veramente Rex. Forse non mi crederete… né lo posso pretendere.» Jimmy scese le scale con la mente in subbuglio. Un'automobile lo trasportò a Marlow, dove iniziò le indagini lungo il fiume; ma nessuno aveva visto una donna in camicia da notte. Invaso da un'apprensione che cresceva di minuto in minuto, noleggiò un motoscafo e discese il fiume. Ma non era andato lontano, quando si trovò di fronte a un elemento che lo disorientò ancora di più. Il motoscafo dei Coleman era stato trovato presso la chiusa di Cookhan, affondato in un punto dove l'acqua era bassa. Il custode della chiusa non sapeva nulla. Jimmy gli chiese il nome delle imbarcazioni che avevano attraversato la chiusa nella giornata e il custode recitò una lunga lista di nomi. «Non è passato qualche motoscafo coperto o un'altra imbarcazione dove potesse essere nascosta una donna?» Il guardiano scosse la testa. «Non saprei… la Dora è passata alle sette.» «La Dora?» interruppe Jimmy. «Che cos'è?» «Una specie di barcone» rispose l'uomo e le speranze del giovane svanirono. Il pomeriggio trascorse senza che giungesse alcuna notizia di Lea. Con gli occhi cerchiati, stressato fisicamente e moralmente, Jimmy fece ritorno a Scotland Yard, dove si trovò subito di fronte a un nuovo problema. «Dov'è Bill Dicker?» gli domandò l'ispettore Levy appena lo vide. «Non lo so» rispose Sepping con aria stanca. «Ah, ora ricordo: è andato a Northampton in cerca di Kupie. Questo per lo meno è quello che mi ha mandato a dire.» «Al diavolo Kupie! Bill aveva due appuntamenti tra le cinque e le cinque e mezzo. Chi ti ha detto che andava a cercare Kupie?» «Bennett, il domestico dei Coleman. Ha detto che partiva con il treno delle otto e trenta.» «Non esiste un treno delle otto e trenta per quella linea e nessuno lo sa meglio di Dicker. Ce n'è uno alle nove e mi pare impossibile che Bill si sia sbagliato. Dove è stato visto per l'ultima volta quel benedetto uomo?» «In casa Coleman» rispose Jimmy e a un tratto si scosse dal suo torpore. Si alzò dalla poltrona in cui era sdraiato; aprì un cassetto della scrivania, prese una rivoltella e se la mise in tasca. «Porto raramente delle armi» disse, «ma in questo caso è necessario. Raccogli tutti gli uomini che puoi trovare per circondare la casa di Coleman. Vado ad arrestare Tod Haydn, alias Bennett, alias Kupie!» 37 Numerose automobili scaricarono un piccolo esercito di agenti in Portland Place. Quando questi ebbero formato un cordone completo intorno alla casa, Jimmy suonò il campanello. Gli venne aperto da una domestica di mezza età. «Credo che Bennett sia in camera sua, signore. Vado a chiamarlo.» «Non disturbatevi» disse Jimmy entrando nel vestibolo. «Aspettate qui, conosco la strada.» Salì i gradini a tre per volta. La porta della camera di Bennett era semiaperta. Spinse il battente con la canna della rivoltella. La stanza era vuota. Non perse tempo a perquisire la stanza. Si precipitò nella dispensa, sotto la quale c'era la cantina segreta. Sopra la botola si trovava ora una pesante credenza. «Me lo immaginavo» disse Jimmy e, aiutato da due agenti, spostò il mobile. In un momento la botola fu alzata e il giovane si inginocchiò per guardare nella cavità sottostante. «C'è qualcuno qui!» esclamò. «Una lampadina, presto!» Si precipitò giù per la scaletta e subito gridò: «Venite giù, due di voi! Il signor Dicker è qui.» Dicker era svenuto quando lo trasportarono su nella dispensa. Il poveretto era all'ultimo stadio dell'asfissia e c'era da stupirsi che avesse potuto sopravvivere per tante ore. Fu trasportato immediatamente all'ospedale. Si accertò poi che l'ispettore aveva potuto rimanere in vita grazie alla presenza di un piccolo condotto in cui passavano dei fili elettrici, e attraverso il quale aveva potuto filtrare dell'aria. Un ulteriore esame della camera di Bennett convinse Jimmy che il bandito si era allontanato in tutta fretta. Probabilmente era fuggito dalla finestra. Nessuno dei