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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLII n. 86 (46.032)
Città del Vaticano
venerdì 13 aprile 2012
.
Diplomazia
al lavoro
a Washington
WASHINGTON, 12. Ultime ore di
intenso lavoro diplomatico per i
ministri degli Esteri nella giornata
conclusiva del G8 di Washington.
Una riunione importante, ha ribadito il presidente di turno, Hillary
Clinton, da una parte perché «gli
eventi recenti confermano il bisogno continuo di cooperazione internazionale a tutto campo»,
dall’altra perché i lavori di questi
giorni «preparano quelli per il
vertice di Camp David» dei leader
del G8, il 18 e 19 maggio.
E mentre l’attenzione delle delegazioni resta puntata sul Governo siriano di Bashar Al Assad che
proprio in queste ore dovrebbe
passare dalle parole ai fatti — come auspicato dalla comunità internazionale — con un completo cessate il fuoco per porre fine alle
violenze, i diplomatici lavorano
sul testo conclusivo della ministeriale e in particolare — da quanto
di apprende — sulla possibilità di
avvicinare la posizione russa a
quella degli altri partner. Come
gli altri Paesi del G8, anche Mosca
ha dato il suo sostegno al piano
dell’inviato dell’Onu e della Lega
araba, Kofi Annan. Quello di Washington, aveva ammesso Clinton
alla vigilia del G8, «è un altro tentativo di persuadere i russi sul fatto che la situazione in Siria si sta
deteriorando e che la possibilità di
un conflitto regionale e di una
guerra civile aumenta» in mancanza di un’adeguata risposta della
comunità internazionale.
Altro tema dominante nell’agenda del vertice del G8 è
l’Iran: «C’è ancora spazio per la
diplomazia ma è urgente che gli
iraniani si siedano al tavolo per
raggiungere risultati concreti attraverso un processo sostenibile», ha
detto Hillary Clinton. «Aspettiamo con ansia il nuovo round del
gruppo cinque più uno in Turchia
— ha aggiunto — perché questi
colloqui rappresentano un’opportunità per l’Iran per rispondere
seriamente alle preoccupazioni
della comunità internazionale sul
suo programma nucleare».
Ai Musei Vaticani l’arte dialoga
con la «fabbrica dei sogni»
Michelangelo al cinema
MARCO VANELLI
A PAGINA
4
Come mantenere in vita la memoria
Ritualizzazione
e ricerca storica
MORDECHAY LEWY
E
ANNA FOA
A PAGINA 5
L’Unione europea chiede l’apertura di un corridoio per portare aiuti alla popolazione
La maternità nel film francese «17 ragazze»
Il nord del Mali
verso la catastrofe umanitaria
Un nuovo desiderio
nascosto
Una manifestazione a Bamako in favore delle popolazioni del nord del Mali (Abaca Press)
BAMAKO, 12. La situazione in Mali è
talmente critica da profilare un’imminente catastrofe umanitaria. Un
allarme in questo senso è stato lanciato ieri dal commissario europeo
per gli aiuti umanitari, Kristalina
Georgieva, secondo la quale tale catastrofe può essere evitata solo con
l’apertura in tempi rapidi di un corridoio umanitario attraverso il quale
far affluire cibo e medicinali alla
popolazione del nord del Paese. Secondo stime concordi, sono oltre
duecentomila i profughi maliani, in
parte rifugiati nei Paesi confinanti,
ma in maggioranza sfollati interni,
provocati dal conflitto nel nord
scoppiato a metà gennaio con l’insurrezione del Movimento nazionale
per la liberazione dell’Azawad
(Mnla), espressione della maggioranza tuareg. Nonostante il ritiro
dell’esercito governativo, la situazione nel nord del Mali è tutt’altro che
pacificata. Oltre all’Mnla, infatti,
nell’area sono attivi numerosi altri
gruppi armati, in particolare milizie
radicali islamiche, che stanno tentando di assumerne il controllo.
A questo punto si profila persino
lo scoppio di un conflitto tra l’Mnla
e i gruppi islamisti. Il quotidiano algerino «En Nahar» ha riferito ieri
di un ultimatum dell’Mnla ai militanti di Al Qaeda nel Maghreb islamico e delle altre formazioni islamiste straniere a lasciare il Paese entro
un mese. Secondo il quotidiano, i
dirigenti dell’Mnla hanno chiesto a
Iyad Agh Ghali, il leader della formazione islamica tuareg Ansar Eddine, di consegnare l’ultimatum alle
varie formazioni armate non tuareg
presenti nella regione. Il quotidiano
spiega l’ultimatum con i riflessi negativi a livello internazionale che ha
per la causa tuareg la presenza nel
nord del Mali di gruppi considerati
parte della galassia del terrorismo
internazionale di matrice fondamentalista islamica. Il giornale sostiene,
inoltre, che numerosi miliziani di
Ansar Eddine a Timbuctu avrebbero lasciato il gruppo per unirsi agli
uomini dell’Mlna che controllano
l’aeroporto cittadino, a 12 chilometri
di distanza dal centro cittadino.
A complicare la situazione complessiva in Mali ha contribuito, lo
scorzo 22 marzo, il colpo di Stato
militare che ha rovesciato il Governo del presidente Amadou Toumani
Touré. La giunta militare che ha
preso il potere ha comunque raggiunto un’intesa con la Comunità
economica degli Stati dell’Africa occidentale per l’immediato ripristino
dell’ordine costituzionale. Durante
il fine settimana, rappresentanti delle forze politiche del Mali e della
giunta militare saranno ricevute a
Ouagadougou dal presidente del
Burkina Faso, Blaise Compaoré,
mediatore per conto dell’Ecowas,
per stabilire le modalità per la transizione.
Entra in vigore il cessate il fuoco previsto dal piano di Kofi Annan
Sospesi i combattimenti in Siria
DAMASCO, 12. Il cessate il fuoco tra
Governo e ribelli in Siria, previsto
dal piano di pace dall’inviato
dell’Onu e della Lega Araba, Kofi
Annan, è entrato in vigore questa
mattina, dopo i ripetuti appelli
della comunità internazionale.
Il Governo del presidente
Bashar al Assad verrà giudicato
«sui fatti e non sulle parole» ha dichiarato il segretario di Stato
Hillary Clinton che, in veste di
«padrona di casa» ieri a Washington ha presieduto la riunione dei
ministri del G8 nella sua prima
giornata che si è conclusa con una
cena ristretta (gli otto rappresentanti dei Paesi partner) nella residenza del capo della diplomazia
americana. Sale l’attesa per un incontro bilaterale previsto per oggi
tra Hillary Clinton e il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov,
mentre il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, è già
stato esplicito sull’argomento: «La
Russia deve annunciare chiaramente che non vuole essere associata,
Economia ecologica in versione indigena
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er tanti anni, nelle culture occidentali l’eros è stato considerato il desiderio proibito e
represso, e quindi il più intenso, ma
oggi molti segnali ci dicono che
qualcosa in proposito sta cambiando. Oggi che il sesso è diventato, al
contrario, quasi un obbligo, un dovere sociale, il desiderio represso,
nascosto, soprattutto per le giovani
donne, è quello della maternità. Ne
vediamo le prime avvisaglie nei romanzi anglosassoni rivolti soprattutto a un pubblico femminile, proprio quel genere di testi che decenni fa aveva lanciato la moda
della libertà sessuale
delle donne. Adesso in
questi racconti fanno
la loro comparsa i neonati, arrivati spesso dopo anni di desiderio
inappagato, e molte
pagine sono dedicate
alla descrizione del
rapporto con i bambini e della felicità che
ne deriva alle madri.
In silenzio, senza
che nessuno ne parli,
stiamo vivendo una situazione drammatica:
lo rivela anche la semplice esperienza, tipica
di tutti coloro che vivono nei Paesi “avanzati”, del vedere il numero esiguo di bambini per le strade, nelle
chiese. Ormai infatti,
anche in famiglia, i
bambini sono rari e
quindi contesi, e manca ovunque il
contributo vivificante del loro stupore, della loro energia vitale.
Un film francese uscito anche in
Italia — 17 ragazze, che si ispira a
un fatto realmente accaduto in un
piccolo centro del Minnesota — riesce a comunicare con grande effica-
P
Per la prima volta una tribù amazzonica vende crediti di anidride carbonica
BRASILIA, 12. Una tribù amazzonica
brasiliana è la prima al mondo a ricevere un certificato internazionale
che le permetterà di vendere crediti
di anidride carbonica ottenuti grazie
alla loro opera contro il disboscamento. Si tratta di un esempio di
quanto è reso possibile dagli accordi
internazionali per la riduzione delle
emissioni di gas serra, in particolare
l’anidride carbonica, che consentono
a Stati e privati di acquisire «quote
di inquinamento» da chi evita di
produrlo.
Gli indios paiter suruis, il cui territorio forma la riserva Sette di Settembre, ai confini tra gli Stati brasiliani di Rondonia e Mato Grosso,
hanno accettato di chiudere un centinaio di segherie abusive. In cambio otterranno più di un milione di
euro all’anno da qui al 2038. Il Governo brasiliano si rifarà con la tassazione sui produttori di legname,
che pagheranno otto dollari a ton-
di LUCETTA SCARAFFIA
nellata l’anidride carbonica provocata dalla loro attività.
Si tratta di un progetto d’avanguardia che sfrutta il Redd (Riduzione delle emissioni da disboscamento), un meccanismo riconosciuto
internazionalmente che mira a compensare finanziariamente il mantenimento intatto delle foreste tropicali,
mitigando così le emissioni di anidride carbonica responsabili per il
surriscaldamento. I paiter suruis sono la prima tribù indigena al mondo
a ricevere il certificato per il Redd.
«La parte più difficile è stata convincere gli indigeni che mantenere
in piedi la foresta poteva diventare
un buon business» ha dichiarato
l’associazione che ha aiutato il capo
tribù, Almir Suruì, di 37 anni, a persuadere i leader degli altri villaggi.
Almir già nel 2008 aveva fatto storia
chiudendo un accordo col Google
Map per il monitoraggio della selva
amazzonica.
Indigeni dell’Amazzonia durante una dimostrazione a Brasilia (Reuters)
né da vicino né da lontano, a questi atti di violenza e a questa repressione» ha detto il rappresentante tedesco. Intanto, il ministro
degli Esteri britannico, William
Hague, ha fatto sapere che, se i
termini del piano Assad non verranno rispettati, Londra solleciterà
sanzioni più dure verso Damasco
ma soprattutto «accrescerà il suo
sostegno
verso
l’opposizione».
Mentre la Francia, ha spiegato il
titolare del Quai d’Orsay, Alain
Juppé, ritiene che l’Onu debba inviare una «robusta squadra di suoi
osservatori» per verificare l’effettiva
attuazione del piano Annan.
Pechino ha espresso apprezzamento per la decisione del Governo siriano: lo ha reso noto in un
comunicato il portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino, Liu
Weimin. Il portavoce ha dichiarato
che si tratta di un «importante
passo verso una soluzione politica
della crisi» e ha invitato l’opposizione siriana a «cessare immediatamente il fuoco».
Il cessate il fuoco è scattato questa mattina in tutta la Siria, nei limiti temporali previsti dal piano di
pace in sei punti presentato da
Annan, ovvero a partire dal compimento delle 48 ore dalla data del
10 aprile. Un’ora dopo l’entrata in
vigore della tregua ovunque la situazione appariva tranquilla: lo
hanno confermato fonti degli attivisti tanto nelle province di Homs,
Hama e Idlib, quanto nella capitale Damasco. «A Homs adesso c’è
quiete e non si sta sparando» ha
riferito un anonimo dissidente alla
stampa locale. Tuttavia, gli attivisti
denunciano che, nonostante l’interruzione delle violenze, non è ancora arrivata nessuna prova di effettivo ritiro delle forze governative dai
centri abitati.
cia questa situazione, fornendo
molti elementi di riflessione.
In una scuola media superiore di
una cittadina, in piena decadenza
economica e culturale, una sedicenne rimane incinta e, invece di parlarne con la madre, sempre assente
e distratta, si confida con le amiche
e decide di tenere il bambino per
cambiare qualcosa nella sua vita
vuota di affetti e di stimoli, priva di
prospettive. In rapida successione,
ben sedici sue coetanee — il gruppo
delle amiche più strette — rimangono incinte: per scelta, per vivere insieme un sogno, un’utopia di vita
Un fotogramma tratto dal film
comune in cui le ragazze, con i loro
bambini, sperano di vivere aiutandosi a vicenda.
Certo in questa scelta — vissuta
con timore e cecità dagli adulti, insegnanti e genitori, che non sanno
altro che ripetere stanche soluzioni,
come «mettiamo un distributore di
preservativi a scuola» — c’è la volontà di dare una risposta al disagio
giovanile, al nichilismo di una vita
vuota, senza desideri: il sesso ormai
a disposizione di tutti, senza impegno e coinvolgimento, come si vede
dal modo disinvolto in cui le ragazze riescono a raggiungere il loro
scopo procreativo, non è più oggetto di desiderio. Sono ragazze delle
classi popolari, con poca voglia di
studiare e quindi quasi prive di prospettive di un futuro professionale,
figlie di famiglie disfatte o dilaniate
dai conflitti, per le quali avere un
figlio diventa l’unico desiderio proibito, l’unica forma di protesta, ma
al tempo stesso di speranza per il
futuro: «Almeno con un figlio sapremo cosa fare» dice una, e un’altra le fa eco: «Avrò sempre qualcuno che mi vuole bene».
I bambini, tutti meno uno, nasceranno, anche se la comune poi
non si costituirà, e saranno le famiglie ad affrontare l’emergenza. Famiglie che hanno ricevuto ciò che
oggi sembra essere l’unico segnale
di allarme in grado di scuoterle da
una passiva rassegnazione nei confronti del disagio dei figli.
Il film, che mette in luce i chiaroscuri di una situazione difficile e
piena di contraddizioni, è capace di
restituire — mostrando le ragazze
incinte che sentono con emozione il
bambino muoversi, e vedono con
ammirata meraviglia il loro corpo
cambiare — il mistero e la potenza
della procreazione, il contributo di
energia e vitalità che questo miracolo riesce a donare anche a un gruppo umano così disperato e vuoto.
Nuovo appello
del World Council of Churches
Minacce a pace
e sviluppo
dal commercio
delle armi
PAGINA 6
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 2
venerdì 13 aprile 2012
In rialzo il rendimento dei Btp
Le stime del Beige Book diffuso dalla Federal Reserve
Nei mercati europei
restano tensioni
sui titoli di Stato
Il manifatturiero
spinge la crescita statunitense
BRUXELLES, 12. Andamento negativo, a fine mattinata, per le principali Borse europee: Milano fa segnare un meno 0,75 per cento, Parigi un meno 0,17, Londra un 0,05.
Tensione sui titoli di Stato: la Bce
nel suo bollettino mensile ha dichiarato che l’aumento del livello
dello spread italiano e spagnolo «si
è verificato sullo sfondo di una riconsiderazione delle prospettive per
la crescita nell’area dell’euro».
A spingere negativamente i listini
è stato soprattutto il risultato
dell’asta dei Btp, con rendimento
ancora in rialzo. Il ministero
dell’Economia italiano, come riferisce la Reuters, ha collocato oggi titoli con scadenza marzo 2015 per
2,884 miliardi (contro un ammontare massimo previsto pari a tre miliardi) a un tasso del 3,89 per cento,
in netto aumento rispetto al 2,76
dell’asta di metà marzo. Si tratta
del livello massimo dallo scorso
gennaio.
Trainate anche dal buon andamento di Wall Street, ieri, le piazze
europee sono tornate a respirare.
Maglia rosa a Madrid, che è avanzata dell’1,93 per cento con l’indice
Ibex a 7.576,7 punti. Solida anche
Piazza Affari, dove l’Ftse Mib è
cresciuto dell’1,6 a 14.689,84 punti.
L’Ftse 100 di Londra è salito dello
0,7 a 5.634,74 punti. Il Dax di Francoforte ha segnato un più 1,03 a
6.674,73 punti, mentre il Cac 40 di
Parigi ha ottenuto un più 0,62 a
3.237,69 punti.
Ossigeno anche per il differenziale di rendimento tra Btp e Bund.
Schizzato ieri oltre quota 400, lo
spread si è attestato stabile attorno
ai 372 punti base, dopo le aste dei
Bot mentre la forbice tra i Bonos
spagnoli e i Bund ha segnato il livello di 409 punti. L’Italia ha collocato undici miliardi di euro di Bot
a un anno e di Bot a tre mesi. Il
rendimento dei titoli a 12 mesi è salito al 2,84 dall’1,492 per cento
dell’asta precedente, mentre quello
dei trimestrali ha toccato quota
1,249 per cento. La domanda è risultata pari a 5,443 miliardi per i
trimestrali e a 12,127 miliardi per gli
annuali. «Pur se la domanda è risultata sostenuta, come nelle attese», il collocamento dei Bot odierno — hanno commentato fonti della
Banca d’Italia — «ha risentito del
riaccendersi delle tensioni sui titoli
WASHINGTON, 12. Per la Federal Reserve, fra la metà di febbraio e la
metà di marzo l’economia americana
ha continuato «a crescere a un ritmo
che va da modesto a moderato», a
seconda dei distretti, con un andamento più forte a New York, Minneapolis e Kansas City. Lo si legge
nel Beige Book di aprile, appena
diffuso, in cui si sottolinea come
l’attività manifatturiera abbia continuato a rafforzarsi, con i maggiori
guadagni nel settore dell’automobile
e delle industrie high-tech.
