Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLII n. 86 (46.032) Città del Vaticano venerdì 13 aprile 2012 . Diplomazia al lavoro a Washington WASHINGTON, 12. Ultime ore di intenso lavoro diplomatico per i ministri degli Esteri nella giornata conclusiva del G8 di Washington. Una riunione importante, ha ribadito il presidente di turno, Hillary Clinton, da una parte perché «gli eventi recenti confermano il bisogno continuo di cooperazione internazionale a tutto campo», dall’altra perché i lavori di questi giorni «preparano quelli per il vertice di Camp David» dei leader del G8, il 18 e 19 maggio. E mentre l’attenzione delle delegazioni resta puntata sul Governo siriano di Bashar Al Assad che proprio in queste ore dovrebbe passare dalle parole ai fatti — come auspicato dalla comunità internazionale — con un completo cessate il fuoco per porre fine alle violenze, i diplomatici lavorano sul testo conclusivo della ministeriale e in particolare — da quanto di apprende — sulla possibilità di avvicinare la posizione russa a quella degli altri partner. Come gli altri Paesi del G8, anche Mosca ha dato il suo sostegno al piano dell’inviato dell’Onu e della Lega araba, Kofi Annan. Quello di Washington, aveva ammesso Clinton alla vigilia del G8, «è un altro tentativo di persuadere i russi sul fatto che la situazione in Siria si sta deteriorando e che la possibilità di un conflitto regionale e di una guerra civile aumenta» in mancanza di un’adeguata risposta della comunità internazionale. Altro tema dominante nell’agenda del vertice del G8 è l’Iran: «C’è ancora spazio per la diplomazia ma è urgente che gli iraniani si siedano al tavolo per raggiungere risultati concreti attraverso un processo sostenibile», ha detto Hillary Clinton. «Aspettiamo con ansia il nuovo round del gruppo cinque più uno in Turchia — ha aggiunto — perché questi colloqui rappresentano un’opportunità per l’Iran per rispondere seriamente alle preoccupazioni della comunità internazionale sul suo programma nucleare». Ai Musei Vaticani l’arte dialoga con la «fabbrica dei sogni» Michelangelo al cinema MARCO VANELLI A PAGINA 4 Come mantenere in vita la memoria Ritualizzazione e ricerca storica MORDECHAY LEWY E ANNA FOA A PAGINA 5 L’Unione europea chiede l’apertura di un corridoio per portare aiuti alla popolazione La maternità nel film francese «17 ragazze» Il nord del Mali verso la catastrofe umanitaria Un nuovo desiderio nascosto Una manifestazione a Bamako in favore delle popolazioni del nord del Mali (Abaca Press) BAMAKO, 12. La situazione in Mali è talmente critica da profilare un’imminente catastrofe umanitaria. Un allarme in questo senso è stato lanciato ieri dal commissario europeo per gli aiuti umanitari, Kristalina Georgieva, secondo la quale tale catastrofe può essere evitata solo con l’apertura in tempi rapidi di un corridoio umanitario attraverso il quale far affluire cibo e medicinali alla popolazione del nord del Paese. Secondo stime concordi, sono oltre duecentomila i profughi maliani, in parte rifugiati nei Paesi confinanti, ma in maggioranza sfollati interni, provocati dal conflitto nel nord scoppiato a metà gennaio con l’insurrezione del Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad (Mnla), espressione della maggioranza tuareg. Nonostante il ritiro dell’esercito governativo, la situazione nel nord del Mali è tutt’altro che pacificata. Oltre all’Mnla, infatti, nell’area sono attivi numerosi altri gruppi armati, in particolare milizie radicali islamiche, che stanno tentando di assumerne il controllo. A questo punto si profila persino lo scoppio di un conflitto tra l’Mnla e i gruppi islamisti. Il quotidiano algerino «En Nahar» ha riferito ieri di un ultimatum dell’Mnla ai militanti di Al Qaeda nel Maghreb islamico e delle altre formazioni islamiste straniere a lasciare il Paese entro un mese. Secondo il quotidiano, i dirigenti dell’Mnla hanno chiesto a Iyad Agh Ghali, il leader della formazione islamica tuareg Ansar Eddine, di consegnare l’ultimatum alle varie formazioni armate non tuareg presenti nella regione. Il quotidiano spiega l’ultimatum con i riflessi negativi a livello internazionale che ha per la causa tuareg la presenza nel nord del Mali di gruppi considerati parte della galassia del terrorismo internazionale di matrice fondamentalista islamica. Il giornale sostiene, inoltre, che numerosi miliziani di Ansar Eddine a Timbuctu avrebbero lasciato il gruppo per unirsi agli uomini dell’Mlna che controllano l’aeroporto cittadino, a 12 chilometri di distanza dal centro cittadino. A complicare la situazione complessiva in Mali ha contribuito, lo scorzo 22 marzo, il colpo di Stato militare che ha rovesciato il Governo del presidente Amadou Toumani Touré. La giunta militare che ha preso il potere ha comunque raggiunto un’intesa con la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale per l’immediato ripristino dell’ordine costituzionale. Durante il fine settimana, rappresentanti delle forze politiche del Mali e della giunta militare saranno ricevute a Ouagadougou dal presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré, mediatore per conto dell’Ecowas, per stabilire le modalità per la transizione. Entra in vigore il cessate il fuoco previsto dal piano di Kofi Annan Sospesi i combattimenti in Siria DAMASCO, 12. Il cessate il fuoco tra Governo e ribelli in Siria, previsto dal piano di pace dall’inviato dell’Onu e della Lega Araba, Kofi Annan, è entrato in vigore questa mattina, dopo i ripetuti appelli della comunità internazionale. Il Governo del presidente Bashar al Assad verrà giudicato «sui fatti e non sulle parole» ha dichiarato il segretario di Stato Hillary Clinton che, in veste di «padrona di casa» ieri a Washington ha presieduto la riunione dei ministri del G8 nella sua prima giornata che si è conclusa con una cena ristretta (gli otto rappresentanti dei Paesi partner) nella residenza del capo della diplomazia americana. Sale l’attesa per un incontro bilaterale previsto per oggi tra Hillary Clinton e il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, mentre il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, è già stato esplicito sull’argomento: «La Russia deve annunciare chiaramente che non vuole essere associata, Economia ecologica in versione indigena y(7HA3J1*QSSKKM( +$!"!&!=!@ er tanti anni, nelle culture occidentali l’eros è stato considerato il desiderio proibito e represso, e quindi il più intenso, ma oggi molti segnali ci dicono che qualcosa in proposito sta cambiando. Oggi che il sesso è diventato, al contrario, quasi un obbligo, un dovere sociale, il desiderio represso, nascosto, soprattutto per le giovani donne, è quello della maternità. Ne vediamo le prime avvisaglie nei romanzi anglosassoni rivolti soprattutto a un pubblico femminile, proprio quel genere di testi che decenni fa aveva lanciato la moda della libertà sessuale delle donne. Adesso in questi racconti fanno la loro comparsa i neonati, arrivati spesso dopo anni di desiderio inappagato, e molte pagine sono dedicate alla descrizione del rapporto con i bambini e della felicità che ne deriva alle madri. In silenzio, senza che nessuno ne parli, stiamo vivendo una situazione drammatica: lo rivela anche la semplice esperienza, tipica di tutti coloro che vivono nei Paesi “avanzati”, del vedere il numero esiguo di bambini per le strade, nelle chiese. Ormai infatti, anche in famiglia, i bambini sono rari e quindi contesi, e manca ovunque il contributo vivificante del loro stupore, della loro energia vitale. Un film francese uscito anche in Italia — 17 ragazze, che si ispira a un fatto realmente accaduto in un piccolo centro del Minnesota — riesce a comunicare con grande effica- P Per la prima volta una tribù amazzonica vende crediti di anidride carbonica BRASILIA, 12. Una tribù amazzonica brasiliana è la prima al mondo a ricevere un certificato internazionale che le permetterà di vendere crediti di anidride carbonica ottenuti grazie alla loro opera contro il disboscamento. Si tratta di un esempio di quanto è reso possibile dagli accordi internazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra, in particolare l’anidride carbonica, che consentono a Stati e privati di acquisire «quote di inquinamento» da chi evita di produrlo. Gli indios paiter suruis, il cui territorio forma la riserva Sette di Settembre, ai confini tra gli Stati brasiliani di Rondonia e Mato Grosso, hanno accettato di chiudere un centinaio di segherie abusive. In cambio otterranno più di un milione di euro all’anno da qui al 2038. Il Governo brasiliano si rifarà con la tassazione sui produttori di legname, che pagheranno otto dollari a ton- di LUCETTA SCARAFFIA nellata l’anidride carbonica provocata dalla loro attività. Si tratta di un progetto d’avanguardia che sfrutta il Redd (Riduzione delle emissioni da disboscamento), un meccanismo riconosciuto internazionalmente che mira a compensare finanziariamente il mantenimento intatto delle foreste tropicali, mitigando così le emissioni di anidride carbonica responsabili per il surriscaldamento. I paiter suruis sono la prima tribù indigena al mondo a ricevere il certificato per il Redd. «La parte più difficile è stata convincere gli indigeni che mantenere in piedi la foresta poteva diventare un buon business» ha dichiarato l’associazione che ha aiutato il capo tribù, Almir Suruì, di 37 anni, a persuadere i leader degli altri villaggi. Almir già nel 2008 aveva fatto storia chiudendo un accordo col Google Map per il monitoraggio della selva amazzonica. Indigeni dell’Amazzonia durante una dimostrazione a Brasilia (Reuters) né da vicino né da lontano, a questi atti di violenza e a questa repressione» ha detto il rappresentante tedesco. Intanto, il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha fatto sapere che, se i termini del piano Assad non verranno rispettati, Londra solleciterà sanzioni più dure verso Damasco ma soprattutto «accrescerà il suo sostegno verso l’opposizione». Mentre la Francia, ha spiegato il titolare del Quai d’Orsay, Alain Juppé, ritiene che l’Onu debba inviare una «robusta squadra di suoi osservatori» per verificare l’effettiva attuazione del piano Annan. Pechino ha espresso apprezzamento per la decisione del Governo siriano: lo ha reso noto in un comunicato il portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Liu Weimin. Il portavoce ha dichiarato che si tratta di un «importante passo verso una soluzione politica della crisi» e ha invitato l’opposizione siriana a «cessare immediatamente il fuoco». Il cessate il fuoco è scattato questa mattina in tutta la Siria, nei limiti temporali previsti dal piano di pace in sei punti presentato da Annan, ovvero a partire dal compimento delle 48 ore dalla data del 10 aprile. Un’ora dopo l’entrata in vigore della tregua ovunque la situazione appariva tranquilla: lo hanno confermato fonti degli attivisti tanto nelle province di Homs, Hama e Idlib, quanto nella capitale Damasco. «A Homs adesso c’è quiete e non si sta sparando» ha riferito un anonimo dissidente alla stampa locale. Tuttavia, gli attivisti denunciano che, nonostante l’interruzione delle violenze, non è ancora arrivata nessuna prova di effettivo ritiro delle forze governative dai centri abitati. cia questa situazione, fornendo molti elementi di riflessione. In una scuola media superiore di una cittadina, in piena decadenza economica e culturale, una sedicenne rimane incinta e, invece di parlarne con la madre, sempre assente e distratta, si confida con le amiche e decide di tenere il bambino per cambiare qualcosa nella sua vita vuota di affetti e di stimoli, priva di prospettive. In rapida successione, ben sedici sue coetanee — il gruppo delle amiche più strette — rimangono incinte: per scelta, per vivere insieme un sogno, un’utopia di vita Un fotogramma tratto dal film comune in cui le ragazze, con i loro bambini, sperano di vivere aiutandosi a vicenda. Certo in questa scelta — vissuta con timore e cecità dagli adulti, insegnanti e genitori, che non sanno altro che ripetere stanche soluzioni, come «mettiamo un distributore di preservativi a scuola» — c’è la volontà di dare una risposta al disagio giovanile, al nichilismo di una vita vuota, senza desideri: il sesso ormai a disposizione di tutti, senza impegno e coinvolgimento, come si vede dal modo disinvolto in cui le ragazze riescono a raggiungere il loro scopo procreativo, non è più oggetto di desiderio. Sono ragazze delle classi popolari, con poca voglia di studiare e quindi quasi prive di prospettive di un futuro professionale, figlie di famiglie disfatte o dilaniate dai conflitti, per le quali avere un figlio diventa l’unico desiderio proibito, l’unica forma di protesta, ma al tempo stesso di speranza per il futuro: «Almeno con un figlio sapremo cosa fare» dice una, e un’altra le fa eco: «Avrò sempre qualcuno che mi vuole bene». I bambini, tutti meno uno, nasceranno, anche se la comune poi non si costituirà, e saranno le famiglie ad affrontare l’emergenza. Famiglie che hanno ricevuto ciò che oggi sembra essere l’unico segnale di allarme in grado di scuoterle da una passiva rassegnazione nei confronti del disagio dei figli. Il film, che mette in luce i chiaroscuri di una situazione difficile e piena di contraddizioni, è capace di restituire — mostrando le ragazze incinte che sentono con emozione il bambino muoversi, e vedono con ammirata meraviglia il loro corpo cambiare — il mistero e la potenza della procreazione, il contributo di energia e vitalità che questo miracolo riesce a donare anche a un gruppo umano così disperato e vuoto. Nuovo appello del World Council of Churches Minacce a pace e sviluppo dal commercio delle armi PAGINA 6 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 venerdì 13 aprile 2012 In rialzo il rendimento dei Btp Le stime del Beige Book diffuso dalla Federal Reserve Nei mercati europei restano tensioni sui titoli di Stato Il manifatturiero spinge la crescita statunitense BRUXELLES, 12. Andamento negativo, a fine mattinata, per le principali Borse europee: Milano fa segnare un meno 0,75 per cento, Parigi un meno 0,17, Londra un 0,05. Tensione sui titoli di Stato: la Bce nel suo bollettino mensile ha dichiarato che l’aumento del livello dello spread italiano e spagnolo «si è verificato sullo sfondo di una riconsiderazione delle prospettive per la crescita nell’area dell’euro». A spingere negativamente i listini è stato soprattutto il risultato dell’asta dei Btp, con rendimento ancora in rialzo. Il ministero dell’Economia italiano, come riferisce la Reuters, ha collocato oggi titoli con scadenza marzo 2015 per 2,884 miliardi (contro un ammontare massimo previsto pari a tre miliardi) a un tasso del 3,89 per cento, in netto aumento rispetto al 2,76 dell’asta di metà marzo. Si tratta del livello massimo dallo scorso gennaio. Trainate anche dal buon andamento di Wall Street, ieri, le piazze europee sono tornate a respirare. Maglia rosa a Madrid, che è avanzata dell’1,93 per cento con l’indice Ibex a 7.576,7 punti. Solida anche Piazza Affari, dove l’Ftse Mib è cresciuto dell’1,6 a 14.689,84 punti. L’Ftse 100 di Londra è salito dello 0,7 a 5.634,74 punti. Il Dax di Francoforte ha segnato un più 1,03 a 6.674,73 punti, mentre il Cac 40 di Parigi ha ottenuto un più 0,62 a 3.237,69 punti. Ossigeno anche per il differenziale di rendimento tra Btp e Bund. Schizzato ieri oltre quota 400, lo spread si è attestato stabile attorno ai 372 punti base, dopo le aste dei Bot mentre la forbice tra i Bonos spagnoli e i Bund ha segnato il livello di 409 punti. L’Italia ha collocato undici miliardi di euro di Bot a un anno e di Bot a tre mesi. Il rendimento dei titoli a 12 mesi è salito al 2,84 dall’1,492 per cento dell’asta precedente, mentre quello dei trimestrali ha toccato quota 1,249 per cento. La domanda è risultata pari a 5,443 miliardi per i trimestrali e a 12,127 miliardi per gli annuali. «Pur se la domanda è risultata sostenuta, come nelle attese», il collocamento dei Bot odierno — hanno commentato fonti della Banca d’Italia — «ha risentito del riaccendersi delle tensioni sui titoli WASHINGTON, 12. Per la Federal Reserve, fra la metà di febbraio e la metà di marzo l’economia americana ha continuato «a crescere a un ritmo che va da modesto a moderato», a seconda dei distretti, con un andamento più forte a New York, Minneapolis e Kansas City. Lo si legge nel Beige Book di aprile, appena diffuso, in cui si sottolinea come l’attività manifatturiera abbia continuato a rafforzarsi, con i maggiori guadagni nel settore dell’automobile e delle industrie high-tech. Il settore manifatturiero, si legge nel documento della banca centrale, dà segnali di ottimismo sulle prospettive di crescita a breve, anche se preoccupa l’aumento dei prezzi del petrolio che potrebbe limitare la spesa delle famiglie nei prossimi mesi. Quanto all’occupazione, per la Federal Reserve l’andamento è stabile con miglioramenti appena «modesti», anche se si registra in