domestici poteva fornire dati in proposito. L'unica scoperta di Jimmy fu un paio di guantoni di pelle gialla e una patente da motociclista emessa a nome di Bennett. Sepping agiva in preda all'incubo. Lea era in pericolo! Erano le dieci quando lasciò il suo ufficio, affranto e disperato. Stava per salire su un tassì, quando un agente lo rincorse. «Ispettore, da dieci minuti riceviamo telefonate da ogni parte della città. Molti radioamatori hanno captato questo messaggio» e porse a Jimmy un foglietto che diceva: Comunicate all'ispettore Sepping di Scotland Yard che sono salva. Lea «Quando è stato trasmesso?» domandò. «Alle nove e trentacinque, la prima volta; è stato ripetuto alle nove e quarantacinque. È stato diffuso negli intervalli del concerto della stazione locale.» Il giovane rilesse il messaggio e si sentì alleggerito di un peso opprimente. Lea era salva, ma come, dove? Il cuore di Jimmy era pieno di gioia. Albert lo attendeva e Jimmy stava per tirare fuori dalla tasca la chiave, quando la porta si aprì. «C'è una signorina che vi aspetta, signore» disse il domestico. «Chi è?» domandò Jimmy abbandonandosi per un attimo ad una folle speranza. «La signorina Coleman.» La ragazza era seduta presso la scrivania, con le mani intrecciate sul grembo. I suoi occhi profondi erano accesi per la febbre. «Lea è salva» disse Jimmy entrando. «Abbiamo ricevuto poco fa un messaggio radio.» Dora trasse un sospiro di sollievo. «Sia lodato il cielo! E per il resto, a che punto sono le vostre indagini?» «So che Bennett è Tod Haydn.» «Sono lieta che l'abbiate scoperto, altrimenti avrei dovuto dirvelo io. Sì, Tod è Bennett.» Dora tacque a lungo, poi ad un tratto domandò: «Jimmy, posso dormire qui questa notte? Tod mi cerca. Avete perquisito la casa di Portland Place?» «Sì.» «E non avete trovato nulla! Naturalmente Haydn crederà che sono stata io a tradirlo. Non potevo restare a Marlow e non sapevo dove andare.» «Potete rimanere quanto volete» disse Jimmy cordialmente. «Albert, che è molto rigido, ne sarà scandalizzato, però.» La ragazza sorrise. «Ma voi sapete dov'è Lea?» domandò. «Non ne so nulla» rispose il giovane. «Strano, si direbbe che si trovi nello stesso luogo dove si trovava Léonard e cioè su di un panfilo.» «Panfilo? Ma non c'è nessun panfilo a monte del Tamigi.» «Potrebbero averla portata alla costa. Léonard disse di aver viaggiato tre ore prima di raggiungere il luogo della sua prigionia.» Ma ad un tratto a Dora sembrò di aver parlato troppo e tornò ad essere reticente. Jimmy si sentiva terribilmente stanco e disse a Dora che sarebbe andato a dormire all'albergo. Ma la ragazza si oppose con energia. Aveva paura a rimaner sola col domestico. «Credete che Tod verrà» domandò Jimmy. «Ne sono certa. Deve uccidermi. Non gli resta alternativa. Non capite che ormai io sono l'unica testimone vivente contro di lui?» «Se io vi promettessi di rimanere qui, vestito, in poltrona, non potreste andare a letto?» le domandò Jimmy, ma Dora non ne volle sapere. «C'è una scala di sicurezza in questa casa?» domandò improvvisamente. Jimmy non ne sapeva nulla, ma Albert era ben informato. «Sì, signorina, c'è la scala di ferro da usarsi in caso di incendio. Anzi uno dei pianerottoli è a mezzo metro dalla camera da letto del signor Sepping.» «Verrà alle due» spiegò Dora con calma. «È la sua abitudine. Nel nostro ambiente lo chiamano "Tod delle due". Se non viene alle due non viene più.» Jimmy fece i suoi preparativi per la notte. La ragazza aveva rifiutato di occupare il suo letto e il giovane si era fatto preparare una branda nello studio. Dora vi si distese vestita. Un divano fu portato nell'ingresso e appoggiato contro la porta. Albert avrebbe dormito su quel divano, mentre Jimmy, nella sua camera, aveva spostato il letto in modo da poter vedere bene la finestra. A mezzanotte le luci furono spente, a eccezione di una lampadina nello studio. Jimmy cercò di star sveglio comprendendo il