Il settore manifatturiero, si legge
nel documento della banca centrale,
dà segnali di ottimismo sulle prospettive di crescita a breve, anche se
preoccupa l’aumento dei prezzi del
petrolio che potrebbe limitare la
spesa delle famiglie nei prossimi mesi. Quanto all’occupazione, per la
Federal Reserve l’andamento è stabile con miglioramenti appena «modesti», anche se si registra in alcuni casi la difficoltà a reperire lavoratori
qualificati.
Indicazioni positive (con una crescita definita «forte» a Boston, New
York, e St. Louis) arrivano dalle
vendite al dettaglio grazie anche a
condizioni meteorologiche insolitamente buone, e il turismo viene giudicato dalla Fed in crescita nella
maggior parte dei distretti. Le condizioni meteorologiche positive hanno
anche dato un impulso alla vendita
di auto nuove.
del debito sovrano dell’area euro»,
che ha determinato «un cospicuo
incremento dei rendimenti».
Intanto, sempre per quanto riguarda l’Italia, non arrivano buone
notizie sul fronte della crescita: il
pil calerà quest’anno tra l’1,3 e l’1,5
per cento, contro il meno 0,4 precedentemente previsto, ma non ci sarà
bisogno di una manovra correttiva.
Il Governo ritocca così al ribasso le
stime di crescita per il 2012, in linea
— come ha confermato il vice ministro dell’Economia, Vittorio Grilli —
con le previsioni dell’Unione europea. Secondo i tecnici di Bruxelles,
la flessione sarà dell’1,3.
Dalla Bce arriva intanto un nuovo allarme sul costo del denaro. «È
probabile che l’inflazione si collochi
al di sopra del due per cento nel
2012, soprattutto per effetto dei recenti rincari dell’energia nonché degli incrementi delle imposte indirette annunciati ultimamente» si legge
nel bollettino di aprile. Francoforte
sottolinea tuttavia che «sulla base
dei prezzi correnti dei contratti future per le materie prime, l’inflazione dovrebbe rientrare al di sotto del
due per cento agli inizi del 2013».
Francoforte parla comunque di
«aspettative di inflazione saldamente ancorate nel lungo periodo» e di
«pressioni di fondo sui prezzi» che
«dovrebbero restare limitate».
L’OSSERVATORE ROMANO
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Non praevalebunt
BRUXELLES, 12. «Le indagini congiunturali anticipano un ulteriore
peggioramento nel breve termine»
del mercato del lavoro nell’area
euro. Lo sottolinea la Bce nel bollettino mensile pubblicato oggi.
«Le condizioni nei mercati del lavoro dell’area dell’euro — spiega
l’istituto di Francoforte — continuano a deteriorarsi; la crescita
dell’occupazione è rimasta negativa mentre è proseguito l’aumento
del tasso di disoccupazione».
Intanto, l’Ocse (organizzazione
per la cooperazione e lo sviluppo
economico) riferisce che il tasso di
disoccupazione dell’area a febbraio è rimasto stabile all’8,2 per
cento, in linea con quanto registrato per tutto il 2011. In una nota, l’organizzazione che ha sede a
Parigi rende noto che in Italia la
disoccupazione continua a crescere, facendo registrare un passo
avanti di 0,2 punti percentuali,
dal 9,1 per cento di gennaio al 9,3
per cento. Nell’eurozona, la disoccupazione è aumentata di 0,1 punti percentuali a febbraio, «per l’ottavo mese consecutivo», ed è arrivata al 10,8 per cento, «livello record dall’inizio della crisi finanziaria mondiale» sottolinea l’organizzazione. Pesa soprattutto il dato
della Spagna, dove di recente la
percentuale dei senza lavoro è cresciuta di 0,3 punti arrivando al
23,6 per cento.
Uno stabilimento alimentare nel Nebraska (Reuters)
Dal primo ministro Lucas Papademos
Il Governo di Mariano Rajoy prepara misure eccezionali
Annunciate per il 6 maggio
le elezioni in Grecia
Madrid andrà avanti
sulla strada dell’austerity
In netto calo
le rimesse
degli emigranti
albanesi
TIRANA, 12. Sono in netto calo le
rimesse degli emigranti albanesi.
Lo sottolinea il rapporto della
Banca centrale di Tirana per il
2011. Si segnala che le rimesse
hanno toccato i 660 milioni di euro, con una riduzione di ventinove
milioni rispetto al 2010. Nel documento si rileva che la situazione
economica in Grecia e in Italia,
che ospitano rispettivamente il 47
per cento e il 36 per cento di 1,4
milioni di albanesi che lavorano
ufficialmente all’estero, è la causa
di questa flessione, che comunque
ha subito un rallentamento negli
ultimi due anni rispetto agli anni
precedenti, per la decisione degli
emigranti in Grecia di spostare
nelle banche albanesi i propri risparmi, a seguito dell’aggravamento della situazione economica greca. Nel rapporto della Banca centrale, il governatore Ardian Fullani scrive che «durante questo periodo i flussi di entrate delle rimesse hanno segnato una contrazione dell’8,6 per cento in termini
annuali, e gli sviluppi della situazione del lavoro nei Paesi vicini
suggeriscono continuità del trend
negativo di questo elemento di
conto corrente anche nel futuro».
Si è invece bloccato il rientro dalla Grecia in Albania degli emigranti che, nei primi mesi dello
scorso anno, sembrava dovesse assumere dimensioni di massa.
La Bce prevede
un peggioramento
del mercato
del lavoro
Il premier greco Lucas Papademos (Ansa)
ATENE, 12. Il primo ministro greco,
Lucas Papademos, ha annunciato ieri che le elezioni parlamentari si terranno il 6 maggio. L’annuncio è
giunto durante il Consiglio dei ministri. Papademos ha assunto, in novembre, la guida di un Governo di
unità nazionale, di cui fanno parte i
socialisti del Pasok e i conservatori
di Nuova democrazia. Da ieri sera,
dunque, ha avuto inizio la campagna elettorale. Il clima, rilevano le
fonti di stampa, è teso: i partiti, tra
l’altro, sono ancora in cerca di candidati per completare le liste elettorali. Come riferisce il «Financial Times», che cita fonti politiche greche,
il numero dei probabili candidati per
i due partiti maggiori, soprattutto in
provincia, è stato ridotto.
Nel frattempo, riferisce l’agenzia
di stampa Ansa, già salgono i toni
del confronto fra i leader dei due
maggiori partiti, Evanghelos Venizelos del socialista Pasok, e Antonis
Samaras, di Nuova democrazia: quest’ultimo continua a chiedere agli
elettori la maggioranza assoluta per
poter governare «con le mani libere». Dal canto suo, Venizelos, segnala sempre l’agenzia Ansa, accusa
Samaras di «voler diventare a tutti i
costi primo ministro», senza però fare cenno alle responsabilità del suo
partito e del Governo di Costas
Karamanlis, del quale lo stesso Samaras faceva parte.
MADRID, 12. La situazione economica della Spagna è «molto difficile» ma il Governo di Madrid ha
«le idee chiare» e intende andare
avanti sulla strada dell’austerità e
delle riforme, pur sapendo che sono
misure «dure e costose». Così si è
espresso ieri, in un’audizione parlamentare, il presidente del Governo
spagnolo Mariano Rajoy.
Il Governo — ha assicurato Rajoy
— continuerà a reagire con «misure
eccezionali». Dalla formazione dell’Esecutivo a fine dicembre Rajoy
ha già varato due manovre da 15 e
27,3 miliardi e ha annunciato negli
ultimi giorni ulteriori tagli da dieci
miliardi di euro nei settori della sanità e dell’educazione. «Il nostro
obbligo principale in questi momenti è decidere, governare e togliere il Paese dalla situazione in
cui si trova» ha ricordato il presidente del Governo. «Abbiamo fatto
molte riforme in questi tre mesi, ma
dovremo farne di più nei prossimi
tempi» ha chiarito.
Nonostante le nuove tensioni sui
mercati che hanno colpito il settore
finanziario spagnolo, Bruxelles è
convinta che non siano necessari
nuovi aiuti da parte dei fondi di
salvataggio dell’eurozona per ricapitalizzare le banche iberiche.
«Manteniamo la nostra posizione»
ha assicurato il portavoce della
Commissione Ue, Olivier Bailly, ricordando che Bruxelles attende entro fine mese da Madrid tutti i det-
tagli delle misure di bilancio per il
2012, incluse quelle delle Regioni,
per darne una valutazione completa. I dati definitivi sul deficit della
Spagna, invece, sono attesi per il 23
aprile, quando l’Eurostat, l’Ufficio
statistico dell’Ue, convaliderà le statistiche ricevute dai Paesi Ue e le
renderà pubblici. Ieri un portavoce
dell’Esecutivo tedesco ha riconosciuto che il Governo di Madrid ha
varato finora «una serie di riforme
promettenti».
Avviata un’inchiesta contro Apple e cinque case editrici accusate di fare cartello sul prezzo dei libri elettronici
Cupertino alla guerra dell’ebook
CUPERTINO, 12. Il dipartimento di
Giustizia americano all’attacco di
Apple e di cinque tra le maggiori
case editrici a stelle e strisce, accusate di aver fatto cartello sui prezzi
degli ebook. In una mossa che è costata «decine di milioni di dollari»
ai consumatori. A finire nel mirino
sono Hachette, HarperCollins, Macmillan, Simon & Schuster e Penguin. Tre degli editori accusati (Hachette, HarperCollins e Simon &
Schuster) hanno però immediatamente raggiunto un accordo con le
autorità per rivedere le politiche sui
prezzi, e questo fa sì che nel mirino
restino soltanto Apple, Macmillan e
Penguin.
Con telefonate, email e una cena
«nella sala privata di uno dei maggiori ristoranti di New York», Cupertino e le case editrici avrebbero
messo a punto — si legge nell’azione
legale avviata dal dipartimento di
Giustizia — un modello comune per
rispondere alla politica dei 9,99 dollari al massimo per un libro digitale
di Amazon. Un modello che ha fatto salire i prezzi degli ebook di 3-5
dollari l’uno a danno dei consumatori. In base all’accordo raggiunto,
le case editrici ricevevano da Apple
GIOVANNI MARIA VIAN
don Sergio Pellini S.D.B.
Carlo Di Cicco
Segreteria di redazione
direttore responsabile
vicedirettore
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Antonio Chilà
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Gaetano Vallini
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una «commissione» del trenta per
cento per ogni copia venduta. Steve
Jobs stesso — secondo il dipartimento di Giustizia — avrebbe spinto per
l’adozione di un tale modello. «I
consumatori pagheranno un po’ di
più, ma questo è quello che voi, gli
editori, volete in ogni caso» avrebbe
detto Jobs, secondo i documenti depositati in un tribunale di New
York. Dal settembre 2008 al 2009 i
vertici delle case editrici si sono incontrati — aggiunge l’accusa — ogni
trimestre per discutere «temi legati
alla concorrenza, incluse le pratiche
di Amazon». I manager dei livelli
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Servizio religioso: [email protected]
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più alti delle aziende incluse nell’azione legale avrebbero lavorato insieme «per eliminare la concorrenza
fra i negozi che vendono ebook, aumentando di conseguenza i prezzi
per i consumatori» secondo l’accusa
del procuratore generale degli Stati
Uniti, Eric Holder.
Amazon ha accolto l’azione legale
con soddisfazione, convinta che ne
trarranno beneficio i consumatori.
«Non vediamo l’ora di poter ridurre
i prezzi su un numero maggiore di
titoli» ha dichiarato l’azienda leader
del mercato ebook.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
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Parigi
promette
di ridurre
il deficit
PARIGI, 12. Il ministro francese
del Bilancio, Valérie Pécresse, ha
dichiarato ieri che Parigi non intende discostarsi dagli obiettivi
di bilancio concordati con l’Unione europea. Pécresse, davanti
alla commissione Finanze del
Parlamento francese, ha assicurato che, se il presidente Nicolas
Sarkozy sarà rieletto, il Governo
manterrà l’impegno a portare il
bilancio in pareggio nel 2016. Il
programma di stabilità concordato dalla Francia con Bruxelles
include anche un pil in crescita
dello 0,7 quest’anno e dell’1,75
per cento nel 2013.
È invece di pochi giorni fa la
notizia per cui, in base alle stime
della Banca centrale contenute
nel rapporto mensile, la crescita
per l’economia francese nel primo trimestre dell’anno dovrebbe
risultare pari a zero. Invariato
anche l’indicatore di business
fermo a 95 punti a marzo.
A febbraio, intanto, la produzione industriale in Francia è aumentata dello 0,3 per cento, lievemente sopra le stime. Lo comunica l’Insee, l’istituto nazionale di statistica. Il mese precedente l’incremento della produzione è stato rivisto al ribasso
dallo 0,3 per cento allo 0,2 per
cento. Netto calo della produzione industriale del settore manifatturiero.
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L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 13 aprile 2012
pagina 3
Imminente il lancio del missile di Pyongyang
Truppe del sud occupano Heglig nel Kordofan meridionale
Stato di allerta
in Asia
Si riaccende il conflitto sudanese
PYONGYANG, 12. La Corea del Sud,
il Giappone e le Filippine sono da
oggi in stato di massima allerta per
l’imminente lancio del missile da
parte dell regime comunista di
Pyongyang. La Corea del Nord ha
infatti annunciato l’intenzione di
lanciare un missile balistico tra il 12
e il 16 aprile per mettere in orbita
un satellite di osservazione terrestre.
Questa decisione di Pyongyang,
condannata dalla comunità internazionale, è in aperta violazione con
le risoluzioni delle Nazioni Unite.
Intanto, la quarta conferenza generale del Partito dei lavoratori ha
nominato Kim Jong Un con l’inconsueta carica di primo segretario
e ha onorato la memoria del padre,
il caro leader Kim Jong Il scomparso a dicembre per un attacco cardiaco, con la nomina postuma di
segretario generale eterno. Il giovane generale, di 28-30 anni ed esponente della terza generazione della
famiglia Kim, consolida dunque il
potere in vista del lancio del conte-
Interrotti i negoziati tra Khartoum e Juba
stato satellite per scopi pacifici, imminente dopo l’ufficializzazione
delle operazioni di riempimento dei
serbatoi con carburante arricchito, e
dei festeggiamenti del 15 aprile per
i 100 anni della nascita del capostipite Kim Il Sung.
In attesa delle nuove nomine da
parte dell’Assemblea del popolo
che si riunirà domani, il quotidiano
del Partito dei lavoratori, il
«Rodong Sinmun», ha riferito che
Kim Jong Gak è il «ministro delle
forze armate», al posto di Kim
Yong Chun, 75 anni, in servizio dal
lontano 1956. Le attività di rifornimento del vettore Unha-3 sono partite ieri: «mentre parliamo stiamo
iniettando il carburante», ha detto
Paek Chang Ho, direttore del Centro di controllo dei satelliti, alla periferia della capitale nel corso di
una visita di un gruppo di giornalisti ed esperti stranieri. Tutto questo
nonostante il monito degli Stati
Uniti a Pyongyang a desistere da
ogni proposito missilistico.
Nelle elezioni legislative
Vittoria dei conservatori
in Corea del Sud
SEOUL, 12. Il Saenuri, (Nuova
Frontiera, nome scelto a febbraio
dal Gnp), il partito al Governo nella Corea del Sud e lo stesso del
presidente Lee Myung Bak, ha vinto le elezioni parlamentari, aggiudicandosi 152 dei 300 seggi in palio,
anche se ha perso 13 deputati rispetto alla precedente legislatura.
Lo ha reso noto oggi la Commissione elettorale.
I risultati delle legislative fanno
aumentare le chance di successo del
suo leader Park Geun Hye, candidata alle presidenziali che si terranno a dicembre.
La percentuale dei votanti 54,3
per cento per questa consultazione
— alla quale avevano diritto oltre 40
milioni di elettori — è stata, secondo la Commissione elettorale,
maggiore di quella di quattro anni
fa (46,1 per cento), con una forte
partecipazione di giovani. A incidere sul voto anche l’atteso test missilistico del regime comunista di
Pyongyang, che si appresta a lanciare un missile a lunga gittata, formalmente per mettere in orbita un
satellite e sospettato invece da numerosi Paesi di essere un test missilistico nell’ambito del programma
nucleare del regime comunista, ma
comunque in violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite.
La principale forza d’opposizione, il partito Democratico (Dup),
guadagna 38 seggi rispetto alle ultime elezioni del 2008 e ottiene 127
deputati ma anche con il partner di
coalizione dello Unified Progressive
non riesce a conquistare la maggioranza. Alcuni seggi sono stati vinti
da un’altra formazione dell’opposizione il Liberty Forward Party e altri da candidati indipendenti.
Un miliziano del Movimento di liberazione del popolo sudanese - Nord (Afp)
Cinque persone uccise in un attacco a un posto di frontiera nello Stato di Borno
Ancora violenze
nel nord della Nigeria
ABUJA, 12. Cinque persone sono rimaste uccise in un attacco condotto
nello Stato nigeriano nordorientale
di Borno, nei pressi della frontiera
con il Camerun. Un portavoce
militare, il tenente colonnello Sagir
Musa, ha attribuito l’attacco al
gruppo radicale islamico Boko
Haram, responsabile negli ultimi
mesi di attentati che hanno provocato centinaia di vittime. L’ufficiale
ha specificato che l’attacco è stato
sferrato nella notte tra martedì e
mercoledì a contro un posto di
frontiera e che gli assalitori hanno
incendiato alcuni uffici della dogana. Tra i cinque morti figurano un
ufficiale dell’immigrazione e due finanzieri.