alcuni casi la difficoltà a reperire lavoratori qualificati. Indicazioni positive (con una crescita definita «forte» a Boston, New York, e St. Louis) arrivano dalle vendite al dettaglio grazie anche a condizioni meteorologiche insolitamente buone, e il turismo viene giudicato dalla Fed in crescita nella maggior parte dei distretti. Le condizioni meteorologiche positive hanno anche dato un impulso alla vendita di auto nuove. del debito sovrano dell’area euro», che ha determinato «un cospicuo incremento dei rendimenti». Intanto, sempre per quanto riguarda l’Italia, non arrivano buone notizie sul fronte della crescita: il pil calerà quest’anno tra l’1,3 e l’1,5 per cento, contro il meno 0,4 precedentemente previsto, ma non ci sarà bisogno di una manovra correttiva. Il Governo ritocca così al ribasso le stime di crescita per il 2012, in linea — come ha confermato il vice ministro dell’Economia, Vittorio Grilli — con le previsioni dell’Unione europea. Secondo i tecnici di Bruxelles, la flessione sarà dell’1,3. Dalla Bce arriva intanto un nuovo allarme sul costo del denaro. «È probabile che l’inflazione si collochi al di sopra del due per cento nel 2012, soprattutto per effetto dei recenti rincari dell’energia nonché degli incrementi delle imposte indirette annunciati ultimamente» si legge nel bollettino di aprile. Francoforte sottolinea tuttavia che «sulla base dei prezzi correnti dei contratti future per le materie prime, l’inflazione dovrebbe rientrare al di sotto del due per cento agli inizi del 2013». Francoforte parla comunque di «aspettative di inflazione saldamente ancorate nel lungo periodo» e di «pressioni di fondo sui prezzi» che «dovrebbero restare limitate». L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt BRUXELLES, 12. «Le indagini congiunturali anticipano un ulteriore peggioramento nel breve termine» del mercato del lavoro nell’area euro. Lo sottolinea la Bce nel bollettino mensile pubblicato oggi. «Le condizioni nei mercati del lavoro dell’area dell’euro — spiega l’istituto di Francoforte — continuano a deteriorarsi; la crescita dell’occupazione è rimasta negativa mentre è proseguito l’aumento del tasso di disoccupazione». Intanto, l’Ocse (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) riferisce che il tasso di disoccupazione dell’area a febbraio è rimasto stabile all’8,2 per cento, in linea con quanto registrato per tutto il 2011. In una nota, l’organizzazione che ha sede a Parigi rende noto che in Italia la disoccupazione continua a crescere, facendo registrare un passo avanti di 0,2 punti percentuali, dal 9,1 per cento di gennaio al 9,3 per cento. Nell’eurozona, la disoccupazione è aumentata di 0,1 punti percentuali a febbraio, «per l’ottavo mese consecutivo», ed è arrivata al 10,8 per cento, «livello record dall’inizio della crisi finanziaria mondiale» sottolinea l’organizzazione. Pesa soprattutto il dato della Spagna, dove di recente la percentuale dei senza lavoro è cresciuta di 0,3 punti arrivando al 23,6 per cento. Uno stabilimento alimentare nel Nebraska (Reuters) Dal primo ministro Lucas Papademos Il Governo di Mariano Rajoy prepara misure eccezionali Annunciate per il 6 maggio le elezioni in Grecia Madrid andrà avanti sulla strada dell’austerity In netto calo le rimesse degli emigranti albanesi TIRANA, 12. Sono in netto calo le rimesse degli emigranti albanesi. Lo sottolinea il rapporto della Banca centrale di Tirana per il 2011. Si segnala che le rimesse hanno toccato i 660 milioni di euro, con una riduzione di ventinove milioni rispetto al 2010. Nel documento si rileva che la situazione economica in Grecia e in Italia, che ospitano rispettivamente il 47 per cento e il 36 per cento di 1,4 milioni di albanesi che lavorano ufficialmente all’estero, è la causa di questa flessione, che comunque ha subito un rallentamento negli ultimi due anni rispetto agli anni precedenti, per la decisione degli emigranti in Grecia di spostare nelle banche albanesi i propri risparmi, a seguito dell’aggravamento della situazione economica greca. Nel rapporto della Banca centrale, il governatore Ardian Fullani scrive che «durante questo periodo i flussi di entrate delle rimesse hanno segnato una contrazione dell’8,6 per cento in termini annuali, e gli sviluppi della situazione del lavoro nei Paesi vicini suggeriscono continuità del trend negativo di questo elemento di conto corrente anche nel futuro». Si è invece bloccato il rientro dalla Grecia in Albania degli emigranti che, nei primi mesi dello scorso anno, sembrava dovesse assumere dimensioni di massa. La Bce prevede un peggioramento del mercato del lavoro Il premier greco Lucas Papademos (Ansa) ATENE, 12. Il primo ministro greco, Lucas Papademos, ha annunciato ieri che le elezioni parlamentari si terranno il 6 maggio. L’annuncio è giunto durante il Consiglio dei ministri. Papademos ha assunto, in novembre, la guida di un Governo di unità nazionale, di cui fanno parte i socialisti del Pasok e i conservatori di Nuova democrazia. Da ieri sera, dunque, ha avuto inizio la campagna elettorale. Il clima, rilevano le fonti di stampa, è teso: i partiti, tra l’altro, sono ancora in cerca di candidati per completare le liste elettorali. Come riferisce il «Financial Times», che cita fonti politiche greche, il numero dei probabili candidati per i due partiti maggiori, soprattutto in provincia, è stato ridotto. Nel frattempo, riferisce l’agenzia di stampa Ansa, già salgono i toni del confronto fra i leader dei due maggiori partiti, Evanghelos Venizelos del socialista Pasok, e Antonis Samaras, di Nuova democrazia: quest’ultimo continua a chiedere agli elettori la maggioranza assoluta per poter governare «con le mani libere». Dal canto suo, Venizelos, segnala sempre l’agenzia Ansa, accusa Samaras di «voler diventare a tutti i costi primo ministro», senza però fare cenno alle responsabilità del suo partito e del Governo di Costas Karamanlis, del quale lo stesso Samaras faceva parte. MADRID, 12. La situazione economica della Spagna è «molto difficile» ma il Governo di Madrid ha «le idee chiare» e intende andare avanti sulla strada dell’austerità e delle riforme, pur sapendo che sono misure «dure e costose». Così si è espresso ieri, in un’audizione parlamentare, il presidente del Governo spagnolo Mariano Rajoy. Il Governo — ha assicurato Rajoy — continuerà a reagire con «misure eccezionali». Dalla formazione dell’Esecutivo a fine dicembre Rajoy ha già varato due manovre da 15 e 27,3 miliardi e ha annunciato negli ultimi giorni ulteriori tagli da dieci miliardi di euro nei settori della sanità e dell’educazione. «Il nostro obbligo principale in questi momenti è decidere, governare e togliere il Paese dalla situazione in cui si trova» ha ricordato il presidente del Governo. «Abbiamo fatto molte riforme in questi tre mesi, ma dovremo farne di più nei prossimi tempi» ha chiarito. Nonostante le nuove tensioni sui mercati che hanno colpito il settore finanziario spagnolo, Bruxelles è convinta che non siano necessari nuovi aiuti da parte dei fondi di salvataggio dell’eurozona per ricapitalizzare le banche iberiche. «Manteniamo la nostra posizione» ha assicurato il portavoce della Commissione Ue, Olivier Bailly, ricordando che Bruxelles attende entro fine mese da Madrid tutti i det- tagli delle misure di bilancio per il 2012, incluse quelle delle Regioni, per darne una valutazione completa. I dati definitivi sul deficit della Spagna, invece, sono attesi per il 23 aprile, quando l’Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Ue, convaliderà le statistiche ricevute dai Paesi Ue e le renderà pubblici. Ieri un portavoce dell’Esecutivo tedesco ha riconosciuto che il Governo di Madrid ha varato finora «una serie di riforme promettenti». Avviata un’inchiesta contro Apple e cinque case editrici accusate di fare cartello sul prezzo dei libri elettronici Cupertino alla guerra dell’ebook CUPERTINO, 12. Il dipartimento di Giustizia americano all’attacco di Apple e di cinque tra le maggiori case editrici a stelle e strisce, accusate di aver fatto cartello sui prezzi degli ebook. In una mossa che è costata «decine di milioni di dollari» ai consumatori. A finire nel mirino sono Hachette, HarperCollins, Macmillan, Simon & Schuster e Penguin. Tre degli editori accusati (Hachette, HarperCollins e Simon & Schuster) hanno però immediatamente raggiunto un accordo con le autorità per rivedere le politiche sui prezzi, e questo fa sì che nel mirino restino soltanto Apple, Macmillan e Penguin. Con telefonate, email e una cena «nella sala privata di uno dei maggiori ristoranti di New York», Cupertino e le case editrici avrebbero messo a punto — si legge nell’azione legale avviata dal dipartimento di Giustizia — un modello comune per rispondere alla politica dei 9,99 dollari al massimo per un libro digitale di Amazon. Un modello che ha fatto salire i prezzi degli ebook di 3-5 dollari l’uno a danno dei consumatori. In base all’accordo raggiunto, le case editrici ricevevano da Apple GIOVANNI MARIA VIAN don Sergio Pellini S.D.B. Carlo Di Cicco Segreteria di redazione direttore responsabile vicedirettore 00120 Città del Vaticano [email protected] Antonio Chilà http://www.osservatoreromano.va TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE «L’OSSERVATORE ROMANO» Piero Di Domenicantonio redattore capo redattore capo grafico direttore generale telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Gaetano Vallini segretario di redazione una «commissione» del trenta per cento per ogni copia venduta. Steve Jobs stesso — secondo il dipartimento di Giustizia — avrebbe spinto per l’adozione di un tale modello. «I consumatori pagheranno un po’ di più, ma questo è quello che voi, gli editori, volete in ogni caso» avrebbe detto Jobs, secondo i documenti depositati in un tribunale di New York. Dal settembre 2008 al 2009 i vertici delle case editrici si sono incontrati — aggiunge l’accusa — ogni trimestre per discutere «temi legati alla concorrenza, incluse le pratiche di Amazon». I manager dei livelli Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va più alti delle aziende incluse nell’azione legale avrebbero lavorato insieme «per eliminare la concorrenza fra i negozi che vendono ebook, aumentando di conseguenza i prezzi per i consumatori» secondo l’accusa del procuratore generale degli Stati Uniti, Eric Holder. Amazon ha accolto l’azione legale con soddisfazione, convinta che ne trarranno beneficio i consumatori. «Non vediamo l’ora di poter ridurre i prezzi su un numero maggiore di titoli» ha dichiarato l’azienda leader del mercato ebook. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Ufficio diffusione: telefono 06 698 99470, fax 06 698 82818, [email protected] Ufficio abbonamenti (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, fax 06 698 85164, [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Parigi promette di ridurre il deficit PARIGI, 12. Il ministro francese del Bilancio, Valérie Pécresse, ha dichiarato ieri che Parigi non intende discostarsi dagli obiettivi di bilancio concordati con l’Unione europea. Pécresse, davanti alla commissione Finanze del Parlamento francese, ha assicurato che, se il presidente Nicolas Sarkozy sarà rieletto, il Governo manterrà l’impegno a portare il bilancio in pareggio nel 2016. Il programma di stabilità concordato dalla Francia con Bruxelles include anche un pil in crescita dello 0,7 quest’anno e dell’1,75 per cento nel 2013. È invece di pochi giorni fa la notizia per cui, in base alle stime della Banca centrale contenute nel rapporto mensile, la crescita per l’economia francese nel primo trimestre dell’anno dovrebbe risultare pari a zero. Invariato anche l’indicatore di business fermo a 95 punti a marzo. A febbraio, intanto, la produzione industriale in Francia è aumentata dello 0,3 per cento, lievemente sopra le stime. Lo comunica l’Insee, l’istituto nazionale di statistica. Il mese precedente l’incremento della produzione è stato rivisto al ribasso dallo 0,3 per cento allo 0,2 per cento. Netto calo della produzione industriale del settore manifatturiero. Concessionaria di pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A System Comunicazione Pubblicitaria Alfonso Dell’Erario, direttore generale Romano Ruosi, vice direttore generale Sede legale Via Monte Rosa, 91 - 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Aziende promotrici della diffusione de «L’Osservatore Romano» Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese Assicurazioni Generali S.p.A. L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 13 aprile 2012 pagina 3 Imminente il lancio del missile di Pyongyang Truppe del sud occupano Heglig nel Kordofan meridionale Stato di allerta in Asia Si riaccende il conflitto sudanese PYONGYANG, 12. La Corea del Sud, il Giappone e le Filippine sono da oggi in stato di massima allerta per l’imminente lancio del missile da parte dell regime comunista di Pyongyang. La Corea del Nord ha infatti annunciato l’intenzione di lanciare un missile balistico tra il 12 e il 16 aprile per mettere in orbita un satellite di osservazione terrestre. Questa decisione di Pyongyang, condannata dalla comunità internazionale, è in aperta violazione con le risoluzioni delle Nazioni Unite. Intanto, la quarta conferenza generale del Partito dei lavoratori ha nominato Kim Jong Un con l’inconsueta carica di primo segretario e ha onorato la memoria del padre, il caro leader Kim Jong Il scomparso a dicembre per un attacco cardiaco, con la nomina postuma di segretario generale eterno. Il giovane generale, di 28-30 anni ed esponente della terza generazione della famiglia Kim, consolida dunque il potere in vista del lancio del conte- Interrotti i negoziati tra Khartoum e Juba stato satellite per scopi pacifici, imminente dopo l’ufficializzazione delle operazioni di riempimento dei serbatoi con carburante arricchito, e dei festeggiamenti del 15 aprile per i 100 anni della nascita del capostipite Kim Il Sung. In attesa delle nuove nomine da parte dell’Assemblea del popolo che si riunirà domani, il quotidiano del Partito dei lavoratori, il «Rodong Sinmun», ha riferito che Kim Jong Gak è il «ministro delle forze armate», al posto di Kim Yong Chun, 75 anni, in servizio dal lontano 1956. Le attività di rifornimento del vettore Unha-3 sono partite ieri: «mentre parliamo stiamo iniettando il carburante», ha detto Paek Chang Ho, direttore del Centro di controllo dei satelliti, alla periferia della capitale nel corso di una visita di un gruppo di giornalisti ed esperti stranieri. Tutto questo nonostante il monito degli Stati Uniti a Pyongyang a desistere da ogni proposito missilistico. Nelle elezioni legislative Vittoria dei conservatori in Corea del Sud SEOUL, 12. Il Saenuri, (Nuova Frontiera, nome scelto a febbraio dal Gnp), il partito al Governo nella Corea del Sud e lo stesso del presidente Lee Myung Bak, ha vinto le elezioni parlamentari, aggiudicandosi 152 dei 300 seggi in palio, anche se ha perso 13 deputati rispetto alla precedente legislatura. Lo ha reso noto oggi la Commissione elettorale. I risultati delle legislative fanno aumentare le chance di successo del suo leader Park Geun Hye, candidata alle presidenziali che si terranno a dicembre. La percentuale dei votanti 54,3 per cento per questa consultazione — alla quale avevano diritto oltre 40 milioni di elettori — è stata, secondo la Commissione elettorale, maggiore di quella di quattro anni fa (46,1 per cento), con una forte partecipazione di giovani. A incidere sul voto anche l’atteso test missilistico del regime comunista di Pyongyang, che si appresta a lanciare un missile a lunga gittata, formalmente per mettere in orbita un satellite e sospettato invece da numerosi Paesi di essere un test missilistico nell’ambito del programma nucleare del regime comunista, ma comunque in violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite. La principale forza d’opposizione, il partito Democratico (Dup), guadagna 38 seggi rispetto alle ultime elezioni del 2008 e ottiene 127 deputati ma anche con il partner di coalizione dello Unified Progressive non riesce a conquistare la maggioranza. Alcuni seggi sono stati vinti da un’altra formazione dell’opposizione il Liberty Forward Party e altri da candidati indipendenti. Un miliziano del Movimento di liberazione del popolo sudanese - Nord (Afp) Cinque persone uccise in un attacco a un posto di frontiera nello Stato di Borno Ancora violenze nel nord della Nigeria ABUJA, 12. Cinque persone sono rimaste uccise in un attacco condotto nello Stato nigeriano nordorientale di Borno, nei pressi della frontiera con il Camerun. Un portavoce militare, il tenente colonnello Sagir Musa, ha attribuito l’attacco al gruppo radicale islamico Boko Haram, responsabile negli ultimi mesi di attentati che hanno provocato centinaia di vittime. L’ufficiale ha specificato che l’attacco è stato sferrato nella notte tra martedì e mercoledì a contro un posto di frontiera e che gli assalitori hanno incendiato alcuni uffici della dogana. Tra i cinque morti figurano un ufficiale dell’immigrazione e due finanzieri. In Nigeria il livello di allerta è tornato altissimo dopo le stragi del giorno di Pasqua e di quello successivo, anch’esse attribuite a Boko Haram, che aveva minacciato nuovi attacchi contro le comunità cristiane durante la Settimana Santa, do- Dopo tre giorni di scontri armati L’esercito yemenita riconquista la città di Loder SAN’A, 12. Le forze armate dello Yemen (esercito e aviazione), con il sostegno dei Comitati di difesa popolare delle tribù del sud del Paese, hanno conquistato totalmente la città di Loder, roccaforte dei terroristi di Al Qaeda, dopo tre giorni di violenti scontri. Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa locale Mareb Press, si sono contati sul terreno 62 morti, la maggior parte appartenenti ai miliziani islamici del gruppo Ansar Al Sharia, che fa capo ad Al Qaeda, e tre soldati. Morto in Algeria l’ex presidente Ahmed Ben Bella ALGERI, 12. Si terranno domani, nel grande cimitero di El Alia ad Algeri, i funerali del primo capo di Stato algerino, Ahmed Ben Bella, morto ieri. L’attuale presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, ha anche proclamato otto giorni di lutto nazionale a partire da ieri in tutto il Paese. Con la morte di Ben Bella all’età di 95 anni, scompare il padre dell’Algeria moderna, il primo presidente dopo l’indipendenza dalla Francia. Uomo «coraggioso e pugnace» Ben Bella è stato anche in carcere complessivamente per circa 24 anni. Carismatico e molto popolare, l’ex presidente — nato in una famiglia di contadini originari del Marocco — aveva tentato di instaurare in Algeria una sorta di socialismo autogestito, dopo essere giunto al potere nel settembre 1962. Altri 15 miliziani sono stati invece catturati. Fonti locali sostengono che sono stati trovati i cadaveri di numerosi somali inviati dagli Al Shaabab in Yemen per combattere al fianco degli islamici locali. Secondo un ufficiale yemenita «la battaglia di Loder è considerata decisiva» dal Governo di San’a che vuole «ripulire la provincia di Abyane dai militanti terroristi». Secondo gli abitanti di Loder, i combattimenti proseguono a sud, a est e a nord della città stra- tegica che i miliziani di Al Qaeda starebbero cercando di riprendere. L’aviazione yemenita ha lanciato ieri due raid sulla periferia della città. Dall’inizio degli scontri gli insorti hanno perso oltre 150 uomini, secondo fonti militari e tribali. Già nell’agosto del 2010 i terroristi di Al Qaeda avevano preso il controllo di Loder, situata a 150 chilometri a nord di Zinijbar, capoluogo della provincia di Abyane. Secondo fonti dell’esercito di San’a, i combattenti fondamentalisti vogliono occupare Loder in quanto costituisce per la sua posizione tra le montagne un rifugio naturale contro i raid e i bombardamenti via mare. Resta dunque difficile la transizione nello Yemen che ha visto l’uscita di scena, dopo 33 anni, del presidente Ali Abdullah Saleh e la nomina del suo vice Abd Rabdo Mansour Hadi. Il nuovo capo dello Stato deve infatti fare i conti con un movimento separatista nel sud, una rivolta sciita nel nord e la presenza dei terroristi di Al Qaeda. po quelli che avevano causato decine di morti lo scorso Natale. In particolare era stata colpita la città settentrionale di Kaduna, dove l’esplosione di un’autobomba guidata da un attentatore suicida aveva provocato domenica 38 morti davanti a una chiesa. Secondo la dinamica della strage ricostruita dagli inquirenti, l’attentatore aveva cercato di portare la sua auto imbottita di esplosivo all’ingresso di una chiesa, ma era stato fermato a un posto di blocco ed era tornato indietro, facendosi esplodere in mezzo a numerose moto taxi parcheggiate davanti a un’altra chiesa. Sempre domenica, un’altra esplosione a Jos aveva causato diversi feriti. Il giorno seguente c’erano stati nuovi attacchi nei quali erano state uccise sette persone, compresa una bambina, nelle città nordorientali di Dikwa e di Potiskum, mentre in altre località degli Stati di Yobe e di Borno erano stati incendiati un commissariato di polizia, una banca, un albergo e un edificio della pubblica amministrazione. Lo stesso giorno, a Kano, la più grande città del nord della Nigeria, l’esercito aveva disinnescato un ordigno individuato in un’autovettura parcheggiata in pieno centro. La metropoli era stata teatro lo scorso 20 gennaio di una serie di attacchi di Boko Haram che avevano provocato 185 morti. Al confine con la Libia dopo la decisione del Cairo di aumentare i dazi sulle merci Disordini in Egitto Un’immagine di repertorio dei disordini scoppiati la settimana scorsa a piazza Tahrir (Afp) IL CAIRO, 12. Gruppi di manifestanti hanno appiccato il fuoco in una sede dell’intelligence egiziana a Salum nei pressi del confine con la Libia dopo la morte di tre persone, uccise nelle ultime ore in scontri con l’esercito. Lo hanno riferito fonti della sicurezza. Le violenze sono cominciate quando i militari hanno cercato di liberare una strada che collega l’Egitto alla Libia, occupata dai manifestanti che protestavano contro una serie di misure economiche, tra cui l’aumento dei dazi sulle merci. E mentre riesplode la violenza al confine con la Libia, la sentenza del tribunale amministrativo del Cairo, che ha bloccato la decisione del Parlamento riguardo la formazione dell’Assemblea costituente è un verdetto da rispettare, e la nuova Costituente dovrà rispecchiare la volontà degli egiziani. Lo ha affermato Alaa Al Din Abd Al Latif, deputato del partito salafita Al Nour, il quale spiega che «la riunione dell’Assemblea prevista ieri è stata rimandata per trovare una soluzione soddisfacente per il popolo e in sintonia con la sentenza del tribunale». Nel frattempo, i Fratelli musulmani egiziani parteciperanno alla manifestazione indetta domani da tutti i partiti «per proteggere la rivoluzione» e contro la candidatura dell’ex capo dell’intelligence di Hosni Mubarak, Omar Suleiman. In un comunicato si spiega che la Confraternita scenderà in piazza, «contro i tentativi dei simboli dell’ex regime di impadronirsi del potere, di rubare la rivoluzione e di riportare il Paese a prima del 25 gennaio». Un deputato del partito Giustizia e Libertà, braccio politico dei Fratelli musulmani, Mustafa Mohamed, ha definito «inconcepibile che uno dei simboli del regime di Mubarak sia in corsa per la presidenza». KHARTOUM, 12. Un nuovo intervento fatto ieri dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, conferma che si fa sempre più incombente il pericolo di una ripresa generalizzata del conflitto sudanese. A nove mesi di distanza dalla proclamazione, lo scorso 9 luglio, dell’indipendenza del Sud Sudan, il protrarsi e l’intensificarsi degli scontri armati confermano i timori sollevati dagli osservatori sui mancati accordi tra il nuovo Governo di Juba e quello di Khartoum. Nelle ultime ore sono stati di nuovo interrotti i negoziati ad Addis Abeba con la mediazione dell’Unione africana, senza che le due parti abbiano fatto passi in avanti sulle questioni irrisolte, soprattutto la divisione delle risorse petrolifere, ma anche la definizione dei confini. Al tempo stesso si sono intensificati gli atti di guerra. Ancora questa mattina, l’aviazione sudanese ha effettuato un bombardamento sulla città sudsudanese di Bantiu, il cui distretto era già stato colpito nelle settimane scorse. L’annuncio della nuova sospensione dei negoziati ha seguito di poche ore quello della conquista della città di Heglig, nel ricco distretto petrolifero omonimo dello Stato sudanese del Kordofan meridionale, da parte dell’esercito sudsudanese e di quelle che il Governo di Khartoum definisce truppe mercenarie. Con questa espressione, di solito, il Governo sudanese indica le milizie del Movimento di liberazione del popolo sudanese - Nord (Splm-N), considerate vicine al Governo di Juba, o quelle del Movimento per la giustizia e l’eguaglianza (Jem) attivo nella regione occidentale del Darfur, ma che spesso ha sconfinato in altri territori. In questo caso, però, sia l’Splm-N sia il Jem hanno escluso la loro partecipazione ad attacchi a Heglig. Il ministro degli Esteri sudanese, Rahma Mohammed Osmane, ha definito l’incursione a Heglig come «la più grave violazione di sovranità del Sudan dall’indipendenza del sud nel luglio 2011». Ban Ki-moon ha parlato telefonicamente ieri con il presidente sudsudanese, Salva Kiir Mayardit, sostenendo che la priorità immediata è quella di riportare una condizione di normalità lungo le zone di confine, per evitare ogni ulteriore spargimento di sangue. Nel darne notizia, un portavoce l’Onu ha specificato che Ban Ki-moon ha invitato Salva Kiir Mayardit a considerare la possibilità di organizzare immediatamente un vertice con il presidente sudanese Omar Hassan el Bashir. In precedenza, Ban Ki-moon aveva parlato con l’ambasciatore sudanese all’Onu sollecitando il Governo di Khartoum a evitare azioni militari, come quelle nel distretto di Bentiu. Anche l’Unione africana ha chiesto al Governo di Juba di ritirare le proprie truppe dalla zona di Heglig, esprimendo profonda inquietudine per i continui combattimenti. Libero Paolo Bosusco sequestrato dai maoisti indiani NEW DELHI, 12. «Sono felice di essere un uomo libero, sono stanco, adesso ho bisogno di un po’ di riposo»: queste le prime parole dell’italiano Paolo Bosusco, non appena è arrivato a Bhubaneswar, capitale dello Stato orientale indiano dell’Orissa, dove era stato sequestrato dai ribelli maoisti il 14 marzo scorso, assieme al connazionale Claudio Colangelo, rilasciato dopo undici giorni. Bosusco, riferisce l’agenzia Agi, è stato affidato dai rapitori a un mediatore locale, Dandapani Mohanty, nel distretto di Kandhamal, un’area tribale impervia e ricoperta dalla foresta tropicale: la stessa dove i due italiani erano stati sequestrati. L’ambasciatore italiano in India, Giacomo Sanfelice di Monteforte, ha dichiarato: «Devo ringraziare le autorità indiane per la cooperazione e per la risoluzione di questo caso non facile». Quindi l’ambasciatore ha aggiunto: «Abbiamo incontrato Bosusco, sta bene e vuole tornare in Italia. Vi sono stati momenti difficili, ma la trattativa è stata condotta bene e il tutto si è concluso per il meglio». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 venerdì 13 aprile 2012 Ai Musei Vaticani l’arte dialoga con la «fabbrica dei sogni» Pierangelo Sequeri e la sfida degli idoli postmoderni Michelangelo al cinema Mille occhi incapaci di vedere D all’affresco biografico di Reed ai film di Rossellini e Antonioni Il direttore della rivista «Cabiria. Studi di cinema» ha anticipato al nostro giornale una sintesi della conferenza «Arte & cinema. Michelangelo nella settima arte» che tiene nel pomeriggio del 12 aprile ai Musei Vaticani. Introduce l’incontro il direttore dei Musei, Antonio Paolucci. di MARCO TIBALDI di MARCO VANELLI l cinema si è occupato a più riprese di Michelangelo Buonarroti: dell’uomo, dell’artista, del poeta. Si può dire che lo stesso stile michelangiolesco abbia influenzato i registi per quel certo modo di guardare gli esseri umani, i loro corpi, la loro disposizione nello spazio. Le citazioni michelangiolesche sono moltissime e disseminate nel cinema alto e basso. La più evidente e celebre è quella delle dita ravvicinate di Dio e Adamo nell’affresco della Creazione: si va dai titoli di testa di Ben-Hur (1959) di William Wyler, ai richiami più scanzonati dei poster internazionali di E. T. (1983) di Steven Spielberg e di Una settimana da Dio (2003) di Tom Shadyac, senza contare gli immancabili Simpson che spesso offrono delle irriverenti variazioni sul tema. La vita di Michelangelo è poi stata portata più volte sul piccolo e grande schermo: da The Agony and the Ecstasy (1965) di Carol Reed, con Charlton Heston, agli sceneggiati televisivi Vita di Michelangelo (1964) di Silverio Blasi e La primavera di Michelangelo (1991) di Jerry I «Lo sguardo di Michelangelo» di Antonioni (2004) della Cappella Musicale Pontificia. Pur con i pochi mezzi a disposizione, Rossellini scruta la volta e le pareti della Sistina alla ricerca di un senso generale che trascenda l’occasione del momento. La macchina da presa si concentra sul peccato originale, inteso non solo nel senso teologico, ma anche antropologico, come una colpa ereditaria cui è succeduta una punizione destinata a essere riscattata dal sacrificio del Salvatore. Ed ecco che prima di passare a illustrare il Giudizio universale, il regista stacca sulla Pietà, accompagnando le immagini di quell’opera immortale con poche, ma significative parole: «Quella madre, eternamente giovane nella sua purezza, che stringeva a sé tutti i dolori del mondo, simboleggiando l’umanità intera, unita nel mistero della passione redentrice, già piangeva la pena eterna dei dannati». Non è difficile riconoscere qui il mondo di Rossellini, quella capacità dimostrata sin dai capolavori del neorealismo di cogliere l’universale nel particolare, la dimensione dell’incarnazione nel vissuto quotidiano dei Charlton Heston in «The Agony and the Ecstasy» (1965) crocifissi della storia, il cristianesimo come paLondon e ai documentari (in uno, Upon radigma per leggere la realtà attuale. This Rock, 1970, di Harry Rasky, è il granE allora non possiamo esimerci dal ride Orson Welles a interpretarlo). cordare alcune “Pietà” che il regista ha inMa per trattare dell’influenza che Mi- serito fra le pieghe dei suoi film, dall’epichelangelo ha avuto sul cinema d’autore, sodio fiorentino di Paisà (1946) al finale conviene soffermarsi sulle opere “testa- di Germania anno zero (1948), ma sopratmentarie” di due maestri del cinema ita- tutto in Roma città aperta (1945) quando liano: Roberto Rossellini e Michelangelo la “sora” Pina, interpretata da Anna MaAntonioni. gnani, trucidata dai nazisti, viene pietosaEntrambi si sono occupati di Buonarromente composta tra le braccia di don Pieti, rispettivamente con il Concerto per Michelangelo, realizzato da Rossellini per la tro (Aldo Fabrizi). In quell’immagine, televisione italiana nel 1977, pochi mesi universalmente conosciuta e ammirata, prima della sua morte, e con Lo sguardo Rossellini non solo denuncia le atrocità di Michelangelo (2004) dove Antonioni, della guerra appena terminata, ma estengià malato e incapace di parlare, si pone de uno sguardo pietoso all’umanità intea tu per tu con il Mosè della tomba di ra, a «tutti i dolori del mondo», riassunti Giulio II. Il documentario rosselliniano nell’iconografia che rimanda inequivocaprende l’avvio da un concerto del coro bilmente a Michelangelo. Presentata la sessantanovesima Settimana musicale senese Una fiaba in prima assoluta Dopo il Faust di Silvia Colasanti del 2011, anche per questa edizione la Settimana musicale senese punta sulle nuove produzioni e sul teatro musicale contemporaneo, affidandosi per il secondo anno consecutivo a una compositrice. Mercoledì 11 aprile è stato presentato a Roma il programma dell festival, organizzato dall’Accademia Chigiana, che per il 2012 propone la prima esecuzione assoluta di Due teste e una ragazza, opera-fiaba comica in un atto su libretto di Borislav Čičovački e musica della serba Isidora Žebeljan. Capace di fondere elementi della musica colta con le suggestioni balcaniche, la musicista di Belgrado, vanta collaborazioni anche per il teatro e il cinema. Due teste e una ragazza (giovedì 12 luglio al Teatro dei Rozzi), è una fiaba musicale ispirata a un’antica leggenda indiana rivisitata in chiave slava. Sul palco due soprani (Aneta Ilic’e Aile Asszonyi), due baritoni (Ivan Ludlow e Piotr Prochera), un attore (Nikola Đuričko), il clarinettista Alessandro Carbonare. L’Orchestra Žebeljan sarà diretta da Premil Petrovič. La regia sarà di Ran Arthur Braun. Il festival sarà inaugurato il 10 luglio da Jurij Temirkanov e dall’O rchestra Filarmonica di San Pietroburgo. Il concerto presenta un programma prevalentemente di autori russi, ai quali si aggiunge uno dei concerti per violino e orchestra più conosciuti, quello di Mendelssohn, affidato alla giapponese Sayaka Shoji e al suo Stradivari “Elman” del 1729. Da segnalare, venerdì 13 al Teatro dei Rozzi, il concerto del celebre violista Jurij Bashmet che, con la collaborazione al pianoforte di Mikhail Muntjan, proporrà brani di Glinka, Prokof’ev e Šostakovič. Al via la rassegna «Virgo Lauretana» Giunge quest’anno alla cinquantaduesima edizione la rassegna internazionale di musica sacra «Virgo Lauretana» che si svolgerà a Loreto dall’11 al 15 aprile. Con la direzione artistica affidata al rettore della basilica della Santa Casa, padre Giuliano Viabile, saranno undici le cappelle musicali partecipanti in rappresentanza di altrettanti Paesi (Bielorussia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Italia, Lituania, Polonia, Russia, Slovacchia, Ucraina). A esse si aggiunge la cappella musicale della Santa Casa di Loreto, per un totale di circa 500 cantori. Un