profondo significato dell'avvertimento di Dora. Nondimeno si assopì, svegliandosi poi subito di soprassalto. Jimmy aveva scostato le tende prima di coricarsi, in modo da poter guardare fuori dalla finestra. L'ultimo rintocco delle due si era appena spento, quando un'ombra passò sulla finestra. Il giovane tirò fuori la rivoltella di sotto il guanciale e si sedette sul letto in attesa. Per un minuto non accadde nulla e Jimmy cominciava a pensare che i suoi occhi l'avessero ingannato, quando un oggetto pesante fu proiettato contro la finestra. Mandò in frantumi il vetro e andò a cadere sul pavimento con un tonfo. L'indecisione di Jimmy durò una frazione di secondo, poi rannicchiatosi contro il muro afferrò l'orlo del materasso e vi si avvolse completamente. Seguì un'esplosione assordante e Jimmy si sentì proiettare in aria, mentre le sue orecchie risonavano del frastuono di vetri fracassati, di tavole schiantate, di muri in rovina e le sue narici percepivano un odore acre ed intenso di esplosivo. 38 Il giovane si rimise in piedi ed istintivamente tentò di accendere la luce, ma l'esplosione aveva guastato l'impianto di tutta la casa. Passò nella stanza dove si trovava Dora e poco dopo Albert arrivò con una candela. Non un mobile era rimasto intero. Il domestico andò a rassicurare gli inquilini che, spaventati, si affollavano sulle scale per sapere che cos'era il rumore che li aveva svegliati. «Era una bomba a mano» spiegò Jimmy a Dora. «In questa camera non è successo nulla?» La parete che separava lo studio dalla sua camera da letto era leggermente incurvata e si vedevano delle crepe nella tappezzeria. Alcuni quadri erano caduti e un vaso era stato sbalzato dalla colonnetta sulla quale si trovava. «Sì, era una bomba a mano» ripetè l'ispettore. «Non voleva uccidere voi» disse Dora lentamente. «Credeva che ci fossi io nella vostra camera.» Il cortile della casa fu ispezionato, ma non si trovò traccia dell'attentatore. La devastazione dell'alloggio era maggiore di quanto Jimmy avesse immaginato sulle prime. L'impianto elettrico era rovinato e le tubazioni del gas e dell'acqua risultavano rotte. Un'occasione propizia si presentò a Jimmy per risolvere il problema dell'alloggio. Al primo piano c'era un appartamentino libero e il custode lo offrì all'ispettore, il quale accettò la proposta con entusiasmo. Erano le undici di mattina quando si svegliò. Appena vestito uscì in corridoio e bussò alla porta della ragazza. «Tutto bene?» domandò, e ricevendo una risposta soddisfacente uscì senza attendere la colazione. Bill Dicker aveva ripreso i sensi durante la notte, ma era ancora debole. «Hai pescato quell'animale, Jimmy?» fu la prima domanda di Bill. «No, non l'ho pescato, ma per poco non era lui a pescare me.» «Non è esattamente la stessa cosa» borbottò l'infermo. «Ragazzo mio, bisogna che tu lo metta fuori di circolazione il più presto possibile! È riuscito a infinocchiarmi con una bella storiella di un'uscita segreta che diceva di aver scoperto nel sotterraneo. Io, da quell'idiota che sono, mi sono calato nella cantina. Avevo appena toccato il suolo, che la botola si è chiusa sopra la mia testa. Non posso dire di essere orgoglioso della mia bella impresa!» Jimmy spiegò a sua volta: «Bennett raccolse un certo numero di lettere di Coleman e me le portò, raccontandomi una storia molto plausibile. Bennett è un grande commediante. Era il capo supremo della banda. Ora mi ricordo che il piccolo Knowles mi diceva come Tod insistesse perché tutti recitassero la loro parte anche quando non c'erano spettatori. Aveva organizzato ogni cosa alla perfezione!» Ma l'infermiera premurosa intervenne, perché Dicker non doveva parlare troppo. Jimmy ritornò a casa per il pranzo e trovò la ragazza assai più serena del giorno prima. Le ecchimosi erano però ancora visibili sul suo viso. «Suppongo che non abbiate avuto ulteriori notizie di Haydn» disse Dora. «Proprio così.» «E sarà difficile che possiate