In Nigeria il livello di allerta è
tornato altissimo dopo le stragi del
giorno di Pasqua e di quello successivo, anch’esse attribuite a Boko
Haram, che aveva minacciato nuovi
attacchi contro le comunità cristiane durante la Settimana Santa, do-
Dopo tre giorni di scontri armati
L’esercito yemenita riconquista
la città di Loder
SAN’A, 12. Le forze armate dello
Yemen (esercito e aviazione), con il
sostegno dei Comitati di difesa popolare delle tribù del sud del Paese,
hanno conquistato totalmente la
città di Loder, roccaforte dei terroristi di Al Qaeda, dopo tre giorni
di violenti scontri. Secondo quanto
riporta l’agenzia di stampa locale
Mareb Press, si sono contati sul
terreno 62 morti, la maggior parte
appartenenti ai miliziani islamici
del gruppo Ansar Al Sharia, che fa
capo ad Al Qaeda, e tre soldati.
Morto in Algeria
l’ex presidente
Ahmed Ben Bella
ALGERI, 12. Si terranno domani,
nel grande cimitero di El Alia ad
Algeri, i funerali del primo capo
di Stato algerino, Ahmed Ben
Bella,
morto
ieri.
L’attuale
presidente algerino, Abdelaziz
Bouteflika, ha anche proclamato
otto giorni di lutto nazionale a
partire da ieri in tutto il Paese.
Con la morte di Ben Bella all’età
di 95 anni, scompare il padre
dell’Algeria moderna, il primo
presidente dopo l’indipendenza
dalla Francia. Uomo «coraggioso
e pugnace» Ben Bella è stato anche in carcere complessivamente
per circa 24 anni. Carismatico e
molto popolare, l’ex presidente —
nato in una famiglia di contadini
originari del Marocco — aveva
tentato di instaurare in Algeria
una sorta di socialismo autogestito, dopo essere giunto al potere
nel settembre 1962.
Altri 15 miliziani sono stati invece
catturati.
Fonti locali sostengono che sono
stati trovati i cadaveri di numerosi
somali inviati dagli Al Shaabab in
Yemen per combattere al fianco degli islamici locali. Secondo un ufficiale yemenita «la battaglia di Loder
è considerata decisiva» dal Governo di San’a che vuole «ripulire la
provincia di Abyane dai militanti
terroristi». Secondo gli abitanti di
Loder, i combattimenti proseguono
a sud, a est e a nord della città stra-
tegica che i miliziani di Al Qaeda
starebbero cercando di riprendere.
L’aviazione yemenita ha lanciato
ieri due raid sulla periferia della città. Dall’inizio degli scontri gli insorti hanno perso oltre 150 uomini,
secondo fonti militari e tribali. Già
nell’agosto del 2010 i terroristi di Al
Qaeda avevano preso il controllo di
Loder, situata a 150 chilometri a
nord di Zinijbar, capoluogo della
provincia di Abyane. Secondo fonti
dell’esercito di San’a, i combattenti
fondamentalisti vogliono occupare
Loder in quanto costituisce per la
sua posizione tra le montagne un
rifugio naturale contro i raid e i
bombardamenti via mare.
Resta dunque difficile la transizione nello Yemen che ha visto
l’uscita di scena, dopo 33 anni, del
presidente Ali Abdullah Saleh e la
nomina del suo vice Abd Rabdo
Mansour Hadi. Il nuovo capo dello
Stato deve infatti fare i conti con
un movimento separatista nel sud,
una rivolta sciita nel nord e la presenza dei terroristi di Al Qaeda.
po quelli che avevano causato decine di morti lo scorso Natale. In
particolare era stata colpita la città
settentrionale di Kaduna, dove
l’esplosione di un’autobomba guidata da un attentatore suicida aveva provocato domenica 38 morti
davanti a una chiesa. Secondo la
dinamica della strage ricostruita dagli inquirenti, l’attentatore aveva
cercato di portare la sua auto imbottita di esplosivo all’ingresso di
una chiesa, ma era stato fermato a
un posto di blocco ed era tornato
indietro, facendosi esplodere in
mezzo a numerose moto taxi parcheggiate davanti a un’altra chiesa.
Sempre domenica, un’altra esplosione a Jos aveva causato diversi feriti. Il giorno seguente c’erano stati
nuovi attacchi nei quali erano state
uccise sette persone, compresa una
bambina, nelle città nordorientali
di Dikwa e di Potiskum, mentre in
altre località degli Stati di Yobe e
di Borno erano stati incendiati un
commissariato di polizia, una banca, un albergo e un edificio della
pubblica amministrazione. Lo stesso giorno, a Kano, la più grande
città del nord della Nigeria, l’esercito aveva disinnescato un ordigno
individuato in un’autovettura parcheggiata in pieno centro. La metropoli era stata teatro lo scorso 20
gennaio di una serie di attacchi di
Boko Haram che avevano provocato 185 morti.
Al confine con la Libia dopo la decisione del Cairo di aumentare i dazi sulle merci
Disordini in Egitto
Un’immagine di repertorio dei disordini scoppiati la settimana scorsa a piazza Tahrir (Afp)
IL CAIRO, 12. Gruppi di manifestanti hanno appiccato il fuoco in una
sede dell’intelligence egiziana a
Salum nei pressi del confine con la
Libia dopo la morte di tre persone,
uccise nelle ultime ore in scontri con
l’esercito. Lo hanno riferito fonti
della sicurezza. Le violenze sono cominciate quando i militari hanno
cercato di liberare una strada che
collega l’Egitto alla Libia, occupata
dai manifestanti che protestavano
contro una serie di misure economiche, tra cui l’aumento dei dazi sulle
merci.
E mentre riesplode la violenza al
confine con la Libia, la sentenza del
tribunale amministrativo del Cairo,
che ha bloccato la decisione del Parlamento riguardo la formazione
dell’Assemblea costituente è un verdetto da rispettare, e la nuova Costituente dovrà rispecchiare la volontà
degli egiziani. Lo ha affermato Alaa
Al Din Abd Al Latif, deputato del
partito salafita Al Nour, il quale
spiega che «la riunione dell’Assemblea prevista ieri è stata rimandata
per trovare una soluzione soddisfacente per il popolo e in sintonia con
la sentenza del tribunale».
Nel frattempo, i Fratelli musulmani egiziani parteciperanno alla manifestazione indetta domani da tutti i
partiti «per proteggere la rivoluzione» e contro la candidatura dell’ex
capo dell’intelligence di Hosni
Mubarak, Omar Suleiman. In un
comunicato si spiega che la Confraternita scenderà in piazza, «contro i
tentativi dei simboli dell’ex regime
di impadronirsi del potere, di rubare
la rivoluzione e di riportare il Paese
a prima del 25 gennaio». Un deputato del partito Giustizia e Libertà,
braccio politico dei Fratelli musulmani, Mustafa Mohamed, ha definito «inconcepibile che uno dei simboli del regime di Mubarak sia in
corsa per la presidenza».
KHARTOUM, 12. Un nuovo intervento fatto ieri dal segretario generale
dell’Onu, Ban Ki-moon, conferma
che si fa sempre più incombente il
pericolo di una ripresa generalizzata
del conflitto sudanese. A nove mesi
di distanza dalla proclamazione, lo
scorso 9 luglio, dell’indipendenza
del Sud Sudan, il protrarsi e l’intensificarsi degli scontri armati confermano i timori sollevati dagli osservatori sui mancati accordi tra il nuovo Governo di Juba e quello di
Khartoum. Nelle ultime ore sono
stati di nuovo interrotti i negoziati
ad Addis Abeba con la mediazione
dell’Unione africana, senza che le
due parti abbiano fatto passi in
avanti sulle questioni irrisolte, soprattutto la divisione delle risorse
petrolifere, ma anche la definizione
dei confini. Al tempo stesso si sono
intensificati gli atti di guerra. Ancora questa mattina, l’aviazione sudanese ha effettuato un bombardamento sulla città sudsudanese di
Bantiu, il cui distretto era già stato
colpito nelle settimane scorse.
L’annuncio della nuova sospensione dei negoziati ha seguito di poche ore quello della conquista della
città di Heglig, nel ricco distretto
petrolifero omonimo dello Stato sudanese del Kordofan meridionale, da
parte dell’esercito sudsudanese e di
quelle che il Governo di Khartoum
definisce truppe mercenarie. Con
questa espressione, di solito, il Governo sudanese indica le milizie del
Movimento di liberazione del popolo sudanese - Nord (Splm-N), considerate vicine al Governo di Juba, o
quelle del Movimento per la giustizia e l’eguaglianza (Jem) attivo nella
regione occidentale del Darfur, ma
che spesso ha sconfinato in altri territori. In questo caso, però, sia
l’Splm-N sia il Jem hanno escluso la
loro partecipazione ad attacchi a
Heglig. Il ministro degli Esteri sudanese, Rahma Mohammed Osmane,
ha definito l’incursione a Heglig come «la più grave violazione di sovranità del Sudan dall’indipendenza
del sud nel luglio 2011».
Ban Ki-moon ha parlato telefonicamente ieri con il presidente sudsudanese, Salva Kiir Mayardit, sostenendo che la priorità immediata è
quella di riportare una condizione
di normalità lungo le zone di confine, per evitare ogni ulteriore spargimento di sangue. Nel darne notizia,
un portavoce l’Onu ha specificato
che Ban Ki-moon ha invitato Salva
Kiir Mayardit a considerare la possibilità di organizzare immediatamente un vertice con il presidente sudanese Omar Hassan el Bashir. In precedenza, Ban Ki-moon aveva parlato con l’ambasciatore sudanese
all’Onu sollecitando il Governo di
Khartoum a evitare azioni militari,
come quelle nel distretto di Bentiu.
Anche l’Unione africana ha chiesto al Governo di Juba di ritirare le
proprie truppe dalla zona di Heglig,
esprimendo profonda inquietudine
per i continui combattimenti.
Libero
Paolo Bosusco
sequestrato
dai maoisti indiani
NEW DELHI, 12. «Sono felice di essere un uomo libero, sono stanco,
adesso ho bisogno di un po’ di riposo»: queste le prime parole
dell’italiano Paolo Bosusco, non
appena è arrivato a Bhubaneswar,
capitale dello Stato orientale indiano dell’Orissa, dove era stato sequestrato dai ribelli maoisti il 14
marzo scorso, assieme al connazionale Claudio Colangelo, rilasciato
dopo undici giorni. Bosusco, riferisce l’agenzia Agi, è stato affidato dai
rapitori a un mediatore locale,
Dandapani Mohanty, nel distretto di
Kandhamal, un’area tribale impervia
e ricoperta dalla foresta tropicale: la
stessa dove i due italiani erano stati
sequestrati. L’ambasciatore italiano
in India, Giacomo Sanfelice di
Monteforte, ha dichiarato: «Devo
ringraziare le autorità indiane per la
cooperazione e per la risoluzione di
questo caso non facile». Quindi
l’ambasciatore ha aggiunto: «Abbiamo incontrato Bosusco, sta bene e
vuole tornare in Italia. Vi sono stati
momenti difficili, ma la trattativa è
stata condotta bene e il tutto si è
concluso per il meglio».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
venerdì 13 aprile 2012
Ai Musei Vaticani l’arte dialoga con la «fabbrica dei sogni»
Pierangelo Sequeri e la sfida degli idoli postmoderni
Michelangelo al cinema
Mille occhi
incapaci di vedere
D all’affresco biografico di Reed ai film di Rossellini e Antonioni
Il direttore della rivista «Cabiria. Studi di
cinema» ha anticipato al nostro giornale
una sintesi della conferenza «Arte & cinema.
Michelangelo nella settima arte» che tiene
nel pomeriggio del 12 aprile ai Musei Vaticani. Introduce l’incontro il direttore dei Musei, Antonio Paolucci.
di MARCO TIBALDI
di MARCO VANELLI
l cinema si è occupato a più riprese di Michelangelo Buonarroti:
dell’uomo, dell’artista, del poeta.
Si può dire che lo stesso stile michelangiolesco abbia influenzato i
registi per quel certo modo di guardare
gli esseri umani, i loro corpi, la loro disposizione nello spazio.
Le citazioni michelangiolesche sono
moltissime e disseminate nel cinema alto
e basso. La più evidente e celebre è quella
delle dita ravvicinate di Dio e Adamo
nell’affresco della Creazione: si va dai titoli
di testa di Ben-Hur (1959) di William
Wyler, ai richiami più scanzonati dei poster internazionali di E. T. (1983) di
Steven Spielberg e di Una settimana da
Dio (2003) di Tom Shadyac, senza contare gli immancabili Simpson che spesso offrono delle irriverenti variazioni sul tema.
La vita di Michelangelo è poi stata
portata più volte sul piccolo e grande
schermo: da The Agony and the Ecstasy
(1965) di Carol Reed, con Charlton
Heston, agli sceneggiati televisivi Vita di
Michelangelo (1964) di Silverio Blasi e La
primavera di Michelangelo (1991) di Jerry
I
«Lo sguardo di Michelangelo» di Antonioni (2004)
della Cappella Musicale Pontificia. Pur
con i pochi mezzi a disposizione, Rossellini scruta la volta e le pareti della Sistina
alla ricerca di un senso generale che trascenda l’occasione del momento. La macchina da presa si concentra sul peccato
originale, inteso non solo nel senso teologico, ma anche antropologico, come una
colpa ereditaria cui è succeduta una punizione destinata a essere riscattata dal sacrificio del Salvatore. Ed ecco che prima
di passare a illustrare il Giudizio universale, il regista stacca sulla Pietà, accompagnando le immagini di quell’opera immortale con poche, ma
significative
parole:
«Quella madre, eternamente giovane nella
sua purezza, che stringeva a sé tutti i dolori
del mondo, simboleggiando l’umanità intera, unita nel mistero
della passione redentrice, già piangeva la pena eterna dei dannati».
Non è difficile riconoscere qui il mondo
di Rossellini, quella capacità dimostrata sin
dai capolavori del neorealismo di cogliere
l’universale nel particolare, la dimensione dell’incarnazione nel vissuto quotidiano dei
Charlton Heston in «The Agony and the Ecstasy» (1965)
crocifissi della storia, il
cristianesimo come paLondon e ai documentari (in uno, Upon radigma per leggere la realtà attuale.
This Rock, 1970, di Harry Rasky, è il granE allora non possiamo esimerci dal ride Orson Welles a interpretarlo).
cordare alcune “Pietà” che il regista ha inMa per trattare dell’influenza che Mi- serito fra le pieghe dei suoi film, dall’epichelangelo ha avuto sul cinema d’autore, sodio fiorentino di Paisà (1946) al finale
conviene soffermarsi sulle opere “testa- di Germania anno zero (1948), ma sopratmentarie” di due maestri del cinema ita- tutto in Roma città aperta (1945) quando
liano: Roberto Rossellini e Michelangelo la “sora” Pina, interpretata da Anna MaAntonioni.
gnani, trucidata dai nazisti, viene pietosaEntrambi si sono occupati di Buonarromente composta tra le braccia di don Pieti, rispettivamente con il Concerto per Michelangelo, realizzato da Rossellini per la tro (Aldo Fabrizi). In quell’immagine,
televisione italiana nel 1977, pochi mesi universalmente conosciuta e ammirata,
prima della sua morte, e con Lo sguardo Rossellini non solo denuncia le atrocità
di Michelangelo (2004) dove Antonioni, della guerra appena terminata, ma estengià malato e incapace di parlare, si pone de uno sguardo pietoso all’umanità intea tu per tu con il Mosè della tomba di ra, a «tutti i dolori del mondo», riassunti
Giulio II. Il documentario rosselliniano nell’iconografia che rimanda inequivocaprende l’avvio da un concerto del coro bilmente a Michelangelo.
Presentata la sessantanovesima Settimana musicale senese
Una fiaba in prima assoluta
Dopo il Faust di Silvia Colasanti del
2011, anche per questa edizione la
Settimana musicale senese punta sulle
nuove produzioni e sul teatro musicale contemporaneo, affidandosi per il
secondo anno consecutivo a una
compositrice. Mercoledì 11 aprile è
stato presentato a Roma il programma dell festival, organizzato dall’Accademia Chigiana, che per il 2012
propone la prima esecuzione assoluta
di Due teste e una ragazza, opera-fiaba
comica in un atto su libretto di
Borislav Čičovački e musica della serba Isidora Žebeljan. Capace di fondere elementi della musica colta con
le suggestioni balcaniche, la musicista
di Belgrado, vanta collaborazioni anche per il teatro e il cinema. Due teste
e una ragazza (giovedì 12 luglio al
Teatro dei Rozzi), è una fiaba musicale ispirata a un’antica leggenda indiana rivisitata in chiave slava. Sul
palco due soprani (Aneta Ilic’e Aile
Asszonyi), due baritoni (Ivan Ludlow
e Piotr Prochera), un attore (Nikola
Đuričko), il clarinettista Alessandro
Carbonare. L’Orchestra Žebeljan sarà
diretta da Premil Petrovič. La regia
sarà di Ran Arthur Braun.
Il festival sarà inaugurato il 10 luglio da Jurij Temirkanov e dall’O rchestra Filarmonica di San Pietroburgo. Il concerto presenta un programma prevalentemente di autori russi, ai
quali si aggiunge uno dei concerti
per violino e orchestra più conosciuti,
quello di Mendelssohn, affidato alla
giapponese Sayaka Shoji e al suo
Stradivari “Elman” del 1729. Da segnalare, venerdì 13 al Teatro dei Rozzi, il concerto del celebre violista Jurij
Bashmet che, con la collaborazione al
pianoforte di Mikhail Muntjan, proporrà brani di Glinka, Prokof’ev e
Šostakovič.
Al via la rassegna
«Virgo Lauretana»
Giunge quest’anno alla
cinquantaduesima edizione la
rassegna internazionale di
musica sacra «Virgo Lauretana»
che si svolgerà a Loreto dall’11
al 15 aprile. Con la direzione
artistica affidata al rettore della
basilica della Santa Casa, padre
Giuliano Viabile, saranno
undici le cappelle musicali
partecipanti in rappresentanza
di altrettanti Paesi (Bielorussia,
Bulgaria, Repubblica Ceca,
Germania, Italia, Lituania,
Polonia, Russia, Slovacchia,
Ucraina). A esse si aggiunge la
cappella musicale della Santa
Casa di Loreto, per un totale di
circa 500 cantori.