altro dettaglio ci aiuta a comprendere il legame forte del regista con l’arte michelangiolesca: il volto di Maria nella Pietà è giovane, «eternamente giovane nella sua purezza» — potremmo anche dire: “in virtù” della sua purezza. È la stessa scelta simbolica che troviamo nell’ultimo film per il cinema che Rossellini gira nel 1975: Il Messia. Mita Ungaro, colei che interpreta la Madonna, è addirittura più giovane di Pier Maria Rossi, l’attore che fa Gesù: ecco che allora la composizione plastica della Pietà che vediamo al termine del film risulta così insistita proprio a voler richiamare quella di Michelangelo, in una sospensione drammatica che chiude il cerchio sulle tante variazioni operate dal regista intorno a questo tema sublime. Lo sguardo di Michelangelo è invece un breve film che gioca sull’omonimia tra i due artisti, ognuno nel suo campo maestro dello sguardo, come pure sulla condizione di mutismo che attanaglia tanto il vecchio regista malato, quanto la statua del Mosè, secondo la vulgata invitata a parlare dallo stesso artefice con una martellata. Non si tratta di un documentario, ma di un’opera di contemplazione, di riflessione silenziosa sulla morte, di introspezione. Vediamo lo stesso Antonioni entrare nella chiesa deserta di San Pietro in Vincoli, da solo, e avvicinarsi lentamente alla tomba di Giulio II. Comincia un alternarsi di sguardi, di campi e controcampi: il regista guarda in alto e la cinepresa inquadra la parte superiore del monumento: gli occhi chiusi del Pontefice, il suo corpo disteso, le mani composte. Il regista dell’incomunicabilità, dell’alienazione contemporanea, della perdita di senso del mondo sembra qui cercare una risposta a una domanda inespressa, un bisogno di penetrare il mistero della morte che inevitabilmente per lui si avvicina. Ma ecco che la prospettiva si ribalta, ed è Mosè, più in basso, a guardare: a stento Antonioni sembra rientrare nel suo campo visivo. Sono un volto e uno sguardo pieni di ira, dolore e disprezzo nei confronti del popolo di Israele che ha abbandonato la via della salvezza per votarsi al vitello d’oro. Antonioni cerca di intercettare quello sguardo e intanto scruta tutti gli interstizi della statua, le volute delle vesti, le linee possenti della muscolatura, i rivoli della barba. Torna alla mente l’analisi fatta nel 1914 da Sigmund Freud sul capolavoro di Michelangelo: «Quante volte ho cercato di sostenere l’irato sprezzo dello sguardo dell’eroe! A volte sono uscito furtivamente dalla semi oscurità dell’interno come se io stesso appartenessi alla folla verso la quale è rivolto il suo sguardo — la folla che rifiuta ogni convinzione, che non ha fede né pazienza, e che si rallegra quando recupera i propri idoli illusori». Freud, indagatore dell’animo umano, si sente assimilato alla folla di peccatori e cerca di leggere nella postura delle mani di Mosè il mistero del fascino terribile che la statua esercita in lui. Antonioni, altro indagatore dell’aridità dei sentimenti e dell’illusorietà delle relazioni umane, si mette a nudo di fronte allo stesso mistero: allarga lo sguardo e vede alla sua destra la statua di Lia, simbolo della vita attiva, poi si rivolge alle mani giunte di Rachele, dall’altro lato, che è la vita contemplativa. La prima gli è preclusa, la seconda no. Partono le note del Magnificat di Palestrina: Antonioni raccoglie le forze ed esce dalla chiesa andando incontro alla luce. L’agile e pensoso libro di Pierangelo Sequeri, Contro gli idoli postmoderni, (Lindau, Torino, 2011, pagine 98) è prima di tutto un appassionato grido al mondo ecclesiale e non solo affinché raccolga con «lieta ironia» e con un «soprassalto di competenza» la sfida imposta dal proliferare degli idoli postmoderni. Non è una questione di accademia, ma di vita. Si tratta di «incalzare senza tregua gli intellettuali, cantori della Bestia» perché le vittime designate «come tutti sanno, sono ragazzi e ragazze» mai consegnati all’apocalittico drago in numero così grande come oggi. Per questo, occorre, in primo luogo, puntare il dito e il cervello contro il «degrado antropologico indotto dai modelli culturali della società dei consumi», nella consapevolezza, mai ancora veramente assunta, che «mentre la città brucia noi impieghiamo la maggior parte del tempo a spiegarci tra noi». L’idolo è sempre «una faccenda di testa» e quindi è sul terreno culturale, che può essere smascherato e debellato. Quattro sono, a giudizio di Sequeri, le emergenze critiche da affrontare: la fissazione della giovinezza, l’ossessione della crescita, il totalitarismo della comunicazione e l’irreligione della secolarizzazione. Il primo idolo è l’adolescenza interminabile. Invenzione postbellica di natura prevalentemente mercantile «ha generato per con- Non è questione di accademia ma di vita perché le vittime designate sono ragazzi e ragazze consegnati al “drago” di un’illusione ingannevole lusso un diritto (per chi ce l’ha). E insiste sull’idea che il vero benessere è la sensazione di potenza che scaturisce dal possesso, più che dall’utilità. È il trionfo di una sorta di narcisismo commerciale che indotto dall’utilitarismo «va ora sciogliendosi nell’ecitazione libidica della loro pura disponibilità, esasperata, per pochi, illusoria, per i molti». A fronte di questo idolo, occorre opporre il «canone inverso della pòlis»: la capacità della politica di riappropriarsi del suo costitutivo legame, umanistico e non utilitario, con la giustizia e la libertà, nella consapevolezza che «non è la governance del patrimonio umanistico della pòlis che deve dimostrare di essere compatibile con la potenza dell’accumulo e con l’arbitrio del godimento», ma l’esatto contrario. Occorre rompere l’autismo della libertà individuale, che tende a ricavarsi degli spazi di assolutezza semplicemente ponendosi un limite, sempre più lontano, nella libertà dell’altro. Per tutto questo, la Chiesa cattolica offre un esempio mirabile, «unica istituzione globale in controtendenza: essa indica l’attitudine etica alla proaffezione come fondamento civile dell’umanesimo della persona; e l’incremento condiviso dei beni umanistici come principio politico di prosperità della cittadinanza». Un altro idolo pervasivo quanto menzognero della postmodernità è la comunicazione. «Hanno occhi ma non vedono» si diceva dell’idolo antico, «l’idolo postmoderno ha occhi dappertutto e vede tutto. È il panoptikon di un universo concentrazionario, di cui gestisce l’archivio, ma anche l’agenda programmatica; la memoria, ma anche gli eventi da creare». C’è nella moderna diffusione dei media e nell’esaltazione della comunicazione una perdita di pensiero e di contatto con la realtà. Nell’illusione di metterla a nudo, con un contatto esasperato con essa, ciò che emerge è proprio solo la nudità. Il detto di Nietzsche «non esistono fatti, esistono solo interpretazioni» viene declinato trattando le opinioni come informazioni, e le informazioni come fatti. Si tratta in definitiva dell’idolatria di una cattiva infinità dell’informazione che dà l’illusione di «essere come il “dio” nel quale si vedono tutte le cose, con la facoltà di dominare su di esse senza essere visto. Delirio della comunicazione totale, che la annulla totalmente». traccolpo, l’universo tignoso della competizione senile». L’anziano non vuole più invecchiare: la giovinezza da anagrafica è diventata una condizione dello spirito, intesa soprattutto come poter godere sessualmente in qualsiasi forma «senza cura per la generazione e senza fatica dell’uso di parole. Essere se stessi, come si dice, senza orpelli ideologici». La cultura dell’apparire sfuoca e diluisce la responsabilità verso l’altro, che impedisce la cura di noi stessi, unica vera pratica religiosa della postmodernità. Da qui il depotenziamento della genitorialità: «Essere padre, una funzione surrogabile? Essere madre, una prestazione occasionale?». L’antidoto è rimettere un limite all’iniziazione infinita dell’adolescenza perenne, «restituendo attrattiva spe cifica e dignità morale all’ambizione di essere adulti», intesa soprattutto come la «facoltà di tenere al prossimo come a se stessi». Il secondo idolo postmoderno è il mito della crescita. Tutto il Novecento è stato pervaso da questa ansia filosofica ed economica al punto che «la metafora della crescita, in cui soltanto c’è salvezza, è l’idolo in cui René Magritte, «Golconda» (1953) credere e sperare, al quale essere devoti». A essa La medicina è recuperare il pudore che si è asservita la politica sempre più ridotta a mera politica economica, fino a ridurre «sot- non copre solo il corpo ma anche l’anima, to forma di spesa (sociale) e debito (pubbli- per cui non tutto va mostrato: «Ci sono coco) tutte le cose migliori della nostra vita se che “devono essere gridate sui tetti” e minon economica». Anche l’umanesimo è stato racoli dei quali non si deve “dire a nessusoffocato dall’economia, per cui gli elaborati no”». L’ultimo idolo è ritenere che l’esito scondelle arti liberali sono oggi presentati come beni culturali e offerta formativa. Con in tato della secolarizzazione sia l’irreligione. Il più il tragico paradosso che di essi si potrà mondo senza Dio ha conosciuto la sua disporre come collettività solo e se crescerà Shoah che, però, è stata letta ancora come il profitto derivante dai beni di consumo: «traslazione sotterranea degli assoluti reli«La quadratura dei conti ha componenti ri- giosi negli assoluti della ragione (metafisici, gide e vincolanti. Se non cresce il mercato politici, scientifici)» per cui la modernità è utilitaristico (che comprende quello volut- ancora «irreligiosità apparente e secolarizzatuario), il pensiero va considerato un bene zione incompiuta». Per molti occorre allora superfluo (e persino un lusso elitario, poco spingere al massimo l’acceleratore, nel segno del mito di Narciso, l’eterno adolescente: democratico)». Come premio finale, il parossismo della «Il vitello d’oro oggi si forma qui. Ha la crescita porta, come dice un’ammiccante forma di un’ottusa alleanza fra libertà di arpubblicità dei nostri tempi, a considerare il bitrio e volontà di potenza che mira alla perfetta passività di entrambe: godimento virtuale, anoressia totale». Come Mosè in dialogo con Dio, che vuole abbandonare il popolo vista la sua idolaPresentazione a Milano del libro «Uno sguardo cattolico» tria, dobbiamo, conclude Sequeri, fare nostra la preghiera del grande legislatore: «Se non li perdoni, cancellami dal tuo libro che hai scritto!». È il momento dei Mosè e non degli «Presentare “L’Osservatore Romano” e il suo sguardo cattolico»: con queste parole scritte Aronne, accondiscendenti verso il popolo nell’introduzione al volume il nostro direttore spiega il senso del libro Uno sguardo cattoliidolatra. È il momento di disincagliare i gioco. Cento editoriali dell’Osservatore Romano (Milano, Vita e Pensiero, 2011, pagine XVI + vani, anche «i cuccioli con l’anello al naso e 270, euro 16), pubblicato in occasione del centocinquantesimo anniversario del quotidiano i capelli verdi», dall’ingenuo narcisimo della e che il 13 aprile sarà presentato a Milano, nella Sala Buzzati, in un incontro organizzato ricerca di sé, coinvolgendoli in prima persodalla Fondazione Corriere della Sera. Alla presentazione, introdotta dal presidente della na in questa «imponente alleanza contro Fondazione, Piergaetano Marchetti, interverranno l’arcivescovo di Milano, cardinale Anl’eresia postmoderna dell’autoaffezione» in gelo Scola, il ministro per i Beni e le attività culturali del Governo Italiano, Lorenzo Ornome dell’affetto per l’umano che muove la naghi, il direttore del «Corriere della Sera», Ferruccio de Bortoli, e il direttore del nostro storia: generatività, lavoro, pensiero. giornale. Cento editoriali per capire l’«Osservatore» L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 13 aprile 2012 pagina 5 Come mantenere in vita una memoria che sia costruttiva Cosa custodisce la ritualizzazione Pubblichiamo le sintesi di due relazioni tenute a Forlì nel corso del seminario di studi «La ritualizzazione della memoria e la rappresentazione del diniego» organizzato dall’università di Bologna. Quali sono le opzioni? Una maggiore ricerca storica e nuovi metodi d’istruzione sono il rimedio contro l’oblio? Che cosa comporta la ritualizzazione della memoria in ambito religioso o secolare? Sono contraddittori? E come possono essere conciliati? Con memoria religiosa intendiamo il ricordo di un evento storico rilevante per la fede in Dio. Questa memoria è stata canonizzata o congelata in un testo che viene ripetuto secondo un calendario fisso e immutabile. Questo testo noi lo chiamiamo preghiera. La sua ripetizione la chiamiamo liturgia. Qualsiasi cambiamento nel suo calendario ne trasforma l’identità e può causare, come dimostra la storia della Chiesa, conflitti, divisioni e scismi. Questo processo di trasformazione della memoria storica in memoria religiosa lo definirei ritualizzazione della memoria. Propongo di applicare lo schema comportamentale sociologico noto come «routinizzazione» a un contesto diverso, quello del comportamento religioso, utilizzando il termine «ritualizzazione». Non ho intenzione di entrare nel dibattito classico riguardo la relazione tra rito (Frazer) e mito (Eliade) e il loro impatto funzionale sul comportamento religioso (Durkheim). La routinizzazione si riferisce all’automaApprendere dall’esperienza storica ticità del comportamento. Le caratteristiche della aucome il processo di ritualizzazione tomaticità comprendono tra si è svolto in passato l’altro la mancanza d’intenzionalità e di consapevolezpotrebbe darci un’indicazione su ciò za, ma sono anche sinoniche possiamo aspettarci in futuro mo di efficienza. La ritualizzazione si sviluppa attratato un lusso, se non una missione verso la ripetuta esecuzione di un impossibile. Ma anche in un clima comportamento, nella fattispecie delpiù favorevole, l’impatto del tempo la pratica religioso-liturgica. Inoltre i che scorre sulle memorie sbiadite è singoli passi comportamentali non fondamentale. Il tempo è stato, e sono scelti consapevolmente, ma coancora è, il principale nemico della stituiscono uno schema custodito nella memoria. Tale passività, previmemoria. Prima di soffermarmi sulla ritua- sta dall’approccio comportamentale, lizzazione della memoria, vorrei defi- contrasta con la fede religiosa proatnire il rapporto tra storia e memoria tiva che alcuni di noi possono cone il loro rispettivo riferimento alla dividere. Potrebbe però essere un secolarizzazione. La storia, nel suo modo per ricordare gli eventi storici significato più stretto, è ciò che le nel futuro immediato attraverso il rifonti contemporanee possono dire, to religioso fintanto che questo viene eseguito. scrivere o creare riguardo a un evenAl fine di illustrare questa opzioto di cui esse stesse sono state testine, si può fare riferimento all’espemoni. Il compito dello storico è rienza delle religioni monoteiste, che quello di ricostruire come ciò verosi- sono tutte religioni storicizzanti. milmente è accaduto, soppesando le L’aspetto interessante, qui, non è la diverse fonti che raramente sono veracità della loro storia, bensì il concordi (effetto Rashomon). Tutto modo in cui strutturano gli eventi quello che viene raccontato dalle ge- storici per formare la loro memoria nerazioni successive fino alla terza storica. Nel cristianesimo e nelgenerazione appartiene al regno del- l’islam, gli eventi biografici dei padri la memoria. fondatori Gesù e Maometto sono La dimostrazione generale che la stati considerati talmente importanti memoria degli eventi può svanire da dare inizio a una nuova era del completamente è costituita dal sem- calendario, dividendo il tempo tra plice fatto che nessun discendente un prima e un dopo. Nell’ebraismo può ricordare i propri avi oltre la l’inizio del calendario è in qualche quarta generazione. Considerando misura mitico, poiché attualmente trent’anni per ogni generazione, pos- indica 5772 anni dalla creazione del siamo costruire una sequenza di cen- mondo. Prima della creazione non toventi anni di memoria. Buona par- c’era nulla tranne il caos, nemmeno te di essa è già mito o leggenda. il tempo. Gli ebrei, come alPertanto, la memoria di un evento tri popoli, sono piuttosto non equivale alla storia dell’evento sensibili quando si tratta di stesso. Più passa il tempo, più è dif- custodire la memoria di ficile ricostruire gli eventi dal mo- eventi fondamentali che rimento che i testimoni scompaiono. tengono essenziali per la Tuttavia, la memoria svanisce nel propria identità religiosa percorso delle generazioni e può tra- sonale e nazionale. L’esodo popolo d’Israele sformarsi in un rito di memorie a del causa della distanza cronologica da- dall’Egitto è la base storica gli eventi. Una meticolosa ricerca della Pasqua ebraica. Di fatstorica può talvolta superare tale di- to, si tratta di una festa famistanza, ma vista la crescente indiffe- liare