rintracciarlo. Non è un bandito come tutti gli altri. E poi ha una dozzina di rifugi in caso di pericolo.» «Ne conoscete qualcuno?» domandò Jimmy. «Sì, ma non chiedetemi di rivelarveli. Spero che possiate arrestarlo, ma non voglio essere responsabile della sua cattura, a meno che…» «Allora volete che ci sfugga, che se la svigni col milione di Rex?» Con suo stupore la ragazza scoppiò a ridere. «Il milione di Rex non è più nelle mani di Kupie!» «Chi lo ha allora?» «Rex» rispose Dora. 39 Tod Haydn si fermò all'angolo di Regent Street e comperò un giornale. Poi si avviò per Piccadilly ed entrò in un ristorante alla moda. Nessuno avrebbe riconosciuto, in quel signore dall'aria distinta, l'uomo ricercato dalla polizia. Un paio di baffetti erano apparsi sulla sua faccia, i capelli grigi alle tempie scomparsi, e le folte sopracciglia erano state sostituite da altre piuttosto sottili che si univano al di sopra del naso. Ordinò il pranzo con molta cura. Terminato di mangiare, uscì nella via e dopo aver lasciato passare diversi taxi di vecchio tipo, ne fermò uno nuovo di zecca e vi prese posto. «Percorrete Bond Street e non fermatevi finché non ve lo dico io» disse all'autista. «Non occorre che corriate.» A metà di Bond Street c'era una porta che ben conosceva. Tod guardò rapidamente da un lato all'altro della via. Un uomo dall'aria sfaccendata stava appoggiato ad un fanale, mentre un altro si trovava sul marciapiede opposto. Quando il taxi raggiunse Oxford Street, Tod Haydn si protese in avanti. «Proseguite per Maida Vale, finché non vi dico di fermarvi.» Poco oltre la porta che gli interessava, un uomo sostava contro una cancellata con aria assorta. Più in là, altri due uomini chiacchieravano passeggiando con aria disinvolta, ma il bandito li riconobbe subito per quello che erano. Arrivato all'estremità della strada, Haydn diede un ordine all'autista, il quale ritornò indietro e si fermò a un centinaio di metri dall'angolo di Wigmore Street. Tod scese, pagò e imboccò la via, per sbucare quasi subito in una strada laterale, fiancheggiata da rimesse di scuderie. Sapeva che là c'era un rifugio sicuro. Entrò in una rimessa, indossò la caratteristica divisa degli autisti pubblici di Londra, poi, calatosi un berrettino sugli occhi, si avvicinò al volante di un vecchio taxi che si trovava nella rimessa. La macchina apparteneva a Tod ed era munita di regolare libretto di circolazione. L'uomo fece il pieno e si rifornì di quattro bidoni di benzina, che mise sul tetto della macchina. Poi salì al volante e si allontanò velocemente dirigendosi verso l'ovest di Londra. Oltre Staines, una strada corre lungo il Tamigi. Raggiunse il punto dove si trovava un boschetto. Senza esitare vi si inoltrò con la vettura e si fermò in un punto folto di alberi. Spense i fari, indossò una giacchetta nera, si infilò una grossa rivoltella nella cintura dei pantaloni. Poi si avviò verso la riva del fiume. Aveva visitato il luogo nel pomeriggio e sapeva con esattezza dove si trovava il barcone che costituiva la sua meta. Sapeva anche dove poteva procurarsi una barca. Poco lontano dalla riva si vedeva la sagoma scura del natante. Suonarono le dodici al campanile di una chiesa lontana. Tutto era silenzio e Tod comprese che era arrivato il momento di agire. Un istante dopo a bordo di un leggero canotto remava silenziosamente verso il centro del fiume. Giunto presso il barcone, rimase in ascolto per cinque minuti. Non sentì nulla e allora, assicurando la corda del canotto a un anello dì ferrò, si arrampicò in silenzio sul ponte deserto. Strisciò fino al punto in cui si scorgeva la gabbia della scaletta, chiusa da una porta. Anche qui l'uomo si fermò in ascolto, poi spinse il battente. In fondo alla scaletta Tod scorse un tenue chiarore. Le sue scarpe con la suola di gomma non facevano alcun rumore mentre scendeva i gradini per arrivare in una specie di vestibolo dalle pareti rivestite di legno rosa. Tentò