Un altro dettaglio ci aiuta a comprendere il legame forte del regista con l’arte
michelangiolesca: il volto di Maria nella
Pietà è giovane, «eternamente giovane
nella sua purezza» — potremmo anche dire: “in virtù” della sua purezza. È la stessa scelta simbolica che troviamo nell’ultimo film per il cinema che Rossellini gira
nel 1975: Il Messia. Mita Ungaro, colei
che interpreta la Madonna, è addirittura
più giovane di Pier Maria Rossi, l’attore
che fa Gesù: ecco che allora la composizione plastica della Pietà che vediamo al
termine del film risulta così insistita proprio a voler richiamare quella di Michelangelo, in una sospensione drammatica
che chiude il cerchio sulle tante variazioni
operate dal regista intorno a questo tema
sublime.
Lo sguardo di Michelangelo è invece un
breve film che gioca sull’omonimia tra i
due artisti, ognuno nel suo campo maestro dello sguardo, come pure sulla condizione di mutismo che attanaglia tanto il
vecchio regista malato, quanto la statua
del Mosè, secondo la vulgata invitata a
parlare dallo stesso artefice con una martellata. Non si tratta di un documentario,
ma di un’opera di contemplazione, di riflessione silenziosa sulla morte, di introspezione.
Vediamo lo stesso Antonioni entrare
nella chiesa deserta di San Pietro in Vincoli, da solo, e avvicinarsi lentamente alla
tomba di Giulio II. Comincia un alternarsi di sguardi, di campi e controcampi: il
regista guarda in alto e la cinepresa
inquadra la parte superiore del monumento: gli occhi chiusi del Pontefice, il
suo corpo disteso, le mani composte. Il
regista dell’incomunicabilità, dell’alienazione contemporanea, della perdita di
senso del mondo sembra qui cercare una
risposta a una domanda inespressa, un bisogno di penetrare il mistero della morte
che inevitabilmente per lui si avvicina.
Ma ecco che la prospettiva si ribalta,
ed è Mosè, più in basso, a guardare: a
stento Antonioni sembra rientrare nel suo
campo visivo. Sono un volto e uno sguardo pieni di ira, dolore e disprezzo nei
confronti del popolo di Israele che ha abbandonato la via della salvezza per votarsi al vitello d’oro. Antonioni cerca di intercettare quello sguardo e intanto scruta
tutti gli interstizi della statua, le volute
delle vesti, le linee possenti della muscolatura, i rivoli della barba. Torna alla
mente l’analisi fatta nel 1914 da Sigmund
Freud sul capolavoro di Michelangelo:
«Quante volte ho cercato di sostenere
l’irato sprezzo dello sguardo dell’eroe! A
volte sono uscito furtivamente dalla semi
oscurità dell’interno come se io stesso appartenessi alla folla verso la quale è rivolto il suo sguardo — la folla che rifiuta
ogni convinzione, che non ha fede né pazienza, e che si rallegra quando recupera i
propri idoli illusori».
Freud, indagatore dell’animo umano, si
sente assimilato alla folla di peccatori e
cerca di leggere nella postura delle mani
di Mosè il mistero del fascino terribile
che la statua esercita in lui. Antonioni, altro indagatore dell’aridità dei sentimenti e
dell’illusorietà delle relazioni umane, si
mette a nudo di fronte allo stesso mistero:
allarga lo sguardo e vede alla sua destra
la statua di Lia, simbolo della vita attiva,
poi si rivolge alle mani giunte di Rachele,
dall’altro lato, che è la vita contemplativa.
La prima gli è preclusa, la seconda no.
Partono le note del Magnificat di Palestrina: Antonioni raccoglie le forze ed esce
dalla chiesa andando incontro alla luce.
L’agile e pensoso libro di Pierangelo Sequeri, Contro gli idoli postmoderni, (Lindau, Torino, 2011, pagine 98) è prima di tutto un appassionato grido al mondo ecclesiale e non
solo affinché raccolga con «lieta ironia» e
con un «soprassalto di competenza» la sfida
imposta dal proliferare degli idoli postmoderni. Non è una questione di accademia,
ma di vita. Si tratta di «incalzare senza tregua gli intellettuali, cantori della Bestia»
perché le vittime designate «come tutti sanno, sono ragazzi e ragazze» mai consegnati
all’apocalittico drago in numero così grande
come oggi.
Per questo, occorre, in primo luogo, puntare il dito e il cervello contro il «degrado
antropologico indotto dai modelli culturali
della società dei consumi», nella consapevolezza, mai ancora veramente assunta, che
«mentre la città brucia noi impieghiamo la
maggior parte del tempo a spiegarci tra
noi».
L’idolo è sempre «una faccenda di testa»
e quindi è sul terreno culturale, che può essere smascherato e debellato. Quattro sono,
a giudizio di Sequeri, le emergenze critiche
da affrontare: la fissazione della giovinezza,
l’ossessione della crescita, il totalitarismo
della comunicazione e l’irreligione della secolarizzazione.
Il primo idolo è l’adolescenza interminabile. Invenzione postbellica di natura prevalentemente mercantile «ha generato per con-
Non è questione di accademia ma di vita
perché le vittime designate
sono ragazzi e ragazze consegnati
al “drago” di un’illusione ingannevole
lusso un diritto (per chi ce l’ha). E insiste
sull’idea che il vero benessere è la sensazione di potenza che scaturisce dal possesso,
più che dall’utilità. È il trionfo di una sorta
di narcisismo commerciale che indotto
dall’utilitarismo «va ora sciogliendosi
nell’ecitazione libidica della loro pura disponibilità, esasperata, per pochi, illusoria, per
i molti».
A fronte di questo idolo, occorre opporre
il «canone inverso della pòlis»: la capacità
della politica di riappropriarsi del suo costitutivo legame, umanistico e non utilitario,
con la giustizia e la libertà, nella consapevolezza che «non è la governance del patrimonio umanistico della pòlis che deve dimostrare di essere compatibile con la potenza
dell’accumulo e con l’arbitrio del godimento», ma l’esatto contrario. Occorre rompere
l’autismo della libertà individuale, che tende
a ricavarsi degli spazi di assolutezza semplicemente ponendosi un limite, sempre più
lontano, nella libertà dell’altro. Per tutto
questo, la Chiesa cattolica offre un esempio
mirabile, «unica istituzione globale in controtendenza: essa indica l’attitudine etica alla proaffezione come fondamento civile
dell’umanesimo della persona; e l’incremento condiviso dei beni umanistici come principio politico di prosperità della cittadinanza».
Un altro idolo pervasivo quanto menzognero della postmodernità è la comunicazione. «Hanno occhi ma non vedono» si diceva dell’idolo antico, «l’idolo postmoderno
ha occhi dappertutto e vede tutto. È il
panoptikon di un universo concentrazionario,
di cui gestisce l’archivio, ma anche l’agenda
programmatica; la memoria, ma anche gli
eventi da creare». C’è nella moderna diffusione dei media e nell’esaltazione della comunicazione una perdita di pensiero e di
contatto con la realtà. Nell’illusione di metterla a nudo, con un contatto esasperato con
essa, ciò che emerge è proprio solo la nudità.
Il detto di Nietzsche «non esistono fatti,
esistono solo interpretazioni» viene declinato trattando le opinioni come informazioni,
e le informazioni come fatti. Si tratta in definitiva dell’idolatria di una cattiva infinità
dell’informazione che dà l’illusione di «essere come il “dio” nel quale si vedono tutte le
cose, con la facoltà di dominare su di esse
senza essere visto. Delirio della comunicazione totale, che la annulla totalmente».
traccolpo, l’universo tignoso della competizione senile». L’anziano non vuole più invecchiare: la giovinezza da anagrafica è diventata una condizione dello spirito, intesa
soprattutto come poter godere sessualmente
in qualsiasi forma «senza cura per la generazione e senza fatica dell’uso di parole. Essere se stessi, come si dice, senza orpelli
ideologici».
La cultura dell’apparire sfuoca e diluisce
la responsabilità verso l’altro, che impedisce
la cura di noi stessi, unica vera pratica
religiosa
della
postmodernità. Da qui il
depotenziamento
della
genitorialità: «Essere padre, una funzione surrogabile? Essere madre,
una prestazione occasionale?». L’antidoto è rimettere un limite all’iniziazione infinita dell’adolescenza perenne, «restituendo attrattiva spe
cifica e dignità morale all’ambizione di essere
adulti», intesa soprattutto come la «facoltà di tenere al prossimo come a
se stessi».
Il secondo idolo postmoderno è il mito della
crescita. Tutto il Novecento è stato pervaso da
questa ansia filosofica ed
economica al punto che
«la metafora della crescita, in cui soltanto c’è salvezza, è l’idolo in cui
René Magritte, «Golconda» (1953)
credere e sperare, al quale essere devoti». A essa
La medicina è recuperare il pudore che
si è asservita la politica sempre più ridotta a
mera politica economica, fino a ridurre «sot- non copre solo il corpo ma anche l’anima,
to forma di spesa (sociale) e debito (pubbli- per cui non tutto va mostrato: «Ci sono coco) tutte le cose migliori della nostra vita se che “devono essere gridate sui tetti” e minon economica». Anche l’umanesimo è stato racoli dei quali non si deve “dire a nessusoffocato dall’economia, per cui gli elaborati no”».
L’ultimo idolo è ritenere che l’esito scondelle arti liberali sono oggi presentati come
beni culturali e offerta formativa. Con in tato della secolarizzazione sia l’irreligione. Il
più il tragico paradosso che di essi si potrà mondo senza Dio ha conosciuto la sua
disporre come collettività solo e se crescerà Shoah che, però, è stata letta ancora come
il profitto derivante dai beni di consumo: «traslazione sotterranea degli assoluti reli«La quadratura dei conti ha componenti ri- giosi negli assoluti della ragione (metafisici,
gide e vincolanti. Se non cresce il mercato politici, scientifici)» per cui la modernità è
utilitaristico (che comprende quello volut- ancora «irreligiosità apparente e secolarizzatuario), il pensiero va considerato un bene zione incompiuta». Per molti occorre allora
superfluo (e persino un lusso elitario, poco spingere al massimo l’acceleratore, nel segno
del mito di Narciso, l’eterno adolescente:
democratico)».
Come premio finale, il parossismo della «Il vitello d’oro oggi si forma qui. Ha la
crescita porta, come dice un’ammiccante forma di un’ottusa alleanza fra libertà di arpubblicità dei nostri tempi, a considerare il bitrio e volontà di potenza che mira alla
perfetta passività di entrambe: godimento
virtuale, anoressia totale».
Come Mosè in dialogo con Dio, che vuole abbandonare il popolo vista la sua idolaPresentazione a Milano del libro «Uno sguardo cattolico»
tria, dobbiamo, conclude Sequeri, fare nostra la preghiera del grande legislatore: «Se
non li perdoni, cancellami dal tuo libro che
hai scritto!».
È il momento dei Mosè e non degli
«Presentare “L’Osservatore Romano” e il suo sguardo cattolico»: con queste parole scritte
Aronne, accondiscendenti verso il popolo
nell’introduzione al volume il nostro direttore spiega il senso del libro Uno sguardo cattoliidolatra. È il momento di disincagliare i gioco. Cento editoriali dell’Osservatore Romano (Milano, Vita e Pensiero, 2011, pagine XVI +
vani, anche «i cuccioli con l’anello al naso e
270, euro 16), pubblicato in occasione del centocinquantesimo anniversario del quotidiano
i capelli verdi», dall’ingenuo narcisimo della
e che il 13 aprile sarà presentato a Milano, nella Sala Buzzati, in un incontro organizzato
ricerca di sé, coinvolgendoli in prima persodalla Fondazione Corriere della Sera. Alla presentazione, introdotta dal presidente della
na in questa «imponente alleanza contro
Fondazione, Piergaetano Marchetti, interverranno l’arcivescovo di Milano, cardinale Anl’eresia postmoderna dell’autoaffezione» in
gelo Scola, il ministro per i Beni e le attività culturali del Governo Italiano, Lorenzo Ornome dell’affetto per l’umano che muove la
naghi, il direttore del «Corriere della Sera», Ferruccio de Bortoli, e il direttore del nostro
storia: generatività, lavoro, pensiero.
giornale.
Cento editoriali per capire l’«Osservatore»
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 13 aprile 2012
pagina 5
Come mantenere in vita una memoria che sia costruttiva
Cosa custodisce la ritualizzazione
Pubblichiamo le sintesi di due relazioni tenute a Forlì nel corso del seminario di
studi «La ritualizzazione della memoria e la rappresentazione del diniego» organizzato dall’università di Bologna.
Quali sono le opzioni? Una maggiore ricerca storica e nuovi metodi
d’istruzione sono il rimedio contro
l’oblio? Che cosa comporta la ritualizzazione della memoria in ambito
religioso o secolare? Sono contraddittori? E come possono essere conciliati?
Con memoria religiosa intendiamo
il ricordo di un evento storico rilevante per la fede in Dio. Questa memoria è stata canonizzata o congelata in un testo che viene ripetuto secondo un calendario fisso e immutabile. Questo testo noi lo chiamiamo
preghiera. La sua ripetizione la chiamiamo liturgia. Qualsiasi cambiamento nel suo calendario ne trasforma l’identità e può causare, come dimostra la storia della Chiesa, conflitti, divisioni e scismi. Questo processo di trasformazione della memoria
storica in memoria religiosa lo definirei ritualizzazione della memoria.
Propongo di applicare lo schema
comportamentale sociologico noto
come «routinizzazione» a un contesto diverso, quello del comportamento religioso, utilizzando il termine «ritualizzazione». Non ho intenzione di entrare nel dibattito classico
riguardo la relazione tra rito (Frazer)
e mito (Eliade) e il loro impatto funzionale sul comportamento religioso
(Durkheim). La routinizzazione si riferisce all’automaApprendere dall’esperienza storica
ticità del comportamento.
Le caratteristiche della aucome il processo di ritualizzazione
tomaticità comprendono tra
si è svolto in passato
l’altro la mancanza d’intenzionalità e di consapevolezpotrebbe darci un’indicazione su ciò
za, ma sono anche sinoniche possiamo aspettarci in futuro
mo di efficienza. La ritualizzazione si sviluppa attratato un lusso, se non una missione verso la ripetuta esecuzione di un
impossibile. Ma anche in un clima comportamento, nella fattispecie delpiù favorevole, l’impatto del tempo la pratica religioso-liturgica. Inoltre i
che scorre sulle memorie sbiadite è singoli passi comportamentali non
fondamentale. Il tempo è stato, e sono scelti consapevolmente, ma coancora è, il principale nemico della stituiscono uno schema custodito
nella memoria. Tale passività, previmemoria.
Prima di soffermarmi sulla ritua- sta dall’approccio comportamentale,
lizzazione della memoria, vorrei defi- contrasta con la fede religiosa proatnire il rapporto tra storia e memoria tiva che alcuni di noi possono cone il loro rispettivo riferimento alla dividere. Potrebbe però essere un
secolarizzazione. La storia, nel suo modo per ricordare gli eventi storici
significato più stretto, è ciò che le nel futuro immediato attraverso il rifonti contemporanee possono dire, to religioso fintanto che questo viene
eseguito.
scrivere o creare riguardo a un evenAl fine di illustrare questa opzioto di cui esse stesse sono state testine, si può fare riferimento all’espemoni. Il compito dello storico è
rienza delle religioni monoteiste, che
quello di ricostruire come ciò verosi- sono tutte religioni storicizzanti.
milmente è accaduto, soppesando le L’aspetto interessante, qui, non è la
diverse fonti che raramente sono veracità della loro storia, bensì il
concordi (effetto Rashomon). Tutto modo in cui strutturano gli eventi
quello che viene raccontato dalle ge- storici per formare la loro memoria
nerazioni successive fino alla terza storica. Nel cristianesimo e nelgenerazione appartiene al regno del- l’islam, gli eventi biografici dei padri
la memoria.
fondatori Gesù e Maometto sono
La dimostrazione generale che la stati considerati talmente importanti
memoria degli eventi può svanire da dare inizio a una nuova era del
completamente è costituita dal sem- calendario, dividendo il tempo tra
plice fatto che nessun discendente un prima e un dopo. Nell’ebraismo
può ricordare i propri avi oltre la l’inizio del calendario è in qualche
quarta generazione. Considerando misura mitico, poiché attualmente
trent’anni per ogni generazione, pos- indica 5772 anni dalla creazione del
siamo costruire una sequenza di cen- mondo. Prima della creazione non
toventi anni di memoria. Buona par- c’era nulla tranne il caos, nemmeno
te di essa è già mito o leggenda. il tempo. Gli ebrei, come alPertanto, la memoria di un evento tri popoli, sono piuttosto
non equivale alla storia dell’evento sensibili quando si tratta di
stesso. Più passa il tempo, più è dif- custodire la memoria di
ficile ricostruire gli eventi dal mo- eventi fondamentali che rimento che i testimoni scompaiono. tengono essenziali per la
Tuttavia, la memoria svanisce nel propria identità religiosa percorso delle generazioni e può tra- sonale e nazionale. L’esodo
popolo
d’Israele
sformarsi in un rito di memorie a del
causa della distanza cronologica da- dall’Egitto è la base storica
gli eventi. Una meticolosa ricerca della Pasqua ebraica. Di fatstorica può talvolta superare tale di- to, si tratta di una festa famistanza, ma vista la crescente indiffe- liare didattica, i cui riti e i
renza del pubblico rispetto agli cui gesti sono volti a perpeeventi del passato i risultati non sa- tuare la memoria della beneranno altro che conoscenze per i di- volenza divina in un particolare periodo storico. Il poporetti interessati.