didattica, i cui riti e i renza del pubblico rispetto agli cui gesti sono volti a perpeeventi del passato i risultati non sa- tuare la memoria della beneranno altro che conoscenze per i di- volenza divina in un particolare periodo storico. Il poporetti interessati. lo ebraico fu liberato dalla Mentre il tempo scorre, dobbiamo schiavitù dei faraoni e convalutare l’importanza delle generadotto alla Terra Promessa. È zioni come veicolo per trasportare la un dovere religioso ripetere memoria. I dolorosi ricordi della questa narrazione o storia Shoah sono caratterizzati da reazioni (per usare la parola di Erodiverse nelle generazioni seguenti. doto) di generazione in geLa prima generazione dei sopravvis- nerazione. Vale la pena ricorsuti è stata caratterizzata da un si- dare che anche la Pasqua crilenzio traumatico. La seconda gene- stiana, avendo come retroscerazione si è attivata, preoccupata na la celebrazione della Padella scomparsa biologica della ge- squa ebraica, è volta a comnerazione dei suoi genitori, che non memorare eventi storici. I cattolici ne avevano ancora raccontato la sto- ripercorrono la passione di Gesù e ria. È stata questa seconda genera- addirittura ritualizzano quotidianazione a istituire la cultura della memente l’ultima cena attraverso il rito moria che conosciamo oggi. È una dell’Eucaristia. Compiendo l’imitatio cultura in larga parte secolare, che Christi, il credente castiga se stesso da qualche decennio rispecchia l’umore areligioso dello spazio pub- in un atto d’identificazione fisica e blico. La terza generazione, che oggi di liberazione spirituale con Cristo sta raccogliendo il testimone, è ca- crocifisso. Cito questo esempio per ratterizzata da una certa polarizza- dimostrare non solo che il cristianezione tra iperattività e crescente in- simo era radicato nell’ebraismo, ma differenza. Questa polarizzazione sta anche che i riti cristiani hanno eredifacendo sorgere la domanda su come tato alcuni tratti dello schema ebraiconservare la memoria per le genera- co di conservare la memoria degli zioni future. eventi storici fondamentali. di MORDECHAY LEWY* on l’avvento dell’era digitale, in cui la conoscenza viene immagazzinata in modo casuale, memorizzare sta passando di moda. Le cose fondamentali da ricordare vengono conservate nel telefono cellulare o sul desktop. Una batteria scarica o un guasto elettrico possono cancellare memorie che sarebbe fondamentale conservare. Viviamo sotto la minaccia costante di andare soggetti all’amnesia elettromagnetica. Viviamo nel caos della post-modernità, in cui un fatto non è più considerato un fatto. Nella mancanza di rispetto per qualsiasi approccio positivistico all’accumulo di fatti, veniamo incoraggiati a decostruire tutto fino alla frammentazione totale e ad astenerci da qualsiasi impegno verso l’essenzialismo o il determinismo. In un mondo dominato dalla dittatura di un politicamente corretto mal definito non solo i fatti vengono sovrastati dalle opinioni, ma anche tutte le opinioni diventano uguali. Un tale clima intellettuale può portare a sviluppare una cultura della memoria? Mantenere una cultura della memoria sembra essere diven- C La memoria ritualizzata dalla religione, però, non sempre risulta una scommessa sicura per commemorare gli eventi in eterno. I massacri locali, le accuse del sangue e i pogrom che hanno investito le comunità ebraiche spesso venivano commemorati solo a livello locale. I pogrom iniziati da Bogdan Chlemnitzky nel 1648-1649, che decimarono gli ebrei nella Grande Polonia (in gran parte l’attuale Ucraina), venivano ricordati dagli ebrei in Polonia il 20 di Sivan con un digiuno e con preghiere particolari. Questo giorno di memoria è ormai quasi dimenticato, poiché nel ventesimo secolo quelle comunità furono annientate dai nazisti. Altri eventi traumatici come la Shoah riuscirono a mettere in ombra questo ricordo lontano. Se guardiamo alle feste ebraiche, queste possono essere suddivise in due categorie di motivazioni, una è quella della commemorazione di eventi storici, l’altra della celebrazione del ciclo agricolo dell’anno (semina, raccolto, e così via). Il ciclo originale delle celebrazioni agricole solitamente è alla base della commemorazione di un evento storico. Il migliore esempio di ciò è la Shavuot, che in origine era la festa del raccolto, ma che allo stesso tempo è stata dedicata alla ricezione dei Die- Celebrazione della Shavuot in un kibbutz durante gli anni Cinquanta ci Comandamenti sul Monte Sinai. La festa fu adottata dai pionieri zionisti che, a partire dagli anni Venti dello scorso secolo, si dedicarono a lavorare la terra e a fondare kibbutz, secondo il parametro di una festa agricola per celebrare il raccolto. È questo un esempio moderno di come la commemorazione religiosa sia ritornata al suo significato rurale originale con i suoi riti. Questa tradizione molto probabilmente svanirà con il declino della dimensione agricola dei kibbutz, visto che i riti non Ma il lavoro degli storici offre più garanzie di ANNA FOA possibile intrecciare storia e ritualizzazione? Qui non si tratta di conciliare storia e memoria, ma di conciliare la storia con la forma estrema della memoria, cioè con il suo irrigidimento ritualistico. Devo dire che, come Yerushalmi nel suo Zakhor, tendo a vedere le funzioni del rituale, in tutte le sue modalità, come diametralmente opposte a quelle della storia. Introducendo nella continuità del passato le rotture temporali, o forse è meglio dire il tempo tout court, la storia compie una rivoluzione, assume insomma una funzione eversiva. Essa estrae dal contesto un evento, un fatto, lo analizza, lo mette in rapporto con altri fatti ed eventi, lo interpreta, lo ricontestualizza. La storia ha quindi una funzione individualizzante, illumina di un faro di luce un momento, un particolare, lo colloca nel tempo, lo sottrae a un continuum in cui le sue specificità non emergevano, lo chiama insomma. Il rituale rifiuta la dimensione temporale: il fatto o l’evento funzionano solo in quanto ricalcano la tradizione di altri fatti ed eventi precedenti, vi si rimodellano sopra. Il nome non conta, conta solo l’esempio, il senso simbolico che il fatto assume. È La «Hall of Names» a Yad Vashem Il rituale generalizza, appiattisce, soffonde una luce diffusa sul passato. La storia tende ad attribuire responsabilità ben distinte e basate su fatti accertati e provati. Il rituale deresponsabilizza l’individuo e lo accomuna sotto delle etichette morali: il giusto, il malvagio. Per lo storico (o almeno per il buono storico), il criterio dell’antisemitismo non spiega nulla, è una tautologia, a meno di non specificarlo nei suoi componenti, nella sua diffusione, nella sua provenienza, nella sua funzione. Altrimenti, si finisce per dire, come nelle analisi di alcuni cattivi stori- gennaio, o il rituale della Shoah si ci, che gli antisemiti odiano gli ricollegherà a quello delle feste già ebrei perché sono antisemiti, cioè stabilite, Hannuka se si vuole sotodiano gli ebrei perché odiano gli tolineare la resistenza, Pesah la liebrei. berazione? E si tratterà di un riSi può, potremmo chiederci, tuale solo ebraico, o si dovranno svolgere contemporaneamente que- inventare forme ritualistiche anche ste due diverse azioni, studiare la per il cattolicesimo e il protestanShoah e al tempo stesso ritualiztesimo (per l’islam, la vedo più zarla? Credo che ogni processo di difficile, anche se non impossibiritualizzazione vada nella direzione opposta della crescita degli studi e le), visto che c’è una consapevolezdelle conoscenze. Un processo di za diffusa che la Shoah riguarda ritualizzazione, tanto più se reli- tutti, non solo gli ebrei? E se degiosa e non civile, non può essere moliamo questa consapevolezza, posto sotto l’ombrello protettivo non rischiamo, ghettizzando la Shoah, di diminuirla, di cancellardella storia. La domanda diventa allora ne la memoria tranne che per gli un’altra: se, in questo momento di ebrei? confusione, di svolta generazionale, di possibile Il rituale appiattisce e soffonde futura caduta delle sue priorità, la Shoah debba una luce diffusa sul passato fare ancora parte della riLa storia tende invece ad attribuire cerca e della costruzione storiografica, o se tutto sia responsabilità ben distinte stato detto, tutto sia stato basate su fatti accertati e provati scoperto, tutto sia stato interpretato e si possa orE se è vero che, come dice mai, rinunciando alla memoria deliberata e consapevole, irrigidire Lewy, la ritualizzazione religiosa queste conoscenze, pur facendo at- resiste molto più di quella civile tenzione a non deformarle e a non agli assalti del tempo, di che tipo falsificarle, in una struttura rituale di rituali avremmo bisogno, civili o e pietrificarle per preservarle nel religiosi? Un altro problema ancora è futuro, se preferiamo renderle eterne. La storia avrebbe quindi qui quello della riconciliazione, cioè una funzione non di crescita delle della ricomposizione del trauma, conoscenze o di loro più della definizione del lutto, del perapprofondita interpreta- dono potremmo dire, usando un zione, ma di mero guar- termine che non appartiene troppo alla tradizione ebraica. Come ben diano dei fatti. Ma il rituale preserva sappiamo, questo della riconciliadavvero la memoria? È zione è un problema che negli ulvero, nella ritualizzazione timi decenni ha assunto molta imreligiosa la memoria di al- portanza nell’Europa post-coloniacuni fatti o eventi partico- le e post-dittatoriale. Ma siamo sicuri che la ritualità larmente significativi si preserva a lungo, anche potrebbe essere una strada che per millenni, ma a patto porta alla riconciliazione? Essa gedi cancellare quella di neralizza, non rende individuali le molti altri fatti e di molti responsabilità, proprio il cammino altri eventi, tutti quelli opposto a quello della verità come della riconciliazione. che non hanno trovato garanzia spazio nel rituale o che Inoltre, finisce necessariamente per non è sembrato importan- rinchiudere la memoria in un rito te ricordare nel rituale interno, dal momento che non veperché offuscati da altri do proprio come si potrebbe infatti considerati più signi- ventare dal nulla una ritualità inficativi o a più alto valore terreligiosa: la ritualità è ancorata a una tradizione, parla il linguagsimbolico. Certo, anche nella sto- gio della tradizione, ha tempi anria non tutto è ricono- corati alla tradizione. Ogni tentatisciuto, preservato, ricor- vo in questo senso finirebbe inevidato. Qualunque narra- tabilmente per chiuderla dentro la zione storica è sempre il ritualità ebraica, e questo proprio frutto di una selezione, di nel momento in cui si è finalmente una interpretazione. Ma nel rito, raggiunta la percezione che la la selezione è fondamentale, la me- Shoah riguarda tutti, e non solo moria di una piccola parte dei fatti gli ebrei. Solo analizzando con gli strudiventa eterna solo a patto di comprendere tutto il resto senza men- menti della storia i genocidi, gli zionarlo, di schiacciarlo sul fatto eccidi, le violazioni dei diritti umaritualizzato. Ricorderemo così Au- ni possiamo metterli a confronto schwitz e non Treblinka, i deporta- in maniera utile, sottraendo questa ti ungheresi e non quelli italiani, riflessione a un uso politico inadeTerezin e non Dachau? Chi sce- guato e sospetto. Il rituale mi semglierà i fatti, gli eventi più ritualiz- bra, su questo terreno, assolutamente deficitario, finendo o per zabili, più simbolici? E la simbolizzazione, come è so- rinchiudere la memoria della litamente in questi casi, non rende- Shoah in un ghetto, o per aprirla banalizzanrà ancora più distante e irreale la indiscriminatamente realtà? Ci sarà un seder del 27 dola. sono mai stati canonizzati ma sono rimasti aperti alla creatività degli organizzatori, degli artisti o dei coreografi. Quali sono dunque gli ingredienti delle commemorazioni secolarizzate che le rendono meno sostenibili rispetto a quelle religiose? Con memoria secolare intendiamo che qualche traccia di un evento storico è considerata rilevante per l’identità collettiva di un dato gruppo, come per esempio una nazione. Questa traccia merita di essere ricordata. Sta diventando mitica, modellando uno spazio significativo in una struttura monumentale, stabilendo un calendario e un rituale ricorrente, che in termini laici viene definito cerimonia di stato. La veracità storica è meno necessaria per mantenerne il carattere mitico. La ritualizzazione della memoria religiosa è facilmente riconoscibile dalla liturgia e dal culto che si ripetono ogni anno. Ha un proprio linguaggio del corpo attraverso gesti fisici, stare in piedi, sedersi, prostrarsi, vesti specifiche, copricapi particolari e ripetizioni verbali di testi di preghiera canonizzati. In questo modo l’osservanza della memoria diventa molto formale e impersonale, ma può non svanire. Che aspetto potrebbe avere una ritualizzazione secolare della memoria? Al fine di non sbiadire, cerca di adottare il linguaggio del corpo religioso. Dovremmo guardare alle commemorazioni secolari nei diversi Paesi, poiché sono ingredienti essenziali per formare una nazione. Negli Stati Uniti la festa del Thanksgiving è sempre stata interpretata come una commemorazione nazionale e non religiosa. Resta da vedere se la commemorazione traumatica degli eventi a Ground Zero assumerà un’espressione religiosa o se verrà volutamente mantenuta come luogo di commemorazione secolare. Le due versioni possono convivere tra loro se non pretendono di essere esclusive. In Francia la ritualizzazione secolare della festa nazionale del 14 luglio, con una parata militare lungo gli Champs Elisées, o la venerazione degli eroi nazionali francesi nel Pantheon di Parigi sono prettamente secolari. Ciò corrisponde all’ideologia di Stato francese post-rivoluzionaria della laicità. Serve da modello alle cerimonie nazionali di molti Paesi nel mondo, specialmente quelli che sono stati sotto il governo coloniale francese. Il culto degli eroi caduti per la nazione è considerato un’espressione importante della ritualizzazione secolare. La glorificazione di una persona che ha perso la vita da martire viene fatta dallo Stato e non dalla Chiesa. Molti gesti delle cerimonie secolari sono stati comunque presi dall’arsenale del linguaggio del corpo religioso. Talvolta sono apparsi banali, se ricordiamo il pianto ritualizzato nel lutto di massa nordcoreano. Ma i riti secolari sono soggetti al mutevole destino delle nazioni. Molti dei luoghi commemorativi nazionali tedeschi, per ovvie ragioni, dopo la seconda guerra mondiale sono stati messi da parte. I siti monumentali come il memoriale della battaglia delle nazioni durante le guerre napoleoniche nel 1813 nei pressi di Lipsia, che nell’anno del suo completamento, il 1913 era il sito più grande d’Europa, non viene quasi più visitato. Sembra che il processo di ritualizzazione nella sua versione secolare sia stato identificato con un’ideologia che ha perso fama e sostegno popolare. Sembra che la memoria religiosa resista ai limiti del tempo per periodi più lunghi. Se non fosse una questione di credenza o d’ideologia, che si può condividere o no, il veicolo della ritualizzazione religiosa potrebbe essere uno strumento valido per mantenere viva più a lungo una cultura della memoria. Queste diventano questioni aperte quando si tratta di prendere in considerazione la cultura della memoria della Shoah. Apprendere dall’esperienza storica come il processo di ritualizzazione si è svolto in passato potrebbe darci un’indicazione su ciò che possiamo aspettarci in futuro riguardo alla cultura della memoria della Shoah. Ciò che appare evidente è che temiamo che senza una ritualizzazione in qualunque forma la memoria alla fine possa sbiadire. *Ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 venerdì 13 aprile 2012 Nuovo appello del World Council of Churches Cerimonia di benvenuto nella parrocchia di St Anne a Darlington Minacce a pace e sviluppo dal commercio delle armi Altri ex anglicani nell’Ordinariato di Walsingham GINEVRA, 12. «Una legislazione vincolante sul commercio delle armi»: a chiederla sono le comunità religiose aderenti al World Council of Churches (Wcc-Consiglio ecumenico delle Chiese) in un appello per la pace e la tutela dei diritti umani pubblicato a cura dell’ufficio del Programme Executive for Peace Buiding and Disarmament. L’intervento accompagna una campagna di sensibilizzazione ecumenica avviata da tempo in vista della Conferenza delle Nazioni Unite del prossimo luglio, in occasione della quale rappresentanti diplomatici di circa 200 Paesi cercheranno di negoziare un trattato in materia di commercio delle armi convenzionali. Il Wcc, si ribadisce, «è impegnato affinché sia assicurato che il trattato protegga le popolazioni messe a rischio dalle correnti pratiche del commercio delle armi». Comunità religiose di oltre trenta Paesi sono coinvolte. I partecipanti alla campagna provengono sia da Paesi che traggono