una delle maniglie delle due porte che davano nell'anticamera. L'uscio si aprì. Vide un locale ampio, arredato con lusso. Seduti sul divano, davanti al camino, con le spalle rivolte alla porta, erano seduti un giovanotto ed una ragazza, che parlavano a voce bassa, tanto che l'intruso non potè afferrare una sola parola di quello che dicevano. L'uomo avanzò cautamente sul soffice tappeto. «Antony era sicuro di aver riconosciuto la voce quando ti ha issato a bordo» diceva il giovanotto. «Ora il problema è questo: Bennett ha indovinato che il barcone è mio? Ho paura che tu qui non sia al sicuro.» Si interruppe. La voce di un uomo diceva: «Non vi muovete» e Tod appoggiò la canna della rivoltella allo schienale del divano. «Siete il signor Rex Walton, se non erro!». 40 «Dov'è la vostra ciurma?» domandò Tod. «È andata a riva.» «Spero per il vostro bene che i vostri uomini siano sbarcati a mani vuote, Walton. Se non troverò quello che cerco, finirete nel fiume.» Rex non si mosse e sostenne lo sguardo del bandito. «Dove sono i vostri amici?» domandò in tono pacato. «All'inferno.» «Intendo parlare di Coleman e…» «Coleman è morto» lo interruppe Tod, «e vorrei potervi dire che anche la donna dei vostri sogni è morta. Ma la cara signora Walton è viva. Aveva gli scrupoli di coscienza, poverina! Voleva svignarsela quando ho mandato la prima lettera a quell'altra vostra ragazza… Edith. Julie o Dora, come preferite, è una donna che va trattata con energia… come del resto tutte le donne.» A un tratto alzò l'arma e il suo tono cambiò. «Ho sete! Voglio un po' di quell'ottimo Porto del '58.» «L'hanno portato a riva.» «Tu menti» ringhiò l'altro. «È qui sul barcone e mi condurrai subito al nascondiglio.» «Io non vi conduco da nessuna parte» ribatté Walton, col viso pallido di collera. «Allora ammazzerò questa ragazza. Se rifiuti di portarmi dove si trovano quelle cassette è morta. Mi sono spiegato?» Rex conosceva l'uomo e i suoi metodi spietati e lo sapeva capace di mettere in esecuzione la minaccia. Facendo cenno a Lea, Rex attraversò lentamente la stanza, dirigendosi verso la porta. Passarono nel piccolo vestibolo e Walton tirò fuori da una tasca una chiave, con la quale aprì una porta sotto la scaletta. Accese la luce. Il gruppetto entrò in uno stanzino e alla vista delle due cassette che giacevano sul pavimento, gli occhi di Tod lampeggiarono. Dieci minuti dopo il tesoro era stato trasportato nella sala dove Tod aveva trovato i due fratelli. «Apri quella» ordinò il bandito. «Vedo che è già stata schiodata.» Rex alzò il coperchio. C'era uno strato di paglia e sotto era allineata una mezza dozzina di bottiglie in un involucro di paglia. Senza perdere d'occhio Rex e Lea, Tod si chinò e tolse il coperchio che imitava alla perfezione una fila di bottiglie, e apparvero l'uno accanto all'altro i pacchi di banconote americane. Tod tirò fuori di tasca un sacco di seta e vi introdusse i pacchetti uno per volta. Quando ebbe finito, chiuse il sacco con una corda e si raddrizzò. «Ecco fatto» disse. «E ora temo di non potervi lasciare qui a raccontare delle storie sul perfido Tod Haydn.» «Questo significa, se non sbaglio, che vi disponete a fare un po' di tiro a segno» disse Rex con voce calma. «Forse ignorate, però, che uno dei vostri complici ha scritto una deposizione che è in mio possesso.» «Quale complice?» «L'avvocato Collett. Ce n'è abbastanza per impiccarvi, su quel foglietto.» «In tal caso, aggiungerò quell'interessante foglietto alla mia collezione» disse l'altro con un sorriso. «Probabilmente è un bluff…» «Bluff?» ribatté Walton. «Guardate qui.» Senza esitare il giovane si voltò verso la parete dove c'era un armadietto. Lo aprì. «Eccolo» fece Rex. Vi fu uno scatto. Le luci si spensero. «Giù, Lea!» gridò Walton e gettandosi a terra afferrò le gambe del bandito. Due o tre volte Haydn fece fuoco. Lea udiva i due uomini che lottavano nel buio e indovinò che Rex aveva la meglio. La