lo ebraico fu liberato dalla
Mentre il tempo scorre, dobbiamo
schiavitù dei faraoni e convalutare l’importanza delle generadotto alla Terra Promessa. È
zioni come veicolo per trasportare la
un dovere religioso ripetere
memoria. I dolorosi ricordi della questa narrazione o storia
Shoah sono caratterizzati da reazioni (per usare la parola di Erodiverse nelle generazioni seguenti. doto) di generazione in geLa prima generazione dei sopravvis- nerazione. Vale la pena ricorsuti è stata caratterizzata da un si- dare che anche la Pasqua crilenzio traumatico. La seconda gene- stiana, avendo come retroscerazione si è attivata, preoccupata na la celebrazione della Padella scomparsa biologica della ge- squa ebraica, è volta a comnerazione dei suoi genitori, che non memorare eventi storici. I cattolici
ne avevano ancora raccontato la sto- ripercorrono la passione di Gesù e
ria. È stata questa seconda genera- addirittura ritualizzano quotidianazione a istituire la cultura della memente l’ultima cena attraverso il rito
moria che conosciamo oggi. È una
dell’Eucaristia. Compiendo l’imitatio
cultura in larga parte secolare, che
Christi, il credente castiga se stesso
da qualche decennio rispecchia
l’umore areligioso dello spazio pub- in un atto d’identificazione fisica e
blico. La terza generazione, che oggi di liberazione spirituale con Cristo
sta raccogliendo il testimone, è ca- crocifisso. Cito questo esempio per
ratterizzata da una certa polarizza- dimostrare non solo che il cristianezione tra iperattività e crescente in- simo era radicato nell’ebraismo, ma
differenza. Questa polarizzazione sta anche che i riti cristiani hanno eredifacendo sorgere la domanda su come tato alcuni tratti dello schema ebraiconservare la memoria per le genera- co di conservare la memoria degli
zioni future.
eventi storici fondamentali.
di MORDECHAY LEWY*
on l’avvento dell’era digitale, in cui la conoscenza viene immagazzinata in modo casuale,
memorizzare sta passando di moda. Le cose fondamentali
da ricordare vengono conservate nel
telefono cellulare o sul desktop. Una
batteria scarica o un guasto elettrico
possono cancellare memorie che sarebbe fondamentale conservare. Viviamo sotto la minaccia costante di
andare soggetti all’amnesia elettromagnetica. Viviamo nel caos della
post-modernità, in cui un fatto non
è più considerato un fatto. Nella
mancanza di rispetto per qualsiasi
approccio positivistico all’accumulo
di fatti, veniamo incoraggiati a decostruire tutto fino alla frammentazione totale e ad astenerci da qualsiasi
impegno verso l’essenzialismo o il
determinismo. In un mondo dominato dalla dittatura di un politicamente corretto mal definito non solo
i fatti vengono sovrastati dalle opinioni, ma anche tutte le opinioni diventano uguali.
Un tale clima intellettuale può
portare a sviluppare una cultura della memoria? Mantenere una cultura
della memoria sembra essere diven-
C
La memoria ritualizzata dalla religione, però, non sempre risulta una
scommessa sicura per commemorare
gli eventi in eterno. I massacri locali,
le accuse del sangue e i pogrom che
hanno investito le comunità ebraiche
spesso venivano commemorati solo a
livello locale. I pogrom iniziati da
Bogdan Chlemnitzky nel 1648-1649,
che decimarono gli ebrei nella Grande Polonia (in gran parte l’attuale
Ucraina), venivano ricordati dagli
ebrei in Polonia il 20 di Sivan con
un digiuno e con preghiere particolari. Questo giorno di memoria è ormai quasi dimenticato, poiché nel
ventesimo secolo quelle comunità furono annientate dai nazisti. Altri
eventi traumatici come la Shoah riuscirono a mettere in ombra questo
ricordo lontano.
Se guardiamo alle feste ebraiche,
queste possono essere suddivise in
due categorie di motivazioni, una è
quella della commemorazione di
eventi storici, l’altra della celebrazione del ciclo agricolo dell’anno (semina, raccolto, e così via). Il ciclo originale delle celebrazioni agricole solitamente è alla base della commemorazione di un evento storico. Il
migliore esempio di ciò è la Shavuot, che in origine era la festa del
raccolto, ma che allo stesso tempo è
stata dedicata alla ricezione dei Die-
Celebrazione della Shavuot in un kibbutz durante gli anni Cinquanta
ci Comandamenti sul Monte Sinai.
La festa fu adottata dai pionieri zionisti che, a partire dagli anni Venti
dello scorso secolo, si dedicarono a
lavorare la terra e a fondare kibbutz,
secondo il parametro di una festa
agricola per celebrare il raccolto. È
questo un esempio moderno di come la commemorazione religiosa sia
ritornata al suo significato rurale originale con i suoi riti. Questa tradizione molto probabilmente svanirà
con il declino della dimensione agricola dei kibbutz, visto che i riti non
Ma il lavoro degli storici
offre più garanzie
di ANNA FOA
possibile intrecciare
storia e ritualizzazione?
Qui non si tratta di
conciliare storia e memoria, ma di conciliare
la storia con la forma estrema della
memoria, cioè con il suo irrigidimento ritualistico. Devo dire che,
come Yerushalmi nel suo Zakhor,
tendo a vedere le funzioni del rituale, in tutte le sue modalità, come diametralmente opposte a
quelle della storia.
Introducendo nella continuità
del passato le rotture temporali, o
forse è meglio dire il tempo tout
court, la storia compie una rivoluzione, assume insomma una funzione eversiva. Essa estrae dal contesto un evento, un fatto, lo analizza, lo mette in rapporto con altri fatti ed eventi, lo interpreta, lo
ricontestualizza. La storia ha quindi una funzione individualizzante,
illumina di un faro di luce un momento, un particolare, lo colloca
nel tempo, lo sottrae a un continuum in cui le sue specificità non
emergevano, lo chiama insomma.
Il rituale rifiuta la dimensione
temporale: il fatto o l’evento funzionano solo in quanto ricalcano
la tradizione di altri fatti ed eventi
precedenti, vi si rimodellano sopra. Il nome non conta, conta solo
l’esempio, il senso simbolico che il
fatto assume.
È
La «Hall of Names» a Yad Vashem
Il rituale generalizza, appiattisce, soffonde una luce diffusa sul
passato. La storia tende ad attribuire responsabilità ben distinte e
basate su fatti accertati e provati.
Il rituale deresponsabilizza l’individuo e lo accomuna sotto delle
etichette morali: il giusto, il malvagio. Per lo storico (o almeno per il
buono storico), il criterio dell’antisemitismo non spiega nulla, è una
tautologia, a meno di non specificarlo nei suoi componenti, nella
sua diffusione, nella sua provenienza, nella sua funzione. Altrimenti, si finisce per dire, come
nelle analisi di alcuni cattivi stori- gennaio, o il rituale della Shoah si
ci, che gli antisemiti odiano gli ricollegherà a quello delle feste già
ebrei perché sono antisemiti, cioè stabilite, Hannuka se si vuole sotodiano gli ebrei perché odiano gli tolineare la resistenza, Pesah la liebrei.
berazione? E si tratterà di un riSi può, potremmo chiederci, tuale solo ebraico, o si dovranno
svolgere contemporaneamente que- inventare forme ritualistiche anche
ste due diverse azioni, studiare la per il cattolicesimo e il protestanShoah e al tempo stesso ritualiztesimo (per l’islam, la vedo più
zarla? Credo che ogni processo di
difficile, anche se non impossibiritualizzazione vada nella direzione
opposta della crescita degli studi e le), visto che c’è una consapevolezdelle conoscenze. Un processo di za diffusa che la Shoah riguarda
ritualizzazione, tanto più se reli- tutti, non solo gli ebrei? E se degiosa e non civile, non può essere moliamo questa consapevolezza,
posto sotto l’ombrello protettivo non rischiamo, ghettizzando la
Shoah, di diminuirla, di cancellardella storia.
La domanda diventa allora ne la memoria tranne che per gli
un’altra: se, in questo momento di ebrei?
confusione, di svolta generazionale, di possibile
Il rituale appiattisce e soffonde
futura caduta delle sue
priorità, la Shoah debba
una luce diffusa sul passato
fare ancora parte della riLa storia tende invece ad attribuire
cerca e della costruzione
storiografica, o se tutto sia
responsabilità ben distinte
stato detto, tutto sia stato
basate su fatti accertati e provati
scoperto, tutto sia stato
interpretato e si possa orE se è vero che, come dice
mai, rinunciando alla memoria deliberata e consapevole, irrigidire Lewy, la ritualizzazione religiosa
queste conoscenze, pur facendo at- resiste molto più di quella civile
tenzione a non deformarle e a non agli assalti del tempo, di che tipo
falsificarle, in una struttura rituale di rituali avremmo bisogno, civili o
e pietrificarle per preservarle nel religiosi?
Un altro problema ancora è
futuro, se preferiamo renderle eterne. La storia avrebbe quindi qui quello della riconciliazione, cioè
una funzione non di crescita delle della ricomposizione del trauma,
conoscenze o di loro più della definizione del lutto, del perapprofondita interpreta- dono potremmo dire, usando un
zione, ma di mero guar- termine che non appartiene troppo
alla tradizione ebraica. Come ben
diano dei fatti.
Ma il rituale preserva sappiamo, questo della riconciliadavvero la memoria? È zione è un problema che negli ulvero, nella ritualizzazione timi decenni ha assunto molta imreligiosa la memoria di al- portanza nell’Europa post-coloniacuni fatti o eventi partico- le e post-dittatoriale.
Ma siamo sicuri che la ritualità
larmente significativi si
preserva a lungo, anche potrebbe essere una strada che
per millenni, ma a patto porta alla riconciliazione? Essa gedi cancellare quella di neralizza, non rende individuali le
molti altri fatti e di molti responsabilità, proprio il cammino
altri eventi, tutti quelli opposto a quello della verità come
della
riconciliazione.
che non hanno trovato garanzia
spazio nel rituale o che Inoltre, finisce necessariamente per
non è sembrato importan- rinchiudere la memoria in un rito
te ricordare nel rituale interno, dal momento che non veperché offuscati da altri do proprio come si potrebbe infatti considerati più signi- ventare dal nulla una ritualità inficativi o a più alto valore terreligiosa: la ritualità è ancorata
a una tradizione, parla il linguagsimbolico.
Certo, anche nella sto- gio della tradizione, ha tempi anria non tutto è ricono- corati alla tradizione. Ogni tentatisciuto, preservato, ricor- vo in questo senso finirebbe inevidato. Qualunque narra- tabilmente per chiuderla dentro la
zione storica è sempre il ritualità ebraica, e questo proprio
frutto di una selezione, di nel momento in cui si è finalmente
una interpretazione. Ma nel rito, raggiunta la percezione che la
la selezione è fondamentale, la me- Shoah riguarda tutti, e non solo
moria di una piccola parte dei fatti gli ebrei.
Solo analizzando con gli strudiventa eterna solo a patto di comprendere tutto il resto senza men- menti della storia i genocidi, gli
zionarlo, di schiacciarlo sul fatto eccidi, le violazioni dei diritti umaritualizzato. Ricorderemo così Au- ni possiamo metterli a confronto
schwitz e non Treblinka, i deporta- in maniera utile, sottraendo questa
ti ungheresi e non quelli italiani, riflessione a un uso politico inadeTerezin e non Dachau? Chi sce- guato e sospetto. Il rituale mi semglierà i fatti, gli eventi più ritualiz- bra, su questo terreno, assolutamente deficitario, finendo o per
zabili, più simbolici?
E la simbolizzazione, come è so- rinchiudere la memoria della
litamente in questi casi, non rende- Shoah in un ghetto, o per aprirla
banalizzanrà ancora più distante e irreale la indiscriminatamente
realtà? Ci sarà un seder del 27 dola.
sono mai stati canonizzati
ma sono rimasti aperti alla creatività degli organizzatori, degli artisti o dei
coreografi. Quali sono
dunque gli ingredienti
delle commemorazioni secolarizzate che le rendono
meno sostenibili rispetto
a quelle religiose?
Con memoria secolare
intendiamo che qualche
traccia di un evento storico è considerata rilevante
per l’identità collettiva di
un dato gruppo, come
per esempio una nazione.
Questa traccia merita di
essere ricordata. Sta diventando mitica, modellando uno spazio significativo in una struttura
monumentale, stabilendo
un calendario e un rituale
ricorrente, che in termini
laici viene definito cerimonia di stato. La veracità storica è meno necessaria per
mantenerne il carattere mitico.
La ritualizzazione della memoria
religiosa è facilmente riconoscibile
dalla liturgia e dal culto che si ripetono ogni anno. Ha un proprio linguaggio del corpo attraverso gesti fisici, stare in piedi, sedersi, prostrarsi,
vesti specifiche, copricapi particolari
e ripetizioni verbali di testi di preghiera canonizzati. In questo modo
l’osservanza della memoria diventa
molto formale e impersonale, ma
può non svanire.
Che aspetto potrebbe avere una
ritualizzazione secolare della memoria? Al fine di non sbiadire, cerca di
adottare il linguaggio del corpo religioso. Dovremmo guardare alle
commemorazioni secolari nei diversi
Paesi, poiché sono ingredienti essenziali per formare una nazione. Negli
Stati Uniti la festa del Thanksgiving
è sempre stata interpretata come una
commemorazione nazionale e non
religiosa. Resta da vedere se la commemorazione traumatica degli eventi
a Ground Zero assumerà un’espressione religiosa o se verrà volutamente mantenuta come luogo di commemorazione secolare. Le due versioni
possono convivere tra loro se non
pretendono di essere esclusive.
In Francia la ritualizzazione secolare della festa nazionale del 14 luglio, con una parata militare lungo
gli Champs Elisées, o la venerazione
degli eroi nazionali francesi nel Pantheon di Parigi sono prettamente secolari. Ciò corrisponde all’ideologia
di Stato francese post-rivoluzionaria
della laicità. Serve da modello alle
cerimonie nazionali di molti Paesi
nel mondo, specialmente quelli che
sono stati sotto il governo coloniale
francese. Il culto degli eroi caduti
per la nazione è considerato un’espressione importante della ritualizzazione secolare. La glorificazione di
una persona che ha perso la vita da
martire viene fatta dallo Stato e non
dalla Chiesa. Molti gesti delle cerimonie secolari sono stati comunque
presi dall’arsenale del linguaggio del
corpo religioso. Talvolta sono apparsi banali, se ricordiamo il pianto ritualizzato nel lutto di massa nordcoreano.
Ma i riti secolari sono soggetti al
mutevole destino delle nazioni. Molti dei luoghi commemorativi nazionali tedeschi, per ovvie ragioni, dopo la seconda guerra mondiale sono
stati messi da parte. I siti monumentali come il memoriale della battaglia delle nazioni durante le guerre
napoleoniche nel 1813 nei pressi di
Lipsia, che nell’anno del suo completamento, il 1913 era il sito più
grande d’Europa, non viene quasi
più visitato.
Sembra che il processo di ritualizzazione nella sua versione secolare
sia stato identificato con un’ideologia che ha perso fama e sostegno
popolare. Sembra che la memoria
religiosa resista ai limiti del tempo
per periodi più lunghi. Se non fosse
una questione di credenza o d’ideologia, che si può condividere o no, il
veicolo della ritualizzazione religiosa
potrebbe essere uno strumento valido per mantenere viva più a lungo
una cultura della memoria.
Queste diventano questioni aperte
quando si tratta di prendere in considerazione la cultura della memoria
della Shoah. Apprendere dall’esperienza storica come il processo di ritualizzazione si è svolto in passato
potrebbe darci un’indicazione su ciò
che possiamo aspettarci in futuro riguardo alla cultura della memoria
della Shoah. Ciò che appare evidente è che temiamo che senza una ritualizzazione in qualunque forma la
memoria alla fine possa sbiadire.
*Ambasciatore d’Israele
presso la Santa Sede
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
venerdì 13 aprile 2012
Nuovo appello del World Council of Churches
Cerimonia di benvenuto nella parrocchia di St Anne a Darlington
Minacce a pace e sviluppo
dal commercio delle armi
Altri ex anglicani
nell’Ordinariato di Walsingham
GINEVRA, 12. «Una legislazione vincolante sul commercio delle armi»:
a chiederla sono le comunità religiose aderenti al World Council of
Churches (Wcc-Consiglio ecumenico delle Chiese) in un appello per
la pace e la tutela dei diritti umani
pubblicato a cura dell’ufficio del
Programme Executive for Peace
Buiding and Disarmament. L’intervento accompagna una campagna di
sensibilizzazione ecumenica avviata
da tempo in vista della Conferenza
delle Nazioni Unite del prossimo
luglio, in occasione della quale rappresentanti diplomatici di circa 200
Paesi cercheranno di negoziare un
trattato in materia di commercio
delle armi convenzionali. Il Wcc, si
ribadisce, «è impegnato affinché sia
assicurato che il trattato protegga le
popolazioni messe a rischio dalle
correnti pratiche del commercio delle armi». Comunità religiose di oltre
trenta Paesi sono coinvolte.
I partecipanti alla campagna provengono sia da Paesi che traggono
profitto da questo commercio che
da quelli che ne soffrono le conseguenze. Milioni di vite umane, si ricorda, vengono ogni anno spezzate
dalle violenze e «la mal regolamentazione dell’esportazione, dell’importazione e del trasferimento delle
armi reca con sé parte della responsabilità». Un utilizzo delle armi, è
aggiunto, «illegale e illegittimo favorisce molte forme di violenza e
alimenta i conflitti, ponendo sotto
minaccia lo sviluppo sociale ed economico».