profitto da questo commercio che da quelli che ne soffrono le conseguenze. Milioni di vite umane, si ricorda, vengono ogni anno spezzate dalle violenze e «la mal regolamentazione dell’esportazione, dell’importazione e del trasferimento delle armi reca con sé parte della responsabilità». Un utilizzo delle armi, è aggiunto, «illegale e illegittimo favorisce molte forme di violenza e alimenta i conflitti, ponendo sotto minaccia lo sviluppo sociale ed economico». Già nel 2006, il Wcc aveva accolto favorevolmente il progetto di risoluzione delle Nazioni Unite relativo al controllo delle armi. L’allora segretario generale, Samuel Kobia, aveva sottolineato la necessità di creare un controllo giuridicamente stringente, a livello internazionale, perché «ogni settimana, in ogni luogo, la proliferazione delle armi porta con sé morti violente, sofferenze profonde e il distoglimento inaccettabile di quelle risorse, che invece potrebbero dare slancio per incoraggiare la pace». Nel 2006, alle Nazioni Unite era stato deciso di cosponsorizzare una risoluzione per avviare i lavori per un Trattato internazionale sul commercio di armi, che, stabilendo standard globali omogenei, impedisca i trasferimenti di queste a Paesi che alimentano conflitti e gravi violazioni dei diritti umani, rendendo più rigidi gli embarghi. Alla fine del 2009, l’Assemblea Generale ha deciso di convocare per il 2012 una Conferenza sul Trattato sul Commercio delle Armi, al fine di «elaborare uno strumento legalmente vincolante, sugli standard comuni internazionali più alti, per il trasferimento delle armi convenzionali». Anche la Santa Sede da tempo sostiene l’iniziativa. L’osservatore permanente presso le Nazioni Unite, arcivescovo Francis Assisi Chullikatt, in un intervento — svoltosi in occasione della IV sessione del Comitato preparatorio per la Conferenza sul Trattato, svoltasi a New York tra il 13 e il 17 febbraio 2012 — ha sottolineato che «un commercio delle armi non regolamentato e trasparente a causa dell’assenza a livello internazionale di sistemi efficaci di monitoraggio causa una serie di conseguenze umanitarie: lo sviluppo umano integrale viene rallentato, il rischio di conflitti e di instabilità aumenta, i processi di pace sono messi in pericolo e il diffondersi di una cultura di violenza e di criminalità viene facilitata». Pertanto, ha aggiunto il presule, «un’azione responsabile, condivisa da tutti i membri della comunità internazionale, è necessaria per risolvere queste problematiche realtà. Essa chiama in causa Stati, Organizzazioni internazionali, Organismi non governativi e settore privato». Questa azione responsabile, ha concluso, è diventata sempre più stringente «al fine di promuovere lo stabilimento e il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale con il minimo dispendio delle risorse umane ed economiche mondiali per gli armamenti». La campagna di sensibilizzazione del Wcc si inserisce in un quadro di varie iniziative condotte da organizzazioni della società civile, alleate in organismi di pressione internazionale. Particolare impulso è stato dato all’iniziativa dopo lo svolgimento dell’International Ecumenical Peace Convocation svoltasi nel maggio 2011, a Kingston, in Giamaica. In un incontro dell’ottobre 2011, a New York, il segretario generale Olav Fykse Tveit, aveva affermato che le comunità religiose intendono promuovere un accordo internazionale «in grado di controllare efficacemente il commercio delle armi, a tutela della pace e della vita quotidiana delle persone e delle comunità». Oltre un centinaio di leader di comunità di varie confessioni e religioni e rappresentanti di organizzazioni base di fede hanno finora aderito a un appello promosso nel settembre 2011 dall’Interfaith Working Group of the Control Arms Coalition, in vista dell’appuntamento di luglio all’O nu. LONDRA, 12. Circa duecento fedeli e venti ex membri del clero anglicano in Inghilterra hanno deciso, nella trascorsa Settimana Santa, di divenire cattolici e di entrare nell’O rdinariato personale di Nostra Signora di Walsingham. Essi si aggiungono agli oltre mille fedeli e sessanta ex membri del clero anglicano che hanno già compiuto questa scelta in occasione della Settimana Santa del 2011. Il 4 aprile, nella parrocchia St Anne, a Darlington, si è svolto l’incontro tra cinquantotto nuovi fedeli cattolici con monsignor Keith Newton, ordinario dell’O rdinariato personale di Nostra Signora di Walsingham. Poche ore prima, questi nuovi fedeli si erano uniti all’incontro di preghiera tenuto dai fedeli anglo-cattolici presso la chiesa di St James, sempre a Darlington. A guidare il gruppo verso la parrocchia cattolica è stato Ian Grieves, pastore per ventitré anni a St James. «Tutti noi ex anglo cattolici siamo molto preoccupati per i nostri fratelli anglicani», ha dichiarato ai giornalisti l’ex pastore, che ora ha appena iniziato a frequentare il seminario di Allen Hall, a Londra, con il fine di essere ordinato sacerdote. «Siamo preoccupati — ha continuato — perché nella Chiesa d’Inghilterra è sempre più forte la determinazione di procedere all’ordinazione di donne vescovo senza una decisione su quale provvedimento adottare a favore dei fedeli di orientamento tradizionalista che non ritengono per loro possibile accettare che una donna eserciti su di loro l’autorità ecclesiastica». Lo scorso febbraio, la maggioranza dei membri del Sinodo generale, l’assemblea nazionale degli anglicani inglesi, ha respinto l’ipotesi che possano essere adottate delle norme speciali per le comunità parrocchiali che non riconosceranno con fondamento teologico l’autorità ecclesiale di donne ordinate vescovo. Il prossimo mese, il problema verrà riproposto all’interno dell’organismo an- Monsignor Keith Newton accoglie i nuovi fedeli presso la parrocchia di St Anne, Darlington glicano inglese chiamato «House of Bishops» prima della definitiva decisione sulle ordinazioni di donne vescovo, che verrà presa, a luglio, nel corso della sessione estiva del Sinodo generale. Nicola Reevs, ex fedele della comunità anglo-cattolica di St James a Darlington, è ora divenuto membro della parrocchia di St Anne. Conversando con alcuni giornalisti, ha precisato «di non avere scelto di divenire cattolico solo per un senso di fedeltà nei confronti dell’ex pastore Ian Grieves». «Non credo che questa sia la motivazione principale», ha affermato. «Tuttavia — ha aggiunto — il sentimento di fedeltà non è certo qualcosa di sbagliato. Per ogni comunità, il prete è un insegnante di valori spirituali, è colui che ci indica la strada giusta da seguire nella nostra vita». Anche tra quanti hanno deciso di rimanere fedeli della parrocchia anglicana prevale il senso di comprensione per coloro che, invece, Il Niscort di New Delhi sostenuto da Aiuto alla Chiesa che Soffre Messaggio cristiano e nuovi media in India NEW DELHI, 12. L’obiettivo è raggiungere almeno i duecento iscritti, «il minimo indispensabile per un Paese vasto e popolato come l’India»; e soprattutto per un Paese in cui buona parte del clero cattolico guarda forse ancora con una certa diffidenza ai moderni mezzi di comunicazione sociale. Il coordinatore dei corsi, padre Devassy Kollamkudyil, presenta così i nuovi traguardi del National Institute for Social Communications Research and Training (Niscort), l’istituto sorto quindici anni fa nella capitale indiana per iniziativa dell’episcopato cattoli- Restituiti grazie alla legge sulle proprietà delle minoranze Messo a punto per i musulmani che viaggiano in aereo Sei cimiteri di Istanbul a ebrei, greci e armeni In un «app» l’ora esatta della preghiera islamica ISTANBUL, 12. Si tratta del primo passo concreto dopo la decisione, presa a febbraio da una commissione del Governo turco, di restituire cinquantasette proprietà a diciannove istituzioni non musulmane: così una settimana fa, come riferisce fra gli altri il quotidiano «Today’s Zaman», sei storici cimiteri sono tornati alle comunità ebraica, greca e armena di Istanbul. Il decreto — firmato dalla Direzione generale per le fondazioni e in linea con le direttive del Governo che a settembre ha autorizzato la restituzione alle comunità religiose non musulmane delle proprietà confiscate nei decenni passati — ha consentito il ritorno di due cimiteri alla Beyoğlu Yüksek Kaldirim Ashkenazi Jewish Synagogue Foundation e di uno ciascuno alla Beyoğlu Greek Orthodox Churches and Schools Foundation, alla Balat Surp Hreştegabet Armenian Church and School Foundation, alla Kadiköy Hemdat Israel Synagogue Foundation e alla Kuzguncuk Beit Yaakov Ashkenazi Synagogue Foundation. Positive le reazioni. Laki Vingas, rappresentante non musulmano presso la Direzione generale per le fondazioni, ha dichiarato che la decisione è «un segnale» che la legge sulle proprietà delle minoranze, approvata a settembre, sta avendo applicazione da parte del Governo. E lo stesso segretario di Stato americano, Hillary Clinton, intervenendo una settimana fa al Congresso degli Stati Uniti, si è detta incoraggiata dai «passi concreti» intrapresi dalla Turchia nell’ambito del ritorno di storiche proprietà alle comunità religiose. Il quotidiano «Today’s Zaman» riferisce che, a fronte di una popolazione musulmana di circa settantacinque milioni di persone, in Turchia vivono 65.000 cristiani armeno-ortodossi, 20.000 ebrei, 15.000 assiri e 3.500 cristiani greco-ortodossi. La comunità greca conta settantacinque tra fondazioni e istituzioni, quella armena cinquantadue, quella ebraica diciassette; tra le proprietà a esse sequestrate nei passati decenni figurano scuole e appunto cimiteri. SINGAPORE, 12. Si chiama «Air travel prayer time calculator» ed è un application software messo a punto da un’azienda di Singapore per permettere ai musulmani che viaggiano in aereo di conoscere l’ora esatta della preghiera in qualsiasi momento della giornata. Il sistema fornisce anche informazioni sull’esistenza e la disponibilità di luoghi di culto negli scali. Basta inserire il nome dell’aeroporto e l’orario del volo, sia di partenza che di arrivo, per ricevere in tempo reale i momenti della preghiera lungo il tragitto, informa un comunicato dell’azienda, la «Crescentrating», specializzata nello sviluppo del commercio internazionale di halal, il cibo preparato in modo conforme alla legge islamica. Per ora si tratta della versione beta (non definitiva ma già testata dagli esperti) ma, spiega l’amministratore delegato Fazal Bahardeen, «una volta che l’avremo sperimentata con il maggior numero di viaggiatori possibili lanceremo le applicazioni sui telefoni cellulari e sulle altre piattaforme mobili». In programma c’è anche di aggiungere ulteriori funzioni, come la direzione della preghiera. «Ciò che è cominciato come un sogno due anni e mezzo fa — si afferma — adesso è diventato realtà. Finora per le persone conoscere l’ora esatta delle preghiere durante i voli era una specie di impresa. Questo ci ha portato a cercare e a trovare una soluzione e, con il numero di viaggiatori musulmani in costante aumento, lanciare un app era diventata una reale necessità». Attualmente sono centoventicinque gli aeroporti inseriti nella calcolatrice ma presto se ne aggiungeranno degli altri. Com’è noto, la preghiera rituale (salat) è uno dei cinque pilastri dell’islam: gli orari sono indicati nella Sunna e coinvolgono cinque precisi momenti della giornata ovvero l’alba, il mezzogiorno, la metà pomeriggio, il tramonto e un’ora e mezza dopo il tramonto. Per sopperire alla possibile non visibilità del sole, sono stati sviluppati calcoli scientifici per la misurazione del tempo e l’orientamento geografico. co, con lo scopo di dare vita a un moderno centro di formazione per la diffusione del messaggio cristiano attraverso i media. Un’opera sostenuta sin dagli albori da Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) — oggi fondazione di diritto pontificio — che ne ha finanziato corsi, borse di studio, strumentazione, vitto e alloggio per le religiose iscritte. Attualmente l’istituto conta una cinquantina di studenti, tra sacerdoti, religiosi e laici, provenienti da diverse diocesi indiane, alcuni dei quali sono ospitati nel campus. Oltre ai tre corsi post laurea in giornalismo (carta stampata, trasmissioni radio e televisive, produzione di audiovisivi), il centro offre una specializzazione in scienze della comunicazione e alcuni corsi estivi, tra cui quello in pastorale della comunicazione e altri indirizzi specifici per seminaristi e religiose. Il desiderio del corpo docente è quello di ampliare la sede dell’istituto, con l’aggiunta di un nuovo piano all’edificio: «Al momento possiamo accogliere solo un numero limitato di domande — dice padre Kollamkudyil — ma vorremmo raggiungere i duecento iscritti». Gli obiettivi sono dunque ambiziosi. L’anno prossimo inoltre — viene annunciato in comunicato dell’Acs — tornerà a dirigere il Niscort uno degli ideatori del progetto, il gesuita Jacob Srampickal, attualmente docente presso la Pontificia Università Gregoriana, dove per sei anni è stato direttore del Centro interdisciplinare sulla comunicazione sociale. Fu proprio padre Srampickal a suggerire l’idea alla Conferenza episcopale: «In quel periodo esistevano diversi centri che si occupavano di comunicazione, ma mancava una struttura locale che rappresentasse il punto di vista cattolico nel mondo dei media». Secondo il gesuita, al Niscort «la comunicazione è innanzitutto un mezzo per costruire comunità secondo la visione di Gesù e i nostri corsi promuovono il rinnovamento della Chiesa attraverso una maggiore creatività e partecipazione». hanno scelto la comunione con la Chiesa cattolica. Il pastore Granville Gibson ha da poco preso il posto di Ian Grieves a St James. Per lui la scelta dell’ex pastore e degli altri fedeli non deve essere un argomento di divisione o di scandalo. «Penso che sia corretto che ognuno sia coerente alle proprie scelte», ha aggiunto. Alcuni tra i più anziani fedeli di St James hanno deciso di rimanere nella parrocchia anglicana. tuttavia non riescono a concepire come sarà per loro possibile accettare in futuro l’autorità di un vescovo donna. Fra questi l’ottantenne Peter Way, che spera che, nella riunione di luglio, il Sinodo generale sia in grado di prendere una decisione su questo tema. Lutto nell’episcopato Monsignor Leonardo Mario Bernacchi, vescovo francescano titolare di Tabaicara, già vicario apostolico di Camiri in Bolivia, è morto alle 22.30 di martedì 10 aprile. Il compianto presule era nato in Chiusi della Verna, nella diocesi italiana di Arezzo-CortonaSansepolcro, il 9 gennaio 1933, ed era stato ordinato sacerdote dei frati minori il 29 giugno 1958. Il 17 novembre 1993 era stato eletto alla sede titolare di Tabaicara e nel contempo nominato vicario apostolico di Cuevo, che dal 29 marzo 2003 ha mutato il nome in Camiri. Il 20 marzo 1994 aveva ricevuto l'ordinazione episcopale. Il 15 luglio 2009 aveva rinunciato al governo pastorale del vicariato apostolico boliviano. Le esequie si celebrano venerdì mattina, 13 aprile, alle ore 9, a Camiri, nella chiesa cattedrale San Francisco de Asis, dove il presule sarà sepolto. † Il Cardinale Prefetto, il Segretario, il Sotto-Segretario, gli Officiali e il Personale della Congregazione delle Cause dei Santi partecipano al grave lutto per la morte di Sua Beatitudine il Cardinale IGNACE MOUSSA DAOUD I Membro emerito di questo Dicastero e, nell’esprimere viva riconoscenza per la sua valida e generosa collaborazione, pregano il Signore, datore di ogni bene, che gli conceda la luce e la pace nella comunione eterna dei Santi. † «L’Osservatore Romano» in tutte le sue componenti — direzione generale, direzione, redazione, anticamera, edizioni periodiche, segreteria, archivio, ufficio correttori, ufficio grafici, ufficio diffusione, ufficio abbonamenti, servizio fotografico, tipografia, amministrazione — si stringe con affetto al collega Armando Cardarilli partecipando al suo profondo dolore per la morte della mamma DINA RABIZZONI e assicura ai familiari il ricordo e la vicinanza nella preghiera a Cristo Risorto. Città del Vaticano, 12 aprile 2012 L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 13 aprile 2012 pagina 7 Santa Maria di Pulsano nel cuore del Gargano Il rapporto dei vescovi degli Stati Uniti sulle denunce di abusi sessuali nel 2011 Rinascita di un antico monastero Guardia alta Per il cardinale Dolan «la Chiesa deve continuare a vigilare» di MARIO CECCHETTO «Fino a qualche anno addietro nel cuore del Gargano aleggiava il fantasma vuoto e solitario di una presenza che ha avuto un ruolo determinante nella vita della nostra terra e del medioevo cristiano; oggi, grazie all’opera di molti, laici e monaci, Santa Maria di Pulsano non è più una imponente, solitaria e vilipesa rovina, ma è ritornata a pulsare e a essere soprattutto, per la nuova presenza monastica, un luogo di spiritualità al servizio delle comunità, riproponente con forza il netto primato della Parola di