forza del delinquente era incredibile. Riuscì a liberarsi dalla morsa della mano che gli stringeva la gola. Ora però doveva lottare con le sue mani, perché aveva dovuto abbandonare la pistola. Cominciò a menare colpi all'impazzata e riuscì a cogliere Rex alla mascella lasciandolo per un momento stordito. Prima che Walton si riavesse, Tod si era gettato in ginocchio e, tastoni, cercava la pistola sul pavimento. Allora la voce di Lea parlò rapidamente in francese e Haydn non capì quello che diceva. Nel momento in cui ritrovava la rivoltella udì uno scalpiccio affrettato e il tonfo di una porta. Corse alla cieca verso la parete e trovò l'interruttore della luce. Accese e si guardò attorno. Era solo. Si precipitò alla porta che dava alle cabine e per la quale gli sembrava che i due fossero usciti, ma questa era chiusa. Walton era andato nella sua cabina dove avrebbe trovato qualche arma con cui difendersi. Non c'era tempo da perdere. Tod aveva raccolto il sacco ed era salito di corsa sul ponte. Si diresse verso il punto dove aveva ormeggiato la barca. Stava già sciogliendo la fune, quando gli pervenne un rumore di passi proveniente dalla scaletta. Trasse velocemente di sotto la giacca un bastone che portava in una specie di guaina. Quando Rex arrivò in cima alla scala Tod lo colpì ed il giovane cadde in ginocchio, mentre la sua rivoltella rotolava rumorosamente giù per i gradini. Per un secondo l'aggressore esitò col bastone alzato per il secondo colpo, poi si volse, corse al canotto e un istante dopo remava vigorosamente verso la riva. Giunto alla sponda balzò a terra, abbandonando la barca. Col sacco sulle spalle si diede a correre verso il boschetto, dove aveva lasciato la macchina. Un quarto d'ora dopo attraversava Staines ed erano le due quando entrò col suo taxi nella rimessa. Stava per scaricare il suo bottino quando rimase impietrito. Un uomo era affacciato al finestrino della macchina e teneva in mano qualche cosa che lo indusse ad alzare le braccia. «Così mi piace!» disse Jimmy Sepping e aperto lo sportello scese dalla macchina. «Non mi faccio alcun vanto per averti catturato» disse Jimmy. «Fu Succhiello a vedere il taxi mentre stava accompagnandomi al barcone. Che cos'è accaduto laggiù?» «Lo scoprirete da voi» brontolò il bandito mentre porgeva i polsi alle manette. Jimmy aprì la porta della rimessa e spinse fuori il prigioniero. Vi era più gente, nel cortile, di quanto Haydn avesse mai visto a quell'ora mattutina. Quando arrivarono a Scotland Yard, Jimmy trovò delle ottime notizie. Succhiello aveva comunicato che Rex era stato soltanto stordito e che Lea era incolume. Nel pomeriggio Rex Walton, di ritorno nella sua casa, raccontò la storia del milione scomparso. «Fu circa un mese prima della morte della povera Edith che conobbi Coleman, il cui vero nome era Adolphe Vermeuil. Era nato in Inghilterra da genitori francesi ed era un noto ladro internazionale. «Coleman, come continuerò a chiamarlo, si era impiegato al Ministero delle Finanze, in circostanze che voi probabilmente conoscete. Dopo la morte di Edith, la mia conoscenza con Coleman divenne più intima. Mi invitò a casa sua e lì conobbi Dora e mi innamorai di lei. Vi devo dire che ancora oggi, malgrado la sua doppiezza, non riesco a odiarla. Direi che mi fa pena e che le sono riconoscente, perché ha rischiato la sua vita per salvare Lea e per lungo tempo ha tenuto la banda all'oscuro delle ragioni della mia scomparsa apparentemente straordinaria. «Quando le lettere di Kupie cominciarono ad arrivare, esse erano redatte in modo particolare e insolito. Non minacciavano la diffusione di qualche mia malefatta passata, ma la mia rovina nel caso avessi sposato Dora Coleman. «Quelle lettere evidentemente avevano un duplice scopo. Il primo era quello che io mi intestardissi nel voler sposare la ragazza. Il secondo scopo era di determinare in me uno stato di timore riguardo il mio patrimonio. Il successo fu