Già nel 2006, il Wcc aveva accolto favorevolmente il progetto di risoluzione delle Nazioni Unite relativo al controllo delle armi. L’allora
segretario generale, Samuel Kobia,
aveva sottolineato la necessità di
creare un controllo giuridicamente
stringente, a livello internazionale,
perché «ogni settimana, in ogni luogo, la proliferazione delle armi porta con sé morti violente, sofferenze
profonde e il distoglimento inaccettabile di quelle risorse, che invece
potrebbero dare slancio per incoraggiare la pace». Nel 2006, alle Nazioni Unite era stato deciso di cosponsorizzare una risoluzione per
avviare i lavori per un Trattato internazionale sul commercio di armi,
che, stabilendo standard globali
omogenei, impedisca i trasferimenti
di queste a Paesi che alimentano
conflitti e gravi violazioni dei diritti
umani, rendendo più rigidi gli embarghi.
Alla fine del 2009, l’Assemblea
Generale ha deciso di convocare per
il 2012 una Conferenza sul Trattato
sul Commercio delle Armi, al fine
di «elaborare uno strumento legalmente vincolante, sugli standard comuni internazionali più alti, per il
trasferimento delle armi convenzionali». Anche la Santa Sede da tempo sostiene l’iniziativa. L’osservatore
permanente presso le Nazioni Unite, arcivescovo Francis Assisi Chullikatt, in un intervento — svoltosi in
occasione della IV sessione del Comitato preparatorio per la Conferenza sul Trattato, svoltasi a New York
tra il 13 e il 17 febbraio 2012 — ha
sottolineato che «un commercio delle armi non regolamentato e trasparente a causa dell’assenza a livello
internazionale di sistemi efficaci di
monitoraggio causa una serie di
conseguenze umanitarie: lo sviluppo
umano integrale viene rallentato, il
rischio di conflitti e di instabilità
aumenta, i processi di pace sono
messi in pericolo e il diffondersi di
una cultura di violenza e di criminalità viene facilitata». Pertanto, ha
aggiunto il presule, «un’azione responsabile, condivisa da tutti i
membri della comunità internazionale, è necessaria per risolvere queste problematiche realtà. Essa chiama in causa Stati, Organizzazioni
internazionali, Organismi non governativi e settore privato». Questa
azione responsabile, ha concluso, è
diventata sempre più stringente «al
fine di promuovere lo stabilimento e
il mantenimento della pace e della
sicurezza internazionale con il minimo dispendio delle risorse umane
ed economiche mondiali per gli armamenti».
La campagna di sensibilizzazione
del Wcc si inserisce in un quadro di
varie iniziative condotte da organizzazioni della società civile, alleate in
organismi di pressione internazionale. Particolare impulso è stato dato
all’iniziativa dopo lo svolgimento
dell’International Ecumenical Peace
Convocation svoltasi nel maggio
2011, a Kingston, in Giamaica. In
un incontro dell’ottobre 2011, a New
York, il segretario generale Olav
Fykse Tveit, aveva affermato che le
comunità religiose intendono promuovere un accordo internazionale
«in grado di controllare efficacemente il commercio delle armi, a tutela della pace e della vita quotidiana delle persone e delle comunità».
Oltre un centinaio di leader di comunità di varie confessioni e religioni e rappresentanti di organizzazioni
base di fede hanno finora aderito a
un appello promosso nel settembre
2011 dall’Interfaith Working Group
of the Control Arms Coalition, in
vista dell’appuntamento di luglio
all’O nu.
LONDRA, 12. Circa duecento fedeli e
venti ex membri del clero anglicano
in Inghilterra hanno deciso, nella
trascorsa Settimana Santa, di divenire cattolici e di entrare nell’O rdinariato personale di Nostra Signora di
Walsingham. Essi si aggiungono
agli oltre mille fedeli e sessanta ex
membri del clero anglicano che hanno già compiuto questa scelta in occasione della Settimana Santa del
2011.
Il 4 aprile, nella parrocchia St
Anne, a Darlington, si è svolto l’incontro tra cinquantotto nuovi fedeli
cattolici con monsignor Keith
Newton, ordinario dell’O rdinariato
personale di Nostra Signora di
Walsingham. Poche ore prima, questi nuovi fedeli si erano uniti all’incontro di preghiera tenuto dai fedeli
anglo-cattolici presso la chiesa di St
James, sempre a Darlington. A guidare il gruppo verso la parrocchia
cattolica è stato Ian Grieves, pastore
per ventitré anni a St James. «Tutti
noi ex anglo cattolici siamo molto
preoccupati per i nostri fratelli anglicani», ha dichiarato ai giornalisti
l’ex pastore, che ora ha appena iniziato a frequentare il seminario di
Allen Hall, a Londra, con il fine di
essere ordinato sacerdote. «Siamo
preoccupati — ha continuato — perché nella Chiesa d’Inghilterra è
sempre più forte la determinazione
di procedere all’ordinazione di donne vescovo senza una decisione su
quale provvedimento adottare a favore dei fedeli di orientamento tradizionalista che non ritengono per
loro possibile accettare che una
donna eserciti su di loro l’autorità
ecclesiastica».
Lo scorso febbraio, la maggioranza dei membri del Sinodo generale,
l’assemblea nazionale degli anglicani inglesi, ha respinto l’ipotesi che
possano essere adottate delle norme
speciali per le comunità parrocchiali
che non riconosceranno con fondamento teologico l’autorità ecclesiale
di donne ordinate vescovo. Il prossimo mese, il problema verrà riproposto all’interno dell’organismo an-
Monsignor Keith Newton accoglie i nuovi fedeli presso la parrocchia di St Anne, Darlington
glicano inglese chiamato «House of
Bishops» prima della definitiva decisione sulle ordinazioni di donne
vescovo, che verrà presa, a luglio,
nel corso della sessione estiva del
Sinodo generale.
Nicola Reevs, ex fedele della comunità anglo-cattolica di St James a
Darlington, è ora divenuto membro
della parrocchia di St Anne. Conversando con alcuni giornalisti, ha
precisato «di non avere scelto di divenire cattolico solo per un senso di
fedeltà nei confronti dell’ex pastore
Ian Grieves». «Non credo che questa sia la motivazione principale»,
ha affermato. «Tuttavia — ha aggiunto — il sentimento di fedeltà
non è certo qualcosa di sbagliato.
Per ogni comunità, il prete è un insegnante di valori spirituali, è colui
che ci indica la strada giusta da seguire nella nostra vita».
Anche tra quanti hanno deciso di
rimanere fedeli della parrocchia anglicana prevale il senso di comprensione per coloro che, invece,
Il Niscort di New Delhi sostenuto da Aiuto alla Chiesa che Soffre
Messaggio cristiano
e nuovi media in India
NEW DELHI, 12. L’obiettivo è raggiungere almeno i duecento iscritti,
«il minimo indispensabile per un
Paese vasto e popolato come l’India»; e soprattutto per un Paese in
cui buona parte del clero cattolico
guarda forse ancora con una certa
diffidenza ai moderni mezzi di comunicazione sociale. Il coordinatore
dei corsi, padre Devassy Kollamkudyil, presenta così i nuovi traguardi
del National Institute for Social
Communications Research and Training (Niscort), l’istituto sorto quindici anni fa nella capitale indiana
per iniziativa dell’episcopato cattoli-
Restituiti grazie alla legge sulle proprietà delle minoranze
Messo a punto per i musulmani che viaggiano in aereo
Sei cimiteri di Istanbul
a ebrei, greci e armeni
In un «app» l’ora esatta
della preghiera islamica
ISTANBUL, 12. Si tratta del primo
passo concreto dopo la decisione,
presa a febbraio da una commissione del Governo turco, di restituire
cinquantasette proprietà a diciannove istituzioni non musulmane: così
una settimana fa, come riferisce fra
gli altri il quotidiano «Today’s Zaman», sei storici cimiteri sono tornati alle comunità ebraica, greca e
armena di Istanbul. Il decreto — firmato dalla Direzione generale per
le fondazioni e in linea con le direttive del Governo che a settembre
ha autorizzato la restituzione alle
comunità religiose non musulmane
delle proprietà confiscate nei decenni passati — ha consentito il ritorno
di due cimiteri alla Beyoğlu Yüksek
Kaldirim Ashkenazi Jewish Synagogue Foundation e di uno ciascuno
alla Beyoğlu Greek Orthodox
Churches and Schools Foundation,
alla Balat Surp Hreştegabet Armenian Church and School Foundation, alla Kadiköy Hemdat Israel
Synagogue Foundation e alla Kuzguncuk Beit Yaakov Ashkenazi
Synagogue Foundation.
Positive le reazioni. Laki Vingas,
rappresentante non musulmano
presso la Direzione generale per le
fondazioni, ha dichiarato che la decisione è «un segnale» che la legge
sulle proprietà delle minoranze, approvata a settembre, sta avendo applicazione da parte del Governo. E
lo stesso segretario di Stato americano, Hillary Clinton, intervenendo
una settimana fa al Congresso degli
Stati Uniti, si è detta incoraggiata
dai «passi concreti» intrapresi dalla
Turchia nell’ambito del ritorno di
storiche proprietà alle comunità religiose.
Il quotidiano «Today’s Zaman»
riferisce che, a fronte di una popolazione musulmana di circa settantacinque milioni di persone, in Turchia vivono 65.000 cristiani armeno-ortodossi, 20.000 ebrei, 15.000
assiri e 3.500 cristiani greco-ortodossi. La comunità greca conta settantacinque tra fondazioni e istituzioni, quella armena cinquantadue,
quella ebraica diciassette; tra le proprietà a esse sequestrate nei passati
decenni figurano scuole e appunto
cimiteri.
SINGAPORE, 12. Si chiama «Air travel prayer time calculator» ed è un
application software messo a punto
da un’azienda di Singapore per
permettere ai musulmani che viaggiano in aereo di conoscere l’ora
esatta della preghiera in qualsiasi
momento della giornata. Il sistema
fornisce anche informazioni sull’esistenza e la disponibilità di luoghi di culto negli scali. Basta inserire il nome dell’aeroporto e l’orario del volo, sia di partenza che di
arrivo, per ricevere in tempo reale i
momenti della preghiera lungo il
tragitto, informa un comunicato
dell’azienda, la «Crescentrating»,
specializzata nello sviluppo del
commercio internazionale di halal,
il cibo preparato in modo conforme alla legge islamica.
Per ora si tratta della versione
beta (non definitiva ma già testata
dagli esperti) ma, spiega l’amministratore delegato Fazal Bahardeen,
«una volta che l’avremo sperimentata con il maggior numero di
viaggiatori possibili lanceremo le
applicazioni sui telefoni cellulari e
sulle altre piattaforme mobili». In
programma c’è anche di aggiungere ulteriori funzioni, come la direzione della preghiera. «Ciò che è
cominciato come un sogno due anni e mezzo fa — si afferma — adesso è diventato realtà. Finora per le
persone conoscere l’ora esatta delle
preghiere durante i voli era una
specie di impresa. Questo ci ha
portato a cercare e a trovare una
soluzione e, con il numero di viaggiatori musulmani in costante aumento, lanciare un app era diventata una reale necessità».
Attualmente sono centoventicinque gli aeroporti inseriti nella calcolatrice ma presto se ne aggiungeranno degli altri.
Com’è noto, la preghiera rituale
(salat) è uno dei cinque pilastri
dell’islam: gli orari sono indicati
nella Sunna e coinvolgono cinque
precisi momenti della giornata ovvero l’alba, il mezzogiorno, la metà
pomeriggio, il tramonto e un’ora e
mezza dopo il tramonto. Per sopperire alla possibile non visibilità
del sole, sono stati sviluppati calcoli scientifici per la misurazione del
tempo e l’orientamento geografico.
co, con lo scopo di dare vita a un
moderno centro di formazione per
la diffusione del messaggio cristiano
attraverso i media. Un’opera sostenuta sin dagli albori da Aiuto alla
Chiesa che Soffre (Acs) — oggi fondazione di diritto pontificio — che
ne ha finanziato corsi, borse di studio, strumentazione, vitto e alloggio
per le religiose iscritte.
Attualmente l’istituto conta una
cinquantina di studenti, tra sacerdoti, religiosi e laici, provenienti da diverse diocesi indiane, alcuni dei
quali sono ospitati nel campus. Oltre ai tre corsi post laurea in giornalismo (carta stampata, trasmissioni
radio e televisive, produzione di audiovisivi), il centro offre una specializzazione in scienze della comunicazione e alcuni corsi estivi, tra cui
quello in pastorale della comunicazione e altri indirizzi specifici per
seminaristi e religiose. Il desiderio
del corpo docente è quello di ampliare la sede dell’istituto, con l’aggiunta di un nuovo piano all’edificio: «Al momento possiamo accogliere solo un numero limitato di
domande — dice padre Kollamkudyil — ma vorremmo raggiungere i
duecento iscritti».
Gli obiettivi sono dunque ambiziosi. L’anno prossimo inoltre — viene annunciato in comunicato
dell’Acs — tornerà a dirigere il Niscort uno degli ideatori del progetto, il gesuita Jacob Srampickal, attualmente docente presso la Pontificia Università Gregoriana, dove per
sei anni è stato direttore del Centro
interdisciplinare sulla comunicazione sociale. Fu proprio padre Srampickal a suggerire l’idea alla Conferenza episcopale: «In quel periodo
esistevano diversi centri che si occupavano di comunicazione, ma mancava una struttura locale che rappresentasse il punto di vista cattolico
nel mondo dei media». Secondo il
gesuita, al Niscort «la comunicazione è innanzitutto un mezzo per costruire comunità secondo la visione
di Gesù e i nostri corsi promuovono
il rinnovamento della Chiesa attraverso una maggiore creatività e partecipazione».
hanno scelto la comunione con la
Chiesa cattolica. Il pastore Granville
Gibson ha da poco preso il posto di
Ian Grieves a St James. Per lui la
scelta dell’ex pastore e degli altri fedeli non deve essere un argomento
di divisione o di scandalo. «Penso
che sia corretto che ognuno sia coerente alle proprie scelte», ha aggiunto. Alcuni tra i più anziani fedeli di St James hanno deciso di rimanere nella parrocchia anglicana.
tuttavia non riescono a concepire
come sarà per loro possibile accettare in futuro l’autorità di un vescovo
donna. Fra questi l’ottantenne Peter
Way, che spera che, nella riunione
di luglio, il Sinodo generale sia in
grado di prendere una decisione su
questo tema.
Lutto nell’episcopato
Monsignor Leonardo Mario Bernacchi, vescovo francescano titolare di Tabaicara, già vicario apostolico di Camiri in Bolivia, è
morto alle 22.30 di martedì 10
aprile.
Il compianto presule era nato
in Chiusi della Verna, nella diocesi italiana di Arezzo-CortonaSansepolcro, il 9 gennaio 1933, ed
era stato ordinato sacerdote dei
frati minori il 29 giugno 1958. Il
17 novembre 1993 era stato eletto
alla sede titolare di Tabaicara e
nel contempo nominato vicario
apostolico di Cuevo, che dal 29
marzo 2003 ha mutato il nome in
Camiri. Il 20 marzo 1994 aveva
ricevuto l'ordinazione episcopale.
Il 15 luglio 2009 aveva rinunciato
al governo pastorale del vicariato
apostolico boliviano.
Le esequie si celebrano venerdì
mattina, 13 aprile, alle ore 9, a
Camiri, nella chiesa cattedrale
San Francisco de Asis, dove il
presule sarà sepolto.
†
Il Cardinale Prefetto, il Segretario, il
Sotto-Segretario, gli Officiali e il Personale della Congregazione delle Cause dei Santi partecipano al grave lutto
per la morte di
Sua Beatitudine il Cardinale
IGNACE MOUSSA
DAOUD
I
Membro emerito
di questo Dicastero
e, nell’esprimere viva riconoscenza per
la sua valida e generosa collaborazione, pregano il Signore, datore di ogni
bene, che gli conceda la luce e la pace
nella comunione eterna dei Santi.
†
«L’Osservatore Romano» in tutte le
sue componenti — direzione generale,
direzione, redazione, anticamera, edizioni periodiche, segreteria, archivio,
ufficio correttori, ufficio grafici, ufficio
diffusione, ufficio abbonamenti, servizio fotografico, tipografia, amministrazione — si stringe con affetto al collega
Armando Cardarilli partecipando al
suo profondo dolore per la morte della
mamma
DINA RABIZZONI
e assicura ai familiari il ricordo e la vicinanza nella preghiera a Cristo Risorto.
Città del Vaticano, 12 aprile 2012
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 13 aprile 2012
pagina 7
Santa Maria di Pulsano nel cuore del Gargano
Il rapporto dei vescovi degli Stati Uniti sulle denunce di abusi sessuali nel 2011
Rinascita
di un antico monastero
Guardia alta
Per il cardinale Dolan «la Chiesa deve continuare a vigilare»
di MARIO CECCHETTO
«Fino a qualche anno addietro nel
cuore del Gargano aleggiava il fantasma vuoto e solitario di una presenza che ha avuto un ruolo determinante nella vita della nostra terra
e del medioevo cristiano; oggi, grazie all’opera di molti, laici e monaci,
Santa Maria di Pulsano non è più
una imponente, solitaria e vilipesa
rovina, ma è ritornata a pulsare e a
essere soprattutto, per la nuova presenza monastica, un luogo di spiritualità al servizio delle comunità, riproponente con forza il netto primato della Parola di Dio» (Alberto
Cavallini, Santa Maria di Pulsano.