Dio» (Alberto Cavallini, Santa Maria di Pulsano. Il santo deserto monastico garganico, Monte Sant’Angelo, Edizioni Abbazia di Santa Maria di Pulsano, 2002, pagine 191, euro 20). Il 20 dicembre 1997 rinasce il monachesimo a Pulsano. Solo chi ha esperienza delle gelide raffiche del vento balcanico che soffia d’inverno sulle ultime propaggini del Gargano dal mare di Manfredonia potrà capire lo spirito indomito che ha animato i tre monaci che hanno osato insediarsi fra le antiche rovine per vivere una nuova stagione religiosa. Nessuna confortevolezza, ma un appoggio deciso dell’autorità ecclesiastica locale e la simpatia della popolazione. Il loro arrivo ha messo fine a due secoli di abbandono totale e del monastero e degli eremitaggi circostanti, che formano un tutt’uno con l’abbazia. Nessuna profanazione, nessun insulto era stato risparmiato. Dalla rovina degli affreschi nel tentativo di distaccarli per rubarli, alla spicconatura dai muri di pregiati reperti lapidei, al trafugamento nella chiesa abbaziale, nel 1966, dell’antica icona di Santa Maria di Pulsano, mai più ritrovata. Il degrado era giunto a tal punto che la natura, quasi impietosita, aveva ricoperto l’intera area di rovi. Oggi tutto è cambiato. Gli ambienti sono in parte recuperati. Altri si stanno allestendo alacremente. È in corso anche un’importante campagna di scavi là dove sorgeva il monastero prima del crollo, nel 1646, a causa di un devastante terremoto. La rinascita di Pulsano è sempre più conosciuta e apprezzata, al punto che i ventiquattro eremi dell’abbazia — testimonianza della vita eremitica intorno al grande cenobio di Santa Maria, con celle e luoghi di culto e lavoro, taluni affrescati, collegati tra loro da sentieri scoscesi e ripide scale scavate nella pietra viva — sono risultati al primo posto assoluto nel censimento nazionale promosso dal Fondo ambiente italiano con ben 34.118 segnalazioni. I loro nomi sono quasi da favola: Carcere, Rondinella, Pinnacolo, oppure si riferiscono a santi dell’Oriente come Trifone, Plemone, Pacomio, Basilio, Antonio il grande, Giorgio megalomartire. Il degrado è fermato, la ricostruzione in atto. Anche il numero dei monaci è raddoppiato. E giungono richieste di nuovi ingressi. La prontezza all’ufficio divino, al richiamo della campana. Il canto, le riflessioni profonde sulla Parola, e la meditazione. L’accuratezza e lo splendore delle celebrazioni eucaristiche. Quanti sono ospiti del monastero sono invitati a parteciparvi, se vogliono. Ci si rende così conto che per i monaci il tempo non è in funzione delle altre cose che si devono fare, ma in funzione, soprattutto, dell’Opus divinum. Ma c’è anche un’altra ragione che spiega l’attrazione e l’affetto verso Pulsano. È un riflesso dell’esperienza spirituale profonda che lega questo luogo a Tommaso Federici, che tanto in vita ha detto e ha fatto per la rinascita dell’abbazia. L’illustre biblista, morto dieci anni or sono, è sepolto qui, nello spazio antistante la grotta della Natività, nella quale a Natale, con gran concorso di folla, si rappresenta il presepe vivente. L’arrivo dei monaci a Pulsano nel dicembre 1997 realizzava la speranza, che aveva animato il «Movimento Cristiani pro Pulsano», di togliere dal degrado totale gli ambienti del monastero, impedire ulteriori devastazioni, far sì che il luogo tornasse a essere porto di spiritualità. L’allora arcivescovo di Manfredonia, Vincenzo D’Addario, stabilì la riapertura al culto della chiesa abbaziale e accolse la nuova comunità monastica sulla base del diritto diocesano. A essa affidò la chiesa e trenta ettari di montagna. Monaci diocesani dunque, in tutto e per tutto al servizio dell’arcidiocesi di Manfredonia. Uomini di preghiera e di contemplazione, punto di riferimento spirituale soprattutto per i sacerdoti in cura d’anime. Per questi, in particolare, il monastero è sempre aperto, i monaci sono sempre a disposizione. Caratterizza la comunità monastica di Pulsano l’osservanza sia della regola benedettina che di quella di san Basilio e la biritualità. Nelle celebrazioni, cioè, si alterna il rito latino con quello bizantino. Si vive e si approfondisce la spiritualità orientale insieme con quella occidentale. Un segno vivente di ecumenismo. Fra le varie attività, anche la lectio divina sui testi della domenica successiva. Servizio d’importanza primaria, perché in esso i monaci realizzano la loro identità di “monaci per la diocesi”. Ogni lunedì mattina arrivano al monastero dai venti ai trenta sacerdoti dell’arcidiocesi, gio- Il ricordo di Tommaso Federici ROMA, 12. Nella ricorrenza del decimo anniversario della scomparsa (13 aprile 2002) del professor Tommaso Federici, illustre biblista, per decenni collaboratore del nostro giornale, venerdì 13 aprile, alle ore 19, verrà celebrata una messa in suffragio presso il Battistero di San Giovanni in Laterano. A presiederla sarà monsignor Vincenzo Apicella, vescovo di Velletri-Segni. Sempre a Roma, come ogni anno, il giorno della prima domenica dopo Pasqua, nella chiesa di rito greco intitolata a Sant’Anastasio, presso il Collegio Greco di via del Babuino, dopo la messa delle 10,30, verrà celebrato un «Trisaghion» per commemorare i dieci anni della sua scomparsa. Si tratta di un appuntamento ormai tradizionale, tanto che molti frequentatori della chiesa di Sant’Anastasio hanno ribattezzato la prima domenica dopo Pasqua la «domenica di Tommaso». Nato a Canterano (Roma) il 30 aprile 1927, il professor Federici ha interamente impegnato la sua vita nella ricerca e nell’insegnamento teologico, nella riflessione ecclesiale dopo il concilio Vaticano II, di cui ha indagato i significati profondi e gli sviluppi che da questo sono scaturiti. vani e meno giovani, tutti pastori d’anime, molti dei quali hanno avuto la grazia di conoscere quel professor Federici “vagabondo della Parola”, che correva ovunque fosse chiamato. Per “servire la Parola” era capitato anche in terra di Puglia, a Manfredonia. Subito innamoratosi di questi luoghi, stabilì legami di profonda amicizia con diversi sacerdoti del posto. Ebbe particolare predilezione per Santa Maria di Pulsano, appena si era reso conto del tesoro sacro che si celava sotto gli alti rovi attraverso i quali aveva dovuto farsi strada per entrare nella chiesa abbaziale. Gli incontri sacerdotali di ora sono quasi una continuazione ideale dei suoi incontri di allora. WASHINGTON, 12. L’impegno dei vescovi degli Stati Uniti per contrastare il fenomeno degli abusi sessuali sui minori perpetrati dai membri del clero avanza con determinazione. Si tratta di una priorità per la Chiesa locale ribadita ancora una volta dalla recente presentazione della tradizionale relazione sull’attuazione e lo sviluppo del Charter for the Protection of Children and Young People, la Carta per la protezione dei bambini e dei giovani, redatta dall’episcopato fin dal 2002 e che tutte le diocesi sono tenute a rispettare. La Carta contiene una serie di regole cui attenersi e prevede delle verifiche periodiche per accertare il bisogno di ulteriori miglioramenti. Anche per il 2011 i risultati ottenuti dimostrano il costante sforzo per assicurare protezione: secondo quanto emerso dall’ultimo rapporto quasi tutte le arcidiocesi, diocesi ed eparchie nel Paese hanno rispettato le regole stabilite dalla Carta, che peraltro è stata aggiornata lo scorso anno. Alla base di essa vi è sempre la linea della “tolleranza zero”, ma tra le novità introdotte vi è, ad esempio, quella relativa all’introduzione del reato di pornografia infantile e l’equiparazione dell’abuso su incapace a quello su minore. La relazione annuale 2011 riporta 683 nuovi casi di abusi denunciati da persone adulte, alle quali sono stati offerti programmi di sostegno. In particolare, la maggioranza delle denunce è relativa a fatti avvenuti in un arco temporale che risale a un lontano passato. Infatti, il 68 per cento degli abusi sono intercorsi tra il 1960 e il 1984, in particolare tra il 1975 e il 1979. Dei 683 adulti, 453 hanno accolto con favore il supporto morale e psicologico dato dalla comunità cattolica. Ventuno denunce (il 3 per cento del totale), sempre nel 2011, risultano invece provenire da minorenni. Di queste, sette sono state giudicate plausibili da parte delle forze dell’ordine, tre false, cinque invece ai margini di violazioni e altre tre ancora in corso di accertamenti. Infine, la credibilità di restanti tre denunce non può essere determinata. La maggioranza di coloro che sono stati accusati sono deceduti, sono stati rimossi dai loro incarichi pastorali o erano stati in precedenza già denunciati. In particolare 253 membri del clero sono morti, 58 sono stati ridotti allo stato laicale e 281, con precedenti altre denunce, sono stati già rimossi dai loro incarichi pastorali. I vescovi, tuttavia, affermano che i risultati raggiunti non devono spingere ad abbassare la guardia. Presentando la relazione, il cardinale arcivescovo di New York e presidente della United States Conference of Catholic Bishops (Usccb), Timothy Michael Dolan, ha sottolineato: «Anche se la maggioranza delle denunce riguarda il passato, la Chiesa deve continuare a vigilare. Essa deve continuare a fare tutto quanto sia possibile affinché gli abusi non si ripetano. Tutti dobbiamo continuare a lavorare per una piena guarigione e riconciliazione con le vittime». Per i vescovi, ha concluso il porporato, affrontare la questione degli abusi «è una comune priorità». In un precedente intervento, il cardinale Dolan aveva assicurato che ogni sacerdote riconosciuto responsabile di «tali intollerabili reati» nei confronti di minori verrà rimosso in modo «permanente» dal proprio ministero. Dal rapporto emerge anche la grande collaborazione all’interno della comunità ecclesiale. Il presidente del National Review Board for the Protection of Children and Young People, Al J.Notzon, ha osservato «che la vasta maggioranza dei presuli continua a cooperare» con il processo di emersione e denuncia del fenomeno e di individuazione dei colpevoli. In base ai dati forniti soltanto le diocesi di Baker e Lincoln e sei eparchie di rito orientale hanno opposto il loro rifiuto a collaborare. La relazione è stata redatta in collaborazione, fra gli altri, con il Centre for Applied Research in the Apstolate, un istituto di analisi e ricerche con base presso la Georgetown University, che ha fornito anche una serie di dati di natura economica. I costi per il sostegno alle vittime degli abusi hanno subìto un calo parziale: nel 2011 quelli coperti dalle arcidiocesi e diocesi sono stati pari a 109 milioni di dollari, mentre nel 2010 erano ammontati a 124. Inoltre l’onere economico ricaduto su arcidiocesi, diocesi e istituti religiosi messi assieme è stato pari a 144 milioni nel 2011 e a 150 nel 2010. Infine, per rimarcare l’impegno, si ricorda che in tutto il Paese circa due milioni di volontari hanno partecipato a corsi di formazione nelle parrocchie e nelle scuole in relazione a programmi di protezione, cui si aggiungono le 249.000 unità di personale impiegato. Inoltre, in tutti gli Stati, 4,8 milioni di bambini hanno ricevuto nozioni su come riconoscere e difendersi dai tentativi di abuso e tutte le arcidiocesi, diocesi ed eparchie che collaborano e offrono programmi di prevenzione a tale riguardo. Le 683 denunce del 2011 portano a una crescita rispetto a quelle dell’anno passato. Le 428 segnalazioni su casi di abusi, nel 2010, erano risultate in lieve aumento rispetto alle 398 del 2009, ma in netto calo rispetto agli anni precedenti: 625 (2008), 599 (2007), 635 (2006), 695 (2005), 898 (2004). L’impegno della Chiesa si accompagna a una serie di iniziative che ogni anno culminano nel Paese con il National Child Abuse Prevention Month, il mese della sensibilizzazione sulla prevenzione degli abusi, che si tiene ad aprile. Religiosi, religiose e associazioni di laici in favore dei minori abbandonati del Perú Per non spegnere il sorriso dei bambini TAMAULIPAS, 12. «Desidero levare la mia voce invitando tutti a proteggere e accudire i bambini, perché mai si spenga il loro sorriso, possano vivere in pace e guardare al futuro con fiducia». È quanto sottolineava Benedetto XVI durante la sua recente visita in Messico, affacciandosi dal balcone della Casa del Conde Rul, sede del Governo dello Stato di Guanajuato, nel porgere il suo saluto ai bambini riuniti nella antistante Plaza de la Paz. Il Papa si è rivolto ai bambini del Messico che simbolicamente rappresentavano tutti i piccoli del mondo «particolarmente quelli che sopportano il peso della sofferenza, l’abbandono, la violenza o la fame». Specialmente nei paesi latino-americani sono all’incirca 15 milioni i bambini che vivono per la strada in forma stabile o temporanea, mentre sono circa 30 milioni i minori che lavorano per aiutare la famiglia di origine. È per questo che quando si parla di bambini di strada si pensa subito all’America latina e ai Caraibi e in particolare al Brasile, dove vive la maggioranza dei bambini di strada di tutta l’America latina, che a sua volta raccoglie i due quinti di bambini di strada di tutto il mondo. La mancanza di politiche sociali adeguate, la cattiva distribuzione del reddito e la povertà rendono la condizione dei 187 milioni di bambini e ragazzi del continente molto difficile. Questo fenomeno, chiamato povertà, è percepito come un fenomeno integrale, associato a fattori psicosociali, culturali ed economicostrutturali. I minori che vivono per strada, oltre ad essere coinvolti in problemi sociali come tossicodipendenza e alcolismo, sono più vulnerabili di fronte all’influenza del crimine organizzato che li adesca molto facilmente. Secondo il coordinatore di «Casa Meced», che si occupa, in Perú, dei minori in circostanze particolarmente difficili, questi problemi sono la causa per la quale i piccoli sono costretti a lasciare gli studi per lavorare. Meced è un programma del sistema per lo sviluppo integrale della famiglia nello Stato nordorientale di Tamaulipas, e ha come obiettivo principale lo sviluppo di progetti e attività per far sì che i bambini e le bambine lavoratori o che si trovano in situazioni a rischio abbiano la possibilità di recupero. Per scoraggiare e combattere il lavoro minorile, Casa Meced fornisce ai genitori appoggio legale, psicologico, sociale, medico, ricreativo ed educativo attraverso diversi programmi. La vita degli adolescenti e dei preadolescenti in questi contesti è molto difficile, oggi la Casa riesce a sostenerne 269 attraverso borse di studio, mentre ce ne sono almeno 143 per le strade di Morelia, capoluogo dello stato messicano di Michoacan. Sempre in Perú è stata presentata, nei giorni scorsi, «Children’s Aban- cay», una associazione senza fini di lucro destinata a guidare e proteggere i minori della città di Abancay, capoluogo dello Stato di Apurimac. La congregazione delle Figlie della Divina Provvidenza, presente sul posto dal 1964, è impegnata nella tutela dei bambini, la maggior parte orfani, offrendo loro un tetto, affetto e sostegno, con l’obiettivo di fargli ritrovare un giorno la loro dignità di esseri umani. Tra Abancay e la diocesi di Tui-Vigo, suffraganea dell’arcidiocesi di Santiago di Compostela, in Spagna, esistono un legame ed una collaborazione molto profondi. Negli anni Ottanta sono arrivati sul luogo sacerdoti spagnoli che hanno collaborato per far vivere in maniera dignitosa i più poveri tra i poveri. «Alcune volte pensiamo che la povertà riguardi solo la fame, il freddo e il ritrovarsi senza una casa. La povertà più grande è quella di non sentirsi desiderati, amati e protetti», era solita dire la beata Madre Teresa di Calcutta, ed è a questo messaggio che si ispira il servizio delle tante suore e dei tanti sacerdoti spagnoli che da tempo lavorano ad Abancay. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 venerdì 13 aprile 2012 Intervista al cardinale O’Brien, Gran maestro dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme Nuova evangelizzazione in Terra Santa di GIANLUCA BICCINI Benedetto XVI sette mesi fa lo ha posto a capo dell’istituzione che sostiene le attività educative, caritative e assistenziali della Chiesa in Terra Santa, e nel concistoro del 18 febbraio gli ha assegnato la porpora. Il cardinale statunitense Edwin Frederick O’Brien, gran maestro dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, in questa intervista al nostro giornale parla della nuova missione affidatagli dal Papa, alla guida di una realtà che conta oltre 28.000 membri tra cavalieri, dame ed ecclesiastici, presenti nelle 59 luogotenenze in cui essa è articolata in tutto il mondo. «Le più recenti, costituite nel biennio 20102011, sono quelle di Russia, Africa del Sud e Venezuela; e numerose altre delegazioni sono allo studio», confida specificando che nell’ultimo decennio l’Ordine ha inviato al patriarcato di Gerusalemme dei Latini l’equivalente di circa 72 milioni di euro, nove solo lo scorso anno. «Tra i progetti in corso di attuazione — afferma — ci sono la costruzione di una chiesa ad Aqaba, in Giordania, e di una scuola superiore a Rameh, in Galilea». Ma per il porporato newyorchese il sostegno ai cristiani del Medio Oriente passa anche attraverso la nuova evangelizzazione e in questo senso l’Anno della fede indetto dal Pontefice rappresenta una opportunità da non perdere. Da arcivescovo di Baltimora a gran maestro dell’Ordine gerosolimitano: come è stato il passaggio tra questi due incarichi? Sono trascorsi sette mesi e mezzo dalla mia nomina del 29 agosto scorso a pro gran maestro, ma per tutto questo tempo sono stato anche amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Baltimora. Successivamente Benedetto XVI mi ha creato cardinale, promuovendomi, il 15 marzo, gran maestro a tutti gli effetti. Ma è stato solo quattro giorni dopo, il 20 marzo, con la nomina di monsignor William Edward Lori a sedicesimo arcivescovo di Baltimora, che ho potuto cominciare a sentirmi sollevato dalle mie responsabilità pastorali verso la Chiesa primaziale degli Sta- ti Uniti d’America. E quando il mio successore avrà preso possesso dell’arcidiocesi, il prossimo 16 maggio, potrò trasferirmi definitivamente a Roma e assumere a tempo pieno la guida dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro. Finora sono stato qui nell’Urbe per circa una settimana al mese. Comunque la nostra amministrazione è molto capace e ha portato avanti il lavoro in modo egregio. Come ha accolto la scelta del Papa di annoverarla nel Collegio cardinalizio? Il giorno in cui Benedetto XVI ha annunciato i nomi dei nuovi cardinali ero in piazza San Pietro. Avevo partecipato alla messa per l’ordinazione episcopale dell’arcivescovo statunitense Charles Brown, nunzio apostolico in Irlanda, che è stato mio studente quando ero rettore del seminario di Saint Joseph a New York. Benedetto XVI lo ha ordinato nella basilica Vaticana nella solennità dell’Epifania. Uscendo mi sono ritrovato in piazza per l’Angelus del Pontefice, che proprio in quella circostanza ha dato la notizia della creazione di 22 nuovi cardinali. Quando ha letto l’elenco — mi pare che il mio nome fosse l’ottavo — è stato un momento memorabile. È vero che nella delegazione dei suoi amici e familiari venuti a Roma per il Concistoro c’erano anche veterani che hanno combattuto in Vietnam? Dopo la mia ordinazione sacerdotale ho prestato servizio all’accademia militare di West Point. Alcuni ex cadetti della classe del 1969 sono venuti per il Concistoro e hanno partecipato anche all’udienza concessa dal Papa il giorno seguente nell’aula Paolo VI. Conoscevo due di loro dai tempi di West Point e successivamente eravamo stati insieme al fronte nel conflitto vietnamita. È stato molto gentile da parte loro venire a Roma per partecipare al Concistoro e agli avvenimenti che gli fanno da contorno. Lei è stato cappellano militare al fronte. Che ricordi ha dell’esperienza indocinese? È stato un tempo molto speciale del mio sacerdozio, perché la sete spirituale dei soldati era molto con- creta e quindi apprezzavano immensamente la presenza di un prete. Erano sempre in tanti a partecipare alla messa; sentivano che la fede era molto importante per loro. Sono stato un anno in Vietnam come cappellano, dal 1971 al 1972, e considero questa esperienza un momento molto particolare di arricchimento nella mia vita di sacerdote, perché i giovani che servivo avevano un bisogno profondo di forza e di motivazione spirituali. Molti di loro hanno ripreso a praticare la fede. E tutti erano profondamente grati per il fatto di avere un sacerdote vicino. Ho quindi pensato che il mio ministero non arricchiva solo loro, ma anche me. Nato a New York — dove si è formato come sacerdote, è stato rettore di seminario e vescovo ausiliare — successivamente lei ha retto l’arcidiocesi di Baltimora, la prima sede espicopale degli Stati Uniti, fondata nel lontano 1789. Che rapporto ha con queste due realtà? Amo entrambe le diocesi e le città, e mi sento a casa in entrambe. Ho molti amici nell’una e nell’altra e sono fortunato di poterli andare a trovare. Mi sento il benvenuto in ambedue le diocesi e vorrei continuare a mantenere con loro uno stretto contatto. I miei doveri di gran maestro dell’Ordine del Santo Sepolcro mi porteranno spesso negli Stati Uniti ed è bello avere un posto dove continuare a sentirmi a casa quando tornerò a New York e a Baltimora. Ora dovrà occuparsi sempre più di Terra Santa. C’è mai stato? Sì, diverse volte, ma non di recente. Avrò molto da imparare, da ascoltare, da osservare, ma so che il Patriarca di Gerusalemme Fouad Twal e i suoi collaboratori, come anche gli esperti qui a Roma, mi aiuteranno a orientarmi per servire la Chiesa nei luoghi della vita terrena di Cristo. Bambini per le strade di Gerusalemme sacri e la missione della Chiesa nella nuova evangelizzazione. Incoraggio tutti i nostri membri a recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa, specialmente nell’Anno della fede. Non andrò a Gerusalemme fino a quando non assumerò pienamente il mio ruolo qui. Quando il mio successore avrà preso possesso dell’arcidiocesi di Baltimora potrò incominciare a pensare al mio programma in Terra Santa e ai molti inviti che ho ricevuto dalle luogotenenze in tutto il mondo per le cerimonie annuali di investitura. Lei succede al cardinale Foley, suo connazionale. Lo ha conosciuto? Sì, quando era un giovane sacerdote che studiava giornalismo alla Columbia University di New York. Nel 1966 è venuto a West Point per fare un servizio sulla cappellania militare per il giornale dell’arcidiocesi di Philadelphia e da allora ci siamo sempre mantenuti in contatto. Quando ero a Roma come rettore del Pontificio Collegio Americano del Nord lo incontravo regolarmente e in occasione di eventi sociali. In seguito, ogniqualvolta sono venuto a Roma sono sempre andato a trovarlo. Era un caro amico. Ha già individuato obiettivi e priorità del suo mandato alla guida dell’Ordine? Qui a Roma sarà anche maggiormente vicino al Papa. Mi auguro di poter favorire la crescita del numero di cavalieri e di dame del Santo Sepolcro. Hanno il grande compito di sostenere i luoghi Certo, anche se non so ancora quale contributo specifico potrò offrire al suo ministero apostolico. Probabilmente sarò chiamato a servi- Benedetta dal Papa l’icona simbolo degli Incontri mondiali Famiglie sul modello di Nazaret Il Papa l’ha benedetta all’udienza generale di mercoledì 11 aprile ed è subito partita alla volta di Milano, dove si svolgerà il pellegrinaggio nella Chiesa locale: è l’icona mosaico della Santa Famiglia di Nazaret, opera del gesuita Marko Ivan Rupnik, scelta dal Pontifcio Consiglio per la Famiglia come immagine ufficiale dei prossimi Incontri mondiali, a cominciare da quello in programma nel capoluogo lombardo dal 30 maggio al 3 giugno prossimi. Ospitata ora nella basilica milanese di Sant’Ambrogio, nella cappella della Madonna del Latte, l’immagine visiterà le sette zone pastorali dell’arcidiocesi ambrosiana, prima di essere esposta al congresso teologico pastorale che aprirà ufficialmente il VII raduno internazionale delle famiglie. In seguito verrà portata a Bresso sul palco della Festa delle testimonianze e sull’altare della messa conclusiva celebrata da Benedetto XVI, dove sarà consegnata alla diocesi che ospiterà l’incontro del 2015. In questo testo che pubblichiamo di seguito il cardinale presidente del dicastero organizzatore descrive le caratteristiche e il significato simbolico dell’opera. di ENNIO ANTONELLI Un arco ellittico inquadra la composizione e ne accentua la dinamica dall’alto verso il basso. Sporge dall’alto la mano aperta di Dio Padre, da cui proviene ogni dono e ogni bene. Dal suo nimbo di gloria piovono fasci di luce sulle persone della Santa Famiglia e discende su Maria il fuoco dello Spirito Santo. In asse con la mano del Padre e la fiamma dello Spirito, si erge in piedi, in grembo a Maria seduta, e cammina sulle mani di lei verso di noi Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, fissando lo sguardo intenso su di noi, mentre con la mano sinistra scosta il manto protettivo della Madre e con la destra mostra il rotolo del Vangelo, che viene ad annunciare. Anche Maria ci fissa con i suoi grandi occhi, mentre con le mani aperte ci dona Gesù. Accanto a lei San Giuseppe, suo sposo, in piedi rivolge lo sguardo a Dio Padre, per poterlo degnamente rappresentare sulla terra, interpretando fedelmente la sua volontà. Ogni paternità sulla terra ha la sua origine nella paternità in cielo e a quella è chiamata a conformarsi. La mano destra, portata al cuore, indica l’amore e la responsabilità, con cui Giuseppe si prende cura di Gesù e di Maria. La mano sinistra regge un bastone con un verde germoglio, simbolo della stirpe regale di Davide, alla quale appartiene il Messia, e segno della fedeltà di Dio alle sue promesse. Nella Santa Famiglia di Nazaret il cielo incontra la terra e la Trinità divina trova la più perfetta immagine umana. La Chiesa si sente interpellata a diventare sempre più famiglia, per manifestare mediante l’amore reciproco la presenza di Cristo al mondo. Le famiglie sono chiamate a essere unite e aperte, a preparare i figli per il loro futuro e la loro missione, senza trattenerli con amore possessivo. Tutte le relazioni e attività terrene sono sollecitate a seguire la logica dell’amore, per trovare nuova armonia e bellezza, riflesso e rivelazione della Trinità. Nell’icona le pietre, gli smalti, i colori e la luce concorrono a dare alla materia uno splendore pieno di energia, evocando un mondo trasfigurato, vivificato dallo Spirito. Sullo sfondo le pietre, più sottili e chiare in alto, più grosse e scure in basso, si dispongono secondo striature dinamiche e suggeriscono un moto discendente e un tessuto materico progressivamente più pesante. Nelle vesti delle figure le pietre sono allineate in modo regolare e armonioso, ma tendono sempre ad avere maggiore consistenza verso il basso. Maria so- pra la tunica blu, colore dell’umanità, indossa un manto porpora, orlato di rosso, colore che l’antichità cristiana ha sempre attribuito a Dio. Si vuole così indicare che Maria con la divina maternità è stata unita a Dio in modo singolarissimo. Al contrario, Gesù veste una tunica rossa, simbolo della divinità che da sempre gli appartiene, e sopra di essa un manto blu, per indicare l’umanità che ha assunto nel grembo di Maria. San Giuseppe porta vesti a colori più tenui, per sottolineare il suo riserbo e la sua laboriosità, un manto verde, colore del mondo creato e una tunica ocra, colore della missione paterna, con bordature del rispettivo colore intensificato. Nei volti e nelle mani le pietre si saldano a for- mare una superficie compatta, liscia e luminosa, che allude al corpo trasfigurato e spiritualizzato. Infine l’arco ogivale tronco, mentre incornicia l’icona e sottolinea la direttrice verticale, colloca la Santa Famiglia al centro della storia della salvezza, indicata con il suo inizio nel paradiso terrestre, una fioritura di colori vivaci, rossi, verdi, gialli, nel pennacchio di sinistra, e con il suo compimento nella Gerusalemme celeste, intessuta di ori e marmi policromi nel pennacchio di destra. Così viene richiamata anche l’importanza del matrimonio e della famiglia nel disegno di Dio, creatore e salvatore, e nello sviluppo storico del genere umano. re in qualche Congregazione. Però sono pronto a rappresentarlo per promuovere la missione della Chiesa in Terra Santa. Il Pontefice ha parlato spesso della situazione in Medio Oriente, chiedendo dialogo e maggiori possibilità per i cristiani che ci vivono. Il loro tasso di disoccupazione è alto a causa delle limitazioni negli spostamenti. Da molti anni c’è un esodo dei cristiani dalla Terra Santa. Tutte queste cose preoccupano Benedetto XVI e per questo credo che il primo compito sia di collaborare con il Patriarca di Gerusalemme a consolidare una presenza più piena della Chiesa per la libertà dei cristiani che vivono in Terra Santa. Inizio della missione del nunzio apostolico in Irlanda Il 31 gennaio, monsignor Charles John Brown, arcivescovo titolare di Aquileia, è arrivato all’Airfort Baile Átha Cliath (aeroporto internazionale di Dublino) dove è stato accolto dal vice-capo dell’ufficio del Protocollo del ministero degli Affari Esteri, Joe Brennan, dal cardinale Seán Baptist Brady, arcivescovo di Armagh, dal cardinale Desmond Connell, arcivescovo emerito di Dublino, e da monsignor Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino. Erano anche presenti il reverendo Gearóid Dullea, segretario esecutivo della Conferenza episcopale irlandese, monsignor Paul Callan, segretario dell’arcivescovo di Dublino, nonché le suore della congregazione delle Missionarie della Carità e alcuni laici. Mercoledì 8 febbraio, il rappresentante pontificio si è recato al ministero degli Affari Esteri per consegnare la copia delle lettere credenziali al capo del Protocollo, signora Kathleen White. Nella medesima sede, ha incontrato il segretario generale dello stesso ministero, David Cooney, col quale ha avuto un lungo colloquio. Giovedì 16 febbraio, il nuovo nunzio apostolico è stato condotto dalla signora White e dal signor Brennan all’Áras an Uachtaráin (Palazzo Presidenziale), per la consegna delle lettere credenziali al capo dello Stato, Michael Daniel Higgins. La solenne cerimonia si è svolta alla presenza del Tánaiste (vice primo ministro e ministro degli Affari Esteri) Eamon Gilmore, accompagnato dal segretario generale del ministero degli Affari Esteri, David Cooney, e dal segretario della Presidenza, Adrian O’Neill. È seguito un cordiale incontro fra il presidente e il nunzio apostolico su vari temi d’interesse sociale ed ecclesiale. Il capo dello Stato ha pregato monsignor Brown di voler comunicare il suo saluto personale e quello del popolo d’Irlanda al Papa. Il presidente ha poi parlato delle buone relazioni diplomatiche esistenti tra la Repubblica Irlandese e la Santa Sede, e della convergenza di entrambe su diversi temi d’interesse internazionale. Infine, ha augurato ogni successo al rappresentante della Santa Sede a Dublino, congratulandosi con lui per l’importante incarico che dovrà ricoprire anche in veste di decano del corpo diplomatico. Monsignor Brown, nel presentare il saluto del Pontefice al presidente e alla nazione celtica, ha espresso il suo fervente desiderio e la sua gioia di poter essere la voce del Papa nella terra di san Patrizio. Il 21 febbraio, il cardinale Brady e monsignor Martin si sono recati in nunziatura per un incontro amichevole, durante il quale il nunzio apostolico ha consegnato al porporato la lettera commendatizia del segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. In precedenza, nella pro-cattedrale della capitale, il rappresen- tante pontificio ha presieduto una solenne celebrazione eucaristica, durante la quale ha ricevuto il cordiale benvenuto dell’arcivescovo di Dublino, dell’ausiliare, monsignor Raymond W. Field, e dei sacerdoti della capitale. Alla messa hanno preso parte: il ministro della Salute, James Reilly, alcuni officiali del ministero degli Affari Esteri, membri delle Forze armate, un buon numero di ambasciatori, i rappresentanti delle altre comunità cristiane, e anche numerosissimi religiosi, religiose e fedeli. Dopo la celebrazione liturgica, ha avuto luogo un ricevimento preparato dalla stessa arcidiocesi, per le autorità civili e il corpo diplomatico, presso l’Holy Cross Diocesan Center. Inoltre, il 6 e 7 febbraio, monsignor Brown ha preso parte agli esercizi spirituali che i vescovi della Conferenza episcopale hanno tenuto presso il santuario nazionale di Nostra Signora di Knock. Il 5 marzo, in occasione dell’assemblea plenaria della Conferenza episcopale irlandese, monsignor Brown ha avuto l’opportunità di colloquiare con l’episcopato e di conoscere il personale dei diversi uffici della Conferenza episcopale che lo ha accolto con una celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Brady nella grande cappella di Maynooth. I media irlandesi hanno coperto ampiamente e positivamente gli avvenimenti inerenti all’inizio della missione del nuovo nunzio a Dublino. Sessione plenaria della Pontificia Commissione Biblica La Pontificia Commissione Biblica terrà la sua sessione plenaria annuale dal 16 al 20 aprile presso la Domus Sanctae Marthae, in Vaticano, sotto la presidenza del cardinale William Joseph Levada. Il gesuita Klemens Stock, segretario generale, dirigerà i lavori dell’assemblea. Nel corso della riunione i membri proseguiranno la riflessione sul tema «Ispirazione e verità della Bibbia». Come prima fase dello studio la Commissione ha deciso di concentrare i propri sforzi nel verificare in che modo il tema dell’ispirazione e quello della verità si manifestino nei diversi scritti della Sacra Scrittura. A partire dalle singole competenze ciascun membro presenterà la propria relazione che sarà discussa collegialmente in assemblea.