completo. Molto scioccamente consultai Coleman, che rafforzò i miei timori raccontandomi storie di Kupie, che gli sarebbero state raccontate al Ministero e su cui mi pregava di mantenere il riserbo. «Il piano della banda era quello di indurmi a ritirare tutto il mio danaro dalla banca e di depositarlo nella cassetta di sicurezza di Coleman. Questi mi disse che il governo aveva preso delle misure per i depositi di sicurezza in caso di rivoluzione. Giunse ad affermare che le riserve di alcune grandi banche erano custodite in nascondigli situati in case private… me ne mostrò persino una, un giorno! «Voi penserete che io fui un idiota… è vero. È la storia di ogni truffa all'americana. Per quanto mi riguarda, io avevo a che fare con un individuo che abitava una casa lussuosa in uno dei quartieri più aristocratici di Londra. In più era un funzionario governativo. A questo punto bisogna aggiungere il fascino esercitato su di me dalla ragazza che passava per sua figlia. Posso dire però che Dora si è comportata con me onestamente: l'unico consiglio che ho ricevuto da lei è stato quello di agire con cautela. «Ritirato il deposito dalla banca, divisi in tre parti la somma che avevo convertito in valuta americana. Quando tutto il denaro gli fu versato, Coleman mi consegnò quella che egli chiamava una "ricevuta del Tesoro" compilata su un foglio di carta particolarmente grosso e ruvido.» «Ti ricordi le parole della ricevuta?» chiese Jimmy. «Vi era la parola "custodia", non è vero? Io riuscii a decifrare soltanto "todia", ma immaginai che fosse così.» Rex annuì. «"Ricevuto in custodia" diceva testualmente e, per ispirarmi maggior fiducia, la carta portava la stampigliatura del Ministero delle Finanze. «Il denaro era stato depositato, ma le lettere continuavano. Allora sposai Julie, come sapete, il giorno prima della data stabilita. Ero invaso dal terrore di perderla. «Quando mi recai a Portland Place, quel disgraziato giorno, portai con me il regalo di nozze. Volevo metterlo nella valigetta di Dora, in modo che lo trovasse quando saremmo giunti a destinazione. Salii in camera mia e tirai fuori il gioiello dalla valigetta che avevo portato con me. Entrai nella camera di Dora. Una sua valigetta era aperta sul letto. Sollevai il coperchio e feci scivolare l'astuccio sotto la vestaglia di seta. Mentre facevo questo mi capitò sotto gli occhi una lettera. Era indirizzata a me ed era aperta. La presi e lessi: Hai sposato Dora e hai dato il tuo danaro in consegna a Coleman. In qualunque cassaforte egli l'abbia messo, noi lo porteremo via stanotte. «Appuntato alla busta c'era un foglietto scritto con un'altra calligrafia, con le seguenti parole: Dora metterà questa lettera sul guanciale di Walton questa notte. Un'automobile andrà a prenderla. Dora potrà partire per Budapest via Harwich, e rimanere assente fino a che l'affare sia soffocato. Noi faremo la guardia a Walton. Se ci disturba troppo lo ridurremo al silenzio. «Mi resi conto che ero stato truffato ed ero rimasto senza un soldo. «Dicesi al pianterreno e, agendo impulsivamente, uscii nel cortile per la porta di servizio. A ogni passo ero maggiormente conscio del pericolo che correvo e ancora prima che la Provvidenza mi facesse incontrare il mio domestico, avevo deciso la mia linea di condotta. Avevo progettato per Dora una luna di miele molto originale. Anni fa avevo acquistato un barcone e l'avevo fatto sistemare col lusso di un panfilo privato. Si trattava di una chiatta a motore e molte volte nelle mie vacanze mi ero divertito a viaggiare solo lungo il fiume. Wells fungeva da capo macchinista. Quando lo incontrai gli spiegai la situazione e gli proposi di scappare con me. Accettò subito e ce la filammo. «Ribattezzai il barcone col nome di Dora e avevo disposto ogni cosa perché il nostro viaggio riuscisse divertente. Avevo anche installato un apparecchio radiotrasmittente. Quando scappai non avevo nessun piano e solo più tardi