Il santo deserto monastico garganico,
Monte Sant’Angelo, Edizioni Abbazia di Santa Maria di Pulsano,
2002, pagine 191, euro 20). Il 20 dicembre 1997 rinasce il monachesimo
a Pulsano. Solo chi ha esperienza
delle gelide raffiche del vento balcanico che soffia d’inverno sulle ultime propaggini del Gargano dal mare di Manfredonia potrà capire lo
spirito indomito che ha animato i
tre monaci che hanno osato insediarsi fra le antiche rovine per vivere una nuova stagione religiosa.
Nessuna confortevolezza, ma un
appoggio deciso dell’autorità ecclesiastica locale e la simpatia della popolazione. Il loro arrivo ha messo
fine a due secoli di abbandono totale e del monastero e degli eremitaggi circostanti, che formano un
tutt’uno con l’abbazia. Nessuna profanazione, nessun insulto era stato
risparmiato. Dalla rovina degli affreschi nel tentativo di distaccarli per
rubarli, alla spicconatura dai muri
di pregiati reperti lapidei, al trafugamento nella chiesa abbaziale, nel
1966, dell’antica icona di Santa Maria di Pulsano, mai più ritrovata. Il
degrado era giunto a tal punto che
la natura, quasi impietosita, aveva
ricoperto l’intera area di rovi.
Oggi tutto è cambiato. Gli ambienti sono in parte recuperati. Altri
si stanno allestendo alacremente. È
in corso anche un’importante campagna di scavi là dove sorgeva il
monastero prima del crollo, nel
1646, a causa di un devastante terremoto. La rinascita di Pulsano è
sempre più conosciuta e apprezzata,
al punto che i ventiquattro eremi
dell’abbazia — testimonianza della
vita eremitica intorno al grande cenobio di Santa Maria, con celle e
luoghi di culto e lavoro, taluni affrescati, collegati tra loro da sentieri
scoscesi e ripide scale scavate nella
pietra viva — sono risultati al primo
posto assoluto nel censimento nazionale promosso dal Fondo ambiente italiano con ben 34.118 segnalazioni. I loro nomi sono quasi da
favola: Carcere, Rondinella, Pinnacolo, oppure si riferiscono a santi
dell’Oriente come Trifone, Plemone,
Pacomio, Basilio, Antonio il grande,
Giorgio megalomartire. Il degrado è
fermato, la ricostruzione in atto.
Anche il numero dei monaci è raddoppiato. E giungono richieste di
nuovi ingressi.
La prontezza all’ufficio divino, al
richiamo della campana. Il canto, le
riflessioni profonde sulla Parola, e la
meditazione. L’accuratezza e lo
splendore delle celebrazioni eucaristiche. Quanti sono ospiti del monastero sono invitati a parteciparvi,
se vogliono. Ci si rende così conto
che per i monaci il tempo non è in
funzione delle altre cose che si devono fare, ma in funzione, soprattutto, dell’Opus divinum. Ma c’è anche un’altra ragione che spiega l’attrazione e l’affetto verso Pulsano. È
un riflesso dell’esperienza spirituale
profonda che lega questo luogo a
Tommaso Federici, che tanto in vita
ha detto e ha fatto per la rinascita
dell’abbazia. L’illustre biblista, morto dieci anni or sono, è sepolto qui,
nello spazio antistante la grotta della Natività, nella quale a Natale,
con gran concorso di folla, si rappresenta il presepe vivente.
L’arrivo dei monaci a Pulsano nel
dicembre 1997 realizzava la speranza, che aveva animato il «Movimento Cristiani pro Pulsano», di togliere dal degrado totale gli ambienti
del monastero, impedire ulteriori
devastazioni, far sì che il luogo tornasse a essere porto di spiritualità.
L’allora arcivescovo di Manfredonia,
Vincenzo D’Addario, stabilì la riapertura al culto della chiesa abbaziale e accolse la nuova comunità
monastica sulla base del diritto diocesano. A essa affidò la chiesa e
trenta ettari di montagna. Monaci
diocesani dunque, in tutto e per tutto al servizio dell’arcidiocesi di
Manfredonia. Uomini di preghiera e
di contemplazione, punto di riferimento spirituale soprattutto per i
sacerdoti in cura d’anime. Per questi, in particolare, il monastero è
sempre aperto, i monaci sono sempre a disposizione. Caratterizza la
comunità monastica di Pulsano l’osservanza sia della regola benedettina
che di quella di san Basilio e la biritualità. Nelle celebrazioni, cioè, si
alterna il rito latino con quello bizantino. Si vive e si approfondisce
la spiritualità orientale insieme con
quella occidentale. Un segno vivente di ecumenismo.
Fra le varie attività, anche la lectio
divina sui testi della domenica successiva. Servizio d’importanza primaria, perché in esso i monaci realizzano la loro identità di “monaci
per la diocesi”. Ogni lunedì mattina
arrivano al monastero dai venti ai
trenta sacerdoti dell’arcidiocesi, gio-
Il ricordo
di Tommaso Federici
ROMA, 12. Nella ricorrenza del decimo anniversario della scomparsa (13
aprile 2002) del professor Tommaso
Federici, illustre biblista, per decenni collaboratore del nostro giornale,
venerdì 13 aprile, alle ore 19, verrà
celebrata una messa in suffragio
presso il Battistero di San Giovanni
in Laterano. A presiederla sarà monsignor Vincenzo Apicella, vescovo
di Velletri-Segni. Sempre a Roma,
come ogni anno, il giorno della prima domenica dopo Pasqua, nella
chiesa di rito greco intitolata a
Sant’Anastasio, presso il Collegio
Greco di via del Babuino, dopo la
messa delle 10,30, verrà celebrato un
«Trisaghion» per commemorare i
dieci anni della sua scomparsa. Si
tratta di un appuntamento ormai
tradizionale, tanto che molti frequentatori della chiesa di Sant’Anastasio hanno ribattezzato la prima
domenica dopo Pasqua la «domenica di Tommaso». Nato a Canterano
(Roma) il 30 aprile 1927, il professor
Federici ha interamente impegnato
la sua vita nella ricerca e nell’insegnamento teologico, nella riflessione
ecclesiale dopo il concilio Vaticano
II, di cui ha indagato i significati
profondi e gli sviluppi che da questo sono scaturiti.
vani e meno giovani, tutti pastori
d’anime, molti dei quali hanno avuto la grazia di conoscere quel professor Federici “vagabondo della Parola”, che correva ovunque fosse
chiamato. Per “servire la Parola” era
capitato anche in terra di Puglia, a
Manfredonia. Subito innamoratosi
di questi luoghi, stabilì legami di
profonda amicizia con diversi sacerdoti del posto. Ebbe particolare predilezione per Santa Maria di Pulsano, appena si era reso conto del tesoro sacro che si celava sotto gli alti
rovi attraverso i quali aveva dovuto
farsi strada per entrare nella chiesa
abbaziale. Gli incontri sacerdotali di
ora sono quasi una continuazione
ideale dei suoi incontri di allora.
WASHINGTON, 12. L’impegno dei
vescovi degli Stati Uniti per contrastare il fenomeno degli abusi sessuali sui minori perpetrati dai membri
del clero avanza con determinazione. Si tratta di una priorità per la
Chiesa locale ribadita ancora una
volta dalla recente presentazione
della tradizionale relazione sull’attuazione e lo sviluppo del Charter
for the Protection of Children and
Young People, la Carta per la protezione dei bambini e dei giovani, redatta dall’episcopato fin dal 2002 e
che tutte le diocesi sono tenute a rispettare. La Carta contiene una serie di regole cui attenersi e prevede
delle verifiche periodiche per accertare il bisogno di ulteriori miglioramenti.
Anche per il 2011 i risultati ottenuti dimostrano il costante sforzo
per assicurare protezione: secondo
quanto emerso dall’ultimo rapporto
quasi tutte le arcidiocesi, diocesi ed
eparchie nel Paese hanno rispettato
le regole stabilite dalla Carta, che
peraltro è stata aggiornata lo scorso
anno. Alla base di essa vi è sempre
la linea della “tolleranza zero”, ma
tra le novità introdotte vi è, ad
esempio, quella relativa all’introduzione del reato di pornografia infantile e l’equiparazione dell’abuso su
incapace a quello su minore. La relazione annuale 2011 riporta 683
nuovi casi di abusi denunciati da
persone adulte, alle quali sono stati
offerti programmi di sostegno. In
particolare, la maggioranza delle denunce è relativa a fatti avvenuti in
un arco temporale che risale a un
lontano passato. Infatti, il 68 per
cento degli abusi sono intercorsi tra
il 1960 e il 1984, in particolare tra il
1975 e il 1979. Dei 683 adulti, 453
hanno accolto con favore il supporto morale e psicologico dato dalla
comunità cattolica. Ventuno denunce (il 3 per cento del totale), sempre
nel 2011, risultano invece provenire
da minorenni. Di queste, sette sono
state giudicate plausibili da parte
delle forze dell’ordine, tre false, cinque invece ai margini di violazioni e
altre tre ancora in corso di accertamenti. Infine, la credibilità di restanti tre denunce non può essere
determinata. La maggioranza di coloro che sono stati accusati sono deceduti, sono stati rimossi dai loro
incarichi pastorali o erano stati in
precedenza già denunciati. In particolare 253 membri del clero sono
morti, 58 sono stati ridotti allo stato
laicale e 281, con precedenti altre
denunce, sono stati già rimossi dai
loro incarichi pastorali.
I vescovi, tuttavia, affermano che
i risultati raggiunti non devono
spingere ad abbassare la guardia.
Presentando la relazione, il cardinale arcivescovo di New York e presidente della United States Conference of Catholic Bishops (Usccb),
Timothy Michael Dolan, ha sottolineato: «Anche se la maggioranza
delle denunce riguarda il passato, la
Chiesa deve continuare a vigilare.
Essa deve continuare a fare tutto
quanto sia possibile affinché gli
abusi non si ripetano. Tutti dobbiamo continuare a lavorare per una
piena guarigione e riconciliazione
con le vittime». Per i vescovi, ha
concluso il porporato, affrontare la
questione degli abusi «è una comune priorità». In un precedente intervento, il cardinale Dolan aveva assicurato che ogni sacerdote riconosciuto responsabile di «tali intollerabili reati» nei confronti di minori
verrà rimosso in modo «permanente» dal proprio ministero.
Dal rapporto emerge anche la
grande collaborazione all’interno
della comunità ecclesiale. Il presidente del National Review Board
for the Protection of Children and
Young People, Al J.Notzon, ha osservato «che la vasta maggioranza
dei presuli continua a cooperare»
con il processo di emersione e denuncia del fenomeno e di individuazione dei colpevoli. In base ai dati
forniti soltanto le diocesi di Baker e
Lincoln e sei eparchie di rito orientale hanno opposto il loro rifiuto a
collaborare.
La relazione è stata redatta in collaborazione, fra gli altri, con il Centre for Applied Research in the Apstolate, un istituto di analisi e ricerche con base presso la Georgetown
University, che ha fornito anche una
serie di dati di natura economica. I
costi per il sostegno alle vittime degli abusi hanno subìto un calo parziale: nel 2011 quelli coperti dalle arcidiocesi e diocesi sono stati pari a
109 milioni di dollari, mentre nel
2010 erano ammontati a 124. Inoltre
l’onere economico ricaduto su arcidiocesi, diocesi e istituti religiosi
messi assieme è stato pari a 144 milioni nel 2011 e a 150 nel 2010. Infine, per rimarcare l’impegno, si ricorda che in tutto il Paese circa due
milioni di volontari hanno partecipato a corsi di formazione nelle parrocchie e nelle scuole in relazione a
programmi di protezione, cui si aggiungono le 249.000 unità di personale impiegato. Inoltre, in tutti gli
Stati, 4,8 milioni di bambini hanno
ricevuto nozioni su come riconoscere e difendersi dai tentativi di abuso
e tutte le arcidiocesi, diocesi ed
eparchie che collaborano e offrono
programmi di prevenzione a tale riguardo.
Le 683 denunce del 2011 portano
a una crescita rispetto a quelle
dell’anno passato. Le 428 segnalazioni su casi di abusi, nel 2010, erano risultate in lieve aumento rispetto alle 398 del 2009, ma in netto calo rispetto agli anni precedenti: 625
(2008), 599 (2007), 635 (2006), 695
(2005), 898 (2004). L’impegno della
Chiesa si accompagna a una serie di
iniziative che ogni anno culminano
nel Paese con il National Child
Abuse Prevention Month, il mese
della sensibilizzazione sulla prevenzione degli abusi, che si tiene ad
aprile.
Religiosi, religiose e associazioni di laici in favore dei minori abbandonati del Perú
Per non spegnere il sorriso dei bambini
TAMAULIPAS, 12. «Desidero levare la
mia voce invitando tutti a proteggere e accudire i bambini, perché mai
si spenga il loro sorriso, possano vivere in pace e guardare al futuro
con fiducia». È quanto sottolineava
Benedetto XVI durante la sua recente visita in Messico, affacciandosi
dal balcone della Casa del Conde
Rul, sede del Governo dello Stato
di Guanajuato, nel porgere il suo
saluto ai bambini riuniti nella antistante Plaza de la Paz. Il Papa si è
rivolto ai bambini del Messico che
simbolicamente
rappresentavano
tutti i piccoli del mondo «particolarmente quelli che sopportano il
peso della sofferenza, l’abbandono,
la violenza o la fame». Specialmente nei paesi latino-americani sono
all’incirca 15 milioni i bambini che
vivono per la strada in forma stabile
o temporanea, mentre sono circa 30
milioni i minori che lavorano per
aiutare la famiglia di origine. È per
questo che quando si parla di bambini di strada si pensa subito
all’America latina e ai Caraibi e in
particolare al Brasile, dove vive la
maggioranza dei bambini di strada
di tutta l’America latina, che a sua
volta raccoglie i due quinti di bambini di strada di tutto il mondo. La
mancanza di politiche sociali adeguate, la cattiva distribuzione del
reddito e la povertà rendono la condizione dei 187 milioni di bambini e
ragazzi del continente molto difficile. Questo fenomeno, chiamato povertà, è percepito come un fenomeno integrale, associato a fattori psicosociali, culturali ed economicostrutturali. I minori che vivono per
strada, oltre ad essere coinvolti in
problemi sociali come tossicodipendenza e alcolismo, sono più vulnerabili di fronte all’influenza del crimine organizzato che li adesca molto facilmente. Secondo il coordinatore di «Casa Meced», che si occupa, in Perú, dei minori in circostanze particolarmente difficili, questi
problemi sono la causa per la quale
i piccoli sono costretti a lasciare gli
studi per lavorare. Meced è un programma del sistema per lo sviluppo
integrale della famiglia nello Stato
nordorientale di Tamaulipas, e ha
come obiettivo principale lo sviluppo di progetti e attività per far sì
che i bambini e le bambine lavoratori o che si trovano in situazioni a
rischio abbiano la possibilità di recupero. Per scoraggiare e combattere il lavoro minorile, Casa Meced
fornisce ai genitori appoggio legale,
psicologico, sociale, medico, ricreativo ed educativo attraverso diversi
programmi. La vita degli adolescenti e dei preadolescenti in questi contesti è molto difficile, oggi la Casa
riesce a sostenerne 269 attraverso
borse di studio, mentre ce ne sono
almeno 143 per le strade di Morelia,
capoluogo dello stato messicano di
Michoacan.
Sempre in Perú è stata presentata,
nei giorni scorsi, «Children’s Aban-
cay», una associazione senza fini di
lucro destinata a guidare e proteggere i minori della città di Abancay,
capoluogo dello Stato di Apurimac.
La congregazione delle Figlie della
Divina Provvidenza, presente sul
posto dal 1964, è impegnata nella
tutela dei bambini, la maggior parte
orfani, offrendo loro un tetto, affetto e sostegno, con l’obiettivo di fargli ritrovare un giorno la loro dignità di esseri umani. Tra Abancay e la
diocesi di Tui-Vigo, suffraganea
dell’arcidiocesi di Santiago di Compostela, in Spagna, esistono un legame ed una collaborazione molto
profondi. Negli anni Ottanta sono
arrivati sul luogo sacerdoti spagnoli
che hanno collaborato per far vivere
in maniera dignitosa i più poveri tra
i poveri.
«Alcune volte pensiamo che la
povertà riguardi solo la fame, il
freddo e il ritrovarsi senza una casa.
La povertà più grande è quella di
non sentirsi desiderati, amati e protetti», era solita dire la beata Madre
Teresa di Calcutta, ed è a questo
messaggio che si ispira il servizio
delle tante suore e dei tanti sacerdoti spagnoli che da tempo lavorano
ad Abancay.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
venerdì 13 aprile 2012
Intervista al cardinale O’Brien, Gran maestro dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme
Nuova evangelizzazione
in Terra Santa
di GIANLUCA BICCINI
Benedetto XVI sette mesi fa lo ha
posto a capo dell’istituzione che sostiene le attività educative, caritative
e assistenziali della Chiesa in Terra
Santa, e nel concistoro del 18
febbraio gli ha assegnato la porpora.
Il cardinale statunitense Edwin
Frederick O’Brien, gran maestro
dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, in questa
intervista al nostro giornale parla
della nuova missione affidatagli dal
Papa, alla guida di una realtà che
conta oltre 28.000 membri tra cavalieri, dame ed ecclesiastici, presenti
nelle 59 luogotenenze in cui essa è
articolata in tutto il mondo. «Le più
recenti, costituite nel biennio 20102011, sono quelle di Russia, Africa
del Sud e Venezuela; e numerose altre delegazioni sono allo studio»,
confida specificando che nell’ultimo
decennio l’Ordine ha inviato al patriarcato di Gerusalemme dei Latini
l’equivalente di circa 72 milioni di
euro, nove solo lo scorso anno. «Tra
i progetti in corso di attuazione —
afferma — ci sono la costruzione di
una chiesa ad Aqaba, in Giordania,
e di una scuola superiore a Rameh,
in Galilea». Ma per il porporato newyorchese il sostegno ai cristiani del
Medio Oriente passa anche attraverso la nuova evangelizzazione e in
questo senso l’Anno della fede indetto dal Pontefice rappresenta una
opportunità da non perdere.