mi resi conto che Lea sarebbe stata in grande ansia. Tentai di telefonarle, ma invano. Il mio scopo era di riavere il danaro. Ero convinto che in qualche modo i banditi fossero riusciti a recuperare o a distruggere la famosa ricevuta e Antony, il mio cameriere, ebbe l'idea di telefonare a te, Jimmy. La ricevuta naturalmente era stata distrutta, lo seppi il mattino seguente. Il mio primo tentativo di entrare nella casa di Portland Place…» «Dunque il primo ladro eri tu?» «Ero io, e il secondo fu Knowles» disse Rex. «Il primo tentativo per poco non finì con la mia cattura. Il secondo invece fu portato a termine con abilità da Succhiello, al quale avevo spiegato tutto quanto era successo.» «Ma perché non vi siete rivolto alla polizia, signor Walton?» domandò Bill che ormai convalescente assisteva al colloquio. «Avevo paura che neppure la polizia mi credesse. Feci una ricognizione nelle vicinanze della casa e mi accorsi che era ben sorvegliata dal nemico. Dopo matura riflessione decisi di agire per mio conto. Andai da Knowles. Il denaro era da qualche parte nella casa. Succhiello arruolò un certo numero di colleghi di fiducia i quali sorvegliavano la casa giorno e notte e in un modo o in un altro esaminavano ogni pacco che venisse portato fuori. La casa era vuota, perché il signor Coleman dormiva in albergo e Bennett si era allontanato per una delle sue spedizioni. Sapevo dell'esistenza della cantina perché me ne aveva parlato Dora. Io ho accompagnato Succhiello nell'incursione. Sulle prime credetti di aver fatto fiasco, ma poi il mio compagno insistette per aprire una delle cassette e allora ritrovai il mio tesoro. Trasportammo le cassette fuori, le caricammo in una automobile e ci allontanammo prima che Bennett fosse di ritorno!» «Fosti tu allora a catturare Collett?» fece Jimmy. «Come mai allora ci disse di aver viaggiato tre ore prima di arrivare?» «Avevo dato ordine di far girare la macchina per tre ore nei dintorni della città per confondere le idee al prigioniero. Collett fu terrorizzato, quando mi vide, e ci disse tutto quello che sapeva, facendoci promettere di aiutarlo a lasciare il paese. Collett era della banda, naturalmente. Per una strana coincidenza Lea, che stava fuggendo da Tod, venne a naufragare col motoscafo contro il mio barcone. Antony che si trovava sul ponte la riconobbe e l'aiutò a salire a bordo. Fu allora, credo, che Haydn indovinò il segreto del mio nascondiglio.» Dora si trovava nel salotto del nuovo appartamento di Jimmy e osservava distrattamente il movimento dei veicoli e dei passanti fuori dalla finestra. Quando udì la porta che si apriva non si volse. «Non ho bisogno di nulla, Albert» disse. «Non sono Albert» rispose una voce e la ragazza sobbalzò. Rex Walton avanzò lentamente verso di lei incapace di parlare. Dopo un istante si riprese e disse: «Sepping ha dichiarato che potrà evitare di farti figurare al processo, ora che Haydn è morto». «Morto?» «È stato trovato cadavere nella sua cella, ieri sera.» Dora si torceva le mani nervosamente. «Allora posso andare?» mormorò. «Tu dovrai chiedere il divorzio, dato che il nostro matrimonio è legale, non è vero? Sono desolata, Rex. Per te… e anche per me. Non so darmi pace per il male che ti ho fatto e vorrei soltanto… ma temo di domandare troppo… vorrei soltanto una parola di perdono.» Il giovane le tese la mano e Dora l'afferrò con un gesto impulsivo. «Non vedo come potrò rimanere estranea al processo… a meno che non mi allontani» soggiunse. «Vorrei andarmene, Rex.» «Dove?» «Non lo so… a Vienna… a Roma… ho un po' di danaro… guadagnato onestamente… per quanto tu, forse, non lo possa credere…» Seguì un lungo silenzio, poi Rex parlò. «Forse è meglio che tu te ne vada, Dora, ma devi lasciarmi il tuo indirizzo, e quando tutto sarà finito verrò a raggiungerti e ricominceremo la nostra vita.» Dora abbassò gli occhi e Rex vide che le sue labbra tremavano. Allora la prese tra le braccia e la baciò.