Da arcivescovo di Baltimora a gran
maestro dell’Ordine gerosolimitano: come è stato il passaggio tra questi due
incarichi?
Sono trascorsi sette mesi e mezzo
dalla mia nomina del 29 agosto scorso a pro gran maestro, ma per tutto
questo tempo sono stato anche amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Baltimora. Successivamente
Benedetto XVI mi ha creato cardinale, promuovendomi, il 15 marzo,
gran maestro a tutti gli effetti. Ma è
stato solo quattro giorni dopo, il 20
marzo, con la nomina di monsignor
William Edward Lori a sedicesimo
arcivescovo di Baltimora, che ho potuto cominciare a sentirmi sollevato
dalle mie responsabilità pastorali
verso la Chiesa primaziale degli Sta-
ti Uniti d’America. E quando il mio
successore avrà preso possesso dell’arcidiocesi, il prossimo 16 maggio,
potrò trasferirmi definitivamente a
Roma e assumere a tempo pieno la
guida dell’Ordine equestre del Santo
Sepolcro. Finora sono stato qui nell’Urbe per circa una settimana al
mese. Comunque la nostra amministrazione è molto capace e ha portato avanti il lavoro in modo egregio.
Come ha accolto la scelta del Papa di
annoverarla nel Collegio cardinalizio?
Il giorno in cui Benedetto XVI ha
annunciato i nomi dei nuovi cardinali ero in piazza San Pietro. Avevo
partecipato alla messa per l’ordinazione episcopale dell’arcivescovo statunitense Charles Brown, nunzio
apostolico in Irlanda, che è stato
mio studente quando ero rettore del
seminario di Saint Joseph a New
York. Benedetto XVI lo ha ordinato
nella basilica Vaticana nella solennità dell’Epifania. Uscendo mi sono
ritrovato in piazza per l’Angelus del
Pontefice, che proprio in quella circostanza ha dato la notizia della
creazione di 22 nuovi cardinali.
Quando ha letto l’elenco — mi pare
che il mio nome fosse l’ottavo — è
stato un momento memorabile.
È vero che nella delegazione dei suoi
amici e familiari venuti a Roma per il
Concistoro c’erano anche veterani che
hanno combattuto in Vietnam?
Dopo la mia ordinazione sacerdotale ho prestato servizio all’accademia militare di West Point. Alcuni
ex cadetti della classe del 1969 sono
venuti per il Concistoro e hanno
partecipato anche all’udienza concessa dal Papa il giorno seguente
nell’aula Paolo VI. Conoscevo due di
loro dai tempi di West Point e successivamente eravamo stati insieme
al fronte nel conflitto vietnamita. È
stato molto gentile da parte loro venire a Roma per partecipare al Concistoro e agli avvenimenti che gli
fanno da contorno.
Lei è stato cappellano militare al fronte. Che ricordi ha dell’esperienza indocinese?
È stato un tempo molto speciale
del mio sacerdozio, perché la sete
spirituale dei soldati era molto con-
creta e quindi apprezzavano immensamente la presenza di un prete.
Erano sempre in tanti a partecipare
alla messa; sentivano che la fede era
molto importante per loro. Sono stato un anno in Vietnam come cappellano, dal 1971 al 1972, e considero
questa esperienza un momento molto particolare di arricchimento nella
mia vita di sacerdote, perché i giovani che servivo avevano un bisogno
profondo di forza e di motivazione
spirituali. Molti di loro hanno ripreso a praticare la fede. E tutti erano
profondamente grati per il fatto di
avere un sacerdote vicino. Ho quindi
pensato che il mio ministero non arricchiva solo loro, ma anche me.
Nato a New York — dove si è formato
come sacerdote, è stato rettore di seminario e vescovo ausiliare — successivamente lei ha retto l’arcidiocesi di Baltimora, la prima sede espicopale degli
Stati Uniti, fondata nel lontano 1789.
Che rapporto ha con queste due realtà?
Amo entrambe le diocesi e le città, e mi sento a casa in entrambe.
Ho molti amici nell’una e nell’altra e
sono fortunato di poterli andare a
trovare. Mi sento il benvenuto in
ambedue le diocesi e vorrei continuare a mantenere con loro uno
stretto contatto. I miei doveri di
gran maestro dell’Ordine del Santo
Sepolcro mi porteranno spesso negli
Stati Uniti ed è bello avere un posto
dove continuare a sentirmi a casa
quando tornerò a New York e a Baltimora.
Ora dovrà occuparsi sempre più di
Terra Santa. C’è mai stato?
Sì, diverse volte, ma non di recente. Avrò molto da imparare, da
ascoltare, da osservare, ma so che il
Patriarca di Gerusalemme Fouad
Twal e i suoi collaboratori, come anche gli esperti qui a Roma, mi aiuteranno a orientarmi per servire la
Chiesa nei luoghi della vita terrena
di Cristo.
Bambini per le strade di Gerusalemme
sacri e la missione della Chiesa nella
nuova evangelizzazione. Incoraggio
tutti i nostri membri a recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa, specialmente nell’Anno della fede. Non andrò a Gerusalemme fino a quando
non assumerò pienamente il mio
ruolo qui. Quando il mio successore
avrà preso possesso dell’arcidiocesi
di Baltimora potrò incominciare a
pensare al mio programma in Terra
Santa e ai molti inviti che ho ricevuto dalle luogotenenze in tutto il
mondo per le cerimonie annuali di
investitura.
Lei succede al cardinale Foley, suo connazionale. Lo ha conosciuto?
Sì, quando era un giovane sacerdote che studiava giornalismo alla
Columbia University di New York.
Nel 1966 è venuto a West Point per
fare un servizio sulla cappellania militare per il giornale dell’arcidiocesi
di Philadelphia e da allora ci siamo
sempre mantenuti in contatto.
Quando ero a Roma come rettore
del Pontificio Collegio Americano
del Nord lo incontravo regolarmente
e in occasione di eventi sociali. In
seguito, ogniqualvolta sono venuto a
Roma sono sempre andato a trovarlo. Era un caro amico.
Ha già individuato obiettivi e priorità
del suo mandato alla guida dell’Ordine?
Qui a Roma sarà anche maggiormente
vicino al Papa.
Mi auguro di poter favorire la crescita del numero di cavalieri e di dame del Santo Sepolcro. Hanno il
grande compito di sostenere i luoghi
Certo, anche se non so ancora
quale contributo specifico potrò offrire al suo ministero apostolico.
Probabilmente sarò chiamato a servi-
Benedetta dal Papa l’icona simbolo degli Incontri mondiali
Famiglie
sul modello di Nazaret
Il Papa l’ha benedetta all’udienza generale di mercoledì 11 aprile ed è subito partita alla volta di Milano, dove si svolgerà il pellegrinaggio nella Chiesa locale: è
l’icona mosaico della Santa Famiglia di Nazaret, opera del gesuita Marko Ivan
Rupnik, scelta dal Pontifcio Consiglio per la Famiglia come immagine ufficiale dei
prossimi Incontri mondiali, a cominciare da quello in programma nel capoluogo
lombardo dal 30 maggio al 3 giugno prossimi. Ospitata ora nella basilica milanese di Sant’Ambrogio, nella cappella della Madonna del Latte, l’immagine visiterà
le sette zone pastorali dell’arcidiocesi ambrosiana, prima di essere esposta al congresso teologico pastorale che aprirà ufficialmente il VII raduno internazionale delle
famiglie. In seguito verrà portata a Bresso sul palco della Festa delle testimonianze e sull’altare della messa conclusiva celebrata da Benedetto XVI, dove sarà consegnata alla diocesi che ospiterà l’incontro del 2015. In questo testo che pubblichiamo di seguito il cardinale presidente del dicastero organizzatore descrive le caratteristiche e il significato simbolico dell’opera.
di ENNIO ANTONELLI
Un arco ellittico inquadra la composizione e ne accentua la dinamica
dall’alto verso il basso. Sporge
dall’alto la mano aperta di Dio Padre, da cui proviene ogni dono e
ogni bene. Dal suo nimbo di gloria
piovono fasci di luce sulle persone
della Santa Famiglia e discende su
Maria il fuoco dello Spirito Santo.
In asse con la mano del Padre e la
fiamma dello Spirito, si erge in piedi, in grembo a Maria seduta, e
cammina sulle mani di lei verso di
noi Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, fissando lo sguardo intenso su
di noi, mentre con la mano sinistra
scosta il manto protettivo della Madre e con la destra mostra il rotolo
del Vangelo, che viene ad annunciare. Anche Maria ci fissa con i suoi
grandi occhi, mentre con le mani
aperte ci dona Gesù. Accanto a lei
San Giuseppe, suo sposo, in piedi
rivolge lo sguardo a Dio Padre, per
poterlo degnamente rappresentare
sulla terra, interpretando fedelmente
la sua volontà. Ogni paternità sulla
terra ha la sua origine nella paternità
in cielo e a quella è chiamata a conformarsi. La mano destra, portata al
cuore, indica l’amore e la responsabilità, con cui Giuseppe si prende
cura di Gesù e di Maria. La mano
sinistra regge un bastone con un verde germoglio, simbolo della stirpe
regale di Davide, alla quale appartiene il Messia, e segno della fedeltà di
Dio alle sue promesse.
Nella Santa Famiglia di Nazaret il
cielo incontra la terra e la Trinità divina trova la più perfetta immagine
umana. La Chiesa si sente interpellata a diventare sempre più famiglia,
per manifestare mediante l’amore reciproco la presenza di Cristo al
mondo. Le famiglie sono chiamate a
essere unite e aperte, a preparare i figli per il loro futuro e la loro missione, senza trattenerli con amore possessivo. Tutte le relazioni e attività
terrene sono sollecitate a seguire la
logica dell’amore, per trovare nuova
armonia e bellezza, riflesso e rivelazione della Trinità.
Nell’icona le pietre, gli smalti, i
colori e la luce concorrono a dare alla materia uno splendore pieno di
energia, evocando un mondo trasfigurato, vivificato dallo Spirito. Sullo
sfondo le pietre, più sottili e chiare
in alto, più grosse e scure in basso,
si dispongono secondo striature dinamiche e suggeriscono un moto discendente e un tessuto materico progressivamente più pesante. Nelle vesti delle figure le pietre sono allineate in modo regolare e armonioso, ma
tendono sempre ad avere maggiore
consistenza verso il basso. Maria so-
pra la tunica blu, colore dell’umanità, indossa un manto porpora, orlato
di rosso, colore che l’antichità cristiana ha sempre attribuito a Dio. Si
vuole così indicare che Maria con la
divina maternità è stata unita a Dio
in modo singolarissimo. Al contrario, Gesù veste una tunica rossa,
simbolo della divinità che da sempre
gli appartiene, e sopra di essa un
manto blu, per indicare l’umanità
che ha assunto nel grembo di Maria.
San Giuseppe porta vesti a colori
più tenui, per sottolineare il suo riserbo e la sua laboriosità, un manto
verde, colore del mondo creato e
una tunica ocra, colore della missione paterna, con bordature del rispettivo colore intensificato. Nei volti e
nelle mani le pietre si saldano a for-
mare una superficie compatta, liscia
e luminosa, che allude al corpo trasfigurato e spiritualizzato. Infine
l’arco ogivale tronco, mentre incornicia l’icona e sottolinea la direttrice
verticale, colloca la Santa Famiglia
al centro della storia della salvezza,
indicata con il suo inizio nel paradiso terrestre, una fioritura di colori
vivaci, rossi, verdi, gialli, nel pennacchio di sinistra, e con il suo compimento nella Gerusalemme celeste,
intessuta di ori e marmi policromi
nel pennacchio di destra. Così viene
richiamata anche l’importanza del
matrimonio e della famiglia nel disegno di Dio, creatore e salvatore, e
nello sviluppo storico del genere
umano.
re in qualche Congregazione. Però
sono pronto a rappresentarlo per
promuovere la missione della Chiesa
in Terra Santa. Il Pontefice ha parlato spesso della situazione in Medio
Oriente, chiedendo dialogo e maggiori possibilità per i cristiani che ci
vivono. Il loro tasso di disoccupazione è alto a causa delle limitazioni
negli spostamenti. Da molti anni c’è
un esodo dei cristiani dalla Terra
Santa. Tutte queste cose preoccupano Benedetto XVI e per questo credo
che il primo compito sia di collaborare con il Patriarca di Gerusalemme
a consolidare una presenza più piena
della Chiesa per la libertà dei cristiani che vivono in Terra Santa.
Inizio della missione
del nunzio apostolico
in Irlanda
Il 31 gennaio, monsignor Charles
John Brown, arcivescovo titolare di
Aquileia, è arrivato all’Airfort Baile
Átha Cliath (aeroporto internazionale di Dublino) dove è stato accolto dal vice-capo dell’ufficio del
Protocollo del ministero degli Affari Esteri, Joe Brennan, dal cardinale Seán Baptist Brady, arcivescovo
di Armagh, dal cardinale Desmond
Connell, arcivescovo emerito di
Dublino, e da monsignor Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino. Erano anche presenti il reverendo Gearóid Dullea, segretario
esecutivo della Conferenza episcopale irlandese, monsignor Paul
Callan, segretario dell’arcivescovo
di Dublino, nonché le suore della
congregazione delle Missionarie
della Carità e alcuni laici.
Mercoledì 8 febbraio, il rappresentante pontificio si è recato al
ministero degli Affari Esteri per
consegnare la copia delle lettere
credenziali al capo del Protocollo,
signora Kathleen White. Nella medesima sede, ha incontrato il segretario generale dello stesso ministero, David Cooney, col quale ha
avuto un lungo colloquio.
Giovedì 16 febbraio, il nuovo
nunzio apostolico è stato condotto
dalla signora White e dal signor
Brennan all’Áras an Uachtaráin
(Palazzo Presidenziale), per la consegna delle lettere credenziali al capo dello Stato, Michael Daniel
Higgins. La solenne cerimonia si è
svolta alla presenza del Tánaiste
(vice primo ministro e ministro degli Affari Esteri) Eamon Gilmore,
accompagnato dal segretario generale del ministero degli Affari Esteri, David Cooney, e dal segretario
della Presidenza, Adrian O’Neill.
È seguito un cordiale incontro
fra il presidente e il nunzio apostolico su vari temi d’interesse sociale
ed ecclesiale. Il capo dello Stato ha
pregato monsignor Brown di voler
comunicare il suo saluto personale
e quello del popolo d’Irlanda al
Papa. Il presidente ha poi parlato
delle buone relazioni diplomatiche
esistenti tra la Repubblica Irlandese e la Santa Sede, e della convergenza di entrambe su diversi temi
d’interesse internazionale. Infine,
ha augurato ogni successo al rappresentante della Santa Sede a Dublino, congratulandosi con lui per
l’importante incarico che dovrà ricoprire anche in veste di decano
del corpo diplomatico.
Monsignor Brown, nel presentare il saluto del Pontefice al presidente e alla nazione celtica, ha
espresso il suo fervente desiderio e
la sua gioia di poter essere la voce
del Papa nella terra di san Patrizio.
Il 21 febbraio, il cardinale Brady
e monsignor Martin si sono recati
in nunziatura per un incontro amichevole, durante il quale il nunzio
apostolico ha consegnato al porporato la lettera commendatizia del
segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone.
In precedenza, nella pro-cattedrale della capitale, il rappresen-
tante pontificio ha presieduto una
solenne celebrazione eucaristica,
durante la quale ha ricevuto il cordiale benvenuto dell’arcivescovo di
Dublino, dell’ausiliare, monsignor
Raymond W. Field, e dei sacerdoti
della capitale. Alla messa hanno
preso parte: il ministro della Salute, James Reilly, alcuni officiali del
ministero degli Affari Esteri, membri delle Forze armate, un buon
numero di ambasciatori, i rappresentanti delle altre comunità cristiane, e anche numerosissimi religiosi, religiose e fedeli. Dopo la celebrazione liturgica, ha avuto luogo
un ricevimento preparato dalla
stessa arcidiocesi, per le autorità civili e il corpo diplomatico, presso
l’Holy Cross Diocesan Center.
Inoltre, il 6 e 7 febbraio, monsignor Brown ha preso parte agli
esercizi spirituali che i vescovi della
Conferenza episcopale hanno tenuto presso il santuario nazionale di
Nostra Signora di Knock. Il 5 marzo, in occasione dell’assemblea plenaria della Conferenza episcopale
irlandese, monsignor Brown ha
avuto l’opportunità di colloquiare
con l’episcopato e di conoscere il
personale dei diversi uffici della
Conferenza episcopale che lo ha
accolto con una celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale
Brady nella grande cappella di
Maynooth.
I media irlandesi hanno coperto
ampiamente e positivamente gli avvenimenti inerenti all’inizio della
missione del nuovo nunzio a Dublino.
Sessione plenaria
della Pontificia
Commissione
Biblica
La Pontificia Commissione Biblica terrà la sua sessione plenaria annuale dal 16 al 20 aprile
presso la Domus Sanctae Marthae, in Vaticano, sotto la presidenza del cardinale William Joseph Levada. Il gesuita Klemens
Stock, segretario generale, dirigerà i lavori dell’assemblea.
Nel corso della riunione i
membri proseguiranno la riflessione sul tema «Ispirazione e
verità della Bibbia». Come prima fase dello studio la Commissione ha deciso di concentrare i
propri sforzi nel verificare in che
modo il tema dell’ispirazione e
quello della verità si manifestino
nei diversi scritti della Sacra
Scrittura. A partire dalle singole
competenze ciascun membro
presenterà la propria relazione
che sarà discussa collegialmente
in assemblea.
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